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MOBILITÀ SOSTENIBILE MILANO LA PIÙ VICINA

ALL’OBIETTIVO EUROPEO

Lo studio analizza i dati della mobilità e della qualità dell’aria al 2022 nelle 14 città metropolitane italiane. Al capoluogo lombardo seguono Firenze, Venezia e Bologna

Il risveglio della mobilità urbana nel 2022, dopo il lungo letargo post-pandemia, ha visto i trasporti pubblici che hanno faticato a riprendersi dalla drastica riduzione dei passeggeri imposta dalle restrizioni sanitarie, mentre l’automobile ha continuato a dominare gli spostamenti cittadini, anche se non ha raggiunto i livelli del 2019, influenzata dal lavoro agile. Parallelamente, rimane ancora incerta la crescita dei trasferimenti a piedi e in bicicletta nei prossimi anni. Oltre agli obiettivi necessari per ridurre le emissioni inquinanti, la congestione, gli incidenti e la mortalità stradale, ora si aggiungono quelli di decarbonizzazione entro il 2030, che devono essere perseguiti con urgenza per trasformare le città in ambienti a emissioni zero nell’orizzonte finale del 2050.

Il Rapporto “MobilitAria 2023”, realizzato da Kyoto Club e dall’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IIA), ha analizzato in dettaglio i dati su movibilità e qualità dell’aria in quattordici città metropolitane, immortalando l’Italia in viaggio.

Come nelle edizioni precedenti, si guarda a ciò che finisce nei nostri polmoni, determinando le concentrazioni d’inquinanti e i superamenti dei limiti nel periodo 2006-2022. Rispetto a due anni fa, si è osservato un aumento nel biossido di azoto (NO2) in quasi tutte le località. Per quanto riguarda il PM10, le quantità medie annue nel 2022 sono rimaste al di sotto dei limiti, ma si è delineata una realtà differenziata: cinque capoluoghi del Sud hanno registrato una diminuzione nelle stazioni di traffico, mentre sei del Nord hanno fatto rilevare una crescita. Napoli e Roma non hanno subito variazioni significative, tuttavia, molte continuano a superare più di 35 volte il limite giornaliero del PM10 nel corso di un anno.

I “sorpassi” relativi a biossido d’azoto e le particelle PM10 e PM2,5 si discostano significativamente dalle soglie stabilite nella nuova Direttiva europea e dai limiti raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Secondo la ricerca, sulle nove città italiane candidate a raggiungere zero emissioni entro il 2030, quelle totali derivanti dal settore dei mezzi rappresentano il 23,5%.

Una novità è l’indice sintetico della distanza rilevata dei grandi poli cittadini rispetto ai propositi di taglio delle emissioni di gas serra e vivibilità. L’osservazione, basata su un modello dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, ha misurato la condizione attuale basandosi su cinque indicatori chiave (trasporto pubblico, mobilità attiva a piedi e in bicicletta, condivisa, tasso di motorizzazione e ripartizione modale) e ha fornito una valutazione complessiva. È emerso un numero che rappresenta il “Deficit di mobilità sostenibile” di ciascun protagonista. Successivamente, è stata stilata una classifica in ordine crescente con lo scopo di confrontare il contesto, sia nel complesso sia per ciascuno dei cinque riferimenti considerati. Ricordiamo che tra i traguardi al 2030 vi è quello di ridurre del 50% il numero di veicoli in circolazione, potenziare ed elettrificare i mezzi di locomozione pubblici, promuovere percorsi ciclabili, pedonali e favorire la ripartizione modale verso sistemi amici dell’Ambiente.

Nel rapporto vengono affrontate diverse questioni in modo approfondito: si forniscono verifiche e proposte per centri sempre più vivibili; viene analizzato l’impatto della nuova Direttiva europea sulle caratteristiche di ciò che respiriamo; ci sono le considerazioni sulle mete per il periodo 2020-2030 in modo da raggiungere, il più possibile, bassi rilasci dannosi per l’ecosistema, osservando la situazione attuale e vagliando le risposte dei Piani Urbani della Mobilità Sostenibile (PUMS) al fine di promuovere azioni su misura. Oltre a questi resoconti, ci sono cinque contributi esterni redatti da esperti, due dei quali offrono una prospettiva europea, mentre gli altri trattano tematiche come la sicurezza stradale e la pianificazione urbana.

«Il Deficit di mobilità sostenibile al 2030 complessivo e le differenze delle 14 città che emergono dal Rapporto sono evidenti. Sicuramente i PUMS e la loro attuazione sono lo strumento efficace delle Amministrazioni per far crescere la mobilità sostenibile. MobilitAria - dichiara Marco Talluri, Gruppo di Lavoro “Mobilità sostenibile” di Kyoto Club - contiene le proposte di Kyoto Club e CNR-IIA per la mobilità sostenibile e appoggiamo quelle città che si stanno impegnando per andare nella giusta direzione. Infine, sul PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) vogliamo che, in linea con le altre associazioni ambientaliste, venga aggiornato e rivisto dal Governo per adeguarlo ai target del green deal».

Milano si avvicina di più alle sfide europee 2030 con un “passivo” del -32%, mentre Catania è la città più lontana con un grave -76%. Approfondendo i cinque segnalatori, il capoluogo lombardo risulta essere più vicino per quanto riguarda la mobilità condivisa, la ripartizione modale e il tasso di motorizzazione, laddove per i vettori pubblici e la circolazione attiva mostra un maggiore divario. L’adozione di politiche e interventi efficaci per limitare l’impatto ambientale dei veicoli, risulta, quindi, fondamentale per creare luoghi più vivibili, salubri e in linea con gli obiettivi di sostenibilità a livello nazionale ed euro-continentale. (G. P.).

© djgis/shutterstock.com

Sorprendentemente, circa la metà di quanto osservato (52%) proviene solo da dieci tipologie di oggetti, su un totale di 180 categorie considerate. Tale dato mette in luce due aspetti: in primo luogo, l’entrata tra i primi dieci posti, direttamente al quarto, dei detriti edilizi, che rappresentano il 5,8%; in secondo luogo, la diminuzione delle stoviglie usa e getta, che quest’anno si posizionano none (3%). Per combattere questa situazione e prendersi cura delle coste, l’associazione ambientalista invita tutti alla campagna “Spiagge e Fondali Puliti”. È un’iniziativa che mira a sensibilizzare coloro che continuano a utilizzare scogliere e fondali come una discarica. La salvaguardia di zone costiere, fiumi e acque riveste un’importanza cruciale e tutto inizia dai nostri stili di vita.

Le spiagge italiane continuano a rivelarsi dei luoghi contaminati a causa delle nostre abitudini sbagliate. Dalla plastica ai mozziconi di sigaretta, dai cotton fioc agli assorbenti igienici, i rifiuti rinvenuti testimoniano abitudini dannose per il Pianeta. Un monitoraggio effettuato su 38 arenili in 15 diverse regioni (Liguria, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia, Sardegna) ha rilevato che su una superficie totale di 232.800 metri quadrati campionati, sono stati contati ben 36.543 rifiuti, con una media di 961 ogni cento metri di costa. Inoltre, il 72,5% di essa è composta da polimeri artificiali e plastica, che confermano, ancora una volta, la loro posizione come il materiale più comune trovato. Quest’anno, a peggiorare la situazione, si sono aggiunti gli scarti di vetro e ceramica (9,2% del totale), principalmente costituiti da materiali da costruzione, come tegole, mattoni e piastrelle, smaltiti in modo irregolare. Seguono il me- tallo (6,8% tra quanto raccolto), carta e cartone (3,9%). Gli altri ritrovamenti includono tessuti, legno trattato, gomma, bioplastica, avanzi alimentari e sostanze chimiche.

Si attestano primi i frammenti plastici, che sono il 10,9%; seguono i tappi e i coperchi, i quali contribuiscono all’8,6% e i mozziconi di sigaretta (6%). Alla quinta posizione ci sono i cotton fioc (4%). Alla sesta e alla settima si trovano, rispettivamente, pezzetti di polistirolo, bottiglie e contenitori per bevande. Chiudono l’elenco, all’ottavo e al decimo altri oggetti plastici e le bottiglie di vetro, che costituiscono una nuova e negativa entrata tra gli “spiaggiati”. Fra le materie plastiche raccolte, il 46% è costituito da

10+1 oggetti considerati nella SUP (Single Use Plastics), la Direttiva europea che mira a limitare l’uso di plastiche monouso, non biodegradabili e non compostabili, e che è stata applicata in Italia a partire da gennaio 2022.

Le bottiglie in Pet (Polietilene tereftalato), inclusi i tappi e gli anelli, si confermano ancora una volta come la tipologia più comune sui litorali campionati dai collaboratori di Legambiente, contati ben 5.487 volte. Seguono i mozziconi di sigaretta, reti, attrezzi da pesca e acquacoltura in plastica, entrambi rappresentanti il 15% nella categoria SUP. Per quanto riguarda i contenitori per alimenti, si fermano sull’1% di quanto rinvenuto, i bicchieri sono solo lo 0,7% e il 3% degli oggetti della SUP. Completano la categoria alimentare le posate e i piatti, l’1% degli oggetti SUP. L’elencazione si conclude con le cannucce e gli agitatori per cocktail e le buste di plastica. Infine, gli assorbenti igienici e i palloncini di gomma, per i quali è stata proposta un’etichettatura chiara per indicarne l’impatto sull’ambiente e la presenza inquinante.E’ fondamentale anche il nostro coinvolgimento attivo: il mare dipende da noi. (G. P.).

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