op.cit. rivista quadrimestrale di selezione delta critica d'arte contemporanea
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Electa Napoli
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alla nozione di «monumento storico [... ] da restaurare [... ] nelle sue condizioni ambientali» (e di monumento inteso non come singolo edificio ma come complesso ambien tale). Oggetto, questo, del continue spostamento di ogni problema di restauro verso una scala maggiore, come ha acutamente e irohicamente osservato Renato De Fusco sin dal 1980' - che ne sottolineava la natura anche elu siva, come accade ogni volta che nell'incapacita di risol vere un problema concrete si adotta l'espediente di in quadrarlo in uno piu grande. Esemplificazione settoriale, inoltre, dello storico scivolamento verso l'urbanistica di tutte le discipline in qualche modo legate all'architettura. Fa pensare a una importante tessera fra quelle che rac contano il Novecento tutto, elaborata da uomini che lo hanno segnato con ii loro pensiero, la loro cultura, le loro intuizioni, la loro forza e autonomia, in un memento in cui tutto diventava teoria, astrazione, concetto. Con un dibat tito serrate, ma coerente: e senza le tante distinzioni di scuola e di metodo che hanno marcato con forza i periodi seguenti. E infatti in gran parte successivamente che le Scuole di restauro si sono articolate con un approccio me todologicamente tanto diversificato da non potersi piu configurare come ordinaria dialettica all'intemo della di sciplina e da provocare qualche incomprensione o radica lizzazione. Il restauro e andato avanti all'insegna del co siddetto <<.family feeling», con autori che si pongono quasi come portatori di un proprio marchio, di cui sono infati cabili e tenaci (quando non faziosi e taglienti) divulgatori2 • E a volte si fa avanti anche l'idea di privilegiare l'in frazione assoluta, ritenuta innocua e dunque subito accet tata, nella logica che vede ogni infrazione di fatto coinci dente con le aspettative. Ma l'effetto piu recente e ancora un altro. Ci vuole coraggio per lanciarsi su strade nuove, ma ci vuole anche chiarezza di idee per operare con at tenzione e specificita: una volta si voleva, per motivi ideo logici, domare gli edifici che avevano troppo carattere, spesso disabitati e indifesi. E su questo c'era una posizione decisa e contraria nella Carta di Venezia, che non accet-
Non interessa piu a nessuno proporre operativi protocolli d'intesa (come quello stipulato nel 2000 fra Soprinten denza Beni Architettonici e Comune di Bologna) in grado di tutelare effettivamente e propositivamente le piazze sto riche, prevedendo anche forme di possibile «utilizzo». La Carta non parla - e non puo parlare - ne di pae saggio, ne di centri storici (per i quali, dal 1960, c'era gia la «Carta di Gubbio»). E prefigura forme di conservazione e di salvaguardia che oggi e difficile calare «natural mente» nel contesto odierno, con la citta contemporanea - con i suoi conflitti, le sue accelerazioni, ii senso di per dita di qualunque centro - che, nei suoi imprevedibili per corsi, e ormai un enorme territorio incontrollabile, ormai «marmellata di citta» (modello cui, paradossalmente, quasi tutti aspirano). E pressocche scomparsa l'archeologia come tale, di ventata risulta di opere pubbliche (ma non priva di intense e straordinarie scoperte anche in questo residuale conte sto) e quasi ossessionata, oltre che dal tema della conser vazione e stivaggio dei reperti, da quello della comunica zione e della comprensione dei ritrovamenti. E d'altronde, nel contesto odiemo, proprio i beni archeologici sembrano richiedere, per loro stessa natura, un approccio differente, anche di fantasia e poesia (di interpretazione, cioe, oltre che di spiegazione) per una concreta, e specifica, com prensione (cercando di incuriosire e di divertire, per far provare l'emozione di sentirsi tutt'uno con la propria sto ria), in grado di superare anche gli innovativi - ma spesso ripetitivi - metodi di piu o meno raffinata simulazione 11 • Cosl come si pone con- forza crescente il problema sem pre attuale, e risolto solo con gravi difficolta, della coper tura dei siti archeologici. Poi, su tutto, e calata la spada del marketing, con un sistema tanto organizzato - anche se non pri vo di forti so pravalutazioni finanziarie - quanta gli «antenati» Pane e Gazzola mai avrebbero potuto prevedere. Anche se, per la verita, gia pochi anni dopa la Carta di Venezia, Piero Gaz12 zola stesso, scrivendo la prefazione agli atti del convegno
distinte (e forti) operazioni di ottimizzazione, a cominciare dalla realizzazione della massima permanenza della mate ria nel contesto come valore prioritario cui garantire la in tegrale trasmissione al futuro (oltre a intercalarvi - se condo la posizione che fa capo a Dezzi Bardeschi -, se necessario, un calcolato rapporto dialogico con un nuovo di qualita). Lo stesso Pane 13, persino Pane, d'altronde, aveva osservato che «malgrado le raccomandazioni che noi facciamo circa i limiti di rigoroso rispetto dell' auten ticita del documento [...] malgrado tutto [ ... ] il restauro e un intervento creativo», per cui e necessario «che il re stauratore sia uomo di gusto e uomo capace di fantasia in ventiva». Il restauro, cioe, considerato quasi come oppor tunita di operare attomo a un grande mistero, una cosa af fascinante e divertente. Negli ultimi anni, nel settore pubblico, sembra invece prevalere il «nessun restauro» (con conseguenti risorse non utilizzate), peraltro agli antipodi culturali rispetto alle posizioni dei maestri dell' anti scrape (e dell' amatis sima lezione di Ruskin), o il «restauro tiepido», anche laddove un «vero» progetto di restauro era pronto e di sponibile. Spesso, il risultato e un «finito» subito in abbandono, privo di efficacia evocativa o emozione, di presenza di memorie senza tempo, in una situazione estranea - direbbe Brandi - alle analisi ed alle esperienze della gestalt-psy cologie. Cioe: il rudimentale, ii trascurato, l'informe. Ma il restauro fa sorgere ancora appassionati dibattiti, oggi forse piu nell'opinione pubblica che fra gli addetti ai lavori: ha superato quella condizione di diffuso disinte resse e pigra sudditanza che era stata generosamente defi nita ideologia def laissez faire. E le citta sembrano ormai in grado di superare e as sorbire tutto, perche, come ricordava gia Montaigne negli Essais, «la vie est un mouvement inegal, irregulier et mul tiforme». Col risultato che si e passati dall'ossessione del nimby boom al piu attuale e oltranzista banana (build abl 4 solutely nothing anywhere near anyone).
mancato avanzamento delle procedure e dei lavori (tipico esempio sono i Fondi Lotto, erogati su base triennale e di cui è stata asse gnata solo la prima annualità e non la seconda e la terza - più con sistenti della sola prima - per mancato avvio delle procedure unita rie di gara e/o di avanzamento dei lavori). 8 Oltretutto, è uso corrente - per le Soprintendenze - non effet tuare alcun versamemo di documenti, disegni o atti amministrativi «unitamente agli strumenti che ne garantiscano la consultazione», superando di gran lunga o vanificando il limite temporale di 40 anni normativamente previsto ( «Codice dei Beni Culturali e del Paesag gio», art. 4 I). Negli Archivi di Stato, organi deputati alla pubblica consultazione, non sono quindi solitamente reperibili gli atti relativi ai restauri, mantenuti invece presso le Soprintendenze, paradossal mente proprio per la loro più facile e continua consultazione o stu dio. 9 Cfr. R. PANE, Centri amichi e libertà stereometriche, in At tualità dell'Ambiente Amico, La Nuova Italia, Firenze 1968. io Cfr., ad esempio, il dibattito (Venezia, ottobre 2000) da cui il volume Comemporaneità & Conservazione. La sfida della qualità nell'architett11ra, Gangemi Editore, Roma 2001 ed in particolare i casi esaminati di Modena (la porta della città di Frank O. Gehry) e Firenze (Piazza Castellani, il progetto di Arata Isozaki). 11 Cfr. M. DEZZI BARDESCHI, Le pietre di Modena. La storia siamo noi, Artestampa, Modena 2004. 12 R. D1 STEFANO, Sviluppo del concetto di conservazione, Atti del Convegno lcomos li restauro in Italia e la Carta di Venezia, Ra vello, 1977, in «Restauro», n. 33-34, 1977. 13
Corso di perfezionamento per il restauro dei monumenti
(1966): cfr., anche, R. D1 STEFANO, Roberto Pane: la difesa dei va lori ambiemali, in «Restauro», n. 143, 1998.
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tori ma sempre fondanti. Debitrice di una «coazione a in terrogare costantemente cio che si fa mentre lo si fa» come puntualizza Giorgio Verzotti4 • Diffidenti verso le tautologie dell'oggetto riproposto in chiave neopop, lontani dalle ten tazioni neostrutturaliste dei loro colleghi anglosassoni, gli artisti italiani delle ultime generazioni non si nutrono di cer tezze, ma di dubbi. Cercano ii proprio spazio nell'universo mediatico senza per questo rinunciare a porsi delle domande sul proprio essere nel mondo. Un continuo confronto con la realta dal quale scaturisce «la loro capacita di creare mera viglia al pari del loro bisogno di raccontare e di raccon tarsi»5. Un racconto che, nella ricerca di Gianni Caravaggio, Francesco Gennari e Pietro Roccasalva, parte dall'esigenza dei tre artisti di considerare !'opera d'arte come punto di arrivo di un processo intellettuale, e dunque possibile ri sposta a interrogativi di carattere filosofico. Come puntua lizza Andrea Bellini, una delle caratteristiche principali del loro lavoro consiste «nel recupero di una dimensione che potremrno definire cognitivo-esplorativa del fare arte. Ogni riferimento al quotidiano, all'oggetto, all'elemento ricono scibile, magari manipolato e presentato in una veste deco rativa, e scartato a favore di una concezione piu complessa e visionaria della forma»6 • Una sorta di «comunione espressiva» che intende l'opera come un contenitore di senso, risultato di un ragionamento teorico che unisce l'arte ad alcune sue discipline «sorelle»: la scienza, la matema tica, la filosofia, l'astronornia e la semiotica. Gianni Caravaggio: scultura come percezione del tempo Nel momenta in cui osservo una cosa creo una percezione del tempo.
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Le opere di Gianni Caravaggio non sono sculture in senso tradizionale, ma forme aperte, che si definiscono nel momenta stesso dell'esposizione, in stretto rapporto con il luogo che le ospita. Forme scaturite da un flusso di ener-
molecole di materia. Un concetto fondato sulla teoria dello spazio-temporale infinitesimale di Zenone che ri troviamo in «Star system» (2002), un'opera composta da una serie di stelle marine in alluminio di dimensioni di verse, fotografate su uno sfondo scuro. Con una sottile dose di ironia, Caravaggio mette in rapporto l'universo con i fondali marini, dando vita ad un paesaggio cosmico in bilico tra gioco infantile e sistema mediatico, aggiun gendo un elemento ironico che conferisce al lavoro un valore simbolico di matrice duchampiana. Un tempo co smico e dilatato governa invece il principio ispiratore di «La visione di una stella proiettata verso la sua origine» (2004), una struttura aerodinamica in bronzo che rac chiude un tondino di alluminio circondato da un alone di cioccolato fondente. Vista in sezione, l'opera suggerisce l'impressione del viaggio compiuto dalla luce di una stella nel cosmo: un singolo punto luminoso che scaturi sce da un solido metallico lungo due metri. È un'imma gine carica di suggestioni metafisiche, in grado di co niugare il rigore minimalista presente in alcuni lavori di artisti come Donald Judd con un'anima «naturale» vicina al linguaggio poverista di Giovanni Anselmo e Luciano Fabro, unita ad una componente simbolico-esoterica pre sente nella poetica di Joseph Beuys. Francesco Gennari: scultura come concetto assoluto L'opera ha innumerevoli sensi ultimi in quanto è struttu ralmente ambigua.
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Ogni opera di Francesco Gennari può essere letta come il frammento di un unico discorso, che affronta in maniera radicale i grandi interrogativi della vita umana, interpre tati in chiave metafisica. Se Caravaggio si interroga sulla percezione del tempo e sulla natura processuale dell'opera d'arte, Gennari puntualizza invece la capacità dell'artista di vestire i panni del demiurgo contemporaneo, ispirato dal pensiero di Nietzsche. In una delle sue prime opere, che
consisteva nella frase «Nessun concetto nessuna rappre sentazione nessun significato» (1998-99), l'artista indicava la sua volonta di riportare al grado zero del pensiero I'o pera, intesa come generatrice di problematiche sulla vita e sulla morte. E diventare cosl un costruttore di mondi im possibili, dove i materiali e gli stessi esseri viventi diven tano metafore di concetti filosofici, espressi attraverso immagini simboliche di notevole complessita, legate a ca tegorie progettuali di matrice esoterica8• L'opera appena compiuta deve subito e solo confrontarsi con La storia. Ogni opera si propone come una struttura concettuale ambigua, suscettibile di molteplici letture, che si raccol gono in un 'unica visione. Misteriosi rapporti matematici e geometrici hanno ispirato «La degenerazione di Parsifal (triangolo piano avente Agartha come vertice)» (2005), un'opera costituita da due piramidi in piombo e argento che, poste ad una distanza minima di 76 centimetri e mas sima di 7600 chilometri, rappresentano ii lato di un ipote tico triangolo che ha come vertice Agartha, la mitica citta abitata dagli iperborei. Invece «Contrazione della metafi sica n. 4» (2005), composta da un unico blocco di marmo nero marquina si pone come una riflessione sull'essenza indefinibile della materia nelle sue diverse componenti fi siche e metafisiche. Un punto di vista volutamente crip tico riassunto da Gennari nell'opera fotografica «Avendo se stessi come unico punto di riferirnento» (2004) che mo stra una lumaca che cerca di uscire dal proprio guscio, ca povolto e imrnerso in un ricciolo di panna montata. Lo stesso procedimento mentale era gia presente nell'«Auto ritratto metafisicamente arnbiguo» (2003) dove i connotati fisiognomici de! volto dell'artista vengono trasformati in rapporti numerici posti alla base di un solido ottagonale realizzato con un impasto di cemento, ossidi, graniglia e cacao che contiene al suo intemo sette bigne alla crema. I rapporti tra i diversi materiali che costituiscono l'essenza 21
dell'opera rendono particolarmente complessa la defini zione della sua reale natura: oggetto, scultura o architet tura? Una problematica che avvicina l'arte di Gennari alle ricerche di Leonardo e di altri artisti del Rinascimento, fondate sulle strette relazioni tra scultura, oggetto e archi tettura, in una linea di ricerca che unisce gli affreschi di Paolo Uccello del chiostro verde di Santa Maria Novella alla misteriosa «Città ideale» di Urbino, attribuita nel tempo a Luciano Laurana, Leon Battista Alberti, Piero della Francesca e Francesco di Giorgio Martini. Pietro Roccasalva: scultura come spazio mentale Un quadro è sempre un 'uscita da ciò che avevi preparato.
La ricerca di Pietro Roccasalva è legata all'esplora zione dei differenti media capaci di conferire realtà a im magini che vivono di continue trasformazioni all'interno di un processo mentale determinato dall'artista. Ogni opera quindi viene presentata come la tappa di un'evolu zione che unisce forma e concetto, all'interno di un can tiere che ricorda una bottega rinascimentale adattata all'u niverso delle nuove tecnologie multimediali. Un itinerario che intende sottolineare la natura dell'opera come signifi cato provvisorio e suscettibile di ulteriori trasformazioni ottenute attraverso un continuo slittamento tra dispositivi formali diversi, che spaziano dalla pittura alla fotografia, dalla scultura all'installazione, dal video alla stampa digi tale. Di fatto quindi ogni lavoro assume il valore di un meccanismo, di una situazione che permette all'opera di assumere in quel momento e sotto quell'aspetto il senso ricercato dall'artista9 • Il quadro contiene il tempo dello spazio.
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Così la serie di immagini digitali che compongono l'o pera «Fisima I « (2002) mostrano la ricostruzione digitale di uno spazio architettonico semivuoto colto da differenti
nota 4; S. MENEGOI, Light Sculpture, catalogo della mostra, Mulino 503, Vicenza 2005. 8 Sul lavoro di Francesco Gennari cfr. «Francesco Gennari», ca talogo della mostra al Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro a cura di Ludovico Pratesi, Ed. Charta, Milano 2002.; «Verso il Futuro», catalogo mostra al Museo del Corso di Roma, Ed. Charta, Milano 2002; Conversazione tra Francesco Gennari e Mauro Panzera in oc casione della mostra personale «Tornerò dove non sono mai stato». Galleria Tucci Russo, Torre Pellice (TO), 2005; A. BELLINI, «SN.O.W.», cit. 9 Sul lavoro di Pietro Roccasalva cfr. A. RABOTTINI, «Pietro Roccasalva», in «Flash Art», agosto-settembre 2004, p. I I 6; B. CA SAVECCHIA e M. SMARRELLI, lmervista a Pietro Roccasa/va, pubbli cata nel catalogo della mostra Premio Furia, edizione 2005, Bolo gna, Villa delle Rose, Ed. Charta. Milano 2005; c. LOUBARD, «Dis soi Logoi», testo pubblicato nel catalogo della mostra «Forse Italia», S.M.A.K., Gent, 2003; G. DI PtETRANTONIO. La Ripr0Rid11z.io11e, ca talogo della mostra all'Istituto Nazionale della Grafica, Roma. Ed. Silvana Editoriale, Milano 2002. 10 P. RoccASALVA, Le fisime di Zurvan, testo dattiloscritto.
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bose, spesso translucide. Per quanto siano semplice mente dei prodotti, i blobject tendono a essere polposi, pseudo-vivi e seduttivi: gommosi, facilmente afferra bili, flessibili, palpabili, tutti da accarezzare e da coc colare3 . Allo stesso modo, sulle due dimensioni, abbiamo sempre più a che fare con caratteri, «tipografici», altret tanto fluidi, ben diversi da quelli tradizionali («romani», «lineari», «egiziani» ecc.). I «tipi» odierni - anzi questi blobtype, potremmo dire - sono meno leggibili di quelli ortodossi, se non altro per il loro look bizzarro, ma le fron tiere di sperimentazione del testo sembrano orientate verso forme espressive in grado di trasmettere il messaggio at traverso una performance figurativa. Il Blur di Neville Brody (1992) esemplifica chiaramente lo stato dell'arte. Se la casa che lo produce, la FontShop Intemational, lo definisce «amorfo», Lewis Blackwell si domanda fino a che punto lo si possa considerare un bastone geometrico, per quanto con l'aspetto indistinto\ ovvero un lineare dalle sagome «annacquate». Rimarcando l'aderenza del Blur allo «spirito del tempo», Claudio Castellacci e Patri zia Sanvitale' mettono l'accento sulla velocità con cui le immagini si susseguono sullo schermo della TV o del computer, sulla rapidità con cui, sui video degli aero porti o delle stazioni, si leggono le informazioni ri guardo gli arrivi e le partenze [...] Ecco, appunto, la ragione della sfocatura del carattere Blur che avrebbe fatto, sì, inorridire Garamond, ma che oggi affascina i ragazzini per i quali il massimo dell'interesse è lo schermo di un telefono cellulare su cui inviare e leg gere messaggi sms5 . Tuttavia, benché la tecnologia progredisca a passo di gigante, gli artefatti ripropongono talvolta forme déjà vu: quasi un andamento A passo di gambero, per citare un ti tolo che riassume la cifra del presente6 • Alla fine dell 'Ot tocento, infatti, forme fluide hanno cominciato a caratte rizzare strutture architettoniche, oggetti industriali (più spesso artigianali) e opere d'arte figurativa nel suo com26 plesso. È il caso del Liberty (Art Nouveau, Jugendstil, Mo-
meccanica», basata su Ila· morfologia geometrico-ortogo nale De Stijl (rielaborata in chiave costruttivista) 11, sul l'altra sponda dell'oceano, forme fluide cominciano a co lonizzare buona parte del design statunitense. Alludiamo alle forme sinuose e avvolgenti dello Styling, che prende corpo in America tra gli anni trenta e gli anni quaranta. La linea aerodinamica - la forma «a goccia» - intrisa di significati simbolici, diventera ii minimo comun denomi natore della produzione industriale americana: dal treno all'aspirapolvere. Quella linea, nata per soddisfare esi genze di carattere pratico-economico (ridurre l 'attrito e la turbolenza dei veicoli per contenere le spese di carbu rante), era destinata a caratterizzare anche oggetti «sta tici», come un temperamatite o la graffatrice piu bella del mondo 12 , perche passava a simboleggiare la velocita (e la modemita) in uno stupefacente mix di tecnologia ed estetica. Nel 1940 il MoMA (Museum of Modem Art di New York) indice un concorso sull'Organic Design in Home Furniture. Si distinguono Charles Eames ed Eero Saarinen con sedute dalle forme veramente espressive. Quell'espe rienza dara spunto a tutta una serie di arredi dalle sagome eminentemente «plastiche», intendendo qui l 'esibizione espressiva della forma e l'utilizzo inedito dei materiaii pla stici. Si pensi alla Tulip Chair di Saarinen o alla Panton Chair di Verner Panton (una sedia-scultura), prodotte dalla Knoll International e dalla Herman Miller negli anni cin quanta: vere e proprie «conchiglie ergonomiche» o calici tridimensionali [che] con l'eliminazione dell'angolo retto conducevano dal mondo formale delle sedie cur vate bidimensionali di Breuer e Aalto nella nuova sfera del 'mobile-scultura', la cui tecnologia si fondava su acquisizioni recentissime 13• Anche in Italia, tra gli anni sessanta e settanta, si sperimenteranno a fondo le possibi lita tecnico-funzionali della plastica e le sue valenze sim bolico-espressive: dalla sedia Selene (di Vico Magistretti per Edra, 1969), sobria e misurata, alle ampollose crea28 zioni Pop, come il divano Bocca (dello Studio 65 per Edra,
Si può a tal proposito escludere che l'incontenibile in vasione di elementi prefabbricati plastici nel paesaggio ur bano sia del tutto priva d'intrecci con questi temi? In que sto congiungimento di design e architettura non è difficile scorgere un filone di continuità con una grande esperienza culturale, mai sopita, che costituisce in effetti una delle in varianti della cultura contemporanea: la grande sperimen tazione Pop. Questo fenomeno, che è attecchito in Italia in misura ridotta e che è stato sempre sottovalutato dalla nostra cultura, è oggi nuovamente rinvigorito dagli effetti delle tecniche grafiche digitali. Si potrebbe tracciare questa genealogia con riferimenti precisi e documentali: basti pensare al fatto che buona parte della produzione architettonica di cui trattiamo pro viene da architetti formatisi non a caso a Londra e New York, centri incontrastati dello sviluppo della Pop Art. Ci limitiamo a citare, fra le tante possibili connessioni esa minabili, come queste recenti architetture ci richiamino le divagazioni pop di James Stirling: si pensi agli oggetti me tallici rosa e azzurri, (gli areatori nella biblioteca di Cam bridge, che Banham aveva paragonato a dei trattori20 , così come le ringhiere della Galleria di Stato di Stoccarda) o interi edifici, spesso etichettati sommariamente come po stmodern: il centro scientifico di Berlino, l'edificio a Cor nell ed altri. Ed è interessante rilevare che Stirling era un membro dell'lndependent Group, il gruppo avanguardi stico londinese, dove il pop era addirittura nato anni prima delle elaborazioni americane21• È utile in questa sede an cora notare che nell 'lndependent Group una delle perso nalità più influenti era lo scultore Eduardo Paolozzi, i cui totem colorati spiegano chiaramente la genesi degli edifici di Stirling, così come i più tardi oggetti di Ettore Sottsass: edifici e mobili che si configurano come pezzi di meccano, di Lego, insomma come giocattoli22• Ciò è molto simile a quanto avviene nel design odierno: Negli anni novanta, poi, con gli oggetti colorati, dalle forme morbide e ar rotondate, di Stefano Giovannoni per Alessi, nasce un 32 fenomeno nuovo, un diffondersi internazionale di og-
stra capacita di distinguere la differenza tra reale e im maginato si indebolisce, sostiene Baudrillard, si genera un altro tipo di realta - un'iperrealta - e inizia a scor rere nelle nostre vite quotidiane, non solo attraverso in ternet, ma anche lungo molti altri meno eterei canali. Baudrillard mette in relazione ii sempre piu ampio re gno dell'iperrealta con quello che chiama la «preces sione dei simulacri», la massiccia sostituzione del reale con le sue rappresentazioni simulate, o immagini, un processo che secondo Baudrillard ha raggiunto ii suo apice in luoghi come la California del sud, dove ormai tutta la realta non che - virtualmente - una realistica simulazione28. Televisione, realta virtuale del computer, e spazio fi sico reale tendono ormai a confondersi almeno sul piano dell'esperienza. Cos1 Baudrillard: In realta, bisogna in terpretare l'iperrealismo all'inverso: oggi la realta stessa che iperrealistica... Adesso tutta la realta quotidiana, politica, sociale, storica, economica, ecc., che fin d'ora ha incorporato la dimensione simulatrice dell'iperrealismo: noi viviamo gia ovunque nell'alluci nazione «estetica» della realta29 . Soja analizza ii fenomeno delle citta virtuali, come la SimCity del noto videogioco, notando lo sconvolgente av vicinamento tra realta e virtualita. Ma le teorizzazioni di Baudrillard sono complementate dalla inquietante rifles sione degli artisti iperrealisti (photorealists) che giocano un sofisticato scambio tra realta e rappresentazione pren dendo la fotografia come soggetto dei loro quadri. Le con seguenze sociali e culturali di questo fenomeno sono rile vantissime ma c'interessa qui puntualizzare l'effetto stret tamente visuale. La confusione tra realta e rappresentazione e dominata dalla grafica digitale, notoriamente ludica, infantile, user friendly. Nascono degli ibridi: i film misti o 3D - primo tra tutti Chi ha incastrato Roger Rabbit? - che fanno del l'incursione e del contrasto tra realta ed elemento «artifi34 ciale» il motivo dominante: le architetture che abbiamo fi-
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2° Cfr. R. BANHAM, History Faculty, Cambridge, in «Archi tectural Review», n. 144, 1968. 21 Vedi i collage di Paolozzi, di Henderson e di Hamilton. Cfr. c. LICHTENSTEIN, TH. SCHREGENllERGER (a cura di), As found. The
Discovery of the Ordinary. British Architecture and Art of the 1950s, Lars Mtiller, Baden 2001; D. Ronn1Ns, (a cura di), lndependem Gro11p: Postwar Britain and the Aesthetics of Plenty, MIT Press, Cambridge-London 1990; M. G1R0UARD, Big Jim. The Life and Work of James Stirling, Chatto & W indus, London 1998. 22 Playmobil architecture è l'efficace espressione di K. FRAMP T0N, On James Stirling. A premature critique, in «Architectural Association Files», n. 26, 1993. 23 Cfr. V. PASCA, D. Russo, op. cit., p. 56.
24 Su Monro, cfr. w. GUADAGNINI e M. LIVINGSTONE (a cura d i), Pop Art UK. British. Silvana , Modena 2004. 25 È quanto lei stessa dichiara in un 'intervista contenuta in «Pop Architecture», numero monografico di «Architectural Design»,
7/8, 1992.
26 Cfr. R. KooLHAAS, Delirious New York, Oxford University Press, New York 1978. 27 Cfr. A. BETSKY, Pleasurable and essential: Colo11r and Con tent in the Work of Sauerbruch & Hutton, in «El Croquis», n. I 14. 2g E.W. S0JA, Comunità digitali, SimCity e l'iperrealtà della vita quotidiana, in «Lotus lntemational», n. 110, 2001; vedi dello stesso autore anche il capitolo «SimCities: restructuring the Urban lmagi nary» in Postmetropolis: Criticai Swdies of Cities and Regions, Blackwell Publishers, Malden (Mass.) 2000; il riferimento è a J. BAUDRILLARD, Amerique, Grasset, Paris 1986. 29 J. BAUDRILLARD, Lo scambio simbolico e la morte, Feltrinelli, Milano 1979, p. 87.
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Capitalismo e consumo
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È opportuno fornire una breve spiegazione sulla na scita del capitalismo e del consumismo, due concetti stret tamente correlati tra loro. Come afferma Wemer Sombart2 nel suo saggio Lusso e capitalismo, è la natura delle merci stesse a portare all'organizzazione capitalistica. Infatti, sarà grazie allo sviluppo nel 1300-1400 del commercio delle spezie e della seta che si affermerà e si consoliderà il «primo capitalismo» mercantile. Il consumismo, e di conseguenza anche il lusso, erano giudicati negativamente nel '700. Ma la rivoluzione industriale ha fatto nascere un desiderio di consumare che è sempre operante, cioè tale per cui in ogni momento le persone vogliono consumare sempre più. Nelle società in cui viene superato il livello del consumo di sussistenza, l'aumento della ricchezza per sonale permette a più individui di desiderare certi beni considerati di livello più alto, la cui caratteristica è spesso di essere ad offerta limitata. Sono quei beni che Fred Hir sch3 , sociologo inglese, chiama «posizionali» perché il loro impiego indica il raggiungimento di una certa posi zione nella scala sociale. Ecco affiorare la componente snobistica. Sono beni quindi che non potevano essere pos seduti da tutti. Ma con l'avvento del «secondo capitali smo» a partire dall'Ottocento, l'arrivo della borghesia al potere porterà con sé un allargamento della base di con sumo che inevitabilmente abbasserà il livello di raffina tezza estetica dei beni consumati. L'indulgere a consumi di lusso, quindi, troverebbe legittimazione in una «etica borghese del consumo» che a un certo punto innestò la diffusione dello stile di vita riservato ali'aristocrazia negli strati più bassi del corpo sociale. In quegli anni si avrà al lora l'impulso decisivo all'accumulazione di ricchezze in dispensabili per lo sviluppo capitalista. Avendo sostituito la precendente etica protestante, l'etica consumistica spin gerà gli individui a ricercare la propria realizzazione e la propria soddisfazione personale nel mondo terreno. Per questo motivo, il sociologo T.J. Jackson Lears4 definisce
persona proveniente dalla classe media può comprare opere d'arte e di design, può sentirsi legittimamente assi milato alle classi aristocratiche. Secondo Baudrillard, il consumo crea regole di combinazione e uso dei beni, spe cifiche e adatte per ogni classe. Un primo tentativo di mi surare empiricamente questa teoria è stato quello della «scala del soggiorno» di Chapin5 • Egli voleva misurare lo status sociale delle famiglie in base al tipo di arredamento del soggiorno, utilizzando quindi il potere d'acquisto come indicatore prioritario dello strato sociale. Il sociologo Grant McCracken6 invece considera la «patina» il princi pale indicatore dello strato sociale di una famiglia. Il ter mine patina indica quell'aspetto consunto che assumono sulla superficie i beni posseduti da una famiglia a causa dell'uso di cui sono oggetto nel corso di diverse genera zioni. Essa testimonia visivamente che una determinata fa miglia è stata in grado di conservare la sua ricchezza per molto tempo. Baudrillard riconosce in Thorstein Veblen il grande precursore di queste teorie. Ciò che emerge infatti dal libro scritto dal sociologo tedesco, La teoria della classe agiata7 , è la convinzione che alla base della logica del consumo vi sia la produzione di una gerarchia sociale. Si consuma quindi in un modo tale da affermare la pro pria posizione ali' interno della gerarchia sociale; e ogni classe guarda e s'ispira, per il modello di consumo, a quella immediatamente superiore. La superiorità della lei sure class, cioè della classe agiata, sta nella sua capacità di manipolare i segni attraverso il consumo di beni otte nuti tramite il dispendio di ricchezze. Ma è la leisure class in prima istanza a conferire i propri valori e i propri si gnificati ai beni che consuma, che diventano in questo modo «beni onorifici». Tra quest'ultimi rientrano anche le buone maniere, il galateo, la dizione, lo studio delle lin gue morte: cioè beni interamente acquisiti attraverso un uso «non-produttivo» del proprio tempo, possibilità che unicamente la classe agiata può permettersi. È a Veblen che si deve l'espressione «consumo vistoso», inteso come un comportamento che denota ricchezza e che è dunque 40
quantità e qualità diviene un segno d'inferiorità e de merito. Attraverso il possesso di un oggetto si fornisce
quindi una prova sociale d'integrazione e di appartenenza legittima alla propria classe. Il consumo è dimostrativo poiché è il luogo della consacrazione di uno sforzo, di uno stress for achievement che si propone di fornire una prova permanente e tangibile del valore sociale. Proprio perché questo oggetto consumato costituisce una prova, esso deve essere necessariamente valorizzato, ostentato, esibito nel modo più completo. Tornando a Baudrillard, egli sottoli nea ne La società dei consumi, come il consumo non sia più una modalità passiva di assorbimento e di appropria zione di prodotti, bensì una modalità attiva di relazione con gli oggetti e con la società. Per diventare oggetto di consumo, il bene deve però prima essere un segno cari cato di senso, consumato non solo per i suoi benefici ma teriali ma soprattutto per la sua capacità di esprimere un simbolo di differenziazione sociale. La classe agiata de tiene quindi un vero e proprio sistema di potere e di co municazione poiché è la prima a poter caricare di signifi cati i beni ed è anche la prima a poter usufruire di questi ultimi. Baudrillard, ne IL sistema degli oggetti, ha sotto gli occhi l'opulentismo europeo degli anni '60, i cui princi pali connotati sono l'alto grado di mobilità sociale degli strati inferiori e intermedi e l'incremento del potere d'ac quisto individuale. Il processo moderno di consumo av viene quindi paradossalmente quasi senza oggetti, nel senso che questi oggetti non sono altro che dei segni in quanto simboli comunicativi; quindi il consumo si traduce in un beneficio innanzitutto astratto, cioè nella possibilità di rendere visibile agli estranei, ai «freddi osservatori» della nostra vita per dirla con Veblen, l'appartenenza ono rifica a una classe agiata. Il consumo si configura quindi come un codice di segni continuamente emessi e ricevuti, uno scambio socializzato di segni fra le varie classi so ciali. Lo stesso design è intrinseco alla logica della diffe renziazione e assolve una funzione di discriminazione so42 ciale. Si pensi a Wedgwood che già dal 1768, con la crea-
beni-segni. Ma gli individui degli strati intermedi, nel vo ler imitare le classi superiori adottando i loro beni di pre stigio, finiscono con lo svalutare il patrimonio simbolico prestigioso che inizialmente caratterizzava in maniera spe cifica questi beni. Da queste pratiche di differenziazione esulano naturalmente due categorie: la classe privilegiata e quella subordinata, la prima e l'ultima, quelle cioè im mobili. Baudrillard si riferisce quindi alle classi medie, in ascesa, mobili e in via di promozione sociale, perché ogni classe imita quella immediatamente superiore e aspira ad essa. Non è chi non veda queste classi sociali come le più influenzate dallo snobismo. Hirsch chiama questo feno meno «congestione sociale» e lo paragona a una colonna in marcia, per cui tutti, prima o poi, passeranno negli stessi posti, (cioè possiederanno gli stessi beni) ma le retrovie ci arriveranno solo dopo che gli altri avranno già sfruttato o goduto delle occasioni presentatesi, deludendo le aspetta tive di coloro che hanno visto elevarsi la loro posizione grazie al sollevarsi della scala nel suo complesso. Grant McCracken invece parla di «inseguimento e fuga», anzi ché parlare di gocciolamento: sono le classi inferiori che tentano costantemente di emergere e inseguono quelle su periori, che se imitate sono costrette a cambiare. Pertanto la dinamica di questo meccanismo si muove dal basso verso l'alto. Gerardo Ragone 13 critica Simmel ed Hirsch sostenendo che i consumatori possono chiedere e deside rare soltanto ciò di cui sono a conoscenza e che la cono scenza è un elemento diffuso in maniera diseguale nel corpo sociale. Pertanto, il vero lusso si identifica con l'ac cesso alle fonti conoscitive e col possesso di informazione. Sarà questo un passo in avanti verso la formulazione di cosa costituirà il lusso del futuro, sempre più svincolato dalla materialità e dalla visibilità dei beni. Ragone include in questa sua critica soprattutto il regno dell'architettura: infatti solo le classi privilegiate hanno diritto all'attualità dei modelli architettonici, mentre gli altri vi hanno diritto quando questi modelli sono già cambiati. A tal proposito, 44
contrario: il minimalismo. Si passa quindi a un modello di godimento del lusso assai più sofisticato e personalizzato in quanto mediato culturalmente da ciascuno. Il sociologo David Riesman 16 parla addirittura di sottoconsumo osten tativo per indicare la scelta snobistica di prodotti poco co stosi da parte di individui con un alto reddito. Anche Vanni Codeluppi 17 sostiene che l'edonista mo derno muta il suo rapporto con il lusso e con il consumo: egli è in grado di trarre piacere da ogni esperienza prati cabile, non più soltanto da attività specificatamente fina lizzate a questo. È qui che si inserisce la trattazione sul1 'edonismo operata da Cutolo, il quale riconosce all'edo nismo un valore funzionale allo sviluppo armonico del1 'individuo. Egli afferma, nel libro Lusso e design.: Credo poi che il lusso si stia trasformando, sviluppandosi verso due direzioni: a) diventando preminentemente intangibile, ma rimanendo elitario, accessibile quasi esclusivamente a quei pochi che hanno sempre vissuto nel lusso b) amplificandosi, grazie alla produzione in dustriale, fino a consentire a un numero crescente di individui l'accesso a quelle merci che del lusso sono sempre state simbolo ed emblema, e diventando in tal modo socialdemocratico 18 .
L'edonista virtuoso
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Cutolo parla dunque dell'avvento, negli anni '80, dell' «edonista»: cioè colui che può attivamente contribuire a riequilibrare il rapporto fra individuo-consumatore e mercato-manipolatore. L'edonista sa trasformare l'am biente circostante con il continuo apporto di prodotti di cui conosce l'origine e l'uso. Prodotti che quindi vengono non soltanto consumati ma anche compresi, come strumenti di una trasformazione intesa a culturalizzare ogni scelta al servizio dello sviluppo della civiltà. Ed è qui che avviene il passaggio dal consumatore-edonista all'edonista virtuoso, avveduto progettista del proprio consumo. Scom-
necessita e ricerca per abitare la propria vita20 . E in
quest'ottica di individualizzazione che si realizza l 'impor tantissimo passaggio da una strategia di differenziazione sociale impemiata sullo status symbol, cioe sull'ostenta zione del valore econom.ico de] bene posseduto, a una in centrata sullo style simbol, sulla capacita dei beni di espri mere la cultura, ii gusto e lo stile di ciascun individuo.
ll design e ii n.uovo nomos Qua] e ii ruolo del design allora? II design deve riuscire a darsi un ruolo strategico di alto profilo, deve contribuire alla definizione dei nuovi canoni estetici di una produzione prevalentemente industrial.izzata che puo dare qualita in quantita e allora deve schierarsi anche eticamente e com battere per affermare ii principio della felicita come rico noscimento della bellezza. Di una bellezza pero che non si possa soltanto comprare, per raggiungere una felicita non surrogabile con ii denaro. Come scrive Geminello Alvi21 ne fl secolo americano, il capitalismo surroga economica mente la felicita, rimedia alla sua assenza, la simula per ac quisto, finge che sia uguale per tutti. Ma e presuntuoso ri tenere che la felicita possa crescere per opera dell'econo mia, cosl com'e false credere che essa possa essere surro gata dal denaro. Le merci soddisfano ii piacere materiale di ciascuno, diventando surrogati di felicita. Ma le merci non sono in grado di offrire risposte ai desideri piu «alti». Per la qua] cosa e auspicabile e urgente «un nuovo nomos» capace di disarticolare l'econorn.icizzazione delta felicita e delta bellezza che ad essa sempre si accompagna.
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1 C. CAMPBELL, Romanticism and the Consumer Ethic, in «So ciological Analysis», vol. 44, n. 4, 1983. 2 W. SoMBART, Lusso e capitalismo, Unicopli, Milano 1988. 3 F. HIRSCH, / limiti sociali allo sviluppo, Milano, Bompiani 1981.