Op. cit., 93, maggio 1995

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Op.cit. rivista quadrimestrale di selezione della critica d'arte contemporanea Direttore: Renato De Fusco Redattori: Roberta Amirante, Alessandro Castagnaro, Marina Montuori, Livio Sacchi, Sergio Villari Segretaria di redazione: Saia Graus Ventrella Redazione: 80123 Napoli, Via Vincenzo Padula, 2 - Te!. 7690783 Amministrazione: 80122 Napoli, Via Francesco Giordani, 32 - Tel. 7612002 Un fascicolo separato L. 6.000 (compresa IVA) • Estero L. 8.000

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Edizioni e Il centro • di Arturo Carola


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L. SACCHI

Trattaristica della trasgressione¡

F. BERNABEI

LA trama della storia

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E.

Accademia di Belle Arti: proposte di riforma

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PETROCEUI

V. BAlt\DEL

U11 concecwale al Palazzo della Ragione

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Libri, riviste e mostre

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Alla redazione di questo numero hanno collaborato: Alessandro Casta­ gnaro, Laura Cherubini, Renato De Fusco.


La rivista si avvale del contributo economico dei seguenti Istituti e Aziende: Alessi Camera di Commercio di Napoli Driade Golden Share Sabattini


Trattatistica della trasgressione LIVIO SACCHI

Gli architetti più avvertiti hanno spesso affiancato al la­ voro progettuale l'esercizio di un'intensa attività critica. I lo­ ro scritti costituiscono il coté teorico del loro impegno, ma anche, in particolare, l'accesso più diretto e immediato alla comprensione delle scelte compositive, il veicolo più efficace per la diffusione delle diverse idee di progetto: 'lezioni' d'ar­ chitettura che, per certi aspetti, attingono quei caratteri di generalità difficilmente deducibili con la sola analisi delle opere. In ambito novecentesco, al quale la nozione di trattato è da noi un po' impropriamente estesa, i precedenti più il­ lustri sono testi 'sacri' come Ornamento e delitto o Vers une architecture. Ma pensiamo anche ai più recenti Proget­

tare un edificio, Il territorio dell'architettura, Il linguaggio dell'architettura moderna, Collage City, L'architettura della città, L'architettura come mestiere, Complessità e contraddi­ zione nell'architettura. Scritti che segnano i momenti più significativi della cultura architettonica di questo secolo, che da soli basterebbero, forse, a dare un'idea abbastanza pre­ cisa della sua vicenda storica e che, a ben guardare, oscil­ lano fra due opposte polarità. Da una parte abbiamo quelli classificabili come trattati in maniera relativamente propria, concepiti cioè in vista della formulazione di princìpi-guida generalmente applicabili, in linea con la tradizione storica. Il loro carattere più evidente è la sistematica volontà di ge-

S


neralizzazione, tesa a saldare la contingente esperienza pro• gettuale e costruttiva dell'autore con un più ampio orizzonte di regole compositive e di parametri critici. Dall'altra ab­ biamo invece quelli" classificabili come trattati soltanto in maniera alquanto impropria. Disinteressati ad ogni genera­ lizzazione precettistica, sono testi molto angolati verso un preciso e spesso volutamente forzato punto di vista. Una forma 'trattatistica' due volte impropria, dunque: più pros­ sima al pamphlet, al manifesto, al libretto 'a tesi'. Non è un caso se l'ala più innovativa e sperimentale della scena contemporanea conta non pochi personaggi che a tale se­ condo tipo di attività teorico-critica dedicano con assiduità una parte importante del proprio lavoro. Negli ultimi ven­ t'anni tale ambito registra molti nuovi titoli che, sia pur diversi per accenti e contenuti, presentano tuttavia un ele­ mento invariante: la condivisa, sistematica volontà di sfi­ dare e distruggere ogni forma precostituita di pensiero ar­ chitettonico. In particolare sembra trattarsi di un tentativo, più o meno consapevole ed esplicito, di avocare a sé e a una ristretta area della . progettazione contemporanea, quella frattura epistemologica con il passato che, con qualche sem­ pre più fondato dubbio, viene di solito ascritta agli anni inaugurali• del Movimento Moderno. Ciò rende tali testi dei formidabili e affilatissimi modelli teorici, strumentalmente orientati alla definizione e alla pubblicizzazione di questa o quella specifica idea di architettura. Si è andato così a poco a poco configurando un articolato, forse anche composito e disomogeneo, corpus di scritti che può essere utilmente in­ dagato sotto un nome unificante: la 'trattatistica della tra­ sgressione'. Fra i protagonisti di questa vicenda sono Peter Eisenman, Rem Koolhaas, Bernard Tschumi e Steven Holl. Peter Eisenman è, fra i contemporanei, senza dubbio l'architetto che più di ogni altro ha investito nella specu­ lazione teorica, in termini sia quantitativi che qualitativi. Il suo pensiero va ricostruito attraverso un gran numero di saggi apparsi su alcuni storici numeri di « Perspecta· » e di e Oppositions », ma anche su molte altre riviste americane, 6 europee e giapponesi. Ancor più significativi sono i non po-



dotato di traiettoria parallela alla verità: L'errare è la con• tro-essenza fondamentale della essenza primordiale della ve• rità, L'errare si apre come una regione aperta per ogni op• posta verità essenziale ... L'errare e li nascondere ciò che è nascosto appartengono alla essenza primordiale della veri• tà 2• Fra i mentori delle ultime teorizzazioni di Eisenman vanno annoverati alcuni fra i più significativi e influenti pensatori della fine di questo secolo: Baudrillard, Culler, Deleuze, Derrida, Thom, Foucault, Kipnis. Al centro della sua ultima riflessione critica è lo spostamento dal paradigma meccanico a· quello elettronico: questo propone una difficile sfida all'architettura, In quanto definisce la realtà attraverso I media e la simulazione, privilegia l'apparenza rispetto al• l'esistenza, ciò che si vede rispetto a ciò che è 3• Sulla scorta delle esperienze compiute da artisti come Robert Morris, Michael Heizer e Robert Smithson, viene introdotto il con­ cetto di dis-locazione del soggetto architettonico, con l'obiet­ tivo di permettere al soggetto una visione dello spazio non più associata a una costruzione normalizzante, classicizzan­ te, tradizionale. � la ripresa, in architettura, dell'idea di folding, ripiegatura, proposta da Deleuze: uno spazio che rifiuta sequenze narrative lineari, alla ricerca del « non-vi­ sto », uno spazio ripiegato come quello delineato nella teo­ ria delle catastrofi di René Thom, un'alternativa allo spa­ zio cartesiano. La visione 'rovesciata', lo 'sguardo oltre' pon• gono l'architettura 1n un'altra luce, una luce che non si era mal vista prima. L'architettura continuerà a stare 1n piedi, a sfidare la gravità, ad avere quattro pareti. Ma queste 'quattro mura' non dovranno più necessariamente simboleg• giare ti paradigma meccanico. Potranno avere a che fare con l'eventualità · di questi 'altri' discorsi, di questi 'altri' slgnlficatl emozionali del suono, del tatto e di quella luce che si nasconde tra l'oscurità 4• Rem Koolhaas pubblica nel 1978 un primo, celebre li• bro: Delirious New York. Un manifesto 'retroattivo', in cui la città è riletta « come la stele di Rosetta del XX secolo•· La metaforica interpretazione della condizione newyorkese, 8 assurta a simbolo metropolitano universale, è restituita da






della cappella del King's College, della cattedrale di Glouce­ ster, del Crystal Palace, ma anche dei fili d'erba, delle ragna­ tele, delle venature di una foglia; le superfici del tempio di Luxor, di casa Giuliani-Frigerio e di casa Schroeder, ma an­ che :delle foglie di palma, delle orecchie di un elefante, di un'ala, di una piuma; i volumi della piramide Cestia, di St. Front a Perigneux, ma anche di una conchiglia, di un melone, di un iceberg, di un cristallo, di un pianeta. I sugge­ rimenti di Holl implicano che la 'riduzione' dell'architettura ai suoi elementi primari non è mai una prassi riduttiva: l'adozione di un linguaggio 'aperto' provoca piuttosto un ampliamento di campo, un'estensione della sfera creativa e operativa dell'architetto. Viene infine rivendicato il ruolo dell'intuizione: « è la nostra musa ,. 15• E all'architettura, più che ad altre forme comunicative, viene attribuito il po­ tere dl unificare l'espressione dell'intelletto e quella dell'in•. tulzlone 16•

I P. EISENMAN, The Charlottesville Tapes, Rizzali, New York 1985, p. 135. 2 M. HEIDEGGER, On the Essence o/ Truth, in Basic Writing, Harper & Row, New York 1977. l P. EISENMAN, Oltre lo sguardo. L'architettura nell'epoca dei media elettronici, in • Domus • n. 734, gennaio 1992. • Ibidem. s R. KooLHMS, Delirious New York, in • L'Architecture d'Aujour· d'hui • n. 186, 1976. 6 Ibidem. 7 R. KooUIAAs, S, M, L, XL, Monacelli Press, New York 1994. & V. MAGNAGO LAMPUCNANI, in • Domus • n. 764, ottobre 1994. 9 B. TSCHUMI, Architecture and Disjunction, The MIT Press, Cambridge-London 1994, p. 19. 10 Ivi, pp. 34-35. 11 Ivi, p. 47. 12 Ivi, p. 57. ll Ivi, p. 67. 14 S. HoLL, Anchoring, Princeton Architectural Press, New York 1989, p. IO. 15 s. HoLL, Phenomenon and Idea, in Steven Ho/I, a cura di F. Fu• TACAWA, e GA Architect • 11, A.O.A. Edita, Tokyo 1993, p. 12. 16 Ivi, p. 14.

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La trama della storia FRANCO BERNABEI

Il tema è naturalmente assai vasto, e la pretesa di dire qualcosa di originale o definitivo si rivela talmente poco cre­ dibile, che intendo limitarmi a qualche considerazione, sulla scorta degli autori le cui ipotesi mi sono sembrate più con­ vincenti, e che sono indicati, secondo l'ordine di appari­ zione, nella nota bibliografi.ca conclusiva.

1. Verità e metodo Va detto subito che il punto di partenza costituito dal problema della storicità eventualmente caratteristica dell'ar­ chitettura e dell'arte, cioè di «oggetti» che in parte resi­ sto_no ad una totale storicizzazione (almeno per bocca di molti loro difensori). può indurre a valutazioni ulteriori, frequenti in campo propriamente filosofico, sulla capacità della storia di toccare la «verità» delle cose che studia: sia che questa verità venga intesa come un valore assoluto, non resolubile nel tempo, sia che essa venga intesa come frutto di un procedimento scientifico-metodico. � a tutti pa­ lese che ho usato qui la nota coppia Wahreit und Methode, che fornisce il titolo ad un celebre volume di Hans Georg Gadamer, e che costituisce un po' il filo conduttore del mio ragionamento, anche in considerazione di un'importante di­ scussione, recentemente pubblicata da noi e centrata sul14 l'argomento, tra lo stesso Gadamer ed uno storico come











gleriana mitologia) super-soggettiva, citando l'opera a diret­ to confronto con altre, scelte come testimoni secondo un criterio aposterioristico, estraneo all'artista ma indispensa­ bile allo storico. Il fatto è - a dispetto d'ogni protesta che l'atteggiamento· •scientifico• volesse avanzare contro que­ sto procedimento -'- che il senso della critica non può es­ sere letteràle, ma di necessità risulta dislocato, metaforico, trasferito altrove non per evasività pervicace ma per auten­ tica ·pertinenza. Al discorso critico sembra doversi attribui­ re, a maggior ragione, l'allegoresi che White assegna a quello storico; come pure da White bisogna mutuare l'affermazione secondo la quale è la forma ciò che trasforma la cronaca in storia: per la critica d'arte, è appunto la costruzione for­ male, la trama, che trasforma la descrizione in spiegazione, in virtù di accorgimenti che elaborano una tessitura logica particolare, con soggetti; causalità, ritmi evolutivi, conferme e « falsificabilità• rispondenti a differenti ordini convenzio­ nali e funzionali a questi. Insomma, la trama espositiva •si riferisce• per vocazione alla trama dell'opera, metaforizzan• dola in altra lingua, traducendola in una dimensione che non è la sua, ma nello stesso tempo lo è, dentro e fuori il Kunstwollen, cioè quel movimento che sta appunto a metà fra la trama dell'opera e la trama del critico. La grande in­ tuizione di Riegl consisteva nel cercare il significato in que­ sto spazio di necessaria ·ambiguità, di fusione degli orizzonti si sarebbe poi detto, dandogli coraggiosamente un nome a sua volta· metaforico. Il luogo comune, che poi vi si è acca­ nito sopra, secondo cui esso era frutto o di realismo assur­ do o di inutile nominalismo, non riesce a penetrare nel de­ licato quailto instabile equilibrio di obbligate interferenze che costituisce il mondo della significazione. Penso ancora alle leggi architettoniche,· che incanalano il percorso del mo­ derno nel racconto di Emil Kaufmann, una volta doppiato il capo dell'organicismo barocco: ci si chiede che statuto og• gettivo possano vantare, di quale •realtà• dia conto il livello di astrazione in clii si collocano, e se mai si tratti di quelle tali strutture che per certi· eventi possono avere effettiva 24 funzione causale. Gioverà sentire il testo di Kaufmann come



Accademia di Belle Arti: proposte di riforma EDILIO PETROCELLI

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L'attuale crisi istituzionale, didattica e di identità del­ l'istruzione artistica si scarica sulle incerte prospettive oc­ cupazionali degli oltre centomila studenti interessati. e ur­ gente, quindi, avviare una riforma credibile del settore ai vari livelli per rispondere alle numerose questioni evidenzia­ tesi a causa del divario fra scuola e società o dovute al pro­ fondo rinnovamento dell'arte. Qui ci preme inoltre evidenziare il valore e il peso della didattica nel momento in cui sono cadute le regole vecchie e nuove e come questa può diventare una via per intervenire direttamente sulla « condizione ,. caotica delle arti cosl come si presenta oggi al fine di una sua interpretazione, di un suo chiarimento e magari di una sua modificazione. In altri termini non vogliamo trasferire sull'insegnamento le • cadu­ te ,. delle arti contemporanee ma, all'opposto, pensare Il po­ tenziale didattico come una loro possibile • salvezza ,. 1• Oc­ corre inoltre essere consapevoli che una nuova didattica, anche quella sperimentale attivata con il « Progetto Miche­ langelo », non riuscirà comunque a prescindere dagli ideali artistici, dalle teorie, dalle tecniche, dalle poetiche, dai modi in cui si sono tramandati e diffusi i principi e le nozioni sull'arte nei diversi momenti storici, nonché dalla situazione organizzativa del settore.



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comunicazioni audio-visive 7; ma, avvertono i docenti, equi­ parazione a livello universitario con pari dignità, strutture e ruoli ben distinti.· Dai convegni di Venezia e di Macerata si insiste sulla necessità di una normativa quadro penetrante che riconosca l'Accademia quale sede di alta cultura, e quindi l'unico organismo entro cui poter rifondare ed organizzare ln senso universitario l'insieme del saperi tecnici e pratici delle arti..., ristrutturando l'insegnamento mediante l'istitu• zione di uno o più corsi di laurea e una organizzazione di­ partimentale 1• Finora però l'unica modifica ai piani di studio è stata l'introduzione strisciante dei corsi speciali, la cui gestione burocratica non ha consentito di creare una struttura didat­ tico-culturale universitaria. Solo di recente i corsi sono stati trasformati in 24 esami complementari con l'istituzione a singhiozzo delle cattedre (p.e.: antropologia, estetica, design, progettazione, mass-media, fenomenologia, restauro, regia, beni culturali ecc.); ma, ignorando le richieste studentesche, non è caduta la distinzione fra insegnamenti complementari e fondamentali. Precaria risulta anche la concessione del­ l'autonomia prevista dalla Costituzione e contraddittoria ri­ mane la legislazione italiana dopo la ratifica del trattato di Maastricht, poiché non consente la «reciprocità,. dei titoli di studio del settore. � necessario procedere con più chi�ezza in questa dire­ zione ma - come avverte Pinelli -'- vi sono due modi: uno sbagliato, chiamando laurea l'attuale diploma e gratificando li corpo docente della qualifica universitaria senza modifi­ care alcunché nella 11ostanza; l'altro corretto che attribuisca finalmente il livello universitario alle Accademie, ma conte­ stualmente ad una profonda riforma volta a riq.ualificare il corpo docente, glr ordinamenti, le strutture, nel quadro di un profondo ripensamento circa li significato e la funzione di un'Accademia nell'attuale società 9• Le Accademie devono diventare, quindi, quello che ora non sono, uscendo da un alone retorico e illusorio che le separa dagli altri settori universitari. In particolare gli oltre diecimila studenti delle venti Accademie statali sanno che



istituti: artl dello spettacolo; artl plastiche (o figurative ln genere); ricerca sulle lmmaglnl (arti applicate e formazione insegnanti e addetti al beni culturali) 16; da parte sua Ma­ rotta, preoccupato per la sopravvivenza e l'uso razionale delle risorse disponibili, ritiene che s\ dovrebbero lasciare In vita non più di tre o quattro accademie, e curare gli sbocchi professionali delle altre recuperandole come Istituti di alto artigianato, per l'Incisione, li restauro, la grafica 17; Barilli, invece, pensa che è bene creare un dipartimento delle arti visive dove gli studenti potranno fare alta cultura e Impa­ rare un mestiere, prenderanno la laurea In storia dell'arte e in scenografia 1•. Più critica è la voce degli studenti dell'Ac­ cademia non statale di Perugia, i quali sono convinti che un diploma in pittura, In scultura o in scenografia non dà sul mercato sbocchi occupazionali: l'economia sollecita ruoli diversi da quelli tradizionali, ha bisogno di operatori nel campo del disegno Industriale, della •_grafica, della pubblici­ tà 19• Infatti, ribatte Perilli, oggi si fa la grafica con li Com­ puter, ma nelle nostre accademie si continua a fare li di· segno ornato 1A>. Il convegno nazionale degli studenti tenuto a Roma sintetizza i profili professionali di ricercatore e ope­ ratore del linguaggio audio-visivo e comunicazioni di massa, operatore grafico, analista della espressione plastico-visiva, operatore del disegno tecnico - Industriale • pubblicitario · cartonlstlco, operatore per la salvaguardia del beni artisti­ co-culturali, ecc. 21• A Dorfles sembra però un orizzonte limi­ tato quello attuale per cui auspica un • insegnamento poli­ artistico », aperto, cioè ad altri ambiti creativi, come musica e poeslan. Per reagire alla strategia della frammentazione Del Guer­ cio suggerisce un dipartimento comprendente tutto il ven­ taglio delle attività connesse alle arti visive: dal livello della ricerca artistica personale a quello delle diverse « professio­ ni » visive, a quello degli Insegnamenti artistici, compreso l'insegnamento della storia dell'arte 23• Dal canto suo Calvesi ritiene che è inutile preparare migliaia di geni sregolati; perciò, oltre agli sbocchi tradizionali, occorrono professio30 nisti seri . nel ramo delle comunicazioni visive, dalla grafica



dustria artistica, mentre per le Accademie propone la crea­ zione di un Istituto superiore di arti visive con li fine pre­ cipuo di consentire lo sviluppo - a livello di scuola uni­ versitaria - delle esperienze proprie della scuola seconda• ria di formazione artistica a Indirizzo figurativo 30• Nella ricerca sulle Accademie commissionata dal gover­ no al Centro e Pio Manzù •• dopo un'analisi storica delle e Arti Belle,. e del Design in Italia e all'estero, vengono pro­ posti i criteri per il curriculum, il programma e l'organizza­ zione di corsi a livello universitario. In particolare per i pri­ mi anni I partecipanti alle università d'arte statale pren­ dono parte ln eguale misura all'Introduzione fenomenica pratico-sperimentale del corsi progettuali Indipendentemente dalla successiva ,scelta sia questa arte applicata, belle arti, storta dell'arte o Insegnamento 31• Con gli orientamenti di­ dattici suddetti l'arte, finora considerata come conoscenza magica si apre ad una totale comprensione stimolata all'uni· ficazione del suol obiettivi, contribuendo all'economia lndu• striale, alle scienze e tecniche umanistiche e soprattutto alla vita umana con un interscambio di trasparenti fenomeni co­ stituenti la moderna vita sociale 32•

Le proposte in Parlamento

32

La cultura della riforma, così ampiamente manifestatasi sul fronte di chi non vuole separare li sapere e li fare 33, in quanto convinto che la teoria altro non è che la pratica d.lfferlta 34, sta per trovare una sintesi parlamentare fra le diverse proposte presentate 35• Tutti i testi sono profonda• mente innovativi sul piano istituzionale, organizzativo e di­ dattico e concordano, con apposite garanzie procedurali, sulla delega al Governo, ma differiscono su alcune scelte particolari. Resta, infatti, qualche voce isolata che non pro­ pone il passaggio al Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica; in conseguenza di ciò anche gli organi tecnici e consultivi ricalcano o quelli del CUN o i tradizionali Consigli superiori ministeriali. Una sostanziale convergenza si registra, invece, sulla fu-



valere un'alleanza oggettiva dt fatto tra certe forze paleo­ artistiche interessate all'idea della «bottega», certe forze del notabilato universitario Interessate al contenimento di uno studentato troppo «pittoresco • ( oltre che a chissà quali altre distinzioni e gerarchie tn ambito di «attività dello spi­ rito•), e certe forze asettico-tecnocratiche 26, appoggiate in sede burocratica e politica, a tutto vantaggio degli istituti privati del settore, i quali hanno dimostrato una maggiore rapidità e flessibilità di adattamento ai mutamenti attuali, per cui .i titoli rilasciati sono concretamente spendibili 37•

Gli /SIA nella riforma Sull'esempio europeo della scuola d'arte applicata all'in­ dustria, negli anni Venti furono pensati gli Istituti Supe­ rjori per le Industrie Artistiche, ma solo da un decennio, con motivazioni e finalità diverse, sono operanti a Roma, Urbino, Firenze e Faenza. Lo scopo dichiarato è quello di t�nere conto delle esigenze affiorate negli ultlmt trent'anni 1,1el campo delle comunicazioni visive 38 per offrire ampi mez­ zi cU ricerca per. l'affermazione di una professione dlffu.sa, ma non abbastanza conosciuta 39• Il piano di studi, a diffe­ renza del diploma, ·è di livello universitario e comprende dlsclpltne culturali, di scienz.e umane, di discipline econo­ miche e t�cnologlche, di discipline professionali e opera­ �ve «>,, .Negli. ultimi anni non sono mancate le polemiche sullà gestione e sui profili professionali, assimilandoli alle scuole dt creatività, dunque, fini a se stesse, impregnate di ricerca fÒrmale fino all'esasperazione della forma stessa, dove.la sperimentazione " tout court », In assenza di una. consape­ ·v.olezza sul problemi dt fattibilità, dt mercato, di costo e delle tecnologie produttive, diventa protagonista dt un film che non sarà mal proiettato 41; mentre Munari .precisa che Il • design •, insomma, è un metodo che permette di risol­ vere certi problemi ..della vita: Il $UO aspetto . estetico è più legato alla scienza che al sentimento 42• Bucci sostiene, in34 vece, che ·nell'era postindustriale occorre puntare sulla pro-


gettazione di « qualità profonde•; sensoriali, .estetiche, poe• tiche, di comunicazione, oltre che tecniche e d'uso o. L'at­ tuale direttore dell'ISIA di Roma, Latini, ne rivendica il ruolo di centro culturale dl snodo, primario ed· essènzlale, tra istituzioni e realtà produttive del massimo livello ope­ ranti ed interessate nell'area del « Disegno Industriale • 44 • Lo sviluppo di tale interessante esperienza è legato all'as­ sorbimento o meno degli ISIA nelle Accademie, come rile­ vano gli studenti

45 ,

o nel corso di laurea in

design

- atti­

vato, non senza problemi e contraddizioni, presso la. Facoltà di Architettura 46 - mentre c'è chi ripropone un apposito dipartimento universitario di. progettazione oggettuale . ed ambientale 47 •

R. DE Fusco, Le arti s'insegnano, le arti s'imparano, in·e Op. cit.•• 1990. Cit. in G. SIM0NCINI, • Qui c'era una volta l'Accademia•• in ·e Il Tempo •• 28.12.1993. J R. Dr GIOVANNI, Per . una collocazione a. livello universitario delle Accademie di Belle Arti, in • Rivista giuridica della scuola•• n. 2, marzo· aprile 1983. 4 Cfr. Documento del Sindacato Nazionale Istruzione Artistica di ·· Firenze, marzo 1978, p. 14. s Cfr. Documento del sindacato scuola CGIL, in e.Scuola e ·comu­ nità•• n 16, 3.6.1976. 6 L.L.P., La pratica dell'oblio, in e Scuola Nuova•• n. 57, 19.3.1990. ·: 7 Cfr. Documento convegno nazionale studenti, tenuto· a Roma il 12.3.1977, in e Istruzione artistica•• luglio-agosto 1978.. Vedere anche: c. Artepiù •, periodico degli studenti dell'Accademia di Belle :Arti di Ro­ ma, aprile 1970; S. ORIENTI, Cosa fare delle Accademie?, in e Il Popolo•• 10.7.1979; I. PA0LUCCI, C'è troppa muffa nelle Accademie artistiche, in •L'Unità•• 17.2.1967; A. MrCAUrrTI, Imparare l'ar1e... , in e Risk •• n. 14/94. a Cfr. Documento conclusivo del !•·Convegno .nazionale per • La ri­ forma universitaria delle Accademie di Belle Arti•• Venezia, 14-1S marzo 1983; vedere anche documento 2- Convegno di Fiastra (Macerata), tenu• tosi il 30-31 maggio 1983. · 9 A. PINELLI, Accademia di Belle Arti, in « Istruzione artistica•• Ii. 9, n.

1

n.2

1983.

10 Cit. in F. MENNA, Arte e comunicazione, in « Il Mattino•• 27.9.1965. Il A. PINI!LLI, Accademia... , cit. 11 C. DE SETA, Introduzione a Quale· storia dell'arte, Guida, ·Napoli 19n, p. XII. . Il R. BARILLI, I corsi di laurea DAMS in rapporto all'insegnamento della storia dell'arte, in Quale sloria dell'arte, cit., pp. 110 sgg. . - •� G. C. ARCAN, L'insegnamento della storia dell'arte non può essere mescolato ad altri, in • Corriere della Sera •,-4;4.1976. . :. .. . :: 15 G. CASSESE, Una storia delle arti per le arti, in e Op. cit. •, n. 87,

1993.

35


16 Cfr.·A. CAsa!LU, intervista riportata in «Annali della P.l.», XXVUI/ 1982, n. 2. 11 In Bottega o università?, intervista di C. Mariotti, in «L'Espres­ so•• 23.1.1983. Il Ibidem. • · · 19 Cfr. F .TÒTARO, Che ci faccio con questo diploma?, in « Cronache Umbre•; n. 7. . . :K1 In Bottega o università, cit. 21 Cfr. Documento ·del 12.3.1978, in «Istruzione artistica•• luglio-ago­ sto· 1978. 22 Cit. in G. CONTESSI, . Formazione e Belle Arti, in «Op. cit. •, n. 78, . 1990. . . • %1 A. DEL GUERCIO, La riforma delle Accademie, in «Rinascita•• 28.6. 1974. Vedere anche A. Da GUERCIO, Idee per le Accademie di Belle Arti, in«Rinascita•, 13.6.1969; R. Gurruso, Studiano come ai tempi di Pio IX, in «Paese Sera•• 13.4.1968. ._ 24 M'. CALVESI, �iceo artistico.: la scuola dell'hobby, in «L'Espresso•• , · ' · .· · 8.6.1969; · .· � 25 Cfr. G. BREDOO, Convegno SNIA di Firenze, in «Istruzione arti­ stica•• luglio 1976. :16 G. BAUO, Fermi a Mariateresa, in «Paese Sera•. 13.3.1975. 27 C. MONTANARO, Povere Accademie, poveri studenti, in « Arte•• n. 249, marzo 1994. • 28 Cfr. -Documento scuola CGIL, in «Scuola e comunità•• cit. 2' Cfr. E. ACCATTINO, «I Convegno dello SNALS •• Urbino, 12-13-14 maggio 1981. p. 2. lO Cfr. Documento, in e Istruzione artistica•• n. 4, aprile 1969. , · JI Cfr. La- ristrutturazione delle Accademie di Belle Ar.ti in Italia, in «Strutture ambientali-•, n. 40, 1979. J2 .Cfr. La ristrutturazione delle Accademie... , cit., p. 202. JJ Cfr, F. MORELLI, Dépliant dell'Istituto Europeo di Design di Roma. 34 Cfr. AC 1111, SGARBI ed altri; AS 106, SALVATO ed altri; AS 58, MA· NIERI ed altri; AC 7'Sl, CANESI ed altri; AC 2038, MITA ed altri; AC 797, NAPPI ed altri; AC 578, BoNATO ed altri; AC 1133, PISTONE ed altri; AC 1727, BRACCO, MASINI ed altri. . c_lS R. BARILLI,-/ corsi...• cit., cp. 109. l6 A. DEL GUERCIO, La riforma ...• cit. J7 G: ZAGARDO, Non solo. dì atenei vivono le Belle arti, in «la Repubblica•• inserto Università 19.9.90 e- dépliant dell'ICEI, Roma. 31 Cfr.. Testo dépliant dell'ISI A di Urbino. J9 Cfr. Dépliant dell'Istituto Europeo di Design di Roma. ., Cfr, Testo dépliant dell'ISIA di Firenze. 41 N. B. SPAOOUNI, Didattica e design tra pragmatismo e arte, in «Op. cit.•.-n.. 80, 1991. 42 Cfr. B. MuNARI, in e Annali della P.I.•• XXIX, ·n. 2, marzo-aprile 1�3. 4J A. Buccx, L'impresa guidata dalle idee, Domus Academy Edizioni, Milano· 1992, p. 123. 44 A. LATINI, Nota sull'ISIA di Roma, 8 giugno 1994. -� Cfr: Lettera coordinamento .studenti /SIA, in «Modo•• n. 160 , novembre 1994. • . 46- Cfr. G. FURLANIS,. :Per una didattica della complessità, in Design 2(}{)(), Franco Angeli, Milano 1994; p.. 164. . - ,.-,_ Cfr. L, CARAMEL e F..Pou, L'arte bella -.La questione delle accade­ mie di belle arti in Italia, Feltrinelli, Milano 1979., p. 151.

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Un concettuale al Palazzo ·della Ragione · VIRGINIA BARAPEL

· Negli ultimi trent'anni il carattere concettuale sembra diventato il tratto distintivo di tutta l'arte contemporanea. Al punto che potremmo agevolmente identificare l'uno· con l'altra, affiancandovi, di volta in volta, un termine più spe­ cialistico, indicativo di una classe di esperienze artistiche. Ad esempio Bonito Oliva definì Realismo Concettuale l'arte d'avanguardia cinese che invitò alla Biennale del '93. Certo è che vi è una accezione storica, riservata ad una tendenza artistica ormai datata, ed una critica che indica una disposi� zione più ampia, una qualità interna a fenomeni artistici di va.­ ria natura espressiva ma tale da segnalare un proprietà costi� tuente. Se, infatti, l'arte concettuale propriamente detta ri­ guardò un certo· tipo di artisti e di opere ben individuabili, una disposizione concettuale ampia · è andata diffondendosi nella maggior parte • delle operazioni artistiche · coeve e suc0 cessive, più palese e convenzionale di quanto non fosse 'già avvenuto in episodi salienti del nostro· secolo, da Duchamp a De Chirico a Fontana, solo per fare alcuni nomi. Entrato nel metabolismo cognitivo del fare artistico contemporaneo; il' fattore concettuale ha perso in rigore semantico finendo con l'insidiare sia il territorio più ineffabile dell'intuizione, « dogma che corre attraverso tutta quanta l'estetica borghese ,.. 1, che quello più razionale della consapevolezza, implicita 37













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