Op.cit. rivista quadrimestrale di selezione della critica d'arte contemporanea
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Edizioni e Il centro • di Arturo Carola
R.
LuCCI,
"'Aforismi• sui centri storici
P.
BALMAS,
Note sulla simmetria in architettura
A. TRIMARCO, Bataille e la •svolta' di
Libri, riviste e mostre
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Tel Quel•
s 24 44 71
Alla redazione di questo numero hanno collaborato: Fulvio Irace, Agata Piromallo Gambardella, Maria Luisa Scalvini.
"Aforismi" sui centri storici REJANA LUCCI
Accade spesso che quando un problema di architettura non trova la sua adeguata realizzazione, non solo si di storce nei suoi stessi termini concettuali, ma produce una tal copia di letteratura da scoraggiare chi voglia affrontare lo studio dell'oggetto reale di tale problema. Ne è tipico esempio la questione dei centri storici, dei quali sembra che sia stato detto tutto e realizzato poco. Nel tentativo di contribuire ad ordinare questa materia e nella convinzione che ogni dibattito sia fondato o possa ricondursi a pochi concetti-base, proponiamo qui una pic cola antologia di «.aforismi» sui centri storici, riducendo al minimo il nostro commento e confidando che i passi scelti contengano in sé quanto basta a fornire una sintetica idea del complesso argomento. Com'è noto, fino alla città pre-industriale la crescita del l'organismo urbano era basata su valori omogenei e collet tivamente riconoscibili; il rapporto con il passato e la tra dizione era di elaborazione all'interno della continuità e tutti i fattori della conformazione urbana erano accomunati dalla medesima idea di città. Successivamente, con la perdita di unitarietà di tali fattori, dovuta alle varie e complesse tra sformazioni proprie alla nascita dell'età industriale, quello che era il nucleo più antico dell'insediamento urbano, intorno al quale la città era cresciuta evolvendosi in tempi lunghi e con continuità di valori, ora diventa una parte divisa e di versa, una « questione ». 5
Tra i primi ad occuparsene in Italia è Giovannoni che, muovendo dall'idea di città come organismo, una grande opera di architettura in cui si creano insieme gli elementi positivi e quelli estetici 1, imposta e sviluppa il concetto di ambiente: ormai ci siamo accorti di due verità: l'una è quella che un grande monumento ha valore nel suo ambiente di vi suali, di spazi, di masse e di colore in cui è sorto, od almeno in quello che vi si è adattato intorno con quel sentimento di armonia che la persistenza del piano ed il permanere dei caratteri cittadini e di sentimento d'arte locale hanno quasi sempre mantenuto; l'altra è che l'aspetto tipico delle città o delle borgate ed il loro essenziale valore d'arte e di storia risiedono soprattutto nella manifestazione collettiva data dallo schema topografico, negli aggruppamenti edilizi, 'nella vita architettonica espressa nelle opere minori 2• Affinché la part"èl « vecchia • possa assumere il ruolo che le compete è neces sario non concentrare il movimento e la vita moderna nelle antiche zone esistenti, ma deviarlo tendendo, con progressivi provvedimenti di attuazione di un ben ideato piano r�gola tore di ampliamento e di sistemazione interna e di un corrispondente schema di circolazione, a riportarle ad una mo desta funzione cittadina, ad una relativa tranquillità nelle strade 3• Per Annoni la tutela di edifici o di parti della città antica che Io meritino nell'evolversi della città moderna va intesa non come pura conservazione ma come « restauro di siste mazione »: per restauro non si inten4erà più né ricomposi zione stilistica, né ricostruzione storica; ma conservazione, sistemazione, avvaloramento dell'edificio ... ed un suo adatta mento ad usi attuali 4• Il rapporto con le opere del passato è diretto, le norme dell'intervento nascono dai temi architet tonici dell'edificio stesso: dinanzi al monumento esso è il maestro; ed ogni restauro si determina particolarmente da sé. � quella teoria del • caso per caso • ... che comprende un complesso senso: di amore; di azione; di studio; di equi• Ubrio 5• Il tema del rapporto fra antico e nuovo nella città con6 temporanea viene invece esasperato nei suoi termini da Pia-
centini che propone di lasciare la città vecchia come si trova e di sviluppare altrove la nuova. La città vecchia rimarrà come la cittadella; .•. e rimarrà viva; ma di una vita meno bottegaia, meno contaminata dalle mille necessità moderne, che sono in assoluto contrasto con la sua fisionomia; sarà la tribuna preziosa ove si conservano con religione i tesori e le tradizioni delle epoche trascorse ... sosteranno, sontuosa mente ospitati, i forestieri attoniti ed ammirati, vivranno gli artisti assetati di carattere, i negozianti di antichità, tutti coloro (e sono molti) che dell'antico e per l'antico vivono 6. Durante il periodo razionalista in Italia il problema del rapporto con la storia non è affatto accantonato a differenza di quanto avviene per la stessa tendenza in altri paesi. Nel '38 Argan scrive: � obiezione comune che la possibilità di coesistenza tra antico e moderno nei limiti di uno stesso tracciato urbano ... cessi di essere valida quando l'elemento nuovo sia dato dalle più recenti forme architettoniche: si afferma allora che quelle forme risultano da una deliberata polemica contro tutti i valori di una tradizione, nella cui con tinuità si sarebbe d'un tratto prodotta una profonda frattura, spiegata a sua volta con la forzata intrusione di elementi stra nieri e il conseguente disperdersi di caratteri nazionali del l'architettura. L'obiezione si confuta ... in linea di principio con il concetto stesso di tradizione; che, interno all'artista e intimamente partecipe del processo espressivo, non può es sere interrotta o deviata se non si interrompa o devii, fallendo il suo fine, quel processo 7• L'implicita polemica con i criteri del regime diventa più palese negli interventi di Pagano: Mentre le ricchezze dei maggiori Istituti italiani vengono sacrificate in un pazzesco gioco di scenografie melodrammatiche che soffocano con can crenosa petulanza il respiro artistico delle maggiori città ita liane; mentre gli sventramenti diventano pretesto di gloria ne roniana per molti podestà d'Italia, la voce di chi si acconten terebbe di migliorare e di restaurare le vecchie case diventa ingrata e antimoderna quasi quanto è ingrata e antlmoderna la voce di quegli studiosi di sociologia e di urbanistica che vorrebbero Industrializzare, prima, e nazionalizzare poi, il 7
problema dell'abitazione umana, sottraendolo• alla specula zione privata a, Altrettanto degna di attenzione è la posizione di Ragghianti su uno dei motivi della tutela, per molti aspetti fra i piu at tuali. Non c'è ... alcun dubbio sulla legittimità di tutelare e di risparmiare dalla distruzione edifici o ambienti storici, che non rappresentano soltanto delle entità artistiche o spirituali, ma sono altresì dei beni economici, valori insomma dei quali è compartecipe, in forme dirette o indirette, l'intera collet tività 9• Nel dopoguerra, sollecitato dai gravi pressanti motivi della ricostruzione, il dibattito riprende con maggior vigore. L'oc casione concreta del rifacimento di vaste zone danneggiate di Firenze offre un quadro, sia pure fortemente datato, dei temi in discussione. Si individua una serie di questioni nodali sulle quali si esprimono opinioni, le più contrastanti. Sui modi della ricostruzione Berenson sostiene: Se ... noi amiamo Firenze come un organismo storico che si è tramandato at traverso i secoli, come una configurazione di forme e di pro fili che è rimasta singolarmente intatta nonostante le trasfor mazioni a cui sono soggette le dimore degli uomini, allora essi (i quartieri fiorentini) vanno ricostruiti al modo che fu detto del campanile di S. Marco, « dove erano e come erano» 10• Viceversa per Bianchi Bandinelli, ogni ripristino è con dannabile come ripugnante all'estetica, perché imitazione di posizioni spirituali irripetibili, oltre che, come ogni falso, contrario al senso morale ... Firenze non ha, è vero, il diritto di mutare il proprio volto, ma ha li dovere di non rifarselo di cartapesta 11• Nel tentativo di mediare talvolta si arriva ad affermazioni lontane dai reali caratteri dell'architettura; per Procacci infatti va subito esclusa una riedificazione in stile antico, ... ugualmente andrebbero esclusi edifici dallo stile moderno cosiddetto razionale ... edifici senza un carattere par ticolare, che potrebbero essere di qualunque tempo, ma per fetti nelle proporzioni per l'armonia delle varie parti che li compongono 12 • La volontà di ricostruire come atto di conti8 nuazione della tradizione urbana e come recupero dei - valori
espressi è comunque chiara in altri autori. Dice Michelucci: i punti di contatto fra le opere nostre e quelle del passato lontano e recente, la continuità o tradizione che dir si voglia, si delineano chiaramente dove le forme determinate dalla vita nostra coincidono con quelle modellate dalla vita del passato. Ed è coincidenza non superficiale quale è invece la imitazione delle forme o il riecheggiare di certi accenti caratterizzatori del passato ... Nel fatto stesso della imitazione c'è implicita la negazione della nostra tradizione che è e non può essere che espressione genuina di vita, intuizione e non riflesso di forme 13• Dal canto suo Ragghianti puntualizza: L'architettura (o urbanistica che si dica) non è arte di superficiale decora zione, di incongruo rivestimento. L'architettura significa crea zione integrale di pianta, alzato e facciata, risoluzione in vi sione artistica di un complesso fondo di esigenze umane ... bisogna mettersi nel cuore del problema ... ricostruire la realtà architettonica distrutta nelle sue ragioni profonde, ed intendere la perennità, comunque, la validità ancora attuale delle esigenze risolte dall'urbanistica medievale nella zona del Ponte Vecchio ... La forma architettonica più rispondente alla antica e distrutta sarebbe quella che ne riprendesse dal l'interno, da tutti i suoi intimi motivi, l'ispirazione. Non quella che presumesse di « riprodurre », ma quella che vera cemente « intendesse » ••• Dunque, vecchio e nuovo possono coesistere ma a condizione che vi sia tra loro una profonda connessione interna, che è realizzata pur nella perfetta e assoluta autonomia formale delle nuove architetture 14 • An cora disparità di affermazioni sul problema del prevalere del l'intervento di tipo urbanistico oppure di quello architetto nico. La prima tesi è sostenuta da Papini: ridotto alle sue reali proporzioni il problema della ricostruzione della parte oltraggiata di Firenze è affidato essenzialmente all'urbanistica in quanto si connette con la viabilità, coi singoli punti di vista, coi limiti dei volumi da ricostruire, con l'accordo ne cessario tra vecchio e nuovo 15• La seconda è sostenuta da Bigongiari: eppure non si può affidare ogni responsabilità al l'urbanistica, occorrono gli incidenti determinanti dell'archi tettura ... occorre architettura e ancora architettura, cioè au- 9
o,
dacia e novità, gli unici modi per legare il vecchio col nuovo, anzi per far sì che quella zona non diventi un rammendo ... proprio le soluzioni nuove, ma implicite al senso della citta salvano_ quello che c'era e non ne rendono malinconico il ri• cordo 16• A questo punto il dibattito si apre ad una questione che rimarrà fondamentale, quella cioè del rapporto fra la parte antica della città ed il suo ambiente sociale. Sull'argomento Argan, fra i primi, scrive: L'urbanistica e l'edilizia moderne hanno raggiunto spesso, nei quartieri popolari, degli ottimi o almeno degli incoraggianti risultati artistici; ma hanno, ch'io sappia, completamente ignorato il problema della conserva• zione dei vecchi centri urbani che abbiano un valore artistico o storico ... Se si desidera che questi quartieri siano conser vati e non soltanto nel loro carattere pittoresco ma nella con cretezza dei loro valori, è necessario che essi seguitino ad essere dei quartieri popolari. Infatti, il carattere di un quar tiere è inseparabile dalla società che vive in esso ... Ma ciò che non si può pretendere dai privati, si può chiedere agli Enti pubblici cui compete la direzione e la responsabilità dell'edilizia popolare, si può chiedere ai Comuni, allo Stato ... Infine, quei problemi non sono soltanto di quantità, ma anche di qualità; e nel problema di qualità, ch'è per eccellenza un problema estetico, entra anche la necessità di una tutela dei nuclei antichi delle città italiane attraverso la tutela dei gruppi sociali che li abitano. Né è dubbio che la funzione so ciale dell'edilizia popolare consista proprio nel contrastare il passo alla speculazione edilizia, questa grande nemica del patrimonio artistico e monumentale del nostro Paese 17• Negli anni del cosiddetto miracolo economico, ovvero quando il problema quantitativo della ricostruzione è più o meno" avviato, la pratica costruttiva più corrente è quella dell'edilizia di sostituzione: costosi edifici per abitazione e grandi immobili destinati a moderni servizi si inseriscono nella trama delle « preesistenze ambientali ». È un fenomeno che accade sotto gli occhi di tutti e la cultura architettonica riprende i temi del dibattito che tuttavia subisce un accento 10 nuovo ed un salto di qualità, almeno al livello teorico. In-
falli, se persiste l'opposizione fra chi ritiene lecito, in nome della continuità della storia, inserire il nuovo nell'antico, e chi viceversa ritiene le due sfere inconciliabili, le argomenta zioni all'interno di ciascuna tendenza sono varie ed articolate. Rogers scrive : Noi oggi ... consideriamo il problema delle pree sistenze ambientali con nuova attenzione e a noi non basta più che un'opera esprima la nostra epoca se non afferma la pienezza dei valori contemporanei con l'inserirsi nella so cietà e nello spazio, profondamente radicati nella tradizione. II significato moderno della nozione di tradizione confina con la nozione di storicità ... Premesso che la storia non è mai stata definibile in un sistema statico e che si è sempre ri solta in una successione di mutazioni, ... è logico concludere che, non solo non si può impedire il passo alle espressioni della società contemporanea, ma che è doveroso poter affer mare la nostra presenza temporale con il nostro naturale in sediamento nello spazio 18• Da questa concezione della tradi zione e della storia l'A. ricava la proposta del metodo d'in tervento sull'antico definito del « caso per caso». Questo significa respingere l'astratto ragionamento per categorie al fine di affrontare invece l'esame di ogni fenomeno attraverso una pianificazione concreta, la quale risolva ogni situazione come caso definito da particolari condizioni... Infatti sarebbe paradossale enunciare, per esempio, una regola generale che volesse stabilire dei rapporti tra i monumenti e le loro zone di rispetto, vincolando ... le altezze, ... o addirittura i caratteri stilistici ... Ciascuno di questi provvedimenti dovrà essere sta bilito « caso per caso » nella stesura dei singoli piani ... Nella pianificazione conservare o costruire sono momenti di un me desimo atto di coscienza, perché l'uno e l'altro sono sottoposti ad un medesimo metodo: conservare non ha senso se non è inteso nel significato dell'attualizzazione del passato e costrui re non ha senso se non è inteso come continuazione del pro cesso storico: si tratta di chiarire in noi il senso della storia 19• Pur dissentendo dalle indicazioni operative e· in partico lare da quella del « caso per caso », Pane concorda con Rogers sull'assunto della continuità e lo estende con altre argomenta zioni. Si deve riconoscere· che all'architettura moderna ita- 11
liana non possono essere estranee le locali tradizioni di cul tura e di ambiente ... (la tutela delle forme del passato) è da ritenersi indispensabile premessa per la definizione di nuovi ambienti con i quali il passato non può non avere continuità di rapporti ... Giungiamo cosi a riaffermare, con altre parole, che la tutela degli aspetti del passato è da intendersi nel senso attivo, e che quindi l'auspicato incontro tra antico e nuovo dovrà manifestarsi come continuità di cultura e non come separazione tra passato e presente 20• In polemica contro chi sostiene l'inconciliabilità fra antico e nuovo, Pane coglie l'occasione per fornire anche alcuni contributi teorici alla definizione del problema: l'errore di questa interpretazione (sta) nel suo essere tutta conclusa in una visione estetica assai prossima allo schema, e non storica; nel senso che parla di architettura in quanto arte, tacendo che la città, nel suo tessuto, è fatta essenzialmente di letteratura edilizia e non di poesia architettonica 21• Ed altrove: se il nuovo e l'antico non possono sussistere insieme vuol dire semplicemente che tra noi e il passato si è prodotta una incolmabile frattura; cioè che storia e tradizione di cultura sono parole prive di senso e che il passato può solo fornirci motivi di curiosità archeologica dal momento che esso non giova più ad illumi nare il nostro presente. Spetta dunque agli inconcilianti di rispondere a questa legittima obiezione: se i muri vecchi e i muri nuovi non possono sussistere insieme, non potranno nemmeno esserlo quelle cose che trovano in essi una loro im magine inevitabilmente coerente 22• Dal brano che precede e da quello che segue, si evince come l'apporto di Pane tra scenda spesso il solo aspetto tecnico della questione. Esiste un'antichità - egli scrive - che è stratificata in noi stessi e che va considerata come premessa e condizione di ogni nostro divenire. Ora, si può dire che la nostra stratificazione psico logica trovi la sua testimonianza o, se si preferisce, il suo ri flesso, in quella del centro antico. Così la vera e più intima ragione del nostro amore per le testimonianze del passato nasce proprio da questa immedesimazione e non da un estrin 12
seco compiacimento verso forme irripetibili. Perciò è stato giustamente detto che la città ha bisogno dl conservare la
memoria di se stessa, allo stesso modo che ne ha bisogno li singolo uomo 23•
Se passiamo nel campo degli oppositori, anch'essi invo cano la coscienza storica, intesa non nel senso della conti nuità bensì come atti che caratterizzano inequivocabilmente l'individualità di ciascun momento storico. È proprio questa concezione della storia, secondo alcuni autori, diversa da quella del passato sentito quasi come un fluire naturale, ad imporci l'attuale idea di soluzione di continuità, peraltro av valorata da obiettivi mutamenti strutturali ed invocata anche per la pratica difesa del patrimonio preesistente. Scrive Ce derna contro la continuità: oggi questo ce lo vieta propriol la storia, che invano i vandali pretendono, ignorandola, di continuare ... ce lo vietano, tra l'altro, le discipline che in un tempo relativamente recente abbiamo inventato, gli studi sto rici, le scienze dell'antichità, l'archeologia, la storia dell'arte, l'estetica, ecc., che ci hanno insegnato a capire storicamente nei suoi valori concreti e specifici l'opera d'arte ... e quindi anche a rispettarla, a conservarla, a reintegrarla nel suo stato migliore 24• Per cui, prosegue l'A. parlando specifica mente della città, il pretendere di «adeguare» una vecchia città alle esigenze della vita moderna porta, ripetiamolo, a un compromesso deforme, a un'opera di inciviltà e regresso: cioè alla distruzione senza contropartita ... di un inestima bile patrimonio di arte e di storia e, contemporaneamente, alla creazione di un'equivoca e irrazionale contraffazione� modernità 25•
E se Cedema rafforza le proprie affermazioni con una sfi ducia nell'architettura moderna ricavata dall'osservazione dei risultati ottenuti attraverso un cattivo uso del patrimonio ur bano esistente, compiuto da amministrazioni, politici, impren ditori e operatori (quelli che egli definisce «vandali») per giungere alla volontà di conservazione integrale come unica forma di tutela, al medesimo risultato perviene Brandi ri flettendo invece sulla incompatibilità fra antico e nuovo do vuta alle ragioni linguistico-strutturali dell'architettura con temporanea. L'architettura moderna, proprio in quanto ha il diritto di chiamarsi tale, non può essere inserita in un antico
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complesso urbano senza distruggerlo e senza autodistruggersi: perché un'opera d'arte si distrugge ove venga ad accettare delle condizioni spa_ziali che la negano, e altrettanto distrugge in ragione di quello che negando, afferma ... L'architettura moderna non ha senso se si pretende che realizzi o aiuti a realizzare quel continuum omogeneo e isomorfo che è la base stessa della spazialità prospettica ... I dati spaziali assunti dagli architetti moderni hanno in comune il rifiuto, anche se non esplicito, del piano prospettico, dell'allineamento prospet tico, di uno spazio ... che si riporta continuamente alla misura umana, contenente e contenuto al tempo stesso, esterno al l'occhio e interiore alla coscienza 26• Le posizioni emergenti dai brani finora citati avevano ad un tempo
il pregio ed il limite di fondarsi su principi teorici
e miravano soprattutto ad una sensibilizzazione culturale del pubblico. Agli i_nizi degli anni '60, legato evidentemente a fe nomeni di ordine politico, economico e sociale, comincia ad emergere, oltre ai precedenti, il tema della pianificazione, intesa come strumento in grado di controllare lo sviluppo ur bano comprendendone tutti i dati e componendo in una nuova entità tutte le sue parti; una di queste parti è
il centro sto
rico. Quaroni scrive: Il valore della città è tutto ... nel rap porto che essa determina tra l'uomo e l'ambiente, e appunto la pianificazione territoriale si propone come scopo di mi gliorare per quanto possibile questo rapporto, rifondendo la · città in un'armonia altrettanto valida quanto quella spontanea che la rivoluzione industriale ha distrutto ... la vita stessa della città, una volta che la si riconosca profondamente nel suoi moti, nelle sue relazioni, nel suo sviluppo, offrirà la chiave del problema 27 • In altra sede lo stesso autore riba disce: se, in conclusione, i pericoli che minacciano l'ambiente storico sono portati dalla vita, è sulla vita che dobbiamo agire, aiutandola, moderandola attraverso una pianificazione: cioè a dire tecnica, politica, legislazione, diritto, educazione 28• Come si vede, anche puntando sullo strumento operativo e sulla politica della pianificazione, non mancano contributi d'ordine concettuale. Uno degli autori più impegnati, per così· 14
dire, su questo duplice fronte è Benevolo. Per la prima volta
infatti i nostri rapporti con il passato - che sono la condi zione essenziale per la continuità e l'esistenza stessa della cultura - sono affidati per la maggior parte alla liflessione critica e storica, anziché all'immediatezza di una tradizione. Uno dei fondamenti di questa riflessione è la possibilità di rivivere certe esperienze partendo dalle testimonianze ma teriali del passato; perciò è diventata necessaria per noi la conservazione di queste testimonianze ... Una delle preroga tive più importanti dell'architettura ... è di non essere legata univocamente alla precisa funzione originaria ma di conte nere sempre un margine, più o meno vasto, per altre utiliz zazioni. Si direbbe che l'architetto, progettando un edificio, gli infonda una carica vitale più ampia di quel che occorre per le immediate necessità. Ciò comporta una corrispondente possibilità di trasformazioni d'ordine formale, che l'edificio sopporta senza perdere la sua individualità e il suo carat• tere ... per gli ambienti antichi è data la forma fisica e si tratta di procurarle un fondamento economico e sociale compa tibile con i valori formali 29• Le due esigenze fondamentali proprie al problema in esame, cioè quelle della conservazione e della trasformazione, sono per lo stesso autore compatibili solo spostando il discorso dalla scala dell'intervento singolo a quella dell'insieme ... e le due alternative ... possono essere rese commensurabili e giudicate unitariamente, come elementi dell'interesse generale della città. Lo strumento adatto in cui collocare questi ragionamenti è il P.R.G. ).'). Ma, benché molti architetti ed urbanisti parlino costante mente di intervento attivo, di « diritti ,. dell'architettura mo derna e tutti rimandino al P.R.G. come momento risolutivo di ogni problema ed esigenza, l'orientamento prevalente circa la tutela dei centri storici è quello del risanamento conser vativo. Al Convegno di Gubbio del 1960, Cederna e Manieri Elia nella loro relazione affermavano: il rapporto tra vecchio e nuovo nelle città ci appare oggi non più architettonico, ma urbanistico: città antica e sviluppi moderni sono cioè due entità che vanno organizzate in base a un programma gene rale che preveda e controlli tutti i fenomeni della città nel suo insieme ... (in questa) impostazione urbanistica del rap- 15
porto tra vecchio e nuovo nelle città, ... il risanamento ha ho scopo da un Iato, di restituire a un centro antico condizioni ambientali per quanto possibile vicine a quelle originarie, eli minando tutte ... le sovrastrutture ..., dall'altro di migliorare le condizioni di vita degli abitanti 31• Queste indicazioni gene rali vennero recepite e trasformate in una sorta di norma tiva nel documento finale del Convegno, che prese il nome di « Carta di Gubbio»; vi si auspicava: - rifiuto della demo lizione di edifici di scarsa importanza, ma con carattere am bientale, del diradamento ed isolamento dei «Monumenti»; - esclusione assoluta del ripristino, delle agghmte stilistiche e del rifacimento mimetico; - esclusione, in linea di prin cipio, dei nuovi inserimenti nell'ambiente antico; - conser vazione attraverso interventi di risanamento, basato sul con solidamento statico, sull'eliminazione delle aggiunte recenti, sulla ricomposizione delle unità immobiliari e loro riqualifi cazione igienica, sulla restituzione alla destinazione originaria degli spazi liberi; - istituzione, infine, di vincoli di intangi bilità e di non edificazione 32• A questa linea, che potremmo definire prettamente urba nistica - di risanamento conservativo - di fedeltà all'origi nario, ecc. (che, va detto chiaramente, in attesa di una più vasta pianificazione socio-culturale, costituirà intanto la più seguita tendenza operativa) si sono in varie occasioni opposte alcune voci isolate. Queste per il carattere specifico della presente rassegna hanno talvolta più rilievo che non i consensi dei tecnici più unanimi ed operativi. Una posizione di dissenso può considerarsi quella di A. Samonà quando afferma che occorre tentar di « chiudere » il discorso sui centri storici entro le maglie precise di un argo mentare disciplinare: assai poco ci servirà lo strumento del metodo interdisciplinare ... la struttura urbana antica deve essere presa in considerazione come un conchiuso insieme ar chitettonico: documento di studio a nostra disposizione ... ; documento di un processo urbano edilizio .•. che ha posto fine al suo sviluppo vitale e che, proprio dalle ragioni e dalla compiutezza di questa sua conclusione, si offre al nostro 33 16 godimento • Inoltre, per lo stesso A., il centro antico va
studiato nelle relazioni formali ancor oggi esistenti e nella sua struttura in termini di architettura, compiendo così un vero e proprio « processo progettuale » che attraverso una selezione operata sui giudizi di valore (architettonico) com porterà anche la creazione di grandi vuoti. In questi vuoti, suscitatori di un'atmosfera quasi metafisica, potranno edifi carsi a completamento nuovi manufatti, il cui valore sarà quello di integrare la forma urbana antica così restituita ad una sua idea essenziale ... la qualità dell'intervento edilizio con tutta la sua forza, sarà rappresentata, appunto, dalle ca pacità formali delle nuove edificazioni di cogliere e rappre� sentare il senso del patrimonio antico in cui si inseriscono ... Si intende certamente che quanto detto fin qui rappresenta, e vuol rappresentare; un punto di vista da sviluppare all'interno della disciplina architettonica; e con ciò intendiamo sottrarre all'urbanistica tradizionale quel campo d'azione rappresen tato dal patrimonio storico architettonico e urbanistico 34• · Dal canto suo De Fusco sottolinea che il rapporto critica mente mediato (con il passato) non significa soltanto la com prensione storico-critica di tutto il patrimonio antico, ma anche quello che il termine « critica » specificamente denota, ossia valutazione e scelta ... è necessario affermare, almeno in sede teorica, questa facoltà discriminante della critica,. sia per affermare la storicità dei nostri giudizi, sia per dedurre da tale storicità i criteri da adottare per la difesa di tutti i valori ... nelle strutture del passato 35• Per quanto riguarda poi i motivi, al di là di quelli di carattere economico, per i quali i centri storici si sono conservati, lo stesso A. afferma: l'unica risposta che ci sembra possibile è da ritrovarsi nel significato di quelle fabbriche e ambienti. Significato da ascri versi non tanto al valore che ad essi attribuiva la cultura delle élites egemoni, ... quanto ai valori simbolici, mitopoietici, religiosi, nazionali, ecc. ... Pertanto non alla cultura intesa in senso tradizionale si deve la conservazione del patrimonio antico, quanto ad una cultura intesa in senso antropologico, comprendente cioè il costume, i riti e miti della grande mag• gioranza 36• E se questo tipo di rapporto non esiste più, è necessario colmare il vuoto enorme fra la cultura tecnica e 17
la società civile e puntare sul recupero di processi significa tivi che ancora agiscono attivamente sugli interessi e sulle aspettative popolari e, in sede operativa, puntare proprio su questi fattori per ristrutturare e vitalizzare i centri storici 37 • Altrettanto e forse più radicale rispetto alla tendenza vin cent-e del risanamento conservativo è la posizione di Aldo Rossi. L'abitazione, egli scrive, per prima ... ha un ciclo di consumo ... sempre più rapido; li rinnovamento delle vecchie abitazioni non ha senso nelle condizioni presenti e non può essere che un'operazione di élite. Ma proprio le case di abi tazione costituiscono in g1·an parte quello che noi chiamiamo l'ambiente; ne discende che dobbiamo fatalmente abbando nare questo ambiente al suo destino. ... Al contrario sappiamo che nella dinamica urbana rimangono fermi e persistono elementi caratteristici; essi hanno una funzione primaria nella struttura della città. Si tratta In gran parte del monumenti ... Questi monumenti sono delle forme simboliche più forti della loro funzione: essi sono costruiti al di sopra del loro tempo o almeno possiamo dire che hanno un tempo diverso e inso lito [ •.. ]. Che fare allora delle vecchie città? Accentuare il pro cesso di distruzione delle parti ambientali e pittoresche in modo da far partecipare I monumenti direttamente alla co struzione della città moderna o mantenerle totalmente, quando è possibile, come musei ... Avremo da una parte città-museo come riferimenti sempre più individuati, capitali singolari nel territorio in continua trasformazione; ... avremo dall'altra parte monumenti come punti fissi della nuova città, mesco lati con questa, del tutto fusi accanto a nuovi monumenti e nuovi fatti collettivi nella composizione urbana delle grandi città moderne 31• Dopo questa breve parentesi sulle posizioni più etero dosse - molte altre testimonianze potrebbero arricchirla riprendiamo l'esame della tendenza prevalente nella soluzione dei problemi dei centri storici. In particolare, fin dal Semi-7 nario di Gubbio del '70 emerge il concetto di centro storico non solo inteso come bene culturale ma come bene econo mico. In un loro recente libro, Carozzi e Rozzi affermano: 18 abbiamo sostenuto la tesi che aver considerato I centri storici
unicamente come beni culturali ha, di fatto, impedito di ca pire i meccanismi di degrado e quindi di mettere a punto una strategia d'azione plausibile ed adeguata alla complessità, alla varietà ed alla vastità dei problemi da risolvere: problemi urbanistici in senso lato, e quindi strettamente connessi, oltre che alle qualità formali del patrimonio edilizio, alla diversa dinanùca territoriale, economica e sociale che caratterizza aree e centri del nostro paese 39 • Il Congresso di Bergamo del 1971 sancisce in modo orga nico questa posizione. Nella relazione generale si afferma, tra l'altro, che la politica per i centri storici deve tendere a coincidere con quella di equilibrio territoriale e questa, a sua volta, più al migliore utilizzo del capitale fisso esistente piutto sto che alla creazione di nuovo capitale... occorre quindi con trapporre un modello di sviluppo alternativo a lungo termine ed estrapolare da questo una serie di provvedimenti a breve termine ad esso coerenti. Escluso ogni intervento di sventra mento o di risanamento conservativo, una nuova politica per i centri storici dovrà tendere a restituirli prevalentemente alla funzione residenziale non solo per recuperare il loro ruolo originario e pertanto l'unico ancora capace di utilizzarne le tipologie e le strutture, ma anche per deflazionare la spirale dei valori posizionali e il consumo di area urbana, che fini. scono per soffocare e distruggere l'equilibrio degli insedia menti; essa dovrà in questo ambito, privilegiare una resi denza econonùca e l'hùziativa pubblica 40• Lo sviluppo più importante di queste teorizzazioni è quello che si crea tangibilmente intorno al problema della ristruttu razione di aree interne del centro storico di Bologna, svolta con interventi di edilizia economica e popolare secondo le leggi 167 e 865. Non ci soffermeremo sugli aspetti operativi del Piano di Bologna data l'impostazione teorica della pre sente rassegna. Tuttavia, riportiamo i punti fondamentali in dicati da Cervellati e Scannavini per l'intervento nel centro storico di Bologna in quanto hanno poi fornito i dati di una più generale formulazione teorica nell'ambito di questo orien tamento. Tali autori sostengono che attribuire una nuova fun zione alla struttura antica della città, nella prospettiva più
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ampia di un mutamento dell'assetto del territorio, comporta: 1) attuare una politica di intervento pubblico nel rinnova mento urbano, iniziando dal centro storico, al fine di una riqualificazione del patrimonio edilizio esistente; 2) attuare la conservazione attiva, sociale e fisica, del centro storico, im pedendo l'espulsione dei ceti meno abbienti e delle attività povere dal centro stesso; 3) elimimtre la rendita differenziale attuando interventi di edilizia economica popolare anche nel centro storico, per. lavoratori, studenti ed anziani; 4) appli care nel centro storico nei quartieri di degrado fisico e so ciale la « 167 » ...; 5) esaltare la funzione della cooperazione a proprietà indivisa; 6) rendere funzionali, per quanto con cerne qualità e flessibilità d'uso, le tipologie edilizie esistenti dotandole dei necessari standards urbanistici ed abitativi; 7) rendere i costi del ripristino conservativo ... competitivi con I costi complessivi del nuovi insediamenti periferici ...; 8) promuovere la gestione, meglio l'autogestione, dell'edilizia sociale ..• e l'applicazione di un effettivo equo canone 41• Avviandoci alla conclusione della nostra rassegna, ripor tiamo quanto veniva espresso in un articolo redazionale della rivista « Edilizia popolare», dedicato al tema di cui ci occu piamo, nel quale si tentava di fare il punto delle posizioni fino allora emerse. Il valore della linea culturale, espressa dal convegno di Bergamo in poi, viene riconosciuto come impor tante per l'aver fornito un modello d'interpretazione della crisi urbana, applicato al problema dei centri storici, e nel demolire l'idealismo astratto e intellettualistico delle ipotesi culturali precedenti. Ma l'aver limitato l'analisi solo alle mo tivazioni strutturali del degrado, rischiava di proporre azioni di recupero unicamente sul piano istituzionale, senza affron tare in pratica i problemi dell'architettura e della progetta zione, se non per rigettare con un giudizio sommario le prin• cipali ipotesi d'intervento sulla città antica elaborate storica• mente dalla cultura architettonica. � quindi necessario en trare nel merito dei _problemi di architettura e formulare un sistema di principi che siano guida all'azione perché si possa costituire un patrimonio conoscitivo di base sulla storia 20 delle città, sulla loro architettura, sulle loro tendenze e i lorQ
processi attuali di trasformazione al fine di contribuire in senso più generale e complesso alla dialettica fra cultura e trasformazione delle città 42_ A chiusura del nostro excursus, che ovviamente non ha alcuna pretesa di essere esaustivo, dobbiamo osservare che l'intero dibattito, pur toccando talvolta livelli di alto inte resse, ha spesso nelle sue proposizioni fondamentali notevoli incertezze, contraddizioni, ripetizioni e pretese di ricomin ciare ogni volta daccapo, mostrando in pratica di essere la somma di tante idee piuttosto che l'organico sviluppo di un insieme. Peraltro, anche quando all'interno del dibattito sem bra individuato un obiettivo e concreto provvedimento valga per tutti come esempio l'idea dell'applicazione della « cooperativa a proprietà indivisa » - si tratta, nella maggior parte dei casi, di una proposta di carattere extradisciplinare che poco o nulla ci dice sulla attuale idea di città. A tal proposito facciamo nostre le considerazioni di Bonfanti quando affermava che la scarsa chiarezza delle nozioni ar chitettoniche che sono in gioco, la contraddittorietà delle opinioni sul significato e il valore del Centro storico e sulle soluzioni da adottare in relazione ad esso sono ... il segno di carenze più vaste: sul piano disciplinare, coincide con l'as senza o la distorsione di un'idea di città [ ... ]. Lo stato di confusione in cui parte della cultura architettonica si trova oggi più che mai è dunque ben comprensibile. E non stupisce che essa cerchi le risposte fuori del proprio ambito, facendosi forte di razionalità ad esso estranee. Si noti che lo non ri tengo possibile dare una soluzione ad un problema complesso, che ha , profonde implicazioni economiche e sociali, come quello della sorte dei Centri storici, senza indagarne tutti gli aspetti. Non solo: credo che quando il pensiero architet tonico si articola con energia e chiarezza, esso tende a com prendere molti temi, a toccare tutti i punti più importanti. Ciò avviene in ogni campo, nei momenti progressivi della cultura, ed allora lo specialismo legittimo non entra in con trasto con l'agilità del pensiero, che sa legare fra loro og getti apparentemente distanti, tendendo puntualmente al centro dei problemi 43• 21
I 2 3 4
G. GIOVANNONI, Veccltie città ed edilizia nuova, Torino 1931, p. 10. Ibidem, p. 176. Ibidem, p. 159. A. ANNONI, Scienza ed a,·te del restauro architettonico, Ed. Fra-
mar, Milano 1946, p. 14. s A. ANNONI, Criteri e saggi per la conservazione e il restauro degli antichi edifici nel moderno rinnovamento della città, dagli Atti del Congresso di Tokyo del 1929, comunicazione n. 91. 6 M. PIACENTINI, Sulla conservazione della bellezza di Roma e sullo sviluppo della città nioderna, Associazione Artistica fra i Cultori di architettura, Tip. « Aternum •, Roma 1916, p. 15. 7 G. C. ARGAN, Urbanistica e architettura, in « Le Arti•, a. I,
f. IV, 1938.
s G. PAGANO, Case per il popolo, in « Casabella-costruzioni •• n. 143, novembre 1939. 9 C. L. RAGGHIANTI, Nota sull'urbanistica, in «Casabella-costruzioni», n. 166, ottobre 1941. 10 B. BERENSON, Come ricostruire Firenze demolita, ne « Il Ponte»,
n. 1, 1945.
Il R. BIANCHI BANDINELLI, Come non ricostruire Firenze, ne « Il Ponte •, n. 2, maggio 1945. 12 P. PROCACCI, Difesa della città medievale, in « La nazione del popolo", Firenze 6-10-1946. 13 G. MICHELUCCI, Architettura vivente, in e La nuova città», a. I, nn. 1-2, dic. 1945. gen. 1946. 14 C. L. RAGGHIANTI, Urbanistica medievale e urbanistica d'oggi, in « La nazione del popolo•• Firenze, 22-9-1946. ts R. PAPINI, Il referendum sulla ricostruzione di Firenze, in •La nazione del popolo•• Firenze 15-9-1946. 16 P. BIGONGIARI, Più architettura, in « La nazione del popolo•, Firenze 27-10-46. 17 G. C. ARGAN, Edilizia popolare e tutela monumentale, in •Edi lizia popolare•• n. I, a. 1954. 18 E. N. ROGERS, Tradizione e attualità, in Esperienza dell'architet tura, Einaudi, Torino 1958, p. 276. 19 E. N. ROGERS, Verifica culturale dell'azione urbanistica, in Op. cit., p. 318. 20 R. PANE, Gli architetti moderni e l'incontro fra antico e nuovo (II), in Attualità dell'ambiente antico, La Nuova Italia, Firenze 1967, p. 61. 21 R. PANE, Città antiche edizilia nuova, in Città antiche edilizia nuova, E.S.I., · Napoli 1959, p. 73. 22 Ibidem, pp. 68-69. 23 R. PANE, l'antico dentro e fuori di noi, in Attualità dell'ambiente antico, cit., p. 82. 24 A. CEDERNA, I vandali in casa, Laterza, Bari, 19.56, p. 7.
25 26
22
Ibidem, p. 14.
C. BRANDI, Processo all'architettura moderna, in « L'Architettura, cronache e storia", n. Il, settembre 19.56. r, L. QuARONI, Città antica e città moderna, in « L'Architettura, cronache e storia"• n. 15, gennaio 1957. 28 L .Quaroni, intervento al dibattito I.N.U., « La difesa e il rinno vamento del paesaggio urbano e rurale"• in « L'Arclùtettura, cronache e storia"• n. 22, agosto 1957. 29 L. BENEVOLO, La conservazione dei centri 'antichi e del paesaggio, in •Ulisse", n. 27, a. 1957, ora in L'architettura della città nell'Italia contemporanea, Laterza, Bari 1968.
JO L. BENEVOLO, Il piano regolatore (relazione al Convegno di Lucca del 1957), in « Urbanistica •, n. 23, a. 1958. li A. CEDERNA-M. MANIERI -ELIA, Orientamenti critici sulla salva guardia dei centri storici, in «Urbanistica•• n. 32, a. 1960. 12 Cit. in C. CARozzr-R. Rozzi, Centri storici questione aperta, De Donato, Bari 1971, pp. 37-38. 33 A. SAMON;,, Centri storici: architetti contro urbanisti, in « Il Mulino•• n. 200, giugno 1969. 34 Ibidem. 35 R. DE Fusco, Architettura come mass medium, Dedalo libri, Bari
1967, p. 106.
36 Ibidem, p. 116. 11 Ibidem, p. 119. 38 A. Rossi, Che fare delle veccl1ic ci/là, in Scritti scelti sull'archi tel/ura e la cillà, CLUP, Milano 1975, pp. 367-369. 39 C. CAROZZI e R. Rozzi, Op. cit., p. 71. 40 Una nuova politica per i centri storici (relazione generale al VI congresso ANCSA, Bergamo 1971), in • Edilizia popolare•, n. 113,
a. 1973.
41 P. L. CERVELI.ATI·R. SCANNAVlNl (a cura di), Bologna: politica e metodologia del restauro nei centri storici, ed. il Mulino, Bologna,
1973, p. 37.
◄2 Per 1111 sostanziale riesame della questione dei Centri storici: iniziativa politica e diballito culturale, in • Edilizia popolare•, n. 110,
a. 1973.
43 E. BoNFANTl, Arcl1itettura per i Centri storici, in • Edilizia po polare•, n. 110, a. 1973 e in AA.VV., Architettura razionale, Franco An geli editore, Milano 1973.
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Note sulla simmetria in architettura PAOLO BALMAS
Di occuparsi dell'uso della simmetria in architettura hanno sentito in molti il bisogno lungo l'arco della storia critica di questa arte. Si è trattato molto spesso di brevi accenni, altre volte di sag� di una certa estensione, ma sempre con una medesima caratteristica. in comune: dai trattatisti rinascimentali ad oggi I quando si è parlato di simmetria in architetutra lo si è fatto per dare un giu dizio critico sull'uso di essa dando così luogo ad un al ternarsi di esaltazioni e denigrazioni che se esaminato con opportuni criteri può costituire un vero e proprio termometro delle tendenze, dei gusti e dell'indirizzo teorico dei vari pe riodi. Qualche esempio: il Serlio nel suo trattato occupandosi del come « riflorar case vecchie » descrive un esempio di casa da rimodernare con queste parole: « Havrà per accidente un cittadino una casa assai comoda, et anche buona di muraglie, la faccia della quale sarà ornata sì, ma non in quel modo che
comporta la buona Architettura: percioché il più manifesto er rore è che la porta di essa casa non è nel mezo, come si con
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verrebbe: anche le finestre hanno qualche disparità. Hor questo cittadino, per non parere inferiore ai vicini, che vanno pur fabricando, con buoni ordini, osservando almeno la simmetria: vorrà riflorare almeno la faccia della sua casa... » e dopo aver presentato il risultato del suo « inter vento » in una tavola adduce considerazioni di ordine metaforico-musicale per farsi perdonare quella che per lui è
ancora in qualche modo una pecca, cioè il fatto che la fac ciata è sì scompartita in due metà che si corrispondono specularmente ma le distanze tra le finestre non sono co stanti. Il Viollet-le-Duc nel suo Dictionnaire raisonné de l'Architecture française discutendo alla voce « symétrie » della differenza tra il significato della parola presso gli antichi Greci e nel francese moderno afferma: Pour exprimer ce que nous entendons par symétrie ( un décalque retoumé, une con trepartie) il n'était pas besoin de faire un mot. C'est là une opération tellement banale et insignifiante, que le Grecs n'ont pas meme eu l'idée de la définir; e più in là, definita la simmetria (in senso moderno) come parallélisme de deux moitiés afferma che tale parallélisme ... ne serait qu'une qualité de constitution qui ne peut toucher l'artiste. Infine, dopo aver spiegato la presenza in tutte le epoche della sim metria in architettura con le seguenti parole 2: ... la consti tution meme de l'homme le porte, par instinct, à doubler les conceptions, à chercher la pondération à l'aide du parallé lisme ... rincara la dose sottolineando che cette opération mécanique, où l'intelligence n'entre pour rien, n'a aucun rap port avec l'art. Avvicinandoci ai giorni nostri, troviamo nella Guida me todica per lo studio dell'Architettura dì Vincenzo Fasolo, opera dì. scarso rilievo nella letteratura architettonica ma che ebbe una certa diffusione a livello didattico, la. se guente affermazione: « Come si è visto, la creazione archi tettonica si svolge per due grandi e fondamentali concetti: la dissimmetria e la simmetria. Quali elementi funzionali de terminino la preferenza per l'uno o per l'altro sistema ..... è studiato in altre pagine. Quanto alla elezione che sin dalle più antiche epoche dell'arte trae i costruttori a tracciare e chiudere, partendo da perimetri murari simmetrici gli spazi interni e a delimitarli esternamente in contorni e masse murarie che si chiudono in unità convergenti ed eguali ri spetto ad un asse centrale, si può comprendere che questo sia avvenuto ed avvenga per l'unitaria e totale risonanza che questa precisa legge geometrica reca a soddisfacimento dei più profondi sensi di armonia e di ragione cui l'uomo 25
aspira nella sua creazione architettonica». Diametralmente opposto il parere di Bruno Zevi che ne Il linguaggio moderno dell'architettura tirando le somme di quanto da lui stesso scritto in due precedenti articoli e dell'intervento in propo sito di Gillo Dorfles 3 scrive: « Simmetria = bisogno spa smodico di sicurezza, paura della flessibilità, dell'indetermi nazione, della relatività, della crescita, insomma del tempo vissuto. Lo schizofrenico non tollera il tempo vissuto; per controllare l'angoscia esige l'immobilità. Il classicismo è l'ar chitettura della schizofrenia conformista. Simmetria = pas- · sività o, in termini freudiani, omosessualità ... Parti omologhe non eteronome. Terrore infantile del padre - l'accademia è una figura paterna, protettrice del piccolo vile - che ti castrerà se aggredisci una figura eteronoma, la donna, la madre. Nel momento in cui ci si passivizza accettando la simmetria, l'angoscia sembra attenuarsi perché il padre -non ti minaccia più, ti possiede. Forse l'intera storia dell'archi tettura potrebbe essere riletta in chiave di nevrosi della simmetria». Si potrebbe continuare ancora a lungo 4• Tut tavia chi cercass·e in queste righe un altro giudizio assolu torio o di condanna per la simmetria resterebbe deluso, e non perché noi non si voglia prendere una posizione, ma. più semplicemente perché è nostra convinzione che sia in hanz.itutto necessario un chiarimento dei termini della que stione, a prima vista semplici, ma in realtà piuttosto com plessi. Questo chiarimento, eh� dovrebbe tra l'altro portare ad una reimpostazione (come minimo teminologica) dei pro blemi affrontati in giudizi come quelli citati, cercheremo di darlo in un'opera di prossima pubblicazione di cui queste righe vogliono appunto essere un'anticipazione. Esaminiamo innanzitutto il significato matematico geome trico del termine « simmetria •· Dalle opere specialistiche che si occupano di tale argomento 5 possiamo trarre le seguenti due accezioni: 1) Simmetria = una trasformazione dello spazio che as socia ad ogni punto P di una figura data un punto P' sito a distanza eguale ma dalla parte opposta rispetto ad un 26 piano 6 che incontra ortogonalmente il segmento che unisce
i due punti. Questa trasformazione applicata una volta o un numero dispari di volte dà luogo a figure isometriche (= aventi forma simile e aree eguali) enantiomorfe ( = di orientamento inverso l'una rispetto all'altra oltre che iso metriche) quindi non sovrapponibili o con termine più tec nico « inversamente congruenti» (come la mano destra e la sinistra); applicata due volte o un numero pari di volte dà luogo a figure isometriche « direttamente congruenti» cioè sovrapponibili per mezzo di un moto rigido ( = sposta mento senza deformazione di una figura nello spazio). L'ap plicazione ripetuta di una simmetria è detta « prodotto di simmetrie». 2) Simmetria (posseduta da una figura) = la proprietà caratteristica di una figura di essere lasciata immutata da un determinato gruppo di « automorfismi » ( = trasforma zioni dello spazio che ne lasciano inalterata la struttura). Dove tali trasformazioni abbiano per base le seguenti opera zioni: a) riflessione = ciò che abbiamo descritto nel definire Simmetria 1 ). Se una figura rimane immutata rispetto alla sola riflessione (secondo un asse adeguatamente individuato) si dirà che essa ha soltanto « simmetria bilaterale». b) rotazione = spostamento di tutti i punti di una figura lungo archi di cerchi concentrici giacenti su piani paralleli tra loro e tutti perpendicolari ad una retta orien tata (= asse di rotazione) che passa per il loro centro, in modo tale che gli angoli al centro siano tutti uguali e per corsi nello stesso senso. Sul piano si parlerà di centro di riflessione. Se una figura rimane immutata solo rispetto ad una o più rotazioni (secondo angoli sottomultipli interi di 360° , condizione indispensabile affinché la figura si richiuda) si dirà che essa ha simmetria rotatoria. e) traslazione = spostamento di tutti i punti di una fi gura lungo rette parallele secondo segmenti di retta tutti uguali tra loro e nel medesimo verso. Se una figura rimane immutata solo rispetto ad una o _più traslazioni si dirà che essa ha simmetria « traslatoria». Attenendoci ·a questa seconda accezione possiamo ad 27
esempio dire che la simmetria di un pentagono si basa su cinque rotazioni (attorno al centro) e cinque riflessioni ri spetto alle cinque rette · passanti per ciascun vertice e per il centro. Ovvero che il pentagono ha sia simmetria bilate rale che simmetria rotatoria. Ai fini dell'analisi dell'opera architettonica questa seconda accezione del termine simme tria è senz'altro utilizzabile, ma dà ragione solo di un nu mero limitato di fatti ovvero permette di descrivere solo opere o parti di opere molto particolari. Il Weyl ad esempio, che nella sua opera La Simmetria adotta tale accezione, si . limita a citare la simmetria esagonale frequente nelle torri, la pianta ottagonale di S. Maria degli Angeli a Firenze, il Pentagono di Washington, il pentagonale atrio di passaggio tra S. Michele di Murano e la Cappella Emiliana a Venezia, la fascia a simmetria traslatoria del portico e del loggiato del palazzo Ducale di Venezia, l'impianto a simmetria bila terale della cattedrale di Magonza e la simmetria rotatoria del rosone della stessa, il Battistero di Pisa (per le sue fasce di simmetria rotatoria di ordine diverso l'una dall'altra) e qualche altro esempio di sole parti di opere in cui forme di simmetria altamente organizzate hanno per lo più scopo or namentale. Ed effettivamente non potrebbe fare di più (senza incorrere in inutili ripetizioni) con uno strumento di analisi così limitato, cioè dovendo sempre prendere in considerazione configurazioni globali geometricamente interessanti e così rigorose da dover rimanere invariate rispetto ad una o più trasformazioni in esse individuabili. Ora, non è necessario essere uno storico dell'architettura per rendersi conto che affinando e rendendo più duttili i propri strumenti di ana lisi si possono cogliere, in base alle operazioni semplici di rotazione, riflessione e traslazione,. e alle loro iterazioni e combinazioni una quantità di fatti legati evidentemente agli stessi principi che stanno alla base della simmetria nelle ac cezioni qui esposte; che se allo studioso di geometria appari rebbero banali e non degni di particolare attenzione, a chi cerca di far luce sulle strutture che presiedono alla fonna tività architettonica sembrano invece promettere risultati 28 interessanti. Per raggiungere questo fine proponiamo l'ado-
zione della seguente riforma terminologica, puramente utili taria e senza pretesa di validità al di fuori del nostro campo di interessi. 1) Con simmetria bilaterale si intenderà non più soltanto la proprietà di una figura di rimanere invariata rispetto alla riflessione, ma la riflessione stessa. In tal modo dicendo che un triangolo isoscele ha simmetria bilaterale non intende remo soltanto che esso rimane invariato se sottoposto a ri flessione rispetto alla retta passante per il vertice opposto
Fig. 1. - Simmetria bilaterale
Fig. 2. - Simmetria rotatoria
Fig. 3. - Simmetria traslatoria
A
B_
D
Fig. 4. - Simmetria bilaterale + simmetria traslatoria
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alla base e, perpendicolare alla stessa, ma anche che in esso è individuabile l'applicazione di tale operazione ad una parte della figura opportunamente ritagliata (il triangolo rettan golo che ha per cateti metà della base, e l'altezza e per ipo tenusa uno dei lati uguali). 2) Con simmetria rotatoria non intenderemo più soltanto la proprietà di una figura di rimanere invariata rispetto ad un numero qualsiasi di successive rotazioni con angolo sotto multiplo intero di 360° costante. (O se si vuole, che è lo stesso, chiamando y l'angolo uguale 360°/n ed eliminando la condizione della successione, di rimanere invariata rispetto ad una qualsiasi delle rotazioni con angoli y, 2 y ...... (n - 1) y, n y), ma piuttosto l'operazione costituita da tutta la serie delle successive rotazioni, cioè un prodotto di rotazioni con rotazione base costante. In tal modo dicendo ad esempio che un esagono ha sim metria rotatoria (oltre a quella bilaterale) non s'intenderà più che esso ha la particolarità di rimanere invariato rispetto alle rotazioni con angolo di 60°, 120°, 1800, 2400, 360° attorno al suo centro, ma che in esso è individuabile una operazione costituita da una serie successiva di 6 rotazioni di 60° ap plicata ad una parte della figura opportunamente ritagliata, cioè il triangolo che ha per vertici il centro dell'esagono e i due estremi di uno stesso lato. Per essere più chiari, giacché il fatto che l'esagono ha anche simmetria bilaterale potrebbe ingenerare confusione, diremo ancora che ad esempio nella famigerata svastica nazista citata da Weyl la parte da rita gliare è uno degli uncini e nel simbolo della Trinacria una delle gambe. 3) Per simmetria traslatoria non intenderemo più soltanto la proprietà di una fascia costituita dall'iterazione regolare di un motivo (potenzialmente infinita) di rimanere invariata rispetto alla traslazione base t e alle sue iterazioni t1 = 2 t; t2 = r t; ..... t<0- 1> = nt, ma l'operazione costituita dalla serie successiva delle n iterazioni di t. Di conseguenza dire ad esempio che la figura 3) ha simmetria traslatoria significa che in essa è individuabile una serie successiva di trasla30 zioni t applicate al triangolo ABC.
Sia al punto 1) che al punto 2) che al 3) abbiamo indivi duato delle parti ritagliate dall'intera configurazione alle quali si possono considerare applicate rispettivamente le operazioni da noi denominate: simmetria bilaterale, simmetria rotatoria, simmetria traslatoria. Simili parti noi proponiamo di chia marle figure d'origine (di una simmetria). Pertanto defini remo come simmetrica una configurazione scomponibile in parti isometriche ottenibili nella disposizione in cui si tro vano a partire da una figura d'origine (congruente inversa mente o direttamente con tali parti) per mezzo di una delle operazioni sopra descritte come simm. bilaterale, simm. ro tatoria, simm. traslatoria o di combinazioni di queste. Pos siamo quindi definire con maggiore precisione figura d'orl• gioe come la figura base applicando alla quale una trasfor mazione o un prodotto di trasformazioni otteniamo configu razioni più complesse che possiamo definire simmetriche.
t....J:....:.--+--+----1--+---i--;...._�· -
Fig. 5
31
Per potere usare proficuamente questi concetti operativi è necessario ancora adottare i seguenti accorgimenti: a) Non prendere in considerazione l'opera di architet tura nella sua realtà materiale, ma un suo equivalente formale scomponibile e ritagliabile a piacimento secondo le necessità dell'analisi. Si noti che con questo accorgimento anche un vuoto come ad esempio la luce di una finestra può essere preso come figura d'origine se necessario. b) Normalizzare eventualmente tale equivalente formale dove ciò si renda necessario, il che non vuole assolutamente essere un invito a barare sulla simmetria come spesso è stato fatto 7, ma semplicimente un accorgimento per evitare che piccole differenze cli misura casuali o dovute ad -espe dienti ottici (inessenziali per la nostra analisi, ma fondamen tali per altri tipi di analisi per esempio storica o percettiva) inficino il rigore delle trasformazioni geometriche descritte. e) Tener conto quando ciò sia evidente del ruolo avuto nella progettazione da forme di simmetria accennate o svi luppate e poi negate o manipolate coscientemente. d) Per quanto riguarda la considerazione delle figure d'origine si deve tener presente che esse possono essere ri tagliate a diversi livelli fino a giungere a figure asimme triche cioè non più scomponibili per simmetria. Se si parte da quest'ultimo tipo di figure d'origine che definiremo figure d'origine irriducibili (di una configurazione simmetrica) si può in alcuni casi per semplificare la descrizione, senza pre giudicare l'analisi, assumere la configurazione simmetrica ot tenuta con una prima applicazione di una forma di simmetria quale figura d'origine di una successiva simmetria. Ad esem pio nella figura 4) dove abbiamo una combinazione di sim metria traslatoria e simmetria bilaterale la figura d'origine irriducibile è sia per la traslazione che per la riflessione il triangolo ABC, ma si potrà anche descrivere tutta l'opera zione come una simmetria bilat. che applicata ad ABC pro _duce ACD e poi una simmetria trasl. che produce l'intera configurazione avendo ACD come figura d'origine. e) Tener presente il fatto che sebbene ritagliare delle 32 figure d'origine sia sempre possibile (non così invece per le
Fig. 6a
Fig. 7a
Fig. 6b
Fig. 7b
Fig. 8
figure d'origine irriducibili) per alcune configurazioni ciò è o superfluo, per la loro estrema semplicità o fuori luogo a causa della loro divisibilità all'infinito. Come esempio per quest'ultimo caso si pensi ad un quadrato (per semplicità se ne consideri solo il limite spaziale costituito dai lati), in esso il lato può essere assunto come figura d'origine di una simmetria rotatoria costituita da quattro successive rotazioni con angolo di 9Qo ma il lato stesso è ancora suddivisibile per simmetria bilaterale rispetto ad un punto mediano gia cente su di esso e altrettanto i segmenti così ottenuti e così all'infinito. In questo casi converrà rifarsi semplicemente alla definizione data sotto la voce « 2) Simmetria». A questo punto possiamo, rimandando ad altra sede la pur imprescindibile discussione sul rapporto tra simmetria nella nostra accezione e teoria delle proporzioni (nella quale va inclusa la simmetria di cui parla Vitruvio) possiamo ten tare un'analisi esemplificativa di una parte di un'opera da intendersi come anticipazione di un possibile successivo pro gramma di analisi molto più vasto ed articolato riguardante il modo di usare la simmetria nei diversi periodi storici ed il suo continuo evolversi ed affinarsi (a volte complicandosi straordinariamente a volte ridimensionandosi notevolmente) · fino alle forme a nostro parere non trascurabili assunte anche in quelle recenti e recentissime scuole di architettura per le quali è stato giustamente messo in rilievo il ruolo fondamen tale giocato dall'asimmetria•. L'opera, o meglio la porzione di opera che prendiamo in esame è il · frontale di un tempio greco di ordine ionico (fig. 5). Il rilievo, sulla cui corrispondenza alla realtà non siamo in grado di giudicare, rappresenta il portico est del l'Eretteo di Atene, ma è da noi assunto come generico fron tale ionico, ovvero come composizione possibile e corretta stando alle norme costruttive della fine del quinto secolo a. C. La nostra scelta è puramente contingente e non è asso lutamente in relazione con la caratteristica ben nota del l'Eretteo di essere come impianto globale il più asimmetrico degli edifici sacri della Grecia antica e pertanto anche il 34 più maltrattato dalla tradizione accademica (cfr; B. Zevi,
Op. cit., pag. 24). Del resto la porzione dell'opera da noi
ritagliata è così limitata e così simile a tante altre da non presentare problemi di interpretazione almeno riguardo al l'uso che in essa è stato fatto delle forme di simmetria da noi più sopra definite. Iniziando l'analisi della configurazione globale (che deve essere considerata normalizzata rispetto agli espedienti ottici con i quali i costruttori di templi si propo nevano appunto di dare anche alla vista un'immagine geo metricamente rigorosa) notiamo per prima cosa che l'oggetto considerato ha simmetria bilaterale rispetto ad un piano, che nella fig. 5 rappresentiamo in sezione con la linea a. Ricaviamo così una prima figura d'origine ancora assai com plessa e passibile di ulteriori scomposizioni. Di essa isoliamo dapprima la parte al di sopra del colonnato, trabeazione compresa. All'interno di tale parte troviamo una fascia or namentale a simmetria traslatoria che percorre la cornice superiore del frontone. Poniamo che le figure ornamentali in essa contenute siano quelle che riproduciamo ingrandite nelle figure 6a e 6b, esse costituiscono le figure d'origine di due simmetrie traslatorie alternate, ma sono a loro volta scom ponibili per simmetria bilaterale nelle figure d'origine irri ducibili 7a e 7b e pertanto tutta la fascia è costituita da una doppia combinazione di simmetria bilaterale e simmetria traslatoria in cui il principio organizzatore cioè gerarchica mente prevalente è quello della simm. trasl. Si noti infine che proprio il fatto che i motivi traslati (fig. 6a e 6b) abbiano. simmetria bilaterale permette di mantenere invariato il motivo sia a destra che a sinistra del piano di riflessione cen trale (a). Rileviamo infine un altro accorgimento atto a sot toporre a sua volta la fascia ornamentale della cornice alla simmetria bilaterale globale dell'intero portico salvando la ripetitività rigorosa del motivo ornamentale a spese del ri gore della simmetria traslatoria: l'ultima metà verso il centro del motivo ornamentale traslato (quello rappresentato nella fig. 6a) è sì direttamente congruente con la sua figura d'origine (7a) ma è leggermente inclinata in modo da far coincidere il proprio piano. di riflessione con il piano di ri flessione centrale di tutta la costruzione (a) e costituire così 35
con la propria metà riflessa (inversamente congr.) ancora il nostro motivo direttamente congruente con la fig. d'origine (6a). Da quanto fin qui detto possiamo già trarre una osser vazione interessante sull'uso della simmetria nel tempio greco e cioè che in esso anche le fasce ornamentali sono ri gorosamente sottoposte alla simm. bilat. globale dell'edificio, il che equivale a dire che al particolare ornamentale, rispetto alla simmetria, viene data importanza pari a quella data ai particolari più strettamente architettonici. Ancora simmetria traslatoria sottoposta alla simmetria bilaterale globale per quanto riguarda le dentellature nelle quali però la figura d'origine delle traslazioni, il dentello, ha sì simmetria bila terale, essendo un parallelepipedo, ma non richiede una ul teriore scomposizione per simmetria bilaterale. Notevole in vece il fatto che le tre fasce di dentelli della cornice del fron tone si incontrano tra loro e si interrompono senza nessun aggiustamento. A volte agli angoli esterni vi è un dentello di proporzioni diverse con un piccolo rilievo, che essendo uguale a destra e a sinistra si riallaccia alla simmetria bilaterale globale, ma il nostro disegno non sembra riportarlo. Vi sono poi altre fasce ornamentali non bene distinguibili nel di segno, ma probabilmente con decorazione a fusarolo, cioè simmetria traslatoria con due figure d'origine diverse en trambe a simmetria bilaterale, delle quali una, la più pic cola, costituita da due elementi eguali contigui, e quindi ri chiedente due successive scomposizioni per simm. bilat. per giungere alla fig. d'origine irriducibile. Per questo elemento decorativo all'incrocio delle due fasce oblique dovrebbe ac cadere qualcosa di simile a quanto più sopra descritto a pro posito delle fi� 6a e 7a. Liquidiamo rapidamente la parete della cella notando sommariamente che: 1) anche i mattoni, a parte un particolare, sembrano per tinentizzati dal punto di vista della simmetria, ma potrebbe trattarsi di un eccesso di zelo dell'autore del rilievo (co munque i mattoni di molti templi pseudo-peripteri lo sono senz'altro). 2) La porta (non sappiamo fino a che punto sia atten36 dibile, ma assumiamo anch'essa come generica porta ionica)
ha rigorosa simmetria bilaterale rispetto ad a; ancora sim metria bilaterale nelle cartelle ai lati e nella sovrapporta e simmetria traslatoria nelle borchiature e nei vetri, sempre rigorosamente sottomessa alla simm. bilat. globale. 3) Nella parte superiore della parete vi è una fascia or namentale del tipo di quella del frontone e quindi a sim metria bilat. + simm. trasl. con simm. trasl. dominante e sottomissione del tutto alla simm. bilat. globale. Passando ad occuparci del colonnato ciò che subito ci si impone con evidenza è la simmetria traslatoria con la co lonna completa di base e capitello come figura d'origine. La traslazione è organizzata però in modo da sottoporsi alla simmetria bilaterale globale rispetto ad a che attraversa esattamente a metà l'intercolumnio centrale. Prima di ana lizzare ulteriormente le simmetrie proprie della colonna stessa vorremmo sottolineare che a questo punto abbiamo già gli elementi sufficienti per cogliere il nucleo della composizione del frontale del tempio greco che consiste nel ben calibrato equilibrio tra simmetria bilaterale del frontone (con rela tiva subordinazione degli elementi ornamentali) e la mar cata (psicologicamente e percettivamente prevalente, specie nei templi peripteri) simmetria traslatoria del colonnato, equilibrio in cui la simmetria bilaterale può essere ulterior mente sottolineata dagli acroteri e la trabeazione funge in vece da elemento mediatore debolmente simmetrico nel tempio ionico e corinzio, (avendo simmetria bilaterale solo in quanto composto da parallelepipedi sovrapposti che pre sentano una faccia rettangolare molto allungata) e ricolle gantesi alla simmetria trasl. delle colonne nel tempio dorico, dove però le metope e i triglifi alternantisi (fig. d'origine delle traslazioni) hanno un ritmo più fitto di quello delle colonne anche se ad esso rapportato (è proprio dal bisogno di rispettare questo rapporto tra diverse fasce di simmetria traslatoria, quella delle colonne e quella dei triglifi, e man tenere contemporaneamente i triglifi d'angolo, che nasce il complicato problema risolto notoriamente a scapito della coincidenza tra asse del triglifo e asse della colonna ai due angoli). 37
Abbiamo più sopra parlato di simmetria traslatoria con l'intera colonna come fig. d'origine, ma ciò non è del tutto esatto; dobbiamo infatti soffermarci un attimo su un feno meno noto che forse sottoposto alla nostra analisi apparirà in una luce un po' diversa: quello del capitello angolare. :t:. un fenomeno tipico dell'ordine ionico e dipende dalla simmetria bilaterale imposta all'intero capitello dalla pre senza delle volute (il dorico e il corinzio hanno simmetria rotatoria dominante e perciò agli angoli non presentano pro blemi). La soluzione della voluta angolare cioè serve da com promesso tra la simmetria traslatoria delle colonne del fron tale e quella delle colonne laterali, poiché adottando agli an goli un capitello normale si dovrebbe rinunciare alla completa rigorosità di una delle due serie in favore dell'altra, mentre con la voluta angolare il riferimento psicologico alla simm. trasl. rig�rosa rimane sia di fronte che di lato ed in più la simm. bilat. globale di tutto l'edificio (qui pensiamo più che al nostro portico ad un tempio periptero completo) è salva guardata anche in questo particolare, giacché i due capitelli angolari hanno congruenza inversa oltre ad essere ulterior mente scomponibili per simm. bilat. con piano di riflessione passante longitudinalmente per la voluta angolare. Si potrebbe parlare qui di interrelazione tra simmetria effettiva e sim metria psicologica. Per il capitello ionico si è già detto che globalmente esso è sottoposto a simmetria bilaterale con piano di riflessione perpendicolare alle due volute (a rigore però vi è un altro piano di riflessione verticale esattamente perpendicolare a questo ma percettivamente meno evidente). Tuttavia per com prendere a fondo la struttura simmetrica del nostro capitello è necessario separare le volute dal resto (annullarle ideai-. mente) e sviluppare le simmetrie rotatorie delle fasce orna mentali attorno al fusto del capitello. Una volta sviluppate idealmente tutte queste simmetrie e individuate le diverse figure d'origine sarà possibile affermare che nel capitello io nico in esame abbiamo quattro diverse simmetrie rotatorie di cui tre hanno figure d'origine alternate e dotate a loro volta 38 di simmetria bilaterale e possono pertanto sottomettersi alla
simmetria bilaterale delle volute, mentre una è di per sé irriducibile e pertanto rimane indipendente. (Si tratta però di un motivo simmetrico particolare, il cosiddetto « rabe scato», che dal punto di vista della simmetria richiederebbe un discorso a parte che distingua tra realizzazione effettiva del motivo e operazione che il motivo stesso vuole ad evi denza suggerire, dove appunto la seconda chiama in causa la simmetria bilaterale). Tutte e quattro queste simmetrie comunque hanno asse di rotazione comune e coincidente anche con l'asse di rotazione del fusto della colonna, del col larino (che può avere anche delle decorazioni a simm. rota toria) e della base, asse che inoltre giace sul piano di rifles sione delle volute ed è perpendicolare ai segmenti di retta che uniscono le diverse coppie di punti correlati biunivoca mente appartenenti a queste ultime. Quanto all'abaco esso ha simmetria bilaterale essendo essenzialmente un parallelepi pedo (o meglio un tronco di piramide con inclinazione molto lieve delle facce laterali) rispetto allo stesso piano di rifles sione delle volute e inoltre nell'ornamentazione a ovoli pre senta la tipica combinazione di simm. traslatoria + simm. bi laterale con dominanza psicologico-percettiva della prima e formale dell'ultima (dovuta al diverso elemento angolare eguale ed inversamente congruente a destra e a sinistra). Esaminando il fusto della colonna possiamo individuare in esso una simmetria rotatoria con un numero di rotazioni pari al numero delle scanalature e con figura d'origine costituita da una scanalatura singola + a destra e a sinistra · metà della cosiddetta « verghetta », figura d'origine ulteriormente riducibile per simmetria bilat. (la scanalatura può anche essere considerata nella sua effettiva inclinazione rispetto all'asse di rotazione). La base essendo costituita da solidi di rotazione ha simmetria rotatoria di ordine infinito e per tanto non ha senso individuarvi alcuna figura d'origine. In fine la porzione di crepidoma rappresentata nel disegno si sottopone alla simm. bilaterale globale in quanto costituita da parallelepipedi sovrapposti e con differenza di lunghezza tra loro sempre egualmente ripartita a destra e a sinistra. Al termine di questa descrizione con molta probabilità chi 39
avrà avuto la pazienza di seguirci sentirà il bisogno di muo verci una serie di obiezioni che più o meno potrebbero es sere formulate complessivamente così: Certamente tutto ciò è incontestabile, ma che senso ha scendere fin nelle minuzie come si è fatto? o più radicalmente, che senso ha tutta l'ope razione, quando il'! fondo anche senza un linguaggio tecnico ad hoc si intuisce egualmente che dietro l'aspetto ordinato e rigoroso di un tempio greco o di un'altra opera deve esserci una qualche forma di regolarità e di conseguenza di analizza bilità? E quando tutti sanno che l'essenza della creazione architettonica è tutt'altra cosa? Le nostre risposte si possono riassumere nei seguenti punti: 1) Quando si ha un metodo rigoroso per indagare una qualche struttura in un oggetto, non ha senso non portare l'analisi fino all'esaurimento. E del resto nulla meglio di un'analisi esaustiva chiarisce il ruolo e l'importanza delle diverse parti relazionate in una struttura:. Nel nostro caso ad esempio l'analisi esaustiva delle simmetrie presenti in una chiesa romanica o di stile pisano o ancora paleocristiana avrebbe dato risultati molto diversi che non quella del tempio ionico e proprio e soltanto con lo stesso metodo. 2) Le strutture individuabili con una analisi come la nostra si dimostrano molto più complesse di quanto a prima vista si possa pensare e sono evidentemente il frutto di molte in gegnose conquiste successive. Si pensi ad esempio al fatto che nel nostro caso (molto meno complesso che non quello di un intero tempio periptero) abbia, a livello di opera tori di simmetria ( = piani di riflessione, assi + angoli di rotazione, vettori di traslazione): sei piani di riflessione tra slati a distanze uguali sui quali giacciono sei assi di rotazione tutti sullo stesso piano perpendicolare ai detti sei piani, assi in ognuno dei quali coincidono almeno sette diversi assi di rotazione (unificando la base in un'unica figura geometrica). Che inoltre i vettori di traslazione e le distanze dei piani di riflessione delle combinazioni di simm. bilat. e simm. trasl. propri delle fasce ornamentali debbono essere rigorosamente 40 calcolati in relazione alle lunghezze delle fasce stesse, così
come gli angoli di rotazione in relazione alle superfici cilin driche generate. E infine che il tutto è combinato in maniera tale da rimanere invariato riflettendosi rispetto ad un piano centrale. 3) I tipi di relazioni tra schemi di simmetria, le loro ge rarchie, le diverse possibili combinazioni, risultanti dall'ana lisi di un'opera non servono solo a far luce su quella sin gola opera, ma attraverso l'istituzione di confronti via via' più ampi a chiarire l'evoluzione, i debiti, le deroghe, i rifiuti di una fetta importante dell'insieme di norme proprie dei diversi stili architettonici che si sono susseguiti nei secoli. 4) Siamo convinti che le nostre indicazioni teoriche suf fragate da esempi di analisi come quella qui presentata siano sufficienti a provare che sull'uso della simmetria in architet tura tutto si può dire tranne che si tratti di un'operazione in cui l'intelligenza non entra per nulla. 5) Qualsiasi forma di discretizzazione del continuum ar chitettonico è utile in quanto contributo al problema della individuazione di quelli che ormai è invalso l'uso di chia mare «codici architettonici ». 6) Sondando con g�i strumenti di analisi da noi descritti la storia dell'architettura, non solo occidentale, ci si rende inequivocabilmente conto che se resta sempre possibile con dividere sia il fastidio estetico che le obiezioni di carattere per così dire «morale» (e noi le condividiamo) di molti autori di fronte all'uso ossessivo e bloccante della simmetria, soprattutto bilaterale globale, in architettura, tuttavia la presenza di forme di simmetria nella storia dell'evolversi della composizione architettonica è troppo massiccia (addi rittura schiacciante) perché la si possa relegare tout-court tra le deformazioni e le aberrazioni della creatività umana. 7) La descrizione delle simmetrie presenti in un'opera di architettura non ha nelle nostre intenzioni la pretesa di ri solvere il problema dell'essenza della creazione architetto nica, ma giacché tali simmetrie esistono, laddove esistono, analizzarle è doveroso proprio per far luce sui processi for mativi della creazione architettonica.
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1 Il mutamento semantico rispetto all'originale greco Symmetria sembra si sia radicalizzato intorno al XVI secolo. Per gli antichi Greci symmetria significava commisurazione e due grandezze erano dette simmetriche se erano commensurabili. In architettura la simmetria consisteva nel proporzionamento delle parti di un'opera tra loro e rispetto al tutto ottenuto in base ad un modulo individuabile in una parte dell'opera, normalmente il diametro di base della colonna, ai suoi multipli e ai suoi sottomultipli. Ciò, beninteso, volendosi espri mere in maniera assai schematica, giacché in realtà il concetto greco di symmetria, sia in senso generale, che in senso specificamente ar chitettonico richiederebbe un esame molto più attento, per chi ne volesse enucleare tutta la ricchezza di contenuto. A tale proposito ricordiamo l'opinione di De Fusco il quale propone l'identificazione del concetto in questione con quello moderno di struttura in base soprattutto alla innegabile coincidenza della ragion d'essere dei due termini, quella cioè di indicare il principio in base al quale si ri chiede un sistema di relazioni formali tra le parti e tra le parti e il tutto, anche come presupposto di ogni aspirazione estetica, oltre che come esigenza costruttiva generica (cfr. Il Codice dell'Architettura, Antologia di trattisti, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1968, pp. 23-27). Notiamo, per inciso, che le considerazioni di De Fusco, pur avendo carattere più generale di quelle da noi esposte in queste pagine non escludono affatto, a nostro parere, la possibilità di un aggancio pun tuale con la considerazione di quelle strutture-supporto costituite dalle relazioni tra trasformazioni geometriche descritte e descrivibili in base alla simmetria nella accezione da noi proposta in questa sede. Ov vero: l'invenzione di precise relazioni di coincidenza e distribuzione degli operatori di simmetria deve essere presupposta insieme alle altre · presupposizi_oni morfologiche pena l'inintellegibilità delle prescrizioni in fatto di symmetria (in senso vitruviano). 2 Tale spiegazione generica del perché l'uomo produca oggetti sim metrici è frequentissima nella letteratura sulla simmetria di tutti i periodi. Ovviamente finché non la si specifica a livelli di ipotesi più articolati non ha alcuna rilevanza scientifica e comunque nel caso dell'architettura a nostro parere è fuorviante sia per le precise im plicazioni tra architettura e antropomorfismo sia per l'evidente stru mentalità compositiva astratta della simmetria. • J Nell'ordine: B. ZEVI, Simmetria e passivizzazione, in «L'Architettura•, 197, XV, n. 10. G. DoRFLES, Premesse antropocosmologiche ad un'estetica dell'asim metrico, apparso in • Questioni di letteratura • del marzo-aprile 1971, presentato anche come contributo al XII corso internazionale di alta cultura: I concetti di analogia e simmetria nelle scienze dell'uomo e della natura tenuto a Venezia presso la Fondazione Cini nei giorni 5-26 settembre 1970. B. ZEVI, Un'estetica dell'asimmetrico, in «L'Architettura•• XVII, n. 7, novembre 1971. 4 L'aver citato questi autori in uno stesso contesto non deve as solutamente essere inteso come una valutazione di equivalenza delle diverse posizioni. Infatti non avrebbe senso mettere sullo stesso piano il passo retorico e gonfio di reminiscenza accademiche oltre che poco chiaro tratto dall'opera del Fasolo ed una difesa appassionata e do verosa della libera creatività architettonica come quella dello Zevi. Del resto non avrebbe neppure senso una considerazione astorica 42 di pareri incontestabilmente datati come quelli dei primi tre. autori.
s Le opere da noi consultate sono: H. WEYL, La simmetria, Fel trinelli, Milano 1962; I. NICOLLE, La symétrie et ses applications, Albin Miche!, Parigi 1950, Atti del simposio s11I tema: simmetrie (Roma, 9-11 marzo 1969) edito dall'Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1970. Nel WEYL, Op. cit., pp. 7-8, si può trovare una ulteriore bibliografia. 6 Tale piano è detto piano di riflessione; sul piano ovviamente è sufficiente una retta detta asse di riflessione (o di simmetria); sulla retta un punto giacente sulla stessa detto centro di riflessione. 7 Cfr. B. ZEvI, Il linguaggio moderno dell'architettura, Einaudi, Torino 1973, p. 24. 8 Cfr. B. ZEVI, Op. cii., pp. 21-28.
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Bataille e la "svolta " di «Tel Quel» ANGELO TRIMARCO
In quest'intervento ci preoccupiamo di ricostruire le ra gioni della rottura Bréton/Bataille, a partire dagli esiti del Secondo Manifesto bretoniano e dalla bruciante risposta di Bataille, La « vecchia talpa» e il prefisso «su» nelle parole « superuomo » e « surearlista ». L'analisi è particola1mente at tenta a cogliere gli slittamenti e le curvature che subisce, lun� la sua storia, questa difficile vicenda teorica. Dall'inter pretazione di Sartre (e dalla replica di Bataille a Sartre) alla lettura di Blanchot, Foucault e Derrida, fino alle recenti posi zioni di Sollers, della Kristeva e di Pleynet (in definitiva del gruppo di lavoro di « Tel Quel ») si snoda un percorso che, centrato felicemente su Bataille e Artaud, definisce un'area di riflessione sul nichilismo e sulla fine della metafisica o anche sull'oltrepassamento della metafisica. E rigetta, come mutilizzabile e politicamente pericolosa, l'utopia bretoniana della « liaison » tra politica e cultura, della trasformazione ad un tempo della vita e del mondo, delle ragioni materiali e di quelle spirituali. Mentre contemporaneamente sottolinea l'equivoco idealistico e spiritualistico, l'anima conservatrice, che si annidano nelle nozioni basse (inconscio, materialità, sessualità) e nelle stesse matrici culturali alle quali Bréton si ricollega (Marx, Freud). La domanda che ci si pone alla fine di questo intricato percorso è se la rottura Bréton/Bataille 44 non debba essere meno schematicamente reinterpretata non
tanto (e non solo) come opposizione idealismo/materialismo, spiritualismo/pensiero eterologico, pensiero dell'aquila e pen siero della vecchia talpa, ma come due linee (differenti, cer tamente) che attraversano, in Francia, negli anni Trenta, ii grande tema della Krisis. Dialettica negatJ.va (significativa la lettura cli Adorno, Bloch, Marcuse), pensiero dell'utopia, dalla parte di Bréton, e, sul versante Bataille, attenzione al destino del sapere dopo/Nietzsche, interrogazione del limite come di struzione della dialettica, ascolto dell'inaccessibile, medita zione sull'oltrepassamento della metafisica (come dirà Heideg ger). 1. Secondo manifesto del ,surrealismo: « luogo mentale»,
« asepsi morale
»; ·
« suprema riconoscenza», «decollo» e
« profondità » dello spirito, « purezza originaria », « fantasma
goria interiore », « chiarore in fondo a noi », « verità », « ri
vincita scintillante ». Come non constatare che l'idealismo ha trovato una volta di più il suo stile di riconversione, iscri vendosi questa volta abusivamente dalla parte del materiali smo storico? Infatti nulla di ciò che costituisce il taglio del marxismo - cioè un testo preciso - determina questo voca bolario, i suoi drappeggi retorici dove i nomi di Hegel, En
gels, e Freud sono chiamati in causa solo per far passare le ombre dello spiritualismo più completo
1•
L'abusivismo brétoniano consiste, dunque, nell'avere fatto passare le ombre dello spiritualismo nei territori segnati dal nome di Hegel, di Engels, di Freud, nell'avere in altri ter mini (più dolorosi) pronunziato questi nomi per consolidare la deprecabile storia del logocentrismo, per concedere altro spazio all'idealismo: una nozione che per Sollers come per l'intera area telqueliana non si riferisce soltanto a un tran sito specifico e storico del pensiero filosofico ma designa, piuttosto, un atteggiamento che lavoro sull'enfasi della ca tegoria del soggetto, che rimuove la materia e l'alterità per favorire, nel gesto conciliante della dialettica, l'unitaria ri composizione dello spirito. Si configura, così, un primo paradosso. Il paradosso che ·Bréton costruisce per il surrealismo un itinerario teorico che
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ha nel marxismo e nella psicoanalisi i suoi nuclei capitali: nuclei che, però, immediatamente e malignamente vengono riconvertiti nell'ordine del discorso metafisico e idealistico, sviliti e fraintesi. La rottura sollersiana e di « Te! Quel » con Bréton investe, radicalmente le persistenze spiritualistiche del surrealismo e l'idealismo nascosto. Una rottura che viene centrata (ora pos siamo dirlo) sul nome di Bataille e di Artaud, nel segno di un fuori che non si lascia ridurre e ricomporre, eccedente com'è, di una negazione tenace alla seduzione della dialet tica e alle tentazioni dell'aquila. La « vieille taupc et le p1·éfixe « sur » dans les mots sur homme et surréaliste, pubblicato da « Tel Quel » nell'estate del '68, diviene presto un sentiero antibrétoniano, ininterrotto. Scritto in risposta alla scomunica di Bréton pronunziata nel Secondo Manifesto il testo di Bataille ridisegna i confini del surrealismo ponendoli sotto la costellazione della vecchia talpa piuttosto che dell'aquila, dei bassi strati sociali invece che dello spirito e del surreale, del mondo dei fatti al posto dei valori superiori. Del materialismo piuttosto che dell'idea lismo. L'opposizione è netta. Dal punto di vista delle appa renze e dello splendore, la nozione dell'aquila è evidente mente la più virile.:. L'aquila ha contratto alleanza con il sole che evira ogni essere che entra in conflitto con lui (Icaro, Prometeo, il toro mitraico). Politicamente l'aquila si iden tifica con l'imperialismo ... e metafisicamente si identifica con l'« idea•• allorché l'idea, giovanile e aggressiva, non è ancora giunta allo stato di pura astrazione, allorché non è ancora che lo sviluppo eccessivo del fatto concreto mascherato da necessità divina. Così all'aquila Bataille oppone la vecchia talpa: ricondotta all'azione sotterranea dei fatti economici la rivoluzione 'vecchia talpa' scava gallerie in un terreno de composto e ripugnante per il naso delicato degli utopisti. 'Vecchia talpa ', nella bocca di Marx, espressione rumorosa di una piena soddisfazione per il sussulto rivoluzionario delle masse, è da mettere in rapporto con la nozione di solleva mento geologico come è espressa nel Manifesto comunista. 46 Nel senso che il punto di partenza di Marx non ha niente a
vedere con il cielo, luogo di elezione dell'aquila imperialista come delle utopie cristiane' o rivoluzionarie. Si trova nelle viscere della terra, come nelle viscere materialiste del pro letari 2• Al leone castrato, al vecchio esteta, al falso rivoluzionario dalla testa di Cristo, al bue Bréton 3, Bataille rimprovera con durezza (e fino all'eccesso), il« complesso icarico,. e il« com plesso di castrazione ». Gli rimprovera, oltre la lucentezza delle immagini, di scandire ancora, e all'infinito, i ritmi e le paure, i tremori e i peccati, i vizi e le astratte aspirazioni di una classe ( o sottoclasse) alla quale certamente vuole ribel larsi, senza però la consapevolezza e il conforto di una rigo rosa analisi sociale, economica, politica. È, in definitiva, la consueta ansia libertaria che anima le istanze degli intellet tuali piccolo-borghesi: un'ansia che tradisce, nel furore delle sacre parole (rivoluzione, rovesciamento dei valori, purezza) l'origine religiosa e sublime del progetto. Bataille, sottolineando il complesso di castrazione e il complesso icarico di Bréton, esplicitamente esibisce la ma schera ideologica di una borghesia inquieta e ribelle che con suma sé e le proprie risorse nell'agitazione rivoluzionaria e nel tormento sottile di un inesausto sentimento di colpevo lezza. Senza accorgersi che appunto questa pietosa psicologia è quella dei rivoluzionari borghesi prima dell'organizzazione marxista della lotta di classe. Essa arriverà a rappresentare la rivoluzione come una luce redentrice che si eleva « al di sopra » del mondo, « al di sopra » delle classi, il colmo del l'elevazione dello spirito e della beatitudine lamartlniana 4• La sottolineatura brétoniana dei valori bassi (la sessualità e l'inconscio, l'osceno e la stessa volgarità), la ripresa di Sade e l'elogia della follia si collocano senz'altro, per Ba taille, all'interno di quella tendenza doppia, che è la stra te�a sapiente (e premeditata) di rimuovere il negativo per esaltare il prefisso su, per evitare la perdita della testa, per salvare ancora l'antica cultura della borghesia. Nelle condi zioni così determinate, è evidente che almeno le_ conseguenze del surrealismo non possono essere sviluppate che nel senso della negazione... Solo la rottura... pennette di passare da 47
questo infantilismo morale alla sovversione libera, a una bas sissima sovversione. 11 passaggio dalla filosofia hegeliana al materialismo ( come dal socialismo utopico e icarico al so cialismo scientifico) precisa il carattere di necessità di tale rottura. Ideologia piccolo-borghese, spiritualismo e religiosità, immancabile malattia poetica (t:: spiacevole, diciamo, che niente possa entrare nella testa confusa di Bréton se non sotto forma poetica), infantilismo rivoluzionario, utopia è avvertimento (Bloch) di un altro mondo, surrealtà sono le prove del fallimento della rivoluzione surrealista. Invece è scavando la fossa fetida della cultura borghese che si ve dranno forse aprirsi nelle profondità del sottosuolo i sotter ranei immensi e sinistri dove la forza e la libertà umana si stabiliranno al riparo di tutti gli « attenti! » del cielo che or dina oggi allo spirito di qualsiasi uomo la più imbecille ele vazione 5. Questa tendenza doppia sofferta nel testo surrealista, Bataille la rinviene anche nell'itinerario nietzschiano: egli è rimasto lontano dall'accorgersi che una sola soluzione si of fre alle difficoltà che si burlavano delle sue violenze di lin guaggio, cioè la rinuncia a tutti i valori morali associati alla.,. superiorità di classe, la rinuncia a tutto ciò che priva gli uomini ' distinti ' della virilità proletaria. Nietzsche era con dannato dalle circostanze a concepire la sua rottura con l'ideologia conformista come un'avventura icarica 6• Dunque, come, alla fine, è un lapsus il prefisso sui- nella parola sur réaliste così, altrettanto, lo è nella nietzschiana parola sur
homme.
Con questa mossa teorica Bataille rovescia, duramente, l'accusa di materialismo volgare e perfino di antropomorfi smo, di falsa testimonianza, con la quale Bréton lo colpisce nel secondo manifesto.Con Batallle, niente che non si sappia a memoria; assistiamo a un ritorno offensivo del vecchio ma• teriallsmo antidialettico che tenta, questa volta, di farsi gra tuitamente largo attraverso Freud. Ed ancora. Va osservato 48
che Bataille fa un abuso delirante degli aggettivi: sudicio, senile, rancido, sordido, scabroso, abbrutito, e che queste pa·
role, lungi dal servirgli per descrivere uno stato di cose In sopportabili, sono quelle in cui si esprime liricamente il suo diletto 7• Non c'è dubbio che lo spazio dello scontro è co mune (Marx, la dialettica e la loro decifrazione, Freud e l'in terpretazione dell'inconscio, la questione del soggetto), men tre simmetricamente rovesciato è il senso che Bréton e Ba taille offrono di questo itinerario. Così come rovesciata (e ancora simmetricamente) è la relazione che stabiliscono con Lautréamont e anzitutto con Sade. Il valore d'uso di D.A.F. de Sade è, secondo Bataille, essenzialmente pratica del corpo estraneo e degli escrementi, dell'eterogeneo, dove l'eterogeneo è infatti posto risolutamente fuori della portata della cono scenza scientifica che per definizione non è applicabile che agli elementi omogenei. Prima di tutto, l'eterologia si oppone a qualsiasi specie di rappresentazione omogenea del mondo, cioè a qualsiasi sistema filosofico 8• Mentre per Bréton (e pro prio in aspra contesa con Bataille) la vita e il pensiero di Sade consistono in un bisogno eroico di creare un ordine di cose che non dipendesse, per così dire, da « tutto» ciò che aveva avuto luogo prima di lui 9• Bataille, così, segue ostina tamente i passaggi brétoniani per rovesciarli punto per pun to, per farne emergere dalle profondità l'idealismo e la poe ticità nascosti, i valori eterni scaltramente occultati, la ma ledizione di quel prefisso. La questione che si pone adesso è di ripensare criticamente il rovesciamento di Bataille e il senso della rottura Bréton/Bataille, di riflettere (per rimuo verlo), secondo un suggerimento di Althusser, sul vecchio che il rovesciamento ha conservato. Ed è, appunto, quello che fanno Sollers, al Kristeva, Pleynet, « Tel Quel » in una porzione di tempo segnato dalla pubblicazione della « Vecchia talpa» e dal convegno di Cerisy-la-Salle del '72. La domanda soller siana, all'ingresso dei lavori del convegno, è già un emble-. ma: « Perché Artaud, perché Bataille ». No, non si tratta di socialismo utopico, d'inconscio, di surrealtà, di raschiatura ermeneutica, e nemmeno sarà qui problema di linguaggio. Si tratta di due vecchie talpe ben più « profonde» se al termine restituiamo il suo significato di attività consistente nello scalzare non le radici d'una so- 49
cietà ma a rivoltare la sua terra stessa. Tutto ciò che ancora vien pensato della sessualità, del sapere, della famiglia, delle parole e della scrittura, della rappresentazione e della follia è toccato qui. Ei si tratta di dimostrare come, senza perdere tempo. Artaud, Bataille: due nomi o diremo meglio due gesti che hanno dissepolto, e cominciato a tagliare, il nodo as soggettato del « soggetto » 10. L'intollerabilità di Artaud, di Bataille è grande perché solca progetti e sistemi, culturali, zone scritturali assai diver sificati, dalla filosofia alla letteratura, alla scienza. La ridu zione e l'inscatolamento è il loro rischio maggiore quando riescono a sfuggire alla denegazione che l'ordine del discorso fa scattare contro di loro, contro il gesto di Artaud e l'atto di Bataille. Bataille, diversamente ma non meno di Lenin, è intollerabile ai filosofi. La filosofia, per Bataille, è sempre stata formale e scolastica, è la parola di cui egli qualifica Heidegger stesso. Bataille è intollerabile ancor oggi alla filo sofia speculativa in questo, che egli ne altera il « soggetto ». La centralità del soggetto nel testo di Bataille e di Ar taud, che è strettamente collegata al materialismo, in un dif• ficile ( e suggestivo) intreccio che coinvolge Hegel, Marx, Nietzsche, Freud, è certament� l'asse della rilettura di Sol lers e di « Te! Quel ». Se si può dire che Bataille è intollerabile al soggetto della scienza e perfino direi, altrettanto, al sog getto che vuole padroneggiare la teoria del soggetto dell.a scienza. Allo stesso modo egli è intollerabile agli ' scrittori ', agli ' artisti ', cioè, in modo diagonale, a tutti coloro che vo gliono limitare la questione del soggetto a degli investimenti persistenti d'oggetti 11• Definitivamente, Bataille e Artaud fanno emergere il ri mosso dalla latenza della cosmografia brétoniana e surrea lista e marcano la categoria del soggetto unificante e che dà ordine, portatrice di senso. E, ribadendone la riconversione spiritualistica, propongono, finalmente, un'inscrizione materia listica: un'inscrizione che, scartando la linea althusseriana (con la quale tuttavia ha densi punti di convergenza) si di sloca lungo gli argini tracciati da Foucault e da Lacan e, SO dopo di loro, almeno da Derrida, e da Deleuze. Ed è giusto
dirlo. Come è bene ricordare che l'atto di Bataille e la sua intollerabilità, hanno contribuito, e anche in maniera deter minante, a configurare la scena teorica e la pratica scrittu rale di « Te! Quel » e, più alle radici, certe trame derridaiane e di Lacan, perfino. Di come abbia poi agito Bataille (ma an che Artaud) dentro Sollers, la Kristeva, Pleynet, è un nodo che, per la sua trasparenza, va sciolto correttamente. In de finitiva il testo Artaud/Bataille, la sua rilevanza, e, insieme, . la cancellazione del surrealismo e di Bréton ( o almeno il loro deciso ridimensionamento) sono, dialetticamente, collegati agii spostamenti progressivi che « Te! Quel » compie, ai suoi mo vimenti e alai sua politica. L'abbandono di Bréton per Ar taud e Bataille è segnato dalla questione cinese, dal maotse tungpensiero, dal Maggio, dalla rivoluzione, dal movimento: da un taglio, a partire dal quale« Te! Quel» ripensa la propria origine per esaltare quei fili soltanto che contribuiranno a disseminare il récit rouge, incaricato di restituire alla tea tralità storica l'altro grande rimosso, il proletariato che osce namente preme e deborda. 2. Ma dovendo attraversarsi (ed era impossibile che non avvenisse) i discorsi di Artaud, di Bataille con i discorsi di « Tel Quel», una questione va affrontata, il problema del com mento. Il commento di cui, nella loro storia, sono stati in vestiti Bataille e Artaud, fin dalla prima parola di Bréton. Comprendere come è necessario percorrere il commento, ra schiarlo e perderlo al limite, per raggiungere, laggiù, il testo e vivere, una volta raggiunto, nuovamente la condizione di doppiezza alla quale Foucault ha drammaticamente conse gnato la possibilità del commento. Da una parte, esso con sente di costruire ( e indefinitamente) nuovi discorsi.:. ma, d'altra parte, il commento ha come unico ruolo, quali che siano le tecniche messe in opera, di dire « infine ,. ciò che era silenziosamente articolato « laggiù ». Un ridire il già detto, che è sempre un limitare col gioco di un'« identità» che ha la forma della « ripetWone » e dello « stesso » 12• · Per arrivare a Bataille bisogna, perciò, solcare il com mento di Bréton (i cui meccanismi, per tempo, Bataille ha 51
esibito) e, in tempi più recenti, di Sartre. La denegazione di Bréton ha per oggetto essenzialmente il « materialismo » di Bataille... La denegazione di Bataille da parte di Sartre... ha per oggetto a mio avviso la questione del soggetto 13• Ora, la ragione dell'opposizione di Bréton a Bataille e di Bataille a Bréton è stata, credo, sufficientemente tagliata nei suoi mo vimen_ti principali. Certo, si potrebbero sottolineare ancora contraddizioni, sospetti e ambivalenze nella rete teorica di Artaud, Bréton, Bataille a testimonianza (soìamente) della complessità dell'intrico e dell'impervia decifrazione, dell'ope rosità che è richiesta al commento. L'opposizione di Sartre a Bataille e di Bataille a Sartre, centrata sollersianamente sulla questione del soggetto, merita (non c'è dubbio) un'ana lisi attenta. Anche per certi azzardi, così felici di conseguenze, come la presenza segnalata di Blanchot (Albert Camus mi faceva notare che « L'Expérience intérieure » è la trasposi zione e l'interpretazione puntuale di « Thomas l'Obscur »). L'essere e il nulla, il significato del non sapere e del riso, la trasgressione e il tutto, l'ignoto e il cogito, il panteismo nero e il panteismo bianco, Pascal e Nietzsche, le Pensées e Zarathustra, il surrealismo e l'Ecce Homo, Hegel e Kierke gaard, sono le figure elettive che Bataille, secondo Sartre, frequenta _per approdare al suo saggio-martirio, a quest'Ex périence inté_rieure che segna appunto la nascita di un nuovo mistico. Bataille dimentica di avere costruito con le sue stesse mani un oggetto universale: la Notte... Sembra che questo abbandonarsi alla notte sia affascinante: e la cosa non mi stupisce affatto. � un modo come un altro, infatti, di dissol v�re nel <! nulla »; ma il nulla. è trattato con tale bravura da djventare il tutto 14• La critica sartriana colpisce sicura: il nulla è il tutto_. il nulla è un sostantivo, è la �atte oscura e indifferenziata di cui parla Hegel a proposito c;lell'idealismo di Schelling. Sartre prende con decisione le distanze da Ba taille, dunque, nel nome dell'esistenzialismo e della sua stessa esperienza filosofica : Un nuovo mistico è del '43 come L'etre et le néant (e non può essere un caso, in verità). 11 nostro a utore... non va oltre; né ci vuole poi molto. Noi altri seri52
viamo: 'Io non so nulla ', così, alla buona. Ma supponiamo di scrivere questo «nulla» tra virgolette; supponiamo che io scriva come Bataille: ' E soprattutto nulla, io non sono «nul la»'. Ecco allora un «nulla» che assume un piega diversa: si stacca e si isola, sembra quasi esistere di per sé. Basterà quindi chiamarlo, per ora, l'«ignoto» e il risultato è rag giunto. Il nulla è ciò che non esiste affatto; l'ignoto è ciò che per me non esiste del tutto. Chiamando però l'ignoto il nulla, lo faccio diventare essere, la cui essenza è di sottrarsi alla mia conoscenza; se poi aggiungo di non saperne nulla, ciò si gnifica che io comunico con questo essere mediante qualcosa di diverso dal sapere 1s.
Bataille, non sopportando il supplizio dell',immanenza, si avventura lungo le vertigini della Notte e gli abissi del non sapere rivelatore e fa del nulla il nulla assoluto. Neppure il riso, uno dei passaggi teorici significativi di Bataille, è, per Sartre, leggero e giocondo come giocondo e leggero è il riso di Nietzsche che Zarathustra assimila alla danza. Quel ridere nietzschiano che proprio Bataille ricorda quando dice: :I::. cosa divina veder naufragare i temperamenti tragici e poterne « ridere », nonostante la profonda comprensione, l'emozione e la simpatia che si prova nei loro confronti. Esistere senza indugi e cogliere l'umano senza gli uomini, oltre ogni pro getto (anzi il « progetto è di evadere dal mondo dei proget ti » ), aderire all'istantaneo e all'attimo per il terrore della temporalità che lacera, spingersi oltre il discorso e la memo ria, l'azione, è, alla fine, soltanto martfrio e fuga dal suppli zio dell'immanenza, estasi e panteismo nero, · maledizione e ebbrezza, vuoto. Tra materialismo (adialettico) ed estasi, antropomorfismo e martirologia, fra bassezza e supplizio, tra Bréton e Sartre, la posizione/Bataille assume un ruolo sicuramente inquietante e scandaloso. E se la risposta di Bataille a Bréton è perentoria e netta, ironica e sarcastica, tagliente (alla mi sura della provocazione brétoniana), diversamente calibrato è il tono che Bataille usa con Sartre: un tono lucido, consa pevolmente disperato, ebbro, eccedente com'è il sentiero del l'impossibile e la part maudite. Sartre, che non è inebriato 53
né sgomento da alcun movimento, giudicando dal di fuori, senza provarle, la mia sofferenza e la mia ebbrezza, conclude il suo articolo insistendo sul vuoto: « Se le gioie », dice, « alle quali ci invita Bataille, debbono rimandare soltanto a se stes se, né debbono inserirsi nella trama di nuove imprese, contri buire a formare un'umanità nuova che supererà se stessa in nuove finalità, non valgono più che bere un bicchiere di alcool o che scaldarsi al sole su una spiaggia ». :f:. vero, ma insisto: proprio perché esse sono così - tali da lasciar vuoti - si prolungano in me nella prospettiva dell'angoscia. Il movi mento del pensiero che Bataille riafferma contro Sartre è radicalmente altrove e dall'altra parte, dal lato del non senso che inebria, della stupidità del pensiero, della vertigine e della corsa ansante, dello stare interamente nel movimento. Ciò che tentai di descrivere in « Expérience intérieure » è il movimento che, perdendo ogni possibilità di sosta, cade fa cilmente sotto i colpi di una critica che crede di fermarlo dal di fuori poiché essa,_ la critica, non è « presa » nel movi mento. La mia caduta vertiginosa e la « differenza » che ne viene introdotta nello spirito, possono non essere afferrate da chi non ne fa la prova in se stesso: allora si può, come ha fatto Sartre, rimproverarmi prima di arrivare a Dio, poi di arriva1·e al vuoto! Questi rimproveri controddittori convalidano la mia affermazione: « non arrivo mai a niente » 16• L' Expérience in térieure si pone altrove di fronte a L'etre et le néant, non po· trebbe esser più evidente: rispetto, dunque, al luogo sar triano (all'essere e al nulla), lavorato secondo una conce zione fenomenologica, nei confronti dell'ontologia e del ruolo della coscienza, della filosofia (che Bataille considera comun que contemplazione) e della letteratura, alla quale Sartre con segna, per statuto, una funzione progettuale. Che stranezza associarmi a Sartre ed a Camus 17, è il lamento batailleiano. Quando Sartre (attraverso Camus) individua dei legami tra Bataille e Blanchot, tra l'Expérience intérieure, Thomas l'obscur e Aminadab, segnala fondamentalmente i rischi di una pratica teorica e scritturale che muove proprio dall'abor rito surrealismo. Uno spazio rivendicato, naturalmente, da Blanchot, nei Faux pas (che è sempre del '43) freque�tati da 54
Nietzsche e Bataille e illuminati dalla loro esperienza limite.
Non ci conviene parlarne come di un'opera che si soppesa e che si apprezzi, ma per citare di nuovo Nietzsche evocato so vente, ne diremo ciò che questi diceva di « Così parlò Zara thustra»: Quest'opera è completamente a parte 1s.
È completamente a parte quest'opera, l'Expérience inté rieure, secondo Blanchot, perché con un salto entriamo in una situazione che non è più definita né da operazioni utili, né dal sapere, nemmeno inteso come la privazione del sa pere, ma che si apre su una perdita di conoscenza, sulla pos sibilità di perdersi senza contatto possibile con la conoscenza.
Ora questa perdita di conoscenza, questa sottrazione inde finita di intelligenza, questo rapimento, è del tutto simile al l'estasi mistica, se definendola così non la si inscrivesse nel l'ordine dell'esperienza religiosa, limitandola. L'esperienza in teriore è, invece, radicalmente, il movimento in cui, allorché il soggetto e l'oggetto sono stati messi fuori gioco, l'abban• dono puro e semplice diventa nuda perdita nella notte 19 • Per dita, notte, vertigine, rapimento e lacerazione, angoscia e supplizio, martirio e riso, gioia davanti alla morte, la ·vita fin dentro alla morte, ritornano, tutte queste parole, a mar care negili itinerari differenti di Bataille, Sartre, Blanchot, espe rienze irriducibili e impossibili incroci. A distanziare, infini tamente, l'esistenzialismo dal pensiero negativo o, forse me glio, dall'eterologia e dal désir. E lo sa, prima di tutti, Sartre quando si chiede: Si può dire allora, che Bataille va annove rato tra i pensatori esistenzialisti? Andiamoci piano: Bataille non ama la filosofia. Il suo scopo è di riferire una determi nata esperienza... Si tratta di vita o di morte, di sofferenza o di rapimenti, non di serena contemplazione. ( L'errore di Ba• taille sta nel credere che la filosofia contemporanea sia rima• sta contemplativa; evidentemente non ha capito Heidegger,
Nem meno Sartre, allora, avrebbe associato Bataille a Camus, ad Heidegger, a sé. E quando Blanchot, nel '62, tornando a leggere l'Expé rience intérieure come opera completamente a parte, riper corre quest'expérience-limite come negatività inutilizzata e del quale parla assai spesso e sempre a sproposito)
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mancanza essenziale, come sovrappiù di vuoto e soverchio dz negatività: l'attraversa obliquamente (e non potrebbe altri menti), secondo la passione del pensiero negativo che è, ap punto, la passione che l'esperienza interiore richiede per sé. L'esperienza-lhnite è esperienza di ciò che è al di fuori di tutto allorché il tutto esclude ogni fuori, di ciò che resta da raggiungere allorché tutto è noto: l'inaccessibile, l'ignoto 21• Blanchot oppo'ne, ancora una volta (e con più acutezza), l'inaccessibile e l'impossibile dell'esperienza, che è essenzial mente esperienza-limite, alla problematica dell'assurdo, una « facile maniera di abbandonarsi al senso, di far del senso » 22• Il soverchio, il sovrappiù, l'eccedente che è sempre eccesso di negatività, passione smisurata del limite e dell'impossibile (« la possibilità non è l'unica dimensione della nostra esi stenza•»), del non sapere [il non sapere si pone come l'esi genza fondamentale da soddisfare: non più quella forma dt sapere che è ancora un semplice modo di comprensione... ma il modo di riferirsi o_ di mantenersi in un rapporto (sia pure attraverso l'esistenza) quando il rapporto è impossibile], della negazione radicale. che non ha più nulla da negare. E, fondamentalmente, per il pensiero l'esperienza-limite rap presenta « una specie » di nuova origine, gli conferisce il dono essenziale, la prodigalità dell'affermazione, una affermazione che, per la prhna volta, non è un pr�dotto (il risultato della duplice negazione), e in tal modo sfugge a tutti i moti, op posizioni e capovolgimenti della ragione dialettica, la quale, essendosi già da prima compiuta, non può più riservarle un I'.IJOlo nel suo regno 23• Il soverchio di negazione lacera le pre tese della ragione dialettica, da Hegel a Sartre, ne mostra l'inconsistenza del progetto. Gli oppone, radicalmente, il de siderio di quell'infinita mancanza che è il desiderio, di quel l'indifferenza che è il desiderio, desiderio dell'impossibilità del desiderio, che contiene in sé l'hnpossibile, lo nasconde, lo rivela, desiderio che è quindi l'accesso all'inaccessibile 24• Se la ragione dialettica è negazione e negazione della negazione in vista dell'unificazione (precaria e incerta quanto si voglia), l'esperienza-limite è. invece sempre esperienza che non .uni_fica, e non si lascia unificare, è infinita mancanza e deriva, è
l'inaccessibile che ha in orrore qualunque, pur se fragile, approdo. La lettura blanchotiana di Bataille in direzione dell'oppo sizione eccessiva e del soverchio di negatività colpisce il pen siero filosofico nella sua pretesa dialetticità e storicità, spo sta vigorosamente il discorso al di là della ragione dialettica. Una demarcazione più decisa non si poteva, se si tiene conto che anche Sartre, che è. stato interlocutore privilegiato deI l'Expérience intérieure, negli anni sessanta, si lascia tentare da suggestioni marxiane nella nuova configurazione storici stico-sociologica della Critica della ragione dialettica. Miche! Foucault, riflettendo nella Préface à la transgres sion sulla morte di Dio, sull'esperienza del limite e sulla tra sgressione, ci ha indicato, nell'intreccio teorico che nomina Bataille, Blanchot, Klossowski, il compito nuovo che la filo sofia e il sapere sono destinati a svolgere: la filosofia dopo Nietzsche sa bene, o dovrebbe sapere bene, che essa inter roga un'origine senza positività e un'apertura che ignora le pazienze del negativo. Nessun movimento dialettico, nessuna analisi del costituito e del suo fondamento trascendentale può essere d'aiuto alla possibilità di pensare una simile espe rienza o addirittura di accedere a questa stessa esperienza. Ed aggiunge, senza riserve, che il gioco istantaneo del limite
e della trasgressione potrebbe essere, forse, ai nostri giorni, la prova essenziale di un pensiero dcli'« origine» al quale Nietzsche ci ha votati fin dall'inizio della sua opera, un pen•
siero che sarebbe, in assoluto e nello stesso tempo, una Cri• tica e un'Ontologia, un pensiero che penserebbe la finitezza e l'essere? 25• Della ricerca di un linguaggio non dialettico della
filosofia l'interrogazione del limite e la trasgressione costitui scono i nodi, giacché la domanda incessante sul limite di viene una forma di pensiero che si « sostituisce alla ricerca della totalità » e il gesto altrettanto indefinito della trasgres sione « sostituisce il movimento della contraddizione ». Una esperienza scandalosa, dunque, questa interrogazione del li mite e il gesto della trasgressione che· rendono inutile un « linguaggio millenario come quello della dialettica • 26• Nello spazio del linguaggio non dialettico della filosofia
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(che è piuttosto un'esigenza) le nozioni batailleiane di espe rienza interiore o di operazione comica, di estremo del pos sib-ile e di meditazione indicano, conclude Foucault, il mo mento in cui il linguaggio, arrivato ai suoi confini, fa irru zione fuori di se stesso, esplode e si contesta radicalmente nel riso, nelle lacrime, negli occhi sconvolti dall'estasi, nel• l'orrore muto ed esorbitato del sacrificio; e rimane così al limite di questo vuoto, parlando di se stesso in un linguaggio secondo dove l'assenza di un soggetto sovrano designa il v-uoto essenziale e frantuma senza tregua l'unità del discor• so n. ·Il rovesciamento del soggetto, un linguaggio non meno millenario della dialettica, è perciò lo svuotamento del sog getto filosofante e della sua sovranità e, più decisamente, dello stesso sapere filosofico e delle sue figure storiche. Così, ades so, attraverso Foucault, l'intreccio Bataille, Blanchot, Klos sowski, non è soltanto l'opposizione eccessiva al pensiero dia lettico e alla Totalità ma anche (se non prima) svuotamento e rovesciamento della sovranità del soggetto, di,sgregamento della soggettività filosofica e sua dispersione all'interno di un linguaggio che la spodesta, ma che anche la moltiplica nello spazio della sua lacuna 28 • Esperienza-limite e trasgressione, la trasgressione legata al limite (simile al lampo nella notte), il limite che si apre all'esistenza soltanto per l'opera della trasgressione, desi gnano ancora che la morte di Dio non ci restituisce a un mondo limitato e positivo, ma a un mondo che si snoda nel• l'esistenza del limite, si fa e si disfà nell'eccesso che lo oltre passa 29• La riflessione filosofica, pausa sulla morte di Dio e sulla sessualità che a questa morte è annodata, diviene, si è detto, interrogazione del limite e della trasgressione che lo viola all'infinito, sregolatezza di fronte al sapere dialettico, disgregazione del soggetto come spazio del senso e della pie nezza, contestazione della metafisica, in quanto discorso sul l'essere e sul logos. Lungo questo filo, la critica al logocen trismo, Derrida rilegge Artaud e la sua disperata vertigine della notte, la sua follia e il suo non sapere, il nero della ma linconia che lo insegue e ·10 inquieta, lo strazia dentro alla 58 morte, sui bordi inaccessibili del nulla, silenziosamente im-
possibili. Al linguaggio filosofico, come luogo dove infatica bilmente si ripete il supplizio del filosofo e dove si trova gettata al vento la sua soggettività... si apre fatalmente una possibilità: la possibilità del filosofo pazzo 30, insiste Foucault. Della pazzia come orizzonte del linguaggio filosofico, come pa rola che alimenta il suo movimento e le sue perdite, la sua deriva. Del pensiero della follia Artaud, non meno di Bataille, è una traccia e un'esperienza cruciale: e non ho mai scritto se non per dire che non avevo mai fatto niente, che non po• tevo far niente e che, pur facendo qualcosa, non facevo nien te. Tutta la mia opera è costruita e potrà esserlo unicamente su questo niente su questa strage, su questa mischia di fuo chi spenti, di cristalli e di eccidi, non si fa né si dice nulla, ma si soffre, si dispera e ci si batte, sì, credo che in realtà ci si batta - la lotta sarà apprezzata, giudicata, giustificata? no Avrà un nome? nemmeno nominare la battaglia significa forse uccidere il nulla. Ma soprattutto fermare la vita non fermeremo mai la vita 31 • Quando Artaud pronunzia nomi come vita, esistenza, cru deltà, teatro della crudeltà, quando dice che non fermeremo mai la vita vuole, dunque, distruggere una storia, quella della metafisica dualista... dualità dell'anima e del corpo, che fonda, in segreto, naturalmente, la dualità della parola e dell'esistenza, del testo e del corpo; ecc. Metafisica del commento che au torizza i 'commenti ' perché dominava «già» le opere com mentate 32• Dualismo ancora dell'opera e della follia, del di scorso critico e del discorso clinico, dell'autore e dell'opera: cancellazione derridaianamente dell'ambivalenza che veicola la parole soufflée, che è insieme parola sottratta e suggerita, rubata e ispirata (Artaud sapeva che ogni parola caduta dal corpo, offrendosi per essere intesa o ricevuta, offrendosi in spettacolo, diventa subito parola rubata. Significazione di cui io sono espropriato perché è significazione). La produzione di uno spazio non-teologico, di una scena non assoggettata alla parola, è, dunque, all'origine della scelta artaudiana del teatro orientale: La novità del teatro Balinese è stata quella di rivelarci un'idea fisica e non verbale del teatro, secondo la quale il teatro sta entro i confini di tutto ciò che può avvenire 59
su un palcoscenico, indipendentemente dal testo scritto, men tre come Io intendiamo noi occidentali, esso si confonde con il testo e finisce per esserne limitato 33• Un parricidio, che è uccisione del padre e di Dio in quanto detentori del Logos, della parola e del principio della parola, è sotteso, come prima mossa, alla nascita del teatro della cru deltà, uno spaventevole transfert di forza dal corpo al corpo, un transfert che non può riprodursi due volte, insegna Ar taud. Il teatro della crudeltà come totalità dei sensi e tec nica del corpo, come transfert e rivoluzione del sensorio, come svelamento del sacro e dei primordi della vita, riduce lo spessore metafisico della parola ed esalta la forza del cor po. Derrida ha sottolineato come la concezione artaudiana della parola sia singolarmente prossima allo statuto che as sume la parola nella scena del sogno, come viene designata da Freud: elemento tra gli altri, senza alcun privilegio, orga nizzata dal processo primario secondo la sua economia, trat tata come cosa, manipolata a secondo della messa in scena l'. Così in Artaud la parola, smesso l'abito ontologico, divien e massa fonica, geroglifico, girotondo onomatopeico, grida e luci, investendo tutti i sensi (privilegiando il sensorio rispetto al visivo), sollecitando le risorse del corporeo. Ora, se il richiamo all'uso della parola nella scena del sogno, secondo Freud, è certamente pertinente, non meno evidente è il raccordo che l'esperienza della teatralità artau diana (che non è rappresentazione né mimesis) stabilisce con l'antropologia, se Lévi-Strauss ha potuto dire: Certo, abbia mo acquistato una conoscenza diretta delle forme di vita e di pensiero esotiche, che ai nostri predecessori mancava; ma ciò non dipende anche dal fatto che il surrealismo - cioè un momento evolutivo interno alla nostra società - ci ha tra sformato la sensibilità, in quanto ha avuto il merito di sco prire, o di riscoprire, in seno ai nostri studi, un lirismo e una probità? 15• Un transito, che diviene ancora più puntuale, se si pensa a quella « Nozione di tecnica del corpo » che Marce! Mauss ha letto nel '34 alla Società di Psicologia 36: una nozione destinata ad alimentare anche i discorsi sulla teatralità e sul 60 comportamento, ai nostri giorni, in grado di offrire un fon-
damento al ge,sto stesso di Duchamp, che (appena dopo il '20) lavora la propria corporeità come materiale e come oriz zonte semiotico. Duchamp, da questo punto della suo biogra fia, comincia infatti a fare l'esperienza della vita come di un sistema di tecniche, così come, .in precedenza, aveva speri mentato un altro sistema di regole, l'arte. Se non c'è un le game accertabile tra Duchamp e Mauss, c'è, questo sì, la pos sibilità di radunare gli strumenti d'investigazione proposti da Mauss e dall'antropologia per ricomprendere questo ge sto. Si sa, invece, di legami più espliciti tra il surrealismo e l'antropologia, soprattutto della vocazione antropologica di Antonio Artaud che si è spinta fino Al paese dei Tarahuma ra 31, che ha sapientemente interrogato la cultura orientale (l'Oriente che è parola-tampone per l'intera storia surrea lista), che ha trovato nel teatro Balinese il modello capace di far morire la Parola. La coscienza, l'essere e il nulla, la ragione dialettica, il limite e la trasgressione, il soggetto e la parola che diventa geroglifico, la corporeità sono i termini (o almeno alcuni) che la lettura sintomale di Bataille e Artaud - di questo testo antibrétoniano - evidenzia, che Blanchot, Foucault, Derrida (insieme ad Artaud e a Bataille, naturalmente) consegnano a « Te! Quel » e al Sollers di Logiques: a Sollers che, come ve dremo, rilegge queste scritture irregolari ali' ombra della lacaniana que,st,ione del soggetto, una questione, in vero, at traverso la quale, esplicitamente, lo stesso Bataille ha inse guito, centrandola, l'origine della modernità. Un'origine se gnata dalle risate del pubblico parigino di fronte allo scan dalo di Manet, alla sua indifferenza per il soggetto, alla distru zione e allo scempio che ne fa. Mai prima di Manet era stato così totale il divario tra il gusto del pubblico e il trasformarsi della bellezza che l'arte rinnova attraverso il tempo. Manet apre la serie nera; a partire da lui, la collera e le risate del pubblico hanno indicato con chiarezza il . ringiovanirsi della bellezza 38• L'arte moderna inizia, allora, con Manet.e, in particolare, con L'.esecuzione di Massimiliano, del 1867. Manet ha dipinto suggerisce Bataille - la morte del condannato con la 61
stessa indifferenza che avrebbe avuto se avesse scelto come oggetto del suo lavoro un fiore o un pesce. E continua sotto lineando che se altri quadri dell'autore del « Balcone » non narrano nulla... « L'Esecuzione di Massimiliano » è fra tutti li meno discorsivo. Certo Manet teneva alla precisione dei par• ticolari, ma la stessa minuziosità assume valore negativo: questo quadro è la negazione dell'eloquenza, è la negazione della pittura che esprime, come li linguaggio, un sentimento. Il soggetto, tradizionalmente così carico di passione e di im pegno civile, diventa appena un pretesto, l'occasione per par lare d'altro, per affrontare finalmente il discorso sulla e della pittura. Il soggetto c'è ancora, ma è un'assenza, un'indiffe renza, privo di significato e di forza, dato periferico, margi nale, inessenziale. L'indifferenza del soggetto, ridotto a pretesto, nell'Esecu zione, la ra0azza nuda, per niente idealizzata se non addirit tura sgraziata, le zampate del gatto nero, i fiori nella carta, la cameriera negra (evidentemente parlo dell'Olympia) s'im parentano alle giacche nere dei due uomini seduti accanto alla ragazza nuda del Déjeuner. Sono il simbolo di ciò che l'arte non aveva mai rappresentato, dell'irrappresentabile, an cora meglio, dell'interdetto. Che cosa era l'arte del passato se non quel « gigantesco poema teologico » di cui parla Marcel Proust che doveva imporre il silenzio• su tutto li resto? Poema teologico, talora mitologico ( o talora semplicemente dina stico), ma sempre espressione di una verità che era al di so pra della mediocrità, al di sopra di « quello che si vedeva ». Distruggendo il soggetto Manet inscrive la pittura in u n ordine che non dipende più dal potere costituito, di volta in volta teologico, mitologico, dinastico. Inscrive la pittura nell'ordine della pittura, nella griglia dei colori, delle linee e del movimento, della luce, di ciò che si vede, nell'ordine della percezione. Con Manet inizia quel cammino che porterà alla colpevolezza della letteratura, allo smascheramento della sua innocenza. Il mondo imborghesito, sottolinea Bataille, neghe• rebbe completamente la poesia se non vi fosse la convenzione. Ma la poesia è, in definitiva, la negazione dl ogni convenzione e lo è con violenza. Essa vuol essere semplice, immaginabile 62
senza potere, irreale e disintegrata, che trae la sua « magia » solo da se stessa e non dalla formazione di un mondo il cui ordine politico risponde al sogno di una maestà divina o prin cipesca. Manet, rovesciando l'ordine costituito, provoca le risa e lo scandalo della borghesia parigina. Svincolando la pittura dall'ordine politico apre la via alla modernità: una via caratterizzata da questa, diversa, lacerazione. La lacera zione della pittura e della poesia, dell'arte, di non avere di ritti. Soltanto l'azione ha dei diritti 39• L'arte che riguadagna i propri confini, che gioca tutte le sue possibilità nel costituirsi, si ritrova colpevole di non poter essere azione, essendo sola mente il sospirato ritrovamento dell'infanzia. Così, se alla pittura e alla poesia è sottratto lo spazio dell'azione, se vi vono questa impossibilità, è evidente che un altro spazio dovrà rivelarsi, l'esperienza mistica. Anzi la poesia (segnatamente) ha il compito di avvicinarsi agli stati mistici sperimentati nella solitudine, a quell'esperienza attraversata da una verità diversa da quelle che sono legate alla perfezione degli oggetti, e poi del soggetto, e infine connesse alle conseguenze Intellet tive della percezione. Una verità che, certamente, non è for male. È nel segno dell'esperienza mistica, appunto di questa metodica e profonda discesa nella propria interiorità, che Bataille ci ha detto che il nome di poesia non può essere ap plicato in un modo appropriato se non ad un residuo estre mamente raro di ciò che serve a designare volgarmente 40• 3. Per l'intellettuale la scelta è tagliente giacché si tratta di decidere tra una linea piccolo-borghese (revisionista e al servizio della borghesia) e la linea rivoluzionaria, al servizio del proletariato (nei tempi lunghi). Una scelta che, semplici sticamente, non è un invito ad abbandonare, con un salto, la propria classe a favore del proletariato, ma è piuttosto una lotta da combattere sul fronte delle pratiche specifiche (arti stiche, scientifiche, della filosofia) e sul terreno più diretta mente politico. Cosa significa, allora, per« Tel Quel» all'ingresso degli anni settanta, lavorare all'interno delle pratiche speci fiche, dentro la letteratura (più precisamente)? In sostanza si gnifica domandarsi se è possibile una letteratura che non sia 63
metafisica, se si può ancora ricondurre la letteratura nel l'area della filosofia materialistica, se finalmente la letteratura è una pratica scritturale che per statuto non rimuove la dia lettica come esercizio della contraddizione e, insieme, la que stione del so�getto materialista. Dunque la storia non ha sog getto trascendentale, è inteso, ma la storia pone la questione del soggetto materialista attraverso la psicoanalisi ed essa la pone nella pratica rivoluzionaria, cioè nell'articolazione delle contraddizioni fra soggettivo e oggettivo. La storia allora non è una questione di motore ... più di quanto il linguaggio o la sessualità non siano una storia di macchine, per esempio. Propongo di dire che uomo, motore, macchine, è l'ideologia conservatrice idealistica economicistica e che soggetto, lotta di classe e contraddizione è la pratica rivoluzionaria 41 • Lungo quest'orizzonte teorièo, · segnato dalla presenza del maotzetungpensiero, dalla lezione lacaniana, dalla polemica contro Althusser 42 , dal commercio quotidiano con Barthes, Foucault, Derrida e Deleuze, dall'eredità del '68 e dalla rivo luzione culturale cinese (in primo luogo) il testo antibréto niano di Artaud/Bataille assume un ruolo decisivo, sorpren dente. Nel senso che nel loro testo e nella loro scrittura ir regolare è possibile collegare, come scrive la Kristeva nel suo lucidissimo intervento, la contraddizione eterogenea di cui il testo possiede il meccanismo alla critica rivoluzionaria del l'ordine sociale stabilito: è proprio questo l'intollerabile per la ideologia dominante e per i suoi diversi meccanismi di li beralismo-oppressione-divieto ed è la cosa inoltre più diffi cile da fare. Ed avverte che il momento del legame seman tico e ideologico del rigetto pulsionale, dovrebbe essere un legame in e attraverso un discorso rivoluzionario, che estro metta il soggetto dalla stanza chiusa della sua esperienza per tuffarlo nelle trasformazioni rivoluzionarie dei rapporti sociali e accanto al loro protagonisti 43• La Kristeva (alla quale appartiene certamente la ricerca più rigorosa), analizzando la rete Hegel/Bataille, Hegel/Lacan, Hegel/Bataille/Lacan,· sottolinea come la dialettica hegeliana, che pure critica la immediatezza della conoscenza sensibile, 64 e pone insieme la divisione, il movimento e il processo, su-
bito dopo, con un gesto altrettanto deciso, li scarta... in nome d'una verità superiore, metafisica e repressiva che sarà la « coscienza di sé » e il suo correlato sul piano giuridico - lo Stato. Bataille, al contrario, riprende questo soggetto unifi cato e lo riconduce a ritroso, attraverso il desiderio e senza « medio termine », al momento dell'esperienza immediata ch'esso ha dimenticato. Ma questo ricondurre il soggetto a. quell'immediatezza scartata da Hegel non è certo un'inge nuità e una mossa sconsiderata. La traversata dell'interdetto da parte del desiderio è, in Bataille, un ritorno dell'espe rienza immediata, dopo che essa abbia conosciuto il suo mo vimento nell'« Idea» e nel « Sapere assoluto». Per questo l'erotismo e il desiderio sono la reintroduzione del soggetto, compiuto e concluso dal « sapere assoluto», nell'immediatezza dell'eterogeneo, senza intermediario, senza mediazione e che, a questa condizione soltanto, fa saltare l'illusione dell'unità. 1:. a un « io » concluso che l'eterogeneo appare come desi derio e erotismo al momento in cui il desiderio sfinisce l'« io». L'insistenza sulla violenza e sulla contraddizione senz.a tregua tra il desiderio e la materia che gli è esterna, che è fuori, marca la scomparsa dell',io attraverso l'erotismo e il desi derio, a patto d'intendere il desiderio e l'erotismo non come un al di qua del sapere e del ... soggetto unario ma la loro traversata: l'organicità carnale, l'orgia erotica, l'oscenità non esistono che come contraddizioni, come lotte, della materia lità violenta esterna al soggetto, con l'istanza affermata di questo soggetto stesso 44• Bataille, dunque, mettendo fine ad ogni sapere che cerca di catturare il negativo e l'alterità e di ammaliare il desiderio e ciò che è sinistro, la parte maledetta, apre una ferita che non si rimarginerà, un gioco che è mortale. Il gioco infinito dell'altro irridu.cibile e inaccessibile, della pulsione di morte. Una logica altra che « Tel Quel» (Sollers e la Kristeva) sen z'altro mettono in relazione a quell'altra oscenità, non meno sinistra e maledetta, che è storicamente il proletariato. Così la critica di Bataille a Hegel e all'idealismo diviene, a un tempo, critica della negazione che passa nell'essere, critica alla sovranità dell'io come coscienza di sé, critica alla rimo- 65
zione del proletariato Ed è, insieme, critica, si capisce, a ogni concezione materialistica che pone un soggetto senza pro cesso o un processo senza soggetto: alle persistenze ideali stiche risorgenti nel marxismo e all'althusserismo imperante, in conclusione. Che, poi, la tesi telqueliana che, in Bataille o in Artaud, la dialettica dell'eterologia (la violenta lotta sog getto/materia) non sia soltanto il punto limite, il limitare, al quale sono giunti la ragione e il sapere borghese, ma sia anche « la logica dell'altro storicamente determinato» (Rella), il proletariato, ci lascia assai perplessi e indecisi. Giacché ci sembra che l'emergenza del negativo, l'eterologia, il desiderio, la materia, la questione del soggetto come sog1:1etto scisso, la cerato, in lotta con il fuori, sia piuttosto una riflessione da inscrivere nell'area della filosofia dopo/Nietzsche: che, perciò, abbia pochissimo senso (e sia poco costruttivo) chiedersi se il materialismo batailleiano sia prossimo o lontano dal ma terialismo dialettico. La questione, semmai, è un'altra, soprat tutto dopo alcune sortite, recentissime, di Jacqueline Risset (anche lei telqueliana, com'è noto). La presenza di un nucleo idealista nel pensiero di Bréton è innegabile. Tuttavia negli ultiml anni ( o forse più esattamente in tutta la critica fino ad oggi) è prevalsa la tendenza, sotto la spinta dl un marxi smo dogmatico e rigidamente antisovrastrutturale, a sottova lutare la posizione « politica ,. del surrealismo e in partico lare, per gli anni Trenta, la riflessione estremamente lucida dl Bréton su due punti centrali dell'attuale politica, fascismo e stalinismo 45• Ora se non si tratta semplicemente di riabi litare il surrealismo ma, come riconosce la Risset, di legare al centro stesso dell'attività del movimento la lucidità poli tica brétoniana, le sue scelte, i tali che ha operato, allora vuol dire che bisogna uscire dalle dicotomie: idealismo e ma terialismo, materialismo naturalmente contro lo spirituali smo, Artaud/Bataille contro Bréton. Bisogna riconoscere che è riduttivo ricomprendere tutta l'esperienza brétoniana sotto la bandiera dello spiritualismo myersiano come fa Houdebine 46 e che è poco probabile l'idea di Pleynet: l'idea che l'intera pittura surrealista sia scrittura a parte qualche eccezione 47• Se, dunque, l'ipotesi metafisica, 66
della Risset è praticabile, come in verità ci sembra, bisogna fare uno sforzo diverso: capire come negli anni Trenta, al tempo del Secondo manifesto e de La « vieille taupe», Bré-. ton e Bataille pongono un problema teorico molto più com plesso e difficile dell'opposizione adialettica idealismo/mate rialismo. Pongono la questione di due diverse letture del marxismo, dei rapporti Hegel/Marx, di Freud, del modo di concepire la lotta di classe e la rivoluzione. La questione in sostanza di un marxismo dialettico e utopico e di un sociali smo non burocratico e stalinista, dalla parte di Bréton, e con Bataille un'interrogazione infinita sul destino del sapere dopo/Nietzsche. La lettura brétoniana di Adorno, Benjamin (per certi versi), Bloch, Marcuse danno ragione di questa indicazione, sufficientemente. Così come l' attraversamento di Bataille secondo Foucault, Derrida. « Te! Quel», centrato sulla trasgressione/limite, sulla marginalità e sull' istante (da quest' ottica Bataille dice che lo stesso « eterno ri torno» nietzschiano s' inscrive nell'Ordine dell' hegelismo), sul soggetto scisso in lotta con la materia e l'esterno, rende conto del pensiero dell'eterologia. Materialismo dialettico e utopico, pensiero dell'eterologia e logica altra appaiono, negli anni Trenta, al di là delle riduzioni di comodo (idealismo è materialismo, spiritualismo e alterità, del resto facilmente ribaltabili, come si è visto), come due progetti destinati ad attivare anche i discorsi più recenti: un progetto, quello di Bréton, lavorato sulla dialettica come pensiero negativo e sull'utopia, sulla liberazione e sulla rigenerazione del mondo e della vita, sull'intreccio inscindibile tra cultura e politica, sull'incidenza della sovrastruttura, mentre l'altro, quello di Georges Bataille, puntato sulla questione della metafisica e sull'oltrepassamento della metafisica, aperto incessantemente al domandare, perché, heideggerianamente, il domandare è la pietà (Frommigkeit) del pensiero. .
1 PH. SoUllRS, Sul materialismo, trad. it., pref. di P. A. Rovatti , Milano 1973, p. 20. 2 G. BATAILLE, La « vieille taupe • et le préfixe « sur • dans les mots
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« surhomme • et « surréaliste », « Tel Quel », 34/1968, trad. it., in Critica dell'occhio, a cura di S. Finzi, Rimini/Firenze 1972, pp. 139 e 140. 3 G. BATAILLE, Il leone castrato, in Critica dell'occhio, cit., p. 55. 4 G. BATAILLE, La « vieil/e taupe », cit., p. 138. s G. BATAILLE, op. cit., pp. 152 e 153. La terra è bassa, li mondo è li mondo, l'agitazione umana è almeno volgare, è forse Inconfessabile: è la vergogna della disperazione !carica. Ma alla « perdita della testa», non c'è un1altra risposta: un ghigno grossolano, Ignobili smorfie. Perché è l'agitazione umana, con tutta la volgarità dei picooli e del grossi bisogni, col suo disgusto gridato della polizia che la respinge, è l'agita zione di tutti gli uomini (fuorché questa polizia e gli amici di questa polizia), che condiziona da sola le forme mentali rivoluzionarie, In opposizione con le forme mentali borghesi (ib., p. 153). 6 G. BATAILLE, op. cit., p. 143. L'impulso che l'obbligava a sbarazzarsi brutalmente degli orpelli borghesi e della morale convenzionale non veniva dal basso, dal profondo sollevamento delle masse umane (per definizione, gli Individui borghesi non possono sentire direttamente niente di ciò che si produce di sconvolgimento In queste masse, una impermeabilità di fatto è incontestabile): la sola possibilità di emanci pazione per l'individuo della classe borghese risulta dall'azione eventuale di un complesso icarico. t;: impossibile tradire la propria classe per amicizia verso Il proletariato, ma solamente per il gusto di strappare quello che si può ben dire li « fuoco del cielo •· La conclusione batail leiana è che in sostanza Nietzsche abbia avuto nulla in comune con il proletariato operaio (ib., p. 143). Proprio com'è capitato, anni dopo, a Bréton. 7 A. BREToN, Secondo manifesto del surrealismo, in Bréto,i e il surrealismo, a cura di Ivos Margoni, Milano 1976, pp. 466 e 467. s G. BATAil.l.E, Il valore d'uso di D.A.F. de Sade, in Critica dell'occhio, cit., p. 128. 9 A. BRETON, Secondo manifesto del surrealismo, in Bréton e il surrealismo, cit., p. 468. Se mi si opponesse ancora « li gesto contur bante del marchese de Sade rinchiuso tra i pazzi, che si fa portare le · rose più belle per sfogliarne i petali sulla melma di una latrina», rispon• derò che quell'atto di protesta perderebbe la sua straordinaria portata, se venisse da parte di un uomo che ha trascorso per le sue idee venti sette anni della sua vita in prigione, ma da un assls di biblioteca. Tutto porta a credere, infatti, che Sade, la cui volontà di affrancamento morale e sociale, contrariamente a quella di Bataille, è fuori questione, per obbligare lo spirito umano a scrollare le sue catene, abbia sem plicemente inteso offendere attraverso quel gesto l'« idolo poetico», e con esso quella ' virtù ' di convenzione, che, si voglia o no, fa di un •fiore, nella misura stessa in cui ciascuno può offrirlo, il veicolo brillante dei sentimenti più nobili come dei più bassi (ib., p. 468). 10 PH. SoLLERS, Perché Artaud, perché Bataille, in AA.VV., Artaud, trad. it., Bari 1974, pp. 8 e 9. 11 PH. SoLLERS, Intervento, in AA.VV., Bataille, trad. it., Bari 1974, . p. 8. 12 M. FouCAULT, L'ordine del discorso, trad. it., Torino 1972, pp. 21 e 24. 13 PH. S01..LERS, Intervento, in AA.VV., Bataille, cit., p. 7. 14 J.-P. SARTRE, Un nuovo mistico, in Che cos'è la letteratura, trad. it., nuova ed., Milano 1966, p. 275. 1s J.-P. SARTRE, Un nuovo mistico, cit., p. 274. 16 G. BATAIUJ!, Nietzsche. Il culmine e il possibile, trad. it., Milano 1970, p. 186. 11 G. BATAILLE, Nietzsche. Il culmine e il possibile, cit., p. 91. Sono
felice di ricordare la notte In cui ho bevuto e ballato ballato da solo, come un contadino, come un fauno, in mezzo alle coppie. Solo? vera• mente si ballava l'uno di fronte all'altro, In un « potlatch • di assurdità' « Il filosofo »-Sartre-ed io ( ib., p. 91). · 18 M. BLANCHOT, Passi falsi, trad. it., Milano 1976, pp. 49/50. 19 Ibidem, pp. 47 e 48. 20 J .. P. SARTRE, Un nuovo mistico, cit., pp. 252/253. 21 M. BL\NCHOT, L'infinito intrattenimento, trad. it., Torino 1977, p. 277. 22 M. BLANCHOT, Ibidem, cit., p. 276, n. 1. 23 M. BLANCJ·IOT, Ibidem, cit., pp. 281/282. 24 M. BUNCHOT, Ibidem, cit., p. 283. 25 M. FoUCAULT, Scritti letterari, trad. it., a cura di· C. Milanese, Milano 1971, p. 61. 26 M. FoucAULT, Ibidem, pp. 71 e 70. 27 M. FOUCAULT, Ibidem, p. 69. 28 M. FoUCAULT, Ibidem, p. 65. 29 M. FOUCAULT, Ibidem, p. 58. 30 M. FoUCAULT, Ibidem, p. 66. 31 La citazione di A. Artaud è in M. BLANCHOT, L'infinito intratteni mento, cit., pp. 392/393. L'esperienza del pensiero poetico come man• canza e come dolore è sconvolgente e impegna chi ne è vittima In una violenta lotta. Misteriosamente, Artaud è stato Il luogo di questa lotta. Lotta fra il pensiero come mancanza e l'impossibilità di sopportare questa mancanza, - tra il pensiero come nulla e la prorompente pienezza che vi si cela -, fra il pensiero come separazione e la vita inseparabile del pensiero (ib., p. 292). Su questo combattimento si v. anche Artaud, in Il libro e venire, trad. it., Torino 1969, pp. 44/50. 32 J. DERRIDA, La scrittura e la differenz.a, trad. it., Torino 1971, p. 226. 33 A. ARTAUD, Il teatro e il suo doppio, trad. it., pref. di J. Derrida, Torino 1968, p. 153. L'Idea della supremazia della parola nel teatro è talmente radicata In noi, e Il teatro ci appare a tal punto un semplice riflesso materiale del testo, che tutto ciò che a teatro va oltre Il testo, che non rimane entro I suol limiti e non ne è strettamente condizionato, ci sembra appartenere al campo della regia, considerata come qualcosa di inferiore rispetto al testo. Un teatro, perciò, che non sia mimesi e riflesso, si pone: 1) Come materializzazione visuale e plastica della parola. 2) Come il linguaggio di tutto ciò che si può dire e rappresen• tare su un palcoscenico indipendentemente dalla parola, di tutto ciò che trova la sua espressione nello spazio, o che può venirne Influenzato o disgregato (ib., p. 153). 3-1 Per il rapporto Artaud/Freud si v. ancora La scrittura e la di/• ferenza, cit., in particolare alle pagine 310/314. I luoghi del confronto (o forse meglio dell'omologia) sono rispettivamente l'artaudiano Premier manifeste (1932) e, per Freud, la Traumdeutung e il Supplemento
metapsicologico alla teoria del sogno. l5 C. LINI-STRAUSS, Raz.z.a e storia e altri studi di antropologia, trad. it., a cura di P. Caruso, Torino 1967, p. 77. Sull'importanza del surrealismo nella formazione di Lévi.Strauss si v., S. MORAVIA, La ra• gione nascosra, Firenze 1969 (cap. 1). Più prudente si mostra F. REMorn, Lévi.Strauss. Struttura e storia, Torino 1971 (introduzione). Elementi
ulteriori di chiarificazione non compaiono neppure nel recente colloquio che l'antropologo ha concesso ad Antonio D'Avossa (Colloquio con C. Lévi.Strauss, in C. Lévi.Strauss: pittura, linguaggio e teoria dell'arte, Istituto di Storia dell'Arte, Università di Salerno, Im). 36 M. Mwss, Nozione di tecnica del corpo, in Teoria generale della magia, trad. it., introd. di C. Lévi-Strauss, Torino 1965.
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37 A. ARTAUD, Al paese dei Tarahumara e altri scritti, trad. it., a cura di Maxwell e Rugafiori, Milano 1966. li G. BATAILLE, Manet, trad. it., Milano 1965. Le citazioni non ulterior mente specificate si riferiscono sempre a questo testo. Si cfr. a propo sito J. PmFFER, Entre Goya et Manet, in « L'Arc », n. 44, 1971. J9 G. BATAILLE, La letteratura e il male, trad. il., Milano 1973, p. 36. 40 G. BATAILLE, La nozione di dépense, trad. it., in La parte maledetta, a cura di F. Rella, Verona 1972, p. 46. Il termine di poesia... può essere considerato come sinonimo di « dépense »: esso significa, Infatti, nel modo più preciso, creazione per mezzo della perdita. Il suo senso è dunque più vicino a quello di sacrificio (ib., pp. 45/46). Sulla questione della poesia (anche in rapporto a Bréton) si v. utilmente J.-L. HouoEBINE,
li nemico dall'interno (Bataille e il surrealismo: elementi, prese di par tito), in AA.VV., Bataille, cit., pp. 188/198. 41 PH. SoLLERS, Sul materialismo, cit.
42 La polemica di Sollers con Althusser investe due punti: a) l'inter pretazione riduttiva del pensiero di Mao (cfr. Sulla contraddizione, in Sul materialismo, cit., in part. pp. 63/67) e b) la decifrazione altret tanto riduttiva del pensiero di Freud/Lacan sulla questione del soggetto. 4J J. KRISTEVA, /1 soggetto in processo, in AA.VV., Artaud, cit., p .107. 44 J. KRISTEVA, Bataille, l'esperienza e la pratica, in AA.VV., Bataille, cit., pp. 299, 300, 301. 4S J. RtssET, André Breton: un surrealismo socialista?, in • Quaderni Storici,. 34/Gennaio/aprile 1977, pp. 125/126. 46 J.-L. HouoEBINE, Méconnaissance de la psychanalyse, in « Te! Quel,. n. 46/1971. Si v. anche su questo problema, J. STAROBINSKI, Freud, Bréton, Myers, trad. it., in « Il Verri», n. 28. Sull'intera questione rin viamo a M. R. DE RosA, Surrealismo e psicanalisi, in « NAC», giugno luglio 1974. 47 M. PLEYNET, L'insegnamento della pittura, trad. it., Milano 1974, in part. Contraddizione principale, contraddizione specifica. L'imitazione della pittura (descrizione). Sulla scrittura automatica come scrittura non metafisica si rinvia al celebre saggio di BLANCHOT, Le domain joueur (sur l'avenir du surréalisme), ora in L'infinito intrattenimento, cit., pp. 541/560. Riferiamo alcune letture differenti (rispetto all'ipotesi/ Pleynet) sulla pittura surrealista. Per Max Ernst, rinviamo a G. C. ARGAN, Max Ernst e la Gaia scienza, in « La fiera letteraria •, n. 25/1966 e li sublime subliminale di Max Ernst, in AA.VV., Studi sul surrealismo, a cura di F. Menna, Roma 1977 (pp. 13/25) e A. RAMAZZOTTI e M. SERE
Dall'età dell'angoscia all'infanzia dell'arte. Max Ernst dada e surrealista, Torino 1977. Su Magritte si v., F. MENNA, La trahison des ima ges, in AA.VV., Studi sul surrealismo, cit. (pp. 320/335) e La linea ana litica dell'arte moderna, Torino 1975 (pp. 54/58). Su Mirò si v., A. TRI MAROO, Joan Mirò, in AA.VV., Studi sul surrealismo, cit. (pp. 493/530).
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