Op.cit. rivista quadrimestrale di selezione della critica d'arte contemporanea
DiTettore: Renato De Fusco Redazione: Napoli, Salita Casale di Posillipo 14 - Tel. 300.783 Amministrazione: Napoli, Via dei Mille 61 - Tel. 231.692 Un fascicolo separato L. 800 - Estero L. 1.000
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Edizioni e ll centro >
B. Jessup
Arte e storia ArtisticitĂ dei mass media Il design scientifico di Alexander Incontri di studi urbanistici Libri, riviste e mostre
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Alla redazione di questo numero hanno collaborato: Agostino Bevi lacqua, Urbano Cardarelli, Renato De Fusco, Luciana De Rosa, Cesare de Seta, Giovanni Fecarotta, Rosalba La Creta, Giovanni Mottura, Maria Teresa Penta, Italo Prozzillo, Maria Luisa Scalvini, Francesco Starace ..
Arte e storia BERTRAM JESSUP
Esistono alcune relazioni fondamentali tra arte e storia se consideriamo quest'ultima nel suo valore superficiale di cronaca e interpretazione di eventi del passato. Arte e storia si compenetrano in vari modi: a) L'arte è sempre una delle componenti dei dati della storia. b) L'arte è spesso un veicolo esplicito della storia. c) L'arte è a vol te storia implicita, una interpretazione auto-riflessiva della sua epoca. d) La storia scritta è a volte un'opera d'arte. Tutte queste relazioni sono abbastanza ovvie e, ad eccezione dell'ultima, non sono materia di serio dibattito. Sul fatto che la storia sia a volte opera d'arte, esiste un profondo e comprensibile contrasto tra quei teorici che ritengono la storia una scienza e quelli che la ritengono arte letteraria o narrativa, tra quelli che parlano di e ele vazione della storia alle posizioni di scienza>, 1 e quelli che insistono che la storia è, nella sua immutabile essenza, un e racconto>, e che e l'arte della storia rimane sempre l'arte della narrativa>. 2 Qui il contrasto non è reale, vale a dire. non è a proposito di che cosa lo scritto storico è stato, ma è normativo, cioè circa che cosa lo scritto storico e pro priamente> sia, e che cosa dovrebbe essere. Nel giudizio della storia come scienza, la storia come arte è, natural mente, respinta o deprecata. Nel giudizio della storia come arte, essa è accettata come presupposto.
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Oltre questo dibattuto problema, che in questa sede non sarà ulteriormente trattato, i rimanenti punti sembrano essere decisamente non controversi. Se la storia è una ver siqne interpretata dei fatti significanti dell'uomo, allora l'arte è certamente parte di ciò che la storia tratta, dei suoi dati. Comunque, l'arte di un periodo o di quel popolo è una delle cose importanti di quel periodo o di quel popolo. Una relazione sull'arte deve essere inclusa in ogni sintesi che la storia offre. Ma più di questo, l'arte è, a volte, storia implicita. L'opera d'arte, per usare una frase di uno scrit• tare, è e storia cristallizzata >, 3 che può servire allo storico in un periodo posteriore non solo come fatto fondamentale da essere spiegato nella ricostruzione del periodo oggetto del suo studio, ma anche come commentario di quel periodo in se stesso. Sotto questo aspetto è non solo una parte della vita di un'epoca, ma anche storia riflessa e un auto-giudizio da cui. lo storico posteriore può· trarre insegnamento. Que sto punto è stato espresso in modo suggestivo quando è stato detto che e Omero è non soltanto Omero. L'Iliade e l'Odissea sono vividi capitoli nella storia del mondo > 4• Ciò vuol dire che una duratura opera d'arte ha interesse non solo come oggetto di godimento immediato, ma anche come testimonianza del suo tempo, una testimonianza che può spesso essere correlata con altre testimonianze e che può a volte aiutare a far luce sul tutto. Un'opera d'arte è sempre un fatto o un e documento > sociale, cosi come è un oggetto estetico. e .•. le conclusioni raggiunte dallo storico d'arte possono spesso fornire una parte essenziale di vitale evidenza per lo storico degli even ti > 5• A volte, parte a causa degli eventi, ma anche a causa della sincerità dei suoi significati e della sua prossimità alla fonte, l'arte rappresenta, invero, il dato principale della storia, come dimostrano le numerose civiltà perdute che sono state scoperte principalmente o esclusivamente attra6
verso resti archeologici. Lo storico d'arte ora citato puntua-
lizza quest'ultimo aspetto osservando che e Infatti, in alcune fasi della storia, quando non esistono testimonianze scritte, l'arte spesso costituisce praticamente la sola fonte che ci consente di ricostruire un quadro (del tempo)> 0• L'arte è chiaramente e intenzionalmente un documento sociale e, limitatamente, un commentario storico quando, come nel romanzo Furore di John Steinbeck o in Guer nica di Picasso, presenta e prende posizione su fatti e pro blemi sociali, o quando, come nel polemico affresco di John Steuart Curry nel Capitol dello stato del Kansas, dramma tizza gli eventi e i personaggi di una collettività. Quando l'arte sceglie a suo oggetto eventi o persone reali, diventa veicolo di storia. Essa è storia. È non soltanto un evento in se stessa, ma anche testimonianza e interpretazione di eventi. Molta arte fa riferimento a persone ed eventi sto rici, spesso con l'intendo di darne un accurato rapporto e una seria interpretazione. L'artista, quindi, sia esso poeta o pittore o drammaturgo, è uno storico così come è un artista. Gli sto rici non di rado usano le interpretazioni di artisti e poeti a sostegno delle proprie interpetazioni. A volte, sembra che la finzione storica, nel teatro, nel romanzo, in poesia e in pit tura, colga lo spirito di un'epoca, di un luogo o di un uomo molto meglio di quanto non faccia la pura e reale documentazione. Vi sono numerosi esempi di opere letterarie e artistiche di successo considerate storicamente com piute. I drammi storici di Shakespeare, i romanzi di Scott, la versione immaginaria e filosofica delle guerre napoleo niche in The Dynasts di Thomas Hardy e i ritratti dei con temporanei di Byron sono appunto di questo tipo. Gli storici professionisti, pur essendo spesso in disaccordo con gli sto rici-poeti, non sempre li rifiutano come irrilevanti per le loro ricerche reali o per le loro discipline interpretative. Lo storico Pieter Geyl considera con rispettosa attenzione profesionale i drammi di Shakespeare come significative opere di storia. e Shakespeare - egli scrive - risvegliò
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la coscienza letteraria in un tempo in cui il teatro usava molto portare dinanzi al pubblico i grandi eventi della sto ria inglese ... Egli tenta di presentare tutta l'affollata varietà di un secolo di storia in una prospettiva unitaria> 7• E quando non concorda con Shakespeare, il suo dissenso è quello di uno storico verso un altro storico. Così, dissen tendo dalla versione data da Shakespeare dell'episodio dei traditori nell'Enrico
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scrive contro l'interpretazione shake
spiriana del comportamento di Enrico (che il poeta presenta, nel nobile carattere attribuito al re, come « un esempio di giustizia regale >), che « non è possibile difendersi dal so spetto di aver travisato i fatti, tanto più che i traditori sono stati abbozzati con eccessiva superficialità; il poeta è meno che giusto nei loro confronti>. Ciò che il prof. Geyl sembra voler dire_ non è che Shakespeare in questo esempio sia poco giusto nel creare i personaggi del suo dramma, ma che in que sto caso non legge in modo giusto i fatti storici. In pittura gli esempi di opere di ispirazione storica comprendono, tra innumerevoli altri, non solo dipinti ef . fettivamente incerti perché si riferiscono ad un lontano passato, come e L'enlévement des Sabines> di Poussin e « Les Romans de la décadence > di Thomas Couture, ma anche opere basate su attente ricerche di fatti storici appar . tenenti al presente dell'artista o al suo immediato passato, còme « Carlo I che chiede la consegna dei cinque incri minati> di Copley e i ritratti dei primi americani dello stesso artista. Di questi ultimi è stato detto che essi son e preziosi non solo per le loro spendide qualità pittoriche ma anche come la maggiore documentazione storica di quel tempo e di quel luogo> e che « sono inestimabili documenti in cui è rispecchiata la vita di un'intera società> 0• Nel passo che segue, tratto da uno studio su Goya di uno storico d'arte, è chiaramente riconosciuto il ruolo sto8
rico dell'artista: e I ritratti di Goya, che gli assicurarono
una posizione alla corte di Spagna, superficiahnente somi gliano ai ritratti di Stato alla maniera di Van Dyck o di Reynolds. Ma solo superficialmente, perché appena scru tiamo i visi di questi grandi, avvertiamo che Goya sembra farsi beffe della loro pretenziosa eleganza. Egli guardò quegli uomini e quelle donne con occhio spietato e pene trante e svelò tutta la loro vanità e bassezza, la loro cupidigia e vacuità. Nessun pittore di corte, prima o dopo, ha mai lasciato una simile documentazione dei suoi com mittenti > 10• Concordando con questo giudizio, riteniamo che Goya sia non solo un artista eccellente, ma anche un osservatore acutamente critico e un cronista veritiero del suo tempo. Queste sue qualità appaiono, naturahnente, anche nei noti Caprichos, una serie di taglienti, grottesche satire sociali. Forse anche più famosi e uguahnente significanti per il punto in discussione, sono le terribili e terrificanti battaglie rappresentate nella serie di incisioni chiamate collettiva mente « I disastri della guerra >. In opere del genere, sembra chiaro, vi è l'esplicito in tento da parte dell'artista, di rappresentare e interpretare gli eventi della storia, sia essa del suo tempo o del passato. L'artista è quindi anche uno storico che lavora in forma d'arte. Ma anche quando l'artista non presenta direttamente o non allude indirettamente a materia storica, accade spesso che le sue opere, oltre a costituire un'esperienza estetica, siano « lette > storicamente� Lo storico può guardare un quadro o leggere un poema o un romanzo e ricavarne riflessioni nel più ampio senso storico, o può scoprire in terrelazioni tra l'oggetto d'arte e le altre manifestazioni di un periodo culturale, così che il carattere della cultura nel suo insieme può essere meglio compreso. Ad esempio, uno storico del mondo antico definisce come caratteristica dei Greci la rigida lealtà verso la immediata, piccola e in tima comunità, la città-stato. Parte dei dati a sostegno di
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questa interpretazione sono costituiti dalle continue lotte e guerre tra le varie città-stato. Ma, . dice lo studioso, « il carattere individuale dell'ingegno nazionale>, che portò alla lealtà locale piuttosto che alla unità nazionale, « appare con particolare chiarezza nel campo del pensiero e del l'arte ...> 11• E tra i molti dati, egli ritiene, che eviden ziano questa caratterizzazione locale piuttosto che un'auto definizione nazionale, è il fatto che « non esistono in Grecia due templi che siano perfettamente uguali> 12• Lo storico quindi deduce da un fatto architettonico (estetico) una generalizzazione politica e culturale. Un altro interessante esempio di interpretazione sto rica attraverso l'arte è il seguente, in cui il carattere di un popolo di un' epoca passata è in parte dedotto dai drammi teatrali a cui assisteva. I drammi sono di Shakespeare e l'epo ca è quella elisabettiana. ' Lo scrittore osserva: La gente di ogni classe e profes sione, accorreva in folla a vedere i drammi di Shakespeare. Che gente era? egli si domanda. La risposta può in parte essere tratta. da diverse fonti storiche. Abbiamo molte in formazioni a tal proposito. « Essi arrivavano in barca:, a cavallo e a piedi, da Cheap side e White Chapel, da Westminster e Newington, da Cler kenwell e Shorditch, abbandonando per un pò il loro banco di lavoro, i loro affari, .. . le loro istanze legali e le loro petizioni alla corte ... Questa gente era in media più bassa di noi e in maggioranza non molto ben nutrita; le donne indossavano voluminose gonne e la maggior parte degli uomini portavo alti capelli; essi avevano udito strane di cerie a proposito di geografia ·e di scienza> 18• Queste cose le sappiamo a prescindere da Shakespeare. Ma tuttavia, l'autore continua, sappiamo anche (dedutti- · vamente) di che specie fosse questo popolo perché sappia mo cosa sono i drammi di Shakespeare; sappiamo come 10 fosse queste gente perché sappiamo che cosa amava e
apprezzava. Ed egli continua: e Sotto molti aspetti . . . dove vano somigliarci notevolmente perché i drammi che piac ciono a noi furono scritti per piacere a loro> 14• E sulla base di questa ipotesi procede a specificare il probabile carattere e gli interessi dell'uomo elisabettiano. Deducendole da esempi di questo tipo, possiamo com pendiare le relazioni attualmente note tra arte e storia nelle seguenti conclusioni: 1. - Le opere d'arte sono fatti storici di cui va tenuto conto in ogni esauriente cronaca o sintesi storica del loro tempo. 2. - Le opere d'arte costituiscono spesso, se non sem pre, documentazione, esplicita o implicita del pensiero, della sensibilità e dell'atteggiamento del proprio tempo, sono quindi storia auto-riflettente oltre che fatti storici. Sinto maticamente, un'epoca documenta o rivela la sua storia nell'arte che produce. Tra le opere d'arte e le altre manifestazioni culturali, politiche, sociali e intellettuali di un determinato periodo, esistono spesso se non sempre, correlazioni o corrispondenze; nulla può essere di aiuto per chiarire e comprendere l'intera vita di un popolo e della sua epoca come l'attento esame di queste relazioni. O, per dirla con altre parole, l'arte e le altre attività umane si pongono, ai fini della com prensione storica, in reciproca relazione. Per comprendere pienamente l'arte di un determinato periodo è necessario comprendere le altre attività di quel periodo; e analoga mente, per comprendere le altre attività di quel periodo è necessario conoscere e comprendere la sua arte. Questo è quanto meno il postulato fondamentale di ciò che è detto e storia della cultura > intesa come un unico, integrato e completo studio culturale della vita di un'epoca. I più ampi lineamenti di un periodo, che la storia culturale deve tracciare come suo specifico compito, sono segnati, si ri tiene, da una concorrenza di eventi nelle diverse aree del-
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l'interesse umano, quali quella politica o sociale, da un lato, e quella estetica o artistica dall'altro. Jacques Barzun, che sostiene questa tesi, ne dà un esempio significativo. Egli scrive:
e Dato
il compito di
capire tutto quanto è contenuto in una lirica cavalleresca, si può conoscere cosa fosse un cavaliere, quale aspetto egli avesse, donde traesse
il suo concetto dell'onore e quale
guerra andasse a combattere quando disse addio a Lucasta. Lo storico si trova immediatamente di fronte a Re Carlo, al rituale dei cavalieri, al Puritanesimo, e all'origine della moda maschile dei lunghi capelli in riccioli. Tutto ciò
è
necessario per una comprensione storica di quel prodotto culturale unico da cui citiamo 'I could not love thee dear, so much [Loved I not honour more] '. Il poema ci conserva un momento storico e ci aiuta a ricostruire una cultura, che è come dire la realtà e l'emozione del passato> 15• 3. - Il metodo globale della storia come documenta zione e interpretazione del passato, e il passato reale ed
è contemporaneamente scientifico ed estetico. La storia è una scienza e un'arte. Essa è scritta secondo due metodi. e Uno è intellettuale e scientifico, l'altro intuitivo emotivo >,
ed estetico. I due metodi non sono in conflitto, ma si com
pletano a vicenda > 16•
A. L. Rowse, lo storico che sostiene essere un me stiere Io scrivere storia, amplia la sua tesi dicendo inoltre che: e Nel campo del metodo storico esiste un elemento non scientifico che tifico). Esso
è altrettanto importante (di quello scien
è costituito dalla sensibilità verso la materia,
una sensibilità simile a quella che ogni buon artigiano deve avere per il materiale che lavora, quella del vasaio per l'argilla, del muratore per la pietra, della cucitrice per la trama del suo tessuto . . . Si ricava ogni sorta di aiuto in coscio dalla pratica del proprio mestiere, sia esso poesia o giardinaggio 12
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Un altro storico, Charles A. Beard, sostiene una tesi
analoga, ma con particolare riferimento alla materia di stinta dal metodo della storia. Egli scrive: e Fatti e perso nalità storici nella loro reale natura implicano considera zioni etiche ed estetiche. Non sono puri fatti fisici e chimici che inducono alla neutralità da parte dell'osservatore> 18• Il prof. Rowse, in un'altra affermazione contenuta nel l'opera innanzi citata, mentre riconosce e insiste che il fine dello storico, come quello dello scienziato, è la verità, so stiene inoltre che lo storico raggiunge la sue verità essen zialmente attraverso l'immaginazione, la stessa forza, cioè, che muove il poeta, il romanziere e l'artista. Egli scrive: e ...il compito dello storico, come del romanziere, è in terpretare la vita nei sui giusti termini . . . con intuizione sensibile, immaginazione ... la storia registra per noi la vita come è stata vissuta dall'uomo. La sua essenza è per ciò nel fatto concreto, nella molteplice varietà degli eventi che un tempo ebbero luogo nel mondo. Compito dello sto rico è narrarli, ricrearli. Per far ciò è necessario che egli sia un artista. Il processo della ricreazione storica non è essenzialmente diverso da quello del poeta e del romanziere. Tranne che per l'attentissima subordinazione dell'immagi nazione alla verità> 19• Il punto essenziale nella posizione di questo teorico è che l'idea di una storia puramente scientifica non solo è impossibile, ma se anche fosse realizzata lascerebbe quello che è il compito globale della storia incompiuto o incom pleto. Al suo completamento è necessaria la storia lette raria o estetica, intesa non come storia della letteratura e storia dell'arte nel senso abituale, ma piuttosto come uso del metodo letterario e artistico nello scrivere la storia scientifica. Questa nei limiti in cui può essere compiuta, si riferisce all'insieme degli uomini - istituzioni, eventi collet tivi e relazioni causali - ma non raggiunge i e fatti concreti>, le vite individuali, il passato emotivo, l'imprevedibile delle singole persone.
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Un altro storico, George Macaulay Tevelyan, sostiene i diritti della storia scientifica contro quella letteraria, di cendo: e Anche se causa ed effetto potessero essere indi viduati con esattezza, non sarebbero la parte più interes sante delle vicende umane. Non è l'evoluzione dell'uomo, ma le sue realizzazioni che costituiscono la grande .lezione del passato e il più importante argomento della storia. Le azioni in se stesse sono più interessanti delle loro cause e dei loro effetti, e sono, fortunatamente, verificabili con maggiore precisione. L'elaborazione e scientifica> delle te stimonianze ... può stabilire con sufficiente certezza che accaddero quei determinati fatti, che qualcuno fece questa cosa e un· altro disse quell'altra . .. È compito dello sto rico generalizzare ed arguire causa ed effetto, ma ciò va fatto con modestia e non va chiamato e scienza >, nè va ritenuto quale principale dovere che, viceversa, è quello di riferire la storia> 20• La storia scientifica, si può dire inoltre, raccoglie e presenta i fatti, cioè la materia della storia. Ma questi fat ti vanno compresi, interpretati e ordinati, e questo è com pito della storia letteraria. Se gli storici non facessero ciò, allora ogni uomo potrebbe divenire storico di se stesso. I fatti non si auto-riferiscono, ma vanno compresi attraverso l'immaginazione o ri-creati come storia e non visti sem plicemente come una serie di eventi indifferenti. Vi è un ulteriore punto nella teoria della storia soste nuto nell'opera da cui è stato citato il brano precedente. Il termine e storia> ha due significati (che appaiono evi denti anche ad una superficiale meditazione): 1) Storia vis suta, cioè ogni cosa e qualunque cosa accade. 2) Storia scritta, ciò che è conservato nelle parole o nel ricordo per essere avvenuto. I due tipi di storia non sono ·la stessa cosa.
In
primo luogo non possono esserlo perché
la
gran
quantità di eventi vissuti è tale da non poter essere raccon14
tata o contenuta in libri che li documentino o li riferiscano.
Tutto ciò che accade
è storia nel senso (1), ma solo una
piccolissima parte di ciò che accade diviene storia nel senso (2). Inoltre, ciò che diviene storia nel senso (2) non è solo quantitativamente una piccola parte della storia intesa nel senso (1), ma piuttosto una sua parte deliberatamente se lezionata. e Nella maggior parte dei casi,, scrive il prof. Beard, lo storico e compie una selezione parziale o uno stu dio parziale della parziale documentazione della moltitu dine di fatti e di personaggi appartenenti a quella realtà di cui egli si occupa> 21 • La selezione così compiuta tende ad individuare i fatti validi per la storia. Ma le decisioni intese a stabilire quali siano i fatti validi per la storia non sono prese in modo scientifico ma secondo una valutazione di che cosa sia e importante > per la particolare intenzione dello storico o in riferimento a particolari interessi nazio nali. Prima che la storia scientifica cominci ad essere scritta, i fatti di cui si
è occupata scientificamente sono
scelti su basi non-scientifiche. Secondo questo aspetto, deci samente sostenuto, ad esempio, da Carl L. Becker nel suo
Detachment and the Writing of History, i dati da essere interpretati sono prima creati e quindi interpretati. Oppu re potremmo dire, la storia è concepita o tracciata, e suc cessivamente i fatti sono inventati o modificati, secondo quella storia predeterminata. Questa tesi
è in una certa
misura esagerata, ma può servire a mettere in risalto la pretesa egualmente esagerata di considerare la storia una discilina
puramente
oggettiva
e scientifica.
Non
esiste
materia rigorosamente scientifica neanche nella più sem plice forma di registrazione storica, la cronaca, perché an che una cronaca di eventi relativi ad un periodo limitato deve selezionare in base a decisioni soggettive quei fatti ritenuti importanti o sufficientemente interessanti da es sere annotati. Semplicemente, ripeto, non esiste posto o spazio sufficiente per tutto. E gli eventi non si prescelgono o si scartano da soli.
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La teoria della storicità della storia, cioè la teoria se condo cui la storia nel senso di storia scritta è in relazione con i mutamenti di interessi e pregiudica la storia vissuta, può essere interpretata come giudizio che ritenga la storia arte, o più moderatamente si può dire che le due tesi han no analogo significato. È interessante notare che più di un letterato ha sostenuto questa affinità, in alcuni casi anticipando le dichiarazioni professionali dei relativi sto rici. Così, ad esempio, si esprime Walter Pater: « Il vostro - storico, con assoluta buona fede, deve compiere una scelta tra la moltitudine di fatti che egli si presentano, e nella scelta egli afferma qualcosa che appartiene al suo spirito, qualcosa che gli viene non dal mondo esterno, ma da una visione intima. Così Gibbon modella la sua voluminosa materia secondo una intenzione preconcetta. Livio, Tacito, Michelet, muovendosi pieni di acuta sensibilità tra la sto ria del passato, ciascuno secondo il proprio discernimento, apporta variazioni - chi può dire dove e in che misura? che rendono la loro opera diversa da una semplice trascri zione; ciascuno di essi, avendo apportato quelle variazioni, passa nel dominio proprio dell'arte. Poiché proprio nella misura in cui il fine dello scrittore diventa, consciamente o incosciamente, quello di trascrivere, non il mondo, non i puri fatti, ma secondo la propria sensibilità, egli diventa artista e la sua, opera d'arte > 23 • Il romanziere, critico e satirico francese, Anatol Fran ce, esprime un concetto analogo: « Esiste qualcosa che sia storia imparziale? E che cosa è la storia? La rappresenta zione scritta di eventi passati. Ma che cosa è un evento? Un fatto qualsiasi? No! È un fatto notevole. Ora, come fa lo storico a scoprire se un fatto è notevole o no? Lo decide arbitrariamente, secondo il proprio carattere e le proprio idiosincrasie, a suo gusto e fantasia - in una parola come 16 un artista - poiché i fatti non sono divisi da alcuna forte
PIERO DORAZIO - Cercando la MagLiana
e precisa linea naturale in fatti storici e non storici. Un fatto è qualcosa di infinitamente complesso. Lo storico deve presentare i fatti in tutta la loro com plessità? È impossibile. Egli li presenterà privi di quasi tutte le peculiarità individuali che li rendono fatti - defor mati, perciò, e mutilati, diversi da quelli che essi sono in realtà. Che cosa possiamo dire delle connessioni che diversi fatti hanno tra loro? ...> 24,
Uno scetticismo analogo circa la concezione per cui i fatti di storia o le caratteristiche di una civiltà sono chia ramente e semplicemente lì per essere interpretati alla stessa maniera da tutti i competenti e attenti studiosi e interpreti del passato, è espresso anche in una breve osser vazione di Jacob Burckhardt secondo cui « ad ogni occhio, forse, il profilo di una data civiltà presenta una diversa im magine > 25• Suggestivamente, questa visuale della storia insita, in fatto e significato, nello sguardo dell'osservatore e nella mente dell'interprete, è analogo alla tesi estetica soggettiva secondo cui « la bellezza è nello sguardo del più coraggioso>. Che vi sia una affinità fondamentale tra arte e storia nel ritenere per entrambe l'immaginazione quale principio che guida o produce
il raggiungimento di valori umani, è
energicamente ribadito da Jacques Barzan nella seguente affermazione: « La storia studiata come arte liberale .. . è una disciplina artistica, poiché richiede immaginazione con trollata. Insegnare o scrivere storia è quindi un incita mento alla immaginazione>, importante aiuto per e fru strare la cieca ripetizione tanto della natura inanimata, quanto della routine umana> 26• Forse la più estrema versione del giudizio di storia come arte, è quella di Willian Blake
il quale asserisce sem
plicemente e senza riserve, e con intenzione beffarda, che la storia interpretativa è mito o poesia. È falso mito e in gannevole poesia, poiché si spaccia per documentazione di
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fatti e testimonianza di realtà. Oltre alle storie scritte,. Blake sostiene, vi sono i fatti, le azioni. Ma questi sono storia vissuta e perdono la loro realtà quando sono e riferiti> o interpretati. La storia scientifica è una frode o un auto inganno. e Ragionamenti ed opinioni concernenti azioni, non sono storia. Sono storia soltanto le azioni in se stesse, e queste non sono proprietà esclusiva nè di Hume, nè di Gibbon, nè di Voltaire ... > 27• In Blake come in molti altri scrittori di fede relativista riguardo alla storia, vi è anticipazione o consenso per l'in sistenza del moderno esistenzialismo sulla sola realtà della persona individuale, sulla azione unica e sull'evento irri petibile, che rifuggono sempre dalle generalizzazioni scien tifiche e filosofiche. Il fatto unico, persona o azione, può essere compresa nella sua essenza solo nell'opera d'arte, che è anche sempre unica. Nella dottrina del relativismo storico si discute logi camente un'uteriore possibilità. Se la storia vive solo nel l'immaginazione, può essere compresa solo in una metafora, e, secondo la convinzione relat_ivista, compresa solo in una successione di metafore. Ne segue che la storia di una data o supposta serie di eventi è una pluralità di cose sempre nuove. Ma, ci si chiede, cosa accade quando non si tro vano più metafore per ri-immaginare gli eventi in un modo che li renda significanti per l'esperienza presente? La pos sibilità esiste ed è stata formulata. La risposta è chiara: in quel caso la storia si annulla. Un poeta ha fatto pensare ad una tale possibilità dicendo: e Un mondo finisce quando si sono spente le sue metafore> 28• BERTRAM JESSUP
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1 JoHN BAGNELL BuRY, e Histor as a Science, > in Fritz Stem (ed.) The Varieties of History. Cleveland and New York: Meridian Books, 1956, p. 223. ' GEORGE MACAULAY, e Cleo Rediscovered,,. in Fritz Stem, op. cit., p. 234. J. RoGER Fry, Vision and Design. New York: Brentano's n.d., ·p . 1.
R. A. ScoTT-JAMES, The Making of LiteTature. New York: Henry Holt and Company, n.d., p. 254. ' D. TALBOT RrcE, « The History of Art,> in H.P.R. Finberg (ed.) Approaches to Art. Toronto: University of Toronto Press, 1962, p. 173. ' Ibid., p. 161. ' PIETER GEYL, Encounters in History. Cleveland and New York: Meridian Books, 1961, p. 14. cf. The whole essay, e Shakespeare as a Historian: A Fragment. >. ' Ibid., p. 23. • Columbia Encyclopedia, 2nd. edition. New York: Columbia Uni versity Press, 1959, p. 456. 1 • E. H. GOMBRICH, The Stcry of Art. New York, Phaidon Publi shers lnc., 1957, p. 365. 11 M. RosTOVTZEFF, A History of the Ancien World, translated by J. D. Duff. Oxford at the Clarendon Press, 1926, Vol. I, p. 238. 12 Ibid., p. 247. " A.LFRED HARBAGE, As They Liked lt. New York: Macmillan Com pany, 1947, p. 3. " Ibid. " JACQUES BARZUN, e Cultura! History: A Synthesis, � in Fritz Stem, op. cit., p. 393. 16 A. L. RowsE, The Uses of History. London: Holder and Strough ten, 1946, p. 97. cf. lbid., Chapter Four, e History as Scienze and Art.>. 17 Ibidem. 11 CHARLES A. BEARD, e Historical Relativism, > in Fritz Stem, op. cit., p. 234. " A. L. RowsE, in Fritz Stem, op. cit., pp. 111-112. ,. TIIEVELYAN, in Fritz Stem, op. cit., p. 233. 21 C. A. BEARD, in Stern, Ibid., p. 324. 22 CF. CARL L. BECKER, Detc.chment and the Writing of History. u In Appreciations, With and Essay on Style, London: Macmillen, 1924, pp. 9-10. " Anatole France, The Garden of Epicurus, Translated by Al fred Allinson. New York: Dodd, Mead and Company, 1922, pp. 123-124. " JACOB BURKHARDT, The Civilization of the Renaissance in Itc.ly. New York: Oxford University Press, p. 1. " JACQUES BARZAN, e History as a Liberal Art,> Journal of the History of Ideas, Vol. VI, (1945), p. 88. " Quoted by Mark Schorer in William Blake, The Politics of Vi sion. New York: Vintage Books, Random House, 1959, p. 90. 21 Archibald MacLeish, e Hypocrite Auteur, > Collected Poems 1917-1952. Boston: Houghton Milllin Company, 1952, p. 173.
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Artisticità dei mass media
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Da qualche tempo i mezzi di comunicazione di massa non riguardano più solo i sociologi ma sono oggetto di studio di varie discipline, dalla politica alla semiologia, dalla teoria dell'informazione all'estetica ecc. Nessuno si nasconde che il nodo principale dell'arte moderna, almeno della sua notevole componente sociologica, è dato proprio dal rap porto coi mass media e reciprocamente il rinnovarsi di questi, il loro esprimere una condizione del costume con temporaneo, dipende dalle esperienze dell'arte d'oggi. Que sta relazione è stata in gran parte malintesa: gli artisti han no generalmente utilizzato alcune manifestazioni dei mez zi di massa per rappresentare una tranche de vie, una cita zione della realtà odierna, per farne ancora un quadro tradizionale;· gli elaboratori di mass media, dal canto loro, attingono con la più eclettica indifferenza alle forme del l'arte contemporanea per ogni sorta di manipolazioni. Pro cedendo in tal modo, l'arte rimane incomunicativa, perché non perde il suo peculiare intellettualismo, i mass media si caricano di un ridondante decorativismo che spesso sna tura la loro funzione. Ma prima di definire un nuovo proficuo rapporto tra le suddette esperienze, che in questa sede
possiamo indicare solo come esigenza, è necessario chia rire alcuni criteri idonei ad agevolare una loro più utile relazione. Anzitutto sarebbe auspicabile una estensione dell'at tuale nozione di mass media, che ora, in un elenco non condiviso da tutti gli esperti, comprende i mezzi più di versi: i giornali, la radio, la televisione, il cinema ecc. Con quale criterio si effettuano le inclusioni delle varie specialità in questo elenco? Seguendo una distinzione fra i « canali > e i « programmi > di comunicazione, ossia per es. fra il cinema e i films, fra la stampa e il tale giornale, fra la radio-tv ed i reali programmi ecc., si sarebbe indotti a considerare mass media quei fenomeni che si diffondono attraverso un apparato tecnologico, «i canali>, spesso di recente formazione. Ma allora il campo andrebbe assai am pliato. Se dipende dal sistema produttivo tecnico-industria le, perché escludere dall'elenco il design, l'architettura urbanistica, le stesse arti figurative, il cui successo è ormai sancito dal loro diffondersi in sempre più perfette ripro duzioni meccaniche? Probabilmente la mancata inclusione di queste esperienze è dovuta al carattere e non comunica tivo> di esse, che a�solvono principalmente funzioni diverse da quella referenziale. Ma questo criterio non è stato smen tito dalla semiologia che dimostra in qualunque sistema di segni una componente comunicativa, un processo di signi ficazione? Un altro criterio per la definizione dei mass media, che nasce dalla constatazione empirica di chiamare in tal modo solo quei mezzi più largamente usati dalle masse, si risolve in sostanza con un giudizio di valore. Solo gli aspetti più popolari, ossia quelli ritenuti più scadenti, rientrerebbero nel nostro elenco, donde la distinzione fra una letteratura colta e una popolare, fra un cinema da amatori e uno di nor male consumo, fra il giornale «serio> e quello a fumetti, ecc. Ma allora perché l'evidente parte di vero che contiene 21
questo criterio si limita solo �i vecchi ccanali> e non si ap plica ai nuovi, specie radio e televisione che sono ritenuti senz'altro emittenti d'informazioni e trattenimenti per le ·masse? Dalle semplici constatazioni suddette, che potrebbero estendersi a piacere, risulta che sia il criterio tecnologico, sia quello comunicativo, sia quello qualitativo non bastano a definire completamente la differenza che passa tra i mezzi di massa e gli altri aventi una diversa tradizione e feno menologia. Questi ultimi poi non sembrano avere una tale stabilità che eviti la loro ccaduta, nel novero dei mass
media. Pertanto la definizione cercata, non potendo rispondere ad un solo criterio, deve essere la più inclusiva possibile e ricavabile criticamente nell'ambito della storicità di ciascun periodo. Dire ciò non significa assistere sdegnosi ed inermi alla probabile massificazione di tutti i mezzi nell'attuale mo mento storico, nè considerarli solo cmezzi>, ma connetterli anche coi fini nobili o indegni che la società attuale, in modo più o meno consapevole, persegue. Per i mass media vale in gran parte quello che si dice per i prodotti tecnologici:
I ritrovati della . tecnica non sono neutri e indif ferenti, strumenti possibili del bene e del male. Nella cattiveria dei loro difetti, riproducono quella della loro origine. Con ciò non si vuole escludere la possibilità di un • mutamento di funzione » (che è il problema capitale di una critica progressiva), ma si vuol attirare l'attenzione sullo stretto rapporto che intercorre tra il ritrovato tecnico e la sua funzione sociale, che lo predetermina nella sua costituzione oggettiva. Lo strumento contiene in sé - nel la struttura immanente - il cattivo fine a cui lo si ado pera. Occorre diffidare di un certo ottimismo a buon mer . cato, che si spaccia per illuminismo, e che, sulla base della 22 neutralità dello strumento, fa dipendere ogni cosa dalla
buona volontà di chi se ne serve. Nulla, purtroppo, è neu trale, per la semplice ragione che è un prodotto dell'uo mo 1. Convinti che i mezzi di comunicazione di massa non sono solo dei mezzi, studiamo la loro struttura immanente in vista di un loro cambiamento di funzione. Ma tale proposito ri mane generico se non adoperiamo tutti gli strumenti a nostra disposizione per specificare questa cultura che, volenti o nolenti, viene proposta dai mezzi di comunicazione di massa. Abbiamo detto della necessità di estendere tale no zione a tutti i possibili campi fruibili dalla maggioranza delle persone; estensione utile per riproporre l'intero pro blema su un unico piano sociologico-culturale che, evitando le esclusive e settoriali angolazioni, serva soprattutto ad inglobare in una visione unitaria gli approcci al problema di varia natura economica, critica, estetica, semiologica ecc., ognuno dei quali corrispondente ad una componente dei mass media. Ma di che tipo sarà l'aspetto estetico di questi mezzi? Ossia come farà la categoria estetica ad essere una parte di questo piano socio-culturale, quando nel caso dello studio e del giudizio dell'arte è proprio l'estetica ad inglo bare le componenti sociologiche e culturali? Evidentemente nel farsi parte del sistema indicato, l'estetica si comporterà in maniera diversa da quando tratta specificamente dell'arte, sacrificando il suo ruolo di regia a questo necessario com pito interdisciplinare. Torna utile a questo punto una distin zione, non certo sufficiente ma assai necessaria alla defi nizione del nostro problema: in vari sistemi di estetica e con nomi diversi, è presente, accanto alla nozione di arte, quella relativa ad un certo modo di operare che implicando il gusto, il talento, l'uso appropriato di determinare for me ecc. costituisce un parallelo della vera e propria espe rienza artistica. La più recente formulazione della suddetta dicotomia è quella proposta da Pareyson, che abbiamo già ricordato in un'altra rassegna.
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Io credo che bisogna mettere ogni cura - egli scri ve - a non confondere l'artisticità generica che si esten de a tutta quanta l'esperienza e l'operosità umana, e l'arte vera e propria, cioè l'arte specifica degli artisti. Egli indica inoltre la differenza tra l'artisticità inerente all'operosità umana e l'arte emergente dalla vita umana, aggiungendo che la prima è naturalmente disposta all'aspi razione e all'imitazione, la seconda a fungere da norma e modello 2• Il contrasto che questa nozione di artisticità implica rispetto a idee diffuse e divenute ormai quasi degli ste reotipi correnti della tradizione culturale europea, presenta - proprio per ciò che riguarda lo stuclio dei mezzi di comunicazione di massa - interessanti ar.alogie con le pro fonde differenze di atteggiamento e d'interessi, esistenti tra la Wissenssoziologie (sociologia della conoscenza) europea e le ricerche, per lo più statunitensi, dedicate al tema dei mass media 3• È interessante, a questo proposito, un'osser vazione di Robert K. Merton: Se la corrente americana è interessata .;n primo luo go all'opinione pubblica, alle opinioni della massa, a ciò che si definisce • cultura popolare », la corrente europea indirizza la propria attenzione verso dottrine più esoteri che, su quei complessi sistemi di conoscenza che assumono nuova forma e spesso si alterano passando nella cultura popolare. Queste differenze di attenzione comportano al tre differenze: la corrente europea, interessandoi-i alla co noscenza, tratta in modo specifico con la élite inlellettuale; la corrente americana, interessata . all'opinione comune, tratta con la massa (...) L'una pone l'accento sulle rela zioni che sussistono logicamente, l'altra sulle relazioni che sussistono empiricamente... •· Tralasciando ora le valutazioni critiche di Merton sul l'uno e l'altro filone di ricerca, vorremmo sottolineare due 24 aspetti della problematica socio-culturale alla quale egli si
riferisce, al fine di trarne alcune considerazioni utili al discorso che andiamo conducendo. In primo luogo, è interessante notare come anche qui - cioè all'interno d'una discussione eminentemente so ciologica - emerga la distinzione fondamentale tra inte ressi rivolti prevalentemente - per così dire - ai valori emergenti, intendendo come tali le opere situabili all'inter no di una struttura totale della conoscenza, accessibili a pochi, da un lato, e dall'altra gli interessi rivolti ad indagare l'insieme delle idee e degli atteggiamenti che si manife stano empiricamente, come risultato dell'azione di un certo numero di meccanismi sociali di ricezione, di selezione, e di parziale rielaborazione di frammenti dei modelli cultu rali circolanti. Il primo atteggiamento - come osserva Merton, richia mandoci alla mente esempi più vicini a noi, quale l'opera di Croce o un certo marxismo - contiene in sé l'implica cazione d'una corrispondenza relativamente stretta tra le credenze di pochi letterati, e le loro impressioni sulle cre denze degli altri, da un lato, e le credenze e atteggiamenti reali della popolazione (per non dir nulla dei differenti strati della popolazione stessa) dall'altro. Si assume, per dir la in breve, che i primi siano i veri interpreti autorizzati della seconda. Il secondo atteggiamento, quello empirico, sia pure fi nora con molte limitazioni pratiche, sembra implicare in vece
·n
rovesciamento di tale schema, per suggerire l'idea
d'una struttura culturale fondamentale, dotata di meccani smi propri, di sviluppo e di interazione, sulla quale neces sariamente s'innestano, .in misura e con collocazioni e in tenzioni varie, le produzioni culturali «ufficiali> - inse rendosi all'atto della nascita nel tessuto di rapporti interat tivi che quella ·struttura comporta. A questa diversa impostazione del problema di fondo sono connesse - ed è un altro punto che ci interessava
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mettere in rilievo - due diverse definizioni del fenomeno che va generalmente sotto il nome di c:cultura popolare>, e che comprende, tra le varie sezioni di cui è composto, an che « l'arte popolare >. È sufficiente - per fare riferimento ad un esempio che ci suoni più familiare - scorrere con un po' di atten zione gli atti del XV Convegno Internazionale Artisti, Cri tici e Studiosi d'Arte, tenutosi a Verucchio lo scorso set tembre sul tema e: Arte popolare contemporanea >, per ve der emergere, in tutta la loro portata, quelle due defini zioni. Giulio Carlo Argan, nella relazione introduttiva 4, espri me con estrema chiarezza una delle posizioni in gioco, pro babilmente la più diffusa e, certamente, ci sia consentito dirlo, la più orecchiabile nell'ambito della cosiddetta tra dizione umanistica: In città o in campagna il popolano ces sa di praticare le tecniche artigianali quando cessa di es sere un contadino e diventa un operaio. L'operaio è popolo ma non fa arte popolare perché è integrato in un sistema economico e produttivo che separa nettamente, e non am mette confusioni, la fase della ideazione da quella della esecuzione. (...) Ma non è la macchina che inibisce ogni possibilità d'intervento inventivo o di variante: è che, quando l'operaio e la macchina entrano in azione, l'opera zione ideativa è già conclusa, a livello di progetto. ( ... ) :t vero che la ripetizione in serie non degrada l'originale ( che, in realtà, non esiste più); ma non lo • popolarizza •, non lo adatta alle richieste di una società vivente, diffe renziata, cointeressata. L'idea che sembra stare alla base di queste rifles sioni è quella dell'esistenza, nel passato pre-industriale, di due sfere culturali che - pur facendo riferimento a modelli originari comuni - godevano poi di un'autonomia 26
interna quasi assoluta: · Tanto l'operatore raffinato quanto quello più rozzo rendevano fruibile il valore originario del
modello a livelli culturali diversi; e alla riduzione qualita tiva corrispondeva l'estensione quantitativa. In tal modo, la situazione viene configurata come coesistenza, all'interno d'un medesimo sistema sociale, di almeno due variabili o sfere culturali, autonome sebbene dotate d'un quadro di ri ferimento in parte comune, e perciò anche in grado di di sporre ciascuna di un proprio apparato di simboli, di tec •niche, di stereotipi, di strumenti, in breve di un proprio linguaggio e di una propria tradizione espressiva. Ad una di queste sfere apparterrebbe l'arte popolare, l'artigianato rurale, i cui veri valori estetici sono da cer care nella configurazione dei villaggi, nella forma delle case, della suppellettile domestica e degli strumenti di la voro... Dal punto di vista sociologico e/o etnologico, come da quello storiografico, i risultati delle ricerche più recenti ci paiono relegare nel campo dei miti (specificamente ro mantici) una visione dell'integrazione comunitaria e dei rapporti tra cultura contadina e culturale della società più vasta, quale quella che traspare sotto queste poche ci tazioni. Al riguardo, non si può non ricordare qui la critica rivolta
dall'antropologo
americano Oscar Lewis ad uno
studio di Redfield su di una comunità messicana: L'im pressione data dallo studio è quella di una società locale relativamente omogenea, isolata, ben integrata, ben funzio nante, dotata d'una propria cultura. Quest'immagine del villaggio nasconde, sotto lo splendore d'un rilucente smalto roussoiano, l'evidenza della frattura, della crudeltà, della · violenza, della sofferenza, della disgregazione, della subor, dinazione completa a decisioni prese altrove 5•
E lo stesso Redfield, in risposta a questa ed altre cri tiche, dovette più tardi ammettere, più equilibratamente, che:· la cultura di una comunità contadina non è auto noma: essa è un aspetto, una dimensione, della civiltà di
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cui è parte (...) Ad esempio, noi scopriamo.che per mante nersi viva la cultura contadina richiede una continua co municazione, a livello di comunità locale, del pensiero esterno 6• La negazione dell'autonomia di una cultura contadina e popolare in genere è condivisa da più di uno studioso di storia dell'arte. Proprio al Convegno di Verucchio è stato citato in proposito un significativo brano di Berenson: Io non ho mai veduto un lavoro di arte visiva popolare che non fosse la copia di una copia di una copia di un qual cosa di professionale o di classico che, dopo aver sofferto le successive degradazioni introdottevi dai vari copiatori insieme con l'originalità dell'incompetenza, aveva raggiun to, nell'o�getto in esame, la puerile, infantile espressione dell'anima delle masse. Lo stesso scetticismo sull'autonomia popolare non solo del fare ma anche del fruire l'opera artistica si ritrova in Hauser: Ci si appassionava davvero • in alto e in basso" agli avvenimenti artistici, era proprio • tutta Firenze • che si agitava per il progetto della cupola del duomo? Era pro prio • un avvenimento per tutto il popolo • il compimento di un'opera d'arte ? Di quali ceti si componeva « tutto il popolo • ? Anche dei proletari affamati? Non è molto vero simile. Anche dei piccoli borghesi ? Forse. Ma, in ogni modo, l'interesse dei più per le cose dell'arte doveva essere più che altro religioso e campanilistico 7• Così, conducendo ancor più a fondo l'analisi, in pole mica con l'uso di modelli che stabiliscono una continuità tra i due termini e folle society > e e urban society >, i poli di partenza e di arrivo di un processo storico irreversi bile, Sidney Mintz può affermare addirittura, in rapporto ad un villaggio rurale, che le medesime forze che hanno fatto assumere alla comunità rurale proletaria un assetto inaspettatamente assai vicino al modello ideale di • folle 28 society •, sono le stesse che - attraverso operazioni econo-
miche razionalizzate o, secondo il linguaggio di Sambast, di capitalismo avanzato - l'hanno resa più urbana 8• Di fronte a queste e alle molte altre prese di posi zione che si potrebbero citare appare un po' difficile non rilevare il carattere nettamente ideologico e fortemente equi voco della distinzione tra arte popolare autonoma del pas sato e cultura di massa completamente subordinata del presente. È proprio questo che rileva la relazione di A. M. Cirese al Convegno di Verucchio: La nozione di arte popolare è strettamente correlativa alla nozione di arte colta, e ancora oggi la correlazione non è in genere neutra o neutrale, ma invece valutativa. ( ... ) Si tratta sempre di un'opera zione di valutazione, e dunque di una operazione che non può non essere in qualche misura a-dialettica, centrica, esclusivistica, in una parola ideologica nel senso più spe cifico del termine O• Passando dunque ad affrontare direttamente il pro blema del rapporto tra e arte popolare > e mass ·media, tro viamo questo giudizio di Argan che ci sembra una peti zione di principio: Il pericolo che incombe su una società industrializzata è la massificazione, la fine delle autonomie individuali; ma finché l'individuo non si disgrega non può esservi massa, finché non c'è massa c'è popolo, cioè una società articolata, il cui movimento è determinato dalle risultanti delle forze individuali che agiscono solidalmente nel campo. È chiaro che l'introduzione di questo assunto nel di scorso di Argan ha l'effetto di squalificare il fenomeno dei mass-media, che · in sostanza renderebbero inespressa una energia creativa latente dei ceti popolari. Nel conte sto dell'organizzazione industriale urbana il popolo dovreb be esercitare la sua azione direttiva mediante le sue scelte; ma la capacità di scelta viene paralizzata all'origine ( ... ) con la distruzione sistematica della personalità mediante i
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famosi mass media e l'impiego coatto del tempo libero. Dato che la domanda influisce sulla produzione, e si vuole che la produzione sia di massa, si fa in modo che la domanda non sia di popolo ma di massa. Ma oltre al discordare dall'impostazione « ideologica > di una tale posizione, il punto che abbiamo fretta di rag giungere è che ci sembra inutile tirare questa volta in ballo l'ambiguo problema dell'arte popolare per scredi tare i mass media, impedendoci così l'unica operazione cri tica reale: quella cioè di cogliere gli eventuali significati che stanno sotto le « negative > apparenze, e di compiere il tentativo di agire su di essi. Per ciò che riguarda la pars destruens di questi problemi, d'altra parte, difficil mente sarebbe possibile dire di più di quanto già altri abbia fatto: un certo filone della sociologia e psicologia sociale tedesca che si richiama in modo particolare alle opere di studiosi quali Horkheimer e Adorno. Ancora in tema di arte popolare, ci sembra abbastan za chiarificatore il dubbio espresso da A. M. Cirese, il quale ritiene equivoco e inappropriato non solo l'aggettivo e popolare >, ma lo stesso sostantivo « arte > : È davvero legittima l'operazione (...) di trasferire il sostantivo (e tutte le sue implicazioni) da un contesto storico-culturale ad un altro, ritenendo che esso rimanga sostanzialmente im mutato? In verità l'esperienza meno superficiale delle co siddette arti primitive (voglio dire della preistoria) e di quelle etnologiche (o se preferite dei selvaggi), ci fa in genere più cauti in questi trasferimenti. Sappiamo ormai abbastanza bene che sulle grandi distanze storiche cam biano non solo gli ideali specifici delle arti ( ...) ma anche la collocazione e la funzione socio-culturale di quella che diciamo arte (o poesia e simili). Può darsi che una indagine così fatta porti in luce nel campo dei prodotti figurativi (...) quel che si è già abba30 stanza chiaramente rivelato nel campo delle forme poe-
tiche. E cioè la riconoscibilità di sistemi, di logiche soggia centi, (la sottolineatura è nostra), o, se si vuole abusare ancora di una parola abusatissima, di strutture. Può darsi insomma che ci si avveda che come non ha senso applicare alla poesia popolare l'analisi storiografica che dirò individuante, e cioè che ricerca i fenomeni irri petibili, unici, emergenti dalla media, e significativi ap punto nella loro individuale irripetibilità, così anche nel campo dell'arte popolare l'indagine, per trovare fatti si gnificativi, debba rivolgersi al ripetuto e al ripetibile, e alle norme che regolano questa ripetibilità. Se non andiamo errati, questo contributo proveniente dalla antropologia culturale ci sembra confermare l'ipotesi, formulata sopra, che il piano di studio critico-estetico dei mass media non sia quello che riguarda specificamente la nozione di arte, ma piuttosto quella di artisticità, il cui carattere inerente si addice in modo particolare a .quel « ripetuto e ripetibile > indicato da Cirese. I mass media non sono quindi l'arte del popolo, perché il popolo, divenuto proletario industriale, ha un compito diverso da quello artigianale, ma sono certamente, se non l'arte, dei beni di consumo popolare, alla cui elaborazione partecipano sempre più attivamente i consumatori. Il piano d'incontro tra gruppi decisionali e massa di utenti può trovarsi grazie alla nozione di immaginario col lettivo proposta da Barthes e da altri studiosi. Ognuno come può, indipendentemente dai regimi politici e dalle ideologie, cerca di imporre l'interesse del gruppo a cui appartiene, ma è chiaro che la domanda e l'offerta dei beni di consumo corrisponde ormai ad un processo dialettico i cui termini appartengono a questo codice dell'im maginario collettivo, in gran parte elaborato dal gusto e dalla fantasia popolare, e anche questa volta non in ma niera completamente autonoma, poiché sono spesso ricono scibili in quel codice i segni dell'arte d'oggi senza aggettivi.
3:
Ma che cos'è questo immaginario collettivo? Non c'è dubbio che l'espressione contenga una certa ambiguità, co me la gran parte degli assunti della cultura critica contem poranea, alla quale ripugna la staticità della norma e l'in discutibilità del dogma. Ma, all'interno del nostro problema,
l'immaginario collettivo ci sembra denotare una fluida riser va di idee, di intenzioni, di desideri, di moti del gusto. In esso si possono ravvisare i significati, la logica soggiacente, la struttura stessa dei
mass media.
Ed è proprio in riferimento a tale nostra interpretazione dell'immaginario collettivo che ci sembra monco il discorso, per altri versi assai stimolante, condotto da R. Estiva!. Se condo questo autore vi sarebbero due forme essenziali d'arte
spontanea, che comprende il folklore e la letteratura populistica, l'altra activiste, che mira ad agire
popolare: l'una sulle masse.
Questo secondo tipo
tende a spodestare il primo; pre
suppone un'organizzazione razionale; studia i bisogni e i desideri della massa; forma quadri tecnici idonei ad assol vere tale compito. Quest'arte - dice Estivai - sembra aver assunto sto ricamente due forme: a) l'arte activiste politica, creata inizialmente dai partiti socialisti, si sviluppa nel quadro della moderna società socialista, tanto per fini economici (URSS), quanto militari (arte anti-americana in Cina). Questa forma d'espressione è stata anche utilizzata nella società occidentale dal fascismo e dal nazional-socialismo. b) l'arte activiste economica si sviluppa particolarmente nella società occidentale. La pubblicità e l'estetica indu striale ne sono manifestazioni sia a livello di vendita sia di creazione dei prodotti. Sembra che oggi in molti paesi �i compia uno sforzo volto a rinverdire le sue possibilità mediante le scoperte di ricercatori universitari. La teoria dell'informazione è una delle sue manifestazioni a livello 32
filosofico-scientifico 10•
AUGUSTO PEREZ - Grande specchio
Pur nel suo carattere a-valutativo, anche questo schema implica la considerazione puramente strumentale dell'arte popolare in genere e dei mass media in particolare, che risul terebbero qui manovrati ora da un gruppo di potere politico, ora da uno economico; non si tiene in tal modo conto del fatto, che riteniamo più significativo, ossia dell'esistenza d'una struttura latente, della presenza dell'immaginario col lettivo nei mezzi di comunicazione
di massa.
A conclusione di questo discorso sull'arte popolare, tema in sé discutibile e comunque da ridimensionare, ci sembra legittimo dire che, nelle accezioni particolari dell'aggettivo e del sostantivo che abbiamo specificate, la nozione di arte popolare venga oggi completamente inglobata da quella di mass media. Del resto - come ricorda opportunamente Dorfles -
R. Banham identifica industrial design e arte popolare, definita in un celebre saggio di Fiedler « pop art •, quando ancora questa espressione non aveva assunto il significato attuale, d'una pru:ticolare branca pittorica. L'intolleranza verso i mass media e l'incapacità di co glierne i valori latenti dimostrano
il fallimento, sul piano
della prassi, di tutto uno schema ideologico condiviso dalla gran parte degli intellettuali
di estrazione illuministica.
Ammessa la funzione eminentemente comunicativa dei mass media, tale comunicazione non può restare senza ri sposta; da ciò deriva la constatazione - confortata dall'espe rienza - del comune e reciproco condizionamento, a livello culturale, dei gruppi decisionali e della massa degli utenti, che in tale processo interattivo impegnano la propria energia pragmatica e fantastica. Il processo comune fa capo a quell'immaginario collettivo che abbiamo definito come l'insieme dei significati, la struttura stessa dei mass media; la presenza e
il valore di
questa riconduce - sia pure da una diversa angolazione all'idea
di Solmi, citata all'inizio di questo scritto, che i
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mezzi della moderna tecnologica non sono semplici mezzi, nè fenomeni neutrali, ma contengono in sé - nella struttura immanente - i fini buoni o cattivi per i quali vengono utilizzati. Concordando con l'analisi così impostata, il nucleo del problema dei mezzi di comunicazione di massa, il rapporto di essi con l'arte, e tutte le relative implicazioni sociologi che, sono ritrovabili all'interno dell'immaginario collettivo. Il compito, non certo facile, della critica che voglia im pegnarsi per un e mutamento di funzione > dovrebbe quindi essere quello di conoscere, penetrare, esplicitare questo cam po, coglierne i significati, ricavarne un possibile codice che favorisca la partecipazione di tutti. a C'UTa di RENATO DE FUSCO e GIOVANNI MOTTURA 1 R. SoLMI, introduzione a T.W. AooRNo, Minima moralia, Einaudi, Torino 1954 pp. XLI, XLII. 2 L. PAREYSON, I teorici dell'Ersatz in e De Homine :& nn. 5-6. Cfr. dello stesso autore Estetica, teoria della formatività, Zanichelli, Bo logna 1960, pp. 47 e sgg. 3 Cfr. R. K. MERTON, Social Theory and Social Structure, The Free Press, Glencoe, Illinois, 1957, parte terza, pp. 624-625. ' G. C. ARcAN, Arte popolare come arte moderna in Atti del XV Convegno Internazionale di Verucchio. ' O. LE,vis, Life in a Mexican Village: Tepotzlan Restudied, Un. of Illinois Press, 1951, pp. 428-29. 6 R. REDFIELD, Peasant Society and Culture: an Anthropological Approach to Civilization; Chicago 1956, pp. 68-69. ' A. HAusER, Storia Sociale dell'arte vol. II, Einaudi, Torino, 1956 pp. 78-79. • S. MINTZ, The Folk-Urban Continuum and the Rural Prole tarian Community in e The American Joumal of Sociology > LIX, 2, 1952-1953. ' A. M. CmEsE, Per una nozione scientifica di arte popolare in Atti del XV Convegno di Verucchio. •• R. EsnvAL L'art populaire phénomène de superstrncture intel lectuelle et seul art de l'avenir, in Atti del XV Convegno di Verucchio.
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Il design scientifico di Alexander
Nel campo della ricerca teorica e metodologica ap licata all'architettura e all'urbanistica, intese, almeno ten denzialmente, come discipline scientifiche 1, i contributi di carattere globale sono ancora molto limitati, o forse addi rittura inesistenti. Da ciò deriva uno dei principali motivi di interesse della ricerca che Cristopher Alexander va conducendo in questi ultimi anni e che, pur riguardando in modo spe cifico il campo della metodologia della progettazione e della sua formalizzazione in termini matematici, si basa su una serie di concetti ascrivibili, nel loro insieme, al campo della teoria. In queste note analizzeremo alcuni aspetti di questa ricerca, della quale è necessario chiarire in via preliminare l'impostazione generale e gli obiettivi di fondo, che possono apparire, a prima vista, di stretta derivazione razionalista. Vedremo, invece, che le formulazioni di Alexander a livello teorico tendono a superare - o, meglio, ad aggiornare - la problemativa, i concetti e l'atteggiamento del razionalismo nei confronti dell'architettura e dell'urbanistica; e ciò non sol tanto nella sua schematica osservazione che in nessun senso la funzione è in grado di determinare la forma: ad ogni
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problema funzionale corrispondono, generalmente, molte soluzioni di forma 2, ma per una impostazione strettamente razionale del problema della progettazione: mettere insie me particolari sparsi sotto una sola Idea, in modo che cia scuno possa capire di che cosa si stia parlando... Suddivi dere l'Idea in parti, in corrispondenza dei punti di giun tura, secondo le indicazioni della natura, senza strappare ogni parte in due, come un tagliatore maldestro 8• La razionalizzazione del design, tema di fondo della rfoerca di Alexander, si impernia sulla precisazione del con cetto di forma; questa, infatti, rappresenta l'oggetto finale del processo di progettazione, ed il campo stesso del nostro intervento. Riferendosi a D'Arcy Thompson ed agli studi di genetica, egli definisce la forma come diagramma di for ze che compensano le irregolarità di un campo. La ragione per cui una limatura di ferro, posta in un campo magnetico, si dispone secondo uno schema - o, come diciamo, assume una forma - è che il campo in cui essa si trova non è omogeneo. Se il mondo fosse totalmente regolare ed omogeneo, non vi sarebbero forze, né forme 4• Intesa in tal senso, ossia come risultato dell'interazione di un certo numero di forze, 1� forma individua, nel suo stesso rendersi concreta, un momento di equilibrio dina mico e, quindi, esiste solo se è conforme a leggi fisiche e matematiche. La forma e le sue trasformazioni possono essere descritte come dovute all'azione di forze�. Il che si gnifica che, indipendentemente dall'apparenza dell'oggetto, è sempre possibile, in termini teorici, individuare da una forma un sistema di forze e, viceversa, dal sistema dj. forze è possibile individuare la forma dell'oggetto. A livello urbanistico, architettonico o di design, il si stema di forze è individuato dal e contesto> 8• La forma è quella parte del mondo sulla quale noi abbiamo possibilità di controllo, e che decidiamo di modificare... Il contesto è quella parte del mondo che pone le sue esigenze alla for-
ma. Tutto ciò che pone le sue esigenze alla forma è contesto 7• I Forma e contesto costituiscono la e realtà >, che può essere intesa come un e sistema di relazioni >, ossia come una intersezione complessa di un numero estremamente elevato di relazioni semplici tra individui e gruppi sociali, e le e forme> della realtà fisica. In termini estremamente ampi, queste relazioni, che includono anche quelle percet tive, si possono definire come relazioni funzionali 8• In una realtà intesa in tal senso, la città, come luogo in cui il sistema di relazioni e funzionali > trova la sua espressione massima e più complessa, richiede che la pro pria struttura trovi un'espressione altrettanto complessa. E questa non si realizza certamente negli schemi gerarchici semplici sui quali si basano tutte le nostre e città artificiali >. La caratteristica principale di esse è di essere costituita da un certo numero di unità, individuate in modo univoco e definite in modo rigido, collegate tra loro, da un sistema esterno ad esse, in una nuova unità a sua volta collegata con altre unità simili, da un sistema esterno, in una unità più grande. Un'organizzazione del genere è rintracciabile in tutte le città progettate ex novo e nei nuovi piani per le vecchie città, dalle proposte utopistiche, siano esse di deri vazione razionalista o organica, al piano di Abercombie per la grande Londra o a quello di Kenzo Tange per Tokio. Anche la città di Paolo Soleri, la cui forma • organica • ci porta a credere che essa sia una struttura più ricca de gli schematici esempi razionalisti, è basata sullo stesso tipo organizzativo. Il centro della città, ad esempio, è diviso in una università ed un quartiere residenziale, il quale è a sua volta suddiviso in un certo numero di villaggi per 4.000 abitanti, ciascuno dei quali è suddiviso ulteriormente, e circondato da gruppi di unità residenziali ancora più pic cole. La sua struttura è un albero 9•
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Nello stesso modo, il piano di Tange consiste in una se rie di anelli (maglie del sistema viario) che si stendono sulla baia di Tokio. Quattro anelli principali contengono, ciascuno, tre anelli di dimensione intermedia. Nel secondo degli anelli principali, uno degli anelli in termedi contiene la stazione e un altro il porto. Tutti gli altri, invece, contengono tre anelli minori, unità residenziali, eccetto il terzo anello principale, che contiene un anello destinato agli uffici amministrativi e un altro destinato alle direzioni delle industrie. La struttura è un albero • 10•
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Coerentemente con la perfetta teorizzazione della idea di città formulata dai razionalisti, ogni elemento unitario, in queste strutture semplici e schematiche, rappresenta la traduzione, in termini fisici, definita ed immodificabile, di un complesso di relazioni umane. Ma la ricchezza e la complessità di una città viva non corrispondono certo a questa semplicità concettuale 11• La città, invece, è un organismo articolato e dina mico che si manifesta attraverso fenomeni che ne modifi cano continuamente il sistema di relazioni. La sua struttura, come quella della nostra società, è estremamente più com plessa e raffinata della semplice gerarchia individuata dai razionalisti. La struttura ipotizzata da Alexander consente qualsiasi tipo di aggregazione e sovrapposizione degli elementi che la costituisconò 12• Ciascuna unità, formata da un gruppo di' elementi, può sovrapporsi ad altre unità e l'area di sovrap posizione, a sua volta, può assumere il ruolo di « unità > ed avere una sua fisionomia. Ogni elemento della città può appartenere, contemporaneamente, ad un numero comun que grande di unità che si sovrappongono. Tutte le vecchie città sono articolate su questa struttura, ma non rispon dono alle nostre esigenze soltanto perché sono nate per assolvere esigenze completamente diverse.
Del modo in cui questa città complessa si rende con creta Alexander fornisce solo un esempio sommario, ancora a livello di schema. Tuttavia, in termini concettuali, esso fornisce un'alternativa precisa alla città razionalista, e va quindi inteso come un'utile indicazione per una nuova direzione di ricerca. In modo coerente con queste impostazioni viene defi nita, in sede teorica, la progettazione come processo logico di determinazione di una forma che assolva le esigenze del contesto e come invenzione di elementi fisici che de terminano un nuovo ordine fisico, un'organizzazione, una forma, che risponda alla funzione 12 , dove questi termini sono da intendersi nelle accezioni precisate sopra. Da una parte, quindi, viene riconosciuto al progetto un momento «creativo>, dall'altra viene individuata l'esigenza di un approccio scientifico che consenta la costruzione di una struttura logica sulla quale basare il momento stesso della. invenzione. Ammessa la contemporaneità e la necessità di entrambi, Alexander, riflettendo un'esigenza ormai molto diffusa, afferma l'impossibilità del progettista contempora neo, di cogliere intuitivamente la fitta rete di relazioni che· sottende il problema da risolvere e la necessità di appro fondire al massimo l'aspetto analitico di tali relazioni. L'analisi dei problemi del design non è assolutamente possibile in termini intuitivo-naturali. Un grosso precon cetto dei progettisti rigu arda l'aspetto deleterio dell'analisi sulle loro capacità intuitive ... Non è difficile capire perché l'introduzione della ma tematica nella progettazione può rendere inquieti i pro gettisti. La matematica, nell'accezione corrente, si occupa di grandezze. Il progettista riconosce, e ciò è vero, che il calcolo di grandezze ha soltanto un'utilità limitata nella invenzione di forme, ed è quindi naturalmente scettico sulla possibilità di basare il design su metodi matematici. Ma ciò che egli non realizza, comunque, è che la ma- 39
tematica moderna si occupa di questioni di ordine e di relazioni almeno quanto di problemi di grandezza. Ed anche se questo tipo di matematica può essere uno strumento limitato per prevedere la natura fisica della forma, esso diventa molto utile se impiegato per esplorare l'ordine concettuale e lo schema che un problema presenta al progettista 13• Tralasciando l'analisi del momento intuitivo, pertanto, che comprende anche la definizione linguistica della forma, la ricerca di Alexander tende all'approfondimento della fase logica e razionale di questa. Il momento conclusivo della progettazione è la forma. Ma una forma fisica non può essere individuata in modo chiaro se non esiste una chiarezza programmatica nella mente del progettista; e perché ciò sia possibile, questi deve essere in grado di analizzare a fondo il suo problema di progettazione e di individuarne la struttura.... questo metodo si basa sull'idea che qualsiasi problema di progettazione comincia con uno sforzo per raggiungere una congruenza tra due entità: la forma in questione e il suo contesto. La forma rappresenta la soluzione del pro blema; il contesto definisce il problema 14• In altre parole, il processo di design implica l' e insie me> di contesto e forma, e la suddivisione si pone soltanto l'obiettivo di individuare quegli aspetti della realtà sui quali il progettista può intervenire in modo diretto. In urba rustica ed in architettura l' «insieme > è rappresentato dalla città e dalle attività di tutti i cittadiru. Il complesso di relazioru umane che determinano l'esigenza di nuovi edi fici, ad esempio, più l'ambiente fisico costituito dal suolo disporubile, rappresentano il contesto per la forma della crescita della città. Al limite, è possibile perfino parlare di una cultura stessa come di un insieme in cui le abitu diru e i manufatti si evolvono per rendersi congruenti con 40 tutto il resto. Nessun e insieme> è suddivisibile in modo
univoco in forma e contesto; in un e insieme > coerente, è ipotizzabile una condizione di congruenza per qualsiasi suddivisione. Quindi l'insieme si può suddividere più volte e la progettazione dovrebbe sempre avvenire in base a più
suddivisioni intrecciate e sovrapposte 111•
Comunque si articoli la suddivisione dell' e insieme > in contesto e forma, il punto nodale del processo sembra costituito, in sede teorica, dalla definizione del concetto di congruenza. In modo analogo al concetto di benessere fi sico o di normalità psichica, che si riesce a definire sol tanto come mancanza di stati patologici o di squilibri, anche quello di congruenza può essere colto attraverso l'individuazione delle possibili situazioni di squilibrio di un e insieme >. Cosicchè queste servono, a loro volta, ad indicare quei fattori modificabili, o sui quali comunque si può agire, che Alexander chiama e variabili >. Possiamo, cioè, in un insieme costituito da forma e contesto, indi viduare tutti quegli elementi ( e variabili >) per i quali può verificarsi una situazione di incongruenza. Il passag gio da una formulazione positiva ad una negativa ci con sente non solo di limitare il campo di definizione del con testo, ma anche di · superare l'insormontabile difficoltà che si presenta a tutti coloro che tentano di introdurre pro cedimenti logici o matematici nel processo di progetta zione: l'espressione, in termini numerici, ed omogenei, di variabili non quantizzabili. Per ciascuna variabile, infatti, Alexander individua sol tanto due condizioni possibili: congruenza ed incongruenza. Il compito del progettista, così, si trasforma da quello di creare una forma che soddisfi un numero praticamente infinito di esigenze poste dal contesto, in quello di creare, nell'insieme costituito da forma e contesto, un ordine tale che tutte le variabili si trovino in una condizione di con gruenza. Solo attraverso la forma, che è quella parte del- 41
l'insieme sulla quale noi abbiamo possibilità di controllo, possiamo creare un ordine nell'insieme 16• Utilizzando quindi il concetto di sistema e quello di incongruenza l'autore individua una stretta corrispondenza tra lo schema del problema, definito come sistema, e la sua soluzione. Ed indentifica il processo di progettazione come una suddivisione di questo sistema in sottosistemi o parti, relativamente indipendenti, più piccoli, meno com plessi. Una volta individuata questa suddivisione, il pro cesso di adattamento della forma al contesto può avvenire gradualmente; perché affrontare il problema nella sua glo balità è un compito che, per dimensione e per complessità, va al di là delle capacità del progettista. La caratteristica strutturale più importante, e più evi dente, di ogni entità complessa è la sua articolazione - os sia la densità relativa secondo la quale si raggruppano gli elementi che la compongono 17• Il programma è una orga nizzazione gerarchica ordinata di questi elementi, che sud divide ogni problema in sottoproblemi, in modo che le relazioni interne di ciascuno siano molto strette e quelle esterne molto deboli. Il passo successivo è la costruzione di un diagramma, che si ottiene seguendo il programma dalla base verso il vertice e risolvendo, a livello di diagramma, i singoli pro blemi che il programma pone, ossia risolvendo isolatamente le singole esigenze della progettazione. .L'utilizzazione di e diagrammi> per· la progettazione non è certamente un fatto nuovo. Tuttavia questi hanno sem pre riassunto i caratteri di una struttura fisica, o quelli del suo funzionamento. Viceversa, un diagramma appare utile soltanto se individua Io schema strutturale proprio di quel problema di design; se cioè assumendo che ogni fenomeno della realtà non corrisponda ad una sola gerarchia, descrivi bile interamente in termini morfologici, o interamente in ter42
mini
funzionali ma, piuttosto, ad un sistema di gerarchie,
collegate e sovrapposte in modo vario, che possono o non corrispondere tutte ai livelli della gerarchia morfologica o di quella funzionale 18, esso si presenta, simultaneamente, come diagramma di esigenze e come diagramma di forma. In tal senso, rappresenta il momento di passaggio dagli obiet tivi (esigenze) della progettazione espressi in termini ge nerali, ossia concettuali, agli stessi espressi in termini di forma. Alexander definisce le proprietà di un diagramma, il quale - come diagramma di esigenze - deve mettere in evidenza quei caratteri del problema che appaiono rile vanti rispetto a quell'insieme di esigenze, e non deve in cludere dati che non siano specificamente pertinenti ad essa; come diagramma di forma, esso deve essere sufficien temente specifico da includere tutte le caratteristiche fisi che implicate da quell'insieme di esigenze, e sufficiente mente generale da sintetizzare, in termini astratti, la na tura di qualsiasi forma che possa risolvere il problema 111• Inteso così un diagramma non è una forma, ossia non rappresenta la soluzione del problema: è solo un'ipo tesi, ossia una assunzione circa la natura del contesto. Co me un'ipotesi, esso rappresenta il legame concettuale fra più insiemi di forze. Come un'ipotesi, esso guadagno dal l'economia e della chiarezza della notazione. Come un'ipo tesi, esso non può essere ottenuto attraverso metodi dedut tivi, ma solo con un'astrazione ed un'invenzione. Come un'ipotesi, esso può essere rifiutato o modificato quando una nuova forza del contesto genera una discrepanza 20• Il più interessante tentativo di utilizzare questo si stema di scomposizione del problema e di e sintesi > dei diagrammi corrispondenti ai singoli sottoproblemi è certa mente il progetto di un'autostrada a Springfield (Mass.) 21, per la quale Alexander individua 26 variabili significative, corrispondenti ad altrettante potenziali incongruenze, per ciascuna delle quali propone un diagramma di soluzione, ossia una rappresentazione grafica simbolica di tutti i trac- 43
ciati dell'autostrada che appaiono congruenti con quella variabile particolare. Il risultato è una serie di 26 carte, disegnate, simbolicamente, servendosi di una scala grafica tonale, in cui il bianco corrisponde alle localizzazioni che determinano condizioni di incongruenza, ed il nero a quel le che determinano condizioni di congruenza 22• Partendo da queste variabili il problema del progetto finale si risol ve stabilendo il sistema di interrelazioni che lega ciascuna alle altre 25 ed individua11,do, con l'aiuto di un computer e con il Metodo di Decomposizione Gerarchica dei Sistemi cui sia associato un grafo lineare, messo a punto da Alexan der sulla base della teoria degli insiemi, quei sottogruppi di variabili fra i quali esiste il numero minimo di interre lazioni possibili. Procedendo in tal modo attraverso fasi che prevedono un numero sempre minore di sottogruppi, fino al problema finale, si individua il «diagramma > del progetto, che consente, se lo si segue dal basso verso l'alto, di giungere al « diagramma> della forma finale; i «dia grammi > relativi alle singole variabili, vengono «combinati> per i singoli gruppi individuati nel programma, in un nuovo diagramma, fino a quello finale. Nel caso particolare la «combinazione> dei diagrammi si basa sulla possibilità di sovrapporre le 26 carte simboliche preparate in fase iniziale, e valutando ad occhio - che diventa, in realtà, un computer di tipo particolare - i valori tonali ottenuti in tal modo. Notevolmente più complesso appare il progetto di un villaggio agricolo di 600 abitanti, che sia congruente con !e condizioni attuali e con quelle della evoluzione futura dell'India 23• Per questo progetto Alexander individua 141 variabili che corrispondono ad altrettante potenziali incon gruenze, e, per ognuna di queste, le interrelazioni con le altre 140. L'analisi, a mezzo di un calcolatore elettronico, del complesso di interrelazioni che esistono fra le 141 va riabili consente di individuare, in questo caso particolare, 4 sottoinsiemi principali suddivisibili ancora in 12 sottoin44
siemi minori, ciascuno dei quali contiene un certo numero di variabili strettamente interrelate fra loro. Si individua, così, il « programma > del progetto: i quat tro sottoinsiemi principali, derivati dalla prima fase del processo di decomposizione, includono variabili che ri guardano, il primo (A) il bestiame, i carri, i prodotti ali mentari; il secondo (B) la produzione agricola, l'irriga zione, la distribuzione; il terzo (C) la vita sociale ed indu striale del villaggio, inteso come comunità; il quarto (D) la vita privata degli abitanti, i loro alloggi, le attività a piccola scala 25• Dopo la seconda fase del processo di decom posizione i singoli sottoinsiemi, moltiplicandosi, si specializ zano, ma restano ancora espressi in termini di esigenze. Sol tanto nella fase di « sintesi >, ossia nella fase in cui il pro gettista individua i e diagrammi > relativi ai singoli sotto insiemi, le esigenze vengono espresse anche in termini di forma. Il sottoinsieme C1 (ad esempio) è composto da due gruppi principali di variabili: il primo riguarda l'integra. zione del villaggio con i vllaggi vicini e con la regione, il secondo riguarda la futura base economica del villaggio e tutti gli aspetti della vita e della società « moderna •· Tutte le esigenze sono strettamente interconnesse: esse ri chiedono la creazione di un centro, lontano dal cuore del villaggio, localizzato lungo la strada, il quale possa, pro prio perché lungo la strada, incentivare gli scambi con gli altri villaggi e rappresentare un punto di incontro ed un punto di riferimento anche visivo . Questa funzione è in centivata dalla presenza di un sistema di trasporto e dalla vicinanza ai posti di lavoro... 26• In tal modo, ognuna delle esigenze inclusa nel sottoin sieme C1 si specifica e si traduce, nel diagramma corrispon dente, in una particolare configurazione (anch'essa al li vello di esigenza) della forma fisica corrispondente. La e sintesi > dei 12 diagrammi in 4, e di questi in un diagramma
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unico, porterà, in definitiva, il progettista ad individuare la struttura della forma finale. Come è possibile intravedere dai due esempi, per quan to sommari, riportati in queste note, la parte operativa del metodo di Alexander, ossia la traduzione in termini concreti del suo raffinato modello logico, non sembra aver raggiunto ancora un livello di maturità adeguato alle for mulazioni teoriche preliminari. Tuttavia la sua ricerca, nel complesso, si presenta notevolmente interessante, soprat tutto perché indica una direzione di lavoro che sembra in grado di portare, in prospettiva, alla definizione di una disciplina che operi di fatto sulla forma, servendosi della logica matematica e delle scienze esatte per rendere espli cite le regole e per definire un'elegante filosofia della · forma, chiara e comprensibile 27• a cura di LUCIANA DE ROSA
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1 Sembra possibile, infatti, considerare l'architettura come una disciplina che « non tende semplicemente ad una descrizione dei fenomeni particolari, ma cerca principi generali che rendono possibile la loro spiegazione e previsione>. Una disciplina scientifica « af fatto priva di tali principi non sarebbe in grado di stabilire con nessioni fra i vari fenomeni e, quindi, di formulare previsione al cuna: quale che fosse il suo apparto teorico, essa non consentirebbe tecnologiche di sorta, poiché queste richiedono principi che anticipino gli eventuali effetti di particolari mutamenti operativi in un dato sistema>, C. liEMPEL: La. formazione dei concetti e delle teorie nella scienza. empirica.; Feltrinelli, Milano, 1961, p. 27. ' C. ALEXANDER, Notes on the Synthesis of Form Harvard University Press, Cambridge, cit, Mass. 1964, p. 8. 1 PI.ATONE, Fedone, cit. in C. ALEXANDER, ibid., frontespizi-O. 4 c. ALEXANDER, ibid. p. 15. • D't.RCY WENTWORTH THoMPsoN, On Chowth a.nd Form, Cam bridge University Press, Cambridge 1961, p. 16. ' Il discorso di Alexander riguarda la progettazione nei suoi termini generali e tende quindi a superare, concettualmente, le differenze derivanti da ambiti dimensionali diversi. Rispetto all'uni tà metodologica dei razionalisti, tuttavia, il suo discorso apparo? notevolmente aggiornato nella misura in cui si basa sulla individua zione dei caratteri e delle esigenze del contesto, notevolmente diverse alle varie scale di intervento. 7 C. A.LExANDER, Notes cit. p. 18. 1 C. A.LEXANDER, VAN MAREN Kmc, SARA lSHAKAW, MlCHAEL BAXER, Pt.TRICK HYSLOP, Rela.tiona.l comple:res in Architecture, in e Architectural Record>, sept. 1966.
' C. ALEXANDER, A City is not a· Tree, in e Design>, n. 266. IO c. ALEXANDER, ibid. p. 50. 11 c. ALEXANDER, ibid. p. 49. " C. .ALEXANDER, ibid. p. 47, e Sia l'albero Tree che la semi-griglia sono modi di pensare come una grande collezione di molti piccoli oggetti possa formare un sistema complesso. In termini generali, essi sono nomi per strutture di insiemi. Un insieme è una collezione di ele menti che, per un qualsiasi motivo, possono essere presi in conside razione contemporaneamente. Diciamo che un insieme ha una sua struttura quando esistono legami o rapporti fra gli elementi che lo costituiscono. Diciamo che un insime ha una struttura a semi-griglia se, e solo se, quando due sottoinsiemi che hanno elementi in comune appartengono all'insieme, anche il sottoinsieme formato da questi appartiene all'insieme. Diciamo che un insieme ha una struttura ad albero, se, e solo se, per ogni due sottoinsiemi che appartengono all'insieme, o uno è totalmente contenuto nell'altro o essi sono totalmente distinti. Non è soltanto la possibilità di sovrapposizione che rende im portante è il fatto che la semi-griglia è, potenzialmente, una strut tura molto più complessa e raffinata di un albero. Un albero basato su 20 elementi può contenere al massimo altri 19 sottoinsiemi, men tre una semi-griglia basata sugli stessi 20 elementi, può contenere più di un milione di diversi sottoinsiemi. Questa varietà enormemente maggiore è un indice della grande complessità strutturale di una struttura semi-griglia se paragonata ad una struttura ad albero. t questa mancanza di complessità strutturale, caratteristica delle strut ture ad albero che inficia la nostra concezione di città>. " c. .ALEXANDER, ibid. p. 10. " c. ALEXANDER, ibid. p. 15. " c. .ALEXANDER, ibid. p. 20. " C. ALEXANDER, ibid. p. 16. 17 c. ALEXANDER, ibid. p. 32. 11 S. CHERMAYEFF - C. ALEXANDER, Community and Privacy, Doubleday and C., New York, 1963, p. 134. " C. ALEXANDER, Notes cit. p. 127. " Ibidem p. 91. " Twenty-six Pictures to the Top of the Tree, in e Architectural Forum >, Oct. 1963. ll ibid. 23 C. ALEXANDER, Notes cit. p. 136. 2' In appendice Alexander tratta, in termini puramente matema tici, il problema della decomposizione in sottoinsiemi di un sistema di variabili binarie stocastiche, collegate fra loro a due a due, che soddisfino determinate condizioni, in modo che i collegamenti fra questi siano i minimi possibili. 15 C. ALEXANDER, Notes cit. p. 140. 26 Ibidem p. 143. 21 S. CHERMAIEFF - C. Al.ExANDER, op. cit. pp. 146-147.
Incontri di studi urbanistici
Le considerazioni svolte in questa rassegna sono so stanzialmente dirette a puntualizzare ed a correlare diverse idee ed opinioni, raccolte in margine agli incontri ai quali urbanisti di varia cultura e provenienza disciplinare hanno recentemente partecipato a Venezia, ad Assisi, e a Paler mo 1• Tra gli argomenti discussi emerge con particolare rilievo, dovuto sia all'attualità che all'impegno con cui nei diversi studi esso è stato affrontato, quello sintetizzato nel rapporto dialettico fra l'area metropolitana e il centro urbano, entrambi termini estremi e coesistenti della nuova dimensione che la realtà urbanistica va quasi ovunque da qualche decennio assumendo. Premessa ad ogni discorso sui fenomeni odierni è in fatti la constatazione della dimensione scalare diversa che tanto il centro della città, con i suoi valori architettonici ed emozionali, quanto il più diffuso ambiente urbanizzato, tendono ad acquistare. Dimensione che, pur continuando i centri a crescere in altezza ed il territorio urbanizzato in estensione, non è assolutamente di semplice natura fisica, ma rappresenta invece, a giudizio comune, l'inizio di un processo di trasformazione qualitativa della stessa realtà 48
urbana e territoriale, che ne risulta pertanto non solo dila-
tata ma, nella maggior parte dei casi, alienata rispetto ai precedenti tradizionali ritmi di vita. Si comincia, cioè, a vedere che la scala architettonica dei centri urbani risulta insufficientemente definita nell'am bito di una determinata articolazione volumetrica e fun zionale e che il conferimento del tono urbano al nucleo - così come la diffusione dell'effetto urbano nel territorio non deriva automaticamente dall'aumento della dimensione fisica dell'agglomerato. E se il problema della qualificazione urbana del centro trova le sue ben note difficoltà nella in venzione di un valore simbolico, di un genius loci, che incarni le aspirazioni di coloro che lo frequentano, l'ope razione riferibile al territorio non appare affatto più age vole. Qui il problema è di natura eminentemente sociolo gica: è un problema di rapporti, di contatti fra uomini, ove non giuocano soltanto le distanze, intese in senso fisico, ma anche e soprattutto l'accessibilità, ossia lo sforzo che occorre compiere in un determinato tempo per spostarsi nello spazio. La nuova dimensione territoriale è quindi una dimensione spazio-temporale, ove il tempo, come tempo di percezione delle sequenze territoriali, si riflette immediata mente in una durata psicologica, il che giustifica le sempre più frequenti istanze per l'applicazione della Gestalt-Psy chologie allo studio dello spazio visivo degli agglomerati urbani 2• Sul piano operativo, un'analoga dilatazione della scala dimensionale tende a spostare l'intervento urbanistico dal piano urbano-esecutivo a quello territoriale-programmatico. Ciò comporta un passaggio della visione urbanistica, prima circoscritta alle sole città, ad estensioni più vaste di superficie terrestre; ed un parallelo distendersi dell'ope razione piano nel tempo, tramite i tempi urbanistici di at tuazione, derivanti da un piano di sviluppo generale, nel quadro del quale essi saranno quantificati nel tempo ed interpretati nelle priorità attuative 3• Evidentemente, anche
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questa prospettiva non si limita alla semplice dilatazione fisica dell'area di azione del piano, ma influisce addirittura sulla qualità dell'elaborato che ha il compito di comunicare il programma. Perché non è chiaro ora, scrive Ludovico Quaroni, quale sarà il mezzo adeguato per la rappresenta zione del piano. Ogni cultura architettonica trova ed ela bora i propri mezzi di comunicazione 4, per cui, al limite, il piano-programma può essere un discorso schematico e rinnovabile sulle finalità che si propone lo sviluppo del ter ritorio. Rinnovabile per aderire al processo storico vissuto dalla società, e schematico per garantire la flessibilità, e la partecipazione corale all'open planning. Questo progressivo sfaldarsi in una successione tempo rale dell'immagine della città e del suo piano, esprime l'assorbimento, da ·parte della cultura urbanistica, dell'espe rienza che della quarta dimensione aveva preannunciato il cubismo. Questa ipotesi confermerebbe in forma sugge stiva ed emblematica la funzione di avanguardia svolta dalla cultura figurativa nel nostro secolo, e al tempo stesso sta rebbe a dimostrare la peculiare posizione dell'urbanistica rispetto alle arti visive. Posizione che in sostanza non vieta alla prima di partecipare del clima culturale espresso dalle seconde, pur imponendole un certo sfasamento nei tempi, un ritardo dovuto alla difficoltà oggettiva di agganciare temi nuovi alla realtà concreta del territorio, ricca di im plicazioni pratiche e di resistenze passive. In tale prospet tiva, i diversi e talvolta eterogenei orientamenti captati 'nel panorama della più recente problematica urbanistica possono trovare riscontro quali aspetti in definitiva con gruenti di una unica condizione culturale, che deriva dalla presa di coscienza della natura diacronica dei processi di strutturazione del territorio. Dagli studi più recenti si nota che al centro dell'inte50
resse speculativo della disciplina insiste anzitutto la ri-
cerca di una teoria fenomenologica generale dell'insedia mento. Questa ricerca parte dallo studio della più estremiz . zata espressione del fenomeno urbano; quella che si pre senta nella dimensione delle grandi aree metropolitane (o conurbazioni) 5 del mondo contemporaneo 6• Successiva mente, la ricerca evidenzia il carattere saliente del fenomeno, fatto d'interconnessioni, ed enuclea il concetto di area me tropolitana come insieme di parti interdipendenti; come regione polarizzata fra i due estremi dell'accentramento e della dispersione; fra Manhattan e Los Angeles, tra la città nella quale tutto è centro e tutto cresce in altezza e Los Angeles, dove... due terzi del centro sono occupati da t;ac ciati stradali e da parcheggi e dove... vi è pressoché solo una enorme distesa di ville e casette unifamiliari. Ma la struttura urbana non va intesa in senso esclu sivamente fisico; importantissimi sono infatti, secondo il Talcott Parsons, gli stati conflittuali o problematici che ten gono in tensione le forze sociali operanti nelle aree metro politane e che servono appunto a qualificarle e da un punto di vista sociologico e come entità urbanistiche. È noto del resto il ruolo svolto dalla città nelle principali rivoluzioni della storia politica moderna: gruppi sociali eminentemente cittadini (la borghesia di Parigi; il proletariato di Pietro burgo) sono la forza d'urto decisiva che crea la prima e necessaria premessa dei grandi movimenti rivoluzionari; per un secolo e mezzo ... l'Europa fu rivoluzionaria proprio in quanto cittadina, poiché metteva a contatto potere ac centrato e potere rivoluzionario 7• Ma il concetto del potere è anche alla base di organiz zazioni urbane antiche: ad esso si riferiscono i segni iconici più rilevanti dell'ambiente della città, ad esempio, medio evale. Il potere sacrale influenzò fortemente la città arcaica che, secondo Elémire Zolla, fu anzitutto un simbolo; luogo di contemplazione mistica, soltanto - in secondo luogo si ridusse a borgo fortificato e a centro di lavoro e di scambi..
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Il potere spirituale precedé dunque quello militare e quello economico: il sito della città antica era scelto per ispirazio ne divina, e determinato secondo un rituale di geometria sacrale, la sua compagine forniva una ricapitolazione del cosmo 8• L'immersione nell'antropologia culturale è estremamen te stimolante e suscita, soprattutto in sede storica, di sto ria odierna dell'urbanistica, una rilettura delle forme del passato, evidenziando nessi rituali e significati simbolici 0 che arricchiscono la comprensione dell'opera di relazioni significative. E qui l'aggettivo « significativo > trova i suoi limiti temporali nel fatto che quanto è significativo in un'epoca non lo è in un'altra, mentre determinate situa zioni-tempo trasmettono pregnanza di significati alle forme costruite. Il· fenomeno urbano va dunque concepito come una sequenza di situazioni condizionate - di cond.izioni localizzate - in una concatenazione lineare-sintattica 10 di elementi spaziali cui fa riscontro un'esperienza temporale interiore, una durata bergsoniana, collettiva e individuale. Nel piano, invece, oltre che il fattore temporale, inter viene la considerazione di una inestricabile connessione di contenuti simbolici, economici, politici e sociali e di valori umani. Acquista cioè valore lo studio interdisciplinare avente lo scopo di riconoscere, analizzare, scomporre e ricomporre in una struttura urbana equilibrata i singoli aspetti di tale ordine di fenomeni sommamente dinamici, cercando di ri condurre ad unità formale o di sistema l'insieme formato dalle parti o fasi di urbanizzazione 11• Il punto centrale della ricerca urbanistica sembra dun que consista nella interpretazione del fenomeno urb�o come sistema-p-rocesso che si svolge nel tempo, ricco di analogie scientificamente esatte, quanto concettualmente ovvie, con l'antropologia strutturale, riflesso di un orienta52 mento generale della filosofia della scienza.
Fra i problemi sollevati dalla prassi amministrativa è in primo luogo la delimitazione spaziale del fenomeno area metropolitana. Ma anche qui, osserva Achille Ardigò, vi è uno scambio continuo fra teoria e prassi: a monte dei cri teri empirici adottati per la delimitazione delle aree me tropolitane stanno infatti schemi concettuali e tipologie; egli inoltre insiste sulla esistenza di un essenziale rapporto fra osservazione empirica e modello e sulla impossibilità di delineare limiti precisi al fenomeno urbano prevalente del nostro tempo: la tendenza verso il tutto organizzato signi fica forse che l'area metropolitana debba essere pensata come una forma geografica continua, un insieme spaziale circoscritto per definizione da un solo perimetro? Eviden temente, no; e a significare un certo orientamento unitario della cultura urbanistica - tanto di estrazione sociologica che economica - da un lato si afferma che in luogo di un solo perimetro dovrebbero essere ricercati e tracciati tanti perimetri quante sono le aree di servizio, di attrazione, di comunicazione significative... 12; e dall'altra si postula la nuova unità territoriale, il comprensorio, non come un dato amministrativo esterno, ma come una entità variabile, as sunta dall'urbanista per le esigenze della sua programma zione, ossia· in vista della soluzione dei problemi comples sivi delle varie funzioni sociali del territorio 13• Il territorio oggetto dello studio urbanistico, sia esso il comprensorio o l'area metropolitana, non deve dunque presentarsi come una istituzione permanente...; il suo pe rimetro, come i suoi organi amministrativi, invece è desti nato a cambiare, è concepito in funzione delle esigenze dell'urbanistica 14, cioè di quel processo di interscambio, di interrelazione che si svolge nel tempo, in uno spazio varia bile. Che la dimensione dell'urbanistica non si esaurisca nello spazio fisico urbanizzato è un fatto altrettanto vero quanto il rimprovero che, fin dal 1940, la Commissione Bar- 53
low 15 rivolse al professor Fawcett, la cui definizione di conurbazione poneva, si disse, troppa enfasi sui mattoni e sulla calce, come leganti della conurbazione stessa. In ef fetti, osserva ancora Ardigò, la continuità spaziale, pur se considerata su dimensioni geografiche sempre più vaste, non soddisfa altri studiosi, specie coloro che si rivolgono a considerare la base e le funzioni economiche dell'area metropolitana ... Tra questi ultimi, Siro Lombardini afferma che, fra l'altro, affinché l'operatore pubblico sia in grado di comportarsi razionalmente nell'ambito della struttura metropolitana, è necessario che egli ponga mente e ai coef ficienti di utilizzazione dello spazio, ai fini di una conti nuità morfologica, e, in misura decisiva, ai flussi di traf fico che si stabiliscono nel territorio 16, ai fini cioè della continuità dinamica delle funzioni, sottolineando il carat tere particolare dello spazio urbano, uno spazio, piuttosto che continuo, in movimento. In altro luogo Angelo Detragiache dà ormai per scon tato che, nel moderno agglomerato urbano, la funzione del la comunità di vicinato tende ad essere eliminata, per cui l'importanza che nel sistema sociale ha fin qui mantenuto la contiguità spaziale sembrerebbe tendere ad essere sosti tuita da altri meccanismi sociali 17• Alla stessa tendenza, individuabile nel superamento di uno spazio staticamente in teso, intendono riferirsi le tesi generali di Pierre Restany 18
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sull'arte contemporanea, quando egli afferma che questo appropriarsi dello spazio... suggerisce numerose possibilità di sviluppo per l'arte; e infine anche l'urbanistica che si fonda sulla mobilità fisica... si accompagna alla parallela evoluzione delle strutture sociali verso una crescente mo bilità, che la disarticola e la distacca sempre più dal criterio organizzativo cellulare. Tuttavia, la teoria riconosce ancora la possibilità di enucleare in più ampi contesti zone con caratteri tipici. La città o, evidentemente, l'area metropolitana, può essere
vista come un insieme correlato di aree simbolizzate 19 ; c'è sempre una zona, un insieme di strade, una parte geogra.· fica della città... che gode di maggior prestigio, dove vi sono, cioè, dei valori simbolici di natura socio-culturale, come delle parole che risuonano diversamente nel contesto di un discorso, talune ricche di significato umano, storico; altre asciutto dato comunicativo. Questa distinzione è stata ripresa con interessante analogia, diretta all'individuazione. di due fasi storiche dell'attività urbana, da Josè Luis Aran guren, paragonando il linguaggio ordinario... della vita quotidiana,
con
il linguaggio artificiale delle diverse
scienze. Il nucleo urbano più antico, di formazione spon tanea, si può assimilare al contesto di un linguaggio ordina rio e familiare, mentre fu Wittgenstein,
il grande filosofo,
che comparò i linguaggi ar_tificiali della matematica e del la logica moderne ai moderni quartieri pianificati delle città... entrambi derivanti dallo stesso spirito di razionaliz zazione 20• Per concludere il primo settore della rassegna, si può dire che, nella sua struttura organizzativa e sociologica oltre che, come vedremo, formale, il fenomeno urbano verso cui si orienta la nostra società è un particolare tipo di
habitat... altamente dinamico e relativamente informale,
ove s'incontrano le tendenze integrative e quelle distrut tive, di Eros e di Thanatos, sulle quali per ora è preferibile sospendere qualsiasi giudizio etico o di valore 21, limitando lo studio sociologico all'individuazione di una sostanziale
ambivalenza dell'area metropolitana. Siamo però convinti
che le forme di aggregazione urbana che attualmente si contendono il passo - la città e la galassia - siano in certo senso complementari e che, in particolare, la prima conti nuerà a svolgere, pur nell'ambito della seconda, quella fun zione di polo riverberante la cultura del passato e del pre sente, di.nucleo terziario o quaternario in cui si troverà se dimentata l'essenza del fatto urbano attraverso i secoli, e
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sarà conservato il ricordo vivente dell'antica città sociale, della tradizione, dei simboli, della cultura. Accanto alla problematica delle aree metropolitane, e per così dire ad essa contrapposto, il filone del dibattito sulla complessa « qualità architettonica :, della città - e dei centri in particolare - domina la scena attuale della cultura specialistica. Ne sono efficace testimonianza i non pochi saggi più o meno di recente apparsi (alcuni dei quali recensiti su queste colonne), e la vivace presenza di questo tema nei seminari, incontri, discussioni, che hanno scan dito il panorama dello scorso autunno. Naturalmente, diversi sono gli approcci, sfumate e va riabili le angolazioni; e tuttavia, il nocciolo del problema è sempre quello: di penetrare il senso riposto, il significato ultimo di quella peculiare quidditas, di natura architetto
nica ma non solo architettonica, che aleggia - ineffabile qualità accentrante e riverberante - in quei privilegiati
tòpoi urbani, per i quali si dà attribuzione di valore. Il discorso è talora incardinato in termini analitici, in tentativi di definizione; mentre altrove è posto l'accento sulla intenzionalità progettuale che verso una produzione di tali valori si vuole orientare; ma ricorrente è il pro posito di illuminare ed esplicitare quel concetto di valore
urbano che continua ad ammantarsi di molteplici, e talora
ambigui, attributi ed implicazioni. In questi tentativi di costruzione sono inglobati i maggiori contributi che alla cultura contemporanea sono derivati da matrici diverse; di essi, a seconda della più o meno diretta pertinenza e già avvenuta finalizzazione, si operano utilizzazioni imme diate e si tentano trasposizioni generalizzanti (come è per il filone delle ricerche maturate sulla scia degli studi di Lynch e Kepes), ovvero si cerca di delineare delle partico56
larizzazioni, applicative al campo dell'urbanistica e del-
VALERIANO TRUBBIANI -
Mastro spingarda
l'architettura di costruzioni teoriche ben più generali (come è ad esempio per la linguistica strutturale). Fra le analisi che del valore urbano sono state di re cente delineate, spicca quella elaborata da Argan 22, il quale, ribadita l'inscindibilità del valore storico e di quello estetico ( ... il valore storico di un monumento consiste nel fatto che c'è e si vede, cioè si dà come una forma soggetta a valutazione estetica), sottolinea come l'attribuzione di va lore ad un determinato tòpos urbano sia indipendente da una coincidente funzionalità 23, che può esserci o non. In fatti, l'atteggiamento contemplativo fa parte dell'esistenza ed è modo d'esperienza esattamente come l'atteggiamento attivo. Questo spiega perché un'architettura possa conser vare il valore estetico anche quando cessa la sua funzio nalità oggettiva: come il Colosseo,... che ha conservato e probabilmente accresciuto il suo valore estetico benché non serva più agli spettacoli del circo. :t il caso più frequente, ma v'è anche il caso inverso: come il valore estetico o formale sopravvive alla funzionalità scaduta, così può pre cederla. I disegni di Sant'Elia o quelli del Novembergruppe di Berlino sono forme ·di una funzionalità puramente ipo tetica, e così i tanti progetti che oggi si fanno per la città del futuro... Nulla di più errato che identificare, di un edificio inserito nel contesto urbano, funzione e significato. La funzione non dà il significato, ma semplicemente la ragion d'essere. Viene così a delinearsi il concetto di tòpos urbano come luogo privilegiato 24, affetto per così dire da un'attribu zione di valore che è permanente, al di là di una funzio nalità intermittente, o addirittura scomparsa. Questo ca rattere permanente dell'attribuzi�ne di valore da parte del singolo, esteso all'intera « mappa urbana >, si traduce in un sentimento della città che è peculiare per ciascun indi viduo. Ancora Argan, nota infatti che soltanto recentemente l'esperienza della città è stata considerata a partire dal- 57
l'esperienza individuale e dalla personale attribuzione di valore ai dati visivi, eliminando definitivamente tutta una serie di astrazioni di comodo come • la Società », • la Co munità •, • la funzione urbana •· Il sentimento della città affonda le proprie radici nella molteplicità dei valori simbolici attribuiti ai tòpoi privi legiati, valori ormai sedimentatisi nella coscienza, o nel1 'inconscio, di ciascuno. Se mai, per ipotesi assurda, potes simo rilevare e tradurre graficamente il senso della città risultante dall'esperienza inconscia di ogni abitante, e poi sovrapponessimo per trasparenza tutti questi grafici, ot terremmo... una specie di immensa mappa formata da linee e da punti colorati, un groviglio indistricabile di segni, di tracciati apparentemente arbitrari, di filamenti tortuosi, arruffati... Ma, anche supposto un tale rapporto conoscitivo, come si passa dall'interpretazione individuale, e in gran parte inconscia, all'interpretazione collettiva, conscia, con chiare prospettive sul passato e sul futuro, del significato e del valore urbano? Questo interrogativo adombra, com'è evidente, uno di quei tentativi cui accennavamo in apertura; tentativi incar dinati su ipotesi di generalizzazione di un contributo par ticolare (in questo caso, gli studi di Lynch sulla imagea bility come frutto, in termini di psicologia individuale, di modalità percettive ghestaltiche). In effetti, la so_vrapposi zione delle e mappe personali > della città, e la correlativa individuazione dei tòpoi per i quali l'attribuzione di valore è generalizzata, collettiva, corrisponde al tentativo di pas sare dal piano della psicologia del singolo e della sua pri vata vicenda, al piano storico della città, contrapponendo la permanenza nel tempo dell'attribuzione di valore ur bano a taluni particolari tòpoi (ad esempio i monumenti), all'avvicendarsi delle generazioni: ...fino al limite del pos sibile vengono utilizzate le strutture e conservati i • punti 58
di valore • già esistenti. ...La città non si. fonda, si forma.
E può allora dirsi, sinteticamente, che il compito dell'urba
nista è di sincronizzaTe i fenomeni urbani attuali in rap
porto allo sviluppo diacronico dal remoto passato al futuro, di una determinata situazione urbana.
Esemplare invece dell'altro tipo di tentativo, di inglo bare nel discorso architettonico-urbanistico la particolariz zazione di una più generale costruzione teorica, è l'analo _ gia, sviluppata dallo stesso Argan, per la quale la confi gurazion� urbana... non sarebbe che l'equivalente visivo della lingua, mentre i fatti architettonici starebbero al si stema urbano come la paTola sta alla lingua. E di con seguenza, come non esiste una lingua ma solo situazioni di lingua (quelli che il Saussure chiama états de langue), così non esistono città se non come situazioni urbane. Richiamandosi alla distinzione di Saussure fra rap porti sintagmatici (che si instaurano tra le parole all'inter no del discorso), e rapporti associativi, Argan osserva an cora che quella che si chiama la funzione urbana può fa. cilmente paragonarsi al discorso, con la sua concatena zione lineare; quello che chiamiamo lo spazio visivo, il sen timento spaziale della città, è fatto di rapporti associativi e costituisce quel « tesoro interiore • che è il pensiero della città e che ci -permette di chiamarci suoi cittadini... Vengono con ciò, com'è evidente, a determinarsi due sfere distinte, ma ugualmente necessarie: infatti, un conte sto urbano che fosse soltanto l'insieme delle immagini ur bane dei singoli sarebbe un caos; un contesto urbano che fosse soltanto il meccanismo di una funzione non avrebbe profondità storica, sarebbe indifferenziato, non comuni cherebbe nulla che non possa essere còmunicato per for mule. Analogie del tipo di questa citata, come è noto, sono state in questi ultimi tempi e da più parti avanzate, nel tentativo di proporre una sistematica applicazione, al campo dell'urbanistica •e dell'architettura, dei metodi della lin-
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guistica strutturale. Su questa rivista, di recente, è com parso un contributo orientato appunto in tale direzione. Qui, a brevissimo commento, può solo notarsi come l'in dubbia suggestione di analogie del genere di quella citata, or mai diffuse nella letteratura architettonica, non sia - quan to meno allo stato attuale - accompagnata da un'adeguata solidità di supporto teorico. È ben chiaro come questo sia non un appunto critico, bensì un invito: ad elaborare,. attraverso le logiche e già evidenti estreme difficoltà, alcuni, almeno, punti fermi in una specifica sede teorica, abbandonando i campi, più piani ma ormai troppo frequen tati, della enunciazione di brillanti analogie. Se per Argan, l'urbanistica è la scienza dell'ammini strazione dei valori urbani, è all'architetto che compete - dovrebbe competere - il e disegno > della città, ossia il ruolo principale nel processo, lento e graduale, di for mazione del valore urbano nella sua reale praesentia. Que sto processo di e disegno> della città presenta una parti colare complessità, derivante, anche, dalla difficoltà di in dividuare il punto di passaggio - e il relativo medium tra il livello urbanistico e quello architettonico. Se la città, osservava recentemente Ludovico Quaroni 25, deve essere un organismo, deve essere una struttura, e cioè • non una semplice combinazione di elementi, ma un tutto formato di fenomeni solidali, tale che ciascuno dipenda dagli altri e non possa essere quello che è se non in virtù della sua relazione, e nella sua relazione, con essi •,... la città del Piano Regolatore classico era ed è, dal nostro punto di vi sta, addirittura l'opposto. È tipico cioè, nota Quaroni, il ricorso a quella forma di progettazione, errata, che è nota come e planivolumetrico>, e che scinde l'atto progettuale nella predisposizione di un astratto pattern, e quindi nel l'incasellamento in esso delle più comuni fra le tipologie 60
edilizie.
Di contro, era presente nella città antica una reale « struttura », nel senso già detto. Gli edifici, le varie parti cioè che la costituivano, non pretendevano soltanto essere ognuna, e per se stessa, una struttura, ma « ciascuna di pendeva dalle altre, e non poteva essere quello che era se non in virtù della sua relazione, e nella sua relazione, colle altre •· Troviamo infatti nella città antica non solo una indi viduazione di limiti, di contorno, ma principalmente la pre senza di fatti salienti: i monumenti, le emergenze, i • fo. cus •, quei punti nodali, fortemente riconoscibili, che nella struttura della città si contrappongono al tessuto: infatti, le due idee di tessuto e di emergenza sono • opposti • ar monici, nel discorso architettonico della città, anzi ne rappresentano proprio il necessario andamento dialettico. Il nesso fra città antica e città moderna è reale, stori camente determinato: in effetti, non può esistere l'idea di una metropoli moderna intesa come • soltanto moderna •; anche nei casi in cui parrebbe di poter affermare il con trario, esiste ugualmente... un passato-presente che costi tuisce la matrice indispensabile allo sviluppo verso una metropoli, e che manca a Brasilia, dove si vorrebbe una metropoli che non si avrà. (A conferma, appunto, del già citato enunciato di Argan: e la città non si fonda, si forma>). Ciò che contrappone alla città antica quella di oggi, è il fatto che non possa più essere pensata una • forma • di insieme per la città, ... nel significato di inviluppo, di li nea di contorno, anche se sarà tuttavia possibile, ma con molta cautela, parlare di • forma • generale della città, intendendo con questo le figure non espressive, non di • disegno • nel senso creativo, ... che forse sarebbe oppor tuno chiamare... ipotesi morfologiche. Ciò che invece lega in continuità l'una all'altra, è la permanenza, all'interno della metropoli di oggi, di valori urbani preesistenti, accanto ai quali debbono proporsi quelli nuovi, da determinare 61
appunto attraverso il e disegno > della città, e secondo una ricerca - suggerisce ancora Quaroni - che superi la e vi sualità > delle idee di Lynch tendenti ad un naturalismo romantico che solo in parte può essere accettato in una città moderna, per determinare invece valori figurativi ca ratterizzati da rapporti fortissinù, dirompenti addirittura. Questi valori figurativi dovranno esprimere contenuti nuo vi, propri della civiltà terziaria che dà vita alle metropoli del nostro tempo, e l'accento dovrà più che mai essere posto sui centri, perché la vita collettiva sta tornando aI primo posto nella città. L'interrogativo, a questo punto, si focalizza eviden temente sulla qualità architettonica che dovrà caratteriz zare questi nuovi centri, o noccioli metropolitani. Nel ri spondere a questo interrogativo, anzitutto dicendo ciò che tale architettura non dovrà essere (non e fabbricato > né grattacielo, che è il fabbricato moltiplicato nei piani fino all'assurdo, che tuttavia mantiene di quello la rigidità, la scarsa versatilità, la massa che •tende• alla sterometria), Quaroni delinea suggestive ipotesi di architetture « conti nue >, percorribili in tutti i sensi, in un inedito rapporto con la strada, e nelle quali sarà diversa, rispetto alla città e all'architettura attuali, la distribuzione del · costruito (pieno) e del non costruito (vuoto), come pure sarà diverso il rapporto col suolo... Nuove, in questi ipotetici nuovi tes suti, saranno anche le e emergenze >, cioè· i e monumenti l) di domani, i nuovi punti di coagulazione del valore urbano, che potranno essere costituiti anche ... dagli spazi vuoti, grandi lacerazioni nel tessuto, che si • ritirerà ,. in quelJ.e zone per lasciare... lo spazio monumentale · • disponibile » per passeggiare, sedere all'aperto, ascoltare una musica riprodotta, discutere, comiziare, ballare; ...o edifici a desti nazione speciale, quasi monumenti a tutto tondo eretti, proprio per dialogare col tessuto, all'interno dello spazio 62
libero, vuoto, di cui sopra.
Ammessa l'ipotesi del recupero, dalla struttura della città antica, del dialogo fra tessuto ed e emergenze>, ri mane scoperta quella che è però, a nostro avviso, l'esi genza fondamentale per la determinazione di nuovi tòpoi privilegiati, di nuovi luoghi per eccellenza del valore ur bano: il fatto cioè che alla variazione della e grana> ar chitettonica, alla condensazione dei valori figurativi, deve corrispondere la presenza di un valore simbolico realmente dominante e significativo, di un e sigillo > che irraggi con una sufficiente capacità riverberante la propria qualità emblematica. Senza di ciò infatti non si dà valore urbano, e ne è tangibile testimonianza proprio la metropoli di oggi, folta di grattacieli, ma che attende ancora la sua e catte drale>. a cura di URBANO CARDARELLI e MARIA LUISA SCALVINI 1 Fondazione Cini, VIII Corso di Alta Cultura sul tema: Il feno meno città nella vita e nella cultuTa d'oggi, Venezia settembre 1966; Pro Civitate Christiana, Convegno di Urbanisti sul tema: L'uomo e la città, Assisi ottobre 1966; Istituto Nazionale di Urbanistica, XI Congresso Nazionale, Palermo novembre 1966. ' Cfr. G. C. ARcAN, Lo spazio visivo della. città, Venezia set tembre 1966. 1 G. CAMPOs VENUTI, La Tegionalizzazione del pTogTamma nazio nale: uTbanistica e Tegioni, Palermo novembre 1966. • L. QuARONI, Il disegno peT la. città: cultuTa, espTessione, comu nicazione, Venezia settembre 1966. ' Per ulteriori clùarimenti sulla terminologia · urbanistica mo derna - cui è da aggiungere il termine . combination introdotto dal North American Bureau of Census per indicare lo aggregarsi di più aree metropolitane - si veda anche la rassegna Alcune voci d ell'uTbanistica contempOTanea, in e Op. Cit.> n. 6, pp. 25-53. 6 A. .ARD1cò, Le aTee metTopolitane: pTOblemi, orientamenti e prospettive, Venezia settembre 1966. ' G. GALLI, Il caratteTe cittadino delle rivoluzioni moderne, Ve nezia settembre 1966. • E. ZoLI.A, La vita mistica e la città, Venezia settembre 1966. ' Cfr. fra gli altri, E. DuRCXHEilll, H. MtiLLER, M. MAuss, Le origini dei poteri magici, Torino 1951; W. MtiLLER, Die Heilige Stadt, Kohlhammer 1961, R. GuÉNoN, Les symboles fonda.mentau:r de la science sacrée, Paris 1962. 1 • Cfr. G. C. AacAN, cit. Il A. .ARDIGÒ, cit. 12 A. .ARD1cò, cit. u F. FORTE, Relazione g enerale sul tema: e L'amministrazione dell'urbanistica in una politica di piano>, Palermo novembre 1966.
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" F. FORTE, cit. u Cfr. The Barlow Report on the Location of the Industriai Population, London H. M. S. O. 1940. " S. LoMBARDINI, Analìsi econometrica delle strutture territoriali, Milano 1966; pag. 488. 11 A. DETRAGIACHE, Note sul richiamo della popolazione nei quartieri urbani, Assisi ottobre 1966. 11 P. RESTANY, Art et communication, Venezia settembre 1966. " A. ARD1cò, cit. '" J. L. .ARANGUREN, La vita sociale, morale e religiosa della città, Venezia settembre 1966.
li A. ARD1cò, L'ambivalenza della città e delle aree metropolitane: sviluppo metropolitano e sistema di valori, Assisi ottobre 1966. 22 G. C. ARcAN, cit. ,, Su questo punto, cfr. anche V. GREGOTTI, Il territorio del l'architettura, Feltrinelli 1965, pp 171-176. " 1n proposito, cfr. A. Rossi, L'architettura della città, �silio; 1966; e, in particolare, tutto il terzo capitolo. ll L. QUARONI, cit.
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