Op. cit., 79, settembre 1990

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op.cit. rivista quadrimestrale di selezione della critica d'arte contemporanea Direttore: Renato De Fusco Redattori: Roberta Amirante, Livio Sacchi, Sergio Villari Segretaria di redazione: Roberta Amirante Redazione: 80123 Napoli, Via Vincenzo Padula, 2 - Tel. 7690783 Amministra1.ione: 80122 Napoli, Via Francesco Giordani, 32 - Tel. 7612002

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Edizioni e Il centro • di Arturo Carola


L. SACCHI,

Il principe e l'architettura

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R. DE Fusco, Design: una teoria ermeneutica del progetto

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A. SANDONĂ€

111 margine alla Biennale: sulla permanenza dell'oggetto

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Libri, riviste e mostre

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Pippo Ciorra, Giovanni Corbellini, Gabriella D'Amato, Gianni Laroni, Fabio Man­ gone, Marina Montuori, Maria Luisa Scalvini. Alla redazione di questo numero hanno collaborato:


La rivista si avvale del contributo economico dei seguenti Istituti ed Aziende: Alessi Alias Banco di Napoli Boffa arredamenti Bulthaup Camera di Commercio di Napoli Cassina Driade IC soft Promemoria Sabattini Studio Morra Zen Italiana














stile, se si vuole. Su questo punto, a prescindere dagli speci­ fici orientamenti delle posizioni da lui difese, non possiamo che simpatizzare per lui. Si potrebbe obiettare che la pretesa di pronunciarsi sulle scelte stilistiche è di frequente riscon­ trabile nei dittatori; ma non è questo; evidentemente, il nostro caso.

1 HRH The Prince of Wales, A Vision of Britain, A Personal View o/ Arc/1itect11re, Doubleday, London 1989, p. 54. 2 Ivi, p. 59. J Ivi, p. 80. • CH. JENCKS, Ethics and Prince Charles, in Prince Charles and the Architectura/ Debate, Academy, London 1989, p. 28. s R. ROGERS, Pulling down the Prince, in Prince Charles and the Architec/11ral Debate, cit., p. 66. 6 R. ROGERS, The Prince and the Architect, premessa a M. HUTCHIN· SON, The Prince of Wales: Right or Wrong? An architect replies, Faber and Faber, London 1989, p. IX. 7 T. FISHER, The Princely Vision, in • Progressive Architecture •• dicembre 1989. a V. GREGOTrI, Caro Principe, parliamone un po', in • la Repubbli­ ca • Mercurio», 11 novembre 1989. 9 L. KRIER, God save the King, in CH. JENCKS, The Prince, the Ar• chitects and new wave monarchy, Academy, London 1988, p. SO. 10 L. KRIER, in Peter Eisemnan versus Leo11 Krier, 'My ideology is better than yours', in Reco11struction/Deconstructio11, • Architectural Design"• Academy, London 1989, p. 7. 11 Cfr. P. EISENMAN, in Peter Eisenman versus Leon Krier, cit., p. 17. 12 L. KRIER, in Peter Eisenman versus Leon Krier, cit., p. 7. u V. GREGOm, La società opaca, in • Casabella •, n. 561, ottobre 1990. u G. VAmMo, La società trasparente, Garzanti, Milano 1989, p. 98.

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gli spazi degli ex granai della Repubblica in un cantiere caotico ed allo stesso tempo teatro vivace di continue per­ formances, i resti delle installazioni sembravano muti simulacri testimoni del passaggio di un vento capriccioso. Eppure mi stavo chiedendo da cosa fosse motivato il disagio, quasi un senso di disperazione negata, nascosta, che stavo provando. Era forse l'accumulo di « cose » disseminate, rotte che pur qualche minuto prima mi aveva incuriosito e talvolta fatto sorridere? Davanti ad un panino e ad una birra leggevo in catalogo che l'azione FJ.uxus non è soltanto un'afferma­ zione interdisciplinare dell'arte come avviene nell'happening, ma il tentativo di svelare una qualità che già l'evento · e l'oggetto hanno in sé: la qualità del quotidiano. Perché il quotidiano non è il livello basso dell'arte. Perciò Fluxus si­ gnifica il salutare passaggio dalla poesia alla prosa, da una condizione aulica dell'arte ad uno stato che funziona da messa a fuoco sulla realtà 1• Come è noto Fluxus fu essenzialmente un atteggiamento creativo che fece da catalizzatore per un gruppo eterogeneo di artisti provenienti da vari continenti, senza una codificazione delle tematiche e delle scelte operative. L'estrema libertà programmatica portò alla labilità dei confini fra le varie discipline artistiche per cui l'atteggia­ mento dominante si incentrò sul fare qualcosa assieme. In­ terdisciplinari per eccellenza, insofferenti per l'ufficialità, pri­ vilegiando l'evento possibilmente collettivo ed incitando spes, so la partecipazione del pubblico, continuarono un. percorso che era già stato indicato da alcune avanguardie storiche. Furono, e sono tuttora, gli artisti che ebbero nei confronti dell'apparato artistico e dei suoi canali di diffusione, il massimo grado di coerente infedeltà, sia nell'appartenere anche ad altre tendenze, sia per l'appropriazione cleptomanica di tutte le discipline artistiche, in una specie di pastiche tota­ lizzante fra linguaggio, musica, pittura, scultura, happening, recupero oggettuale, video. Fu il territorio della contamina­ zione, in cui tutto poteva avvenire, anche un assassinio. Quello dell'arte,. appunto. E la Vita era Arte. Per cui l'uso aggressivo che Fluxt.1s attuò nei confronti dei materiali .im­ piegati che si manifestava nella loro distruzione o nell'acco-

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contesto eterogeneo ma significante all'interno della stessa raffigurazione.

p.

1 A. B0N1ro OLIVA, Ubi Flwcus ibi motus, Mazzotta, Milano 1990,

21.

2 H. RosENBERG, L'arte oggetto e l'estetica del caduco, in L'oggetto ansioso, Bompiani, Milano 1967, p. 96. J R. LAURENT, Objets manipulés, avez-vous donc une ame?, in e Art

Press •, n. 148, giugno 1990, p. 45. � J. B.1uoR11J.ARO, La sparizione dell'arte, G. Politi ed., Milano 1988, p. 41. s A. MoLES, Il Kitsch. L'arte della felicità, Officina, Roma 1979, p. 41.

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