Op.cit. rivista quadrimestrale di selezione della critica d'arte contemporanea
Direttore: Renato De Fusco Redazione: Napoli, Salita Casale di Posillipo 14 - Tel. 300.783 Amminiatrazione: Napoli, Via dei Mille 61 - Tel. 231.692 Un fascicolo separato L. 800 - Estero L. 1.000 Abbonamento annuale: Ordinario L. 2.000 - Estero L. 2.500 Sostenitore L. 10.000 Promotore L. 25.000 Un fascicolo arretrato L. 1.200 - Estero L. 1.500 Un'annata arretrata L. 3.000 - Estero L. 4.000 Spedizione in abbonamento postale - Gruppo IV C/C/P n. 6-13689
F.ciizioni e n centro >
R. De Fusco
Il disegno di architettura
J. P. Hodin
Esiste un'estetica dell'arte moderna?
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Alcune voci dell'urbanistica contemporanea
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Breve antologia delle ultime Biennali
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Libri, riviste e mostre
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Alla redazione di questo numero hanno collaborato: Urbano Cardarelli, Teresa De Angeli, Renato De Fusco, Daniela del Pesco, Cesare de' Seta, Giovanna Dohrn, Mario Lauro, Niclo Palmieri, Gino Palomba, Ema nuele Pasca, Giovanni Pasca Raymondi, Maria Teresa Penta, Italo Prozzillo, Agostino Renna, Maria Luisa Scalvini, Luciano Scotto, Lucio Tesauro.
Il disegno di architettura RENATO DE FUSCO
Al dibattito aperto sulle possibilità d'estendere i risul tati dello strutturalismo linguistico all'arte e all'architet tura - temi che tratteremo specificamente in altri numeri della nostra rivista - riteniamo per ora di contribuire con le seguenti note sul rapporto fra disegno e architettura. L'uso del termine inglese design nel linguaggio della cri tica d'arte e dell'architettura, con il suo più inclusivo ed efficace valore semantico, ha sostituito generalmente quello di disegno, relegandolo in una zona meramente tecnica o scolastica. Nessun dubbio sulla maggiore validità del primo termine. Il design - come osserva Rogers - non è soltanto la presentazione descrittiva di un oggetto per via di sim boli (com'è il tradizionale disegno - drawing) ma contiene nei simboli stessi il concetto di pensiero, intenzione con creta, progetto di un oggetto 1• Tuttavia tra le varie de notazioni che la parola design è venuta assumendo è prevalsa quella di progettazione; progettazione che, pur presuppo nendo altre operazioni, lascia scoperti alcuni significati set toriali come ad esempio quelli tecnici e didattici o, in sede critico-estetica, il rapporto tra il design e il disegno come au tonoma esperienza figurativa. Nel presente articolo intendiamo svolgere alcune consi derazioni sul disegno di architettura nelle sue varie ma-
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nifestazioni ancora distinte o distinguibili dalla nozione di design.
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Uno dei primi studi italiani sul disegno come problema critico è quello di Luigi Grassi 2 dove, confutando alcune teorie di autori tedeschi, vengono introdotte delle riflessioni sul disegno architettonico, nel contesto generale del pro blema del disegno, assai indicative della cultura estetica ita liana. L'atteggiamento critico degli studiosi tedeschi - scri ve l'A. - nei confronti del problema del disegno, ha as sunto un orientamento decisamente teoricizzante. Da un lato, si è insistito molto sul significato, i nessi e caratteri della scrittura disegnativa o grafica dell'artista (Degen hart); dall'altro, muovendo da una presunta diversità costi tutiva tra il disegno del pittore, dell'architetto e dello scul tore, si è indagato, più· o meno astrattamente, su la distin zione tra un • Architekturzeichnung » (Linfert), e un • Bildhauerzeichnung • (Keller, Heydenreich, Gradmann) 3• Il Grassi riconosce l'impegno e l'utilità filologica di questi studi, specie del Linfert, ma nega loro la penetrazione critica che spiega l'opera artistica. La sua indagine procede operando una distinzione , sempre in sede di disegno archi tettonico, tra disegni eseguiti direttamente dall'artista e progetto costruttivo; ... mentre sul significato poetico di un gruppo di schizzi o disegni architettonici eseguiti diretta mente dall'artista • a mano libera •, non può cadere - in linea generica - alcun dubbio, proprio in quanto l'imma gine architettonica (non importa se, dal lato tecnico, com pletamente sviluppata o meno) vi appare immediatamente individuata in una sintesi in cui rientra la stessa espe rienza grafica dell'artista; non altrettanto può affermarsi nei confronti di una serie di disegni, • geometrici •, e pre cisi fin nei minimi particolari, comprendenti il progetto attuale per un edificio da costruirsi. Giacché quel progetto, almeno nella sua • redazione • definitiva, viene spesso af-
fidato dall'architetto moderno nelle mani, estranee, di un disegnatore di mestiere cui spetta, per analogia di limiti Io stesso compito, materialmente esecutivo, del capomastro muratore 4. Secondo il Grassi, poi, nel progetto d'architettura men tre si perde il senso grafico dell'originario disegno figura
tivo, si esprime per intero il significato artistico dell'opera
architettonica: in realtà il progetto è • pura architettura •, individuazione spaziale; ma non rientra nel problema del disegno inteso quale diretta partecipazione grafica dell'ar tista. Un progetto, in quanto pura architettura, immateriale suggestione spaziale, può, in questo senso, considerarsi opera d'arte compiuta, in cui l'architetto (indipendente mente dal suo desiderio di vedere • costruita • la sua con cezione) ha già detto tutto; anzi, il fenomeno della creazio ne architettonica, in quanto problema teoretico dell'estetica, si compie e si esaurisce proprio nel progetto e attraverso il progetto. Non ostante la definizione, il progetto costitui sce, dunque, un fatto spiritualmente compiuto, e non è un disegno, anche se materialmente lo è • 5• Le palesi aporie di una tale concezione idealistica, le malintese relazioni tra intuizione, espressione e comunica zione dell'estetica crociana, risultano assai meno utili dei teorizzamenti empirici dei tedeschl, che ahneno avevano il
merito di porre il problema critico del disegno così come si
presentava alla loro esperienza. Tuttavia la posizione del Grassi che, come s'è detto, fu tra i primi a porre tali pro blemi, ha valore come concezione limite e quindi come linea di riferimento. A questo punto è necessario precisare che riteniamo assolutamente privo di senso, consideriamo un falso pro-. blema quello di definire dove e quando il disegno sia arte, se nel disegno come autonoma esperienza figurativa o nelle varie fasi del progetto archltettonico (schlzzo, progetto di massima, progetto esecutivo). Vogliamo solo studiare come
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s'è detto 1) l'interna fenomenologia del disegno architetto nico, 2) le sue relazioni col disegno figurativo autonomo. Una nozione più valida di quella citata è stata proposta da Vittorio Ziino, che opera una distinzione tra linguaggio architettonico e disegno. Il linguaggio dell'architetto - egli scrive - non è un sistema di segni convenzionali. Tali sono, invece, gli elaborati grafici del progetto: sistemi con venuti che non hanno alcun valore architettonico, perché del tutto estranei all'opera che rappresentano ... Distinguen do nettamente linguaggio e disegno, tecnica del linguaggio e tecnica grafica, non s'intende sottovalutare l'importanza che il disegno può avere nella preparazione dell'architet to 6• La concezione linguistica dello Ziino non è esente da critiche che potrebbero muoversi, ad esempio, dalla visuale - che estende le ricerche linguistiche all'architettura - se condo la qualè lo stesso linguaggio architettonico è fatto di segni a loro modo necessariamente convenzionali per poter condizionare un comportamento. Tuttavia, oltre la suddetta distinzione, lo Ziino si avvicina alla fenomenologia del lin guaggio architettonico quando afferma: L'esperienza del l'architettura ci dimostra che l'opera d'arte è una serie di sintesi successive secondo un ritmo dialettico. Analogamente per Zevi l'architettura è un processo creativo che si svolge nel tempo, per cui se è vero che il progetto non è architettura, mancando in esso la concreta realtà dello spazio architettonico, serve tuttavia alla lettura critica dell'architettura. Se il fatto artistico non è più con siderato staticamente, l'impegno critico non consiste nella mera descrizione delle immagini e delle riflessioni susci tate dalla visione dell'edificio, ma proprio nell'identifica zione del processo creativo che va dalla prima intenzione fissata in uno schizzo al progetto di massima, da questo alla stesura esecutiva e infine all'opera costruita 7• Cosic ché in questa concezione dinamica del fare architettonico, cui• concordiamo pienamente, il disegno nelle sue varie
fasi è considerato come strumento operativo e critico ad un tempo, serve per fare e per interpretare l'archi tettura. Ma Zevi distingue gli elaborati di progetto dai di segni originali degli architetti. I grafici dei progetti sono di regola affidati a disegnatori di mestiere e perciò anoni mi, mentre gli schizzi • a mano libera • dei maestri sono opere d'arte compiute... il disegno di una personalità arti stica è valido in sé, non come prefigurazione e nemmeno come poesia del • non finito •· Il pregio degli schizzi archi tettonici è indipendente dall'edificio che eventualmente potrà derivarne dando luogo ad un'altra opera, affatto di stinta 8• Questa differente valutazione degli schizzi dagli elaborati non ci trova concordi. Essa evidentemente mira ad individuare un senso artistico c4e gli elaborati originali degli architetti sembrano vantare sugli altri grafici di pro getto. Anzitutto ponendo una tale distinzione si contraddice quell'unitario processo del fare o più esattamente del pro grammare l'architettura che muove appunto dall'unitario convergere di tutte le fasi della progettazione, siano esse e a mano libera > o geometriche; in ognuna delle quali è sem pre da presupporre la interessata e vigile presenza del pro gettista, anche se non esegue materialmente tutto o una parte del progetto. Analogamente, è da presupporre la presenza, costantemente creativa, dell'architetto in cantiere. Oltre a ciò, si può dire che nessuna fase di questo processo del fare architettonico, che noi consideriamo un programma attuan tesi per gradi, dal primitivo disegno alla materiale esecuzione dei lavori, possiede una sua completa autonomia. L'indipen denza dei disegni originali dell'architettura costruita vale per alcuni casi eccezionali, dove però· tali disegni, più che rimandare ad una architettura vera o immaginaria, vivono nell'ambito di alcune esperienze figurative, vanno giudicati disegni come autonoma esperienza artistica, che hanno l'ar chitettura come pretesto, come e soggetto > della rappresen tazione. 't il caso di molti disegni di Mendelsohn i quali indi-
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cano più un momento del gusto figurativo, quello appunto dell'espressionismo in generale, che non una concreta, reale, solida immagine architettonica. Del resto il forte lega me tra i disegni originali di un Mackintosh o di Wright - disegni che sono tra i più significativi del Movimen to Moderno - con le opere che essi prefigurano con ferma l'interdipendenza tra il programmare e l'eseguire, la non autonomia del disegno architettonico dall'architettura vera e propria. Tale interdipendenza mentre rende difficilmente assimi labili i disegni architettonici al disegno come autonomo genere artistico, non toglie ad essi un valore di artisticità fruibile
anche indipendentemente dall'opera cui alludono o
cui servono. Ma si tratta di e artisticità > e non di autonomo valore espressivo. Questo è il punto risolutivo che distingue i disegni d'architettura dall'altro tipo di disegno. Il soste gno estetico della suddetta distinzione si trova, anche se con intenzioni non perfettamente coincidenti, nel rapporto tra poesia e letteratura di Croce; in Dewey che riconosce una componente estetica in ogni esperienza, pur individuan do l'esperienza specificamente estetica che è riconoscibile per una sua propria completezza ed organicità; e, recente mente, in Pareyson che afferma: Io credo che bisogna met tere ogni cura a non confondere l'artisticità generica che si estende a tutta quanta l'esperienza e l'operosità umana, e l'arte vera e propria, cioè l'arte specifica degli artisti. L'Autore avverte inoltre della differenza tra l'artisticità inerente all'operosità umana e l'arte emef'gente dalla vita umana - aggiungendo che - la prima è naturalmente di sposta all'aspirazione e all'imitazione, la seconda a fun gere da norma e modello 9• Anche se non totalmente convincenti le suddette distin zioni aiutano ad individuare il nostro tema del disegno di architettura nella sua relazione col disegno come autonoma 10
esperienza espressiva. Avevamo premesso di considerare un
falso problema quello d'indicare dove e quando, approssima tivamente, il disegno si debba considerare artistico; il ri corso all'estetica non contraddice tale posizione. Esso è valso a convalidare la nostra ipotesi del disegno architettonico (dallo schizzo al progetto esecutivo) come appartenente alla pratica esperienza; esperienza che si qualifica con una com ponente e un grado di artisticità senza necessariamente con fondersi col fare artistico. Ma l'appartenenza del disegno d'architettura alla sfera. pratica ci viene confermata anche da altre considerazioni. Per ragioni puramente didattiche e provvisorie dividiamo l'intera fenomenologia del disegno in tre specie. Esiste un disegno dal vero o di rilievo che ha lo scopo <li rappresen tare edifici ed ambienti già esistenti (diciamo per inciso che è questa l'unica fase della didattica architettonica nella quale agli allievi è dato di compiere una reale esperienza percettiva a contatto cioè con architetture nelle loro reali dimen sioni, nelle loro peculiarità materiche, nelle loro definizioni spaziali); esiste una fase di progettazione vera e propria in cui si programma l'opera da realizzare, caratterizzata da una serie di studi ed elaborazioni sperimentali, da un fare e di sfare che, per successive approssimazioni, porta al terzo mo mento della progettazione esecutiva. Ancora incidentalmente osserviamo che nella fase di progettazione di massima, dove emergono e s'incrociano le attitudini formative, culturali, socio-economiche dell'architetto, unitamente alle sue espe rienze passate e previsioni future, è assai complesso definire una sistematica delle operazioni traducibili in disegno, donde le difficoltà della metodologia didattica riguardante la pro gettazione architettonica. Nel progetto esecutivo prevale lo aspetto tecnologico, pragmatico, l'intento di tradurre in segni convenzionali ogni carattere e dettaglio ai fini della ma teriale esecuzione. Pur esistendo in pratica una separa zione tra le due fasi (intervento di tecnici diversi dal pro gettista, cambiamento di scala degli elaborati ecc.) non può 11
negarsi una osmosi tra i due momenti, una prev1s1one ese cutiva cioè nella fase sperimentale e una revisione speri mentale nella fase esecutiva. Nei tre momenti suddetti, quel lo del rilievo, della progettazione sperimentale o di massima e in quello esecutivo,
il disegno di architettura appare come
un'attività che rimanda ad altro, designa altre cose ed è in funzione dei vari interpreti:
il committente, i tecnici, le mae
stranze. Cosicché il disegno architettorùco va considerato come un linguaggio, una comunicazione attraverso segni che determinano un comportamento.
Ma
la stessa architettura nella sua concreta realtà spa
ziale può defirùrsi un linguaggio; qual'è dunque la relazione tra i due fenomeni? A risolvere tale quesito interviene la nozione di metalinguaggio che Morris defirùsce un linguag gio che significa nei confronti di altri linguaggi 10 precisan do che: Un metalinguaggio, comunque, può essere di qual. siasi tipo di discorso, e
il suo linguaggio-oggetto, pure di
qualsiasi tipo di discorso: si può avere un discorso poetico sopra un discorso poetico, un discorso scientifico sopra un discorso poetico, un discorso legale sopra un discorso poe tico, un discorso scientifico sopra un discorso logico-mate matiço e così via ... Noi così dobbiamo riconoscere esplicita mente che ogni tipo di discorso può essere meta-linguistico, oppure restringere
il termine • metalinguaggio • a un tipo
(o ad alcuni tipi) di discorso. Noi proponiamo l'uso più am pio 11• L'inclusiva definizione del Morris ci consente di con siderare il disegno d'arclùtettura nelle sue diverse fasi ap punto come un metalinguaggio rispetto al linguaggio del l'architettura 12• Non solo, ma di sottolineare la funzione strumentale, pr�gmatica ed eteronoma di tale metalinguag gio. Questo infatti è un insieme di segni tratti volta a volta - e a seconda dell'interprete - dal disegno come autonoma esperienza artistica e dalle arti figurative in genere, dalla geometria, dalla topografia, dalla statica grafica ecc. in re12
!azione e al servizio del linguaggio-oggetto ossia della archi-
tettura in carne ed ossa. Perdendo la sua funzione strumen tale, quella cioè di fissare e rilevare uno spazio esistente o programmare nuove architetture, questo metalinguaggio del l'architettura perde il suo più peculiare carattere. Come la critica (che può considerarsi un metalinguaggio rispetto al l'arte) se perde il contatto con le opere reali rientra nel l'estetica (e in una estetica «sistematica> ormai in disuso), così il disegno d'architettura se perde il contatto con l'ope ra, rientra nel disegno «artistico> (e in un genere a « te ma architettonico> anch'esso legato ad un gusto a noi estra neo). Da quanto precede risulta che se da un lato è inne gabile un legame tra il disegno d'architettura ed il gusto figurativo contemporaneo, che abbiamo visto attuarsi in una sorta di artisticità, dall'altro ci appare inutile, formalisti co e velleitario accentuare una iconicità dei disegni e dei modelli d'architettura come tali che nuoce indubbiamente al valore pratico e strumentale dei medesimi. RENATO DE FUSCO 1 E. N. ROGERS, Appunti sul fenomeno architettonico, I, in e Casabella > n. 265. ' L. GRASSI, Storia del disegno, Bardi ed. Roma 1947. ' L. GRASSI, Op. Cit., p. 79. ' L. GRASSI, Op. Cit., pp. 84-85.
'Ibidem.
' V. ZIINO, II linguaggio degli architetti, Palermo s.d. pp. 117-118. ' B. ZEVI, Architettura in nuce, Istituto per la collaborazione culturale, Venezia-Roma, 1960 p. 129. • B. ZEVI, Op. Cit., pp. 130-132. • L. PAREYsoN, I teorici dell'' Ersatz ', in e De Homine > nn. 5-6. 11 Ca. MoRRis, Segni, linguaggio e comportamento, Longanesi, Mi lano 1963, p. 175. 11 Ca. MoRRis, Op. Cit., p. 176. 12 In ciò discordiamo con G. K. Koenig che, sia pure riferendosi ad un solo aspetto del disegno architettonico, afferma: Occorre... ricor dare che il cosiddetto • disegno di progetto • non è un metalinguag gio, ma semplicemente una notazione grafica cioè una ipotizzazione in segni bidimensionali del futuro architettonico, che è tridimen· sionale ed in scala umana. Ma non vi è non-omogeneità linguistica fra disegni e modelli da un lato e realtà architettonica dall'altra: basti pensare che il • modello completo in scala 1:1 • è sinonimo di • architettura•· (Cfr. G. K. KoNIG, Lezioni del corso di plastica, Ed. Universitaria, Firenze 1961, p. 77).
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Esiste un' estetica dell' arte moderna?* J. P. HODIN
Gli argomenti che tratterò sono soltanto riflessiorù mar ginali, legate ad un determinato arco di tempo e di carat tere generale. Come per tutti i problemi, la nostra indagine sarà valida soltanto se definiamo le intenziorù ed i limiti della nostra ricerca. L'angolo dal quale inquadriamo l'ar gomento è anche importante. Un approccio puramente sto rico-cronologico n<?n sarebbe utile. Si può dire che l'arte moderna dati circa dal 1850, da Coubert in poi. Ciò non rivela altro che il suo posto nel tempo. L'arte moderna è ciò che fu globalmente descritto ed illustrato nel libro di Ozenfant,
Bilancio delle Arti moderne. Tutti conosciamo il
libro, è diventato un classico. È mia opinione che il criterio di moderrùtà stia nel rifiuto violento della tradizione del l'arte europea, costituita dai principi dell'arte classica uma rùstica greca, dal V secolo a. C. in poi, della sua rinascenza in Italia e nell'accettazione di un'estetica preistorica, pre classica, primitiva e non europea. Ricordo che Benedetto Croce, con il quale, nel 1952, discussi il problema dell'arte e della scienza moderna, o
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• Il saggio di J. P. Hodin non risponde affatto alla nostra visuale critico-estetica. Tuttavia, a parte il rispetto per il suo atteggiamento, siamo lieti di pubblicare questo articolo perché, a suo modo, risponde. ai quesiti di due nostre precedenti rassegne: quella su la. critica discOTde (e Op. cit. > n. 4) e l'altra su i criteri di va.lu.tazione dell'arte contempOTanea, apparsa nel precedente fascicolo della nostra rivista.
piuttosto le loro relazioni, disse in modo deciso 'e L'arte moderna è un'arte che non esiste >. E poi parlò come uno storico d'arte difendendo i principi della tradizione europea. Sotto molti aspetti egli ha ragione. L'arte moderna è una protesta, una negazione. Una protesta contro l'accademismo in cui l'intera tradizione europea cadde con una completa aridità, estetismo e sterilità formale. Non era rimasto alcun segno di vita. Gauguin fu un rifiuto dell'Europa. Retournons à la Nature, il programma dei Plein,-Airists, la scoperta della luce e del colore nell'Impressionismo fu un nuovo inizio entro la tradizione europea; un ringiovanimento. Ma solo momentaneo. Furono prodotte belle opere - chi dubiterebbe del valore artistico di un Renoir, Monet, Manet, Cézanne, Bonnard e Matisse. Ma anche lo spirito cartesiano-scientifico dell'uomo moderno, dell'uomo tecnologico rivoluzionò l'arte. L'uomo europeo non era soddisfatto della natura. Egli aspi rava ad una reale rivoluzione. Non si contentava che opere d'arte naturalistiche riproducessero la bellezza, il sentimento, la joie de vivre e adornassero le case private, mettendo così a confronto l'età della macchina con i valori che la comple tano, con un principio che era funzionale proprio nel ten dere a soddisfare la totalità delle esigenze: uomo il tecnico, lo scienziato e uomo l'osservatore della bellezza, l'uomo intuitivo, l'umanista. Il programma del Cubismo non fu altro che la distruzione della tradizione del Rinascimento. Quando sorse la scuola cubista, i suoi fondatori Picasso e Braque si stavano già avventurando verso un tipo d'arte completamente diverso. Dal Cubismo vennero tutti gli sconvolgimenti nell'arte mo derna, perché il suo principio era principalmente liberatore e al tempo stesso distruttivo. La libertà di sperimentare e di fare qualsiasi cosa in arte senza alcuna relazione con la vita interiore dell'uomo discese dal Cubismo. Avvenne una disumanizzazione. La logica conseguenza fu l'astrazione in tutte le sue forme. Questa arbitrarietà ha come suo scopo
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ultimo la distruzione della base europea della nostra tradi zione artistica. Ciò potrebbe suggerire in un senso posi tivo che la tradizione sia ora diventata una tradizione uni versale, sia nello spazio che nel tempo. La preistoria è pe netrata nell'ambito dell'esperienza artistica riconosciuta. Lo storico d'arte e l'archeologo si completano a vicenda. Questo stato di fatto potrebbe però suggerire anche che noi abbiamo perduto noi stessi, la nostra individualità, la nostra eredità. Tuttavia qualcosa molto più grande, molto più vasto nel tempo e nel sentimento, qualcosa di universale, perfino di cosmico potrebbe essere sulla nostra via. Non sappiamo. L'uomo del XX secolo non riconosce alcuna limitazione. È penetrato in tutte le culture. È penetrato nello spazio e al di fuori di esso. È un artista ispirato dalle pitture delle caverne, dall'arte dei popoli primitivi, dai graffiti, dall'arte dello psicopatico. Odia ogni sofisticazione, ogni « cultura >, ogni eleganza, bellezza, perfezione. Reagisce contro lo spirito scientifico-matematico, rappresentato nell'arte moderna dai Costruttivisti e da altri, nascondendosi nella giungla. Hegel nelle sue lezioni sull'estetica disse: « Ma noi non abbiamo più il bisogno assoluto di dare espressione al contenuto nella forma dell'arte. Per quanto riguarda la sua più alta rea lizzazione, l'arte per noi è una cosa del passato >. Questa affermazione di Hegel divenne oggetto di alcune rifles sioni critiche, di alcuni ripensamenti da parte di Heidegger: che cos'è quest'arte nella sua più alta realizzazione se non l'arte come la concepisce Heidegger, la cui vera essenza è definita dal contenuto metafisico? « La metafisica si occu pa dell'essenza dell'Essere e pone l'accento sull'essenza della verità > - « L'impulso del pensiero metafisico dell'uomo >. dice Jaspers, « è verso l'arte. La sua mente si apriva su quello stato primario quando l'arte era considerata sul serio e non era pura decorazione, gioco, sensualità, ma « interpre tazione della cifra >. Attraverso tutte le analisi formali 16
delle sue opere, attraverso tutta la rivelazione del suo mon-
do nella storia del pensiero, attraverso le biografie dei suoi creatori egli tenta un contatto con qualcosa che forse egli stesso non è, ma che, come Esistenza, egli ha ricercato, visto e formato, nella profondità dell' Essere con la cui globalità egli tenta di mettersi in rapporto >. « Poiché l'arte è il sen suale e può essere spirituale, una netta spaccatura separa il mondo dell'arte: da un lato un'arte che è abilità artistica - anche se brillante - nello splendore (o non) del sen suale; dall'altro un'arte il cui linguaggio è il trascenden tale. Tutto lo scintillio dell'arte del niente ma dell'evidente perde la sua importanza
di fronte alla visibilità dell'in
visibile, l'energia per la realizzazione della vita, di fron te alla potenza attraente dell' Essere nell'eternità, la vi talità dello spirituale, di fronte alla spiritualizzazione del vivere... >. In questa lotta per la spiritualizzazione dell'arte, il sensorio è la qualità inevitabile che non deve sfuggire; perché rimarrebbe soltanto una vuota astrazione. Lo spiri tuale è essenziale; non deve essere sacrificato alla qualità vitale, alla passione, alla forma sensoria in cui appare; tutto ciò che rimarrebbe sarebbe una realtà senza trasparenza ed intossicata. Niente è reale senza penetrare nel sensorio, così come è vuoto quando è solo sensoriale >. Ascoltiamo questi avvertimenti. Heidegger e Jaspers, i fondatori dell'Esisten zialismo che è alla base
di un diffuso movimento moderno,
arrivano allo stesso risultato di Benedetto Croce. Esiste una estetica cubista, una estetica futurista, una espressionista, una purista, una dadaista, una realista, una surrealista, una fauvista, una simbolista, una astratta, molte estetiche astratte. Ma esiste allora in tutte queste differen ziazioni qualcosa che un filosofo dell'arte possa usare in un modo creativo tale da metterlo in grado di parlare di una estetica dell'arte moderna? Prima di rispondere a questa domanda ascoltiamo qualche cubista. In una dichiarazione fatta a Christian Zervos nel 1935 Picasso disse: e L'educa zione accademica è un inganno. Siamo stati ingannati, ma
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ingannati così bene che possiamo recuperare appena un'om bra della verità. L'arte non è l'applicazione di un canone di bellezza ma ciò che l'istinto e
il cervello possono concepire
al di là di qualsiasi canone. Non è ciò che l'artista fa quello che conta, ma ciò che egli è. Ciò che muove
il nostro inte
resse è l'ansietà di Cézanne, questa è la lezione di Cézanne;
il tormento di Van Gogh - quello è l'effettivo dramma del l'uomo. Il resto è pretesto >. Henry Moore, in una conversazione con me nel 1956, parlò dell'unica qualità che egli trovava in tutti gli artisti che ammirava di più, uomini come Masaccio, Michelangelo, Rembrandt, Cézanne: « Intendo un elemento disturbatore, una distorsione, che dia prova di una qualche specie di lotta. Esso è assente naturalmente in tutta la tarda arte greca, ellenistica e nei pittori come Botticelli nel suo periodo pre Savonarola o in Raffaello; per quanto se ne trovino trac ce più tardi... Lo stile classico ha una piacevole qualità, una finalità felicemente stabilita è
il suo scopo, un mondo risolto...
Personalmente credo che tutta la vita è un conflitto... Penso effettivamente che nell'arte grande, cioè nell'arte che io trovo grande questo conflitto è nascosto e non risolto. La grande arte non è perfetta ... Tutto ciò che è prorompente di energia provoca turbamento, non è perfetto. È la qualità della vita. L'altro è la qualità dell'ideale >. Klee parlando dell'artista che si è abituato a rappresentare cose visibili che gli piaceva vedere, o che avrebbe amato vedere disse: « Ora noi riveliamo la relatività delle cose visibili, e perciò esprimiamo la convinzione che la realtà visibile è puramente un fenomeno isolato superato in modo latente da numerose altre realtà... >. Klee non è affatto interessato alla nozione di bellezza ma alla nozione ,dell'Essere. Il concetto di Bellezza, l'ideale dell'arte classica greca era umanesimo al suo apice - l'uomo era diventato simile a Dio. Nel nostro tempo noi lo lasciamo affondare nel fango. 18
Noi lo concepiamo simile alla formica, senza alcuna indivi-
dualità. Noi gli preferiamo qualsiasi macchina calcolatrice, qualsiasi unità di produzione per la massa dell'umanità, noi amiamo la bestia, la brutalità dell'uomo, il sesso. Abbiamo abbassato l'uomo al grado dell'animale - che gli animali ci scusino questa metafora che ha la sua origine nel pensiero cristiano. L'uomo ad immagine di Dio dei Greci non era un ideale, ma una concezione di vita, una direzione di pensiero, un manuale per il comportamento uro.ano. Naturalmente l'ideale di bellezza dello storico dell'arte non può ristabilire il suo sentimento originario. Pertanto Heidegger giunge alla con clusione che la storia, che è la sostanza dell'arte europea « non può essere compresa né attraverso la bellezza stessa, né attraverso la capacità dell'esperienza, a meno che il con cetto metafisico non si estenda completamente nella sua essenza >. Da quando Zola coniò la frase « Le beau. c'est le laid > che fu accettata dai realisti in arte ed in letteratura, la nozione di bellezza è stata discreditata. Dal concetto di bel lezza satanica di Baudelaire - Le beau. sataniqu.e - (fu lui che disse « La Bellezza è un enorme mostro, te_rrificante, senz'arte>) all'imperativo hegeliano surrealista di André Bre ton: « La Bellezza sarà convulsa (cioè sarà erotica) o non sarà > non c'è che un passo. È una sfumatura, un grado nella stessa attitudine anti-estetica che portò al detto « Bruttez za - il tema del nostro secolo >. È ancora un passo che separa l'estetico contrasto tra bello e brutto dall'approfon dimento psicologico del vero significato della bruttezza; in� tesa come la vita nascosta dell'uomo con le sue passioni, i suoi istinti ed i suoi vizi colti di sorpresa nello stadio latente, privi di qualsiasi maschera e travestimento, messi in libertà dall'artista nella loro vera meschinità senza cura di subli marli. Questo è l'uomo nella concezione psico-analitica. Come se il mito greco non avesse conosciuto tutte le forze nasco-
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ste della psiche umana e perfino in maniera più tangibile. Avessimo soltanto ascoltato quella pura voce europea della Grecia che è alla radice della nostra cultura - È troppo tardi? e Un'automobile veloce... è più bella della vittoria di Samotracia> proclamò Marinetti nel 1909. e Distruggere il culto del passato, l'ossessione dell'antico... ribellarsi contro la tirannia del termine ' Armonia ' ' Buon gusto ' ... Prendere e glorificare la vita di oggi... >. e Musei: cimiteri .... Musei: dormitori pubblici...> Da qui ancora la tesi di Jean Du buffet de e L'art brut préféré au arts culturels (cioè l'arte dell'impreparato, dell'ignorante, dell'idiota, del pazzo, i graf fiti sessuali sui pavimenti, i muri e le porte dei gabinetti pubblici, ma raramente l'arte dei bambini non pervertiti) non c'è che un passo ed un passo molto logico, poiché tutto avviene logicamente nella spiegazione dell'arte moderna. Monsieur Michel Tapié difende le sottigliezze pervertite di questo pittore, che rappresenta un basso denominatore di dignità e di aspirazioni umane, le sue emulazioni del pri mitivo, il suo brutalismo in atto come il segno sicuro della venuta del Messia. e Finora, soltanto le arti storicamente o geograficamente barbare sono sfuggite ai canoni infantili conservati sotto Pericle e riscoperte con mille affettazioni più o meno grottesche da quelle epoche di aberrazioni sto riche che incredibilmente sono state catalogate sotto il no me di grands siècles! >. Qui allora abbiamo l'altro estremo: la spacconata culturale, il nemico giurato di qualsiasi con cezione ideale, compresa quella della bellezza, - e dicendo questo sono perfettamente conscio del fatto che non ne ab biamo alcuna. Ci rendiamo conto che il termine ' estetica ', in virtù del suo troppo stretto significato implicito di bellezza, di bello, non è soltanto discreditato ma anche sviato. Personal mente preferisco il termine filosofia dell'arte a quello di estetica per due ragioni; primo, perché sono convinto che
l'estetica non è- una scienza, come credono gli americani, che possa applicare impunemente i metodi e gli scopi delle scienze naturali, specialmente della fisica, alla sfera dell'arte; e secondo perché non credo che vi sia e vi possa essere una rigorosa linea di confine tra l'estetica e la filosofia in ge nerale. Tale separazione
è soltanto apparente e basata su
considerazioni pratiche. Negli strati più profondi ai quali l'essenza dell'arte
è rivolta, non c'è separazione.
A questo proposito si potrebbe dire della relazione tra estetica e critica d'arte, che in qualsiasi modo noi definiamo questi campi di attività del sapere - e le definizioni sono le gioni - dobbiamo renderci conto che nessuna discriminazio ne critica, giudizio, accertamento di valori, descrizione o in terpretazione
è possibile senza implicazioni fra le latenti
dottrine di estetica e di storia dell'arte e tutte le scienze spe cializzate che oggi proclamano di approfondire .questi aspetti. La storia dell'estetica
è in effetti in larga misura la storia
della critica d'arte; il termine estetica presentandosi sulla scena relativamente tardi (A. Baumgarten, 1750). Noi viviamo in un tempo in cui la qualità di non-arte dell'arte è stata solennemente proclamata (Dadaismo, Sur realismo), quando tutte le nozioni di tecnica tradizionale,
di
composizione, del concetto dell'opera d'arte e della sua fun zione sono state scosse, quando il figurale è stato soppiantato dall'astratto o dall'informale, l'elemento costruttivo, dal mu tevole e dall'accidentale, l'immagine dal segno, il simbolo, la forma dallo stato amorfo della materia stessa, il pennello dalla goccia e dallo schizzo, la vernice dal polimaterico, dal nastro adesivo, dal cemento, dal gesso, dalla sabbia, dalla tela di sacco, dal legno, da pezzi piccoli e grossi di gomma, dal filo metallico ecc., la qualità espressiva di un'opera d'arte dalla nozione dell'c oggetto d'arte>;
il volume, in scultura,
dalla scrittura lineare nello spazio o dalla inclusione di ele menti architettonici;
la modellatura o l'intaglio dalla trapa
nazione e dalla saldatura; la materia e la tecnica stanno in
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primo piano e e la cosa stessa > è dimenticata o trascurata. In questo stato di sviluppo della nostra arte, di quale uti lità può essere per noi la nozione ideale di bellezza, come fu istituita nell'arte classica? Questo fatto è in se stesso un problema fenomenologico fondamentale perché non solo ren de antiquato un giudizio estetico basato sulle tradizionali nozioni, ma rende impossibile qualsiasi giudizio estetico ba sato sulle nuove. Ciò che rimane è nel migliore dei casi una nuova esperienza, una sensazione indefinibile, un punto interrogativo. Il presente sviluppo nel suo complesso può essere visto come un atomismo dell'estetica nello stesso senso in cui par liamo di un atomismo in filosofia e naturalmente in scienza, poiché il metodo atomistico forma la base di quasi tutte le analisi esatte. Come cognizione della realtà l'atomismo è un metodo di corte vedute. Per il concetto degli atomi non si possono più vedere le forme finali della vita, per la mol teplicità degli oggetti non si può più riconoscere che cos'è l'arte. Ma c'è un punto di vista al di là di questi modi spe cializzati e frammentari, un punto di vista in cui essi sono tutti uniti, in cui tutti ricevono e conservano il loro vero si gnificato: il significato che chiamiamo la filosofia dell'arte nel suo senso più profondo. E qui di nuovo la bellezza può giocare il suo ruolo non come un dogma fissato storicamente ma come necessario correttivo di tutti gli unilaterali, razio nalistici, depressivi, nichilistici atteggiamenti di oggi, sia esso il concetto della meccanizzazione de�la vita, della assur dità o dell'Angst, l'impulso distruttivo, la regressione al pri mitivismo o il vangelo della bruttezza. Bellezza come no stalgia fuori del nostro inferno, l'enigma della perfezione, nel senso della bellezza trascendentale di Kant o nel modo in cui la profetessa parlò a Socrate dell'uomo in cerca della bellezza nel Simposio: egli comincerà e Con l'amore delle cose belle e salendo continuamente, sia pure gradualmente, 22
per la ricerca della Bellezza stessa, da un bel corpo a due, e
dai bei corpi alla Bellezza degli stati d'animo, e da questi alle belle scienze e dalle scienze finalmente a quella scienza che altro non è se non la Scienza della Bellezza pura, in cui si impara la vera essenza della Bellezza, nella contem plazione della Bellezza stessa >. Forse la ricerca: della bellezza richiede una forza grande abbastanza per riconoscere un più alto e profondo significato dentro e dietro le oscurità dell'esistenza del nostro tempo: i suoi tragici conflitti e i suoi abissi pieni di odio. Quello che è in gioco, ripetiamo, non è un ideale ma una forza che raffina ed eleva. Perché soltanto colui che ama può vedere la Bellezza. E soltanto colui che ama può veramente creare. Braque, interrogato sul problema della bellezza mi disse durante una conversazione dell'estate 1952 e Esiste prima la questione se la Bellezza sia un problema; e ciò perché man cano dei dati fissi. Essi sono ingannevoli. Non c'è soluzione per la vita. Essa è un perpetuo processo di adattamento. Ho sostituito la nozione dell'eterno con l'idea del perpetuo. Il problema della Bellezza è un problema di raggiunta armo nia. E l'armonia è il nulla per l'intelletto dove le parole non hanno valore. Essa è uno stato di grazia o di illuminazione mistica. In tale condizione si comprende la Bellezza >. Le nostre attuali difficoltà mi fanno credere più che mai che il contatto personale con l'artista è di estrema importan za per il critico e lo studioso di estetica. Riassumiamo la nostra posizione. Cézanne è ritenuto essere alla fonte dell'arte moderna nel senso propriamente. detto cioè dell'arte cubista e post-cubista. Quando incontrai recentemente Francis Bacon parlammo naturalmente del l'arte. Fu nel Café Flore a Parigi. Egli disse: e Il Cubismo fu una esercitazione su Cézanne. Per me non è sufficiente... >. In queste dichiarazioni vedo la chiave del nostro problema. Attualmente non esist� alcuna teoria estetica coerente del l'arte moderna ma un'eruzione ·di vari -e contraddittori temi estetici. Oltre questo ci rendiamo conto inoltre che nessuna
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teoria estetica di .' isnù ' è significativa. Ciò che conta nella atomizzata visione del mondo sono le personalità degli artisti e il loro modo di sperimentare la vita più che di teorizzare su di essa. Quando non ci sono più artisti che propongono esperienze - rimane ciò che Cavafy affermò in uno dei suoi meravigliosi poenù « Aspettando i Barbari >. Questa po trebbe essere l'ultima risposta. Perché quando non vi è altra alternativa « quei popoli sono una specie di soluzione >. J. P. HODIN
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Alcune voci dell'urbanistica contemporanea
L'idea di divulgare alcuni dei principali problemi urba nistici, attraverso un piccolo glossario dei termini più ricor renti, è nata dalla diffusa esigenza di rendere il maggiore numero di persone partecipe di questa esperienza che, pur interessando tutti, rimane, per i suoi aspetti specialistici, in molti casi inaccessibile. Il compito di colmare il vuoto dell'informazione urbanistica a cui già molti. si sono dedi cati., non poteva non incontrare gli intenti della nostra rivi sta, ·che sono proprio quelli della divulgazione dei fenomeni appartenenti all'intero arco delle arti figurative, secondo una visuale critico-estetica. Nonostante il fondamento del proposito, la convinzione della sua utilità, la concordanza di esso con il nostro gene rale programma, dobbiamo riconoscere che, una volta ulti mato il glossario, o meglio questo campione di glossario, esso risulta solo parziahnente efficace. La nostra rassegna cioè non assolve pienamente alla sua· funzione divulgativa e, al tempo stesso, non fornisce una interpretazione particolare e quindi critica dei fenomeni relativi alle voci elaborate. Diciamo ciò non per mettere le mani avanti e cadere quindi nella massima Excusatio non petita, con quel che segue (perché in tale caso avremmo conservato il materiale
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raccolto per una più felice e matura occasione), ma perché riteniamo che i limiti stessi della rassegna possono essere a loro modo indicativi. A parte l'ovvia considerazione d'una maggiore o, minore capacità nel trattare questi argomenti,
è probabile che la
difficoltà d'un glossario urbanistico sia, tra l'altro, quella di isolare dei termini tra loro intrecciati, ossia di operare delle astrazioni da un contesto di fenomeni che si reggono nella loro globalità. Ma nonostante tale globalità, questo carattere che impedisce lo sminuzzare didascalico della di sciplina, essa
è al tempo stesso ancora in una fase pre
scientifica, si esprime con termini mutuati da altre espe rienze e da altre culture, donde la polivalenza e l'ambi guità delle sue voci. D'altra parte, un discorso critico-inter pretativo non ha potuto ·compensare le carenze del glossario perché nello studio svolto secondo l'intento suddetto
è emer
so che nel dibattito urbanistico contemporaneo esiste la se guente contraddizione: da un lato la difficoltà di operare dei tagli nel contesto unitario della disciplina, dall'altro la ne cessità di questa di manifestarsi ed esprimersi appoggian dosi a numerose altre esperienze confinanti, ovvero la sua scarsa autonomia. In altri termini, l'urbanistica contempo ranea, mentre mostra una sua globalità, non si configura an cora come una disciplina del tutto indipendente. Se la nostra rassegna servirà anche in parte a verifi care tale aporia e ad indiziare qualche possibilità di solu zione avrà una-funzione diversa ma non meno utile dell'ori ginale proposito. Fra gli aspetti più caratteristici · della recente cultura urbanistica, è la graduale presa di coscienza di un modo nuovo con cui l'uomo tende ad insediarsi sul territorio. La semplice constatazione del fatto che la città ha traboccato dai limiti del suo nucleo centrale, che appena un secolo fa 26
la conteneva tutta, espandendosi per cerchi all'incirca concentrici 1, ha indotto urbanisti, geografi, sociologi ed eco-
nomisti a ricercare la dimensione del fenomeno urbano odierno, in un continuo sforzo di precisazione di termini e significati. Una prima serie di e voci> esprime, con sfuma ture diverse, la dilatazione della città tradizionale in un nuovo organismo, destinato sempre più a divenire l'unità di base per la pianificazione territoriale. Di seguito ripor tiamo alcune espressioni che tendono comunemente a de signarlo.
CONURBATION Questo tipo di aggregato urbano che, secondo Peter Self, ha, in pratica, sostituito la città come prodotto distin tivo dell'era industriale 2, rappresenta uno dei più impor tanti momenti dell'attuale geografia regionale di un paese urbanizzato 3• Arthur Smailes definisce le conurbationa, grandi zone di territorio urbanizzato... nelle quali ... mattoni e cemento coprono in modo omogeneo vaste aree continue attraverso un semplice processo di espansione della città verso l'ester no, via via che le sacche comprese tra le direttrici di svi luppo si riempiono, o attraverso la saldatura di un numero di nuclei originariamente vicini 4• Sebbene la letteratura specialistica abbia talvolta attribuito al termine un senso tecnico più ristretto 5, gli urbanisti sembrano d'accordo nel l'intendere con questa espressione la fusione di varie città per effetto di uno sviluppo spontaneo: ogni città industriale di una certa importanza tende a creare oggi intorno a sé una zona di attrazione sempre più ampia. La crescita delle periferie è spesso tale che gli agglomerati finiscono per congiungersi e fondersi tra loro. Questo fenomeno si chia ma conurbation 6• Resta comunque chiarito che questo ter mine si applica soprattutto alle aree urbane dove esiste una prevalenza di attività industriali.-
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CI'ITA-REGIONE Il significato di questo termine sembra sganciato dalla qualificazione delle attività produttive: secondo il De Carlo, la città-regione corrisponde ... a un sistema legato da rela zioni dinamiche 7• Un gruppo di città, non necessariamente legate da una corrispondenza gerarchica, partecipa di un comune processo economico, sociale ed urbanistico, così strettamente interrelato da agire per continue induzioni e riflessioni ... in modo che ogni azione immediatamente determina azioni ... sul sistema globale 8• L'esistenza di una dinamica sociale sembra l'elemento discriminante perché un territorio urbanizzato possa considerarsi città-regione; il termine viene impiegato per indicare uno stato territoriale che si ritrova al di sopra di un certo livello socio-econo mico e tecnologico, con manifestazioni che si rendono sem pre più esplicite e chiare con l'elevarsi del livello stesso 9• Anche secondo lo Smailes, la città-regione è l'area i cui resi denti considerano una città particolare come loro centro di servizio e la cui vita è centralizzata in essa attraverso un costante flusso di andata e ritorno 10• Questa espressione sembra dunque usata prevalentemente per porre l'accento sulle qualità dinamiche della nuova entità urbanistica, di cui la città tradizionale costituisce solo il supporto ad alcune attrezzature. CONTINUUM URBANO-RURALE
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Anche questo termine, che contiene implicito il senso del movimento, viene adoperato in funzione di una · serie di attrezzature la cui area di influenza è più vasta del territorio sede della primitiva localizzazione11; la definizio ne di Nels Anderson viene suffragata dalle considerazioni dello Smailes sullo stesso tema: comunicazioni moderne han no fatto sì che la piccola e la grande città estendessero il raggio dei loro servizi e hanno offerto alle popolazioni
circostanti dei contatti più diretti e immediati con la vita e le istituzioni urbane. Attraverso l'influenza, l'attrazione esercitata dalle attrezzature sulla campagna, si stabilisce la continuità fra i tessuti rurale ed urbano; come sede di tali servizi centralizzati ... la città emerge nel continuum urba no-rurale del modello di insediamento attuale 12 • Verso un concetto di equivalenza fra i due elementi sembra invece orientarsi il Pinchemel, quando definisce le rurban areas, simbolo della osmosi fra l'elemento urbano e quello rurale, della diluizione del fenomeno urbano 13; e ancor più Herbert Kotter, il quale, rifacendosi al termine e rurbanisation > introdotto cinquanta anni fa da C. J. Galpin 14, afferma che non soltanto le strutture ed il comportamento urbano in fluenzano la campagna, ma al contrario anche gli elementi rurali ... acquistano emergenza nella sfera urbana ... Anzi essi tendono a diffondersi sempre più in un tipo di conti nuum rurale-urbano 1G.
AREA METROPOLITANA Più strettamente centrato sul predominio di una grande città rispetto al territorio circostante appare il termine area metropolitana. Secondo Alberto Aquarone, numerosi fattori della natura più diversa ... concorrono a dare a una città e a un'estensione più o meno vasta del territorio circo stante i caratteri peculiari di una area metropolitana. Successivamente, egli precisa che gli elementi essenziali e indispensabili di un'area metropolitana ... sono rappresentati da una città centrale, o metropoli, che nel suo pro cesso di espansione ha assorbito o tende ad assorbire i nuclei abitati situati nelle sue immediate vicinanze, ... e da una serie più o meno numerosa, compatta e popolosa di centri minori circonvicini, dal villaggio alla città vera e propria, con i quali si sia determinata o stia determinandosi
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una certa comunità urbana, e soprattutto una stabile rete di rapporti quotidiani economici e sociali, questi ultimi nell'accezione più larga 16 • Continuità fisica e funzionale fra centri urbani maggiori e minori sembra quindi l'elemento tipico di questa forma di insediamento, che, per la moltepli cità degli aspetti che concorrono a definirlo, è suscettibile di varie interpretazioni, di varie letture: le definizioni dei caratteri discriminanti del metTopolitanism - scrive Wil liam Dobriner - variano a seconda che ciascuno specia lista estragga dal globale contesto empirico quegli schemi che presentano particolare rilievo ai fini della sua indagine. .•. Met1'opolitanism può essere definito nei termini di una area di predominio economico; ... l'area metropolitana può essere anche concepita come una maglia di trasporti; in fine, ... ad un livello più complesso, l'area metropolitana può essere considerata come una estesa struttura spaziale consistente di vari sotto-sistemi economici, politici e sociali funzionalmente interdipendenti 17• L'ultima definizione sem bra la più comprensiva, pur nel dubbio che si riesca a far coincidere i limiti del complesso spaziahnente definito con quelli corrispondenti ai vari sotto-sistemi. Comunque, il modo di vedere l'area metropolitana come un sistemà culturalmente condizionato da interrelazioni di namiche fra individui e gruppi, nelle trasformazioni che vi inducono le varie distribuzioni locali 18, può essere parti colarizzato in definizioni settoriali, estremamente signifi cative. Secondo Karl Deutsch, la metropoli può essere con siderata un'enorme macchina per comunicare, uno stru mento che consente di allargare la gamma e di ridurre il costo delle scelte individuali e sociali... Le attrezzature esi stenti per compiere scelte e decisioni fissano dunque le dimensioni utili di una metropoli 19• L'accento sulle comu
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nicazioni caratterizzà soprattutto gli studi svolti negli Stati Uniti, dove si è estensivamente ricorsi alla circolazione dei giornali per definire le regioni metropolitane 20•
MEGALOPOLIS, NEBULOSA URBANA Fenomeni dimensionalmente più cospicui tendono ad essere raggruppati sotto altre etichette, che sostanzialmente ci sembra non mutino la qualità del concetto. Per Dobriner, il processo di sviluppo metropolitano ha progredito tanto che l'unità area metropolitana nel senso predetto non può più a lungo applicarsi ai più ampi, integrati complessi metropolitani che stanno fluendo l'uno nell'altro attraverso la nazione. I limiti dell'area metropolitana vanno fonden dosi per formare entità super-metropolitane che sono state chiamate strip-cities (città-nastro) o, come Jean Gottmann ha definito l'integrazione delle aree metropolitane dal New Hampshire nel sud per tutta l'estensione fino alle colline alla base dei monti Appalachiani in Virginia, Megalopo lis 21• Sembra dunque che la più recente tappa della rivo luzione che conduce dalla città antica alla città moderna è il passaggio dalle metropoli ad una metropoli policen trica 22, espressione di un fenomeno che un noto testo fran cese recentemente definisce con la frase: la terra diventa città 23• A parte l'accezione particolare del termine, usato per la prima volta ad indicare l'enorme fascia di città cen trali, sobborghi ed aree satelliti che si stende lungo la costa orientale degli Stati Uniti, da Boston a Washington 24, lo stesso Jean Gottmann precisa il valore della . scelta ter minologica: questo tipo particolare di regione è nuovo, ma è il risultato di processi antichi, del processo . di crescita della città, della suddivisione del lavoro nella società civile, dello sviluppo delle risorse mondiali. Il termine scelto per indicarlo doveva essere perciò nuovo come nome di una località e al tempo stesso antico come simbolo di una lunga · tradizione di aspirazioni umane e di uno sforzo continuo, che si trovano oggi celati sotto le situazioni ed i problemi locali. Da ciò il termine Megapolis ... 215• In termini più generali, ancora Gottmann - e con lui
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la recente cultura urbanistica francese - ha dichiarato di esprimere con il termine nebulosa le strutture molto com plesse, fluide, flessibili, multiple al tempo stesso dell'uso del suolo e dei rapporti fra le differenti parti di una grande regione urbana, che può avere un solo o numerosi noccioli, una sola zona industrializzata o suburbana, op pure parecchie. Per spiegare la complessità dell'insieme e la mancanza di chiarezza della sua struttura ho usato il termine nebulosa 20 • Questa indicazione prescinde da ogni qualificazione formale; la nebulosa è informale nel senso che l'opposizione classica tra la struttura radiocentrica e la struttura lineare delle città appare un falso problema ... Da un lato è logico che la nebulosa urbana, la città-regione si dispongano lungo le principali vie di comunicazione. Ma bisogna d'altra parte che le parti componenti di tale nebu losa conservino ciascuna intorno ad un nocciolo la strut tura radiocentrica delle città tradizionali 24• Si tratta, dun- · que, di un problema di scala, che Kevin Lynch, nel propor re lo schema di galassia urbana, risolve in un sistema di centri, ciascuno dei quali assume un'importanza relativa quasi uguale a quella degli altri ... 28• Essi possono inoltre assumere diverse specializzazioni funzionali, come particelle elementari di un insieme diffuso con omogeneità sul terri torio. CONTENITORE
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Un'altra serie di termini, ugualmente collegata ai pro blemi della nuova dimensione, fa capo al concetto di me gastruttura, cioè di costruzione monoblocco all'interno della quaje siano accentrate tutte o quasi le funzioni urbane, dalla residenza allo svago al lavoro, i cui spazi siano inoltre dotati di flessibilità, intercambiabilità, estensibilità. Sebbene tali termini siano diventati di uso comune soltanto nei più recenti aspetti progettuali ed utopici della cultura urbanistica
contemporanea, ci sembra utile sottolineare che l'idea di contenitore, pur con le notevoli limitazioni imposte dalla
cultura del tempo, sia già presente nel pensiero degli utopi sti del primo ottocento. Charles Fourier, nel proporre il Falansterio, dichiarava che ... l'edificio abitato da una Falange non ha alcuna somi glianza con le nostre costruzioni ... ; per realizzare l'Armo nia fra milleseicento persone non si potrebbe adoperare nessuno dei nostri edifici comuni, neanche un grande pa lazzo come Versailles o un grande convento come l' Escu riale ... 20, e Victor Considérant, precisando il carattere ecce zionale di quest'alloggio collettivo, lo immaginava ... come un immenso castello con un grande cortile aperto davanti e due ali di fabbrica a destra e a sinistra. Al centro della facciata, la Torre dell'Ordine, che contiene il telegrafo, l'osservatorio, l'orologio e gli Uffici della Reggenza. All'in terno della parte centrale vi sono sale di uso pubblico, gli appartamenti di varia grandezza distribuiti ai lati di una strada-galleria coperta che attraversa ciascun piano ... Senza uscire dal Falansterio, si trovano negozi, coopera tive, luoghi di divertimento, ecc. 30• L'idea ebbe in Francia anche una realizzazione pratica, ad opera di Jean Baptiste Godin: nel Familisterio, mille cinquecento persone possono vedersi, scambiarsi visite, svolgere le faccende domestiche, riunirsi nei luoghi pub blici, approvvigionarsi, sotto gallerie coperte, senza riguar do alle condizioni atmosferiche e senza dover mai percor rere più di seicento metri ... 31• In tempi successivi, Wells, nel descrivere « Un'utopia moderna>, ricorre anch'egli ad un grande contenitore urbano, un tipo di edificio qua. drilatero ... che si può percorrere da un capo all'altro della città', lungo gallerie e porticati, senza uscire mai nella strada 32• Nel periodo fra le due guerre mondiali, è ancora un erede del pensiero illuministico 83, Le Corbusier, che ripro-
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pone nel piano di Algeri e nella struttura della Ville Ra dieuse l'edificio multifunzionale, che egli stesso realizzerà nell'immediato dopoguerra con l'Unité d'habitation, affer mando che le attrezzature urbanistiche debbono assumere la forma di unità architettoniche ... 34• Costruiamo dunque dei fabbricati contenenti da duemilacinquecento a tremila abitanti. Ascensori giorno e notte e strade interne. Un tale agglomerato rappresenta una unità di abitazione, per la quale si può immediatamente provvedere ai servizi comuni, che sono la chiave della nuova economia domestica ... 85• NeU'intuizione di uno strumento edilizio atto a soddisfare le esigenze urbanistiche di una società in via di meccanizzazio ne, Le Corbusier rinnova l'utopia illuministica del Falan sterio ed apre le porte allo sviluppo di una tematica recen tissima che, con l'uso frequente del termine contenitore, ha trasferito in una· espressione inequivocabile un'aspirazione latente nella cultura urbanistica per oltre un secolo. Nel riassumere la teoria dei contenitori 36, Yona Fried man così si esprime: i contenitori sono strutture tali che il loro vuoto interno può essere utilizzato per la residenza o per altre attività umane. Queste strutture hanno come caratteristica il fatto che i loro elementi strutturali possono essere incorporati nei piani verticali ed orizzontali. I vuoti residui fra questi piani risultano quindi di preferenza rettangolari ed hanno dimensioni conformi alle attività che vi si devono svolgere. L'accento posto di preferenza so pra l'aspetto tecnologico-strutturale della costruzione vale a stabilire una prima distinzione dalle megastrutture del pre urbanismo; Friedman, infatti, prosegue: se queste strutture non sono completamente riempite, ma sono occupate da volumi costruiti soltanto in una certa proporzione, il loro uso è « mobile • ed il contenitore si dice « ideale •· · Inol tre, un contenitor� ideale deve esser tale che la ripartizione degli sforzi nei vari elementi strutturali sia sensibilmente 34 uguale, qualunque sia l'estensione della struttura e la posi-
zione esatta dei carichi. Un altro fattore di detemùnazione è l'intercambiabilità: le costruzioni che formano la città devono essere scheletri che si riempiono a volontà. Circa 1a forma che tali scheletri possono assumere, Friedman si limita ad esemplificare solo qualche tipo. Nella proposta di sviluppo per Parigi egli indica una maglia tridimensionale estendentesi a tappeto al disopra della città esistente. Nel caso di un insediamento nuovo, sul mare, una nuova tecnica costruttiva, quella dei • contenitori • tridimensionali, per mette un nuovo sviluppo dei ponti in urbanistica: le città ponte. Le città-ponte sono contenitori spaziali a forma di ponte. Esse contengono non soltanto le vie di traffico, ma anche tutti gli spazi elementari che compongono la città: locali pubblici, industrie, commercio, abitazioni... In sintesi, Friedman sembra suggerire, col termine contenitore, un metodo di lottizzazione dello spazio tridimensionale, che appare come la proposizione più ricca di senso in un discorso per !Ilolti altri aspetti discutibile. Purtuttavia, nell'ambito della cultura francese, questo . . indirizzo ha avuto una notevole risonanza, probabilmente sostenuto dalle contemporanee ricerche sulle strutture spaziali, svolte dagli ingegneri Du Chateau, Sarger e Ketoff. Le possibilità offerte da tali ricerche alla costruzione in ducono Paul Maymont ad affermare che domani, la città stessa sarà un enorme edificio 37, e a progettare edifici ispirati al principio dell'albero, con una colonna centrale, ... città coniche ... che contengono volumi di qualsiasi forma e natura. Possono contenere da quindici a cinquantamila a·bitanti 38• Ad una forma conoide capovolta si riferisce invece il progetto di Walter Jonas per un altro tipo di contenitore: la città « intra • ha la forma di un imbuto e pertanto può soddisfare completamente alle esigenze di una vasta comunità ... 39• Un'altra definizione di contenitore, alquanto vicina a quella di Friedman, è fornita da Eckhardt Schulze Fielitz: la città spaziale è un labirinto dello spazio strut- 35
turale, sistematizzato, prefabbricato, montabile e smonta bile, che si può sviluppare e bloccare, adattabile, multi funzionale ... 40• Proposte non troppo diverse vengono da A. Biro, J. J. Fernier, J. C. Bernard, mentre in Gran Bre tagna si sta sviluppando il concetto di contenitore a grap polo (cluster), ove si raggruppano e si distribuiscono nello spazio i vari elementi architettonici finora disposti · sul piano. Si tratta di ottenere una imbricazione di livelli tale da permettere sia la diversificazione delle funzioni in uno stesso gruppo, sia la separazione dei servizi 41• Ad antichi modelli piramidali si riferisce, invece, un gruppo di archi tetti venezuelani che stanno studiando la costruzione di un immenso ziggurath babilonese, che raggrupperà sui fianchi le case, mentre all'interno vi saranno i servizi e la circo lazione 12• Da Berlino, lannis Xenakis dà ancora un'altra interpretazione del contenitore urbano: l'architettura in terna della città Cosmica dovrà orientarsi verso la conce zione di locali intercambiabili ... , adattandosi agli usi più diversi; ... l'architettura mobile sarà - come per Fried man - la caratteristica fondamentale della nostra città, la cui forma e struttura saranno costituite da una conchiglia cava a doppia parete a traliccio ... 43• Nell'ambito del pensiero nord-americano si sviluppano altre proposte, da parte di Louis Kahn e di Jan Lubicz-Nicz. Il primo, nel proporre la ristrutturazione del centro di Philadelphia, ipotizza un tipo edilizio per uffici a torre, come una esercitazione sperimentale sulla triangolazione di membrature strutturali che si innalzano e si congiungono regolarmente in fasci, particolarmente resistenti alle sol lecitazioni del vento ... H. Il centro è poi circondato da una serie di megastrutture, indicate come porti per il traffico: ... le masse monumentali dei parcheggi, raggruppate e stret tamente connesse con le torri anulari che li [delimitano], dense di funzioni interrelate, si [alzano] come grandi pozzi 36 anulari ... 45• La funzione di ricreare il paesaggio urbano
si attua attraverso una nuova forma fortemente significativa, con ampi riferimenti organici:
afferma infatti lo stesso
Kahn: ... l'ombra di queste forme cilindriche sarà altret tanto suggestiva di quella degli alberi 46 • Lubicz-Nicz, tra l'altro, dice che non si devono più costruire edifici isolati con il fronte discontinuo, bensì una struttura organica che sia come un guscio, l'involucro dell'umanità, del nostro modo di vivere. Un guscio che circonda e dà riparo a nu merosi abitanti, capace di adattarsi a qualsiasi variazione di forma, basato sui concetti fondamentali della vita che sono universali, perenni e immutabili nei loro aspetti bio logici, sociali, spirituali ... 47• Distinguendosi dalla corrente di indirizzo tecnologico, la definizione pone l'accento sul significato organico della megastruttura, mediando il tra passo ad un'altra interpretazione che del termine conteni-
tore emerge dalla cultura giapponese, non scevra di influssi su quella nord-americana. Infatti, nel progetto per un inse diamento di venticinquemila abitanti studiato negli Stati Uniti dal gruppo MIT, con la consulenza di Kenzo Tange, si ritrova una forma urbana che diventa una struttura a «
long cycle •, in cui nella grande maglia triangolare " long
cycle ,. si inserisce l'alloggio individuale " short cycle • 48 • E il progetto dello stesso Tange per Tokio comprende strutture triangolari costruite sulla terra e sull'acqua, ... conte nenti elementi destinati alle varie funzioni urbane ed alla residenza 49• Ma già la terminologia sottintende un ciclo biologico, più chiaramente espresso nel concetto di conte
nitore elaborato in Giappone dal gruppo Metabolism, nel proposito di progettare un ambiente urbano ... con un ciclo evolutivo analogo ad un processo metabolico no_ Nel pro cesso di trasformazione della città, si possono isolare gli elementi mutevoli e quelli che permangono ... ed è inoltre possibile ridurre gli elementi mutevoli ad unità singole, da aggregare o separare liberamente. Gli elementi perma nenti, costituenti il contenitore, sono forniti di punti di
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appoggio ai quali si possono fissare le cellule di base ... 111• Una proposta di Kikutake, che fa parte dello stesso gruppo, individua l'elemento edilizio base della città del futuro in grossi cilindri di cemento, a forma di ciminiere, del dia metro di cinquanta metri e dell'altezza di quattrocento, ognuno dei quali conterrà cinquemila abitanti. Sulla su perficie di tali cilindri sono attaccate le unità singole, prodotte industrialmente 112• In Italia, il termine contenitore è stato introdotto con l'acquisizione nel dibattito architettonico del concetto di megastruttura. Si è affermato che il campo in cui oggi pos siamo operare le scelte fondamentali è quello che si rife risce alle grandi strutture, che sono quelle, sul piano stret tamente architettonico, dei grandi « contenitori • ... 118; e ci si chiede se mai è possibile definire con sufficiente grado di sicurezza un organismo a funzioni fisse ... a vantaggio di organismi estremamente flessibili, sostanzialmente aperti alle più ampie modificazioni nel tempo ... In tal senso, due sono le esigenze ... : da un lato la caratterizzazione e la esaltazione espressiva urbanistica del nuovo organismo ..., dall'altro la estrema libertà di utilizzazione interna dei grandi edifici pensati con:ie grandi « contenitori • a fun zioni multiple ... u. Il significato di contenitore viene dunque assunto con un duplice riferimento: uno alla flessibilità ed alla intercambiabilità delle funzioni, mutuato direttamente dai prototipi francesi e giapponesi; l'altro alla funzione simbolica ed espressiva, tendente a fare di questo elemento un mezzo di pronta semantizzazione dell'ambiente urbano. Ripetendo l'operazione tentata con ben altra coscienza nel clima illuministico ed in quello razionalistico, la riduzione dell'architettura ad una forma globale, chiaramente perce pibile in termini stereometrici, si presenta oggi piuttosto spesso come espressione monumentale di un confuso ideale 38
di meccanizzazione. Il rischio di procedere dalla forma esteriore alla funzione interna, suggerisce infine ad Alberto
Samonà queste considerazioni sulla impossibilità di operare un miglioramento generico dell'attuale struttura ammini strativa e tecnica attraverso il collocamento di nuove strut ture urbanistiche, consistenti in « contenitori » . ... Nell' am bito di una simile ipotesi si intravvede il pericolo di nuove e più insidiose evasioni. ... Questo riferirsi ormai alla crea zione di « contenitori
»
nei quali, in modo sostanzialmente
indifferente, inserire funzioni di vario tipo, è tanto più pericoloso in quanto allontana la possibilità di studio e di ricerca all'interno di queste stesse funzioni e cioè non permette di andare a fondo ... delle caratteristiche nuove che esse, produttivamente impiantate, dovranno avere an che nelle loro configurazioni spaziali 55 • A tale perplessità si aggiunge
il
pensiero che il giusto
riconoscimento di ridare una carica significante alle strut ture dell'urbanistica non disimpegna dal compito di tentare una simile operazione anche nel campo più specifico del l'architettura; operazione che riteniamo costituisca ancora il problema metodologico fondamentale, peraltro irrisolto, del la cultura architettonica contemporanea.
ASSE ATTREZZATO Un nuovo modo di concepire il rapporto fra rete di co municazione ed attrezzature di servizio è stato introdotto dalla recente cultura urbanistica. Il superamento concet tuale ed il conseguente rifiuto della distinzione tra strutture urbane ed infrastrutture, ha sollecitato
il
trasferimento in un
unico organismo delle attrezzature cosiddette di
servizio
e, insieme, delle funzioni della rete viaria, riscattata in tal modo da semplice mezzo di collegamento; sistema organizza tivo che, calato in diverse realtà e filtrato attraverso culture differenti, è stato designato in Italia col termine
zato. Il concetto di
asse attrez
asse attrezzato è stato espresso dalla cul-
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tura urbanistica anglosassone con una terminologia che di stingue le infrastrutture viarie - highway (strada princi pale), freeway (strada principale svincolata) - dalle strut . ture residenziali di servizio �9• Halprin sostiene infatti che le freeways urbane do vrebbero integrarsi alla città e non essere semplicemente dei corridoi che la recidono. Esse dovrebbero attraver sare edifici, avere negozi ... , ristoranti, autorimesse e par cheggi integrati in una unica struttura 157• E nel rapporto Buchanan si afferma: tutto ciò che abbiamo finora ritenuto utile concentrare nel cuore della città, potrebbe benissimo essere distribuito intorno, purché opportunamente loca lizzato in rapporto ad una rete primaria di highways 58; ovvero ... il punto focale della vita cittadina, i grandi ma gazzini ed i negozi, gli edifici per la comunità e per gli scambi culturali, non dovrebbero essere soltanto ammuc chiati verticalmente, ma distribuiti lungo il percorso delle arterie del sistema dei trasporti �9• Questo, nella visione di K. Tange per Tokio, si orga nizza in un'unica struttura lineare che direziona lo sviluppo della città e lungo la quale sono distribuite le funzioni ur bane. Per l'organizzazione aperta della metropoli con dieci milioni di abitanti il simbolo più appropriato è l'asse ci .vico, l'asse, cioè, lungo il quale si svolge il movimento arte rioso che sostenta la vita urbana 60• Tale struttura consente: 1) passaggio da un sistema centripeto radiale ad un sistema di sviluppo lineare; 2) reperimento dei mezzi per conglobare in una sola unità organica sia la struttura della metropoli che il si stema dei trasporti e l'architettura urbana; 3) attuare un nuovo ordine spaziale urbano capace di rispecchiare l'organizzazione aperta e la spontanea mo bilità della società attuale 61• 40
Esiste dunque la necessità di una nuova organizzazione nella quale sistema urbano, sistema di traffico e sistema
architettonico risultino organicamente unificati 62 nella pro spettiva di indirizzare entro nuovi canali la spinta umana che ha determinato il caos odierno... 68 • Ciò è possibile do tando la metropoli di una struttura rinnovata che possa determinarne il ringiovanimento. Non ci limitiamo perciò semplicemente a parlare di ridimensionamento, ma inten diamo stabilire una nuova dimensione lungo la quale do vrebbe procedere questo ridimensionamento 64• L'asse attrezzato, costituendo un originale contributo al dibattito sulla nuova forma della città, pone problemi di ordine formale del tutto nuovi. Esso, nel consentire la legit timità di una diversa e più coraggiosa interpretazione dello accostamento tra nuove strutture ed ambienti preesistenti, è l'occasione e l'incentivo per un più spregiudicato atteg giamento critico di fronte ai problemi di ordine visuale. È un tentativo complesso di dare alla città, oltre che un nuovo respiro territoriale, anche un nuovo volto. L'asse attrezzato dovrà essere l'elemento caratterizzante la nuova città e sopperire alla mancanza di elementi agglu tinanti, di identità, nelle grandi metropoli: e la risposta al problema andrà senza dubbio ricercata in un sistema stra dale preciso, di grande portata: l'arteria motorizzata ur bana, innalzata dalla funzione agevolatrice alla funzione unificatrice 65• Non si tratta più di progettare strade e di progettare edifici ma di progettare i due contemporanea mente, all'interno di una stessa metodologia ... Se gli edi fici e le strade di accesso fossero pensati insieme quale elemento fondamentale della città, essi potrebbero essere · variamente combinati e modellati 68, in modo da assolvere una funzione primaria nel rendere gradevole la città, sia nelle aree nuove che in quelle ricostruite, mediante parchi e spazi liberi per il gioco ai livelli inferiori e nuove strutture a quelli superiori. � il disegno dell'intorno di una freeway che ci interessa, più che la struttura stessa 67• Il problema va affrontato in rapporto ad una nuova velocità
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di lettura del paesaggio urbano. Ciò significa integrare tutti gli aspetti del disegno in un'unità che sia valida e soddisfacente ed integrata al suo intorno ... Questo è un lavoro non
di
esclusiva
competenza
dell'ingegnere
di
freeway e del traffico, ma dell'architetto, dell'architetto paesaggista, del pianificatore e di altri specialisti 08, dal
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momento che la highway dovrebbe diventare un'esposizio ne di sequenze della città, legandola visualmente ai punti focali e dando rilievo alle emergenze simboliche e sto riche 09• In Italia si è fatto ricorso al concetto di asse attrezzato non solo quale strumento di recupero di una realtà urbana degradata - e quindi mezzo che ne garantisca la sopravvi venza morfologica e ,insieme, l'incentivazione funzionale ma anche, e soprattut.to, quale strumento che direzioni la esplosione della città nel territorio, sbloccandone l'athlale configurazione radiocentrica. Nel Piano Regolatore di Roma l'asse attrezzato è una ipotesi che può permettere nel tempo tre successive ope razioni: salvaguardare interamente il centro storico, svuo tare le parti intermedie dei nuovi interessi intenti a tra sformarle, mantenendovi invece la residenza; riorganizzare tutto il settore est della città 70• Esso potrà rappresentare un rafforzamento logico della polarizzazione di una serie di centri commerciali lungo il suo percorso, un vero si stema di centri, quasi un centro lineare 71• Un'analoga fun zione è affidata all'asse attrezzato nel Piano Regolatore di Milano: . esso costituirebbe ... la spina dorsale viabilistica di un sistema di centri: lo storico, il nuovo ed il futuro 72• Nel caso di Firenze esso pone anche le premesse per una rivitalizzazione dei tessuti edilizi interni ... specialmente della fascia gravitante intorno all'attuale ferrovia Firenze. Roma, che costituisce una delle parti più degradate della città 78• Il confronto tra le diverse· realizzazioni in Italia ed al-
l'estero consente il reperimento di una comune tipologia o, quanto meno, di analoghi criteri di impostazione dello sche ma organizzativo. Sia l'insediamento romano di Spinaceto che quello inglese di Cumbernauld si articolano lungo un asse at trezzato. A Spinaceto l'asse centrale contiene al suo interno un centro continuo nastriforme, lungo il quale - all'ester no - si sviluppano senza soluzione di continuità le fasce residenziali. Tale asse viario viene a svolgere pertanto la duplice funzione di collettore di distribuzione e di gravi tazione dell'intero quartiere. Si realizza in tal modo uno schema insediativo che, sezionato trasversalmente, si pre senta così strutturato: residenza • sede viaria unidirezio nale - centro lineare (luogo delle attrezzature) • sede via ria unidirezionale - residenza, formanti una fascia della profondità variabile tra i duecento e i trecento metri, inte ramente immersa nel verde...; il centro lineare si configura come un contenitm-e di attrezzature; la sua struttura fon damentale è costituita dalla rete primaria... 14• Per il centro di Cumbernauld è stata adottata la sepa razione su più livelli; la sezione è la chiave dello schema. Il livello più basso è stato bisecato con una strada a doppia corsia; qui sono presenti ricetti per negozi, una stazione per autobus e parcheggio per tremila auto. I livelli supe riori, collegati con elevatori, ascensori, scale e rampe, co stituiscono spazi pedonali e terrazze; al di sopra dei negozi e degli uffici vi saranno piccoli appartamenti, complessi per Io svago, uffici per l'amministrazione locale e centrale, chiese e scuole 75• Reginald Malcolmson estende tale concetto alla confi gurazione dell'intero organismo urbano, concepito come un nastro· di edifici dove ogni vertebra è attraversata dal l'arteria principale di comunicazione ... Malcolmson chiama la sua città Metro-linea!'. Questa spina è una struttura continua a sei livelli, larga un quarto di miglio, fiancheg giata da highways parallele a senso unico. I quattro livelli 43
sotterranei sono adibiti a parcheggio e i due livelli supe riori sono destinati alla ferrovia, alla metropolitana ed agli autocarri. Blocchi di edifici commerciali sorgono al di sopra del livello di copertura della spina ad un intervallo di mezzo miglio, e blocchi radiali di appartamenti si elevano ai suoi lati. Il lungo nastro delle coperture stesse è riser vato esclusivamente ai pedoni, con edifici civici e culturali che si affacciano su una vasta serie di spazi aperti 76• Le legittime perplessità che sorgono di fronte a questo tipo di proposte globali sono compensate dall'innegabile va lore di rottura e di stimolo che accompagna tutte le ipotesi avanzate quando affrontano in un'unica visione i più com plessi problemi di prospettiva della città contemporanea, contrastando la tendenza all'intervento miope, settoriale nel generale processo di pianificazione. Così, in un'utopica e suggestiva visione, Yona Friedman propone per Parigi un asse nord-sud in cui si potranno alloggiare quattro milioni di abitanti in una struttura metallica tridimensionale ... Questa gabbia comprenderà cellule destinate all'abitazio ne, ... spazi vuoti non utilizzati, ... un'autostrada spaziale e le diverse attrezzature urbane 77• Ancora per Parigi J. Faugeront prevede un fiume urbano centrale, variabile in funzione di una zonizzazione prestabilita, ossatura centrale caratterizzante l'agglomerazione servita ... Le circolazioni urbane principali passeranno nell'ossatura, formando in un certo senso le ripe di questo fiume urbano la cui larghezza, assolutamente flessibile, varierà secondo i bisogni 78• Quanto finora riportato sembra avvalorare l'ipotesi che la realizzazione di una nuova struttura, qual è l'asse at trezzato, possa garantire il superamento delle deficienze della città contemporanea. In realtà, la carica di rinnovamento che queste strutture contengono si realizza solo se inserita nel quadro del processo globale di pianificazione: è l'organica integrazione tra i vari interventi nel tempo che garantisce 44 l'efficienza e la completa utilizzazione della struttura stessa.
CENTRO DIREZIONALE Le matrici culturali del discorso sui centri direzionali possono rintracciarsi in tre filpni principali. In primo luogo, il permanere di quel complesso di aspi razioni, presenti già nelle proposte utopistiche e poi perse guite da gran parte del Movimento Moderno, tese a definire il centro urbano come quel complesso oggetto comprendente in sé, sublimate e quasi esaltate a simbolo, le destinazioni tipiche della vita civica 79• In verità, i principi stessi del l'architettura e dell'arte urbana, scrive Unwin nel 1909, esigono che si dia la stessa importanza ai centri caratte ristici, sia nelle città moderne che nelle antiche. Bisogna sempre stabilire una relazione e una proporzione tra le differenti parti della composizione che si studia: bisogna sempre far risaltare e dominare alcune tra queste parti e subordinare loro le altre, e il miglior modo di riuscirvi, in urbanistica, è di avere, come nelle città antiche, dei centri ben denunciati 80• E già nella sua opera Città-giardino di domani Howard prevede al centro della sua città uno spazio di circa due ettari, consacrato ad un bel giardino in naffiato o irrigato, e intorno a questo giardino, ciascuno nella sua area adatta e spaziosa, i più grandi edifici pub blici: municipio, sala di concerti e di conferenze, teatro, biblioteca, museo, galleria d'arte e ospedale 81• Allo stesso modo Tony Garnier prevede al centro della sua città industriale una vasta area per la distribuzione degli edifici pubblici, parte dei quali in un parco concluso da una terrazza alberata che permette la vista della pia nura del fiume e delle montagne dell'altra riva 82• E Le Corbusier, nel suo plan de la ville prevede: ai piedi dei grattacieli e tutto intorno, una piana di 2400 per 1500 me tri ... coperta di giardini, parchi � quinconce. Nei parchi, ai piedi e intorno ai grattacieli, ristoranti, caffè, negozi di lusso, edifici a due o tre terrazze a gradoni; teatri, sale
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di conferenze; garages scoperti e coperti. I grattacieli ospi tano gli affari 83• In un secondo filone si possono collocare . gli studi, in prevalenza americani, sui processi di utilizzazione del suolo nelle aree urbane in fase di espansione. Basta far breve mente cenno agli studi di R. Haig alle ipotesi di E. Jurkat sui processi di accentramento delle attività direzionali, ai modelli di utilizzazione del suolo urbano dello stesso Jurkat, di Burgess, di Hoyt, fino ai recenti studi sui caratteri delle strutture metropolitane, tra gli altri di K. Lynch e di V. Gruen. Per quest'ultimo, cuore della Metropoli è l'area più altamente urbanizzata, che dovrebbe idealmente conte nere una completa gamma degli usi più altamente produt tivi e delle più significative funzioni urbane non solo nel campo degli affari e dell'amministrazione civica, ma anche in quello delle attività culturali, di ricreazione sociali e spirituali, così come quartieri residenziali di alta qualità e densità 84• Ad un terzo infine, sono riferibili gli studi e le analisi sullo sviluppo ci.elle attività terziarie nella medesima orga nizzazione produttiva. Il fenomeno più importante registrato negli ultimi decenni, è detto nella relazione del gruppo Qua roni al concorso per il centro direzionale di Torino, è costi tuito dal progressivo maggiore sviluppo degli elementi di rettivi, amministrativi e di servizio, nelle grandi città ... Ne deriva la cosiddetta • terziarizzazione • della città moder na, vera propria rivoluzione dei tempi attuali ... In altri termini accanto al crescente aumento, negli anni, della popolazione delle città, si manifesta il crescente sviluppo percentuale delle funzioni che abbiamo or ora ricordate e che per semplicità vengono correttamente definite • dire zionali• 85• I limiti del dibattito sui centri direzionali che si è avuto in Italia sono, a nostro avviso, di vario tipo. In primo luogo, ha pesato e continua a pesare l'ambiguità stessa della defi-
nizione centro direzionale. Per lungo tempo, scrive Carlo Aymonino, si è discusso se centro direzionale signficasse concentrare determinate attività produttive, amministrative e commerciali in zone particolari, determinanti e condizi� nanti, per la loro stessa presenza, la direzione di sviluppo d'interi settori cittadini; o se, invece, quel direzionale non dovesse essere inteso come l'aggettivo qualificante l'atti vità specifica che si dovesse svolgere in determinate zone a ciò riservate, cioè un'attività di direzione degli affari pubblici e privati 80• Ciò si è logicamente accompagnato ad una incapacità di definire esattamente funzioni e caratteristiche dei centri direzionali; a parte il termine accattivante, scrive Canella, che induce a ipotesi immaginifiche sul futuro architetto nico, ma anche economico, commerciale, sociale della città, resta da chiarire l'effettiva portata strutturale di tale desti nazione, oggi ancora troppo generica e spesso implicante concezioni differenti, se non addirittura opposte. A tutto oggi con centri direzionali si esprime spesso soltanto un aspetto formale della città, caratterizzato da un contrap punto volumetrico eccezionale, piuttosto che da un insieme di scelte politico-economiche strettamente connesse ad una area geograficamente definita 87• Si sono avute in realtà anche proposte progettuali che hanno scartato forme e organismi ... ormai assimilati alla idea di attività direzionale e di servizio, tanto da aver perso il loro originario significato funzionale per diventare • simboli • ..., per proporsi di identificare nuovi organismi distributivi. Ma, anche in questi casi, ci si è mossi all'in terno di un equivoco, quello della ricerca di una immediata corrispondenza tra funzione e forma che ha portato a ripro porre in termini aggiornati il rapporto meccanico e senza· mediazioni tra funzionamento gerarchico delle attività bu rocratiche e schemi distributivi verticali 88• L'impressione, infine, che si trae rileggendo numerosi 47
scritti sui centri direzionali apparsi in questi ultimi anni è che essi corrispondono ad una fase in cui la ricerca urbani stica italiana, presa coscienza del nuovo modo di organizzarsi del territorio, cercava confusamente delle risposte ai com plessi e difficili problemi che improvvisamente le si pre sentavano. Indicative in tal senso sono quelle formulazioni in cui i centri direzionali sono presenti con virtù taumaturgi che ed esorcizzanti, in un processo di evasione dalle diffi coltà reali verso la ricerca di nuove entità concettuali cui far riferimento. � ampiamente comprensibile scrive Tafuri la concentrazione, nello sforzo di definizione della nuova • forma della città », sul modello operativo dei Centri Di rezionali. In tale ipotesi di lavoro, infatti, entrano contem poraneamente come componenti: l'apertura della città al territorio, la fusione, anzi, di città e territorio (dato che il Centro Direzionale deve intendersi come elemento di accentramento funzionale ad influenza territoriale): la ri cerca di uno strumento urbanistico capace di fungere da catalizzatore per la ristrutturazione degli attuali tessuti (ed in particolare delle periferie); il reinserimento dei pro blemi espressivi spostati sulla nuova scala (dettata dalle complesse esigenze insite nella pluri-funzionalità dei nuovi organismi). Il Centro Direzionale è così apparso alla cul tura urbanistica internazionale, ma in particolare italiana, come chiave di volta della nuova città 89• MODELLO
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La parola modello, pur avendo una lunga tradizione nel la storia del pensiero urbanistico, ha assunto oggi, in rappor to ai vari indirizzi di ricerca, significati diversi e contraddit tori. Di conseguenza, essa viene spesso adoperata, nel rinno vato dibattito sull'urbanistica che si va svolgendo in Italia, in modo impreciso ed ambiguo ed è mutuata in modo ancor più deformato nel linguaggio politico e comune. Tanto che
Aldo Rossi, in un suo recente studio, si chiede: è lecito par lare di modelli nello studio delle città? Quando parliamo di modelli ci riferiamo a un tipo di città; a una città determi nata o anche a uno schema formale e in alcuni casi sem plicemente geometrico? O non è forse spesso un modo di dire mutuato dal linguaggio comune? Basato su certe affinità di immagine ... 90 • Nostro scopo è quello di offrire una prima sommaria documentazione dei diversi significati con i quali la parola modello è stata ed è adoperata e proposta nella evoluzione degli studi urbanistici. Nello sviluppo, del pensiero utopistico deve rintracciarsi un primo significato della parola modello: come, cioè, tipi ideali d'agglomerazione urbana 91 • Già le proposte dell'Al berti e la Sforzinda del Filarete ... come l'utopia di More, scrive Meyerson, diedero origine a ... tentativi di costruire modelli ideali della città del futuro 92• Ma è soprattutto nell' '800, con lo sviluppo in termini radicali della critica alla città, che, come scrive F. Choay, da un insieme di filosofie politiche e sociali o di vere e e proprie utopie vediamo ... svolgersi ... due tipi di proie zioni spaziali, di immagini della città futura, che chiame remo ... • modelli D. Con questo termine intendiamo sotto lineare insieme il valore esemplare delle costruzioni pro poste e il loro carattere riproducibile 93• Tale accezione della parola modello, riferita alla città o a parti ed elementi costitutivi di essa, è presente nella maggior parte degli scrittori di urbanistica dell'epoca. Così, Owen, parla di nuclei o associazioni modello contenenti da 500 a 2000 abitanti, e di piccole nuove città ciascuna delle quali sarà un modello nella misura in cui si sosterrà, si governerà da sola, eleverà e occuperà tutti i suoi membri 94• Proudhon afferma la necessità di inventare modelli di abi tazione 0�; Cabet immagina concorsi attraverso i quali ver ranno selezionati progetti, da quello di una abitazione mo- 49
dello, prototipo di tutte le case della comunità, fino a quello di una città modello 98, e Benoit-Lévy, uno dei pro motori in Francia del movimento della città-giardino, la descrive come centro modello di vita sociale 97• In tale ac cezione, la parola modello è stata adoperata fino ad oggi, anche se spesso con una forzatura di significato nel senso di tipo, prototipo o standard, espressioni, queste legate alle ricerche sul rapporto con l'industria. Ed oggi, con il rilan cio della ricerca utopistica compiuto da tutto un settore del pensiero urbanistico, è ridivenuta estremamente attuale. Una profonda distinzione concettuale nell'uso della pa rola modello viene introdotta nel nostro secolo con l'inizio di ricerche analitiche e descrittive, di tipo sistematico, mi ranti a fondare su basi razionali la disciplina urbanistica. Reinez, in uno studio sui modelli di città ideali, classifica in un primo gruppo quelle proposte ... chiaramente dirette a stabilire principi che neghino fiducia agli schemi esi stenti, cercando invece di costruire nuove forme, come le garden-cities di Howard, e ad esse contrappone le formu lazioni di quegli scrittori i quali essenzialmente cercano di ridurre ad elementi base le condizioni osservate nell'analisi, identificando le forme urbane fondamentali attraverso lo studio delle città esistenti. E tra queste ultime colloca, ad esempio, gli studi di Hoyt, il quale asserisce che la città ha necessariamente uno schema per settori; e di Burgess: la mobilità e le pressioni esercitate dalla crescita danno alla città essenziahnente una forma ad anello ... 08• Lo studio di modelli urbanistici, intesi . come schemi classificativi dei modi di organizzazione del -territorio, otte nuti mediante la descrizione degli stati di struttura e forma urbani in termini puramente fisici, attraverso un sistema di osservazione oggettivo• 99, ha avuto un notevole svi luppo, tanto da fornire materiale largamente utilizzabile 50
per la pianificazione. Cosl, ad esempio, .scrive De Carlo: nel caso del P.I.M. 100 ... la lettura delle vicende morfolo-
giche che hanno portato alla situazione attuale ...
è stata
svolta confrontando l'assetto territoriale con i modelli clas sici dell'espansione. Il modello a cerchi concentrici teoriz zato da Burgess, i modelli assiali teorizzati da Hoyt e da Davie, i modelli misti, policentrici, per distretti, galattici, teorizzati da vari autori e classificati da Lynche nel suo più recente studio, i modelli empirici usati in alcuni inter venti di pianificazione territoriale più avanzata, come quelli di Amburgo, Copenhagen, Filadelfia ecc.... 101• D'altro canto, l'accentuarsi degli sforzi tesi a definire la urbanistica come disciplina scientifica, ha spinto ad appro fondire sempre
più quegli
strumenti
metodologici
della
scienza mode� che, come la teoria dei modelli, hanno trovato ampio terreno di applicazione nelle più varie disci pline. Quale
è il significato che ha assunto la parola modello
nella scienza moderna? Costruire un modello teorico, scri ve Geymonat, significa far corrispondere agli elementi del fenomeno da spiegare certe entità concettuali desunte da una scienza precedentemente nota (o desunte dal saper co mune) e, combinando tali entità secondo le leggi per esse valide, predire gli sviluppi del fenomeno nelle più varie circostanze possibili 102 • Coerentemente a quanto detto sopra, un ulteriore si gnificato che la parola modello
ha assunto nella ricerca ur
banistica è direttamente legata alla definizione e all'uso
è avuto in altre discipline e risponde allo stesso tipo di esigenze. In particolare, è possibile far riferi
che dei modelli si
mento alle definizioni di modello formulate in economia, disciplina che, nella applicazione diretta agli studi di pia nificazione, ha contribuito alla presa
di coscienza della com
plessità e interdipendenza dei fenomeni territoriali. In primo luogo, infatti, l'uso dei modelli in economia corrisponde all'idea che
il sistema economico sia costituito da un si
stema di grandezze legate tra loro da vincoli di interdipen-
51
denza reciproca 103• .Ed anche per gli urbanisti, l'esigenza di una impostazione operativa e analitica deriva da una concezione ... della città come luogo delle interazioni so ciali, un tutto che soddisfa congiuntamente a valori econo mici, sociali e politici attraverso l'interazione delle due :parti 104. In secondo luogo, con i modelli teorici gli economisti si avvicinano il più possibile a quanto fanno i cultori di scienze naturali allorché delineano un modello come base di un esperimento da condurre in condizioni artificiali di laboratorio ... Un modello utile, precisa Baumol, descrive un mondo immaginario che, per essere sufficientemente complesso e simile alla realtà, ci consente alcune legittime illazioni sul comportamento del sistema economico, ma che al tempo stesso, è sufficientemente semplice perché lo si possa intendere e manovrare con gli strumenti a nostra disposizione 105• Questa esigenza sperimentale è allo stesso modo pre sente negli urbanisti: siccome non possiamo costruire uni camente a scopo sperimentale, dobbiamo accontentarci di costruire modelli e sperimentare su questi 106• L'ipotesi fondamentale è quindi che . anche in urbani stica sia possibile utilizzare modelli nell'analisi dei feno meni, ... e cioè che sia possibile individuare alcuni fattori determinanti nelle configurazioni di uno sviluppo urbano· per mezzo dei quali sia possibile costruire un modello, una formalizzazione geometrica o matematica rispetto al quale la realtà possa essere interpretata sotto forma di corri spondenza o di deviazioni 107• I modelli urbanistici di questo tipo sono quindi non più classificazioni descrittive dei modi di organizzazione del territorio, ma sistematiche asserzioni sul funzionamento attuale e sulla crescita delle aree me tropolitane e, in quanto ipotesi scientifiche, acquistano va lidità in funzione delle loro capacità di predire fatti osser52
vabili. Il loro ruolo dovrebbe essere quello di sostituto de-
gli esperimenti, all'inizio dello sviluppo della pianifica zione metropolitana, e in seguito di bnario degli esperi menti 108• Quanto su detto sembra verificare anche per l'urbani stica l'affermazione secondo la quale si è oggi annullato, sul piano metodologico e in accordo con la moderna filosofia della scienza, la distanza ... tra discipline umane e disci pline empiriche, tra umanesimo e scienza 109• E del resto le ipotesi di molti urbanisti, i quali riten gono che esista la possibilità di ricondurre ad elementi base le condizioni apprese nell'analisi 110, sembrano rientrare perfettamente in una impostazione di un metodo struttu rale che, secondo Lévi-Strauss, consiste appunto nello sco prire forme invarianti all'interno di contenuti differenti m. a cura di URBANO CARDARELLI, MARIO LAURO, GINO PALOMBA, EMANUELE PASCA, GIOVANNI PASCA RAYMOND!, AGOSTINO RENNA, LUCIANO SCOTI'O.
' P. SELF, Cities in flood, Faber and Faber, London 1957, p. 20.
2
Ibidem.
A. SMAILES, Geografia urbana, Marsilio, Padova 1964, p. 29. 'Ibidem. ' Cfr. J. P. Gmes, Handbook of urban research methods, Van Nostrand, New York London 1961, pp. 47-52. • H. CARRIEII, L'urbanisation dan.s le monde, in Le Phénomène urbain, edito da Hervé Carrier e Philippe Laurent, Aubier Montagne 1965, p. 42. 1 G. DE CARLo, intervento alla tavola rotonda in La. città. territorio, Bari 1964, p. 94. 3
• Ibidem.
' G. DE CARLO, L'utilizzazione dei modelli di analisi dei fenomeni urbanistici e il problema di definizione pratica del comprensorio, in Atti del convegno di studi e di indagini per una pianificazione del territorio di Como, Como, Villa Olmo ottobre 1963, p. 18. IO A. SMAILES, Op. cit., p. 130. 11 N. ANDERSON, Aspects of urbanism and urbanization, in Urbanism and Urbanization, Leiden 1964, p. 4. 12 A SMAILES, Op. cit., p. 129. 13 PH. PINCHEMEL, Le phénomène urbain, in Le Phénomène urbain, Op. cit., pp. 18-19. " Cfr. C. J. GALPIN, The social anathomy of an agTicultural village, University of Wisconsin 11115. " H. KorTER, Changes in Urban-Rural relationships in Indu.stTial Society, in Urbanism and Urbanization, Op. cit., pp. 22-23. 16 A. AcQUAR0NE, Grandi Città ed Aree metropolitane in Italia, Zanichelli, Bologna 1961, pp. 6-7.
53
11 M. DoBRINER, The growth and structure of metropolitan areas, in Class Suburbia, Englewood Cliffs, N. J. 1963, p. 149. 11 M. WEBBER, The urban piace and the non-piace urban realm, in E:rploratiom into urban structure, University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1965, p. 93. " K. W. DEUTSCH, La comunicazione sociale e la metropoli, in The Future Metropolis, Constable, London 1962, trad. it. Marsilio, Padova 1964, p. 103. 20 A. SMAILES, Op. cit., pp. 132-133. " W. M. DoBRINER, Op. cit., p. 149. u L. TBoRÉ , Signification du phénomène urbain, in Le Phénomène urbain, op. cit. p. 222. Il AA. VV., L'avenir des villes, Laffont, Paris 1964, p. 58. 24 W. VON EclmARDr, The challenge of Megalopolis, a Twentieth Century Fund Report, 1964, p. 3. u J. GOTTMANN, Megalopolis, Twentieth Century Fund, 1964, p. 4. " e Prospective > n. 11, L'Urbanisation, giugno 1964, p. 24. 27 Ibidem, p. 60. " K. LYNCH, The Pattern of the Metropolis, in The future metro poli.,, cit., p. 110. " Cx. FoURIER, Traité de l'association domestique, 1822, in: Fran çoise Choay, L'urbanisme, utopies et réalités, Editions du Seui!, Paris 1965, p. 101. AA. VV. L'avenir des villes, Laffont, Paris 1964, p. 76. " J. B. Gonm, Le Familistère de Guise, in: F. Choay, Op. cit., p. 142. " H. G. WELLS, Une utopie moderne, in: F. Choay, Op. cit., p. 151. " Cfr. R. DE Fusco, L'idea di Architettura, Comunità, Milano 1965, p. 201. " Cfr. LE CoRBUSIER, Manière de perueT l'urbanisme, Paris 1946, trad. it. Laterza, Bari 1965, p. 43. » LE CoRBUsIER, Quand les Cathédrales étaient blanches, Gonthier, 1965, pp. 207-208 (prima ediz. Plon, 1937). " AA. VV., Les visionnaires de l'architecture, Laffont, Paris 1964, p. 64 segg. 11 AA. VV. Les visionnaires de l'architecture, Op. cit., p. 99. 11 AA. VV. Les visionnaires de l'architecture, Op. cit., pp. 105-106. ,, AA. VV., Les visionnaires de l'architecture, Op. cit., p. 112. Essa è suddivisa orizzontahnente in tanti gironi: nel girone inferiore, in torno al patio-giardino, sono disposte le scuole. Nei gironi superiori, che si succedono come in un anfiteatro, sono collocati gli apparta menti e i giardini. I due teni dell'imbuto sono destinati all'abita •zione. La zona inferiore ospita le attrezzature collettive (p. 120). Allo· stesso significato possono ricondursi altri progetti presentati nel n. 92 della rivista Urbanisme. Città-cratere è il termine con cui Chanéac indica la sua megastruttura urbana, ove al centro della com posizione formata dai crateri e dai caiions prevalentemente residen ziali, sono previsti locali di servizio, parcheggi, stazioni di servizio, archivi, depositi .•. ·(p. 31). Architettura rampante denominano C. Pa rent, P. Virilo, M. Lipsi e M. Carrade complessi che dovrebbero avere un profilo simile a quello di un tronco di cono cavo, poggiato sulla base minore (p. 19). e Urbanisme >, n. 92, p. 35. 41 AA. VV., L'civenir des villes, Op. cit., p. 102. a Ibidem . ., F. CxoAY, Op. cit., p. 341. .. V. Sctn.LY, Louia Kcihn, Il Saggiatore, Milano 1963, p. 46.
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., L. KAHN, OrdeT, in < Perspecta > n. 4, cit. in F. TENToRI, OTdine e forma nell'opeTa di L. Kahn, e Casabella> n. 241, luglio 1960. "Ibidem.
., Il futv.To dell'ambiente uTbano, in e Progressive architecture >, ottobre 1964. "Ibidem. " Ibidem. '° Ibidem.
" N. KAwAZOE, The city of the futuTe, in e Zodiac >, n. 9. 52 K. KIKUTAKE, cit. in N. KAwAZOE, Op. cit. " G. PiccINATO, V. Qun.xcr, M. T.u-uRI, La città. teTTitorio: 11eTso una nuova dimensione, in e Casabella>, n. 270. " M. T.u-uRI, Studi ed ipotesi di lavOTo peT il centro diTezionale di Roma, in e Casabella>, n. 264. " A. SAMONÀ, Alla ricerca di un metodo pu la nuova dimensione, in e Casabella >, n. 277. " In realtà il concetto di asse attrezzato, sebbene in embrione, è già presente nella esperienza americana della parkway (strada-parco), con la quale si intende legare un'arteria di comunicazione con zone a verde attrezzato per il tempo libero. Il suo principio consiste nel cesellare delicatamente attraverso la campagna alcune vie dominanti, anch'esse protette da ogni incrocio pericoloso per mezzo di attrezza ture disposte in piano o su livelli differenti... ; essa vuol essere in nanzitutto una strada gradevole, ricca di soluzioni paesistiche, e infatti è stata ispirata da motivi di ordine estetico. (LE CoasusIER, Manière de penseT l'urbanisme, Parigi 1946; trad. it. ManieTa di pen saTe l'urbanistica, Laterza, Bari 1965, p. 76). La parkway precorre la riforma più urgente per lo sviluppo per le città avvenire: l'abolizio· ne della strada-corridoio... la parkway attraverserà la città come oggi percorre il paesaggio, libera e flessibile come diverrà a sua volta la pianta della casa (S. GIEDION, Space, time and aTchitectuTe, Har ward University Press, Harward 1941, p. 559). ., L. liALPRIN, Relazione al e S. FTancisco boaTd of Superoi.!OT>, cit. in The fight to tame the uTban fTeeway takes a positive new turn, in e Architectural Forum>, ottobre 1963 . ., TTaffic in towns, Reports of the steering group, and working group appointed by the Minister of Transport (Rapporto Buchanan), Waterlow & Sons, Londra 1963, par. 56. " The downtown snaTl: a case foT sOTting stacking, and storing, in e Architectural Forum>, ottobre 1963. '° K. TANGE, Metropoli e pianificazione, in R. BoYD, Kenzo Tange, Il Saggiatore, Milano 1963, p. 79. " K. TANGE, Op. cit., p. 76. " K. TANGE, Op. cit., p. 86. " K. TANGE, Op. cit., p. 76. "Ibidem.
" A. e P. SMITHsoN, The UTban infTastructuTe, cit. in A. PEIIELLI, Poetiche del planning contempOTaneo, < Casabella>, n. 292, ottobre 1964. " TTaffic in towns, Op. cit., par. 335. " L. liALPRIN, Op. cit. " FTeeways in the uTban setting, atti del convegno di Hershey, 1960, cit. in The fight to tame the uTban fTeeway takes a positive new turn, in e Architectural Forum>, ottobre 1963. " D. A.PPLEYARD, K. LYNCH, J. R. MYER, The view fTom the Toad: a. highway Tedesigned fOT the dTa.ma. of driving, in e Architectural Forum>, ottobre 1963.
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106 K. LYNCH, La st-ruttv.ra della metropoli, in La metropoli del fv.tv.ro, cit. '"' G. DE CARLO, L'utilizzazione dei modelli di analisi..., cit., p. XIV. '" B. HARRis, Op. cit. ,., L. RosIELLO, in Inchiesta sv. strv.ttv.ralismo e critica, Catalogo
generale 1958-65, Casa ed. Il Saggiatore, Milano 1965, p. XLV. 11• T . A. REINER, Op. cit., p. 28. 111 C . LÉVI-STRAuss, in Inchiesta sv. &t-ruttv.ralismo e critica, cit., p. LI.
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Breve antologia delle ultime Biennali
La nostra rassegna si propone di offrire una selezione della critica, prevalentemente italiana, relativa alle Bien nali dal 1960 al '64. In questa antologia, con gli evidenti limiti delle _scelte semplificatrici, abbiamo omesso di ripor tare tutti quei giudizi e quelle polemiche riguardanti i pro blemi organizzativi della mostra veneziana di indubbio in teresse per una politica della cultura, ma di tale portata quantitativa da richiedere uno specifico saggio. Abbiamo evitato anche i dibattiti che puntualmente accompagnano ogni edizione della Biennale circa i problemi degli inviti e dell'assegnazione dei premi, sia perché tali questioni rap presentano dei corollari dei suddetti temi organizzativi, sia perché ad essi si dedica la gran parte della critica militante fornendo agli interessati una quantità notevole di informa zioni e di giudizi. t esclusa inoltre dalla presente rassegna la puntualizzazione monografica su singoli artisti perché, a parte la struttura della nostra rivista, peraltro priva di illu strazioni, esistono per le personalità di maggiore rilievo studi monografici assai più esaurienti di quelli forniti dai reso conti delle Biennali.
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La nostra scelta di brani critici (e relativo commento) è rivolta invece a cogliere anzitutto quei problemi d'ordine generale e prevalentemente mira a porre in evidenza quei
giudizi di previsione giusti o sbagliati considerati rispetto alla realtà delle poetiche e del dibattito attuale.
LA XXX BIENNALE 1960 Una delle principali manifestazioni della Biennale del '60 fu la mostra storica del futurismo a 50 anni dal primo manifesto, apparso appunto a Milano nel 1910. G. Ballo nella presentazione della mostra nel catalogo pone in relazione il futurismo con le principali poetiche dell'arte contemporanea; relativamente all'impressionismo afferma: i futuristi superando la semplice dissociazione ambientale dei colori, pervengono a una nuova dissocia zione e compenetrazione delle forme di oggetti nell'am biente dinamico, solidificando, come dice Boccioni, l' Im pressionismo... I rapporti con l' Espressionismo oltre che in accentuazioni cromatiche più aspre, si risolvono in una carica di partecipazione emotiva più intensa, con motivi che superano ogni idea di bellezza piacevole: • l'Antigra zioso • si sviluppa da premesse di deformazione espres sionista... Anche per i rapporti col Cubismo non bisogna sof fermarsi troppo alla generica distinzione tra stasi cubista e dinamismo futurista: è più esatto sostenere che il Cu bismo nacque per un'esigenza di un nuovo movimento figurativo; la scomposizione dell'oggetto, il ribaltamento, il ritmo ricostruttivo è già dinamismo, spazio-tempo... Non è però il . dinamismo futurista: perché nel Futurismo si · risolve un'altra componente estranea ai cubisti: quella che proviene dal Decadentismo e dal Surrealismo... La vera chiave della tendenza futurista è qui. Si può superare il dissidio tra impressione e espressione in Boccioni attra verso gli stati d'animo, il Simbolismo. Dalle caratterizzazioni linguistiche, pertanto, Ballo passa ad altre peculiari componenti del futurismo: Diversa-
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mente dai cubisti, il Futurismo infatti tende a diventare costume, vita: non è solo un problema formale, ma etico, politico fino all'interventismo per cui si troverà alleato al dannunzianesimo. All'origine è l'azione di Nietzsche ed anche dello Jugendstil; come conseguenza, i futuristi influi ranno sul • Blaue Reiter •, e sulle altre avanguardie di rottura 1• E in questa prospettiva M. Calvesi, notando che lo spi rito del futurismo aveva in sé qualcosa di impaziente, una logica mirante al paradosso, all'estremismo, al caso limite, riscontra le origini di questo atteggiamento in quella che era la situazione italiana della fine dell'Ottocento e dei primi del Novecento; dalla sua cultura più avanzata (ri spetto a quella del cubismo), ma anche indubbiamente dalla mancanza di organicità di quella cultura. Proprio per questo mancò al Futurismo la possibilità di organizzarsi in una visione ben definita ed organica, come quella del Cubismo. Ma ancora per questo esso poté raccogliere più umori, più motivi, ed aprirsi per conseguenza di più 2• Ancora, valutando il Futurismo in rapporto al cubi smo, C. Barbieri su « Il Mattino > fa osservare che la re trospettiva futurista è la conferma di un fatto artistico sorto in solidale, e non subalterna concorrenza con altri avvenimenti, quali il Cubismo, senza con questo giungere a minimamente limitare la portata originale della rivolu zione cubista. Nel suo complessivo giudizio favorevole dell'intera :rpo stra veneziana Dorfles scrive sulla retrospettiva del futu rismo: questa non è già la consueta riesumazione di tristi ed inutili rimasugli ormai desueti ma anzi una prova della importanza e del vigore indiscutibile di questa corrente... Il Futursmo esce da questa rassegna ingrandito e preci sato e pur con i suoi molti difetti e con le sue ovvie pro lissità, con l'inevitabile invecchiamento del suo gusto, mo60 stra di poter_ stare alla pari dei coevi movimenti europei.
La presenza poi di alcuni dipinti • simpatetici • di arti sti non futuristi come Delaunay, Gleizes, Larionov, Gris, Leger, Macke, ecc. è la testimonianza delle possibili e anzi probabili filiazioni del verbo italiano 3• M. Valsecchi, sullo stesso tema del rapporto del futu rismo con le altre poetiche, scrive: Il confronto torna utile, quindi, per rivedere il dare e l'avere tra tutti questi diversi movimenti che si sono incrociati e reciprocamente influen zati... il Futurismo non fu soltanto un movimento polemico contro le abitudini del verismo ottocentesco, ma già un chiaro e positivo risultato di nuova poesia e un principio di filologia pittorica che non si sarebbe potuto disconoscere negli anni successivi... La Mostra ha quindi un valore a sé stante con le opere dei singoli artisti che ne fecero parte... Ma la mostra ha anche un valore di introduzione, anzi di radice fondamentale di molta parte del lavoro delle generazioni successive�. Sempre in questa prospettiva attuale, E. Crispolti auspi ca un· chiarimento della polemica tra futuristi e cubisti che permetterebbe di comprendere alcuni punti chiave della cul tura artistica contemporanea mitteleuropea, come dello stes so filone più autentico dell'arte contemporanea in Italia, voglio dire proprio fino ai più recenti sviluppi informali (il realismo, pur così distinto di un Fontana o di un Burri, di contro al lirismo intimistico di Fautrier, per esempio) o addirittura già praticamente post-informali. Il problema del Futurismo acquista un senso nuovo impostandolo sulla ricostruzione del complesso tessuto della cultura figurativa italiana contemporanea 5• Nell'ambito della critica straniera riportiamo i giudizi della Choay e di Jouffroy che puntualizzano rispettiva mente, l'una il valore del futurismo nel suo tempo e l'altro il significato attuale di esso. Françoise Choay scrive: L'esposizione del Futurismo permette di rafforzare il con cetto di arte internazionale e di dissiparne le ambiguità.
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Il Futurismo, infatti, faceva apparire in seno alla società industriale l'esistenza di una problematica comune e la diffusione delle forme cosmopolite: il Futurismo è una ri sposta particolare ai problemi comuni posti nello stesso tempo dal gruppo del « Blaue Reiter •, dai costruttivisti e dai simultaneisti; alcune delle opere mettono in risalto il movimento di volgarizzazione delle forme creato dalla rapi dità moderna delle comunicazioni... Così rispetto al cubi smo che decompone l'oggetto per valorizzarlo meglio e si attacca essenzialmente alla cosa, il Futurismo pone il problema dell'uomo. I cubisti si interessavano alla poesia pura, i futuristi alla politica e davanti alla maggior parte delle loro tele è impossibile ignorare il momento storico in cui sono nate, la minaccia della guerra e l'antiumane simo della macchina 6• Alain Jouffroy, come dicevamo, pone l'accento sul rap porto tra l'avanguardia storica e quella attuale: Schwitters e i futuristi ancora oggi, 40 anni dopo, sembrano artisti di una estrema avanguardia e quello che nella loro arte ci può essere di na"if (a volte di sinistro) non fa che raffor zare questa impressione. L'arte moderna è un'arte di giovani in rivolta. Quelli di oggi non hanno completamente le stesse intenzioni dei predecessori dell'inizio del secolo, tuttavia per gli uni come per gli altri si tratta soprattutto di accùsare il mondo in cui vivono, di mettere in discus sione i valori morali e religiosi e gli altri sui quali questo mondo pretende di appoggiarsi. L'arte moderna è una pro testa contro lo stato attuale del mondo 7• Sempre nell'ambito dei temi generali, passando alle cor renti attuali E. Crispolti in un bilancio della Biennale, af ferma: L'impressione che si ha immediatamente... è un senso di livellamento... Il fatto è ben spiegabile sul piano del gusto. L'informale, che è stato il gran protagonista della storia artistica di questo dopoguerra, aveva trionfato 62 come clamorosa novità, direi • storica • nell'edizione del
'58 ... L'edizione del '60 ha invece proprio subito le conse guenze dell'usura rapidissima, in questo accelerato corso degli eventi a noi contemporanei, dell'informale... Tuttavia il livello qualitativo risulta ora assai alto e sostenuto. Sono mancate le sorprese; che non sono affatto in ragione inver samente proporzionale alla qualità di una mostra, bensì che avvengono in momenti particolari come lo fu la Bien nale scorsa rispetto ali'Informale... Quanto alle aperture per il futuro nel piano di una problematica che ... si risolva oltre il presente e prossimo passato informale si sono avute indicazioni sporadiche che non è neppure agevole rintracciare 8• Con Crispolti concorda O. Ferrari che individua nella Biennale del '60 una netta differenziazione rispetto alla precedente edizione della nostra: Mentre allora difatti si imponevano con la più cospicua, quasi esclusiva, evidenza le manifestazioni dell'arte detta • autre • ... oggi invece da più parti, e proprio da quei critici che con più vigile at tenzione hanno seguito le vicende dell'Informale (... ) viene denunciato l'estendersi di un processo di • accademizza zione • dell'Informale stesso, o meglio di rapida usura del le istanze, soprattutto etiche che gli sono proprie. O. Fer rari però critica la tendenza a tentare già un'archiviazione dell' Informale e, a questo proposito, cita le parole di Ar cangeli su e Il resto del Carlino > : ogni nuova forma del l'arte sia anche realista o metafisica, dovrà fare i conti, per non essere reazionaria, con questi lunghi anni zero; dovrà venire dopo. Ferrari, poi, vedeva già evidente la presenza di svol gimenti della situazione: ... non sarà sfuggito che è in atto una ampia ricerca di nuova figurazione che, negli aspetti più cospicui - e per noi anche più produttivi -, si delinea sia come sviluppo • idiomatico • delle ragioni espressive dell'Informale (... ), sia come attualizzazione delle pro poste di sondaggio di contenuti diversi - ma altrettanto at-
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tuali - implicite nelle esperienze di Giacometti, di Bacon e di Matta 0 • Parlando dell' Informale, senza la pretesa di aggiungere nulla alla letteratura teorica sull'argomento, ricondurremo a questo tema i resoconti della critica che generalmente sono rivolti ai singoli artisti e in particolare a quelli premiati. Palma Bucarelli, nel presentare Fautrier, scrive: ... La sua pittura conserva, della pittura tradizionale, i tre ter mini canonici: materia, disegno, colore; ma il loro rap porto è nuovo. La materia non è mezzo o sostegno, ma frammento plastico, corpo dell'immagine; il disegno non è lineamento preconcetto, ma trama comune alla materia e al colore; il colore non è tono locale, ma variazione della materia a contatto col mondo. L'identità « peinture-réa lité • proposta dal Gilson, per la quale la pittura è realtà ed autonomia trova nei quadri di Fautrier la dimostra zione più convincente. Confrontando l'astrazione formale di Mondrian e quella informale di Fautrier, la Bucarelli af ferma che l'antitesi tra esse si regge sul fatto che l'uno e l'altro vogliono fare del quadro un dato di percezione as soluta; ma mentre il primo fissa la percezione a una strut tura geometrica dello spazio, il secondo implica nel pre sente assoluto della percezione tutto il tempo passato, co me esperienza vissuta 10• Come possibilità dei molteplici aspetti dell'informale, riportiamo un giudizio di Barilli sulle differenze fra Fautrier e Hartung (entrambi premiati in questa edizio ne della mostra), anche se è discutibile l'appartenenza alla stessa corrente di questi due pittori. Diremmo allora che il gran pregio della pittura di Fautrier è quello di presup porre il mondo, di insistere su di esso, di darne un com pendio; mentre il torto di Hartung è quello di prescinderne affatto ricercando un'orgogliosa autosufficienza. Per una · utile « variatio • di questo concetto che ci sembra davvero 64 fondamentale, potremmo ricorrere ad una terminologia
oggi molto diffusa in certe zone filosofiche e definire se mantica l'opera di Fautrier, 1 sintattica quella di Hartung. Semantica la pittura di Fautrier in quanto pone per es senza la necessità di un riferimento al mondo anche se poi si tratti di un riferimento del tutto problematico, ambiguo non certo univoco e definito. Mentre nel caso di Hartung, come appunto nel caso di un filosofo intento a costruire un sistema sintattico formale, senza preoccupazioni di riscon tro più o meno immediato con la realtà esistenziale, sus sistono solo problemi interni al quadro, problemi di ordine, di composizione euritmica 11• Secondo Barilli un correttivo, per così dire, dell'accen tuazione sintattica di Hartung si troverebbe nella pittura di Kline che, nata analitica, diviene sintetica e e rappresenta tiva> del reale. K. B. Sawyer, nel presentare il pittore aine ricano nel catalogo, scrive che i suoi quadri sono rappresen tazioni di ciò che Kline conosce meglio: l'America urbana. Ciò non implica che la sua arte sia basata sull'immagine di strutture di acciaio contro il cielo, o dei campi di ferro degli incroci ferroviari. Lo spazio rientra nel cuore della pittura di Kline. Positivo e negativo non hanno significato nella sua pittura; la spinta o l'emergenza del nero è equi librata da un bianco di ugual forza, tutte le sue superfici suggeriscono rapidità di esecuzione, eppure le zone ritmate di tensione e di rilassamento rivelano un'idea di ordine preesistente a ogni tela. Forse più di ogni pittore americano Kline ha l'abilità di comunicare o, rivelare, l'atto stesso del dipingere. Sulle variazioni nazionali rispetto all'invariante poetica dell'informale, Valsecchi scrive a proposito di Imai. In questo artista la pittura informale trova la sua esalta zione. :E: singolare come Imai riesca a conservare alla sua pittura un carattere orientale, un accento così nazionale. Evidentemente si ripete quel che è sempre successo in altri periodi storici in cui alcune tendenze del gusto si diffusero 65
· su scala continentale pur non cancellando le singole infles sioni allora addirittura regionali 12• Uno degli aspetti più tipici della molteplicità di com ponenti presenti nella poetica informale è dato infine dal1'opera di Burri. In essa, scrive Argan, la critica ha general mente sottolineato, come aspetti sintomatici emergenti, l'ordine geometrico o comunque strutturale che ordisce e sorregge l'immagine e l'impiego di materie prelevate dalla realtà e assimilate o amalgamate alla superficie del qua dro. Questi due aspetti bastano a mostrare da quali espe rienze di cultura sia uscita (ma proprio nel senso di averle · superate) la poetica di Burri. Ma né il costruttivismo di Mondrian, né l'ambiguità naturalistica e neoromantica del • informe} •, né meno che mai la tecnica del collage o la invenzione surrealista nell'oggetto trovato possono spiegare la ragione polemica dell'opera di Burri, che rimane in so stanza in palese contrasto rispetto a tutte le tendenze della pittura contemporanea 13• Ma oltre l'informale, la mostra di Schwitters rappresen ta non solo una delle più significative retrospettive della XXX Biennale, ma anche una presenza anticipatrice delle tendenze che figurano ora a Venezia. Questo è messo in luce da G. Dorfles che afferma: K. Schwitters costituisce, crediamo, l'unico, autentico • pezzo forte • della XXX Bien nale; ... Schwitters è ridivenuto attuale e ci dimostra come sia possibile anche con mezzi insoliti, anche ricorrendo a materiali eterocliti e bizzarri, creare delle composizioni ca riche di atmosfera e di autentica pittura. I suoi Merzbilder ancor oggi costituiscono un esperimento dei più affascinanti e dei più premonitori di un'intera stagione artistica 14• Sull'origine e sul significato di MERz che diede nome al particolare dadaismo di Schwitters, abbiamo una testimo nianza di Tristan Tzara: Su uno dei suoi collages il caso volle che della parola KomMERZiel restasse visibile solo 66 il frammento centrale... Ma c'è nella scelta di questa pa-
rola • commerciale • la presenza di un'idea che Schwitters ha sviluppato soprattutto nei suoi scritti. Una specie di nuovo folklore aveva preso piede in Germania attorno al '20, per cui un linguaggio conciso, ellittico, espressivo, deri vato da quello degli affari e della réclame si pose come un modo di espressione di un mondo in pieno rinnova mento. La ripercussione deformata sul linguaggio popo lare di questo modo di vita che imitava quello americano, doveva nutrire la verve inesauribile di Schwitters... E, ancora, sulla portata polemica dell'opera di Schwit ters, rispetto alla mentalità del tempo, Tzara afferma: Agli antipodi dell'orfismo wagneriano, che voleva riunire tutte le arti per crearne una sintesi esaltante, se non declama toria, si situa la confusione dei generi preconizzata da Dada con l'intento di distruggerli per non lasciarne sussistere che l'espressione umana, in quello che vi è di essenzial mente .vivo e spontaneo... Alla cosiddetta • nobiltà • del l'arte che ha suscitato tanti falsi sentimenti che solo il più sordido convenzionalismo ha potuto inorgoglirsene, Schwitters oppone i mezzi di espressione più volgari. :E: abi tualmente con questi vocaboli che i borghesi designano quello che disturba il loro pretenzioso attaccamento ai va lori stabiliti 15• Sullo stesso pittore la Choay dice: C'è un gioco magi strale con i rifiuti della vita quotidiana: carte stampate, spaghi, bottoni, pezzi di ferro e di strumenti domestici, tela di sacco: tutto l'arsenale di Burri o di Hains è già là spie gato con incomparabile ironia. Ma il talento, la grazia poe ti'ca di Schwitters sono tali, che la violenza delle opere è spesso addolcita dalla sicurezza del loro gusto 16• Altret tando penetrante è la lettura della sua opera proposta da W. Schmalenbach: Schwitters non mirava tanto alla demolizio ne di valori stabiliti, alla distruzione di ordinamenti sacro santi, alla rottura di ogni sorta di vasellame, quanto piuttosto a creare nuovi ordinamenti, nuovi valori, con i cocci di
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un mondo ormai frantumato... Ci parlano anzi di un uomo che possedeva parecchi di quegli elementi che egli stesso combatteva; non era privo di sentimentalismo borghese e di un • romanticismo • nel suo significato più tedesco, ed era anche innamorato di quello stesso • kitsch », che egli ha continuamente • hineingemerzt • (inserito) in maniera così affascinante nei suoi quadri e nelle sue poesie 17• Alla XXX Biennale fu presente anche Erich Mendelsohn con un gruppo di disegni residuo delle ampie e docu mentate mostre storiche e di architetura, fotografia, arte decorativa, indu.strial design, che C. L. Ragghianti aveva proposto di realizzare 18• F. Menna, illustrandoci questa retrospettiva afferma: i disegni • espressionisti • esposti alla Biennale veneziana nei quali lo stesso riferimento architettonico sembra bru ciato da una fantasia accesissima di visionario che spinge fin quasi · al limite di rottura la tensione dinamica del se gno, sembrano, al confronto con qualcuna delle sue ultime opere, giustificare l'atteggiamento degli storici che o l'hnno ignorato del tutto o ne hanno spaccato in due l'opera se parando il momento espressionista di formazione culturale da quello più propriamente architettonico, durante il quale l'artista si sarebbe convertito al razionalismo... L'aspetto più significativo dell'opera di Mendelsohn si ritrovava in molti di questi disegni, in cui egli mira a rea lizzare non solo la funzione dell'edificio ma ad esprimerne anche il contenuto interiore ricorrendo ad elementi sim bolici. Lo stesso Mendelsohn chiarisce questo aspetto della sua opera affermando che • il compito dell'architettura è la espressione del carattere •, di qualcosa cioè che è funzio nale e psicologico insieme. Perciò egli ama i grandi temi collettivi (fabbriche, grandi magazzini ecc.) nei quali in travede appunto dei simboli comunitari, quasi luoghi ri68 tuali della spiritualità moderna 19•
LA XXXI BIENNALE 1962
Questa edizione della mosfra veneziana fu accolta dalla critica con generale dissenso. Tra i giudizi più severi sulla XXXI Biennale è quello di O. Ferrari che sottolinea l'insuf ficienza della mostra come strumento critico proprio perché è sfasata rispetto alle più importanti e vivaci vicende arti stiche del momento, come hanno più energicamente lamen tato, fin ora, Argan, il quale appunto reclama che la •vera struttura critica della Biennale ,. sia finalmente costituita intorno al nucleo di una mostra dedicata ali' •attualità più flagrante,. ... 20• Altrettanto icastico è il parere di P. C. San tini: Si è accusata la Biennale di tendenziosità, certo non a torto. Ma c'è da rimpiangere le Biennali tendenziose di fronte all'attuale che non sappiamo a quale regola o prin cipio connettere: non a quello della qualità, non a quello della rappresentatività, non a quello dell'equilibrio, non a quello, assurdo, della •rotazione• 21• E. Crispolti scriveva: La Biennale di Venezia 1962 è ri sultata, secondo il parere unanime, piatta, grigia e scarsa: mente significativa. Alcuni hanno affermato, non senza motivi, che si trattava della peggiore Biennale del dopo guerra. Il giudizio negativo ha la sua ragione d'essere. Chiedendosi i motivi dell'insuccesso Crispolti aggiungeva che le cause generali si uniscono a quelle particolari. Perché se il disorientamento è oggi reale presso la critica ufficiale di fronte alla· crisi dell'informale e ai numerosi episodi di epigonismo, e d'altra parte di fronte alla incapacità d'intendere le ipotesi nuovissime realmente valide, la Biennale doveva respingere questi disorientamenti... L'in formale si presentava agli organizzatori delle Biennali 1958-60 come un movimento già definito con sufficiente chiarezza: non presentava· pericoli per la critica ufficiale 22• 69
Quasi a riprova di questo unanime scontento, la mostra dei Grandi Premi fu l'unico episodio accolto favorevolmente: Quest'anno la vera Biennale - scrive G. Marchiori si tiene nel vecchio palazzo Pesaro ... L'esposizione dei pre miati della Biennale fa del palazzo Pesaro un incompara bile museo d'arte moderna, soprattutto per la scultura che vi gode di uno spazio particolarmente adatto e che, disposta con cura, vi ritrova quel valore monumentale che le sale grigie della Biennale non sottolineavano affatto 23• Qual era il nodo centrale che la XXXI Biennale non seppe o non volle documentare? Esso si incentrava sul tema della vera ·e presunta crisi dell'informale e la nascita di una nuova figurazione. Esplicitamente, Venturoli osservava: La maniera astrat ta, pianificatasi in tanti padiglioni e pareti in questo dopo guerra, pur continuando anche oggi, tende a perdere di virulenza, segna il passo: la fase di passaggio dall'impres sionismo astratto all'informale può considerarsi conchiusa: oggi si avverte una pensosità in taluni artisti e si affaccia un neo-sperimentalismo su chiavi neo-dada, Liberty - ma un Liberty non rinunciatario -; si tende persino a ripro porre un certo tipo di surrealismo, di costruttivismo, e ancora: i padiglioni stranieri si staccano dal gusto astratto impressionista; è un sintomo di voler fare tesoro di istanze e scoperte; c'è una nuova carica surrealista, Liberty e neo dada che diversifica questa Biennale da quella dell' • ango scia• di due anni fa 2•. Del resto la mostra del padiglione degli Stati Uniti volle essere indicativa di altre tendenze nell' arte americana profondamente diverse dall' informa le, come nella presentazione del catalogo chiarisce Réné d' Hamoncourt: In questi ultimi anni i riconoscimenti otte nuti dai nostri pittori espressionisti astratti ha forse indotto il pubblico all'estero ad identificare il loro lavoro con l'arte contemporanea americana. Per quanto questo stile 70 (che viene presentato in altre sale alla Biennale attraverso
la mostra dedicata ad uno dei suoi più distinti precursori: Arshile Gorky) sia ancor vigoroso, la scena artistica negli Stati Uniti è oggi molto complessa e varia. Essa abbraccia diverse tendenze ben distinte oltre a un gran numero di artisti i cui singoli modi di espressione non si identificano con nessun gruppo. A. Del Guercio sul rapporto tra informale e nuova fi gurazione scriveva: chi parla più oggi di astrattismo, nei termini formalistici ed ev�sivi di sette, otto anni fa ? Lo stesso contenutismo al rovescio dell'informale, che volle essere disperatamente angoscioso entro l'ossessionante sua dichiarazione d'una morte presunta di ogni razionalità, sta oggi in dura crisi, perplesso assai tra la tentazione di tor nare ai belati dell'Arcadia eterna o di dar l'avvio all'ope razione • nuova figuratività •· Ed ;; ben chiaro che le cose verranno orientate in una direzione grosso modo figura tiva 211• Bisogna osservare a questo punto, che, almeno per al cuni critici, la constatazione, non aliena da mal celata sod disfazione, della fine dell'informale risponde più che ad una intuizione critica sul nascere di nuovi fatti, ad una antica · e decisa opposizione all'astrattismo che avrebbe finalmente trovato ora la conferma della giustezza della loro imposta zione critica. La distinzione tra una critica aperta e una critica preconcetta non sta tanto nell'affermazione generica della crisi dell'astrattismo, e in particolare dell'informale, quanto nel riconoscere o nel negare alla crisi in atto un suo positivo sviluppo. In tal senso Oreste Ferrari chiariva: Cominciamo col dire ... che un fenomeno artistico che ba avuto il peso, la forza, la disperata generosità di quello che (ora lo ammettono anche i più accaniti oppositori di ieri!) è stato l'unico vero · protagonista del dopoguerra, non muore come non muore nessuna genuina manifestazione della cultura ... A vedere meglio, la presunzione di indi viduare l'origine ed il carattere di una circostanza nuova 71
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in netta opposizione a quella immediatamente precedente corrisponde agli schemi semplicistici di chi vede i fatti artistici manifestarsi per ondate successive di • Avan guardia •: ma anche l'avanguardia, ha ben detto Brandi, è morta 26• Carlo Volpe, dedicando ai problemi della Biennale un ampio saggio, esprimeva il suo convincimento che essa avesse indicato con chiarezza i due termini antitetici entro cui si muovevano la critica e gli artisti: Da un lato artisti e una cultura con essi ancora incerti sul futuro, scossi dal pre sente; dall'altro gli • intellettuali » artisti e critici, ordinati sui gradini di una casistica programmatica orientata in avanti, come il diagramma di uno stato di avanzamento... edificatori ingegnosi di un edificio dalle apparenze nuove, ma che porta il nome antico di « torre di avorio » Volpe precisa ancora che al nouveau réalisme o neo dadaismo, bisognerà sempre opporre, quale termine e fonte di collo quio poetico, il registro discriminante della autenticità storica emanata dalla realtà 27• Luigi Carluccio è uno dei pochi critici, se non l'unico, per il quale il problema di una crisi dell'informale non si pone. Non crediamo, scrive infatti, come tanti credono o fingono di credere, che l'arte astratta sia entrata in agonia, se non pure che sia già morta. :t vero che le manifestazioni dell'astrattismo non sono molte né eccellenti quest'anno a Venezia; ma questa povertà, forse è dovuta soltanto a mo tivi di ricambio o di alternativa nelle singole scelte. :t una semplice coincidenza, resa però più acuta dall'affluenza di motivi fantastici e addrittura metafisici 28• Nell'ambito della critica più avanzata, le indicazioni di possibilità future venivano addirittura indicate come repe ribili al di fuori dell'ambito della Biennale stessa. Renato Barilli scriveva infatti: Resterebbe ora da vedere che cosa essa offra in direzione del futuro, se cioè riesca a proporci qualche elemento di una situazione • oltre • l'informale.
Ma per rispondere su questo punto, ci si dovrebbe muovere in ambito sperimentale, in zone giovanili: un compito, questo che, per ragioni istituzionali, la Biennale non è certo la più adatta a svolgere. Non manca però qualche lucido nucleo di interesse anche in questo senso: ecco il ri torno di Giacometti, nei panni attuali di antesignano della « nuova figurazione »; o ecco ancora il forte caso della scultrice americana Nevelson, una sublimazione, si direbbe, della tendenza, rozza e sprovveduta altrove, di ripresa dadaistica. Il terminus a quo di un discorso sulla manifestazione di quest'anno è dunque fornito dalla mostra di Odilon Redon: a giusta ragione, poiché, di quella cultura figura tiva di fine-secolo che per la sua vocazione all'intenso, al l'orrido, al gremito trova tante ragioni di consonanza con situazioni recenti, il maestro francese è non solo uno dei maggiori protagonisti in senso qualitativo, ma anche un iniziatore, un pioniere in ordine cronologico 29• Anche Silvio Branzi rileva come il problema di nuove istanze non fosse pienamente avvertito alla mostra vene ziana. E, stavolta, c'era· modo di procedere ad una utile, necessaria, documentazione e storicizzazione di alcuni indi rizzi artistici contemporanei, approfondendo soprattutto gli sviluppi dell'informale, già affacciato nella mostra del '60, ma che richiedeva ben altre testimonianze, non solo ri guardo alla sua efficienza reale, che sussiste e non si può ritener liquidata come taluno vorrebbe, ma anche nei pro positi di quella cosiddetta nuova figuratività, la quale pro prio da esso sembra nascere su stimoli e impulsi che, per quanto ancora incerti e ambigui, non hanno però nulla da spartire con le posizioni realistiche o neo realistiche del l'arte sociale 30 • Circa la consistenza e le varie ipotesi della nuova figu razione Ferrari scriveva: sarà bene precisarlo una volta per tutte; la • Nuova figurazione• consiste. essenzialmente 73
in un problema di linguaggio, e va indagata nei termini più larghi di tale problema; si produce 1)1'eminentemente, ma non esclusivamente né necessariamente in modi di ri presa iconica, che perciò sono un aspetto ma non la tota lità dei nuovi valori linguistici 31• Ancora sul rapporto tra informale e nuova figurazione e, consentendo con molti altri critici, sulla continuità dei due fenomeni, L. Trucchi proponeva di caratterizzarli come segue: sta di fatto che l'informale, inteso qui nel senso più lato non fu una vera avanguardia non nascendo come movimento collettivo e polemico di gruppo ... Una storia, quindi, per vertici, quasi un antimovimento (...). Mentre la nuova figuratività - e la recente, lodevole mostra delle Alternative attuali ... ce lo dimostra - sembra manife starsi subito come movmiento di gruppo, di Equipe, senza autentici condottieri ma con molti ottimi gregari 32 • Sull'ambiguità cui può andare incontro la nascente nuo va figurazione anche M. Courtois esprimeva le sue perples sità: ci si può domandare se questa neo figurazione che non vuol dire il suo nome non si avvii su una strada sbagliata, meno nell'intenzione che nella realizzazione, as sai incompleta in questo senso, essa non può giungere che ad una formulazione fin quando il pittore non arriva in modo soddisfacente a sacrificare il definitivo, il concertato, l'intenzionale, alla trascrizione diretta dell'impressone o dell'emozione, cioè del soggetto, sulla via naturale della pittura figurativa 88• Ma nel quadro critico della mostra veneziana la visione che ci sembra più chiara, in molti aspetti confermata dalle vicende successive, è quella di G. Dorfles. Non a caso il cri tico che ha, per cosi dire, teorizzato sulla rapidità dei con sumi del gusto e delle mode riusciva a cogliere il senso al ternativo delle tendenze e l'indicazione di altre affatto nuove. Negli ultimi anni la pittura e la scultura del mondo (or74 mai il discorso no� può più riguardare mia singola na-
zione) sono state soggette ad alcune significative modifi cazioni ( ...). L'informale, dunque, ha già fatto il suo tempo, almeno come fenomeno • di punta •, pur conservando la sua importanza per quelle che sono state le sue conquiste: immediatezza e rapidità delle esecuzioni, possibilità di di retta proiezione « propriocettiva • da parte dell'artista, valore dell'azzardo e della randomità. Nell'indicare le carenze di documentazione della mostra Dorfles sostanziahnente anticipava le correnti che sareb bero state le protagoniste della Biennale successiva: il neo concretismo e il neo dadaismo. La prima secondo l'A. si vale . d'uno studio dell'elemento percettivo, microstrutturale, tis surale; corrente codesta, che, con ogni possibile riserva, è tuttavia ancora viva e avrebbe dovuto essere af!lpiamente rappresentata a questa mostra. Lamentando l'assenza del neodadaismo impersonato in America da un Rauschenberg e un Jasper Johns e in Europa da Bay, Tinguely e Crippa, nello stesso articolo Dorflt:ls afferma : In tutta quanta la Biennale c'è una sola personalità degna di nota che possa parzialmente rientrare in questa categoria artistica e che costituisce, fra l'altro, l'unica importante • scoperta • della attuale rassegna. Si tratta della scultrice americana (di ori gine russa) Louise Nevelson. In una efficace lettura delle opere di quest'artista, la cui caratteristica principale è data dalla ripetizione costante, da una ossessiva iterazione di elementi omologhi, Dorfles sottolinea il modo in cui la Nevelson fissa i suoi oggetti reali. Non valendosi del relitto quale appare di solito nelle opere della cosidetta Junk Art...; ossia come frammento la cerato, repellente, come lamiera contorta, come rottame amorfo... al contrario, l'artista americana ha raccolto le centinaia di frammenti lignei e li ha accuratamente amal gamati valendosene come di elementi primi per le sue co struzioni, come lettere d'un suo personale alfabeto che fa cilmente possiamo imparare a decifrare e ad intendere 34• 75
Nello stesso saggio, Dorfles riporta alcuni giudizi di E. Paci che, se pur riferiti all'informale, s'adattano a molti altri fenomeni dell'arte contemporanea e comunque indi ziano il clima scialbo se non squallido di questa XXXI Biennale. La scomposizione irrelazionata che appare nel corrom persi delle esperienze estetiche indicate, condotte all'estre mo limite senza una vera motivazione, è più falsa e dogma tica del vecchio naturalismo e del vecchio realismo ( ... ). Quasi tutti i nuovi esercizi estetici non sono esperienze vissute, ma proiezioni di ragionamenti astratti e gratuiti sulle percezioni. Questa loro origine è radicalmente alie nata già sul piano del sentire, sul piano del vivo e con creto sentire percettivo e materiale. Il risultato è la per dita del significato 33 • LA XXXII BIENNALE 1964
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Il giudizio quasi unanime della critica sul carattere particolare di questa edizione si ebbe sin dai primi resoconti sui quotidiani. Alla Biennale esplode la nevrosi vitalistica; s'apre la XXXII rassegna artistica veneziana: caotica, vi vace, aperta a tutte le avventure, alle intemperanze, agli entusiasmi della giovinezza, scriveva M. Valsecchi su < Il Giorno > del 20 giugno. Le polemiche sull'ordinamento, sui premi o i mancati premi, sulla partecipazione americana, sulla censura, sui divieti del Patriarca di Venezia ecc. - tutti problemi che abbiamo in precedenza rinunciato a trattare - contribui rono alla tensione particolare dell'avvenimento. Uno degli apprezzamenti più diffusi su questa edizione della Biennale è quello di avere con la sua tempestività smentita ogni comoda previsione. Secondo L. Trucchi se non avesse altri meriti l'odierna Biennale avrebbe almeno quello di aver sconvolto, scom-
paginato, se non addirittura capovolto tutte le premature posizioni, tutti i calcoli temerari... Cosicché per assurdo gli unici artisti veramente attuali sono proprio quelli che appaiono in leggero sfaso rispetto alla corrente dominante, della quale hanno fatto parte quando quel loro modo di dipingere non era ancora catalogato in alèuna precisa tendenza. Il caso di Rauschenberg e del suo originale new-dada ( un incrocio felicissimo di vecchio dadaismo, rivisto at traverso Schwitters e Burri, e di action painting), mi sem bra esemplare in questo senso 36• Per queste ed altre ragioni, così si esprimeva l'adesione incondizionata ed entusiastica di L. Budigna: Fastidiosa, irritante, repellente finché si vuole, anche • volgare • ma gari • scandalosa » questa XXXII Biennale appare a chi scrive non soltanto la più indicativa e funzionale e rispon dente alla propria ragion d'essere, insomma la più • giu sta • rassegna che i Giardini veneziani abbiano ospitato dalla fine della guerra, sì anche la più importante ed em� zionante manifestazione artistica e culturale degli ultimi vent'anni 37• Ancora sul particolare tempismo della mostra scrive O. Ferrari: Mentre le Biennali del 1960 e del 1962 ave vano costituito la registrazione di situazioni artistiche che ... si erano già stabilizzate .... la Biennale di quest'anno registra invece un'assai più vasta varietà di tendenze espressive molte delle quali appaiono ancora in fase di ricerca e di sperimentazione linguistica ... La XXXII Bien nale ... se ha un merito preminente, questo consiste pro prio nel fatto che, una volta tanto, essa è giunta, almeno in alcuni suoi settori, per tempo 38• Nel doveroso chiederci i motivi di tale tempestività, ci sembra che si possano individuare in due fattori spesso incrociati fra loro. L'uno è un atteggiamento critico-socio logico che nell'intento di registrare tutto, di velocizzare il
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processo i?,formativo in vista del consumo delle poetiche e delle mode, tra tanti difetti, ha tuttavia il merito d'essere tempestivo e di svolgere un'utile funzione in tal senso. Il secondo è il contributo che tra una Biennale e l'altra hanno dato le varie mostre promosse da privati, da enti e curate da giovani critici, ci riferiamo esplicitamente in particolare alle mostre dell'Aquila che hanno anticipato l'esposizione di molti artisti presenti alla Biennale. Passando dai giudizi complessivi ai caratteri più spe cifici della mostra, troviamo il sintetico quadro offerto da P. Restany: Con il movimento della pop-art americana, l' accento portato dagli italiani sullo sviluppo di ricer che tecniche più o meno sperimentali (estetica di grup po, specchi e meccani di Baj, • decollages,, di Rotella), con le strutture lineari e vibranti di Soto e i rilievi polime tallici di Kemeny, vediamo delinearsi l'ossatura centrale e vivente di questa XXXII Biennale: né pittura né scultura ma un terzo genere fondamentalmente irregolare nei con fronti delle regole tradizionali. L'interesse finisce per con
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centrarsi sui rappresentanti dell'arte d' • assemblage », su gli artisti che praticano un'arte di sintesi e di tecniche miste, libere e complesse 89• Cosicché pop art-new dada (con le distinzioni che ve dremo), arte programmata e la cosiddetta nuova figura zione sono le tre correnti più salienti di questa Biennale. Relativamente alle prime due F. Menna scrive: si tratta di due tecniche che sono state e sono abitualmente con trapposte tra loro nel dibattito culturale e che, di fatto, tendono a finalità diverse, ma che (e questo non è stato ancora sufficientemente chiarito) muovono entrambe da una stessa realtà, o meglio, dall'incontro con la realtà ur bana, industriale e pubblicitaria in cui viviamo oggi 40• Sorvolando le polemiche nate dall'affermazione gros solana e sciovinistica di Alan R. Salomon per cui tutti riconoscono che il centro mondiale delle arti si è spostato da
Parigi a New York è necessario ammettere l'importanza del ruolo giocato dagli americani in questa esposizione. Per nu mero di consensi e di polemiche, scrive A. Boatto, non v'è dubbio che i quattro americani Rauschenberg, Johns, Dine, Oldenburg stiano al centro della XXXII Biennale. Contro le loro provocazioni sono intervenuti i possessori dei più sicuri valori morali, e da certa parte francese ed italiana si sono avanzati i diritti ed i privilegi della propria nazione contro una (sospetta) protervia nazionalistica americana. Nel definire l'azione di rottura svolta da questi artisti che provvisoriamente l'A. definisce tutti esponenti della pop art, egli afferma: Per pervenire a questo risultato occorreva certo una buona dose di coraggio e di semplicismo brutale e di questo gli americani hanno offerto sicura prova 41• Prima di procedere oltre è opportuno riferire le distin zioni che all'interno dello stesso più recente movimento americano opera N. Ponente. Questi considera Rauschen berg e Johns come neo-dadaisti, Dine e Oldenburg come esponenti di una. tendenza che fa da ponte tra il neo dada e la pop art e lamenta che la pop art vera e propria non è presente; artisti come Lichtenstein, Warhol, Wasselman, Rosenquist, Segai non sono stati invitati a Venezia ... è evi dente che l'esclusione di questa ultima tendenza rende in completa la documentazione e più difficile la comprensione del movimento artistico americano, così come esso si pro spetta nell'arco intero della sua esperienza attuale 42• Tale distinzione trova riscontro nel diverso giudizio di valore che Argan fornisce dell'una e dell'altra corrente. Mi interessa ... affermare che artisti come Rauschenberg o Johns operano in un'area di cultura che risulta dall'incrocio di prospet tive storiche europee e americane consapevoli di un mondo in cui ciò che succede in America o altrove fa parte della nostra storia, come ciò che succede qui fa parte della storia di tutti ... Quanto invece agli eroi della pc,p art mi ostino a negare loro, anche contro l'evidenza, di essere in rap-
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porto con le esperienze europee dal Dadaismo al Nouveau Realisme. Se il rapporto c'è, è ricalco o prelievo non rela zione storica: poiché proprio il carattere della pop art è la svalutazione del procedimento operativo, cioè del processo in cui l'esperienza storica, attuandosi appunto come espe rienza e non soltanto come scelta od opzione, diventa ele mento essenziale della poetica 43• D'altro canto R. Barilli, che afferma una continuità tra l'informale e le tendenze ad esso successive, sembra ri conoscere questa facoltà di opzione. La macchina da scri vere - egli osserva - che certo è creazione, progetto arti ficiale quando esce dalla mente dei tecnici e degli indu strial designers non resta tale quando a sua volta diviene oggetto dell'interesse del pop-artista. In quel preciso mo mento essa regredisce allo stato di • cosa », acquista, cioè un pesante coefficiente di inerzia e di materialità ... non è che la pop art al posto degli oggetti naturali cari alla pittura tradizionale ... prenda degli oggetti tecnologici ap punto perché tali: prende degli oggetti tecnologici perché in realtà questi danno a vedere d'essere ormai sufficiente mente incarnati, non più puri atti, puri oggetti razionali, bensì •cose• tangibili e concrete. Non si sfugge insomma all'esigenza fondamentale dell'arte per cui essa può rivol gersi soltanto al livello zero, al piano base dell'esperienza comune, può avere soltanto questa come suo oggetto ulti mo 44. Ancora nell'ambito della pop art vanno ricordati quei giudizi relativi agli artisti europei appartenenti a questa" corrente. E. Crispolti scrive: ... a conti fatti il pop art inglese potrà anche risultare più interessante, vivo e sti molante che non quello nordamericano (basti suggerire alla Biennale
il confronto tra la seriosità ottusa e depri
mente di un Oldenburg o di un Dine, e la freschezza iro nica e lucida - con il ricupero proprio di tutta una tra80
dizione tipicamente inglese, del comico sociologico, magari
risalendo fino a Hogarth ....... dico di un Tilson). Un Peter Blake, per esempio, che è un po' il campione del pop in glese, non ha certo nulla da dover restituire ai nordameri cani, come d'altra parte in Italia neppure un Baj, o, che so, per stare ancora a questa Biennale, un Gentils, un Ro tella •1a. Se passiamo al polo opposto, o sedicente tale, della pop art, quello dell'arte programmata o ghestaltica, che alla Biennale veniva messo in ombra dal vitalismo americano, ma trovava in seguito risonanza ed adepti, relazioni archi tettoniche e persino vagheggiamenti di applicazioni urbani stiche, troviamo anche qui una serie di giudizi, con_ intenti, allora, ermeneutici e successivamente radicati in una scelta talvolta faziosa. Questa tendenza neo-costruttiva, che, come abbiamo già affermato in altre occasioni su questa rivista, vanta a nostro avviso soprattutto il merito di continuare una e tra dizione � nell'ambito del Movimento Moderno, di portare avanti un metodo rigoroso e costante nel fluttuare di mode e tendenze di più gracile costituzione, veniva presentata nel giusto senso ermeneutico da M. Calvesi: Più che una polemica nei confronti di altre tendenze, in queste ricerche è implicita una totale contrapposizione di intenti: l'opera non vuole esprimere la personalità psicologica dell'autore, ma soltanto un'ipotesi di lavoro, di scientifica oggettività, anche se si esercita in un ambito estetico; naturalmente, l'atto estetico non servendo più una finalità espressiva o comunque di testimonianza, s1 riferisce ad una -finalità pratica, e questa finalità è l'inserimento nel mondo della progettazione e della produzione. Nonostante dette inten zioni, secondo Calvesi, queste esperienze (di Castellani, Ge tulio, Mari, gruppi T e N) comunque, che sarebbe altret tanto imbarazzante che inutile voler stabilire se rientrino nella pittura o nella scultura, hanno un carattere di auto nomia estetica che le qualifica come opere d'arte 46• Nei
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due brani citati sono sintetizzati pregi e limiti, teoria e prassi, contraddizioni e polivalenze di una poetica alla cui interpretazione non ci sembra sia stato aggiunto nulla di sostanzialmente nuovo dalle più recenti spiegazioni scien tifiche. Continuiamo la nostra rassegna con quella parte della critica che negando la polarità dialettica fra le due ten denze suddette pone in alternativa ad essa le ipotesi di una nuova figurazione. Tra questi, sostenitore di una posizione che negli anni successivi alla XXXII Biennale ha fornito materia di dibat tito, è Crispolti il quale poneva il dubbio che dietro le stanche tesi, ancora addirittura zariste, che il padiglione veneziano dell' U.R.S.S. ci ha ancora una volta imbandito, non ferva qualcosa di profondamente diverso, di tutt'altro che così conformista. E, d'altra parte, mentre si fa il di scorso delle mode, ecco che nel padiglione italiano ... è esplosa una nuova pittura che non è pop né new dada né new abstraction; che è invece critica e mordente, disten dendo le trame di un nuovo racconto, di una nuova dialet tica con il reale: corre da Guerreschi a Vacchi, da Baj a Cremonini, da Ferroni a Recalcati da Fieschi a Novelli, a Rotella, in un arco dunque molto ampio e ricco 41• Intanto ancora sull'arte programmata scrive M. De Mi cheli: Si tratta di una ricerca tecnicistica, non espressiva che tende anzi all'impersonalismo, riprendendo temi e ar gomenti che già furono cari a Malevic e Tatlin e quindi alla Bauhaus. Ma da qùell'epoca quanti decenni sono pas sati? Almeno quattro ed anche cinque. Il mito della tecnica, di natura positivistica, ha mostrato tutta la sua incapa cità a risolvere da solo i problemi dell'uomo 48• Alcuni critici hanno considerato non solo l'arte pro grammata, ma l'intera Biennale come un grande revival. Ad essi si può facilmente obiettare che nonostante gli indubbi precedenti molto è cambiato, nelle intenzioni, nei
programmi e quindi nell'aspetto culturale delle nuove �spe rienze. Tuttavia rimane una indubbia presenza di ricuperi e storici > come si rileverà anche nella citazione di Gar roni che riporteremo più avanti. A questa anteponiamo, per legare il nostro discorso, e perché accenna all'atteggia mento assunto da Guttuso verso la pop art, il giudizio di M. Venturoli: Affermare, come fa Guttuso, che la pop art sia l'indice manifesto di una svolta delle avanguardie, anzi la conferma che queste avanguardie eran perite da un pezzo e che attendevano la loro sepoltura, è uno sba glio ... In verità le cose stanno assai diversamente: il ban dolo della matassa è sempre lì, dentro gli •ismi• del prin cipio del nostro secolo; e i pop, ne sono il logico e conse guente sviluppo 49• La cultura artistica contemporanea - scrive Garroni toccando molti nodi del dibattito citato - (da una ventina d'anni circa) è afflitta da un male curioso: non più pro priamente l'epidemia degli •ismi•, ma quella dei •neo• (...). La cultura del •revival• denuncia in forma grave,· spesso involutiva, la dilagante •crisi semantica•: alla caduta del linguaggio in atto, incapace di sostenere il peso dei nuovi (confusi e ancora contraddittori) temi sociali e culturali, fa da contraccolpo una sorta di furore storicisti co, un ricupero inquieto e consumante della totalità della esperienza linguistico-storica. Garroni non vede un limite nello e storicismo> lingui stico in quanto tale ma, pur riconoscendo nuove intenzioni alle esperienze contemporanee, ne stigmatizza i modi di at tuazione. Se e la cultura neo> - egli scrive - fosse una più pacata, più attenta e sistematica ripresa di motivi troppo generosamente sprecati a suo tempo, una rielabo razione linguistica e ideologica secondo un più modesto metodo di lavoro intersoggettivo: se ciò fosse vero nei fatti (e non soltanto nelle intenzioni, come si è visto, ad esempio, con le cosiddette •problematiche di gruppo•), si do- 83
vrebbe piuttosto prendere atto con soddisfazione del cam biamento intervenuto e non rimpiangere gli antichi furori romantico-avveniristici. Ma, nei fatti, ciò non sembra es sere generalmente accaduto Go. Se questi giudizi di Garroni pongono l'accento su una crisi linguistica, nel brano di Argan che citeremo si propone il problema, in forma ancora più radicale, del valore del l'arte come comunicazione, secondo le tecniche attuali: Ciò che non sappiamo è se a fondare e a trasmettere l'espe rienza estetica sarà ancora l'arte come attività caratteriz zata dall'impiego di certi procedimenti: il problema, infine, concerne soprattutto la possibilità di sopravvivenza delle tecniche artistiche in un diverso ambiente tecnologico. Se per procedimenti o tecniche artistiche intendiamo la pit tura, la scultura, l'architettura, la risposta è, ovviamente, negativa. :t positivamente certo che queste tecniche, nate e sviluppate nel quadro tecnologico dell'artigianato, nel qua dro tecnologico dell'industria non potranno comunicare al cun messaggio significativo né produrre modelli di va lore Gi. La posizione suddetta, che condividiamo solo parzial mente, sollecitata evidentemente da riflessioni che esorbi tano dai risultati della Biennale, avrà probabilmente una conferma nella prossima edizione della mostra. a CUTa di DANIELA DEL PESCO, GIOVANNA DOHRN, MARIA TERESA PENTA.
1 G. BALLO, nel Catalogo della XXX B. pp. 6-8. G. DoRFLES, Alla XXX Biennale di Venezia, gli italiani, in e Do-
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mus > n. 370 settembre 1960.
'Ibidem.
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