UTOPIA E PROGETTO
Sguardi sulla scultura del Novecento
UTOPIA E PROGETTO UTOPIA AND PROJECT Sguardi sulla scultura del Novecento Perspectives on 20th-Century Sculpture testi a cura di | texts by Beatrice Buscaroli
GALLERIA OPEN ART, PRATO 20 maggio - 23 settembre 2017
UTOPIA E PROGETTO UTOPIA AND PROJECT
Sguardi sulla scultura del Novecento Perspectives on 20th-Century Sculpture GALLERIA OPEN ART, PRATO 20 maggio - 23 settembre 2017
Testi a cura di | Texts by Beatrice Buscaroli Produzione e coordinamento Production and coordination Mauro Stefanini Realizzazione grafica | Graphics-layout Andrea Giurintano Supervisione | Supervision Giovanni Carfagnini Traduzione e revisione in lingua inglese Translation and English-language editing Paula Elise Boomsliter per Lexis srl, Firenze Edizioni | Publisher Carlo Cambi Editore, Poggibonsi (SI) Stampa | Printing Tap Grafiche, Poggibonsi (SI) Assicurazioni | Insurance
Digital cromalin | Digital chromalin Tap Grafiche, Poggibonsi (SI)
© 2017 Galleria Open Art © 2017 Carlo Cambi Editore www.carlocambieditore.it Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore. L’editore resta a disposizione degli eventuali detentori di diritti che non sia stato possibile identificare o rintracciare. No part of this book may be reproduced or transmitted in any form or by any means, whether electronic, mechanical, or otherwise, without the written permission of the copyright holders and the publisher. Every effort has been made to trace copyright holders. The publisher apologizes for any errors or omissions and would be grateful if notified of any corrections that should be incorporated in future reprints or editions.
Copertina | Cover Quinto Ghermandi Senza Titolo | Untitled 1961
Retro copertina | Back cover Francesco Somaini Proposta per un monumento IV Proposal for a Monument IV 1958
INDICE CONTENTS
UTOPIA E PROGETTO Sguardi sulla scultura del Novecento UTOPIA AND PROJECT Perspectives on 20th-Century Sculpture
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Testo critico Critic text Beatrice Buscaroli
90
Jiří Kolář
96
Susan Loeb
14
Roberto Barni
100 Giuseppe Gattuso Lo Monte
18
Dino Basaldella
104 Luigi Mainolfi
22
Mirko Basaldella
112 Paolo Maione
30
Sandro Chia
118 Giuseppe Maraniello
34
Pietro Consagra
126 Marino Marini
38
Piero Dorazio
136 Fausto Melotti
42
Agenore Fabbri
140 Mario Negri
48
Nino Franchina
144 Beverly Pepper
56
Yasuo Fuke
150 Guido Pinzani
62
Walter Fusi
156 Francesco Somaini
68
Quinto Ghermandi
170 Giuseppe Spagnulo
80
Emilio Greco
174 Mauro Staccioli
84
Bruno Innocenti
182 Elenco delle opere List of works
UTOPIA E PROGETTO Sguardi sulla scultura del Novecento Beatrice Buscaroli “La scultura è quella cosa contro la quale si urta per osservare meglio un quadro”. Non è chiaro chi sia stato a pronunciare la battuta destinata ad un certo successo. Forse Ad Reinhardt, raffinatissimo pittore che tuttavia intraprende gli studi di storia dell’arte con Meyer Shapiro, quasi a sottolineare una difficoltà, forse una caduta d’attenzione che nelle scansioni del secolo appena trascorso si manifesta caparbiamente. Oppure, invece, è stato Barnett Newman, maestro del color field painting, ma anche scultore, “precursore” delle soluzioni minimaliste che cercheranno di fornire alternative ai vari espressionismi e alla pop art. Sta di fatto che la scultura è ingombrante, difficile, pesante. È un’idea alla quale non è facile aderire o appassionarsi… Tutto probabilmente discende da una tradizione critica che risale ai Salon e ai giudizi espressi da Charles Baudelaire già 1846: “L’origine della scultura si perde nella notte dei tempi; questo ne fa un’arte da Caraibi” … “Brutale e positiva al pari della natura, essa è insieme vaga e intangibile, in quanto mostra troppe facce in una volta” … “In tutte le grandi epoche, la scultura è un complemento; al principio e alla fine, è un’arte isolata”. Insomma, niente a che vedere con quell’arte “di ragionamento profondo” che è la pittura. Per non parlare dell’arte del degrado, celebrativo o funerario, di cui scrive Carlo Carrà nel 1923, cui fa riferimento anche la “lingua morta” di Arturo Martini nel 1945. Eppure, pensando a Medardo Rosso e a Umberto Boccioni, ai dorsi di Henri Matisse e a Costantin Brancusi, fino alle installazioni di Lucio Fontana e al Socle du monde di Piero Manzoni, il gesto della scultura ha saputo ideare alternative radicali ai marmi e ai bronzi della sua memoria “ufficiale”. Ha saputo diventare “grembo plastico” – sempre secondo Martini – capace di esprimersi nello spazio, vale a dire di ergersi come gioco di masse e di volumi nel luogo in cui è collocata: si tratti della dimensione pubblica o di quella privata, del rapporto con la città e con il museo o all’interno di una collezione che Mauro Staccioli, Anello | Ring, 1996 Sala della Musica, Relais Santa Croce by Baglioni Hotels, Firenze, 2016
sa apprezzare il peso della sua materia e la profondità del suo
photo by Torquato Perissi
“I prodotti della scultura sono corpi”, scrive Martin Heidegger,
progetto. 1
UTOPIA AND PROJECT Perspectives on 20th-Century Sculpture Beatrice Buscaroli ‘Sculpture is what you bump into when you back up to see a painting’. There is some debate about who pronounced this (in)famous quip. Perhaps Ad Reinhardt, a highly-sophisticated painter who nevertheless undertook studies of art history with Meyer Shapiro, almost as though to highlight a difficulty, perhaps an attention deficit, a degraded focus which stubbornly manifested in the scannings of the century just closed. Or was it Barnett Newman, master of color field painting but sculptor as well, a ‘precursor’ of the minimalist solutions that were to attempt to provide alternatives to the various expression-isms and to Pop Art? The fact of the matter is that sculpture is unwieldy, difficult, heavy. It is an idea not easy to embrace or for which to develop a passion. Everything, probably, descends from a critical tradition that dates back to the Salons and to the judgments handed down by Charles Baudelaire in 1846: ‘The origin of sculpture is lost in the mists of time; thus it is a Carib art.’ ... ‘Though as brutal and positive as nature herself, it has at the same time a certain vagueness and ambiguity, because it exhibits too many surfaces at once.’ ... ‘At all great periods, sculpture is a complement; at the beginning and at the end, it is an isolated art.’ In short, nothing like that art of ‘profound thought’ that is painting. To say nothing of the degenerative art, celebrative or funerary, of which Carlo Carrà wrote in 1923; to which Arturo Martini’s ‘dead language’ of 1945 also refers. And yet – reflecting on Medardo Rosso and Umberto Boccioni, on Henri Matisse’s backs, on Costantin Brâncuși, or on Lucio Fontana’s installations or Piero Manzoni’s Socle du monde – sculpture has come up with radical alternatives to the marbles and the bronzes of its ‘official’ memory. It has known how to become a ‘maternal womb, prodigiously expansive and elastic’, in the words of Martini, capable of expressing itself in space; that is to say, of setting itself up as a play of masses and volumes in the place in which it is installed: whether the dimension is public or private, that 2
of its relationship with the city or with the museum, or that of its
Agenore Fabbri
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“La loro massa consiste in materiali diversi, riceve la sua forma in modi molteplici. Il formare avviene nel modo del circoscrivere, come un includere e un escludere rispetto a un limite. Entra così in gioco lo spazio”. Circoscrivere, limite, vuoti e pieni, ombre e luci. Se l’arte è il “porre in opera la verità”, allora è lo spazio ad assegnare la sua misura, il suo “essere-proprio”. Ecco dunque che la scultura si presenta come misura dello spazio, come forma possibile che si esercita su un limite e disvela la propria misura. Un processo nel quale sembrano convivere la dimensione del progetto e quella dell’utopia; regola e passione; virtù e furore. Chi pensa che la scultura sia immobile deve ricredersi, perché ogni forma, nella sua apparente staticità, in verità muta continuamente fino a trasfigurarsi, capovolgersi, decomporsi. La sua linfa è la luce, il suo abito è la risposta. È interessante indagare il materiale con cui l’artista ha deciso di proporre la propria poetica: pietra, metallo, legno, materiali sintetici sono il colore delle emozioni, non soltanto l’abito della forma. E lo stesso colore dell’ “abito” sembra mutare sotto l’influsso inesorabile del tempo che lo aggredisce. Non solo; si manifesta anche il tentativo di produrre il movimento, quasi generando la sensazione di poterlo provocare. La Figura allungata di Mario Negri sembra proprio alludere a questo sforzo: una sorta di metamorfosi dove si rende percepibile l’idea di uno sviluppo organico della “figura”, come, seguendo modalità del tutto differenti, accade nel Fandango di Dino Basaldella e così pure nei legni di Yasuo Fuke, dove la “fedeltà al materiale” di cui parlava Henry Moore si dispiega in modo costruttivo, ponendo in evidenza l’interdipendenza tra forma dell’oggetto scolpito e sviluppo organico del materiale d’origine. Lo stesso vale per le “torsioni” tattili di Beverly Pepper, che paiono rinviare a quel “giudizio unitario e globale della profondità” caro al purovisibilismo di Adolf von Hildebrand e, soprattutto, all’esercizio plastico impostato da Moore. Una pratica analitica che emerge anche nelle opere di artisti che tra loro non potrebbero essere più distanti, come Piero Dorazio, Pietro Consagra e Walter Fusi. Se nelle Sospensioni molecolari di Dorazio riverberano i tessuti di ombre e di luci del Modulatore di Moholy-Nagy, dove la luce viene intesa come dilatazione di energia e non più come massa statica, il Bifrontale di Consagra ci consegna una dilatazione dall’aura “meccanica” che cresce su se stessa proiettandosi nello spazio; uno spazio che, invece, in Fusi è frutto di compenetrazioni geometriche, di modulazioni che rinnovano il Quadrato di Malevič. Nino Franchina
Eppure, come aveva sottolineato Paul Klee nel 1915: “più il
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place in a collection able to appreciate the weight of its matter and the depth of its planning. ‘Works of sculpture are bodies,’ Martin Heidegger wrote, ‘and their mass, of whatever matter they may be, might be configured in a number of ways: circumscribing, including and even excluding –with regard to a limit-space, which always comes into play.’ To circumscribe, to limit, empty and filled spaces, shadows and light. If art is ‘putting in place, then it is space that assigns its measure, its ‘inherent being’. Thus, sculpture as a measure of space, as a possible form that presses against a boundary and unveils its own measure. A process in which the dimension of the ‘project’ and that of the ‘utopia’, rule and passion, virtue and frenzy, seem to exist side-by-side. Anyone who believes sculpture is immobile must rethink a moment, because every form, even though apparently static, is actually continually changing and goes on until it transfigures itself, capsizes, decomposes. Its lymph is the light, its exterior aspect or ‘dress’ is the response. It is interesting to investigate the material with which an artist chooses to propose his poetic: stone, metal, wood, synthetic materials are the colour of emotions, not only the ‘dress’ of the form. And the very colour of the ‘dress’ seems to change as it comes under attack by the inexorable flow of time. Not only. There also manifests an attempt to produce movement, almost generating the sensation that it could be provoked. Mario Negri’s Figura allungata seems to allude to just this effort: a sort of metamorphosis making perceptible the idea of organic development of the ‘figure’, as, in a completely different manner, happens in Dino Basaldella’s Fandango and likewise in Yasuo Fuke’s woods, where the ‘fidelity to matter’ of which Henry Moore spoke unfolds constructively, pointing up the interdependence between the form of the sculpted object and the organic development of the material from which it originates. The same is true for Beverly Pepper’s tactile ‘torsions’, which seem to hint at that ‘unitary, all-inclusive judgement of depth’ dear to Adolf von Hildebrand’s theory of ‘pure visibility’ and above all to the ‘plastic exercise’ conceived by Moore. An analytic practice that also emerges in the works of artists who could not be more dissimilar, as are Piero Dorazio, Pietro Consagra and Walter Fusi. If, in Dorazio’s molecular Sospensioni there reverberate the fabrics of shadows and light of the Modulatore 6
by Moholy-Nagy, in which light is understood as a dilatation
mondo diventa terribile, più l’arte diventa astratta”. Affermazione profetica se la si pone in relazione con l’apparente “dissoluzione” delle forme che si manifesta all’indomani del secondo conflitto mondiale. Si dovrebbe piuttosto parlare di “dissoluzione degli ordini della retorica”, le cui radici sono ben più profonde e distanti: dalla filosofia di Nietzsche alla poesia di Mallarmé, dalle riflessioni di Valéry ai nuovi confini imposti alle arti da dadaismo e costruttivismo. Lo scarto, per certi versi incolmabile, tra la realtà e i nostri strumenti per esprimerlo, per rappresentarlo, è già evidente prima che le “avanguardie storiche” si manifestino. La percezione dell’abisso che separa la razionalità e la vita invade tutti i settori dell’arte e della cultura, si manifesta ben prima dell’esistenzialismo che fa dire a Sartre “l’esistenza è un pieno che l’uomo non può abbandonare”. Le esperienze plastiche “informali”, il primato dell’espressione individuale, il recupero del mito, il primato della materia e della tensione gestuale, costituiscono altrettante manifestazioni di questo processo complesso e intrigante. Dalla metà degli anni Cinquanta in Quinto Ghermandi il riferimento alla figurazione di tradizione novecentista comincia a disperdersi: sperimenta nuovi materiali, dal ferro al bronzo, dai quali prende a dispiegarsi un mondo zoomorfo e fitomorfo. L’avvicinamento con il complesso universo dell’ “informale” italiano e con gli “ultimi naturalisti” sostenuti da Francesco Arcangeli sta per compiersi. È quella natura tormentata, inquieta, vitale, imprevedibile, a generare le sue “ali”, “foglie”, “voli”, come testimoniano Metamorfosi del 1961 o L’ombra del 1962. Informale che si declina a partire da suggestioni “concrete” in Francesco Somaini: le cui fusioni in ferro, piombo, peltro, sono aggredite dalla fiamma ossidrica e ripulite nelle parti concave per accentuare l’espressività compositiva. Un informale che si carica progressivamente di valenze simboliche e dove le forme organiche si manifestano in rapporto dialettico con i volumi geometrici e l’impianto architettonico, come testimoniano le Proposte per un monumento del 1958 o la Piccola Assalonne del 1959. Queste metamorfosi naturalistiche di Ghermandi, i personaggi di Guido Pinzani e di Agenore Fabbri, come il monumentalismo e le nuove pratiche narrative di Francesco Somaini, i totem di Mirko Basaldella fino ad arrivare al trionfo materico di Pino Spagnulo, costituiscono altrettante declinazioni di questo modo di intendere la centralità ineluttabile e inesorabile della vita. Di una vita dove uomo, natura e mito convivono, alimentando modalità
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di intendere lo spazio e il tempo dove volumi e strutture si scambiano di ruolo; di una vita dove l’identità di segno e di significato suggerita dagli astrattisti è nei fatti ereditata, ma non certo come postulato da utilizzare in modo funzionale (l’arte muore nell’uso, nell’architettura e nell’oggetto progettato), bensì come rivendicazione di un luogo che non può essere posseduto. Eppure la tensione che l’ “informale” scatena non sembra esaurire le potenzialità della ricerca sulle masse e sui volumi propria della scultura contemporanea. Altre utopie e altri progetti si addensano nel gesto plastico, fino a un recupero di un’idea di figurazione che è ben lungi dall’essersi esaurita. Non si tratta solamente dell’immagine che quasi anela al recupero della tradizione delle figure di Emilio Greco e di Marino Marini o delle composizioni di Susan Luppino Loeb, ma anche le contaminazioni ironiche di Roberto Barni, dove lo spazio viene inteso come luogo mentale sul quale ha ancora senso lasciare la nostra traccia, le avventure narrative intime di Giuseppe Gattuso Lo Monte, le ibridazioni immaginative e a-funzionali di Giuseppe Maraniello, i paesaggi spugnosi e irriverenti di Luigi Mainolfi. Ma anche quella straordinaria rilettura del paesaggio che si attua attraverso le cornici minimaliste di Mauro Staccioli. Detto in altri termini, la vicenda della scultura dagli anni Cinquanta appare come una sorta di riflessione sulle propria origine, un “eterno ritorno” capace di descrivere la vitalità incontrollabile del pensiero. Proprio come, nel 1902, scriveva Hugo von Hofmannsthal nella Lettera di Lord Chandos: “...Allora mi sento come se io stesso entrassi in fermentazione, e buttassi vesciche, vampe e turgori. E tutto è una sorta di febbrile pensare, ma pensare in un elemento che è più incomunicabile, più fluido, più ardente delle parole: sono vortici, ma a differenza dei vortici della lingua, questi non paiono condurre a sprofondare nel vuoto, bensì al contrario in qualche modo mi riportano in me stesso e nel più riposto grembo della pace”.
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Una vista della grande mostra di sculture monumentali di Maraniello al Giardino di Boboli, Firenze, nel 2009. An installation view of the big exhibition of monumental sculptures by Maraniello at Boboli Gardens, Florence, in 2009. photo by Alberto Piovano
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of energy and no longer as static mass, Consagra’s Bifrontale delivers a ‘mechanical’ aura that grows on itself, projecting out into the space – a space which in Fusi, instead, is fruit of geometric compenetrations, of modulations that renew Malevich’s Quadrato. However, as Paul Klee noted in 1915, ‘The more horrifying this world becomes, the more art becomes abstract’. A prophetic affirmation if taken in relation to the apparent ‘dissolution’ of form that manifested immediately after World War II. We ought, instead, to speak of ‘dissolution of the orders of [a] rhetoric’ whose roots run much deeper and much farther: from Nietzsche’s philosophy to Mallarmé’s poetry, from Valéry’s reflections to the new boundaries set for art by Dadaism and Constructivism. The offset – in some ways, an unbridgeable gap – between reality and our tools for expressing it, for representing it, was evident well before the emergence of the ‘historic avant-gardes’. A perception of the abyss that separates rationality and life that invaded every sector of art and culture arose well much earlier than did that existentialism that prompted Sartre to say, ‘existence is a flood which man cannot abandon’. The ‘informal’ plastic experiences, the primacy of individual expression, the recovery of myth, the supremacy of materials and of gestural tension are other manifestations of this complex and intriguing process. In the mid-Fifties, the references to figuration of Novecentist tradition in Quinto Ghermandi’s work began to dissipate: he experimented with new materials, from iron to bronze, from which a peculiar zoomorphic and phytomorphic world began to blossom. His approach to the complex universe of the Italian Arte Informale and the ‘ultimi naturalisti’ led by Francesco Arcangeli was just around the corner. It was that tormented nature, disquieting, vital and unpredictable, that generated his ‘wings’, ‘leaves’ and ‘flights’, as is clear in Metamorfosi (1961) and in L’ombra (1962). An Informale that took form beginning with the ‘concrete’ suggestions in the works of Francesco Somaini, whose iron, lead and pewter castings are attacked by the blowtorch and polished in their concave areas to accentuate their compositive expressiveness. An ‘informal’ art progressively charged with symbolic valences, an art in which organic forms stand in a dialectic rapport with geometric volumes and the architectural 10
layout, as we see in Somaini’s 1958 Proposte per un Monumento
Mauro Staccioli - Prato 88, 1988 struttura in ferro, rivestimento di cemento | Iron structure, cement facing m 12 x 34 x 13,5 Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato, 1988 photo by E. Cattaneo
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and in Piccola Assalonne (1959). These naturalistic metamorphoses by Ghermandi, the characters created by Guido Pinzani and Agenore Fabbri, like Francesco Somaini’s monumentalist works and new narrative practices and Mirko Basaldella’s totems, all the way to the triumph of matter in the works of Pino Spagnulo, are all declinations of this way of understanding the ineluctable and inexorable centrality of life. Of a life in which man, nature and myth cohabit, nourishing ways of understanding space and time in which volumes and structures exchange roles; of a life in which the identity of signs and significances suggested by the abstract artists is embedded in hereditary markers but not, certainly, as a postulate for functional use (art dies in use, in architecture and in the designed object) but rather to lay claim to a place that cannot be possessed. Still, the tension unleashed by the ‘informal’ does not seem to deplete the potential of the research into masses and volumes proper to contemporary sculpture. Other utopias and other projects coalesce in the plastic gesture until arriving at recovery of an idea of figuration that is far from having exhausted its momentum. It is not just a question of the image that almost cries for recovery of the tradition of the figures in Emilio Greco’s or Marino Marini’s works or in Susan Luppino Loeb’s compositions – or even of Roberto Barni’s ironic contaminations, where space is understood as a mental site in which leaving our sign can still be meaningful, or of Giuseppe Gattuso Lo Monte’s intimate narrative adventures, Giuseppe Maraniello’s imaginative and a-functional hybridizations or Luigi Mainolfi’s spongy and irreverent landscapes. But also that extraordinary rereading of the landscape made in minimalist frames by Mauro Staccioli. In other words, the ‘happenings’ of sculpture since the 1950s appear as a sort of reflection on its origins, an ‘eternal return’ capable of describing the uncontrollable vitality of thought. Just as Hugo von Hofmannsthal wrote in 1902 in The Lord Chandos Letter: ‘It is then that I feel as though I myself were about to ferment, to effervesce, to foam and to sparkle. And the whole thing is a kind of feverish thinking, but thinking in a medium more immediate, more liquid, more glowing than words. It, too, forms whirlpools, but of a sort that do not seem to lead, as the whirlpools of language, into the abyss, but into myself and into the deepest 12
womb of peace.’
ARTISTI | ARTISTS
BIOGRAPHY
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Roberto Barni was born in Pistoia in 1939. He showed an interest in painting at a very early age and was much impressed by the wild expressivity of the Fauves. Following a brief Informal parenthesis, in the early Seventies he approached a new ‘object-ified’ vision of reality: in 1962, in Florence, he took part in the ‘manifesto-show’ Nuova Figurazione. In 1963 he founded the ‘School of Pistoia’ where he continued his ironising research into the human condition, setting out from a poetic having many affinities with Pop Art. In the late Seventies and the Eighties he linked his name to Anacronisim, also known as Citazionism, Appropriation Art or Pittura Colta, in opposition to Conceptual Art and openly hostile to an avant-garde that in turn considered the movement mere academia. These artists gave rise to a type of painting embodying literary and pictorial citations and making continual reference to the classical and Italian Mannerist traditions, claiming for the artist a vision of art not conditioned by time, techniques and materials and in all respects divorced from contemporaneity. Barni’s painting and sculpture thus developed an incisive visual syntax directed toward renewing the language of his art while reflecting on the simplicity/complexity of the real datum. In the universe of Barni’s poetic, the fulcrum is defined by the presence of man. Man seen as a model or a prototype, emptied of dramatic passions, proceeding along an ambulatory course that makes sense only as an emblem of the Wanderer, of wayfarers or messengers. Exemplary of this view are the figures intent on performing apparently senseless, identical movements in the 1992 work Opposte vedute. Barni held a personal show at Spoleto’s Festival dei Due Mondi in the early 1980s; it was followed by many others in Venice at the Biennale, in Florence, in Milan at the Galleria Ariete, in Paris and then in New York, in 1985, at the Shape Gallery and at the Queens Museum. Other exhibitions include A New Romanticism in Washington and Avant-garde in the Eighties at the Los Angeles County Museum. He showed at the Venice Biennale as a sculptor in 1988 and later at the Biennale de Sculpture of Montecarlo. In the early 1990s, he produced canvases and drawings with prominent reliefs in newsprint. The main subjects of Barni’s work are animals which, like man, are explorers of the entire universe. At times the continuous ramblings of his stereotyped and undifferentiated men become a Möbius path, as in Continuo (1995-2000), created for the Daniel Spoerri sculpture park in Seggiano (Grosseto), and in Vacina (2000), now in the Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci collection. Barni’s works figure in numerous public collections: the Collezione Giuliano Gori in Santomato, Pistoia; the Fondazione Daniel Spoerri in Grosseto, the Galleria d’Arte Moderna of Bologna, the Galleria d’Arte Moderna of Rome, the Galleria degli Uffizi of Florence, the Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci of Prato, the Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Palazzo Forti of Verona, the Museo d’Arte Moderna of Spoleto, the Szépművészeti Múzeum of fine arts of Budapest, the Queens Museum in New York, and the Print Collection of London’s Tate Gallery.
Roberto Barni
BIOGRAFIA
(1939)
Nasce a Pistoia nel 1939. Sin da giovanissimo manifesta interesse per la pittura, colpito dalla violenza espressiva dei fauves. Dopo una breve parentesi informale, agli inizi degli anni Sessanta si avvicina a una nuova visione oggettuale della realtà: nel 1962 partecipa a Firenze alla mostra-manifesto Nuova Figurazione. Nel 1963 fonda la “Scuola di Pistoia”, dove prosegue una ricerca ironica sulla condizione dell’uomo a partire da una poetica vicina alla Pop Art. Tra la fine degli anni Settanta e Ottanta si lega agli “Anacronisti”: chiamati anche citazionisti o esponenti della pittura colta, in opposizione nei confronti dell’arte concettuale e in polemica con un’avanguardia a sua volta considerata mera accademia. Ne nasce una pittura legata alla citazione letteraria e pittorica e al continuo riferimento alla tradizione classica e manierista italiana, rivendicando infatti all’artista una visione dell’arte non condizionata da tempo, tecniche e materiali, tutto al di fuori della contemporaneità. La pittura e la scultura di Barni maturano quindi una sintassi visiva incisiva, interessata sia al rinnovamento del linguaggio artistico, che alla riflessione sulla semplicità-complessità del reale. Nell’universo poetico di Barni il fulcro è dato dalla presenza dell’uomo visto come un modello o un prototipo, svuotato da passioni drammatiche, pervaso da un andamento deambulatorio funzionale solo all’emblema del Wanderer, dei viandanti o dei messaggeri. Ne sono testimonianza gli uomini dell’opera Opposte vedute del 1991, intenti a compiere movimenti identici senza che se ne possa cogliere un senso. Ai primi anni Ottanta risale la sua mostra personale di Spoleto al “Festival dei due Mondi”, a seguire altre mostre come alla Biennale di Venezia, a Firenze, a Milano presso la Galleria Ariete, a Parigi, per approdare poi a New York nel 1985 presso la Shape Gallery e al Queens Museum. A new Romanticism a Washington, e Avant-garde in the Eighties presso il L.A. County Museum a Los Angeles, la Biennale di Venezia come scultore nel 1988, poi la Biennale di Scultura di Montecarlo. I primi anni ‘90 vedono nascere quadri e disegni con grandi rilievi di carta di giornale. Nelle sue opere compaiono principalmente animali, che come l’essere umano sono esploratori dell’intero universo. Talvolta il continuo errare di uomini stereotipati ed indifferenziati diventa un percorso senza fine, come nell’opera Continuo (19952000) realizzata per il Giardino di Daniel Spoerri a Seggiano e per l’opera Vacina del 2000 ora in collezione del Centro per l’arte Contemporanea Luigi Pecci. Le sue opere sono conservate in numerose collezioni pubbliche, Collezione Giuliano Gori a Santomato Pistoia, la Fondazione Daniel Spoerri a Grosseto, la Galleria d’Arte Moderna di Bologna, la Galleria d’Arte Moderna di Roma, la Galleria degli Uffizi a Firenze, il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci a Prato, il Museo d’Arte Contemporanea Palazzo Forti a Verona, il Museo d’Arte Moderna a Spoleto, il Museo di Belle Arti di Budapest, il Queens Museum di New York, la Print Collection della Tate Gallery di Londra.
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Roberto Barni all’inaugurazione della mostra Immagine dell’Essenza – Barni, Mariani, Bonechi, Galleria Open Art, 2003. Roberto Barni at the opening of the exhibition Immagine dell’Essenza – Barni, Mariani, Bonechi, Galleria Open Art, 2003.
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Cariatide | Caryatid 1982 Tela, ferro, carta e olio su base legno Canvas, iron and oil on wooden base 104 x 138 x 100 cm
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BIOGRAPHY
Dino Basaldella was born in Udine in 1909; he studied in Venice with his younger brothers Mirko and Afro. With his brother Afro, due to their opposition to Friulian academism, he enrolled at the Liceo Artistico of Florence in 1927 but, as his impression was of an even more reactionary milieu, he returned to Udine where he initially worked mainly as a wood carver. In 1930 he stayed with Afro in Rome – and fell in love with Etruscan sculpture. The experience was destined to profoundly mark his style: his already rough-edged and tendentially Expressionist modelling turned decidedly archaistic and in some passages recalled Arturo Martini as well. Basaldella resettled definitively in Udine in 1933 and began teaching drawing at the professional schools in Trieste. In 1935 he exhibited Pescatore d’anguille at the II Rome Quadriennale. This sculpture revealed a slant, new in his works, toward a sort of neo-Hellenism, a search for plastic elegance that also distinguished the sculptures shown in 1936 at the Venice Biennale and at the III Sindacato Fascista di Belle Arti della Provincia di Udine art exhibition. From 1942 until 1947, he taught sculpture at the Accademia di Belle Arti of Venice. In 1943, in Rome, he sculpted two groups in travertine for the E42 office building: their powerful expressionistic cast harks back to the most authentic, deepestprobing roots of his poetic. There followed a period marked by the political and social activism that led him to adhere to the Social Realism current. He continued to sculpt while never abandoning the schools: from 1948 to 1969, he taught sculpture at the art institutes of Gorizia and his native Udine. Beginning in the mid-1950s, Basaldella adhered to the post-Cubist theme, freeing his language from all excess narrative weight and adopting materials consonant with his original, almost ‘barbaric’ expressive force: concrete, stone, metals. In the years 1958-60 he began using iron, a material he considered not a technological ‘relict’, in a neo-Dadaist sense, but as the sign of an ethnoanthropological search for his Friulian and Longobard roots. In 1970, Basaldella began teaching sculpture at the Accademia di Brera, in Milan, while continuing to reside in Udine. He died in his 18
native city in 1977.
Dino Basaldella
BIOGRAFIA
(1909 - 1977)
Nasce a Udine nel 1909. Studia a Venezia con i fratelli minori, Mirko e Afro. Col fratello Afro, in polemica con l’accademismo friulano, si iscrive nel 1927 al Liceo artistico di Firenze, ma trovandovi un ambiente anche più chiuso ritorna a Udine, lavorando all’inizio soprattutto come intagliatore. Nel 1930 soggiorna con Afro a Roma, appassionandosi alla scultura etrusca. Questa esperienza incide sul suo stile: il modellato già rude e tendenzialmente espressionista diviene decisamente arcaicizzante, ricordando in alcuni tratti anche Arturo Martini. Stabilitosi definitivamente a Udine nel 1933, inizia l’insegnamento del disegno nelle scuole di avviamento professionale di Trieste. Nel 1935 partecipa con il Pescatore d’anguille alla II Quadriennale di Roma. Tale scultura rivela una nuova tendenza verso una sorta di neoellenismo, una ricerca di eleganza plastica che distingue anche le opere esposte nel 1936 alla Biennale di Venezia e alla III Mostra d’arte del Sindacato fascista di belle arti della provincia di Udine. Dal 1942 fino al 1947 insegna scultura alla Accademia di belle arti di Venezia. Nel 1943 a Roma scolpisce due gruppi in travertino per l’edificio degli uffici dell’E42: il loro potente espressionismo riporta alle radici più autentiche della sua poetica. Segue un periodo contrassegnato prima dall’impegno politico e sociale che lo portano ad aderire al “realismo sociale”, affiancando sempre il suo lavoro all’attività didattica: dal 1948 fino al 1969 insegna scultura negli istituti d’arte di Gorizia e di Udine. Dalla metà degli anni Cinquanta l’artista aderisce alla tematica postcubista liberando il suo linguaggio da ogni pesantezza narrativa e adottando materiali consoni alla sua originaria, quasi “barbarica” forza espressiva: il cemento, la pietra, i metalli. Nel periodo 1958-60 si orienta verso la scultura in ferro, materiale usato non tanto come residuo tecnologico in senso neodadaista, quanto come segno di una ricerca etnoantropologica delle proprie radici, friulane e longobarde. Dal 1970 insegna scultura all’accademia di Brera, pur continuando a risiedere a Udine, dove si spegne nel 1977.
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Dino Basaldella, anni ‘60 Dino Basaldella, 1960s
Fandango 1960 Ferro forgiato e saldato Wrought and welded iron 146 x 44,5 x 30,5 cm
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BIOGRAPHY
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Mirko Basaldella was born in Udine in 1910. He studied in Venice, in Florence at the Accademia di Belle Arti and in Monza, at the Scuola di Arti Applicate of Monza, under Arturo Martini with whom he collaborated, after 1930, in Monza and then at Martini’s studio in Milan (1932-34). He exhibited for the first time in Udine, in 1928, with his brothers Afro and Dino and with painter Alessandro Filipponi, at the I Mostra della Scuola Friulana d’Avanguardia. He moved to Rome in 1934; here, the young artist (and his brother Afro) gravitated toward the circle of Corrado Cagli and the group of artists and literary figures that from 1935 onward breathed life into the Galleria della Cometa. After taking part in the II Rome Quadriennale (1935), Mirko held his first personal show in January of 1936 at the Galleria della Cometa with Neofita, Narciso, Ragazzo con un Pesce and the two Chimere, all bronze works cast by the lost wax investment method and now, exception made for Neofita, all in private collections in Rome. Mirko’s method consisted of proceeding ‘from the inside out’, beginning with the idea and creating around it his ‘fabrics’, the ‘clothing’ of the work. The same year (1936), he exhibited at the Venice Biennale with a group of artists active in Rome. At the III Quadriennale, he rose to the attention of criticism with his David, a sculpture in which the Expressionist slant of his early production seems to yield to a greater completeness and formal elegance. 1946-47 were the years of his first experiences with the postCubist language and the proposal for a ‘neo-Metaphysical’ painting – in which he once again found himself close to Cagli. Against this background, he produced paintings and polychrome and multi-material sculptures in which the myth reappears, no longer in a naturalistic guise but as the ‘nucleus of a possible image’ – although it is not defined, in its ultimate substantial form, as other than as a fabulous mythical phantasm. In 1954 he participated in the Venice Biennale with a personal room (five paintings and nine sculptures). His research veered toward new dimensions of the myth: pre-Columbian America and the Orient were his inspirations for Voci, Personaggi d’Oriente and Totems (in bronze, wood, copper), extraordinary, fantastical apparitions in which the artist dances from the themes of the idol and the monster to pure, aniconic evocation of rhythms and arabesques in landslides of referenced eclecticisms. He devoted more time to painting in the Sixties but also created new, important sculpture cycles - Motivi in Tensione, Maschere and entire series of totems and trophies notable, among other things, for the variety of materials, from wood to bronze, and techniques employed by the sculptor, including assemblage. Mirko Basaldella died in 1969 in the United States, in Cambridge MA.
Mirko Basaldella
BIOGRAFIA
(1910 - 1969)
Nasce a Udine nel 1910. Compie gli studi a Venezia, all’Accademia di Belle Arti di Firenze e alla Scuola di arti applicate di Monza, sotto la guida di Arturo Martini, con cui collabora dopo il 1930 a Monza e poi nello studio di Milano (1932-34). Espone per la prima volta a Udine nel 1928, insieme con i due fratelli Afro e Dino, e con il pittore A. Filipponi, nella I Mostra della Scuola friulana d’avanguardia. Nel 1934 si trasferisce a Roma: qui il giovane si avvicina (insieme con il fratello Afro) a Corrado Cagli e al gruppo di artisti e letterati che danno vita dal 1935 in poi alla galleria della Cometa. Dopo la partecipazione alla II Quadriennale di Roma (1935) Mirko tiene la prima esposizione personale nel gennaio 1936 alla galleria della Cometa. Qui espone il Neofita, il Narciso, il Ragazzo con un pesce, le due Chimere, tutti bronzi eseguiti con la tecnica della “cera cava” e conservati, tranne il primo, a Roma in collezioni private: il metodo di Mirko consiste nel procedere dall’interno verso l’esterno, partendo dall’idea per crearne intorno i tessuti, gli “abiti”. Sempre nel 1936 partecipa alla Biennale di Venezia insieme con un gruppo di artisti attivi a Roma. Alla III Quadriennale, dove si impone all’attenzione della critica con il David, una scultura in cui l’espressionismo della prima produzione sembra cedere il passo a una maggiore finitezza ed eleganza formale. Nel 1946-47 si collocano le prime esperienze sul linguaggio postcubista e sulla proposta di una pittura “neometafisica” in cui Mirko si ritrova ancora una volta vicino a Cagli. In questa prospettiva realizza pitture e sculture policrome e polimateriche in cui il mito ricompare non più sotto forme naturalistiche, ma come “nucleo di una immagine possibile”, seppure non definita altrimenti nella sua sostanza ultima se non come fantasma mitico favoloso. Nel 1954 partecipa con una sala personale alla Biennale di Venezia (cinque dipinti e nove sculture): le sue ricerche si orientano verso nuove dimensioni del mito. L’America precolombiana e l’Oriente sono fonte di ispirazione per le Voci, i Personaggi d’Oriente, i Totem (in bronzo, legno, rame), straordinarie apparizioni fantastiche in cui l’artista spazia dal tema dell’idolo e del mostro alla pura, aniconica evocazione di ritmi e arabeschi, in un travolgente eclettismo di riferimenti. Negli anni Sessanta, mentre intensifica la sua attività pittorica, realizza nuovi importanti cicli di sculture: i Motivi in tensione, le Maschere e tutta una serie di totem e trofei, in cui è notevole anche la quantità di tecniche impiegate, dal legno al bronzo, all’assemblaggio. Muore nel 1969 negli Stati Uniti, a Cambridge.
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Mirko Basaldella, anni ‘60 Mirko Basaldella, 1960s
Personaggio Trofeo | Trophy Character 1954 Bronzo Bronze H. 28 cm
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Small Prophet 1952 ca. Bronzo Bronze H. 33 cm
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Totem 1956 Bronzo Bronze 20,4 x 3,4 cm
Totem 1956 Bronzo Bronze H. 15,4 x 6,7 cm
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BIOGRAPHY
Sandro Chia was born in Florence in 1946. He earned his diploma at the Accademia di Belle Arti of Florence and then set out on a series of journeys that took him to India and to Turkey; in the early Seventies he settled in Rome. He gradually moved away from the Conceptual poetic to adhere to a type of pictorial figuration that exalts colour and composition. Following his early works, conceptual in matrix, and performances often accompanied by prose texts or poetic compositions, Chia approached figuration, formulating a strongly allusive, bizarre language, dense with references to Renaissance art and the forms of expression employed by the historical avant-gardes; it found its ideal expressive dimension in large-format canvases, often in the form of diptychs. Desolate or visionary landscapes populated by heroic male figures of mythological memory return again and again in his paintings. He was a leading figure – with Cucchi, Clemente, Paladino and De Maria – of the Italian Transavanguardia which appeared in the late Seventies under the leadership of Achille Bonito Oliva as a movement capable of ferrying painting, the image, colour and intense chromaticism to the forefront after years of Conceptual leanings. Since the Nineties his research, marked by dynamic, vortical rhythms and bright chromatic impastos, seems to be oriented toward a progressive formal dissolution. On a fellowship grant, he moved to Mönchengladbach in Germany to work for a year, from September 1980 through August 1981. The next year he moved to New York, where he remained for more than two decades – but with numerous stays in Montalcino near Siena. Sandro Chia has exhibited at the Paris and São Paulo Biennials and three times at the Venice Biennale. He currently resides in Miami, Rome and at his Romitorio castle in Montalcino, where he oversees production of prestigious wines, including the renowned Brunello that triumphed at the Sommelier Challenge International Wine Competition for the 30
best red wine of 2010.
Sandro Chia
BIOGRAFIA
(1946)
Nasce a Firenze nel 1946. Si diploma all’Accademia di Belle Arti di Firenze e intraprende una serie di viaggi che lo portano in India e in Turchia, per stabilirsi all’inizio degli anni Settanta a Roma. Si allontana gradualmente dalla poetica concettuale per aderire ad una figurazione pittorica che esalta il colore e la composizione. Dopo i primi lavori di matrice concettuale e le performances spesso accompagnate da testi in prosa o da componimenti poetici, Chia si è accostato alla figurazione elaborando un linguaggio fortemente allusivo, bizzarro, denso di riferimenti all’arte rinascimentale o alle forme espressive delle avanguardie storiche, che trova in tele di grande formato, spesso in forma di dittico, la dimensione ideale. Paesaggi desolati o visionari, popolati da eroiche figure maschili di mitologica memoria, ricorrono nei suoi dipinti. È stato protagonista – con Cucchi, Clemente, Paladino e De Maria – della Transavanguardia che, sul finire degli anni Settanta, compare, con la guida di Achille Bonito Oliva, come movimento che riporta alla ribalta la pittura, l’immagine, i colori e il cromatismo intenso, dopo anni di Concettualismo. Dai primi anni Novanta la sua ricerca, segnata da ritmi dinamici e vorticosi e da accesi impasti cromatici, appare orientata verso una progressiva dissoluzione formale. Tra il settembre 1980 e agosto 1981 riceve una borsa di studio dalla città di Monchengladbach in Germania dove si trasferisce a lavorare per un anno. L’anno successivo si trasferisce a New York, dove rimane per oltre due decenni, trascorrendo diversi periodi a Montalcino, vicino a Siena. Sandro Chia espone alla Biennale di Parigi e San Paolo e tre volte alla Biennale di Venezia. Oggi Sandro Chia vive tra Miami, Roma e il suo Castello a Montalcino, dove segue anche la produzione di vini prestigiosi, tra cui il famoso vino Brunello, che ha vinto il ‘Challenge International Wine’ per i migliori vini rossi 2010.
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Copertina del catalogo Sandro Chia - Scultura, Figure con Albero, ed. Domestica, 1994. Cover of the catalogue Sandro Chia - Scultura, Figure con Albero, ed. Domestica, 1994.
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Figure con Albero | Figures with tree 1994 Acrilico e olio su ceramica dipinta a mano Acrylic and oil on hand painted ceramic H. 63 cm
BIOGRAPHY
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Born in Mazara del Vallo in 1920, Pietro Consagra studied at the Accademia di Belle Arti of Palermo and, beginning in 1944, in Rome under Renato Guttuso. In Rome, he forged friendships with Giulio Turcato, Piero Dorazio and Achille Perilli with whom, in 1947, he founded the ‘Forma 1’ group. And with Forma 1, he was invited to Paris to the Palais des Beaux Arts de la Ville for the Salon des Réalités Nouvelles. The year 1948 marked a turnaround in Consagra’a production; from his first filiform works with their simple, pure lines, initially reminiscent of Brâncuşi’s and soon of the Constructivist movement, he went on to works closer to the essentiality of Gonzalez’s ironwork and to sculptures he defined as ‘totems’, which he continued to produce until 1950. He also moved toward a more dematerialised plasticity, toward a form of abstraction explained in his 1952 ‘The Need for Sculpture’ in response to the thesis that sculpture was a dead language put forth by Arturo Martini in his ‘Scultura lingua morta’; in the same work, Consagra traced a genealogy of abstract sculpture from Boccioni to Vantongerloo, Brâncuşi, Gabo, Pevsner, Picasso and Calder. He exhibited several times at the Venice Biennale where, in 1960, he was awarded the sculpture prize. Giulio Carlo Argan stresses how Consagra’s ‘is a humanistic poetic; as humanistic is his craft, because he reaffirms that art is not a mysterious message . . . but something that man makes, for himself and for others’. At the 1965 Rome Quadriennale he exhibited with works that seem to feel the influence of Pop culture: shaped of wooden planks, perforated and painted, these are bifrontal sculptures of minimum thickness conceived almost as airy mobiles, in patterns made up of curved lines. At the same time, he began his Ferri trasparenti (their colours completing the titles; for example, red, blue, white) made to engage in dialogue with the wind. This new series was presented in 1966 by the Marlborough Gallery of Rome: Maurizio Calvesi points up Consagra’s renewed relationship with light and space; Giuliano Briganti speaks of ‘trunks of a utopian humanism’. In his works in bronze, brass, iron, wood, Consagra prefers two-dimensional developments that lend the sculpted objects, marred with graffiti, cuts and elements in relief, a dramatic significance in the dialectical limits it opposes to the deep space that develops beyond them. His interest in architectural and urban planning issues took concrete form in his utopistic proposal in Città frontali (1969) and in his creations in Gibellina, Sicily (1976-81, among which the huge steel star ‘gate’, Porta del Belice). In 1980 he published his autobiography, Vita mia. Pietro Consagra died in Milan in 2005.
Pietro Consagra
BIOGRAFIA
(1920 - 2005)
Nasce a Mazara del Vallo nel 1920. Studia all’Accademia di Belle Arti di Palermo, poi, dal 1944, a Roma, sotto la guida di Renato Guttuso. A Roma stringe rapporti di amicizia con Giulio Turcato, Piero Dorazio, Achille Perilli, con i quali, nel 1947, fonda il gruppo Forma 1. Con il gruppo Forma 1 è invitato a Parigi al Palais des beaux arts de la Ville, per il Salon des Réalités Nouvelles. Il 1948 segna una svolta nella produzione di Consagra; dalle prime opere filiformi, dalle linee semplici e pure, inizialmente memori delle forme di Brâncusi e ben presto di tendenza costruttivista, giunge a lavori più vicini all’essenzialità dei ferri di Gonzalez e a sculture che definisce totem e di cui realizza alcuni esemplari fino al 1950. Approda pure a una plastica più smaterializzata, a una forma di astrazione che nel 1952 si esplicita nel testo La necessità della scultura, una confutazione di quanto espresso da Arturo Martini nel suo Scultura lingua morta, in cui traccia pure una genealogia della scultura astratta, da Boccioni a Vantongerloo, Brâncusi, Gabo, Pevsner, Picasso e Calder. Espone più volte alla Biennale veneziana, dove, nel 1960, vince il premio per la scultura. Giulio Carlo Argan sottolinea come la poetica di Consagra «è una poetica umanistica; e umanistico è il suo artigianato perché riafferma che l’arte non è un messaggio misterioso […], ma qualcosa che l’uomo fa, per se stesso e per gli altri». Alla Quadriennale di Roma del 1965 espone opere che paiono risentire della cultura “pop”: realizzate con assi di legno traforate e dipinte, si tratta di opere bifrontali dallo spessore minimo, pensate per essere mobili all’aria, il cui pattern è costituito da linee curve. Contemporaneamente inizia i Ferri trasparenti (il cui colore completava il titolo, per esempio: rosso, blu, bianco), che possono dialogare con il vento. Questa nuova serie è presentata, nel dicembre 1966, dalla galleria Marlborough di Roma; Maurizio Calvesi pone in risalto il rinnovato rapporto con la luce e lo spazio; Giuliano Briganti parla di «alberi di un umanesimo da utopia». Nelle sue opere in bronzo, ottone, ferro, legno, Consagra predilige lo svolgimento nelle due dimensioni, conferendo all’oggetto scolpito, solcato da graffiti, tagli, elementi in rilievo, un significato drammatico di limite dialetticamente opposto allo spazio in profondità che si sviluppa al di là di esso. Il suo interesse per problematiche architettoniche e urbanistiche si è concretizzato nella proposta utopica delle Città frontali (1969) e nelle realizzazioni a Gibellina (1976-81, tra cui la grande stella in acciaio detta Porta del Belice). Nel 1980 ha pubblicato l’autobiografia Vita mia. Scompare a Milano nel 2005.
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Consagra lavora all’installazione Trama Studio Roma, Autoscatto 1972 Consagra working at the installation Trama. The artist’s studio, Rome. Self-timer, 1972
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Bifrontale 1977 Bronzo (1/6) Bronze (1/6) 68 x 48 x 10,6 cm
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BIOGRAPHY
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Piero Dorazio was born in Rome in 1927. He frequented the studio of painter Aldo Bandinelli, an artist associated with the Valori Plastici group, but his debut in the art world dates to 1942-1943, with small canvases, landscapes of the Roman countryside and still lifes. After graduating the lyceum, he enrolled at the School of Architecture of the University of Rome. With Perilli, Guerrini, Manisco, Aymonino, Busiri-Vici, Barbagallo and Vespignani, he founded the Arte Sociale group, which aspired to a renewal of society and culture. In the late 1940s he met Renato Guttuso and at the latter’s studio met Piero Consagra, Corpora, Turcato, Mafai, Franchina and Severini. In 1947 this group of artists, together with Guerrini, founded the Forma 1 group, which openly opposed Socialist Realism and decried the intrusion of politics into artistic creation. The same year, Dorazio won a stipend and moved to Paris to work. At the very end of the Forties, Dorazio, Perilli and Guerrini broke with Forma 1. Dorazio took up residence in New York in the fall of 1951. Thanks to Sebastian Matta, he met Joseph Cornell, Robert Motherwell, Leo Castelli, Enrico Donati and Marcel Duchamp. He frequented the artists of the new, ‘angry’ generation: Motherwell, Baziotes, Rothko, Twombly, Ad Reinhardt, Newman; he was also in contact with Willem de Kooning and Franz Kline. His first personal show in New York was held in 1952. In 1954, he published La fantasia dell’arte nella vita moderna, the first book to review Italian art history in the post-war period. In 1956, he held a personal show in Rome for the first time, at the Galleria La Tartaruga, and exhibited three canvases at the Venice Biennale. In 1959, at Documenta II in Kassel, Dorazio presented one of his polychrome ‘grids’ entitled Europa Europa!. In 1960, he was entrusted by the University of Pennsylvania at Philadelphia with reorganisation of the Department of Fine Arts. He was later appointed chairman of the department, a post he accepted on condition that he work only one semester a year. That same year (1960), Dorazio was invited by Max Bill to the Konkrete Kunst: 50 Jahre exhibition in Zurich and was also invited to the XXX Venice Biennale, where he showed with a personal room. Dorazio continued to teach as an associate professor at the University of Pennsylvania and, in 1967, was promoted to the position of full professor, with tenure – but through it all he lived and worked in New York where he had his studio. Dorazio abandoned the academic world in 1970 to return to Italy to paint full-time. He left Rome in 1974 for Todi, in Umbria, where he took up residence at – and began completely restoring – the ancient Canonica monastery. Numerous Italian and foreign artists, from Cy Twombly to Jasper Johns, visited his studio in Todi during the Seventies. The Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris mounted a retrospective of his work in 1979. There followed exhibitions at the Galleria Nazionale d’Arte Moderna of Rome and at the Hayward Gallery in London. He was named a member of the Accademia Nazionale di San Luca of Rome in 1992. From 1993 to 1996 he directed production of fifty great mosaics by national and international artists for Rome’s underground stations (Arte-Metro-Roma). Piero Dorazio died in 2005.
Piero Dorazio
BIOGRAFIA
(1927 - 2005)
Nasce a Roma nel 1927. Frequenta lo studio del pittore Aldo Bandinelli, artista legato a “Valori Plastici”. Il suo debutto risale al 1942-1943: dipinge, su tele di piccole dimensioni, paesaggi della campagna romana e nature morte. Dopo la maturità si iscrive alla facoltà di architettura. Con Perilli, Guerrini, Manisco, Aymonino, Busiri-Vici, Barbagallo, Vespignani, fonda il gruppo “Arte Sociale”, che aspira al rinnovamento della società e della cultura. Alla fine degli anni ’40 conosce Renato Guttuso e nel suo studio incontra Piero Consagra, Corpora, Turcato, Mafai, Franchina e Severini. Nel 1947 fondano, assieme a Guerrini, il gruppo “Forma 1”, in aperta opposizione al realismo socialista, denunciando le intrusioni della politica nella creazione artistica. Dorazio ottiene una borsa di studio che gli consente di trasferirsi a Parigi. Alla fine degli anni Quaranta, Dorazio, Perilli e Guerrini lasciano “Forma 1”. Nell’autunno del 1951 si stabilisce a New York. Grazie a Sebastian Matta incontra Joseph Cornell, Robert Motherwell, Leo Castelli, Enrico Donati e Marcel Duchamp. L’artista frequenta gli artisti della nuova generazione “arrabbiata”, Motherwell, Baziotes, Rothko, Twombly, Ad Reinhardt, Newman. È in rapporto anche con Willem de Kooning e Franz Kline. Nel 1952 la prima mostra personale a New York. Nel 1954 pubblica La fantasia dell’arte nella vita moderna, prima pubblicazione sulla storia dell’arte italiana del dopoguerra. Nel 1956 tiene la prima mostra personale a Roma, alla Galleria La Tartaruga. Partecipa con tre quadri alla Biennale di Venezia. Nel 1959, a Documenta II di Kassel, presenta uno dei suoi “reticoli” policromi con il titolo Europa Europa!. L’università di Pennsylvania a Filadelfia lo incarica, nel 1960, di riorganizzare il Dipartimento di Belle Arti. Nominato in seguito direttore del Dipartimento, accetta l’incarico solo a condizione di lavorare per un semestre all’anno. Dorazio viene invitato a Zurigo da Max Bill alla mostra Konkrete Kunst: 50 Jahre. Dispone di una sala alla XXX Biennale di Venezia. Dorazio continua ad insegnare a Filadelfia, dove viene nominato Associate Professor. Vive e dipinge però a New York, dove ha uno studio. Nel 1967 viene nominato Full Professor con cattedra definitiva all’università di Pennsylvania, ma vive e prosegue nella sua ricerca pittorica nel suo studio di New York. Dorazio rinuncia definitivamente all’insegnamento nel 1970 e si dedica alla pittura. Lascia Roma nel 1974 e si stabilisce a Todi, nell’antico convento di Canonica di cui avvia un restauro totale. Numerosi artisti italiani e stranieri gli fanno visita nel suo studio di Todi nel corso degli anni Settanta: da Cy Twombly a Jasper Johns. La prima retrospettiva in Francia cade l’anno successivo, al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris. Seguono mostre alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e presso la Hayward Gallery di Londra. Associato all’Accademia Nazionale di San Luca a Roma nel 1992, fra il 1993 e il 1996 dirige la realizzazione di cinquanta grandi mosaici di artisti nazionali e internazionali nella metropolitana di Roma (Arte-Metro-Roma). Muore nel 2005.
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Sospensioni Colorate | Colored Suspensions 1955 Plexiglass 9,8 x 12 x 7,4 cm
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BIOGRAPHY
Agenore Fabbri was born in the Barba locality of Quarrata, near Pistoia, in 1911. Painter and sculptor, he trained at the Accademia di Belle Arti of Florence and habitually frequented the famous Le Giubbe Rosse cafÊ, the historic meeting-place of young intellectuals such as Eugenio Montale and Carlo Bo and painter Ottone Rosai. In 1935, Fabbri moved to Albisola; here, he learned the art of ceramics at the small La Fiamma manufactory and had the occasion to meet Sassu, Martini and above all Fontana, with whom he formed a strong, lifelong friendship. In Albisola, in the post-war period, he produced dramatically narrative sculpture, distinctly Expressionist on character, in which the influence of Tuscan popular forms is also apparent (his women, mothers, injured animals, brawling figures, in polychrome ceramics and terracotta works, 1947-1955). Only in 1947 did his strong individuality define itself under the sign of an exasperated dramatic flair, a wrathful furore expressed in the convulsive and lacerated modelling typical, first, of his terracottas and later, of his bronzes. In 1948, he was invited to the Venice Biennale, where he exhibited assiduously into the early 1960s and with two personal rooms (1952 and 1959); he also took part in various editions of the Rome Quadriennale from 1952 through 1973. After the insistent Expressionist dramatisation of his early works, witness to the irrational violence and the cruelty of war, in the 1950s Fabbri conceived a cycle of works which, although moving away from the mannerisms of his conspicuously expressionist figurativism, continued to investigate the depths of inner experience in different materials. Chopped and scored woods and heavily-scarred metals became a metaphor for physical and mental distress as Fabbri’s creative research moved into the years of the Informal and the uneasy and problematic dimension of that extraordinary season in his art, which assisted the passionate opposition to violence, oppression and injustice he had expressed in his earlier work in dramatic figures and the expressive materiality of the human form. 42
Fabbri died in Savona in 1998.
Agenore Fabbri
BIOGRAFIA
(1911 - 1998)
Agenore Fabbri, nasce a Barba, Pistoia, nel 1911. Pittore e scultore, si forma frequentando l’Accademia di Firenze e il celebre caffè “Giubbe Rosse”, luogo di ritrovo di giovani intellettuali tra i quali figurano anche Eugenio Montale e Carlo Bo e il pittore Ottone Rosai. Fabbri si trasferisce ad Albisola nel 1935, dove si forma alla pratica della ceramica nel piccolo laboratorio La Fiamma dove entra in contatto con Sassu, Martini e soprattutto Fontana con il quale stringe una profonda amicizia destinata a durare tutta una vita. Qui, nel primo dopoguerra, si manifesta con una scultura drammaticamente narrativa, dai forti caratteri espressionisti, in cui è avvertibile anche l’influenza della plastica popolare toscana (le donne, le madri, gli animali feriti e le risse, ceramiche e terracotte policrome, 1947-1955). Solo nel 1947 la sua forte individualità si definisce nel segno di un’esasperata drammaticità, di un furore rabbioso espresso dalla modellazione convulsa e dilacerata che caratterizza prima le sue terrecotte e quindi i suoi bronzi. Nel 1948 venne invitato alla Biennale di Venezia dove continuerà ad esporre assiduamente fino ai primi anni Sessanta con due sale personali nel 1952 e nel 1959, così come partecipa a varie edizioni della Quadriennale di Roma a partire dal 1952 e fino al 1973. Dopo l’insistita drammatizzazione espressionista delle opere giovanili, testimonianza della violenza irrazionale e della crudeltà della guerra, Fabbri elabora, durante gli anni Cinquanta, un ciclo di opere che, pur allontanandosi dai modi del suo inconfondibile espressionismo figurativo, continuano ad indagarne le profondità interiori attraverso differenti soluzioni materiche. Legni recisi, metalli duramente segnati, diventano la metafora del disagio fisico e mentale e la ricerca creativa di Agenore Fabbri si lega così agli anni dell’Informale e alla dimensione inquieta e problematica di quella straordinaria stagione artistica che affianca la sua appassionata testimonianza contro la violenza, la sopraffazione e l’ingiustizia già mostrate dalle opere giovanili attraverso il dramma delle figure e la materia espressiva del corpo. Muore a Savona nel 1998.
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Fabbri al lavoro nel suo studio di Milano, 1960 Fabbri at work in his studio in Milan, 1960
Personaggio | Character 1959 Bronzo Bronze H. 118,5 cm
Agenore Fabbri – Dipinti e Sculture 1957-1965, Galleria Open Art, Prato, 26 settembre – 21 novembre 2015. Agenore Fabbri – Paintings and Sculptures 1957-1965, Galleria Open Art, Prato, 26 September – 21 November 2015.
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Personaggio Spaziale Space Character 1968 Bronzo Bronze 143 x 26 cm
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BIOGRAPHY
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Nino Franchina was born in Palmanova (UD) in 1912, to Sicilian parents; a few months after his birth, his family returned to Sicily. In 1934, Franchina earned his diploma in sculpture from the Accademia di Belle Arti of Palermo; the same year, with a group of young Sicilian artists – Renato Guttuso, Giovanni Barbera and Lia Pasqualino Noto – he exhibited at the Galleria Il Milione in Milan, thus launching the so-called ‘Gruppo dei Quattro’. In 1939 he married Gina, daughter of painter Gino Severini, in Rome. Here, in 1943, he inaugurated his first personal show at the Galleria Minima in Via del Babuino with a catalogue and presentation curated by Alberto Moravia. At about the same time he decided to establish his artist’s studio in Via Margutta in Rome, which officially became his adopted city. But his research into expression led him to look north, beyond the Alps, and he left for Paris, where he exhibited in 1946 at the Salon d’Automne; he returned many times to exhibit (his wife had retained her French citizenship) and he entered into direct contact with the Parisian art circles. In 1948, Franchina was invited to the XXIV Venice Biennale where, with the Fronte Nuovo delle Arti, he proposed Testa (1947), Busto di donna (1947) and Figura sdraiata (1948), plaster works that have since been destroyed. His sculpture entitled Sammarcota, from the same period (1946-47), inspired by the women who transport stones in the town of San Marco in Sicily, marked the beginning of an increasingly tight turn toward an abstract form of expression, which he brought to fulfilment with the three works known collectively as Immagini dell’uomo (1948), sculpted in the riverbed stone of Calarco, near Messina. At the XXVI Venice Biennale (1952), Franchina showed sculptures of very recent conception, such as Ala rossa, a work that became almost a manifesto of this creative period in his life. He took part in the Venice Biennale again in 1958, 1966 and 1972, with personal rooms. He exhibited at the I Alexandria Biennale in Egypt, at numerous editions of the Rome Quadriennale, at the São Paulo Biennale in 1957 and at Documenta II in Kassel (1959). Beginning in the Fifties and in parallel with his chosen abstract vocation, he concentrated on works in metal, with a growing partiality toward iron. He also began producing large-scale works, including Commessa 60124, made for the Genoa fairgrounds at the Italsider steelworks in Cornigliano, and the soaring Spoleto 62, installed in front of the Spoleto city hall on occasion of the Sculture nella città event organised by Giovanni Carandente within the framework of the Festival dei Due Mondi. The event brought together more than one hundred sculptures by artists from all over the world: Calder, Consagra, David Smith, Chadwick, Pomodoro, Arp, Manzù, Mirko, Henry Moore, Marino Marini and many others. As the Sixties turned into the Seventies, Franchina produced a series of works in forged iron inspired by the feats of the Sicilian paladins, such as the 3-metre-high iron sculpture Roncisvalle (1970) and Oliviero (1969). His last works, the Libri del Ferro, were shown at the XI Rome Quadriennale in 1986 – and once again marked a break with the languages of his past sculptures. Franchina then began designing a 20-metre work for the Fondazione Fiumara d’Arte, to be entitled Controcorrente and installed in the bed of a Sicilian torrent located near Castel di Tusa, Messina, but the sketches remained unfinished on his worktable. Nino Franchina died in Rome on 20 April 1987.
Nino Franchina
BIOGRAFIA
(1912 - 1987)
Nino Franchina nasce a Palmanova (UD) da genitori siciliani nel 1912, pochi mesi dopo la famiglia torna in Sicilia. Nel 1934 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Palermo, e nello stesso anno, con un gruppo di giovani artisti siciliani – Renato Guttuso, Giovanni Barbera e Lia Pasqualino Noto – espone nella Galleria Il Milione a Milano, dando così vita al “Gruppo dei Quattro”. Nel 1939 sposa Gina, la figlia del pittore Gino Severini, a Roma. Qui nel 1943 inaugura la sua prima mostra personale, presso la Galleria Minima di Via del Babuino, il cui catalogo e la presentazione sono curati da Alberto Moravia. Sempre a Roma in quegli anni decide di stabilire il suo studio d’artista, in via Margutta, diventando così la sua città d’adozione. La sua ricerca espressiva lo porta però a guardare anche oltralpe, parte per Parigi dove esporrà nel 1946 al Salon d’Automne e dove si recherà ed esporrà più volte, vista la nazionalità ancora francese della moglie, entrando in contatto diretto con l’ambiente artistico parigino. Nel 1948 viene invitato alla XXIV Biennale di Venezia, dove, con il Fronte Nuovo delle Arti, propone Testa del 1947, Busto di donna del 1947 e Figura sdraiata del 1948, opere in gesso oggi distrutte. Di questo periodo è la scultura Sammarcota, 1946-47, ispirata alle donne portatrici di pietre del paese di San Marco in Sicilia, che segna l’inizio di una svolta sempre più decisa verso l’Astrattismo, portata poi a compimento con le tre opere Immagini dell’uomo, 1948, scolpite nella pietra di fiume di Calarco, vicino Messina. Alla XXVI Biennale di Venezia del 1952 prende parte con le sculture appena concepite, come Ala rossa, che diventerà quasi un manifesto di questo periodo creativo. Parteciperà ancora alle Biennali di Venezia, negli anni 1958, 1966 e 1972, con sale personali. Espone alla I Biennale di Alessandria d’Egitto, a numerose Quadriennali di Roma, nel 1957 alla IV Biennale di Sao Paulo e nel 1959 a Documenta II di Kassel. Si concentra, a partire dagli anni Cinquanta e parallelamente alla sua scelta astrattista, al lavoro sul metallo, prediligendo sempre più il ferro. Inizia a lavorare anche ad opere di grandi dimensioni, tra cui Commessa 60124 per la Fiera di Genova, realizzata presso le officine Italsider di Cornigliano, e la grande Spoleto 62 posta davanti al municipio di Spoleto per “Sculture nella città”, organizzata da G. Carandente nell’ambito del Festival dei Due Mondi, che riunisce oltre cento sculture di artisti provenienti da tutto il mondo, Calder, Consagra, David Smith, Chadwick, Pomodoro, Arp, Manzù, Mirko, Henry Moore, Marino Marini e molti altri. A cavallo tra gli anni Sessanta ed gli anni Settanta, esegue una serie di opere in ferro forgiato, ispirate dalle gesta dei Paladini siciliani, quali Roncisvalle, 1970, ferro di 3 metri d’altezza ed Oliviero, 1969. Le ultime opere, i Libri del Ferro, sono esposte alla XI Quadriennale di Roma nel 1986, e ancora una volta segnano una rottura con il linguaggio delle sculture passate. Inizia a progettare un’opera di venti metri, Controcorrente, da costruire nel letto di una fiumara siciliana per la fondazione Fiumara d’Arte, nelle terre vicino Castel di Tusa, Messina, ma sarà l’ultimo bozzetto lasciato incompiuto sul suo tavolo. Muore a Roma il 20 aprile 1987.
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Senza Titolo | Untitled 1960 Ferro Iron H. 36 x 7 cm
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Calandra | Grille 1953 Lamiera policroma (base in ferro) Polychromatic metal sheet (iron base) H. 132 x 46,5 x 45 cm
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Nino Franchina nel suo studio, anni ‘50. Nino Franchina in his studio, 1950s.
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Ettore Fieramosca 1960 Ferro Iron H. 132 cm
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Senza Titolo | Untitled 1961 Ferro Iron H. 78 cm
Senza Titolo | Untitled 1965 Ferro (base in legno) Iron (wooden base) H. 82 cm
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BIOGRAPHY
Yasuo Fuke was born in Japan on 10 June 1929. He studied sculpture at Tokyo University of the, graduating in 1955; he then attended a specialisation course in wood. In his early years of intense work he became a leading figure in art in the Japanese capital, where he was well-received by the public and criticism alike; in 1962 he was invited to show at the Biennial Exhibition of Contemporary Art. The following year his horizons expanded and his life and art permanently crossed paths with Italy. Since 1963, Yasuo Fuke has been working mainly in Milan, where he has held solo exhibitions at the Galleria del Grattacielo and the Galleria Pagani (his works are in the permanent collection of the Museo d’Arte Moderna Pagani, a 40,000 m2 museum-park in Castellanza, Varese) and in Sesto San Giovanni, where his home and studio are located, in an ambience conducive to expanding his artistic sensibility. In the Sesto of Castellani and Bonalumi, Fuke perpetuates the trend in art that saw the triumph of geometric rigour over the compositive freedom of the Informal. Shortly after his move to Italy he began exhibiting at many venues, for example at the Galleria Giraldi of Livorno and at the Galleria Ferrari of Treviglio (1973); since then, he has continued to be the artificer of a production of indubitable quality, as has been pointed up with admiration by two important critics who have curated Fuke’s exhibitions, Giuseppe Marchiori and Marco Valsecchi.
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Yasuo Fuke
BIOGRAFIA
(1929)
Yasuo Fuke nasce in Giappone il 10 giugno 1929. Studia scultura a Tokyo presso l’Università delle Arti, dove si laurea nel 1955 e successivamente frequenta un corso di specializzazione del legno. I primi anni di intenso lavoro lo vedono protagonista nella capitale nipponica, dove è apprezzato da pubblico e critica e dove è protagonista nel 1962, quando è invitato alla Mostra Biennale d’Arte Contemporanea. L’anno successivo allarga i suoi orizzonti e il suo destino si incrocia, per sempre, con l’Italia. Dal 1963 in poi infatti la sua carriera si svolge soprattutto tra Milano, dove tiene delle mostre personali presso la Galleria del Grattacielo e la Galleria Pagani (sue opere fanno parte della collezione permanente del Museo Pagani di Castellanza, Varese, un parco-museo di 40.000 mq) e Sesto San Giovanni, dove stabilisce il suo studio e la sua abitazione, trovando un ambiente adatto a sviluppare la sua sensibilità artistica. É la Sesto di Castellani e Bonalumi e Fuke non viene meno alla tendenza artistica che vede trionfare il rigore geometrico sulla libertà compositiva del gesto informale. Seguono di lì a poco altre mostre, presso la Galleria Giraldi di Livorno o la Galleria Ferrari di Treviglio nel 1973, ad esempio, ed è artefice anche nel periodo successivo di una produzione di indubbia qualità, così come evidenziato negli appassionati scritti di due importanti critici che ne hanno curato le mostre, Giuseppe Marchiori e Marco Valsecchi.
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Yasuo Fuke nel suo studio, anni ‘60 Yasuo Fuke in his studio, 1960s
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Senza Titolo anni ‘60 ca. Untitled 1960s ca Legno scolpito e acciaio Steel and carved wood 18 x 21,2 x 5,3 cm
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Senza Titolo anni ‘60 ca. Untitled 1960s ca Legno scolpito Carved wood 24 x 50,4 x 19,5 cm
Astratto 68 | Abstract 68 1968 Legno scolpito Carved wood 19 x 26,3 x 7,2 cm
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BIOGRAPHY
Walter Fusi was born in Udine in 1924 and at the age of four moved to Colle Val d’Elsa (Siena). He attended the Art Institute in Siena and later the Fine Arts Academy in Florence, where he studied under Ennio Pozzi and Emanuele Cavalli. In 1955, he moved to Florence and made contact with the Galleria L’Indiano, managed by Piero Santi, where he exhibited on several occasions. In 1959, he took part in the VIII Rome National Quadriennale. Around the mid 1960s, he moved to Sesto San Giovanni (Milan) where he met Enrico Castellani, Agostino Bonalumi and Fernando De Filippi and began to work with Galleria Pagani. The following year, he completed a large mosaic for the Parco Museum in Castellanza. In 1967, after his experience in informal art, he presented his Penetrazioni series, displayed in the Galleria Il Grattacielo in Milan, the Galleria La Polena in Genoa (1970) and the Jacques Baruch Gallery in Chicago. In 1976, he held a solo exhibition in the Palazzo dei Diamanti in Ferrara, and three years later returned to Florence, where he presented his Ornithes series at an exhibition at the Galleria La Piramide in 1981. After much artistic experimentation, he began working on the Carmina Burana series in the mid 1980s, still the subject of his artistic research today. He has held numerous solo exhibitions in Rome, Milan, Florence, Genoa, Bologna, Bonn, Liege, New York and Chicago; he has also participated in the VIII Rome Quadriennale, in several “Salon des Réalités Nouvelles” and “Salon Grands et Jeunes d’aujourd’hui”, in the “Salon des Comparaison Grand Palais” and the XXXI “Salon de la jeune Sculpture” in Paris. Some of his works are housed at MART in Trento and Rovereto (Vaf/Stiftung collection, Frankfurt), the Palazzo Pitti Gallery of Modern Art in Florence, the Museo Nacional Grabado Contemporaneo in Madrid, the Kresge Art Museum and Michigan State University in the United States. Walter Fusi died in May 2013, after a short 62
illness, at the age of 88.
Walter Fusi
BIOGRAFIA
(1924 - 2013)
Walter Fusi nasce a Udine nel 1924 e, all’età di quattro anni, si trasferisce a Colle Val d’Elsa (SI). Frequenta l’Istituto d’Arte di Siena per poi continuare a studiare presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove è allievo di Ennio Pozzi ed Emanuele Cavalli. Nel 1955 si trasferisce a Firenze ed entra in contatto con la Galleria L’Indiano, diretta da Piero Santi, dove espone in diverse occasioni. Nel 1959 partecipa alla VIII Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma. Verso la metà degli anni Sessanta si trasferisce a Sesto San Giovanni (MI), incontra Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, Fernando De Filippi e inizia a frequentare la Galleria Pagani. L’anno seguente realizza un grande mosaico per il Parco Museo di Castellanza. Nel 1967, dopo l’esperienza informale, inaugura la serie delle Penetrazioni, presentate nei locali della Galleria Il Grattacielo a Milano, della Galleria La Polena a Genova (1970) e della Jacques Baruch Gallery di Chicago. Nel 1976 tiene una personale a Palazzo dei Diamanti a Ferrara e tre anni dopo rientra a Firenze, dove nel 1981, in occasione della mostra alla Galleria La Piramide, espone gli Ornithes. Dopo varie sperimentazioni artistiche dalla metà degli anni Ottanta inizia a lavorare alla serie dei Carmina Burana che ancora oggi interessano la sua ricerca artistica. Ha tenuto numerose personali a Roma, Milano, Firenze, Genova, Bologna, Bonn, Liegi, New York, Chicago; ha inoltre partecipato alla VIII Quadriennale d’Arte Contemporanea di Roma, a vari “Salon des Réalités Nouvelles” e “Salon Grands et Jeunes d’aujourd’hui”, al “Salon des Comparaison Grand Palais” e al XXXI “Salon de la jeune Sculpture” di Parigi. Alcune sue opere sono conservate presso il MART di Trento e Rovereto (collezione Vaf/Stiftung, Frankfurt), la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze, il Museo Nacional Grabado Contemporaneo di Madrid, il Kresge Art Museum, la Michigan State University negli Stati Uniti etc. Walter Fusi muore nel mese di maggio del 2013, dopo una breve malattia, all’età di 88 anni.
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Walter Fusi nello studio al Museo Pagani, Legnano, settembre 1967. Walter Fusi in his studio at Museo Pagani, Legnano, September 1967.
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Penetrazioni nello spazio 1967 Acrilico su tela, legno, cartone e pvc Acrylic on canvas, wood, cardboard and PVC 60,4 x 72,3 x 6 cm
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Penetrazione nello spazio 31/68 1968 Acrilico su tela, legno, cartone e pvc Acrylic on canvas, wood, cardboard and PVC 57,3 x 63 x 4,3 cm
Penetrazione nello spazio 33/68 1968 Acrilico su tela, legno, cartone e pvc Acrylic on canvas, wood, cardboard and PVC 32 x 66,8 x 3 cm
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BIOGRAPHY
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Quinto Ghermandi was born in Crevalcore (BO) in 1916. He attended the Liceo Artistico of Bologna, where he was taught by Cleto Tomba, and then the city’s Accademia di Belle Arti, where he worked under the guidance of sculptor Ercole Drei. His early works manifest his interest in the sculpture of Arturo Martini, despite referencing the stylistic canons of the monumental sculpture typical of the period. He joined the Bersaglieri corps and saw combat in Greece and in Africa, where he was taken prisoner following the rout at El Alamein. During his four years of internment, he came to know the art of Pablo Picasso and of Henri Moore through British magazines. Back in Bologna, Ghermandi created sculptures of small dimensions in which Tomba’s teachings emerge in caricatural, grotesque forms. He exhibited for the first time at the Venice Biennale in 1950; the next year, he was at the Rome Quadriennale. The traditional, Novecentist figuration evident in his sculpture began to eclipse in the mid-1950s: Ghermandi experimented with new materials, from iron to bronze, from which a peculiar zoomorphic and phytomorphic world began to blossom. His approach to the complex universe of the Italian Arte Informale and the ‘ultimi naturalisti’ led by Francesco Arcangeli was just around the corner. It was that tormented nature, disquieting, vital and unpredictable, that generated his ‘wings’, ‘leaves’ and ‘flights’. Ghermandi exhibited numerous times at the Venice Biennale, where he was granted a personal exhibition room in 1960. At the very beginning of the 1970s he was appointed professor of sculpture at the Accademia of Florence; from 1972 to 1986, he held the same chair in Bologna. Beginning in the late 1970s, Ghermandi returned to his roots, so to speak, taking up terracotta as the medium for satiric works. In 1993, he took first place at the IV Premio Nazionale ‘Pericle Fazzini’. Ghermandi died in 1994. ‘Ghermandi’s work,’ wrote Adriano Baccilieri, ‘and his works, offer us the occasion to and the pleasure of rediscovering certain magical and magnetic fluids it is not always easy to find in contemporary art, even when it is at its highest. As one explores the ins and outs of Ghermandi’s sculpture, one has the impression of taking an extraordinary journey of the imagination, of embarking on an authentic adventure, a course navigating the continual surprises offered by the images. The route is rich in the reciprocal references offered up for our observation: sketches, drawings, graphic compositions and small and large sculptures. The dimensions and the techniques are all different, but the virtual territory in which they live is the same in each case: the unreal space of the most fervid of imaginations. Ghermandi’s sculpture is arcane figure and object of wonderment; as surprising as a sudden and unforeseen apparition in space.’
Quinto Ghermandi
BIOGRAFIA
(1916 - 1994)
Nasce a Crevalcore nel 1916. Frequenta il Liceo artistico di Bologna, dove ha come insegnante Cleto Tomba, poi l’Accademia di belle arti, sotto la guida dello scultore Ercole Drei. I suoi primi lavori mostrano un’attenzione particolare per la scultura di Arturo Martini, nonostante il richiamo ai canoni stilistici della scultura di impegnano monumentale di quel periodo. Si arruola come bersagliere e combatte in Grecia e in Africa, dove, dopo la disfatta di El Alamein, viene fatto prigioniero. Durante i quattro anni d’internamento ha modo di conoscere sulle riviste inglesi l’arte di Pablo Picasso e di Henri Moore. Rientrato a Bologna, si dedica alla realizzazione di sculture di piccole dimensioni nelle quali riemerge l’insegnamento di Tomba per le forme caricaturali e grottesche. Nel 1950 è presente per la prima volta alla Biennale di Venezia e, l’anno seguente, alla Quadriennale di Roma. Dalla metà degli anni Cinquanta il riferimento alla figurazione di tradizione novecentista comincia a disperdersi: sperimenta nuovi materiali, dal ferro al bronzo, dai quali prende a dispiegarsi un mondo zoomorfo e fitomorfo. L’avvicinamento con il complesso universo dell’ “informale” italiano e con gli “ultimi naturalisti” sostenuti da Francesco Arcangeli sta per compiersi. È quella natura tormentata, inquieta, vitale, imprevedibile, a generare le sue “ali”, “foglie”, “voli”. Espone più volte alla Biennale veneziana, che gli dedica una sala personale nel 1960 e, all’inizio degli anni Settanta, è nominato titolare della cattedra di scultura all’Accademia di Firenze, poi, dal 1972 al 1986, a Bologna. Dalla fine degli anni Settanta torna alle origini, riprendendo a lavorare la terracotta per dar spazio alla satira. Nel 1993 vince del IV Premio nazionale Pericle Fazzini. Muore nel 1994. “Il lavoro di Ghermandi”, ha scritto Adriano Baccilieri, “e il suo farsi offre l’occasione e il piacere di ritrovare certi fluidi magici e magnetici che non sempre è dato riconoscere all’arte contemporanea, persino nei momenti più alti. Percorrendo infatti la scultura di Ghermandi al suo interno si ha davvero l’impressione di uno straordinario viaggio nella fantasia, di un’autentica avventura corsa fra le continue sorprese fornite dalle immagini. L’itinerario è ricco dei costante reciproci rimandi che abbozzi, disegni, composizioni grafiche, piccole e grandi scultura offrono alla nostra osservazione. Diversa la dimensione e le tecniche, uguale il territorio virtuale nel quale esse hanno vita: lo spazio irreale nella più tesa immaginazione. La scultura di Ghermandi è figura arcana e oggetto si meraviglia; sorprende come un’apparizione improvvisa e inattesa nello spazio”.
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Quinto Ghermandi al lavoro in fonderia. Quinto Ghermandi at work in foundry.
Momento del Volo | Moment of Flight 1958 Bronzo Bronze 60,5 x 56 x 7 cm
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Senza Titolo | Untitled 1961 Bronzo Bronze 71 x 54,5 x 33,5 cm
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L’Ombra | The Shadow 1962 Bronzo Bronze H. 65,5 cm
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Metamorfosi | Metamorphosis 1961 Bronzo patinato oro Gold patinated bronze 41 x 45 x 28 cm
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Figura | Figure 1963 Bronzo Bronze 50,5 x 38 x 20 cm
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Figura | Figure 1963 Bronzo Bronze 94 x 29 x 30,5 cm
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Cartoline con le chine delle sculture future Pen-and-ink Drawings of the Forthcoming Sculptures 1980 China su carta Ink on paper 49,5 x 34,5 cm
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Oggi Sciopero Generale | Today: General Strike 1987 Bronzo Bronze 44 x 33 x 21,7 cm
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BIOGRAPHY
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Emilio Greco was born in Catania in 1913. At age thirteen, when his father fell ill, he was forced to leave school; he found work at the studio of a sculptor of tomb decorations, where he learned to roughshape marble and where he stayed on after hours to model details of classical works in clay. In the 1930s and 1940s he completed his training at the Accademia di Belle Arti of Palermo. After the war, Greco created jewellery for Masenza, a shop in Via del Corso specialised in jewels by contemporary artists, but he had finally also found a space (at Villa Massimo) where he could work on sculptures of large dimensions. Terracotta, as material, and the portrait, as genre, predominated in his early professional activity. The plastic documents of this early season manifest Greco’s attentive reading of Etruscan sculpture and imperial Roman portraiture (whose earthy solidity is ideally balanced by his knowledge of the fluidly elegant lines of the Hellenistic Venuses). Soon, however, grafts of more contemporary curiosities about the gestures of Arturo Martini took hold. Later on, plays and contrasts of well-turned masses, controlled as ideal geometric solids, began to part before the subtle erotic tension that prefigures the ‘victorious impetuosity of femininity’ that is the distinctive content of his mature work. Greco worked through a series of variations on the theme of ‘the bather’, exploring as he went the manifold potentials of the female form, investigated with a reined-in ardour not devoid of a hedonistic abandon between sorcery and passion, moving in a rare balance of suspension and transfiguration, between illusion and regret but always in a measure of style and a geometric order that in its natural harmony refers back to the canons of classical art. As his renown grew, so did the number of works Greco succeeded in producing: terracottas, sculptures in marble, portraits and many drawings began to appear at the major Italian, French and German exhibitions. Greco worked as assistant to sculptor Quirino Ruggeri at Rome’s Liceo Artistico and in 1995 was appointed professor of sculpture at the Accademia of Naples, where he taught until 1967. In the same period he exhibited in London, Venice and St. Louis and worked on his Monument to Pinocchio. In the 1960s, the artist took his works on a world tour; acclaimed in Paris, Tokyo, New York and Lisbon, he travelled as far as Australia, showing in two cities, and in the meantime accumulated commendations and awards in Italy. The Orvieto museum holds his major works: twenty-six sculptures from 1947 to 1983, sixty drawings from 1946 to 1991, and medals and bas-reliefs. Since June of 1992, an entire room in the Museo Nazionale d’Abruzzo in L’Aquila is devoted to his bronze and terracotta sculptures. Emilio Greco died in Rome in 1995.
Emilio Greco
BIOGRAFIA
(1913 - 1995)
Nasce a Catania nel 1913. A tredici anni, in seguito a una malattia del padre, deve lasciare la scuola per lavorare nella bottega di uno scultore di monumenti funerari, dove impara a sbozzare il marmo fermandosi fino a tarda ora per modellare nella creta particolari di opere classiche. Fra gli anni ‘30 e ‘40 completa la sua preparazione artistica frequentando l’Accademia di Belle Arti di Palermo. Dopo la guerra, Greco realizza gioielli per Masenza, un negozio di via del Corso specializzato in gioielli di artisti contemporanei, ma finalmente dispone di uno spazio (a Villa Massimo) dove può lavorare su sculture di grandi dimensioni. La terracotta, come materiale, e il ritratto, quale genere, saranno caratteristiche predominanti della sua prima attività professionale. I documenti plastici della prima stagione mostrano un’attenta lettura della plastica etrusca e della ritrattistica imperiale romana (la cui terragna solidità è bilanciata idealmente dalla conoscenza delle fluide eleganze delle Veneri ellenistiche), su cui si innestano presto le curiosità più attuali relative al gesto di Martini. Successivamente i giochi e i contrati delle masse tornite, controllate come ideali solidi geometrici, fanno spazio alla sottile tensione erotica che prefigura quell’ “irruenza vittoriosa della femminilità” che è il contenuto distintivo della sua ricerca matura. Elabora una serie di variazioni sul tema della bagnante, esplorando le molteplici potenzialità delle movenze del corpo femminile indagate con rattenuto ardore, non privo di abbandono edonistico, fra incanto e passione, muovendosi in un raro equilibrio di sospensione e trasfigurazione, fra illusione e rimpianto, sempre in una misura di stile e ordine geometrico che recupera per naturale armonia i canoni della classicità. La sua fama aumenta così come la mole di opere che riesce a produrre: terrecotte, sculture in marmo, ritratti e molti disegni entrano nelle maggiori esposizioni italiane, francesi e tedesche. Assistente dello scultore Quirino Ruggeri al liceo artistico di Roma, nel 1955 ottiene la cattedra di scultura all’Accademia di Napoli, dove insegnerà fino al 1967, intanto espone a Londra, a Venezia e St. Louis e lavora al Monumento a Pinocchio. Negli anni ‘60 l’artista porta in giro per il Mondo le sue opere, acclamato a Parigi, Tokio, New York e Lisbona. Approda persino in due città in Australia, mentre in Italia accumula onorificenze e premi. Il Museo di Orvieto raccoglie le sue opere principali: ventisei sculture dal 1947 al 1983, sessanta disegni dal 1946 al 1991, medaglie e bassorilievi. Dal luglio del 1992 anche il Museo Nazionale d’Abruzzo a L’Aquila ospita un’intera sala con sculture in bronzo e terracotta di Emilio Greco. Emilio Greco muore a Roma nel 1995.
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Emilio Greco nel suo studio. Emilio Greco in his studio.
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Figura | Figure 1957 Gesso policromo Polychromatic plaster H. 48 cm
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BIOGRAPHY
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Bruno Innocenti was born in 1906. His father, a goldsmith, encouraged him to study art and in 1920 he enrolled at the Istituto d’Arte of Florence. Here, he attended the sculpture course taught by Libero Andreotti, who appreciated Innocenti’s precocious talent and took him on at his studio as his assistant and collaborator in 1926. Innocenti’s early works, based on a process of analytical reading of the real world and breakdown and synthesis of form into essential volumes, may in fact be considered derivatives of Andreotti’s teachings and style, which in turn was strongly influenced by meditation on the works of Paul Cézanne. In the Thirties, dominated by the celebratory exigencies of Italian fascism, Innocenti’s expression took a monumental turn and he created some of his most important works. He defined his language as running counter to the art of the period: fragile, slender forms began to characterise his style and portraits and nudes became his preferred themes. Leaving behind his master’ realism, Innocenti’s eye engaged Kupka and Modernism. And the female figure, adored, sublimated and at the same time caressed, represented with an almost Panic love for detail: it is in the folds of the flesh, the silkiness of the skin, that his poetic takes form. A gasping search for truth, almost at the limit of a naturalism that would restore the physicality of the nude body to a sort of formal purity. And while the sculpture of the regime celebrated muscular heroes, Innocenti continued to caress his ‘fanciulle in fiore’. They are embodiments of suggestions from Proust, from Pascoli; with their syncretism of poetry, music and image they inspire our own. Nor is it by chance that Innocenti’s only public commissions (excepting the great Redeemer of Maratea) are for the theatres: the Teatro Comunale of Florence (1933) and Rome’s Teatro dell’Opera. Innocenti’s search for modernity is well documented in his drawings: he embraced new mediums, such as the ball-point pen and markers, with great immediacy; he went so far as to scratch his paper to preview the plastic effect of wooden sculpture. Thus we come to the terracotta ‘nudini’ of the 1950s: small studies twenty or so centimetres in height, with redundant forms and ‘unmade’ modelling; or the low reliefs of intertwining human forms barely emerging from the background; or, again, the wooden sculptures in which he artist adapts the form he creates to the contours of the tree trunk, to its knots. Innocenti’s aptitude for acute observation of the real world is echoed in his portraiture, in which the goal of his figuration is to investigate the new possibilities for expression brought up for discussion by the avant-gardes. Following the death of his mentor Libero Andreotti in 1933, Innocenti stepped up to the chair of sculpture at the Istituto d’Arte, a post he held until 1975. Between 1925 and 1938 he participated in various editions of the Rome Quadriennale and the Venice Biennale; in 1937 he exhibited at the Exposition Internationale des Arts et Techniques dans la Vie Moderne in Paris. He spent a short time in the United States; in 1951, New York’s Metropolitan Museum of Art honoured him with a personal show. His return to Italy seemingly marked a decline of his creative vein which, however, was soon filled by his production in wood and porcelain, the latter fruit of collaboration with Richard Ginori of Doccia from 1962 onward. In 1985, the Accademia delle Arti del Disegno of Florence devoted an important exhibition to his works. Innocenti died in 1986.
Bruno Innocenti
BIOGRAFIA
(1906 - 1986)
Nasce nel 1906. È il padre, orafo, ad indirizzarlo agli studi artistici, iscrivendolo nel 1920 all’Istituto d’arte di Firenze. Qui frequenta il corso di scultura tenuto da Libero Andreotti, che ne apprezza il talento precoce e lo accoglie nel proprio studio come assistente e collaboratore nel 1926. Le sue prime opere, basate su un procedimento di lettura analitica del reale fondato sulla scomposizione e sintetizzazione della forma in volumi essenziali, derivano infatti dalle lezioni andreottiane, memori a loro volta della meditazione sull’opera di P. Cézanne. Durante gli anni Trenta, quando la scultura, dominata dalle esigenze celebrative dettate dal fascismo, si esprimeva in termini monumentali, Innocenti realizza alcuni dei suoi lavori più importanti, definendo il proprio linguaggio in controtendenza rispetto all’arte del periodo: forme fragili ed esili iniziarono a caratterizzare il suo stile, ritratti e nudi femminili divengono i temi preferenziali. Affrancatosi dal realismo del suo maestro, il suo sguardo si rivolge a Kupka e al Modernismo. È intorno all’immagine femminile, adorata, sublimata, ma insieme accarezzata, rappresentata con un amore quasi panico per i dettagli: le pieghe dell’incarnato, la sericità della pelle, che si sviluppa la sua poetica. Un ricercato anelito di verità, quasi ai limiti di un naturalismo che vuole restituire la fisicità del corpo nudo ad una sorta di purezza formale. E mentre la scultura di regime celebra eroi muscolosi, Innocenti continua ad accarezzare le sue ‘fanciulle in fiore’. Sono suggestioni proustiane, pascoliane con il loro sincretismo tra poesia, musica e immagine a ispirare il nostro. E non è un caso che le uniche sue committenze pubbliche (eccettuato il grande Redentore di Maratea) siano per teatri: il Comunale di Firenze (1933) e l’Opera di Roma. La sua ricerca di modernità è ben documentata dai disegni: Innocenti utilizza con prontezza nuovi media come la penna biro e i pennarelli, giunge a graffiare la carta per prefigurare gli effetti plastici della scultura in legno. Si arriva così ai nudini in terracotta degli anni ‘50, bozzetti alti una ventina di centimetri, dalle forme ridondanti, dal modellato sfatto, o ai bassorilievi dai corpi avviluppati che appena si stagliano dallo sfondo, o ancora alle sculture in legno, in cui l’artista adatta la forma che crea al viluppo del tronco, ai suoi nodi. L’attitudine all’osservazione acuta del reale trovò riscontro nella ritrattistica, dove la figurazione è finalizzata a indagare le nuove possibilità espressive che le avanguardie avevano messo in discussione. Dopo la morte di L. Andreotti, nel 1933, Innocenti assume la cattedra di scultura all’Istituto d’arte, che mantiene fino al 1975. Tra il 1925 e il 1938 partecipa a diverse Quadriennali romane e Biennali di Venezia; nel 1937 partecipa all’Esposizione universale di Parigi. Soggiorna brevemente negli Stati Uniti e nel 1951 il Metropolitan Museum of art di New York gli dedica una mostra personale. Il rientro in Italia sembra segnare un declino della sua vena creativa, che tuttavia ritrova vigore nella produzione in legno e porcellana, frutto della collaborazione con la Richard Ginori di Doccia, iniziata nel 1962. Nel 1985 l’Accademia delle arti del disegno di Firenze gli dedica un’importante mostra. Muore nel 1986.
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Bruno Innocenti al lavoro nel suo studio, Firenze. Bruno Innocenti working in his studio, Florence.
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Vergine Annunciata | The Virgin Annunciate 1935-1945 ca. Gesso Plaster H. 41 cm
Angelo Annunciante | The Angel of the Annunciation 1935-1945 ca. Gesso Plaster 26 x 23,5 x 12 cm
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BIOGRAPHY
Jiří Kolář was born in 1914 in Protivìn in Bohemia. In 1922, he moved to Kladno near Prague. After an adolescence marked by a series of casual jobs, he discovered, at the age of sixteen, the Czech edition of Les mots en liberté futuristes by Filippo Tommaso Marinetti, which transported him into the world of modern poetry, fundamental to his future artistic experimentation. Thanks to his encounter with Surrealism, he began working with collage. In 1937, he exhibited for the first time at the Mozarteum in Prague. In 1941, during German occupation, his first collection of poetry was published, and the following year he founded the “Group 42” with other artists. Between 1946 and 1948 he travelled to Paris, Germany and Great Britain and a few years later The Liver of Prometheus (1952) was published, in which he used a combination of imagery, poetry and prose to report the dramatic situation in Czechoslovakia after the establishment of the communist regime; a harsh truth which together with other writings cost him a nine-month prison sentence and a publication ban until 1964. Near the late Sixties, he exhibited in Germany and in Brazil, where in 1969 he won first prize at the X Sao Paulo Biennial, then in Canada and in Japan. In ‘75, ‘78 and ‘85 the Guggenheim R. Solomon Museum in New York hosted three important solo exhibitions (Kolář and Picasso are the only artists who, while still living, had the honour of three solo exhibitions at New York’s Guggenheim), followed by many other exhibitions all over the world. In 1983, he completed the Dictionary of Methods, a collection of all the techniques used to realise his works: collage, ventilage, chiasmage, confrontage, etc. His artworks can be found in the world’s leading galleries. In 1991, he received the Seifert Prize and was named an honorary citizen of Prague, where he died in August 2002. In 2012 took place an important retrospective held at MOCAK in Krakow, whereas, in 2014, an anthological exhibition was held at the Kunstforum Ostdeutsche Galerie 90
in Regensburg, Germany.
Jiří Kolář
BIOGRAFIA
(1914 - 2002)
Jiří Kolář nasce nel 1914 a Protivín, in Boemia. Nel 1922 si trasferisce a Kladno, vicino a Praga. Dopo un’adolescenza caratterizzata da lavori fortuiti, a sedici anni scopre l’edizione ceca di Les mots en liberté futuristes di Filippo Tommaso Marinetti, che lo conduce nel mondo della poesia moderna, fondamentale per la sua futura ricerca artistica. Grazie all’incontro con il Surrealismo inizia a lavorare con la tecnica del collage. Nel 1937 espone per la prima volta al Mozarteum di Praga. Nel 1941, durante l’occupazione tedesca, esce la sua prima raccolta di poesie e l’anno seguente fonda il “Gruppo 42” insieme ad altri artisti. Tra il 1946 e il 1948 compie alcuni viaggi a Parigi, in Germania e in Gran Bretagna e qualche anno dopo esce Il Fegato di Prometeo (1952) nel quale, unendo le immagini alla poesia e alla prosa, denuncia la drammatica situazione cecoslovacca dopo l’avvento del regime comunista; una dura verità che insieme ad altri scritti gli costa il carcere per nove mesi e il divieto di pubblicazione fino al 1964. Verso la fine degli anni Sessanta espone in Germania e in Brasile, dove nel 1969 è premiato alla X Biennale di San Paolo quindi in Canada e in Giappone. Nel ‘75, nel ‘78 e nell‘85 il Guggenheim R. Solomon Museum di New York gli dedica tre importanti mostre personali (Kolář e Picasso sono gli unici artisti che, da viventi, hanno avuto l’onore di tre mostre personali presso il Guggenheim di New York). Seguiranno molte altre esposizioni in tutto il mondo. Nel 1983 conclude il Dizionario dei metodi, una raccolta con tutte le tecniche utilizzate per la realizzazione delle sue opere: collage, ventilages, chiasmages, confrontages, etc. Le sue opere sono presenti nei maggiori musei del mondo. Nel 1991 riceve il Premio Seifert e viene nominato cittadino onorario di Praga, dove muore nell’agosto del 2002. È del 2012 un’importante retrospettiva presso il MOCAK di Cracovia, mentre nel 2014 si è tenuta una mostra antologica presso la Kunstforum Ostdeutsche Galerie di Regensburg, in Germania.
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Jiří Kolář al Cafè Slavia di Praga, 1965 Jiří Kolář at the Cafè Slavia in Prague, 1965
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1914 - 1914 - 1914 1967 Collage e rollage su oggetto a colonna Collage and rollage on a column object 86,5 x 25 x 23 cm
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Uovo Macchiato | Spotted Egg 1969 Collage su oggetto chiasmage Collage on chiasmege object 80 x 60 cm
Violino nella Notte | Violin in the Night 1973 Collage e chiasmage su legno (oggetto chiasmage) Collage and chiasmage on wood (chiasmage object) 75,4 x 42,8 x 1,5 cm
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BIOGRAPHY
Susan Loeb was born in New York City on 8 February 1945 but due to her father’s political commitments her family moved to Washington DC when she was very young. Stevenson Loeb’s career and the support he received from President Kennedy took the family on many trips to many parts of the world. In 1961, Susan’s family moved to Lima, Peru, where her father was posted as U.S. Ambassador. A few years later, in 1966, Susan Loeb earned her Bachelor of Arts degree with a major in sculpture at the American University of Washington DC, sure even then of the path her future career in art would take. She moved to Italy, first to Florence and then to Calabria with her husband and children, but her ties to the United States remained strong. In the 1970s she exhibited at important U.S. exhibitions in Washington DC at the Watergate Gallery and at the Zenith Gallery, with which she signed a contract in 1978. At the same time, in Italy, she worked above all with the Galleria Davanzati of Florence, where she exhibited her works numerous times over more than a decade, from 1978 to 1989. It was in these two decades that Susan Loeb was most active professionally: in the same period, the artist showed her elegant figurative sculptures around the world, winning acclaim in Tokyo, New York, Los Angeles and Strasburg.
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Susan Loeb
BIOGRAFIA
(1945)
Susan Loeb nasce a New York City l’8 febbraio 1945, ma ben presto con la famiglia si trasferisce a Washington a causa degli impegni politici del padre. La carriera di Stevenson Loeb, supportata dal presidente Kennedy, porta la piccola Susan a viaggiare molto e nel 1961 si trasferisce a Lima in Perù poiché il padre, nel frattempo, è nominato Ambasciatore. Qualche anno dopo, nel 1966, Susan Loeb consegue il Bachelor of Art con indirizzo scultura all’American University di Washington D.C., delineando così gli sviluppi futuri della sua carriera artistica. Gli anni successivi sono segnati dal suo trasferimento in Italia, prima a Firenze e poi in Calabria con il marito e le figlie, ma il suo legame con gli Stati Uniti non si interrompe, poiché negli anni ’70 è protagonista di importanti mostre americane, a Washington D.C., presso la Watergate Gallery e la Zenith Gallery, con la quale sottoscrive un contratto nel 1978. Contemporaneamente, in Italia, lavora soprattutto con la Galleria Davanzati di Firenze, con la quale, per oltre un decennio, a partire dal 1978 fino al 1989, ha occasione di esporre numerose volte. È in queste due decadi che Susan Loeb si scopre più attiva professionalmente e, in questo periodo, l’artista porta in giro per il mondo le sue eleganti sculture figurative, apprezzate a Tokyo, New York, Los Angeles e Strasburgo.
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La Famiglia | The Family 1988 Bronzo Bronze 39 x 21 x 23 cm
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Amanti | Lovers 1992 Terracotta Terracotta 35 x 20 x 19 cm
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BIOGRAPHY
Born in Sicilia in 1937, Giuseppe Gattuso Lo Monte, despite his premature death in Florence in 1987, cut a variegated path through the cultural scenarios of the 1960s, 1970s and 1980s. With Raphael Bueno and Giovanni Ragusa, he formed that temporary grouping that was tendentially adverse to the artistic-cultural ‘vogues’ presented, beginning in the 1970s, in many Italian exhibitions. His work stands out for its synthetic and genuinely irreverent execution; in the eyes of recent criticism, Gattuso’s graphic and sculptural repertory is revelatory of certain early signs pointing to the Transavanguardia. Gattuso’s faithful adherence to the small format, rightly defined as complementary to a desire to work a ‘reduction’ of art in moral and aesthetic terms, suggests a polemical counterpoint to the large, voluptuous canvases of his coeval Citazionisti, from whom his ‘infantilistic’ and at times primordial forms – which recover, together with a laudable immediacy of execution, the lesson of the Metaphysical and Magic Realism – contribute to distancing his work. Following prolific exhibition activity in Italy and Switzerland, in the Seventies and Eighties Gattuso was the protagonist of an exhibition tour in the United States which in a decade, from 1972 to 1983, had him showing at Drake University in Des Moines, Iowa (1972), at Southwestern College in California (1973), at the University of Nebraska at Lincoln (1978) and finally in San Francisco, in 1983, four years before his death.
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Giuseppe Gattuso Lo Monte
BIOGRAFIA
(1937 - 1987)
Nato in Sicilia nel 1937, Gattuso Lo Monte nonostante la prematura scomparsa (muore a Firenze nel 1987), percorre un itinerario variegato che attraversa gli scenari culturali degli anni ’60, ’70, ’80. Con Raphael Bueno e Giovanni Ragusa ha costituito quel raggruppamento temporaneo tendenzialmente avverso alle “mode” artistico-culturali presentato fin dagli anni ’70 in varie rassegne italiane. Distintosi per un’esecuzione sintetica e genuinamente irriverente, il repertorio grafico e scultoreo di Gattuso ha rivelato agli occhi di una critica recente alcune prime avvisaglie di transavanguardia. La fedeltà di Gattuso al piccolo formato, giustamente definito complementare ad una volontà di riduzione estetica e morale, suggerisce un polemico contrappunto con le grandi e voluttuose tele dei coevi “citazionisti” dai quali contribuiscono a distanziarlo le forme infantilistiche e talora primordiali che recuperano, insieme all’immediatezza dell’esecuzione, la lezione della metafisica e del realismo magico. Dopo una ricca attività espositiva tra l’Italia e la Svizzera, tra gli anni ’70 ed ’80 è protagonista di un tour espositivo negli Stati Uniti che in un decennio, dal 1972 al 1983, lo vede esporre alla Drake University des Moines (1972), al Southwestern College in California (1973), alla University of Nebraska a Lincoln (1978) ed infine a San Francisco, nel 1983, a quattro anni dalla sua scomparsa.
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Da sinistra | From left: Raffaele Bueno, Giuseppe Gattuso Lo Monte, Giovanni Ragusa.
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Tre Alberi | Three Trees 1977 Terracotta smaltata (base in legno) Enamelled terracotta (wooden base) 27,5 x 21 x 15 cm
BIOGRAPHY
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Luigi Mainolfi was born in Rotondi (Avellino) in 1948. After studying painting at the Accademia di Belle Arti of Naples, he moved to Turin in 1973, at a moment when the Arte Povera group was very active and the so-called ‘new painting’, with its analytical and abstract references, dominated the art panorama. At the start, Mainolfi responded to these stimuli with ‘destructive’ performance art experiences but soon turned back to, reassuming the role of the artist who shapes matter and builds with it: he commenced formulating his own new language for his sculpture in about 1979, when he began Campana (1979-1980), a large, built-up plaster form, a ‘whiteboard’ for graffiti and writings. It was in this same period that he began working with ‘poor’, natural materials such as terracotta, plaster and lava stone in addition to his bronze castings. His Paesaggi series, begun in 1980, achieved results with use of polychrome terracottas that were unprecedented in a contemporary context. Clay, which for Mainolfi had a symbolic as well as material value, is metamorphic, protean, as is the universe of the artist’s poetic. He is a sort of narrator of stories based in mythology, in which each of us can find our own existential bases. More recently, this elemental warmth would seem to have dissipated following a first informal phase; still today, the artist proposes more abstract compositions as though awareness of the impossibility of resetting time to again plunge into the origin of things had opened the way to more technical considerations centring on accumulation and unemotional cataloguing of objects which, for our times, have no useful value except as historical markers. In his works of 1982, terracotta took on that ‘epidermal’ aspect, a surface that appears spongy, which was destined to become a signature. These works were followed by sonorous symbolic objects derived from the Campana, such as door-knockers, drumsticks and timpani mallets, castanetshells. His works of the Nineties reveal a sort of ‘cooling’ of the epidermis, which becomes smoother in his Città, monumental pyramidal structures on which small windows are impressed, cookie-mold fashion. Colder yet are the Paesaggi in iron, in which modulation of the surface is achieved with overlapping metal sheets. Mainolfi’s exhibition history is extensive, ranging from Documenta of Kassel to many editions of the Venice Biennale and the Rome Quadriennale d’Arte. In 2001, the artist was selected to represent Italy for an exchange between our country and Japan.
Luigi Mainolfi
BIOGRAFIA
(1948)
Nasce a Rotondi (Avellino) nel 1948. Si diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Nel 1973 si trasferisce a Torino, in un momento di forte attività del gruppo dell’Arte Povera e della “nuova pittura” di referente analitico e astratto. Mainolfi risponde dapprima a queste sollecitazioni con alcune esperienze nell’ambito della performance, per poi volgersi al recupero della dimensione dell’artista che plasma e costruisce con la materia: si avvia infatti ad elaborare un nuovo personale linguaggio scultoreo intorno al 1979, anno in cui inizia la Campana (1979-1980), una grande forma in gesso costruita destinata ad accogliere graffiti e scrittura. Inizia ad operare allora con materiali poveri e naturali come la terracotta, il gesso, la pietra lavica, oltre che con fusioni in bronzo. Dal 1980 giunge, con i Paesaggi, ad un uso senza precedenti in ambito contemporaneo della terracotta policroma. La creta, che in lui assume anche un valore simbolico, è materia metamorfica, proteiforme, tanto quanto l’universo poetico dell’artista. Mainolfi è una sorta di narratore di storie a sfondo mitologico in cui ciascuno di noi può ritrovare i propri fondamenti esistenziali. In tempi più recenti, e sino ad oggi, questo calore primario, dopo una fase informale, sembra essersi dissipato e l’artista propone componimenti più astratti: come se la coscienza dell’ impossibilità di azzerare il tempo per rituffarsi nelle origini, abbia aperto la strada a considerazioni più’ tecniche di accumulo e fredda catalogazione di oggetti che, per il nostro tempo, non hanno più valore d’uso se non storico. Nelle opere dell’82 la terracotta ha già raggiunto quell’aspetto epidermico che sarà caratteristico, una superficie che pare spugnosa. A queste opere seguono poi gli elementi sonori e simbolici derivati dalla Campana, come i batacchi, le mazze da percussione, le nacchere-conchiglie. Le opere degli anni Novanta rivelano una sorta di raffreddamento nell’epidermide, che si regolarizza sempre più nelle Città, monumentali strutture piramidali, su cui sono impresse a stampino piccole finestre. Ancora più freddi sono i Paesaggi in ferro, dove la modulazione della superficie é realizzata con lamelle sovrapposte. Il curriculum espositivo di Mainolfi è fittissimo, dalle Documenta di Kassel alle Biennali di Venezia o Quadriennali d’Arte di Roma. Nel 2001 l’artista è scelto come rappresentante dell’Italia per uno scambio tra il nostro paese e il Giappone.
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Luigi Mainolfi al lavoro nel suo studio. Luigi Mainolfi at work in his studio.
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Senza Titolo | Untitled 1988 Terracotta Terracotta 27 x 10 x 11 cm
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Terraoro 1996 Terracotta policroma Polychromatic terracotta 35 x 26 cm
CittĂ | City 1996 Terracotta Terracotta 24 x 33,5 cm
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Mainolfi - Il Bosco del Re Nudo, Villa La Marrana, Ameglia (La Spezia), 1999
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Capretta di Stupinigi | Stupinigi’s goat 1997 Ferro Iron 136 x 124 x 35 cm
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BIOGRAPHY
Paolo Maione was born in San Giovanni d’Asso, Siena, in 1965. He first began sculpting in the 1980s, in a cultural climate of rediscovery of the classical values in art and of ‘abandoned’ methods and techniques. His encounter with painter Lorenzo Bonechi led to a fecund period of study of ancient and contemporary art. In 1985, he enrolled at the sculpture school of the Accademia di Belle Arti of Carrara and later at the Florence art academy. In short order, he opened his first workshop in Figline Valdarno. In the early 1990s, he moved to Paris, where he began to formulate an imaginary world of bronze and ceramic sculptures inspired by his comic/ humoristic vision; the donkey is a main and recurring character in his portrayals. Maione has been invited to exhibit numerous times both in Italy and abroad; his first solo show was held in 1993 at the Galleria Graziella Mariottini of Arezzo. He soon began to attract the attention of other gallerists and collectors in Tuscany. Perhaps the most important encounter for Maione in this period was with gallery owner Gian Enzo Sperone; it grew into a long-lasting relationship thanks to which Maione’s sculpture became known in an international context. In the late 1990s, Maione received a commission to create a narrative series of bronze sculptures on the theme of “Pinocchio” for an important low-cost housing project in the Padule district of Sesto Fiorentino. The first decade of the new century saw Maione, together with such artists as Ontani, Paladino, Bertozzi and Casoni, participating in the movement to re-evaluate ceramics in the framework of contemporary art. He established collaborative relationships with the Bottega Gatti of Faenza and the Bertozzi & Casoni workshop of Imola. By now, ceramics – and majolica works in particular – have become Maione’s signature. At his own ceramic sculpture workshop in Figline Valdarno, he continues to design and 112
model his imaginative visions.
Paolo Maione
BIOGRAFIA
(1965)
Nasce a S. Giovanni d’Asso, Siena, nel 1965. Muove i primi passi nella scultura negli anni Ottanta, in un clima culturale di riscoperta di valori artistici classici e metodologie dimenticate. All’incontro con il pittore Lorenzo Bonechi fa seguito un fecondo periodo di studio dell’arte antica e contemporanea. Nel 1985 è iscritto alla scuola di scultura dell’accademia di Carrara e in seguito a quella di Firenze. Apre il suo primo laboratorio a Figline Valdarno. Nei primi anni Novanta si trasferisce a Parigi, dove comincia a formulare in bronzo e ceramica un immaginario scultoreo ispirato ad una visione comicoumoristica. L’asino è il personaggio principale delle sue raffigurazioni. Viene invitato a esporre sia in Italia che all’estero. È del 1993 la sua prima mostra personale alla galleria Graziella Mariottini di Arezzo. Comincia a suscitare l’interesse di galleristi e collezionisti in ambito toscano. L’incontro determinante di questo periodo è quello con il gallerista Gian Enzo Sperone, con cui nascerà un duraturo rapporto che farà conoscere la scultura di Maione in un contesto internazionale. Alla fine degli anni Novanta riceve la commissione per realizzare un percorso di sculture in bronzo sul tema di Pinocchio all’interno di un importante progetto di edilizia popolare al Padule di Sesto Fiorentino. Gli anni Duemila vedono Maione inserito in quel movimento di riscoperta della ceramica nel contesto contemporaneo insieme ad artisti come Ontani, Paladino, Bertozzi & Casoni. Instaura rapporti di collaborazione con la Bottega Gatti di Faenza e l’opificio di Bertozzi & Casoni a Imola. Ormai la ceramica e in particolare la maiolica sono diventate la cifra stilistica dominante, processo che porterà alla realizzazione di un proprio laboratorio di scultura in ceramica a Figline Valdarno, dove tuttora l’artista elabora e modella le sue umoristiche visioni.
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L’artista nel suo studio, 2016 The artist in his studio, 2016
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Senza Titolo | Untitled 1996 Bronzo Bronze H. 55 cm
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Ciuco Bollito | Boiled Donkey 2008 Bronzo (1/3) Bronze (1/3) 58 x 27 x 18,5 cm
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BIOGRAPHY
Giuseppe Maraniello was born in Naples in 1945. Following completion of his art studies, he commenced teaching at the Liceo Artistico of Benevento in 1969, the same year in which he established contact with the Galleria Morra of Naples. In 1971, the artist moved to Milan. After one-man shows at several private galleries, he was on the rosters of a number of collective exhibitions in public spaces. In 1990 he participated in the XLIV Venice Biennale of Art with a personal room and catalogue presentation by Lea Vergine. That same year, he showed at Barcelona’s Palacio de la Virreina, at Madrid’s Palacio de Cristal and at the Mathildenhöhe in Darmstadt. In 1993, the Galleria Civica of Trento and the Galleria d’Arte Moderna of Bologna held a broad-ranging anthological exhibition of his works. Between 1996 and 2000, Maraniello created numerous works for permanent exhibition in public spaces. In 2001 he produced a ‘work for four hands’ with Arnaldo Pomodoro for the Cathedral of St. John the Evangelist in Milwaukee, WI, USA. In 2008, he was awarded the ‘Premio Internazionale di pittura, scultura e arte elettronica “Guglielmo Marconi”’ promoted by the University of Bologna and the Fondazione Guglielmo Marconi. That same year, he exhibited in Milan’s Piazzetta della Croce Rossa at MiArt’s satellite exhibition MIRAGGI, curated by the City of Milan, with a bronze work 13 metres in height; one of his bronze sculptures went on permanent exhibition in the atrium of the Nuova Bocconi University of Milan, curated by the Fondazione Arnaldo Pomodoro. In 2009, he installed a permanent public work 24 metres in height in Terni’s Piazza dei Poeti; the same year, an important exhibition of his monumental sculpture was held in the Boboli Gardens in Florence. Since 2012, his work is on permanent display at the ‘Cantiere del ‘900 - Opere dalle collezioni Intesa Sanpaolo’ museum, curated by Francesco Tedeschi, at the Gallerie D’Italia in Piazza della Scala, Milan. In 2014, at Yale University’s Saint Thomas Chapel, (New Haven, CT, USA) he installed a life-size bronze Crucifix behind the altar. And in July of 2015 his ‘IN-ES’ Nido (2012) was permanently 118
placed in the sculpture park of Santa Sofia, Forlì.
Giuseppe Maraniello
BIOGRAFIA
(1945)
Giuseppe Maraniello nasce a Napoli nel 1945. Dopo gli studi artistici, inizia a insegnare presso il Liceo Artistico di Benevento nel 1969, anno in cui entra in contatto con la Galleria Morra di Napoli. Nel 1971 si trasferisce a Milano. Dopo le personali presso alcune gallerie private, è tra i protagonisti di diverse mostre collettive in spazi pubblici. Nel 1990 partecipa con una sala personale alla XLIV Biennale d’Arte di Venezia con una presentazione in catalogo di Lea Vergine. Nel medesimo anno espone al Palazzo della Virreina di Barcellona, al Palazzo di Cristallo di Madrid e al Matidenhohe di Darmstadt. Nel 1993 la Galleria Civica di Trento e la Galleria d’Arte Moderna di Bologna gli dedicano un’ampia antologica. Tra il 1996 e il 2000 realizza numerose opere permanenti in spazi pubblici. Nel 2001 realizza un’opera a quattro mani con Arnaldo Pomodoro per la Cattedrale St. John Evangelist di Milwaukee, WI, USA. Nel 2008 gli viene assegnato il “Premio per la pittura scultura e arte elettronica Guglielmo Marconi 2008” promosso dall’Università degli Studi di Bologna, Fondazione Guglielmo Marconi. Nello stesso anno espone in Piazzetta della Croce Rossa a Milano, nella mostra “MIRAGGI a MiArt” a cura del Comune di Milano, un’opera in bronzo alta 13 metri. Espone nell’atrio della Nuova Università Bocconi una scultura in bronzo a cura di Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano. Nel 2009 installa nella città di Terni un’opera pubblica permanente alta 24 metri nella Piazza dei Poeti. Sempre nel 2009 viene allestita una sua grande mostra di sculture monumentali al Giardino di Boboli, Firenze. Nel 2012 espone in permanenza nel Museo “Cantiere del ‘900 - Opere dalle collezioni Intesa Sanpaolo”, a cura di Francesco Tedeschi, nelle Gallerie D’Italia in Piazza Scala, Milano. Nel 2014 alla Saint Thomas Chapel, Yale University, New Haven, CT, USA installa un Crocifisso in bronzo a grandezza naturale, dietro l’Altare. A luglio 2015 viene installata permanentemente nel Parco Sculture di Santa Sofia, Forlì, l’opera “IN-ES” Nido del 2012.
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Sponde | Edges 2004 Sculture in bronzo e olio su tela Bronze sculptures and oil on canvas 35 x 100 x 7,5 cm
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Ponti | Bridges 2016 Bronzo patinato (2/2) Patinated bronze (2/2) 70 x 40 x 67 cm
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Zolle 2004 Bronzo patinato (3/8) Patinated bronze (3/8) 40 x 21 x 18 cm
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Giuseppe Maraniello
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BIOGRAPHY
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Marino Marini was born in Pistoia in 1901. He showed talent at an early age and in 1917 enrolled at the Accademia di Belle Arti of Florence, where he studied painting under Galileo Chini. In 1922 he approached sculpture and attended lessons given by Domenico Trentacoste. In 1927, he was chosen to participate in the III Mostra Internazionale delle Arti Decorative of Monza by the art commission composed of Giò Ponti, Margherita Sarfatti, Carlo Carrà and Mario Sironi; on that occasion he met Arturo Martini who, two years later, tapped Marini as his successor to the chair of sculpture at Monza’s Istituto Superiore per le Industrie Artistiche. Marini moved to Milan, where he remained until the late 1960s. The late Twenties were crucial years for Italian art and so they were for Marini, who reached a clear awareness of his expressive intent and capabilities, revealing himself to criticism as a totally original talent. His anti-rhetorical and anti-monumental stance led him to a careful re-examination of the grammar of sculpture and to a few select subject to which he remained faithful for life: the portrait, the equestrian group and the human figure. His trip to Germany in 1934 was fundamental to his art. The insights he drew from the medieval knight of the Bamberg cathedral became a precious source for his mounted figures. The Piccolo Cavaliere and the first of the Pomona statues date to 1935; these subjects, replicated and reinterpreted countless times, are invested with a rare and perturbing moral and emotive charge, to the point of becoming the metaphorical characters in an existential narrative. The Pomonas, minor fertility goddesses, incarnate the myth of an Edenic femininity, of a natural sensuality: defined by the curving line in all its possible variations, the Pomonas are woman before Eve, innocent and free. In the post-war period, Marini invested his riders – neglected during the conflict years – with the task of recounting his vision of the world. Marini was awarded the sculpture prize at the 1952 Venice Biennale. Highly acclaimed and at the peak of his success, he gave vent to his snaking disquiet, returning to experimentation with equestrian groups; so were born the Miracoli. Intensely dramatic, each ‘miracle’ represents an instance of dissention, a chink in the harmony between horse and rider. During his last twenty years, Marini concentrated on analytical development of themes he had addressed in the past, progressively destructuring the forms of the wholes until reducing their elements to geometric data. His Warriors are Cubist compositions, developed in the horizontal plane, in which the broken-winded horse collapses forward while the rider is thrown backwards: the dynamic effect of the unhinging of the parts increases the dramatic tension of the work, vibrant with scratched, incised, chipped surfaces. Marini died in Viareggio in 1990.
Marino Marini
BIOGRAFIA
(1901 - 1990)
Nasce a Pistoia nel 1901.Talento precoce, nel 1917 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Firenze, indirizzandosi alla pittura sotto la guida di Galileo Chini. Nel 1922 si accosta alla scultura, seguendo le lezioni di Domenico Trentacoste. Nel 1927 è selezionato per la III Mostra delle arti decorative di Monza, il cui consiglio artistico comprende Giò Ponti, Margherita Sarfatti, Carlo Carrà e Mario Sironi, e in tale occasione ha modo di conoscere Arturo Martini che, due anni dopo, lo designa a succedergli nella cattedra di scultura dell’Istituto superiore per le industrie artistiche di Monza. Marini si trasferisce a Milano, che lascerà solo alla fine degli anni Sessanta. I secondi anni Venti, cruciali per l’arte italiana, sono decisivi anche per l’arte di Marini, che maturò una consapevolezza delle proprie intenzioni e capacità espressive, rivelandosi alla critica come un artista affatto originale. Antiretorica e antimonumentale, la sua ricerca procede a un riesame attento della grammatica della scultura, attenendosi a pochi soggetti, cui rimane fedele per l’intera esistenza: il ritratto, il gruppo equestre e la figura umana. Fondamentale il viaggio in Germania del 1934, e le suggestioni che trae dal medievale cavaliere della cattedrale di Bamberga, che diviene poi fonte preziosa per le sue figure a cavallo. Risalgono al 1935 il Piccolo cavaliere e le prime Pomone, soggetti i quali, molte volte replicati e reinterpretati, vengono investiti di una carica morale ed emotiva rara e conturbante, sino a diventare interpreti metaforici di un racconto esistenziale. La serie delle Pomone, dee minori della fertilità, incarna il mito di una femminilità edenica, di una sensualità naturale: definite dalla linea curva indagata in ogni sua possibilità, le Pomone sono le donne prima di Eva, innocenti e libere. Dopo la guerra è però soprattutto il tema del cavaliere, trascurato durante il conflitto, a essere investito del compito di raccontarne la visione del mondo. Alla Biennale nel 1952 riceve il premio per la scultura. Acclamato e all’apice del successo, Marini da sfogo alla sua sottile inquietudine, sperimentando ancora intorno al tema del gruppo equestre: nascono i Miracoli. Intensamente drammatico, il miracolo rappresenta il dissidio, la rottura dell’armonia tra cavallo e cavaliere. Negli ultimi venti anni si concentra nello sviluppo analitico dei temi già affrontati, operando una progressiva destrutturazione delle forme d’insieme, fino alla riduzione degli elementi a dati geometrici. I guerrieri sono composizioni cubiste ad andamento orizzontale, nelle quali il cavallo stremato crolla in avanti mentre il cavaliere è proiettato all’indietro: l’effetto dinamico dello scardinamento delle parti accresce la tensione drammatica della opera, che è vibrante nelle superfici graffiate, incise, scheggiate. Muore a Viareggio nel 1990.
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Natura Morta (Omaggio a Delacroix) Still life (Homages to Delacroix) 1926-27 Olio su tavola Oil on board 57,1 x 69,2 cm
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Marino nello studio di Milano, 1963. Marino in his studio, Milan, 1963.
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Il Giocoliere | The Juggler 1927 Olio su tavola Oil on board 59,6 x 39,4 cm
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Paesaggio | Landscape 1933 Tempera su carta Tempera on paper 23,5 x 32,5 cm
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Marino Marini
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Piccola Figura | Little Figure 1950 Bronzo Bronze H. 18 cm
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BIOGRAPHY
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Fausto Melotti was born in Rovereto in 1901. In 1918, he enrolled at the Faculty of Physics and Mathematics of the University of Pisa; he continued his studies at the Politecnico di Milano, where in 1924 he earned his degree in electro-technical engineering. He also studied music, earning a diploma in pianoforte before going on to study sculpture in Turin at the studio of Pietro Canonica. In 1928 he enrolled at Milan’s Accademia di Brera, where he was a pupil of Adolfo Wildt together with Lucio Fontana, with whom he formed a long-lasting friendship and artistic partnership. Carlo Belli, Melotti’s cousin, published his Kn in 1935. This text, defined by Kandinsky as ‘the Gospel of abstract art’, is a theoretical formulation of the experimentation undertaken by the group of Milanese artists of which Melotti was part. That same year, Melotti joined the AbstractionCréation movement, founded in Paris in 1931 by Van Doesburg, Seuphor and Vantongerloo to champion and promote the work of the non-figurative artists. Also in 1935, with the other Milanese abstract artists, he exhibited at the first group show held at the studio of Casorati and Paolucci in Turin; he also exhibited, solo, at Milan’s Galleria del Milione. Melotti lived in Rome from 1941 to 1943; he contributed to the project by Figini and Pollini for the Palazzo delle Forze Armate and in the meantime produced drawings, paintings and poems which, with the title Il triste Minotauro, were published by Giovanni Scheiwiller in 1944. After the war, he turned his attention to ceramics, in which field his highly sophisticated technique and excellent quality won numerous awards including the Grand Prix at the 1951 Milan Triennale. In this period he forged a strong ties to Giò Ponti, with whom he worked on two large-scale projects, for Villa Planchart in Caracas (1956) and for Villa Nemazee in Teheran (1960). Beginning in the 1960s, Melotti showed at a series of exhibitions in Italy and abroad that quickly brought him success and recognition as a master of many art forms: from sculpture to bas-relief, from ‘little theatres’ to works on paper, to ceramics. A collection of his writings and poetry, entitled Linee, was published by Adelphi in 1974. An anthological exhibition of his works was held at Milan’s Palazzo Reale in 1979 and in 1981 Florence honoured him with a sweeping retrospective. On occasion of the Florentine exhibition, Italo Calvino wrote Gli effimeri dedicated to Melotti’s work of the same name, which Calvino described as ‘a score [written] in ideograms as weightless as aquatic insects that seem to twirl on a brass trellis screened by gauze thread’. Melotti died in Milan in June of 1986; the same month, the 42nd Venice Biennale di Arti Visive commemorated his lifetime achievement with the Leone d’Oro award.
Fausto Melotti
BIOGRAFIA
(1901 - 1986)
Nasce a Rovereto nel 1901. Nel 1918 si iscrive alla facoltà di Fisica e Matematica dell’Università di Pisa, corso di studi che proseguirà al Politecnico di Milano, dove nel 1924 si laurea in ingegneria elettrotecnica. In questi anni consegue il diploma di pianoforte e intraprende lo studio della scultura a Torino, presso lo scultore Pietro Canonica. Nel 1928 si iscrive all’Accademia di Brera di Milano, dove è allievo di Adolfo Wildt, insieme a Lucio Fontana, con il quale stringe un lungo sodalizio. Nel 1935 viene pubblicato Kn di Carlo Belli, cugino di Fausto Melotti. Questo testo, che viene definito da Kandinskij “il Vangelo dell’arte astratta” costituisce l’elaborazione teorica delle sperimentazioni degli artisti. Nel 1935 aderisce al movimento “Abstraction-Création”, fondato a Parigi nel 1931 da Van Doesburg, Seuphor, Vantongerloo con lo scopo di promuovere e diffondere l’opera degli artisti non figurativi. Nello stesso anno insieme al gruppo degli astrattisti milanesi partecipa alla prima mostra collettiva di arte astratta nello studio di Casorati e Paolucci a Torino ed espone a Milano alla galleria del Milione. Dal 1941 al 1943 vive a Roma, dove partecipa al progetto di Figini e Pollini per il Palazzo delle Forze armate e nel frattempo realizza disegni, dipinti e compone poesie che, con il titolo Il triste Minotauro, saranno pubblicate da Giovanni Scheiwiller nel 1944. Nel dopoguerra si dedica alla ceramica e raggiunge, attraverso una tecnica raffinatissima, un’altissima qualità riconosciuta dai numerosi premi ricevuti tra i quali il Gran Premio della Triennale nel 1951. Si approfondisce in questo periodo un profondo legame con Giò Ponti con il quale collabora in due grandi progetti per la Villa Planchart a Caracas (1956) e la Villa Nemazee a Teheran (1960). Dagli anni Sessanta si susseguono una serie di mostre in Italia e all’estero che lo porteranno rapidamente al successo: dalle sculture ai bassorilievi, dai teatrini alle opere su carta, alle ceramiche. Nel 1974 Adelphi pubblica una raccolta di scritti e poesie intitolata Linee. Nel 1979 viene presentata a Palazzo Reale a Milano una personale antologica e nel 1981 Firenze gli dedica una ricca retrospettiva. In occasione della mostra fiorentina Italo Calvino scrive Gli effimeri, un testo dedicato all’opera omonima che così descrive: “Una partitura d’ideogrammi senza peso come insetti acquatici che sembrano volteggiare su di una spalliera d’ottone schermata da un filo di garza”. Melotti muore a Milano nel 1986 e nello stesso mese la 42° Biennale di Arti Visive di Venezia gli conferisce il Leone d’oro alla memoria.
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Fausto Melotti
Senza Titolo | Untitled 1960 ca. Ceramica smaltata Enamelled ceramic 40 x 40 cm
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BIOGRAPHY
Mario Negri was born on 25 June 1916 in Tirano, in the Valtellina region of northern Italy. In early 1940 he was called up to serve in the army and sent to Bolzano as an instructor with the bridge-building combat engineer corps. He remained there until 8 September 1943; he was taken prisoner by the Germans at Bressanone on the 9th. He did not return to Milan until 1945, after two years as a prisoner in the German and Polish camps (Deblin-Irena, Oberlangen, Bremervörde, Wietzendorf). Teaching himself as he went, he spent a long period working mainly at artisan workshops in Milan. He considered it his training, a rigorous ‘apprenticeship’; he was convinced that a solid mastery of the ‘craft’ of art was the only, the essential foundation on which an artist could base his work. It was during this period that he began working with MAF (Moderna Fonderia Artistica), one of the Lombardia region’s oldest art foundries. In April of 1957 he held his first personal show at the Galleria del Milione in Milan. During the same years, he initiated and consolidated what were to become his most intense and long-lasting human and cultural relationships with his fellows, those that were destined to have an incisive impact on his life and work: Alberto Giacometti, Franco Russoli, Luigi Carluccio, Marco Valsecchi. He enjoyed two important successes in 1958: his one-man show at the Grace Borgenicht Gallery of New York and a personal room at the XXIX Venice Esposizione Biennale Internazionale d’Arte. In 1965, Negri was named corresponding academician of the Accademia di San Luca; later, in 1979, he was designated national academician. He was invited to the IX Rome Quadriennale (1965). In 1975, the exhibition entitled Manzù, Marini, Negri was held at Max Stern’s Dominion Gallery in Montreal. From May to September 1984, an itinerant personal show of his works was presented in various locations in Austria: at the Galerie Welz of Salzburg (May-June), at the Orangerie and the Palais Auersperg in Vienna (July) and at the Galerie im Taxispalais in Innsbruck (September). Mario Negri died suddenly in 1987, of a heart attack, a few weeks before the opening of an anthological exhibition of his 140
work at Palazzo Te in Mantua.
Mario Negri
BIOGRAFIA
(1916 - 1987)
Mario Negri nasce il 25 giugno del 1916 a Tirano, in Valtellina. All’inizio dell’anno viene chiamato alle armi e inviato a Bolzano come istruttore del Genio Pontieri; vi resterà fino all’8 settembre 1943. Il 9 settembre viene fatto prigioniero dai tedeschi a Bressanone. Non farà ritorno a Milano che nel ’45, dopo due anni di prigionia nei campi tedeschi e polacchi (Deblin-Irena, Oberlangen, Bremervörde, Wietzendorf). Inizia da autodidatta un lungo periodo di lavoro che, volutamente, considera di severo tirocinio professionale e svolge soprattutto presso le botteghe artigiane milanesi, convinto che solo una solida conoscenza del “mestiere” sia base imprescindibile del lavoro d’artista. Inizia in questo periodo il suo rapporto con la MAF, una delle fonderie d’arte più antiche della Lombardia. Nel 1957, in aprile, esordisce con la sua prima personale alla Galleria del Milione, Milano. Sempre in questi anni instaura o consolida i rapporti umani e culturali più intensi, duraturi e incisivi nella sua vita di uomo e artista: con Alberto Giacometti, Franco Russoli, Luigi Carluccio, Marco Valsecchi. Nel 1958 hanno luogo due importanti affermazioni: la mostra personale alla Grace Borgenicht Gallery di New York, e la sala personale alla XXIX Esposizione Biennale Internazionale d’Arte di Venezia. Nel 1965 è nominato Accademico Corrispondente di San Luca; più avanti, nel ’79, sarà designato Accademico Nazionale. È invitato alla IX Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma. Nel 1975 si tiene a gennaio, a Montreal, l’esposizione Manzù, Marini, Negri presso la Dominion Gallery di Max Stern. Nel 1984, tra maggio e settembre, ha luogo una sua personale itinerante in Austria: alla Galerie Welz di Salisburgo (maggiogiugno), a Vienna presso l’Orangerie e il Palais Auersperg (luglio) e alla Galerie im Taxispalais di Innsbruck (settembre). Nel 1987 muore improvvisamente per infarto, poche settimane prima dell’inaugurazione dell’antologica mantovana di Palazzo Te.
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Mario Negri col gesso del Nudo oblungo, 1977 Mario Negri with the plaster of Nudo oblungo, 1977 photo by Arno Hammacher
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Figura Allungata | Elongated Figure 1972 Bronzo Bronze 8,5 x 9 x 4 cm 142
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BIOGRAPHY
Beverly Pepper (b. Brooklyn, 20 December 1922) is a U.S. sculptor and painter. She is known for her monumental and architectural works and for her land art and connective art projects. Her path in art winds through two cultures and across two continents: North America, where she was born, and Europe – and in particular Italy, her elected place of residence. Pepper currently lives and works in Todi in Umbria and in New York. During her long career she has conducted pioneering research into materials for use in her sculptures for large-scale projects and public installations. In 1969, Buffalo’s Albright-Knox Art Gallery hosted a retrospective of her works; in 1987 she exhibited at the Brooklyn Museum; in 1991 at the Contemporary Sculpture Center of Tokyo, and then at New York’s Metropolitan Museum. That same year she designed and built Teatro Celle - Omaggio a Pietro Porcinai, (1991-1992) a theatre-sculpture installed at the sculpture park of Villa Celle in Pistoia. Her exhibition history revolves around two main gallery foci, the André Emmerich Gallery and the Marlborough Gallery, both New York based. She has created site-specific installations in New York, Dallas, Denver, Barcelona, Celle, Paris and other locations. Her works are on show at the world’s major museums, among which the Metropolitan and the Whitney in New York, the Hirshhorn Museum and Sculpture Garden in Washington, Paris’ Centre Georges Pompidou and the Albertina of Vienna.
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Beverly Pepper
BIOGRAFIA
(1922)
Beverly Pepper (Brooklyn, 20 dicembre 1922) è una scultrice e pittrice statunitense. È conosciuta per le sue opere monumentali e architettoniche, per alcuni interventi di land art e di connective-art. Il suo percorso artistico si snoda tra due culture e due continenti: gli Stati Uniti, dove è nata, e l’Europa, in particolare l’Italia, sua residenza di elezione. Attualmente vive e lavora a Todi e a New York. La sua lunga carriera è stata caratterizzata da una pionieristica ricerca nell’uso di materiali per le proprie sculture, di importanti progetti e di pubbliche installazioni. Nel 1969 l’Albright-Knox Art Gallery di Buffalo ospita una sua retrospettiva. Nel 1987 espone al Brooklyn Museum, nel 1991 al Contemporary sculpture center di Tokyo, poi a New York al Metropolitan Museum. Nello stesso anno progetta e realizza 1991-1992 Teatro Celle - Omaggio a Pietro Porcinai, un teatro-scultura, all’interno del parco-scultura di Villa Celle a Pistoia. La sua storia espositiva è legata principalmente a due gallerie, l’Andrè Emmerich Gallery e la Marlborough Gallery, entrambe di New York. Sue installazioni Site Specific si trovano a New York, Dallas, Denver, Barcellona, Celle, Parigi etc. Le sue opere sono presenti nei maggiori musei nel mondo tra i quali si ricordano: Il Metropolitan ed il Whitney Museum di New York, l’Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington, il Centre Georges Pompidou di Parigi, l’Albertina Museum di Vienna.
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Senza Titolo | Untitled 1960 Legno sagomato Carved wood 70 x 45 x 25 cm
Senza Titolo | Untitled 1961 Legno sagomato Carved wood 71,2 x 48 x 51 cm
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Copertina del catalogo della mostra Beverly Pepper, presso la Galleria Pogliani di Roma, 1961. Cover of the exhibition catalogue Beverly Pepper, held at Galleria Pogliani, Rome, in 1961.
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Three Panel Screen 1992 Acciaio e alluminio (2/8) Steel and aluminum (2/8) 200 x 147 x 5,5 cm
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BIOGRAPHY
Guido Pinzani was born in Florence on 3 January 1940. In the 1950s, he enrolled at the Liceo Artistico of Florence where he studied sculpture under Quinto Ghermandi, whose influence was to prove fundamental to Pinzani’s stylistic orientation. In this period, he frequented the stonecutters at the Maiano quarries and sculpted his first stone works, reminiscent of the Caryatids by Amedeo Modigliani, an artist he esteemed greatly and to whom he dedicated his degree thesis. Other masters besides Modigliani who were determinant influences for Pinzani include Alberto Viani, under whom Pinzani studied at the Accademia delle Belle Arti of Venice, Austrian sculptor Fritz Wotruba, and German painter Oskar Schlemmer. Following completion of his formal training and a long trip through Germany, Pinzani began work on the sculptural series the RĹ?nin, samurai without lord or master, his passion sparked by his curiosity about the Oriental world portrayed in the films Rashomon and Seven Samurai by Akira Kurosawa. In tandem with his work as a teacher at the Accademia di Belle Arti of Urbino and at the Liceo Artistico of Florence, he carried on his career as a sculptor with a brilliant exhibition history that reached its apex with his 2008 personal show (with a catalogue presentation by Marco Fagioli) at Galleria Open Art di Prato (home of the Archivio Pinzani), with which the artist has collaborated since 2001.
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Guido Pinzani
BIOGRAFIA
(1940)
Guido Pinzani nasce a Firenze il 3 gennaio 1940. Negli anni ‘50 si iscrive al Liceo Artistico di Firenze e studia scultura sotto la guida del maestro Quinto Ghermandi, che sarà fondamentale per il suo orientamento stilistico. In questo periodo, frequentando i tagliapietre delle cave di Maiano, realizza le prime sculture in pietra che richiamano le Cariatidi di Amedeo Modigliani, artista che apprezza molto ed al quale dedicherà la sua tesi di laurea. Oltre che da Modigliani, egli ricevette una determinante influenza da altri maestri: Alberto Viani, del quale Pinzani fu allievo presso l’Accademia delle belle arti di Venezia, lo scultore austriaco Fritz Wotruba, il pittore tedesco Oskar Schlemmer. Nel periodo successivo alla sua formazione, dopo un lungo viaggio in Germania, egli comincia a lavorare alla serie delle sculture dei Ronin, samurai senza padrone la cui passione nasce dalla curiosità di scoprire il mondo orientale dei films Rash’mon e I sette samurai di Akira Kurosawa. Contemporaneamente alla sua attività di insegnante presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino e presso il Liceo Artistico di Firenze, la sua carriera di scultore è caratterizzata da una brillante attività espositiva che raggiunge il suo culmine con la personale del 2008 (scritti di Marco Fagioli) alla Galleria Open Art di Prato (sede dell’Archivio Pinzani), con la quale l’artista collabora sin dal 2001.
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Guido Pinzani
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photo by Mario Geniola, Pescara
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Romanica 2012 Legno policromo Polychromatic wood 144 x 24 x 20 cm
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Senza Titolo | Untitled 1969-78 Bronzo patinato Patinated bronze 106,5 x 39,3 x 34,5 cm
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Grande Pellerossa | Big Redskin 1975 Legno policromo Polychromatic wood 250 x 35 x 75 cm
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BIOGRAPHY
Francesco Somaini was born in 1926 in Lomazzo (Como). A pupil of Manzù at the Accademia di Belle Arti di Brera, Milan, after a period of study of experiences in modern sculpture (Arp, Zadkine, Picasso), he achieved an autonomy of language in the mid-1950, when an informal, material dimension, interpreted according to a personal sensibility to open, dynamic, germinant forms dominates in his bronze and iron works. At the 1956 Venice Biennale he came to the attention of criticism. In 1959 he was awarded the First Prize for Sculpture at the Biennal de São Paulo, Brazil, an achievement that opened many doors to international exhibitions. He was granted a personal room at the Venice Biennale of 1960. In that decade, he began sculpting in large format and strengthening his relationship with architecture and thus began the season of monumental sculptures in Italy and abroad; for instance, Monumento ai Marinai d’Italia (1956-67, Milan), Grande Scultura Verticale (1958-70, Baltimore), Sculpture for a Planetarium (1962-70, Rochester), Phoenix (1964-70, Atlanta). Ideas and never-realised projects are collected in a publication entitled Urgenza nella città (1972), edited by Enrico Crispolti. Somaini’s anthological exhibitions during the last two decades include those in Milan (Rotonda della Besana, 1990; Palazzo di Brera, 1997; Triennale, 2017), Rome (Quadriennale, 1999; GNAM, 2005), Carrara (Biennale in 1998 and in 2000), Trento (Castello di Pergine, 2000) and the sweeping retrospective dedicated to the artist by the city of Como (5 December 2001 – 3 March 2002).
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Francesco Somaini
BIOGRAFIA
(1926 - 2005)
Francesco Somaini nasce nel 1926 a Lomazzo (Como). Allievo di Manzù all’Accademia di Belle Arti di Brera, dopo un periodo di aggiornamento sulle esperienze della scultura moderna (Arp, Zadkine, Picasso), raggiunge autonomia di linguaggio verso la metà degli anni Cinquanta, quando nelle sue opere in bronzo e in ferro domina una dimensione informale e materica, interpretata secondo una personale sensibilità per le forme aperte, dinamiche, germinanti. Con la Biennale del 1956 s’impone all’attenzione della critica. Nel 1959 gli viene assegnato il Primo Premio per la Scultura alla Biennale di San Paolo del Brasile, che gli apre numerose possibilità espositive internazionali. Del 1960 è la sala personale alla Biennale di Venezia. A partire dagli anni Sessanta si dedica a una scultura di grandi dimensioni, approfondendo il rapporto con l’architettura: nasce così la stagione delle opere monumentali in Italia e all’estero: Il Monumento ai Marinai d’Italia (1956-67, Milano), la Grande Scultura Verticale (1958-70, Baltimora), la Scultura per un Planetario (1962-70, Rochester) la Fenice (1964-70, Atlanta). Idee e progetti non realizzati vengono formalizzati in una pubblicazione, Urgenza nella città (1972), curata da Enrico Crispolti. Tra le antologiche dell’ultimo ventennio ricordiamo quelle di Milano (Rotonda della Besana 1990; Palazzo di Brera, 1997; Triennale, 2017), Roma (Quadriennale, 1999; GNAM, 2005), Carrara (Biennale del 1998 e del 2000), Trento (Castello di Pergine, 2000) e l’imponente retrospettiva dedicatagli dalla città di Como (5 dicembre 2001 – 3 marzo 2002).
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L’artista ritratto nel suo studio, anni ‘60 (Archivio Francesco Somaini) The artist in his Studio, 1960s (Archivio Francesco Somaini)
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photo by A. Barilli - Studio Fotografico Barilli-Milano
Piccola Assalonne (Corona) | Small Absalon (Crown) 1959 Bronzo su base girevole in ferro dipinto di nero Bronze on black-lacquered iron turntable base 35 x 27 x 20 cm
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◀ ◀ pag. 160
Proposta per un monumento IV Proposal for a Monument IV 1958 Peltro massiccio ripreso dall’artista con elettrodo con lucidi parziali, con base girevole in ferro dipinto di nero Solid pewter, retouched by the artist with electrode, with polished areas, on black-lacquered iron turntable base 74,2 x 14,5 x 14,5 cm
◀ pag. 161 Proposta per un monumento V a incastro (II variazione Baltimora) Proposal for an Interlocking Monument V (Variation 2, Baltimore) 1963 Bronzo parzialmente lucidato Bronze, partially polished 88,4 x 12,5 x 10 cm
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Copertina del catalogo Francesco Somaini, con testi di U. Apollonio e M. Tapiè; Editions du Griffon, Suisse, 1960 Cover of the catalogue Francesco Somaini with texts by U. Apollonio e M. Tapiè; Editions du Griffon, Suisse, 1960
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Grande scultura verticale. Monumento alla volontà e all’energia umana Large vertical sculpture, Monument to Human Volition and Energy 1958-1970 Bronzo con lucidi parziali Bronze, partially polished 1050 x 160 x 110 cm Baltimora (Maryland), Charles Center Plaza, collocazione originaria | original installation site
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Racconto sul Cielo | Story on the Sky 1961 Ferro grafitato con lucidi parziali ripreso dall’autore stesso con elettrodo, su base a parallelepipedo in ferro dipinto di nero Graphite iron retouched by the artist with electrode, with polished areas, on black-lacquered iron parallelepiped base 20,2 x 43,5 x 21 cm
Racconto Patetico I | Story of Pathos 1962 Bronzo con patina dorata Bronze, gilt patina 35 x 63 x 38 cm
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Piccolo Racconto sulla Terra II | Short Story on Earth II 1965 Bronzo in bagno di Nichel su base a parallelepipedo in ferro dipinto di nero Nickel-bath plated bronze on black-lacquered iron parallelepiped base 8,5 x 16 x 19,7 cm
Da Sotto la Polvere. Quasi un volo I. (La Guerra Ritorna) From the Dust Below. Near-Flight I (The Return of War) 1967-69 Due elementi in bronzo connessi ad incastro in bagno di nichel con lucidi parziali Two interlocked bronze elements, nickel-bath plated, with polished areas 23,8 x 38,3 x 26 cm
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Caduta dell’Uomo: Caduta dal Potere | The Fall of Man: Fall from Power 1967-69 Due elementi connessi a incastro in bronzo con depositi d’argento e lucidi parziali Two interlocked elements, bronze with deposited silver and polished areas 92 x 14 x 18 cm
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BIOGRAPHY
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Giuseppe Spagnulo was born in Grottaglie (TA) in 1936. In his later years he lived and worked in Milan. He learned throwing at his father’s ceramic workshop; after having completed his early studies at the art school in his native city, he moved to Faenza where, at the Istituto della Ceramica, he was a pupil of Angelo Biancini. It was in Faenza that he first experimented with grès pottery, formed friendships with Carlo Zauli and Nanni Valentini and, thanks to the teachings of French ceramist Albert Diato, began to cultivate an interest in ‘hightemperature’ materials. Spagnulo moved to Milan in 1959; here, he attended the Accademia di Brera and became an assistant to Lucio Fontana and Arnaldo Pomodoro. In Milan, he met Tancredi and Piero Manzoni and developed an interest in the poetics of Fontana’s Spatialism, in Nuclear Art and in the so-called ‘Informale Caldo’. Following his first personal showing of small grès sculptures in 1965, Spagnulo embarked on research into metals, ‘big irons’ conceived for installation in urban spaces that recover the constructive geometry and logic of the material of which they are forged and accentuate the material aspect of plastic creation: the artist worked directly in the steel mills, at the blast furnaces, forging his works together with the steelworkers. Although in the Seventies his interest seemed to focus on ideative processes and the theme of the horizontal sculpture, mindful of the experiences of U.S. Minimalism, Spagnulo’s passion for ceramics re-emerged at the start of the following decade – and then intertwined with his ‘broken irons’ and the idea of the force of gravity inherent in materials (as we see in Campo sospeso, installed in Castel Burio). The acclaim earned by his research led the Staatliche Akademie der Bildenden Künste of Stuttgart to entrust him with the sculpture chair in the early 1990s. Spagnulo was awarded the Premio Faenza and won Milan’s Concorso Internazionale d’Arredo Urbano for which he installed Scogliere – composed of five great blocks of steel – in front of the Teatro degli Arcimboldi. ‘I have always lived in this world,’ Spagnulo said in a 2014 interview, ‘dirty with earth since I was a child when I spent time at my father’s factory, shaping an object or two, trying out the wheel. This experience has followed me my whole life, silently, and I have often alternated works in iron with clay pieces.’ Spagnulo died in Milan in 2016.
Giuseppe Spagnulo
BIOGRAFIA
(1936 - 2016)
Nasce a Grottaglie nel 1936. Vive e lavora a Milano. Apprende la tecnica del tornio nel laboratorio ceramico del padre e, dopo aver compiuto i primi studi alla Scuola d’Arte della città natale, si trasferisce a Faenza dove, all’Istituto della Ceramica, è allievo di Angelo Biancini. A Faenza realizza i primi esperimenti in grès, stringe amicizia con Carlo Zauli e con Nanni Valentini e, grazie all’insegnamento del ceramista francese Albert Diato, comincia ad interessarsi ai materiali ad “alta temperatura”. Trasferitosi a Milano nel 1959, frequenta l’Accademia di Brera e diventa assistente di Lucio Fontana e di Arnaldo Pomodoro. È a Milano che conosce Tancredi e Piero Manzoni, avvicinandosi alle poetiche dello Spazialismo, del Nucleare e del cosiddetto “informale caldo”. Dopo aver esposto alla prima personale, nel 1965, sculture il grès di piccola dimensione, Spagnulo avvia una ricerca sui metalli, “grandi ferri” da installare nello spazio urbano, recuperando la geometria e la logica costruttiva del materiale con cui sono forgiati e accentuando la fisicità e la materialità della creazione plastica: l’artista lavora direttamente nelle acciaierie, negli altiforni, forgiando le proprie opere assieme agli operai. Se negli anni Settanta il suo interesse sembra rivolgersi ai processi ideativi ed al tema della scultura orizzontale, memore delle esperienze del minimalismo statunitense, la passione per la ceramica riemerge all’inizio del decennio successivo, per poi intrecciarsi con i “ferri spezzati” e con l’idea della gravità della materia (come testimonia Campo sospeso, installato a Castel Burio). Il successo che la sua ricerca riscuote induce l’Accademia di Belle Arti di Stoccarda ad affidargli, all’inizio degli anni Novanta, la cattedra di scultura. Ha vinto il Premio Faenza e il Premio al Concorso internazionale d’arredo urbano di Milano, che gli ha consentito di installare Scogliere – composta da 5 grandi blocchi di acciaio – davanti al Teatro degli Arcimboldi. “Sono vissuto sempre dentro questo mondo – ha dichiarato in un’intervista nel 2014 –, sporco di terra fin da fanciullo, quando frequentavo la fabbrica di mio padre, plasmavo qualche oggetto, provavo il tornio. Questa cosa mi ha accompagnato per tutta la vita, silenziosamente, e spesso ho alternato il lavoro con il ferro e con la terra”. Muore a Milano nel 2016.
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L’Artista nel suo studio con l’opera Ruota, 2015. The artist in his studio with Ruota, 2015.
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Guerriero | Warrior 1985 Bronzo Bronze 165 x 125 x 100 cm
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BIOGRAPHY
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Mauro Staccioli was born in 1937 in Volterra, where he graduated from the Istituto d’Arte in 1954. After having taught in Sardinia, he moved to the Lombardia region in 1963. From the Seventies onward he devoted his energies to sculpture, concentrating on the relationship between art and society and developing his idea of sculpture as an art in strict rapport with the place – understood, in his case, as the physical and social context – in which and for which it is created. From the beginning, the artist chose a language characterised by an essential geometry and by use of simple materials like concrete and iron. In 1972, Staccioli considered organising a series of ‘sculptureinterventions’’ in Volterra; the resulting exhibition, entitled Sculture in Città, marked a turning point in his work with the opening to the urban paces that which until then had been relegated to the closed-in spaces of galleries and museums. Staccioli researched and generated a ‘sculpture-sign’ born of attentive observation of single spaces, works that could converse with their space, exalt its characteristics and alter the ways in which it is perceived to something different from the usual. He exhibited at the Venice Biennale in 1976 and 1978. In 1982, he was asked to create a large work for the park of Villa Gori in Celle di Santomato (PT), the first Italian environmental sculpture park. The challenges in terms of static equilibriums and dimensions posed by the space became, over time, a confrontation with architecture and with the urban ambience, as is apparent in the great flipped arches built in the Rotonda della Besana in Milan (1987), in front of the Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci of Prato (1988), at Amnon Barzel’s invitation, and in the main plaza of the Seoul Olympic Park (1988), on invitation by Pierre Restany. Staccioli’s fecund research took concrete form in many installations in Italy and abroad, shown at the Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009 - Luoghi d’Esperienza exhibition which, besides proposing a selection of drawings, small sculptures and photographs in various exhibition venues around the city, included preparation of 19 grandiose environmental sculptures not only for the city of Volterra but various sites in its territory, for a landscape in which history, culture and human industry intertwine and intersect in the work of the artist. Staccioli is a member of the Académie Royale des Sciences, des Lettres et des Beaux-Arts de Belgique and a national academician of the Accademia di San Luca.
Mauro Staccioli
BIOGRAFIA
(1937)
Nasce nel 1937 a Volterra, dove si diploma all’Istituto d’Arte nel 1954. Dopo aver intrapreso l’attività d’insegnamento in Sardegna, dal 1963 si sposta in Lombardia. Dalla fine degli anni Sessanta si dedica alla scultura, concentrandosi sul rapporto tra arte e società e sviluppando l’idea di una scultura che si pone in stretta relazione con il luogo - inteso nella sua concezione sia fisica che sociale nel quale e per il quale è stata realizzata. L’artista sceglie fin da principio un linguaggio caratterizzato da una geometria essenziale e dall’uso di materiali semplici come il cemento e il ferro. È nel 1972 che Staccioli matura l’idea di organizzare una serie di “sculture-intervento” nella città di Volterra; la mostra Sculture in città segna così una svolta aprendo agli spazi urbani quel che fino ad allora era relegato solo negli spazi chiusi di gallerie e musei. Staccioli ricerca e genera una “scultura-segno” che nasce dall’attenta osservazione di uno spazio e che dialoga con esso sottolineandone le caratteristiche e alterandone la consueta percezione. Espone alle Biennali veneziane del ‘76 e del ‘78. Nel 1982 è chiamato a realizzare una grande opera nel parco di Villa Gori a Celle di Santomato (PT), il primo parco italiano di sculture ambientali. La sfida agli equilibri statici e dimensionali dello spazio diventa, nel tempo, confronto con l’architettura e con l’ambiente urbano, come testimoniano i grandi archi rovesciati realizzati all’interno della Rotonda della Besana a Milano (1987), davanti al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato (1988) su invito di Amnon Barzel e nel piazzale principale del Parco Olimpico di Seul (1988) su invito di Pierre Restany. La sua feconda ricerca si è concretizzata in diverse installazioni in Italia e all’estero come testimonia la mostra Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009 - Luoghi d’esperienza che, oltre a proporre una selezione di disegni, piccole sculture e fotografie presentate in alcuni spazi espositivi della città, ha visto la realizzazione di 19 grandiose sculture ambientali che, interessando non solo la città di Volterra ma tutto il suo territorio, sottolineano un paesaggio in cui storia, cultura e lavoro umano si intrecciano nell’opera dell’artista. Staccioli è membro dell’Académie Royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgique e Accademico Nazionale dell’Accademia di San Luca.
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Seogwipo ‘14 2014 Acciaio corten Weathering steel 253 x 280 x 47 cm
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Installazione monumentale presso Seogwipo, Corea del Sud Monumental installation in Seogwipo, South Korea 2014 Acciaio inossidabile Stainless steel 1130 x 1100 x 157 cm
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Senza Titolo | Untitled 2006 Acciaio corten (2/7) Weathering steel (2/7) 57 x 134 cm
Parco Archeologico di Scolacium, Catanzaro, 2011 Archeological park of Scolacium photo by Alessandro Renda
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Anello | Ring 1996 Acciaio corten Weathering steel Ø 150 cm 180
photo by Torquato Perissi
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Roberto Barni Cariatide | Caryatid 1982 Tela, ferro, carta e olio su base legno Canvas, iron and oil on wooden base 104 x 138 x 100 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature M.L. Frisa e P. Balmas: Roberto Barni, Opere 1981-1983, Casa di Masaccio, San Giovanni Valdarno (FI), 1983, Edizioni Carini, p. 40 M. Boscolo: Roberto Barni - Opere 19771992, Palazzo Bandera, Galleria d’Arte Moderna, Busto Arsizio (VA), 1993, p. 41 M. Pratesi: Immagine dell’Essenza – Barni–Mariani-Bonechi, 2003, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), p. 27 Esposizioni | Exhibited Casa di Masaccio, S. Giovanni Valdarno, 1983 Galleria d’Arte Moderna, Busto Arsizio, 1993 Galleria Open Art, Prato, 2003 (pagg. 16-17)
Dino Basaldella Fandango 1960 Ferro forgiato e saldato Wrought and welded iron 146 x 44,5 x 30,5 cm Provenienza | Provenance Collezione Hannelore B. Schulhof, New York Catherine Viviano Gallery, New York Collezione privata, New York Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature Biennale, Venezia, 1964, catalogo della XXXII esposizione. p. 91, sala XXXI, n. 4 E. Villa, L Perissinotto: Dino Basaldella, Bora Ed., Bologna, 1983, p. 75, fig. 87 E. Crispolti: I Basaldella, Casamassima Ed., Milano, 1984, p. 107, fig. 97. E. Crispolti: Dino, Mirko, Afro Basaldella, Castello di Udine, 20 giugno-31 ottobre 1987, Mazzotta Ed., Milano, 1987, p. 85, D50 Esposizioni | Exhibited Catherine Viviano Gallery, New York, 1961 Biennale, Venezia, 1964 Castello di Udine, 1987
Mirko Basaldella Personaggio Trofeo Trophy Character 1954 Bronzo Bronze H. 28 cm Provenienza | Provenance Catherine Viviano Gallery, New York Private Collection, New York Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature Mirko. Exhibition of recent bronze Sculptures, Catherine Viviano Gallery, New York, 13 maggio-15 giugno 1957; n. 15 M. Pratesi: “De Statua – Aspetti della Scultura Italiana del Novecento” 2003, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), p. 33 Esposizioni | Exhibited Catherine Viviano Gallery, New York, 1957 Galleria Open Art, Prato, 2003
(pag. 27)
(pag. 25)
(pag. 21)
Mirko Basaldella Totem 1956 Bronzo Bronze 20,4 x 3,4 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, New York Galleria Open Art, Prato
Mirko Basaldella Totem 1956 Bronzo Bronze H. 15,4 x 6,7 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, New York Galleria Open Art, Prato
(pag. 28)
(pag. 29)
Sandro Chia Figure con Albero Figures with tree 1994 Acrilico e olio su ceramica dipinta a mano Acrylic and oil on hand painted ceramic H. 63 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature “Sandro Chia - Scultura, Figure con Albero”, ed. Domestica, 1994, pp. 10-11 M. Pratesi: “De Statua – Aspetti della Scultura Italiana del Novecento” 2003, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), p. 81 Esposizioni | Exhibited Galleria Open Art, Prato, 2003 (pag. 33)
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Mirko Basaldella Small Prophet 1952 ca. Bronzo Bronze H. 33 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, United States Galleria Open Art, Prato
Pietro Consagra Bifrontale 1977 Bronzo (1/6) Bronze (1/6) 68 x 48 x 10,6 cm Provenienza | Provenance Fondazione Pietro Rossini, Briosco Galleria Il Chiostro, Saronno Collezione Privata, Castiglione d’Adda Galleria Open Art, Prato Collezione Privata, Salerno (pag. 37)
Piero Dorazio Sospensioni Colorate Colored Suspensions 1955 Plexiglass 9,8 x 12 x 7,4 cm Provenienza | Provenance Galleria Apollinaire, Milano Collezione privata, Milano Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature M. Pratesi “Arte Internazionale a Prato” 2001, Nova Arti Grafiche, Firenze, pp. 40-41 Esposizioni | Exhibited Galleria Apollinaire, Milano, 1955 Galleria Open Art, Prato, 2001
Agenore Fabbri Personaggio | Character 1959 Bronzo Bronze H. 118,5 cm Provenienza | Provenance Collezione privata, Montecatini Terme Galleria Open Art, Prato Esposizioni | Exhibited Galleria Open Art, Prato, 26 settembre – 21 novembre 2015 (pag. 45)
(pag. 41)
Agenore Fabbri Personaggio Spaziale Space Character 1968 Bronzo | Bronze 143 x 26 cm Provenienza | Provenance Galleria Il Milione, Milano Collezione Privata, Lodi Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature N. Micieli, Ratem, e altre storie, cat., Edizioni del Circolo del Festival, Santa Croce sull’Arno (Pisa), 1984, p. 21; K. Wolbert, S. Salzmann, V. W. Feierabend: Agenore Fabbri – Catalogo ragionato della scultura, Silvana Editoriale, Milano, 2011, pp. 201 e 356 (S 68-03). Agenore Fabbri – Dipinti e Sculture 1957-1965, Galleria Open Art, Prato, 26 settembre – 21 novembre 2015, Carlo Cambi Ed. 2015, p. 44 Esposizioni | Exhibited Galleria Il Milione, Milano, 1962 Palazzo Turi, Santa Croce sull’Arno (Pisa), 1984 Santa Margherita Ligure (Genova), 1995 Galleria Open Art, Prato, 2015 (pag. 47)
Nino Franchina Senza Titolo | Untitled 1960 Ferro Iron H. 36 x 7 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato Collezione Privata, Acqui Terme (pag. 51)
Nino Franchina Ettore Fieramosca 1960 Ferro Iron H. 132 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature G. Carandente, “Franchina”, Officina Edizioni, Roma, 1968, tav. 38-39 (ill.) (pag. 53)
Nino Franchina Senza Titolo | Untitled 1961 Ferro Iron H. 78 cm Provenienza | Provenance Eredi Franchina, Roma Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature M. Pratesi: “De Statua – Aspetti della Scultura Italiana del Novecento” 2003, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), p. 29 Esposizioni | Exhibited Galleria Open Art, Prato, 2003
Nino Franchina Calandra | Grille 1953 Lamiera policroma (base in ferro) Polychromatic metal sheet (iron base) H. 132 x 46,5 x 45 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato MART – Museo Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Collezione VAF-Stiftung Bibliografia | Literature G. Marchiori: “Franchina”, De Luca Editore, Roma 1954, n. 19 (ill.) G. Carandente: “Franchina”, Officina Edizioni, Roma, 1968, p. 59 tav. 16 (ill.) Piero Dorazio, P.L. Siena: “Nino Franchina”, Museo d’Arte Moderna, Bolzano, 1990, p. 41 T. Bonifacio, A. Franchina: “Nino Franchina - Antologica”, Sellerio Ed., Palermo, 1997, p.106. Esposizioni | Exhibited Museo d’Arte Moderna, Bolzano, 1990 Nino Franchina, Antologica, Palermo, 1997 (pag. 50)
Nino Franchina Senza Titolo | Untitled 1965 Ferro (base in legno) Iron (wooden base) H. 82 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato (pag. 55)
(pag. 54)
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Yasuo Fuke Senza Titolo anni ‘60 ca. Untitled 1960s ca Legno scolpito e acciaio Steel and carved wood 18 x 21,2 x 5,3 cm Provenienza | Provenance Collezione Fusi, Colle di Val d’Elsa Galleria Open Art, Prato
Yasuo Fuke Astratto 68 | Abstract 68 1968 Legno scolpito Carved wood 24 x 50,4 x 19,5 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato (pag. 60)
(pag. 59)
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Walter Fusi Penetrazione nello spazio 31/68 1968 Acrilico su tela, legno, cartone e pvc Acrylic on canvas, wood, cardboard and PVC 57,3 x 63 x 4,3 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature B. Buscaroli: “Walter Fusi – La Natura Ulteriore dell’Opera” 2009, Masso delle Fate Ed., Signa (FI)p. 60 Esposizioni | Exhibited Galleria Open Art, Prato, 2009
Walter Fusi Penetrazione nello spazio 33/68 1968 Acrilico su tela, legno, cartone e pvc Acrylic on canvas, wood, cardboard and PVC 32 x 66,8 x 3 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature B. Buscaroli: “Walter Fusi – La Natura Ulteriore dell’Opera” 2009, Masso delle Fate Ed., Signa (FI)p. 62-63 Esposizioni | Exhibited Galleria Open Art, Prato, 2009
(pag. 66)
(pag. 67)
Yasuo Fuke Senza Titolo anni ‘60 ca. Untitled 1960s ca Legno scolpito Carved wood 19 x 26,3 x 7,2 cm Provenienza | Provenance Collezione Fusi, Colle di Val d’Elsa Galleria Open Art, Prato
Walter Fusi Penetrazioni nello spazio 1967 Acrilico su tela, legno, cartone e pvc Acrylic on canvas, wood, cardboard and PVC 60,4 x 72,3 x 6 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato
(pag. 61)
(pag. 65)
Quinto Ghermandi Momento del Volo Moment of Flight 1958 Bronzo Bronze 60,5 x 56 x 7 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, Danimarca Galleria Open Art, Prato
Quinto Ghermandi Senza Titolo | Untitled 1961 Bronzo Bronze 71 x 54,5 x 33,5 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature M. Pratesi: “De Statua – Aspetti della Scultura Italiana del Novecento” 2003, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), p. 41 Esposizioni | Exhibited Galleria Open Art, Prato, 2003
(pag. 71)
(pag. 73)
Quinto Ghermandi Metamorfosi | Metamorphosis 1961 Bronzo patinato oro Gold patinated bronze 41 x 45 x 28 cm Provenienza | Provenance Galleria Odyssia, New York Collezione Privata, New York Collezione Privata, Copenhagen Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature G. Marchiori “Quinto Ghermandi”, Edizioni Alfa, Bologna, 1962, ill. (pag. 74)
Quinto Ghermandi L’Ombra | The Shadow 1962 Bronzo Bronze H. 65,5 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, Danimarca Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature Kunstrejse, Borge Birchs Europarejse 1959, HEART, Herning Museum of Contemporary Art, Herning, Denmark, 2003, p. 103 Esposizioni | Exhibited Herning Museum of Contemporary Art, Herning, 2003
Quinto Ghermandi Figura | Figure 1963 Bronzo Bronze 50,5 x 38 x 20 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, Danimarca Galleria Open Art, Prato
Quinto Ghermandi Figura | Figure 1963 Bronzo Bronze 94 x 29 x 30,5 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, Danimarca Galleria Open Art, Prato
(pag. 76)
(pag. 77)
Emilio Greco Figura | Figure 1957 Gesso policromo Polychromatic plaster H. 48 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature M. Pratesi: “Exemplum del disegno europeo del Novecento” 2002, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), p. 47 M. Pratesi: “De Statua – Aspetti della Scultura Italiana del Novecento” 2003, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), p. 37 Esposizioni | Exhibited Galleria Open Art, Prato, 2002 Galleria Open Art, Prato, 2003
Bruno Innocenti Vergine Annunciata The Virgin Annunciate 1935-1945 ca. Gesso Plaster H. 41 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato
(pag. 75)
Quinto Ghermandi Cartoline con le chine delle sculture future Pen-and-ink Drawings of the Forthcoming Sculptures 1980 China su carta Ink on paper 49,5 x 34,5 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, Pietrasanta Galleria Open Art, Prato (pag. 78)
Quinto Ghermandi Oggi Sciopero Generale Today: General Strike 1987 Bronzo Bronze 44 x 33 x 21,7 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, Pietrasanta Galleria Open Art, Prato (pag. 79)
(pag. 88)
(pag. 83)
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Bruno Innocenti Angelo Annunciante The Angel of the Annunciation 1935-1945 ca. Gesso Plaster 26 x 23,5 x 12 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato (pag. 89)
Jiří Kolář 1914 - 1914 - 1914 1967 Collage e rollage su oggetto a colonna Collage and rollage on a column object 86,5 x 25 x 23 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature “Jiri Kolar”, Kestner Gesellschaft, Hannover, 7 feb. - 15 mar 1969, pp. 27,58-59 ill. “Jiri Kolar - Eine Monografie von Miroslav Lamač und Dietrich Mahlow”, Dumont, Colonia, 1969, Institut fur moderne Kunst Norimberga, p. 42, ill. Jiří Kolář Collagen Rollagen Objekte, Institut für modern Kunst, Norimberga, 1968/1969, n. 141, ill. “L’officina Immaginifica di Jiri Kolar” a cura di F. Pola, Carlo Cambi ed, 2015, fig. 44, pp. 52, 258 Esposizioni | Exhibited Kestner Gesellschaft, Hannover, 1969 Institut fur moderne Kunst Norimberga, 1969 Museo di Pittura Murale, Prato, 2015
Jiří Kolář Uovo Macchiato | Spotted Egg 1969 Collage su oggetto chiasmage Collage on chiasmege object 80 x 60 cm Provenienza | Provenance Collezione Lauffs, Germania Museum Haus Lange, Krefeld Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature “Jiri Kolar – Collagen, Rollagen, Chiasmagen, Crumblagen”, Museum Haus Lange, Krefeld, Germania April-June 1973, pl. 45 Janus: “Jiri Kolar” 1981, Fabbri Ed., Milano, p. 192 F. Pola: “L’officina immaginifica di Jiri Kolar” Carlo Cambi ed., 2015, fig. 151, pp. 96-99, 271 Esposizioni | Exhibited Museum Haus Lange, Krefeld, 1973 Museo di Pittura Murale, Prato, 2015
Jiří Kolář Violino nella Notte Violin in the Night 1973 Collage e chiasmage su legno (oggetto chiasmage) Collage and chiasmage on wood (chiasmage object) 75,4 x 42,8 x 1,5 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, Massachusetts Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature F. Pola: “L’officina immaginifica di Jiri Kolar” Carlo Cambi ed., 2015, fig. 75, pp. 172, 262 Esposizioni | Exhibited Museo di Pittura Murale, Prato, 2015 (pag. 95)
(pag. 94)
(pag. 93)
Susan Loeb La Famiglia | The Family 1988 Bronzo Bronze 39 x 21 x 23 cm Provenienza | Provenance Galleria Davanzati, Firenze Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature D. Bellezza: “Susan Luppino” ed. Galleria Davanzati, Firenze, 1989, pp. 150-151 n. 67 M. Pratesi: “De Statua – Aspetti della Scultura Italiana del Novecento” 2003, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), p. 83 Esposizioni | Exhibited Galleria Davanzati, Firenze, 1989 Galleria Open Art, Prato, 2003 (pag. 98)
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Susan Loeb Amanti | Lovers 1992 Terracotta Terracotta 35 x 20 x 19 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato (pag. 99)
Giuseppe Gattuso Lo Monte Tre Alberi | Three Trees 1977 Terracotta smaltata (base in legno) Enamelled terracotta (wooden base) 27,5 x 21 x 15 cm Provenienza | Provenance Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature M. Pratesi: “De Statua – Aspetti della Scultura Italiana del Novecento” 2003, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), p. 55 Esposizioni | Exhibited Galleria Open Art, Prato, 2003 (pag. 103)
Luigi Mainolfi Senza Titolo | Untitled 1988 Terracotta Terracotta 27 x 10 x 11 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, New York Dutry Fine Arts, New York Galleria Open Art, Prato Collezione Privata, Acqui Terme (pag. 107)
Luigi Mainolfi Terraoro 1996 Terracotta policroma Polychromatic terracotta 35 x 26 cm Provenienza | Provenance Claudia Gian Ferrari Arte Contemporanea, Milano Collezione Privata, Stati Uniti Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature A. Vettese: Mainolfi – Oro, Galleria Open Art, Claudia Gian Ferrari Arte Contemporanea, Milano, 1996 Esposizioni | Exhibited Claudia Gian Ferrari Arte Contemporanea, Milano, 1996
Luigi Mainolfi Città | City 1996 Terracotta Terracotta 24 x 33,5 cm Provenienza | Provenance Arte Silva, Seregno Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature G. Bonomi: “Tetralogia - Griffa, Mainolfi, Nunzio, Pinelli”, 2008, ill. (pag. 109)
(pag. 108)
Luigi Mainolfi Capretta di Stupinigi Stupinigi’s goat 1997 Ferro Iron 136 x 124 x 35 cm Provenienza | Provenance Claudia Gian Ferrari Arte Contemporanea, Milano Collezione Privata, Milano Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature A. Vattese “Mainolfi – Il Bosco del Re Nudo”, Milano 1999, Vanni Scheiwiller, Arte Moderna Italiana N. 116, ill. Esposizioni | Exhibited Ameglia (La Spezia), Villa La Marrana, 1999
Paolo Maione Senza Titolo | Untitled 1996 Bronzo Bronze H. 55 cm Provenienza | Provenance Studio dell’artista Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature M. Pratesi: “De Statua – Aspetti della Scultura Italiana del Novecento” 2003, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), p. 87 Esposizioni | Exhibited Galleria Open Art, Prato, 2003 (pag. 115)
(pag. 111)
Paolo Maione Ciuco Bollito Boiled Donkey 2008 Bronzo (1/3) Bronze (1/3) 58 x 27 x 18,5 cm Provenienza | Provenance Studio dell’artista Galleria Open Art, Prato
Giuseppe Maraniello Sponde | Edges 2004 Sculture in bronzo e olio su tela Bronze sculptures and oil on canvas 35 x 100 x 7,5 cm Provenienza | Provenance Collezione privata, Washington D.C. Galleria Open Art, Prato
(pag. 117)
(pag. 120-121)
Giuseppe Maraniello Ponti | Bridges 2016 Bronzo patinato (2/2) Patinated bronze (2/2) 70 x 40 x 67 cm Provenienza | Provenance Galleria Cardelli & Fontana, Sarzana Galleria Open Art, Prato
Giuseppe Maraniello Zolle 2004 Bronzo patinato (3/8) Patinated bronze (3/8) 40 x 21 x 18 cm Provenienza | Provenance Galleria Cardelli & Fontana, Sarzana Galleria Open Art, Prato
(pag. 122-123)
(pag. 125)
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Marino Marini Natura Morta (Omaggio a Delacroix) Still life (Homages to Delacroix) 1926-27 Olio su tavola Oil on board 57,1 x 69,2 cm Provenienza | Provenance Collezione Loria, Firenze Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature C.L. Ragghianti: “Arte Moderna in Italia 1915-1935” Palazzo Strozzi, Firenze, Feb.Mag. 1967, Marchi e Bertolli ed., Firenze, p. LVII, rif. 1965 (not ill.) E. Steingràber, L. Papi: “Marino Marini Pittore” Priuli e Verlucca ed., Ivrea, 1987, p.7 fig. 9 Esposizioni | Exhibited Palazzo Strozzi, Firenze, 1967 (pag. 128-129)
Marino Marini Il Giocoliere | The Juggler 1927 Olio su tavola Oil on board 59,6 x 39,4 cm Provenienza | Provenance Collezione Loria, Firenze Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature C.L. Ragghianti: “Arte Moderna in Italia 1915-1935” Palazzo Strozzi, Firenze, Feb.Mag. 1967, Marchi e Bertolli ed., Firenze, p. LVII, rif. 1968 (not ill.) E. Steingràber, L. Papi: “Marino Marini Pittore” Priuli e Verlucca ed., Ivrea, 1987, p. 11 fig. 17 M. de Micheli, C. Pirovano: “Marino Marini Pittore” Tau, Electa, Milano, 1988, p. 42, fig. 22 M. Pratesi: “De Statua – Aspetti della Scultura Italiana del Novecento” 2003, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), ill. in copertina e p. 7. Esposizioni | Exhibited Palazzo Strozzi, Firenze, 1967 Galleria Open Art, Prato, 2003
Marino Marini Paesaggio | Landscape 1933 Tempera su carta Tempera on paper 23,5 x 32,5 cm Provenienza | Provenance Collezione Loria, Firenze Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature M. Pratesi: “Exemplum del disegno europeo del Novecento” 2002, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), pp. 14–15 M. Pratesi: “Sul Crinale, Aspetti del disegno in Toscana verso gli anni ‘30” 2001, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), p. 35 Esposizioni | Exhibited Palazzo Strozzi, Firenze, Arte Moderna in Italia 1915-1935 – Nov 1966 – Feb 1967 Galleria Open Art, Prato, 2001 Galleria Open Art, Prato, 2002 (pag. 133)
(pag. 131)
Fausto Melotti Senza Titolo | Untitled 1960 ca. Ceramica smaltata Enamelled ceramic 40 x 40 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, Castiglione d’Adda Galleria Open Art, Prato Collezione Privata, Vicenza Bibliografia | Literature A. Commellato, M. Melotti: “Fausto Melotti: L’opera in ceramica” Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Milano, Skira, 2003, p. 158, N° 85 (pag. 139)
Mario Negri Figura Allungata Elongated Figure 1972 Bronzo Bronze 8,5 x 9 x 4 cm Provenienza | Provenance Dominion Gallery, Montreal Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature A. Finocchi “Mario Negri - Catalogo delle Sculture” ed. Bolis, Milano, 1995, p. 197 (fig. n. 275) Esposizioni | Exhibited “Manzù, Marini, Negri”, Dominion Gallery, Montreal, 1975 (pag. 143)
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Marino Marini Piccola Figura | Little Figure 1950 Bronzo Bronze H. 18 cm Provenienza | Provenance Collezione Ella Winter, Londra Collezione Luppino, Firenze Galleria Davanzati, Firenze Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature H. Read, P. Waldberg, G. di San Lazzaro: L’Opera Completa di Marino Marini, Silvana Editoriale d’Arte, Milano, 1970, p. 361, fig. 255 M. Pratesi: “Exemplum del disegno europeo del Novecento” 2002, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), p. 35 M. Pratesi: “De Statua – Aspetti della Scultura Italiana del Novecento” 2003, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), p. 9 Esposizioni | Exhibited Galleria Open Art, Prato, 2002 Galleria Open Art, Prato, 2003 (pag. 135)
Beverly Pepper Senza Titolo | Untitled 1960 Legno sagomato Carved wood 70 x 45 x 25 cm Provenienza | Provenance Galleria Pogliani, Roma Galleria Open Art, Prato
Beverly Pepper Senza Titolo | Untitled 1961 Legno sagomato Carved wood 71,2 x 48 x 51 cm Provenienza | Provenance Dutry Fine Arts, New York Galleria Open Art, Prato
(pag. 146)
(pag. 147)
Beverly Pepper Three Panel Screen 1992 Acciaio e alluminio (2/8) Steel and aluminum (2/8) 200 x 147 x 5,5 cm Provenienza | Provenance Société des amis du Musée national d’Art Moderne, Paris Galleria Open Art, Prato (pag. 149)
Guido Pinzani Senza Titolo | Untitled 1969-78 Bronzo patinato Patinated bronze 106,5 x 39,3 x 34,5 cm Provenienza | Provenance Studio dell’artista Galleria Open Art, Prato
Guido Pinzani Romanica 2012 Legno policromo Polychromatic wood 144 x 24 x 20 cm Provenienza | Provenance Studio dell’artista Galleria Open Art, Prato
(pag. 153)
(pag. 154)
Guido Pinzani Grande Pellerossa Big redskin 1975 Legno policromo Polychromatic wood 250 x 35 x 75 cm Provenienza | Provenance Studio dell’artista Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature M. Fagioli: Guido Pinzani “Nell’assillo della scultura, Masso delle Fate Ed., Signa (FI), 2008, p. 45 Esposizioni | Exhibited Galleria Open Art, 2008 (pag. 155)
Francesco Somaini Piccola Assalonne (Corona) Small Absalon (Crown) 1959 Bronzo su base girevole in ferro dipinto di nero Bronze on black-lacquered iron turntable base 35 x 27 x 20 cm Provenienza | Provenance Concept Art Gallery, Pittsburgh Galleria Open Art, Prato Collezione Privata, San Polo d’Enza Note Bozzetto della “Verticale I, GRANDE CORONA” oggi all’Albright-Knox Art Gallery di Buffalo. Esposizioni | Exhibited Arkitektur og Billedkunst, Kunstnernes Hus, Oslo, 1959* *mostra itinerante che successivamente è stata allestita a Göteborg ed Helsinki. (pag. 159)
Francesco Somaini Proposta per un monumento IV Proposal for a Monument IV 1958 Peltro massiccio ripreso dall’artista con elettrodo con lucidi parziali, con base girevole in ferro dipinto di nero Solid pewter, retouched by the artist with electrode, with polished areas, on black-lacquered iron turntable base 74,2 x 14,5 x 14,5 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, California Galleria Open Art, Prato Note L’opera fa parte della serie dei bozzetti eseguiti per la realizzazione del “Grande Scultura Verticale. Monumento dell’energia e alla volontà umana”, (1958-70, bronzo con lucidature parziali, cm. 1050, 160, 110; già collocata in Central Plaza, Charles Center, Baltimora; oggi presso il committente Wheelabrator Baltimore RESCO, Baltimora)
Francesco Somaini Proposta per un monumento V a incastro (II variazione Baltimora) Proposal for an Interlocking Monument V (Variation 2, Baltimore) 1963 Bronzo parzialmente lucidato Bronze, partially polished 88,4 x 12,5 x 10 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, Massachusetts Galleria Open Art, Prato MART – Museo Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Collezione VAF-Stiftung Note L’opera fa parte della serie dei bozzetti eseguiti per la realizzazione del “Grande Scultura Verticale. Monumento dell’energia e alla volontà umana”, (1958-70, bronzo con lucidature parziali, cm. 1050, 160, 110; già collocata in Central Plaza, Charles Center, Baltimora; oggi presso il committente Wheelabrator Baltimore RESCO, Baltimora)
(pag. 160)
(pag. 161)
Francesco Somaini Racconto sul Cielo Story on the Sky 1961 Ferro grafitato con lucidi parziali ripreso dall’autore stesso con elettrodo, su base a parallelepipedo in ferro dipinto di nero Graphite iron retouched by the artist with electrode, with polished areas, on black-lacquered iron parallelepiped base 20,2 x 43,5 x 21 cm Provenienza | Provenance Collezione John D. Rockfeller III, New York Galleria Open Art, Prato Note L’opera fa parte della serie dei Racconti, avviata nel 1961. (pag. 164)
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Francesco Somaini Racconto Patetico I Story of Pathos 1962 Bronzo con patina dorata Bronze, gilt patina 35 x 63 x 38 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, New Jersey Galleria Open Art, Prato Collezione Privata, Verona Note L’opera fa parte della serie dei Racconti Patetici del 1962-64 (pag. 165)
Francesco Somaini Piccolo Racconto sulla Terra II Short Story on Earth II 1965 Bronzo in bagno di Nichel su base a parallelepipedo in ferro dipinto di nero Nickel-bath plated bronze on black-lacquered iron parallelepiped base 8,5 x 16 x 19,7 cm Provenienza | Provenance Galleria il Chiostro, Saronno Galleria Open Art, Prato Note L’opera fa parte della serie dei Racconti, avviata nel 1961. (pag. 166)
Francesco Somaini Da Sotto la Polvere. Quasi un volo I. (La Guerra Ritorna) From the Dust Below. Near-Flight I (The Return of War) 1967-69 Due elementi in bronzo connessi ad incastro in bagno di nichel con lucidi parziali Two interlocked bronze elements, nickel-bath plated, with polished areas 23,8 x 38,3 x 26 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, Como Galleria Open Art, Prato Note L’opera, che fa riferimento alla guerra del Vietnam attraverso l’allusione allo stemma degli USA, fa parte del ciclo dei “Da Sotto la Polvere”. Esposizioni | Exhibited III Esposicion Internacional del Pequeño Bronce - Escultores Europeos, Madrid Barcelona, 1970
Francesco Somaini Caduta dell’Uomo: Caduta dal Potere | The Fall of Man: Fall from Power 1967-69 Due elementi connessi a incastro in bronzo con depositi d’argento e lucidi parziali Two interlocked elements, bronze with deposited silver and polished areas 92 x 14 x 18 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, Milano Galleria Open Art, Prato Note L’opera fa parte della serie delle “Cadute dell’uomo”, eseguite dall’artista dal 1967 al 1969 (pag. 169)
(pag. 167)
Giuseppe Spagnulo Guerriero | Warrior 1985 Bronzo Bronze 165 x 125 x 100 cm Provenienza | Provenance Studio dell’artista Galleria Open Art, Prato Bibliografia | Literature S. Pegoraro: “Giuseppe Spagnulo - Alchimie del Fuoco. Opere 1968-2002” Skira, Milano, 2002, p. 51 n. 8 M. Pratesi: “De Statua – Aspetti della Scultura Italiana del Novecento” 2003, Ed. Masso delle Fate, Signa (FI), p. 63 Esposizioni | Exhibited Borgo Medievale di Castelbasso, Teramo, 2002 Galleria Open Art, 2003 (pag. 173)
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Mauro Staccioli Seogwipo ‘14 2014 Acciaio corten Weathering steel 253 x 280 x 47 cm Provenienza | Provenance Galleria Il Ponte, Firenze Galleria Open Art, Prato Note Progetto per l’installazione monumentale presso Seogwipo, Corea del Sud, acciaio inossidabile (2014, 11.3 x 11 x 1.57 m) (pag. 177)
Mauro Staccioli Senza Titolo | Untitled 2006 Acciaio corten (2/7) Weathering steel (2/7) 57 x 134 cm Provenienza | Provenance Galleria Fioretto, Padova Galleria Open Art, Prato (pag. 178)
Mauro Staccioli Anello | Ring 1996 Acciaio corten Weathering steel Ø 150 cm Provenienza | Provenance Galleria Il Ponte, Firenze Galleria Open Art, Prato Esposizioni | Exhibited Masterpieces, Relais Santa Croce by Baglioni Hotels, Firenze, febbraio-aprile 2017 (pag. 180-181)
Bruno Brunetti Vaso | Vase 1950 ca. Ceramica dipinta a mano Hand painted ceramic 46 x 36 x 32 cm Provenienza | Provenance Collezione Privata, Faenza Galleria Open Art, Prato Note Realizzato dall’artista alla manifattura di ceramiche artistiche La Cava a Lastra a Signa, Firenze.
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RINGRAZIAMENTI ACKNOWLEDGMENTS Andrea Alibrandi Roberto Barni Caterina Basaldella Rudi Cerri Gabriella di Milia Volker Feierabend Alessandra Franchina Dario Giraldi Paolo Gori Giuseppe Maraniello Angiola e Luigi Mainolfi Paolo Maione Marta Melotti Guido Pinzani Andrea e Loredana Ricci Luisa Somaini Ilaria e Martina Stefanini Franco Tonato Maria Teresa Tosi Michele Videtta
Un particolare ringraziamento a A special thanks to Archivio Francesco Somaini Scultore, Milano Archivio Severini Franchina, Roma Archivio Pietro Consagra, Milano Fondazione Fausto Melotti, Milano Fondazione Marino Marini, Pistoia Mart - Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto Studio Maraniello, Milano VAF-Stiftung, Francoforte
e a tutti coloro che hanno voluto mantenere l’anonimato and all the others who wish to remain anonymous
via Mugellese, 42 50010 Capalle (FI) - ITALY Tel. +39 055 898247 - 8985619 Fax +39 055 898251 e-mail: info@ilcampionario.it
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Finito di stampare nel mese di maggio 2017 presso Printing completed in May 2017 by Tap Grafiche - Poggibonsi (SI)