Op.cit. rivista quadrimestrale di selezione della critica d'arte contemporanea
Direttore: Renato De Fusco Redazione e amministrazione: 80123 Napoli, Salita Casale di Posillipo 14
Tel. 690783
Un fascicolo separato L. 800 - Estero L. 1.000
Abbonamento annuale:
Ordinario L. 2.000 - Estero L. 2.500 Sostenitore L. 10.000 Promotore L. 25.000 Un fascicolo arretrato L. 1200 • Estero L. 1.500 Spedizione in abbonamento postale - Gruppo IV C/C/P n. 6-13689
Edizioni « Il centro •
G. Fusco,
Note per una epistemologia della rappresentai.ione visiva
G.
Panorama del disegno industriale
41
Per una poetica del profondo: Blaue Reiter
55
Libri, riviste e mostre
66
BoNSIEPE,
S. SINISI,
s
Alla redai.ione di questo numero 1,a,1110 collaborato: Marisa Auricchio, Costanza Caniglia Rispoli, Urbano Cardarelli, Renato De Fusco, Giu seppe Fusco, Ermanno Guida, Italo Prozzillo, Maria Luisa Scalvini, Francesco Starace.
Note per una epistemologia della rappresentazione visiva GIUSEPPE FUSCO
Non è forse una postulazione rigorosa, ma è certamente più di un semplice paradosso, l'affermazione che ogni teoria è sintomo di una insufficienza della prassi, alla quale più che proporre un rimedio specifico si offre come possibile rimo zione 1• Le recenti teorie semiologiche classificano segni e ipotizzano sistemi nel tentativo di controllare l'inflazione dei codici; le teorie semantiche accusano l'appiattimento dei si gnificati anche se non possono suggerire i modi per ricari care i segni; le teorie estetiche denunciano la morte dell'arte e ne propongono una metempsicosi volta a volta nella scienza o nell'esistenza; le teorie dell'architettura propongono di ral lentare il processo di obsolescenza degli oggetti vincolando il progetto ad un metaprogetto, le teorie urbanistiche riman dano la configurazione dello spazio urbano all'orientamento dei tensori nel campo territoriale, e così via. Dietro ognuna di queste disfunzioni è possibile riconoscere una radicale· mu tazione del ruolo della rappresentazione, sì che qualora non si potesse ravvisarlo altrimenti, sarebbe sempre possibile in dividuarne il luogo in quello stesso della crisi. Consci di esporci ai rischi di una arbitraria selezione e deformazione dei dati, al limite dell'invenzione, di una pede stre schematizzazione e genericizzazione degli elaborati, al li mite della banalità, di una costante forzatura logica del di scorso, al limite della incoerenza, ma soprattutto di una im perdonabile e noiosa .confusione, noi ci proponiamo qui di 5
ipotizzare alcune direzioni di ricerca volte a raccogliere prove dell'esistenza e della specificità di quel luogo attraverso una interpretazione esterna delle testimonianze di distinte disci pline, alle quali comunque rimandiamo per una verifica set toriale. Naturalmente come tutti i luoghi di carattere episte mico,. questo della rappresentazione mostrerà confini assai mobili e con.fusi in relazione all'inevitabile sovrapporsi ed interferire di altri campi. Le ricerche in realtà potrebbero agevolmente prendere le mosse da un'analisi terminologica, poiché è proprio al si gnificato ambiguo ed all'uso spesso improprio della parola rappresentazione nei contesti più disparati che sono da at tribuire alcuni dei più radicati equivoci in sede epistemolo gica ed estetica. Indubbiamente l'ambiguità dei concetti evo cati deriva dalla elasticità del campo semantico sussunto già al livello denotativo: conseguenziale sviluppo del composito etimo latino re-prae-sent-atio. Sono ivi già chiaramente sug geriti la ripetizione e la duplicazione; l'indicazione topologica ed esistenziale dell'essere, del mostrare come immagine; il riferimento sincronico della presentificazione e quello diacro nico della memoria; quindi la riproduzione come azione, come svolgimento, come processo, come rapporto e come risultato; infine il senso di stare per, di fare le veci. Ancor più ricchi si dimostrano gli usi latini della forma verbale repraesento: ai già citati vanno infatti aggiunti, tra gli altri, quello di sma scherare (improbitatem), esprimere (affectum), eseguire, ef fettuare, pagare (pecuniam ab aliquo); pure non mancano in questa lingua il fingere e l'etfingere per porre davanti agli occhi, raffigurare, né lo exprimere per descrivere, riprodurre, imitare, né il fungere per fare le veci, né l'agere (fabulam) per rappresentare (una commedia). Dividono con la lingua italiana tale etimologia quella francese ed inglese, per dire solo delle principali, nella me desima forma representation; e se alla tarda scolastica si fa risalire una prima accezione conoscitiva del termine, alla forma tedesca Vorstellung, pur con altre radici, se ne deve il rilancio nella cultura europea del XVIII secolo, nella mas6 sima estensione interpretativa. Nella nostra lingua, mentre
la forma verbale è usata generalmente col significato di stare per, di fare le veci, il sostantivo presiede alcuni distinti gruppi semantici corrispondenti a settori disciplinari e contesti cul turali diversi, come si rileva, a mò d'esempio, dalle seguenti proposizioni scelte qui ad indicare i principali nodi del di scorso: Nel linguaggio moderno la rappresentazione è un feno meno essenzialmente intellettuale e conoscitivo. Si sa bene che essa interessa tutta quanta la coscienza, che desta incli nazioni e tende a produrre o inibire movimenti, ma general mente si astrae da tutto ciò e si vuole vedere in essa un fatto di pura conoscenza 2. Noi dobbiamo poterci formare un'idea delle possibilità e dei limiti di un organo fatto di cellule e di fibre nervose, per ché, in definitiva è in questa struttura che gli organi di senso creano la rappresentazione .degli avvenimenti esterni 3• Ma rappresentazione può anche significare che l'opera d'arte dice qualcosa a coloro che la godono sulla natura della loro particolare esperienza del mondo: ... 4• E forse più di questa differenziazione orizzontale, sincro nica degli usi del termine, appare pregnante l'alterna vicenda storica nell'ambito delle singole concezioni epistemologiche, delle quali la rappresentazione intesse la trama o sfrangia gli orli. Prima ancora di divenir mito, infatti, la rappresentazione è magia, ed alla magia attinge ancor oggi il senso più intimo e profondo: Il minimo di rappresentazione che comporta ogni a.tto magico è quella del suo effetto. Ma questa rappresen tazione, per quanto rudimentale la si possa concepire è già molto complessa 5• Si tratta evidentemente di una complessità originaria, rispetto alle dissociazioni che il momento rifles sivo riesce ad operare proprio a partire da quella prima espe rienza sincretica, in misura variabile da individuo a indivi duo, da gruppo a gruppo. Secondo Lévy-Bruhl, ad esempio, l'attività mentale dei primitivi risulta troppo poco differen ziata perché sia possibile in essa considerare a parte le idee e le immagini degli oggetti indipendentemente dai sentimenti, dalle emozioni, dalle passioni che evocano queste idee e que- 1
ste immagini o che sono evocate da esse 6• Più di recente, ma con diversa angolazione, il concetto viene interpretato da Lé vi-Strauss: Il giudizio magico implicato nell'atto di produrre il fumo per suscitare le nuvole e la pioggia, non si basa su una distinzione primitiva tra fumo e nuvola con ricorso al «mana» 1 per congiungere l'uno all'altra, ma sul fatto che un piano più profondo del pensiero identifica fumo e nuvola, che· l'uno è la stessa cosa che l'altra, almeno sotto un certo rapporto, e questa identificazione giustifica la susseguente associazione, non il contrario 8• È stata più volte rilevata in tutta l'opera di Lévi-Strauss la tendenza a ricondurre quel piano più profondo del pensiero ad una Struttura metafisica, ad una costante universale deducibile forse dalla stessa or ganizzazione fisiologica dell'uomo, seguendo in questo dichia ratamente una precisa indicazione di Mauss: Gli uomini co municano mediante · simboli... ma possono avere questi sim boli e comunicare per loro tramite solo perché hanno gli stessi istinti 9• Ecco come al · livello antropologico si passa dalla postulazione di una rappresentazione che, al limite, si risolve in un atto indiviso, alla presunzione di un'attività sim bolica fondata su di una struttura fisio-psicologicà innata; laddove parallelamente la linguistica di scuola saussuriana, nel considerare una parole come atto individuale di selezione ti di attuazione 10 di una langue, istituzione e sistema. con la quale peraltro instaura un rapporto dialettico, attribuisce ai meccanismi psico-fisici un valore strumentale di esteriorizza zione delle combinazioni grazie alle quali il soggetto parlante può utilizzare il codice della lingua per esprimere il suo pen siero personale 11• II carattere magico della rappresentazione viene qui ad identificarsi col processo del senso, ponendo il problema, sempre aperto, dell'apprendimento della langue attraverso l'assimilazione di singoli atti di parole. Ma l'atto magico non è mai isolato; esso è sempre integrato ad un rituale pratico che nella società si struttura come un co dice implicito. Quando il codice viene esplicitato in un mito, anche il rituale si irrigidisce in forme stereotipe o trasforma il codice, ponendo il mito in una dimensione diacronica. 11 8 rito può pertanto essere considerato una prassi della quale
il mito denuncia una intervenuta insufficienza semantica, una teorizzazione la cui conseguente rimozione determina la pro �pettiva storica di una società. Il passaggio dalla gestualità del rito alla immagine de.I mito è anch'esso opera della rap presentazione, anzi è rappresentazione. Fin qui, come aveva intuito il Vico, non ha senso distinguere l'opera dall'atto che la produce, e tuttavia questo non vuol dire che esista un'unica condizione aurorale comune a tutte le società (Vico) perché proprio per l'identificarsi di quei tre momenti, le distinzioni tra l'una e l'altra divengono profonde, a volte inconfrontabili per la diversità delle condizioni storico-ambientali. Il proces so di -trasformazione dei riti e di produzione dei miti, lungi dall'essere caratteristico delle società primitive è una compo nente intrinseca di ogni rappresentazione dell'uomo, sia nelle sue fasi di sviluppo (animismo infantile), sia a livello sociale 12• Rimane da vedere in che misura questa componente può es sere definita istintuale o non piuttosto, secondo un moderno strutturalismo genetico, culturale. In fondo una componente animistica è evidentemente presente in ogni concezione della rappresentazione come conoscenza assimilativa. Se infatti l'atto magico si identifica con l'effetto nella rappresentazione, in sede di partecipazione 13, non è lecito parlare di conoscen za; la conoscenza partendo da una dualità originaria, pone la rappresentazione come fagocitazione, dove la garanzia d'una facile digestione deriva dalla consustanzialità del cibo e del mangiatore 14; la metafora, che ricorda l'antropofagia, non a caso è stata ripresa dalla tradizione cristiana. Anche il mito, in quanto esplicitazione del rito, si offre ad una assimila zione, ma con modalità diverse perché diversa è la sostanza; di qui la necessità di un'anima conoscitiva consustanziale al modello immaginativo. Abbiamo detto che il termine rappresentazione acquista dignità filosofica solo nel medio evo, tuttavia dai presocratici al Rinascimento, per duemila anni, il simile si conosce con il simile, è la legge primaria di ogni rappresentazione. L'arte, di conseguenza, si distingue sempre più dalla gestualità ri tuale e dalle immagini mitiche per divenire imitazione e pro duzione di oggetti conformi al modello, all'uso, e al fine; il ve- 9 ·
risimile, fatta eccezione per l'estetica cosiddetta mistica da Plotino e Eckhart, non coincide col bello e col piacevole, ma si articola come possibilità. Con il graduale, organico costituirsi della religione cri stiana a supporto e struttura dell'intera cultura occidentale, mentre il rito e il mito vengono definitivamente sottratti al l'arte, per divenire di esclusiva competenza di una rigida ca sta sacerdotale, la produzione di oggetti viene fortemente controllata attraverso l'imposizione di precisi repertori tipolo gici e iconografici, poiché la maggior parte delle opere lettera rie, architettoniche e figurative sono volute dal cler o e giudi cate oggettivamente in relazione alla loro rispondenza funzio nale e rappresentativa. In questo senso le polemiche tra ico nofilia e iconoclastia che infieriscono drammaticamente a Bi sanzio, conducono di riflesso in Occidente, all'epoca di Adria no I, ad una pur controversa posizione ufficiale che l'Assunto così descrive: La «strumentalità» delle immagini come mezzo e non fine, porta ad un gusto che di esse tende a valutare la capacità di racconto, suggestività che conduce oltre l'immagi ne come tale; ma una suggestività residente pur sempre nella immagine, la cui necessità si fonda sulla impossibilità di per venire altrimenti all'oggetto da cui quelle emozioni e rapi menti traggono origine. In questa necessità di andare « per il visibile all'invisibile », che giustifica teoricamente le imma gini sacre, è già una delle premesse per il successivo rifiorire del gusto per l'allegoria ed il simbolo: gusto dell'invisibile reso visibile, che non potrà non influire sulla conformazione dello stesso visibile in quanto tale 15• Sul finire del medio evo S. Tommaso riporta l'accento de1la rappresentazione sulla conoscenza e Ockham, poco più tardi, ne distingue i tre fondamentali significati correlativi di idea, di immagine, di oggetto, suggerendo un superamento della teoria assimilativa che sarà riproposto dopo alcuni se coli. L'assimilazione, dunque, si estende sempre più ad asso dazione, secondo una meccanica delle immagini governata da leggi che si possono far risalire ad Aristotele (somiglian10 za, contr:asto, contiguità temporale e spaziale) e che Foucault
descrive magistralmente come appaiono nella rielaborazione operata dal pensiero occidentale nell'ambito dell'unica cate goria della similitudine, in un'epoca di cui il mondo si avvol geva su se medesimo... la terra ripeteva il cielo, i volti si con templavano nelle stelle, ... l'erba raccoglieva nei suoi steli i se greti che servivano all'uomo... la pittura imitava lo spazio... e... la rappresentazione - fosse essa festa o sapere - si offriva come ripetizione 16 • Per tale Weltanschauung è importante cercare di stabilire le forme secondo le quali poteva loro ca pitare di essere simili le une alle altre 11, donde la ricchissima trama semantica della quale Foucault riporta alcune leggi dalla Sintaxon artis mirabilis del Grégoire: Amicitia, Aequa litas ( contractus, consensus, matrimonium, societas, pax et similia) Consonantia, Concertus, continuum, Paritas, Simili tudo, conjuctio, Copula 18 ; e, con esse, le quattro principali: la Convenientia, che corrisponde alla contiguità spaziale di Aristotele, l'aemulatio, l'analogia e la simpatia. Sempre se condo Foucault solo alle soglie del XVII secolo la rappresen tazione da assimilazione diventa corrispondenza biunivoca, co struzione di un modello certamente in rapporto con la realtà ma non necessariamente consustanziale o simigliante. Tutta via già prima tutto il Rinascimento italiano prelude a questa costruzione che l'uomo fa di modelli volti a rappresentare ed ordinare razionalmente l'universo. In realtà la scoperta del punto di vista prospettico, come centro di una costru zione globale, sferica, di uno spazio visivo nel quale porre gli oggetti in una relazione metrica tale da consentire di spo starli gli uni rispetto agli altri, senza tradirne l'obiettività, pone la rappresentazione visuale, perspectiva, come esempio insuperabile di ogni possibile rappresentazione, e la pittura come discorso mentale 19• Ma la staticità, l'inamovibilità di quel centro di vista, quando se ne rileva il vuoto provocato dall'assenza di uno spettatore precisamente collocato, denunciano anche il li mite della cultura figurativa rinascimentale 20• Le Vite del Vasari, in questo senso, possono essere interpretate metafo ricamente come un lucido tentativo di riempire quel vuoto con una biografia precisamente datata in uno schema dia- 11
cronico che condizionerà d'ora in poi tutta l'attività artisti ca 21• Il rapporto stretto che si è creato di fatto nel Rinasci mento fra pittura e letteratura (Leonardo dipinge la scrittura e scrive la pittura, Vasari racconta la pittura come un mito), ha finito per esplicitarne i codici in formule, sistematizzan dole in autorevoli manuali e iconografie, sicché il rito arti stico si sclerotizza nel manierismo, in una stereotipia che condiziona l'invenzione, pur esibendo uno spregiudicato eser cizio combinatorio. Questa insofferenza per una rappresentazione che sia solo imitazione è testimoniata anche in sede speculativa dalle dispute sorte in Italia in questo periodo intorno al modo di intendere l'aristotelico verisimile nella storia come nell'arte; fra gli altri il Patrizzi afferma, con una spregiudicatezza tutta rinascimentale che non sia vero il dogma che la poesia tutia
sia imitazione; e se pure imitazione è, sarà non propria dei poeti soli e alla ventura, ma sarà alcuna né da Aristotele detta né da altri mostrata né ora venutaci in pensiero; la quale per avventura potrebbeci venire o d'alcuno essere ri trovata e posta in luce, mentre ora ella si sta in occulto 22• Quanto il pensiero cartesiano, cui generalmente va at tribuita la concezione rivoluzionaria della rappresentazione, sia debitore della visione prospettica rinascimentale si rileva da queste note sull'architettura apparentemente marginali nel contesto del Discorso: non vi è quasi mai tanta perfezione
nelle opere composte di pezzi fatti da artefici diversi quanta in quelle costruite da uno solo... Così, le città antiche, che un tempo erano borghi, e si sono col tempo sempre più in grandite appaiono ordinariamente tanto mal proporzionate a confronto di quelle costruite da un ingegnere secondo un piano da lui immaginato, che, sebbene gli edifici separata mente considerati, siano talora anche più belli, tuttavia a guardare come sono disposti, qui uno grande, là uno piccolo, e come rendono le vie storte e ineguali, si direbbe che non alla volontà di uomini ragionevoli, ma al caso si deve la loro composizione 23• 2
In sede di geometria proiettiva lo spazio cartesiano si può far derivare da una estensione della prospettiva rinasci-
mentale, con la trasposizione all'infinito del centro di vista. È stato rilevato che nella concezione cartesiana non vi è post o per l'arte, e di fatto la rappresentazione o è tutta ra zionalità, quadro, idea ordinatrice di quello spazio metrico o è immaginazione percettiva, che si attua attraverso mecca nismi automatici di tipo riflesso. Di fatto Cartesio ha intuito che l'unico modo di sottrarre speculazione ed esperimenti all'autorità di un'anima che Io condiziona non tanto dall'in terno come coscienza quanto dall'esterno come religione e potere costituito, è quello di separare nettamente le compe tenze, salvo ad esibire al controllo fiscale la ghiandola pi neale 24• È noto come la problematica che ha dato luogo al duali smo cartesiano, in un clima culturalmente meno condizionato come quello inglese, si estrinseca liberamente in distinte teorie sperimentali, empiriche, critiche, scettiche, idealiste. Tut tavia è solo nella Germania della prima metà del XVIII se colo che, dopo il continuum leibniziano ove ogni monade è una rappresentazione dell'intero universo, si propone il ri lancio della rappresentazione soprattutto attraverso la psi cologia e l'estetica. Nel 1732 il Wolff fonda a fianco di una psicologia razionale, deduttiva, ove la rappresentazione ha ancora il senso dell'idea cartesiana, una psicologia empirica come scienza che stabilisce attraverso l'esperienza i principi con i quali si possa rendere ragione di ciò che accade nel l'anima umana 25 per la quale la rappresentazione è esperienza immaginativa, se pur confusa. Nel 1750 il Baumgarten pub blica il primo volume della sua Aesthetica come scientia co gnitionis sensitivae, theoria liberalium artium, gnoseologia inferior, ars pulchrae cogitandi, a1's analogi rationis 26 che, a differenza della psicologia, la quale ne fornisce tuttavia i presupposti, investiga le leggi delle rappresentazioni confuse o fantastiche che poi sono quelle dell'arte. Se pure Wolff e Baumgarten non son rivoluzionari, come un Vico, o geniali come un Leibniz, pongono tuttavia diligentemente le pre messe di una moderna ricerca scientifica della rappresenta zione che, al di qua del significato generalissimo ad essa at tribuito da Kant 27, si svilupperà, fino a un certo punto indi- 1.
pendentemente, nella psicologia e nell'estetica secondo prin cipi che pur riconàucendola ai\ verisimile, la pongono tuttavia fuori della opposizione del vero e del falso logici, per verifi carla operativamente in una metodologia specifica. In questo senso anche il più rigido associazionismo, quello della cosid detta psicologia atomistica, condizionato culturalmente dal l'empirismo inglese, e le contemporanee vituperate estetiche positivistiche, fisiologiche, psicologiche, nel loro cercare, spes so al di fuori e contro la cultura ufficiale, nuovi metodi di indagine dei problemi della rappresentazione, sono tanto lon tani dalla verisimiglianza aristotelica quanto le moderne me todologie scientifiche dalle teorie della conoscenza. Siamo nel l'ambito della psicofisica, alla quale il Weber ed il Fechner, nel secolo scorso, hanno dato le prime leggi. Essi partono da tre presupposti sperimentali noti rispettivamente come soglia assoluta, soglia differenziale e minima differenza percettibile. 1:. noto quanto limitata sia la gamma dei fattori fisici cui siamo sensibilizzati dal punto di vista fisiologico, e quanto ristretto sia l'ambito ricettivo per ciascun tipo di energia. I limiti superiori e inferiori della nostra sensibilità percet tiva sono infatti contenuti fra i cosiddetti valori di soglia as soluta al di sopra e al di sotto dei quali, per saturazione o per insufficienza, gli stimoli non vengono percepiti, o, meglio, non suscitano alcuna reazione nell'organismo. Esistono poi diffe renze quantitative fra stimoli qualitativamente uguali che non vengono apprezzate individuando dei valori limiti detti soglie differenziali; queste non sono costanti ma variano in rela zione al tipo di stimolo ed in funzione della intensità dello stimolo stesso: essi raggiungono evidentemente i minimi in corrispondenza delle minime intensità assolute, e i massimi in corrispondenza delle massime. Ricordiamo qui comunque che si son trovate di recente giustificazioni della validità di queste leggi e della mancata corrispondenza di quelle costanti durante fasi singolari delle esperienze relative (inizio e fine): giustificazioni fondate sulla ipotesi della natura probalilistica dei fenomeni in esame 28• Il Fechner estende in sede estetica le sue ricerche psico l 4 logiche rinunciando al tentativo di determinare concettual-
mente l'essenza oggettiva del bello 29 per indurre da espe rienze specifiche alcuni principi generali: la soglia estetica, l'aiuto o accrescimento, l'unità nella varietà, la mancanza di contraddizioni, la chiarezza, l'associazione, il contrasto, ecc. 30,
Ricorderemo ancora qui che quando nella psicologia associa zionistica si passa dall'ambito teorico a quello sperimentale, vengono adoperate indifferentemente parole o immagini, sì da suggerire una meccanica delle parole analoga a quella delle immagini: di qui la classica esperienza volta a provocare nel soggetto in esame risposte immediate (parole-reazione) a de terminate parole-stimolo, sino a formare intere catene di as sociazioni. Su questa strada Ebbinghaus alla ricerca della massima purezza delle associazioni, per poterle cogliere sul nascere, tenta di svincolarsi dal patrimonio associativo pre costituito nel soggetto svolgendo i suoi esperimenti con l'uso di sillabe prive di significato in luogo delle parole-stimolo, e analizzando tempi e capacità di memorizzazione. Ancora Mtiller, poco più tardi studia le associazioni pure fra sillabe senza senso e immagini. Naturalmente le inferenze che si possono trarre da tali esperienze, che continuano tuttora in varia forma ad effettuarsi nei laboratori di psicologia sperimentale, variano in relazione agli obiettivi ed ai presupposti teorici che guidano lo sperimentatore. Un primo dato ritenuto si gnificativo è quello statistico relativo alla frequenza di asso ciazione fra parola-reazione e parola-stimolo in una molte plicità di soggetti. In questa sede sembra più interessante, soprattutto se riferito alle immagini visuali, il rapporto cate goriale intercorrente fra stimolo e risposta quale si deduce dall'analisi del significato delle rappresentazioni. Fra queste prove, che sono per la maggior parte classificate con i cosid detti reattivi mentali (in quanto sono generalmente considerati alla stregua di proiezioni della personalità, di misuratori delle attitudini e della intelligenza) più note sono, oltre alle interpretazioni ormai classiche delle macchie di Rorschach 31 e delle nuvole di Stero 32, il reattivo di Szondi 33, quello di Luscher 34 e quello di Wartegg Sl, che ricorda alcuni giochi di enigmistica. Più recentemente Osgood e Hofstlitter hanno spe rimentato il metodo del profilo di polarità (semantic diffe-
15
rential) che si basa sul compito, affidato al soggetto, di arti colare la posizione di un concetto o anche di un oggetto o di una immagine percepiti per via visiva ( per esempio figure a colori) su una serie di coppie polari prive per lo più di ri ferimenti oggettivi con esso, ma dotate sempre di possibilità associative. Il confronto quantitativo dei profili, effettuato mediante il calcolo delle correlazioni, consentirebbe di trarre indicazioni circa la somiglianza ( soggettiva) fra gli oggetti presentati alla persona in esame 36• In questo tipo di esperi
menti ci sembrano particolarmente significative le correla zioni sinestetiche, cioè i rapporti che emergono fra stimoli percepiti per vie diverse (parole, suoni, colori, odori, ecc.) e con mezzi diversi, soprattutto in rapporto alla presunta fun zione simbolica della rappresentazione. Vedremo che più che di associazioni naturali, si tratta comunque di rappresenta zioni strutturate in un campo situazionale ben determinato e coinvolgente sempre un lungo travaglio genetico e sociale che si attua in quella struttura come aspettativa e intenzio nalità. Pertanto, da un punto di vista psico-genetico i riflessi condizionati 37, che rappresentano la chiave di volta del mo derno associazionismo, pur inquadrati in quelle che Piaget definisce reazioni circolari secondarie (che caratterizzano con un primo abbozzo di intenzionalità la condotta del bambino fra i tre e i dodici mesi) e terziarie (che fra i dodici e i di ciotto mesi configurano un'attività sperimentale) possono al più suggerire le condizioni necessarie alla nascita di quella at tività simbolica che dà luogo alla rappresentazione, ma non sono sufficienti a strutturarla: essi sono infatti unidirezionali (un riflesso inverso di un altro è un nuovo e diverso riflesso, a meno dei fenomeni di inibizione, di generalizzazione, ecc.) mentre la rappresentazione richiede almeno quel minimo di reversibilità necessaria ad instaurare la correlazione fra sim bolo e operazione. Ancora Piaget ritiene di poter collocare questo salto nei bambini fra i diciotto e i venti mesi, allorché acquistano la capacità di organizzare i loro schemi di azione senso-motoria coinvolgendo anche una pseudo-reazione ad uno stimolo percettivamente assente. Si tratterebbe dapprima 16 di un fenomeno di breve persistenza della reazione effettiva e,
successivamente della produzione di un simbolo sostitutivo, dove per simbolo s'intende sempre una relazione in seno a una struttura e non un'entità in sé operabile e individuabile. Tutto il successivo sviluppo dell'attività rappresentativa si svolgerebbe pertanto attraverso un progressivo esercizio di interiorizzazione degli schemi d'azione senso-motoria fino alla costruzione di operazioni sempre più reversibili, articolate e complesse come gli aggruppamenti, che danno luogo al pen siero logico-matematico 38• L'elevato grado di arbitrarietà dei simboli delle operazioni logico-matematiche sarebbe pertanto la caratteristica emergente dell'attività intelligente dell'uomo, sempre integrata a quelle più squisitamente percettive ed emotive, e tuttavia sempre tendenti ad un limite di massima astrazione 39 • Ad una conclusione non molto diversa giunge Walter nell'ipotizzare sette passi dalla casualità al significa to 40 con l'ausilio di modelli cibernetici. Qui ci limitiamo a rilevare come alla base delle più recenti concezioni epistemo logiche che contrappongono la rappresentazione ad una realtà più o meno distinta e pur somigliante, è possibile ritrovare il concetto di corrispondenza biunivoca nella accezione topo logica che risulta dalla seguente proposizione di Wiener:
Uno degli aspetti più interessanti del mondo è il fatto che esso può ritenersi costruito sulla base di patterns. Un pattern è essenzialmente una disposizione caratterizzata dall'ordina mento degli elementi di cui si compone anziché dalla natura intrinseca di questi elementi. Due patterns sono identici se il rapporto dei loro ordinamenti può essere espresso come corrispondenza biunivoca, ossia in modo che ad un termine dell'uno corrisponda uno ed un sol termine dell'altro, e che a ciascuna relazione d'ordine fra i diversi elementi dell'uno corrisponda una identica relazione d'ordine fra i corrispon denti elementi dell'altro 41• In questo concetto di pattern si è voluto da alcuni individuare un polo di convergenza dell'ato mismo delle teorie associazionistiche e dello olismo di quelle cosiddette della forma. Infatti uno dei luoghi comuni dei trattati di divulgazione come di alcune opere specialistiche della fisiologia e della psicologia è quello fondato sul netto con trasto fra le posizioni estreme di quelle teorie da superare poi
li
dialetticamente in una accomodante sintesi risolutiva. In realtà posizioni così estreme esistono soltanto in quelle for zate interpretazioni di comodo o nei paradossi polemici di qualche acceso pamphlet. Fra questi ultimi giova qui ricor dare quello recente dello stesso Piaget volto a denunciare il pericolo di vedere il lavoro di ricerca della psicologia dop
piato da una cosiddetta psicologia filosofica, il cui esame si stematico mostra rapidamente quanto insussistenti siano state finora le sue conquiste 42, contestando ai nomi più prestigiosi
dell'esistenzialismo e della fenomenologia, segnatamente Sar tre e Merleau-Ponty,il diritto di segnare limiti alle scienze, affette, secondo loro, da una pregiudiziale impotenza ad af frontare i problemi della coscienza. Invero di certe arbitrarie imposizioni non è da accusare la genuina fenomenologia (in particolare Merleau-Ponty si riferiva a certa scienza tradizio nale contrapposta ad una scienza moderna) che nell'offrirsi come coerente e aperta metodologia di approccio ai fenomeni descrit-ti nella loro originaria essenza vissuta, si limita a veri ficare le contraddizioni dell'assunzione di alcune discipline particolarmente prestigiose a fondamento di una generale teo ria della conoscenza, ma a quelle arbitrarie quanto dogmati che posizioni filosofiche, che sotto l'aggettivo fenomenologico contrabbandano vecchie e screditati concetti metafisici ripre sentandoli in nuove e specialistiche terminologie che evocano l'Unità, la Totalità, l'Universalità. Per esse vale quanto ebbe ad affermare Wiener: Se un fenomeno può essere afferrato
soltanto come un tutto ed è completamente refrattario al l'analisi, vuol dire che non è materiale adatto per una de scrizione scientifica; un tutto non è mai a nostra disposi zione. Però è sempre possibile al ricercatore negligente na scondere le briciole della sua ignoranza dietro quelle parti dei fenomeni che sono accessibili 43•
18
In particolare della psicologia della Forma e dei suoi rap porti con la fenomenologia ci sembra qui importante mettere in rilievo quell o che è stato il contributo più stimolante: l'accento posto sulla strutturazione del campo_ figura-sfondo, che nella dinamica dei processi percettivi, ai vari livelli di organizzazione, costituisce l'essenza stessa della rappresenta-
zione. Di fatto quando la Gestalttheorie ci dice che una figura su sfondo è il dato sensibile più semplice che possiamo otte nere, non ci troviamo di fronte a un carattere contingente, della percezione di fatto - che, in una analisi ideale, ci la scerebbe liberi di introdurre la nozione di impressione - ma alla definizione stessa del fenomeno percettivo, ciò senza di cui un fenomeno non può essere detto percezione. Il qual cosa percettivo è sempre in mezzo ad altre cose, e fa sempre parte di un campo 44• Oggetto, forma, pattern, informazione, sono costituiti all'origine da questa attività distintiva, e ne derivano il loro senso più intimo prima di ogni ulteriore specificazione. Prima ancora, cioè, di osservarne le caratteri stiche intrinseche, una figura è ciò che si staglia su di uno sfondo; un pattern è qualche cosa che si può ricordare; un oggetto è qualche cosa che la nostra percezione isola viven dola. La psicologia della Forma ha ipotizzato una serie di fattori costitutivi di ogni figura ed un sistema di leggi che ne condizionerebbe i rapporti relazionali. (Nel 1933 Helson enu mera circa 114 principi formali). La situazione più elementare ipotizzabile per il fenomeno percettivo figura-sfondo è quella di una macchia su di uno sfondo indefinito; situazione apparentemente frequente, e pur eccezionale per la sua astratta semplicità. Non è infatti da identificarsi tout court con la macchia di inchiostro sul foglio di carta. Il foglio, come sfondo, non è sufficientemente indefinito: esso ha dei limiti, una forma, un colore una tes situra e soprattutto una oggettualità, in quanto foglio, che lo rendono inadatto a costituire come s'usa, paradigmaticamente, uno sfondo indefinito. Nella sua teoria volta a spiegare le illusioni ottiche del tipo di quelle di Miiller-Lyer 45, di Necker 46, ecc. grazie al conflitto fra fenomeni di costanza e suggerimenti prospettici Gregory 47 considera la tessitura della carta, o ·più quella della tela dei pittori, un fattore tanto contrastante le indicazioni prospettiche delle figure disegnate, da annullarle talvolta completamente. Abbiamo già visto prima come Piaget facendo rientrare questi stessi fenomeni nelle leggi di Weber e di Fechner, abbia proposto con la teoria dei centra menti e decentramenti, una interpretazione probabilistica dei
19
processi percettivi, nell'uomo tuttavia mai dissociabili da quelli rappresentativi, intenzionati. Dunque distinguiamo una figura su uno sfondo, perce piamo una forma. Il colore della figura è più denso di quello dello sfondo, il contorno fa parte della figura e respinge lo sfondo; la forma infine non interrompe la continuità della superficie di fondo, alla quale sembra sovrapposta, appog giata. Se la macchia si riduce ad una linea o ad un punto, l'effetto di sovrapposizione rimane; questo effetto, ovviamente,
non è il risultato di particolari condizioni dell'oggetto fisico, ma si verifica nello spettatore per motivi psicologici 43, afferma ingenuamente Arnheim, quasi avesse senso distinguere cause fisiche e motivi psicologici entro il processo percettivo del l'uomo. E questo ci riporta alle proprietà ed alle leggi enun ciati dai più autorevoli rappresentanti della Gestaltpsycholo gie 49• Una forma è - prescindendo dal suo carattere totale -
caratterizzata per essere delimitata, spiccante, coerente o chiusa, e strutturata od organizzata 50• Una forma è tanto più
20
forte quanto più si impone come unità e si oppone ad ogni modificazione percettiva, sia da parte del soggetto perce piente sia ad opera di fattori esterni. La coerenza della sua struttura garantisce la sua stabilità e vincola indissolubil mente le parti al tutto, nel senso che ostacola ogni percezione di configurazioni parziali nel proprio ambito, salvo che non vi si sia condotti ad arte 51• Sempre nell'ambito della psicologia della forma sono fondamentali, per la costituzione di patterns visuali, le leggi della vicinanza 52, dell'uguaglianza 53, della for ma chiusa 54, della curva buona 55, dell'esperienza 56 della pre gnanza 51, ecc. che si riferiscono ad altrettanti fattori di orga nizazzione intrinseca delle forme. Tuttavia è sfuggito a que gli psicologi che tutte quelle caratteristiche esterne, fisiche, che essi attribuiscono alle figure come proprietà che si do vrebbero imporre al soggetto, in realtà non appartengono all'oggetto fisico, ma derivano dal senso secondo cui lo vi viamo, dalla strutturazione del nostro campo percettivo e rappresentativo; sono cioè indissolubilmente legate al signifi cato, che trascende le caratteristiche fisiche della forma perché è un prodotto della nostra rappresentazione. Che una
macchia appaia sovrapposta al foglio è un fatto dotato di senso, intrinseco al nostro percepire e vivere in uno spazio orientato, in un mondo di distanze relative, vissute prima di essere misurate. Siamo in presenza di un equilibrio che tra scende quello funzionale di quanto quello funzionale trascen de quello fisico; il significato rappresenta un salto nei con fronti della funzione. La macchia nera in movimento perce pita dall'insetto non significa per esso cibo, come con colorita metafora si usa esprimersi nei testi divulgativi di biologia e di cibernelica, ma costituisce solo una situazione di squili brio fra l'insetto e il suo ambiente, cui prima o poi subentra un equilibrio funzionale grazie all'attività senso-motoria del suo organismo. La macchia percepita dall'uomo rappresenta un equilibramento del senso, una strutturazione significante, che non esclude l'equilibrio funzionale e fisico ma Ii sussume nella rappresentazione. Abbiamo usato il verbo trascendere che in realtà falsa i rapporti fra i fattori in gioco. Infatti non si danno degli elementi inerti, frammentari, o comunque distinti che grazie ad una organizzazione di ordine superiore vengano trascesi da una funzione, o un sistema di funzioni che venga vissuto dall'uomo dando luogo ad una trascendenza del significato; il processo è inverso: si dà un senso, la rap presentazione, che la riflessione successivamente articola in significati, organizza in funzioni, distingue in elementi. Ma questo successivo smembramento del senso che è frutto della nostra riflessione, e che partecipa tuttavia essa stessa sempre di un senso, procede per salti, fra livelli qualitativamente se parati, ed incommensurabili, mai deducibili con continuità logica l'uno dall'altro. L'intelligenza procede mediante opera zioni reversibili, anzi non è altro che la reversibilità stessa delle operazioni 58, che tuttavia è possibile solo nell'ambito di ciascun livello. Tutti i tentativi volti a spiegare le opera zioni di un livello con quelle di un altro sono destinati a fal lire per la struttura stessa della genesi dei livelli. È noto che, pur nella fecondità dei temi e delle critiche che guidano le loro sperimentazioni, alcune ipotesi pregiudi ziali hanno ridotto i fondatori della teoria della Forma nel vicolo cieco dell'isomorfismo e nel rigido schematismo delle 21
forme privilegiate e aprioristiche, non molto distanti dalle conclusioni metafisiche del positivismo logico. L'aver circo scritto il loro campo d'indagine alla percezione prevalente mente visuale, non è l'ultimo dei motivi di tale insabbiamen to. L'evidenza paradigmatica di alcune esperienze ottiche, pur fondamentali nella confutazione delle più rigide tesi associa zionistiche, ha tuttavia indotto ad una sclerotizzazione, ad una chiusura di quelle ipotesi cui una maggiore elasticità avrebbe potuto offrire cospicui sviluppi. Anche in sede este tica il discorso figura-sfondo pur mirabilmente avviato nelle fondamentali esperienze didattiche di Klee e di Kandinsky condotte nello ambito della Bauhaus 59, è stato poi chiuso al livello critico dalla prospettiva rigidamente gestaltica e pola rizzato sulla percezione visiva 60• Un'approfondita analisi dell'immagine e della immagina zione è stata condotta, proprio nell'ambito della fenomeno logia, da Sartre 61 a partire da quella che è la sua funzione fondamentale in seno alla coscienza: la funzione irrealizzante. Infatti, per Sartre, immaginare un oggetto vuol dire primie ramente essere consapevoli della sua assenza percettiva, vuol dire un certo modo di porsi della coscienza in rapporto con l'oggetto assente. In tutt'altro contesto abbiamo visto pro porre l'origine della rappresentazione come quella particolare forma di ristrutturazione senso-motoria che, per così dire, sussume l'assenza di un dato percettivo, assimilandola sim bolicamente, ma non mai fingendone la presenza reale. In questo senso la natura relazionale del simbolo condiziona il valore di molte delle analisi di Sartre, il quale troppo spesso descrive le immagini come se fossero dotate di una stabilità, di una corposità, di una figuratività che son lungi dal posse dere anche, anzi, proprio in una descrizione fenomenologica. Salvo che non si voglia dar credito, come è pur lecito, ad una teoria dei tipi ad immaginazione visiva più o meno spinta, grossolanamente già intuita da Pavlov, approssimativamente suffragata da recenti ricerche elettroencefalografiche 62• Quali che siano le illazioni di carattere fisiologico, psicologico, este tico di questi .fenomeni, certamente l'immagine visiva è da 22 porsi come una configurazione limite nell'ambito di processi
che coinvolgono sempre percezione, intellezione ed emozione, e che ammettono d'altra parte come limite opposto un sim bolo coincidente per intero con una relazione strutturale; sì che non si può non sottoscrivere quanto afferma Ryle nella lingua di Oxford: In breve non ci sono oggetti come le rap presentazioni mentali: e se anche ci fossero, vederli non sa rebbe la stessa cosa che vedere visi o montagne 63. Come è possibile, con una certa approssimazione, far cor rispondere il concetto di immagine visiva ad una estrapola zione dell'attività mimetica, imitativa che caratterizza, come abbiamo detto, l'atteggiamento magico, così ad una attività ludica di tipo simbolico e verbale, si può attribuire il senso ài una rappresentazione operativa, aperta alle più libere ar ticolazioni ed alle più audaci analogie. Nelle prime prevale una componente senso-motoria, individuale, partecipativa, nelle seconde si accentua, con la convenzionalità dell'uso dei segni, la componente sociale. Ci sembra comunque impor tante rilevare il fatto che nelle classificazioni dei simboli che strutturano l'attività rappresentativa dell'uomo, gli psicologi usano trasporre puntualmente le categorie adottate dai se miologi per ordinare i segni fisici e quelli linguistici 64; prima, fra queste, per essere la più aden,nte a quel concetto di im magine visiva che si è detto, la categoria della somiglianza che caratterizzerebbe il segno iconico. Per Peirce, infatti, esso ha una certa nativa somiglianza con l'oggetto 65, per Morris ne possiede alcune proprietà 66• Nell'ambito più specifico dell'arte figurativa questo pro blema è stato affrontato e sviscerato secondo punti di vista ritenuti opposti da uno psicologo con una lunga esperienza di critica d'arte e da uno storico dell'arte con un notevole bagaglio psicologico: mi riferisco alla nota polemica Arnheim Gombrich che, lungi dall'essere spenta, si alimenta di continuo sulle pagine delle riviste specializzate. Senza attardarsi sulle singole posizioni (di Arnheim abbiamo già accennato) che possono essere in via approssimativa indicate rispettiva mente come gestaltica e interpretativa 61, vale qui entrare bre vemente nel merito del problema, che ci sembra non consi stere affatto nella valutazione del ruolo che volta a volta as- 23
surnono nella rappresentazione pittorica le componenti fisico percettive o quelle esperienziali dell'immagine e del suo mo dello, come affermano gli autori citati, quanto nella interpre tazione del rapporto circostanziale del campo nel quale ope rano insieme artista, immagine e modello. In questo senso, quando Eco, rilevato il carattere tautologico delle definizioni che Peirce e Morris danno del segno iconico, ne avanza una propria secondo cui esso costruisce un modello di relazioni
(fra fenomeni grafici) analogo al modello di relazioni percet tive che costruiamo nel conoscere e nel ricordare l'oggetto 68 sostituendo alla nativa somiglianza una omologia strutturale
(al modo di Piaget) fra modelli percettivi distinti, rimanda tuttavia, per quanto attiene al processo interpretativo, a quel la circostanza (/J che originariamente intenziona l'esperienza, orientando i modi della fruizione e la scelta dei codici inter pretativi. Un autorevole precedente nel campo dei fenomeni fisici sembra potersi riconoscere nella teoria rappresentazio nale di Helmholtz secondo la quale affinché un singolo segno
possa stare per una singola cosa, bisogna supporre che tutto l'insieme delle cose - l'« ordo et connexio rerum» - sia rappresentabile per mezzo di quel sistema semiologico - l'« ordo et connexio idearum » - che regola l'uso del sin golo segno 70• Non c'è somiglianza fra segno e designato ma c'è analogia fra l'insieme dei segni e l'insieme dei designati,
dove quella analogia è condizionata dalla circostanza che la determina. Esaminiamo un caso limite illustrato da Ittelson e Kilpatrick, due autorevoli rappresentanti di quella psicologia transazionale che, denunciando esplicitamente una diretta di• scendenza dal pensiero dell'ultimo Dewey, è stata più volte avvicinata, malgrado il suo carattere squisitamente sperimen tale, ad una psicologia fenomenologica: Due configurazioni fi
24
siche possono essere definite come equivalenti sul piano vi sivo se offrono ad un osservatore esattamente le stesse indica zioni visive; dove per indicazioni visive s'intende qualsiasi ca ratteristica dei raggi luminosi che colpiscono la retina alla quale l'organismo sia sensibile, o rispetto alla quale possa operare una discriminazione. Inversamente si può dire che una determinata indicazione visiva definisce due o più con-
figurazioni equivalenti se si può dimostrare che esistono due o più configurazioni fisiche che producono esattamente la stessa indicazione... per cui si afferma e si dimostra che cia scuno degli indici visivi già identificati per la profondità de finisce una famiglia infinita di configurazioni equivalenti. Ciò significa che identici messaggi in arrivo possono provenire da combinazioni spaziali esterne completamente differenti 11• Siamo qui chiaramente nell'ambito di un'esperienza di labo ratorio che tuttavia correlata a quelle altre relative alla fun zionalità del nostro cervello che inducono un Walter ad af fermare che non v'è limite fisiologico al potere d'associazione e che per un animale quale è l'uomo qualsiasi cosa può venire a « significare » qualsiasi altra 12 testimonia del valore fon dante dell'attività svolta dall'organismo umano nel costruire, nel realizzare con un unico processo rappresentativo se stesso e il mondo. Ma proprio perché si tratta di un processo sus sume un tempo che pone ai limiti sia il dubbio fenomenolo gico che la categoria della somiglianza: infatti da una parte la ingenuità della coscienza che- si tuffa nel mondo in un sem pre rinnovato cominciamento ha senso e dà senso proprio e solo come evento istantaneo, pena la perdita della ingenuità, come limite di un'esperienza che, d'altra parte, non riesce mai a riflettersi, a misurarsi, a duplicarsi, pena la perdita della sua stessa individualità. L'aver attribuito alla rappresentazione, per poterla più fa cilmente vanificare, il significato di una meccanica, fedele e inutile copia mentale di una realtà esterna già altrimenti qua lificata e oggettivata, che del resto in questa forma estrema, come si è già rilevato, non è stata mai sostenuta neppure dai più rigidi associazionisti atomistici, ha impedito a Merleau Ponty 73 di prospettarne la intrinseca storicità e intenzionalità che coincide con la storicità e la intenzionalità della coscienza: nel dirigersi della coscienza verso il mondo per proget tarlo ( che non è affatto abbracciarlo o possederlo nella sua interezza e non è solo assumere nei suoi confronti una precisa cosciente volontà) si può riconoscere il più fertile concetto di intenzionalità come strutturazione dell'unità naturale e antepredicativa del mondo e della nostra vita, che appare
25
26
nei nostri desideri, nelle nostre valutazioni, nel nostro pae saggio più chiaramente che nella conoscenza oggettiva, e che fornisce il testo di cui le nostre conoscenze cercano d'essere la traduzione in linguaggio esatto 74• La rappresentazione va pertanto allargata fino ad inclu dere la storia, l'insieme delle spiegazioni causali e la plura lità dei significati in una struttura di esistenza. In questo senso l'arte, come la storia, è indivisibile nella successione così come lo è nel presente. In rapporto alle sue dimensioni fondamentali, tutti i periodi storici appaiono come manife stazioni di una sola esistenza o episodi di un solo dramma, e noi non sappiamo se questo dramma ha uno scioglimento. Poiché siamo nel mondo, noi siamo condannati al senso e non possiamo fare nulla né dire nulla che non assuma un nome nella storia 75• La rappresentazione va dunque inqua drata nel mondo fenomenologico quale traspare all'interse zione delle mie esperienze, e all'intersezione delle mie espe rienze e di quelle altrui, grazie all'innestarsi delle une sulle al tre; essa è pertanto inseparabile dalla soggettività e dall'in tersoggettività, che vi si fondono in un unico modo di frui zione che consiste nella ripresa delle mie esperienze passate nelle mie esperienze presenti, dell'esperienza altrui nella mia 76• Ma se il luogo della rappresentazione è l'esperienza este tica, la progettazione, in che senso si può di questa ipotizzare una metodologia? Che cosa vale progettare un progetto, so prattutto in riferimento alla manipolazione dell'ambiente nel quale viviamo? Sono stati pubblicati in questi anni molti studi volti a ipotizzare, fondare o elaborare· alcune metodolo gie della progettazione, bonnes à tout faire, una specie di manualistica di ordine superiore che possa suggerire non solo l'ottimizzazione organizzativa dei dati di un problema proget tuale di qualsiasi tipo, ma un processo formalmente risolu tivo, una rappresentazione. Esaminiamo qui, alla luce di quanto si è detto, alcune fra le tesi più note. Una prima, nella rinuncia ad una fondazione di carat tere filosofico si impone come precisa necessità di estendere ed acquisire alla progettazione gli strumenti e le tecniche delle varie discipline scientifiche (metodi analitici, statistici,
topologici, uso dei computers, dei modeL!i ecc.). In questo senso ben vengano gli studi volti a riconoscere i campi di applicazione di tali strumenti preziosi ·e insostituibili per il tipo e la mole di lavoro che sono capaci di svolgere in tempi ridottissimi. Raccolta, classificazione, organizzazione dei dati sono compiti indispensabili per una impostazione corretta di qualsivoglia problema da risolvere. Purché non si pretenda di dedurre da essi la impostazione stessa; il che equivarrebbe a rovesciare il processo della rappresentazione che in realtà nell'impostazione di un problema definisce i dati da racco gliere (a meno di alterne azioni e retroazioni di assestamen to). Questa è proprio la pretesa dei metodologi che sosten gono la seconda tesi, fra i quali ricorderemo, per essere giunto più imprudentemente di altri alle estreme conseguenze e contraddizioni, Ch. Alexander n. Questi parte dalla definizione di un contesto, come scelta qualitativa e dimensionale del campo da cui ricavare i dati necessari a impostare un problema progettuale; dati o, me glio, requisiti che saranno risolti dalla forma progettata. Più che di un'area d'influenza che di fatto non potrebbe mai es sere completamente prefigurata e che comunque, nelle sue conseguenze, seguirebbe l'esecuzione del progetto, si tratta di delimitare dichiaratemente un preciso campo di inferenza, dal quale forma e contesto possano, alla fine, trarre una de finizione reciproca ed ottimale. Dunque dall'analisi del conte sto si ricava una serie di requisiti, definiti negativamente come inversioni di non-rispondenze, che vanno successiva mente classificati gerarchicamente e raccolti in gruppi o sot togruppi più o meno interrelati a seconda che si ricorra ad uno schema dendromorfo 78 o ad uno a semi-lattice 79• Il passo successivo è la costruzione di un diagramma che tenga conto sia della classificazione gerarchica, sia delle interrelazioni ai vari livelli; l'attribuzione di un valore strutturale al diagram ma consente infine di disegnare una configurazione formal mente corrispondente a quella funzionale. La definizione del progetto è l'ultima elaborazione dello schema precedente mente definito. Alexander applica, come è noto, il suo metodo alla progettazione di un villaggio indiano 80, adottando uno 27
28
schema ad albero. Ma nell'inventariare le non-rispondenze egli con grande disinvoltura affianca requisiti fra i più etero genei del tipo religioni e casta, allevamento animali, proce dure di intervento 81, ecc., organizzandoli successivamente in una classificazione gerarchica che confonde termini ed istanze del linguaggio e dell'uso comune con dati tecnici, funzionali, sociali, psicologici, ecc. Un tale ordine o disordine tassono mico ricorda quella certa enciclopedia cinese 82 secondo la quale gli animali sono classificati in a) appartenenti all'imperatore, b) imbalsamati, c) addomesticati ... k) disegnati con un pennello finissimo di peli di cammello, ... ecc. l'assurdità della quale non consiste nella vicinanza di quelle cose, ma nell'esi stenza del sito medesimo in cui potrebbero convivere. Perché quei dati, come quegli animali, dove potrebbero incontrarsi se non nella voce immateriale che ne pronuncia l'enumera zione, se non nella pagina che la trascrive? Dove possono giu stapporsi se non nel non-luogo del linguaggio 83 ? Dunque, anche a voler ammettere, con Foucault, l'esi stenza di una episteme, di un moderno spazio culturale estre mamente voluminoso e aperto, secondo le tre dimensioni d�l noto triedro 84, uno spazio impuro e precario destinato alle scienze umane, non si giustifica la pretesa scientificità di quel pastiche che, pure, Alexander contrappone alle deprecabili improvvisazioni ed intuizioni del progettista-artista. D'altra parte l'adozione di uno schema ad albero sarebbe giustificata, secondo l'autore, dalla relativa semplicità dei rapporti rela zionali intercorrenti fra i requisiti del problema-villaggio; viceversa nel progetto di una città, la ricchezza delle interre lazioni dovrebbe rispecchiarsi in una struttura molto più ar ticolata e complessa, a semi-lattice. Egli a questo proposito opera una distinzione fra città artificiali e naturali 85, le prime progettate ex novo, le seconde progettate, per così dire, dalla storia, cioè non progettate affatto, ma cresciute nella ricca stratificazione dei loro tessuti organici. La differenza fra le une e le altre, la ragione per cui le prime sarebbero fredde e poco soddisfacenti, le seconde accoglienti ed umane (è inte ressante rilevare il rovesciamento del giudizio di valore di Cartesio), sarebbe da individuarsi in questo: che le prime
sono state progettate secondo schemi dendromorfi, mentre le. seconde sono cresciute secondo strutture a semi-lattice. L'autore riconosce che non è stato ancora concepito alcun progetto strutturato secondo un semi-lattice, e attribuisce questa lacuna ad una probabile deficienza del nostro appa rato cerebrale: per esso sarebbe impossibile abbracciare contemporaneamente due interrelazioni sovrapposte. Egli comunque non dispera di trovare una soluzione. In attesa non ci rimane che concludere che quello schema com plesso, già difficilissimo da visualizzare, è ancora solo una astratta semplificazione della processualità transazionale di deweyana memoria 86, della rappresentazione. L'origine dell'equivoco di Alexander si rivela chiaramente da que sta sua dichiarazione: Oggi sappiamo che l'associazione e la categorizzazione rientrano fra i primi e più primitivi pro cessi psicologici. La psicologia moderna considera il pensiero i,n processo atto a far coincidere nuove situazioni con sezioni e caselle mentali già esistenti nella mente. Come nell'ordine fisico oggettivo, non è possibile inserire in una casella più di un oggetto solido alla volta, così - per analogia - i pro cessi del pensiero non sono in grado di inserire più costrutti mentali in una sola volta entro un ordine categoriale deli mitato. Lo studio dell'origine di questo processo suggeri sce il sussistere di un loro essenziale limite nello spontaneo bisogno, che ha lo stesso organismo, di ridurre la complessità dei suoi rapporti con l'ambiente stabilendo barriere fra i dif ferenti eventi cui va incontro n. Ma quello spontaneo bisogno si attua non mediante una selezione, con relativa esclusione e rigetto di dati superflui, ma proprio attraverso quella ristrut turazione sintetica che è la rappresentazione, la quale non se leziona dati, non esclude interferenze, ma dà loro il senso di dati, interpretando e intenzionando simbolicamente quel rap porto complesso con l'ambiente. Sotto la terza tesi possiamo raccogliere tutte quelle me todologie che si dichiarano, vedremo a torto, strutturalistiche, dacché nel riconoscere l'insufficienza delle tesi associazionisti che, ricercano nei fenomeni strutture atte a qualificarli e classificarli tipologicamente, organizzando problemi di na- 29
tura previsionale, di attese, disponibili per soluzioni appunto strutturali. Si tratta di strutture particolari se Moles, ad esempio, le fa rientrare nell'ambito della teoria dell'informa zione: l'intellegibilità è legata alla percezione di forme, e la stessa nozione di forma risulta direttamente per il ciberne tico da una ridondanza del messaggio che lo raggiunge, cioè da un eccesso di segni o elementi rispetto al numero minimo che sarebbe stato sufficiente per portare la stessa quantità di originalità. La storia dell'informazione è quindi una teoria della struttura, dal momento che la parola struttura significa in ultima analisi, una forma mentale imposta dalla mente alla 1'ealtà 88• È evidente come attraverso queste definizioni si cerca di contrabbandare strutture di complessità misurabile se condo la nota formula della quantità d'informazione 89• Ma ri durre tout court la struttura ad informazione equivale tra dire insieme il concetto di informazione e quello di struttura, rinunciando al fondamentale contributo che quest'ultimo può fornire alla descrizione fenomenologica come all'indagine scientifica. Anche qui i motivi dell'equivoco sono da ricercarsi a monte del pensiero dell'autore, il quale, in un altro saggio, così definisce i caratteri distintivi di una ipotetica informa zione estetica rispett o a quelli dell'informazione semantica: Al contrario di quello semantico il punto di vista estetico non ha lo scopo di preparare delle decisioni, anzi non ha nessuno scopo propriamente detto né alcun carattere di intenzionalità. Esso determina invece stati interni dei quali soltanto le ri percussioni sono oggettivamente constatabili almeno nei casi tipici dagli studiosi di psicologia estetica o anche dagli psi cofisiologi ( emozione estetica, fisiologia delle sensazioni mu sicali, ecc.) 90• Moles mobilita la teoria dell'informazione per rispolverare concetti ormai desueti di una passiva, patetica e contemplativa percezione estetica fatta di stati d'animo in• terni, contrapposti ad espliciti comportamenti esterni, quando è ormai da tempo acquisito che non proponendosi più di im porre dall'alto determinate verità formali, ma soltanto di sollecitare un'esperienza comune, tutta l'arte moderna è, per usare un termine classico, psicagogica 91• Resta piuttosto da 30 vedere se questo assunto di Argan è valido solo per una co-
siddetta arte moderna, totalmente diversa e distinta da un'arte precedente, o non è piuttosto la costante caratteri stica di un'esperienza estetica da sempre e per intero coinci dente con la rappresentazione, con la progettazione. Intorno a questo problema è nata, maturata e, secondo alcuni morta tutta l'estetica cosiddetta filosofica e va tuttora destreggian dosi quella cosiddetta scientifica; qui, dopo quanto premesso, ci preme avanzare un dubbio circa la validità di definizioni relative ad un'arte che non rappresenta più, di un progetto che non progetta altro che un progetto, infine di una volontà distinta dalla rappresentazione. Già Dewey affermava: Il dire in generale che un'opera d'arte è o non è rappresentativa è senza significato perché la parola vuol dire molte cose. Un'affermazione di qualità rappresentativa può essere falsa in un senso e vera in un al tro. Se si indica come rappresentativa una riproduzione let terale allora l'opera d'arte non è tale perché un siffatto punto di vista ignora l'unicità del lavoro dovuto al tramite perso nale attraverso cui scene ed eventi sono passati... Una rappre sentazione può anche significare che l'opera d'arte dice qual cosa a coloro che la godono sulla natura della loro partico lare esperienza del mondo: che essa presenta loro il mondo attraverso una nuova esperienza alla quale essi sottostanno 92• Insomma delle due l'una: o per rappresentazione s'intende una mera copia, un modello, un'immagine di qualche cosa d'altro, che comunque non esiste e non è mai esistita al di fuori del rapporto che l'ha prodotta come cultura, allora anche una statua greca come un dipinto di Raffaello non possono esistere senza fruitori in grado di rivivere, racco gliendo, rifiutando o comunque reinterpretando quel rapporto come loro personali rappresentazioni, con differenze indivi duali e circostanziali probabilmente non meno diverse fra di loro che rispetto a quelle dei contemporanei di Fidia e del l'Urbinate; oppure la rappresentazione è quel processo di ri strutturazione storicamente intenzionata che permea ogni no stra esperienza, distinguendola da quella a-rappresentativa degli animali e delle macchine, e allora statua greca, dipinto di Raffaello e pittura di Pollock possono chiedere allo stesso 31
titolo non già spettatori che ammirino, ma attori che parte cipino. Giacché l'apparente compiutezza, staticità, perfezione di certi oggetti che usiamo definire opere d'arte del passato, e lo stesso accostamento e confronto di essi con taluni pro dotti della nostra attività contemporanea sono frutto di un nostro attuale mito, di una critica d'arte geneticamente con dizionata da una storia dell'arte che ha rinunciato a giu dizi di valore per divenire una sorta di iconografia univer sale, ordinata gerarchicamente e deterministicamente per ge neri, per cicli e per sistemi; il risultato è quello di creare al di fuori della nostra coscienza un luogo ove si dispiegano tutti i fatti umani allo stesso modo e tempo e in cui le rela zioni di prima e dopo, di simile e diverso si traducono in distinte collocazioni in seno ad un medesimo schema tasso nomico; con criteri non molto diversi si compila il catalogo di una mostra-mercato, ove pezzi e prezzi vengono fatti cor rispondere in una classificazione che spesso si identifica con una collezione di oggetti, i più disparati, da null'altro legati insieme che da una situazione di mercato, per null'altro of ferti insieme che per la morte del proprietario 93• Secondo Argan l'apparente incompiutezza dell'opera d'ar
te, il suo non poter essere che come essere-nel-mondo, il suo porsi come Dasein e non come Sein si manifestano nell'archi tettura moderna nel prevalere, anzi nel surrogarsi della pianta agli alzati come momento essenziale, non solo della funziona lità, ma del valore estetico dell'edificio. Ed è chiaro che la pianta è essenzialmente una generatrice, una condizione, una possibilità di spazio 94• Ma una volta assunto che lo spazio
32
protagonista dell'architettura è uno spazio vissuto sempre funzionalmente e simbolicamente attraverso le rappresen tazioni individuali dei fruitori, il valore della pianta di un edificio non è assolutamente prevalente rispetto a quello di una sezione o di un prospetto; non nella rappresentazione del progettista che ne determina la configurazione, alla pari di quella di qualsiasi altro schema, a partire spesso da tut• t'altri stimoli e suggerimenti, meno che mai nella fruizione del pubblico che, come rivelano molte testimonianze riportate da Lynch 95 sulla percezione della città, vive l'architettura
come sfondo, come scena, donde la difficoltà di oggettivarla come mappa. Evidentemente il noto slogan di Le Corbusier · le pian est le générateur, dopo tanti infelici fraintendimenti in senso meccanicistico è stato questa volta forzato in senso fenomenologico, giacché quella possibilità di spazio che sa rebbe rappresentata dalla pianta, solo nell'iter progettuale vale come variabile in una struttura aperta di relazioni, men tre nell'ambito della fruizione non è e non è mai stata altro che una invariante di un gruppo di relazioni spaziali già strut turate come potenziali rappresentazioni, sia pur distinte da individuo a individuo, in relazione alle circostanze. Anche per l'architettura, dunque, e il richiamo di Argan all'arte di Mon drian lo dimostra, il luogo ove sono stati creati questi privi legi è quello dei manuali e delle storie dell'arte, che nel rac cogliere ed illustrare alcuni oggetti ritenuti emergenti in una determinata produzione edilizia, si sono richiamati l'un l'al tro in un gioco di echi che talvolta, entrando in risonanza, ha creato veri e propri miti figurativi: citiamo per tutti, lo schema planimetrico del Bauhaus, elevato ad emblema del l'architettura razionalista, sì che appare ormai veramente lo spazio di quell'edificio rappresentativo di null'altro che di quello schema, a discapito della sua pur notevole carica esi stenziale. Ma quel che è più grave per le sue implicazioni morali, è l'estensione di questo equivoco rappresentazionale dalla pianta dell'edificio al piano della città, dalla esperienza este tica alla politica del territorio. Si può sostenere che il piano sia un'opera d'arte autonoma, che vale per sé e non rimanda a null'altro? Dobbiamo affrontare il piano nella sua oggetti vità: è un insieme di segni, una scrittura in codice. Il nostro tempo è pieno di scritture in codice ed è sempre possibile decifrarle o, come si dice decodificarle: ... senonché, una volta « decodificato », il testo non esiste più, non almeno come « work in progress » o, direbbe Eco, opera aperta ... Ebbene, il piano urbanistico come forma attuale dell'architettura non è altro che « work in progress »: un'opera d'arte che è «fatta� in quanto è « in fieri » 96• L'urbanistica può dunque a giusto titolo definirsi rappre- 33
sentazione nel senso che abbiamo detto e nel senso in cui altri hanno meglio detto altrove; ma proprio in quanto rap presentazione e in quanto intenzionalità non può venire con trapposta ad una o più cieche volontà istintive, selvagge, che andrebbero organizzate e assimilate come forze vitali, poiché al livello umano fra gli istinti non possono essere ascritte neppure le reazioni circolari primarie 91• Anche il piano infatti in quanto rappresentazione implica scelte e adeguazioni di valori che non possono che essere vissute individualmente; se esso de-finisce la propria metodologia come interpretazione di istanze sociali ed economiche, la lettura del territorio non è mai neutrale, e se pure è in -fieri attende sempre di es sere verificato al livello architettonico; se è vero che il pro blema estetico ... va posto a scala di piano 98, è pur vero che solo una rappresentazione individuale, può produrlo e pren derne atto, vivendo l'altro come intersoggettività immanente; insomma anche l'antipiano _è sempre un piano, una rappre sentazione magari male-intenzionata. La teorizzazione della rappresentazione può dunque ricon durci alla crisi, come era nelle premesse; e la crisi è nella circostanza, cioè nel suo estremo rifugio: poiché seppure sub specie communicationis, come afferma Eco, la semiologia può insegnarci che anziché modi-{icare i messaggi o controllare le fonti di emittenza, si può alterare un processo comunicativo agendo sulle circostanze in cui il messaggio sarà ricevuto 99, l'intervento sulla circostanza sub specie repraesentationis non può che essere preterintenzionale, rivoluzionario, perché coinvolge l'universo stesso dell'esistenza, a dispetto di ogni appiattimento della dimensione storica.
34
1 Cfr. per una più chiara formulazione del concetto, il circostan ziato « studio logico-filosofico sull'analogia » di E. MELANDRI, La linea e il circolo, Bologna, 1968, p. 17: « Riassumiamo. La presa di coscienza non è un atto gratuito, ma il sintomo di una sottostante disfunzione. La mancanza di presa di coscienza può voler dire due cose diverse, se condo che la negazione venga interpretata come semplice o doppia. Nel primo caso, essa significa che tutto funziona bene e quindi non c'è bisogno di porsi problemi. Ma, nell'altro caso, significa che la con sapevolezza della disfunzione è stata rimossa: in una maniera o nel l'altra, i problemi creati dalla presa di coscienza erano, si vede insop-
portabili. La presa di coscienza può essere paragonata a una teorizza zione. Ma c'è una differenza. Talvolta le teorie sono cattive razionaliz zazioni, e servono a giustificare la rimozione della presa di coscienza. Una teoria, presa a sé, non contiene indicazioni in merito. II problema del senso della razionalizzazione, buono o cattivo che sia, trascende il piano teorico. Ciò equivale a dire che la presa di coscienza trasforma il sistema simbolico della teoria corrispettiva in una sintomatologia, dove i segni non sono più simboli arbitrari delle cose, ma vi si connettono intrinsecamente•· 2 R. CANTONI, // pensiero dei primitivi, Milano, 1966, p. 40. 3 E. D. ADRIAN, I fondamenti fisiologici della percezione, Torino, 1952, p. 21. 4 J. DEWEY, L'arte come esperienza, Firenze, 1960, p. 100. s M. MAUSS, Teoria generale della magia, Torino, 1965, p. 58. 6 L. LévY-BRUHL, Les fonctions menta/es dans /es sociétés inférieu res, Paris, 1910, in R. CANTONI, Op. cit., p. 40. 7 Cfr. R. CANTONI, Op. cit., p. 78: « La rappresentazione del mana è tra le più complesse e difficili da definire; Condrington l'aveva desi gnato come una forza spirituale (spiritual power) che veniva caratte rizzata in seguito come una forza magica soprannaturale (superna/llral power). II mana così formulato sarebbe il fondamento dell'animismo. Ma l'ulteriore svolgersi degli studi metteva in luce una fase preanimi stica del pensiero primitivo, alla quale sembra più propriamente ap partenere questa rappresentazione. L'uso della parola mana sembra avere la sua applicazione caratteristica là dove non c'è ancora il con cetto di un'anima o di una personalità sviluppata o, almeno, dove non v'è alcuna netta delimitazione fra essere fisico e psichico, spirito perso nale e impersonale... Vi è una fluidità in questa rappresentazione nella quale si fondono concetti che noi siamo soliti distinguere. Il mana è nello stesso tempo un potere, una causa, una forza, una qualità, una sostanza, un ambiente». & C. LévI-STRAuss, Introduzione, a M. MAuss, Op. cit., p. XLIX. 9 M. MAUSS, Op. cii., p. 310. 10 R. BARTHES, Elementi di semiologia, Torino, 1966, p. 18. 11 Cfr. R. BARTHES, Op. cit., p. 18. 12 Cfr. J. PIAGET, La rappresentazione nel mondo del fanciullo, To rino, 1966. 13 « II termine partecipazione è un termine ricco, e qualcuno di rebbe, forse, non a torto, greve di implicazioni metafisiche... Nel lin guaggio di Lévy-Bruhl il termine designa il modo caratteristico in cui il primitivo pensa e vive la propria esperienza... esperienza emozionale che immette l'uomo in un campo di forze magico-mistiche.. La parteci pazione ha il suo statuto culturale, nei livelli primitivi dell'esistenza, in simboli e miti, perché i simboli e i miti proteggono l'uomo dall'an goscia di stare in un mondo privo di significato, senza profili teleolo gici, senza traguardi assiologici». R. CANTONI, Op. cii., pp. 314-315. 14 Cfr. E. MELANDRI, Op. cit. 1s R. ASSUNTO, La critica d'arte nel pensiero medioevale, Milano, 1961, p. 58. 16 M. FouCAULT, Le parole e le cose, Milano, 1967, p. 31.
Ibidem. 1& Ibidem.
11
19 « •••discorso mentale il quale ha origine da' suoi ultimi principii, de' quali in natura null'altra cosa si può trovare che sia parte di essa scienza come nella quantità continua, cioè la scienza di geometria, la quale cominciando dalla superficie de' corpi si trova ad avere origine nella linea, termine d'essa superficie; ed in queste noi restiamo sati-
35
sfatti, perché noi conosciamo la linea avere termine nel punto ed il punto esser quello del quale null'altra cosa può esser minore». LEo1':ARDO DA VINCI, Trattato della Pittura, fol. I (Ed. A. Bozzelli, Lan ciano, 1914). 20 Per tutto quanto riguarda la vexata quaestio della rappresenta1.ione dello spazio, prospettico e non, nell'arte figurativa, che ha ispi rato una ormai estesissima letteratura, ci limitiamo qui a rimandare alle classiche opere del Riegl, del Panofsky, del White, del Francaste!, dcli'Argan, ed alle rispettive bibliografie. 21 Cfr. M. DEVADE, Note sur /es systèmes représentatifs, in « Tel Quel" n. 41, Printemps 1970. 22 F. PATRICI, Della Poetica, la Deca disputata, nella quale, e per isto ria, e per ragioni, e per autorità de' grandi antichi, si mostra la falsità delle più credute vere opinioni, che di Poetica a' dì nostri vanno in torno, Ferrara, 1586, in B. CROCE, Estetica, Bari, 1912, p. 217. 23 CARTESIO, Discorso sul metodo, Bari, 1960, pp. 46-47. 24 I:. noto come Cartesio dopo aver distinto nettamente una res co gitans da una res extensa, ne descrive la reciproca influenza nell'orga nismo umano, localizzando nell'epifisi, l'unico organo impari dell'ence falo, il punto di transizione dei flussi delle immagini sensorie e di quelli delle idee. 25 CH. WOLFF, Pltilosophia rationalis sive logica, 1728 in N. ABBAGN1\NO, Dizionario di -filosofia, Voce Psicologia. 26 A. G. BAUMGARTEN, Aesthetica, 1750, in B. CROCE, Op. cit., p. 247. 27 Per Kant sono rappresentazioni sia l'appercezione pura, l'Io penso, sia le categorie a priori dello spazio e del tempo, sia le molte plici forme dell'intuizione, sia i fenomeni stessi. Noi qui siamo co stretti ad eludere una estensione così generale del termine, che ci por terebbe fuori dai limiti già molto elastici della nostra ricerca. 28 La relazione funzionale fra stimolo e reazione può considerarsi come l'integrale della distribuzione, che si configura secondo un dia gramma a campana (Gauss): questo ha suggerito una teoria statistico probabilistica della psico-fisica di W. J. Crozier, e le ricerche illustrate da Piaget nel suo Essai d'interprétation probabiliste de la loi de We ber, in Arch. Psychol., XXX 1944, pp. 95-138 e in Les mécanismes per
ceptifs, P.U.F., 1961. 29 B. CROCE, Op. cit., p. 460. JO Ibidem.
36
31 Vere e proprie macchie d'inchiostro simmetriche rispetto a un asse. l2 Configurazioni casuali che sembrano suggerire od evocare imma· · gini significanti. 33 Scelta fra ritratti fotografici guidata dalla simpatia e dall'inte resse. 34 Scelta fra colori diversi. 35 Il soggetto è invitato a raffigurare un disegno a partire da pochi tratti in sé sconnessi e insignificanti. 36 P. R. HoFSTATTER, Psicologia, Milano, 1966, pp. 32-35. 37 « La base fondamentale della normale attività nervosa è costi tuita da una quantità di riflessi, cioè da legami costanti e congeniti fra eccitamenti interni ed esterni e determinate attività organiche... Il primo grado dell'attività nervosa è rappresentato dalle cosiddette as sociazioni o abitudini, cioè da legami nervosi che si stabiliscono du rante la vita individuale in base alla capacità posseduta dal sistema nervoso di stabilire dei contatti. Le associazioni si formano secondo il principio della segnalazione. Quando uno stimolo indifferente qualsiasi �i accompagna una o più volte a qualcuno di questi stimoli che pro-
vocano determinati riflessi innati, esso comincia a provocare poi per se stesso gli effetti di questi riflessi innati. Quando intervengano certe condizioni, del resto non numerose, i riflessi si formano infallibil mente, secondo determinate leggi. Abbiamo quindi il diritto di consi derare queste associazioni come veri e propri riflessi, ma acquisiti, e di studiarli da un punto di vista strettamente fisiologico. Noi abbiamo chiamato queste due specie di riflessi e di stimoli, gli uni col nome di assoluti o incondizionati (i vecchi), gli altri condizionati (i nuovi).... II secondo grado dell'attività nervosa consiste nella correzione continua dei riflessi incondizionati, i quali sono per loro natura dei segnali. Quando un riflesso condizionato non corrisponde alla realtà, cioè quando a uno stimolo non segue (per alcune volte di seguito e in determinate condizioni) uno stimolo assoluto, il riflesso condizionato, dopo un po' di tempo s'inibisce o temporaneamente o - se le con dizioni persistono indefinitamente - per sempre, e non si forma più ». I. P. PAVLOV, I riflessi condizionati, Torino, 1966, pp. 186-7. 38 Cfr. J. PIAGET, La psicologia del bambino, Torino, 1970. 39 Cfr. J. PIAGET, Psicologia dell'intelligenza, Firenze, 1967 e dello stesso autore Logica e psicologia, Firenze, 1969. 40 Cfr. W. G. WALTER, Il cervello vivente, Milano, 1957, pp. 131-163. 41 N. WIENER, Introduzione alla cibernetica, Torino, 1966, pp. 17-18. 42 J. PIAGET, Saggezza e illusioni della filosofia, Torino, 1969. 43 Citato in W. G. WALTER, Op. cit., p. 219. 44 M. MERLEAU-PONTY, Fenomenologia della percezione, Milano, 1965, p. 36. 4s Confronto di due segmenti uguali, uno con terminazioni a punta l'altro con terminazioni a coda di freccia, e conseguente diversa valu tazione di lunghezza. 46 Disegno di un cubo in assonometria, con tracciamento di tutti gli spigoli, anteriori e posteriori, e conseguente alterna percezione or dell'una or dell'altra faccia anteriore. 47 « Osservando al buio queste figure luminose e guardandole sol tanto con un occhio, per evitare la visione stereoscopica che ci po trebbe ragguagliare sulla presenza o sulla mancanza del rilievo, sco priamo che esse sono tridimensionali. La figura della freccia, per esempio, non ci sembra più piana, ma angolata secondo le indica zioni prospettiche; la freccia con estremità ad angolo ottuso ci appare come un angolo interno, quella con estremità ad angolo acuto come un angolo esterno». R. L. GREGORY, Occhio e cervello, Milano, 1966, p. 155. Queste ultime considerazioni, nei limiti ristretti delle esperienze che rappresentano, sembrano dunque suggerire situazioni sperimentali più vicine a quelle teoriche prima ipotizzate: macchie luminose nel buio « indefinito». Ma in questo caso l'eccezionalità della circostanza, la consapevolezza del valore sperimentale del giudizio, ed innumerevoli altri fattori di carattere fisiologico e psicologico contribuiscono ad orientare il senso di quei fenomeni ancor prima di esperirli. 48 R. ARNHEIM, Arte e percezione visiva, Milano, 1962, p. 114. 49 Cfr. per quanto riguarda i rapporti fra psicologia della forma ed estetica moderna l'articolo di R. DE Fusco, Gestalt prima e dopo, in « Op. cit. », n. 2, 1965 e la relativa bibliografia. so D. KATZ, La psicologia della tonna, Torino, 19.50, p. 68. SI Senza un preciso suggerimento figurale è difficile vedere nel parallelogramma di Sanders, arbitrariamente scomposto in parti, una forma che pur esso contiene appunto come parte. Del resto non tutte le parti di una figura contribuiscono nella stessa misura a caratteriz zarla. 52 Secondo la legge della vicinanza « le parti di un insieme percet-
37
tivo vengono raccolte in unità conforme alla minima distanza ceteris paribus ». D. KATZ, Op. cit., p. 41. 53 Secondo la legge dell'uguaglianza e della somiglianza si mani festa - ceteris paribus - una tendenza a raccogliere in gruppi gli ele menti fra loro simili». D. KATz, Op. cit., p. 42. 54 Configurazioni incomplete o con piccole soluzioni di continuità del contorno vengono percepite come chiuse, definite, continue. 55 « Quelle parti d'una figura che formano una curva buona o hanno un destino comune si costituiscono in unità con facilità mag giore che le altre». D. KATZ, Op. cit., p. 44. 56 La legge dell'esperienza introduce la memoria come attività psi chica in sé, pur se integrata strettamente alle altre: le precedenti espe rienze influenzano e, a volte determinano le nostre percezioni. S1 « Questa legge della pregnanza fu formulata dal Koffka come segue: l'organizzazione psicologica è sempre tanto « buona » quanto le condizioni date lo permettono. II termine buono qui comprende pro prietà come: regolarità, simmetria, coesione, omogeneità, equilibrio, massima semplicità, concisione». D. KATZ, Op. cii., p. 62. 58 Cfr. J. PIAGET, La psicologia dell'intelligenza, Firenze, 1967. 59 Cfr. per tutti P. KLEE, Teoria della forma e della figurazione, Mi lano, 1959 e W. KANDINSKY, Punto, linea, superficie, Milano, 1968. Cfr. R. ARNHEIM, Verso una psicologia dell'arte, Torino 1969, ed il già citato Arte e percezione visiva. 61 Cfr. J. P. SARTRE, Immagine e coscienza, Torino, 1964. 62 « ••• nella maggior parte degli individui i ritmi alfa [composti, di frequenza compresa fra 8 e 13 c/sec. e di ampiezza variabile fra i 10 e i 100 micro-volts] dominanti quando gli occhi sono chiusi e la mente in condizioni di riposo, scompaiono ogni qualvolta gli occhi vengono aperti o il soggetto compie uno sforzo mentale - per esempio - men tre esegue mentalmente un problema di aritmetica. Naturalmente si erano osservate delle eccezioni; in qualche caso anche una completa assenza di ritmi. .. Nel 1943 dimostrammo che gli individui con ritmi alfa persistenti e difficili da bloccare durante uno sforzo mentale sono tendenzialmente portati ad avere percezioni cinestetiche o tattili, piut tosto che immaginazione visiva. W. G. WALTER, Op. cit., pp. 179-180. 63 G. RYLE, Lo spirito come comportamento, Torino, 1965, p. 258. Dove alla lingua di Oxford si attribuisce quel carattere colloquiale che secondo la scuola detta appunto oxoniense, fonda qualsivoglia altro lin guaggio filosofico, gergo tecnico o apparato storiografico. 64 « Secondo la concezione magica, sempre operante, del linguaggio, c'è una connessione data fra il simbolo e il simbolizzato ... Lo studio dei simboli deve, prima di tutto, liberarsi da questa concezione ma gica del linguaggio. L'atteggiamento naturale nei confronti delle parole fino a pochi anni fa è stato un atteggiamento magico che spiega assai bene il comportamento di molti studiosi di logica e. di molti mistici. Lo studio dei simboli e dei segni deve rifiutare i rapporti mistici tra il conoscente e la cosa conosciuta e considerare il linguaggio conosci tivo da un punto di vista scientifico •· Questa posizione del pensiero di Ogden e Richards riportata da E. PACI nel suo Tempo e relazione, Milano, 1965 p. 364, dimostra come il concetto di magia inteso in senso esoterico, pur implicitamente presente nel pensiero di Cassirer come nella estetica della Langer, debba venire liberato proprio da quelle connotazioni « illusionistiche», che ne travisano il fondamentale rap porto esistenziale; la magia è una modalità della prassi. 6S C. S. PEIRCB, Collected papers, II citato in U. Eco, La struttura assente, p. 109. 66 C. MORRIS, Segni, linguaggio e comportamento, Milano, 1949, p. 42.
"°
�8
67 Cfr. E. H. GOMBRICH, Il mondo dell'arte, Milano, 1952, e dello stesso autore Arte e illusione, Torino, 1962, e Freud e la psicologia del l'arte. Torino, 1967. Per quanto riguarda più specificatamente la pole mica cfr. R. ARNHEIM, La storia dell'arte e il dio partigiano, nel già citato Verso una psicologia dell'arte. 68 U. Eco, Op. cit., p. 121. 69 Ibidem, p. 416. 70 E. MELANDRI, Op. cit., p. 749; cfr. anche E. CASSIRER, Storia della filosofia moderna, Milano, 1968, pp. 139-141. 71 W. H. lTTELSON e F. P. KILPATRICK, Le camere distorte monoculari e binoculari, in AA.VV. La psicologia transazionale, Milano, 1967, pp.
221-222. 72 W. G. WALTER, Op. cii., p. 123. 73 M. MERLE,\U-PONTY, Op. cit.: « Finché si definisce la coscienza
con la rappresentazione, per essa l'unica operazione possibile consiste nel formare delle rappresentazioni. La coscienza sarà motrice in quanto si dà una rappresentazione di movimento. Allora il corpo esegue il movimento copiandolo dalla rappresentazione che la coscienza si dà e secondo una formula cli movimento che riceve da essa. Rimane da com prendere l'operazione magica in virtù della quale la rappresentazione di un movimento susciti nel corpo questo movimento stesso•· 74 Ibidem, p. 27. 1s Ibidem, p. 29. 76 Ibidem, p. 29. 77 Cfr. CH. ALEXANDER, Note sulla sintesi della forma, Milano, 1967. 78 Ibidem, p. 201: « Una raccolta di insiemi forma un albero se e soltanto se, considerati due insiemi che appartengono alla raccolta, uno dei due è del tutto contenuto nell'altro, oppure ne è del tutto se parato•. 19 Ibidem, p. 200: « Una raccolta di insiemi forma un semi-lallice se, e soltanto se, sovrapponendosi due insiemi che appartengono alla raccolta, l'insieme di elementi comuni ad entrambi appartiene pure alla raccolta•· so Ibidem, pp. 137-175. 81 Ibidem, pp. 137-143. 82 M. FoUCAULT, Op. cii., p. 5: « Questo libro nasce da un testo dt Borges... Questo testo menziona una certa enciclopedia cinese in cui sta scritto.. u Ibidem, p. 6. 8-1 Ibidem, p. 372: Le tre dimensioni di questo spazio sono rispet tivamente: « le scienze matematiche e fisiche... quelle del linguaggio, della vita, della produzione e della distribuzione delle ricchezze ..., e la riflessione filosofica•· 85 CH. ALEXANDER, Op. cii., p. 194 e segg. S6 Cfr. AA.VV., La psicologia transazionale, citato: in particolare la Presentazione di A. VISALBERGHI. 87 CH. ALEXANDER, Op. cit., p. 225. 88 A. MoLES, Complessità funzionale e strutturale, in AA.VV. Scienza e progetto, Padova, 1967, p. 146. 89 Ibidem, p. 150: cfr. N. WIENER, La cibernetica, Milano, 1953, p. 91 e segg. 90 A. MOLES, Teoria dell'informazione e percezione estetica, Roma, 1969, p. 201. 91 G. C. ARGAN, Architettura e arte non figurativa, in Progetto e destino, Milano, 1965, p. 168. 92 J. DEWEY, Op. cit., p. 100. Nella misura in cui questa problematica si sovrappone a quella formulata più di recente, anche sulle pagine 39
di questa rivista, nella domanda l'arte è linguaggio?, rimandiamo alla relativa estesissima letteratura. 93 Abbiamo prima attribuito alle «Vite,. del Vasari l'origine di questo appiattimento di una storia particolare, quella dell'arte; il fenomeno, nelle sue più evidenti e sovversive manifestazioni è stato più di recente affrontato, con angolazioni diverse, da tre autori fon damentali: Adorno, Marcuse, Rosenberg. 9-1 G. C. ARGAN, Op. cit., pp. 158-159. 9S Cfr. K. LYNCH, L'immagine della città, Padova, 1969. 96 G. C. ARGAN, Progetlo e destino, Milano, 1965, p. 60. 97 Se infatti, già al livello embriologico, il processo di sviluppo della cellula-uovo è caratterizzato da un graduale precisarsi di confi gurazioni stabili, cui insieme corrisponde perdita di plasticità e quindi <liminuzione del potenziale di variazione nello sviluppo, più breve, re lativamente, è il periodo di immaturità, più preciso e completo il ba gaglio degli «istinti», minori sono le probabilità di acquisire con la ricchezza dei condizionamenti, duttilità di adattamento e poi di inven zione. È stato notato più volte che molti animali, alcuni uccelli in particolare, escono dal guscio già pronti a soddisfare i propri biso gni e ad affrontare le esperienze essenziali per la sopravvivenza, men tre un neonato della specie uomo, questo Peter Pan che non cresce mai, non è in grado di compiere neppure i movimenti coordinati della suzione e della prensione, e quindi di nutrirsi se non trova un capezzolo idoneo a portata di bocca. Poiché l'uomo è una forma neo tenica, cioè con un grado ed un periodo di immaturità idefinito; que sto, lungi dall'essere un difetto, nella misura in cui consente al pro cesso di sviluppo del sistema nervoso centrale (le cui cellule non si rinnovano mai) di svolgersi interrelato alla fenomenologia dell'ambien te, garantisce l'illimitata evoluzione della sua struttura, con tutti i ri schi relativi. 98 G. C. ARGAN, L'arte moderna, 1770-1970, Firenze, 1970, p. 609. 99 U. Eco, Op. cit., p. 417.
40
Panorama del Disegno industriale* GUI BONSIEPE
L'uomo e il suo ambiente tecnologico Un concetto così vago come la parola «disegno» si af fronta con una certa diffidenza perché è tanto elastico da poter essere riferito al disegno di una tela, all'attrezzatura per un ospedale o ad una macchina calcolatrice. Osservando i prodotti di questa attività umana che chiamiamo «disegna re », ciò che essi hanno in comune è quanto segue: sono pro gettati e creati dall'uomo; costituiscono degli artifici nel senso antropologico del termine, cioè artifici--oggetto in opposizione agli artifici-simboli, come ad esempio la scrittura; formano le componenti inanimate del medium ambientale o habitat umano. Nell'ambiente dell'uomo, originariamente naturale, s'è in trodotta nel corso della storia una serie di prodotti e di tipi di prodotti tali da sostituire la stessa primitiva natura. Co stantemente l'uomo pone tra se stesso e la natura un «mez• zo », creato con l'aiuto della tecnologia. Questo mezzo arti ficiale raggiunge (per il momento) la sua più alta complessità tecnica nella capsula spaziale, in cui l'uomo ha ridotto al mi* Prolusione al corso di Disegno industriale svolto dall'A., già do cente della Hochschule fiir Gestaltung di Ulm, lo scorso anno a San tiago del Cile. Il testo che pubblichiamo è una riduzione della origi naria conferenza , ma ne conserva il carattere didascalico e il più signi ficativo apporto critico: il ruolo del D.I. nei paesi opulenti ed in quelli in via di sviluppo (Trad. dallo spagnolo di M.A.).
41
nimo le componenti del suo habitat «naturale» terrestre. Ma anche nella vita quotidiana la naturalezza si allontana sempre più. E questo processo di artificiosità abbraccia oggi tutto il nostro pianeta, poiché giustamente i paesi del Terzo Mondo tentano anch'essi di creare una loro propria «cultura mate riale » e superare in tal modo la loro dipendenza culturale. Tuttavia, riferendoci alle esperienze dei paesi tecnologica mente avanzati, osserviamo che questa «inondazione» di pro dotti artificiali ha seriamente danneggiato l'equilibrio ecolo gico, e a tal punto che sempre più incalzano le denunce di una grave crisi ambientale. Ci si riferisce ai cambiamenti talvolta irreversibili che l'uomo ha introdotto e va introdu cendo nel sistema ecologico. Dobbiamo allora concentrare la nostra attenzione non solo sui prodotti che si vanno pro gettando, ma anche sulle relative implicazioni nel contesto ecologico.
Interpretazioni della funzione del disegno industriale.
42
Come s'è detto, il disegnatore industriale si dedica a pro dotti o ad oggetti-artefatti che formano parte essenziale del l'habitat umano. I compiti e le responsabilità di questa pro fessione sono stati più volte definiti. Nei tentativi di teoriz zarla appaiono costantemente i seguenti luoghi comuni: 1) miglioramento della qualità ambientale sempre che questa sia determinata da oggetti; 2) aumento della produttività; 3) miglioramento della qualità d'uso dei prodotti; 4) miglio ramento della qualità visiva o estetica dei prodotti; 5) au, mento del volume di vendita (attraverso i metodi di com mercializzazione). Ad essi s'è aggiunta recentemente un'altra interpretazione del disegno industriale e ciò in relazione al fenomeno del Terzo Mondo. Si parla di d.i. come di uno stru mento per l'industrializzazione di un paese. Le interpretazioni storiche più vecchie ricalcano l'aspetto estetico del d.i., cosa che portò ad interpretare a volte tale attività come decorazione superficiale e lavoro consistente nel «ritoccare» prodotti disegnati da ingegneri o da altre per-
sone. Questa opinione sussiste ancora oggi: abbellire nei det tagli un oggetto d'uso, un elettrodomestico ad es., senza af frontare in maniera radicale la problematica della sua pro gettazione integrale, si riduce ad una operazione di styling. All'aumento del volume di vendite fu attribuita grande importanza nelle definizioni del disegno industriale ispirate al pensiero nordamericano. D'altra parte le dimensioni di uso e produttività passarono in primo piano in Europa subito dopo gli anni cinquanta. Recentemente si è formata nel pub blico la coscienza che il d.i. è un fattore in grado di influen zare in misura decisiva la sfera ambientale dell'uomo contem poraneo. Cosicché, dopo aver considerato il d.i. in relazione all'estetica, alla commercializzazione, alla produzione ed uso, oggi l'attenzione si dirige verso la relazione disegno-ecologia. A questa elencazione di interpretazioni del d.i. possono aggiungersene altre che, a mio avviso, sono errate. Mi rife risco all'idea del d.i. come arte o come un composto misto di tecnologia e arte; opinione questa che può riscontrarsi in circoli industriali che coltivano un atteggiamento negativo rispetto al d.i. Le conseguenze dell'insegnamento di tale disci plina presso le scuole di arti e mestieri si risentono ancora oggi e ostacolano l'integrazione del d.i. nell'industria, dove si continua a considerare il disegnatore industriale come un di segnatore speciale dotato di buon gusto, capace di combi nare colori, fare composizioni e delineare belle sagome. Questa attitudine estetizzante e decorativa dell'aspetto esteriore dei prodotti, che abbiamo già ricordato, è tornata in auge nel progetto delle automobili: cambio annuale dei modelli, cambio della forma esterna senza cambiare la struttura interna, molte volte vecchia e tecnicamente superata. In tal caso il d.i. è utilizzato come strumento per aumentare la circola zione della merce, ed è praticato ampiamente nelle cosiddette società consumistiche; esso rimonta agli anni venti di questo secolo, specialmente alla crisi mondiale economica, quando la gestione della Generai Motors cambiò il motto di Henry Ford « prima ingegneria » in quello di « prima il disegno stilizzante » (styling). Il cambio del' motto rifletteva iI rico noscimento del fatto che le decisioni d'acquisto dei consuma- 43
tori non sono determinate da calcoli economici razionali ma che a questi si mescolano motivi irrazionali. Questo potenziale può essere attivato da caratteristiche estrinseche dei prodotti come forma, colore e trama. La legittimazione puramente eco nomica del disegno, in cui esso serve per ingannare il consu matore, questo ridurre il disegno ai soli aspetti formali, è stato criticato dai disegnatori responsabili anche negli Stati Uniti. Certamente i paesi del Terzo Mondo possono optare per la strada dello styling, ma è certo che questa non è la via più adatta a risolvere i loro problemi.
Disegno industriale e produttività
44
Per aumentare la produttività il disegnatore industriale dispone di diversi metodi. Uno dei più importanti consiste nell'applicazione di elementi semilavorati e standardizzati; un altro nel disegno che permette un montaggio semplice, che non richiede processi complessi nella sua fabbricazione, che non richiede strette tolleranze e che a sua volta riduce il numero dei componenti del prodotto. L'intento di utilizzare il d.i. per aumentare la produttività presuppone che il dise gnatore deve preoccuparsi di ben altro che della sola forma; il suo lavoro deve dirigersi verso la struttura stessa del pro dotto. Nei casi complessi si progetta la struttura o l'interno del prodotto in collaborazione con ingegneri : il progetto d'una macchina da scrivere può occupare molti ingegneri progettisti e alcuni disegnatori per vari anni. Vorrei ora commentare un'argomentazione che appare spesso in relazione al problema della introduzione di tecnolo gie avanzate nei paesi del Terzo Mondo. Queste tecnologie sono dirette prevalentemente a ridurre la forza di lavoro. In altre parole, ad aumentare la produttività per addetto, utilizzando macchinari altamente sviluppati. Questo alto ren• dimento del macchinario, che esige un grande investimento di capitale e che si riflette in una elevata quantità di pro dotti per unità di tempo e per addetto, sarà giustificato dalla domanda relativamente alta e dal potere di acquisto nei paesi
mente esiste una necessità gigantesca di beni di consumo nei paesi del Terzo Mondo, ma essa non può concretarsi in do manda effettiva per la distribuzione disuguale del potere d'acquisto. La domanda si accentuerà, si avrà un mercato di massa solo quando i beni di consumo saranno accessibili agli strati di più basso reddito. A tal fine si dovranno prendere almeno tre iniziative: 1) ribasso dei prezzi attraverso la ra zionalizzazione del disegno e della produzione; 2) ribasso dei prezzi mediante la riduzione del margine d'utile, che in al cuni casi è smisurato; 3) aumento dei salari. Si otterrebbe così un cambiamento significativo rispetto alla situazione at tuale, che viene così descritta: « Nei paesi latino-americani la produzione non si orienta verso il mercato di massa, ma a soddisfare le necessità di un mercato di minoranza, pari ad un terzo della popolazione e occupante il posto più alto della scala sociale» (CEPAL, Op. cit., p. 97). Cosa può concludersi da quanto s'è detto? Che il disegno industriale nei paesi del Terzo Mondo dovrebbe avere come meta la produzione di merce a basso costo, grazie ad una estrema razionalizzazione, per offrire così dei prodotti alla portata dei bassi redditi e per creare un mercato di mas sa. In questo modo, il concetto di produttività non viene svuotato di significato, ma, nel Terzo Mondo, esso acquista un contenuto specifico. Va però sottolineato che una produ zione a basso costo non implica necessariamente una cattiva qualità anche se si deve riconoscere che spesso un basso prezzo serve per giustificare una cattiva qualità.
Crisi del disegno industriale nei paesi sviluppati
46
Occupiamoci ora del disegno industriale nei paesi opu lenti, e questo non per un giudizio particolarmente favore- vole sul disegno praticato in essi, ma perché i contributi es senziali, tanto pratici che teorici, sono stati finora sviluppati in essi. Ancora non si può parlare di un disegno tipico del Terzo Mondo; esiste soltanto in forma embrionale, sebbene tutto lasci pensare a notevoli possibilità future. Se da queste
si trarrà più o meno profitto dipende dalla disponibilità di persone capaci di porre un'alternativa critica al disegno dei paesi sviluppati, invece di soccombere davanti al fascino della· merce della società opulenta. Quando in Europa dopo la guerra mondiale (e special mente in Svizzera, Germania e paesi scandinavi) si coltivò il cosiddetto « Buon Disegno», i rappresentanti di questo mo vimento supposero che una somma di prodotti ben disegnati avrebbe portato automaticamente ad un habitat ben dise gnato. Oggi però s'è riconosciuto che non è conveniente porre in risalto il prodotto individuale che peraltro, come disegno selezionato nelle mostre di buon disegno, era stato situato nella prospettiva di una deviante analogia con le opere d'arte. li concetto di prodotto si sostituisce attualmente con quelli di « sistema» e di « servizio», secondo i quali i diversi pro dotti sono pianificati e disegnati nella loro interazione. Fuori di ciò il movimento del buon disegno aveva una intonazione da élite. Era principalmente destinato alle necessità e al co stume di vita della classe media e alto-borghese. In quel pe riodo si giustificavano i « centri di disegno», che promuo vevano tale attività tramite esposizioni, pubblicazioni e premi. Oggi indubbiamente non si può trasferirli senza modifica zioni al Terzo Mondo. In varie occasioni s'è accusato il disegnatore industriale d'essere complice nella creazione della « miseria dell'abbon danza» caratteristica dei paesi super-sviluppati, alla quale corrisponde dialetticamente l'« abbondanza della miseria,. nel Terzo Mondo. Considero però ingiusta questa critica globale ed indiscriminata in quanto identifica il disegno con il « di segno di obsolescenza». Con quest'ultimo termine intendiamo il processo d'invecchiamento a breve termine prodotto attra verso modificazioni formali per accelerare così la circolazione della merce. Un sinonimo del disegno di obsolescenza è la parola « styling». Lo si pratica in paesi ad economia supersvi luppata, e le sue caratteristiche sono così descritte in un edi toriale del giornale « El Mercurio» (17 giugno 1970): « L'enorme dinamismo del sistema non si contenta di soddisfare la domanda materiale dei consumatori che generalmente sono 47
giunti in grande maggioranza a livelli più che agiati di be nessere. L'espansione esige di aumentare costantemente il numero dei consumatori, e poiché non è possibile moltipli carli nella proporzione con cui cresce la produttività indu striale, il sistema tende a diversificare la qualità dei consumi nella stessa quantità di persone. Da ciò derivano i numerosis simi utensili, manufatti e cose futili che corrispondono ad una sorta di superconsumo, ad un accrescimento del benes sere, del gradimento, della usura, della faciloneria e persino delle manie dei consumatori. In un simile stato di supersvi luppo s'è concepita la società del consumo, che dovrebbe piuttosto chiamarsi la società dello sciupio razionale. Si tratta d'una struttura basata su di un elevato reddito pro capite, nella quale il risparmio si genera per gravitazione naturale e in cui il consumo dev'essere incentivato affinché il sistema conservi il suo ritmo crescente ». Si deve riconoscere che il disegno industriale partecipa a questo gioco triste del con sumo alienato; si stimolano come s'è detto i consumatori, at traverso novità puramente formali, a comperare reiterata mente l'ultimo modello. Il tipo sociale-psicologico che ubbidi sce a tale pressione è stato chiamato dal sociologo nordame ricano David Riesman « eterodiretto », ossia nel linguaggio quotidiano « schiavo del consumo »; il fenomeno stesso è stato definito « terrore del consumo ». Nelle società consumi stiche il settore dei prodotti per uso privato è supersvilup pato, mentre il settore dei prodotti per uso pubblico o comu ne è sottosviluppato, la qual cosa è in relazione diretta con le leggi del mercato. Salute, insegnamento e benessere pubblico non si lasciano trasformare in merce donde trarre grandi gua dagni. Più avanti vedremo quali vie dovrebbero essere scelte, nei paesi del Terzo Mondo, affinché il disegno industriale per il settore pubblico non rimanga indifeso
Situazione del disegno industriale in America Latina.
48
La situazione attuale in questo continente riflette due influenze, una nordamericana e una europea. Facendo un para-
gone fra i tre paesi latino-americani in cui il disegno indu striale ha un posto ufficialmente riconosciuto, Argentina, Bra sile e Messico, si deve riconoscere il primo posto all'Argen tina, sulla base della quantità di lavoro sviluppato. Nel par lare di un « posto ufficialmente riconosciuto» per il disegno industriale mi riferisco all'esistenza di un collegio di pro fessionisti rappresentato nella Unione Internazionale di Di segno Industriale (ICSID). In Argentina si trova anche l'unico « centro di disegno» dell'America Latina, che fu aperto nel 1966. Esso si dedica alla promozione del disegno sia tra il pubblico in generale che tra gli industriali. A tal fine si or ganizzano esposizioni e concorsi, si premiano annualmente buoni progetti, si organizzano seminari di perfezionamento per professionisti e si redigono documenti relativi alla no stra disciplina. L'introduzione del disegno industriale nell'industria trova in generale alcuni ostacoli. Non pochi sono gli industriali che ritengono più astuto, semplice ed economico plagiare più o meno bene un disegno estero, anziché incaricare un disegna tore industriale di un progetto autoctono. Altri preferiscono importare disegni stranieri che hanno avuto successo, e pa gare le corrispondenti royalties. Tra gli argomenti a favore di un disegno autoctono in quei paesi che cominciano a fissare la loro attenzione su questa attività, si intravede di tanto in tanto un richiamo al sen timento nazionale, nel senso che il disegno autoctono contri buisce ad evitare una perdita di danaro speso in royalties. Per la validità di questo argomento sarebbe interessante di mostrare quanti dollari perde realmente il Cile pagando i disegni esteri. Dispongo solo di un valore globale che è ab bastanza ingente. Tra il 1961 e il 1963 l'America Latina spese il 40% delle sue entrate in pagamenti di diritti e royalties. Il costo del trasporto su navi straniere e di altri servizi au mentò questa percentuale al 61,5%, il che equivale a sei mi liardi di dollari. Prescindendo da questa perdita economica, considero più importante l'argomento dell'influenza straniera sulla cultura dei paesi dipendenti. Come sono manifestazioni culturali la letteratura, il cinema, la televisione e la scienza, 49
così lo è anche il disegno industriale. Importando diretta mente o indirettamente beni di consumo, il livello culturale dei prodotti del paese importatore rimane una replica eclet tica dei paesi tecnicamente più avanzati. La dipendenza cul turale, che non è a mio avviso una conseguenza diretta della dipendenza economica, si può superare solo con un lavoro indipendente nel settore del disegno industriale. È proprio qui che cominciano a presentarsi delle difficoltà; particolar mente due. L'innovazione non è economica; il disegno indu striale come forma di innovazione dei prodotti richiede capi tali perché il lavoro innovativo dev'essere pagato come qual siasi altro lavoro tecnico. Questo non sempre si riconosce, soprattutto se si considera il d.i. come un lavoro sommario che si documenta con grafici e modelli imprecisi. Spero che risulti chiaramente, da quanto ho già detto, che il disegno industriale serio richiede tanto tempo quanto il lavoro serio di un ingegnere progettista. La seconda difficoltà consiste nella mancanza di personale qualificato per il disegno indu striale. La prima generazione di disegnatori autoctoni gene ralmente si compone di autodidatti interessati a questo nuovo lavoro. Essi accumulano le prime esperienze che più tardi ser vono anche alla formazione degli studenti nell'università. Ma, poiché qui da noi il disegno industriale dipende nella mag gior parte dei casi dalla « Facultad de arte », e questa nor malmente non ha influenza sui centri decisionali dell'indu stria, che sono nelle mani degli ingegneri e degli economisti, esso corre il rischio di essere emarginato in partenza. Poche sono le autorità universitarie disposte a riconoscere che una professione rispettabile non può prescindere dalla ricerca. Ma questa si associa �on i settori tecnologici e scientifici e non con la sfera artistica, che spesso è tinta d'un antiraziona lismo romantico. Risulta difficile rompere questo circolo vi zioso, in quanto il sottosviluppo dei d.i. genera il sottosvi luppo. Le conseguenze di ciò ricadono in parte sull'industria e in parte su tutta la società. Desidero menzionare un'altra difficoltà, cioè l'influenza degli stereotipi esteri. Il panorama del d.i. è dominato oggi 50 in gran parte dalle società consumistiche ed è facile compren-
dere che i protodisegnatori del Terzo Mondo si lascino im pressionare da esse. Considero un grave errore il loro guar dare ai disegni dei paesi opulenti come ad un modello. Mi richiamo alla fonte già citata: « risulta allora assurda l'assi milazione della nostra economia alle caratteristiche che danno luogo alle società di consumo. La caduta in questa incon gruenza è un segno che l'indipendenza politica ed economica deve incominciare dalla autonomia dei criteri e dei giudizi » ( « El Mercurio. » cit.). Questi criteri in nessun modo si con quistano idolatrando modelli stranieri di consumo anche se fortemente esaltati dalla pubblicità. Solo un'analisi critica delle necessità della società nel suo insieme ci condurrebbe a questi criteri di giudizio autonomo e alle formulazioni delle necessarie priorità. Si può supporre che l'uomo crei prodotti per soddisfare le sue necessità. La relazione tra mezzi (prodotti) e fini (ne cessità) nell'economia opulenta sembra oggi essersi invertita, nella misura in cui si parla della creazione artificiale di ne cessità per soddisfare le esigenze della produzione. Ma quella relazione vale nella sua forma originaria per i paesi del Terzo Mondo con le loro « economie di scarsezza ». Ciò significa che il disegnatore industriale deve domandarsi prima di tutto qual è il servizio che il suo prodotto potrà fornire. In altre parole, egli deve cercare di conoscere quali sono le necessità da soddisfare col prodotto stesso. Ciò c'induce a pensare alla funzione sociale del disegno industriale. Pertanto il disegna tore dovrebbe preoccuparsi dei rapporti fra il suo lavoro ed il contesto sociale. Questa componente critica è, a mio avviso, una nota caratteristica della professione del disegno indu striale, che forse in altri campi d'attività tecnica non è così marcata. Può formularsi in maniera paradossale: sebbene il disegnatore stia creando forme, egli deve avere la capacità di mettere in dubbio le forme. Come disse un teorico del di segno: invece di mantenere la calma, il disegnatore indu striale dovrebbe essere un promotore d'inquietudine. Mi sia consentito di provare ciò che ho detto con alcuni numeri: considerando che negli Stati Uniti vi era nel 1960 un'automobile ogni tre persone e trasferendo questo rapporto .51
alla popolazione mondiale sarebbe necessaria la produzione di 2.300 milioni di tonnellate d'acciaio; la produzione di ac ciaio nel 1963 giunse solo a 425 milioni di tonnellate, vale a dire la quinta parte dell'acciaio che sarebbe necessario (Mc HALE J,. The future of the future, George Braziller, New York, 1969, pag. 227). Dall'esperienza dell'accumulo di prodotti nei paesi super sviluppati che soffocano gli ecosistemi urbani fino alla disfun zione, i paesi del Terzo Mondo dovrebbero trarre le loro conclusioni circa il cammino da seguire per il proprio svi luppo.
Disegno industriale, importazione, esportazione
52
Una delle ragioni per la promozione ufficiale del disegno industriale nei paesi sviluppati si basa sulla supposizione che tramite questa attività si possa aumentare l'esportazione dei beni di consumo e dei beni di capitale. Si potrebbe seguire lo stesso criterio per l'introduzione e promozione del disegno industriale nel Terzo Mondo. Certamente il d.i. potrebbe in crementare e diversificare le esportazioni, tuttavia, attenendo si alle statistiche, l'importanza del d.i. nell'America Latina sa rebbe poca cosa per il momento come apporto di reddito. Le esportazioni dei prodotti industriali manifatturieri sono cresciute negli ultimi dieci anni d'un 10% all'anno, ma danno luogo soltanto al 5% delle entrate totali di reddito della re gione (CEPAL, Op. cit., pag. 15). Pertanto non si può sperare in un miglioramento notevole nella bilancia dei pagamenti a breve termine, mentre col tempo, viceversa, il d.i. può avere un ruolo importante. Nella fase attuale esso dovrebbe diri gersi al mercato interno. L'argomento della sostituzione delle importazioni deve anch'esso affrontarsi con una certa riserva; per questo aspetto citerò una delle ultime informazioni della CEPAL sulla si tuazione economica in America Latina: « :I:: scontato che la sostituzione delle importazioni non ha risolto il deficit cronico della bilancia dei pagamenti e ha creato un rapporto
tifiche. E ciò per motivi realistici, poiché sono tali aree che, più o meno consapevolmente, determinano in maniera deci siva l'habitat odierno. Inoltre, affinché il d.i. non rimanga con dannato ad essere una utopia fallita, alimentata solo dalla buona volontà di idealisti frustrati, dovrebbe avere quel po tere che oggi è diviso da circoli di scienziati,. ingegneri, am ministratori e politici. Probabilmente in futuro il d.i. si tra sformerà in un ramo specializzato dell'ingegneria; a patto però che i presupposti su cui si fondano tali insegnamenti cambino in maniera radicale. In tal senso, va segnalato che l'Inghilterra è il primo paese che abbia riunito ingegneria e disegno industriale in un unico Consiglio Nazionale di Pro gettazione. Un esempio che merita d'essere imitato.
54
Per una poetica del profondo: Blaue Reiter SILVANA SINISI
La mostra del « Cavaliere Azzurro», allestita dal Museo Civico di Torino per iniziativa della Associazione Amici Tori nesi dell'Arte Contemporanea e con la direzione tecnica di Luigi Carluccio, rappresenta una buona occasione per una ri lettura del movimento monacense in vista di una puntualiz zazione della sua situazione storica e di una verifica della sua attualità, oggi. Sorto a Monaco intorno al 1911, dopo l'apertura rivolu zionaria della « Briicke», il « Cavaliere Azzurro» propone un sovvertimento totale dei canoni estetici tradizionali e un più franco inserimento dell'arte nel circuito vitale. Monaco è, in questo momento, uno dei centri culturali più avanzati della Germania per la presenza di personalità quali Theodor Lipps, teorico dell'Einfiihlung, Herman Obrist, artista e studioso di scienze naturali, Wilhelm Worringer, il quale pubblica nel 1908, con un editore monacense, « Abstraktion und Einfiih lung », un testo fondamentale per il costituirsi delle nuove poetiche figurative 1• Nel 1909 Kandinsky e Jawlensky fon dano la « Neue Kiinstler Vereinigung Miinchen », compren dente nelle sue file pittori e scultori, musicisti, ballerini e teorici dell'arte: scopo dell'associazione è la riunione delle nuove forze artistiche per realizzare una sintesi delle arti. In seguito a divergenze sorte in occasione dell'allestimento della terza mostra, Kandinsky e Mare (che intanto era entrato a far parte del gruppo) organizzano un'altra esposizione, che si apre il 18 dicembre sotto il segno « Der Blaue Reiter», titolo dell'Almanacco a cui i due artisti lavorano in quel momento. 55
56
Il nuovo raggruppamento non sorge, ·quindi, con un program ma ben definito né come una nuova corrente stilistica, tanto che Kandinsky negherà addirittura· che sia mai esistita uria associazione, un gruppo « Der Blaue Reiter », rivendicando a sé e a Mare la responsabilità esclusiva di ogni iniziativa. In realtà, sia le mostre che l'almanacco vengono fuori da una cerchia di artisti, che, pur appartenendo a tendenze diverse, professano le stesse idee ed operano con una sostanziale unità di intenti: trasformare l'individuo e la società attraverso un radicale rinnovamento dell'arte in modo da costituire le pre messe necessarie per l'avvento del regno dello Spirito. Il « Cavaliere Azzurro » è l'emblema di questa aspirazione fondamentale, è il simbolo della vittoria dello Spirito sulla Materia. A proposito dei dieci bozzetti eseguiti da Kandinsky per l'almanacco, Marisa Volpi ha chiarito il significato em blematico della figura del cavaliere, che racchiude i sim boli tramandati dalla cartomanzia, dalle scienze occulte e dal l'epica popolare del Romande Geste: il cavaliere con la spada indica il trionfo sulla materia; il cavaliere con il disco ( del sole) simboleggia l'azione fatale nascosta delle forze cosmi che (nei bozzetti per l'almanacco del Blaue Reiter se ne in contrano diversi chiusi nel disco e con un disco accanto men tre galoppano). S. Giorgio contro il drago è una delle tante mitografie medievali della lotta del bene contro il male; il cavaliere in genere significa attività per uscire dal caos ed evolvere, e importanti ordini religiosi criptomagici, come i teutonici, i Templari, i Rosacroce, furono fondati nel medio evo con iniziazioni derivate dagli usi cavallereschi» 2• Per quel che concerne il secondo attributo dell'emblema è lo stesso Kandinsky a definirne il significato simbolico: l'azzurro è infatti un colore che « invita l'uom o verso l'infi nito, desta in -lui la nostalgia del puro, e, in ultimo, del sovra sensibile». Ma il simbolo dell'azzurro assume in Kandinsky una doppia significazione: l'azzurro profondo suscita un senso di quiete, ma se « scende fino al nero, acquista una risonanza accessoria di lutto non umano ». Questo colore allude quindi, da una parte, a un ritmo ascensionale, alla distesa « distante e insensibile» del cielo luminoso; dall'altra si carica di va-
lenze notturne acquistando in profondità e risonanza 3• L'élZ• zurro apre dunque contemporaneamente al « regime diurno ,. e al « regime notturno,. dell'immagine 4: ma Kandinsky si orienta decisamente verso il secondo, ossia verso la notte e l'inconscio, verso gli stati di indistinzione e di unità origi naria. La notte segna, in termini nietzschiani, il prevalere del dionisiaco sull'apollineo: contro il volere di Apollo, « illu stratore del principium individuationis», Dioniso rompe« l'in cantesimo della individuazione », aprendo « la via alle madri dell'essere, all'intimo nucleo delle cose 5• Si tratta di un tema centrale della poetica kandinskiana e del « Cavaliere Azzur ro», in cui (come si vedrà) ritornano_ non pochi argomenti nietzschiani, a cominciare proprio dalla figura stessa del cava liere già presente nella « Nascita della tragedia» sia pure con il volto duro e accigliato attribuitogli da Diirer: « Uno spirito solitario e sconsolato non potrebbe scegliere migliore sim holo, che il cavaliere accompagnato dalla morte e dal diavolo come lo concepì il nostro Diirer, il cavaliere chiuso nell'ar matura, dal rigido sguardo di acciaio, il quale non deviato di una linea dai suoi orridi compagni, e pure senza speranza, sa seguire la sua terribile strada, solo col suo cavallo e col suo cane » 6. Per questa presenza dionisiaca lo spiritualismo di Kan clinsky e del Blaue Reiter non assume aspetti idealizzanti, non è la sublimazione che divide in due l'unità psichica, ma è piuttosto un atteggiamento globale dello spirito fortemente radicato agli strati profondi dell'essere. Si tratta, in sostanza, di una antropologia che vuole fare i conti con l'inconscio individuale e collettivo, in concomitanza non casuale con l'avvio freudiano e le prime analisi del profondo di Jung. Kandinsky parla frequentemente di un movimento dello spirito che agisce per pulsioni incoercibili, per impulsi interiori, per ' nostalgia ' di un'altra condizione: « Quando le condizioni necessarie alla maturazione di una precisa forma si sono avverate, l'impulso interiore diventa tanto forte da creare un nuovo valore nello spirito umano, un valore che comincia a vivere nella coscienza o nell'inconscio dell'uomo. Da quell'istante, consapevolmente o inconsapevol- 57
58
mente, l'uomo si mette a cercare una forma materiale per il nuovo valore che vive in lui in forma spirituale »7 • Di qui l'antipositivismo e l'antipragmatismo della poetica del Blaue Reiter, che intende rivalutare, contro una società ancorata al principio dell'utile e dominata dalla ideologia del profitto, i beni spirituali, i beni non mercificabili. « Beni spi rituali » è appunto il titolo di un saggio di Mare che apre programmaticamente l'almanacco. L'artista polemizza con l'utilitarismo che investe anche il settore dell'arte, assumendo i connotati di una vera mercificazione estetica: la società non tiene in conto alcuno le opere degli artisti nuovi tanto da dichiarare il più feroc_e ostracismo contro i pochi che ne af fermano il valore spirituale e ne consigliano l'acquisto e la conservazione nelle raccolte pubbliche: « Ben diverso - scri ve amaramente Mare - sarebbe stato, naturalmente, l'acqui sto di un Raffaello o di un Rubens: perché in quel caso si sarebbe potuto senza rischi considerare l'acquisto un buon investimento, un incremento della ricchezza materiale del paese » 1. Mare mostra di comprendere chiaramente lo stato di emarginazione in cui si trova l'artista nella nuova società massificata, in cui la quantità prevale sistematicamente sulla qualità, ma accetta la sfida del sistema a costo di apparire un selvaggio: « Noi ci battiamo come fauves, come selvaggi 110n organizzati contro un'antica, organizzata potenza. La bat taglia si annuncia impari: ma nelle cose dello spirito non è il numero che vince, è la forza delle idee » 9• Gli artisti del Blaue Reiter prendono quindi coscienza della situazione dell'individuo all'interno di una società co strittiva e della necessità di una rivolta totale intesa ad af fermare i valori autentici dell'uomo, la sua essenza più pro fonda e vera. Come ha osservato Rognoni 10, questi artisti op pongono all'uomo della società moderna un uomo originario, un Ur-mensch, in cui non c'è contraddizione fra materia e spirito, tra realtà e immaginazione, tra soggetto e oggetto. Di qui la ricerca tormentata cli una trascendenza interiore, di uno stadio istintivo (Ur-trieb), quale alternativa radicale e grido di rivolta contro la realtà banale dell'esistenza presente. L'artista deve acquistare la facoltà di vedere al di là
delle apparenze della natura e oltre gli strati superficiali dell'uomo per cogliere, con uno sguardo interno, l'unità fon damentale in cui io e non-io, uomo e natura sono una cosa sola. Il problema centrale è questo rinnovamento spirituale, tutto il resto è strumentale, compresa la forma. Gli ar tisti del Blaue Reiter, pur mostrandosi attentissimi ai problemi del linguaggio, non irrigidiscono la loro ricer ca in un codice preciso, unidirezionale : « la forma - scri ve Kandinsky - è sempre temporale, e cioè relativa, poi ché non è altro che il mezzo contingente, il mezzo neces sario per la rivelazione odierna, il mezzo in cui questa ri suona » 11• Nessuna regola estetica viene imposta; anzi, viene affermata la più ampia libertà nella scelta dei mezzi espres sivi, l'unico principio normativo essendo rappresentato dalla « necessità interiore». L'unica indicazione costante, ritornante come un leit-motiv, è il richiamo a una condizione orfica, mu sicale del linguaggio, che solo così può attingere come avevano già detto Schopenhauer e Nietzsche, il nucleo segreto delle cose. Occorre liberare il linguaggio dal soverchio intel lettualismo che lo opprime puntando sulla suggestione e sulla analogia. Schoenberg si rifà esplicitamente a Schopenhauer citandone una frase estremamente significativa in proposito: « Il compositore rivela la più intima essenza del mondo ed esprime la più profonda saggezza con un linguaggio che la sua ragione non capisce, allo stesso modo che una sonnam bula in trance dà definizioni e notizie su cose di cui da sve glia non ha la più lontana idea » 12• Rifiutare l'intellettualismo dominante e il razionalismo utilitaristico della società ' civile ' vuol dire quindi, per gli artisti del Blaue Reiter, recuperare una diversa condizione, uno stadio originario e una perduta innocenza. Per questo essi rifiutano la tradizione colta e si rivolgono con entusia smo, ma anche con mente sistematica, a tutte le espressioni umane in cui si riveli l'essenza primaria, non contaminata, dall'uomo. L'arte popolare, la cultura negra, la pittura naive, i disegni dei bambini offrono esempi tangibili di questi pro cedimenti primari di espressione in cui si realizza un rap porto più immediato e profondo con la natura e con la 59
60
stessa esistenza dell'uomo: « Creare forme significa: vivere. Non sono creatori i bambini, che creano direttamente dal mi stero della loro percezione, ben più dell'imitatore di forme greche? Non sono i selvaggi artisti che posseggono una pro pria forma forte come la forma del tuono?» 13• Se per i cubisti la riscoperta dell'arte negra si era ri solta soprattutto nella messa a punto di nuove soluzioni for mali, se per la Briicke la stessa scoperta era stata assunta come fondamento e strumento di una polemica sociale, per gli artisti del Cavaliere Azzurro essa costituisce, invece, un modo nuovo di intendere l'attività estetica, una via per inse rire più direttamente l'arte nella vita, uno strumento per re cuperare un più armonico rapporto tra individuo e ambiente, uomo e natura. Si trattava di un tema caro alla cultura ro mantica tedesca, che aveva appassionatamente cercato una condizione anteriore, primitiva, unita e felice, uno stadio di innocenza che gli inizi della società industriale sembravanv aver definitivamente compromesso. E ancora un tema roman tico è la tendenza del Blaue Reiter ad affidare all'attività ar tistica il compito fondamentale di questo recupero, di realiz zare di nuovo l'uomo unito. Ma gli artisti del Cavaliere Az zurro riprendevano questa aspirazione anche per un'altra via, quella aperta dalla antropologia moderna, che a partire so prattutto dalla seconda metà dell'ottocento si era rivolta con interesse e partecipazione alle culture primitive. Come ha osservato di recente Pietro Rossi 14, la stessa formulazione scientifica del concetto di cultura coincide con il costituirsi dell'antropologia sulla base degli interessi per i popoli primi tivi e può essere ricondotta addirittura a una pubblicazione precisa, ossia alla « Primitive Culture » di E. B. Tylor del 1871, in cui vengono affermate l'autonomia e la globalità di queste culture e comincia a profilarsi una distinzione tra pen siero primitivo e pensiero civile libera da implicazioni ge rarchiche: una distinzione che diventerà più tardi vera e propria contrapposizione polemica, proprio nel pensiero te desco degli anni intorno alla prima guerra mondiale, tra il carattere creativo della Kultur e quello meccanicistico e ripetitivo della Zivilisation. La poetica del Blaue Reiter si in-
serisce in questa congiuntura culturale opponendo alla con dizione frammentaria e divisa dello stato di civiltà l'unità integrata ed armonica delle società primitive. Gli artisti propongono un sistematico scandaglio antropologico per uno studio dell'uomo a tutti i livelli: essi recuperano per tanto l'infanzia della specie attraverso l'arte dei selvaggi e le tradizioni popolari, e l'infanzia dell'individuo attraverso i disegni infantili, l'arte dei na'ifs, la rivalutazione del sogno e dell'inconscio. La primitiva aspirazione romantica è ri presa e realizzata mediante una indagine sistematica, di carattere scientifico, debitrice non solo delle ricerche antro pologiche (l'attività iniziale di Kandinsky si svolge appunto in questo settore), ma convergente con certi aspetti della indagine junghiana, che si orientava, proprio in quegli an ni, verso lo studio del mondo dei primitivi, della magia e del l'occultismo, alla ricerca di strutture costanti, di archetipi dell'inconscio collettivo. La vastità e il carattere sistematico della ricerca condotta da Kandinsky e Mare sono confermati dallo scambio di let tere tra i due artisti impegnati nel reperimento del materiale illustrativo dell'almanacco 15• Del resto, Kandinsky aveva già compiuto una esperienza di etnologo, prima ancora di quella artistica, quando aveva partecipato nel 1889 ad una spedi zione nel governatorato di Vologda, nella Russia meridionale, organizzata dalla « Società di Scienze Naturali, Etnografia e Antropologia ». È appunto in questa occasione che Kandinsky scopre l'arte popolare contadina, ricevendone una impressione fortissima, certamente determinante per l'ulteriore suo cam mino culturale e artistico 16• Nel preparare l'almanacco, lo stesso Kandinsky insiste sulla necessità di allargare la collaborazione al campo scien tifico: « Tra i collaboratori del secondo volume del Blaue Reiter, volevamo inserire anche studiosi, onde fornire una più ampia base artistica e mostrare chiaramente tutta l'af finità tra il lavoro dell'artista e quello de1lo scienziato e tutta la vicinanza dei due campi spirituali» 17• L'almanacco rap presenta pertanto qualcosa di più di una esperienza estetica, tendente alla sintesi delle arti: esso propone, infatti, una 61
sorta di indagine comparata della pittura, della musica, del teatro, della storia delle religioni e delle tradizioni popolari e si situa, in definitiva, tra i più significativi documenti antropologici di quegli anni. Sul piano strettamente linguistico, il recupero di una condizione originaria è perseguito dagli artisti del Blaue Rei ter per vie diverse, tuttavia tra loro legate da una comune investitura simbolico-analogica della forma. Già nei quadri di Murnau, Kandinsky si orienta verso un colore evocativo servendosi di stesure cromatiche dissonanti ed accese, ricon dotte, però, ad una tonalità dominante, ad una sorta di basso continuo, costituito dall'accento grave e notturno dell'azzurro, che avvolge uomini e cose in una atmosfera di sogno. Ricorre, nelle stesse opere, la ' forma simbolica ' del triangolo, dispo sto con il vertice in alto, il cui senso emblematico è preci sato dallo stesso Kandinsky in un passo de « Lo spirituale nell'arte »: « Un grande triangolo acuto diviso in sezioni di suguali, con la parte più piccola e più acuta rivolta in alto: così si prospetta esattamente, in modo schematico, la vita spi rituale» 18• Il triangolo-montagna è un tipico simbolo ascen sionale, di elevazione spirituale, di vittoria sulla materia e di aspirazione sovrasensibile, e, come tale, può essere posto in relazione con il cavaliere, altra figura simbolica ricorrente nell'opera kandinskiana. Sono entrambi simboli maschili (verticali) che Kandinsky pone, però, costantemente in rela zione con la polarità femminile della notte, creando uno schema strutturale fondato sulla unione dei contrari. Nelle composizioni astratte, la verticalità dominante nei quadri di Murnau è sostituita da linee andamentali diagonali, che indicano una situazione mediale tra verticale e orizzon tale, maschile e femminile. Le stesse forme triangolari, là dove riappaiono, non indicano l'alto, ma volgono il vertice verso un lato del quadro. Le forme tendono, comunque, a dissolversi, cedono all'irruzione di veloci traiettorie di segni e a nuclei cromatici disseminati, con apparente casualità, sul l'intera superficie pittorica. Ogni riferimento all'alto e al bas so, al vicino e al lontano, appare soppresso ed abolita risulta 62 l'attrazione gravitazionale, per cui i nuclei galleggiano senza
peso nello spazio, creano vortici e macchie, quasi a rappre sentare uno stadio originario della materia, la condizione pri migenia del caos, luogo di indistinzione notturna e di conci liazione dei contrari. Ritorna, qui, l'accento dionisiaco ed orfico della « Na scita della tragedia », contrario al principio diurno della in dividuazione e della separazione: « Il fascino dionisiaco non ripristina solamente i vincoli tra uomo e uomo: anche la natura straniata o ostica o soggiogata, celebra la festa di ri conciliazione con il suo figliuol prodigo, l'uomo » 19• Diversa mente da Mondrian, che si serve dell'astrazione per allonta nare il tragico quotidiano, ergendo tra sé e il mondo un re cinto securizzante, Kandinsky si immerge fiduciosamente nelle contraddizioni dell'esistenza, ne accetta la drammati cità, riassumendo anche il tragico in una adesione vitalistica, empatetica, alla realtà. Mare recupera la condizione originaria, 'selvaggia ', me diante la rappresentazione del mondo degli animali, assunti, come nella poesia di Rilke e di Morgenstern, a simboli di quello stadio di innocenza e di purezza perduto dall'uomo civile. Mare evoca, pertanto, un universo incantato, edenico, non ancora contaminat o dal peccato originale, popolato da animali mansueti. Diversamente da Kandinsky, Mare non di strugge le forme naturali, ma tende a una sintesi delle oppo ste polarità della grande astrazione e del grande realismo. Il riferimento diretto al mondo esterno è trasceso mediante l'impiego di un colore acceso e arbitrario che trasforma la presenza corposa degli animali in misteriose, magiche epifa nie. L'unità della composizione è raggiunta attraverso l'uso di moduli curvi ripetuti costantemente in modo da realiz zare un accordo ritmico tra figura e fondo, una corrispon denza organica tra forma animale e forma vegetale. In Klee, la ricerca di uno stadio primario riconduce di rettamente all'infanzia, recuperata attraverso i processi della memoria involontaria, ma ricostruita con l'impegno di una ostinata volontà ordinatrice. Come Kandinsky, anche Klee sente l'attività estetica come uno strumento per risolvere le antinomie del reale e ricostituire una unità perduta. Ma, men- 63
tre Kandinsky giunge, con uno slancio vitalistico, ad una ade sione totale con il nucleo profondo delle cose, Klee non si lascia coinvolgere fino in fondo: egli recupera l'atteggia mento del bambino che costruisce e distrugge continua mente i propri oggetti, ma lo trasferisce sul piano di una sottile irorùa, che affonda le sue radici, ancora una volta, nella cultura romantica. È l'ironia de.I poeta-demiurgo che si sente totalmente libero nel creare i propri mondi imma ginari, ma che è consapevole, nello stesso tempo, della ir realtà e della precarietà delle sue costruzioni. Klee costruisce l'opera con la ricerca incessante di equilibri, con gioco pa ziente di pesi e contrappesi: la linea disegna sul vuoto co struzioni fragili e trasparenti, che crescono su se stesse con equilibri instabili come castelli di carta. Ma che cosa è il vuoto se non una condizione di angoscia? Con la sua pun tigliosa definizione dell'immagine, Klee cerca di superare ap punto il vuoto, cioè l'angoscia che deriva da una originaria, infantile, sensazione di impotenza. Anche in lui, come in Mon se . drian, il tragico e l'angoscia sono presenze costanti: ma Mondrian allontana questi inquietanti compagni chiudendosi entro il ' temenos ' dei suoi tracciati geometrici, Klee si af faccia con un senso di stupita attrazione su questo vuoto, resta sospeso su di esso, come l'equilibrista che volteggia sulla fune sfidando l'abisso con l'instabile oscillazione della sua canna. Come l'equilibrista o il giocoliere, che ritornano nella opera kleiana quali ricorrenti, ossessive ' forme simbo liche '.
64
1 Il libro del Worringer venne pubblicato da Piper, lo stesso editore dell'almanacco del Cavaliere Azzurro. I rapporti tra Kandinsky e Wor ringer sono stati analizzati da F. Menna, l'ipotesi metafisica dell'arte astratta, in e Commentari •, n. 3, 1961, p. 221-233. A sottolineare i rapporti che certamente intercorsero tra lo stu dioso tedesco e il gruppo monacense giova, inoltre, ricordare che la prima mostra del Cavaliere Azzurro fuori Monaco, venne presentata n Colonia nel gennaio 1912 da Emmy Worringer, sorella dello storico dell'arte. 2 M. VOLPI ORI.ANDINI, Kandinsky, 1968, p. 42. 3 KANDINSKY, lo spirituale nell'arte, Piper Monaco 1912, ed. it., ]968, p. 65. 4 G. DURAND, les structures antlzropologiques de l'imaginaire, 1963, p. 152-153.
La nascita della tragedia, ed. it., 1967, p. 137. op. cit., p. 168. 7 KANDINSKY, Il problema delle forme, in « Il Cavaliere Azzurro•• Piper Monaco 1912, ed. it. 1967, p. 122. 6 F. MARC, I beni Spirituali, in op. cit., p. 18. 9 F. MARC, I fauves tedeschi, in op. cii., p. 24. 10 L. ROGNONI, Dall'impressionismo all'espressionismo, introd. al volume Arte tedesca tra le due guerre, 1955, p. 9. ll KANDINSKY, op. cii., p. 127. 12 A. SCHOENBERG, Il rapporto con il testo, op. cit., p. 56-57. 13 A. MACKE, Le maschere, op. cii., p. 50-51. 14 Cfr. l'introduzione al volume Il concetto di cultura (Torino 1970) in cui l'autore rintraccia « i fondamenti teorici della scienza antropologica» con una scelta di testi di Tylor, Boas, Lowie, Kroeber, Malinowsky e altri. 1s La sistematicità della ricerca condotta da Kandinsky e Mare è ampiamente documentata nell'appendice critica. a cura di K. Lank heit, annessa all'edizione italiana del Cavaliere Azzurro, a cui si rinvia per ogni notizia in proposito. 16 W. GROHMANN, Vassily Kandinsky. 17 K. LANKHEJT, op. cii., p. 257. 18 KANDINSKY, op. cit., p. 18. 19 NIETZSCHE, op. cit., p. 49. 5 NIETZSCHE, 6 NIETZSCHE,
65