OSSOLA.it n3 Cultura

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anno II - numero 3 - 2009

OSSOLA .it

Valli Antigorio, Divedro, Formazza L’Antico cammino degli Autani L’ultimo volo di Geo Chavez

CULTURA

Gli affreschi in Ossola


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Sommario Anno II - N. 3 - 2009 Sede e redazione Via Madonna di Loreto, 7 28805 Vogogna (VB) Tel. 329 2259589 Fax 0324 88665 info@ossola.it

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A proposito di... Cultura

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Alpe Devero Il Lago delle Streghe

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Crodo Il Muro di Arvenolo

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Valle Antigorio Arterie di Pietra

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Valle Divedro Mulattiere in Val Divedro

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Valle Formazza Tante storie in una storia

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Valle Antrona Procedaemus: l antica invocazione de l Autani

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Domodossola L ultimo volo di Geo Chavez

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Ornavasso Terra di storia e leggende

Editore Faggiana Riccardo Vogogna (VB) - Tel. 329 2259589

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Alla scoperta degli affreschi dell Ossola

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La Repubblica dell Ossola

Direttore Editoriale Riccardo Faggiana Redattori Riccardo Faggiana, Massimo Parma, Claudio Zella Geddo Coordinamento grafico e impaginazione Eleonora Fiumara eleonora@ossola.com Collaboratori Rosella Favino, Marilena Panziera, Alice Matli, Monica Mattei, Fabio Pizzicoli, Carlo Solfrini. Hanno collaborato in questo numero Comunità Montana Antigorio-Divedro-Formazza, Comune di Domodossola, Comune di Ornavasso, Flavio Caffoni, Marianna Rampini, Giorgio Rava, Marco Valsesia, Francesco Vaudo, Cristian Veldman, Michela Zucca. Fotografia Archivio © Faggiana Riccardo, Luca Chessa, Anna Proletti, Michela Zucca. Comunità Montana ANDIFOR Traduzioni Chiara Cane, Federico Manera Easy English

Ossola.it è un periodico registrato presso il Tribunale di Verbania in data10/04/08 con il n. 3/08.

© 2008: É vietata la riproduzione anche parziale di foto, testi e cartine senza il consenso dell’editore. Tutti i diritti sono riservati.

Direttore Responsabile Massimo Parma

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a proposito di... di Marilena Panziera - Comunità Montana Valli Antigorio - Divedro - Formazza

L

a parola cultura deriva da culto, che vuol dire a sua volta cura verso gli dei, di derivazione latina è direttamente connessa al verbo coltivare, come concetto umanistico di formazione individuale. Nella versione moderna o antropologica è l’insieme dei costumi, delle usanze e credenze, nonché dei valori ed ideali di singoli e popoli. Il concetto è stato definito con pragmatismo dalla sociologia moderna, che ha investito dell’aggettivo culturale anche aspetti della vita delle persone diversi dalle espressioni concettuali o di fede, ad esem4

cultura

pio oggigiorno si parla anche della cucina come espressione culturale, e già da tempo si intendono come fenomeni culturali la musica o la filmografia. È grazie al sociologo ed antropologo francese Emile Durkheim, vissuto a cavallo tra 800 e 900, che la cultura composta dall’insieme di usanze come rappresentazioni culturali viene riconosciuta come vero collante della società, ancor più che altri aspetti come la politica o l’economia, che sono subordinati dall’impostazione culturale delle manifestazioni umane, specie nella forma della morale e del diritto. È certo che la cultura in tutte le sue ma-


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nifestazioni è processo di sviluppo e mobilitazione delle facoltà dell’uomo, che si esprimono appunto in un insieme complesso che include: sapere, arte, religione, morale, diritto, costume ed ogni altra espressione umana nella società. La società della fascia subalpina, in cui è posta l’Ossola, è espressione di varie popolazioni, che nei secoli, hanno lasciato un’impronta visibile nella moderna società ossolana. Con la lingua, le credenze religiose, l’abbigliamento e le modalità di svago, che in quest’epoca di cultura globalizzata, sono visibili ed analizzabili come bagaglio d’esperienze che hanno determinato l’assetto socio-culturale odierno. Tra le peculiarità più note che caratterizzano la società ossolana della fascia montana, vi è l’influenza walser, che deriva dalla ormai nota migrazione di popolazioni germaniche stanziatesi inizialmente in Svizzera e poi con migrazioni successive anche in Val Formazza e da qui in tutto l’arco alpino. La sua singolarità l’ha resa resistente all’influenza delle culture romanze provenien-

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ti da sud e nei suoi attuali rappresentanti è contraddistinta da un senso d'appartenenza ancora molto vivo. Nelle valli più basse, l'Ossola è ricca d'esempi di cultura legata al tratto tipico della terra di confine, crocevia di civiltà in transito tra il mediterraneo ed il vicino nord Europa. Queste correnti culturali in transito, nel medioevo hanno lasciato testimonianze di architettura romanica costituita principalmente da Chiese, ma anche da qualche fortezza che ha garantito la presenza vigile della nobiltà lombarda a difesa dei confini sempre insidiati dalle popolazioni svizzere di origine celtica stanziatesi sul versante opposto della catena lepontica. Anche dallo scontro tra le due culture si è caratterizzata la società attuale. Nei secoli trascorsi tra il medioevo e l’unità d’Italia, la cultura derivante dalla matrice storica originaria e tutte le contaminazioni successive, avevano dato origine, anche a causa dell’estrema asprezza delle condizioni di vita possibili in quei secoli, ad una cultura rrurale di tipo agricolo famigliare non si sono distinti movimenti sodove no politici di particolare rilievo. ciali o p Antonio Rosmini, veneto, stabiÈ con A nel 1828 presso il Sacro Monte litosi n Calvario, che un pensiero filosofico-criCalvar stiano partirà dall’Ossola verso i teatri dispute risorgimentali. L’ideolodelle d gia ro rosminiana, fu determinante per la promozione della soluzione unitaria prom dell’I dell’Italia, frammentata e martoriada dispute annose, che ha trovata d nella critica del perfettismo e del to n disp dispotismo un esempio virtuoso di lotta all’assolutismo. lott Quindi non solo cultura legata alla Qu terra ed alla povertà di un passato ter duro, ma anche spunti culturali di du vasto respiro che influenzano anva cora il mondo di oggi. co


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Alpe Devero

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Giorgio Rava Con questo numero iniziamo la pubblicazione delle intriganti e affascinanti raffigurazioni geografiche di Giorgio Rava. Una sorta di geografia dell’immaginario, che prendendo a pretesto la nostra Ossola, ci porterà viandanti in terre colorate e libere.

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VALLI ANTIGORIO - DIVEDRO - FORMAZZA

Il Lago delle Streghe

(Alpe Devero) di Michela Zucca


all Alpe Devero andando verso Crampiolo, ad un certo punto si nota un indicazione inquietante: Lago delle Streghe. Seguendo il sentiero, si arriva sulle rive di un laghetto incantevole, posto ideale per prendere il sole d estate. Sul fianco del meraviglioso specchio d acqua, una rupe tagliata in due. Davanti, un bel sassone quasi squadrato. L amenità del luogo riesce a nascondere bene i segni antichi, i simboli incisi nella roccia o nascosti fra le onde: le tracce di un conflitto di religioni che fece migliaia di vittime in tutto l arco alpino. E anche qui, fra Croveo e Baceno, contò decine di morti ammazzati o lasciati perire di stenti nelle fredde celle delle galere dell Inquisizione di Novara, preparate apposta per accogliere chi ancora nel XVI e XVII secolo si ostinava a seguire i riti di culti millenari, collegati alla natura e alla fertilità delle donne. Oppure chi non riusciva a distinguere le differenze fra protestanti e cattolici, e continuava ad assumere svizzeri riformati come lavoranti. E ad andare su e giù per le montagne a far commercio, su piste frequentate fin dal Paleolitico adesso sbarrate in nome di una fede incomprensibile a questi montanari che si rivolgevano agli spiriti delle rocce, degli alberi, dell acqua se perdevano il cammino... Quando, fra il 1560 e il 1570, i cacciatori di eresie risalgono per la prima volta la Valle Antigorio per cercare di

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evitare infiltrazioni protestanti dalla Svizzera, non trovarono calvinisti, o eretici ribelli alla religione di stato. Per quella gente, abituata da millenni a scavalcare i versanti e a parlare diverse lingue, le regole religiose ufficiali, imposte da vescovi cittadini, che obbedissero al papa di Roma piuttosto che ad un consiglio di laici riformati ginevrini, avevano ben poca importanza. Gli inquisitori incontrano invece - e in gran quantità - streghe, stregoni, comportamenti e superstizioni legate alla magia, testimonianze di culti pagani ancora vivi e praticati da chiunque: perfino dai preti del posto. Trovano anche una morale sessuale libera e libertaria, giustificata dai riti della fertilità che dovevano assicurare discendenza a uomini e bestie, praticata in feste in cui avvenivano accoppiamenti in posizioni non approvate dalla Chiesa (la quale d altra parte ne permetteva una sola...). Tutti atti che vennero immediatamente catalogati come indotti dal Demonio e quindi meritevoli di torture e di condanna. D altra parte, il cristianesimo aveva tardato secoli ad infilarsi su per quelle valli. E anche i suoi ministri, costretti a condividere l esistenza con gente senza dio e senza morale, vengono contaminati dalla dissolutezza dei costumi e delle credenze pagane della gente delle montagne. Domenico Zuffo, parroco di Crodo fra il XVI e il XVII secolo, fu processato quattro volte per condotta immorale e violenta, rimosso e reinsediato in parrocchia, e alla fine allontanato: fra il resto, teneva in casa i figli avuti dalla convivente. Nel 1579 il cadavere di Francesco del Molino, canonico della collegiata di Domodossola, fu rinvenuto con diversi libri de scongiure et de incantamenti con mille altre forfantarie et instromenti diabolici che solo a vederli fano arizzar li cappelli . Tra questi, un libriccino in cui si scongiurava il spirito con un pezo di osso et


carne humana una cartilagine de una creatura natta vestita in uno Agnus Dei con certi caratteri diabolici . E poi ancora libri scritti a mano che non contengono che incantamenti et scongiur... Altro che le orge di qualche povera strega!!!!! Certo, qualche cosa quelle donne avranno pur fatto. Al Lago delle Streghe, lo racconta il posto stesso: perché sulla roccia, resa liscia da probabili riti di sci-

volamento che servivano ad assicurarsi la fertilità e la grazie di un figlio, come migliaia sparse in ogni angolo dell arco alpino, sono incise due croci e due lettere: S e C, forse le iniziali del nome dello zelante inquisitore che tentò di cristianizzare la rupe. La forma del macigno ricorda l organo sessuale femminile: è tagliata nel mezzo, e, passando attraverso la fessura, si arriva ad una cavità oscura, l ideale per quei riti di iniziazione che sono testimoniati da più fonti, nei processi, nei manuali di confessione e nei divieti ecclesiastici. Ricordiamo che diverse fra le donne di Croveo e Baceno processate a più riprese (alcune anche a distanza di 35 anni fra una sentenza e l altra!), riferiranno che il demonio si manifesta vicino ad una rupe, in una cavità dietro la roccia. Non solo: proprio davanti alla parete solcata Immagini: dall’alto: l’abitato di Croveo e il Lago delle Streghe

dal taglio sottile, si trova un altro sasso, di forma vagamente quadrangolare, piatto in superficie: sembrerebbe quasi un leggio, un pulpito per poter fare un discorso, lanciare delle invocazioni, intonare un inno, rivolgersi ad un pubblico che poteva comodamente seguire dalle rive del lago. E se le rocce, nell antica religione della natura, che chiamiamo celtica ma che sicuramente risale a millenni prima, a quel mitico popolo dei Leponzi che abitava queste valli dalla notte dei tempi e che poi si mischiò con le tribù venute dall oriente e dal nord, rappresentavano le ossa della terra, l acqua simboleggiava la fonte stessa della vita. E il lago nella conca, l utero generatore. Ancora oggi, nei Grigioni, i massi erratici da cui sgorga l acqua sono chiamati moma velha , madre antica , e l alpeggiatore che sale 13



ai pascoli alti deve baciarli, altrimenti lui e le sue bestie possono incappare in qualche brutto guaio. Il richiamo al divino femminile è tanto forte che chi è venuto dopo si è sentito in dovere di mettere una Madonna fra le acque del lago, forse per cacciar via le influenze delle dee arcaiche che dovevano farsi sentire potenti in quel posto. Perché le nostre streghe, interrogate a più riprese nel corso di quelli che oggi

di omaggiarlo come serve e concubine: ognuna di loro ha il suo diavolo personale, con nome proprio, proporzionato all età della strega; il quale è dotato di straordinarie qualità sessuali, nel senso che possiede un membro biforcuto, che può penetrarle contemporaneamente da due parti diverse (!). Non solo: peculiarità unica nell intero arco alpino, che ribadisce l antichità del culto rinvenuto in Valle Antigorio, non intaccato dal-

potremmo definire maxi processi, rilasciano dichiarazioni sconvolgenti. Gli zelanti sbirri dell inquisizione sentono racconti che vanno al di là dell osceno stereotipo della strega schiava sessuale del demonio senza nemmeno ricorrere alla tortura. Le testimonianze sono talmente strane che arrivati ad un certo punto i giudici smettono di fare domande e passano avanti. Ma che cos hanno da dire queste donne di Croveo e di Baceno? Che sicuro, loro conoscono il Demonio, nero peloso cornuto e con le orecchie a sventola, che suona il violino, e che si comporta né più né meno come un maestro di cerimonie. Ma che non si sognano neppure

la cultura maschilista romana prima e cristiana poi, la presenza di demoniesse che si accoppiano con gli stregoni! Interrogate (immaginiamo la curiosità perversa dei frati inquisitori) su che cosa facessero i maschi con le diavolesse, le nostre signore, sdegnate, rispondono ai pii preti che mica lo possono sapere, loro! Emerge, in questi racconti, la concezione primitiva della stregoneria, in cui la donna (e, in misura minore, l uomo) era sacerdotessa di un culto sciamanico in cui gli spiriti guida venivano evocati per mettersi agli ordini di chi li chiamava dal regno dell aldilà o, anche, dalla terra dei morti. Luogo mitico e tabù, che veniva

Immagini: p.14: parƟcolare dell’incisione

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collocato sulla cima delle montagne, fra i ghiacciai, e che non poteva essere nominato. Streghe e stregoni fanno fatica a pronunciare il nome sacro del Cervandone, dove abitano i diavoli , cioè le divinità arcaiche della vita e della morte, demonizzati dai cristiani ma non per questo privati del potere di controllare gli elementi. Prima di recarsi sul luogo del Sabba, e di evocare il demonio, le donne di Croveo si ungono con una pomata di cui gli inquisitori cercano ad ogni costo la ricetta. Non si conoscono gli ingredienti esatti dell unguento usato nella Valle Antigorio; ma dai verbali di molti altri processi, sono stati raccolti gli elementi che servivano per confezionare un potentissimo elemento allucinogeno. Di fatto, essenze psicoattive ma velenose e mortali se prese per via orale, come la belladonna, la cicuta, lo stramonio, e non si esclude neanche l oppio (ricordiamo che allora i valichi alpini erano trafficati più di oggi, e che era proprio la gente delle valli che organizzava i transiti ed il trasporto delle merci), rinvenuto in alcune ricette, venivano manipolate e mescolate con un eccipiente grasso, di solito lardo di maiale. Niente a che vedere, ovviamente, con il grasso di bambino morto non battezzato, o tirato fuori dalla tomba e simili amenità. Poi la crema veniva spalmata sulle parti del corpo più irrorate dal sangue, o dove la pelle era a stretto contatto con ghiandole linfatiche, principalmente le mucose vaginali, l inguine, le ascelle, il collo, in modo da diffondere in maniera istantanea la sostanza allucinogena nell intero organismo e da raggiungere il cervello. Prove fatte da scienziati del tempo e da tossicologi odierni confermano che l effetto di questo tipo di droghe sia quello di librarsi in aria: proprio ciò che riferiscono le streghe, che dicono di volare al sabba sulle spalle dei propri demoni.

Fatto sta che fra quelle processate, torturate e arse al rogo dal vescovo di Novara Buello nel 1574-75, e quelle processate ma non torturate, lasciate morire nei sotterranei del vescovado dal Bascapè nel 1609-10, sono parecchie decine le donne accusate di stregoneria nella valle Antigorio. Probabilmente, all elenco se ne aggiungerebbero molte altre, chissà come ma l archivio della Santa Inquisizione di Novara viene opportunamente bruciato in piena epoca illuministica, dopo la metà del Settecento, appena prima che qualche studioso potesse metterci sopra le mani.

EN The Lake of the Witches in Devero (Baceno).

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n the high alpages in Devero Valley, there is a beautiful little lake called Lake of the Witches. Some mysterious petroglyphs tell us the ancient history of a religious war, fought between the Christian judges of Inquisition and the worshipper of the ancient rituals of Mother Nature. In this areas, dozens of women have been tortured and executed with the accusation of witchcraft in XVI and XVII century. Their voices and history could not reach our books, because Novara’s archive of the Inquisition tribunal was “occasionally” burnt in XVIII century, before scholars could make any research on it.

i nfo Per saperne di più: Giambattista Beccaria, Le streghe di Baceno, in Giambattista Beccarla, Tullio Bertamini, Alberto De Giuli, Domina et Madonna La figura femminile tra Ossola e Lago Maggiore dall antichità all Ottocento, Antiquarium Mergozzo, 1997

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Il Muro del Diavolo di Arvenolo di Crodo di Michela Zucca


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alendo da Crodo alla piana di Arvenolo, si notano strane formazioni ai lati della strada, qua e là per i prati: curiose composizioni di pietre in parte infisse nel terreno, un po ammonticchiate una sull altra, senza nessuna ragione apparente, perché non sono i resti delle terrazze che i popoli alpini costruivano per imbrigliare i versanti e per estendere la superficie di terra coltivabile. Né le macerie di case franate. Sono sassi che sembrano ammucchiati lì, dimenticati alla fine di un gioco di giganti. Peccato che nessuno pensi che la gente delle montagne non era poi così stupida da spostare tonnellate e tonnellate di materiale per sport. Allora erano altri tempi: non si facevano sforzi ingenti per divertimento. Arrivati in cima, di fronte ad un paesaggio mozzafiato che spazia dalla Valle Antigorio all imbocco della Valle del Devero, antichissima via di transito lungo il passo dell Arbola, si nota una grande muraglia di pietra, con una porta al centro sovrastata da un massiccio architrave. E alta m. 6,30, con un fronte di 20 metri che, dopo essere rientrato di 13 metri, ne prosegue per altri 40. E stato oggetto di studi e di rilievi fin dall inizio del secolo. La tecnica di costruzione ricorda un po quella, celeberrima, dei muri incaici di Cuzco, in Perù: gli enormi macigni non sono squadrati, ma scelti in maniera da adattarne le forme alla bisogna. Sorprende che il muro di Crodo sia migliaia di anni più antico di quello di Cuzco. Malgrado la grandezza delle pietre, e la loro forma irregolare, l effetto è di straordinaria armonia, perché le varie componenti combaciano perfettamente uno con l altro: soltanto quando si è proprio davanti, si riesce a percepire la dimensione effettiva del muro. Non si riesce però ad immaginare con quale tecnica, e con quanto sforzo quelle popolazioni siano riuscite a costruire una muraglia simile. E, soprattutto, il motivo di tanta fatica. La tradizione popolare assegna al Diavolo 20

il merito di tanta perizia. Si dice che Belzebù tentasse di fabbricare un ponte di collegamento fra i due versanti della valle, per poter scagliare l intero cocuzzolo della montagna sugli abitanti di Cravegna, colpevoli di essere troppo devoti al Dio cristiano. Ma per intercessione della Madonna, interviene San Martino che batte il demonio in singolar tenzone. E, mentre la spalla del ponte sta ad Arvenolo, un masso a 2,300 metri di quota, al passo della Forcoletta, porterebbe ancora le impronte della sua schiena, delle sue corna


e delle sue unghie. A perenne ricordo del fallimento dell impresa diabolica. Lucifero è considerato il migliore architetto dell intero arco alpino. Specialmente quando ci si trovava di fronte a manufatti che dovevano risalire a millenni prima dell avvento di Cristo, e quindi testimoniavano che era esistito qualcuno ben capace di opere insigni anche senza l aiuto di sapienti di città e di preti, era automatico attribuire la paternità di realizzazioni come quelle al lavoro del demonio. Anche le divinità di quei montanari vengono

trasformate in esseri maligni e tentatrici dai rappresentanti dell autorità costituita. Praticare il loro culto, anche segretamente, divenne causa di condanna per stregoneria, eresia, torture e roghi. Se ci si guarda intorno, qui sugli alpeggi di Arvenolo, lo stupore aumenta. Perché il muraglione ciclopico è solo una parte di un complesso molto più esteso: l intera piana è circondata da muri a secco che la circondano in una specie di cerchio. Più o meno al centro, di spalle al versante, un masso erratico abbastanza grande da po-

Immagini: il muro del Diavolo

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terci salire sopra, in posizione dominante. Un altare? Il mistero si infittisce se si considera il fatto che i saggi di scavo condotti dalla Sovrintendenza archeologica del Piemonte dimostrerebbero che la muraglia non era soltanto il sostegno di un terrapieno, ma costituiva la recinzione monumentale di strutture formate da più vani delimitate da pareti. La funzione di queste stanze nascoste rimane però sconosciuta: sarebbe necessaria una campagna di scavi, che non si limitasse al ritrovamento casuale di pezzi di vaso (!), affiancata da uno studio antropologico puntuale che cercasse di attribuire un significato plausibile ad una struttura che si presenta complessa e di difficile interpretazione. Ad un primo esame, di sicuro possiamo dire che siamo di fronte ad un castelliere: una di quelle opere arcaiche, edificate da 22

popoli misteriosi in epoca imprecisata (ma frammenti di ceramica rinvenuti lì attorno dicono che il sito è frequentato almeno dall Età del Ferro. Anche se quelli che frequentavano il posto prima, probabilmente, non usavano la terracotta per fare i vasi), per sostenere i terrapieni in cima alle montagne. Praticamente, gli ingegneri dell età delle pietra (il megalitismo in Europa viene datato fra i 6.000 e il 4.000 anni fa) costruivano un muro tutt attorno alla cima di una collina o su un poggio in posizione strategica, e poi lo riempivano di terra, in modo da renderlo pianeggiante e quindi adatto ad ospitare qualcos altro. Che cosa? Con ogni probabilità, case di legno che venivano occupate in situazioni di emergenza (di solito le tribù conducevano una vita nomade basata sulla transumanza, tipicamente alpina, al seguito di greggi e mandrie, come, d altra parte,


succede anche adesso quando si pratica l alpicoltura tradizionale). Quasi con certezza, si può affermare che il castelliere contenesse anche un luogo sacro, composto, di solito, da un masso-altare, da un albero, da una sorgente. Spesso era recintato da lastre litiche infisse nel terreno, o da steccati di legno. In realtà, di quella gente noi sappiamo ben poco. Alcuni studiosi affermano che le grotte di Sambughetto, in valle Strona, fossero frequentate dall uomo di Neanderthal qualcosa come 10.000 anni fa o più. Nel Mesolitico (IX-VI millennio a.C.) si sono ritrovate tracce di accampamenti stagionali di cacciatori raccoglitori all Alpe Veglia. Ma questi rari reperti sono insufficienti per un interpretazione che vada al di là della presenza umana. Si potrebbero aggiungere altri due dati: i valichi che collegano i due versanti dell arco alpino, aperti e frequentati durante l intero corso dell anno, nel Neolitico erano più di 200 e adesso (escludendo i trafori) sono solo 12. Ciò vuol dire che allora la gente si muoveva moltissimo e i traffici e i commerci erano attivi. Non solo: le popolazioni alpine erano tecnologicamente le più avanzate dell intero continente. Il ritrovamento dell ascia di rame dell uomo che stava attraversando il ghiacciaio del Similaun, su sentieri percorsi dai pastori transumanti da migliaia e migliaia di anni, ha dovuto far retrodatare l età del Bronzo di parecchi secoli. Il secondo fattore di peculiarità riguarda la presenza dell uomo di Neanderthal accanto all Homo Sapiens. Ciò che si credeva prima delle ultime scoperte, era che il Neanderthal fosse inferiore al Sapiens come grado di civilizzazione; ragione per cui (le giustificazioni sono sempre le stesse, anche dopo tanto tempo) il Sapiens si impose con le armi e distrusse il proprio

simile meno acculturato. In realtà adesso si sta scoprendo che le due razze erano pari, ma diverse. Quindi anche quel conflitto, fu solo una guerra di sterminio per la supremazia sul territorio. Le tribù di Sapiens distrussero quelle neanderthaliane ovunque tranne che in arco alpino. Dove è testimoniata la compresenza delle due specie per secoli e per millenni. Forse le tante leggende dell Uomo Selvatico tramandano, in forma mitica le vicende di questa antica guerra? Quel poco che possiamo ricavare dalle fonti scritte proviene dai resoconti dei generali romani che (comunque un paio di millenni dopo la costruzione del complesso megalitico) furono mandati da Roma per annientare le popolazioni alpine. Sulle montagne, l impero romano dimentica la proverbiale tolleranza, dato che quei barbari montanari furono ritenuti inassimilabili e quindi da eliminare senza pietà. Non perché non fossero civili: Cesare parla dei druidi come degli uomini più colti e più sapienti del tempo. Intellettuali che conoscevano

molte lingue, che possedevano scuole di specializzazione nel folto dalle foreste, in luoghi segreti per poter completare una formazione che durava vent anni (come un nostro corso di studi 23


completo, dalle elementari all università) senza essere disturbati. Professionisti della religione, dell arte, della politica, ma anche ingeneri e architetti che avevano scelto di tramandare le proprie conoscenze per via orale, fra gli iniziati, per non correre il pericolo che informazioni riservate potessero cadere in mani sbagliate. Non perché non sapessero scrivere: tanto che negli ultimi anni, sempre più si riescono a riconoscere, in quelle che sembravano incisioni tracciate per sbaglio delle vere e proprie lettere che componevano un alfabeto, simile a quello etrusco. Perché mai quella gente avrebbe dovuto mettersi ad incidere la pietra per errore? O soltanto per passare il tempo? Chi ha fatto queste affermazioni ha mai pensato di provare a scavare nel granito anche una sola, piccola linea?! Si sono anche ritrovate delle steli bilingui, che, però, non sono riuscite a spiegare gli enigmi che caratterizzano le culture preistoriche alpine e di matrice celtica. Infatti, quelle iscrizioni non narrano una storia, non identificano dei bilanci, non definiscono delle leggi: sono solo invocazioni a Dio, agli spiriti, alle Madri. Il significato è unicamente religioso e propiziatorio. Il mistero rimane. Al livello attuale delle scoperte. Ancora oggi, gran parte delle chiese, dei castelli, degli insediamenti alpini ni affonon dano le proprie fondamenta sui ui quei castellieri. Gli antichi Leponzi, popolazioni di origine autoctona che si incrociarono poi con le tribù celtiche migrate dall est, dovevano possedere una notevole conoscenza della tecnicaa ingegneristica, soprattutto con-siderando i luoghi in cui queste e opere d arte furono posizionate, e, di sicuro non facili da raggiungere re con carri o animali da soma. Strano no che storici e archeologi abbiano no sempre sottovalutato la cultura dii queste antiche genti, catalogate ate

come primitive soltanto perché non hanno lasciato testi scritti, o insediamenti urbani. D altra parte, accade lo stesso con le tribù irlandesi o bretoni che edificarono straordinari siti sepolcrali ben prima delle Piramidi, scoperti soltanti pochi decenni fa perché nascosti sotto colline che nessuno si degnava di scavare. Guardando manufatti come questi, sarebbe il caso di riconsiderare la nozione di civiltà, e attribuire il giusto posto agli Alpini nella storia della cultura umana.

EN The DevilÊs Wall of Arvenolo di Crodo

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n the alpages of Arvenolo, municipalty of Crodo, there is an enormous wall made of stones: it is 6.30 metres high, with a front of 20 metres, and it is more than 50 metres long. We ignore who could have built it in that place, and why. Archaeologists say that it hides several rooms that have not been discovered yet. Surely it is several thousand years old, and it belongs to the same culture that has disseminated Europe with megalithic masterpieces. Popular tradition attributes its building to the Devil. But it was the ancient pre-historical population of these mountains, the Leponzi, who built it.

Immagini: aerea sull’abitato di Crodo

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Immagini: Balmafredda


„ UnÊescursione in Valle Antigorio alla ricerca di una tradizione radicata quasi completamente perduta ‰

di Claudio Zella Geddo

Arterie di pietra N

el percorrere le nostre montagne questa volta andiamo a cercare qualche antica traccia in Valle Antigorio. Da Premia ci si diriga all orrido di Balmafredda Balmafredda, palestra di free-climbing, per poi svoltare sulla rotabile che conduce a Crego. Qualche minuto per osservare l insolita ma bellissima chiesa, edificata con fede e fatica da Don Lorenzo Dresco con pietra di casa, per poi portarsi lungo la strada asfaltata verso il cosiddetto muro del diavolo di Arvenolo. Una significativa struttura ad esedra la cui funzione è ancora avvolta nelle affascinanti nebbia d antichissimi culti nordici. In Ossola s incontrano spesso manufatti in pietra a secco - vale a dire senza l impiego di alcun legante (come la calce) - frutto di una tradizione radicata ma ormai quasi completamente perduta. 27


Camminando sempre in piano, dopo un quarto d ora, giungiamo nei pressi di una costruzione accanto ad un bivio, lì incrociamo la vecchia via che sale da Maglioggio; seguiamo l indicazione per Aleccio. Percorriamo allora un luminoso bosco, ben tenuto e non danneggiato in misura troppo visibile dalla sterrata che, in prossimità d alpeggi, lascia ogni tanto il passo a consumati lastricati assai suggestivi. Circa un ora di salita regolare ci porta agli ampi pascoli di Aleccio, lussureggianti di fiori e vivacizzati da ali di baite ristrutturate. Troviamo anche il simbolo di un attuale devozione nelle forme svelte di una cappella di recente costruzione. Nel luogo ove ci troviamo quello che si può mirare è veramente stupefacente, tanto da distendere l occhio nelle esatte proporzioni dell infinito. Da destra verso sinistra la Punta di Tanzonia, il Monte Gorio (che dà il nome alla valle), il Cervandone sopra il Devero e l ampio teatro

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Immagini: il corno del Cistella - p. 29: La Ɵpica genziana

dolomitico del Passo Cornera, l Helsenhorn, il Corno Cistella - picco di roccia al cielo - il Cistella, la Val Bondolero e il Monte Cazzola e quindi l argento regale del Lagginhorn e della Weissmies, rilucente sopra lo scuro del Seehorn. E ancora, in una cavalcata entusiasmante, le cime di Bognanco, la Colma di Crevola, la valle del lago d Andromia, il Moncucco sopra Domodossola, il Pizzo Castello e la catena selvaggia e ancestrale della Bassa Ossola. Fermarsi sul velluto di questi prati, perdersi tra le rifrazioni di rocce e nevai è quello che un posto come Aleccio chiede a chi lo visita. All inizio dell alpeggio, si percorra una traccia evidente, a sinistra per chi sale, che ci menerà in un giovane lariceto profumato e ricolmo, nella bella stagione, di genziane coloratissime, mentre sullo sfondo scorgiamo la bianca chiesa di Salecchio. Alle prime baite che s incontrano, dopo circa trenta minuti, troviamo le segnalazioni per Bee; ci si


abbassi perciò seguendo , di quando in quando, i segnavia rossi. Attraversiamo quindi il rio Alba sotto una cascata che precipita sul sentiero tra preziosi giochi d acqua e luci e in quindici minuti siamo a Bee, bell alpeggio contornato da prati ordinati e rigogliosi. Sempre accompagnati dalle quinte rilucenti dei monti a specchio in fronte a noi, prendiamo un sentiero in basso segnalato su di un masso con una traccia vermiglia assai sbiadita. Scendiamo rapidamente e oltrepassato il gruppo di baite di Boschetto troviamo una delle ragioni del nostro andare. Una mulattiera in elevato di pietra, che mantiene la stessa grandezza sia in trincea che in rilevato, gradonata grazie alla consumata abilità di generazioni di montanari con grossi massi ciclopici a gravità opus reticolatum . E opera di altissimo ingegno e fattura che ben raramente è dato incontrare, anche per il grado di conservazione, sulle antiche arterie di pietra delle Alpi. Persino i tornanti sono arrotondati a compasso e nei punti maggiormente aggettanti sono inusualmente dotati di parapetti monolitici. Facile intravedere la fatica e le capacità usate per edificare una tale strada, che mirava a permettere la monticazione di sempre nuovi pascoli a chi ne aveva grande bisogno, cercando comunque di tutelare il bene più prezioso dell alpigiano: la vacca. E singolare come dal basso tutto sembri impraticabile, aspro ma comunque straordinario grazie ai 350 metri di salto della cascata del rio Alba. Immaginiamo poi come la bastionata rocciosa abbia impensierito non poco i valligiani, che dovettero escogitare una soluzione validissima. Divalliamo rapidamente per boschi superando una croce infissa su di un monolite roccioso ed in breve siamo a Cagiono (50 minuti da Bee). Attenzione al lavatoio: l acqua non è potabile. Ora per

tornare al punto di partenza prendiamo l asfaltata e nei pressi di una costruzione tondeggiante, seguiamo una traccia sulla sinistra che ci condurrà alla Toce. Passare un ponte e poi a vista, tenersi per prati, senza mai scendere al fiume, sotto Premia e raggiungere la strada per Crego e da lì risalire ammirando le forre che il corso d acqua profila.

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EN

Stones Arteries

Roaming through our valleys, this time we go to seek some “ancient traces” in the Antigorio Valley. From Premia let’s head towards the Balmafredda ravine, a free-climbing spot, just to turn on the way which leads to Crego. A few moments to admire the unusual but beautiful church, built with faith and hard work by Don Lorenzo with local stones, and little farther on we will find ourselves heading towards. The so called “Devil’s wall” of Arvenolo. A significative structure linked with ancients Nordic cults. In Ossola is still possible to find “dry” stone hand-made constructions - built without using any binding factor (like lime)- the result of a rooted tradition almost completely forgotten. After a quarter of an hour walk we will come across the old path that winds up from Maglioccio and we’ll proceed towards Aleccio. We’ll go through a shining and well-kept wood, which has not been damaged by the outer terrain. About an hour walk uphill and we are in the wide Aleccio’s pastures, flanked by refurbished montains huts and full of flowers. Also present a chapel of recent contruction as a symbol of renewed devotion. The landscape is simply breathtaking, as much as the eye can gaze into the infinite. From the right to the left, Tanzonia Peak, Gorio Mountain, Cervandone above Devero, the dolomitic Passo Cornera, Helsenhorn, Cistella Horn, Cistella, Bondolero Valley, and Mount Cazzola, along with the silvery royals Laggihorn and Wessmies shining against the seehorn’s darkness, continuing with the numerous following peaks. Remaining for a while on the velvet of these meadows is what Aleccio requires from a visitor. At the beginning of the glen, it is advisable to tread a path which will lead us to a youg wood of larches, scented and laden with colourful flowers, while on the background we can perceive the white church of Solecchio. After 30 minutes walk, we’ll find indications to reach Bee. Let’s wade the Alba River under a waterfall that leaves on the path a lovely flourish of light and water, and in 15 minutes we are in Bee. Always accompanied by the bright mirror of the mountains in front of us, we set out on a path singled out by a fading purple sign on a boulder. We quickly go downhill and walking beyond the Boschetto’s cabins we meet one of the reason of our trip. A small path which keeps the same size either in a cutting or in an embankment, thanks to the skill of generations of mountaineers who had used huge boulders at “opus reticolatum” gravity. It’s a masterpiece og ingenuity and craft that is rarely found anywhere on the ancient Alps’ stone arteries. It is easy to understand the effort and the skill exhibited to build such a road, which aim was to allow the access to ever new pastures to whom most needed it and to preserve nfo the greatest good of all: the cow. Afterwards let’s get swiftly downhill through the woods and beyond a cross embedded on a rocky monolith and in no time we will reach Cagiono (50 minutes from Bee) Be careful to the washing place: the water is not drinkable. Now, to get back to our starting point, let’s turn into the paved road which will take us to the Toce river.

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VALLE DIVEDRO di Claudio Zella Geddo

Mulattiere in Val Divedro


“Il verdeggiante e ricco bacino di Varzo, impreziosito dalle sue mille frazioni testimonianza di un felice portato celtico, è il punto di partenza per un itinerario dal respiro antico”.

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D

ue chilometri dopo il bivio che porta a San Domenico la strada statale arriva al ponte sulla Cairasca o Cherasca chiamato Ponte Boldrini (in passato Ponte Santino). Qui si è proprio ai piedi della rupe di Trasquera e alzando lo sguardo, si può intravedere il campanile della chiesa tra le rocce e i nevai del Sempione. Appena oltre il ponte si stacca sulla destra una mulattiera, con segnavia bianco-rossi, detta Veja d Brocc, un arteria di pietra ampiamente selciata ben tenuta, ombrosa e poco faticosa al passo grazie alla sapiente inclinazione dei suoi tornanti e fino agli anni 60 uni-


co collegamento con il fondovalle. Durante la salita, nel bosco fitto, si notano due cappelle votive ed un alpeggio con vista su Varzo e la Colma di Crevola. In breve ci si trova alla casa dell Enel accanto alla condotta forzata e quindi sulla rotabile che porta alla parrocchiale di Trasquera del XVI°secolo dedicata ai Santi Gervasio e Protasio. Sul sagrato, come in altre zone ossolane, s erge un pilastro con colonna e capitello toscano con croce, vivo ricordo delle pestilenze dei secoli XVI e XVII. Degno di nota anche il battistero con coperchio alla Cappuccina lavorato ad intagli.

Continuiamo lungo i sentieri fra i prati, tra qualche mese in maggese ed ippocastani, sui piani di Trasquera mirando oratori e cappelle come quella detta delle Frigne che insieme ad un altra (delle Saglie) sulla strada verso Bugliaga, conserva affreschi, ahinoi assai ruinati, del Borgnis. Una rotabile assai pittoresca con dolce declivio porterà fino alla frazione Bugliaga non dopo aver attraversato l inquietante Vallone del Ri (antica Valle Gellia romana) ove al fondo scorgiamo il magnifico ponte (di probabile impronta medievale) chiamato - per l arditezza

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delle linee e l orrore del luogo - Ponte del Diavolo. A Bugliaga, paese dominato dalla svettante sagoma del Seehorn e dai nevai della Laggin, sito di partenza di molti itinerari verso il Veglia attraverso il Passo di Possette o per la Svizzera - ci si può rifocillare ad una fontana posta presso l oratorio del XVII secolo dedicato alla visitazione. Per raggiungere l ameno luogo detto I Campi appena dopo la località La Cresta si prosegue su di una sterrata in direzione Bugliaga dentro. Qui ormai prossimi al confine elvetico si trova un bivio che invita a salire verso l antico presidio di Cima ai Campi. E doveroso fermarsi, incantati dal panorama, tra i meli selvatici e mirare dall altra parte il castello del Passo del Paione e della Punta Giezza o lo splendido edificio religioso di Osone incastonato nel verde e nell ombra. A sera ritorniamo sui nostri passi fino a Trasquera, quando i profumi del bosco e dell aria si fanno più fini e penetranti. Nel borgo si prenda la bella mulattiera che con felice diagonale conduce a Iselle, si oltrepassi delle piodate e la località Pianezza per raggiungere una trasparente cascata, dal sapore esotico, per la veemenza del Ri che anche qui non smentisce la sua nomea dannata. Mano a mano la mulattiera si fa larga e morbida e osservando - sul lato opposto della valle - il dito turgido della Bocchetta di Rovale in poco tempo si è a Iselle e da qui scarpinando lungo la statale fino al punto di partenza. Segnaliamo come utile conforto intellettuale per chi desiderasse intraprendere questo tracciato il sempre attuale volume Bugliaga la mirabile provvidenza dei nostri avi a cura di Luciana del Pedro; vera miniera di tesori utilissimi a chi volesse leggere con intelletto d amore il territorio che attraversa con il passo semplice del viandante. 36

EN Divedro ValleyÊs mule-tracks. Varzo is a starting point for an itinerary with an ancient scent. Two kilometres after the fork which leads to S. Domenico, the main road reaches the Cairascas’bridge. Here we are at the feet of the Trasquera’s cliff, and lifting the gaze we can notice the church’ staple. Just beyond the bridge takes off a mule-track, with white-red indications, which until the 60’s was the only way to reach the lower part of the valley. During the climb, we will encounter a couple of chapels and a pasture, before arriving at the Enel House and finally at Trasquera’s church, dedicated to SS. Gervasius and Protasius. On the porch arises a pillar as a remembrance of the pestilences occurred in the XVI and XVII centuries. Let’s keep on along the paths among the meadows on Trasquera’s plains, admiring chapels and oratories like the one called “frigne” which preserves some of the Borgnis’ frescoes. Reaching Bugliaga after having crossed the uncanny “Vallone del Ri” in which is located the famous “Devil’s bridge”. In Bugliaga we will be able to quench our thirst at a fountain sited next to a XVII century oratory. Walking towards “I Campi”, we find ourselves close to the Swiss border. It’s a must to stop for a while, spelled by the landscape and gaze at the Paione Pass castle or at the religious building of Osone. At night we retrace our steps back to trasquera, and heading beyond pianezza we arrive at a crystal clear waterfall. Slowly, slowly the muletrack gets wider and smooth and in next to no time we are in Iselle, and from there, along the State road, behold! we’re back at the starting point. We’d like to point out, for those who plan to follow this route, the ever useful volume “Bugliaga, the astonishing providence of our ancestors.” by Luciana del Pedro.

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Formazza tante storie in una storia di Marilena Panziera

N

ei secoli che hanno preceduto la colonizzazione walser, il comprensorio di Formazza era una superďŹ cie abbondantemente boscata, luogo di transito di viaggiatori diretti in nord Europa o verso gli alpeggi dell Alta Valle, ricoperti di preziosi pascoli, con i quali le popolazioni della valle antigorio nutrivano d estate i loro armenti. L arrivo delle popolazioni germaniche, partite nell VIII sec. dalle rive del Reno, ed insediatesi via via, paciďŹ camente

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dall Oberland Bernese sino ai versanti sud delle Alpi, pose fine al vuoto demografico di quest area geografica posta in prossimità della sorgente del Toce. Tale insediamento fu favorito dalla nobiltà locale, che vedeva di buon occhio la bonifica del territorio, che il popolo walser ben organizzato e autosufficiente, stava mettendo in atto. I Walser, la cui cultura passò indenne attraverso vari assoggettamenti di popoli incontrati sul loro cammino, più di altre genti alpine hanno saputo, pur nella grande semplicità della loro esistenza, mantenere un identità culturale e sociale pressoché unica e hanno contribuito in modo determinante alla sopravvivenza dell ambiente alpino. In val Formazza trovarono un perfetto equilibrio tra isolamento e scambi commerciali, che consentirono ad alcuni nuclei famigliari di stanziarsi stabilmente nella zona. I loro discendenti sono i formazzini di oggi, i cui cognomi indicano chiaramente le loro orgini. Dopo la colonizzazione, per qualche secolo la vita trascorse senza grandi mutamenti, ma come in tutto il mondo, con il IXX secolo la rivoluzione industriale inevitabilmente introdusse delle novità, che influenzarono direttamente la vita delle persone. Infatti, nelle vicine provincie l avvento dell industria, con un pressante fabbisogno energetico, diede importanza e valore a corsi d acqua e invasi naturali della valle, che diventarono improvvisamente appetibili per investitori e tecnici. Così all inizio del nuovo secolo, la Formazza divenne un grande cantiere, dove per consentire lo sfruttamento dell acqua a fini energetici si incominciarono a costruire dighe e centrali elettriche. Quindi la popolazione venne dapprima coinvolta nei lavori edili e meccanici di costruzione e successivamente, nella gestione degli impianti.

Già dalla metà dell 800 però, la fama della Cascata del Toce e dei suoi dintorni, aveva attirato una certa categoria antesignana di turisti, la cui presenza aveva ispirato ad un ricco formazzino la costruzione di un albergo proprio nei pressi del salto d acqua. L edificazione della struttura ebbe inizio nel 1862 e terminò l anno successivo. Ebbe un buon successo e con il passare degli anni la località divenne anche piuttosto famosa. Vi soggiornarono i rappresentanti del bel mondo dell epoca, attirati oltre che dalla bellezza, dall assoluta privacy di cui si poteva godere, nobili italiani e stranieri, politici, industriali, attori e scrittori: la Regina Margherita, Vincenzo Lancia, Giosuè Carducci, Felice Cavallotti, Émile Augier, Arrigo Boito, Léon Blum, Eleonora Duse, Antonio Fogazzaro, giusto per fare qualche nome. Durante il primo conflitto mondiale, anche Formazza patì lutti e abbandono, ma nel dopoguerra si riaprirono le danze, l Albergo venne ristrutturato nel 1926 su progetto del celeberrimo architetto Portaluppi di Milano, uno dei massimi esponenti dell art decò mondiale. Ancora oggi porta a distanza di oltre 80 anni il fascino di un epoca particolare sospesa tra tradizione e futurismo. A Formazza si possono ammirare le costruzioni tipiche dell architettura walser, le variopinte e poliedriche centrali elettriche dell art decò e le belle sale dell Albergo della Cascata del Toce, che insieme alle altre attività turistiche, accoglie i visitatori in un atmosfera sospesa tra passato e presente, che è ancor più poetico gustare in bassa stagione o nei giorni infrasettimanali, che da qualche tempo d estate offrono lo spettacolo della Cascata aperta tutti i giorni.

Comunità Montana Valli Antigorio Divedro Formazza


Itinerari storici e culturali Ufficio Turistico di Valle Tel. +39 0324.618831 www.andifor.it turismo@andifor.it

MUSEO MINERALOGICO “Don Giovanni Bonomo” Via Casa Francesco - 28866 Premia (VB) Ricca raccolta di minerali delle valli ossolane suddivisi in base alle paragenesi più caratteristiche. Aperto luglio e agosto da lunedì al venerdì: 16.00 - 18.00 Sabato e domenica 10.00 - 12.00 / 15.00 - 17.00 Ingresso: a pagamento - Tel.: +39 0324.62021 Tel +39 0323.845379

CASA FORTE - Fraz. Ponte 28863 Formazza (VB) Il museo della cultura walser, ospitano in un pregevole edificio del XVI secolo, illustra gli aspetti salienti di questa popolazione alpina. Particolarmente importante la sezione dedicata alla scultura lignea. Aperto luglio e agosto il martedì e sabato: 15.30-17.30 Ingresso: gratuito Tel.: +39 0324.63436 - Tel +39 0323.845379 - walserverein-pomatt@libero.it

MUSEO DI ARCHITETTURA SACRA Via San Cristoforo - 28865 Crevoladossola (VB) Storia e forme dell architettura sacra in Ossola con particolare riguardo alla parrocchia di Crevoladossola e al suo apparato decorativo. Aperto luglio e agosto il martedì 16.00-18.00 e il sabato 15.30 - 18.30 Tel.: +39 0324.239100 - Tel +39 0323.845379

VECCHIO TORCHIO - Fraz. Croveo 28861 Baceno (VB) L edificio dei primi dell Ottocento, ospita una macina e un tipico torchio per uva, ma la sua peculiarità era di essere destinato anche alla pressatura delle pere. Queste piccole pere, oggi quasi scomparse, erano coltivate attorno al paese, venivano raccolte nell autunno, frantumate e torchiate per oltre un gior-no, per produrre un vinello dolce a bassa gradazione. Info: Comune di Baceno Tel.: +39 0324.62018 comune.baceno@ruparpiemonte.it

SEGHERIA “Rassia” - Fraz. Osso 28861 Baceno (VB) L antica segheria la Rassia è un piccolo gioiello di archeologia industriale che conserva intatti i meccanismi idraulici e i macchinari che erano azionati tramite un mulino dalle acque del torrente Devero. Info: Comune di Baceno Tel.: +39 0324.62018 - comune.baceno@ruparpiemonte.it 40


MUSEO DELL’ALPEGGIO - Alpe Devero - 28861 Baceno (VB) L ex stazione di arrivo della funivia di Goglio - Devero ospita il museo del Parco Veglia-Devero dedicato alla cultura e alle tradizioni alpine. Il centro di documentazione e di visite guidate è un occasione per scoprire il mondo della pastorizia di montagna e l attività casearia tradizionale. Ingresso: gratuito Info: Parco Veglia - Devero Tel.: +39 0324.72572 - info@parcovegliadevero.it

CHIESA DI SAN GAUDENZIO - Monumento Nazionalee 28861 Baceno (VB) Realizzata a partire dal X sec. Su uno sperone roccioso,, subì diversi ampliamenti, la facciata a capanna conserva un affresco di San Cristoforo, patrono dei mercanti che percorrevano la Via dell Albrum. All interno, il pavimento di pietra è in leggera salita per adattarsi alla roccia sottostante, affreschi sulle colonne e sull abside ritraggono santi e nobili Rodis-Baceno. Orari per la visita della Chiesa: da lunedì a sabato: 09.00 - 12.00 / 15.00 - 17.30 domenica e giorni festivi: 09.00 - 10.30 / 14.30 / 17.30

CASA MUSEO DELLA MONTAGNA - Fraz. Viceno - 28862 Crodo (VB) Riproduce una tipica abitazione del secolo scorso articolata in tre ambienti: cucina, camera e cantina, arredati con tutti gli oggetti della tradizione. Aperto luglio e agosto martedì - giovedì - sabato - domenica: 10.00 - 12.00 / 16.00 -18.00 Ingresso gratuito - Tel.: +39 0324.618431/ 0324.618791

CENTRO VISITA PARCO VEGLIA - DEVERO Loc. Bagni 28862 Crodo (VB) La struttura è costituita da una sala multimediale destinata ad attività didattiche e divulgative, e da una ricca area espositiva dedicata alla fauna del Parco. Un ampio diorama ricostruisce con grande cura gli ambienti di alta quota tipici del Gallo Forcello. Aperto da giugno a settembre il martedì 15.30 - 18.30, da mercoledì a domenica 09.30 - 12.30 / 15.30 - 18.30. Ingresso gratuito. Tel.: +39 0324.600005 info@parcovegliadevero.it - Tel +39 0324.72572

MUSEO NAZIONALE DELLE ACQUE MINERALI ”Carlo Brazzorotto” Loc. Bagni c/o il Collonato 28862 Crodo (VB) Il museo delle Acque Minerali è unico perché espone le prime macchine di imbottigliamento delle Terme di Crodo, i manifesti e altri oggetti pubblicitari ma, soprattutto, una raccolta di oltre ottomila etichette e novemila campioni di bottiglie piene di acqua minerale. Aperto da giugno a settembre: il martedì 15.30 - 18.30, da mercoledì a domenica: 09.30 - 12.30 / 15.30 - 18.30. Ingresso: a pagamento. Tel.: + 39 0324.61655 Tel +39 0324.61655.

MUSEO DEI MINERALI “Aldo Roggiani e Angelo Bianchi” Loc. Bagni c/o il collonato 28862 Crodo (VB) Accanto al museo Museo della Acque Minerali, trova uno spazio la sezione mineralogica che espone, in una serie di vetrine a parete e a tavolo, campioni esteticamente pregevoli e significativi per l aspetto scientifico delle specie minerali rinvenute nel bacino dell Ossola e sulle pendici del Mottarone. Aperto da giugno a settembre. Martedì 15.30 - 18.30, da mercoledì a domenica 09.30 - 12.30 / 15.30 - 18.30. Ingresso: a pagamento. Tel.: + 39 0324.61655 41


PAGINE FRAGILI di Rosella Favino

icordo anzitutto che presso l Archivio comunale di Villa esisteva fino a qualche decina di anni fa un ccodice un odic od ic in pergamena che due Statuti diversi: h conteneva t d quelli del 1345 e quelli del 1351. Sembra fragile la carta pergamena, ingiallita dal tempo, macchiata dall umidità della Storia, eppure pochi libri stampati in epoca moderna possono sperare di essere ancora leggibili tra quasi sette secoli. La pergamena invece è lì, per chi vuole ascoltare cosa ha da raccontarci. Questo codice è recentemente scomparso dalla sua sede naturale [ma] ebbi la possibilità di accedere al testo originale, esaminarlo attentamente per farne anche una nuova trascrizione. Possiamo solo immaginare con quanta emozione un giovane storico potè maneggiare un documento così antico, importante, poco noto e tanto prezioso, leggerlo, trascriverlo addirittura. Questo codice [...] si compone di 15 fogli di pergamena delle dimensioni di cm 25 per cm 19. Lo stato di conservazione non è affatto buono. All inizio non esistono danni particolari inflitti dal tempo, eccettuato qualche sbiadimento dei caratteri [...] E scritto in gotico minuscolo abbastanza regolare.

R

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Le iniziali di ogni capitolo sono scritte in rosso. Compare anche qualche glossa qua e là in corsivo, sui margini. Ecco come don Tullio Bertamini, storico e sacerdote rosminiano, descrive gli Statuti di Villadossola nell omonima Storia [1], i primi noti per questa cittadina spalmata tra il fiume Toce, il torrente Ovesca, e le pendici dei monti circostanti. Gli Statuti erano il documento che rendeva ufficiale il modo in cui era organizzata una comunità ma come era la vita in questa zona, nel 1345? L inizio del XIV secolo fu un periodo molto tormentato per il contado ossolano. L Ossola Superiore dall Ovesca in su, era un feudo del Vescovo-Conte di Novara, che governava attraverso il Castello di Mattarella. Il castello sorgeva dove oggi vediamo la chiesa del Sacro Monte Calvario, però Domodossola si sentiva molto lontana da Novara e il governo e la difesa del territorio erano difficili. L Ossola superiore riceveva spesso le sgradite visite dei Vallesani, inviati dal Vescovo di Sion, tutt altro che amico di quello di Novara: calando dal Passo di Saas attraverso la Valle Antrona e Villadossola, o dal Monscera attraverso la Val Bognanco, i Vallesani avevano più volte saccheggiato anche Domodossola e, ovviamente, il contado. L aspirazione a un governo autonomo era forte, l organizzazione di un sistema di difesa locale un esigenza ormai irrinunciabile. All antica nobiltà feudale dei De Rodis e dei Baceno si


erano affiancate nella vita politica alcune famiglie che si erano arricchite con i commerci attraverso i passi alpini e la nascente industria del ferro, mentre altri avevano fatto fortuna con le armi, comandando compagnie di soldati di ventura. Ma la ribellione non bastava e la divisione e le lotte tra le varie fazioni rendeva vani i tentativi di autonomia. Villa non aveva esattamente un centro, anzi molto netta era la separazione tra le frazioni sparpagliate alle pendici del Moncucco e quelle che sorgevano sui versanti settentrionale ed orien-

prima lungo la strada sulla riva sinistra dell Ovesca, serviva la comunità locale, la valle Antrona. Era ancora dedicata ai santi Sebastiano e Fabiano, anche se oggi la chiamiamo San Bartolomeo. 1345, martedì ultimo di novembre… Nel nome del Signore, comincia lo Statuto di Villa. Qui sotto sono contenuti li statuti e gli ordinamenti del comune e degli uomini di Villa, fatti a onore di Dio, della beata Maria, del beato Gaudenzio confessore, dei santi Sebastiano e Fabiano, [...] salvo ogni onore, giurisdizione e salvi tutti i precetti e comandi del Signor Vescovo e della

tale del monte Basciumo; di mezzo, l Ovesca e le sue piene improvvise, le malefiche buzze. C erano Boschetto, Sogno, Varchignoli, il Castello, Gaggio a sinistra, Piaggio con l antica chiesa di Santa Maria, Pianasca, il Sasso con il piccolo oratorio di San Maurizio, e una manciata di altre a destra. Una grande chiesa, costruita già tre secoli

chiesa novarese, dei suoi castellani e nunzi. Conclusa la stagione dei lavori nei campi, rinnovati i contratti agrari dopo San Martino, gli uomini di Villa si riunirono in una generale vicinanza, in assemblea plenaria, diremmo oggi, per dare mandato a consoli e credenzieri, loro rappresentanti, di fare uno statuto 43


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ed ordinamento. Giurarono di rispettare l autorità del Vescovo-signore, proclamarono di agire a maggior gloria di Dio, ma non chiesero leggi a un signore e padrone: se le costruirono su misura, secondo usanze locali più antiche e tramandate loro nel tempo per generazioni. Il Comune non è nato da una ribellione di servi dalla gleba , ci ricorda don Bertamini, ma dalla comune coscienza di uomini liberi attorno ai quali con un processo lento ma continuo acquisirono il loro naturale diritto quei servi i cui padroni dallo stesso Comune era-

speciale prezzo, profitti o danno. Poi, i doveri dei credenzieri e i vicini, gli abitanti della comunità: collaborare con i consoli, salvare e governare ciascuno le proprie cose, correre in aiuto in caso venga suonato o gridato l allarme, collaborare per i lavori comuni, una persona valida per il detto lavoro per ciascuna famiglia se è in casa, altrimenti per quelle che ci sono. Eh sì, perché a seconda della stagione qualche famiglia si spostava a monte, a caricare l alpe! E non era certo una vacanza nella casa in montagna. Seguono norme specifiche sul rispetto

no stati esautorati e costretti ad integrarsi nel nuovo contesto sociale. Si sgretola il potere del signore feudale, nasce la comunità. Gli Statuti affermano quali sono innanzititto i doveri dei consoli, a cui è affidato il governo delle persone e dei beni del Comune, in buona fede senza frode, semza odio, amore e

dei terreni e del lavoro altrui: Che nessuno prenda segale nel campo altrui o faccia danno in qualche orto senza licenza di quelli a cui appartengono; che nessuno rubi legna dalle vigne, che nessuno attraversi le terre altrui con i carri e neppure con buoi . Altre norme riguardano la sorveglianza delle bestie perché non facciano danno,


sul dove e come prendere o non prendere legna e fieno, sul prezzo del pane, fissato in 12 denari per staio. I rapporti con i forestieri, che non erano parte della comunità, erano regolati al fine di salvaguardare i vicini, la comunità stessa: le risorse erano poche, da pura sussistenza o poco più, nel contado che viveva di agricoltura e di allevamento, i tempi incerti e burrascosi, quindi è comprensibile che nessuno venda fieno o letame, dia abitazione ai forestieri o tenga bestie forestiere. Stabilirono pure che nessuna capra forestiera sia tenuta in Villa . Particolarmente protetti erano i boschi di castagno, di noce e, soprattutto, le vigne, segno che il loro prodotto era molto importante. Che nessuno venda i sarmenti della vigna a qualcuno che non sia vicino di Villa, e ciò fino al primo marzo [...] Che nessuno faccia la vendemmia delle uve prima di S. Michele, e neppure venda mosto né donarlo prima di questo tempo . I tenaci ossolani per secoli hanno reso produttiva la montagna, tracciando sentieri, costruendo muretti a secco, riempiendo i terrazzamenti con terra riportata da valle, facendo accurati lavori di manutenzione di anno in anno per riparare i danni dati dalle piogge, sostituendo i vigneti vecchi con piante nuove, e così per generazioni. Qualche salice capitozzato qua e là ci dice ancora con quale materiale era meglio legare i rami della vite... Nelle frazioni alte erano in funzione i torchi, tanto che noi uomini moderni ci siamo anche inventati un trekking dedicato ad essi: La via dei Torchi e dei Mulini , che taglia i contrafforti del

Moncucco a circa 600-700 m di quota, va da Sogno al Calvario, passando per Maianco, Tappia, Anzuno, Crossiggia. A fondovalle, invece, da Villa passava la strada Francisca, diretta a Domodossola e da li , via il Passo del Monscera, si arrivava in Vallese, oppure attraverso la val Formazza e il comodo passo del Gries, in quello che oggi chiamiamo Canton Ticino. Più scomoda e pericolosa, ma meno costosa, era invece la via Antronesca, che già negli anni che stiamo descrivendo si dipartiva da Villa all altezza del ponte sull Ovesca, dove c era anche una stazione di cambio per gli animali da soma. Ma perché il Comune gestisca quelli che oggi chiameremmo servizi al commercio , la sicurezza delle strade, le stazioni di sosta per i muli, i pedaggi, c è da aspettare ancora qualche anno, non molti, in verità: nel 1351 gli Statuti, rinnovati con pari solenne giuramento, definiscono tutti i dettagli dei nuovi mestieri legati al commercio e al trasporto delle merci. Altre edizioni degli Statuti di Villa sono pervenute fino a noi, ci racconta pazientemente don Bertamini. Eppure i tempi cambiano, la gente e i governi pure. L edizione 1606, ultima riportata nella Storia di Villadossola, esordisce con una supplica al Duca eccellentissimo di Milano e Pavia, perché comandi ai podestà che i nuovi ordini e statuti [...] siano inviolabilmente osservati . Al di là della retorica barocca, il senso di parole come libertà, comunità e partecipazione responsabile stava già cambiando. [1] T. Bertamini, Storia di Villadossola, Edizione di «Oscellana», 1976 45


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VALLE ANTRONA

Procedamus: l’antica invocazione de l’Autani di Claudio Zella Geddo foto: Luca Chessa

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lle 4 e 30 di notte nella raccolta atmosfera della chiesa di Montescheno, dopo le preghiere e le invocazioni, risuona da secoli il procedamus ovvero il simbolo vivente di una consuetudine religiosa che dal secolo XVII° dà avvio alla più antica processione delle Alpi. Autani parola che sembra insolita ma che deriva, come un dono misterioso, dal latino lautania, le litanie. Ricordo scolpito nelle rocce, tra i cieli, lungo i rii della valle sopra Montescheno E conosciuta oramai quasi ovunque come L Autani di Set Frei , si svolge la terza domenica di luglio festa dei 7 fratelli martiri e rammenta anche nel nome le sette cime che si scorgono percorrendolo tra Valle Antrona e Bognanco. Si snoda tra altipiani, passi e boschi su di un percorso di circa 23 chilometri tra i 700 ed i 1990 metri di altitudine che viene messo in sicurezza nei giorni precedenti da volontari del paese che a volte diventano un poco acrobati nei luoghi più esposti (dal Passo d Arnigo all alpe Campo). Don Antonio Visco, prete come desidera essere definito di Montescheno, e organizzatore della processione ne ha percorse oltre 40 e anno dopo anno ha visto mantenersi e accrescersi una tradizione che porta centinaia di persone sulle tracce della storia religiosa della Valle Antrona afferma: Questa processione è un poco come la vita: c è la salita e quindi la discesa. Si percorre il cammino insieme, ma ognuno è solo. Se ci si trova in difficoltà non deve avere paura di trovare l umiltà di chiedere aiuto. Perché tutti si possa arrivare alla meta . Momenti di preghiera e canti - dal Dies Irae al Miserere alle vecchie ro-

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gazioni - s alternano dietro la Bandarola un antico stendardo dedicato alla SS. Vergine che apre fin dal buio della notte il cammino. Percorso che riporta negli occhi dei camminatori il lavoro faticoso degli alpigiani per trarre frutti dalla terra, il ricordo delle generazioni che ci hanno preceduto nella fede e la bellezza del creato. Alla conclusione del percorso, verso le dieci di sera, la grande Messa sarà ancora una volta indelebile suggello di chi partecipando all Autani ha sentito in sé, tra i suoi passi, fra le preghiere bisbigliate, la voce alta della presenza divina.


EN Procedamus: The Ancient Invocation in the Autani Procession.

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n July, on the third Sunday the Autani procession leaves from the Parish Church in Montescheno. It starts at 4.30am every year and it has been performed since the 17° century. Autani is a Latin word -Lautania- and it means litanies. The procession files up through tablelands, passes and woods and the route is 23 kilometres long. People pray, sing and walk along the path, following the “Bandarola”, the ancient banner dedicated to the Blessed Virgin. At the end of the route the High Mass is the solemn ritual to end off this great experience with the Divine.

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Un mondo di pietra

Storia, Arte Ambiente e Cultura in sinergia per il territorio

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l progetto Un mondo di pietra finanziato dalla legge 4 della Regione Piemonte, dalla Comunità Montana Valle Ossola e coordinato dal Formont ha la peculiarità di mettere in sinergia tre comuni ossolani e le strutture che sono nate dal finanziamento di questo progetto, in modo da rendere più efficacemente fruibile l offerta turistica del territorio interessato. Il primo è il comune di Trontano, che ha riorganizzato la struttura del museo La Beola e lo Scalpellino , mettendo a disposizione l area congressuale e destinandola, oltre che a convegni, anche ad attività di educazione ambientale, inerenti il mondo della pietra. Cea Formont, infatti, già da qualche anno ha sede ed opera a Trontano dove svolge la sua attività di diffusione di tematiche ambientali rivolte alle scuole di ogni ordine e grado. Con questo progetto si ha la possibilità di ampliare l offerta formativa inglobando percorsi didattici innovativi che abbiano come nuova protagonista la pietra: risorsa e ricchezza storica ed economica, da far conoscere anche alle giovani generazioni. Il Museo La Beola e lo Scalpellino contiene inoltre al suo interno una serie di strumenti antichi per l estrazione e la lavorazione della pietra che sono accompagnati 50

da schede illustrative del funzionamento e dell utilizzo degli stessi, oltre che pannelli fotografici che ripercorrono la cultura legata al mondo lapideo, così profondamente intrecciata alla storia del nostro territorio. Seconda tappa del progetto è la Latteria Sociale di Beura. Completamente ristrutturata, messa a norma, ma non snaturata, raccoglie l eredità delle piccole latterie turnarie di paese, che una volta lavoravano il latte nel fondovalle quando nei mesi invernali non era possibile salire sui pascoli d alta montagna per produrre il formaggio d alpeggio. Al suo interno sono ancora presenti gli antichi strumenti per la lavorazione del latte e per la conservazione dei formaggi ottenuti, oltre che i registri sui quali i soci della latteria annotavano l utilizzo delle attrezzature e la proprietà dei prodotti in essa conservati. Anche presso la latteria sociale di Beura vengono realizzate attivià di educazione ambientale, che CeaFormont ed i suoi accompagnatori naturalistici hanno elaborato per far conoscere agli studenti le modalità con cui avveniva, in passato, la produzione casearia. Infine, il Castello di Vogogna. Presso questa struttura si stanno apportando ingenti


ammodernamenti, che permetteranno a tutti di poter accedere e visitare una così importante e ben conservata ricchezza storica e culturale della nostra provincia. Infatti sarà presto possibile accedere al Castello tramite un ascensore che dal cortile della sottostante Villa Biraghi condurrà alla corte alta. Nella stessa corte alta verrà quindi realizzata una tensostruttura che renderà il castello sede di importanti convegni, concerti, spettacoli teatrali. Una simile cornice non potrà che rendere ambita la realizzazione di eventi in questo meraviglioso luogo. L intreccio dei confort moderni con la ristrutturazione che ha riportato ad antichi fasti il Castello ha reso possibile intrecciare percorsi storico-didattici al borgo antico. Formont, da qualche anno inoltre gestisce le attività turistiche culturali del Comune di Vogogna, mettendo a disposizione la sua competenza in ambito turistico e le figure professionali che al suo interno vengono formate, quali accompagnatori turistici, naturalistici e da quest anno anche cicloturistici e turismo equestre. Lo stesso Formont coordina le attività del progetto Un mondo di Pietra, dando modo di comprendere che in una realtà territoriale come la nostra, l unico possibile modo di agire per creare o sfruttare al meglio le risorse del territorio è la sinergia tra gli enti che nel territorio stesso sono protagonisti. Affiancare attività di educazione ambientale, che offrono ambienti educativi diversi da quelli convenzionali d aula, a stretto contatto con la natura, a percorsi storici è sicuramente un buon metodo per diffondere la cultura di un territorio, le sue peculiarità e quindi migliorarne l offerta turistica.

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CittĂ di la ola dosso mo Do d


L’ULTIMO VOLO DI

GEO CHAVEZ di Claudio Zella Geddo

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rentanove minuti, ventitre anni questi i numeri di un impresa, il sorvolo delle Alpi, che ha consegnato, nel settembre del 1910, all intrepido Geo Chavez il serto della gloria aviatoria. Organizzato dal patron del Touring Club Italiano d allora Arturo Mercanti, il Circuito Internazionale di Milano (25 settembre - 2 ottobre) prevedeva anche un Gran Premio della Traversa-

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ta delle Alpi da svolgersi sulla tratta di circa 150 km. Briga-DomodossolaStresa-Varese-Milano. Percorso che era stato allestito a terra con grande precisione tra servizi di comunicazione ottica, telegrafonica, assistenza meccanica e sanitaria ed un attento ufficio meteorologico gestito dallo scienziato elvetico Maurer. Un occasione unica, per gli aviatori, i matti delle macchine volanti, la possibilità di giostrare a cavallo delle ardite montagne ossolane e vallesane tra Sempione, Valdivedro e l affaccio dell Oberland bernese. Immenso fu ovunque l entusiasmo di genti e nazioni in quell ultimo tempo di Belle Epoque in cui il cielo pareva vinto dalla giovinezza ardita di fragili aereomobili. L insidiosa lotta fra il più leggero e il più pesante dell aria - dirigibile o aeroplano - era nel vivo e sembrava proprio che i mastodontici Zeppelin non avessero rivali nel dominio dei cieli. Molti allora i motivi per allestire una manifestazione di tale genere; manifestazione che naturalmente avrebbe avuto un eco mondiale tanto che registrò l iscrizione di taluni tra i più ardimentosi cavalieri dell aria. Tuttavia il 23 settembre sul campo di Briga solo due eliche erano pronte al grande salto: quella del franco-peruviano Chavez e dell americano Weymann (che immediatamente rinunciò) Chi era quel giovane, biondo, delicato quasi diafano figlio di una genìa di banchieri parigini? Fin da subito Chavez si era appassionato ad attività sportive rischiose come l equitazione, l automobilismo e quindi affascinato dallo spirito dei tempi, lo zeitgeist, alla nascente aviazione. Passione maturata grazie alla frequentazione di Louis Blériot, pilo-


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ta e costruttore, che per primo aveva attraversato la Manica. E lì nel primo autunno vallesano Geo Chavez, reincarnato Parsifal, cavalca proprio un Blériot XI che con circa 50 cavalli di potenza sarebbe stata la macchina adatta per vincere le Alpi. Il grande reporter d antan Luigi Barzini così descrive quella sorta di Pierrot Lunaire che porta il nome di Geo Chavez Nell hangar arde una candela, infilata nel collo di una bottiglia. L aviatore fuma distrattamente: è pallido e grave. Indossa un vestito impermeabile p foderato di pelliccia. La scena non so perché, ha qualche cosa a di lugubre... Alle 13.39 il Blériot stacca la sua ombra dal suolo e si erge contro la rocciosa barriera dell Sempione che attraver-sa senza sforzo mentre e da terra i monaci pregano no o immaginano in Chavez ez la presenza santa dell Ar-

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cangelo S. Michele. Malauguratamente invece di dirigersi verso il Passo del Monscera il pilota s abbassa nel terebrante imbuto delle Gole di Gondo, già fatali nei secoli a viaggiatori ed eserciti e lì i venti aggrediscono con veemenza il monoplano che ne esce quasi trafitto. Chavez non si abbassa, ormai è in vista della piana ossolana, ma sembra incantato, fermo come sospeso. La sua gioventù, il suo coraggio sono preda d un inspiegabile desiderio di morte q quasi che ad impresa p compiuta


nulla più valga della vita. Ecco allora che un ala si spezza e il Blériot precipita in regione Siberia (nda su un terreno di proprietà dei miei antenati), tra la gente spaventata, le ferite non sembrano gravi ma dopo quattro giorni l aviatore si spegne. Definitivamente si spegne così la scia di cabrate, tonneau e innelmann che il giovane Chavez aveva tracciato tra i ghiacci lucenti e il becco del Monte Leone. E ancora il Barzini che ricordando l avventura di Chavez ebbe a scrivere Chavez è eroe per amore di sogno. Ha risvegliato una poesia di leggenda così bella che ne siamo ancora storditi. Ed anche nel più lontano futuro non vi sarà uomo che attraversando queste Alpi non guardi verso la vetta del Monte Leone e non dica Là passò volando Chavez .

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EN The last flight of Geo Chavez

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hirty-nine minutes, twenty-three years; those are the numbers of an enterprise that had passed, in September 1910, the undaunted Geo Chavez, down to history fame and glory: flying over the Alps. Organized by the, back then, chief of the TCI Arturo Mercanti, the International Circuit of Milan also scheduled a Grand Prix of Alps Crossing, which was to take place along the following itinerary: Briga Domodossola - Stresa - Varese - Milano. An unique opportunity for the aviators to ride the Ossolan Valleys and the Oberland. Unprecedented was the enthusiasm of people and nations in that far back time of the Belle Epoque, in which the sky seemed defeated by fragile airplanes. The great battle between airplanes and airships was at a climax and the gigantic Zeppelin seemed to have the upper hand. Many were,therefore, the reasons to set up such an event, and indeed the response was globally acclaimed, as much so that registered the enrollment of some among the greatest aviators of the time. Nevertheless on the 23rd September, on the Brig’s field only two people showed up: Chavez and Weymann (who immediately renounced). Who was that young, blonde son of Parisian bankers? Since his youth, Chavez had been enamoured with risky sport activities such as horsemanship, car racing and the rising aviation. The last being a passion cultivated through his friendship with Louis Bleriot, pilot and constructor, who first had flown across the English Channel. It was indeed a Bleriot XI with 50 power horses the plane chosen to cross the Alps. At 13.39 pm, the Bleriot took off and surged against the rocky barrier of the Simplon Pass, which Chavez overcame effortlessly. Unfortunately, instead of heading towards the Monscela Pass, the pilot lowered in the

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dark funnel of the Gondo Cliffs, and right there the winds vigorously attacked the plane which came out almost pierced. Chavez didn’t give up, being nearly over the Ossolan Plain. His youth, his courage were at bay of an inexplicable longing for death; life seemingly worthless after such an enterprise. Lo, a wing broke off and the Bleriot plummeted in the Siberia region among frightened people. Tragically, after four days the aviator passed away. Barzini, the great reporter, remembering Chavez’s adventure wrote: “Chavez is hero for dream’s sake. He has reawaken a legendary poetry,so beautiful that we are still dazed.And even in the far away future there won’t be a man that crossing the Alps and looking at the Mount Lion peak wouldn’t say - right there Chavez had flown by-”

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Se parli ti capisco...

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ggigiorno anche la popolazione ossolana si esprime prevalentemente in italiano, gli spazi per l introduzione nei dialoghi correnti di espressioni dialettali si va via via riducendo. Le cause sono principalmente due, la lingua ufficiale ha acquisito molti neologismi che non sono stati tradotti nella parlata locale e la moderna comunicazione facile e veloce che consente a persone molto distanti tra loro di parlarsi, impedisce l utilizzo degli idiomi locali, spesso molto diversi anche tra località non poi così distanti tra loro. Ovviamente il disuso del dialetto nella comunicazione corrente, crea incertezza nel parlato. Quindi, anche quando saremmo in grado di esprimerci in una forma dialettale completa, per pudore preferiamo non esporci, un po come usiamo fare con l inglese imparato a scuola, e ripieghiamo sul più pratico e affidabile italiano. Di questo passo però le lingue locali si estingueranno e ciò dal punto di vista socio-culturale è una catastrofe, perché se è vero che l italiano, ed altre lingue che si stanno affermando nel linguaggio abituale come l inglese, avvicinano persone che normalmente vivono distanti tra loro, l erosione delle parlate locali allontana persone che invece vivono fianco a fianco e che derivano da nuclei culturali comuni, spersonalizzandone le radici. Parlare il dialetto quindi, è difficile per l ossolano moderno, che parlandolo si trova limitato anche nel numero esi-

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di Marilena Panziera

guo di vocaboli, che non consente una parlata ricca di preziosismi linguistici. Intendiamoci, quando si tratta di parlare del tempo o del prezzo della benzina, essere forbiti non è indispensabile, lo è molto di più ad esempio per esprimere concetti filosofici o amorosi, ma siamo proprio così certi dell inadeguatezza del dialetto in alcune circostanze? Forse è soltanto la scarsa abitudine all ascolto che spesso ce lo fa sembrare inopportuno. Ma chi ancora lo ricorda bene, provi per gioco a tradurre una frase d amore nel dialetto del proprio paese, oppure un aforisma, come quelli di Schopenhauer o Oscar Wilde che troverete di seguito vedrete che il vostro dialetto darà forza ai concetti. E buon divertimento!

Artur Schopenhauer Gli uomini completamente privi di genio sono incapaci di sopportare la solitudine. Io non ho scritto per gli imbecilli. Per questo il mio pubblico è ristretto. la giovinezza senza la bellezza ha pur sempre del fascino; la bellezza senza la giovinezza non ne ha alcuno. Oscar Wilde L esperienza è il tipo di insegnante più difficile prima ti fa l esame e poi ti spiega la lezione. A volte è meglio tacere e sembrare stupidi, che aprir bocca e togliere ogni dubbio. E molto meglio essere belli che buoni, ma è meglio essere buoni che brutti.


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La „cultura‰ della segale di Carlo Solfrini

uesto nobile cereale, conosciu-

Qto almeno dall età del bronzo

nei paesi dell Europa centro-settentrionale, era diffusamente coltivato a scopo alimentare, anche nelle nostre valli, come testimoniano i numerosi mulini dislocati lungo i corsi d acqua e i forni presenti nelle frazioni dei vecchi centri abitati. La segale infatti predilige zone alpine caratterizzate da inverni rigidi e terreni di natura acida e poco profondi dove risulterebbe sconsigliabile il frumento. Inoltre ha un elevata capacità di accrescimento in quanto sfrutta al meglio l umidità del terreno nel periodo invernale e primaverile.

Matura quindi in anticipo di almeno dieci giorni rispetto al grano, permettendo di liberare il terreno per altre colture brevi prima dei rigori invernali. Secondo notizie avute da mia suocera Pierina (la signora della foto che mi ha anche insegnato i segreti della mietitura, della battitura e della pulitura della granella con il classico vall ), se il taglio avveniva entro la prima quindicina di luglio si seminava poi il malgunin (mais di taglia ridotta) o i fagioli. Se i tempi erano molto ristretti si procedeva anche senza più vangare il terreno. Poteva comunque succedere che i fagioli non facessero in tempo a maturare per cui, raccolti,

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venivano appesi a seccare in solaio e utilizzati nelle minestre invernali con l intero baccello. Da fonti bibliografiche ho appreso che succedevano alla segale altre colture di breve ciclo vegetativo come il grano saraceno, il miglio e il panico. Per quanto riguarda il ciclo vegetativo ho potuto verificare che la taglia elevata del cereale (150-180 cm) predispone, nelle giornate di vento forte e pioggia, all allettamento. Purtroppo se la spiga è in fase di avanzata maturazione difficilmente le messi si raddrizzano. Ecco perchè forse un tempo si prediligevano i terreni marginali e protetti sotto la vite. Come si sa la segale veniva utilizzata per la panificazione del tipico pane nero, l unico pane che un tempo compariva sulle tavole delle famiglie locali. E un cereale che non sintetizza glutine ma particolari sostanze mucillaginose che ne sostituiscono la funzione; è comunque di difficile lievitazione ed è per questo motivo che è bene miscelare la farina di segale con quella di frumento (50 %). Considerato tradizionalmente un cibo povero, è in realtà un alimento con notevoli principi nutrizionali: contiene carboidrati, proteine, sali minerali ed è ricco di fibre e lisina. Riconosciute sono le sue proprietà antisclerotiche, depurative e ricostituenti. La farina può essere aggiunta anche nella preparazione di gnocchi e altri prodotti da forno oppure nella preparazione del sciughett , besciamella di segale che veniva cucinata come pappa per i bimbi. 64


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ORNAVASSO TERRA D DI STORIA E LEGGENDE di Claudio Zella Geddo

ph.: Marco Cerini

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chi percorre oggi la moderna superstrada potrebbe anche sfuggire la raccolta armonia, lo slancio tra acque e cielo che disegna il borgo di Ornavasso (Urnavasch) a circa 200 m. di quota. Paese che giace sul cono di deiezione del Torrente San Carlo (Stagalo in dialetto locale) e si dispone poi a ventaglio fino alla Toce. Luogo ricco di santuari come quello della Guardia o il più elevato e ricco di vegetazione della Madonna del Boden. Fu terra da sempre abitata, crogiulo di una popolazione celtica, i Leponzi, che in epoca romana intrattenevano fitti rapporti commerciali per il tramite dei corsi d acqua e di cui si rinviene felice testimonianza nelle necropoli di San Bernardo e In Persona. Le tombe rilevate dal Bianchetti sul finire del secolo XIX° , illustrano


Cerini

come un complesso ligneo Compianto del Cristo Morto del 1612. Gli amanti di storia militare ed escursioni non mancheranno poi di percorrere tracciato e vicende della Linea Cadorna, gigantesca opera difensiva che dalla Lombardia e il Piemonte fasciava - nel corso del primo conflitto mondiale - l allora linea di frontiera con la Svizzera onde impedire un attacco austro-germanico. Ebbene Ornavasso -partendo dalla stretta di Bara- permette di inoltrarsi lungo un reticolo di trincee, camminamenti e postazioni difensive lungo una fortificazione ancor oggi imponente ed evocativa. Ancora il passato ci parla grazie alla valorizzazione e riscoperta delle cave di marmo grigio-bianco e rosa che servirono la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano e poi il Regno d Italia napoleonico. Le attività estrattive, con giacimenti sfruttati a cielo aperto, ebbero un notevole impulso nel periodo che comprende il primo conflitto mondiale e la ricostruzione postbellica e terminarono poi nella seconda metà del secolo scorso. A tutt oggi l attività rimane grazie alla fornitura di materiale di pregio utilizzato per restauri di antichi manufatti come il Duomo di Pavia. L Antica Cava è stata oggi riaperta per le visite e l organizzazione di spettacoli ed eventi. Poche righe non bastano certo a descrivere, l incanto di un luogo, un paese, Ornavasso che offre all appassionato di natura e storia la genuinità di autentiche tradiz o tradizioni.

ph.: Marco

tutta la quotidianità di un esistenza dedicata alle attività agricole, del commercio e della pastorizia tra vasi, bracciali, fibule, oggetti rituali, monete ed un antica spada. Ora tutti questi muti testimoni di una civiltà antica possono essere osservati e ammirati presso l apposita sezione del Museo del Paesaggio di Verbania. Proprio qui in questa valle, tra questi cantoni, si trovano anche le vestigia di un dialetto alto-tedesco che un tempo era parlato ad Ornavasso e di cui rimangono ancora chiare impronte nella topomastica locale (alpe Steyt, Ultunschwandie, Voost, Farranboda, Wisangorto ecc. cima Eyehorn o Il torrente San Carlo che divide il paese in Dorf, un tempo la sede del villaggio, e Roll, l area rurale). Qui infatti nel corso del XIII°secolo vennero ad insediarsi popolazioni di origine alemanna provenienti dal vicino vallese i Walser appunto. Ornavasso divenne la punta estrema, più a sud di una pacifica colonizzazione delle terre alte, in cui questo gruppo linguistico la Deutsche Wacht ben si assimilò con le genti preesistenti. Diede allora vita, tra fondovalle e alture, ad un modellamento del territorio del tutto particolare ed anche al diritto walser, il Walserrecht, ovvero la possibilità per i coloni di definirsi liberi e affrancati da qualsiasi servaggio feudale. Questi uomini della montagna portarono in riva alla Toce anche un patrimonio inesauribile di leggende, miti, magari sulla schiena dei Twergi i fantasiosi e dispettosi abitanti di boschi e cime. rsi Molte le cose da vedere per farsi un idea della storia millenaria di quest ultimo lembo di Alpi o a dir meglio Prealpi: la Casa Museo della Resistenza, bombardata durante la riconquista di Domodossola ora presenta ed illustra la storia della Divisione Valtoce ; d interesse anche il n Santuario della Madonna del Boden ° con la sua raccolta di ex voto dal XVIII° secolo ai giorni nostri. re Il Museo Parrocchiale permette inoltre t te al visitatore di ammirare opere d arte

www.ornavasso.it

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EN Ornavasso: a Land of History and Legends

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rnavasso (Urnavash) is at 200 metres above sea level and it lies between the stream Boden and the river Toce. A place rich in sanctuaries such as the Guardia and the Boden ones. In the Roman period Celtic people lived there; they were on busy business terms thanks to the waterways. Their great vestiges can be admired in the vases, the jars, the bracelets, the fibulas and a sword found in the necropolis in Ornavasso. Nowadays these archeological finds are kept and appreciated in the “Museo del Paesaggio” (“The Museum of the Landscape”) in Verbania. Later, in the 13° century an Alemannic people (The Walser) settled in Ornavasso. They came from the neighbouring Switzer-

land and peacefully colonized these lands. Many things can be seen here to get the general idea of the thousand years old history of Ornavasso. The “Museo della Resistenza” (The Museum of the Resistance) illustrates the history of the Division Valtoce. The sanctuary “Madonna del Boden” exhibits a collection of votive offerings. The lovers of Military History and the hikers can walk along the Cadorna Line, a huge defensive work built in the First World War in order to prevent Austrian and German attacks. The Past talks us thanks to the renewed interest of grey and pink marble quarries which were used by the Venerabile Fabbrica (The Venerable Factory) of Duomo in Milan. Nowadays the mining industry provides material of great value to restore ancient structures such as the Cathedral in Pavia.

ad ORNAVASSO (VB)

“La vita tra Leponti e Walser” Duemila anni di storia tra miƟ e leggende

1°maggio passeggiata enogastromica nei cortili del centro storico tra antichi mestieri e prodotti tipici Una festa simile a quella del Primo Maggio con antichi mestieri e degustazioni ma dedicata al Cinghiale è la Sagra del Cinghiale che si tiene ogni anno la prima domenica di Ottobre nella frazione Migiandone. 68

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Ristorante

Lago delle Rose

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di Christian Veldman

ALLA SCOPERTA DEGLI AFFRESCHI IN OSSOLA Un viaggio esplorativo lungo novecento anni.

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n Ossola, sparsi nelle chiese e chiesette che popolano il paesaggio, vi sono una tale varietà di affreschi a tema religioso, che anche i visitatori più esigenti possono ammirare numerosissime opere d arte pregevoli realizzate a partire dal XIII°secolo. Tali opere mantengono, nella classicità e sacralità dei temi, le linee pulite del gotico o la morbidezza del barocco, arricchiti e reinventati però dalla particolare sensibilità artistica locale. Sono numerose anche le pitture sulle facciate delle case, che erano affreschi a tema religioso realizzati con intenti votivi o semplicemente per abbellire le magioni. Tali affreschi costituiscono una sorta di museo all aperto che insieme alle cappelle o alle vie crucis, può essere ammirato facilmente da chi ama passeggiare sia a piedi che in bicicletta su facili percorsi artistico/escursionistici. La committenza di queste opere proveniva da nobili ed ecclesiastici che spesso assoldavano artisti celebri, di cui in alcuni casi è rimasta menzione del nome. Queste opere eseguite da professionisti,

specie quelle sacre, si distinguono per la maggior razionalità della disposizione delle figure, per il maggior senso del volume, il realismo e per la complessità del dipinto che comprende oltre ai protagonisti delle vicende bibliche, anche elementi di contorno quali schiere di arcangeli, cavalieri armati e come si usava un tempo rappresentazioni e allegorie delle arti (musica, poesia e danza..). Un bell esempio della commistione fra sacro e spirito cavalleresco è visibile nella chiesa di San Gaudenzio a Baceno, ove i nobiluomini locali, Gasparre e Baldassarre De Rhodis Baceno, si fecero ritrarre in una crocifissione che domina la navata centrale (nella foto a pag. 72-73). Diversamente, per quasi la totalità, gli affreschi posti sulle abitazioni sono il risultato dell ispirazione artistica di pittori locali, riconosciuti dai compaesani come artisti , ma solo a volte capaci artigiani, dei quali non è rimasta traccia storica, ma solo qualche sporadica leggenda o aneddoto legato a casi più recenti, come ad esempio la saga del pittore Spalasci-

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no, vissuto tra la fine dell 800 ed i primi del 900, che operava in quel di Crodo, al quale il Parroco, in veste di committente degli affreschi che ornano le cappelle votive sulla mulattiera tra Vegno e Mozzio, disse: Con la tua arte mio caro Spallascino, mi hai disegnato Santi che sembrano briganti!. I dipinti realizzati sui muri delle abitazioni, quasi sempre di ispirazione religiosa, avevano la funzione di proteggere la casa e i suoi abitanti, o tutto il borgo e rispecchiavano l anima del popolo ed i suoi sentimenti più intimi come la devozione, la paura della morte, e dalla malattia. Una caratteristica singolare che è facile rilevare in queste opere è l espressione umana che spesso si nota nelle figure animali, contrapposta ad una certa animalità delle figure antropiche. La tecnica utilizzata era estremamente semplice ovvero si dipingeva su una base di calce secca, con una gamma di colori ristretta, data dalla scarsa disponibilità locale, che era costituita dalle terre, marrone, ocra, ombra, dagli ossidi, verde chiaro, verde scuro, rosso ferroso e dai calcinati, grigio e nero. Da molti anni vari studiosi si sono adoperati per portare alla luce e valorizzare questi preziosi documenti artistici.

Itinerario alla scoperta dei dipinti e altri tesori... È possibile vedere un po ovunque in Ossola le pitture murali e gli affreschi negli edifici religiosi, tuttavia è consigliabile affidarsi ad un vero e proprio itinerario, che consenta una visita più completa e razionale del patrimonio artistico, come quello segnalato di seguito. Si parte alla volta di Baceno, dove la Chiesa di San Gaudenzio, monumento nazionale di straordinaria bellezza ci ac74


coglie sullo sprone di roccia che guarda verso la valle. Piena di tesori artistici a cominciare dall affresco gigantesco sulla facciata che rappresenta proprio il Santo evangelizzatore piemontese. (foto pag. 7) Dopo aver vistato l interno ed averne ammirato la bellezza e complessità delle raffigurazioni, si può proseguire verso Formazza dove nella chiesetta di Antillone è presente un affresco seicentesco che ritrae l antica processione che i formazzini compivano il 25 giugno di ogni anno al passo del San Gottardo, dove si incontravano con i vicini walser svizzeri. (foto pag. 4) Tornando poi sui propri passi è possibile visitare anche la Chiesa di Crevoladossola, dedicata ai Santi Pietro e Paolo, dove affreschi e stucchi fanno da contorno alle preziose vetrate istoriate delle bifore risalenti al 1525. Proseguendo il viaggio verso sud si troveranno altri interessanti affreschi a Domodossola; Colleggiata dei Santi Protasio e Gervasio , Santuario della Madonna della Neve (foto pag 75), Sacro Monte Calvario.Poi ancora nelle chiese, chiesette e oratori di tutta l ossola. Purtroppo una parte di questo patrimonio ha risentito gravemente del passare del tempo, infatti le condizioni dei dipinti, a volte, data anche la friabilità delle pareti che li ospitano, sono precarie; segnate da macchie o vuoti, che le deturpano a volte irrimediabilmente. Tuttavia, spesso anche nel degrado, è ancora possibile ammirane la delicatezza e complessità. Solo un ripristino eseguito con adeguate tecniche conservative potrà salvaguardare questo ingente lascito del passato a favore delle nuove generazioni.

EN Frescoes in Ossola Valley

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he Ossola Valley is dotted with frescoes, preserved from different churches. Starting from S. Gaudenzio in Baceno, passing through the Calvary, Colleggiata and continuing with the Virgin of the snow at Domodossola. Reaching the lower side of the valley in which can be found a lot of other frescoes. Most of the picture here shown are taken at the Baceno’s church, one of the richest.


Repubblica dellÊOssola di Massimo Parma

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er la Storia, quella con la s maiuscola, sono stati i «Quaranta giorni di libertà». Quell appellativo, reso famoso dallo sceneggiato di Leandro Castellani prodotto nel 1974, fotografa il breve ma intenso periodo (tra il 9 settembre e il 22 ottobre 1944) in cui Domodossola e la valle del Toce fino a Mergozzo e Ornavasso - e parte della Val Cannobina -, s affrancarono dal regime di Salò e, al posto di quella Sociale italiana, proclamarono una loro Repubblica, dell Ossola. Già l 8 novembre del 43 Villadossola aveva acceso la Scintilla , inscenando quella sollevazione popolare che rappresentò l avvio d una stagione di ribellione e resistenza a nazisti e fascisti repubblichini. Gli eventi domesi accelerarono nell estate del 44, per trovare compimento nella giornata del 9 settembre. Le truppe fasciste di stanza a Domo furono isolate dopo che le incursioni militari delle divisioni garibaldine avevano liberato Varzo e Piedimulera. Il comando tedesco del capoluogo, tro-

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vatosi accerchiato, trattò la resa, che avvenne al Croppo. I partigiani moderati, con l intermediazione del clero locale, accettò di andarsene, con l intesa che ciascun soldato conservasse l arma individuale. Senza più soldati in terra ossolana, nacque la Repubblica, che fu proclamata il 10 come enclave italiane nella Rsi. Tra tutte le 18 regioni italiane dichiarate zone libere durante il biennio 43- 45, solo la realtà dell Ossola propose una forma di governo costituito. Dal 10 in avanti fu retta dalla giunta provvisoria amministrativa, al comando della quale fu chiamato Ettore Tibaldi, chirurgo di professione, socialista di fede politica (nel dopoguerra fu vicepresidente del Senato), che era riparato a Lugano. Al suo fianco, in una compagine in cui erano rappresentate tutte le forze partigiane, c erano il sacerdote Luigi Zoppetti, il comunista Giacomo Roberti (poi


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sostituiti da don Gaudenzio Cabalà ed Emilio Colombo), l indipendente Giorgio Ballarini e il liberale Alberto Nobili. Quindi furono cooptati il socialista Mario Bonfantini, Severino Cristofoli del partito d Azione, l avvocato democristiano Natale Menotti e la comunista Gisella Floreanini. Il segretario era Oreste Barbieri, assistito da Umberto Terracini. Ciascun membro della giunta ricevette una delega e iniziò ad amministrare. Lo stesso fecero i comitati del Cln che sorsero nelle città vicine. Con essi riprese, o iniziò a farlo, la vita civile, che contemplava anche il ritorno della stampa libera, fino a quel momento censurata. In dodici sedute domesi (la tredicesima si tenne a Premia, in piena ritirata) furono deliberati, anche grazie all apporto di consulenti, la stampa di francobolli, l avvio dell università popolare, ma venne anche redatto un bilancio e istituito un tribunale chiamato a individuare e giudicare i fascisti rimasti in Ossola. Bloccati da nazisti e fascisti i rifornimenti, l Ossola si sfamò grazie alla vicina Svizzera, dove successivamente ripararono i componenti la giunta, a seguito della riconquista. Questa fu ottenuta da tedeschi e repubblichini con una veloce azione militare che si concluse il 22 ottobre e che vide l impiego di circa cinquemila uomini. Una forza d urto cui i partigiani non poterono reggere e che li costrinse a ripiegare per il passo di San Giacomo.

Associazione Quantarte O.N.L.U.S L'Associazione ispirandosi ai principi della solidarietà umana si prefigge come scopo di promuovere le arti e la cultura con mostre e convegni nell'interesse della collettività, e iniziative a favore dei Soci. Sede: Vicolo Facini, 28845 77 DOMODOSSOLA (VB)


Ristoranti Consigliati Una selezione di ristoranti ossolani provati per voi, dove gustare i piatti e i prodotti locali. Vecchio Scarpone

Baceno

Via Roma, 48

0324 62023

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Bognanco

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Devero

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Da Sciolla

Domodossola

P.zza Convenzione, 4 0324 242633

La Meridiana

Domodossola

Via Rosmini,11

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La Stella

Domodossola

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Crevoladossola

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Fraz. Mozzio

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Pizzo del Frate

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Formazza

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z MakanĂ Stubu

Macugnaga

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La Peschiera

Malesco

Via Peschiera, 23

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Lago delle Rose

Ornavasso

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La Tavernetta

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Vecchio Borgo

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Pizzeria Roxy

Vogogna

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La rivista turistica delle Valli dell’Ossola la puoi trovare qui... BACENO: Comune e Uffico Informazioni - Meublè Isotta - Albergo Vecchio Scarpone - Ristorante Pizzeria Cistella, Croveo - Albergo Ristorante Villa Gina • Alpe Devero: Rifugio CAI Capanna Castiglioni Ristorante Casa Fontana - Bar Pensione Fattorini - Bar Pensione Funivia - Albergo Ristorante La Lanca - Casa Vacanze La Rossa - Agriturismo Alpe Crampiolo - Albergo Ristorante La Baita - Ristorante Bar Punta Fizzi, Alpe Crampiolo • BOGNANCO: Comune - Pro Loco - Albergo Edelweiss - Albergo Rossi - Hotel Panorama - Rifugio Alpe Laghetto - Yolki Palki Camping Village - Albergo Ristorante Da Cecilia - Rifugio San Bernardo • DOMODOSSOLA: Comune - Pro Loco Domodossola co. Stazione Ferroviaria - Edicola via Binda - Bar Roma - Bar Mignon - Bar Milano - Bar Caffè Regina - Bar Moderno - Caffè del Borgo Acosta Caffè - Caffè Vecchia Domo - Caffè Istriano - Caffè Bistrot - GVM sport - Edicola sul Corso - Edicola Ultime Notizie Via Binda - Lolli collezioni - Centro Commerciale Sempione - Ristorante La Meridiana - Bar Caffè Il Girasole - Edicola Via Galletti - Lucchini Foto Video - Residence Fiordaliso - Rifugio Lusentino - Edicola della Stazione - Buffet della stazione - Edicola Alagia Patrizia V. Giovanni XXIII - Simplon Caffè - Snack Bar Le Dune • DRUOGNO: Comune - Albergo Ristorante Stella Alpina Bar Gelateria - Bar Tabacchi • CREVOLADOSSOLA: Alimentari Tomà - Ristorante Gambrinus - Ristorante C’era una volta - Bistrot S. Germain - Bar Vecchio Mulino • CRAVEGGIA: Comune - Bar Tabacchi Lo Spuntino • CRODO: Centro Visite Parco - Albergo Ristorante Buongusto - Comunità Montana Valle Antigorio Divedro Formazza - Albergo Ristorante Edelweiss - Albergo Ristorante Pizzo del Frate - Ristorante Bar del Parco • FONDOTOCE: Bar Gelateria Lollypop - Campeggio Lido Continental - Ristorante La Gallina che fuma • FORMAZZA: Comune e uff. Turistico - Albergo Edelweiss - Albergo Ristorante Pernice Bianca - Albergo Corno Brunni - Albergo Ristorante Rotenthal - Edicola Zarini - B&B Schtêbli - Bar Barulussa - Ristorante Walser Schtuba - Agriturismo Ross Wald - Ristorante Cascata del Toce - Rifugio Maria Luisa - Rifugio Città di Busto - Ristorante Igli • GRAVELLONA TOCE: Parco Commerciale dei Laghi - Sportway Megastore e Sportway Kids • MACUGNAGA: Uff. Turistico - Hotel Cima Jazzi - Centro Sportivo - Funivie Monterosa - Bar Mignon • MALESCO: Comune - Pro Loco - Bar Orso Bianco - Ristorante La Peschiera - Bar La Sosta • MASERA: Alimentari e Bed & Breakfast Tomà - Ristorante Del Divin Porcello - Edicola tabacchi • MERGOZZO: Comune - Ufficio Turistico - Il Forno Shop - Gelateria Bar Aurora - Bar Calumet, Candoglia • MILANO: Monti in Città, Viale Monte Nero 15 • MONTECRESTESE: Osteria Gallo Nero - Bar Gufo • MONTESCHENO: Comune e Ufficio Turistico • MOTTARONE: Funivia - Giardino Alpinia - Ristorante San Giuda • NOVARA: Sportway • OMEGNA: Pro Loco • ORNAVASSO: Comune - Bar Beba - Bar Baraonda - Angel’s Caffè - Lago delle Rose - Edicola Tabacchi PALLANZENO: Edicola PREMIA: Comune e Uff. Turistico - Albergo del Ponte - Albergo Minoli Miravalle - Ristorante Pizzeria Giglio Azzurro - Albergo Monte Giove • PREMOSELLO: Comune - B&B Cà dal Preu - Bar Pasticceria - Supermercato Conad • PIEVE VERGONTE: Comune - Bar Hg • PIEDIMULERA: Comune - Museo Lithoteca - Bar Aurora - Bar Monterosa - Caffè Piemonte • S. MARIA MAGGIORE: Comune - Ufficio Turistico - Immobiliare Vigezzo - Centro Fondo • STRESA: Funivie Stresa Mottarone - Bar Idrovolante • VARZO: Sede Parco Naturale Veglia Devero - Hotel Sempione - Cartolibreria Borghi Wilmo - Ristorante Edelweiss - Alimentari Piretti, San Domenico • VERBANIA: Tecnobar co. Palazzo della Provincia - Comune - Ufficio turismo - Pro Loco - Bar gelateria Milano - Gelateria Isola del Gelato - Monika Incoming Service • VIGANELLA: Comune e Comunità Montana Valle Antrona • VILLADOSSOLA: Edicola Rinaldi G. - Comune - Bar Plaza - Bar Gelateria Settimo Cielo - Formont, Via Boldrini - Tabaccheria Pergrossi R. Via Sempione - Ristorante La Tavernetta - Ristorante Serenella - Supermercato Coop - Erica Arioli Fotografo - Bandidas Bar - Perez’s Pub • VOGOGNA: Comune - Bar Jolly - Tabaccheria Edicola - Easy English - Pizzeria Roxy - Motel Bar Ristorante Monterosa - Centro Calzaturiero - B&B Del Viandante Per i nuovi punti di distribuzione: 329 22 59 589


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- lunedì chiuso -



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