op.cit. rivista quadrimestrale di selezione della critica d'arte contemporanea
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Electa Napoli
Ragionamenti sulla architettura ALESSANDRA DE MARTINI
Il disorientamento di fronte all'architettura mo derna [...] è uno dei segni più vivi della confusione che regna fra di noi. Non si può nemmeno rinviare il pro blema [ ...]; i nostri errori, la nostra impreparazione sono pertanto destinati a lasciare traccia per decine d'anni almeno, a testimoniare della nostra insufficienza o rovina spirituale. [ ...] Il primo passo è [...] osservare e cercare d'intendere i fatti. Queste parole, scritte da Giusta Nicco Fasola in Ragionamenti sulla architettura nel lontano 1949 sembrano ancora valide a rispecchiare la nostra situazione attuale. Certo, il piglio critico dell'au trice nasce da un preciso problema storico: quello di porre un freno al dilagante tecnicismo e al diffuso funzionali smo che, in quegli anni, inducevano a credere che si po tesse fare architettura separando le questioni pratiche da quelle estetiche, dimenticando, invece, che l'architettura è arte, [...] arte dell'edificare, cioè l'edificare che si esprime come arte, l'edificio che oltre le necessità di struttura ed economiche ha in sé ragione umana, di forma, per cui quello che è necessità e materia diviene spirito e libertà, saxa loquuntur. Ma la sua denuncia tra valica le problematiche contingenti basandosi sul piano della riflessione teorica e filosofica che, essendo inclusiva di idee universali, gode di eterna giovinezza. Ed è proprio l'attualità del saggio che evidentemente
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dità di ogni teoria particolaristica, metteva in guardia da definizioni equivoche, da semplicistiche classificazioni e forzate interpretazioni critiche. Questo suo muoversi controcorrente è sicuramente tra le principali cause del silenzio caduto sulle sue parole, per ché dal 1949 ad oggi Giusta Nicco Fasola è sicuramente tra i critici meno studiati e citati. E non è escluso che la scarsa fortuna critica dell'autrice sia connessa anche alla sua formazione di «non addetta ai lavori», facile etichetta troppo spesso utilizzata per giustificare - proprio in nome di una specificità disciplinare contro cui si muoveva - l'o stracismo della critica architettonica. Ostracismo ingiusto, considerando il suo complesso e ricco percorso intellet tuale che partendo dagli studi di lettere e filosofia approda ad una appassionata ricerca sulle arti, ricerca che spazia dal medioevo al manierismo, dall'arte astratta all'architet tura organica' e condotta con avvertito senso della storia, costante riflessione teorica, ma anche politica e sociale. I suoi studi si mostrano sempre attenti all'individuazione dei valori spirituali e culturali, in una parola delle idee uni versali dell'arte. Né va dimenticato il suo impegno nel l'ambito della didattica e dell'insegnamento: dal 1944 al 194 7 fu docente di Trattatistica ed Estetica presso la Fa coltà di Architettura di Firenze e, dal 1948, di Storia del l'Arte all'Università di Genova. Il testo si articola in due parti: la prima affronta da una angolazione essenzialmente storiografica argomenti di estetica e critica dell'architettura, soffermandosi sul pro blema di una corretta interpretazione della triade vitru viana, sul rapporto utile-bello in architettura e sul fonda mentale contributo del razionalismo illuminista al dibattito architettonico; la seconda, più analitica, si addentra in os servazioni sui temi della tecnica, del materiale, del colore, del rivestimento e sulle questioni - proprie degli anni '50 - della speculazione edilizia, dello sviluppo economico e sociale, della casa, della scuula, dei vantaggi e rischi della prefabbricazione in architettura. Tutte le sue considera zioni, rigorose e sempre pronte a cogliere l'errata posi-
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nesimo», come tentativo di radicare l'architettura al suo fondamento, possa diventare critica operativa e sprone al rilancio di un ideale costruttivo che rifiuta di ab bandonarsi al flusso degli eventi, per cercare invece di condizionare e «progettare» il destino attraverso la va lorizzazione della sua materia contro la sua svaluta zione, proposta con insistenza dagli esiti dell'informa tizzazione mediatica e dalla diffusione della cultura de gli immateriali3 . Non ha, invece, dubbi Benedetto Grava gnuolo che cosl risponde ai più rivoluzionari ed apocalit tici dissacratori delle teorie vitruviane: Vitruvio è morto duemila anni fa. Ha però scritto un trattato che merita ancora di essere letto. La validità di una teoria non si valuta infatti con le lancette dell'orologio. E alle tante idiozie di successo che vengono oggi pubblicate sulle ri viste à la page, in un pluralismo di linguaggi sempre più babelico, continueremo a preferire l'inattualità (apparente) del De Architectura. Certo, molta acqua è passata sotto i ponti [...]. Ma il nocciolo dei principii sfida la fugacità degli eventi. Si pensi alla celebre «triade», che riconduce i fondamenti dell'Architettura alla triangolazione concettuale tra firmitas-utilitas-ve nustas, [ ... ]. In tale visione, la qualità di una costru zione - degna di essere definita architettura - scaturi sce dalla perfetta rispondenza a tutti e tre i requisiti della triade4 • Bisogna ammettere che, presi isolatamente, ovvero nella loro parzialità, le nozioni vitruviane sembrano smen tite dai risultati più recenti del contemporaneo; basti pen sare soltanto che la venustas, basata sul concetto di sym metria, è stata costantemente negata dal decostruttivismo in poi. Ma questo non basta a porre definitivamente una pietra tombale sul pensiero vitruviano, tanto più che i tre termini della triade restano veri nella loro unità, come sot tolinea la Nicco Fasola che dal lontano 1949 si inserisce nel dibattito attuale rispondendo cosl a quanti con sarca stico compiacimento sottoscrivono il certificato di morte 12 di Vitruvio: La vecchia formula non ci sembra, per-
. A proposito di una natura morta del G1.org1• 0 Morandi . . . . . lare e, parla d1 ed1fic10 a pianta triango ioso 1921 lo stud pittorica, sensibilità sua riferimento alla re ; face do particola sottolinea come soltanto chi abbia facoltà (o potenza) di intendere un Wright può intendere Morandi, nel suo autentico fare. Badiamo, non faccio a caso il nome del più grande architetto dei tempi moderni dopo il Ber nini (... ): lo faccio per rendere chiara la sostanza ar l8 chitettonica dell'arte di Morandi • Mai va dimenticata però, come accennato precedente mente, la volontà da parte di Ragghianti di avanzare, at traverso un'analisi di matrice puro-visibilista svolta sull'o pera, una riflessione sul modo di vedere sentito come modo di vivere, da parte dell'artista in questione. Un passaggio che bene esemplifica questo aspetto della sua critica si trova nello scritto Filippo Brunelleschi, un uomo un uni verso pubblicato nel 1977. Riguardo al ruolo che la pro spettiva assume in Brunelleschi, dopo una meticolosa let tura dei suoi aspetti formali e visivi, lo studioso giunge alla conclusione di come, dietro di essa, il problema (sia) l'uomo, la sua autocomprensione, la conoscenza e il pos-: sesso delle sue capacità. La prospettiva diviene così un'architettura dell'io, come introspezione, osserva zione, indagine e ricerca della natura, coscienza com prensiva della realtà 19 • Mantenendo fede al principio cro ciano dell'unità delle arti e della predisposizione di queste ad essere comprese mediante la visione, l'apertura di Rag ghianti ad una trattazione di qualsiasi linguaggio espressivo dell'uomo ebbe una definitiva concretizzazione con l'e sperienza editoriale della rivista «seleARTE» (1952-1966) che, già a partire dalle premesse nel primo numero, tra smetteva tutta la sua ineguagliabile apertura. Cosl scriveva lo studioso, riferendosi agli ambiti d'interesse che sareb bero stati trattati nel corso delle uscite: l'arte intesa nel suo significato più vasto, che comprende l'urbanistica e lo spettacolo visuale, l'architettura e le arti decorative, la pittura e il cinema, la scultura e l'arredamento, il di46 segno industriale e la tipografia20 .
14 K. FlEDLER, Aforismi sull'arte, in R. SALVINI, La critica d'arte moderna, L'arco, Firenze 1949, p. 99. 15 PH. A. MICHAUD, Ut pictura pellicola. Ragghiantifilma la pit tura, in Carlo Ludovico Ragghianti e il carattere cinematografico della visione, cit., p. 180. 16 lbid. 11 lvi, nota 5. 11 C.L. RAGGHIANTI, Filippo Brunelleschi. Un uomo, un uni
verso. Vallecchi, Firenze 1977.
19 «seleARTE» n. I, p. 2. 20 C.L. RAGGHIANTI, Arti della visione Il. Lo spettacolo, Einaudi, Torino 1976, p. 92. 21 lvi, p. I 16. 22 Un'interessante analogia� stata poi avanzata da Ragghianti tra il procedere grafico e progettuale di Aalto e il movimento artistico dcli' Action Painting. entrambi sorretti da un inarrestabile slancio energetico. Quegli studi e schizzi di Aalto che lo studioso espose a Firenze, e che cosi potentemente esprimevano il loro sviluppo pren dendo corpo e modificandosi sulla carta, possono anche essere visti parallelamente ai tracciati spaziali da lui individuati in taluni spetta coli di danza. Come tanti fotogrammi costituenti un movimento nel suo svolgimento, sui rotuli di Aalto si rendeva visibile il percorso della creazione individuale nella sua dimensione temporale. ritmica e cinetica. 23 C.L. RAGGHIANTI, Se il cinema sia un'arte e perché, in Arti della visione lii, Cinema. cit., p. 52. 24 lbid.
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