Op.cit. rivista quadrimestrale di selezione della critica d'arte contemporanea Direrrore: Renato De Fusco Segretaria di redazione: Roberta Amirante Redazione: 80123 Napoli, Via Vincenzo Padula, 2 - Tel. 7690783 Amministrazione: 80122 Napoli, Via Francesco Giordani, 32 - Tel. 684211 Un fascicolo separato L. 3.500 (compresa IVA) - Estero L. 4.000
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Edizioni « Il centro » di Arturo Carola
F.
IRACE
R.
AMIRANTE
/I Neorevival
L. Mosc.uo EsPOSITO 0
S
Dall'arte utile all'architettura "inutile"
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Affermare o negare per immagini
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Libri, riviste e mostre
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Alla redazione di questo numero hanno collaborato: Paolo Carpeggiani,
Gabriella D'Amato, Fulvio Irace, Benedetto Gravagnuolo, Livio Sacchi, Angelo Trimarco.
va architettura. Rispetto alla relativamente «longue durée», inoltre, delle rinascite neoclassiche, neogreche, neogoti che, ecc., che avevano impegnato il dibattito sull'architettura e l'operosità progettuale per circa cento anni, il pendolo della storia non poteva non apparire come impazzito di fronte al rapido alternarsi e alle brevi durate delle nuove reviviscenze antirazionalistiche, di volta in volta rappresentate dai vari movimenti del neoempirismo, del neorealismo, del neoliberty. Da allora, la liaison operativa tra storia e progetto si è andata definendo sempre più come una funzione determi nante nell'intera fenomenologia dell'architettura contempo ranea, tanto da prestarsi alla suggestione di più o meno fon date interpretazioni in chiave analogica o di cicliche ricor renze 3• E in effetti, il sempre più frenetico inseguirsi di revi sioni e rivalutazioni di espressioni architettoniche sovente legate a quelle esperienze antecedenti la rivoluzione lingui stica del «moderno», l'aggiornamento spinto entro la gamma di quelle pratiche progettuali delimitate dalla «tradizione del nuovo», incoraggiano a confermare la diagnosi di un rigo glioso rifiorire della pianta dei revivals. Parte di quella più generale «nostalgia» che caratterizza da qualche tempo la produzione artistica così come le più minute manifestazioni del gusto e della moda, il revivalismo dei nostri tempi sembra non conoscere confini alla sua sma nia di annettere al presente progettuale fette sempre più consistenti di un passato che non ha ancora fatto in tempo a sedimentarsi in storia. Prima, si è cominciato a riscattare l'attualità del liberty dalle sue presunte divagazioni descrittive; è stata poi la volta del «neorazionalismo » e del suo riallacciarsi a un'idea di « stripped classicism » come sintomo di una continuità sovrastorica del classico. Dal recente recupero degli «anni trenta » attraverso la rilettura dei vari storicismi nazionali stici, si è così andato definendo un crescendo di successive compulsazioni, fino all'attuale rimessa in circolo degli « anni cinquanta » e, addirittura; delle prime avvisaglie neoavanguar distiche degli anni '60 e '70 4• Patologia della storia o rivincita sulla successione tempo0
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raie che sia 5, appare evidente come quello che per como dità chiameremo il « neorevival » contemporaneo, presenti, rispetto ai suoi precedenti storici, una innegabile peculiarità che lo caratterizza come fenomeno tipicamente moderno, espressione inconfondibile del nostro tempo e irrimediabil mente lontana dalle idealità ed operosità di quei suoi ormai lontani antecedenti. I revivals - ha scritto Giulio Carlo Ar gan - non si sottraggono al ritmo accelerato che l'economia e la politica impongono all'esistenza moderna: si succedono a intervalli sempre più corti e mutano con crescente fre quenza i modelli o i punti di riferimento ( ... ) è proprio con i revivals che l'alternativa e la successione delle correnti assumono il ritmo rapido, di continuo scavalcamento e ri• lancio che è proprio della moda, come assiduo incentivo della produzione industriale 6• Certo, si possono discutere liceità e limiti della connes• sione che vorrebbe apparentati l'odierno naufragare nel mare degli « ismi » d'après e quel « vaste gulf of revivalism » che - dalla seconda metà del Settecento agli ultimi decenni del• l'Ottocento - ha increspato le acque della produzione archi tettonica occidentale 7• Nondimeno, l'evento traumatico e ri voluzionario dell'avanguardia e il suo conseguente stratifi carsi in una complessa e talora contraddittoria « tradizione » appaiono, a nostro avviso, aver tanto radicalmente mutato lo scenario teorico e il campo operativo da costituirsi come si curi punti di non ritorno. L'originalità e peculiarità dell'at• tuale ritorno alle storie si misurano, dunque, all'interno di questa prospettiva: i modi e le forme di quest'attuazione co stituiscono appunto il motivo e l'oggetto di queste note. È stato affermato che l'essenza autentica di ogni revival in null'altro risiederebbe se non nella sua volontà di negare la separazione tra la dimensione del passato e quella del pre sente, nel presupposto di una concezione della vita come un continuo che non può mai dirsi completamente esperito 8• Si tratterebbe, in sostanza, da un più generale punto di vista filosofico, di un ricorrente atteggiamento della creatività umana, di cui la memoria del passato incarnata dal revival costi tuirebbe una sorta di motivo perenne. La generica contesta-
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zione del presente in nome di un passato mitico e favoleg giato - ha pure osservato Rosario Assunto - appartiene a quel genere di nostalgie del primordio rintracciabili anche in epoche anteriori a quel divorzio tra storia e natura cui di solito si è portati a far risalire la dialettica dei revivals 9• È infatti opinione largamente condivisa dalla maggior parte della critica e della storiografia di settore che la metà del XVIII secolo corrisponda a una vera e propria « cerniera » fra due universi di discorso tra loro inconciliabili: quello, cioè, del classicismo europeo e quello del movimento moderno 10• Nel periodo compreso tra il 1750 e il 1770 giungono a ma turazione una serie di fermenti disgregatori e di tensioni in novatrici il cui risultato principale è la sancita rottura del sistema dell'architettura classica, vero e proprio filo condut tore delle vicende architettoniche occidentali dei precedenti tre secoli. Partendo dalla constatazione degli effetti disgregatori eser citati dal criticismo illuminista sulla revisione dei principi formali e dei presupposti teorici su cui si basava la coesività del tradizionale istituto architettonico, Leonardo Benevolo 11, ad esempio, ha colto, intorno alla metà del Settecento, il pro cesso conclusivo di quel movimento che si suol denominare « architettura del Rinascimento ». In particolare, l'applica zione dell'esprit de raison illuminista alla cultura architetto nica del suo tempo avrebbe avuto il merito di porre in evi denza il carattere convenzionale dei suoi fondamenti assio logici, sottoponendo a confronto l'auctoritas dei testi fonda tivi con la realtà concreta delle fonti materiali dell'antico quali si andavano rivelando nel vigoroso impulso delle cam pagne archeologiche di scavo 12• Il classicismo - scrive dunque Benevolo - nel momento 1n cui viene precisato scientificamente, diventa una conven zione arbitraria, e si trasforma in ne<H:lassicismo. Ma il nuo vo atteggiamento si allarga presto al di là delle forme clas siche; convenzione per convenzione, lo stesso trattamento è applicabile ad ogni tipo di forme del passato, a quelle me dievall, esotiche, ecc., producendo i rispettivi revivals: il neogotico, il neo-bizantino, il neo-arabo, e cosl via 13•
Nonostante questa sua genesi « debole» - sintomo, ·vale a dire, di una« perdita di centro» 14 e di coesività del.sistema architettonico - il revival non ha, in questa prima fase, ne cessariamente un carattere regressivo, di nostalgica utopia all'indietro. Al contrario, la sua contestazione del presente nascerebbe da una constatata insufficienza del moderno a rappresen tare la congerie di interrogativi e di istanze poste dai nuovi indirizzi teorici e dalle mutate condizioni produttive del sa pere. Il legame col passato non è uno scudo dietro cui farsi schermo contro le accelerazioni imposte dalle mutate condi zioni della vita sociale e civile, quanto, piuttosto, una assun zione, metaforicamente didattica, di questi nuovi compiti e inedite richieste 15• 1:. ben noto, infatti - per limitarci al solo movimento neoclassico - quali e quante ragioni di contenuto venissero associate alla invocata rinascenza dell'antico e quale valore pedagogico e morale venisse attribuito a quella consapevole intenzione di far rivivere uno « stile» e un modello di vita riconosciuti come estinti 16• I vari movimenti revivalistici, d'altra parte - indipendentemente dal passato cui si ispira rono e dalle regole etiche e sociali che intesero far resusci tare - non furono mai, come è stato giustamente osservato, di natura strettamente architettonica; furono piuttosto di natura letteraria, nazionalistica, archeologica e morale 17• Sotto le spoglie di un linguaggio apparentemente ricavato dalle assidue frequentazioni di un'antichità più o meno re mota nel tempo e nello spazio, si dibattono in realtà e si spe rimentano questioni inedite e contenuti originali, il cui epi centro spesso consiste nella necessità di fissare tipi, espres sioni, procedimenti compositivi in linea con gli avanzamenti del progresso scientifico e le evoluzioni della dinamica so ciale. Dibattuto dunque tra « assillo del passato» e « fascino dell'avvenire», il movimento revivalistico anticipa l'ambigua proposizione di P. Valéry: noi entriamo nell'avvenire a ri troso. Originariamente ispirato all'apologia del Medioevo come età dell'oro contrapposta alla miseria del presente 18, il Gothic revival, ad esempio, opera una traslazione metaforica 9
mato dai monumenti di molti secoli prima. Cosi gli architetti devono ricostruire per conto loro i « principi », le « ragioni ,., I « motivi » che stanno dietro le apparenze. Facendo questa operazione, essi sono indotti a varcare i confini dello stile, a riflettere sulle condizioni di partenza dell'architettura e sul suol rapporti con le strutture politiche, sociali e morau 21. Né va dimenticato come la stessa necessità di immedesi• mazione nelle particolarità di uno stile così strutturalmente legato alle individualità geografiche e culturali delle varie terre d'origine, richiedeva una vera e propria rieducazione della mano e dello spirito. Questa tensione fra originali e copie non solo promuove la necessità di una riorganizzazione artigianale del lavoro esecutivo, ma stimola altresì il for marsi di una dialettica creativa che è la motivazione più pro fonda di quel salto di qualità che caratterizza nel tempo le operosità, per altri versi disparate e distanti, di profeti del XIX secolo 22, come Viollet-le-Duc, Ruskin, Morris e, attra verso strade più lontane e diverse, di protagonisti come Richardson, Berlage o Gaudi. Il capitolo dei rapporti tra storicismo ottocentesco e mo vimento moderno è un intreccio di relazioni meno lineari e conseguenziali di quanto la primitiva critica antieclettica e antistilistica dei « pionieri » lasci a prima vista trasparire. Se è vero, infatti, che la battaglia contro il formalismo decora. tivo è stata per anni il ripetuto slogan della iconoclastia mo dernista e il suo punto di forza nella denuncia della vacuità descrittiva e falsità funzionale dell'accademismo, va peraltro riconosciuto come la lotta per l'affermazione del fronte mo derno ha, in molti e decisivi casi, sviluppato e maturato pre supposti e principi teorizzati e dibattuti da esponenti di pri mo piano del più autentico storicismo revivalistico. Baste rebbe ricordare l'associazione - stabilita dalla cosiddetta architettura « rivoluzionaria » 23 - tra valori formali e pro ponimenti politici con la conseguente identificazione di ar chitettura e società, e il legame stretto da certi settori della ricerca neoclassica tra sperimentazione tipologica e inge gneria strutturale 24• Così come, d'altra parte, la stessa idea di irregolarità planimetrica, di varietà spaziale ed asimmetria 11
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formale teorizzata dagli architetti del Gothic revival sette centesco appare in qualche modo recuperata dal primo mo vimento moderno in chiave di fitness e di free planning. L'os sessione, ancora, della intrinseca moralità della chiarezza ed evidenza della struttura, sostenuta con etica fermezza da Pugin, è un altro noto esempio di quel « premodernismo » dei predecessori 25 tanto didatticamente esemplificato da due classici della storiografia moderna come il Van Ledou.x bis Le Corbusier (1932) di Emil Kaufmann e i Pioneers of the Modern Movement (1936) di Nikolaus Pevsner, con il sottin teso disegno di una « unità storica » del processo di sviluppo che va da William Morris a Walter Gropius. D'altra parte, a questa sotterranea confluenza di principi ideali e proposizioni speculative, corrisponde, sul piano più propriamente lessicale e rappresentativo, la violenta rottura praticata dalle avanguardie moderne nei confronti dell'insta bile e delicato equilibrio che, nell'architettura in « stile » del tardo ottocento, bilanciava vecchie forme e nuovi contenuti. L'antistoricismo della nuova architettura, il suo violento ri fiuto del polistilismo eclettico, si accompagnano, come è noto, alla decisa negazione di ogni matrice figurativa di carattere immediatamente referenziale. Nel conflitto instaurato all'ini zio del XX secolo tra tradizione e innovazione, il rifiuto di ogni convenzionalismo formale si sposa al presupposto dell'azze ramento totale dei precedenti codici comunicativi fino all'aspi razione a una sorta di tabula rasa da cui iniziare a costruire segni e figure della nuova architettura. Che le matrici della maggior parte di quei segni e di quelle figure fossero, poi, ricavate dal vocabolario astratto e meccanoforme dell'ima gerie avanguardistica, è argomento troppo noto e denso di implicazioni per poter essere fugacemente accennato in que ste note. Così come la sublimazione estetica della tecnica e l'esorcizzazione in chiave formale della nudità e della « po vertà » da essa postulate fanno parte oramai di quell'ampio capitolo delle « difficoltà psicologiche» dell'architettura mo derna, della sua scarsa presa comunicativa verso un pub blico non intellettualmente orientato, della sua caduta semantica nei successivi portati del deprecato lnternational Style.
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dal rinnovato interesse per la storia dell'architettura moder na e dei suoi pionieri e precursori ( ... ) l'aspirazione che sta alla base di questa ripresa è quella di ritornare nel solco di una tradizione borghese, di riflettersi in armonia con il pro prio mondo, legittimando una raffinatezza non esaurita nel mestiere ma tesa all'interpretazione di un costume 28• Paradigma esemplare di questo permanere nell'ambito della « tradizione del nuovo» pur se in posizione di critica contestazione interna, il neoliberty inaugura pertanto la con dizione e la struttura del revival contemporaneo, di quel suo caratteristico e libero aggirarsi lungo tutti i gradi della scala cromatica del moderno senza mai definitivamente uscirne. A differenza, dunque, del revivalismo premoderno, che partiva alla conquista di una tradizione da restaurare senza peraltro possederne una propria né culturale né tecnica, il revival contemporaneo si tende all'« ascolto del passato» avendo però a disposizione una struttura e una tradizione già largamente consolidate. Laddove, inoltre, il revivalismo del secolo scorso ... era caratterizzato da un sistema di rispon denze semantiche relativamente univoche e notevolmente sta bili 29, l'« eclettismo radicale» dei nostri giorni è « relativi stico» e frammentario. Oggi - come ha ammesso Charles Jencks - abbiamo a disposizione più stili e ideologie di quanti ce ne fossero alla loro epoca, ma essi significano pro babilmente meno, sono meno convincenti e possiedono minori significati semantici. II revival gotico è ora areligioso e non è portatore del fervore moralista di Pugin ( ... ) gli stili hanno perduto il loro significato globale e sono diventati generi classificatori di umori e di temi 30• I revivals ottocenteschi, in somma, erano, come abbiamo visto, tentativi di far rivivere, prima ancora che le forme e i linguaggi, i valori e gli stili di vita di società lontane nel tempo. Il revivalismo contemporaneo, di contro, innanzitutto tende a muoversi secondo un asse di più accentuata sincro nia - la sua lunghezza d'onda spingendosi a recuperare il criticismo illuminista e l'architettura della ragione, il tradi zionalismo moderno e i modernismi nazionalisti; inoltre, anche quando si rivolge a un passato remoto, non mira a rein-
trodurne nel presente l'intera problematicità: piuttosto si li mita a effettuare una serie di rilievi e di prelievi - più o meno giustificati - con l'ottica della distanza e della consa pevolezza dell'intervallo storico. Quanto i primi revivals era no idealisti ed ideologici, tanto il neorevivalismo contempo raneo è pragmatico e pluralisticamente orientato. Persino lo storicismo più marcatamente indirizzato a un recupero estensivo del passato preindustriale - quale ap pare, ad esempio, nelle recenti performances edificatorie di James Stirling per l'ampliamento della Staatsgalerie di Stoc carda o della Tate Gallery di Londra - sembra consapevole di operare in una logica compositiva più prossima alla tecnica del collage che non a quella del rifacimento tel quel. Un « classicismo senza lacrime» - l'ha definito Jencks, secondo cui l'attuale revival classicistico mostra un'attitudine di tipo creativo, un uso consapevole della deformazione, dell'elisione e della ricostituzione paradossale di precedenti edifici. L'in tero passato diventa un campo per operazioni retoriche 31• In sostanza, il neorevival mostra di perdere in intensità quanto acquista, invece, in velocità: rinunciando a ogni forma di strutturale identificazione con quel passato con cui intrat tiene rapporti di licitazione formale, esso si rivela figlio di quell'avanguardia da cui pure prende le distanze. Nonostante, infatti, l'antagonismo concettuale, è evidente tra i due feno meni il gioco della complementarietà che trasferisce sull'uno temi e problemi dell'altro. Visto dall'ottica dell'avanguardia, il revival non può apparire che come un'infelice battuta d'ar resto, un passo indietro rispetto alla continua ricerca del nuovo. Interrompendo il progressismo evolutivo dell'inven zione ad ogni costo, promuove la necessità di una ripresa di elementi considerati troppo bruscamente desueti, anacroni stici, obsoleti. Nella prospettiva della ricerca d'avanguardia, il volgersi alle spalle del revival è un tempo morto della storia, una sua deformazione involutiva. D'altra parte, però, il sempre più rapido succedersi delle « scoperte» antiquarie dei revivals odierni, la velocità con cui essi stessi consumano la ricerca del «nuovo-vecchio», rende possibile avvicinarli alle oscillazioni della moda, alle
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interferenze e compromissioni del gusto: ma la moda, come è noto, al pari dell'avanguardia è una tela di Penelope; anche la moda passa attraverso la fase della novità e della stra nezza, della sorpresa e dello scandalo, per abbandonarla quando la forma nuova da essa imposta è divenuta ormai cliché, kitsch, ponclf 32• Avanguardia e neorevival - in quanto parti dialettiche di un unico processo - sono entrambi ma nifestazioni tipiche della modernità. L'arte classica - ci ri corda Poggioli - attraerso il metodo dell'imitazione e la pratica della ripetizione, tende all'ideale del rinnovamento nel senso dell'integrazione e della perfezione; mentre per l'arte moderna, in generale, e per l'avanguardia in partico lare, l'unico errore estetico irrimediabile e assoluto è quello di una creazione artistica tradizionale, d'un'arte che s'imita e si ripete 33• Così, ad esempio, mentre il « grande realismo» figurativo dei neorevivals storicistici sembra inteso a rimarginare le condizioni di frattura tra arte e pubblico instaurate dalla fon dazione del « grande astrattismo» delle avanguardie storiche, la stessa espressione zeviana « avanguardia dei gamberi» - se estratta dal suo evidente contesto polemico - può es sere assunta come sufficientemente emblematica di questa « discordante identità» tra i due termini. L'attuale dialettica nuovo/antico si iscrive, pertanto, con piena legittimità in quella più generale controversia tra innovazione e tradizione che caratterizza gli esordi della modernità e che si esempli fica nella tensione di un doppio movimento di colpi e con traccolpi rappresentati dalla spinta in avanti e dal contem poraneo ritorno all'indietro. Basandosi sulla funzione strutturante della memoria, il neorevival funziona dunque come una sorta di calmiere della storia, sostituendo alla legge del sorpasso una lenta e ciclica ruminazione del tempo .. Ogni volta che scompare l'utopia - ha scritto Karl Mann heim - la storia cessa di essere un processo che conduce a un fine ultimo. Svanisce lo schema di riferimento che cl serve per valutare i fatti e ci resta una serie di eventi tutti equlvalenti quanto al loro interno significato 34•
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passato e il suo rapporto con I problemi attuali dell'esistenza, ma I pro cedimenti sono diversi ( ... ) La storia è «catartica,. proprio perché cl assicura che li passato è passato e non può ripetersi o rivivere ... dandoci l'esperienza, ma liberandoci dal complesso del passato, con ferma la pienezza della nostra responsabilità nei confronti del presente. II « revival », al contrarlo, rifugge dal giudizio, nega la separazione tra la dimensione del passato e quella del presente e del futuro ( ... ) II pas sato, che nella storia è pensato, nel « revival » è agito, cit. p. 7). Per un « diverso» parere, cfr. nello stesso volume, R. ASSUNTO, Revival e problematica del tempo, pp. 35-56. Con particolare riferimento alla tesi ivi sostenuta del revival come rivincita sulla concezione • pro gressista» e teleologica della nozione di storia (Ogni revival risponde ... ad un'esigenza che è quella stessa del « tempo ritrovato»: all'esigenza, cioè, di fondare il tempo « finito, successivo» della vita giornaliera e della storia nella sua transitorietà, su un tempo « infinito, duraturo », tutto presenza e niente assenza; tempo della ripetizione e dell'eterno ritorno, p. 49. Il senso stesso di ogni revival, pertanto, risiederebbe nella speranza per questo mondo e in questo mondo: speranza che muovendo alla ricerca del tempo perduto ... ci offre una rivincita contro la succes sività del tempo e contro la morte che ad essa si accompagna. Una ri conquista dell'eternità ... nel mondo e nel tempo, p. 53). Ma si veda anche, nello stesso volume, A. PINELLI, Dialettica del ·Revival nel dibattito classico-romantico, pp. 57-77, soprattutto (p. 57) nell'enunciazione dei due possibili modi d'essere del « ritorno al pas sato »: si possono brandire i valori del passato come un'arma, ricono• scere nel passato un'idea-forza che si contrappone polemicamente al presente per modicarlo, chiamando la storia a legittimarne la liqul• dazione; oppure c'i si può servire del passato come di uno scudo, segre garsi in esso per esorcizzare la realtà ... Nel primo caso si propizia uno scontro dialettico tra passato e presente per preparare il futuro, nel secondo, per allontanarlo indefinitamente. 6 G. c. ARGAN, op. cii., p. 8. 7 t:. quanto ha fatto, ad esempio, con esemplare chiarezza M. L. SCALVINI, Prima e dopo il Post-Modernism, in « Op. cit. », n. 48, maggio 1980. s II riferimento è a G. C. ARGAN, op. cit., p. 7. 9 Esemplificazione di un revival ante litteram, ad esempio, sarebbe per G. C. ARGAN, op. cit., il recupero del passato operato dagli ambienti neoplatonici della cerchia intellettuale della corte medicea, nella se conda metà del XV sec. Mentre l'umanesimo del principio del secolo, dunque, pone la storia come fondamento di tutto li sapere e come struttura unitaria cosi del pens'iero speculativo come dell'agire poli tico, il passaggio dalla storia al mito fa scattare la molla del revival. Brunelleschi, Donatello, Masacclo ricercano e Interpretano, non « rivi vono» l'antico. Al contrario, un artista come Botticelli, non cura la lettera ma Io spirito; non va a Roma a scavare, mlsurare, confrontare le rovine, ma si atteggia ad Apelle redivivo... traspone, insomma, l'an tico dalla dimensione temporale della storia a quella extratemporale del mito: e nel mito la storia si confonde con la natura perché gli eventi umani, come i fenomen'i naturali, sono soltanto i segni visibili, i sim boli di una verità che è al di là delle sembianze, pp. 12-13. 10 M. TAFURI, Teorie e storia dell'architetlltra, Bari 1968, p. 148; ma la letteratura sull'argomento, identificandosi questo con la scelta stessa del termine 'a quo' da cui far partire la storia dell'architettura contem poranea, è troppo vasta e densa di sviluppi ed implicazioni per poter essere fugacemente 'scorciata' in queste note. 11 Il riferimento è, in particolare, a L. BENEVOLO, Storia dell'archi-
lettura del Rinascimento, Bari 1968, p. 3 e, dello stesso autore, Storia dell'architettura moderna, Bari 1971 (4. ediz.). •2 Sulla crisi del « vitruvianesirno•• cfr. anche E. FORSSMAN, Dorico, ionico, corinzio nell'architettura del Rinascimento, 1961, trad. it. Bari 1973; quando scrive: Anche da un punto di vista strettamente estetico, Il Settecento minò le basi su cui poggiava tutta la dottrina del vitruviane slmo ( ... ) dal momento in cui si prende a dubitare dell'esistenza di una bellezza legata a regole assolute, anche Il s'istema degli ordini, delle loro dimensioni e del loro significati prestabiliti comincia a vacillare. Nel Settecento la bellezza diviene dunque un fatto soggettivo, legato al gusto del tempo e del singolo artista; si può ancora educare il proprio gusto attraverso lo studio del classici, ma non si è più disposti ad accettare regole assolute. In tal modo anche Il linguaggio architetto nico vitruv'iano perde la sua obbligatorietà e si è costretti a ricercare altri effetti e altri mezzi espressivi. Sulla « rottura» della « oggettività> del sistema degli ordini e del l'intero universo filosofico su cui poggiava la coesività e la tenuta del l'istituzione architettonica, cfr. anche J. RYKWERT, The First Moderns, The Architects of the Eighteenth Century, The MIT Press, Cambridge, Massachusetts and London, England, 1980 e, in particolare, il capitolo Trut/1 Stripped Naked by Philosophy; p. 465: since the fifteenth century the past of archltecture had been understood as a continuous, 1f com plex, succession. Archltecture had been devised by the Egyptlans and lnherited by the Greeks and the Romans after them. The Chosen People, too, carne lnto the story, but the tlssue was always unbroken; the or ders of architecture whlch were transmitted from the remotest tlmes iD splte of the lntrus'lon of the barbarous and perhaps even Saracen ex travagancies of the « Goths• were the fundamental inheritance of ar chitects, and a study of them would wrest the secrets which the past and nature held and revealed to the diligent inquirer. Thls belief was retained until the end of the seventeenth century by most archltects, but by the turn of the century, lt could no longer be held by anyone at ali informed ( ... ) The very notion of an absolute and ahlstorical norm inherited from the past had broken both by internal flssuring and by extemal pressure. Sulla introduzione di nuovi parametri di riferimento e sulla mol teplicità di fattori letterari, filosofici, di gusto, ecc. interferenti con la formazione di una sensibilità « relativistica • e « soggettiva• del nuovo pensiero architettonico, si guardi, ad esempio, a P. Cm.LINS, I mutevoli ideali dell'architettura moderna, 1965, ed. it., Milano 1973. Il L. BENEVOLO, Storia dell'architettura moderna, cit., pp. 27-28. 14 Il riferimento è, come d'obbligo, a H. SEOLMAYR, Perdita del centro, 1948, ed. it. Torino 1967. 15 Cfr. A. PINEt.LI, cit., nota 5) e, inoltre, M. TAFURI, op. cit., p. 39: Il valore della « resurrezione eroica• dell'antico, provocata dall'arte dell'Illuminismo, può quindi essere valutato al di fuori di quel « c'iml· tero archeologico » contro cui si sono scagliati molti polemisti del primo movimento moderno. Esemplificativa, a tal fine, la citazione, ivi contenuta, dell'analisi fatta da Marx in Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte: La tradizione di tutte le generazioni scomparse pesa come un 'Incubo sul cervello del viventi, e proprio quando sembra ch'essi Iavorino a trasformare se stessi _ e le cose, a creare ciò che non è mal esistito... essi evocano con ango• scia gli spiriti del passato per prenderli al loro servizio; ne prendono a prestito I nomi, la parola d'ordine per la battaglia, I costumi per rap presentare sotto questo vecchio e venerabile travestimento e con queste frasi prese a prestito la nuova scena della storia.
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Per una diversa valutazione, più conforme alla prospettiva polemica del primo movimento moderno, si guardi, ad esempio, N. PEVSNER, Storia dell'architettura europea, 1945, ed. it. Bari 1959. 16 Si veda, ad esempio, A. CHASTEL, L'architecture moralisée, in V. Branca (a cura di), Sensibilità e razionalità nel Settecento, Firenze 1967, voi. Il, pp. 609-615; e in particolare la descrizione ivi riportata della voce « Architecture » dell'Encyclopédie di Diderot e D'Alembert: sa rebbe conoscere assai poco 111 natura dell'uomo, se non si sentisse quanto I monumenti architettonici hanno contribuito efficacemente a mobili· tare I sentimenti. E ancora: la perfeilone nell'arte di costruire cl darà l'idea del modo di pensare di un popolo.- Se l'architettura influenza i costumi... miserabili edifici concepiti ed eseguiti senza ord'ine e sovrac carichi di ornamenti ridicoli, stravaganti o mostruosi, non possono che produrre un cattivo effetto sulla maniera di pensare di un popolo. Mentre, a proposito degli ideali politici e morali che animarono l'architettura e la sensibilità della generazione illuminista, si veda anche M. PRAZ, Gusto neoclassico, Napoli 1959, e, segnatamente, le pp. 102-108: vi è stato un momento nella storia in cui l'ideale plutarchiano parve reincarnarsi nell'attuale, e li suo spirito rivivere negli uomini pensanti ed agenti: e fu li momento c!,ella Rivoluzione Francese, dominato, se epoca storica mal lo fu, dalla concezione • moralizzata » del mondo an• tlco quale si trovava in Plutarco... E nello spirito di Plutarco gli uomini della Rlvoluzlone interpretarono la storia, l'arte, U carattere degli anti chi. L'ordine dorico raggiava di spirito rivoluzionarlo agli occhi di Claude Nlcolas Ledoux e di Frledrlch Gllly: parevano sentire le forme geometriche come animate da una volontà energica, come Intrise di ca rattere umano. In Plutarco, nel • dorlsmo » trovarono una lezione di virilità, di fermezza, di spirito eroico. Allorché Dav'ld dipingeva li suo « Marat assassinato•, che altro faceva se non tradurre tn pittura lo spirito di Plutarco? Per valutare appieno l'intensità e la portata - anche geografica di tale assunzione metaforica di valori da parte delle varie correnti del neoclassicismo internazionale, si pensi alla figura di politico ed archi tetto di Thomas Jefferson (Monticello House, Campidoglio di Richmond, Università della Virginia a Charlottesville, ecc.) e alla connessione da lui stabilita tra classicismo e democrazia. L'aspetto eroico del Classicismo - ha scritto M. Tafuri, Progetto e utopia, Bari, 1973, p. 29 - viene quindi accettato da Jefferson come mito europeo da • rendere,. americano ... L'utopia di Jefferson archltet• to si traduce tutta nell'« eroismo domestico,. del suo Classicismo. • I valori,. (leggi: l'Immagine della Ragione ) vanno «Importati,. già elabo rati dall'Europa, in tutta la loro carica celebrativa, ma subito dopo spogliati 41 quanto rischia di Isolarli dalla vita civile: in altre parole della loro e aura ,. lnaccesslblle. 17 K. CLARK, op. cit., p. 214. 11 Al pari del neoclassicismo, è impossibile separare l'insorgere e il diffondersi delle reviviscenze medievaliste da quegli aspetti di deri vazione letteraria, estetica, artistica, filosofica e sociale che ne costi tuirono l'autentico humus culturale. K. CLARK (cit., p. 214), ha osservato come nessun altro revival storico trasse la propria forza da fonti tanto varie e a volte contrastanti come il cosiddetto neogotico. Prodromi del e gusto medievalista ,. serpeggiano in maniera varia mente significativa1 come è noto durante tutta la metà del XVIII secolo, svolgendosi quindi parallelamen'.te al ciclo dell'espressività neoclassica, di cui peraltro condividono quelle « radici romantiche,. che contrass e gnano l'intero fenomeno del revivalismo moderno. Intorno alla metà del secolo, dunque, l'immaginario della e reverie,. romantica contri-
buisce ad alimentare quel gusto della remoteness e del « sublime,. che trova forse la sua più popolare esemplificazione nel mondo poetico e letterario legato al culto del « ruinismo,. e della « natura melanco nica •• del giardino paesistico e del romanzo nero, dell'oscuro e del l'esotico. Il Collins (cit., p. 37) ha cosl potuto rilevare come, in questo periodo, i termini « cinese ,. e « gotico ,. divennero intercambiabili, per ché erano sinonimi di strano, stranlero, bizzarro... Alla nobiltà di quel tempo interessava che i disegni delle decorazioni sembrassero romanti camente remoti e non aveva importanza che il remoto fosse espresso cronologicamente o geograficamente... Fino al 1750 niente era più re moto del Medioevo, anche per un inglese colto, perché esso era consi derato un millennio culturalmente deserto tra la fine della civiltà ro mana e la sua reviviscenza rinascimentale. Espressione, dunque, di quei « pleasures of melancholy • che nella drammatizzazione medievalista trovava prezioso alimento alla sua fer tile fantasia, il goticismo frivolo e stravagante del XVIII secolo si tra dusse nelle licenze dei giardini, nelle architetture delle « follies •. nelle scenografiche abitazioni in forma di manieri diroccati o di conventi in rovina. Un minuzioso elenco dell'espressività fantastica del secolo è contenuto in L. PATETTA, L'architettura dell'eclettismo. Fonti, teorie, modelli 1750-1900, Milano 1975. t': verso la seconda metà del secolo successivo che i vari filoni concorrenti all'imagerie goticizzante prendono a configurarsi in un vero e proprio movimento: meno « moda antiquaria,. - come ha scritto Henry-Russell Hitchcock (cfr. la voce « neogotico ,. nella Enciclopedia Universale dell'Arte) - e più « passo verso il futuro"· Catalizzatore del passaggio verso questa seconda fase è l'evolversi della cultura romantica verso quegli aspetti del pensiero e del costume maggiormente legati al risveglio dei caratteri nazionali, sociali, religiosi. I suoi più eminenti ani matori, infatti - la generazione dei Pugin, Ruskin, Morris, ecc. tanto per rimanere sul versante anglosassone - si volsero dalla riforma del l'arte alla riforma della società, dalla celebrazione di morte forme deco rative alla celebrazione di immortali principi dell'ordine soclale. (K. CLARK, cit., p. 214). 19 R. ASSUNTO, cit., p. 36. 20 H.-R. HITCHax:K, cit., p. 890. 21 L. BENEVOLO, cit., p. 95. 22 L'espressione di R. MIDDLETON • D. WATKIN è in Architettura dell'ot tocento, voi. II, Milano 1977, capitolo ottavo. 23 Così, ad esempio, H. SEDLMAYR, cit., rileva come Il totalitarismo della « nuova architettura ,. sorge prima del 1900, nel momento ·in cui i nuovi materiali da costruzione - cemento e cemento armato - si fon dono con le nude forme comparse per la prlina volta all'epoca della rl· voluzione francese (p. 99). Alla smania di livellamento proposta, infatti, dalla generazione dei Boullée e dei Ledoux - l'equiparazione, vale a dire, di tutti i temi architettonici al diritto di essere rappresentati - corri sponderebbe un'analoga « smania• della « nuova architettura •, solo mu tata di segno. Se, dunque, Ledoux propone l'innalzamento di tutti i temi al massimo grado di rappresentatività esemplificato dal monumento, l'eguaglianza perseguita dalla « seconda rivoluzione• è effettuata al li vello più basso, quello vale a dire connesso con lo scopo materiale ••• al di sotto della sfera dell'uomo, ovvero nel mondo della macchina. Allo stesso autore (cfr. H. SEDLMAYR, Die Kugel als Gebiiude, oder das Bodenlose, 1939, anche in op. cit., pp. 128-32) dobbiamo una serie di convincenti annotazioni circa la « geometrizzazione ,. architettonica inau gurata da Ledoux e la fissione elementarista di certe correnti dell'archi tettura razionale. Sedlmayr enuncia questi e caratteri • comuni, indi-
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viduandone la genesi nella predilezione dell'architetto francese per la e sfera• e la sua applicazione letterale alla trattazione del tema archi tettonico: tendenza a svincolarsi dal terreno; possibilità di scambiare il e sopra• col e sotto• (tendenza questa che porta con sé la predilezione per Il tetto piatto, la preferenza per le pareti lisce, omogenee, senza fratture, senza elementi plastici, senza profilature); trasformazione delle pareti In superfici astratte delimitanti, da cui detivn poi l'ldcale di un Involucro fatto esclusivamente di vetro; un nuovo sistema di coordinare le singole forme fondamentali, le quali vengono messe insieme senza legarle o sovrapponendole come scatole; l'Isolamento dell'edificio dal l'ambiente esterno quasi cristallino._ l'Isolamento considerato come va lore. 24 Si veda ad esempio, il paragrafo dedicato a Ingegneria e classi cismo in L. BENEVOLO, cit., pp. 59-70: Lo spirito illuministico, applicandosi al repertorio della tradizione rinascimentale, riconosce in quelle forme due motivi di validità: la corrispondenza al modelll dell'architettura antica, greca e romana, e la razionalità delle forme stesse, In quanto gli elementi architettonici tradizionali possono essere asslmilat1 a ele• menti costruttivi: le colonne a sostegni verticali, le trabeazioni a trava ture orizzontali, le cornici agli sporti dei tetti. Così, per Benevolo, sarebbero chiaramente distinguibili un « neo classicismo ideologico• che attribuisce alla rinascenza dell'antichità un valore univoco di ricorso a supposte leggi eterne della bellezza) cd un « neoclassicismo empirico"• corrispondente alle ragioni di quanti (e in primo luogo il Durand) attribuivano alla nuova corrente estetica il valore di una semplice concezione... che consente di dare per scontati e di accantonare l problemi formali, per sviluppare In modo analitico, come la cultura tecnica dell'epoca richiede, i problemi pratici distributivi e costruttivi. :t:: in tal senso, dunque, che Benevolo avanza l'i potesi di uno storicismo non regressivo, trait-d'union tra linguaggio tradizionale e nuove strutture sociali, che ha consentito di adattare il linguaggio tradi zionale... alle nuove esigenze e di maturare, nel frattempo, le nuove esperienze che condurranno al movimento moderno. 25 G. Scorr nel suo Arcl1itecture of Humanism (1914) lo classifica: come fastidioso « pregiudizio meccanicistico"· Per una più aggiornata lettura in chiave storiografica dei « pregiudizi ,. modernistici di Pugin, si guardi anche il capitolo dedicatogli da D. WATKIN nel suo Morality and Ar chitecture (1977). 26 L'espressione è di HENRY-RUSSELL HITCHCOCK, Modem Architecture: Romanticism and Reintegration, New York 1929. TI Si veda, ad esempio, AA.VV., Gli Anni Trenta, Milano 1982 e AA.VV., Les Réalismes, Paris 1980. Anche, per la situazione milanese, F. IRACE, Milano 900, in e The Architectural Review », voi. CLXIII, n. 1035, maggio 1983. 28 P. PORTOGHESI, Dal neorealismo al neoliberty, in e Comunità,. n. 65, 1958. Sui vari contenuti di questo ritorno al passato, si guardi anche, dello stesso autore, il saggio L'impegno delle nuove generazioni in AA.VV., Aspetti dell'arte contemporanea, Roma 1963, p. 262: per l tori nesi, di estrazione prevalentemente cattolica, voleva dire tornare ad In· teressarsl dei superstiti valori della borghesia, riconoscere la responsa bilità di questa classe nel confronti della trasformazione delle strutture, ripropors'i una tematica di adeguamento della nuova composita compa gine sociale al modi di un dignitoso autocontrollo della borghesia euro pea più progressista. Gli esperimenti della Scuola di Amsterdam con la sua mediazione dialettica tra tradiilone locale e ricerca di avanguardia, furono probabilmente, più assai dell'Art Nouveau, 11 catalizzatore di queste ricerche. Per 1 milanesi, prevalentemente di formazione marxista,
il neofiberty fu un gesto di protesta, una volontà di rispecchiamento di una situazione giudicata già negativamente, una sorta di Ironico ritratto della borghesia Italiana ... La critica adomlana all'arte di avanguardia fornì di argomenti lucidi ed Inquietanti la polemica teorica del neoliberty. 29 M. L. SCALVINI, op. cit. 30 C. JENCKS, Verso un eclettismo radicale, cit. 31 C. JENCKS, Classicismo Post-Moderno, cit. 32 R. POGGIOJ.I, Te'oria dell'arte d'avanguardia, Bologna 1962, p. 98. 33 Ibidem, p. 98. 34 Citato in C. RowE, Collage City, Milano 1981, p. 57. 35 Ibidem, p. 190: per ricalcare l'Intuizione fondamentale di Casslrer, per quanto possiamo aspirare alla logica cl Imbattiamo sempre nel lin guaggio che, In quanto primo strumento del pensiero, condiziona inevi tabilmente tutti i programmi elementari di un procedimento rigorosa mente logico. E stato il limite splendido e tragico della tradlzlone rivo luzionaria quello di aver sottovalutato ... questo paradosso ... qualunque fosse l'astrattezza del progetto razionale, il materiale totemico si è sem· plicemente rifiutato di farsi espellere. J6 Cosi, ad esempio, J. Stirling, rifiutando come no longer acceptable l'ipotesi progettuale di uno « straight classicism •• può dichiarare: today we can look back and agaln regard the whole of architectural hlstory as our background including, most certainly, the Modem Movement•High Tech and ali, J. SnRLING, T/ze monumentally lnfonnal. in N,•ue Staat, gaierie Slllttgart, Stuttgart 1984.
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Per essere più precisi, si possono individuare in questo processo due fasi distinte. La prima si svolge negli anni delle avanguardie storiche. Come è stato osservato 2, in quegli anni le tendenze della pittura e della scultura, rinnegato l'antico «codice multiplo», si specializzano, per così dire, ciascuna in una ricerca specifica; è anche in questo senso che si distingue un'avanguardia rappresentativa o espressiva da un'altra astratta o conformativa, o ancora, come ha scritto Italo Calvino, una corrente «razionale» dell'avan guardia da una «viscerale 3, etc.; nell'ambito di questi mo vimenti specializzati, se ne è caratterizzato fortemente uno che, teso alla ricerca di un inserimento costruttivo nella realtà, cercava uno stretto rapporto con l'architettura ed il design dando vita a quella che è stata definita «arte utile» 4• Sono anni in cui sembra che si possa cambiare il mondo anche o solo attraverso l'arte; l'architettura ed il design vivono la loro stagione d'oro: niente di più normale che costituiscano il punto di riferimento per un'arte alla ricerca di una nuova utilità. È proprio all'insegna di questa nuova funzione che si realizza una sorta di saldatura tra l'arte « utile ,. e le· arti costruttive. Poi lentamente questa tendenza comincia ad invertirsi, fino ad essere praticamente ribaltata negli anni a noi più vicini quando sembra che l'architettura ed il design si ripropongano a loro volta come arti pure e, rinunciando alle loro proprietà funzionali, al loro ca rattere costruttivo, accettino e addirittura teorizzino la nuo va condizione di «inutilità» cui sono costrette. Ma, prima di giungere a queste conclusioni, per rendere più significativa l'individuazione di questo fenomeno, è op portuno soffermarsi su alcuni dei momenti che ne hanno segnato lo sviluppo. La prima fase di questo processo, quella in cui si parla di « arte utile», è il periodo delle cosiddette avanguardie « costruttiviste»: De Stijl in Olanda, gli artisti della Bau haus in Germania, i Costruttivisti in Russia. La loro opera, seppure con forme, significati, intenzioni diverse è legata da un filo comune: per dirla con le parole di Benjamir, il suo fondamento si sposta dal «rituale» al «politico,. 5•
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rlstiche ed i compiti tipici di un moto politicamente rivolu zionarlo. In tal modo le avanguardie europee coprivano ideo logicamente il loro ambiguo rapporto con la realtà politica e sociale 8• Ma, a parte le considerazioni ideologiche, l'arte utile pos siede delle connotazioni che ne consentono una più appro fondita definizione. De Fusco, nel teorizzare la sua «linea del l'arte utile», individua quattro punti invarianti: il primo è quello per cui, rinunciando ai tradizionali referenti, essa si fa (...) mimesi formale-concettuale della realtà industriale ( ...) una seconda invariante ( ...) è l'assunto della morte dell'arte, il vecchio tema che ricorre in molte tendenze dell'avanguar dia ( ...) una terza era quella della sintesi delle arti (...) un quarto punto è la presenza di un progetto, non inteso come studio preparatorio, tradizionalmente inteso, di quadri e scul ture, ma come programma definito in ogni dettaglio al pari di quelli dell'architettura e del design 9• Pur senza soffermarsi a fondo sulle caratteristiche del l'arte «utile » si può aggiungere qualche considerazione. In nanzitutto più che parlare di mimesi formale-concettuale della realtà industriale, di qualcosa di simile a quell'arte «implicata» di cui parla Francaste! 10, che resta ancora nel dominio della rappresentazione delle forme dell'industria, in quell'estetica della macchina che tanta fortuna ebbe nei pri mi anni del Novecento e poi con Le Corbusier, bisogna sotto lineare che l'arte utile cerca invece di spostare il rapporto con l'industria su di un piano «produttivo »; il suo legame formale con il mondo della produzione industriale, anche nei prodotti che non cercheranno un aggancio pratico con quella, è semmai da ritrovare nei materiali e nell'uso che se ne fa, e soprattutto nei nuovi concetti di ritmo e di equilibrio dinamico che, negli scritti e nelle opere degli artisti «utili,,, si sostituiscono a quelli di simmetria e di equilibrio statico. I due assunti della morte dell'arte e della sintesi delle arti erano strettamente collegati; l'Auflosung hegeliana veniva ripresa soprattutto dai Costruttivisti e dai Neoplastici per preconizzare non si sa bene se l'avvento di un'arte nuova o semplicemente la dissoluzione dell'arte emergente in un'arti-
etiche, sociali, politiche, non riusciva a rendere solido il suo legame con le strutture del reale, non riusciva ad imporre e nemmeno a suggerire modificazioni dell'esistenza e finiva solo con il codificare un ristretto repertorio di forme, strut ture e funzioni sempre più astratte e rigide. Identificando semplicisticamente architettura e urbanistica si erano in definitiva trascurate molte caratteristiche della prima di ;\ plina e non si era valutata tutta la complessità dell'al a. Da una parte quindi il significato dell'architettura era stato sottoposto ad una drastica quanto ingiustificata riduzione, dall'altra, come ha scritto Zevi, nei progetti per la costruzione e la ricostruzione delle città gli architetti razionalisti avevano seguito quello che ormai si può chiamare l'assurdo logico. Nelle loro miracolistiche teorie un uomo diventava un'unità statistica; un gruppo di uomini, un numero; li problema da risolvere una questione di natura matematica e quantitativa 14• Da questo punto in poi, fino ad anni recenti, è storia fin troppo nota: sarà tutto un affannarsi alla ricerca di strade che, senza costringere a rinnegare il passato, consentano di operare delle trasformazioni nella «continuità», di trovare nuovi sbocchi, o recuperando lo specifico di una disciplina che sembra aver smarrito l'identità o, al contrario, allar gandone a dismisura i confini. Il successo e lo sviluppo del l'architettura organica, l'esperienza del neorealismo in Italia, la ricerca degli architetti tecnologi-scienziati, la fiducia nel le sorti dell'architettura-urbanistica, le « tentazioni mega strutturali », sono solo alcune delle tappe di un lungo per corso che sembra segnato soprattutto da speranze cadute. �Se comunque la storia dell'architettura, almeno fino agli anni '70, sembra andare alla ricerca di una «continuità,. con le esperienze d'anteguerra, lo stesso non può dirsi per le arti figurative: qui infatti, nel dopoguerra, la rottura con le esperienze costruttiviste è stata molto più brutale e gra vida di conseguenze. È il momento della svolta. Il problema fondamentale era ancora una volta il legame con l'industria, la produzione, la tecnologia; questo legame che l'arte «utile » aveva cercato con tenacia, si era trasfor mato in una compromissione. L'avanzamento tecnologico, lo 31
sviluppo industriale, non avevano portato un miglioramento della vita. Al contrario, come ha scritto Argan: Nessuna delle grandi promesse della tecnica Industriale è stata mantenuta: non la promessa del libero e pacifico scambio di mezzi e prodotti, non la promessa di una società senza classi, non la promessa della Ubertà politica ed economica, non la pro messa del benessere universale. Non soprattutto la pro messa di una società razionale perfettamente • Integrata» (...) Invece di un mondo di una razionalità lucida e spec• chiante, funzionale, abbiamo davanti a noi un mondo torbido e convulso, In cui l'Irrazionalità si manifesta con una brutalità repellente che non ha precedenti nel secoli della più sangui• naria barbarie :[Non sarà certo il timore di ritrovarsi in r arr':n-ea- d1 « mutilità» che convincerà l'arte a piegarsi alle ferree leggi della produzione, a sottostare ad un disegno che sembra inquadrare l'umanità sotto l'etichetta di • massa dei consumatori». L'Informale è piena espressione delle nuove esigenze: l'artista, più che agire, reagisce contro un mondo dominato dalla tecnologia e dal profitto; rinnega fino in fondo la sua qualifica di • tecnico riproduttore di imma• gini». Con un gesto istintivo, ma non automatico, rivendica la sua autonomia, la possibilità di agire senza una finalità predeterminata - non a caso Argan parla dell'Informale come di un' • arte senza progetto». Il gesto informale è un gesto tecnico, non ideologico, ma questa tecnica è quanto di più lontano si possa immaginare da quella della produzione industriale. L'individuo-artista ha ricreato uno spazio, forse artificiale ma certamente praticabile, in cui poter agire. Tutti i postulati dell'arte «utile» sono rinnegati. � evi• dente - scrive Argan - che l'arte tipicamente antlprogetti• sta che va sotto il nome di Informale si pone come una se cessione, nega ogni possibilità di relazione con le tecniche industriali, rivendica il diritto all'espressione Individuale, quale che sia, contro il collettivismo del design (...) vuole dimostrare che la condizione storica attuale, in grandissima parte determinata dalla funzione economica o produttiva, minacela di distruggere totalmente 1 valori qualitativi o indi· 32 vlduall, soffocandoli nel valori quantitativi o di ma ssa 16•
L'epoca dei progetti per l'arte è finita. Anche quelle tendenze più recenti che lo stesso Argan ha ribattezzato « neocostrut tive », e che apparentemente sembrerebbero riproporre il programma di un'arte utile, lo faranno con un atteggiamento del tutto diverso. Il legame con la produzione, che esse risco prono, viene trasformato, riportato ad una dimensione tutta teorica: si rivolge sì l'attenzione al « progetto », ma non più nell'ottica di eseguirlo, anzi guardandosene bene; solo per investigarlo, per elaborarne una metodologia, destinata però a restare fine a se stessa. Come ha scritto ancora Argan: L'area della loro attività è (...) la stessa del disegno industriale, ma con un'intenzionalità critica rivolta a riscattarlo dalla condWone avvilente in cui è caduto assoggettandosi passiva mente ad una direzione non tecnica e ponendosi al servizio delle esigenze di mercato. Non è la rivoluzione ma la seces sione dei tecnici, che nell'operazione disinteressata e anali tica di se stessa cercano quel rigore metodologico da ?Il vengono distolti o dissuasi allorché debbono concretamente servirsi dell'apparato tecni�industriale 17• Il legame tra arti figurative e costruttive sembra dunque spezzato. Ma non lo sarà per molto. Già a partire dagli ann7l '60 la caduta delle speranze che aveva portato alla reazione informale si fa sentire anche in campo costruttivo. Gli architetti, gli urbanisti, i designers si accorgeranno che il linguaggio razionalista finisce con il servire oggettivamente -�-,la. logica speculativa, prestandosi agevolmente alla conforma zioneèlei-quar.��-d�rmitorio; che l'urbanistica si fa con le leggi e non solo con' I piant;--che-lcrrormulcrqualifà;;quan--- e tità-economicità non coincide con gli interessi produttivi; diventerà chiaro che anche la posizione delle arti costruttive si avvia a diventare sempre più sovrastrutturale, che il tenta tivo di partecipare al controllo dei meccanismi decisionali, economici e produttivi della realtà è destinato ad essere fru strato, che bisogna accettare una nuova, sempre più diffusa ed incalzante, condizione di « inutilità ». � significativo che, in queste condizioni, si rinsaldi per un certo periodo il rapporto con le arti figurative: l'archi tettura ed il design cercano nuove strade per riproporsi come 33
«arte d'avanguardia». Come è stato osservato: Al crollo del mito dell'autonomia dell'architettura come disciplina ope rativa e strumento di azione sul reale, si risponde con la ricerca presupposta di un linguaggio autonomo e quindi di un'autonomia culturale (...) Il lavoro artistico è forse l'unico tipo di lavoro a conservare la propria totalità e integrazione in termini interni, essendo appannaggio del solo artista in tutte le sue fasi, da quella della concezione dell'opera a quella della sua realizzazione, e mantenendo come unico fattore d'espropriazione (...) la non controllabilità dell'uso del pro dotto. L'architetto d'avanguardia risolve quindi la propria crisi esistenziale ridiventando artista 18• L'intenzione è assu mere una funzione critica e demistificatoria, non tanto nei confronti della civiltà dei consumi, quanto in quelli della prassi progettuale così come si configura in ambito professionale; rifiuto quindi dell'asservimento della disciplina ad --- obiettivi che le sono estranei, rifiuto di un'architettura condizionata da un codice linguistico che ha perso ogni capacità semantica e comunicativa. È in questo senso e con queste intenzioni che si fa uso di un'architettura esclusivamente «disegnata». L'architetto d'avanguardia da progettista di oggetti diviene creatore di immagini, accentuando quella prassi di autofinallzzazione del progetto stesso (...) e pas sando da un piano di significanza strumentale e tecnica del l'immagine visiva di un dato oggetto ad uno di autosignificatività dello stesso dato visuale, o più ancora ad uno di; significanza dell'immagine in rapporto ad un dato concetto o-a·-sequenze di asserzioni-teoriche 19• L'architettura «radicale» resta comunque un fenomeno isolato, mentre la crisi della disciplina raggiunge le punte più alte, tanto per motivi di ordine strutturale, quanto per altri di ordine teorico; in reazione a questa situazione si tentano ipotesi di «rifondazione» dell'architettura a partire dallo specifico disciplinare, dalla sua «autonomia», dai pro blemi della « forma»; quando poi sopraggiunge la « caduta del progetto moderno» si cerca un rientro nel confortevole grembo della storia. Non è possibile soffermarsi sugli esiti 34 di questi tentativi - né si possono disconoscere risultati
anche molto significativi di questo o di quello - ma non c'è dubbio che l'insieme delle esperienze degli ultimi anni conferma l'enorme difficoltà delle attuali ricerche architet toniche a stabilire un rapporto costruttivo, positivo con la realtà, e non solo con quella generale, ma anche con quella specifica della disciplina, la «produzione » edilizia. Tutto ciò risalta ancor più se confrontato con il gran parlare, scri vere, dibattere che si è fatto di architettura negli ultimi anni. Ci si può d'altronde meravigliare se oggi si afferma che è più importante parlare e scrivere di architettura o «disegnarla» che non costruirla e utilizzarla? Mendini, teo rico dell' «inutilità», scrive con provocatoria ironia: L'utile è morale, l'inutile è amorale. E. utile progettare le cose che la società considera corrispondenti ai bisogni dell'utenza. :1:. inutile far scorrere libera la matita senza pensieri per la testa (... ) E. utile cercare che la forma corrisponda alla funzione (...) E. inutile riproporre il caos invece che la regola(...) :1:. utile fare scuole e ospedali( ... ) :I:. inutile inventare una casa con i gesti invece che con il tecnigrafo ( ...) E. utile pensare all'inutilità dell'utile 20• Da altro punto di vista Massimo Sco lari, riferendosi in particolare alla fortuna della rappresenta zione assonometrica, osserva: L'attuale successo del disegno assonometrico si costituisce come il paradosso di una genera zione che non vuole o non può costruire, una rappresenta zione della poetica dello smarrimento, una e sublime inu tilità » senza spettatori. Estremo segnale della paralisi, del l'impossibilità a trasformarsi in cosa al bordi della realtà, l'assonometria si chiude nell'anamorfosi di impossibili de sideri 21• Ma il fenomeno dell'architettura e disegnata» che ha in Italia moltissimi seguaci - tanto che Aymonino può chiedersi se tra l'abbondanza di assonometrie, proposte a pastelli colorati, finzioni disegnate, l'Italia non stia diven tando un paese di «cantanti architettonici» che lavorano ormai senza posa solo per i collezionisti di disegni d'architet tura 22 - è solo un aspetto particolare di una situazione molto più generale. Tafuri ne scrive, riferendosi in particolare a New York: Esattamente nella città che aveva vissuto, negli aruù '20 e '30, un'avventura architettonica collettiva, in presa
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17 G. C. ARGAN, Progetto e destino, cit., p. 43. 18 P. NAVONE, B. ORLANOONI, Architettura radicale, Documenti di Casabella, Milano, 1974, pp. 80-85. 19 lvi, p. 37. 20 A. MENDINI, Inutilità dell'utile, in «Modo", n. 21, 1979. 21 M. SCOLARI, Considerazioni e aforismi sul disegno, in "Rassegna», n. 9, 1982. 22 Cfr. C. AYM0NINO, Troppa architettura, in « Casabella ", n. 478, 1982. 2J M. TAFURI, La sfera e il labirinto, Einaudi, Torino, 1980, p. 357. 2A R. DE Fusco, Attenti a non stare sopra a tutto, in • Il Messaggero», 18 novembre 1982. 25 R. DE Fusco, Storia dell'arte contemporanea, cit., pp. 402-403.
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ponti e lo studio del linguaggio e delle sue funzioni si è arti colato in una pluralità di piani fino alla celebre classificazione di Jakobson 1; tuttavia la ripartizione di Aristotele si rivela ancora preziosa non appena mettiano a confronto il linguag gio con i sistemi di comunicazione non verbale: ci accorgiamo allora che la funzione dichiarativa, positiva e negativa, costi tuisce lo specifico del primo rispetto ai secondi. Mentre infatti le informazioni sulle reciproche relazioni tra interlocutori, quali dipendenza, sottomissione, superiorità, aggressività etc., possono essere comunicate sia verbalmente, sia - e in modo altrettanto efficace - per mezzo di messaggi non verbali, è invece solo per mezzo del linguaggio che sono possibili asserzioni positive e negative e ciò tanto in presenza quanto in· assenza della cosa asserita.Inoltre, il passo di Aristotele prima citato consente qual che ulteriore considerazione grazie allo stretto collegamento che esso istituisce tra l'affermazione e la negazione, collega mento che risulta significativo anche per le leggi della co municazione. In base a queste leggi, ogni informazione nasce da una differenza, perciò anche l'informazione che una asser zione negativa � in quanto negativa - fornisce, deve scatu rire da una differenza rispetto alla corrispondente asserzione positiva; mentre però in altri casi, come ad esempio la fles sione del verbo, la differenza scaturisce da una sostituzione, nel caso della negazione essa scaturisce dall'aggiunta di un elemento. Se infatti consideriamo insieme le seguenti asser zioni verbali: Questa è una rosa Questa non è una rosa
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ci rendiamo conto che la seconda è identica alla prima, salvo che per il non: da tale elemento aggiunto deriva la differenza tra le due frasi necessaria a produrre il diverso tipo di infor mazione dell'una rispetto all'altra; naturalmente, poiché il linguaggio è a codificazione discreta, la differenza - in questo caso la negazione - sarà costituita da un elemento discreto.
b) nella comunicazione gestuale Nella comunicazione gestuale sono possibili asserzioni po sitive e negative? E in che modo si può asserire mediante gesti che qualcosa è o non è qualcos'altro? Su tale argo mento, il parere dei linguisti è praticamente unanime nel riconoscere solo al linguaggio tale possibilità: valgano per tut te le seguenti considerazioni di Jakobson: Supponete che io voglia spiegare a un indiano monolingue che cosa sono le Chesterfield e che gli additi un pacchetto di sigarette. Che cosa può concluderne l'indiano? Egli non sa se mi riferisco a quel pacchetto in particolare o ad un pacchetto in generale, ad una sigaretta o a molte, ad una certa marca o alle sigarette in generale, e, ancor più in generale, a qualcosa che si fuma, o, in senso universale, a qualsiasi cosa piacevole. Inoltre egli ignora se io gli mostro semplicemente, o se gli dò, o se gli vendo, o se gli proibisco le sigarette 2• Infine, parafrasando alcune considerazioni successive dello stesso Jakobson, sarebbe praticamente impossibile comuni care qualcosa su tutti i pacchetti di Chesterfield o su quelli assenti. Questa ed altre simili argomentazioni rendono evi dente che la comunicazione gestuale non è in grado di pro durre asserzioni positive o negative su oggetti; sarebbe però affrettato dedurne che nessun altro tipo di asserzione possa essere fatto. In realtà la comunicazione gestuale, a differenza del linguaggio, verte specificamente su questioni di relazione tra l'Io e gli altri ed è proprio su tali relazioni che, senza ricorrere al linguaggio, vengono continuamente scambiate asserzioni positive e negative. Conclusioni persuasive al ri guardo provengono dalle ricerche di Bateson; egli prende in esame vari tipi di comportamento che hanno in comune sequenze interattive miste di gioco e minaccia e nota in primo luogo come una rapida analisi del comportamento infantile mostra che combinazioni del tipo gioco istrionico, simulazione, minaccia giocosa, gioco dispettoso in risposta a minaccia, minaccia istrionica e cosi via formano insieme un unico complesso di fenomeni; osserva poi che fenomeni dell'età adulta come il gioco d'azzardo ed altri giochi con 43
di oggetti a livelli diversi di astrazione. Il concetto di rap presentazione ci consentirà di individuare, nelle arti grafiche e nella pittura, le asserzioni positive e quello di differenza le asserzioni negative. I messaggi visivi hanno, per quanto riguarda le asserzioni positive, una completezza e una duttilità non dissimili da quelle del linguaggio; infatti essi riescono a produrre qual siasi tipo di asserzione con la sola eccezione, come si vedrà, di quelle concernenti i nomi propri. Come ogni parola è più astratta rispetto all'oggetto che designa, così ogni raffigura zione grafica di un oggetto, in quanto ne è la rappresenta zione, è di un livello logico superiore e più astratto rispetto all'oggetto rappresentato. Il fatto che, nell'opinione comune, la simmetria del rapporto parola/oggetto da un lato e rap presentazione grafica/oggetto dall'altro non venga general mente riconosciuta, è dovuto al diverso tipo di codifica zione dei sistemi verbale e visivo. In realtà la rappresenta zione grafica di un oggetto costituisce un'asserzione positiva su quell'oggetto, possibile anche in assenza di esso e situata ad un grado di astrazione logica pari, come si è detto, alla corrispondente asserzione verbale. Esemplare, al riguardo, la famosa pipa di Magritte: que st'opera è stata fonte di infinite discussioni e polemiche - come sempre accade quando è in questione la corretta discriminazione tra livelli logici - ed è strettamente legata alla questione dell'asserzione. Mediante il linguaggio è pos sibile asserire: « Questa è una pipa » anche in assenza del l'oggetto pipa; parimenti un messaggio visivo può fare la stessa asserzione mediante· una rappresentazione grafica di una pipa, anche, com'è ovvio, in assenza dell'oggetto: sia la frase che l'immagine sono, rispetto all'oggetto, dello stesso livello di astrazione. Magritte disegna una pipa: questa è una asserzione positiva non verbale, mediante rappresenta zione, sull'oggetto pipa e dunque, rispetto a questo, di un diverso livello logico; poi vi aggiunge la frase: « Questa non è una pipa » che è un'asserzione negativa verbale che riguarda non l'oggetto, ma la rappresentazione dell'oggetto. Questa frase evidentemente è vera, se attribuita alla rappresenta- · 45
rapporto di complementarità scaturisce la possibilità della negazione. Nel linguaggio la negazione nasce da una diffe renza e questa è espressa da un elemento discreto, il 'non'; nei messaggi visivi, che sono sistemi a codificazione analo gica, non può esservi un elemento discreto per la nega zione, ma questa deve pur sempre scaturire da una diffe renza: a ciò provvede la ripartizione binaria in esterno/in terno che è per l'appunto una differenza e consente perciò una negazione. Quando infatti si attribuisce un predicato a un soggetto, si afferma implicitamente che non è il contrario, perciò il tipo di informazione che la linea di contorno for nisce può essere volto al negativo: « Ciò che si trova al mio interno non è lo sfondo, ciò che si trova al mio esterno non è la figura ». Schematizzando A/B = NON B/ NON A; tuttavia mentre nel linguaggio la negazione NON A è possibile anche in assenza di A grazie all'uso di un elemento discreto come negazione, nei messaggi visivi ciò non è possibile; per, tanto le asserzioni negative di questi ultimi non potranno vertere su singoli oggetti, ma solo sui termini di una rela zione complementare, qual è appunto la relazione sfondo/ figu ra e sulla relativa gerarchia logica. Dall'analisi fatta risulta dunque la seguente situazione: COMUNICAZIONE NON VERBALE ➔ ASSERZIONI (UMANA E ANIMALE)
POSITIVE E NEGA-
TIVE, MEDIANTE RAPPRESENTA ZIONE, SULLA RELAZIONE IO-TU
PITTURA ED ARTI GRAFICHE
➔ ASSERZIONI POSITIVE, MEDIANTE RAPPRESENTAZIONE, SU OGGETTI. ASSERZIONI POSITIVE E NEGATIVE SU LIVELLI LOGICI DIVERSI E CLASSI DI OGGETTI
LINGUAGGIO
➔ TUTTI I TIPI DI ASSERZIONI POSITIVE E NEGATIVE
I titoli
Accanto agli elementi già presi in esame quali lo sfondo,
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di qui la problematicità della comunicazione. In un altro gruppo di opere, (One and three èhairs, One and three tables, One and three saws), Kosuth crea la situazione opposta: un oggetto, la sua rappresentazione fotografica e la sua defini zione verbale sono collocati l'uno accanto all'altro: ciò che lega i tre elementi fra loro è la contiguità spaziale, per il resto i diversi livelli logici hanno come supporto tre elementi totalmente eterogenei a differenza di quanto avviene nei si stemi classici di comunicazione visiva. Questo fatto genera una curiosa conseguenza: è impossibile riprodurre opere del genere senza che il dislivello logico vada perduto. Infatti nelle riproduzioni, non vediamo l'oggetto e la sua fotografia, come pure per una sorta di illusione siamo indotti a credere, ma due fotografie dell'oggetto; il livello della realtà, pre sente nell'originale, diventa, nella riproduzione, il livello più astratto della rappresentazione. Questo slittamento di livello non si verifica invece con gli elementi tradizionali, sfondo, figura e linea di contorno che conservano inalterati anche nella riproduzione i rapporti originari. Ancor più pertinente al nostro discorso è l'opera di Giulio Paolini, opera che, nel suo complesso, è un'indagine su tutti gli elementi che concorrono alla formazione di un messaggio pittorico a partire dalle sue componenti materiali: la tela, il telaio, la cornice, la squadratura del foglio e - via via lo spazio espositivo, la figura stessa dell'artista fino ad inclu dere in questa ricognizione tutta la storia dell'arte con una presenza, come ama dire lo stesso Paolini, non aggiuntiva, ma rivelatrice. Uno degli elementi presi in considerazione è naturalmente il titolo del quadro. Il caso più celebre è l'opera che ha come titolo « Giovane che guarda Lorenzo Lotto»; essa consiste in una riproduzione fotografica del « Ritratto di Giovane Gentiluomo » di Lorenzo Lotto. Il nuovo titolo fa sì che l'osservatore, non appena l'abbia letto, sia costretto a regredire dal livello della rappresentazione al li vello della realtà: è il giovane in carne ed ossa quello che guardava il Lotto mentre dipingeva. Ma, d'altro lato, quello che ci sta davanti non è il quadro originario bensì la sua rappresentazione fotografica, e di ciò siamo costretti a prendere