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ALZHEIMER: SE GLI ASTROCITI NON SI ACCENDONO, FUNZIONI CEREBRALI A RISCHIO
Intervista con Micaela Zonta, ricercatrice del Cnr-In di Padova e autrice dello studio pubblicato sulla rivista Nature Communications
Un team di ricercatori dell’Istituto di neuroscienze del Cnr e dell’Università degli Studi di Padova ha indagato le alterazioni dei segnali intracellulari nella malattia di Alzheimer, individuando nella mancata attivazione degli astrociti, un tipo di cellule presenti nella corteccia cerebrale, un deficit che pregiudica la funzionalità del cervello nei modelli murini.
Dottoressa Zonta, cosa sono gli astrociti e qual è il loro ruolo nel sistema cerebrale?
Gli astrociti sono, con microglia e oligodendrociti, le cellule gliali del sistema nervoso centrale. Nel cervello umano ci sono circa 80 miliardi di cellule gliali e 86 miliardi di neuroni, ed ogni astrocita contatta con la sua rete di processi circa 2 milioni di sinapsi. Gli astrociti hanno un ruolo fondamentale in diversi fenomeni: ad esempio, guidano la crescita assonale dei neuroni durante lo sviluppo, regolano la composizione ionica e molecolare extracellulare durante l’attività sinaptica, contribuiscono alla regolazione locale del flusso sanguigno in dipendenza dall’attività neuronale. I loro processi concorrono a formare la barriera ematoencefalica e garantiscono l’apporto di nutrienti ai neuroni convertendo il glucosio in lattato. Ma gli astrociti hanno anche un ruolo più attivo nei circuiti cerebrali: sono infatti in grado di comunicare in modo dinamico con i neuroni, di “accendersi” in risposta ai neuro- trasmettitori, con una eccitabilità mediata da aumenti della concentrazione intracellulare di calcio, e di rilasciare gliotrasmettitori che modulano l’attività sinaptica.
Cosa accade se queste “stelle del cervello” non si accendono?
Se gli astrociti non si accendono viene a mancare una componente modulatoria essenziale per il funzionamento del cervello, con conseguenze diverse a seconda dei circuiti interessati. Numerosi studi documentano come l’attività degli astrociti influenzi molteplici fenomeni un tempo ritenuti regolati solo dai neuroni, come la plasticità sinaptica e la memoria, l’attività sincrona dei circuiti cerebrali, il sonno, la respirazione, l’ansia e la risposta alla paura, i comportamenti alimentari e quelli legati ai circuiti di ricompensa e dipendenza.
Perché il segnale degli astrociti si indebolisce?
Il segnale calcio negli astrociti origina principalmente dall’attivazione di recettori legati a proteina G, che porta al rilascio dello ione dai depositi intracellulari. Accanto a questa via, vi sono anche canali ionici di membrana che ne mediano l’influsso dall’ambiente extracellulare. In alcuni casi, queste vie sono collegate: nell’omeostasi ionica intracellulare, lo svuotamento del reticolo viene “percepito” da una proteina sensore (STIM1) che comunica ad un canale di membrana la necessità di far entrare calcio per ricaricare il deposito e ripristinare la capacità della cellula di rispondere agli stimoli.Ogni alterazione di questi meccanismi coinvolti nel segnale calcio può portare all’indebolimento del segnale stesso.
Quali sono le evidenze principali emerse dalla vostra ricerca in relazione all’attività degli astrociti e all’insorgenza dell’Alzheimer?
Nel modello murino di Alzheimer familiare analizzato nel nostro studio abbiamo rilevato un deficit del segnale calcio negli astrociti, che si sviluppa in concomitanza con la deposizione delle placche di amiloide e prima dell’insorgere dei deficit cognitivi. Il meccanismo molecolare alla base di questo deficit è una diminuzione dell’espressione del sensore STIM1, che si riflette in un minore livello di riempimento del reticolo. La conseguenza è una ridotta capacità degli astrociti di generare un segnale e quindi di esercitare la loro funzione modulatoria. Questo deficit compromette una forma di potenziamento sinaptico specifica della regione somatosensoriale ed è associato ad un successivo difetto di ritenzione della memoria tattile. Il risultato centrale della nostra ricerca è che la sovra espressione specifica del sensore STIM1 negli astrociti è in grado di recuperare completamente sia il loro segnale calcio sia la plasticità sinaptica dei circuiti neuronali somatosensoriali.
La dottoressa Micaela Zonta si è laureata in Biologia e ha ottenuto il Dottorato in Biologia e patologia cellulare e molecolare presso l’Università di Padova, studiando nel laboratorio del Dott. Carmignoto il ruolo del segnale calcio negli astrociti nella regolazione del rilascio di gliotrasmettitori e nell’iperemia funzionale. Fa parte dell’Istituto di Neuroscienze del CNR di Padova, dove approfondisce la ricerca sul ruolo degli astrociti in patologie del sistema nervoso centrale.
Come incidono i risultati del vostro studio sul piano diagnostico e terapeutico?
I nostri risultati individuano nell’ipoattività degli astrociti un biomarcatore precoce della patologia e in STIM1 un obiettivo farmacologico su cui agire per recuperare i deficit cognitivi.
Da chi è composto il gruppo di ricerca?
Lo studio è frutto della collaborazione tra gruppi di ricerca di CNR e Università di Padova e Pisa. La maggior parte degli esperimenti sono stati realizzati dalla dottoressa Annamaria Lia, che si è occupata di imaging del calcio ed elettrofisiologia, e dal dottor Gabriele Sansevero, che ha condotto i test di comportamento. Il lavoro è stato guidato dal dottor Giorgio Carmignoto, dalla professoressa Cristina Fasolato e da me, con il supporto della professoressa Nicoletta Berardiper gli studi di comportamento, ed è dedicato alla memoria del professor Tullio Pozzan, scienziato di fama internazionale, pioniere della ricerca sul segnale calcio, mentore e amico di molti di noi.