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PREDIRE L’USCITA DAL COMA? UN TENTATIVO GRAZIE A UN MODELLO MATEMATICO
Identificato un set di variabili in grado di predire l’esito clinico dei pazienti con gravi cerebrolesioni acquisite. Ne parla Antonio Cerasa (Cnr-Irib)
Un modello che consente di prevedere l’uscita dal coma di pazienti con gravi cerebrolesioni acquisite, cioè di danni cerebrali estesi tali da determinare una condizione che può durare per brevi o lunghi periodi: è quello che hanno sviluppato ricercatori dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche di Messina (Cnr-Irib) e dell’Istituto di analisi dei sistemi ed informatica del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Iasi). La ricerca, pubblicata su Scientific Reports, ha messo insieme dati raccolti da uno studio condotto dall’Istituto S’Anna di Crotone e altri centri clinici nazionali e ha riguardato, in particolare, 156 pazienti, arrivando a prevedere, per ciascuno di loro, le “traiettorie” degli esiti clinici.
L’analisi della condizione clinica lungo tutta la degenza ha permesso di modellizzarne l’evoluzione tramite una equazione matematica, identificando un set di variabili in grado di predire l’esito clinico dei pazienti con una accuratezza elevatissima. A dirci di più è il neuroscienziato Antonio Cerasa, ricercatore di I° livello dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche di Messina, che, più nello specifico, si occupa di Neuroscienze traslazionali, un nuovo settore caratterizzato dal trasferimento delle conoscenze prodotte dalle scienze di base nella pratica clinica e sociale.
Come e quando è nato lo studio?
A seguito dei miei lavori sull’uso degli algoritmi di intelligenza artificiale per predire gli esiti dall’uscita dal coma ,quello di cui ci accorgemmo - con i colleghi clinici che ogni giorno lavorano nei reparti di riabilitazione intensiva - era che questo tipo di informazione non porta ad una reale ricaduta sulla pratica clinica. I medici sanno molto bene qual è la probabilità e il grado di recupero di un paziente che esce dall’unità di rianimazione degli ospedali ed entra nei centri di riabilitazione. Quindi non hanno bisogno di un algoritmo che gli dica cosa guardare. Quello che i medici non sanno è quando avverrà il miglioramento clinico e soprattutto come la terapia che è stata scelta per i pazienti migliorerà (o meno) gli esiti finali. Quindi c’era bisogno di un modello statistico meno “statico” è più dinamico.
Che tipo di pazienti ha avuto come target?
Per questo primo studio abbiamo preso pazienti con danno cerebrale ricoverati presso i più importanti centri di riabilitazione italiana. La patologia rientrava nei danni di natura vascolare o tramautica o anossica.
Quali i risultati?
Il modello matematico che i colleghi dell’Iasi-Cnr di Roma hanno utilizzato ci ha permesso di visualizzare le traiettorie degli esiti clinici dei pazienti dall’inizio del loro ricovero fino alle dimissioni, dividendo quasi perfettamente
(intorno al 90% di accuratezza) i pazienti che avranno un esito negativo da quelli che invece avranno un esito positivo. Inoltre il modello riesce anche a dirci in quale giorno del ricovero la divisione tra le due curve avverrà. Questa informazione è critica per i medici perché secondo il modello il futuro del paziente (se migliorerà molto o poco) si determina nei primi 80-90 giorni dal ricovero. Dopo questo lasso di tempo è molto difficile che i trattamenti utilizzati possano influire sull’esito finale.
È una “prima volta”?
Con questo modello matematico, in questo settore, assolutamente sì.
Qual è l’importanza dei modelli matematici in studi come questo?
Quello di fornire un punto di vista diverso da quelli offerti dall’intelligenza artificiale. Un approccio più dinamico, centrato su quello che il medico fa ogni giorno durante la sua pratica clinica e non affidato ad un computer.
Lo studio proseguirà?
Stiamo per partire con un nuovo studio multicentrico promosso dal gruppo delle gravi cerebrolesioni della Società Italiana di NeuroRiabilitazione per aumentare la casistica così da permettere al modello matematico di dividere le capacità di predire le traiettorie degli esiti clinici anche per le singole patologie (vascolari, traumatiche o anossiche). Il futuro prossimo saranno programmi informatici che includeranno questi tipi di modelli matematici e che potranno essere usati ogni giorni dai medici per vedere come cambia la traiettoria del esito finale del paziente grazie al trattamento scelto.
La ricerca, pubblicata su Scientific Reports, ha messo insieme dati raccolti da uno studio condotto dall’Istituto S’Anna di Crotone e altri centri clinici nazionali e ha riguardato, in particolare, 156 pazienti, arrivando a prevedere, per ciascuno di loro, le “traiettorie” degli esiti clinici.
Quante professionalità ha coinvolto lo studio?
Citarle tutte è difficile perché sono almeno 10 strutture per il primo lavoro, mentre per il prossimo siamo già arrivati a 16 centri. Mi limito a citare le persone che hanno supportato questo progetto, in primis Francesca Lucia Lucca, responsabile dell’Unità Risvegli dell’Istituto S’Anna di Crotone; Simona Panunzi e Andrea De Gaetano, matematici dell’Iasi-Cnr di Roma. E, infine, la Società Italiana di NeuroRiabilitazione. Le professionalità vanno ovviamente da fisiatri, neurologi, fisioterapisti passando per statistici, matematici, per terminare a figure ibride come la mia che si occupano di traslare gli avanzamenti tecnologici in altri campi nella pratica clinica per la salute mentale.