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Le interazioni farmaci-alimenti (parte II
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Studi e analisi su quando un alimento, o parte dei suoi costituenti, interferisce con il principio attivo di un farmaco, ostacolandone l'azione
di Pierpaolo Viviani*
In questa edizione de Il Giornale dei Biologi è presente la seconda parte dell'articolo "Le interazioni farmaci-alimenti", che completa l'uscita del mese di settembre scorso. Da questo mese sarà disponibile il questionario per acquisire i 6 crediti Ecm totali.
Interazioni farmacodinamiche farmaci-alimenti
Il più noto esempio di interazione farmacodinamica riguarda la contemporanea assunzione di warfarin con vegetali ricchi di vitamina K, come asparagi, broccoli o in generale verdure a foglie larghe, che riducono o possono addirittura annullare l’azione anticoagulante del farmaco. La vitamina K è prodotta anche dai batteri intestinali, pertanto l’uso di antibiotici che alterano la flora batterica può comunque influenzare la concentrazione plasmatica di vitamina K. Particolare attenzione nel caso dell’assunzione di warfarin va fatta anche con integratori di sostanze cosiddette “naturali”, come ad esempio il ginseng, che ne riduce l’effetto, o il gingko biloba e la vitamina E, che al contrario, lo potenziano. Entrambi questi effetti risultano essere potenzialmente dannosi e ciò dimostra che anche un prodotto cosiddetto “naturale” va assunto solo dopo aver informato il proprio medico curante.
Un’altra importante interazione farmacodinamica farmaco-alimento è rappresentata da quella che si verifica tra gli antidepressivi
* Farmacista, componente Comitato scientifico Ecm dell'Onb. inibitori delle monoaminoossidasi (MAOi) e l’aminoacido tiramina, presente in moltissimi cibi e bevande, come formaggi fermentati, cioccolato, birra e vino rosso. la tiramina presenta una azione simpaticomimetica indiretta [8]. Quando viene inibito il suo metabolismo, come ad esempio ad opera dei MAOi, si verifica un significativo rilascio di noradrenalina che può portare ad un brusco aumento pressorio, aritmia cardiaca, ipertermia ed emorragia cerebrale.
Interazioni specifiche farmaci-alimenti [7]
Molto spesso la composizione chimica di farmaci somministrati per via orale è relativamente semplice in quanto è costituita da un singolo principio attivo o da pochi principi attivi. Tuttavia, la presenza di vari eccipienti può portare ad una composizione chimica più complessa. Di solito, la scelta degli eccipienti si basa sulla loro inattività chimica e farmacologica e assenza di interazioni farmacocinetiche e farmacodinamiche con il/i farmaco/i. In alcuni casi, l'aggiunta di eccipienti preserva il farmaco da problemi di natura farmacocinetica, limitando, ad esempio, la degradazione a un determinato valore del pH o migliora la compliance del paziente (come ad esempio nel caso di coloranti e agenti mascheranti del gusto). Anche il cibo può essere considerato una miscela di diverse entità chimiche caratterizzate da una determinata struttura chimica e porzioni (re)attive specifiche. Tuttavia, è chiaro che il cibo costituisce un sistema chimico molto complesso, nel quale componenti a basso e ad alto peso molecolare vengono miscelati insieme e, in linea di principio, possono causare interazioni specifiche farmaco-alimenti classificabili in termini di proprietà leganti. È anche possibile la formazione di addotti attraverso la
formazione di legami covalenti tra farmaci e componenti alimentari come ad esempio le proteine. Al contrario, addotti non covalenti possono generarsi in seguito alla formazione di interazioni deboli come ponti salini, legami idrogeno o interazioni idrofobiche. Per avere un effetto sull'assorbimento orale del farmaco, queste interazioni devono generare addotti o complessi che presentano proprietà chimico-fisiche significativamente diverse dai composti di partenza. In particolare, risultano rilevanti parametri come il peso molecolare ed il logP che determinano il passaggio tramite le membrane biologiche mediante il meccanismo di diffusione passiva. Negli ultimi anni, metodi in silico sono stati ulteriormente ottimizzati per prevedere anche le proprietà ADME. Alcuni esempi di interazione specifica farmaci-alimenti sono rilevabili soprattutto nel campo dei composti chelanti, ovvero quelli in grado di formare complessi stabili preferibilmente con cationi bivalenti come il calcio o magnesio ampiamente presente in molti alimenti. La struttura chimica di questi farmaci chelanti può facilmente spiegare le proprietà complessanti dovute alla presenza di eteroatomi come ossigeno e azoto, disponibili alla formazione di legami di coordinazione con metalli. Farmaci come le tetracicline e i chinoloni formano complessi con cationi contenuti negli alimenti o antiacidi e tali complessi presentano delle caratteristiche di assorbimento notevolmente diverse dai composti di partenza.
Varie interazioni specifiche farmaci-alimenti si verificano principalmente a livello farmacocinetico come ad esempio nel caso di assunzione di succo di pompelmo, latte, alcol e cibo funzionale.
Il succo di pompelmo
Il succo di pompelmo può portare ad interazioni specifiche con gli enzimi metabolizzanti e con i trasportatori di assorbimento/efflusso dei farmaci.
Interazioni con enzimi metabolizzanti
L’inibizione del metabolismo di primo passaggio intestinale può aumentare l’assorbimento di farmaci substrati di enzimi metabolizzanti. Un esempio ben noto è dato dall’inibizione degli enzimi appartenenti alla famiglia del citocromo intestinale P450 (CYP) 3A da parte del succo di pompelmo (Citrus paradisi). Le furanocumarine (come la bergamottina e la 6 ′, 7 -diidrossi-bergamottina) rappresentano costituenti responsabili dell'inibizione degli enzimi CYP3A intestinali, con conseguente aumento dell’esposizione sistemica ai substrati di tali enzimi. Un significativo effetto del succo di pompelmo sull’assorbimento di farmaci ad opera del CYP3A4 è stato dimostrato negli esseri umani. Questa interazione è stata scoperta per caso in uno studio di interazione tra felodipina (diidropiridina, Ca2+ antagonista) ed eta-
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Figura 1. Effetti del succo di pompelmo sulla concentrazione plasmatica di felodipina.
nolo. In questo studio, il succo di pompelmo è stato utilizzato per mascherare il gusto dell’etanolo. La felodipina è un farmaco che presenta un elevato metabolismo presistemico di primo passaggio, mediato dal CYP3A4 nell’intestino e nel fegato, con conseguente bassa biodisponibilità (15%). Studi successivi hanno dimostrato che il succo di pompelmo riduce il metabolismo pre-sistemico della felodipina tramite un’interazione con il CYP3A4 presente nella parete intestinale. L’effetto del succo di pompelmo può quindi portare ad un aumento della felodipina nella circolazione sistemica e questo effetto può durare più di 24 ore. Una quantità di 250 ml di succo di pompelmo aumenta l'AUC (Area Under Curve) e la Cmax (concentrazione massima) al 267% e 345%, rispettivamente (Figura 1). La concomitante assunzione di succo di pompelmo e felodipina ha provocato una riduzione della pressione sanguigna e ipotensione ortostatica.
L’entità dell'effetto del cibo varia notevolmente da persona a persona a seconda delle differenze intrinseche nell'attività degli enzimi metabolizzanti e dei trasportatori intestinali e ciò comporta che gli individui con, ad esempio, livelli più alti del CYP3A4 presentino anche un proporzionale aumento degli effetti inibitori. Una riduzione dell’espressione del CYP3A4 con concomitante assunzione di succo di pompelmo indica che non si tratta solo di un’interazione competitiva a livello enzimatico. Si ritiene che l'interazione tra componenti del succo di pompelmo ed il CYP3A4 avvenga a livello del meccanismo post-traduzionale, ad esempio, mediante degradazione aumentata del CYP3A4. Per recuperare l'attività enzimatica è quindi necessaria una sintesi de novo e ciò spiega l’effetto a lungo termine del succo di pompelmo.
Interazioni con trasportatori di assorbimento/efflusso
Studi recenti riportati nella letteratura scientifica indicano che la glicoproteina G (P-gp) può limitare la biodisponibilità di molti farmaci somministrati per via orale trasportando nuovamente il substrato nel lume intestinale. In uno studio in vitro effettuato con componenti flavonoidi contenuti nel succo di pompelmo, si è visto che l’efflusso della vinblastina, substrato della P-gp, risulta diminuito. E’ stata osservata un’interazione nutrizionale dipendente dalle concentrazioni del succo di pompelmo che modifica la permeabilità della vinblastina in linee cellulari Caco-2. Concentrazioni più elevate del succo di pompelmo hanno determinato una minore permeabilità di efflusso della vinblastina. Oltre alla P-gp, il succo di pompelmo inibisce anche l’assorbimento mediato dal polipeptide trasportatore di anioni organici 1A2 (OATP1A2 – Organic Anion Transporting Polypeptides 1A2).
In uno studio è stato dimostrato che la somministrazione di succo di pompelmo può abbassare i livelli plasmatici di fexofenadina nell'uomo senza che quest’ultima subisca un metabolismo significativo; il succo di pompelmo infatti può inibire il trasportatore OATP1A2. La prova evidente è stata data da uno studio di farmacocinetica in cui la fexofenadina, farmaco antistaminico, è stata utilizzata per valutare la funzione dell’OATP1A2. La concentrazione plasmatica di fexofenadina è stata misurata in volontari sani a cui sono stati somministrati 300 mL di succo di pompelmo a 0,2 o 4 ore prima dell'assunzione di fexofenadina. La somministrazione concomitante di succo di pompelmo e fexofenadina hanno prodotto un’ AUC (Area Under the Curve) diminuita del 52% rispetto a quando la fexofenadina viene co-somministrata con acqua. Bere succo di pompelmo 2 ore prima dell'assunzione della fexofenadina ha ridotto l'AUC media del 38%, mentre il consumo di succo di pompelmo 4 ore prima non ha causato alcun effetto sull'assorbimento del farmaco.
Latte
Il latte di mucca intero ha un apporto calorico totale di 65 kcal/100 mL e contiene 3,7 g di grassi, 4,6 g di carboidrati e 3,4 g di proteine per 100 g, che contribuiscono rispettivamente a circa il 50%, 30% e 20% dell’indice calorico totale. Secondo la European Medicinal Agency (EMA) e la Food and Drug Administration (FDA), rispetto ad un pasto di riferimento, il latte è un liquido omogeneo che può contenere fino al 20% in più di calcio. Considerando le uguaglianze nella composizione del latte e del pasto di riferimento, in diversi studi sono stati preparati terreni di coltura a base di latte per mimare la composizione del contenuto gastrico a stomaco pieno. La solubilità intragastrica dei farmaci è stata quindi stimata in terreni di coltura a base di latte digeriti con pepsina e lipasi, che mimavano la digestione e la lipolisi a stomaco pieno. Le misurazioni della solubilità dei farmaci in questi mezzi hanno prodotto valori vicini a quelle stimate ex vivo effettuate sul contenuto gastrico di adulti sani a stomaco pieno. Dati gli effetti del cibo sulla solubilizzazione dei farmaci, sono stati ad esempio osservati effetti positivi sull’assorbimento della lumefantrina, farmaco antimalarico di natura lipofilo, quando somministrato con un pasto arricchito di grassi; tuttavia gli stessi effetti non sono stati osservati quando è stato utilizzato il latte invece del pasto proposto. I dati ottenuti con la somministrazione di latte si discostano da quelli ottenuti con la somministrazione del pasto probabilmente a causa di interazioni farmacologiche specifiche del latte, come la formazione di chelati o di legame a farmaci di natura proteica. Gli ioni multivalenti presenti nel latte (come ad esempio gli ioni Ca 2+e Mg2+) possono chelare farmaci appartenenti a diverse classi (es. bifosfonati, tetracicline) e i
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Figura 2. Concentrazioni sieriche [µg/mL] in seguito alla somministrazione di 300 mg di demeclociclina con acqua, dopo un pasto e con assunzione di 240 mL di latte.
complessi risultanti non vengono assorbiti facilmente. Le tetracicline non dovrebbero essere co-assunte con latte o latticini per evitare una diminuzione dell’effetto a causa della formazione di chelati insolubili delle tetracicline in presenza di calcio. Studi recenti effettuati su soggetti sani hanno dimostrato che anche un volume relativamente piccolo di latte, che contiene una quantità estremamente bassa di calcio, può modificare l'assorbimento di questo farmaco. La biodisponibilità orale della tetraciclina demeclociclina, diminuisce dell’83% se assunta con il latte, mentre la somministrazione dello stesso farmaco dopo un pasto privo di latticini ha comportato un migliore assorbimento anche in seguito all’interazione con il cibo, come mostrato in Figura 2.
Se confrontata con lo stato a digiuno, nell’uomo l'esposizione a farmaci come la minociclina e le tetracicline è ridotta rispettivamente del 27% e del 65%, in seguito alla co-somministrazione di latte. Tuttavia, se la somministrazione della minociclina e delle tetracicline avviene dopo un pasto privo di latticini, i livelli plasmatici del farmaco diminuiscono in misura minore rispetto a quando la somministrazione avviene a seguito di un pasto contenente cibi a base di latte ed in quest’ultimo caso l’AUC risulta diminuita del 17% e 36%, rispettivamente. Nel caso della doxiciclina invece non sono state osservate interazioni alimentari a seguito di somministrazione con latte o con pasti a base di specifici nutrienti.
Sulla base dei dati ottenuti in soggetti sani, l’assorbimento della ciprofloxacina, un farmaco antibiotico appartenente alla classe dei fluorochinoloni, si riduce del 30-36% quando assunta con il latte rispetto alla sua somministrazione con acqua, a causa della formazione di chelati con calcio. Tuttavia i livelli plasmatici di ciprofloxacina sono rimasti invariati dopo che il farmaco è stato somministrato con acqua o dopo un pasto privo di latte o ricco di grassi e di calcio. L’assenza di un’interazione alimentare sfavorevole in presenza di ioni chelanti in un pasto ad alto contenuto di grassi e di calcio è stata spiegata dalla mancanza di ioni calcio liberi per la chelazione del farmaco, perché probabilmente impegnati nel legame con le altre componenti del pasto. Sebbene la maggior parte dei fluorochinoloni chelino ioni polivalenti, non sempre sono state osservate delle interazioni tra latte e fluorochinoloni; per esempio il grado di assorbimento della enoxacina e della ofloxacina negli esseri umani è scarsamente influenzato dalla somministrazione di latte rispetto ad una pasto con o senza latte.
Il farmaco antiaritmico sotalolo chela ioni multivalenti e da’ un’interazione alimentare negativa quando somministrato con il latte (AUC
diminuita di 27% e Cmax del 33%) e con pasti contenenti latte (AUC diminuita di 37% e Cmax del 40%).
È stata infine osservata un’importante interazione farmaci-alimenti legata al latte per l’estramustina, farmaco antitumorale, dovuta alla formazione di un complesso con il calcio poco assorbibile. L’assorbimento del farmaco risulta diminuita significativamente con il latte rispetto all’assunzione con acqua a basso contenuto di calcio e con un pasto povero di calcio con una riduzione dell'AUC del 63% e 43%, rispettivamente.
Alcol
L’alcol rappresenta una delle droghe legali più utilizzate al mondo e può dar luogo ad interazioni specifiche con determinati farmaci. Tuttavia, si dovrebbe sempre considerare che anche l'assunzione di alcol porta a diversi cambiamenti della fisiologia gastrointestinale umana e quindi ad interazioni aspecifiche con i farmaci.
Interazioni con i farmaci
Il consumo di alcol può influenzare i processi di dissoluzione e di assorbimento di un farmaco, ma può anche avere effetti sul suo metabolismo e sulla eliminazione. Se confrontato con l'assunzione con l'acqua, la solubilità dei composti lipofili nei fluidi luminali può essere più alta in presenza di etanolo, in quanto determina un più alto gradiente di concentrazione tra fluido luminale e plasma. Di conseguenza, si verificano concentrazioni plasmatiche più elevate a causa di un assorbimento intestinale del farmaco più efficace e accelerato. Diversi gruppi di ricerca hanno studiato l'effetto dell'alcol sulla solubilità apparente (Sapp) e l'assorbimento a digiuno di nove composti lipofili nei fluidi gastrici (FaSSGF) in presenza dello 0% e del 20% di etanolo (pH 2,5). Questi studi hanno dimostrato che l'etanolo causa un aumento significativo della solubilità per i composti non ionizzati (fino a 14 volte superiore) e per diversi acidi deboli (fino a 13 volte superiore). Stesso effetto si è verificato nel caso di composti non ionizzati come la felodipina (calcio antagonista) o la griseofulvina (farmaco antimicotico), per i quali l'assorbimento intestinale è risultato aumentato. Per la felodipina è stato osservato un assorbimento intestinale raddoppiato (osservazione in studi in silico). Al contrario, la maggiore solubilità degli acidi deboli come l'indometacina o l'ibuprofene (farmaci antinfiammatori non steroidei) non hanno prodotto un aumento dell'assorbimento. Questo effetto è dovuto all’elevata solubilità di questi composti nell'intestino dove gli acidi deboli si trovano in forma ionizzata. Di conseguenza, la polarità eccessiva degli acidi non permette l’attraversamento delle membrane biologiche. La solubilità delle basi deboli (come ad esempio la cinnarizina, farmaco antistaminico)
© Ievgenii Meyer/www.shutterstock.com non è influenzata, invece, dalla presenza di etanolo poiché esse sono completamente ionizzate al pH acido dello stomaco. Alcuni ricercatori hanno anche valutato l'effetto dell'etanolo sulla solubilità simulata a digiuno nel fluido intestinale di 22 composti scarsamente solubili, a cui hanno aggiunto lo 0%, 5% e 20% di etanolo (pH 6,5). L'effetto dell'etanolo al 5% sulla solubilità è risultato trascurabile per la maggior parte dei composti. Al contrario, per 13 dei 22 composti, è stato osservato un aumento triplo della solubilità in presenza di etanolo al 20%. L’aumento della solubilità è risultata maggiore per i composti neutri e acidi rispetto ai composti basici che hanno mostrato un’interazione più specifica. I ricercatori hanno ipotizzato che un aumento della solubilità dei composti nell'intestino tenue è probabilmente temporanea e dovuta a una rapida diluizione e un altrettanto rapido assorbimento dell'etanolo nell'intestino tenue. In un altro studio riportato in letteratura sono state valutate le concentrazioni di etanolo intraluminale in volontari sani sia a digiuno sia a stomaco pieno, dopo il consumo di bevande alcoliche. A seguito del consumo di birra, vino o whisky, sono state osservate basse concentrazioni di etanolo intestinale. La percentuale di etanolo intraduodenale non ha raggiunto livelli sufficientemente alti tali da influenzare la solubilità locale del farmaco. L'etanolo determina non solo un maggiore assorbimento dei farmaci BCS (sistema di classificazione biofarmaceutico) di classe II (bassa solubilità, alta permeabilità), ma anche di quelli appartenenti alla classe BCS I (alta solubilità, alta permeabilità). Ciò è stato dimostrato da uno studio effettuato su sette soggetti in cui la Cmax plasmatica media del diazepam (una benzodiazepina) è risultata quasi raddoppiata dopo aver bevuto 30 mL di una soluzione composta al 50% da etanolo e al 50% di acqua distillata. E’ stato osservato che nonostante il diazepam appartenga alla classe BCS I, non mostra una solubilità molto elevata nei mezzi intestinali (rispetto alla dose somministrata). Pertanto, in presenza di alcol, il diazepam può dissolversi ed essere assorbito rapidamente. Questo dato risulta particolarmente importante in quanto il diazepam è spesso combinato con l'alcol. Già quaranta anni fa il National Institute on Drug Abuse segnalò che l’alcol costituiva la causa più comune di ricoveri d'urgenza in seguito all’assunzione di farmaci. Tra questi farmaci, il diazepam era il farmaco usato più comunemente. In seguito ad assorbimento sistemico, l'etanolo viene metabolizzato dall'alcol deidrogenasi (ADH) e CYP2E1, un enzima che è anche responsabile della biotrasformazione di xenobiotici e acidi grassi. Perciò, interazioni farmacocinetiche clinicamente significative con l’etanolo si verificano anche quando vengono somministrati farmaci che sono substrati di questi enzimi. Fortunatamente, questa interazione si verifica con un numero limitato di farmaci come paracetamolo o teofillina.
Interazioni con prodotti farmaceutici orali
Il profilo di rilascio del principio attivo di alcuni prodotti farmaceutici può essere fortemente influenzato dalla co-somministrazione di etanolo. Un cambiamento nel rilascio del principio attivo in presenza di etanolo può essere causato dal farmaco stesso (ad es. cambiamenti di solubilità del principio attivo o degli eccipienti) e/o dall'ambiente in cui esso viene rilasciato (ad esempio, stimolazione della secrezione acida). La misura con cui l’etanolo influenza il rilascio del principio attivo dipende dalla durata dell'esposizione e dal volume e dalla concentrazione di etanolo che viene somministrata. Il volume e la concentrazione di etanolo nel tratto gastrointestinale (GI) sono determinati principalmente dal tasso di consumo e dalla natura della bevanda alcolica. Purtroppo l'alcol è spesso combinato con farmaci analgesici come gli oppioidi (effetto sinergico). L'etanolo permette infatti che i pazienti siano meno consapevoli del dolore o riducano lo
stress associato al dolore. Per il grande consumo mondiale di analgesici, molti studi si sono concentrati sulle interazioni tra alcol e farmaci, anche a seguito del verificarsi di una interazione fatale dell’etanolo con l’idromorfone. Tale interazione ha suscitato l’interesse dell'industria farmaceutica e del mondo accademico a svolgere più ricerche correlate a formulazioni alcoliche e a rilascio controllato (CR). I test di dissoluzione sono essenziali per verificare se i preparati CR sono sensibili all'etanolo oppure no. L’assunzione simultanea con etanolo può influenzare la biodisponibilità della formulazione CR e, nel peggiore dei casi, l'alcol può causare il rilascio della dose. I test in vitro possono essere utili a prevedere gli effetti di determinate interazioni in vivo tra prodotti a base di alcol e farmaci. Gli studi di farmacocinetica sugli uomini riguardanti l’etanolo sono eseguiti raramente perché potrebbero essere causa di pericolosi effetti collaterali nei pazienti.
Cibo funzionale
Il cibo è generalmente considerato funzionale se influisce positivamente su uno o più funzioni target nel corpo, oltre a determinare effetti nutrizionali adeguati ed utili sia ad un miglioramento dello stato di salute sia alla riduzione del rischio di contrarre una malattia (“Scientific Concepts of Functional Foods in Europe Consensus Document”). Gli alimenti funzionali non devono essere sottoposti a particolari manipolazioni e devono dimostrare i loro effetti se consumati come parte di uno schema dietetico normale. Un alimento è considerato funzionale se: interamente naturale; manipolato per aggiunta di sostanze bioattive (ad esempio sali minerali e vitamine o altri composti biologicamente attivi); alimento in cui il livello di sostanze bioattive presenti in natura è stato modificato. Esempi delle principali categorie di sostanze bioattive che possono essere contenute negli alimenti funzionali, le loro fonti, le loro potenzialità e i benefici per la salute sono riassunti nella Tabella 1.
Attualmente sono in corso sforzi significativi per raggiungere un consenso in merito al concetto scientifico di alimento funzionale utilizzando prove scientifiche relative agli effetti positivi sulle funzioni fisiologiche dell’uomo (ad esempio attraverso le attività della FUFOSE - Functional Food Science- in Europa) D’altro canto, sono necessarie ulteriori ricerche per valutare adeguatamente alcuni aspetti di sicurezza degli alimenti funzionali. I principali problemi di sicurezza sono relativi agli alimenti funzionali contenenti estratti vegetali complessi e bioattivi normalmente non presenti negli alimenti o presenti in concentrazioni significativamente inferiori. Valutazioni sulla sicurezza dovrebbero tener conto della loro tossicità acuta e cronica, del potenziale allergenico e della loro possibile capacità di aumentare le
Tabella 1. Principali categorie di sostanze bioattive contenute nel cibo funzionale. interazioni farmaci-alimenti.
Composti polifenolici
I composti polifenolici sono naturalmente presenti in svariati alimenti, tuttavia, il loro contenuto e la loro diversità risultano maggiori negli alimenti funzionali arricchiti con estratti vegetali. Tali composti possono essere aggiunti al cibo convenzionale per i potenziali benefici alla salute, ma possono essere utilizzati anche come additivi alimentari naturali (conservanti e antiossidanti). Come già accennato, la complessità della loro composizione chimica e i livelli di concentrazione superiori a quelli normalmente presenti nel cibo determinano un aumento significativo delle interazioni tra cibo funzionale-farmaci. Per le loro proprietà antidiabetiche, anticoagulanti, ipotensive, volte a promuovere lo stato di salute, i polifenoli sono tra gli ingredienti alla base degli alimenti funzionali, pertanto, sono possibili delle interazioni di tipo farmacodinamico con le rispettive classi di farmaci. Tuttavia, la maggior parte delle interazioni conosciute coinvolgono enzimi che metabolizzano i farmaci (enzimi di fase I e fase II) e proteine di trasporto. I polifenoli subiscono un'ampia biotrasformazione e mostrano un'elevata affinità per trasportatori con funzione di pompa di efflusso nell'intestino; perciò, la loro biodisponibilità è limitata, ma possono verificarsi molte interazioni farmacocinetiche con i farmaci a livello intestinale. Tra gli enzimi di fase I, il CYP3A4 è noto per essere l'enzima principale coinvolto nel metabolismo intestinale ed epatico di farmaci e da alcuni dati in merito, come già detto, sono in crescita le interazioni farmaci-alimenti che coinvolgono il CYP3A4. Nella maggioranza dei casi, i polifenoli assunti attraverso la dieta inibiscono l'attività del CYP3A4 e aumentano la dose effettiva del farmaco, sebbene la quercetina, la genisteina e alcuni flavoni producano effetti opposti, attivando l'enzima. Gli isoflavoni contenuti nella soia e flavonoidi metossilati (apigenina) sono ampiamente metabolizzati dal CYP1A e dall’isoforma 1B, evento che spiega parzialmente la loro attività antitumorale ma che aumenta la loro potenziale interazione farmacologica. Le catechine del tè verde inibiscono l'attività di numerosi enzimi appartenenti alla classe CYP, ma influiscono anche sull'attività degli enzimi di fase II coinvolti nelle reazioni di metilazione, glucuronidazione e solfatazione. Interazioni significative si verificano anche a livello delle proteine di trasporto che svolgono a ruolo chiave nel determinare l'assorbimento, l'eliminazione e il passaggio del farmaco attraverso le membrane biologiche. Questi trasportatori interagiscono in modo significativo con i flavonoidi contenuti negli alimenti e in tal modo influenzano la biodisponibilità di agenti anti-cancro, farmaci utilizzati nelle patologie cardiache, farmaci anti-HIV, immunosoppressori, steroidi e molti altri farmaci. Nella Tabella 2 vengono elencati alcuni esempi di polifenoli/estratti vegetali comunemente usati per la produzione di alimenti funzionali e le loro possibili interazioni con i farmaci.
Tabella 2. Esempi di possibili interazioni con polifenoli/estratti della piante costituenti del funzionale.
Composti organosolforici
I composti organosulfuro sono principalmente composti funzionali presente in due tipologie di verdure: aglio e cipolla (che contengono S-alchenil-L-cisteina solfossidi) e cavoli, cavolfiori e verza (che contengono S-metil-L-cisteina solfossidi). Studi epidemiologici indicano una correlazione positiva tra il loro consumo e la diminuzione del rischio di cancro e altre malattie. Per le loro proprietà antipiastriniche, ipoglicemizzanti ed antipertensive, l’aglio e la cipolla potrebbero aumentare gli effetti (avversi) degli anticoagulanti, degli antidiabetici e di farmaci antipertensivi. L'aglio (presente in estratti) inibisce il CYP2E1, induce il CYP3A4 e deve essere usato con cautela nei pazienti che assumono farmaci che vengono metabolizzati da
Tabella 2. Esempi di possibili interazioni con polifenoli/estratti della piante costituenti del funzionale.
questi enzimi (paracetamolo, clorzoxazone e anestetici, calcio antagonisti, agenti chemioterapici, antimicotici, glucocorticoidi e altri). Studi in vivo suggeriscono che il consumo di broccoli induce gli enzimi CYP1A2 e CYP2A6 quindi, in teoria, i broccoli potrebbero aumentare il metabolismo e ridurre i livelli di alcuni farmaci.
Polisaccaridi non amidacei e solfatati
I polisaccaridi non amidacei e solfatati, come il fucoidano, sono presenti nei funghi medicinali e in alcune alghe. A causa delle loro proprietà benefiche per la salute, sono sempre più utilizzati come nuovi ingredienti dei cibi funzionali, principalmente sotto forma di funghi medicinali estratti. Dato che la ricerca clinica ha dimostrato che l'assunzione dei polisaccaridi proveniente dai funghi Maitake può teoricamente abbassare il glucosio nel sangue, la combinazione di questo fungo con farmaci antidiabetici potrebbe aumentare il rischio di ipoglicemia. In uno studio clinico il fungo Maitake ha aumentato gli effetti anticoagulanti del warfarin probabilmente dovuti al polisaccaride contenuto nel fungo maitake e che ha causato la dissociazione del warfarin dalle proteine. Poiché studi in vitro suggeriscono che gli estratti di funghi Shiitake potrebbero stimolare la funzione immunitaria, in teoria, l'assunzione di funghi Shiitake potrebbe diminuire gli effetti della terapia immunosoppressiva.
Probiotici
I probiotici sono i principali componenti funzionali dello yogurt e oggigiorno sono presenti anche in altri tipi di alimenti. I prodotti lattiero-caseari (compreso lo yogurt) non devono essere somministrati insieme ad alcuni antibiotici come la ciprofloxacina o la tetraciclina poiché riducono significativamente l'assorbimento del farmaco. Questo effetto è correlato ai cationi bivalenti, ma non ai probiotici tal quali. Tuttavia, alcuni ceppi batterici nello yogurt possono causare infezioni in pazienti che assumono farmaci immunosoppressori, mentre una concomitante somministrazione di alcuni antibiotici o antimicotici potrebbe ridurre l’efficacia dei probiotici stessi. Tuttavia, la potenziale capacità dei probiotici di alterare la biodisponibilità dei farmaci potrebbe essere molto più significativa, dato il grande numero di dati scientifici che affermano che il metabolismo intestinale del farmaco può causare alterazioni significative alla farmacodinamica indotta da farmaci e alla tossicità. Per tale motivo occorre considerare i cambiamenti indotti dai probiotici nel microbioma ospite come causa potenziale di interazioni clinicamente significative, per le quali occorre in futuro uno studio più approfondito.
Conclusioni
Una terapia farmacologica prolungata può portare a scelte alimentari diverse da quelle effettuate in precedenza. Molti farmaci sono direttamente responsabili di effetti a carico del gusto e dell’olfatto ed alcuni di essi hanno un sapore sgradevole che potrebbe interferire con l’ingestione di cibo. E’ noto che farmaci chemioterapici (e in minor misura anche altri medicinali) inducono nausea e vomito e sono dunque correlati ad un aumentato rischio di malnutrizione. Tuttavia anche farmaci che riducono l’emesi grave e prolungata possono causare effetti avversi quali fatica, disfagia, alterazioni della percezione del gusto, costipazione, diarrea, anoressia che potrebbero ripercuotersi in maniera dannosa sullo stato nutrizionale. Limitare le prescrizioni alle medicazioni essenziali e ad un periodo quanto più breve possibile e rivalutare periodicamente il trattamento scelto rappresentano punti fondamentali per ridurre la minimo le interazioni avverse farmaci-alimenti. In ogni caso occorre non sottovalutare mai le possibili interazioni farmaci-alimenti ad oggi riportate in letteratura ed informare sempre i pazienti delle possibili conseguenze che possono derivare da particolari regimi dietetici o dall’uso di integratori. Le informazioni riportate in questo articolo si basano su studi sperimentali riportati in letteratura e sono solo sommarie poiché occorrono ancora valutazioni approfondite per arrivare a conclusioni più definitive. Si auspica che in un futuro molto prossimo si possano ottenere maggiori informazioni a riguardo, per limitare al minimo le conseguenze, a volte drammatiche, di una interazione farmaco-alimento non prevista o non diagnosticata in tempo.
Bibliografia
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Anno III - N. 10 ottobre 2020
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