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Poste Italiane S.p.A. Sped. abb. post. - D.L. 353/2003 (con. in L. 27/02/2004 n. 46) ar t. 1 comma 1 - DCB - Roma - Numero 20 - 2019/2020
Dermatologia & Pediatria
Malattie rare
Cultura
Ulcera di Lipschultz: Musica, cervello rara e dolorosa ed effetto Mozart
Chirurgia pediatrica
Psicologia
Tricologia
Ortopedia
Capelli impettinabili? La causa è genetica
Lo scheletro e il suo sviluppo complesso
Dermatologia
Odontoiatria
Attenzione alla Il lato patologico Quelle piccole Quando la natura Stipsi e all’Encopresi della rete escrescenze sul corpo dimentica un dentino
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Editoriale on è sempre facile stabilire un rapporto soddisfacente con un bambino affetto da una malattia dolorosa e invalidante, che non vuole essere toccato, che piange, strilla e si divincola mentre si prova a sdraiarlo sul lettino per visitarlo. Spesso può essere più facile creare un buona relazione terapeutica con i suoi genitori, anche se l’esperienza insegna che talvolta capita il contrario. In entrambe le situazioni, comunque, il punto irrinunciabile è che bisogna parlare, sia con il piccolo paziente che con chi lo accompagna a studio. O, ancora meglio, è necessario dialogare con entrambi, ovvero non provare solo a imporre prescrizioni e ricette senza ascoltare, sforzarsi di capire, evitando di dare facili giudizi. Ci si trova facilmente, infatti, a entrare nel territorio delle paure e delle emozioni: rabbia, frustrazione, tristezza, disgusto, incredulità, rifiuto. Si può obiettare che il tempo di una visita medica è troppo breve, che le famiglie sono per lo più portatrici di aspettative e di esigenze non del tutto esaudibili e che non è raro che siano proprio i genitori a porre domande finalizzate solo a mettere alla prova il terapeuta. Il discorso diventa ancor più complesso quando il paziente proviene da una fascia sociale economicamente più debole o da minoranze etniche di migranti non del tutto ben inserite nella nostra società. In questi casi al bisogno di dialogo fra medico paziente e la sua famiglia, si aggiunge la necessità del riconoscimento dell’altro, delle sue tradizioni, della sua cultura, del suo credo religioso. Come va gestito allora il rapporto terapeutico con chi soffre di una malattia ad alto impatto sociale? Da più parti la risposta sarà: con professionalità e ancor più pazienza, mostrando il sincero sentimento di voler prestare aiuto, oltre a una buona dose di solidarietà. Ma cosa significa la solidarietà in un atto medico? Vale la pena ricordare che il termine solidarietà nel diritto romano stava a indicare un’obbligazione in moneta (solidum) che diversi debitori si impegnavano a pagare gli uni per gli altri a fronte di un prestito ricevuto, e solo nell’Ottocento esso iniziò a esprimere l’idea di un sostegno nell’ambito di una comunità, da considerare come si trattasse un’unica famiglia. Fu il sociologo Durkheim il primo a usare il concetto di solidarietà come sinonimo di coesione e integrazione sociale. Con la crescita della complessità e, nelle società via via più articolate, della differenziazione sociale, gli individui sono divenuti sempre più dipendenti gli uni dagli altri. Un’interdipendenza reciproca che ha creato un inevitabile e irrinunciabile vincolo e un forte sostegno reciproco tra le varie funzioni e professioni svolte singolarmente e nei gruppi sociali. Molto però è cambiato da quando, alla fine del XIX secolo le misure assistenziali costituivano l’unica forma di politica sociale e la solidarietà rappresentava l’elemento caratterizzante la famiglia, il vicinato, le Società di Mutuo Soccorso laiche e le Misericordie e le Associazioni religiose. Oggi, che ogni Stato adotta la propria politica sociosanitaria - che nulla ha a che dividere con la carità o con l’aiuto solidaristico - il diritto alla cura e a una qualità della vita migliore, acquisiti spesso a seguito di lunghe e dure lotte sociali, sono inalienabili. Anche e soprattutto per chi soffre di malattie rare come sono, per esempio, le patologie muscolari degenerative. In Italia i minori con sclerosi multipla pediatrica sono circa 8.000, mentre quelli affetti da atrofia muscolare spinale (SMA) sono poco più di 1.500. Per loro non basta la solidarietà dei medici curanti ma c’è bisogno di servizi specialistici in tanti settori sanitari e non. Quando patologie così gravi come la sclerosi multipla o l’atrofia muscolare spinale colpiscono i bambini non si ha a che fare solo con la malattia, ma col fatto che essa impatta sulla formazione, sulla crescita, sulla personalità e sulle relazioni interpersonali, soprattutto in momenti topici dello sviluppo. La solidarietà, allora, non può supplire all’assenza di servizi. Aiuta ma non è sufficiente.
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Direttore responsabile Giorgio Bartolomucci
Redazione Giorgio J.J. Bartolomucci Gabrielle Bottenheim Giovanni Diana Danilo Panicali Susan Sauer (Washington) Con i contributi di Ornello Colandrea, Michele Mario Consoli, Dario Di Vito, Guido Fenix, Carlo Romano Grillandini, Gabriella
La Rovere, Paolo Passaretti
Fotografi Alfredo Mariani, Raffaele Soccio Copertina Foto: Victoria Borodinova from Pexels Agenzie fotografiche Illustrated Dermatology Progetto grafico Massimiliano Salvoni
Impaginazione Isabella Coltré
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Sommario DERMATOLOGIA
Pag. 4
Psoriasi e celiachia, esiste davvero un legame?
Stipsi ed Encopresi: disturbi da tenere sotto controllo
pagina 4
pagina 30
APPROFONDIMENTO
ODONTOIATRIA
Diete miracolose, andiamoci piano pagina 7
CHIRURGIA PEDIATRICA
Agenesia dentale: quando la natura si scorda un dentino Pag. 14
pagina 34
DERMATOLOGIA
ORTOPEDIA
Quando Arlecchino non fa ridere
Lo scheletro dei bambini e il suo sviluppo complesso
pagina 8
pagina 38
APPROFONDIMENTO
Ittiosi Arlecchino: rara e terribile
Pag. 26
Se la diagnosi differenziale confonde il pediatra
pagina 12
NUTRIZIONE
pagina 42
I danni della dieta vegana durante lo sviluppo
SOCIETÀ
Quando l’accoglienza diventa la missione di una vita
pagina 14
MALATTIE RARE
DERMATOLOGIA
Pag. 38
pagina 46
Ulcera di Lipschultz: una patologia rara e dolorosa
CALEIDOSCOPIO
pagina 18
pagina 48
TRICOLOGIA
CULTURA
Capelli impettinabili? Forse la causa è genetica pagina 22
DERMATOLOGIA
Quelle piccole escrescenze sul corpo del bambino pagina 26
Pag. 54
Musica, cervello ed effetto Mozart pagina 52
PSICOLOGIA
Smartphone e videogames il lato patologico del web pagina 54
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Messaggio rivolto a tutti i pediatri
è nata
Ho avuto visione di un numero de la PelleBaby e desidererei riceverla a casa per un anno (6 numeri). Per sostenere la pubblicazione e contribuire alle spese di spedizione, invio 18,60 Euro con il bollettino postale a: Headmaster International, Via Carlo Botta n°17, 00184, ROMA ccp 41125907 Allego copia del versamento
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Psoriasi e celiachia: esiste davvero un legame?
Recenti studi hanno evidenziato che esisterebbe una connessione tra la celiachia e alcune malattie infiammatorie dermatologia / la Pelle baby 4
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dott.ssa Antonietta D’Errico, specialista in Dermatologia e Venereologia; DG Medico Usl di Prato a ricerca medica ha ormai assodato che esistono dei legami tra alimentazione e alcune patologie croniche. Connessioni che non riguardano tanto la manifestazione primaria della patologia quanto piuttosto l’accentuarsi della sintomatologia. Un esempio concreto è il rapporto che esisterebbe tra psoriasi e celiachia. Ma andiamo con ordine. La malattia celiaca (MC) è una enteropatia cronica in cui il malassorbimento, che coinvolge sostanzialmente tutti i principi nutritivi, è sostenuto da lesioni caratteristiche, sebbene non specifiche, della mucosa dell’intestino tenue: atrofia dei villi, ipertrofia delle cripte e infiltrazioni della mucosa da parte di cellule infiammatorie, causate, in individui geneticamente predisposti, dall’ingestione di glutine. Quest’ultimo, come è noto, è una sostanza contenuta nella farina di frumento, costituita da un gruppo particolare di proteine, le gliadine, provviste di tossicità nei confronti della mucosa intestinale dei pazienti affetti da MC. Evidenze ormai assodate dimostrano come, in questi pazienti, a una dieta priva di glutine corrisponda un netto miglioramento sia clinico che istologico. La forma “classica” di MC può presentarsi con svariati sintomi come: altera-
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zioni dell’alvo (sia in senso diarroico che stitico), ritardo nella crescita, dolore addominale, astenia, perdita di peso, deficit nutrizionali soprattutto di elementi come ferro, folati, calcio e vitamina D. La MC è frequentemente associata a manifestazioni extra-intestinali: tra queste il coinvolgimento cutaneo, talvolta severo, è sta-
to spesso descritto. Al di là della ben nota correlazione tra MC e dermatite erpetiforme, considerata la manifestazione cutanea paradigmatica dell’enteropatia sensibile al glutine (glutine dipendente), oggi sappiamo che esistono molte altre manifestazioni cutanee associate alla MC come l’eritema nodoso, l’alopecia area-
Riproduzione e celiachia Esiste un’ipotesi che il glutine influisca sulla fertilità. Due studi smentiscono, però tale credenza. Secondo il Prof. Antonio Pellicer, Presidente di IVI-RMA Global, società autrice degli studi: “In una ricerca si è dimostrato che i pazienti che seguono una dieta priva di glutine ottengono tassi di successo nei trattamenti di riproduzione assistita pari a coloro che lo assumono, cosa che dimostra che smettere di mangiare glutine per favorire una gravidanza durante un trattamento è una mera leggenda urbana”. Il secondo studio rivela poi come non esista neanche un rapporto tra celiachia e infertilità: i tassi di successo dei trattamenti di riproduzione assistita sono gli stessi tra i pazienti affetti da celiachia e quelli che non lo sono.
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ta, la porfiria, la pellagra e infine anche la psoriasi. I primi dati che hanno tentato di stabilire una connessione tra MC e psoriasi risalgono al 1971 quando Shuster e Marks descrissero una entità nosologica definita enteropatia psoriasica, all’interno di un piccolo gruppo di pazienti contemporaneamente affetti da psoriasi severa e alterazioni gastrointestinali simili a quelle riscontrate nella MC. Nel 1976 Bazex et al. presero in esame 16 pazienti affetti da psoriasi grave: di questi 11 mostravano, all’esame istologico, una chiara atrofia dei villi intestinali; nei quattro che presentavano diagnosi di artropatia psoriasica erano contemporaneamente presenti anche sintomi legati al malassorbimento intestinale e in un caso è stata documentata una importante riesacerbazione della malattia cutanea tre giorni dopo la reintroduzione di glu-
celiachiahgfdghdfcg.qxp:Layout 2
tine nella dieta. Venne allora ipotizzato che l’intolleranza al glutine potesse essere più frequente nei pazienti affetti da psoriasi rispetto alla popolazione generale. Numerosi dati, incluso un aumento della permeabilità intestinale (frequentemente rilevato tanto nei pazienti con psoriasi quanto nei malati di celiachia), evidenziano un possibile interessamento intestinale nei pazienti psoriasici. è stato infatti riportato che il 42% circa dei pazienti psoriasici, con livelli
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tanee nei pazienti celiaci potrebbero in qualche modo essere connesse alla carenza di vit. D, un dato frequente tanto nella psoriasi quanto nella celiachia. Inoltre i linfociti T potrebbero giocare un ruolo importante nella patogenesi di entrambe le malattie. Infatti i pazienti psoriasici mostrano un incremento dei linfociti T CD4+ a livello di sangue, epidermide e derma mentre nei pazienti celiaci, la gliadina è in grado di indurre una sensibilizzazione dei linfociti T CD4+ e questo potrebbe di per sé rappresentare un trait d’union tra le due malattie. In passato l’effetto della dieta priva di glutine nei pazienti psoriasici è stato variamente indagato. I risultati di uno studio condotto per 3 mesi su un gruppo di 33 pazienti ha messo in evidenza come in un terzo di questi (sospettati essere intolleranti al glutine) si sia potuto registrare un significativo miglioramento del quadro cutaneo (sostanziale riduzione del PA-
...le lesioni cutanee nei pazienti celiaci sono forse connesse alla carenza di Vit. D... sierici moderatamente elevati di anticorpi diretti contro la gliadina (IgG e IgA), mostrino allo stesso tempo un incremento del numero delle cellule mononucleate presenti a livello dell’epitelio duodenale. Secondo alcuni le lesioni cu-
SI); a conferma di questa teoria anche il fatto che in sei componenti del gruppo, negativi per gli anticorpi antigliadina, si siano mantenute pressochè invariate le condizioni cutanee. L’effetto positivo legato all’eliminazione del glutine dalla dieta è stato inoltre registrato non solo tra coloro che presentavano un aumentato numero di linfociti a livello dell’epitelio duodenale ma anche in alcuni pazienti con epitelio apparentemente indenne. Riguardo la possibile associazione tra psoriasi e malattia celiaca dobbiamo anche considerare un recente studio di coorte, sviluppato da Ludvingsson et al. sulla base di dati raccolti Svezia in un periodo di circa 40 anni (1969-
2008), il quale mostra un incrementato rischio di psoriasi nei pazienti affetti da celiachia, sia prima che dopo l’avvenuta diagnosi. Nello specifico è stato dimostrato un significativo aumento della possibilità di “futura” psoriasi (nuovi casi/100000 abitanti all’anno) nei pazienti con celiachia. A oggi però non è stato ancora possibile dimostrare in modo scientifico un reale aumento dell’incidenza della psoriasi nei soggetti affetti da malattia celiaca; in aggiunta a questo l’assenza di studi randomizzati, inerentemente agli effetti benefici della dieta priva di glutine nei pazienti affetti da psoriasi, secondo alcuni, suggerirebbe solo un possibile effetto placebo per la dieta.
Sensibilità al glutine non celiaca La sensibilità al glutine non celiaca (NCGS) è un disturbo recente, ma in aumento tanto tra gli adulti che tra i bambini. Si tratta di una patologia ben distinta dalla celiachia e dall’allergia al grano, e si pensa che i sintomi siano dovuti a una reazione non solo al glutine ma anche ad altre proteine del grano. In uno studio relativo alla NCGS nei bambini, condotto dai ricercatori delle Università di Bologna e Ferrara e pubblicato sull’International Journal of Food Science and Nutrition (O4/2017), è emerso che le caratteristiche infiammatorie delle proteine del grano sono molto più evidenti nelle varietà di cereali moderne rispetto alle varietà antiche. L’obiettivo della ricerca era valutare la reazione immunitaria alle proteine del grano da parte di cellule mo-
nonucleate del sangue periferico, i globuli bianchi, provenienti da bambini affetti da sensibilità al glutine non celiaca (NCGS). I ricercatori hanno anche osservato se le varietà di grano antiche e moderne siano tollerate allo stesso modo dai piccoli pazienti, in particolare durante la fase di graduale reintroduzione del grano dopo una dieta gluten-free: in moderate quantità con le varietà antiche i sintomi riappaiono più lentamente. Le varietà moderne, benché migliori dal punto di vista della produttività, sono caratterizzate da una qualità nutrizionale inferiore e da una minore ricchezza di nutrienti. Inoltre, le migliori caratteristiche tecnologiche delle varietà moderne sono dovute a quelle proteine che costituiscono il glutine, responsabile della celiachia e di altre patologie come la NCGS.
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È vero che una dieta gluten free fa sempre bene o esistono dei rischi? Le risposte degli esperti della SIP
Diete miracolose, andiamoci piano
Negli ultimi anni si è assistito a un moltiplicarsi di “diete miracolose”, utili anche in età pediatrica per curare vari disturbi. Tra le più pubblicizzate vi è sicuramente quella concepita per curare i “disordini addominali funzionali”, che colpiscono ben il 20% dei bambini e si manifestano con mal di pancia e gonfiore addominale. Ma funzionano davvero o si tratta solo di mode nutrizionali? Possono essere pericolose? “I disordini addominali funzionali non hanno una causa organica, non esiste un test diagnostico che permetta di capirne l’origine. I benefici delle diete e delle opzioni farmacologiche proposte da più parti per alleviarne i sintomi sono in molti casi simili all’effetto placebo”, spiega la Prof.ssa Annamaria Staiano, Docente di Pediatria all’Università Federico II di Napoli e Vicepresidente della Società Italiana di Pediatria . “In linea generale - spiega - tutte le diete di eliminazione presentano dei rischi per i bambini, perché possono compromettere lo stato nutrizionale o l’equilibrio psicofisico. È inoltre importante che i risultati siano sempre monitorati dal medico e che il miglioramento venga valutato in base a parametri oggettivi”. Un rischio è connesso anche alla dieta gluten free, ora molto di moda, cui spesso viene costretto il bambino dai genitori, sempre per lo stesso tipo di disturbi. Come dice il Prof. Riccardo Troncone, Docente presso il Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali e Laboratorio Europeo per lo Studio delle Malattie Indotte da Alimenti, dell’Università Federico II di Napoli: “La dieta gluten free va indicata solo in caso di una diagnosi clinica di celiachia o di allergia al grano ig-E mediata. Viene invece invocata da più parti anche per i soggetti non celiaci per contrastare i disordini addominali funzionali, patologie neurologiche, disordini dello spettro autistico, psoriasi, fibromialgia. In molti di questi casi l’evidenza della sua efficacia è debole. Con l’aggravante che non è priva di rischi. I prodotti senza glutine infatti hanno minore contenuto di fibre, micronutrienti (ferro, zinco,
magnesio) e più grassi”. Inoltre, aggiunge Troncone: “Nessun effetto è stato dimostrato per esempio sulla capacità di far perdere peso. Si parla dell’induzione di un miglioramento del profilo glicemico, ma in realtà i prodotti senza glutine, perdendo la componente di grani integrali nel loro processo produttivo sono responsabili di un rialzo glicemico postprandiale più elevato e di minore protezione verso le malattie cardiovascolari. Per tutti questi motivi, oltre che per il rischio di oscurare la possibile diagnosi di celiachia, ridurre o eliminare il glutine dalla dieta senza una chiara indicazione clinica è una pratica da evitare”. Novità positive arrivano invece per i bambini che sono allergici al glutine o celiaci. “Si allarga il panorama dei cereali che possono essere ammessi alla tavola del bambino celiaco”, spiega Carlo Catassi, Professore ordinario di Pediatria presso l’Università Politecnica delle Marche. “In particolare, esistono dati molto solidi sulla sicurezza dell’avena, ricco di fibra e vitamina. Un ampio studio multicentrico italiano ha dimostrato che la somministrazione prolungata di prodotti alimentari a base di avena non comporta alcun rischio di intolleranza da parte di bambini celiaci”. Ma allora, esiste un regime alimentare per i “disordini addominali funzionali”? Una risposta potrebbe venire dall’Australia in cui è stata messa a punto una dieta a basso contenuto di Fodmap, carboidrati caratterizzati da una elevata resistenza alla digestione, basso livello di assorbimento nel tratto intestinale e lunga fermentazione nell’intestino. I Fodmap si trovano in vari alimenti: grano, segale, cipolle, aglio, carciofi, legumi, latte e prodotti caseari, miele, pere, mele, anguria, mango, funghi, cavolfiore, gomme da masticare. Come spiega il dott. Ruggero Francavilla, Ricercatore presso l’Università degli Studi di Bari e Responsabile della Unità di Gastroenterologia Pediatrica della Clinica Pediatrica: “Alcuni studi condotti sugli adulti hanno dimostrato che una dieta a basso contenuto di Fodmap potrebbe avere un impatto favorevole sul dolore e sul gonfiore addominale e migliorare i sintomi dell’intestino irritabile. Tuttavia, un solo studio ha riguardato l’età pediatrica, quindi l’efficacia sui bambini è ancora poco chiara. Inoltre queste diete, se non seguite correttamente, possono alterare la flora batterica intestinale, riducendo i batteri buoni”. Il futuro, forse, sta nella dieta personalizzata che tenendo conto delle conoscenze derivanti dal sequenziamento del genoma umano ha permesso di studiare come i geni e il cibo che mangiamo interagiscano in modo reciproco. Ma, come è facile capire si tratta di una strada ancora tutta da percorrere. (Giovanni Diana)
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Quando Arlecchino non fa ridere
Parliamo delle diverse tipologie di Ittiosi e delle principali manifestazioni ra il 1808 quando Robert Willan coniò per la prima volta il termine “ittiosi”. Una parola che origina dal greco Iχτυς, ossia pesce, che ben rappresenta il tratto distintivo di una serie di patologie genetiche: un difetto insito nello strato corneo che comporta la continua desquamazione della cute, spesso secca e infiammata. Della categoria delle ittiosi fanno parte un gran numero di malattie diverse che spesso hanno peculiarità anche importanti. Per meglio orientarsi tra di esse, nel corso del tempo sono state adottate diverse classificazioni, effettuate in ba-
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...nel 20% dei casi vi sono anche delle manifestazioni extracutanee... se ad alcune delle caratteristiche principali delle varie forme di ittiosi. La classificazione che negli ultimi anni sembra riscuotere più successo nel mondo accademico, è quella proposta nel 2009 durante la prima consensus conference sulle ittiosi (a Sorèze, in Francia), che ha portato a una loro suddivisione in due grandi gruppi: quelle sindromiche e quelle non sindromiche. Del primo gruppo, fanno parte le ittiosi che oltre che manifestarsi a livello cutaneo colpiscono anche altre parti dell’organi-
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smo. Ne fanno parte: a) le autosomiche con prevalenti anomalie dei capelli, b) con prevalenti segni neurologici, a decorso fatale, c) con altri segni associati. Del secondo, invece, quelle forme che colpiscono solo lo strato cutaneo dei soggetti affetti. Di questa categoria fanno parti le a) Ittiosi comuni” (ittosi volgare e ittiosi recessiva X linked); b) autosomiche recessive congenite o ARCI (Arlecchino, lamellare, eritrodermia congenita ittiosiforme etc.); c) cheratinopatiche (ittiosi epidermolitica e ittiosi epidermolitica superficiale). In questo articolo andremo ad analizzare proprio le ittiosi che rientrano nel secondo gruppo, rimandando la trattazione delle altre a un prossimo numero della rivista. Partiamo dall’Ittiosi Volgare. Si tratta della forma meno severa e anche più comune, in quanto colpisce un individuo ogni 250/1000 persone, senza distinzioni di sezzo o razza. A differenza delle altre forme, non si manifesta dalla nascita ma fa la sua comparsa nei primi mesi di vita. A scatenarla è un difetto nella sintesi di una proteina dell’epiderma profondo, la filaggrina, deputata al mantenimento dell’idratazione cutanea. Di tipo autosomico dominante, è trasmessa al bambino da un gene di uno dei due genitori ma si registrano anche casi in cui la mutazione della filaggrina av-
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viene spontaneamente. I sintomi principali sono una xerosi diffusa con la presenza di piccole squame biancastre, di solito nella zona degli arti e del tronco, mentre sono escluse mani e piedi (che però, insieme alla fronte, possono apparire più spessi) e altre parti del corpo generalmente più umide. Presente quasi sempre il prurito, i disturbi tendono ad alleviarsi in estate e nelle stagioni più umide. La patologia può presentarsi in associazione con atopia, cheratosi follicolare, eczema, asma, rinite allergica. Non esistono a oggi delle cure, però si può alleviare la sintomatologia facendo ricorso a sostanze cheratolitiche ed emollienti sino alla somministrazione di retinoidi per via sistemica nei casi più gravi. L’Ittiosi Recessiva X linked (RXLI) colpisce un individuo maschile ogni 2000/ 6000 (è assente nelle donne) ed è una genodermatosi appartenente ai disturbi mendeliani della corneificazione (MeDOC). La patologia è causata da un difetto del metabolismo dei lipidi epidermici che inattivano il gene STS, deputato a regolare l'omeostasi della permeabilità di barriera e della desquamazione. I sintomi fanno la loro comparsa nei primi giorni di vita e sono ipercheratosi generalizzata, con squame poco aderenti, poligonali non eritematose nella zona del torace, sulle aree estensorie e flessorie delle estremità e sul collo. Nel 20% dei casi vi sono
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Ittiosi Volgare
Ittiosi Recessiva X linked
Ittiosi Lamellare
Eritrodermia Ittiosiforme Congenita
anche delle manifestazioni extracutanee come i testicoli ritenuti e opacità corneali. Spesso si associa a un ritardo nella nascita. Le statistiche ci dicono inoltre che il 40% dei malati soffre di deficit di attenzione e iperattività mentre il 25% dei pazienti soddisfa i criteri dei disturbi dello spettro autistico o del linguaggio e della comunicazioni correlati. Nel caso la patologia si accompagni ad anosmia o aplasia renale unilaterale, allora si parla di RXLI sindromica. La diagnosi differenziale si pone con l'ittiosi volgare, l'ittiosi congenita autosomica recessiva (ARCI) o ittiosi lamellare, la RLXI sindromica o deficit multiplo della solfatasi. La diagnosi si basa sui segni clinici e sulla storia familiare. La conferma arriva dalle analisi biochimiche e molecolari/citogenetiche. La RXLI può essere individuata in utero, quando si misurano i livelli materni di estriolo durante lo screening della sindrome di Down e di altre malattie. Anche in questo
caso non esiste una cura ma si possono alleviare i sintomi mediante l’uso di oli da bagno lubrificanti ed emollienti contenenti umettanti e cheratolici (urea, acido lattico e acido glicolico). Nei pazienti adulti, rappresentano un'opzione i retinoidi sistemici, a esempio durante l'inverno, quando l'ittiosi spesso si aggrava. Comunque anche se l’ittiosi continua per tutta la vita, l’ipercheratosi e la desquamazione possono migliorare con gli anni. Delle ittiosi congenite autosomiche recessive, tralasciando l’ittiosi arlecchino (vedi approfondimento), la più comune è quella Lamellare che ha una incidenza di un individuo ogni 100.000/1.000.000. Colpisce sin dalla nascita e il bambino si presenta spesso avvolto da una membrana di collodio (translucida, brillante e tesa che assomiglia a uno strato cutaneo aggiuntivo), con ectropion ed eclabium. Questa si stacca solitamente una o due settimane dopo la nascita, ren-
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dendo evidenti le squame che ricoprono tutto il corpo, che appaiono grandi, scure, simili a placche anche se in alcuni soggetti possono apparire più chiare e sottili. La cute solitamente presenta delle crepe dolorose e che danno prurito e nei punti più inspessiti può risultare poco sensibile. Altri sintomi comprendono: ectropion persistente e complicazioni oculari (cheratite, cicatrizzazione corneale), distrofia ungueale, alopecia cicatriziale, cheratoderma palmoplantare, ritardo della crescita, bassa statura, ipoidrosi con intolleranza al calore e sordità (da accumulo di squame nell'orecchio esterno). A causare la patologia sono delle mutazioni dei geni TGM1 (implicato nella formazione dell'involucro delle cellule epidermiche cornificate), ABCA12, ALOX12B e NIPAL4. Non è stata osservata una chiara correlazione genotipo-fenotipo. La diagnosi si basa sull'aspetto clinico della cute. Si possono effettuare test molecolari e la diagnosi differenzale si esegue con le forme sindromiche dell'ittiosi, l'ittiosi recessiva legata all'X e l'ittiosi volgare autosomica dominante nelle forme lievi, e la Eritrodermia Ittiosiforme Congenita (CIE) nel caso dell'eritrodermia. La diagnosi prenatale si basa sulle analisi del DNA con amniocentesi e prelievo dei villi coriali. L'ultrasonografia può identificare la membrana di collodio. La presa in carico si basa su appli-
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cazioni quotidiane di emollienti o cheratolitici.I retinoidi orali sono utili nelle forme adulte gravi. La malattia spesso resta stabile per tutta la vita, con periodi di esarcebazione, e ha un forte impatto sulla qualità della vita a causa dell'alterazione dell'aspetto fisico, dei sintomi invalidanti e delle limitazioni causate dalla malattia e dal trattamento. Va detto comunque che la maggior parte dei pazienti presenta dei fenotipi intermedi tra questa forma di ittiosi e la Eritrodermia Ittiosiforme Congenita (CIE) che è caratterizzata da eritrodermia. Questa forma si presenta in un caso ogni 200.00/ 1.000.000 di individui. Chi ne è affetto, presenta alla nascita squame solide bianchicce di dimensioni variabili associate alla ricordata eritrodermia. Anche in questo caso i bambini possono essere ricoperti da una leggera membrana di collodio che, una volta staccatasi, esita in placche ed eritrodermia. La cute è di solito soggetta a prurito e dolore e le squame in genere riducono la sensibilità. Si possono osservare altri segni clinici, di gravità variabile: ectropion persistente e complicazioni oculari correlate (cheratite, cicatrizzazione corneale), cheratoderma palmoplantare, alopecia, ritardo della crescita, bassa statura, prurito intenso, intolleranza al calore, distrofia ungueale e deficit uditivo. Anche in questo caso il principale responsabile della malattia sono le mutazioni in uno dei seguenti geni: TGM1, ABCA12, ALOX12B, ALOXE3, NIPAL4 e CYP4F22 e un locus sul cromosoma 12p11.2-q13. La diagnosi si basa sull'aspetto della cute. Alla nascita, le diagnosi differen-
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Ittiosi Epidermolitica
ziali si pongono con le altre cause di eritrodermia neonatale, successivamente, la diagnosi differenziale si pone con le forme sindromiche dell'ittiosi, l'ittiosi Arlecchino, l'ittiosi lamellare, l'eritrodermia ittiosiforme reticolare congenita e la sindrome da desquamazione cutanea (skin peeling). La diagnosi prenatale si basa sulle analisi del DNA con amniocentesi e prelievo di villi coriali. L'ultrasonografia può indivi-
gnificativo miglioramento con il passare del tempo, anche se la malattia spesso resta stabile durante la vita anche se la qualità non è delle migliori date le alterazioni dell’aspetto fisico. L’Ittiosi Epidermolitica, invece, è molto rara e si stima colpisca un individuo su un milione. La malattia è causata dalle mutazioni nei geni che codificano per le cheratine epidermiche soprabasali, che compromettono la formazione dei filamenti intermedi di cheratina nei cheratinociti soprabasali. I neonati presentano attorno alla nascita eritroderma generalizzato, formazione massiva di vescicole, lieve desquamazione ed erosioni superficiali della cute nelle sedi di traumatismi minori e nelle aree di flessione. Successivamente si sviluppano, di solito nei primi mesi di vita, placche ipercheratosiche di colore giallomarrone, spesso associate a un eritroderma. Con il passare del tempo, l'ipercheratosi peggiora, mentre la formazione delle vescicole in genere diminuisce, nonostante le possibili recidive successive ai traumi cutanei o nel corso dell'estate. L'ipercheratosi è di solito generalizzata, anche se alcuni
...la malattia è causata da mutazioni dei geni che codificano per i cheratinociti epidermici duare la membrana di collodio. La presa in carico si basa su applicazioni quotidiane di emollienti. Possono essere usati i cheratolitici, anche se spesso non sono tollerati. I retinoidi orali possono essere somministrati nelle forme gravi della malattia, anche se sono meno tollerati rispetto a quanto si osserva nell'ittiosi lamellare. La prognosi varia da lieve a grave (in particolare, nel periodo neonatale, per il rischio di sepsi). In alcuni pazienti è stato osservato un si-
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pazienti presentano lesioni cutanee limitate, in particolare sulle aree di flessione, sulla parte anteriore del collo, sulla parete addominale e nella regione interglutea. In alcuni pazienti è coinvolta la regione palmoplantare. La cute è spesso pruriginosa e maleodorante; possono insorgere sovrainfezioni cutanee. Altre caratteristiche sono l'ipoidrosi, la desquamazione del cuoio capelluto, la distrofia ungueale. Nei casi gravi si osserva un ritardo della crescita. L'EI persiste nell'età adulta con ipercheratosi di intensità ed estensione variabili. Una variante clinica è l'EI anulare (AEI) che mostra una distribuzione anulare delle squame eritematose policicliche, che di solito si sviluppano sul tronco e sulle estremità, e tende a risolversi spontaneamente. La diagnosi si basa sul quadro clinico e sull'esame istologico delle biopsie delle lesioni cutanee, che mostrano ipercheratosi con ortocheratosi, ipergranulosi e citolisi dello strato spinoso superiore e degli strati granulari (ipercheratosi epidermolitica). La microscopia elettronica evidenzia cheratinociti soprabasali associati ad agglomerati di filamenti intermedi di cheratina dalla forma irregolare. I test genetici confermano la diagnosi. Alla nascita, la diagnosi differenziale si pone con la necrolisi epidermica tossica, l'epidermolisi bollosa ereditaria, l'incontinentia pigmenti e l'infezione erpetica mentre, nelle fasi successive, si pone con le altre KI (Ittiosi Cheratinopatiche), come l'EI superficiale e l'ittiosi a istrice di Curth Macklin. Importante sapere che in caso di eventuale presenza di familiari malati è disponibile la
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diagnosi genetica prenatale. Il trattamento è sintomatico e si usano per lo più emollienti, anche se la loro efficacia è limitata. I cheratolitici topici o l'acitretina orale possono migliorare le lesioni ipercheratosiche nelle forme gravi, ma possono comportare effetti avversi, come la fragilità cutanea e il peggioramento delle vesciche. I lavaggi antisettici riducono la colonizzazione batterica e il cattivo odore delle superfici cutanee. La terapia antibiotica è necessaria in presenza di infezione batterica. La gravità della malattia è variabile. È innegabile che l'EI ha un forte impatto sulla qualità della vita e causare problemi a livello sociale, a causa dell'aspetto della cute, del dolore, del prurito, del cattivo odore e/o delle infezioni ricorrenti. L'EI può essere anche potenzialmente letale nel periodo neonatale a causa delle infezioni e/o della disidratazione. L’Ittiosi Epidermolitica Superficiale (SEI), invece è una patologia rarissima (si calcola che non colpisca più di 30 famiglie). I segni clinici della SEI sono simili, ma più lievi, rispetto a
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Ittiosi Epidermolitica Superficiale
quelli dell'ittiosi epidermolitica. La SEI si manifesta alla nascita o in epoca neonatale, con la formazione poco accentuata di bolle superficiali, più frequente sulle aree flessorie, sulle creste tibiali, sull'addome e sulle estremità. Dopo un paio di settimane, la cute comincia a staccarsi lasciando delle aree scoperte caratteristiche, con cute normale (cosiddetto fenomeno della muta/mauserung). Soprattutto sugli arti, sulla parte inferiore del tronco e sulle aree flessorie si sviluppa una lieve ipercheratosi variabile di colore grigio, ad andamento ondulato. La formazione delle vescicole si attenua con l'età, ma persiste durante l'infanzia
e, a volte, anche nell'età adulta, in risposta ai traumi, al calore o alla sudorazione eccessiva. Di solito non è coinvolta la regione palmoplantare, anche se possono essere presenti vescicole palmoplantari, di solito associate a iperidrosi. Non è presente un particolare odore corporeo. La SEI è causata dalle mutazioni nel gene KRT2, che codifica per la cheratina 2. Queste mutazioni alterano la formazione dei filamenti di cheratina e indeboliscono la stabilità strutturale del citoscheletro dei cheratinociti. La diagnosi si basa sull'esame clinico e istologico sulle biopsie delle lesioni cutanee, che rivelano acantosi, prominenza del-
lo strato granulare, alterazioni epidermolitiche negli strati spinoso superiore e granulare, iperortocheratosi e formazione intracorneale di vescicole. All'esame al microscopio elettronico, i cheratinociti dello strato granulare mostrano alterazioni strutturali dei tonofilamenti. L'analisi molecolare, quando disponibile, evidenzia mutazioni del gene KRT2. La diagnosi differenziale si pone con l'ittiosi epidermolitica, la sindrome della desquamazione cutanea, la sindrome della cute ustionata da Stafilocco e la dermatite atopica. Il trattamento è sintomatico. I cheratolitici topici blandi e gli emollienti possono essere usati per ridurre l'ipercheratosi. Inoltre, le basse dosi di retinoidi orali possono attenuare l'ipercheratosi, ma devono essere usati con cautela a causa dei loro effetti collaterali e della loro azione sull'aumento della fragilità cutanea. La terapia antibiotica è necessaria per trattare le infezioni secondarie. La SEI è di solito una malattia lieve. L'aspettativa di vita è normale e la qualità di vita non è gravemente compromessa.
Leucemia e talassemia: una speranza L'Associazione italiana registro tumori ha stimato che in 5 anni saranno 11mila i bambini e gli adolescenti che si ammaleranno di tumore e la maggior sarà parte colpita da leucemia. Una speranza potrebbe venire dalla tecnica sperimentale “Car-T”, messa a punto dal prof. Franco Locatelli, direttore del Dip. di Onco-Ematologia e Terapia Cellulare e Genica dell'osp. ped. Bambino Gesù di Roma e presidente del Consiglio Superiore di Sanità. La 'Car-T', grazie a una nuova tecnologia, utilizza le cellule del sistema immunitario dei bambini affetti da leucemia, per manipolarle geneticamente e renderle così capaci di riconoscere il tumore nell'organismo e attaccarlo per sconfiggerlo. Così il medico all’Agenzia Dire: “Stiamo assistendo a una rivo-
luzione biotecnologica con reverberi clinici di grande importanza, perchè oggi abbiamo la possibilità di trattare alcuni tumori, in particolare le leucemie linfoblastiche acute e i linfomi, con cellule proprie del paziente, geneticamente modificate, per essere reindirizzate sul bersaglio tumorale. Mentre sul versante delle patologie non oncologiche abbiamo oggi dei dati di grandi rilevanza per la cura della talassemia. Va però chiarito che per ogni tumore e per ogni malattia va identificato un target specifico. Non esiste una CarT universale, esistono Cart-T per una determinata patologia e in futuro magari cellule 'Car-Nk' (Car natural-killer) che potranno essere impiegate da uno stesso donatore per piu' pazienti".
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Il caso del piccolo Giovannino a Torino ha portato all’attenzione dei media questa rarissima genodermatosi
Ittiosi Arlecchino: rara e terribile
Ha suscitato grande scalpore la scorsa estate il caso del piccolo Giovannino, il bambino abbandonato a Torino subito dopo il parto, affetto dall’Ittiosi Arlecchino. Probabilmente, come detto anche dai medici che lo hanno preso in cura dopo il suo ritrovamento, a spingere i genitori a un gesto così amorale ha sicuramente contribuito l’aspetto del loro bebè e l’aspettativa di una vita sicuramente complessa al suo fianco. L’Ittiosi Arlecchino, infatti, è una genodermatosi rara, che colpisce meno di un individuo su un milione, caratterizzata da anomalie nell’aspetto fisico talmente evidenti, da poter anche spaventare. Dovuta a mutazioni recessive a carico del gene ABCA12, viene definita in questo modo in quanto la pelle di chi ne è affetto appare come suddivisa in grosse placche romboidali dure che possono ricordare, in modo lugubre, la famosa maschera della tradizione carnevalesca italiana. Conosciuta anche come “Feto Arlecchino” dato che i bimbi che ne sono colpiti, nella maggior parte dei casi, sono prematuri, questo tipo di Ittiosi fa la sua comparsa alla nascita. Il neonato appare ricoperto da una membrana di collodio, translucida, brillante e tesa, associata a placche a corazza diffuse su tutto il corpo, che ne limitano in maniera sostanziale il movimento. Sul viso sono preseniti ectropion (la palpebra inferiore è ruotata verso l'esterno), edema congiuntivale, eclabium (rotazione verso l'esterno del labbro), sinechie dei padiglioni auricolari (le cosiddette orecchie appiattite) e naso ampio. Inoltre, di frequente, il piccolo presenta contratture, sinechie delle dita dei piedi con potenziale rischio di autoamputazione. Si tratta di una patologia spesso mortale nel periodo
neonatale, in quanto i bambini possono presentare sin dal primo momento gravi disregolazione della temperatura, problemi alimentari, disturbi respiratori e infezioni. I (pochi) neonati che sopravvivono hanno un'attesa di vita normale ma la qualità è pessima: possono sviluppare interessamento degli occhi, associata a ectropion persistente, ritardo nel raggiungimento delle tappe miliari dello sviluppo, in particolare motorio e sociale. In questi soggetti, solitamente la membrana di collodio che li ricopre si stacca dopo poche settimane dalla nascita e si trasforma in una eritrodermia con desquamazione grave. Nella maggior parte dei casi oltre alla ittiosi possono essere presenti un cheratoderma palmoplantare, ritardo della crescita, bassa statura, malformazioni delle orecchie e delle dita, anomalie ungueali e alopecia. La diagnosi si basa sull'esame clinico, mentre quella differenziale si fa inizialmente con le forme meno gravi di collodium baby e, in seguito, si pone con l'eritrodermia ittiosiforme congenita (CIE), la dermopatia restrittiva letale, l'ialinosi sistemica infantile e la sindrome di Neu-Laxova. L'esame ultrastrutturale della cute mostra corpi lamellari anomali e, nello strato corneo, una secrezione ridotta dei granuli lamellari. Nei casi a rischio è indicata la diagnosi prenatale che ormai ha sostituito le biopsie della cute fetale. Dall'ultrasonografia si evidenziano invece desquamazione diffusa, contratture delle dita, padiglioni auricolari rudimentali e appiattiti, ipoplasia del naso, rime palpebrali estroflesse, bocca tipica da pesce, bocca aperta nella vita fetale e macroglossia. Discorso a parte merita la presa in carico del paziente. Fondamentale un approccio multidisciplinare nelle prime ore di vita, dato che è richiesto l’interessamento di oftalmologi, chirurghi, dietologi. Può essere utile anche un supporto psicologico per i genitori e i famigliari del piccolo. In alcuni casi potrebbe essere necessaria anche la gastrostomia. Più difficile parlare di una cura. Come per le altre ittiosi, non esistono terapie efficaci e l’unica possibilità è quella di alleviare le sofferenze del paziente tentando di ridurre la sintomatologia con l’applicazioni di emollienti fino a tre volte al giorno su tutto il corpo, di cheratolitici e attraverso l’assunzione di retinoidi orali (1mg/kg/d). Concludiamo ricordando che in Italia, il punto di riferimento più attivo per i pazienti è l'Unione Italiana Ittiosi (www.ittiosi.it - uniti-ittiosi@pec.it).
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Anche sul web la rivista dermatologica piĂš letta in Italia
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Un nuovo episodio di un bimbo di due anni con genitori vegani ricoverato in ospedale per malnutrizione
I danni della dieta vegana durante lo sviluppo di Giovanni Diana
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ra i temi più dibattuti e controversi sui giornali, nei talk show televisivi, ma anche nelle case delle persone comuni e sul web, spicca nell’Italia contemporanea la polemica sulla dieta vegana e sui suoi pro e contro. Naturalmente, l’argomento è molto divisivo e vede contrapposti due schieramenti agguerriti, i cui sostenitori si accaniscono l’uno contro l’altro anche con toni e maniere piuttosto accesi. In effetti, parliamo di due filosofie nutrizionali antitetiche e di un dibattito in cui le due fazioni sposano cause e idee diametralmente opposte. La via di mezzo, infatti, in questo caso non esiste, tertium non datur. Se poi si pensa che spesso la sede del dibattito sono i blog e le piattaforme digitali del web, è facile immaginare come uno scambio di visioni si trasformi in una vera e propria zuffa in cui ne volano di tutti i colori. Di recente, si è verificato nel nostro Paese un episodio che ha destato sconcerto e scosso l’opinione pubblica sull’argomento della dieta vegana. Parliamo del caso di Marco,
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Il tipo di alimentazione è importante anche durante la gravidanza per evitare rischi...
il bimbo di nemmeno due anni di Nuoro, figlio di genitori vegani, ricoverato nel settembre 2019 all’ospedale San Francesco del capoluogo sardo per denutrizione. I medici che lo hanno visitato lo hanno trovato in uno stato di magrezza estrema, emaciato, stanco e senza forze. “Noi siamo vegani e lo è anche lui”, avrebbero dichiarato ai medici la mamma e il papà. Dopo aver effettuato gli esami ematologici necessari a escludere la presenza di malattie o batteri, tutti con esito negativo, la diagnosi dei dottori è stata chiara e inequivocabilo dopo accurata bollitura per evitare infezioni batteriche le: denutrizione. Anche quali l’Escherchia coli. “Frutta e verdura sono ammesse nelse non è da escludere la dieta, ma occorre lavare e sbucciare la frutta e lavare un fattore genetico, è accuratamente la verdura”. Da evitare le bevande alcolimolto probabile che il che poiché l'alcool può arrecare gravi danni al bambino e bimbo si sia ridotto così a causa della dieta finanche causare aborto e dal momento che la quantità crivegana cui i suoi genitica sembra individualmente diversa, è meglio astenersi tori lo hanno sottopocompletamente. La caffeina in grandi quantità può anche sto, poco ricca di tutte influenzare lo sviluppo del bambino e il peso alla nascita. E le proteine fondamenquando il bambino è nato, cosa devono fare le neo mamtali nell’età dello svilupme per garantire al proprio figlio il migliore allattamento? po. Il piccolo è rimasto “Le mamme non devono seguire una dieta specifica. È pericoverato nel reparto rò consigliabile l’assunzione di proteine, lipidi e glucidi, oldi Pediatria per qualche tre a frutta fresca e verdure. È inoltre fondamentale bere giorno e sottoposto a almeno 2 litri e mezzo di acqua al giorno, mentre sono da tutte le cure necessaevitare il fumo, i superalcolici e la birra e non bisogna surie. Dopo aver monitorato intensamente le perare le due tazzine di caffè al giorno. Per il benessere del sue condizioni nei primi lattante sarebbe meglio dire ‘no’ anche a selvaggina, frutgiorni, i medici hanno ta secca, crostacei, fragole, arachidi e cioccolata ed evitare approntando un percavoli, aglio, cipolle, pepe e peperoncino”. corso nutrizionale idoneo allo sviluppo di un
La dieta della mamma durante la gravidanza e l’allattamento La donna in stato interessante nutre il nascituro dal suo sangue attraverso il cordone ombelicale. Occorre, quindi, porre un’attenzione estrema all’equilibrio nutrizionale durante il periodo di gestazione. Infatti, se durante la gravidanza un aumento di peso è fisiologico, in alcuni casi, quando questo aumento risulta eccessivo, si può andare incontro a vari problemi. “Per il sano sviluppo dell’embrione - ricorda la Dottoressa Daniela Galliano, Direttrice del Centro IVI (Istituto Valenciano di Infertilità) di Roma - si consiglia una dieta estremamente varia evitando quei cibi che possono aumentare il rischio di toxoplasmosi, quali pesce crudo, molluschi, crostacei, carni poco cotte e anche insaccati, pollame e selvaggina. Al contrario sono indicati carne ben cotta e pesci delicati come sogliola e merluzzo al vapore”. Per le uova e il latte le raccomandazioni consigliano di consumare le prime ben cotte e con il tuorlo ben addensato al fine di evitare il rischio di salmonellosi. Si deve poi assumere il latte so-
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bimbo di quell’età e, pur non svalutando a priori la dieta vegana e/o quella vegetariana, sono stati concordi sul fatto che entrambe sono inadatte per la fase dello sviluppo. È noto, infatti, che in questo periodo una corretta nutrizione del bambino prevede la presenza di latte, uova e di tutti quegli alimenti ricchi di vitamina B12, oltre che ferro e omega 3. Quello del piccolo Marco, putroppo, non è stato il primo caso di un bambino in età pediatrica ricoverato per malnutrizione a causa di regimi alimentari imposti loro fin dai primissimi mesi da genitori vegani o vegetariani. Si tratta anzi di una circostanza che si è verificata con una certa frequenza negli ultimi anni. A seguito di questo caso è in-
tervenuta a fare chiarezza anche l’Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi), i cui esperti hanno detto che “la dieta vegana è sconsigliabile in età pediatrica, in quanto priva di vitamina B12, carente di ferro, vitamina D e calcio. La carenza di questi nutrienti può determinare alterazioni dello sviluppo neurologico del bambino, oltre che gravi anemie”. Un discorso analogo può essere applicato anche agli adulti, ma a correre i rischi maggiori e a pagare le spese peggiori sono chiaramente i bambini in fase di sviluppo, i quali hanno esigenze nutrizionali particolari che richiedono più cura e attenzione. “Il nutrimento è importante anche in gravidanza, per cui le donne vegane - spiega Giuseppe Malfi, prersidente Adi - devono essere informate dai dottori e dal personale medico dei rischi che corrono in prima persona e che fanno correre al feto con le proprie scelte nutrizionali. E devono sapere anche che tali rischi ne comportano altri durante l’allattamento e lo svezzamento del bimbo. In questo senso è fondamentale che il pediatrta di famiglia individui i soggetti a rischio e, laddove ne riscontri la necessità, si rivolga a uno specialista. Il vero problema legato alla dieta vegana/vegetariana somministrata ai bambini nei primi anni di vita è che alcuni genitori fanno di testa propria, pen-
L’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica sconsiglia questa dieta
La missione dell’Italian Institute for Planetary Health Il 50% dei casi di morte o di disabilità nel mondo dipende da un'alimentazione con troppo sale, poca verdura e poca frutta e il 30% dei tumori potrebbe essere prevenuto con dieta e stili di vita sani. Si sa però, per esempio, che i pomodori San Marzano inibiscono l'angiogenesi dei tumori e il resveratrolo contenuto nel vino rosso fa bene al cuore, salvo che a un 30% della popolazione che ha la variante di un gene che annulla questa proprietà. Lo ha detto oggi Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto Mario Negri di Milano, facendo notare che "nessuno, finora, ha promosso ricerche scientifiche con l'obiettivo di identificare i nutrienti che hanno maggiore impatto sulla longevità e sulla salute della popolazione e dei singoli individui". E' quanto invece si ripromette di fare l'Italian Institute for Planetary Health' (Iiph), progetto dal respiro internazionale frutto dell'unione fra il 'Mario Negri' e l'Università Cattolica, con la partecipazione di Vihtali, spin off della Cattolica per promuovere ricerca sui servizi sanitari. A presiedere Iiph sarà Carlo Salvatori, presidente di Lazard Italia e Aviva Ita-
lia; vicepresidenti lo stesso Remuzzi per il 'Mario Negri' e Walter Ricciardi - per anni presidente dell'ISS - per l'Università Cattolica, dove è Ordinario di Igiene, oltre a essere membro in Ue del 'Mission board for cancer' e recentemente entrato nel comitato scientifico di Human Technopole. I primi progetti - dice Remuzzi - vedono ricercatori impegnati sullo studio di fattori che incidono sull'invecchiamento in salute, partendo dalla mappatura dell'Italia (culla della Dieta mediterranea) con analisi dai punti di vista genetico, biologico, molecolare, epidemiologico e ambientale. Queste analisi saranno ampliate a livello internazionale con comparazioni col Giappone che vanta come l'Italia un'elevata longevità ma con abitudini alimentari molto diverse. "Esamineremo - dice Ricciardi - differenti modelli alimentari con l'impiego delle migliori tecnologie (genomica, intelligenza artificiale) per sapere quante sostanze ci sono negli alimenti più comuni (ad esempio quanto residuo di pesticidi), con attenzione ai cibi meno costosi, consumati dai più poveri, perché sono soprattutto loro che mangiano male".
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sando di eliminare di netto alcune categorie di alimenti senza poi controbilanciare correttamente la dieta. Un altro problema è che la maggior parte di essi si rivolge al dottor google, piuttosto che a uno specialista, anche per strutturare la dieta dei propri bimbi, trascurando il fatto che nessun percorso nutrizionale è adattabile a tutti e che ogni soggetto ha bisogno di una dieta personalizzata che solo un esperto può decidere. In realtà la dieta vegana può essere adottata dai bambini piccoli senza correre rischi, sebbene i nutrizionisti la sconsiglino fortemente prima dei 5-6 anni di vita, purché, appunto, si venga seguiti da un esperto e che la situazione venga monitorata costantemente. In realtà, sia la dieta vegana che quella vegetariana sono molto delicate e necessitano di molta attenzione e soprattutto di competenze per essere riequilibrate nella maniera corretta visto che si basano sull’esclusione di alcuni cibi e di conseguenza dei loro nutrienti. La maggior parte degli esperti è concorde nel consigliare per i più piccoli una dieta onnivora, anche per abituarli a mangiare tutto e consentire loro, in un secondo momento, di poter fare le proprie scelte nutrizionali con consapevolezza. In conclusione è importante soffermarsi sui sintomi che ci permettono di affermare che un bambino probabilmente ha delle carenze nutrizionali
dovute alla dieta. Sicuramente il segno principale di una denutrizione si trova nel mancato o ritardato sviluppo psico-fisico, nella fragilità delle ossa, nella forte mancanza di tono muscolare, anemia e problemi gastrointestinali. Esiste poi una sintomatologia di tipo dermatologico. La pelle si presenta pallida, assottigliata e secca, oltreché poco elastica. Il cuoio capelluto e i capelli appaiono anch’essi secchi e questi ultimi piuttosto fragili e diradati. Nei casi più gravi possono inoltre apparire depigmentazioni, punti rossi e macchie o chiazze di colore rosso (classico sintomo della pellagra, causata in primis dall’assenza di Vitamina B3).
La pelle si presenta pallida e secca oltreché assottigliata e poco elastica
Denutrizione e malnutrizione
La dieta per farlo nascere
La definizione di malnutrizione data dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) è:” Uno stato di squilibrio, a livello cellulare, fra il rifornimento di nutriente e di energia - troppo scarso o eccessivo - e il fabbisogno del corpo per assicurare il mantenimento, le funzioni, la crescita e la riproduzione”. La malnutrizione intende quindi sia l’eccesso che il difetto nell’assunzione dei nutrienti necessari. La denutrizione è strettamente connessa alla malnutrizione poiché si riferisce a uno stato di nutrizione insufficiente, protratto per lungo tempo. La mancanza di un apporto proteico, minerale, vitaminico ed energetico può portare quindi a uno stato di forte denutrizione e mettere a rischio la vita dei bambini. (Fonte: https://www.savethechildren.it/)
Le donne che cercano una gravidanza dovrebbero aumentare il consumo di cereali integrali, acidi grassi omega-3, pesce e soia e ridurre il consumo di grassi trans e carne rossa. Inoltre, un multivitaminico giornaliero che contenga acido folico da assumere prima e durante il periodo della gravidanza può non solo prevenire i difetti alla nascita, ma anche migliorare le possibilità di raggiungere e mantenere la gravidanza stessa. Sono i risultati della review pubblicata su “Fertility and Sterility” di settembre che si concentra sull’evidenza della letteratura epidemiologica riguardo le relazioni tra fattori nutrizionali chiave e la fertilità femminile. Dalla review emerge che, invece, vi sono prove limitate a sostegno di un’associazione tra la vitamina D e la fertilità nonostante si siano registrate promettenti risultati da studi condotti su non umani.
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Una patolgia che colpisce principalmente le adolescenti ma può fare la sua comparsa anche nell’infanzia
Ulcera di Lipschutz: una patologia rara e dolorosa di Dario Di Vito
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ra il 1912 quando Benjamin Lipschutz, un dermatologo e batteriologo viennese, prendendo in esame quattro casi di ragazze tra i 14 e i 17 anni, descrisse per la prima volta i sintomi di una malattia infantile che da allora in avanti sarebbe diventata nota come ulcera di Lipschutz (UL). Il medico austriaco stava indagando la comparsa di ulcere genitali acute di origine non venerea in bambine e giovani adolescenti sessualmente inattive. Fu così che individuò e descrisse per primo i tratti di una patologia rara che colpisce soprattutto le giovani donne e che ancora oggi è sotto-diagnosticata nella popolazione pediatrica perché poco conosciuta. Attualmente sotto il termine Ulcera di Lipschutz rientrano erroneamente tutta una serie di problematiche, quali l’ulcera genitale acuta, l’ulcera genitale venerea, l’ulcus vulvae actum, l’ulcera vulvare acuta e l’ulcera aftosa primaria. In realtà oggi è da tutti acettato che questa definizione si riferisca solo alle ulcere genitali di origine non venerea. L’incidenza esatta dell’UL è sconosciuta e diversi studi riportano un’età media che si aggira intorno ai 16 anni. Le sue manifestazioni principali sono le ulcerazioni localizzate sulla zona vaginale (piccole e grandi labbra, orifizio vaginale, forchetta vulvare e vestibolo), ma la sindrome scoperta da Lipschutz presenta anche sintomi sistemici che solitamente precedono la comparsa delle piaghe di un paio di giorni e sono: febbre superiore ai 38 gradi, tonsillite, linfoadenopatia, odinofagia (dolore nella deglutizione), cefalea, aftosi orale nella metà dei
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pazienti e diarrea. Le ulcere genitali possono essere singole o multiple e hanno una grandezza che va da 1 mm a 2,5 cm. Ai bordi mostrano una colorazione rosso-violacea e possono essere accompagnate da adenopatie inguinali. Basandosi sulla casistica clinica più comune si possono descrivere due forme con cui si presentano le ulcerazioni: una cancrenosa, caratterizzata da ulcere iperacute, profonde, dal colore bianco grigiastro che scompaiono lasciando cicatrici. Tale forma si associa a manifestazioni di tipo sistemico ed è la più frequente. La seconda tipologia invece presenta ulcere fibrinose, più superficiali, purulente con alone eritematoso ridotto. Solitamente non si associa a una tipologia sistemica e guarisce rapidamente in un lasso di tempo che va da una a quattro settimane senza recidiva. La sintomatologia può riscontrarsi anche in corso di infezioni da ureaplasma (famiglia mycoplasmatacae), della febbre tifoide e paratifoide e dell’HIV. I prodromi sistemici sono del tutto simili ai sintomi influenzali e alle manifestazioni sintomatiche della mononucleosi. L’UL non è una malattia contagiosa e di solito guarisce in maniera spontanea in un arco di tempo che va dalle due alle sei settimane senza lasciare cicatrici. Ma visto che i sintomi sono praticamente gli stessi di altre malattie, come effettuare una diagnosi corretta? Iniziamo col dire che trattandosi di una patologia piuttosto rara difficilmente vi capiterà di incrociarla nella vostra pratica lavorativa quotidiana. Nel caso aveste dei dubbi, comunque, va ricordato che anche se la fascia anagrafica più colpita, come detto, è quella che attraversa la seconda e la terza decade di età, si sono registrati casi prematuri in cui l’ulcera si è manifestata a partire già dai primi 2 mesi di vita, come evidenziato nello studio “Lipschutz ulcers: a literature review based on 79 cases” condotto da Balaji Govindan del Medical College di Salem in India e
...esistono due forme di ulcera di Lipschutz: una cancrenosa e una con ulcere fibrinose...
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smissione sessuale. Inoltre, nonostante l’eziologia e la patogenesi dell’ulcera di Lipschutz siano ancora poco conosciute, le più recenti scoperte scientifiche hanno dimostrato una sua correlazione con le malattie infettive, principalmente di tipo virale e batterico. Sulle cause scatenanti dell’UL la scienza medica è rimasta all’oscuro fino agli anni Sessanta. A inizio secolo lo stesso Lipschutz aveva ipotizzato che la patologia che porta il suo nome fosse dovuta a un’auto-inoculazione del bacillus di Doderlein. Questa ipotesi è stata successivamente superata dopo che nuove evidenze hanno dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità tra l’ulcera di Lipschutz e alcune patologie come il virus di Epstein-Barr (EBV), il citomegalovirus (CMV), la parotite, la salmonella, il Mycroplasma pneumoniae e il Mycroplasma fermentans. In pratica una reazione ipersensibile alle infezioni batteriche e virali porterebbe alla deposizione di immunocomplessi nel tessuto dermico che a sua volta attiverebbe il sistema di completamento, portando alla formazione di trombosi e quindi alla necrosi del tessuto. Altri studi ipotizzano che anche l’uso di droghe possa essere uno
...si era ipotizzato che l’ulcera di Lipshutz fosse dovuta al bacillo di Doderlein... pubblicato sulle pagine dell’European Medical Journal (agosto 2016). Tornando alla diagnosi, il punto di partenza è sicuramente un’accurata analisi volta a differenziare il quadro di riferimento dalle altre forme di ulcera genitale acuta di tipo infettivo venereo (sifilide, herpes, linfogranulomavenereo), non venereo (virus di Epstein-Barr, citomegalovirus, brocella) e di tipo non infettivo (malattia di Crohn, sindrome di Behcet, pemfigo vulvare, eritema multiforme, afte idiopatiche, lichen sclerosus). Sono stati anche descritti una serie di criteri diagnostici negativi che includono la mancata evidenza clinica di afte ricorrenti e l’assenza di malattie a tra-
Il virus di Epstein-Barr?
L’ulcera molle o cancroide
Il virus di Epstein-Barr (EBV) è un gamma-herpesvirus ubiquitario e fu scoperto negli anni Sessanta dai ricercatori Michael Anthony Epstein e da Yvonne Barr che lo individuarono nel linfoma Burkitt. L’EBV è responsabile della mononucleosi infettiva e più di recente si è scoperto uno suo ruolo nel possibile sviluppo del carcinoma nasofaringeo e di altre sindromi in soggetti immuno-compromessi. L’infezione da EBV può essere sia latente che di tipo replicativo, è diffusissima (90-95% della popolazione) e si trasmette facilmente attraverso la saliva e le secrezioni della faringe. Sebbene nella maggior parte dei casi sia asintomatica, in alcuni soggetti può causare malessere generale, astenia, faringite, linfoadenopatia cervicale e febbre. Chi ne è infetto lo sprigiona per tutto il corso della sua vita e per trasmetterlo basta condividere un bicchiere, una forchetta, del cibo, un bacio, ecc. Negli Usa l’80% degli studenti che vanno al college sono sieropositivi o lo diventano in questo lasso di tempo.
Si tratta di una Infezione sessualmente trasmissibile provocata da un batterio chiamato Haemophilus ducrey. Molto rara in Italia, è più frequente in Africa e in pochi altri Paesi: si contano 7 milioni di casi l’anno in tutto il mondo. Si presenta con ulcere molto dolenti ai genitali, talvolta con ingrandimento dei linfonodi inguinali. Si può osservare anche dolore all’ano e sanguinamento; inoltre l’uomo può avere perdite uretrali e la donna perdite vaginali. Tra le complicanze, la formazione di fistole. Questo tipo di ulcera aumenta fino a 7 volte il rischio di acquisire o trasmettere il virus dell’HIV durante un rapporto sessuale non protetto. Difficile la diagnosi in quanto può sembrare identica all’herpes o alla sifilide; tuttavia in centri specializzati può essere confermata da esami speciali fatti sul liquido che trasuda dalle ulcere. La cura è a base di antibiotici e si guarisce in circa due settimane.
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fettuata. In ogni caso, non sempre si individuano patogeni responsabili del quadro clinico, né si riconoscono caratteristiche riconducibili ad altre patologie che giustifichino la comparsa delle lesioni della vulva. Per quanto riguarda la valutazione istopatologica, la biopsia della pelle spesso non è necessaria perché nella maggior parte dei pazienti non rivela la presenza di particolari infiltrati infiammatori. Dopo averla diagnosticata, cosa prescrivere per trattare l’ulcera di Lipschutz? L’approccio è principalmente atto a ridurre e ad alleviare la sintomatologia. La cura consiste in trattamenti che smorzano il dolore e includono la somministrazione di analgesici topici, antibiotici e steroidi. La somministrazione di antibiotici di ampio spettro si è rivelata particolarmente efficace nella terapia delle forme cancrenose. Nel caso vi capiti di trattare una paziente affetta da UL, andrebbe spiegato a lei e ai suoi parenti che nonostante il dolore acuto delle ulcere, si tratta comunque di una malattia benigna. In caso di forte dolore può essere necessaria l’ospedalizzazione con catetere vescicale per scongiurare il rischio di una ritenzione urinaria secondari.
...la terapia è atta principalmente a ridurre i sintomi e alleviare il dolore... dei fattori scatenanti, sebbene piuttosto raro. Per quanto riguarda gli esami complementari da realizzare durante il processo diagnostico, essi sono: l’analisi del sangue, della velocità della sedimentazione globulare, l’analisi biochimica sanguinea, del citomegalovirus, della brocella, dell’HIV, della sifilide, la serologia dell’EBV, l’emocoltura e la coltura delle feci, il rilevamento di un campione dell’essudato della lesione genitale con la PRC e l’acquisizione diretta dell’antigene per la Chlamydia Trachomatis. Una volta escluse le patologie veneree, le malattie infiammatorie e quelle di tipo sistemico, la diagnosi dell’ulcera di Lipschutz può essere ef-
Aftosi bipolare o di Neumann
Ulcere veneree: la Donovanosi
L’aftosi bipolare, nota anche come afta di Neumann, è una forma lieve della malattia di Behçet, caratterizzata dalla comparsa simultanea di afte nella cavità orale esui genitali. La sindrome di Behçet è una malattia cronica infiammatoria che colpisce sia uomini che donne prevalentemente in giovane età. A livello clinico si manifesta con le suddette afte bipolari ma può interessare anche la cute con eritemi nodosi e follicoliti, le articolazioni, gli occhi (panuveite e vasculite retinica) e procurare trombosi e conseguenze neurologiche Queste ultime riguardano dal 20 al 40% dei malati e affettano il tronco dell’encefalo con lesioni, e la sfera extraparenchimale con aneurismi cerebrali. A livello sintomatico le afte buccali sono la manifestazione più freqquente mentre quelle genitali sonomeno comuni. La malattia è ancora oggi difficile da diagnosticare poiché non esistono test o marcatori specifici che permettano un’anamnesi precoce.
Più conosciuta come granuloma inguinale o venereo, la donovanosi è una patologia rara cronica e progressiva causata dal batterio Calymmatobacterum granulomantis. Nel mondo occidentale (Europa e Stati Uniti) ha una incidenza molto bassa, ma il disocrso cambia se ci spostiamo in Paesi quali Papua Nuova Guinea, Brasile, Sud africa e Australia, dove è più frequente. La donovanosi si trasmette tramite i rapporti sessuali (anche orali) seppur con una trasmissibilità piuttosto bassa. Perciò la raccomandazione per chi viaggia nei Paesi più colpiti è quella di seguire sempre le pratiche di sesso sicuro o, maeglio ancora, di astenersi dal praticarlo. I sintomi sono una infezione iniziale cui fa seguito la comparsa di ulcere carnose di colore rosso scuro, solitamente non dolorose, ma che possono portare a sanguinamento e perdurare anche anni lasciando brutte cicatrici. La diagnosi rimane complicata da effettuare e la cura più efficace è un percorso a base di antibiotici che dura da 3 a 4 settimane.
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Esistono decine di alterazioni del capello e dei peli che possono impensierire il genitore, parliamo delle piĂš evidenti
Capelli impettinabili? Forse la causa è genetica tricologia / la Pelle baby 22
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i sono patologie dovute a difetti genetici che si manifestano attraverso alterazioni e fragilità del fusto del capello. Forme più o meno rare, ma che i medici dovrebbero saper spiegare a genitori ansiosi e preoccupati. Un antico proverbio recita che “chi ha i capelli ricci li vorrebbe lisci, e al contrario chi li ha lisci li desidererebbe ricci”. Un modo di dire che fa il paio con: l’“erba del vicino è sempre più verde”. Soprattutto fra donne le lamentele sono infinite e spesso si finisce per dimenticare che il “mondo è bello perchè è vario”. Luoghi comuni a parte, il tanto vituperato fusto del capello , oltre che variamente ondulato o mica dominante ad alta penetranza ed nodi, mentre a livello degli internodi inevitabilmente vittima della forza di espressività variabile, associata ad au(quei restringimenti affusolati fra nodo gravità e dunque dritto come uno spamentata fragilità. Può colpire anche i e nodo) sarà facile assistere a fratture, ghetto, può essere vittima di diverse peli dei distretti cutanei ed è carattele cosiddette clasie. Alcune volte viene anomalie. Si tratta di fratture, di arricrizzata dall’alternanza di nodi ellittici coinvolto dalla malformazione tutto ciamenti, o di alterazioni della regolarità (di 0,7 fino a 1 mm di lunghezza) e rel’apparato pilifero; altre volte può es(traumatiche o patologiche) associate o stringimenti vari. Essi fanno assumere sere interessata solo una piccola pernon associate ad aumentata fragilità al fusto un aspetto simile a un rosario centuale dei capelli, anche meno del del capello. Osservando un campione o a una collana (da qui il nome moni5%, per cui spesso la diagnosi diventa di capelli a secco, con microscopio otletrix, dal latino “monile”). Al microscodifficoltosa. Molto simile è lo pseudotico a luce trasmessa, o in alternativa, pio si potrà osservare un’assenza di moniletrix, in cui i rigonfiamenti del per un’analisi più accurata, in immermidollo proprio in corrispondenza dei fusto, gli pseudopodi, risultano di disione con olio ottico, o ancora con mimensioni irregolari, con le croscopio in luce polarizzata cellule cunicolari conserper lo studio dell’architetvate, disposti a distanza tura nel particolare del fuvariabile e con tratti insto, si possono individuaLa pediculosi anche quest'anno è iniziata verso la metà di ottobre e ha raggiunto termedi, gli pseudointerre varie situazioni che il suo culmine a novembre. Si stima che entro la fine dell'anno scolastico ne saranno nodi, privi di scanalature. esulano, spesso curiosaPassiamo a un’altra conmente, dalla normalità. Si colpiti un milione e mezzo di alunni. Contrariamente a quel che si pensa, però, tadizione la cui definiziotratta di anomalie facilgliare i capelli per evitare possibili contagi è un errore. Secondo il pediatra di Mine può creare della conmente riconoscibili da lano Italo Farnetani, come riportato da AdnKronos: "i fusione. Spesso sentiaparte del dermatologo capelli non vanno tagliati. Il pidocchio del capo è un pamo dire da qualcuno che esperto in tricologia, ma rassita estremamente fragile e la presenza dei capeli suoi capelli non si pettiche potrebbero balzare li è in realtà la prima barriera per evitare l'annidanano con facilità, che anagli occhi di un genitore mento. Inoltre è bene ricordare che la pediculosi non zi sono impettinabili. Atattento, e che certo non è un segno di sporcizia o mancanza di igiene, ma sotenzione a non cadere sfuggono ai pediatri più lo di sfortuna: il bambino ha incontrato una persona che era stata infestata a sua nel tranello: in tricologia, esperti. Una delle più covolta dai pidocchi". Nel caso di contagio, quindi, mano ai pettini fitti e ai prodotti spequando si parla di capelmuni è il moniletrix, cifici che risultano più efficaci di qualsiasi altro tradizionale rimedio casalingo. li impettinabili ci si riferiun’alterazione genetica di sce alla denominazione sviluppo del fusto, eredilatina, pili trianguli et catata con modalità autoso-
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Allarme pidocchi? Non rasate i capelli
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naliculi o in inglese spun-glass hair, un’anomalia a insorgenza a volte sporadica e a volte familiare, con trasmissione autosomica dominante a penetranza incompleta. Essa porta a un’alterazione morfologica del fusto del capello, che presenta una sezione di forma triangolare o reniforme e una superficie appiattita che riflette le radiazioni luminose. Tutto questo fa sì che i capelli, solitamente di colore biondo, bianco-argento o paglierino, abbiano un aspetto leggermente ondulato e ri-
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sultino sempre gonfi, sollevati dalla testa, poichè impossibili da domare, o semplicemente da appiattire, anche con l’aiuto della spazzola. Si tratta di una situazione che si presenta soprattutto nei bambini di 2-3 anni e che tende a migliorare spontaneamente con la crescita, in qualche caso con l’aiuto di una terapia a base di zinco o biotina. È possibile ricondurre le cause dell’insorgenza di capelli impettinabili a un’irregolare cheratinizzazione della guaina epiteliale, che in qualche punto diviene
precocemente troppo rigida. Ma non finisce qui. Ci sono poi i rari pili annulati, cioè capelli con fusti che, pur forniti di una cuticola regolarmente strutturata, si presentano a bande chiare e scure alternate causate dalla presenza di microbolle d’aria che si formano fra le cellule della corticale. L’ipotesi più accreditata è che la formazione di questa particolare anomalia, non associata ad aumentata fragilità, avvenga conseguentemente alla diminuzione o all’eccessiva degradazione delle macrofibrille cheratiniche. Sono documentati casi di pili annulati anche sotto le ascelle. Gli pseudopili annulati, a differenza dei precedenti, non hanno difetti corticali, ma presentano una torsione parziale dei fusti, con conseguente sezione non perfettamente circolare. Questo non consente una riflessione omogenea della luce e provoca quello che è solo un effetto ottico di apparenti bande chiare e scure in successione, effetto che scompare se i capelli vengono adagiati su una piano illuminato. Ci sono poi casi in cui anche gli arricciamenti del fusto danno luogo ad altri tipi di malformazione: primi fra tutti i capelli lanosi, che appaiono an-
Il bambino è depresso e perde i capelli? Una soluzione viene dallo sport È ormai assodato che utra le possibili cause della perdita di capelli vi siano l’eccessivo stress e la depressione. Una soluzione, efficace soprattutto da bambini o quasi, potrebbe essere quella di praticare dello sport. Che si tratti di calcio, rugby, pallacanestro o atletica, infatti, la partecipazione ad uno sport di squadra comporterebbe una minore propensione alla depressione nei teenager. Addirittura, lo sport provocherebbe una modificazione nella struttura del loro cervello. Questo, almeno, è quanto emergeda uno studio pubblicato sulla rivista Biological Psychiatry: Cognitive Neuroscience and Neuroimaging. I suoi autori, i ricercatori della Washington University di St. Louis, negli Usa, hanno condotto una valutazione prendendo in esame un campione di 4.191 bambini tra 9 e 11 anni. I genitori dei soggetti arruolati per lo studio, hanno fornito in-
formazioni sulla partecipazione dei loro figli a sport o altre attività e su eventuali sintomi depressivi. I bambini sono stati poi sottoposti a scansioni cerebrali che hanno fornito dati sul volume del loro ippocampo, area del cervello importante per la memoria ma anche per l'umore. Come evidenziato da Lisa Gorham, tra le autrici dello studio: "Abbiamo scoperto che il coinvolgimento nello sport, ma non in attività come la musica o l'arte, è correlato a un aumento del volume dell'ippocampo e alla riduzione della depressione nei giovanissimi". Queste relazioni erano particolarmente forti in chi faceva parte di squadre scolastiche e associazioni sportive rispetto a chi aveva un impegno più informale nelle attività fisiche, forse grazie alla maggiore interazione sociale o regolarità che comporta il lavoro in team. Non è chiaro se il partecipare agli sport porti alla diminuzione della depressione o viceversa. In qualsiasi caso "i risultati - conclude Gorham - stimolano nuovi lavori sulla prevenzione e il trattamento di questa condizione nei bambini".
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che nella razza caucasica simili a quelli delle popolazioni nere, che appaiono quindi come disordinati, torti, difficilmente riunibili in ciocche, e che spesso formano dei nodi, le cosiddette tri-
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conodosi. Una variante minore, è rappresentata dai peli a cavaturacciolo, con torsioni a spirale e vari appiattimenti del fusto. Infine da non dimenticare quell’arricciamento che da luogo
ai pili torti, il cui fusto non è rettilineo e che presentano da 3 a 5 torsioni di 180° su se stessi: sono capelli che tendono a essere fragili, e si spezzano molto facilmente. Ci sono poi i pili bifurcati, che crescono, numerosi e ben distinti, ognuno corredato dalla propria cuticola, ma che condividono un unico fusto. E i pili multigemini, che invece del fusto hanno in comune addirittura il follicolo. O ancora i pili affusolati, che lungo il fusto possiedono vari restringimenti a fuso, indici di rallentamento temporaneo dell’attività mitotica delle cellule della matrice; o la variante minore detta dei peli a baionetta, cioè capelli con fusto affilato e con alcuni rigonfiamenti iperpigmentati della corteccia. Sono tutte anomalie non associate ad aumentata fragilità, che è senz’altro difficile reperire, in alcuni casi ereditate e in altri causate da traumi ripetuti da trazione, ma che possono causare la nascita di patologie quali a esempio l’alopecia. Avere capelli sani fin dalla nascita è una benedizione, in caso di sfortuna, però, ci si può rivolger allo specialista, che sarà in grado di spiegare le anomalie e possibilmente proporre un rimedio.
Bambole senza capelli per i piccoli malati oncologici La Fondazione Juegaterapia, che aiuta in Spagna i bambini malati di cancro attraverso attività ludiche, ha messo in vendita in Italia le Baby Pelones, bambole senza capelli e con foulard, omaggio ai bambini affetti da tumori. L’iniziativa è resa possibile dalla collaborazione della fondazione spagnola con l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano (INT) e in particolare con la Pediatria Oncologica. Le Baby Pelones sono nate nel 2014 per catalizzare l’attenzione sul cancro infantile e in questi anni hanno superato tutte le aspettative di vendita, permettendo a migliaia di persone di contribuire a questa causa. Le Baby Pelones sono già state donate ai bambini ricoverati in Oncologia Pediatrica negli ospedali di Spagna, Brasile, Colombia, Portogallo, Argentina, Messico e Miami. In Italia è possibile acquistare i modelli con foulard disegnati da Laura Pausini, David Bisbal, Shakira, Ricky Martin e Teresa, una piccola combattente. Con i fondi raccolti, fino adesso, sono stati realizzati vari progetti in Spagna come "El Jardín de Mi Hospi" (giardini sui tetti degli ospedali) o "Stazioni lunari" (stan-
ze di isolamento arredate con temi dedicati allo spazio). Inoltre è stato aperto un nuovo percorso - Juegaterapia Investigación - per finanziare studi sul cancro infantile. Sempre in Spagna, due borse di ricerca sono già state assegnate presso il Centro nazionale di ricerca sul cancro CNIO, per studi dedicati al neuroblastoma e ai tumori cerebrali pediatrici. In Italia il progetto, che verrà finanziato presso la Pediatria Oncologica INT, sarà finalizzato allo studio molecolare dei tumori rari dell’infanzia. Lo studio, coordinato dal dott. Andrea Ferrari, responsabile Progetto Giovani della Pediatria dell’Istituto e coordinatore di EXPeRT (European Cooperative Study Group on Pediatric Rare Tumors) e dal dott. Stefano Signoroni, ricercatore INT, inizierà a valutare il tumore del colon-retto, una neoplasia che può insorgere anche in età pediatrica, in genere con casi molto aggressivi. Obiettivo della ricerca è identificare i profili molecolari che possano differenziare la biologia del tumore pediatrico rispetto a quello dell’adulto, con lo scopo ultimo di trovare specifici target terapeutici.
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Quelle piccole escrescenze sul corpo del bambino di Guido Fenix
Andiamo alla scoperta dello Xantogranuloma giovanile, patologia cutanea poco diffusa e in sĂŠ non preoccupante dermatologia / la Pelle baby 26
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na delle maggiori difficoltà legate all’esercizio della diagnosi dermatologica deriva dall’osservazione dei sintomi. Spesso, infatti, al momento della visita ci si può trovare di fronte a manifestazioni cutanee che rendono ardua la corretta interpretazione perché potrebbero essere confuse con i sintomi di altre malattie che non hanno nulla a che vedere con il caso che si sta osservando. Non sbagliare la diagnosi è perciò fondamentale, soprattutto quando si vistano pazienti molto piccoli e per questo più fragili e passibili di ripercussioni negative se non si interviene nel modo corretto. Ci sono poi alcune condizioni dermatologiche poco comuni che fanno la loro comparsa nei primissimi mesi di vita, come nel caso dello Xantogranuloma giovanile a cellule grandi di Adamson, e che mettono a dura prova qualsiasi professionista. Questa patologia cutanea è infatti piuttosto rara, del gruppo delle Istiocitosi non langerhansiane, caratterizzata dalla presenza di macrofagi. Il primo caso documentato risale ai primissimi anni del ventesimo secolo, quando il dermatologo londinese Horatio George Adamson, osservando la presenza di manifestazioni multiple sulla pelle di un neonato di appena due settimane, lo definì Xantoma congenito multiplo. Negli anni a seguire, gli specialisti che vennero a contatto con altri malati, arrivarono a ipotizzarne un’origine di tipo endoteliale. Ma passi avanti decisivi nello studio di questa patologia si ebbero solo nel 1936, quando due dermatologi americani, Francis Eugene Senear e Marcus Caro, osservando al microscopio gli istiociti pieni di lipidi e cellule giganti, chiarirono la natura Xantomatosa della malattia e coniarono la denominazione giunta fino a noi. Clinicamente si tratta di una proliferazione benigna di lesioni nodulari di aspetto fibromatoso e consistenza molle, e di papule rossastre/giallastre e autolimitanti. Ne esistono due varianti: una micronodulare, caratterizzata dalla presenza di papule di dimensioni dai 2 ai 5 mm di diametro, e una
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macronodulare, con noduli da 10 a 20 mm di diametro. Le due tipologie possono anche coesistere. A volte, all’esame dermoscopico possono presentarsi anche teleangectasie lineari o ramificate, strie di colore biancastro e depositi gialli. Quando i noduli raggiungono una
...non è raro che allo Xantogranuloma si associ la neurofibromatosi... dimensione superiore ai 2 cm di diametro vengono definiti giganti. Comunque, nella maggior parte de casi (60-82%) la lesione si manifesta con un solo nodulo localizzato. Le regioni più colpite sono quella della testa, dal viso al cuoio capelluto, del collo e del tronco, mentre il più comune, seppur molto raro, distretto extra-cutaneo colpito è quello oculare, con una incidenza di circa lo 0,4%, una forma che viene riscontrata soprattutto nei bambini sotto i due anni. In questo caso, a essere intaccati sono l’iride e il corpo ciliare con il rischio, in caso di lesioni vascolarizzate, di emorragie nella camera anteriore, glaucoma, e ovviamento di cecità. In questo caso si rende necessario un trattamento specialistico con cortisone locale e generale e terapia
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radiante. Possono essere interessati dallo Xantogranuloma anche gli organi interni. Parlando del suo comportamento clinico, la malattia si caratterizza per uno sviluppo rapido nei primi mesi di vita, seguito in genere da un altrettanto rapida regressione spontanea, i cui tempi oscillano tra i tre mesi e gli undici anni (la media è di due anni), senza lasciare esiti cicatriziali o lasciando una atrofia cutanea molto lieve. Tuttavia, esistono casi già presenti alla nascita e, molto più raramente, anche con esordio in età adulta. Più specificatamente, nella fase iniziale la lesione è costituita in prevalenza da un fitto strato di istiociti monomorfi con un’alta percentuale di citoplasma eosinofilo. In un secondo momento a tali cellule si aggiungono dei lipidi che assumono un aspetto schiumoso. Va sottolineato, comunque, che contrariamente a quanto accade, a esempio per gli Xantomi, lo Xantogranuloma non è associato a disordini del metabolismo lipidico. Infatti, la patologia che con più frequenza vi si affianca è la neurofibromatosi. Ancora più rara, ma anche più pericolosa, è la circostanza in cui alla malattia principale si associano neurofibromatosi e leucemia. Parrebbe, infatti, che la concomitanza di Xantogranulomatosi e neurofibromatosi faccia aumentare in maniera significativa le probabilità di contrarre la leucemia mieloide cronica e la leucemia acuta monomie-
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locitica. Si tratta in ogni caso di pochi casi riportati a livello mondiale, ma sembra ragionevole un follow-up ematologico qualora si riscontrasse la presenza di queste due condizioni cliniche nel bambino. Riconoscere i sintomi dello Xantogranulomatosi giovanile è abbastanza semplice, vista la colorazione giallastra delle lesioni e viste anche le modalità in cui si manifestano, ovvero noduli o papule multiple. Di recente sono passati alla cronaca medica anche casi di forme atipiche, nello specifico con manifestazioni di placche che risultano “appaiate”. La diagnosi, dicevamo, è in genere semplice da effettuare e, oltre che sull’analisi del colorito delle lesioni, si basa anche sulla digitopressione. Non si rende quasi mai necessario praticare un esame istologico per confermare la diagnosi. Per quanto riguarda i trattamenti, invece, essi non sono praticamente necessari, nemmeno in presenza di lesioni extra-cutanee, poiché rimangono asintomatiche e regrediscono da sole proprio come quelle cu-
tanee. Mentre, nei casi in cui sia coinvolto il tratto uveale può essere indicata una visita oculistica. Però in presenza di lesioni multiple, si ha la necessità di poter escludere, attraverso un check up
...la diagnosi si basa, oltre che sul colorito della lesione, sulla digitopressione...
completo, le rare associazioni con malattie quali il diabete giovanile, l’iperlipidemia llb, la malattia di Erdheim Chester (xantogranulomi sottocutanei e intraossei) e il glaucoma. Un caso particolare è
dato poi dalla concomitanza di Xantogranulomatosi giovanile micronodulare e chiazze caffèlatte, che richiede la verifica di una possibile associazione con patologie come la neurofibromatosi di tipo I, la leucemia mieloide cronica e leucemia acuta monomielocitica. In età pediatrica il quadro va differenziato al momento della visita da formazioni papulose o nodulari di altra natura, come a esempio il mollusco contagioso, o il nevo di Spitz. Inoltre, qualora venisse effettuato, giova sapere che all’esame istologico lo Xantogranulomatosi giovanile può presentare le cellule giganti di Touton o anche le cellule schiumose (foam cells). In conclusione, la malattia va considerata una patologia benigna che richiede, al momento della diagnosi, una valutazione generale del bambino. Il suo decorso, infatti, si conclude con la completa guarigione che si concretizza spontaneamente nel giro di qualche anno, anche se a volte possono rimanere delle ipo o iper-pigmentazioni sulla pelle colpita.
Che cos’è la Malattia di Erdheim-Chester Si tratta di una patologia rarissima. Dal 1930 sono stati descritti oltre 500 casi di cui solo 15 in età pediatrica. Fa infatti la sua comparsa solitamente tra i 40 e i 60 anni, con una rilevanza tra gli uomini di 3 a 1 rispetto alle donne. Il decorso clinico varia da forme asintomatiche a multisistemiche e potenzialmente letali. Segno patognomonico è l'osteosclerosi delle ossa lunghe con dolore osseo, soprattutto nella porzione distale degli arti inferiori (50% dei casi). I sintomi costituzionali sono febbre, debolezza e perdita di peso. Le infiltrazioni in altri organi possono causare ipertensione intracranica, esoftalmo, papilledema, insufficienza surrenalica, xantelasmi, e lesioni cutanee papulo-nodulari. Il coinvolgimento del Sistema Nervoso Centrale può provocare sindromi piramidali e cerebellari, cefalee, convulsioni, deficit cognitivo, paralisi dei nervi cranici e disturbi sensoriali. Segno frequente del-
l'interessamento cardiovascolare è una sorta di “manicotto” attorno all'aorta. Possono essere colpite le arterie renali, con conseguente ipertensione reno-vascolare. Il coinvolgimento pericardico può essere complicato dal tamponamento cardiaco. Può verificarsi anche infiltrazione pseudo-tumorale dell'atrio destro. È stata descritta dispnea da infiltrazione dei polmoni. La fibrosi pseudo-retroperitoneale si complica di rado con idronefrosi bilaterale. Segno istologico tipico è l'infiltrazione xantogranulomatosa o xantomatosa dei tessuti da parte degli istiociti schiumosi. La diagnosi differenziale si pone con l'istiocitosi a cellule di Langherans, la malattia di Rosai-Dorfman, l'arterite di Takayasu, la granulomatosi di Wegener, l'ipofisite primitiva, l'osteomielite multifocale ricorrente cronica, i tumori maligni, la neurosarcoidosi, le infezioni micobatteriche, alcune malattie metaboliche.
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XX Convegno Nazionale
Dermatologia per il Pediatra Germogli di speranza... 22 - 23 Maggio 2020 Palazzo dei Congressi di Riccione
Presidente Fabio Arcangeli fabio.arcangeli4@alice.it Segreteria Scientifica Patrizio Mulas, Giuseppe Ruggiero
Segreteria Organizzativa e Provider E.C.M. id. n. 555 iDea congress P.zza Giovanni Randaccio, 1 • 00195 Roma Tel. 06 36381573 • Fax 06 36307682 info@ideacpa.com • www.ideacpa.com
Stipsi ed Encopresi: disturbi da tenere sotto controllo La perdita involontaria di feci può essere il sintomo di altre problematiche come la stitichezza chirurgia pediatrica / la Pelle baby 30
a perdita di feci, non correlata a un’anomalia o malattia organica dell'intestino, può riscontrarsi fin dalla prima infanzia e rappresentare il sintomo di un più profondo disturbo: la stipsi funzionale. Frequente nei bambini dai 4 ai 13 anni, in Europa ne soffrono circa l’1,5 % dei bambini di 7 anni, è legata a una massiva ritenzione fecale cui si associa, comunemente, distensione addominale e dilatazione dell'ampolla rettale. La stipsi, di norma, può essere causata da problemi di natura psicologica e relazionale. Partiamo col dire, però, che va considerato stitico il bambino che presenta feci con ridotto contenuto idrico e, pertanto, di difficoltosa evacuazione. La frequenza delle evacuazioni è solo uno degli elementi per valutare la normalità della funzione intestinale e va confrontata con quella di soggetti della stessa età, tenendo conto del fatto che la variabilità dell'alvo nei primi anni di vita è rilevante ed è correlata in maniera significativa con l'apporto totale giornaliero di cibo. L’acquisizione della continenza fecale è un fenomeno che si realizza intorno al 2°/3°anno di vita, e corrisponde al progressivo abbandono del pannolino e in molti bambini coincide con il raggiungimento della continenza urinaria. Già nei primi mesi di vita, la comparsa di difficoltà nelle evacuazioni
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del dott. Giacinto Marrocco Chirurgo Pediatra Roma
può essere legata a un problema funzionale derivante dalla esperienza di evacuazioni dolorose di feci dure con lacerazione della mucosa anale e comparsa di ragadi. Una drastica modifica della qualità dei cibi può indurre un quadro di stipsi improvvisa. Talvolta il do-
I due tipi di Encopresi La clinica ci insegna che esistono due tipologie di Encopresi che possono insorgere in momenti differenti della vita e soprattutto non sono direttamente collegate l’una con l’altra. Quella definita come “primaria” si verifica quando il bambino è molto piccolo e non ha ancora acquisito un controllo efficace dei suoi sfinteri. La causa, come evidenziato anche nell’articolo, può essere attribuita all’eccessiva pigrizia oppure alla semplice immaturità nel controllo. In quest’ultimo caso al bambino può servire semplicemente più tempo per acquisirlo. L’Encopresi “secondaria”, invece, si verifica quando il bambino è già capace di controllare le proprie feci ma improvvisamente smette di farlo del tutto o in parte, per un certo periodo di tempo dando luogo a perdite involontaria di feci .
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lore è evocato dal passaggio di feci nell'area perianale sede di gravi dermatiti da pannolino. Vi sono lattanti di età compresa tra una e dieci settimane in cui l'atto della defecazione sembra richiedere un grande sforzo. I genitori, con preoccupazione, descrivono il proprio bambino come “stitico” perché al momento di evacuare si lamenta, piange, diviene rosso in viso e solo dopo 5-10 minuti di sforzi espelle feci di aspetto, volume e calibro normale. Dopo l’evacuazione, il bimbo si tranquillizza e non presenta ulteriori disturbi, cresce bene e non ha feci dure nell'ampolla rettale. Si tratta, in sintesi, di quei bambini che traggono giovamento dall'uso del famoso “prezzemolo” o della stimolazione anale con il termometro. Il sintomo cessa dopo poche settimana e non si verificano altri problemi connessi all’eva-
cuazione nel resto della vita. Questo quadro clinico è causato da una incapacità del lattante di coordinare rilasciamento del pavimento pelvico e contrazione dei muscoli addominali (manovra di Valsalva), fenomeno necessario perché si verifichi una agevole espulsione delle feci. Non è necessario perciò alcun intervento terapeutico. I genitori devono essere rassicurati riguardo la normalità di un fenomeno che si risolve spontaneamente nell'arco di poche settimane e che è legato esclusivamente al normale processo di maturazione neurologica. Statisticamente, al di sotto dei due anni, cause organiche e funzionali di stipsi sono presenti in eguale misura, oltre i due anni la stipsi è quasi sempre funzionale (90% dei casi) ovvero non dovuta a patologia organica intestinale o extra-intestinale. Le cause sono: l'educazione al vasino troppo precoce e/o coercitiva, problemi psicologici di varia natura e diete carenti in fibre oppure improntate a bizzarre preferenze alimentari del bambino. Alcuni bambini diventano stitici perché troppo sedentari
o perché trattengono le feci per non interrompere le proprie attività ludiche, altri perché le condizioni dei servizi igienici disponibili sono scadenti o, co-
munque, poco adatte alle esigenze (dimensioni, privacy) di un bambino. La stitichezza può insorgere in occasione di stress familiari o emozionali (cambiamenti di vita, traslochi, vacanze, nascite di fratelli, separazione dei genitori e qualsivoglia alterazione della rou-
...alcuni bambini diventano stitici perché sono troppo sedentari... tine giornaliera). In tutti i casi, più a lungo le feci sono trattenute, più acqua viene riassorbita nel retto e più difficile di-
viene eliminarle a causa dell'aumento del loro volume e della loro consistenza. Ciò comporta fastidio e dolore ingravescente al passaggio del materiale fecale, responsabile a sua volta di ulteriori e sempre più evidenti tentativi di differire le successive evacuazioni. Si stabilisce quindi un accumulo di fecalomi nell'ampolla rettale e il continuo contatto con le pareti rettali determina l'assuefazione del sistema sensoriale propriocettivo viscerale che cessa di inviare segnali al sistema nervoso centrale con conseguente perdita della capacità di apprezzare la sensazione di riempimento del retto. La stipsi diviene pertanto strutturata e compare il sintomo tipico della costipazione di tipo funzionale l'Encopresi. Il comportamento di bambini con stipsi cronica funzionale è caratterizzato dalla comparsa di tipici atteggiamenti del corpo e del viso: natiche strette, gambe incrociate, deambulazione sulle punte dei piedi saltellando qua e la per la
Il pediatra e la diagnosi di stitichezza
Le cause dell’Encopresi
Di fronte alla stitichezza di un bambino il pediatra provvede alla valutazione del suo stato di salute, di eventuali segni di malattia sistemica, dello stato neurologico e all'esame rettale (per trovare a esempio ragadi anali, lesioni perianali, assenza dei riflessi perianali o anali, un ano collocato anteriormente, malattia di Hirschsprung o occlusioni rettali). Se non si ritiene soddisfatto può prescrivere esami in laboratorio per indagare eventuali disfunzioni tiroidee ed elettrolitiche, la presenza di celiachia nonché una possibile positività degli indici di infiammazione sistemica e intestinale (PCR, VES, calprotectina fecale). Se la storia clinica è poco chiara o il bambino poco collaborativo, tra gli accertamenti strumentali: radiografia dell'addome o della colonna lombosacrale, risonanza magnetica quando i risultati dell'esame neurologico degli arti inferiori risultano anormali, manometria anale per valutare pressione e funzionamento dello sfintere anale interno ed esterno. Fonte: www.ospedalebambinogesu.it
Tre sono le cause dei fenomeni di Encopresi. Questa può verificarsi per 1) Fattori anatomici: la presenza di ragadi, stenosi dell’ano o del retto, il morbo di Hirschsprung, incontinenza connessa ad affezioni neurologiche, costipazione e altri disturbi che rendono la defecazione dolorosa. 2) Fattori alimentari: una scarsa assunzione di acqua, carenza di fibre nella dieta, intolleranze o eccessiva nutrizione. 3) Fattori psicologici: un evento traumatico, un conflitto emotivo con i genitori, un approccio sbagliato al vasino, la paura o idiosincrasia della toilette, uno stato di ansia e stress psicosomatico.
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casa senza un motivo apparente. Durante tali episodi si hanno piccole perdite fecali perché i voluminosi fecalomi, accumulatisi nell'ampolla rettale, distendono il retto, comprimendo il canale anale e dilatando lo sfintere interno e compromettendo il meccanismo di continenza. Le feci “liquide” che provengono dal colon trasverso scivolano tra massa fecale ritenuta e pareti del retto, imbrattando in maniera continua gli indumenti. I genitori interpretano i comportamenti e la perdita fecale come tentativi volontari di defecazione impedita da motivi contingenti quali ragadi, stitichezza, etc. Spesso il bambino viene portato all’attenzione del medico perché presenta, secondo i genitori, “diarrea”. Talvolta, la comparsa di scariche diarroiche imponenti e di odore nauseabondo, è legata all'infezione dell’ammasso fecale per una rapida riproduzione batterica e conseguente colite tossica. Raramente il genitore è cosciente della reale problematica vissuta dal bambino che, al contrario di quanto si possa supporre, è con-
centrato in uno sforzo il cui unico fine è quello di non evacuare. Circa i due terzi di questi bambini hanno una storia,
l’eliminazione fecale, interventi terapeutici ripetuti sotto forma di clisteri, supposte e modifiche dell'alimentazione, tentativi di persuasione, rimproveri e punizioni che culminano tutte in un sentimento di disperazione e sconforto. I genitori interpretano l’intero processo come un loro fallimento o come una provocazione o un segno della pigrizia del proprio figlio. Questi piccoli soggetti giocano poco con i loro coeta-
...altri diventano stitici perché ritardano l’evacuazione per non interrompere il gioco... che risale al periodo neonatale, caratterizzata da evacuazioni infrequenti o difficoltà nel-
nei e si isolano, anche perché vengono presi in giro per il cattivo odore delle feci emesse involontariamente. Nelle forme più gravi, la palpazione dell’addome rivela le masse fecali ritenute. In generale, le vere evacuazioni sono rare, con intervalli talora superiori alla settimana, e caratterizzate dall'emissione di feci voluminose che sorprendono i genitori. Più in generale, molti bambini escludono qualsiasi riferimento alle feci e negano il bisogno di defecare. Spesso preferiscono restare soli in un angolo o sdraiarsi sul pavimento. Statisticamente i maschi sono interessati con una frequenza circa quattro volte superiore a quella delle femmine e in loro è frequente un’instabilità emotiva caratterizzata da una vasta gamma di manifestazioni, tra cui intense attività motorie però associate a scarsa espressività del viso, eccessiva sensibilità nei confronti delle critiche, stato ansioso con facilità al pianto, etc. Nella maggior parte dei casi va sospettata una turba nei rapporti sia con i genitori sia con i coetanei.
La causa di stitichezza nel neonato è spesso funzionale Non esistono parametri assoluti per i quali è possibile indicare senza ombra di dubbio che un neonato soffra di stitichezza. La frequenza delle evacuazioni, infatti, a differenza del bambino più grande, non costituisce una “prova”. Tuttavia è possibile avvicinarsi alla diagnosi tenendo in considerazioni altri parametri tra cui la consistenza delle feci e la continenza fecale. Se le feci risultano morbide e ricche di acqua allora non ci si trova quasi mai davanti a un caso di stitichezza. Nella maggior parte dei casi, comunque, il fenomeno non riguarda i bambini allattati al seno il cui numero di evacua-
zioni può andare da una volta ogni poppata sino a una volta al giorno. Più facile che il fenomeno si concretizzi nei bambini allattati artificialmente. Nella maggior parte dei casi, la stitichezza è dovuta a una limitata diluizione del latte artificiale o per l'introduzione precoce di cibi solidi nella dieta. Un’altra causa potrebbe essere una intolleranza del bambino al latte vaccino. Nel 95% dei casi, comunque, la stitichezza nel bambino è di tipo idiopatico o funzionale, ossia non legata a malattie, malformazioni congenite, alterazioni anatomiche o effetti collaterali da farmaci.
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Agenesia dentale: quando la natura si scorda un dentino
La caduta dei denti da latte può ritardare per l’assenza di un permanente che spinge e cosÏ possono nascere problemi odontoiatria / la Pelle baby 34
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er agenesia s’intende la mancanza permanente e definitiva di qualche dente, da latte o permanente. Si tratta di una problematica piuttosto comune tra i bambini. Pensate infatti che il 10% di loro ha una o più agenesie. A dire il vero sono per lo più denti del giudizio, e questa è praticamente una vera fortuna (almeno stando all’altra percentuale statistica che ci dice che solo un 5% dei ragazzi ha spazio per gli ottavi, mentre il restante non ce l’ha e in questi casi, numerosissimi, i denti del giudizio creano tanti danni e sofferenze, quindi meglio non averli). Nella statistica della probabilità seguono gli incisivi laterali, uno solo o a coppia, e poi i quinti inferiori, cioè i secondi premolari. Le cause delle agenesia sono per lo più congenito-ereditario-familiari e spesso si presentano fra fratelli o cosanguinei della stessa famiglia. Difficilissimo però risalire nel ricordo fino ai nonni. L’ortodonzia si è sviluppata in Italia da pochi decenni, quindi le osservazioni precedenti sono a dir poco confuse e frammentarie. Oggi sappiamo che le agenesie possono essere conseguenza di un trauma, una infezione, carenze nutrizionali, patologie neuroendocrine, o essere parte di complesse sindromi ereditarie per fortuna molto molto rare, che coinvolgono più organi e tessuti. Spesso sono associate a difetti di forma di altri denti. Per esempio un laterale manca e l’altro è “conoide” ovvero piccolo e a forma conica. Oppure dipendere da anomalie dei tempi di eruzione e ritardi. Se c’è agenesia già di un dente da latte è particolarmente significativo perchè quasi certamen-
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te mancherà anche il permanente corrispondente (queste evenienze si associano spessissimo) e la cosa peggiore è che visto che manca un certo elemento fin dalla nascita, in quella zona l’osso basilare si svilupperà pochissimo, rendendo tutto molto più proble-
dott. Paolo Passaretti, Medico Chirurgo Odontoiatra Civitanova Marche (MC)
matico e difficile da risolvere. Molto importante è la diagnosi differenziale: nel senso che se un dente manca nell’arcata, bisogna vedere se si tratta di una agenesia o di un dente che è rimasto incluso. Cioè che non è riuscito a spuntare per mancanza di spazio o altri tipi di problematiche come una malocclusione, ovvero una malposizione delle arcate che necessita di trattamento ortodontico. Lo specialista sta sempre molto attento alle tabelle di permuta dei denti da latte che ci dicono quali sono le epoche normali in cui un dente deciduo deve cadere, con le dovute variazioni. Per esempio un incisivo laterale deve cadere a 67 anni con ampie variazioni di normalità da bimbo a bimbo. Ma se questo non succede, allora si rende necessaria una radiografia panoramica, per tempo, senza tardare troppo. Si tratterà infatti forse di agenesia (manca quindi il permanente e il deciduo non cade) oppure si tratterà di una mallocclusione, per esempio un cross byte, palato stretto con mancanza di spazio per questo dente all’eruzione e quindi rimane ritenuto dentro, non ce
Per evitare le carie, attenti al pH salivare A volte, pur prendendo tutti gli accorgimenti possibili, lavandosi i denti più di una volta al giorno, usando il filo interdentale e evitando un eccessivo consumo di zuccheri, può capitare che un soggetto sviluppi delle carie. Tra i colpevoli della comparsa delle carie, infatti, vi sono dei fattori difficilmente controllabili come: la predisposizione familiare, lo streptococco mutans, l’anatomia dei denti, la loro parziale eruzione o l’affollamento che rendono più difficile la pulizia, il flusso salivare, il tipo di PH della saliva e il fluido crevicolare oltre al tipo di alimentazione. Tra questi spes-
so si ignora l’importanza del PH salivare che è la cartina di tornasole della salute orale, e monitorarlo infatti significa poter prevenire alcune patologie. La presenza di PH acido può anche essere la conseguenza di un’alimentazione scorretta. Dolci, alcool, bevande gassate contribuiscono per esempio ad alterarlo, rendendolo acido. Quando il PH della saliva scende sotto il valore di 5,2, la saliva si impoverisce di calcio e fosfati e questo ambiente favorisce lo sviluppo di processi cariosi. Più scende il PH e più i batteri riescono a proliferare.
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la fa a spuntare, il dente da latte non cade. L’ortodontista che vede se c’è normo-occlusione o malocclusione, già sa se deve sospettare (per esempio nella normo occlusione) una agenesia, oppure (nel caso dell’esempio del palato stretto) di una impossibilità di eruzione per mancanza di spazio, ma solo la radiografia dirà la verità. Va ricordato, però, che a 4 anni gli ottavi non si sono ancora formati e che se, per esempio, a 6-8 anni un incisivo laterale manca, non c’è praticamente nessuna possibilità che si formi successivamente, e la diagnosi di agenesia è purtroppo certa. In generale, quindi, l’eccessiva permanenza di un dente da latte nell’arcata non è mai normale e deve essere indagata con visita e radiografia perché un dente da latte che non cade, o che non cade per tempo non è assolutamente un fatto da sottovalutare o prendere sotto-gamba. Questo vale per i genitori ma anche per i per dentisti: chi non
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si occupa prevalentemente di bambini e ortodonzia può per distrazione non valutare i rischi di un dente fuori tempo. Ma è vero anche il contrario. Cioè che i denti da latte sono comunque a “termine”, hanno nel loro destino una vita limitata, e prima o poi finiranno col cadere per il riassorbimento spontaneo della radice (anche se non c’è il corrispondente permanente a creare la rizolisi del-
la permuta normale). Attenzione pertanto a contare troppo ulla funzione di sostegno ed estetica dei denti da latte che non cadono per assenza di un permanente che spinge: i denti decidui non fanno sviluppare l’osso, non hanno forma e funzione idonee neanche lontanamente a surrogare il permanente mancante, ben presto, al termine del loro ciclo vitale, cadranno (anche se que-
Un vademecum per il pediatra sulle patologie ortodontiche L'Associazione specialisti italiani ortodonzia (Asio) ha lanciato un 'Progetto educativo per i pediatri' che si avvale di un vademecum ortodontico e schede sulle malocclusioni, che descrivono le principali patologie ortodontiche. Una guida per i pediatri in cui si spiega il perchè un paziente vada riferito ad uno specialista in Ortodonzia. Nel libretto si illustrano tutti i segni e i sintomi che il pediatra dovrebbe vedere e valutare prima di chiedere il ricorso allo specialista. Sotto la lente di ingrandimento sono state poste: la respirazione orale, le abitudini viziate, il morso aperto, il morso incrociato e così via. "Quando il pediatra vedrà questi segni o sintomi in un paziente - chiarisce il presidente Asio, Cesare Luzi - dovrebbe riferirlo a uno specialista in Ortodonzia.
Purtroppo molti pediatri ancora pensano che finchè un bambino non cambi i denti non debba farsi visitare dal dentista o dall'ortodontista. Allo stesso modo - aggiunge Luzi - ancora molti pediatri non hanno chiaro chi sia lo specialista in Ortodonzia, tanto che quando i pazienti cambiano tutti i denti li accompagnamo dal proprio dentista. Noi li stiamo educando - assicura il presidente Asio - sul fatto che esistono gli specialisti in Ortodonzia iinfantile e che le prime visite vanno fatte presto perchè non dipende dai denti che si sono cambiati, ma da una eventuale malocclusione e se l'intervento va fatto precocemente o tardivamente. Ecco perchè siamo strettamente legati a doppio filo con i pediatri - conclude Luzi - ma vorremmo esserlo sempre di più".
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sto succederà dopo anni dalla normale età prevista). Quindi il problema va affrontato, e subito. Non ci devono essere ritardi nel trattamento, che è sempre ortodontico perché altrimenti i parametri di cui sopra si alterano (spazi, presenza di osso consistente etc.) e in età successive è più difficile porvi rimedio. La scoperta di una situazione di agenesia crea grande ansia e sconcerto nei genitori, ma non si tratta di un evento drammatico. Dal mio punto di vista di ortognatodontista è ben più drammatico, giusto per fare un esempio, una situazione di ciucciamento del dito prolungato, per esempio fino a sei7 anni, che crea disfunzioni linguali e posturali quasi irrecuperabili e gravissime deformazioni della struttura ossea delle arcate e perdita precoce nel corso dei primi 3-5 decenni di vita di tutti o quasi tutti i denti. Parliamo adesso delle possibili soluzioni ortodontiche per le agenesie: due le possibili alternative che vanno studiate caso per caso. Una soluzione finale in cui si riapre e si mantiene lo spazio per i denti mancanti che poi andranno sostituiti protesicamente in età più matura, oppure richiudendo gli spazi dei denti in agenesia con gli altri denti e quindi il bambino vivrà con alcuni denti in meno, ma in una normoocclusione, raggiunta tramite il trattamento ortodontico. Questa seconda soluzione può sembrare ottimale, ma a parte che spesso non lo è (un sorriso senza i laterali per fare un esempio, non è un sorriso perfetto, mentre se mancano i premolari inferiori, ben venga la chiusura degli spazi senza doverli poi rimpiazzare). Soprattutto la scelta va presa dopo
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una analisi cefalometrica che svela la struttura ossea, e quindi la base dove devono stare i denti. Questo tipo di informazione non si può ottenere senza la cefalometria e quindi decidere o proporre trattamenti a occhio è davvero approssimativo, perché si procede alla cieca, a tentoni, senza porsi al sicuro da errori poi impossibili da rimediare. Il consiglio migliore è realizzare una analisi totale della situazione del bambino, perché l’obiettivo è la normoocclusione ovvero l’assoluta perfezione estetica e della chiusura del morso. Nel caso che sia opportuno in base a queste analisi chiudere gli spazi con l’apparecchio, le cose avranno alcuni aspetti di praticità. Se invece l’”equazione” ci suggerisce di mantenere, riallargare e stabilizzare gli spazi per poi fare (una volta finita la crescita) impianti, o ponti adesivi, o altra soluzione protesica (magari dopo qualche anno), allora il piccolo problema da superare è quello di “traghettare” esteticamente il bambino che poi diventa adolescente (età molto delicata) per poterlo far sorridere liberamente nel periodo che intercorrerà fra la fine del
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trattamento ortodontico (che per quello già spiegato deve essere molto precoce) e il momento in cui potrà rimpiazzare stabilmente i denti mancanti. Neanche questo aspetto della cura deve essere fonte di ansia: non mancano infatti sistemi provvisori o semi-provvisori che possono far sorridere
senza interruzione per tutti gli anni necessari quel ragazzo o ragazza, senza l’insorgere di complessi psicologici. Per riassumere, insomma, è che bisogna fare diagnosi per tempo (portando periodicamente i bimbi da un dentista che si occupi di questi argomenti), e se dovesse esserci questa eve-
RX che evidenzia un caso di agenesia del laterale superiore di destra
RX che evidenzia un caso di agenesie multiple (dei 4 secondi premolari e un settimo inferiore)
nienza, le agenesie non sono un dramma, si sistemano a patto di fare una diagnosi ortodontica corretta con la cefalometria. Superfluo dire che poi bisogna eseguire bene il trattamento. Una evenienza certamente più sfortunata è se il bambino non ha nessun motivo di mettere l’apparecchio (ovvero è in normo occlusione perfetta) ma a causa della scoperta di una agenesia deve iniziare un percorso di ortodonzia per perfezionare e rifinire gli spazi. In questo caso un bambino che non avrebbe avuto bisogno, a causa dei denti che mancano, deve ricorrere a un apparecchio che serve solo per rimediare a queste agenesie. Nel caso invece il giovane paziente abbia già una malocclusione trovandosi quindi comunque a essere candidato a trattamento ortodontico, la scoperta delle agenesie è solo un evento in più, da studiare, diagnosticare e sistemare con l’apparecchio, che al momento della costruzione dovrà tener conto di questa o problema in più, e verrà progettato e realizzato opportunamente per risolvere entrambi i problemi.
L’uso del dentifricio e le dosi di fluoro raccomandate dal Ministero della Salute Spazzolino, dentifricio e filo interdentale sono solo strunenti basici ma fondamentali della routine ottimale della salute dei denti, che si basa su tre pilastri: attenzione all’igiene orale, una dieta adeguata e rispetto delle indicazioni dello Specialista in Ortodonzia. Le ultime linee guida del Ministero della Salute in tema di prevenzione della carie consigliano l’uso di un dentifricio con 1.000 ppm (parti per milione) di fluoro già a partire dai 6 mesi, o comunque da quando spuntano i primi dentini da latte. Dai 6 ai 12 anni si passa a 1.400 ppm, e dai 12 anni in su a 1.450 ppm. Salvo casi particolari, le stesse linee guida non consigliano la somministrazione delle gocce o pastiglie di fluoro, come avveniva in passato. “Anche l’alimentazione riveste un
ruolo molto importante – sottolinea il Dott. Cesare Luzi, Specialista in Ortognatodonzia e Presidente dell’Associazione Specialisti Italiani Ortodonzia (ASIO). Educare i bambini a un ridotto consumo di zuccheri, evitando l’assunzione eccessiva di carboidrati raffinati in favore di frutta e verdura, stimolando una corretta e frequente igiene orale, è un compito a cui assolve l’odontoiatra Specialista in Ortodonzia che si occupa del benessere strutturale di denti e gengive, in particolar modo laddove si utilizzi un apparecchio ortodontico di tipo fisso, incollato ai denti decidui e/o permanenti. Prevenzione ed educazione all’igiene dentale che vede sempre più spesso gli ortodontisti chiamati a svolgere nelle scuole anche per i bambini più piccoli”.
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La diagnosi precoce delle patologie infantili dell’apparato muscolo-scheletrico è vitale per il futuro dei bambini
Lo scheletro dei bambini e il suo sviluppo complesso di Giovanni Diana
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l grido d’allarme arriva dai pediatri nord-americani. Un numero crescente di genitori preoccupati per il manifestarsi di patologie ortopediche nei propri figli si rivolgono al cosiddetto “Dr. Google” con la speranza, il più delle volte vana, di ricavarne in poco tempo una diagnosi esaustiva. Tuttavia, come sappiamo, il web è un universo molto caotico e ricco di insidie per chi naviga andando alla ricerca di soluzioni mediche fai da te. Non si contanto, infatti, gli articoli online in cui vengono utilizzate terminologie imprecise o del tutto improprie per riferirsi a una stessa patologia o, viceversa, gli stessi termini per descrivere disturbi diversi. Basti pensare a esempio, alla confusione che si fa in rete tra disturbi come mal di schiena, scoliosi, cifosi, lordosi, paramorfismi, lombalgia, ecc., patologie diverse tra loro ma che non di rado vengono impiegate, con pressapochismo, come sinonimi. Tutta questa confusione ha l’effetto di disorientare ulteriormente i genitori mentre emergono teorie mediche “alternative” basate su pseudo trattamenti senza alcun fondamento scientifico. Spesso però tali terapie si rivelano non solo una grande perdita di tempo e di denaro, ma anche molto pericolose quando rischiano di causare danni irreversibili alla struttura muscolo-scheletrica del piccolo, molto delicata e in evoluzione. Non è un caso, quindi, che
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...l’avvento di tablet e smartphone ha causato un serio aumento dei casi di cifosi infantile...
proprio per quanto riguarda le malattie ortopediche in età pediatrica, si parla di un aumento impressionante (+ 700%) dei casi di cifosi nella popolazione infantile, tanto da parlare di vera e propria “bomba sociale”. Tale aumento si è registrato nell’ultimo decennio e sarebbe legato in gran parte all’avvento dei dispositivi elettronici quali computer, smartphone e tablet, che i bambini cominciano a utilizzare in tenerissima età (o forse sarebbe meglio dire, che i genitori mettono in mano ai loro figli con lo scopo di intrattenerli già dal primo anno di vita) e che li porta ad assumere fin dai 3-4 anni di vita atteggiamenti posturali errati, come risulta dalle analisi di molti studi clinici e di screening effettuati nelle scuole medie inferiori. Dalla scoliosi alla lordosi, dalla lussazione congenita dell’anca, al ginocchio valgo, fino al piede piatto:
Una patologia ossea al femminile
Cosa c’è dietro le “gambe a X”?
Si parla tanto di medicina di genere ma raramente con riferimento all’infanzia. Con un’incidenza di 1 su 1000 nati, la displasia o lussazione dell’anca colpisce prevalentemente il sesso femminile con un rapporto di 6 a 1 e nel 45% dei casi bilateralmente. Si tratta di una delle più frequenti deformazioni congenite dello scheletro che si sviluppa durante la vita intra-uterina e che porta a un’alterazione progressiva dei rapporti tra la testa del femore e l’acetabolo. Se la diagnosi viene eseguita precocemente, il trattamento consiste nell’utilizzo di un tutore, statico o dinamico, che mantiene le anche flesse (90-100°) e abdotte (5060°), permettendo così di mantenere centrata la testa del femore all’interno dell’acetabolo e risolvendo nel giro di qualche mese il quadro di displasia acetabolare e di instabilità articolare.
Un altro disturbo che interessa gli arti inferiori è il ginocchio valgo, molto frequente intorno ai 3 anni di età. Superfluo ricordare che si tratta di una deviazione assiale degli arti inferiori che si manifesta con un aumento dell’angolo femoro-tibiale (fenomeno gambe a X). La causa è da attribuirsi a uno squilibrio transitorio dell’attività delle cartilagini di accrescimento distale del femore e prossimale della tibia. Nella letteratura più autorevole viene considerato un paramorfismo (deformità posturale) in quanto tende all’autocorrezione spontanea entro i 7-8 anni di vita (98% dei casi). La diagnosi differenziale deve essere posta con alcune malattie rare quali displasie scheletriche e affezioni endocrine o metaboliche. La diagnosi per il pediatra non è complessa ma la consulenza di un ortopedico può aiutare a consigliare un corretto protocollo di cura.
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si tratta solo di alcune delle patologie sulle quali la SIOT (Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia) ha posto l’accento di recente e che richiedono un intervento tempestivo in età infantile se si vuole mantenere o recuperare una buona qualità di vita a ogni età. Partiamo da un presupposto fondamentale: l'osso è un tessuto vivo in continuo mutamento che va incontro a un rimodellamento, ossia alla sostituzione del tessuto vecchio con quello di nuova formazione, per rispondere alle esigenze funzionali delle varie età. Solitamente il tessuto osseo si rigenera completamente ogni 10 anni e questo fenomeno inizia dalla sua superficie interna per opera degli osteoblasti e degli osteoclasti che insieme costituiscono l’unità multicellulare di base (BMU). I primi sono responsabili della formazione di matrice ossea mentre i secondi della sua disgregazione e insieme agli osteociti e
ai loro precursori costituiscono la totalità delle cellule ossee. La riduzione di massa ha inizio dopo i 50 anni e avviene in due fasi. La prima, più veloce, colpisce esclusivamente le donne e comincia dopo la menopausa (perdita ossea menopausale) e ha una durata di 4-5 anni; la seconda è invece più lenta e interessa entrambi i sessi (perdita ossea senile). Nelle donne le due fasi finiscono per coincidere. Ad avere un ruolo fondamentale, in entrambi i casi, sono gli ormoni sessuali che svolgono l’importante compito di preservare, in parte, l’osso, regolando lo sviluppo e la morte (apoptosi) degli osteoblasti e degli osteoclasti. Se però la riduzione nella produzione di testosterone negli uomini è piuttosto graduale e lineare, nelle donne durante la menopausa si assiste a una perdita di massa ossea più repentina di 10 volte in gran parte a causa dell’iperproduzione di IL-6, una interleuchina che agisce come citochina multifunzionale, sia pro-infiammatoria, sia anti-infiammatoria. La carenza di estrogeni poi ritarderebbe l’apoptosi degli osteoclasti mentre stimolerebbe quella degli osteoblasti creando disequililibrio tra riassorbimento e neoformazione dell’osso. In altre parole, aumenta il volume della cavità di riassorbimento osseo ma rallenta la capacità degli osteoblasti di riempirlo. Questo
Di cosa si occupa la Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia Pediatrica? La Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia Pediatrica (SITOP) vide la luce l’11 dicembre 1982 a Bologna presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli. Proprio nel XIX secolo nascevano in città come Milano, Genova, Bergamo, Cremona e Torino le prime istituzioni ortopediche dedicate solamente ai bambini. La SITOP è un’organizzazione senza fini di lucro e ha lo scopo di promuovere in Italia lo studio e le conoscenze sulle affezioni di tipo ortopedico traumatologico che si manifestano in età evolutiva e di curare e di indirizzare la formazione degli esperti nella materia. La diagnosi precoce e il corretto trattamento di queste malattie possono prevenire il manifestarsi di deformità a volte invalidanti in età adulta. La SITOP vuole rappresentare un punto di riferimento per l'aggiornamento scientifico e gli scambi culturali, promuovendo le attività di ricerca indispensabili per ottenere un miglioramento continuo nella diagnosi e nella cura delle patologie ortopediche e traumatologiche dell'età dell'accrescimento. La SITOP
rappresenta oggi una società molto attiva ed è il punto di riferimento specialistico nel panorama nazionale. Di particolare importanza sono i rapporti con la società madre (SIOT) che, rivisitati negli anni novanta, hanno fatto sì che la presenza pediatrica nell’ambito dei congressi della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia si ampliasse come mai era avvenuto in passato. Inoltre, la SITOP tutela il prestigio e gli interessi professionali degli associati in sede nazionale e internazionale, oltre che di favorire scambi di idee e di esperienze tra specialisti attraverso l’istituzione di Gruppi di studio (in Neuro-ortopedia, Osteopatologia Infantile, sull'Ecografia dell'Anca, sulla Traumatologia sportiva in età evolutiva, ecc.) sorti all’interno della Società, che negli anni hanno lavorato alacremente tenendo anche riunioni e corsi di aggiornamento di grande interesse. La Sitop organizza anche un Congresso Nazionale per l’approfondimento di argomenti di particolare interesse.
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Craniosinostosi: una rara malformazione Con la parola craniosinostosi si indica un gruppo di patologie caratterizzate da malformazioni della struttura della testa del neonato derivanti dall'ossificazione precoce di una o più suture craniche durante la vita prenatale. Il risultato è una crescita irregolare del cranio, che si sviluppa nella direzione in cui non incontra resistenza. In condizioni normali, il cervello si sviluppa aumentando il proprio volume durante la progressiva crescita ossea del cranio. Come è ben noto, alla nascita, le ossa del cranio sono separate dal tessuto fibro-cartilagineo delle suture e dalle fontanelle, zone fibrose che si trovano all’incrocio delle stesse suture. Se una o più di queste suture si chiude prematuramente il cranio si espande solo lungo le suture che
rimangono aperte causando così la malformazione. Questo tipo di patologie di solito vengono diagnosticate nel periodo neonatale, anche se a volte possono richiedere alcuni mesi per essere identificate. L’incidenza è di 1/20002500 nati vivi, in prevalenza nei maschi. Esistono craniosinostosi semplici e complesse e forme sindromiche e non sindromiche (isolate), sulla base della presenza o meno di altri segni e sintomi associati (malformazioni in altre parti del corpo, ritardo dello sviluppo, etc.). Le craniosinostosi semplici (una sola sutura coinvolta) non sindromiche sono le forme più frequenti anche se rare. Per le varianti isolate è più complicato definire la causa. Invece, per le forme sindromiche, che spesso sono anche complesse, è più frequente identificare una causa genetica”. Il solo trattamento possibile, a oggi, è l’intervento chirurgico, di solito effettuato entro il primo anno di vita, affiancato dalle terapie per eventuali sintomi associati.
spiega anche la ragione per cui il fenomeno dell’osteoporosi sia più evidente nelle donne che negli uomini, tenuto anche conto che durante la pubertà le donne accumulano una massa scheletrica inferiore a quella degli uomini. Durante la seconda fase, quella comune ai due sessi per intenderci, si assiste invece a una diminuzione di sintesi della quantità di osso con conseguente riduzione dello spessore delle pareti ossee. Ciò avviene a seguito di una carenza di osteoblasti, un aumento degli adipociti all’interno del midollo osseo e un rallentamento nella formazione dell’osso. Cambiamenti che sembrerebbero spiegare la riduzione della formazione ossea e la comparsa di fenomeni quali l’osteopenia e la iperadipo-
Due tipologie di “piedi piatti”
sità midollare. Per uomini e donne, comunque, vale la regola che la riduzione della massa è più veloce in presenza di alti livelli circolanti di glucocorticoidi e di tiroxina, di abusi di alcool e tabacco, di immobilizzazione prolungata, di gastrectomia e altre malattie gastrointestinali, di ipercalciuria, e in caso di alcuni tumori. Questo, per sommi capi, lo stato dell’arte su ciò che conosciamo e che si ipotizza su un fenomeno affascinante ma in parte ancora da scoprire. Viene da chiedersi se il nuovo interesse che si sta manifestando ultimamente verso i meccanismi che sottendono lo sviluppo osseo e soprattutto l’aging, specie nell’ambito della medicina estetica e preventiva (un approccio di ringiovanimento globale dovrebbe ormai tenere conto anche dei mutamenti di volume del viso) comporterà un acceleramento sulle acquisizioni scientifiche di questo complesso sistema. In tal modo si aprirebbero nuovi interessanti orizzonti fin dall’infanzia per la comprensione di quella macchina squisitamente imperfetta che è il corpo umano.
L’osteosarcoma infantile
Con l’espressione “piede piatto” si fa riferimento a una condizione in cui l’arco longitudinale del piede, valutato sotto carico (in piedi), si presenta più basso della norma o addirittura assente. Generalmente si manifesta in forma transitoria nei primi anni di vita di numerosi bambini. In questo caso deve essere considerato fisiologico. Il piede piatto patologico si manifesta invece dopo i primi 6-7 anni di età, è spesso familiare e può essere associato a un’ipotonia muscolare. Di solito è asintomatico ma nei rari casi in cui si manifesta in forma dolorosa è necessario eseguire un trattamento specifico che può essere conservativo mediante l’utilizzo di plantari o chirurgico.
L’osteosarcoma è il tumore maligno osseo più frequente nell’infanzia: si posiziona all’ottavo posto tra i tumori infantili con un’incidenza del 2,4% (al primo posto troviamo la leucemia, con circa il 30%). Ha un picco di incidenza nell’età prepuberale e puberale (tra i 10 e i 14 anni) in relazione allo scatto di maturazione scheletrica tipico di questa fascia di età e un secondo picco in età sopra i 65 anni. Si tratta di un tumore che colpisce soprattutto le ossa lunghe (femore e tibia) con un’incidenza media di circa 4,4 casi su un milione per anno ed è responsabile di circa il 9% delle morti per tumori dell’infanzia. Fortunatamente andiamo verso un decremento dell’incidenza di circa l’1,4% per anno, con una sopravvivenza media a 5 anni che è passata dal 15% al 65-70%.
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Se la diagnosi differenziale confonde il pediatra
Riportiamo l’esperienza di un dermatologo alle prese con un impegnativo caso di verruca labiale dermatologia / la Pelle baby 42
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Dr. Michele M. Consoli, dermatologo Direttore Medico RSA Villa Mendicini, Roma
gni tanto a noi dermatologi capita di dover indossare le vesti del pediatra perché genitori preoccupati sottopongono alla nostra attenzione casi che riguardano la salute cutanea dei propri figli. Si tratta di una dinamica ormai frequente, che rientra appieno nel novero delle pratiche di buon senso e che affonda le sue basi in quel meccanismo di collaborazione proficua tra figure professionali diverse ma orientate alla salute del paziente. Non è infrequente, infatti, che il pediatra che si interfaccia con una problematica cutanea particolarmente complessa preferisca sottoporre il caso a uno dermatologo piuttosto che effettuare una diagnosi errata. Ci sono, all’opposto anche casi in cui il pediatra si intestardisce nel tentativo di curare determinate problematiche cutanee complesse operando in buona fede, ma ciò può talvolta causare un pegg i ora me n to della patologia originaria e, di fatto, rendere più complesso il lavoro del dermatologo che sarà chiamato a consulto. A tale proposito, proprio di recente mi è capitato di visitare nel mio ambulatorio dermatologico una bambina di 9 anni affetta (da circa due mesi) da due neoformazioni sul labbro superiore, non risoltesi
O
...una bambina di nove anni affetta da due neoformazioni non risoltesi in due mesi...
dopo la visita e una terapia pediatrica inadatta, a causa di una diagnosi differenziale errata di neoformazione specifica di tipo cistico: A parte alcune imprecisioni nel racconto dei genitori, la piccola paziente non accusava dolore e mi veniva riferito che visivamente le due escrescenze apparivano ingrossate rispetto all’inizio della terapia. Dopo aver raccolto la sua anamnesi - la bambina è affetta da dermatite atopica - ho proceduto alla visita con lente di ingrandimento e successivamente con dermatoscopio diagnostico. L’esame effettuato ha evidenziato due formazioni di tipo verrucoso. A questo punto, era necessario capire di che tipo di verruca si trattasse, anche perché la zona di insorgenza era piuttosto non comune. Come ben sanno i colleghi pediatri, le verruche sono protuberanze cutanee di diversa grandezza, talvolta dolenti, e di un colorito giallo grigiastro. Colpiscono soprattutto in
Torna l’incubo pidocchi nelle scuole
Le buone norme anti-verruche
Gli ambienti affollati e promiscui possono costiture un rischio non solo per quanto riguarda le verruche ma anche per le infestazioni parassitarie come quella dei pidocchi. Nelle scuole italiane il problema è sempre attuale. Il motivo è chiaro e, contrariamente a quanto si pensi, non è solo legato all’igiene personale dei bimbi. Come spiegano gli esperti di 'Medical Facts', il magazine online di informazione scientifica e debunking delle fake news, diretto dal virologo Roberto Burioni, “nel giro di qualche giorno una sola femmina di pidocchio fecondata che, malauguratamente, è riuscita a raggiungere il cuoio capelluto, è in grado di deporre fino a 300 uova (lendini) da cui verranno fuori altrettante forme immature di pidocchi (dette ninfe), che nel giro di dieci giorni diventeranno adulti e potranno cominciare il ciclo”. Perciò, si salvi chi può!
Come tutti ben sanno revenire la comparsa delle verruche non è sempre facile e scontato. Tuttavia esistono dei piccoli accorgimenti da consigliare al fine di non incorrere in questa spiacevole problematica cutanea, a partirte da una serie di abitudini virtuose da adottare nella quotidianeità: evitare di camminare scalzi, mantenere una buona igiene e tenere il più possibile le mani lavate e igienizzate. È molto importante anche indossare sempre le ciabatte a bordo piscina e nelle docce degli spogliatoi, veri e propri ricettacoli dei funghi che veicolano la malattia. Quando invece le verruche sono già presenti, ci sono dei comportamenti da evitare assolutamente per far sì che non proliferino, come la pessima abitudine di mangiarsi le unghie, pratica che può favorire la comparsa anche di verruche periungueali, il cui trattamento è lungo e doloroso.
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giovane età e si localizzano preferibilmente sul dorso delle mani, sulla pianta dei piedi e nel contorno ungueale. Diverse le cause della loro comparsa. Tra queste la più preoccupante è sicuramente la presenza del Papilloma virus (HPV), un virus genetico caratterizzato da tropismo per le cellule epiteliali della cute e delle mucose. Esistono 120 genotipi differenti, di cui 14 implicati nella patogenesi di diversi tumori. Alcuni Hpv, in particolare 16 e 18, sono associati a tumori anogenitali e della testa-collo. Altri Hpv sono a basso rischio e sono associati a malattie benigne (verruche volgari, condilomi). Il virus Hpv può penetrare per via diretta (abrasioni, escoriazioni, saliva, mucose genitali) via indiretta (contatto con superfici contaminate) via materno-fetale. A volte, però, le verruche possono avere origine semplicemente da un indebolimento delle difese immunitarie, da lesioni cutanee, dall’uso promiscuo di ambienti pubblici, come piscine e palestre dove è facile che si accumuli molta umidità. Più complesso, invece, capire quando una verruca è provocata da fattori genetici. Anche la forma delle verruche, che possono presentarsi come piane, filiformi e condilomi acuminati, può essere indicativa della loro origine. Così come la zona di insorgenza: verruche plantari, genitali, etc. In questi casi la mia esperienza mi ha insegnato che informazioni preziose possono essere ricavate anche da una franca conversazione con il paziente. Nella fattispecie, la bambi-
na era abbastanza grande da poter rispondere alle mie domande, rassicurata anche dal fatto che i genitori erano presenti durante la visita. La piccola mi ha riferito di avere l’abitudine di portarsi alla bocca penne, matite e tutto quanto si utilizza per scrivere. Inoltre, come ho avuto modo di osservare io stesso, aveva anche l’abitudine, non troppo sana, di toccarsi frequentemente le labbra e la bocca con le mani sporche. Queste evidenze escludevano molte delle possibilità di infezioni sopra esposte e mi hanno fatto optare per un palese contagio per via indiretta. A questo punto, non mi restava che scegliere quale terapia fosse la più idonea da considerare, tenendo conto anche di fattori quali l’età della paziente, le sue possibili fobie e anche, perché no, le ansie di mamma e papà. Ho quindi preferito non intervenire chirurgicamente (ci sono diverse modalità di intervento, dalla crioterapia, alla dia termocoagulazione, fino alla laserterapia) e ho, invece, prescritto l’utilizzo di un preparato topico in forma di crema a base di tretinoina 0,05% due volte al giorno. In associazione alla crema, ho consigliato l’applicazione di un buon idratante. La cura si è dimostrata efficace e dopo 20 giorni di terapia ho constato un notevole miglioramento tanto nell’aspetto delle verruche, che risultavano secche, quanto nella loro dimensione, apparendo notevolmente più piccole. Dopo una ulteriore settimana il problema si è risolto completamente. Da ciò si conferma l’importanza della diagnosi dermatologica iniziale.
Verrulix: integratore alimentare per contrastare le verruche Evidenze crescenti dimostrano come il sistema immunitario svolga un ruolo di primaria importanza nell’eradicazione delle verruche. Sempre più diffuse sono quindi le strategie terapeutiche basate sull’immunostimolazione. Numerose sostanze naturalmente presenti nell’organismo come micronutrienti, aminoacidi e vitamine sono fondamentali per la funzionalità del sistema immunitario. L’azienda Sanitpharma ha studiato Verrulix, un integratore alimentare a base di Methiomineral Complex (Metionina, Magnesio e Zinco), Vitamina B6, Manganese e Ferro. La Metionina è un aminoacido essenziale in grado di stimolare l’immunità cellulo-mediata. Magnesio, Zinco, Ferro e Manganese sono micronutrienti pre-
senti in tracce che nell’organismo hanno un fondamentale ruolo nella risposta immunitaria. Lo Zinco a esempio è essenziale per la normale funzionalità del sistema immunitario, importante per le cellule altamente proliferanti e supporto per le componenti cellulari sia dell’immunità innata, tra cui NK, granulociti e macrofagi, che acquisita, come i linfociti T CD8+. Contribuisce inoltre a mantenere una pelle normale. La Vitamina B6 interviene, invece, nel processo di proliferazione e nella maturazione dei linfociti, nella produzione di anticorpi e per la funzionalità dei linfociti T e delle cellule Natural Killer. Verrulix è una formulazione utile a integrare questi nutrienti in caso di apporto insufficiente o di condizioni di aumentato fabbisogno
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La testimonianza preziosa di una donna in prima linea accanto ai giovani migranti
Quando l’accoglienza diventa la missione di una vita
iamo abituati a pensare al fenomeno migratorio che si sta verificando in questi anni (quasi 350.000 arrivi negli ultimi 4) come a una emergenza. Come è noto, i flussi migratori riguardano soprattutto la tratta che dal Nordafrica porta al sud Europa, e anche se negli ultimi due anni si è assistito a una forte riduzione degli sbarchi, è indubbio che quello dell’immigrazione rimane un tema centrale nell’agenda politica del nostro Paese e dell’intero continente. Tuttavia, le soluzioni proposte finora dalla politica sia nazionale che internazionale non sembrano davvero efficaci. Molti analisti con-
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cordano nel ritenere che nei decenni a venire il numero delle persone in fuga dall’Africa e desiderose di raggiungere l’Europa potrebbe crescere vertiginosamente, passando dall’ordine delle centinaia di migliaia a quello dei milioni. Appare chiaro, dunque, che l’unica soluzione possibile è un approccio in grado di trasformare la questione da problema a opportunità. A livello nazionale gli sbarchi in questi anni si sono concentrati soprattutto nel sud della penisola, specie in Sicilia, i cui abitanti, nonostante le scarse risorse economiche a disposizione, non hanno mai smesso di accogliere le deci-
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ne di migliaia di disperati in fuga da guerre, fame e persecuzioni. Ciò è stato possibile anche e soprattutto grazie al lavoro di molte istituzioni locali che hanno operato senza sosta per garantire un sostegno adeguato ai profughi. E’ proprio questo il tema al centro di “La grande madre” (Sperling&Kupfer 2019, 17,50 €), libro scritto a quattro mani da Agnese Ciulla, operatrice sociale e facilitatrice territoriale che dal 2012 al 2017 ha ricoperto il ruolo di Assessore alla Cittadinanza Sociale del Comune di Palermo, e Alessandra Turrisi, giornalista di Avvenire e Giornale di Sicilia. Il libro racconta
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degli sbarchi avvenuti dal 2014 nel capoluogo siciliano, mettendo al centro della narrazione l’operato dell’ex Assessore Ciulla, palermitana doc con una vita spesa nel sociale e per la tutela dei minori. Quella raccontata nelle pagine del libro è una storia di passione, amore e dedizione. Ciulla ci offre uno spaccato formidabile di cosa significhi fare accoglienza e di tutte quelle dinamiche, le procedure, gli iter burocratici ma anche quelle storture che spesso rendono drammatica la vita di chi cerca solo una speranza, specie se a subire queste ingustizie sono dei bambini. A colpire, nel testo, è soprattutto la prospettiva adottata dall’autrice: lo sbarco visto dalla banchina, “sempre in fermento”. Sulla quale si allestiscono gli spazi necessari per ogni fase, si svologno le procedure per l’approdo dei migranti, si adoperano lo staff del Comune, la taskforce della Prefettura e dell’Azienda sanitaria, gli operatori e i mediatori culturali, i volontari, ecc. Un esercito di angeli ognuno col proprio prezioso ruolo da svolgere per portare a compimento una missione. Sono diverse, infatti, le procedure che vengono attuate nei primi momenti dello sbarco, a partire dalla mobilitazione del personale sanitario che deve verificare che non ci siano casi di malattie o altre emergenze che abbisognino di protocolli di azione specifici. E poi le pratiche per il riconoscimento dei minori, di eventuali stupri o segni di violenza tra le passeggere, la verifica dei legami familiari tra i bambini e gli adulti che li accompagnano, l’inserimento in strutture di accoglienza, l’identificazione di adulti che si spacciano per minori ecc. Fino al momento più intenso ed emotivamente segnante: lo sbarco. È qui che “si scorgono
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Agnese Ciulla
gli occhi e i corpi accosciati, silenziosi, di decine, centinaia di persone in attesa di potersi muovere” dopo essere state segnate da un’esperienza terribile, quella di un viaggio della speranza dove si rischia
Al Bambin Gesù nasce lo Spazio Huntington La forma pediatrica della malattia di Huntington emerge in età pre-scolare con una difficoltà di espressione del linguaggio, di apprendimento e di equilibrio. Esistono alcune caratteristiche che la contraddistinguono dalle forme dell’adulto: non sono quasi mai presenti i classici movimenti involontari (còrea), ma si sviluppano delle posture degli arti e del tronco denominate "distonie" muscolari. In qualche caso possono manifestarsi lentezza, rigidità, crisi epilettiche e sintomi dello spettro autistico. Purtroppo si conosce ancora poco della variante pediatrica, mentre ancora tanti sono i pregiudizi nei confronti della patologia che spingono le famiglie a evitare di parlare della loro situazione. Da un accordo tra la Lega Italiana Ricerca Huntington (LIRH) e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma nasce lo Spazio Huntington per i bambini e le famiglie. Un punto di riferimento per le famiglie in cui sono presenti bambini o adolescenti a rischio di sviluppare la malattia. Un ambiente non ospedaliero in cui specialisti e caregivers si incontrano con lo scopo di avvicinare i minori, i bambini e ragazzi in età pre-adolescenziale e le loro famiglie al mondo dell’assistenza e della ricerca in maniera ‘nuova’, con un approccio delicato, informale e giocoso.
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tutto, e dove a volte si muore. “Sbarco dopo sbarco, alla banchina ci si abitua?” - si chiede l’autrice - “No, è la mia risposta. Non ci si abitua mai”. Il lavoro dell’ex Assessore cominciava col prendere in carico i tanti giovani ragazzi e ragazze che scendevano da quelle navi. “Ester, Ahmed, Samir, Solaiman, Amarà”, i loro nomi, tutti giovani somali, nigeriani, eritrei, ghanesi, maliani, sudanesi, egiziani, siriani, palestinesi e pakistani salpati lasciando la famiglia o perdendola durante il viaggio. “Che cosa avete passato ragazzi?” chiede a sé stessa più che a loro. Occhi spalancati, corpi tremanti, un silenzio assordante dietro il quale questi giovani viaggiatori si chiudono e che spesso nasconde le torture e i maltrattamenti subiti durante il viaggio, come se fossero una vergogna: prima attraversando il deserto, poi nei centri di detenzione libici e, infine, in mare a bordo di bagnarole fatiscenti. Sono soprattutto le donne a patire le sofferenze maggiori: oggetto di violenze di ogni tipo, da quella fisica o sessuale a quella mentale, arrivando a sviluppare una forte sudditanza psicologica verso gli aguzzini coi quali rimangono fatalmente legate da obblighi economici anche dopo l’arrivo. Il più delle volte a queste giovani donne viene imposta la prostituzione per ripagare il loro debito ed evitare ulteriori violenze nei confronti dei loro familiari, spesso presi in ostaggio dai trafficanti di esseri umani. È per questo - spiega Ciulla - che è molto difficile dissuaderle dal prendere questa strada, perché sono in costante ansia per le sorti dei loro cari lasciati a casa e spesso, provenendo da contesti rurali, non sanno proprio di avere dei diritti. Decine di storie, alcune tristissime altre a lieto fine che hanno come elemento comune un passaggio fondamentale: i loro protagonisti sono passati sotto la tutela di una donna che per loro è stata una “grande madre”. Il titolo del libro deriva proprio da questo epiteto che la città di Palermo ha dato ad Agnese Ciulla in virtù di questo suo straordinario impegno. Un impegno profuso anche nei confronti dei bambini italiani, che continua tutt’oggi. Le braccia della “grande madre” sono state, e continuano a essere, sempre aperte per non negare a nessuno il diritto di avere una seconda opportunità dopo un’infanzia e un’adolescenza segnate dalla violenza. Raggiungere sempre l’obiettivo è praticamente impossibile, ma l’importante è aver fatto tutto il possibile per riuscirci. (Giovanni Diana)
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a cura di Giovanni Diana
3° Corso Avanzato di Allergologia Pediatrica Il Gruppo di Ricerca, Formazione in Allergologia Pediatrica (GRIFAP), costituito dalle Scuole di Allergologia Pediatrica della Azienda Ospedaliero-Universitaria A. Meyer di Firenze e della Clinica Pediatrica di Parma, ha lo scopo di formare, perfezionare, aggiornare le specifiche competenze del Pediatra nella sua pratica quotidiana, sia essa ospedaliera o ambulatoriale. In questo senso il Congresso Interegionale Emilia Romagna, Trentino Alto Adige organizzato dalla Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica che al suo interno ospiterà il 3° Corso Avanzato di formazione, costituisce un momento di approfondimento importantissimo. Sede degli appuntamenti, che si terranno dal 27 al 28 marzo 2020, sarà il Palazzo dei Congressi di Riva del Garda. Per info: info@ideacpa.com www.ideacpa.com
apprendimento mediante risposta con apposito cartellino rosso o verde. Tra gli argomenti trattati: le malattie da accumulo lisomiali, la gestione clinica del bambino con cardiopatia, immunodeficienza e autoimmunità, la “Gluten-sensitivity”, i nutraceutici e la terapia delle malattie allergiche, microbiota e cute, le infezioni respiratorie ricorrenti in pediatria, la diagnosi differenziale nella Dermatite Atopica, il pediatra e l’artrite. Per informazioni: iDea Congress Email: info@ideacpa.com www.ideacpa.com
Fervono i preparativi per il 5° Sicily Forum di Dermatologia Pediatrica che si terrà a Palermo, a Villa Magnisi, dal 13 al 14 marzo 2020. Presieduto dal Prof. Salvatore Amato, il Forum è da anni uno dei momenti formativi più importanti dell’intera regione e del Sud Italia. Per informazioni: iDea Congress info@ideacpa.com - www.ideacpa.com
XX Convegno Nazionale di Dermatologia per il pediatra 2° incontro interattivo della Pediatria Martesana Nei giorni 14 e 15 febbraio 2020, presso il Devero Hotel di Cavenago di Brianza (MB), si terrà il 2° incontro interattivo della Pediatria Martesana “iPed2”. Tanti gli argomenti che verranno trattati dai relatori. Si parlerà di allergologia, care sanitaria, endocrinologia, gastroenterologia, infettivologia, nefro-urologia, neonatologia, neuropsichiatria infantile, nutrizione, il rapporto tra ospedale e territorio, pneumologia. Per informazioni: iDea congress info@ideacpa.com - www.ideacpa.com
Highlights e interattività in Pediatria a Firenze Dal 24 al 25 gennaio 2020, presso il Grand Hotel Mediterraneo di Firenze, si svolgerà la sesta edizione degli “Highlights e interattività in Pediatria”. Durante la due giorni di lavoro, si cercherà di fare il punto su vari aspetti della pediatria. Al termine di ciascuna relazione vi saranno 10 minuti nei quali il Docente si rivolgerà ai Discenti proiettando 3 diapositive che riassumeranno i messaggi chiave dell’argomento appena trattato verificando l’avvenuto
5° Sicily Forum di Dermatologia Pediatrica
A marzo i pediatri si incontrano a Torino Il 13 al 14 marzo, l’NH Torino Centro ospiterà il congresso “Pediatria a Torino”. Patrocinato da Fimp, l’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri e Sinupe, l’evento sarà l’occasione per approfondire tematiche di chiaro interesse per il pediatra. Le sessioni in cui si articolerà sono 4: “Nutrizione e crescita”, “Microbiota e probiotici”, “Bronchiolite e wheezing ricorrente”, “Ebm e pratica”. Chiuderà i lavori una tavola rotonda sulla Plagiocefalia. Per informazioni: iDea congress - Email: info@ideacpa.com www.ideacpa.com
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Il XX Convegno Nazionale di Dermatologia per il Pediatra intitolato “Germogli di Speranza” si terrà dal 22 al 23 maggio 2020 come sempre presso il Palazzo dei Congressi di Riccione. L’incontro sarà presieduto dal suo fondatore, il prof. Fabio Arcangeli che per questa edizione promette un pattern di argomenti e relatori ancora più ricco dei precedenti appuntamenti. Per ora il programma è ancora avvolto dal mistero ma per maggiori informazioni si può contattare: iDea Congress - Tel. 06 36381573 info@ideacpa.com • www.ideacpa.com
Nutrizione, allergologia e tanto altro a Pedialò Dal 3 al 4 aprile 2020, presso il Centro Congressi Cascina Sesmones di Lodi, si terrà il convegno “Pedialò”. All’interno del percorso formativo previsto dagli organizzatori, si parlerà di Nutrizione, Neonatologia, Neurologia, Allergologia, valutazione dello sviluppo motorio e semeiotica neuroevolutiva 0-3 anni, gestione del dolore procedurale con miscela equimolare di protossido d’azoto e ossigeno. Durante l’incontro si terrà anche un corso di Ecografia Toracica. L’evento è accreditato Ecm. Per informazioni: iDea Congress Email: info@ideacpa.com www.ideacpa.com
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V Sicily forum pediatric dermatology a marzo
2° Salone del Baby-wearing e del Bambino a Gonzaga
Il 13 e 14 marzo 2020, a Palermo, si terrà la V edizione del Convegno regionale “Sicily forum pediatric dermatology”. L’incontro è destinato a pediatri e dermatologi e vuole promuovere un aggiornamento scientifico pratico, capace di elevare la qualità dell’intervento diagnostico e terapeutico quando si è chiamati ad assistere le principali patologie cutanee dell’infanzia. L’evento, sarà articolato in sessioni tematiche in unica sala plenaria, riservando ampio spazio sia alla discussione che ai relatori, fra i più rappresentativi della Dermatologia Pediatrica Regionale e Nazionale. Per informazioni: iDea congress - tel. 06 36381573 - info@ideacpa.com www.ideacpa.com
Torna sabato 1 e domenica 2 febbraio 2020 presso la Fiera Millenaria di Gonzaga (MN) il salone dedicato al “Babywearing” e al bambino. Il Babywearing nasce dall’istinto di accogliere un bisogno dei neonati, affinchè le esperienze di calore, contatto e protezione della vita prenatale trovino una continuità anche dopo il parto. Con i suoi numerosi espositori, anche dall’estero, che propongono il meglio dell’offerta dedicata alla pratica della “canguroterapia” o “marsupioterapia” sui 1.200 metri quadri dei padiglioni fieristici di Gonzaga, il Salone del Babywearing e del Bambino rappresenta oggi in Italia una delle poche occasioni di incontro e confronto tra esperienze di genitorialità ad alto contatto. Per info: 0376 1501312 fiera@gioiababy.com www.gioiababy.com
Pediatra, dermatologo e nutrizionista a confronto Torna il Cosmofarma Exhibition a Bologna La 24°edizione di Cosmofarma Exhibition 2020, in programma a Bologna dal 17 al 19 aprile, esplorerà i diversi modi per affrontare le sfide del futuro della farmacia, attraverso lo strumento cruciale della “formazione”. Come è possibile soddisfare le richieste di un paziente sempre più informato, consapevole e attivo nella cura della propria salute e del proprio benessere? In che modo il Farmacista deve allinearsi e collaborare con gli operatori sanitari, siano essi medici di base o specialisti? Quali competenze dovrà avere in una farmacia sempre più dinamica e improntata alla fornitura di servizi in risposta ai bisogni socio-sanitari dei pazienti? E come potrà favorire gli ingressi in farmacia, coinvolgendo sempre di più i clienti “sani”, trasformando la farmacia in un luogo di informazione e prevenzione, oltre che di risposta a necessità primarie? Di questo e di altro si parlerà durante la tre giorni di lavoro . Per informazioni: www.cosmofarma.com
Il Foro Appio Mansio Hotel di Latina, ospiterà il 21 marzo 2020 il 6°Incontro “Esperienze a confronto: il pediatra, il dermatologo, il nutrizionista”. Tra gli argomenti trattati: “all’ombra del pannolino... dermatite e altro”, la psoriasi in età pediatrica, dermatologia neonatale: cosa non deve sfuggire visitando un neonato, ed esiste una dieta antinfiammatoria? Infine, anomalie della pelle: quando preoccuparsi, e tante altre ancora. Per informazioni e iscrizioni: Segreteria Organizzativa iDea congress - Tel. 06 36381573 • info@ideacpa.com • www.ideacpa.com
Una finestra sul polmone e uno scorcio sulla cute” “Il naso: una finestra sul polmone e..
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uno scorcio sulla cute” è il nome del convegno che si terrà a Impruneta presso lo Spazio Eventi Castiglione, il 1° febbraio 2020. Presieduto dai dottori Oliviero Rossi e Paola Parronchi, l’evento, giunto alla sua terza edizione, affronterà una serie di tematiche molto interessanti come: l’antibiotico resistenza, la terapia dell’orticaria cronica, le manifestazioni cutanee degli immunodeficit, scabbia: la tomba dell’allergologo e del dermatologo?, la dermatite atopica: dagli emollienti all’era dei biologici. Per maggiori informazioni: iDea congress Tel. 06 36381573 - info@ideacpa.com www.ideacpa.com
Torna “La Pediatria nella pratica clinica” a Milano Torna dal 6 all’8 febbraio 2020, a Milano presso il Palazzo delle Stelline, il congresso “La Pediatria nella pratica clinica”. Alla sua nona edizione, l’incontro si pone l’obiettivo di continuare a essere un appuntamento di rilievo per la Pediatria milanese e non solo. Anche l’Edizione 2020 sarà un momento di incontro e discussione su tematiche di interesse pediatrico generale e specialistico. Tra le tante: le Infezioni respiratorie; la Dermatite atopica nell’era post-biotica; Integratori nel neonato; l’ipertensione arteriosa essenziale nel bambino e nell’adolescente; le malattie neuromuscolari e degenerative; le allergie alimentari; il microbiota; i farmaci biologici; la gestione domiciliare del bambino con patologia cronica; l’endocrinologia pediatrica. Durante il congresso, inoltre si svolgeranno anche i corsi: “Ortopedia Pediatrica”, Vaccinazioni: un over view”, “Odontoiatria Pediatrica”, “Oftamologia Pediatrica”. Per informazioni: iDea congress S.r.l. Tel. +39 06 36381573 info@ideacpa.com - www.ideacpa.com
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Musica, cervello ed effetto Mozart
La musica può essere uno strumento di comunicazione importante per chi ha difficoltà a farlo normalmente cultura / la Pelle baby 50
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a connessione tra la musica e la funzione cerebrale è un’idea molto antica. Nel libro cinese “I Ching” si legge: “La musica ha il potere di alleviare la tensione dentro il cuore e di ridurre e allentare le emozioni oscure”. Nel VI secolo a.C. Pitagora scoprì che le melodie musicali contenevano particolari relazioni matematiche che definì armonia e iniziò a sostenerne l’uso per riequilibrare alcune funzioni corporee. I suoi seguaci prescrivevano specifiche melodie e danze come rimedi per i disturbi dell’umore. Oggi sappiamo che la musica stimola specifiche regioni del cervello e condiziona i processi responsabili per la memoria, il controllo motorio, la coordinazione e il linguaggio. Studi di neuroimaging hanno dimostrato la riorganizzazione della corteccia motoria e uditiva in musicisti professionisti. Ci sono altri studi che in relazione alla musica analizzano i cambiamenti nei livelli ematici di neurotrasmettitori e ormoni. Sulla base delle esperienze e sui risultati di numerosi studi, è più semplice capire che la musica è biologicamente una parte della vita umana e non solo dal punto di vista estetico. La musica è uno degli stimoli più indagati per la neuroplasticità. Il primo riferimento alla plasticità del cervello risale a più di cento anni fa grazie a William James e Ramon y Cajal che scriveva: “Ogni uomo può, se lo desidera, diventare uno scultore del proprio cervello”. Il cervello è particolarmente adattabile durante lo sviluppo, ma
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della dott.ssa Gabriella La Rovere
la neuroplasticità mostra che anche un cervello adulto si può ancora adattare come risposta a un nuovo e persistente stimolo o a una lesione. Molti dati confermano che l’esposizione di donne incinte e di neonati alla musica promuove lo sviluppo del cervello. L’esposizione alla musica nelle prime fasi della vita è infatti in grado di riorganizzare le connessioni cerebrali con conseguente miglioramento
Curiosità: un lettore musicale per il feto La tecnologia ha messo a punto nuovi strumenti per facilitare l’ascolto della musica. La più curiosa riguarda il feto. Babypod® è un dispositivo che trasmette musica e suono della voce all'interno della vagina. Posizionato come se fosse un tampone, è collegato al cellulare, e viene venduto come sicuro per la madre e per il bambino. Emette onde sonore fino a un massimo di 54 decibel, che è il livello di una normale conversazione. Inoltre il dispositivo propone altre applicazioni mediche importanti: diagnosi precoce della sordità fetale, facilitazione delle ecografie poiché, provocando una risposta nel bambino migliorerebbe la visione delle sue strutture durante l’indagine. Approvato dalla FDA, fornisce ai genitori un primo contatto con il loro bambino in quanto, attraverso una App, consente di registrare i loro messaggi in modo che il bambino possa sentirne la loro voce prima della nascita.
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della coordinazione e di altre abilità motorie. Evidenze della capacità neuroplastica del cervello adulto sono state fornite da altri studi che hanno mostrato modifiche nella corteccia uditiva dopo un attento ascolto della musica per tre ore al giorno per un lungo periodo di tempo. La connessione più importante tra la musica e il miglioramento delle prestazioni o il cambiamento dell’attività neuropsicologica è stata vista con gli studi che hanno coinvolto la musica di Mozart da cui è derivata la teoria sull’Effetto Mozart, le cui basi poggiano sulla superorganizzazione della corteccia cerebrale che può corrispondere all’architettura superiore della musica del grande compositorte. Un altro tipo di musica, descritta come musica del cervello e che usa frequenza, ampiezza e durata simile alla musica di Chopin, è in grado di orientare il cervello da uno stato ansioso a uno più rilassato e ha un effetto po-
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sitivo su insonnia e stanchezza. L’uso della musica come cura ha mostrato la sua valenza in diverse tiplogie di pazienti. In uno studio condotto su soggetti con ictus associato a disturbi dell’umore, un gruppo ascoltava musica di proprio piacimento per un’ora al giorno, un altro ascoltava audiolibri e l’altro non aveva alcun stimolo uditivo prefissato. Dopo due mesi nel gruppo che ascoltava musica si è registrata una riduzione significativa della depressione, dell’irritabilità e degli stati confu-
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sionali. La stessa riabilitazione dei pazienti con ictus può essere migliorata con l’aggiunta in terapia dell’ascolto della musica: ricerche mostrano che la stimolazione musicale aumenta il flusso ematico in pazienti che hanno sofferto di ischemia cerebrale. Ma la musica fa bene non solo se ascoltata ma anche prodotta, soprattutto in mancanza di linguaggio. Una ricerca condotta su cantanti amatoriali ha dimostrato i cambiamenti dei cosiddetti marker fisiologici della felicità mentre cantavano: i
livelli di serotonina, norepinefrina e beta-endorfine erano significativamente più elevati dopo il canto mentre l’epinefrina si riduceva con il cantare. C’è un’evidenza crescente che l’esercitazione artistica migliora l’attenzione e la consapevolezza. Queste intuizioni derivano da numerosi studi sia con bambini che con adulti e confermano che ci si può aspettare un miglioramento a seguito della periodica esposizione alle arti. Il punto chiave è ancora la neuroplasticità dipendente dall’attività. L’impegno in una o più arti (musica, danza, teatro) attiva le reti dell’attenzione che sono una parte cruciale nel processo di apprendimento e di memoria e ciò si ottiene più facilmente
se si sceglie la forma d’arte che la persona predilige. La musica ha un effetto superiore sulla plasticità cerebrale, un allenamento alla musica nei bambini per un periodo di tempo prolungato ha dimostrato risultati migliori sui parametri generali dell’intelligenza, nel leggere con facilità e nella performance delle competenze geometriche rispetto ai bambini che non avevano avuto tale allenamento. A questo punto è quasi d’obbligo parlare del rapporto tra musica e autismo. Mentre tanto si è scritto sulle capacità straordinarie dei soggetti autistici savant, poco si conosce delle abilità musicali e del potenziale di persone autistiche non savant. Recenti studi hanno indagato la per-
I feti preferiscono Mozart ma ballano con i Queen Né pop né rock. I feti, come i neonati, amano la musica classica. In particolare Mozart. Stando a uno studio presentato da Institut Marquès al quinto congresso dell’International Association for Music and Medicine la musica classica provoca un numero maggiore di reazioni nel feto rispetto ad altri generi musicali, con movimenti della bocca simili al canto. L’84% dei feti dimostra,infatti, di amare il genere classico più della musica tradizionale (79%) e del pop-rock (59%). Preferenze confermate anche dagli enfant terrible che hanno tirato fuori la lingua durante l’ascolto: la musica classica ha ottenuto una percentuale maggiore di protrusione (35%) di quella tradizionale (20%) e del pop-rock (15%). È molto raro che questi movimenti si verifichino spontaneamente durante il secondo e il terzo trimestre di gra-
vidanza (solo il 3-5% lo fa senza alcuno stimolo). Per intercettare i gusti musicali dei nascituri, i ricercatori di Institut Marquès hanno analizzato le espressioni facciali di 300 feti tra la 18esima e 38esima settimana di gestazione, in risposta all'emissione intravaginale di 15 canzoni appartenenti a tre diversi generi: classica, tradizionale e pop-rock. Sebbene il pop-rock sia lo stile che provoca meno reazioni nei feti, la canzone Bohemian Rhapsody dei Queen rappresenta una eccezione. Ancora sconosciuti i motivi che guidano queste preferenze, ma a conquistare i neonati potrebbero essere i suoni semplici e ripetitivi. Lo studio, inoltre, dimostra l'importanza della stimolazione neurologica precoce, che può attivare percorsi cerebrali legati alla parola e alla comunicazione.
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cezione, la consapevolezza e l’apprendimento della musica in bambini autistici che non avevano ricevuto alcun insegnamento al riguardo evidenziando un insieme di capacità integre o potenziate, che possono e devono essere sviluppate. La musica può rappresentare pertanto un canale di comunicazione importante. Un caso recente, oltre che importante, è quello di Hikari Oe, figlio del premio Nobel per la letteratura Kenzaburo Oe. Quando nacque, i genitori vennero informati della presenza di una grossa malformazione che tendeva a deformarne il cervello. L’intervento chirurgico, seppure possibile tecnicamente, era fortemente rischioso, il bambino avrebbe
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sicuramente avuto dei danni neurologici importanti. Ciò che convinse Kenzaburo e la moglie ad accettare l’operazione chirurgica fu un incontro con alcuni medici sopravvissuti alla tragedia di Hiroshima, la loro forza e coraggio. Hikari superò l’intervento ma rimase un grave ritardo cognitivo, epilessia, autismo, ipovisione e limitata coordinazione motoria. Probabilmente la sua vita sarebbe stata priva di significato sia per sé che per gli altri se la madre non avesse notato la sua particolare abilità a riconoscere e riprodurre il canto degli uccelli. Cominciò a dargli lezioni di piano e la possibilità di avere un canale di comunicazione con gli altri. Il padre così scrive: “Un giorno
ci ha mostrato la sua prima composizione scritta in note dalla lunga coda che sembravano germogli di fagioli (%). Se non avesse composto, sicuramente non avrebbe avuto l’opportunità di trasmettere il ricco, profondo, cristallino e luminoso messaggio contenuto nella sua musica. Da parte nostra, se Hikari non avesse composto, non avremmo mai realizzato e neanche saremmo stati capaci di immaginare che possedesse tale sensibilità. L’opportunità di ciò che abbiamo ottenuto e capi-
to di esso sarebbe stato significativamente ristretto. Sento che avremmo perso l’occasione di avere una visione in alcuni dei più importanti aspetti del significato della vita umana”. Basterebbero queste parole, così dense di amore e intrise di significato a convincerci che la musica, o comunque l’arte, è un importante stimolo allo sviluppo del cervello e nelle persone con disturbi dello spettro autistico un canale comunicativo da non sottovalutare. Le Istituzioni dovrebbero tenerne di certo conto.
Un progetto in favore degli studenti con sindrome dello spettro autistico Il Conservatorio di Santa Cecilia di Roma ha dato il via a un progetto che vede in prima linea medici, psicologi e insegnanti per aiutare i ragazzi con sindrome dello spettro autistico, tra i 18 e i 35 anni. Come spiega il direttore della struttura, Roberto Giuliani: "Nelle nostre classi avevamo ammesso già due ragazzi con sindrome di Asperger e abbiamo ritenuto che per valorizzare le loro capacità fosse necessario interfacciarsi con i medici. Abbiamo pensato di mettere insieme questi due lati della medaglia". L'occasione è arrivata con il progetto 'Recercare a mente', sviluppato insieme alla Fondazione Exodus, vincitore di un bando della Regione Lazio, grazie al quale ragazzi autistici potran-
no usufruire di un progetto musicale dedicato: per dieci mesi potranno frequentare lezioni collettive e individuali di canto, strumento, accordatura, composizione. "I nostri docenti - prosegue Giuliani - lavoreranno insieme a psicologi e neuropsichiatri affinché questi ragazzi abbiano l'offerta didattica più completa. Spesso, infatti, hanno forte memoria, senso del ritmo e quello che chiamiamo 'orecchio assoluto' ovvero la capacità di riconoscere perfettamente l'altezza di una nota: è un caso emblematico di quello che chiamiamo diverse abilità". Con l’obiettivo che questi studenti possano così avere la speranza di un futuro professionale nel campo della musica.
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Smartphone e videogame il lato patologico del web
Nascono i primi centri di recupero per i giovani dipendenti da internet e i corsi di prevenzione per le malattie “digitali” opo aver segnato il gol del 2-1 nella finale dei Mondiali di calcio del 2018, l’attaccante della Francia Antoine Griezmann si esibisce in una strana esultanza: alza un braccio in aria e si poggia la mano destra sulla fronte a formare una L con l’indice e il pollice. Dopodiché esegue un balletto che ricorda la danza dei cosacchi, saltellando sul posto a ginocchia alte e larghe. Anche se l’esultanza del petite diable (questo il soprannome dell’attaccante del Barcellona) ai più sarà parsa come l’ennesima trovata fantasiosa di un calciatore che festeggia un gol, il suo gesto era in realtà un riferimento al videogioco online Fortnite e, in particolare, al balletto “Taking the L”, una delle mosse che si possono acquistare all’in-
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di Giovanni Diana
terno del gioco. Vista la giovane età dell’atleta non c’è da stupirsi che egli abbia voluto omaggiare una applicazione che vanta milioni di appassionati in tutto il mondo e di tutte le età. D’altronde, viviamo nell’era dei videogiochi, un comparto che cresce a ritmi forsennati e intorno al quale orbitano interessi e guadagni astronomici. Negli ultimi anni sono nate una serie di nuove professioni legate a tale ambito, come quella del gamer e dello streamer, ovvero persone che giocano ogni giorno in diretta sulle piattaforme streaming e vengono seguite da migliaia di follower, percependo per questo uno stipendio. Se i videogiochi sono in forte espansione, essi por-
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tano con sé una serie di incognite e problematiche connesse un nuovo tipo di dipendenza, quella da internet. Le autorità sanitarie ci dicono che sono in aumento, infatti, i disturbi legati all’abuso e alla dipendenza da smartphone e videogame. Nuove patologie hanno fatto la loro comparsa, quali a esempio la sindrome da iperconnessione, la no mobile fobia (la paura di rimanere senza connessione mobile), la FOMO (fear of missing out, ovvero il terrore di essere tagliati fuori dalle reti social), ecc. Allo stesso modo proliferano nuovi termini che descrivono comportamenti, pratiche sbagliate e patologie legate all’utilizzo dei device digitali: vamping (passare tutta la notte in chat) hikikomori (uso esagerato della rete che porta all’isolamen-
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to sociale), e ancora, cyberbullismo, sexting e sextortion, compulsive online gambling (gioco d’azzardo online compulsivo), narcisismo digitale e phubbing (la tendenza a ignorare gli altri perché immersi nel proprio cellulare). E chi più ne ha più ne metta. Una terminologia sempre più diffusa e specifica, necessaria per stare al passo con i problemi della contemporaneità. Sebbene se ne parli relativamente poco, il fenomeno sta assumendo proprozioni massicce, tant’è che l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nel 2018 ha inserito la dipendenza da videogiochi fra i disturbi mentali, definendo il soggetto che ne è affetto come “una persona che gioca a lungo e in modo ossessivo, sviluppando tra le altre cose gravi problemi sociali, mentali e fisici”. La platea interessata dai disturbi della bulimia tecnologica è potenzialmente molto vasta: secondo l’ultimo rapporto Agi-Censis, la maggior parte degli utenti internet è online prima di dormire (77,7%) e subito dopo essersi alzata al mattino (63,0%); mentre il 61,7% utilizza i device anche a letto (tra i giovani si arriva al 79,7%) e il 34,1% persino a tavola (anche qui la quota giovanile è maggiore: 49,7%). In Olanda il consorzio per il giornalismo investigativo “Investico” e il programma televisivo Nieuswuur hanno realizzato un’inchiesta sui malati digitali dei Paesi Bassi e ciò che hanno scoperto è a tratti sconcertante: sono diverse le cliniche di recupero olandesi che ospitano ragazzi affetti da gravissime forme di dipendenza tecnologica e negli ultimi tre anni il numero dei giovani ricoverati per problematiche di questo tipo è raddoppiato, tanto che oggi si accettano solo i casi più gravi perché le liste d’attesa sono lunghissime. Ma a colpire maggiormente sono le testimonianze dei ragazzi finiti nella spirale del gaming online compulsivo. Oltre a passare tutta la gior-
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nata davanti allo schermo, evitando anche di andare in bagno a fare pipì per non interrompere la sessione, molti di loro hanno raccontato di aver consumato un solo pasto veloce al giorno per tornare subito a giocare e di essersi fatti per anni meno di una doccia a settimana. Alcuni hanno smesso di andare all’università o hanno perso il lavoro. Altri ancora si sono chiusi in sé stessi in una sorta di prigione digitale. In tantissmi casi, oltre alle ripercussioni psico-fisiche gravissime, la dipendenza da videogiochi arreca danni anche al portafogli.
Sempre più sviluppatori infatti implementano i loro giochi con la possibilità di acquistare elementi di vario tipo: skin (costumi), armi, gadget virtuali esclusivi, ecc., inducendo di fatto i giocatori a sborsare soldi reali, attraverso le cosiddette “microtransazioni” (che vanno da pochi euro fino a centinaia). Alla base di tali meccanismi ci sono strategie raffinate ideate insieme a esperti e psicologi che provengono direttamente dal mondo del gioco d’azzardo per attirare più giocatori possibili. Per avere un’idea del denaro che circola in questo settore, basti pensare che nel 2018 l’industria internazionale dei videogiochi ha fatturato 123 miliardi di euro, raddoppiando gli introiti rispetto al 2012. Ma cosa, nello specifico, genera una dipendenza così forte? Gli esperti spiegano che essa rappresenta solo l’ultimo stadio di una curva discendente. Si possono infatti distinguere quattro fasi: nella prima giocare è di per sé un atteggiamento aproblematico; nella seconda fase, cosiddetta “social”, si passa più tempo di quanto non si dovrebbe scorrendo l’homepage dei social network senza
Bambini: le regole anti-dipendenza durante le vacanze Uno dei periodi dell’anno in cui i bambini sono più esposti all’utilizzo dei dispositivi digitali è quello della vacanze, vuoi per una maggiore disponoibilità di tempo libero, vuoi per una minore attenzione da parte dei genitori nei confronti dei loro figli. Esperti pedagoghi suggeriscono, perciò, alcune regole ai genitori per delle vacanze natalizie meno multimediali, soffermandosi sull’uso consapevole da parte dei bambini di smartphone, tablet, videogiochi e televisioni. Sin dai primi anni d’età e ancor più negli adolescenti, bisogna favorire il più possibile il movimento, la socializzazione e le attività di gioco che prevedono un’interazione diretta e non virtuale. Importante poi incentivare la permanenza all’aria aperta, naturalmente con gli opportuni accorgimenti di sicurezza in relazione al luogo e alle attività, e, fondamentale, impostare le giornate in maniera regolare: la mancanza di impegni consente sì di alzarsi più tardi del solito, ma non giustifica un’anarchia dei ritmi. E, soprattutto, regolamentare l’utilizzo di smartphone, tablet, computer, videogiochi e televisione: le vacanze dovrebbero servire ai bambini per riscoprire il piacere di stare insieme, di relazionarsi, confrontarsi, rispettare le esigenze altrui e, perché no, scoprire la natura.
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I danni per la pelle Cellulari e PC danneggiano la pelle del nostro viso che può risentire di un eccessivo esposizione. Da anni, infatti, si stanno conducendo degli studi sulla HEV (High Energy Visible) ossia la luce blu emessa dai dispositivi digitali. Questa sarebbe responsabile di un precoce invecchiamento cutaneo, della comparsa di macchie e forse anche di acne. La luce blu, infatti, causerebbe stress ossidativo danneggiando la funzione barriera della cute. Inoltre, lo schermo del cellulare sarebbe un coacervo di batteri e germi (si arriva a contarne 7000 diversi) che possono provocare la comparsa di punti neri e brufoli laddove entrano contatto con la pelle del viso. Senza contare che lo sfregamento dello schermo sulla pelle aumenterebbe la secreziione sebacea delle ghiandole. In America già chiamano la zona del viso interessata "phone zone" e si stanno mettendo a punto formulazioni cosmetiche specifiche. motivo; la terza fase viene definita del “gioco problematico” e comporta conseguenze più serie come l’arrivare in ritardo a scuola o al lavoro; infine la quarta e ultima fase, ossia la dipendenza. Un altro aspetto che l’inchiesta mette in luce è che l’industria dei videogiochi non si assume la responsabilità degli effetti causati dai suoi prodotti. La teoria degli sviluppatori è che la dipendenza da videogiochi in sé non esiste ma è solo la conseguenza di cause e problematiche pregresse, come a esempio la depressione. Una giustificazione o uno scaricabarile di responsabilità tra una dipen-
denza e l’altra, sulla pelle delle persone che si ammalano e che soffrono. Infatti, volendo, essa è applicabile a tutti i tipi di dipendenze: anche la maggior parte degli alcolizzati diventa tale perché è depressa. Per fronteggiare il dilagare di queste patologie, il mondo medicoscientifico ha inziato da qualche anno a individuare dei percorsi di recupero e delle risposte specifiche, con un’attenzione particolare verso gli adolescenti della Generazione Z (i nati dopo il Duemila) e le loro famiglie. Come spiega la psicologa Maria Rosaria Montemurro, Digital Life Coaching: “servono più con-
Lo smartphone che “atrofizza” la generazione iGen Più lenti, depressi e vulnerabili, fanno meno sesso ed escono di meno: è il ritratto degli adolescenti di oggi, la generazione dello smartphone. Negli Usa li chiamano iGen, ma le loro caratteristiche valgono anche per i ragazzi di casa nostra. A lanciare l'allarme sono i pediatri dell'Associazione culturale pediatri sulla loro rivista, Quaderni. I teenager "non sono solo più sedentari e grassi, ma letteralmente sdraiati - scrive Augusto Biasini, pediatra dell'ospedale Bufalini di Cenena - sono più lenti nel correre e ogni 10 anni perdono 5 chilometri orari in velocità". Ma non è questo l'unico danno prodotto dallo stare sempre sullo smartphone, perché i giovani "sono più a loro agio in casa, sdraiati a letto, che fuori a una festa. Non escono - osserva il professore - perché la loro vita sociale è sull'iPhone. Il numero di ragazzi che esce con gli amici quasi ogni giorno è calato del 40% dal 2000 al 2015". Sono inoltre meno interessati all'altro sesso: l'appuntamento dopo essersi parlati in rete avviene solo per il 56%. Fanno anche meno sesso: nel 2016 era il 67% in meno del 1991. Unica nota positiva: sono più al sicuro da alcol e incidenti perché meno interessati a uscire di casa anche a tarda sera.
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sapevolezza, sensibilizzazione e un approccio orientato alla vita sana e alla prevenzione. Sono problemi di cui si parla ancora poco, ma l’abuso dei device digitali è correlato a problemi come ansia, stress, depressione, appiattimento emotivo, decadimento cognitivo e alterazione del ritmo sonno-veglia, con conseguenze sui rapporti sociali, la salute psichica e fisica (problemi di postura e di vista, in casi gravi anche vertigini e tachicardia)”. L’obiettivo principale della cura è aiutare a ritrovare sé stessi in primis, e poi tornare ad avere uno stile di vita sano ed equilibrato attraverso la riscoperta del senso di gruppo. Più o meno la stessa cosa che si tenta di fare nei numerosi centri per l’ascolto presenti in tutta Italia. Tra i tanti, impossibile non segnalare il centro specializzato del Gemelli a Roma aperto già nel 2009, e che oggi assiste centinaia di giovani. La medicina studia da poco questo genere di problematiche e patologie legate all’era digitale che possono seriamente compromettere la vita delle persone, a partire dall’adolescenza. Ben vengano, quindi, le campagne di sensiblizzazione e di prevenzione per mettere in guardia dai rischi che si corrono quando si abusa di internet, per favorire un uso sano e proficuo di quella che, in fin dei conti, è una delle scoperte pù rivoluzionarie e utili per l’umanità.
OVIXAN RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO
Gli eventi avversi segnalati durante la somministrazione di glucocorticoidi per uso topico comprendono: Eventi avversi correlati al trattamento e segnalati in base alla classificazione per sistemi e organi e alla frequenza Infezioni ed infestazioni
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1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE OVIXAN 1MG/G CREMA 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Un grammo di crema contiene 1 mg di mometasone furoato. Eccipienti con effetti noti: 250 mg di propilenglicole e 70 mg di alcool cetostearilico per grammo di crema. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Crema Crema inodore di colore bianco 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche OVIXAN è indicato per il trattamento sintomatico di patologie cutanee infiammatorie che rispondono a terapia topica con glucocorticoidi, come la dermatite atopica e la psoriasi (ad esclusione della psoriasi a placche diffusa). 4.2 Posologia e modo di somministrazione Posologia Adulti (inclusi anziani) e bambini (a partire dai 6 anni di età): Applicare un sottile strato di OVIXAN una volta al giorno sulle zone cutanee interessate. La frequenza delle applicazioni va successivamente ridotta in modo graduale. Una volta ottenuto un miglioramento clinico, spesso è preferibile ricorrere a un corticosteroide meno potente. Come con tutti i glucocorticoidi topici di potenza elevata, OVIXAN non deve essere applicato sul viso, se non sotto stretto controllo medico. OVIXAN non deve essere utilizzato per lunghi periodi di tempo (più di 3 settimane) o su zone estese (oltre il 20% della superficie corporea). Nei bambini, la superficie corporea da trattare non deve superare il 10%. Popolazione pediatrica - Bambini al di sotto dei 6 anni: OVIXAN è un glucocorticoide potente (gruppo III) e di solito il suo impiego non raccomandato in bambini di età inferiore ai 6 anni, poichè non sono presenti dati rilevanti alla sicurezza (vedere paragrafo 4.4). Modo di somministrazione Uso topico. 4.3 Controindicazioni Ipersensibilità al principio attivo (mometasone furoato), ad altri corticosteroidi o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1. OVIXAN è controindicato nei pazienti con rosacea facciale, acne volgare, atrofia cutanea, dermatite periorale, prurito perianale e genitale, eruzione da pannolino, infezioni batteriche (per es. impetigine), infezioni virali (per es. herpes simplex, herpes zoster e varicella) ed infezioni micotiche (per es. candidosi o dermatofitosi), tubercolosi, sifilide o reazioni post-vaccinali. OVIXAN non deve essere applicato sulle ferite o sulla cute ulcerata. 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni di impiego In caso di irritazione o sensibilizzazione con l’uso di OVIXAN, il trattamento deve essere sospeso e deve essere istituita una terapia adeguata. OVIXAN crema contiene propilenglicole, che può causare irritazioni cutanee, e alcool cetostearilico, che può causare reazioni cutanee a livello locale (per es. dermatiti da contatto). I glucocorticoidi possono alterare l’aspetto di alcune lesioni, rendendo difficile una diagnosi adeguata ed eventualmente rallentando il processo di guarigione. Se si sviluppa un’infezione, è necessario ricorrere all’uso di un adeguato agente antibatterico o antimicotico. Se non si verifica una risposta alla terapia in tempi brevi, la somministrazione del corticosteroide deve essere sospesa fino a quando l’infezione non è sufficientemente sotto controllo. Assorbimento sistemico L’assorbimento sistemico di corticosteroidi topici può produrre una soppressione reversibile dell’asse ipotalamoipofisi-surrene (asse HPA), con la possibile instaurazione di un’insufficienza corticosurrenalica dopo la sospensione del trattamento. In alcuni pazienti, l’assorbimento sistemico di corticosteroidi topici può anche causare, durante il trattamento, la comparsa di una sintomatologia da sindrome di Cushing, iperglicemia e glicosuria. In caso di applicazione di steroidi topici su zone cutanee estese o su zone con medicazione occlusiva è necessario esaminare periodicamente i pazienti per verificare la presenza di una soppressione dell’asse HPA. La tossicità locale e sistemica è un evento comune, particolarmente in seguito a un uso prolungato e continuo su zone estese di cute lesionata, nelle pieghe cutanee e in caso di medicazioni occlusive con polietilene. Non devono essere utilizzate medicazioni occlusive per le applicazioni sul viso. In caso di applicazioni sul viso, la terapia deve essere limitata a 5 giorni. Deve essere evitato il trattamento prolungato e continuo in qualsiasi paziente, indipendentemente dall’età. Psoriasi L’uso di steroidi topici nella psoriasi può risultare rischioso per diverse ragioni, quali il verificarsi di recidive da rimbalzo secondarie allo sviluppo di una tolleranza, il rischio di psoriasi pustolosa localizzata e lo sviluppo di tossicità locale o sistemica dovuta a un deterioramento della funzione di barriera propria della cute. Se il farmaco viene utilizzato per la psoriasi, è importante tenere sotto stretta osservazione il paziente. Interruzione del trattamento Come con tutti i glucocorticoidi topici potenti, si deve evitare l’interruzione improvvisa del trattamento. Quando si interrompe un trattamento topico prolungato con glucocorticoidi potenti, si può verificare un fenomeno di “rimbalzo”, che assume la forma di una dermatite caratterizzata da intenso rossore, dolore pungente e bruciore. Queste manifestazioni possono essere prevenute riducendo il trattamento gradualmente, per esempio proseguendo la terapia in modo intermittente prima di sospenderla del tutto. Disturbi visivi OVIXAN non dece essere applicato sulle palpebre, onde evitare il rischio potenziale di glaucoma simplex o cataratta subcapsulare. OVIXAN preparazioni per via topica non sono destinati ad un uso oftalmico. Con l’uso di corticosteroidi sistemici e topici possono essere riferiti disturbi visivi. Se un paziente si presenta con sintomi come visione offuscata o altri disturbi visivi è necessario considerare l’invio a un oculista per la valutazione delle possibili cause che possono includere cataratta, glaucoma o malattie rare come la corioretinopatia sierosa centrale (CFCR), che sono state segnalate dopo l’uso di corticosteroidi sistemici e topici. Popolazione pediatrica Usare con cautela nei bambini. Gli effetti collaterali segnalati durante l’uso sistemico di corticosteroidi, inclusa l’inibizione della corteccia surrenale, possono verificarsi anche con l’uso locale, in particolar modo nei bambini. I bambini possono risultare più sensibili all’influenza dei glucocorticoidi topici sul sistema ipotalamo-ipofisisurrene (asse HPA) e alla sindrome di Cushing rispetto agli adulti, in quanto la loro superficie cutanea è maggiore in relazione al peso corporeo. Il trattamento cronico con glucocorticoidi può influenzare la crescita e lo sviluppo dei bambini (vedere paragrafo 4.8). Non utilizzare medicazioni occlusive nel trattamento di pazienti in età pediatrica. La sicurezza e l’efficacia del mometasone furoato nei pazienti pediatrici di età inferiore ai 2 anni non sono ancora state stabilite; pertanto, l’impiego di OVIXAN in questa fascia di età non è raccomandato. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione Non sono stati condotti studi di interazione. 4.6 Fertilità, gravidanza e allattamento Gravidanza I corticosteroidi attraversano la placenta. Non sono disponibili dati clinici relativi all’uso di mometasone furoato in gravidanza. La somministrazione orale di mometasone furoato in studi sugli animali ha evidenziato degli effetti teratogeni; vedere paragrafo 5.3. Non sono noti i rischi potenziali sull’uomo. Sebbene l’esposizione sistemica sia limitata, le creme a base di mometasone furoato devono essere utilizzate in gravidanza dopo un’attenta valutazione dei rischi e dei benefici. Per il trattamento in gravidanza di superfici cutanee estese per periodi di tempo prolungati è necessario prescrivere corticosteroidi di bassa potenza. Allattamento Non è stato accertato che il mometasone furoato passi nel latte materno. Il mometasone furoato deve essere somministrato alle madri in allattamento solo dopo un’attenta valutazione dei rischi e dei benefici. OVIXAN non deve essere applicato sul seno né sulle zone cutanee adiacenti durante l’allattamento. Fertilità Nessun effetto noto. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari Non pertinente. 4.8 Effetti indesiderati Gli eventi avversi sono presentati in base alla classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA all’interno di ciascuna categoria di frequenza e in ordine decrescente di gravità: Molto comune (≥1/10); Comune (≥1/100, <1/10); Non comune (≥1/1.000, <1/100); Raro (≥1/10.000, <1/1.000); Molto raro (<1/10.000); Non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
Non nota
Infezioni secondarie, foruncolosi
Molto raro Follicolite Patologie del sistema nervoso Non nota
Parestesie
Molto raro Patologie dell’occhio
Sensazione di bruciore
Non nota Patologie vascolari
Visione, offuscata (vedere anche il paragrafo 4.4)
Molto raro Telangectasia Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Non nota
Dermatite allergica da contatto, dermatite periorale, ipopigmentazione, ipertricosi, strie, macerazione della cute, miliaria, reazioni acneiformi, atrofia cutanea locale, irritazione, dermatite simile a rosacea papulosa (facciale), sensibilità capillare (ecchimosi), xerosi, ipersensibilità (al mometasone)
Molto raro
Prurito
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Non nota
Dolore in corrispondenza della sede di applicazione, reazioni in corrispondenza della sede di applicazione
Un aumento del rischio di effetti sistemici e di eventi avversi localizzati si verifica in caso di somministrazione frequente, trattamento di zone estese o trattamento prolungato, nonché in caso di trattamento di aree intertriginose o con medicazioni occlusive. Casi di ipo- o iperpigmentazione sono stati segnalati raramente in relazione con altri farmaci cortisonici e possono pertanto verificarsi con il mometasone furoato. Eventi avversi segnalati durante terapie con glucocorticoidi per via sistemica, compresa l’insufficienza surrenalica, possono verificarsi anche con corticosteroidi ad uso topico. Il trattamento di psoriasi diffusa o l’improvvisa sospensione di una terapia prolungata con un corticosteroide potente può indurre una psoriasi pustolosa o eritrodermica. Il riacutizzarsi di un eczema può essere considerata come un fenomeno di rimbalzo a seguito della brusca interruzione del trattamento. Popolazione pediatrica I pazienti pediatrici possono essere maggiormente soggetti alla sindrome di Cushing e alla soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene indotta da glucocorticoidi rispetto ai pazienti in età matura, a causa del rapporto maggiore tra superficie cutanea e peso corporeo. La terapia cronica con glucocorticoidi può interferire con la crescita e lo sviluppo dei bambini. Sono stati segnalati casi di ipertensione endocranica in pazienti pediatrici sottoposti a terapia con glucocorticoidi topici. Le manifestazioni di un’ipertensione endocranica sono: protrusione delle fontanelle, cefalea e papilledema bilaterale. Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse. 4.9 Sovradosaggio Un uso eccessivamente prolungato di glucocorticoidi topici può sopprimere la funzione dell’asse HPA e dare luogo a un’insufficienza secondaria della corteccia surrenale. In caso di soppressione dell’asse HPA, è necessario ridurre il numero di applicazioni o sospendere il trattamento, osservando le cautele del caso in queste situazioni. Il contenuto di steroidi in ciascun contenitore è così ridotto da comportare una tossicità minima o nulla nell’improbabile ipotesi di un’ingestione orale accidentale. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Categoria farmacoterapeutica: corticosteroidi, preparati dermatologici; corticosteroidi, non associati. Codice ATC: D07AC13 Meccanismo d’azione ed effetti farmacodinamici Il mometasone furoato è un glucocorticoide potente del gruppo III. Il principio attivo, mometasone furoato, è un glucocorticoide di sintesi non florurato con un estere furoato in posizione 17. Come nel caso di altri corticosteroidi per uso topico, il mometasone furoato ha effetti antinfiammatori, antiprurito ed antiallergici. Efficacia e sicurezza clinica Uno studio della durata di 6 settimane e condotto su 58 pazienti affetti da psoriasi ha messo a confronto OVIXAN 1MG/G CREMA (emulsione O/A) con Elocon® 0,1% crema (emulsione A/O); il confronto è stato effettuato anche sui veicoli utilizzati per le due formulazioni. Le preparazioni sono state applicate secondo uno schema randomizzato, su lesioni accoppiate sullo stesso soggetto. Le formulazioni sono state applicate ogni giorno per 3 settimane, quindi a giorni alterni per 1 settimana e successivamente 2 volte alla settimana per 2 settimane. I risultati hanno dimostrato che OVIXAN 1MG/G CREMA è almeno altrettanto efficace (non inferiore) di Elocon 0,1% crema in termini di punteggio TSS (Total Severity Sign). 5.2 Proprietà farmacocinetiche Assorbimento I risultati degli studi condotti sull’assorbimento percutaneo dimostrano un assorbimento sistemico inferiore all’1%. 5.3 Dati preclinici di sicurezza I dati preclinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di safety toxicology, genotossicità e cancerogenicità (somministrazione per via nasale) del mometasone furoato, oltre a quanto già noto per i glucocorticoidi. Studi sulla somministrazione orale di corticosteroidi negli animali hanno evidenziato tossicità della riproduzione (palatoschisi, malformazioni scheletriche). 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Olio di cocco raffinato, Acido stearico, Alcool cetostearilico, Macrogol stearato, Glicerolo monostearato 40-55, Propilenglicole, Sodio citrato (per la regolazione del pH), Acido citrico anidro (per la regolazione del pH), Acqua purificata. 6.2 Incompatibilità Non pertinente. 6.3 Periodo di validità 3 anni. 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione. 6.5 Natura e contenuto del contenitore Tubo di plastica di polietilene laminato in alluminio con tappo a vite bianco in polipropilene. Confezioni: Tubi contenenti 15 g, 30 g, 35 g, 70 g, 90 g o 100 g di crema. È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento Nessuna istruzione particolare. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO ABIOGEN PHARMA S.p.A. - Via Meucci, 36 - Ospedaletto - PISA - Italia 8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO 043604014 - “1 MG/G CREMA” 1 TUBO IN PE/AL/PE DA 15 G 043604026 - “1 MG/G CREMA” 1 TUBO IN PE/AL/PE DA 30 G 043604040 - “1 MG/G CREMA” 1 TUBO IN PE/AL/PE DA 35 G 043604053 - “1 MG/G CREMA” 1 TUBO IN PE/AL/PE DA 70 G 043604065 - “1 MG/G CREMA” 1 TUBO IN PE/AL/PE DA 90 G 043604038 - “1 MG/G CREMA” 1 TUBO IN PE/AL/PE DA 100 G 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE 30/04/2015 - 18/11/2017 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO 12/2017 Crema tubo 30 g Crema tubo 100 g Classe A - Nota 88 - RR
Euro 5,92 Euro 17,96
1. Berg M. et al. Adv Ther 2013; 30(5): 503-516 - Abiogen Pharma S.p.A. - Materiale promozionale depositato presso AIFA in data 17/01/2018
mometasone furoato
Qualcosa di noto in qualcosa di nu vo per la pelle
1
Ovixan Crema 30 g
CLASSE A Nota 88 - RR
Ovixan Crema 100 g
CLASSE A Nota 88 - RR