Portogruaro.Net Magazine

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STIAMO IN SALUTE

sapeva Quando la notizia

d’inchiostro

p.6

Il cibo condiziona la nostra salute? Quali sono i sintomi legati a un’alimentazione sbagliata? Risponde il dottor Paolo Callegari

LA BUSSOLA Seconda puntata della rubrica "La Bussola Musicale", dedicata al mondo delle Sette Note, dentro e fuori le aule di scuola p.10

FUORI SCENA

p.11

Incontriamo Paolo Cevoli, prima del suo spettacolo “La penultima cena” al Russolo, che ci racconta del suo passato da cameriere

DURI I BANCHI Alla scoperta dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Portogruaro con un'intervista al Pro Direttore, Don Maurizio Girolami p.12

Dedichiamo il tema di copertina di questo numero del Magazine ad Ugo Padovese, nostro collaboratore negli ultimi anni, che molto ci ha lasciato in eredità sul profilo professionale e deontologico insegnandoci a svolgere al meglio la professione di giornalista, con la "G" maiuscola. Niente compromessi, niente

passa parola, solo i fatti verificati sul campo. Così come faceva anche il suo amico Mario Angeli con la macchina fotografica, che come Padovese abbiamo ricordato nelle pagine che seguono.

continua a pag. 4

L'ACQUOLINA Alcune osservazioni del nostro Leandro Costa su carne equina e acque minerali, accompagnate da una gustosa ricetta di stagione p.13

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EDITORIALE

Portogruaro, la crisi attanaglia anche le associazioni Dalle aziende private agli enti pubblici, dalle associazioni alle organizzazioni no profit, la crisi non risparmia nessuno e rischia di mettere in ginocchio l’intero territorio

A

dispetto di quanto si continua a promuovere in tv e sui giornali, la sensazione reale è che la crisi sia ben lungi da essere sul viale del tramonto. Assistiamo tutti i giorni a nuove chiusure di attività, a casse integrazione e mobilità, termini quasi del tutto sconosciuti sul nostro territorio fino a qualche anno fa. Le aziende ancora in piedi sono in affanno, fatta salva l’eccezione di alcuni settori ancora immuni dalla recessione economica, i Comuni sono bloccati dal Patto di Stabilità e quindi non riescono a creare opportunità di lavoro per le loro comunità, i piccoli lavoratori in proprio stentano a coprire le spese, i dipendenti faticano ad arrivare a fine mese. Paghe più contenute, tasse, valore del denaro in netta diminuzione, costringono le famiglie a tirare su e giù una coperta sempre più corta, che ora scopre i piedi ed ora le braccia. Le situazioni di disagio e povertà sociale si stanno moltiplicando in maniera esponenziale, ed ancora non si intravede una luce alla fine del tunnel. A ciò si aggiungono dei malcostumi tipici dei tempi di crisi, che vedono il proliferare di pseudo imprenditori che improvvisano attività e servizi con il puro fine di lucro di creare entrate dalle vendite senza pagare i fornitori. Poi chiudono e scappano con la cassa. Ed in Italia, purtroppo, sappiamo che basta trincerarsi dietro ad una ragione sociale a responsabilità limitata che tutto ciò diviene consentito e, soprattutto, impunito ed impunibile. Sembra quasi che il fine del buon imprenditore sia non più quello nobile di creare un’attività di successo, soddisfazioni economiche e personali, posti di lavoro e crescita economica e sociale del proprio territorio, ma bensì quello di “fregare” gli altri e lo Stato. Si creano così buchi di centinaia, di migliaia, di milioni di euro, che alla fine vanno a gravare sul cittadino, che ne paga le spese in un paniere finale che si chiama costo della vita. Le Associazioni del mandamento ci confermano il momento buio del mondo del lavoro con tassi di disoccupazione e cessate attività che non accennano a diminuire. Le aziende sono a corto di liquidità, le banche chiudono i rubinetti, l’economia non si muove. Vogliamo qui cogliere una tra le molte grida di allarme che ci giungono in questi giorni, quella della Fondazione Santo Stefano Onlus di Portogruaro che da più di dieci anni opera sul territorio del Veneto Orientale con attività di solidarietà per la comunità: «Purtroppo – dice il presidente Bruno Mares – negli ultimi tempi la crisi

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marzo/aprile 2013

di Vincenzo Zollo

economica generale ha colpito anche la nostra Onlus, riducendone i fondi disponibili. Di questo passo il nostro operato presente e futuro rischia di farsi nerissimo, compromettendo l’azione di una Fondazione nata e cresciuta per il bene comune del territorio del Veneto Orientale». In particolare il presidente Bruno Mares, già presidente tra gli altri di Confartigianato Veneto Orientale, si rivolge alle attività imprenditoriali del mandamento e ai privati cittadini attenti al mondo del sociale e a quello della solidarietà. «Chiediamo alle nostre imprese e ai cittadini di aiutarci economicamente con piccole donazioni, in modo tale da supportare una On-

lus che da oltre dieci anni si occupa del finanziamento di attività sociali e sociosanitarie, del recupero di opere pittoriche, della produzione di libri di interesse generale, del restauro di Beni Culturali e di tanto altro ancora. Questo è un patrimonio che non possiamo permetterci di disperdere, né ora né mai». Oggi la Fondazione Santo Stefano Onlus è costretta a far fronte a una riduzione del 35% dei finanziamenti di sostegno erogati dalla Fondazione di Venezia rispetto a quelli incassati nei primi anni di attività. La crisi è trasversale e colpisce un po’ a tutti i livelli: a quando una reale ripresa?

SOMMARIO EDITORIALE La crisi e il territorio 3 IN COPERTINA Omaggio a Padovese e Angeli 4 STIAMO IN SALUTE Cibo e alimentazione

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LA PAROLA A Punto Notte 7 Confartigianato 7 Centro Medico S. Andrea 8 Confcommercio 9 BUSSOLA MUSICALE Le associazioni locali 10 FUORI SCENA Intervista a Cevoli

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DURI I BANCHI Istituto di Scienze Religiose

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L'ACQUOLINA IN BOCCA Carne equina e acque minerali 13 INTERVALLO Con rispetto parlando... 14 LETTERE Dai nostri lettori

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Portogruaro.Net Magazine Supplemento a: www.Portogruaro.Net del 19/03/2013 Reg. Trib. di Venezia - n. 10 del 05/05/2006 Iscrizione al ROC n. 17423 Direzione e Redazione: via Spalti, 7 - 30026 Portogruaro (VE) Tel. e Fax 0421 280444 Email: magazine@portogruaro.net Direttore Responsabile: Maurizio Pertegato Direttore Editoriale: Vincenzo Zollo Caporedattore: Federico Guerrini In redazione: Leandro Costa, Deborah Cuzzolin, Vito Digiorgio, Federico Favruzzo, Luciano Guareschi, Bruno Lena, Alessandra Sartori, Giulio Serra, Elena Toffoletto “La parola a...” è una rubrica di inserzioni promozionali redazionali a pagamento Nessuna parte di questa pubblicazione può essere utilizzata in alcun modo, incluse le inserzioni pubblicitarie che sono di proprietà dell’editore che ne vieta la riproduzione anche parziale con qualsiasi mezzo. Manoscritti, fotografie e disegni anche se non pubblicati, non si restituiscono. Portogruaro.Net lascia agli autori degli articoli l’intera responsabilità delle loro opinioni; garantisce la riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione, scrivendo o telefonando alla redazione. L'editore rimane a disposizione di altri eventuali aventi diritto di copyright su testi o immagini che non è stato possibile contattare. Realizzazione Grafica: Studio Idee Materia Stampa: Centro Servizi Editoriali Distribuzione gratuita © Copyright 2005-2013 Portogruaro.Net by VISYSTEM EDITORE via Spalti, 7 30026 Portogruaro (VE) Tutti i diritti riservati

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IN COPERTINA

marzo/aprile 2013

Quando la notizia

sapeva d’inchiostro Omaggiamo i decani del giornalismo portogruarese, Ugo Padovese e Mario Angeli, ricordando la loro grande amicizia: ispirata dalla passione per i fatti e per la verità

di Giulio Serra

“V

ia Aldo Moro è il bronx di Portogruaro!” Un tuono. Un colpo di spada che lui, da grande amante di sport qual era, sapeva muovere come nessuno altro. Parole galleggianti in un mare di altre migliaia di parole. Amplificate dal microfono della radio ed espanse come un’onda per le vie e i ciotoli di Portogruaro. Quelle otto stilettate arrivarono dritte dritte agli orecchi di chi sapeva ascoltare. E incassare. Lo aveva fatto per una vita intera. Ascoltare il cliente, rendersi disponibile, non abbassare mai la guardia, metabolizzare e approfondire. Ed ebbe l’impeto di non tacere, ribellandosi a quella che ritenne essere una vera e propria offesa per la via e il quartiere che abitava. Nel frattanto il parolaio non smetteva un attimo di raccontare, svelare, suggerire soluzioni, discernere i fatti dalle opinioni. Tempo fa qualcuno chiese a un noto giornalista italiano di spiegare la differenza che intercorre tra una notizia vera (nuda e cruda) e una faziosa, intrisa di opinioni e facezie. Quello rispose con un esempio pungente: “Se ci riuniamo tutti in una stanza insonorizzata per qualche giorno, sbarrando porte e finestre, abbassando le tapparelle e tenendo spenti telefonini, radio, televisori e computer, e discutiamo del tempo che fa, ciascuno potrà legittimamente sostenere che fuori c’è il sole, oppure piove, o grandina, o nevica. Ciascuna opinione avrà la medesima dignità, credibilità, attendibilità. E il dibattito potrà proseguire serratissimo per giorni, settimane. Almeno finchè uno dei reclusi, con un blitz, non deciderà di spalancare una porta o una finestra, o di telefonare a qualcuno all’ester-

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no, o di accendere la tv o la radio o il computer collegandosi a internet per scoprire che tempo sta davvero facendo. Poniamo che apprenda che sta piovendo: tutti dovranno prenderne atto e, da quel preciso istante, nessuno potrà più sostenere che fa sole, nevica, o grandina. Fine del dibattito e tutti a casa. È spuntato il fatto, la soluzione”. Lui, il cronista di Portogruaro che dall’alto del proprio ufficio troneggiava sulla piazza del capoluogo, era esattamente l’uomo del blitz descritto nella storiella: mai accontentarsi dell’ipotesi, meglio la conferma. Fatto sta che quel suo trasporto totale verso la verità (nei secoli e nei secoli) lo portava spesso a guerreggiare con politici della bandiera avversa e con altri del colore medesimo, con le Istituzioni Comunali e con due categorie esatte di Portogruaro: i siors e i dorotei, i «padroni del vapore». Il destinatario delle otto fucilate orali su via Aldo Moro non faceva parte di alcuna corrente sociale, men che meno politica. Lui era uno spirito libero, un cavallo di razza. Se ne andava per il Portogruarese in cerca di storie con la macchina fotografica al collo e il sorriso tra le labbra. “Con questo arnese – diceva – catturo un frammento della vita degli altri, e per certi versi è come se ne facessi un ritratto”. Rimestò per qualche giorno sulla faccenda, poi decise che non poteva fargliela passare. Quel parolaio doveva pagarla, in qualche modo. Radunò gli abitanti del quartiere, quello che l’altro definiva bronx. Approvarono l’azione di protesta e la sera stessa si presentarono sotto la sede della radio con i polsi legati da catene intrise di rabbia. La cagnara giunse fin ai piani alti, dove il direttore


in copertina stava battendo a macchina gli ultimi pezzi per il Gazzettino. Sbottò, e in un lampo scattò sulla sedia. Spense la cicca (probabilmente l’ultima di una lunga serie quotidiana) e uscì allo scoperto. Il mittente e il destinatario. Muso a muso. Faccia contro faccia. Dapprima partirono scintille, poi zampilli scoppiettanti, sul finire venne a divampare un fuoco incrociato di parole, paroloni e parolacce da cui sbocciò quella che a tutti gli effetti fu una grande, eterna amicizia.

marzo/aprile 2013 economicamente i nostri genitori”. Nel ’76 la sua vita professionale ebbe una svolta. Venne chiamato dall’allora direttore della radio pordenonese LT1, Maurizio

Lucchetta, a dirigere LT2, la neonata «costola» portogruarese. E lì, tra quei locali fumosi e indorati dal giornalismo più autentico, Ugo Padovese realizzò decine e decine di interviste memorabili, fece crescere giovani giornalisti e diede libero sfogo al pro-

Ugo Padovese, il parolaio di Portogruaro Figlio del proletariato portogruarese, primo di due fratelli maschi, visse un’infanzia travagliata, dove la fame aveva il sopravvento sul quieto vivere. Passò i primi anni a giocare a calcio con palloni di strasse. E a leggere. “Ugo – ricorda il fratello don Luciano – leggeva tantissimo. A dire il vero ci contaminavamo a vicenda, perché anche a me piaceva moltissimo la lettura. Fin da giovane aveva una personalità forte, un’intelligenza sopra la norma, un’arguzia speciale. Dibattevamo per ore sugli argomenti più disparati. Già a quel tempo si infuriava se le cose non andavano per il verso da lui comandato”. Poco prima dei vent’anni ebbe l’impeto di seguire la via del giornalismo. La sua vera passione. Una «passionaccia», come scrisse qualche tempo fa Enrico Mentana in un suo libro. Erano i primi anni ’50 e Ugo Padovese venne incaricato del ruolo di corrispondente per il Gazzettino e il Popolo. “Era incisivo nella scrittura – dice il fratello don Luciano –, efficace nel modo di raccontare le cose, intenso. Agli inizi faceva le cronache di mostre di pittura locali, che spesso tenevano da Spessotto o ai Mulini. Ben presto si immerse completamente nella realtà sociale, culturale e politica di Portogruaro, e ne venne risucchiato”. A 21 anni il giovane cronista figlio di un invalido di guerra e di una casalinga venne fatto assessore: il più giovane eletto del tempo. Faceva parte dell’ala «sinistra» della vecchia Democrazia Cristiana: un vero e proprio campo di battaglia, una costante trincea. “Ce l’aveva a morte con i siors – spiega il fratello – perché in quegli anni non avevano permesso a Portogruaro di espandersi e di far crescere l’industria. Ma battagliava continuamente anche con i cosiddetti dorotei della dc, quelli che sostenevano i proprietari terrieri portogruaresi”. Nel frattempo Ugo Padovese compì gli studi al Collegio Marconi, avviando poco dopo l’insegnamento delle Lettere presso l’Istituto Professionale Superiore di Portogruaro. “Lo faceva per dar una mano alla famiglia – dice il fratello don Luciano –, sostenendo

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prio genio. “Quando la radio non prendeva bene – ricorda il fratello –, Ugo saliva in macchina e andava fin sul Piancavallo a sistemare le antenne e i ripetitori”. Questo era lui.

Il destinatario con la fotografia nel cuore I figli Enrico, Stefano, Alessio e la compianta Simonetta gli facevano da modelli. E lui li ritraeva. Non certo con la pittura e i pennelli. Ma con la fotografia. L’arte più nobile, come disse Andy Warhol in un’intervista degli anni ’70. Mario Angeli scoprì quest’arte relativamente tardi. Fin da giovane, infatti, fu impregnato totalmente del lavoro del padre: il venditore di macchine da cucire. “Eppure fin da giovane era un gran appassionato di storie e di vicende umane – ricorda il figlio Enrico –, amava stare in mezzo alla gente e andare a eventi o manifestazioni”. Alla fine degli ’80 Mario Angeli cozzò contro lo scoglio di Ugo Padovese. Da quella grande lite sul bronx e su via Aldo Moro spuntarono fuori un’amicizia forte e una collaborazione giornalistica altrettanto genuine. “In quegli anni – spiega Enrico Angeli – papà si approcciò alla fotografia e fu amore a prima vista. Per LT2 andava sui campi di calcio del Portogruarese a fare le cronache delle partite e a fotografare i momenti salienti degli incontri. Erano anni esaltanti per lui”. Da lì a passare all’organizzazione di mostre ed eventi mondani il passo fu breve. Brevissimo. In poco tempo Mario Angeli organizzò manifestazioni sportive di altissimo livello, tornei di calcio e mostre di pittura con artisti di primo piano. E lo faceva, nonostante tutto, per quel fuoco sacro che lo animava fin da giovane. Non certo per qualche quattrino in più. “E fu in quel periodo che diede vita al giornalino Super Flash – dice Enrico –, il suo marchio di fabbrica”. Lì, tra quelle carte, imprimeva tutta la sua passione per l’arte, la fotografia, il ritratto. E per il sorriso degli altri. “Papà aveva una parola buona per tutti – spiega il figlio –, e per questo era ben voluto dai portogruaresi e non soltanto. A nome della nostra famiglia, colgo l’occasione per ringraziare quanti hanno manifestato il proprio cordoglio nel giorno dei funerali e nelle settimane che hanno seguito”. Fino all’ultimo Mario Angeli fu un vulcano dalle mille idee. Come quella di realizzare un docu-film su Ernest Hemingway. Uno scrittore libero, un parolaio senza tempo. Uno della stessa stirpe degli amici Ugo e Mario.


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STIAMO IN SALUTE

ibo, delizia e disgrazia del nostro vivere quotidiano; tanto utile e necessario per il nostro sostentamento quanto pericoloso e superfluo negli eccessi. Abbiamo voluto approfondire questo argomento di attualità ponendo alcune domande al dottor Paolo Callegari, medico psichiatra ed omeopata. Dottor Paolo Callegari, come mai lei che è un medico psicoterapeuta ed omeopata si occupa di cibo e lo propone come modo per curarsi? In effetti il percorso che mi ha indotto ad approfondire questo tema è stato particolare ma molto interessante. Se qualcuno vive in un luogo malsano tenderà a riammalarsi, nonostante le cure adeguate; per cui quando la patologia cronica è sostenuta da “cause esterne” non servono rimedi o farmaci, la cura sta nell’evitare la situazione malsana esterna. Nell’approccio alle malattie croniche, sia psichiche che fisiche, l’omeopatia distingue quelle causate da una debolezza intrinseca dell’organismo da quelle dovute a cause esterne: sono solo le prime che vengono curate dai rimedi. Da parecchi decenni la gran parte del cibo prodotto e preparato industrialmente è causa dimostrata di numerose patologie croniche, è diventato “l’ambiente malsano” in cui viviamo! Una quantità di studi scientifici di quotate riviste internazionali conferma tutto ciò: si chiamano anche “malattie da cibo” e non le curiamo in modo radicale, cambiando cioè lo stile alimentare, ma ci accontentiamo di tenerle a bada con una manciata di farmaci. Cosa intende precisamente per “malattie da cibo”? Sono tutte le patologie conseguenti ad un danno del funzionamento del nostro metabolismo dovuto al consumo quotidiano e costante di cibi non adatti al nostro corpo, cioè tutti gli alimenti che provocano un cospicuo e rapido innalzamento del glucosio nel sangue e un introito eccessivo di proteine animali. Questi cibi, presenti nei 2/3 degli scaffali di un qualsiasi supermercato, mettono a dura prova i delicati equilibri metabolici dell’insulina, glucagone, produzione del glicogeno, acidi grassi ecc. e producono un’alterazione patologica chiamata “sindrome metabolica”, anticamera di importanti malattie conseguenti come ictus, cardiopatie ischemiche, diabete, ipertensione arteriosa, obesità e tumori. Quali sono i segni che ci avvisano dell’insorgere della sindrome metabolica? I primi segni della sindrome metabolica sono spesso sottovalutati: aumento del grasso addominale, colesterolo o trigliceridi leggermente alterati, qualche valore della pressione arteriosa o glicemia un po’ alti, una spossatezza qualche ora dopo i pasti, dolori migranti alle articolazioni. Presi singolarmente non preoccupano ma considerati assieme indicano che il metabolismo sta cambiando, che il nostro corpo non riesce più a funzio-

nare bene e che le cellule fanno più fatica ad avere l’energia sufficiente per fare il loro compito. E’ allora che il colesterolo si attacca più facilmente alle arterie e forma le placche, le coronarie (arterie che nutrono il cuore) iniziano ad intasarsi, il fegato si ingrossa, il sistema immunitario si sregola, la glicemia si innalza. L’aspettativa di vita si accorcia drasticamente di 5-10 anni! Oggi, i ragazzi di 15-20 anni hanno un’aspettativa media di vita di 10 anni di meno dei loro genitori proprio per il rischio di malattie da cibo. In Italia ne soffre il 3035% della popolazione, spesso senza saperlo (circa 20 milioni di persone). Ma quali sarebbero i cibi pericolosi il cui consumo favorisce la sindrome metabolica? Tutti gli zuccheri estratti chimicamente, la farina macinata molto sottile (farine 00 e 0), l’uso del mais ibrido giallo e dei suoi derivati, le patate, il riso raffinato e un’introduzione quotidiana complessiva di proteine animali (latte, formaggi, uova, carne, pesce) superiore a 1gr/Kg, (circa 150-200 grammi di prodotto). Le evidenze scientifiche sono ormai inconfutabili, ma tardano a diffondersi abitudini di vita salutari e prese ufficiali di posizione degli organi competenti (così come invece è accaduto per le sigarette). Lei cosa propone a chi volesse prevenire o curare una “malattia da cibo”? All’inizio consigliavo individualmente alle persone un comportamento salutare sia a tavola che nello stile di vita, specie nel contrastare la sedentarietà, concausa amplificante del problema. Ho constatato nel tempo che cambiare stile alimentare e immettere più attività fisica nella propria vita rappresentava un passo complesso e difficile. Molti approdavano a diete ipocaloriche o iperproteiche, fortemente sconsigliate e dannose per curare le “malattie da cibo”. Emergeva perciò l’esigenza di affrontare il problema in modo diverso. E questo cosa significa in pratica? Significa non affrontare il problema da soli: utilizzare tutti gli strumenti di informazione e comunicazione per avere notizie corrette e lavorare assieme sulla prevenzione e cura delle malattie croniche da cibo fra tutte le realtà del territorio (medici, operatori sanitari, associazionismo, farmacie, comuni, gruppi spontanei, ecc.). Promuovere ed attivare conferenze di informazione, corsi di preparazione di cibi salutari, stimolare i luoghi di ristorazione ad offrire menù adeguati, dare impulso a iniziative sulla consapevolezza del corpo e sul movimento adattato. Non ultimo, conquistare il diritto ad avere nei supermercati un’offerta alimentare orientata alla salute delle persone e non solo alle esigenze dell'industria e delle grandi distribuzioni. Ringraziamo il dottor Callegari e per maggiori informazioni e approfondimenti rimandiamo al sito www.progettosindromemetabolica.it oppure su facebook ricercando ProgettoSindromeMetabolica.

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la parola a

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382: l’importanza di un numero

P

erché cominciare un articolo con un numero? Semplicemente perché negli ultimi tempi i numeri sono molto importanti… Determinano la ricchezza, scandiscono il nostro tempo, regolano gli incontri e… possono far dormire bene! 382 nel nostro caso è un indicatore, un simbolo ed anche un messaggio che abbiamo deciso di lanciare nel mercato per dare una sensazione, un’idea. 382 è il prezzo in euro per acquistare un materasso decisamente buono, comodo e di qualità assoluta. Il materiale è il myform, l’originale, l’azienda produttrice è Dorelan. Già, perché oltre ai numeri sono importanti anche i nomi: negli ultimi anni Dorelan si è distinta nel mercato, proprio perché questo nome così particolare, nasconde un cuore puramente italiano: un cuore pulsante di innovazione, tecnologia ma anche tradizione. I prodotti sono tecnologicamente avanzati, ma rifiniti con tale dedizione da ricordare la raffinatezza di tempi passati. Sembra strano pertanto che un materasso del genere possa costare cosi poco… 382 serve a far sapere che non è così.

Naturalmente Dorelan non è solo questo: la gamma di prodotti che propone è ampissima ed in grado di soddisfare qualunque tipo di esigenza sia in termini fisici che economici. Materassi a molle, molle indipendenti, lattice e gli ormai sempre più conosciuti e desiderati myform e myform progress. Naturalmente e rigorosamente MADE IN

ITALY; con un po’ di sano campanilismo, noi amiamo dire “FATTO INTERAMENTE IN ITALIA”. Questo requisito ci mette in grado di mettere un po’ di ordine laddove la globalizzazione crea confusione: prodotti che arrivano da ogni parte del mondo, senza certificazioni di nessun tipo o con garanzie inesistenti.

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GELATO ARTIGIANALE Il Parlamento Europeo ha istituito ufficialmente la Giornata Europea del gelato artigianale. L’evento per la prima volta si svolgerà domenica 24 marzo 2013 in contemporanea in diversi stati dell’Unione Europea. I gelatieri di Confartigianato Imprese Veneto Orientale che aderiscono alla Giornata Europea del gelato artigianale sono:

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marzo/aprile 2013

Il Centro Medico Sant’Andrea amplia lo staff:

I

MEDICI DI ECCELLENZA E NUOVI FISIOTERAPISTI.

l Centro Medico Sant’Andrea di Portogruaro è un centro di fisioterapia e riabilitazione che lavora quotidianamente puntando ad un servizio riabilitativo di alta qualità sia dal punto di vista medico che della fisioterapia. La struttura è costituita da ambulatori medici adibiti a visite mediche specialistiche, da ambulatori adibiti all’utilizzo di strumentazioni elettromedicali e da un ampio locale per terapie fisiche di gruppo. Presso il Centro è possibile eseguire cicli di terapie strumentali quali TECAR, LASER, ULTRASUONI, TENS, ELETTROSTIMOLAZIONE, IONOFORESI, PARAFFINOTERAPIA, inoltre cicli di terapie manuali quali rieducazione funzionale, drenaggio linfatico, mobilizzazione articolare, massoterapia. Sono attivi corsi di ginnastica antalgica, ed è infine possibile eseguire visite mediche ortopediche e fisiatriche. A tal riguardo, a un anno dalla sua apertura, il Centro ha deciso di ampliare il suo staff medico con figure di alto livello professionale: oltre al Direttore Sanitario Dott. Andrea Salar, i pazienti potranno essere visitati presso la struttura da nuove figure mediche quali il Dott. Ruggero Mele, la Dott.ssa Lidia Wassermann e il Dott. Christian Perosa. Il Dott. Ruggero Mele è un nome d’eccellenza nel campo dell’Ortopedia, specialista in Chirurgia della Mano e Microchirurgia, ha diretto fino all’Ottobre del 2012 il Centro

di Riferimento della regione Friuli Venezia Giulia della Chirurgia della Mano, è primario emerito e consulente scientifico per la Chirurgia della Mano degli Ospedali Riuniti del Pordenonese. La Dott.ssa Lidia Wassermann e il Dott. Christian Perosa sono medici chirurghi specialisti in Fisiatria, noti nel nostro territorio per la loro alta professionalità e preparazione. Oltre al Dott. Marco Battesta, sarà presente nella struttura una nuova fisioterapista, la Dott.ssa Francesca Scandiuzzi, laureata in Fisioterapia presso l’Università di Trie-

ste, con alle spalle una pluriennale esperienza nel campo della fisioterapia e riabilitazione, e la Dott.ssa Annarita Bottosso, neolaureata in Fisioterapia presso l'Università di Udine e impegnata nel Centro come stagista. Presso il Centro Medico Sant’Andrea è pertanto possibile essere seguiti oltre che dai fisioterapisti, anche da medici specialisti ortopedici e fisiatri, disponibili alla valutazione e rivalutazione del paziente in qualsiasi momento dell’iter riabilitativo. In parallelo all’attività ambulatoriale, il Centro Medico Sant’Andrea ha cercato di

Le prestazioni:

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dare spazio ad incontri di approfondimento sia con i pazienti che con i medici del territorio su argomenti specifici di carattere ortopedico e fisiatrico. In Marzo, in Maggio e in Settembre 2012 ha realizzato una serie di incontri presso le sedi del Centro Culturale e Ricreativo Sandro Pertini di Portogruaro, dell’Associazione Culturale e Ricreativa Antonio Carneo di Concordia Sagittaria, dell’Università della Terza Età di Portogruaro e di altre associazioni del portogruarese affrontando con il Dott. Andrea Salar il tema della cura e della prevenzione dell’artrosi, in Giugno si è discusso presso il Centro di instabilità vertebrale nelle patologie degenerative del rachide con il Dott. Renato Villaminar e in Ottobre il Dott. Mario Lando, medico ortopedico presso la Struttura Complessa di chirurgia della mano dell’ Ospedale - Policlinico di Modena, ha parlato di patologie della mano. Sono previsti presso il Centro nuovi incontri informativi aperti al pubblico, sia in primavera che in autunno 2013. Il primo di questi incontri si terrà sabato 13 Aprile alle ore 10.30 con la dott.ssa Lidia Wassermann che ci parlerà di scoliosi idiopatica nell'adolescente: tutti i lettori sono invitati e attesi con piacere.


la parola a

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SCEC

SOLIDARIETÀ CHE CAMMINA UN NUOVO MODO PER COMBATTERE LA CRISI DEI CONSUMI

Su questo aforisma si basa la nascita dell’Arcipelago SCEC: un progetto che ha voluto con questo strumento (lo Šcec) tentare, in un periodo di forte calo dei consumi, di incrementare il potere d’acquisto delle persone, creare rete tra imprese, stimolare il commercio locale ed anche ricostruire il tema sociale. Rappresenta una mera riduzione di prezzo che liberamente gli associati Šcec decidono di donarsi reciprocamente. Per la ditta rappresenta uno sconto incondizionato che può variare a seconda delle proprie esigenze. La differenza fondamentale sta nel fatto che, mentre lo sconto rappresenta un qualcosa che si interrompe nel momento del pagamento, lo Šcec (che rimane nelle casse dell’associato) può essere nuovamente riutilizzato dallo stesso come fruitore. Per fare un esempio concreto, il cliente acquista un prodotto, o utilizza un servizio, di un’impresa che accetta di ricevere Šcec pari al 20% del prezzo. Se la spesa è di 50 €, il cliente pagherà 40 € e consegnerà 10 Šcec. Ebbene, il quantitativo di Šcec consegnato è il simbolo concreto della compartecipazione a migliorare il flusso degli scambi all’interno del proprio territorio. La ditta che ha accettato i 10 Šcec sa che può contare sulla volontà

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di altri operatori commerciali, artigiani, professionisti e di altri produttori, di rinunciare a loro volta ad una percentuale di guadagno sulle loro vendite ed attività. E nel contempo potrà, a sua volta, spenderli all’interno del circuito. É una circolarità che manifesta la più concreta solidarietà: quella che ognuno riconosce all’altro, ricevendone altrettanta. É una solidarietà che ha il pregio di restituire a tutti un benessere che non si esprime solo economicamente, ma soprattutto socialmente. Circolarità significa dar vita a virtuosità economiche che si riflettono su tutta la comunità territoriale e nel contempo creare filiere pulite capaci di far superare l’attuale visione socio-economica divisa in categorie, dimostrando che l’interesse del produttore è identico a quello del commerciante e del consumatore. L’equilibrio è finalizzato al miglior prezzo in grado di compensare tutti, anche il consumatore, perché farà mantenere nel tempo la qualità e la disponibilità dei prodotti e dei servizi, favorendo nel contempo la coesione sociale ed il benessere diffuso. Arcipelago Šcec pone al centro del proprio progetto quella qualità, ormai dimenticata, chiamata buon senso, a disposizione di tutti ed utilizzabile fin da subito. Territori sani, essenza del locale contribuiscono a fare una economia complessiva sana. Diventa indispensabile indirizzare gli investimenti sull’economia reale, consumando di più ciò che noi stessi produciamo. Lo Šcec interviene virtuosamente per ottenere tutto questo.

reinvestono i guadagni sul proprio territorio, che scambiano le loro eccedenze/eccellenze con altri territori che partecipano al circuito Arcipelago, contrastando la proposta commerciale dei grossi Centri commerciali e della Grande distribuzione. Il progetto pilota di Confcommercio con gli Šcec è stato avviato lo scorso anno nella località di Caorle, nella quale hanno aderito al circuito circa 500 fruitori (clienti) e 50 aziende. Lo scorso 4 Marzo 2013 nella località balneare si è tenuto un incontro con la presenza del Presidente nazionale Arcipelago SCEC – Pierluigi Paoletti. Da parte di Confcommercio del portogruarese c’è l’impegno di sviluppare il Progetto Arcipelago SCEC in altri territori del mandamento, in considerazione dell’elevato interesse mostrato da alcune imprese. Da sottolineare, tra l’altro, che Confcommercio è da tempo impegnata anche nel potenziare il Progetto SottoCasa con l’intento di promuovere i Centri Commerciali Naturali, ovvero i centri storici delle nostre cittadine, dei nostri paesi, così ricchi ancora di tanta storia, cultura e tradizioni, incoraggiando il far rete ed il gioco di squadra tra i commercianti. Per tutte le informazioni al riguardo: ciro.esposito@confcom.it - 0421 278311

Confcommercio ha sposato la causa di Arcipelago SCEC proprio perché la percentuale degli Šcec sulla spesa effettuata in Euro ed il loro utilizzo indirizza gli acquisti verso quei commercianti, quei produttori, che

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la bussola musicale

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Tanta musica, dentro e fuori le aule di scuola "La Bussola Musicale", la nostra rubrica dedicata al mondo delle Sette Note, prosegue il proprio cammino attraverso la descrizione delle realtà musicali presenti nel Portogruarese di Alessandra Sartori

Manifestazioni: concorsi musicali e canori nelle vicinanze

“Sottotoni - spiega Gian Marco Orsini, organizzatore della manifestazione nasce come piccola rassegna ideata dal Comune di Concordia Sagittaria; dall'anno scorso è un vero e proprio concorso musicale. Stiamo già preparando la seconda edizione”. La Fronda D'oro, invece, è un concorso canoro organizzato dalla pro loco di Motta di Livenza. Quest'anno si svolgerà la 51esima edizione prevista per i primi di agosto; ci saranno tre serate dedicate al concorso, due semifinali e una finale.

La musica all' interno degli Istituti superiori

Per quanto riguarda l'insegnamento della musica all'interno degli Istituti

Le associazioni, un fiore all’occhiello

Lo sviluppo delle associazioni musicali, culturali e artistiche in genere rappresentano per la città di Portogruaro un’importante testimonianza di come il mezzo “musica” sia stato capace (e lo è tuttora) di coinvolgere miriadi di persone nel corso del tempo. Addentriamoci nel dettaglio. “Il Porto dei Benandanti - spiega il referente, Marco Pasian - è una realtà ad ampio respiro. Il compito primario è quello di organizzare eventi, come per esempio la ventennale manifestazione Orchestrazioni”. Oltre al Porto dei Benandanti vi è poi l’associazione musicale Porto Del Jazz, la quale si occupa di promuovere musicisti appartenenti al jazz, al blues e alla musica cantautorale folk rock. Realizza inoltre Jam session in vari locali del Portogruarese. All’interno della struttura comunale delle ex scuole elementari di via Gervino a Portovecchio, hanno sede cinque associazioni: Officine Sonore, Musicarte, Musicainsieme, Punto & A Capo e La Gazza Ladra. “Officine Sonore - dice Luca Pessa, attuale presidente - nasce nel febbraio 1994, con la prima sala prove del Portogruarese. Le ex scuole diventano così un Villaggio Globale, nuova realtà di aggregazione locale, con lo scopo di promuovere i singoli gruppi e la loro musica”. Presente dal 2009 nel territorio di San Stino di Livenza e collegata a Luca Pessa, è poi l’associazione culturale Uparte, con presidente Riccardo Brun: realtà giovane, nata come aggregazione sociale, diventa ben presto una scuola di musica moderna. Nel 2008 nasce MusicArte, da un’idea dei fratelli Tonino e Donato Lancellotti assieme a Martina Pellarin. Tale realtà si prefigge l'obiettivo di ampliare la conoscenza della cultura musicale ed artistica nel mondo giovanile e non. Musicainsieme ha come presidente Oliviero Nosella e svolge attività di insegnamento della musica moderna. Poi vi è Punto & A Capo, associazione musicale nata di recente ed attualmente in evoluzione. Infine La Gazza Ladra: nata nel 1984 come associazione teatrale.

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I Corsi della Scuola di Musica e le varie attività didattiche sono rivolte a persone di ogni età e formazione e senza l’onere di seguire necessariamente un piano di studio obbligatorio (i corsi si dividono in ordinari, professionali, post diploma e liberi). La Scuola di Perfezionamento, invece, nell’anno accademico in corso registra 50 iscritti provenienti dall’Italia e dall’estero, mentre le masterclass estive del 2012 hanno visto l’iscrizione di oltre 250 allievi provenienti da 16 nazioni. Le attività concertistiche (in primis il Festival Internazionale di Musica) vengono organizzate nel portogruarese, nei paesi limitrofi, nel vicino Friuli e in collaborazione con amministrazioni comunali, enti, istituti e associazioni di varia natura per una media di 80 eventi all’anno.

superiori emerge un dato importante: con la Riforma Gelmini, entrata in vigore il primo settembre 2010, i licei perdono le ore curriculari di musica. La materia può essere insegnata in fasce orarie extracurriculari, da insegnanti o collaboratori esterni. Vediamo nel dettaglio le varie scuole del comprensorio. “La riforma - dice Lorenzo Zamborlini, dirigente scolastico - per l'Istituto Statale Marco Belli ha prodotto una perdita, dato che avevamo una certa sensibilizzazione nei confronti della musica; oltre alle ore curriculari, vi erano varie attività legate ai teatri “alla Scala” di Milano e “La Fenice” di Venezia”. Allo stato attuale la scuola si cimenta in saggi di Natale, di fine anno scolastico e in concorsi canori grazie al coro “Emotions in Music Marco Belli Institute”, curato del professore Angelo Musumeci. Il Liceo XXV Aprile, in passato, ha collaborato con vari docenti, tra cui il maestro Armando Battiston; attualmente ha una collaborazione con il teatro “La Fenice” di Venezia. “Gli allievi - spiega l'insegnante Maria Cecilia Bassani - dal periodo che va da aprile a maggio possono beneficiare di lezioni mattutine ed assistere a relatori che introdurranno alla visione di tre opere; quest'anno l'artista preso in considerazione sarà Mozart”. “I ragazzi del Liceo Marconi - racconta Samuele Anese, docente di religione - si sono preparati per le Messe di inizio anno e di Natale. Nel mese di maggio, in occasione del concerto di fine anno, avvieremo una maratona di gruppi e mi piacerebbe per l'occasione formare un gruppo interno al Marconi”. “L’Istituto Statale Istruzione Superiore Leonardo Da Vinci nasce nel 1965 - dice Raffaela Guerra, dirigente scolastica - e recentemente, grazie ai finanziamenti della Regione Veneto, siamo riusciti a collaborare con una scuola media superiore italiana di Buje in Croazia. Abbiamo realizzato una rappresentazione teatrale e musicale, dove i ragazzi hanno avuto l’opportunità di esibirsi tutti insieme”. Come ultima iniziativa l'Istituto ha realizzato un incontro dal titolo Note e Poesia presso l'Aula Magna dell’Itis L. Da Vinci, lo scorso 18 gennaio. Ad intrattenere studenti ed insegnanti del comprensorio l'artista Goran Kuzminac, accompagnato dal flautista Giacomo Lelli. L’educazione musicale all'interno dell'Istituto Statale G. Luzzatto ha un lungo passato. Si è iniziato a inserirla come materia extracurriculare dal 1990. “Ascoltando le esigenze dei ragazzi - dice Michele La Pietra, docente di lettere - abbiamo iniziato ad organizzare dei laboratori musicali, che si concludevano con saggi finali. I laboratori extrascolastici si sono svolti fino allo scorso anno, a seconda del fondo d’Istituto disponibile”. Sulla questione interviene la docente Gilda Vipera: “Negli anni 2010 e 2011, all’interno dell'Istituto siamo riusciti a svolgere il concorso canoro e musicale Musica nel Sangue, riscuotendo grande interesse da parte dei ragazzi”.


fuori scena

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Il comico con la nostalgia per il passato di cameriere Paolo Cevoli ha riscaldato la platea del Russolo con la pièce “La penultima cena” di Vito Digiorgio

L

o scorso 29 novembre ha inaugurato la stagione cabaret del Teatro Russolo portando in scena il monologo “La penultima cena”. Paolo Cevoli, uno dei più apprezzati comici di Zelig, nello spettacolo veste i panni di Paolo Simplicio Marone, il cuoco cui è stato accordato un permesso speciale per tornare sulla terra a raccontare come si svolse l’Ultima Cena. Nato a Rimini da umili origini, Paolo Simplicio viene adottato da una nobile famiglia che lo porterà a Roma dove potrà apprendere l’arte culinaria alla scuola di Apicio, il più famoso chef dell’antichità. Una sera, durante un banchetto alla villa del nobile Gaio Sulpicio, il padrone di casa viene avvelenato da alcune bacche orientali di colore blu usate da Paolo per insaporire la carne. A seguito del misfatto è costretto a fuggire in Palestina. Durante una cerimonia nuziale a Cana incontra la persona che gli cambierà la vita per sempre. Giunto alla cerimonia per proporre il proprio servizio di catering, assiste al miracolo di Gesù. Un incontro destinato a segnare la vita di Paolo, che proporrà di aprire il ristorante “Al miracolo”, dove si mangia da Dio. Il cuoco seguirà le vicende di Gesù fino all’atto finale, l’Ultima Cena. In questo spettacolo si può ben apprezzare la cifra stilistica di Cevoli, fatta di innata capacità comica e di un’accentuata abilità narrativa. Trovate funamboliche e richiami all’attualità condiscono uno spettacolo con al centro un Cristo molto umano e assai poco divino, visto con gli occhi umili ma nobili di un cuoco. Un racconto pieno di flashbacks e digressioni, ritmato da un’ironia elegante e leggera, priva di volgarità o esagerazioni. Sono questi gli ingredienti che hanno decretato l’enorme successo de “La Penultima cena”. “La Penultima Cena” può essere definito un monologo storico-comico-gastronomico. Ci sono dei modelli da cui trae ispirazione, come il Satyricon di Petronio, ma nell’interpretazione del cuoco Paolo Simplicio quanto c’è della sua vita personale? È la storia della mia vita raccontata attraverso la metafora di questo romagnolo, vissuto circa duemila anni fa, che faceva il cuoco e ha girato un po’ il mondo. Era, come lo definiremmo noi, un patacca, un uomo che vede e vive le cose in maniera candida, fanciullesca. Un uomo che riesce

a raccontare eventi drammatici e tragici, come la morte di Gesù e anche la sua, in maniera leggera. Uno dei temi principali dello spettacolo è il rapporto con il cibo. Che rapporto ha con la cucina? Sono figlio di albergatori, sono sempre stato in sala perché il mio lavoro era il cameriere. Non sono capace a fare da mangiare, come cuoco sono scarso. Ho avuto tanti ristoranti però facevo sempre la parte del pubblico. Anche perché sono due facce della stessa medaglia: se il cameriere non va d’accordo col cuoco e viceversa,

l’uomo non è completo. L’uomo ha bisogno del suo alter ego in cucina. In casa le capita di fare i discorsi sconclusionati e privi di logica che tiene sul palco? Quali sono le reazioni di chi le sta attorno? Devo dire che sono abituati a questi discorsi, non ci fanno proprio caso, anzi anche loro parlano così. Nella vita ha intrapreso diverse attività, a cominciare da quella di imprenditore. C’è qualcosa che la rammarica per non avere approfondito, una strada che si pente di non avere seguito? No, non ho tanti rimpianti. L’unica cosa che mi spiace e che spero i miei figli facciano, è un’attività lavorativa all’estero. Io ci sono andato vicino per un pelo, ad aprire un ristorante

a Londra e uno a Miami. Ma si vede che non era destino, comunque sono ancora giovane. Per il resto devo dire che mi sono tolto tante soddisfazioni. Lei ha scritto anche cinque libri. Quali sono le fonti da cui ricava informazioni per i suoi testi? Legge molto o preferisce documentarsi su internet? Non mi piace la televisione e non ho molto tempo per andare al cinema perché la sera lavoro. La cosa che mi piace di più è leggere, sono un divoratore di libri. Mi piacciono le storie, anzi la storia. Infatti i miei spettacoli sono infarciti di storia. Mi interessano le storie vere, però raccontate in maniera comica. Mi piace rivisitare la storia con la leggerezza dell’ironia. Lei appare come una persona vivace, espansiva. Questa è una maschera che indossa oppure è così in tutti i momenti della vita quotidiana? Io mi definisco una persona normale. Non sono come quei comici che sparano cazzate dalla mattina alla sera. Mi piace fare dell’umorismo, ma come tutti del resto. Avendo fatto il cameriere per tanti anni sono abituato a stare in mezzo alla gente. Non mi sono mai considerato un comico. Sono arrivato perché gli altri mi hanno detto “vai da qualche parte”. Ho voluto provare ed è andata bene. Ma se era per me ero ancora a fare ristoranti. Era un’attività che mi piaceva, che mi è sempre piaciuta e di cui ho nostalgia. Quando mi proposero di fare il comico, mi sembrava assurdo che avessi del talento. E tuttora non riesco a capacitarmi. L’altro giorno ero a Zelig e ridevano del fatto che non sapessi cosa volevo fare nella vita. Ho risposto: “Boh, andrò avanti, dopo di che tornerò a fare il mio lavoro”. Vivo un po’ alla giornata. Fare il comico per me è un piacere più che un lavoro.

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VENERDÌ 19 APRILE / ore 21.00 Associazione Teatrale la Bottega LA BOTTEGA DEL CAFFÈ

VENERDÌ 26 APRILE / ore 21.00 Ass. Teatro Viaggiante di Portogruaro HIC (SEMPER) SUNT LEONES! Biglietti: da 5 a 8 euro Per info: Angela: 3496009923, Andrea: 3346059643, Segreteria teatro: 0421/270069


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DURI I BANCHI

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L’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Portogruaro Un incontro tra ragione, studio e fede di Elena Toffoletto

“M

olto si attende la Chiesa dall'attività delle facoltà di scienze sacre. È ad esse infatti che affida il compito importantissimo di preparare i propri alunni non solo al ministero sacerdotale, ma soprattutto all'insegnamento nelle cattedre di studi ecclesiastici superiori o al lavoro scientifico personale o allo svolgimento delle forme più alte di apostolato intellettuale. È pure compito di queste facoltà approfondire i vari settori delle scienze sacre, in modo che si abbia una intelligenza sempre più piena della rivelazione divina, sia meglio esplorato il patrimonio della sapienza cristiana trasmesso dalle generazioni passate, sia favorito il dialogo con i fratelli separati e con i non cristiani, e si risponda ai problemi emergenti dal progresso delle scienze”. Non ci sono parole più esatte di quelle della Dichiarazione Gravissimum Educationis sull’importanza dell’educazione cristiana approvata da Papa Paolo VI il 28 ottobre del 1965 a conclusione del Concilio Vaticano II per descrivere la mission culturale ed educativa dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose (ISSR) “Rufino di Concordia” sito presso il Palazzo Vescovile di Portogruaro in via Seminario 19, un’istituzione accademica di tipo ecclesiastico istituita dalla Congregazione per l’educazione cattolica all’interno della Facoltà Teologica del Triveneto con sede a Padova. La struttura fa riferimento al Vescovo Sua Eminenza Mons. Giuseppe Pellegrini che ne è il Moderatore. Ha iniziato ufficialmente la sua attività nel 1987 ed oggi accoglie circa 153 corsisti provenienti dal Veneto e dal vicino Friuli poiché la Città del Lemene rappresenta un punto d’incontro ideale tra i Comuni del Mandamento. Ma poniamo qualche domanda diretta a Don Maurizio Girolami, Pro Direttore dell’Istituto, per meglio conoscere questa realtà. Quando è nato l’ISSR? L’ISSR è nato per volontà della Diocesi di Concordia-Pordenone e con l’approvazione della Conferenza episcopale Triveneta nel 1986 come sede staccata dell’ISSR di Padova, detto delle Tre Venezie. Con la nascita della Facoltà Teologica del Triveneto nel 2005, l’ISSR di Portogruaro è parte integrante della Facoltà Teologica, assieme agli altri 11 Istituti Superiori di Scienze Religiose delle tre Diocesi del Triveneto e i 7 Istituti Teologici Affiliati. Con quali finalità? La finalità principale è la forma-

zione del laicato, in ordine cioè a preparare dei laici perché possano esser ben informati e formati nelle principali discipline ecclesiastiche per rendere ragione della speranza cristiana nel mondo, per avere argomenti cristiani nel dibattito culturale della società, per maturare una coscienza più chiaramente cristiana nei vari ambiti di lavoro dei fedeli. Un ruolo particolare è svolto dagli insegnanti di religione nelle scuole, che hanno il compito di rappresentare la Chiesa nelle istituzioni scolastiche e di contribuire alla crescita culturale non solo degli alunni ma anche dei docenti. Ci dà una breve descrizione del piano di studi e dei docenti? Il percorso di studi si divide, come

un percorso universitario, in un ciclo di tre + due: tre anni per la laurea di scienze religiose, due per la laurea magistrale in scienze religiose. Nel primo ciclo si affrontano le discipline fondamentali riguardanti la filosofia, la teologia, la sacra scrittura, la storia della chiesa, la morale… nel biennio specialistico, oltre a vari approfondimenti tematici, si affrontano materie di carattere didattico per prepararsi ad insegnare nelle scuole. Nel nostro ISSR vi è anche la prospettiva socio-politica che prevede alcuni corsi sui temi del lavoro, dell’economia, della dottrina sociale della chiesa. I nostri docenti sono sacerdoti e laici, tutti in possesso delle qualifiche idonee all’insegnamento. Molti dei nostri docenti sono impe-

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gnati in altre Facoltà universitarie. Gli studenti iscritti all’Istituto possono essere di tipo ordinario, uditore ed ospite, ci spiega la differenza? Gli studenti ordinari sono coloro che, in possesso del titolo di maturità, desiderano ottenere il titolo di laurea, che viene dato dopo aver superato tutti gli esami, aver presentato una tesi scritta e discussa durante un esame comprensivo finale. Gli studenti uditori sono coloro che per vari motivi o non possono o non intendono ottenere la laurea e dunque frequentano i corsi dell’ISSR come strumento di formazione personale. A loro si rilascia un attestato di frequenza. Gli studenti ospiti sono iscritti in altre facoltà e chiedono di poter seguire alcuni corsi presso il nostro ISSR, in genere per completare con alcuni nostri corsi il curriculum in altri corsi di laurea. Un po’ di dati statistici sulla partecipazione ai vari corsi Gli studenti attualmente iscritti sono più di 160, di cui metà come studenti ordinari che frequentano le lezioni, e l’altra metà sono in fase di conclusione, qualcuno è fuori corso da qualche tempo. Sono diversi, circa una trentina, coloro che vengono come uditori a seguire qualche corso di loro interesse. Altre attività promosse dall’istituto: prolusioni, conferenze…? L’ISSR cerca anche di promuovere nel territorio una serie di eventi culturali che possano aiutare a riflettere su alcuni temi di particolare attualità: penso all’ultimo Convegno del 6 marzo dedicato alle questioni del fine vita, ma anche a quello di metà novembre scorso dedicato alla questione della differenza di genere sessuale, nonché, sempre a novembre, una conferenza sulla legislazione vaticana. Le prolusioni, che sono un momento accademico ufficiale, hanno visto la presenza di personaggi insigni del mondo della cultura che offrono alla città di Portogruaro e ai fedeli della Diocesi una visione di ampio respiro sul panorama ben più ampio dell’Italia. Per concludere, c’è qualche curiosità da sapere? La sede dell’ISSR è l’antico palazzo episcopale, che fino agli anni ’70 è stato sede della Curia e del Vescovo che abitava proprio a Portogruaro. In questo palazzo visse Celso Costantini primo delegato apostolico in Cina e poi Cardinale di S. Romana Chiesa, morto poco prima del Conclave che avrebbe eletto come Romano Pontefice il suo amico ed estimatore Angelo Roncalli con il nome di Giovanni XXIII.


l'acquolina in bocca

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Le false verità su carne equina e acqua minerale di Leandro Costa

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arne equina utilizzata al posto di carne bovina su lasagne surgelate, ravioli, tortellini, polpette, ragù e altri piatti pronti posti in vendita nei supermercati, immediatamente ritirati dagli scaffali. È questa una frode alimentare scoperta in più di 20 Paesi europei grazie ai numerosi controlli da parte dei Nuclei antisofisticazioni. La notizia riportata dai quotidiani e dalle Tv mi pareva poco eclatante, una frode cioè di poco conto perché la carne di cavallo ha caratteristiche organolettiche simili alle altre e poi ha un prezzo di mercato più elevato. La gravità della frode consiste nel fatto che questo ingrediente anonimo è stato volutamente non dichiarato in etichetta perché è presunto che la carne provenisse da animali non classificati e non destinati alla produzione alimentare, ma da cavalli sportivi o ludici che hanno subito trattamenti farmacologici con antidolorifici e antinfiammatori, vale a dire cavalli che hanno avuto un percorso di vita sportivo e che a fine carriera non si possono abbattere, ma muoiono di vecchiaia e poi sono inceneriti. Trattandosi di carne illegale probabilmente è commercializzata a prezzi risibili e il business comincia a diventare interessante. Secondo le fonti di una nota associazione italiana che combatte le frodi alimentari, anche in Italia è pratica comune mandare i cavalli sportivi italiani a fine carriera in Romania, dove sono macellati per poi essere reintrodotti in maniera fraudolenta nel circuito alimentare sotto forma di carne trita. Poveri noi!

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uando mi reco a fare la spesa al supermercato, anch’io sono uno dei tanti che acquista acqua minerale e scelgo quella frizzante o effervescente naturale perché mi piace il sapore gradevole che le conferisce le bollicine che mi danno la sensazione di dissetarmi di più (anche se non è vero); poi scelgo fra queste perché la presenza di anidride carbonica, mi risulta, rende l’acqua più sicura da un punto di vista igienico per l’azione batteriostatica svolta dalla presenza di CO2, e stimola la digestione, perciò può essere indicata per chi, come me, ha una digestione lenta. Confesso però che molto spesso faccio fatica a scegliere fra la marea di marche che hanno prezzi molto diversi fra loro, presumendo che hanno qualità salutistiche ed organolettiche differenti. Ad esempio, vi sono delle marche che costano quasi il doppio di altre; allora, come si dice, il prezzo vale la

candela? Attorno all’acqua minerale esiste un business incredibile; basti pensare che in Italia vi sono circa 70 società imbottigliatrici, oltre 290 marche diverse e più di 12.000 milioni di litri prodotti; ogni italiano in un anno beve mediamente più di 190 litri di acqua minerale, rispetto, ad esempio ai 33 litri scarsi annui bevuti da un inglese. È evidente allora che questo prodotto crei un enorme marketing; quindi grandi gruppi commerciali ne approfittano bombardandoci con migliaia di spot pubblicitari tendenti a scegliere marche famose per le loro qualità assolutamente superiori alle altre e a prezzi spesso raddoppiati “Puliti dentro, belli fuori”, “Aiuta ad eliminare

liquidi in eccesso e tossine”, “E ti senti più in forma”, “Aiuta a sentirti più giovane”, “Più acqua meno chili” ecc.ecc. Balle! Messaggi palesemente falsi ed ingannevoli, scorrettezze che sono state censurate dalla legge e che, a quanto sembra, non si arrestano. “Lucrum sine damno alterius fieri non potest” (non si può guadagnare senza danneggiare il prossimo, Publilio Sirio). E allora che scegliere? Ovviamente per mantenersi in salute, il corpo umano ha bisogno di un costante equilibrio tra l’acqua persa e quella assunta. Le persone sane assumono una buona percentuale d’acqua attraverso sia i cibi solidi che le bevande come tè, latte, succhi di frutta, caffé, minestra, birra, vino. Secondo l’American College of Nutrition, la

GASTRONOMIA ITTICA

maggior parte dell’acqua di cui abbiamo bisogno è contenuta nei cibi come frutta e verdura freschi; quindi, chi è sano e segue una corretta dieta mediterranea, non deve affatto sentirsi in colpa se beve meno dei 2 fatidici litri: deve berne di meno! Sforzarsi di bere tutti i giorni due bottiglie d’acqua di sicuro fa bene ai produttori di minerale. Alla nostra salute non sempre, al nostro portafoglio mai. Un noto nutrizionista e biologo ci assicura poi che in condizioni ideali, cioè in presenza di poco cloro e poca o nulla contaminazione organica, anche l’acqua di acquedotto può essere bevuta senza problemi, anzi non ha nulla da invidiare alle acque in bottiglia e spesse volte è superiore, specie quando proviene da sorgenti.

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Preparazione: Sbucciate gli spicchi di scalogno, mondate e lavate carota e sedano e tritate tutto assieme grossolanamente; riducete la pancetta a cubetti molto piccoli. Lavate la zucchina, spuntatela e tagliatela a dadini. In una casseruola, rosolate nell’olio e.v.o. le verdure (tranne la zucchina) e la pancetta, aggiungete il riso e tostatelo mescolando per un paio di minuti, sfumate il vino a fuoco vivo. Coprite tutto con abbondante brodo vegetale bollente, mescolate e cucinate a fuoco lento; a metà cottura aggiungete i piselli e la zucchina, mescolate per bene mantenendo il risotto all’onda. A fine cottura spegnete il fuoco e amalgamate aggiungendo il burro, il grana ed il basilico tritato, mescolate e servite caldo accompagnando con vino merlot giovane doc Venezia.


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marzo/aprile 2013

Con rispetto parlando... di Luciano Guareschi

M

i è ricapitato fra le mani un Quaderno di Storia edito dalla nostra Pro Loco nel 2005: “La Villa Comunale: storia, famiglie, architettura”. L’autore della prima parte della pubblicazione, l’architetto Aldo Scarpa, Dado per gli amici, a pagina 6 definisce “trapezoidali” la pianta del porticato e le basi delle colonne che lo sorreggono. Ma come! Un architetto, per giunta chiamato Dado, cioè cubo, che confonde un rombo con un trapezio? Ah, Dado, Dado! Bacchettata sulle dita! Ma, essendo io quasi certo che si sia trattato di un lapsus calami e in ricordo delle tue eccellenti performance offerteci qualche annetto fa con il sax, la bacchettata sarà lieve, delicata, musicale. A tempo di blues.

C

’è una tizia in tv che ogni tanto salta fuori a dire che “prima, aveva timore ad entrare in ascensore con altri” e quindi si faceva tutte le scale a piedi. Ma da quando impiega un assorbente di una certa marca, la donna afferma che la paura le è passata. Ohibò! Nella Grande Guerra, per vincere il terrore (altro che timore…) che paralizzava i celebri “arditi” prima di ogni assalto, facevano loro ingurgitare gavettate di grappa. I pannolini non erano stati ancora inventati.

«

I morti de ancùo no i se decompone più come quei de na volta.». «Ma davvero? E come mai?». «I xe pieni de conservanti. Par tuta la vita la gente ’a magna roba piena de conservanti. E co i more, i ga tuti la pel ciciota». «Ciciota?». «Sì, ciciota, piena, morbida, come viva, insoma.». «Scusi, ma lei che mestiere fa, per sapere… queste cose?». «El bechìn». «Ah, ecco…». Questa è una conversazione carpita nella sala d’aspetto di un ambulatorio medico di Portogruaro. L’ho presa per una gag e me la sono segnata. Ma qualche sera fa, nel corso di una trasmissione televisiva, un vero esperto del “settore” ha confermato quella tesi: ingurgitiamo così tanti conservanti attraverso i prodotti alimentari, che dopo la morte i nostri corpi rimangono freschi come rose appena colte. Ah, che soddisfazione!

ipocriti da far venire il vomito, dimenticando che il personaggio era noto, sì, in tutto il mondo come “re d’Italia”, un inimitabile play boy, ma che durante la sua vita “lavorativa” – cominciata all’età di 45 anni – era quasi riuscito a mandare a remengo un’azienda che il padre Edoardo prima, e Vittorio Valletta poi, avevano reso prospera: la Fiat. Si è sempre salvato con i soldi avuti dallo Stato, e mai restituiti. Era un prenditore, più che

Movimento 2 Pitìni Alora? Saltémo? decìdete

Mah! Mi me par un fià… pericooso. I sarà almanco na trentina di centimetri, minga monae! Vustu vederme co na gambuta ingessàa?

I

giardinetti pubblici sono sempre stati frequentati da pensionati che passavano il tempo a dar da mangiare ai piccioni. Da quando a palazzo Chigi s’è insediato Mario Monti, i vecchietti vanno ai giardini per catturarli, i piccioni, e poi mangiarseli.

L’ F

esperienza mi consiglia che nella vita è meglio avanzare arretrando. Non si sa mai cosa ti può accadere dietro…

addirittura il cartello viene espiantato e rubato, tanto che gli amministratori hanno deciso di fissarlo su una solida base di calcestruzzo. Tuttavia non riescono a spiegarsi il motivo di tanto interesse…

L

a foto riprodotta qui sotto, che mette in evidenza l’insopportabile situazione dell’edificio ex concessionaria Fiat, diventato ormai un

un imprenditore. E l’hanno fatto anche senatore a vita. Per quanto mi riguarda, Gianni Agnelli resterà nella storia per l’orologio portato sopra il polsino della camicia, per la cravatta indossata sopra il pullover e per il celebre tuffo dallo yacht in costume adamitico. Ma anche, stavo per dimenticarlo, per avere un nipote come Lapo Elkann, un personaggio che cerca disperatamente di imitarlo, peraltro senza mai riuscirci.

ucking è una frazione del comune austriaco di Tarsdorf, a una trentina di chilometri da Salisburgo. Da anni questo paesino è meta di turisti

M

io padre, negli anni Sessanta, si serviva da un sarto portogruarese di cui non ricordo il nome: era basso, molto basso, con una coroncina di capelli bianchi che lo faceva assomigliare a uno dei nani di Biancaneve. Considerandolo un artigiano di alta qualità, mio padre lo chiamava sarto in alto.

enorme condominio popolato da centinaia di pantegane grosse come vitelli, dimostra che il nostro Comune ha conquistato negli anni un insospettato senso dell’umorismo: per coprire una nefandezza i nostri amministratori ricorrono ad un manifesto che invita a scoprire la città. Si prendono per i fondelli da soli. Non è mica da tutti, l’autoironia. Bravo sindaco!

che si fanno fotografare accanto al cartello indicatore della località. Talvolta

G

li americani vanno sempre per le spicce: non usano il bicchiere, bevono direttamente dalla bottiglia o dalla lattina; non aprono la portiera per entrare nelle auto scoperte, ci saltano dentro; bevono fiumi di caffè, annacquato, da tazze con manico, snobbando regolarmente il manico. guareschi@portogruaro.net

I

n gennaio, ricorrendo il decimo anniversario della scomparsa di Gianni Agnelli, l’avucat nazionale, la stampa italiana si è sbracata in elogi talmente

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dai nostri lettori Pubblichiamo su questo numero una lettera giuntaci un po’ ti tempo fa in redazione ma che è rimasta ferma in un cassetto in quanto non corrisponde proprio alla classica lettera di un lettore per definizione, ma è molto di più, una riflessione, un breve racconto… Abbiamo alla fine deciso di pubblicarla perché riflette un clima positivo, di speranza, di serenità, che di questi tempi di certo non guasta.

Riflessioni di un merlo nei giorni della merla Cronaca di una giornata un po’ particolare L’appuntamento è alle ore 8 al reparto di Cardiologia a Portogruaro. Prima delle 7 siamo già in piedi. La moglie comincia a riempire borse come se dovessi restare un mese in ospedale, poi tira fuori dal garage la sua Cinquecento Turbo Dry e si parte. Arrivati al parcheggio stranamente si trova un posto. Saliamo in reparto, troviamo una infermiera. Dopo averla salutata le dico il mio nome e lei cortesemente mi risponde: “Ecco, questo è il suo letto”. Poco più in là, sempre nella stessa stanza, c’è un altro signore con la moglie e stan-

sti stivaloni che arrivavano al ginocchio e la divisa imponente. Io quando li vedevo tremavo tutto, se ero in casa andavo a nascondermi sotto il pianerottolo delle scale che era alto 60-70 centimetri, tutto buio. Se invece ero fuori il mio rifugio era il puiner dee gaine. Cosa cercassero non lo so, che io avevo il terrore. Di notte non uscivo mai da solo anche se era bellissimo vedere le lucciole che lampeggiavano, ce n’erano a migliaia attorno a casa. Dove sono finite ora? E non parlo di quelle che trovi ora lungo alcune strade o sui marciapiedi. Quando era ora di cena e loro erano andati via la mamma o la nonna mi venivano a cercare. Nino dove sei? Si perché mi chiamavano Nino, poi diventato un po’ più grande mi chiamavano Olindo chissà perché. Eppure mi sembra di avere un bel nome, ma non c’è niente da fare la moglie invece mi chiama Gigio. Avere 4 nomi non è cosa da poco, ma quello vero non ve lo dico. Nel frattempo il dottore che ci aveva promesso una scarica elettrica da 3000 volt credo lo abbia fatto. Sì forse questa è una balla. Però io non mi sono accorto di nulla, non so quanto tempo sia passato; so che ad un tratto sento una voce e l’infermiera che ti viene a svegliare. Mi sento un po’ confuso, ad un tratto vedi entrare la moglie e da lì capisci subito che sei tornato in terra. Come si avvicina comincia subito l’interrogatorio: come stai? ti senti bene? ti fa male il cuore? Rispondo: sì perché sentivo la tua mancanza. Dopo un po’ tento di alzarmi dal letto ma

no parlando con un’altra infermiera. Riesco a capire che viene da Venezia. E non è una balla. ‘Ma come’, mi dico, ‘quello viene da Venezia ed è arrivato prima di me che abito a tre chilometri dall’ospedale’. Mentre l’infermiera guarda le carte la moglie tira fuori dalla borsa il pigiama nuovo comprato per l’occasione e me lo fa indossare. Nel frattempo l’infermiera mi fa una serie di domande che io rispondo. Mi prova la pressione, i battiti del cuore. Passa un po’ di tempo, poi ci dice che ci deve tagliare un po’ di peli sul petto e mentre tagliava quei quattro pelacci che avevo in modo veloce e preciso, pensavo ‘Magari avessi io un’infermiera come lei che mi tagliasse la barba tutte le mattine’. Mi applica un ago al braccio e comincia a armeggiare con cavi e placche sul petto, sulla schiena, gambe e piedi, quindi invita la moglie a uscire e lì capisci che l’ora è vicina. Ci dice: “Devo legarvi gambe e braccia”. Farsi legare al letto da una bella donna è una sensazione incredibile che tutti gli uomini dovrebbero provare. Il coso vorrebbe andare in fibrillazione e lei invece cosa ti fa? Appende al trabiccolo una bottiglia di grappa col cul par in su e la collega all’ago sul braccio. Il signore di Venezia che era nelle mie stesse condizioni mi fa gli auguri che io con piacere ricambio. Poi mi lascio andare e senza accorgermi mi trovai in Paradiso. E lì la prima cosa che viene in mente è quella di quando eri bocia. I militari tedeschi che venivano da noi che si abitava in campagna, sti bestioni alti 2 metri con

mi sento barcollante. La moglie cerca di sostenermi. ‘Certo’ penso io tra me ‘già con una bottiglia di grappa che ti sei scolato come ti vuoi sentire’. Qui però scatta l’orgoglio maschile e voglio dimostrare che sono in grado di stare in piedi anche da solo. Dopo un po’ ritorna il dottore, mi dà una controllatina e mi dice: “Vi faccio la relazione e poi potete andare”. Salutiamo i veneziani e l’infermiera che ci chiede: “Dove avete la macchina?”. “Al parcheggio là in fondo”. Cortesemente ci consiglia: “Vi conviene uscire là dal Pronto Soccorso così può venire con la macchina sino alla porta”. Ci salutiamo di nuovo e via. Lungo i corridoi la moglie mi sostiene come fossi ubriaco, invece a me vien di pensare ‘Guai un mal ti si pronto al pronto soccorso no?’. Arrivati all’ingresso io mi fermo mentre la moglie va a prendere la macchina; aspettando mi viene in mente una strana riflessione che non avevo mai fatto prima. ‘Ah le mogli se non ci fossero bisognerebbe inventarle però non dirglielo sennò si montano la testa. A volte rompono a volte ti coccolano come un bambino’. Mentre io ero ancora immerso nelle mie riflessioni arriva lei con la sua Cinquecento Turbo Dry, rosso Ferrari un po’ vecchiotta, che funziona benissimo col Prosecco dei Arabi. Accidenti a loro e al governo che ci fa la cresta. Salgo in macchina e si va a casa. “Per bontà del Signore”. E su con la vita! Nino Gigio

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