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La misteriosa morte dei kiwi
LA MISTERIOSA MORTE DEI KIWI Una morìa dalle ragioni ancora sconosciute sta portando danni enormi agli agricoltori italiani
Icontadini e gli agricoltori la chiamano morìa. Anche perché un nome esatto non ce l'ha e forse non è nemmeno una malattia. Di fatto le radici diventano più scure, marciscono, e il frutto a testa in giù non matura, viene attaccato al cuore, muore. L'Italia, che è fra i primi cinque produttori al mondo, sta perdendo i suoi kiwi: il frutto verde dai semini neri sta morendo per un misterioso problema che sta pian piano mettendo in ginocchio gli agricoltori. Si stimano già perdite per almeno 750 milioni di euro, e il 10% delle produzioni di kiwi quest'anno è già considerata persa. In questo caso però, come per esempio per la Xylella che colpisce gli ulivi pugliesi o la cimice asiatica che devasta le coltivazioni del nord Italia, non è semplice trovare il colpevole della morìa: secondo gli esperti non è infettiva, ma sebbene partita dal Veneto dove è stata registrata circa una decina di anni fa, ora ha già toccato Lazio, Piemonte, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, e preoccupa diverse regioni del centro-nord. Non c'è una cura chiara e anche per questo il ministero delle Politiche agricole ha promosso un tavolo di lavoro tecnico-scientifico per
tentare di trovare soluzioni atte a fermare il fenomeno.
Marco Scortichini, ricercatore del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria) ha spiegato ai media che «questa morìa è con ogni probabilità legata ad alcune conseguenze dirette dei cambiamenti climatici come le frequenti bombe d’acqua e l'aumento delle temperature estive. Due fattori che indeboliscono la pianta fino ad annegarne le radici, che poi marciscono. A questo bisogna aggiungere che, in alcuni casi, ci sono anche tecniche agronomiche come il passaggio frequente di mezzi pesanti in campo e un'irrigazione eccessiva che favoriscono questo fenomeno. Anche funghi e batteri già presenti nel suolo e che vivono in assenza di ossigeno hanno un ruolo perché possono aggredire la pianta con più facilità quando viene stressata da fattori ambientali».
Mentre tutte le varietà di kiwi marciscono nel giro di pochi giorni (anche meno
di dieci) e in un paio d'anni la pianta si secca e muore, si stanno cercando soluzioni che possano arginare il fenomeno: una è chiamata "baulatura",
i n sostanza si rialza il terreno di mezzo metro per offrire più spazio alla crescita delle radici, nella speranza di evitare ristagni d'acqua, oppure si cercano di ottimizzare i sistemi di irrigazione, o ancora si usa la tecnica del portainnesto, sorta di pianta ausiliaria con radici più robuste su cui
viene innestata la varietà più delicata.
La ricerca di soluzioni è urgente perché, come ha ricordato il ministro dell'Agricoltura, Teresa Bellanova «i danni alla produzione stanno causando gravi sofferenze alle aziende agricole. Serve l'aiuto di tutti gli esperti». Alcune stime sostengono che questo fenomeno colpisca quasi un quarto di tutti i frutteti di kiwi in Italia, paese che per produzione se la gioca con Nuova Zelanda e Cina.
La sindrome colpisce sia le viti vecchie che quelle più giovani, sia terreni vergini che quelli coltivati da anni e per gli esperti è sempre più complesso trovare un filo conduttore nelle varie morti delle piante registrate finora. Si continua a indagare su livelli dell'acqua e di ossigeno del suolo, sul surriscaldamento, su possibili batteri o funghi, ma le risposte non sembrano mai univoche. «È molto difficile. Quando vogliamo capire la causa di qualcosa di solito proviamo a isolarla ed eseguire un esperimento, ma questa volta non funziona perché sono in gioco diversi fattori» ha spiegato Lorenzo Tosi, ricercatore di Agrea. Non è nemmeno semplice fare un raffronto con altri casi e
Paesi. Per esempio, declini di frutteti di kiwi si sono registrati anche in Francia, Spagna, Grecia, Turchia, Cina e Giappone, però in nessuno di questi stati sono avvenute morti di piante a livello di quelle italiane, dove per esempio in provincia di Verona la sindrome ha colpito oltre l'80% delle viti. Sebbene si siano registrati vari fenomeni che stanno mettendo in ginocchio l'agricoltura italiana, dalla morte di meli, passando per i funghi che hanno colpito le pere o appunto gli ulivi del Salento devastati da un batterio, nell'indagine sulla morte dei kiwi c'è ancora molto mistero e, come ha specificato Tosi, si ha «l'impressione che le viti di kiwi potrebbero essere solo le prime di molte».
È impressionante per esempio quanto raccontato da un produttore di kiwi, Corrado Mazzi, al Guardian. L'agricoltore nei suoi terreni in provincia di Verona ha sradicato tutte le viti malate cinque anni fa: le ha impiantate nuovamente fra il 2016 e il 2018, ma la morìa è tornata, devastando i raccolti. «Puoi provare tutto quello che vuoi ma non cambia nulla» ha spiegato ormai disilluso.
Sotto la lente di ingrandimento, nel tentativo di capire come mai non si riesca ad evitare il declino, ci sono in particolar modo i cambiamenti climatici. L'alterazione dell'equilibrio del suolo e l'aumento delle temperature (quella ideale per la coltivazione dei kiwi è compresa tra 25 ° C e 27 ° C) potrebbero infatti, a causa di ondate di caldo e precipitazioni sempre più intense, aver sconvolto la naturale crescita di questi frutti. Gli esperti sostengono che sia una relazione da indagare ma è indubbio, da quando oltre 30 anni fa sono state introdotte le grandi coltivazioni di questo frutto ricco di vitamina C e sali minerali, che mai come prima il kiwi per continuare ad essere prodotto in Italia debba venir fuori da questa emergenza. Secondo le ultime stime, dal 2011 al 2019 sono stati colpiti 8.100 ettari di coltivazioni: se andremo avanti di questo passo senza trovare soluzioni immediate, l'emergenza attuale potrebbe perfino condurci verso un futuro con pochissimi kiwi italiani. (G. T.).