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SCIENZE
Ipertensione ed eventi cardiovascolari a lungo termine nei giovani adulti
Uno studio cinese di revisione sistematica ha analizzato i risultati di ricerche precedenti, osservando una popolazione complessiva di oltre 4 milioni di individui
di Sara Lorusso
Quali sono i rischi e quanto pesano nel corso della vita futura dei giovani adulti che esprimono una storia di ipertensione: è la domanda obiettivo da cui è partito un recente studio asiatico [1] sviluppato dal Dipartimento di Cardiologia del Guangdong Cardiovascular Institute e dai Dipartimenti di Cardiologia della rete di ospedali di Guangzhou (Canton).
La ricerca guidata da Dongling Luo, medico del Guangdong Cardiovascular Institute, ha prodotto una revisione sistematica di precedenti studi condotti su diciassette coorti osservazionali, composte da circa 4,5 milioni di giovani adulti, individui di età compresa tra i 18 e i 45 anni, con problemi di ipertensione e un follow-up medio di 14,7 anni.
Il risultato principale dell’indagine è una generale considerazione sul fatto che i giovani adulti con pressione sanguigna elevata (dunque, ipertesi) potrebbero avere un rischio leggermente maggiore di incorrere in età avanzata in eventi cardiovascolari, quali la malattia coronarica e l’ictus. Si tratta, tuttavia, di un rischio basso a livello assoluto: gli autori della ricerca cinese, infatti, sottolineano più volte come le prove degli effetti del trattamento per l’abbassamento della pressione sanguigna nei giovani adulti siano limitate. Le associazioni tra ipertensione e rischio cardiovascolare sono ormai riconosciute da tempo, ma la maggior parte degli studi ha finora incluso soprattutto persone di mezza età o anziane.
Il gruppo di scienziati cinesi ha dunque puntato l’attenzione sull’associazione in una porzione di popolazione finora poco indagata.
Attualmente gli eventi cardiovascolari sono responsabili di oltre 18 milioni di decessi ogni anno, circa un terzo di quelli globali [2]. E la consapevolezza che l’ipertensione sia un fattore di rischio rimediabile e molto conosciuto per la malattia cardiovascolare (CVD) rende importante l’azione conoscitiva del tema attraverso prospettive poco battute.
Uno studio del 2017 [3] segnalava come complessivamente la prevalenza dell’ipertensione nei diversi Paesi europei fosse stimata intorno al 30-45% della popolazione: una tendenza il cui aumento è correlato all’invecchiamento generale della popolazione. E se è vero che le politiche di prevenzione delle malattie cardiovascolari e le raccomandazioni sul loro trattamento dovrebbero essere correlate alla quantificazione del rischio cardiovascolare complessivo analizzato attraverso modelli differenti, l’età resta comunque uno degli indicatori più utilizzati. Vige una consapevolezza acquisita e diffusa per cui l’impatto dell’età sul rischio è così forte che è molto improbabile che i giovani adulti - in particolare le donne - raggiungano livelli di rischio elevato, anche quando esprimono più di un fattore di rischio e un chiaro aumento del rischio relativo.
Tuttavia è stata osservata [4, 5] una crescente incidenza nella popolazione più giovane, atleti compresi. Si tratta di una fetta di popolazione che viene spesso vista come “esente da malattie” come l’ipertensione: eppure la maggiore prevalenza di fattori di rischio tradizionali nei giovani, tra i quali vanno ricordati obesità, diabete mellito e malattie renali, aumenta il rischio di sviluppare ipertensione nei giovani adulti. A questo scenario si aggiunge un impatto notevole di fattori psico-sociali che possono contribuire in qualche modo alla crescente incidenza di ipertensione nella popolazione più giovane. Ne deriva in generale la necessità di porre attenzione al tema, sviluppando pratiche di sorveglianza precoce e trattamenti tempestivi per prevenire futuri eventi negativi a livello cardiaco.
Alcune ricerche in questa direzione sono state da qualche tempo avviate. Uno studio del 2017 pubblicato su JAMA [6] aveva indagato l’associazione tra pressione ed eventi cardiovascolari in una popolazione di giovani adulti di origine coreana. Su una popolazione di studio composta da circa 2 milioni e mezzo di partecipanti aventi un’età media di 31 anni, i ricercatori hanno osservato poco meno di 45.000 eventi cardiovascolari nel corso di un follow-up di 10 anni. Tra i giovani adulti coreani, l’ipertensione allo stadio 1 (pressione arteriosa sistolica media da 140 a 159 mmHg, associata a pressione arteriosa diastolica media da 90 a 99 mmHg) e allo stadio 2 (indicata in pressione arteriosa sistolica media > di 160 mmHg e pressione arteriosa diastolica media > 100 mmHg), risultavano associata a un aumento del rischio di successivi eventi di CVD.
L’anno successivo, nel 2018, una ricerca guidata dal Dipartimento di Medicina di Famiglia dell’Università del North Carolina [7] ampliava l’indagine sull’associazione tra il livello di pressione sanguigna nei giovani adulti e gli eventi di malattie cardiovascolari entro la mezza età. L’obiettivo era valutare se i giovani adulti che avevano sviluppato prima dei 40 anni ipertensione, così come definita dalle linee guida dell’American College of Cardiology (ACC) e dell’American Heart Association (AHA) [8], avessero un rischio più elevato di eventi cardiovascolari rispetto a coloro che avevano mantenuto una pressione arteriosa normale. I risultati emersi su una coorte finale di circa 4.900 adulti con età media di 35 anni avevano determinato i tas-
Andamento della pressione sanguigna sistolica (pannello superiore) e della pressione sanguigna diastolica (pannello inferiore) e del rischio di eventi cardiovascolari, malattia coronarica, ictus e mortalità per tutte le cause. Tabella dello studio Luo Dongling et al. Association between high blood pressure and long term cardiovascular events in young adults: systematic review and meta-analysis BMJ 2020
si di incidenza di CVD per pressione arteriosa normale (1,37), pressione arteriosa elevata (2,74), ipertensione di stadio 1 (3,15) e ipertensione di stadio 2 (8,04) per 1000 persone - anno.
Risultati analoghi erano stati individuati da uno studio svedese [9] sull’associazione della pressione sanguigna nella tarda adolescenza con la successiva mortalità: nei maschi adolescenti, segnalava la ricerca epidemiologica, la relazione tra la pressione sanguigna diastolica e la mortalità era più coerente di quella della pressione sanguigna sistolica. A partire da queste osservazioni veniva sottolineato il rischio associato all’elevata pressione diastolica nella giovane età adulta.
Una ricerca giapponese [10] aveva poi valutato il rischio di morte per ictus e malattie coronariche nella vita in base al livello di pressione sanguigna: la pressione sanguigna era chiaramente associata a un elevato rischio nel corso della vita per ictus o morte per malattia coronarica. Questi risultati, spiegavano gli autori, dovrebbero servire a sostenere i più giovani con ipertensione nell’adozione di uno stile di vita sano e nell’iniziare precocemente la terapia antipertensiva.
Un caso particolare è rappresentato dal contesto indiano. In India gli eventi cardiovascolari vengono spesso diagnosticati a pressioni sanguigne inferiori rispetto ai Paesi occidentali: di qui è partito uno studio con l’obiettivo di verificare se i limiti di allerta individuati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’ipertensione fossero universalmente validi, soprattutto in
lavori di revisione o che avessero coinvolto donne in gravidanza, pazienti critici o ricoverati in ospedale. Dal punto di vista del metodo, la pressione sanguigna è stata stratificata in cinque sottogruppi: pressione sanguigna ottimale (pressione sanguigna sistolica <120 mm Hg e pressione sanguigna diastolica <80 mm Hg), pressione sanguigna normale (120-129 e 8084 mm Hg), pressione sanguigna normale alta (130-139 e 85-89 mm Hg), ipertensione di grado 1 (140-159 e 90-99 mm Hg) e ipertensione di grado 2 (≥160 e ≥100 mm Hg) in base alle linee guida europee del 2018 [12]. La pressione sanguigna ottimale è stata utilizzata come categoria di riferimento per i rischi relativi. I diciassette studi selezionati per il lavoro di revisione avevano complessivamente © peterschreiber.media/www.shutterstock.com esaminato 4.533.292 giovani adulti garantendo un follow-up medio di 14,7 anni. Tre dei Paesi meno sviluppati o meno attrezzati nella risposta sanitaria. lavori erano studi di coorte retrospettivi e quattordici erano Una ricerca franco-indiana [11] ha osservato una coorte di circa prospettici. Tutti gli studi riportavano l’esito di eventi cardiova168.000 mila individui di età compresa tra i 35 e i 90 anni, re- scolari (malattia coronarica o ictus) e otto riportavano l’esito di sidenti in una zona rurale. Il 45% dei soggetti dello studio ave- mortalità per tutte le cause. va ipertensione; valori elevati di pressione diastolica e sistolica I dati analizzati dal gruppo di Dongling Luo e colleghi hansono risultati un indicatore maggiormente predittivo di morta- no dato vita a un quadro complesso. Si sono verificati 85.674 lità nella fascia di età giovane (34-44 anni) rispetto alla fascia di eventi cardiovascolari. Tra i giovani adulti con pressione sanguietà avanzata (over 65 anni). gna ottimale, il tasso di eventi cardiovascolari è stato stimato in
Tra i vari studi disponibili - comunque ancora pochi quel- 1,97 per 1.000 persone - anno. li specifici per età dei giovani adulti - gli autori della recente È stato riscontrato che il rischio cardiovascolare aumenta ricerca cinese, nel corso della revisione, hanno osservato una con un livello di pressione sanguigna normale rispetto al livelsostanziale eterogeneità: a variare sono state le soglie di rischio lo ottimale. I giovani adulti con pressione sanguigna normale, nelle associazioni con i diversi esiti della malattia. In presen- per esempio, avevano un rischio aumentato del 19% di eventi za di risultati così incoerenti o diversi, spiegano i ricercatori cardiovascolari rispetto al gruppo ottimale (equivalente a 0,37 coordinati da Dongling Luo, è apparsa più che necessaria una eventi in più per 1.000 persone - anno). Per quelli con pressione comprensione aggiornata dell’associazione della pressione san- sanguigna normale alta, il rischio è aumentato del 35% (equiguigna con diversi esiti cardiovascolari. Una indicazione più valente a 0,69 eventi in più per 1.000 persone - anno) rispetto omogenea, infatti, sarebbe d’aiuto nel sostenere la redazione al gruppo ottimale. Per quelli con ipertensione di grado 1, il di strategie per la prevenzione primaria e per guidare a livello rischio è quasi raddoppiato (un extra di 1,81 eventi per 1.000 scientifico la progettazione di futuri studi clinici. persone - anno) e per quelli con iperten-
Questo, dunque, il punto di partenza del lavoro di Luo e sione di grado 2, il rischio era più di tre colleghi che hanno condotto la revisione sistematica degli stu- volte superiore (un extra di 4,24 eventi di pubblicati per quantificare l’associazione tra le categorie di per 1.000 persone - anno). pressione sanguigna e il rischio futuro di eventi cardiovascolari L’eterogeneità dei rischi relativi è nei giovani adulti. stata sostanziale e statisticamente si-
Attualmente per diagnosticare l’ipertensione vengono uti- gnificativa tra i diversi studi analizzati. lizzate due diverse soglie di pressione sanguigna elevata: la so- Per esplorare ulteriormente questo conglia tradizionale di 140/90 mm Hg e la nuova soglia raccoman- testo così poco omogeneo, i ricercatori data di 130/80 mm Hg fornita nelle nuove linee guida del 2017 spiegano di aver eseguito delle analisi dall’American College of Cardiology e dall’American Heart stratificate nei sottogruppi predefiniti. Association. Ma i risultati di un aumento del rischio
Per ammettere o meno uno studio all’indagine di revisione cardiovascolare associato all’ipertensiotra i criteri valutati è stata innanzitutto osservata la popolazione: ne sono stati costantemente osservati era necessario comprendesse individui tra i 18 e i 45 anni. Sono nella maggior parte delle analisi stratiinoltre stati considerati solo gli studi che avevano valutato gli ficate. Indicazioni come la dimensione eventi cardiovascolari totali: malattia coronarica, ictus, insuffi- del campione dello studio, la durata del cienza cardiaca, altri tipi di malattie cardiovascolari e qualsiasi follow-up, le regioni geografiche di rifemorte per CVD. Sono invece stati esclusi studi a loro volta già rimento della popolazione o l’indice di
massa corporea non si sono rivelate fonti principali di eterogeneità. Inoltre, aggiungono i ricercatori, le stime riassuntive dell’associazione di aumento del rischio si sono rivelate identiche per entrambi i sessi. Ma poiché le associazioni di pressione sanguigna al di sopra del livello di pressione sanguigna normale alto e rischi di eventi cardiovascolari erano più evidenti nei giovani adulti di età superiore ai 30 anni è possibile, concludono, che l’età potrebbe essere una delle fonti di eterogeneità dello studio.
Nonostante i trattamenti a disposizione, il peso dell’ipertensione nella vita delle persone è notevole, ricordava uno studio del 2010 [13]. Il lavoro aveva ricercato possibili associazioni della pressione sanguigna con dodici diverse manifestazioni di malattie cardiovascolari incidenti nella popolazione contemporanea: durante il follow-up mediano di poco più di 5 anni, gli autori avevano registrato che in ogni fascia di età il rischio più basso di malattie cardiovascolari era emerso nelle persone con pressione sanguigna sistolica di 90–114 mm Hg e pressione sanguigna diastolica di 60-74 mm Hg. Proprio in quell’anno l’ipertensione era stata registrata come il principale fattore di rischio per il carico globale di malattia.
La recente diminuzione della mortalità cardiovascolare nei Paesi ad alto reddito è stata associata a un aumento del numero di pazienti affetti da malattie cardiovascolari e all’uso più ampio di farmaci preventivi. Oggi, dunque, una maggiore e più aggiornata comprensione delle associazioni della pressione sanguigna con diversi esiti di malattie cardiovascolari, non solo mortali, aiuterebbe a perfezionare le politiche per la prevenzione primaria.
Ed è proprio per la ricaduta globale in termini di costi diretti e indiretti che il recente lavoro di Luo e colleghi è di fatto interessante, inserendosi in una fascia d’età, quella dei giovani adulti appunto, ancora poco attenzionata. Con la consapevolezza che proprio in questo target di popolazione i livelli di ipertensione sono aumentati negli ultimi anni. Sebbene l’ipertensione sia tradizionalmente una malattia più diffusa tra gli anziani, recenti studi epidemiologici hanno dimostrato che l’incidenza è in progressivo aumento tra i giovani: un dato di contesto che non può essere ignorato.
Bibliografia
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