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ITINERARI

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Ugo Padovese ci porta alla scoperta del mondo del vate di San Stino, Romano Pascutto. Fra ossi de porcel, brumesteghe e vin raboso

CHI NE PAGA IL PREZZO?

LONTANI DA QUI Storia di Wasile, trentaseienne romeno di Belcestii in Italia dal 1998 e a Portogruaro dal 2004 dopo varie peripezie p.7

musica

p.11

Si è chiusa anche la trentesima edizione del Festival Internazionale di Musica di Portogruaro. Facciamo un bilancio della kermesse

L'ACQUOLINA Gli scaffali dei supermercati pullulano di offerte relative a olii extravergini di oliva, spesso però di scarsa qualità. Perchè? p.13

intervallo

A partire dal 2009 il numero dei licenziamenti e dei cassintegrati è schizzato alle stelle, e non si intravedono prospettive all’orizzonte. A pagare il prezzo più alto sono soprattutto i lavoratori dai 45 anni di età in su, le donne e i più giovani. Il nostro reportage".

Carla Bruni, Ibrahimovic, l'Hotel Danieli di Venezia, i dipendenti della Regione Sicilia. Nessuno sfugge alla tagliente penna del nostro Luciano Guareschi

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EDITORIALE

Provincia-Diocesi? Meglio la Città metropolitana È la linea del sindaco di Portogruaro e della maggioranza in Consiglio comunale. La pensano diversamente il vescovo Pellegrini e alcuni comitati di Maurizio Pertegato

P

rovincia-diocesi? No, grazie. Il sindaco di Portogruaro, Antonio Bertoncello e la maggioranza che guida il Consiglio comunale hanno le idee chiare. “La posizione del vescovo – taglia corto il primo cittadino della città sul Lemene – è rispettabile e rispecchia quanto avevano espresso i suoi predecessori. Si tratta di un’ipotesi non certo superata, ma non è attuale”. Bertoncello è perfettamente allineato con il progetto di adesione alla Città metropolitana di Venezia, l’entità territoriale che prenderà il posto della provincia di Venezia e alla quale dovrebbero aderire i 44 comuni che compongono il territorio provinciale veneziano. In realtà, non è che le posizioni siano così univoche e tra i comuni veneziani si registra aria di spaccatura. Ci sono quelli più vicini a Venezia, San Donà di Piave in primis, che premono per un passaggio sotto Treviso. Quelli più lontani, Portogruaro appunto e Concordia Sagittaria che sono, invece, orientati per la Città metropolitana. E poi ci sono alcuni comitati, a San Michele, Bibione e Caorle, che puntano sull’ipotesi di allargamento della provincia di Pordenone al vicino Veneto orientale. «Riguardo al sogno della provincia-diocesi – continua Bertoncello – ci sono alcune varianti da tenere in considerazione. La prima riguarda i tempi che si sta dando la Regione Friuli Venezia Giulia. Il presidente Tondo vorrebbe eliminare tutte le Province, ma all’interno del suo stesso partito non mancano resistenze. L’ipotesi della provinciadiocesi non è più attuale. La legge prevede di aderire o non aderire alla città metropolitana, questo per noi è il punto fermo». E’ vero, però, a suo giudizio, che la discussione sulla città metropolitana di Venezia è partita, da più parti, con il piede sbagliato e con una visione riduttiva. “Non si affrontano – rileva – argomenti così decisivi creando confusione tra ruoli e funzioni, come è successo con la iniziale convocazione contemporanea dei sindaci. Troppe spinte identitarie, troppe ansie elettorali, portano a non affrontare questa occasione con la dovuta consapevolezza e responsabilità. Sarebbe stato, ad esempio, importante convocare una sorta di Stati generali, per costruire la Città metropolitana, mettendo in campo tutte le idee e le rappresentatività al di là delle appartenenze”. “In questa prima fase la maggioranza ha approvato un ordine del giorno che, se anche non aderisce alla città metropolitana, si esprime

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settembre/ottobre 2012

per partecipare attivamente all’avvio del percorso”. Nei giorni scorsi, intanto, è stato creato il comitato pro-Friuli San Michele al Tagliamento 2012 che intende rilanciare l’antica battaglia. Oltre a Bibione anche a Caorle la prospettiva pordenonese non dispiace e per questo un gruppo di cittadini ha creato il comitato “Caorle pro Pordenone” che, nel simbolo, accomuna i campanili delle due realtà. Una tesi avvalorata anche dal presidente del Fogolar furlan “Panciera” Lauro Nicodemo, secondo cui, l’area della Diocesi Concordia-Pordenone per la sua omogeneità storica, antropologica, economica e sociologica “è l’ambito a cui dobbiamo guardare perché proiettata nella sua interezza, in un dialogo con le Regioni che appartengono a quella eredità prima Patriarchina, poi Mitteleuropea”. E di una provincia allargata dal Livenza al Tagliamento, con una riconfigurazione sulla base dei confini diocesani, parla anche il vescovo della Diocesi di Con-

cordia-Pordenone, mons. Giuseppe Pellegrini a cui giudizio, di fatto esiste da 1.700 anni una unità spirituale, potremmo chiamarla anche di popolo, nella Destra Tagliamento. “Quella Destra Tagliamento – rimarca – che si configura secondo i confini della diocesi di Concordia Pordenone, estesa dal Tagliamento al Livenza. Potrebbe essere un progetto, una direzione di marcia, che deve comunque incontrare il consenso della popolazione, senza ovviamente generare contrasti, magari anche tra Regioni. Diciamo che è un sogno ed un auspicio. Dovremmo comunque evitare che si costituisca una sorta di doppia regione, una con capoluogo Trieste, divenuta città metropolitana, e una con capoluogo Udine”. Infine, nei giorni scorsi su questo importante tema della Città metropolitana si sono tenuti, nelle diverse realtà territoriali del Portogruarese, diversi incontri informativi e la Conferenza dei sindaci del Veneto orientale ha elaborato un documento.

SOMMARIO EDITORIALE Città metropolitana si o no 3 IN COPERTINA AAA lavoro cercasi 4 ITINERARI letterari Pascutto e San Stino

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LONTANI DA QUI La storia di Wasile

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LA PAROLA A Zanella Boutique 8 Dott. Stival 8 Confcommercio 9 FUORI SCENA Intervista a Lella Costa 10 MUSICA Festival di Portogruaro 11 DURI I BANCHI La materna di Summaga 12 L'ACQUOLINA IN BOCCA L'olio di oliva 13 INTERVALLO Con rispetto parlando... 14 LETTERE Dai nostri lettori

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IN COPERTINA

settembre/ottobre 2012

I centri per l’impiego sono presi d’assalto da disoccupati di tutte le età. La crisi del lavoro sta mettendo in ginocchio il Portogruarese, che perde pezzi giorno dopo giorno. A farne le spese sono soprattutto giovani e donne di Giulio Serra

L

a luce in fondo al tunnel. Sei semplici parole che negli ultimi tempi il premier italiano Mario Monti e i suoi ministri continuano a ripetere come un mantra, sostenendo che la crisi economica incomincia a sgonfiarsi, rivelando una luce – appunto – in fondo al tunnel. Ma i bagliori tanto agognati da Monti e soci stentano a farsi riconoscere anche dal resto degli italiani, che ogni giorno faticano sempre più a mettere insieme un pranzo e una cena. Non fanno eccezione i cittadini dell’(ex) ricco Nordest, un tempo vera e propria locomotiva italiana. Anche qui, infatti, nel nostro territorio, non si contano più ormai le fabbriche chiuse da tempo e quelle in via di cessazione, le imprese edili andate allo sfascio e le attività commerciali costantemente in agonia. La balcanizzazione del lavoro non risparmia neppure il Portogruarese, dove la crisi sta affondando le mani su ogni tipo di settore, da quello del legno (Pramaggiore e Blessaglia) a quello secondario (Cinto Caomaggiore) fino a quello imprenditoriale (Portogruaro). “Negli ultimi tempi la crisi si è fortemente concentrata nel Portogruarese – conferma Maria Grazia Fratter, responsabile del Centro per l’Impiego di Portogruaro – a partire dal 2009 il numero dei licenziamenti e dei cassintegrati è schizzato alle stelle, al momento non si intravedono buone prospettive all’orizzonte”. A pagare il prezzo più alto di questa crisi sono soprattutto i lavoratori dai 45 anni d’età in su, le donne e i più giovani, compresi laureati o specializzati di alto livello. “C’è da dire – spiega Maria Grazia Fratter – che nel Portogruarese la crisi si è accentuata anche per alcune scelte aziendali sbagliate, che hanno fatto da detonatore a una situazione già di per sé molto difficile. Dal gennaio di quest’anno sono aumentate a dismisura la mobilità e la cassa integrazione in deroga, a mio avviso quella che stiamo vivendo nel nostro territorio è la peggiore crisi da diversi decenni a questa parte”. A testimonianza delle parole di Maria Grazia Fratter arrivano i volti spesso disperati

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delle decine e decine di lavoratori disoccupati o in mobilità che ogni giorno, dal lunedì al venerdì, affollano il Centro per l’Impiego di Piazzetta Cesca. Sono padri di famiglia licenziati dopo trent’anni di lavoro, giovani diplomati in cerca del primo impiego, madri in costante affanno dopo la parentesi della maternità.(vedi grafico n. 1) Come detto, il problema principale della mancanza di lavoro sul nostro territorio riguarda in particolare le donne e i ragazzi. Questo assioma trova riscontro nelle relazioni del 2012 stilate dal Servizio Informagiovani Veneto Orientale, che ogni tre mesi fa il punto della situazione lavorativa nel comprensorio, valutando domanda e offerta, aumenti di proposte o cali di richiesta. Nella relazione trimestrale riferita a gennaio-febbraio-marzo 2012 si dice chiaramente che “in linea di massima si evidenzia in tutti gli sportelli un ringiovanimento dell’utenza, specie nella fascia 20-30 anni. A Portogruaro, si nota che l’utenza dei giovanissimi è praticamente raddoppiata, ed è fortemente aumentata la fascia 20-30 anni a scapito dell’utenza più anziana”. In particolare, nel mese di marzo gli utenti occupati che si sono rivolti agli sportelli dell’Informagiovani di Portogruaro sono stati 43, a fronte di ben 95 disoccupati e di 41 studenti. Nella relazione trimestrale riferita ad aprile-maggio-giugno la situazione, se possibile, si fa ancora più difficile. L’età dell’utenza si fa addirittura più bassa e, come al solito, “primeggia – si legge – la richiesta di lavoro”. Ma non è finita qui. Ad aprile nella sede dell’Informagiovani di Portogruaro hanno chiesto consulenza ben 110 disoccupati, arrivando a 120 nel mese successivo. (vedi grafico n. 2) “La crisi è davvero molto pesante – conferma Elisa Grisot, direttore responsabile di Veneto e Friuli Venezia Giulia per Adecco –, nel Veneto Orientale è arrivata con qualche mese di ritardo rispetto ad altre parti ma adesso si sta facendo sentire in maniera importante”. Stando alle valutazioni di Elisa Grisot, poi, a soffrire particolarmente la piaga della mancanza di lavoro nel nostro comprensorio sono gli operai generici e i giovani con diplomi o lauree di stampo più umanistico. “Le poche richieste che ci arrivano dalle aziende – spiega – sono tutte di matrice molto specializzata. Ciò significa che negli ultimi tempi la tendenza è quella di puntare in modo massiccio su operai specializzati, capaci di usare macchine a controllo numerico o particolari attrezzi da lavoro. Va detto, poi, che i giovani con diplomi e lauree


in copertina

settembre/ottobre 2012

grafico n. 1

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grafico n. 2

MOBILITA' GENNAIO -LUGLIO 2012

Informagiovani Portogruaro Per tipologia di richiesta 808

Per tipologia di mobilità e CPI L. 236/93 L. 223/91

455

458

23 Chioggia

65 8 Cavarzere

86

101

Dolo

Mirano

163

172 59 Portogruaro San Donà

157

131

Mestre

Venezia

8 Jesolo

Per distribuzione territoriale DOLO 15%

PORTOGRUARO 14%

VENEZIA 4% MESTRE 27%

SAN DONÀ 11%

MIRANO 16%

LAVORO (ricerca lavoro, ricerca concorsi per lavoro)

FORMAZIONE CORSI SCUOLE UNIVERSITÁ

altro

Gennaio

116

23

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Febbraio

177

19

12 informazioni generali, 15 ripetizioni, 3 info Sport. di Consulenza, 11 annunci

Marzo

169

31

10 informazioni generali, 9 ripetizioni, 3 info Sportelli di Consulenza, 13 annunci

Aprile

143

15

8 informazioni generali, 10 ripetizioni, 3 info Sportelli di Consulenza, 3 annunci vari

Maggio

100

31

15 informazioni generali, 18 ripetizioni/Baby Sit., 3 info Sport. di Consulenza, 15 annunci vari

Giugno

113

22

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320 320

193

MESI

CAVARZERE CHIOGGIA 6% 2%

umanistiche o di indirizzo “alternativo” faticano molto di più a trovare lavoro rispetto ai loro coetanei ingegneri o ragionieri. Purtroppo, di questi tempi, la selezione del proprio curriculum sta diventando indispensabile per sopravvivere in un mercato del lavoro così stagnante”. Guardando più da vicino il castello che si sbriciola, nel Portogruarese i settori più in difficoltà, oggi, paiono essere quello edile e quello del manifatturiero/artigianato, due sfere lavorative che fin dalla notte dei tempi hanno rappresentato non soltanto per Portogruaro ma per tutto il Nordest la corda di traino su cui far pendere l’intera economia del territorio. “Nell’ultimo periodo – spiega Erminio Colusso, responsabile dell’ufficio contrattuale della Confartigianato Veneto Orientale – c’è stato un vero e proprio tracollo delle imprese edili, soprattutto quelle gestite da cittadini stranieri o che hanno faticato a trovare il ricambio generazionale”. Rispetto al periodo pre-crisi, infatti, (prima del 2008) il nostro territorio ha perso un buon 15% di occupazione, principalmente per il poco turn over e per la cessazione di attività. «Dal 2008 al 2009 – continua Erminio Colusso – il 20% delle aziende ha chiuso per almeno tre motivi: poco ricambio generazionale, fallimenti e il tracollo delle imprese edili gestite da stranieri, che nei primi anni 2000 erano spuntate come funghi”. Nella sola Provincia di Venezia i primi quattro mesi dell’anno hanno visto un calo degli ordini del 15%, l’incremento della cassa integrazione ordinaria e straordinaria del 10, 12%, l’aumento dei licenziamenti del 7%. Nel comprensorio del Veneto Orientale la situazione è ugualmente drammatica: il settore metalmeccanico ha subìto una leggera flessione, quello dell’edilizia è calato del 3%, quello dell’arredamento e del mobile è sceso addirittura del 6,7%. L’unico comparto a tenere sembra essere quello alimentare, oggi in aumento dell’1,5%. «Purtroppo non sappiamo ancora se abbiamo toccato il fondo o meno – spiega Erminio Colusso – perlomeno però ci sentiamo di dire che al momento stiamo ferman-

JESOLO 5%

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Per tipologia di utenza MESI

Occupati

Disoccupati Studenti

Marzo

43

95

41

Aprile

46

110

26

Maggio

27

120

35

Giugno

49

87

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do l’emorragia. Per fortuna, dal 2008 anche il settore dell’artigianato sta godendo della cassa integrazione in deroga, un elemento che fino al 2007 non esisteva. Questo ha permesso a molte aziende di sopravvivere, evitando di licenziare in tronco i dipendenti». La luce in fondo al tunnel. Probabilmente, ritornando all’inciso che ha aperto questo focus sul lavoro, l’unica luce che oggi si può scorgere nel Portogruarese è quella che emana il settore primario, quello cioè dell’agricoltura in senso ampio. Il comparto agricolo vive infatti in una sorta di limbo, sospeso tra una crisi che lo sfiora soltanto e un tentativo di crescita che fatica a ingranare. Nel complesso, dunque, il settore primario sta tenendo più di altri, e prova a rischiarare il buio tutt’attorno con una luce che rimane tuttavia ancora piuttosto fioca. «Diciamo – conferma Antonio Tessari, segretario di zona della Coldiretti veneziana – che da noi l’impatto della crisi non è stato devastante come in altre situazioni. Ciò però è un falso beneficio. Ancor prima dell’avvento della crisi, infatti, il nostro settore era già indirizzato verso un lento ma inesorabile declino, in particolare sui seminativi. Sta tenendo abbastanza bene, invece, il comparto vitivinicolo e quello dell’ortofrutta, dove imprenditori giovani e intraprendenti stanno investendo, riscontrando ottimi risultati». Anche nella sfera dei lavori stagionali pare che l’emorragia stia frenando, sebbene i numeri occupazionali riferiti all’estate 2012 non siano neppure paragonabili a quelli di quattro o cinque anni fa. «Per fortuna – sottolinea Antonio Tessari – la sfera dei lavori stagionali (raccolta di frutta, potatura, vendemmia, ecc, ndr) tiene ancora bene, grazie al fatto che in tutte le aziende di questa tipologia c’è un ricambio generazionale più veloce che nel settore dei seminativi, pertanto ci sono maggiori innovazioni e, di conseguenza, nuove assunzioni». A conclusione di questa lunga parabola di approfondimento sul mondo del lavoro nel Portogruarese, il dato più rilevante che emerge è l’appiattimento dei cosiddetti settori secondario e terziario, e la tentata rivitalizzazione di quello primario. Esattamente come preconizzato da Mauro Corona nel suo libro La fine del mondo storto, in cui lo scrittore ertano ipotizza un futuro non troppo lontano in cui le genti di tutto il mondo saranno costrette a ritornare in campagna a coltivar la terra per la propria sopravvivenza.


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itinerari letterari

settembre/ottobre 2012

Ro m an

U

n avvocato di San Stino di Livenza, ormai da tempo trapiantato a Portogruaro con moglie, ufficio e un numero bastevole di clienti rabbiosi e sempre con il codice in mano, decisi a continuare i processi per la gioia del difensore, aveva un grosso debito con il sottoscritto. Un debito di quelli che non si possono pagare con i soldi. Eravamo stati amici a 10 anni, l’età immacolata dell’infanzia. Io attendevo il saldo. Un fine novembre piovoso e abbrunito già nel tardo pomeriggio, mi condusse a San Stino. “Ho deciso di pagarti il debito – mi disse – spero di avere indovinato il modo”. Mi incuriosì ma non dissi niente. Un po’ fuori del centro imboccò una laterale, fermandosi davanti a una porta. Doveva essere una casa privata; nessuna insegna, finestre chiuse. Una luce fievole traspariva sotto il limite dell’ingresso. Senza bussare entrò e io dietro. Tre scalini da scendere e dentro un vasto locale, una cucina, pensai. In mezzo un grande tavolo rustico con sedie di paglia; in fondo un focolare enorme con una pignatta panciuta che ribolliva sopra un fuoco tenace. Era una trattoriacasalinga. Tutta a nostra disposizione: un piatto enorme di ossi di maiale, favolosi e un fiasco di raboso ardente. E così pagò il suo debito. “È proprio tempo di brumesteghe” mi disse uscendo, “il tempo un po’ nebbioso che piaceva al poeta Romano Pascutto”. Occupandomi di cronaca per il Gazzettino mi era accaduto di vedere Romano Pascutto sindaco, presiedere il Consiglio comunale di San Stino. Non l’avevo però collegato al “Tempo de brumesteghe”, una striscia di poesie quasi sempre epigrammatiche che costituiscono una parte del volume che raccoglie tutte le sue poesie nel dialetto primigenio sanstinese: “L’acqua, la Piera, la Tera”. Avevo conosciuto Pascutto nelle sue funzioni politico amministrative, che lo avevano visto attivo durante la Resistenza, impegnato nel difendere specialmente i lavoratori della terra, anche di quella bonificata, che poi finiva – come al solito – nelle mani dei grandi proprietari terrieri. Pascutto poeta in dialetto e lingua, scrittore di romanzi, aveva iniziato con poesie e romanzi in italiano e dialetto che riflettevano i suoi ideali politici, una scrittura impegnata tipica in quei tempi della sinistra che agli scrittori chiedeva specialmente un impegno chiaramente e dichiaratamente politico. Nella maturazione del suo esprimersi dialettale Pascutto non dimentica certo la vita stentata dei contadini, dei mezzadri

o Pascu

tto

“Ossi de porcel e vin raboso” a San Stino Le cose semplici che illuminavano Pascutto di Ugo Padovese

a COMUGNE di Pramaggiore L’ASSOCIAZIONE RICREATIVA COMUGNE ORGANIZZA LA

21ª Festa d’Autunno volete degustare e rivivere i sapori dei nostri nonni con piatti tipici della civiltà contadina VENERDI’

12

LUGANEGHE COE VERZE

SABATO

13 OTTOBRE

DOMENICA

14 OTTOBRE

12

Ossi de porsel Pie de porsel Radici e fasioi Fasioi coe tirache Fasioi alla texana Lingual - Muset Saame in tecin Pansal ai ferri Frico Stinco al forno Trippe alla parmigiana El poastrel de a nona in tocio

VENERDI’

19

LUGANEGHE COE VERZE

SABATO

20 OTTOBRE

DOMENICA

21 OTTOBRE

21

TUTTO AL COPERTO - RISCALDATO

che faticano ogni giorno, ma aggiunge accenni autobiografici e guarda specialmente alla natura; canta la Livenza, allora si traghettava in qualche punto con il “passatore”, canta “l’Usignol”, la “Sera de istà”, “La verta” (primavera). Ama la vita, il “Suono delle campane”, ricorda la “Siora dal fasin guà” che poi sarebbe la morte, che prima o poi arriva puntuale come le stagioni: “/Se l’è la me ora, fame cascar come ‘na foia ,/ pian. Squasi ninando, anca mì ìmbriago de sol/”. I ricordi dell’infanzia esplodono con questi versi che sono di Romano Pascutto ma che potrebbero emozionare chi si sofferma un poco al suo passato: …“se andèa drio il fiume in serca / de sasseti bianchi par impìzzar / el fogo…” . “El sasset che ‘l fèa da fuminante/ adess me fa vegner in mente un fogo/ pì grando che l’ha tanta sienza/ e ‘na volta impizzà el ne brusa/ in mucio co tuti i nostri sassi” anche se alla fine appare l’uomo impegnato, l’atomica cui allude sgorga spontanea come spontaneo è il voler accendere il fuoco con i sassi, come i nostri antenati della pietra. E “L’acqua, La piera, La tera” è un titolo da ricordare, magari un libro da comperare e leggere, oppure prendere a prestito in qualche Biblioteca comunale. Ma in questo tempo che presto sarà “Tempo de brumèsteghe” il libro di poesie di Romano Pascutto sarebbe bene averlo sempre sul comodino, a portata di mano, accanto al letto. Anche questo è un itinerario letterario, un itinerario dello spirito che nobilita questo angolo estremo del Veneto Orientale. Un territorio che sfugge alle stereotipate immagini di “un campanile e una ciminiera”, un luogo dove permangono le vecchie tradizioni, più a lungo che in altre parti. Questo Veneto Orientale, di cui Portogruaro continua, anche se a fatica a mantenere la rappresentanza degli altri dieci comuni del mandamento, coniuga sicuramente progresso e passato. È un territorio che Hemingway prima, Pascutto poi, e tanti altri, più o meno nominati, amano, facendo capire meglio i nostri luoghi, i nostri fiumi, le nostre case, la nostra terra: vedere avanti con le radici ben fisse nel passato, per conoscerci meglio come siamo adesso. Veneto Orientale che non è soltanto spiaggia, anche se primeggia con Bibione e Caorle, ma attrazioni, scoperte, archeologia, villaggi utopistici come Alvisopoli, esperimenti di liberismo etico come Villanova: aspetti della nostra terra guardati, descritti, vissuti, cantati da grandi personaggi, come ad esempio Romano Pascutto.


lontani da qui

settembre/ottobre 2012

Belcestii-Portogruaro solo andata

“Lontani da qui”, la nuova rubrica di Portogruaro. Net dedicata al racconto delle vite dei cittadini stranieri presenti nel Portogruarese, si inaugura con la storia di Wasile, 36enne romeno di Se. G.

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n Italia sto bene, al momento non ho alcuna intenzione di ritornare nel mio Paese. E credo che neppure in futuro lo farò». Wasile è a tutti gli effetti uno di noi. Un Portogruarese con la P maiuscola, uno straniero ormai completamente adottato da Portogruaro e dai suoi cittadini. Perché Wasile, 36enne romeno nativo di Belcestii, si è fatto voler bene fin dal suo primo giorno a Portogruaro, che lui ama profondamente. «Qui mi sento a casa – dice –, ho tanti amici italiani e stranieri, ho un lavoro e un appartamento che sto finendo di pagare con il mutuo. Non mi manca niente». Quando Wasile si affaccia al mondo, nel 1976, la Romania è governata dalla Repubblica Socialista e dal dominio dittatoriale del presidente Nicolae Ceauşescu. In quegli anni lo Stato danubiano vive in una bolla impenetrabile dall’esterno, che lo mantiene fortemente ancorato a una quotidianità povera di svaghi e ricreazioni. «Da bambini io e miei amici non avevamo giocattoli – ricorda Wasile –, praticamente non esistevano. Ce n’erano solamente alcuni all’asilo, ma la cosa brutta è che non bastavano per tutti, così io obbligavo mia madre ad accompagnarmi presto per riuscire ad averne almeno uno tutto per me». Wasile cresce a Belcestii, un piccolo paesino di campagna a ridosso di Iasi, la terza città più grande della Romania dopo la capitale Bucarest e dopo Timişoara, capoluogo del distretto di Timiş. Qui vive con i genitori e i tre fratelli, due maschi e una sorella. Il padre fa il camionista, la madre la bidella in una scuola. «Non eravamo certo ricchi – dice –, tuttavia quello che avevamo ci bastava. Un grande aiuto, poi, ci arrivava dalla terra che coltivavamo e dagli animali al pascolo. Ancora oggi molti romeni tengono mucche e maiali per la carne e il latte». Gli anni passano, e gli inverni a Belcestii si fanno sempre più rigidi. «Io e miei amici ci divertivamo un sacco a giocare sulla neve altissima. Costruivamo slittini e pattini di legno, era stupendo». A 19 anni, con il diploma in mano, Wasile viene chiamato alla leva, che va a fare a Caracal, nel sud della Romania, a 800 chilometri da casa. «In quei 12 mesi di naia – racconta – sono maturato molto, è stata un’esperienza difficile sotto tutti i punti di vista, ma ne sono uscito rafforzato». L’anno successivo comincia a lavorare a Iasi, in una ditta di legno. È un periodo di grandi cambiamenti per tutta la Romania. Il governo di Ceauşescu è capitolato da una decina d’anni, le sirene europee e il richiamo capitalistico si fanno sempre più forti, nell’aria c’è odore di cambiamento. Wasile, come tanti suoi coetanei, sente l’esigenza di

emigrare, scoprire il mondo, fare esperienze all’estero. L’occasione gli capita nel 1998, quando lui ha soltanto 22 anni. «Un cugino di un mio amico mi ha proposto di venire in Italia, e io ho accettato senza batter ciglio». A questo punto l’Odissea può cominciare. Con 300 dollari in tasca e un migliaio già speso per il visto da turista, Wasile va dapprima a Sofia con il pullman e poi a Malta in aereo, dove rimane per tre giorni. Sull’isola vive 72 ore da clandestino, prima di imbarcarsi sul traghetto per Catania. «E’ stato un viaggio massacrante – ricorda –, lo abbiamo dovuto fare per risparmiare sui costi». Dalla Sicilia, Wasile e l’amico arrivano a

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Roma in treno, dove imboccano strade diverse. Lui resta nella Capitale, l’altro lo saluta e va a Torino, a casa di amici. «Quel giorno – confessa Wasile –, il mio compagno di viaggio mi disse che a Torino non c’era posto per me, e che avrei dovuto trovare una sistemazione lì, a Roma». A Wasile viene suggerito di andare a suonare il campanello a casa di un romeno amico di famiglia, residente nella Capitale da alcuni anni. «Ero stanchissimo, non avevo nessuna voglia di girare per Roma, volevo soltanto andare a letto». Qui viene accolto a braccia aperte, immediatamente inserito nella famiglia e nell’ambiente romano. Wasile rimane a Roma per

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due anni, ovviamente da clandestino, e si mantiene facendo mille lavori, ovviamente a nero. «Sono stato fermato varie volte dalle Forze dell’Ordine – spiega –, spesso sono finito anche in Caserma. Per anni e anni ho cercato di regolarizzarmi, ma soltanto nel 2001 è arrivata la sanatoria che mi ha permesso di mettermi a posto». Nel 2004 Wasile arriva a Portogruaro. «Un mio amico aveva insistito per mettere su un’impresa edile, così tentammo l’avventura». L’attività però non dura più di un paio di mesi: la burocrazia e il poco lavoro, infatti, obbligano i due a rinunciare al progetto. Oggi Wasile lavora come operaio in una carpenteria, vive a pochi passi dal centro in un appartamento che divide con la compagna, e due o tre sere la settimana gioca a calcetto con altri ragazzi romeni residenti nel Portogruarese. «E’ un modo per socializzare e stare insieme, mi diverto molto». Wasile mi accoglie in casa facendomi assaggiare la grappa romena; è il benvenuto che dà il via alla nostra chiacchierata. Hai mai avvertito del razzismo nei tuoi confronti? «Piccole cose, ma di poco conto. Se devo essere sincero, quando stavo a Roma ero trattato benissimo, come un vero italiano. Quando sono venuto qui al Nord, invece, soprattutto nel periodo in cui ho vissuto a Torino, ho avvertito un certo distacco tra me e gli italiani, in particolare con i più giovani». Non hai mai pensato di ritornare in Romania? «Certo, molte volte ma mai seriamente. Qui ormai ho la mia famiglia, i miei amici e i miei punti di riferimento. Onestamente, poi, non credo che sarei accolto molto bene in Romania, se decidessi di tornare…» E perché? «Tutti quelli che ritornano in Romania dopo aver vissuto per alcuni anni all’estero vengono visti come dei traditori, dei disertori della Patria». Com’è, oggi, la vita in Romania? «Ci sono pochi ricchi e tanti poveri, stop! Non esiste la classe media, purtroppo. Eppure tutti, o quasi, hanno il cellulare e la linea veloce di internet. È un Paese fortemente influenzato dall’Oc-

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cidente». Sei religioso? «Sì, sono ortodosso praticante. Vado a messa nella chiesa di via Seminario». Qui, in casa, vedo che ci sono molti oggetti di preghiera e altri di matrice romena. È un modo per restare legato alla tua famiglia e alle tue tradizioni? «Molte cose sono anche della mia compagna, che è russa. Comunque a entrambi piace mischiare oggetti italiani con altri, per così dire, nostri». Bella la mescolanza romeno-russa. Ma quale lingua parlate tra di voi? Il rumeno o il russo? «Che domande: l’italiano!»


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la parola a

settembre/ottobre 2012

Zan e ll a B o u t iq ue

e la consulenza d’immagine a cura di G.P.

Dalla passione per la moda e la voglia di nuove esperienze nasce Porto Moda Fashion, un evento ideato allo scopo di valorizzare la bellezza e l’eleganza di un mondo che ha pieno valore artistico. La prima edizione si è svolta il 13 luglio e il successo riscosso dalla serata ci motiva a ripetere l’evento anche nelle prossime stagioni. Le foto inserite nell’articolo si riferiscono alla sfilata: in passerella gli abiti di Zanella Boutique, anche organizzatrice della serata. Situato nel centro di Lignano Pineta sul rinomato “Treno”, a 50 metri dal mare, nel 2007 apre il primo punto vendita Zanella Boutique e da aprile 2012 anche a Portogruaro in via Mazzini 16. Zanella è il negozio di abbigliamento uomo/donna moderno e di tendenza: tanti modelli per tanti desideri e la comodità di acquistarli in un ambiente intimo e professionale. Inoltre all’interno del negozio troverete anche un servizio di consulenza d’immagine qualificato adatto alle vostre esigenze.

In Italia la pratica della consulenza d’immagine comincia a diffondersi nelle grandi città, grazie a scuole di moda che hanno attivato numerosi corsi, ma rimane ancora una professione non ben definita. La nascita della consulenza d’immagine, ormai ampiamente diffusa negli USA, risale alla pubblicazione del libro “Dress for Success” che introdusse il concetto dell’importanza dell’immagine e dell’abbigliamento per raggiungere successi professionali e personali.

Da qui si è sviluppata quella che è una professione certamente poliedrica: per meglio comprendere è importante sottolineare la differenza tra personal shopper e consulente d’immagine. Si tende spesso a confondere le due figure, ma mentre la prima si occupa esclusivamente dell’acquisto di capi d’abbigliamento per il cliente, la seconda avvalendosi di tecniche precise si dedica a tutto quello che concerne la comunicazione non verbale per definire al meglio l’immagine. Sia nel mondo del lavoro che nella vita privata l’immagine è sempre più importante, essendo un biglietto da visita che influenza il comportamento che gli altri hanno nei nostri confronti. Per trasmettere quindi un messaggio positivo a chi ci circonda è fondamentale essere soddisfatti e sicuri della propria immagine. Compito del consulente è quello di verificare la congruenza tra la personalità del cliente e l’immagine che lo stesso ricerca per poi adottare, progressivamente, gli accorgimenti necessari al raggiungimento degli obiettivi prefissati costruendo un look che lo rispecchi nello stile, nel contesto professionale e di relazione nel quale opera e vive il cliente. Caratteristiche che il consulente deve possedere sono una buona conoscenza del mondo della moda, una buona capacità di relazionarsi e non meno essere un po’ psicologi. Ogni persona è differente l’una dall’altra con le proprie caratteristiche ed è proprio su queste che egli lavora per esaltarne e imprimerne anche nell’aspetto l’unicità.

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Con la medicina complementare sì può... i risultati con il metodo del Dr. Stival si constatano di settimana in settimana... basta seguire bene i consigli dati

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pressione endogena - cardiomegalia - fibrillazione atrio-ventricolare - psoriasi - artrite psoriasica - artriti e artrosi - eczema cronico - stipsi cronica - fegato grasso - gastriti croniche - calcolosi renale e biliare - cefalee - stanchezza cronica - ipertensione - anemie gravi - polipi nasali - agorafobia - schizofrenia - nevrosi - ipercinesia - angoscia - immunodeficienze - osteoporosi - amenorrea - stadi gravi di compromissione corporea - infarto - russamento - otite - tonsillite - infertilità fratture - sindrome di ménière - intolleranze alimentari - sinusiti - asma cronica -cefalea

cronica - problematiche renali - retinopatie degenerative - digestioni difficili - colon irritabile - emicrania. Durante la sua carriera professionale ha avuto la possibilità e la soddisfazione di aiutare tante persone a superare problematiche e patologie in cui sia la medicina tradizionale, che quella non convenzionale, non hanno avuto successo. I rimedi fitoterapici di cui è a conoscenza si sono rivelati delle vere scoperte, ma sono ancora da determinare le innumerevoli potenzialità che possono espri-

Il dottor Stival Il dottor Stival è laureato in Farmacia ed ha i titoli di Omeopata, Naturopata, Erborista, Kinesiologo, Masso fisioterapista e Tecnico Posturologo; inoltre è esperto in Fitoterapia secondo la Medicina Tradizionale Cinese e secondo la Medicina Indiana di cui ha parlato anche nei suoi libri. Il dottor Stival è anche presidente della Naturopatia in Omnisalus, associazione deputata alla vigilanza e ai percorsi formativi dei naturopati e delle medicine alternative, iscritta nel Registro delle Professioni con decreto regionale FVG. Il dott. Stival riceve presso il proprio studio situato a Sesto al Reghena (PN) in Via Julia Concordia, 18 (c/o la Farmacia “Alla Salute”) Tel e Fax: 0434 699016 - Cell. 345 7407906 - Email: giancarlo.stival@gmail.com

mersi anche su quelle patologie che fino ad oggi non hanno soluzioni. Ha raccolto una innumerevole quantità di testimonianze da parte dei suoi pazienti che ha pubblicato sul proprio sito internet ove è ora possibile consultarle in grande quantità: www.malattiecroniche.info. Da queste testimonianze dirette si è in grado di evincere le varie patologie, i sintomi ad esse associate, e il risultato della cura proposta dal dott. Stival. Utilizza il seguente codice Qr con il tuo smartphone o tablet per leggere le testimonianze di chi ha risolto i propri problemi di salute con il metodo Stival:


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IL CENTRO STORICO DI PORTOGRUARO TRA DISAGI E CHIUSURE AL TRAFFICO UN FUTURO COMMERCIALE DIFFICILE Parla il Presidente di Confcommercio “Le recenti scelte in tema di viabilità

nostro centro storico – prosegue Zanon –

cesso, con una più diffusa ed incisiva azio-

e di divieti che sono state fatte da parte

non devono ricadere soltanto sulle spalle

ne pubblicitaria per invogliare ad entrare e

dell’Amministrazione comunale nell’am-

degli operatori commerciali. Certe scelte

visitare il nostro centro capoluogo, allora si

bito del centro storico hanno contribuito

dell’Amministrazione comunale vanno ma-

potranno creare le premesse per delle ini-

a creare grande disagio, grandi difficoltà

turate e condivise. Le attuali limitazioni

operative, grandi malumori, soprattutto

e chiusure al traffico risultano, pertanto,

ziative atte a migliorare l’utilizzo del centro

da parte degli operatori economici, anche

inopportune, fuori tempo, non adatte ad

in concomitanza con i seppur necessari

un centro cittadino così piccolo, alla luce

lavori di manutenzione in Via Martiri della

anche dell’evolversi di un mondo che sta

Libertà”. È l’opinione di recente espressa

trasformando in deserti commerciali anche

da Massimo Zanon – presidente Confcom-

quelle città che un tempo avevano fatto

mercio Portogruaro – e che riassume il coro

scelte di limitazione del traffico”.

di voci e di lamentele dei vari commercianti

“Si deve facilitare – continua Zanon –

da parte della Confcommercio locale e dei

in un particolare periodo prolungato di crisi

l’ingresso in città, favorendo in tal modo

suoi associati di continuare a mantenere un

economica.

anche il cittadino-consumatore. Con la re-

rapporto serio, fiduciario e costruttivo, pur

“I lodevoli tentativi di contribuire a ren-

alizzazione di adeguati parcheggi a ridosso

in presenza di scelte per il momento inop-

dere più bello, più accogliente e vivibile il

del centro cittadino, con un più rapido ac-

portune e non condivisibili”.

Il progetto Sotto Casa, iniziativa della Confcommercio del Portogruarese, nasce con l’intento di promuovere i Centri Commerciali Naturali, ovvero i centri storici delle nostre cittadine, dei nostri paesi, così ricchi ancora di tanta storia, cultura e tradizioni.

Sotto Casa mira a qualificare e promuovere l’immagine dei nostri centri storici in modo da favorire la loro riscoperta per le tante opportunità che possono offrire. È un progetto che manifesta una particolare attenzione nei confronti del consumatore che ama ancora fare la spesa in maniera tradizionale con la garanzia della continuità di un servizio e di una offerta qualificata da parte dell’operatore commerciale. Sotto Casa intende incoraggiare il far rete tra i commercianti dei centri commerciali naturali con la concreta possibilità da parte

del consumatore di trarne vantaggio negli acquisti da questo gioco di squadra, manifestando nel contempo, su consiglio del negoziante di fiducia, il piacere di fare acquisti a due passi da casa. Cordialità, calore, convenienza e amichevoli chiacchierate: ecco gli ingredienti principali che fanno grande, anche per il suo spessore umano, il progetto Sotto Casa.

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fuori scena

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Lella Costa, tra palcoscenico e vita Protagonista al Russolo con “Arie”, lo spettacolo antologico legato dal filo rosso della musica

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n occasione dello spettacolo “Arie”, tenutosi al Teatro Russolo nell’aprile scorso, l’attrice milanese Lella Costa ci ha rilasciato questa intervista. Scritto assieme a Massimo Cirri e Giorgio Gallione, “Arie” ha ottenuto nel marzo 2010 il premio “Una Vita per la musica” dall'Associazione Amici del Conservatorio di Milano che ha riconosciuto in esso un'insolita attenzione al ritmo e alla musicalità.

La lettura è una delle sue passioni. Se per il teatro ha approfondito e rivisitato i testi classici, nel tempo libero cosa le piace leggere? Ci sono generi letterari che predilige? Sicuramente tra questi c’è la narrativa, ho la fortuna che le case editrici mi inviano i romanzi in uscita. Mi piace molto leggere i libri che mi vengono consigliati da amici e librai. Ultimamente mi sono avvicinata alla poesia, una scoperta recente che suscita in me grande fascino e consolazione. Sono uscite negli anni diverse raccolte di monologhi. Che rapporto ha con la scrittura? Oltre che per scopi professionali le piace scrivere per esigenze personali? No, direi di no; da giovane, piuttosto, scrivevo per me. Mi sottraggo un po’, non amo i blog, mi sembra che ci sia un eccesso di esibizione di sé, un narcisismo in questo voler sempre scrivere qualcosa. Credo di non avere una vocazione alla scrittura, ciò che scrivo è semplicemente destinato ad essere rappresentato in scena. Come è riuscita a conciliare la sua professione con il fatto di essere mamma di tre figlie? Chi lo sa, bisognerebbe chiedere alle mie figlie. Bisogna vedere se ci sono riuscita, sicuramente ce la ho messa tutta. Per la mia vita le figlie sono state veramente lo spartiacque e sicuramente la cosa più importante. Lo è anche molto il mio mestiere, ma la vita è più importante. Spero di non avere sacrificato loro, mi appello alla sentenza della corte: speriamo di non avere fatto troppi danni, per me è stato senza dubbio meraviglioso avere 3 figlie e riuscire a fare questo mestiere. Nella sua lunga carriera, ha interpretato varie figure femminili. Qual è secondo lei il ruolo della donna oggi? Non c’è un ruolo femminile, c’è una serie di ruoli e mansioni femminili che ci troviamo a svolgere. C’è una grande complessità e a volte anche una grande ambiguità dello stare delle donne nel mondo. Credo che l’errore stia nel pensare che le questioni femminili riguardino la donna, in realtà riguardano l’umanità. I problemi delle donne sono i problemi del mondo e finché non si riuscirà ad avere nel mondo pari dignità, pari diritti, pari retribuzione a parità di mansioni credo che ci sarà sempre uno squilibrio: spero che si vada mentalmente in quella direzione, con tutto il tempo e la pazienza che ci vorranno.

di Vito Digiorgio Se fosse nata oggi, lei come si vedrebbe? Pensa che avrebbe avuto più possibilità di affermazione? No sicuramente ne avrei avute meno, perché questi sono anni così chiusi e difficili. Negli ultimi quarant’anni, soprattutto per quanto riguarda il mondo dello spettacolo e della cultura, si sono spalancate delle opportunità straordinarie, si è inventato molto. Confido che le nuove generazioni riusciranno a trovare i loro linguaggi e le loro storie da raccontare. Guardando indietro nel tempo, attraverso le tappe della sua carriera, c’è qualcosa che non rifarebbe e qualco-

sa invece che avrebbe voluto fare e non ha avuto la possibilità di fare? Io mi considero una persona molto fortunata, molto portata a fare questo mestiere. È possibile che abbia fatto degli errori ma non mi sembra siano stati così decisivi o determinanti. Sono molto grata per quello che ho avuto, tutto sommato è andata più che bene. Ci sono trasmissioni televisive che ritiene interessanti? Alcune di queste avrebbe voluto farle lei? Non mi sarebbe dispiaciuto avere un’occasione per parlare di libri e in generale di cultura, di comunicazione. Non mi

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sembra lo si faccia o lo si sia fatto in modo bello e anche lieve. Però la televisione non la so tanto fare, spero che ci sia qualcuno che faccia una buona televisione che io possa guardare. “Arie” è uno spettacolo antologico, fatto di brani di spettacoli precedenti, la musica è come un filo rosso che attraversa la sua produzione teatrale. Da dove nasce questo intimo legame con la musica? Credo che nasca un po’ come per tutti noi. La musica è un accompagnamento costante della vita. Mia mamma insegnava pianoforte, da quando ero piccola ho sempre avuto la colonna sonora della musica in casa nell’orecchio. Poi credo che nel monologo ci sia una scrittura, un modo di recitare che è affine alla musica, che deve tenere conto della metrica, del ritmo, del tono, del volume. Il mio anche se è un lavoro di parola, in realtà si avvicina molto alla musica. Qual è il suo rapporto con la natura? Le piace vivere a contatto con la natura, oppure risulta più facile per lei la vita dentro lo spazio del palcoscenico? Non li vivo come un’alternativa. Il palcoscenico è lo spazio del lavoro, della realizzazione di tante cose belle. Io comunque sono nata e vivo a Milano, quindi il rapporto con la natura è un po’ mediato. Appena posso scappo al mare; il mio rapporto con la natura passa attraverso il mare, che è il luogo dove in assoluto sto meglio e mi sento in pace. È un rapporto profondo, di totale arricchimento e piacere. In quale località si reca di solito? Ho una casa in Liguria, vicino alle Cinque Terre, in un paese che si chiama Levanto; ci vado più spesso che posso. Che futuro vede per il nostro paese. L’arte, la letteratura, il teatro possono dare una risposta, un’ancora di salvezza alla crisi di valori in cui siamo sprofondati, ma come si può concretizzare questo impegno nella vita reale? Penso che più che sulle risposte, dovremmo concentrarci sulle domande da fare, a noi stessi innanzitutto, e poi sugli impegni da prendere con il futuro di tutti quanti. Il teatro, la letteratura, l’arte possono dare delle risposte, ma bisogna che ci sia qualcuno che abbia voglia di investire in queste domande. Al momento non mi sembra che questa sia la priorità del paese; forse è giusto perché ce ne sono altre, ma mi inquieta vedere come siano considerate questioni marginali. Non dobbiamo aspettarci che il cambiamento cali dall’alto per decreto governativo, dobbiamo farcene carico noi.

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musica

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Enrico Bronzi, direttore artistico del Festival

versa, da quella antica alla contemporanea al jazz. Come mai questa scelta? Il jazz è una delle voci più importanti del '900 e di questo secolo. Ci è sembrato perciò doveroso dedicargli un suo spazio. Fermo restando che a volte, comunque, i confini fra i vari generi musicali sono abbastanza labili: i musicisti del Pacora Trio ad esempio, usavano l'improvvisazione, una caratteristica tipica del jazz, ma con sonorità tipiche dell'Est Europa. In questo quadro rientra anche il lavoro fatto quest'anno sulla commistione fra musica colta e popolare, in particolare sulla forma della serenata, per far capire come esistano radci antropologiche co-

Spingendo la notte più in là

Si è chiusa anche la trentesima edizione del Festival Internazionale di Musica di Portogruaro. Facciamo un bilancio della kermesse con il direttore artistico Enrico Bronzi

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di Federico Guerrini

nche questa edizione del Festival musicale di Portogruaro è giunta al termine. Un'edizione dedicata a un tema particolare, la notte, con il suo fascino e la sua ambiguità. Un'edizione diversa dalle precedenti. Fin dall'avvio, lo scorso 23 agosto, con uno spettacolo tra i più ambiziosi mai realizzati a Portogruaro, pensato per festeggiare il trentennale. Con un emozionante allestimento della Water Musik di Händel su un pontone di barche e piattaforme galleggianti. E una location inedita: di fronte alla Pescheria, nel cuore della città. Il sipario finale è calato tre settimane dopo, il 13 settembre nella consueta cornice del Russolo, un teatro che ormai si può considerare pienamente innestato nella vita cittadina, di cui è ormai diventato una certezza. Qui a prendere in mano la bacchetta è stato lo stesso direttore artistico della manifestazione, Enrico Bronzi, che ha diretto una delle orchestre più note sulla scena internazionale: la Camerata Salzburg. Lo abbiamo incontrato per fare con lui un bilancio di quest'annata così speciale. Buongiorno Maestro, anche quest'edizione è ormai alle spalle. Soddisfatto per la riuscita della kermesse? Senza dubbio. Abbiamo registrato molto più calore da parte del pubblico, rispetto agli anni scorsi, e molti concerti hanno avuto il tutto esaurito; se si pensa che abbiamo messo in scena più di 30 eventi in una cittadina di 25.000 abitanti, direi che possiamo senz'altro dirci soddisfatti. È stato importante anche poter portare i concerti in luoghi simbolo della città, come la Pescheria, una cosa che avevamo in mente da tempo, ma che finora non eravamo riusciti a realizzare. È stato significativo anche il successo delle attività collaterali al Festival, come le masterclass internazionali estive: la notevole qualità dei corsi proposti continua ad attirare un numero sempre maggiore di giovani musicisti. Quest'anno, una novità importante è stata quella di aver introdotto nel programma della kermesse, solitamente molto legato alla classica più blasonata, musiche di origine di-

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muni fra due ambiti che si è soliti ritenere distinti. Un momento del Festival che ricorda con particolare piacere? Ce ne sono tanti. Uno per esempio è stato il concerto, il 26 agosto, dei giovani musicisti, molti dei quali sono ex studenti della Santa Cecilia. E nel concerto di chiusura abbiamo eseguito un pezzo di Silvia Colasanti, anch'essa ex allieva della fondazione e oggi fra le maggiori giovani compositrici italiane. È bello reincontrare i vecchi alunni e vedere che hanno fatto carriera. State già lavorando alla prossima edizione del Festival? Quale sarà questa volta il tema dominante, il filo conduttore della manifestazione? Sulla prossima edizione purtroppo non posso anticipare molto. Posso dire che non sarà proprio un programma monografico, ma sarà comunque quasi tutto incentrato su una figura importante del classicismo musicale. E per quanto riguarda le location? Dopo l'utilizzo della Pescheria, avete in mente qualche altra novità? Le novità relative al Teatro riguardano principalmente la qualità del suono, che stiamo continuando a migliorare. L'anno scorso era stata la volta della camera acustica, messa a punto dai tecnici del teatro, quest'anno invece è toccato ai plafoni, dei pannelli posti in alto nella sala, che servono a evitare la dispersione dei suoni. Ormai l'acustica del Russolo può competere con quella dei migliori teatri. Trattandosi di una manifestazione estiva, è importante comunque anche portare la gente nelle piazze e nei palazzi, come palazzo Dal Moro o Impallomeni, che sono stati la cornice ideale per i concerti che richiedevano luoghi più ristretti. In tempi di crisi, i fondi alla Cultura, purtroppo, sono fra i primi ad esser tagliati. Anche voi avete risentito in qualche modo di questa situazione e avete dovuto stringere la cinghia per poter organizzare il Festival? O non avere avuto alcun tipo di problema? Noi per fortuna possiamo contare sul sostegno triennale di una cordata di imprenditori capeggiata da Santa Margherita e questo ci ha permesso di guardare avanti senza troppi patemi. Oltre a ciò, c'è da considerare il fatto che, mi sento di dirlo, noi siamo molto “virtuosi”; ossia, riusciamo a fare tutto con mezzi ridotti, grazie anche al fatto che, da parte di chi partecipa c'è un legame affettivo che ci consente di uscire dalle logiche ristrette del mercato musicale. I musicisti credono nel progetto per cui gli ingaggi passano in secondo piano, tanto che quello che facciamo noi in un intero mese costa meno dell'allestimento di una qualsiasi Opera. E anche il Comune ci ha sempre dimostrato la sua vicinanza e il suo supporto.


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duri i banchi

settembre/ottobre 2012

Scuola dell’infanzia “Padre Bernardino da Portogruaro” La scuola per i nostri piccoli … grandi uomini di domani

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i piedi dell’imponente abbazia di Summaga sorge la Scuola dell’Infanzia Padre Bernardino da Portogruaro, un’appendice della Scuola Media Inferiore immersa nel verde di frassini e gelsi. La scuola dell’infanzia statale a Summaga nacque nel 1991, quando nel paese fu dismessa la vecchia scuola privata nei pressi dell’abbazia. Essa è in onore di Padre Bernardino da Portogruaro (Portogruaro, 15 gennaio 1822 – Quaracchi, 7 maggio 1895), un uomo che dedicò la sua vita a diffondere l’importanza della cultura come mezzo per generare amore nella società. La sua moderna struttura si sviluppa orizzontalmente su un unico piano e punta a valorizzare il rapporto con la natura circostante attraverso ampie vetrate che si aprono sui giardini della scuola. Si compone di due aule, una biblioteca, una sala giochi, una sala mensa, un corridoio dotato di guardaroba e una serie di altri ambienti in comune con la Scuola Media Inferiore, quali la palestra e l’aula magna.

di Patrizia, Michela, Cinzia, Roberta, Silvana esterni specializzati. Un’insegnante di musica svolge con i bambini il progetto “Giochiamo con la musica” creando momenti in cui i bambini divertendosi iniziano ad acquisire consapevolezza del ritmo e dei suoni che sentono. Il progetto “Inglese” propone invece attraverso il gioco un primo approccio alla lingua inglese. Vi è poi il progetto “Sicurezza” che punta a far raggiungere ai bambini consapevolezza delle conseguenze che le loro azioni possono avere. Ogni anno le insegnanti propongono un tema da sviluppare attraverso svariate attività e gite che possano concretizzare le conoscenze acquisite dai bambini. La grande aula magna accoglie feste e gratificanti momenti d’incontro tra scuola e genitori in occasione della conclusione di attività o di festività.

L’UNICO

Entrambe le aule godono di ampi spazi e sono diversificate al loro interno in angoli dedicati alla pittura, alla modellazione con la pasta di sale, alle costruzioni, ai puzzles, alla cucina, alle bambole, alle macchinine e a molte altre attività che i bambini svolgono con le loro insegnanti. La biblioteca, attraverso il prestito settimanale, offre ai bambini la possibilità di scoprire non solo a scuola ma anche a casa con i genitori quegli scrigni di carta che da fuori sembrano così anonimi ma che una volta aperti riescono a far ridere, emozionare e stimolare la loro attenzione e immaginazione. Nella sala giochi i bambini possono trovare un accogliente spazio di gioco anche quando il tempo non permette l’uscita in giardino. Nelle belle giornate il giardino, attrezzato di sabbiere e giochi sotto i grandi alberi che lo mantengono ombreggiato e fresco, diventa un luogo dove i bambini delle due sezioni si incontrano per giocare e scoprire assieme la natura. In palestra si propongono invece attività di psicomotricità attraverso giochi studiati per lo sviluppo motorio e cognitivo dei bambini. Inoltre, la scuola aderisce al progetto “Più Sport a Scuola”, avvicinando all’attività sportiva i bambini della sezione dei grandi. Il percorso formativo che le insegnanti svolgono con i loro bambini si apre poi alla collaborazione con insegnanti

CENTRO

Affiancarsi alla famiglia nella crescita del bambino diventa per il team di insegnanti della scuola non solo una professione bensì una passione, consapevoli dell’importanza dell’educazione di coloro che sono presente e futuro della nostra società.

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NICOLA: Scavare e trovare i “tesori” in giardino: sì, mi piace tanto in questa scuola. YURI: e trovare insetti, vermi, ragni. MARCO: e vedere le lucertole lungo le grondaie della scuola. SIMONE: In giardino ci sono le gallerie delle talpe, le talpe come quelle dei libri ma loro, le talpe, non ci sono perché sentono rumore, sentono noi bambini che battiamo i piedi e loro non si fanno vedere. THOMAS: Vedo i bruchi e le forbici, noi le mettiamo nei secchielli e nelle carriole ma dopo un po’ le liberiamo, “se no” non respirano e non riescono più a vivere. GIOVANNI: Nel libro della biblioteca qui a scuola ci sono le illustrazioni degli animali del giardino e di quelli che abitano sottoterra; mi interessa guardare quel libro e vedere che i bruchi americani sono uguali ai nostri che sono nel gelso. ANNA: Quando entro in classe, vedo la parete con il grande cartellone dove abbiamo disegnato la primavera, con i fiori e le coccinelle … MATTEO: …solo che io ho disegnato le coccinelle molto grandi perché così si vede meglio quale è la mamma e le figlie. MARGHERITA: Quando sono venuti i bambini della scuola primaria, ho disegnato le margherite e le ho tagliate, ma mi è piaciuto di più quando siamo andati noi alla scuola primaria… NICOLE:…perché avevamo fatto la spremuta di arance e l’abbiamo portata là e per sbaglio la maestra me l’ha rovesciata addosso ed abbiamo mangiato i biscotti che avevano preparato loro, quelli della ricetta dell’ape Pia. GIULIA: In classe mi piace il sole che entra dalla porta del cortile, vedo tutto giallo ed il giallo è il mio colore preferito. YACOPO: La maestra non ci chiama piccoli o grandi perché Bruco Giorgetto ha detto che una è la classe delle farfalle e la nostra è quella degli uccellini…ed abbiamo pitturato uccellini e farfalle sulle porte delle classi. AIA: Mi piace pitturare, mi secca mettermi la camicia grande del papà ma così non mi sporco. EMMA: E giocare con la farina e la pasta matta che quando è troppo molle si “piccica” sulle mani. MATTEO: Qui a scuola sono diventato grande amico di Sofia, anche se qualcuno ha detto che sono suo moroso e mi ha imbrogliato: noi siamo solo amici. YULIAN: A me piace la scuola per tutte le cose: giocare con i miei amici sul tappeto… AURORA: in casetta a fare la mamma e le signore. MARTA: a stare in mensa anche se facciamo confusione e le “tegoline” non mi piacciono. ALESSANDRO: e cantare perché mi sento felice.


l’acquolina in bocca

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Olio di oliva da tavola: sceglierlo è un'arte Meglio diffidare dei prodotti venduti a basso costo sugli scaffali dei supermercati, “extravergini” solo di nome, ma spesso pieni di difetti, come la muffa, il rancido e il riscaldo

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no dei prodotti che non manca sulla tavola degli italiani è certamente l’olio, che non è tipico del nostro territorio, in quanto il frutto matura con particolare situazione climatica ed ambientale, ma del quale ne facciamo abbondantemente uso per condire il cibo quotidiano; è un’abitudine oramai consolidata ed apprezzata per le sue qualità nutritive ed organolettiche. Si pensi che, a livello mondiale, l’Italia è il paese con il più elevato consumo di olio di oliva: si aggira attorno alle 800 mila tonnellate, con un consumo pro capite di circa 13 chilogrammi annui. Fatto sta che, secondo ricerche di mercato, sembrerebbe che il consumo di olio interessi il 98% delle famiglie italiane, con una marcata preferenza per l’olio extravergine di oliva a discapito dell’olio di oliva normale, privilegiando quindi l’aspetto della qualità. L’olio extravergine di oliva, se di prima spremitura a freddo, è ricco di qualità nutrizionali, è il risultato di processi lavorativi in cui non è stato impiegato calore o acqua, due tra i più pericolosi nemici dell’olio. È un paladino del nostro benessere: grazie alla sua composizione, l’olio di oliva spremuto a freddo è il grasso più facilmente digeribile; gli è stato attribuito un coefficiente di digeribilità pari a 100, rispetto al quale l’olio di girasole si attesta sull’83, l’olio di mais sul 36 e quello di arachide intorno al 31. L’olio extravergine di oliva, inoltre, caratterizzato da un’acidità non superiore a 1, non provoca, una volta ingerito, fenomeni irritativi sulla mucosa dell’apparato digerente. È interessante sottolineare che l’olio ”Made in Italy” consentirebbe di cambiare varietà tutti i giorni dell’anno: esistono infatti oltre 350 cultivar del territorio (la Spagna ne ha solo 14). In Italia, inoltre, sono ben 37 le DOP olivicole riconosciute sulle 84 dell’intera Unione Europea. Nella sola Regione Veneto abbiamo ben tre pregiati oli e.v.o. a denominazione di origine protetta: il Veneto Valpolicella, il Veneto Euganei e Berici, il Veneto del Grappa, ed un rinomato olio e.v.o. a denominazione d’origine controllata, il Garda Orientale. Se si vanno ad esaminare il top delle preferenze, si osserva che in testa sono gli oli extravergini a marchio industriale, in confezioni da un litro e venduti in maggioranza dalla moderna distribuzione degli Iper, Super, Discount, ecc. Da considerare poi che, stante la situazione economica attuale, le famiglie a medio e basso reddito ricercano un prodotto di prezzo ridotto e per questo, negli scaffali dei supermercati, mediamente il 48% delle vendite è effettuata

di Leandro Costa

in promozione (Dati Nielsen). Tutto ciò premesso e considerato che l’acquisto dell’olio extravergine d’oliva è parte normale della nostra spesa alimentare, ritengo che ognuno di noi all’atto dell’acquisto debba fare una scelta precisa e ponderata. La maggior parte dell’olio prodotto a basso costo (specialmente in Spagna, Grecia, Tunisia) è di cattiva qualità. Viene da climi e terreni che determinano una maturazione molto veloce delle olive, soggette a facili alterazioni (marciume, mosca olearia, ecc). Deodorificato e deacidificato con alcali

è questo l’olio vergine importato che si trova a volte sugli scaffali dei negozi a poco prezzo, magari nobilitato da una etichetta di un frantoio toscano o umbro. Questi oli pur risultando in linea con i parametri di legge sul piano chimico, all’analisi organolettica (panel test) pur risultando privi di difetti tali che gli impediscano di essere considerati extravergini, evidenziano molto spesso difetti gravi come il rancido, la muffa, e il riscaldo. Trattasi di olio molto scarso dal punto di vista nutrizionale e organoletticamente inodore ed insapore.

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Un mio amico esperto maestro degustatore di olio d’oliva mi conferma che “una confezione da un litro di un buon olio extravergine di oliva, prodotto al 100% con olive italiane, non può costare sullo scaffale di un supermercato meno di sei euro”. Se si vuole quindi privilegiare la qualità, vale la pena di essere molto attenti nell’acquisto, accertarsi che si tratti di olio ottenuto attraverso la spremitura a freddo, da olive sane, raccolte dall’albero, meglio ancora se provenienti da coltivazioni biologiche. Esistono molti piccoli produttori e oleifici scrupolosi e affidabili: si tratta di andarseli a cercare o di rivolgersi a negozi specializzati in alimenti naturali. Per poter scegliere il “nostro” olio, dovremo poi imparare a conoscerlo, occorre guardarlo, odorarlo, assaggiarlo. Una volta acquistato andrà quindi conservato in un ambiente non troppo illuminato, meglio se buio e fresco: l’esposizione al sole non solo lo schiarisce, ma ne peggiora il sapore e la validità nutrizionale.

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affettare il pane e dividere le fette in parti uguali, strofinarle con l’aglio, condirle con l’olio e.v. d’oliva, salare, pepare e mettere nel forno già preriscaldato. Prima che il pane diventi eccessivamente croccante, estrarre dal forno e aggiungere i pomodori tagliati a dadini, un goccio d’olio e.v.o. e dell’origano. Rimettere in forno per qualche minuto e servire caldo in tavola.


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intervallo

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Con rispetto parlando... di Luciano Guareschi

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brahimovic lascia il Milan – o viene cacciato – e se ne va al Paris Saint Germain. Gli daranno 14 milioni all’anno, cioè un milione al mese, più tredicesima e quattordicesima. Si grida allo scandalo e non capisco perché: una quarantina d’anni fa guadagnavo anch’io la stessa cifra. In lire. proposito di stipendi, sapete quanto guadagnano gli stenografi in servizio alla regione Sicilia? Da 2.500 a 6.000 euro al mese. Nel luglio di quest’anno, in occasione di un discorso del presidente Lombardo, durato un’ora circa, si sono alternati in 18 a stenografare, tutta la squadra, con turni di ben tre minuti ciascuno. Una faticaccia. estate scorsa un facchino musulmano assunto all’hotel Danieli di Venezia (mica una locanda da quattro soldi) si è licenziato non sopportando di prendere ordini da un capo femmina. Davvero un uomo con i controcosi. Ma la cosa strabiliante è che la direzione dell’albergo lo ha convinto a ritirare le dimissioni, affiancandogli un collega maschio, naturalmente privo di controcosi, che si è preso la responsabilità di fare da filtro fra la donna e l’uomo dotato dei suddetti controcosi. Pare che il direttore del Danieli abbia adottato una cotale soluzione senza provare la minima vergogna. ualcuno spieghi a Marina Berlusconi la funzione nella gestualità delle dita di una mano: il pollice per approvare, l’indice per indicare, l’anulare per dichiarare il proprio stato civile, il mignolo per pulirsi l’orecchio. Il medio,

La xe là in fondo a destra, dopo ‘a tersa duna.

Non viesco a tvovave via Gavibaldi...

Benvenuti a

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PORTOGRUARO città desertificata

L’

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mussi de San Nicoò re il rimborso dell’IVA su quanto pagato al Comune per il servizio dell’ASVO. Una cosa complicata e tortuosa che comunque leggo fino in fondo. Poi invio la risposta: «E allora? Perché mi hai mandato questa roba?». E lei, testualmente, lo giuro: «Mi sembrava interessante ma siccome non avevo voglia di leggere l’ho mandata a te...». Dico: si può essere più infingardi? oci e pettegolezzi (rumors, per chi non conosce l’italiano) su Carla Bruni e Nicolas Sarkozy: pare che la loro unione sia in bilico. L’ex première dame (prima signora, per chi non conosce il francese) forse tornerà ad esercitare la professione di passera solitaria. tanno proliferando i piccoli bunker dove comprano oro. Mi ricordano un po’ il Monte di Pietà, con la differenza, però, che al Monte era possibile recuperare quello che si era impegnato. In questi giorni uno spot televisivo ci presenta un tizio che con una gran faccia da schiaffi mi dice: “NOI, diamo valore al tuo oro!”. Sì, VOI, furbacchioni, il valore glielo date quando lo rivendete. Che sfacciataggine! erti paradossi, specialmente quello famoso di Philip Jourdain, mi fanno venire il mal di testa: “La frase seguente è falsa. La frase precedente è vera”. limpiadi di Londra, prime giornate dense di soddisfazioni per l’Italia. Ci sono anche, fra le altre, due

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cioè quello che in questa foto Marina punta su di noi, serve ad altro scopo. Insomma, secondo me, la Berlusconina ci sta affanculando. ra le mie tre numerose figlie ce n’è una particolarmente sfaticata, ma prudentemente non ne svelerò il nome. Costei mi manda una email, senza nessun messaggio, senza nessun commento, solo con l’indirizzo di un sito (si chiama url o link?). E io, con l’ingenuità che spesso mi caratterizza e che a volte rasenta la stolidità, ci clicco sopra. Viene fuori tutta una pappardella sulla possibilità di ottene-

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medaglie d’argento con il tiro a segno, una con la pistola e l’altra con la carabina. Ad aria compressa. A dieci metri. Alle Olimpiadi. Con armi da marziani. Le avete viste? La carabina ha una canna il cui vivo di volata arriva quasi a toccare il bersaglio. Mah! Quando eravamo ragazzini, un mio amico e io, con il suo Flobert, uno s-cio-

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professori bocconiani e sedicenti giornalisti

fatevi capire! parlate la lingua nazionale! scrivete in italiano!

LUNEDÍ 24 SETTEMBRE • ore 17/18 BENVENUTO AUTUNNO!

LUNEDÍ 08 OTTOBRE • ore 17/18 I MIEI MANDALA

LUNEDÍ 15 OTTOBRE • ore 17/18 MANI IN PASTA

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spread, asset, bailout?

ARTE.GIOCO.COLORI

il Teatro di Isadora

secuzione dei tuffi, e durante quei due o tre secondi in cui, se ci fosse stato silenzio, si sarebbe sentito lo scatto del clicker, la linguetta metallica che precede lo scocco della freccia nelle gare di tiro con l’arco… Che rompiballe!

spending review

PRESENTA:

CON

petìn ad aria compressa – e con l’indispensabile ausilio di una torcia elettrica – ogni tanto facevamo strage dei passeri appollaiati di sera sui rami dei pioppi dietro casa mia. Per divertimento? Macché! Mica eravamo così stupidi, sai, Michela Vittoria Brambilla? Semplicemente per mangiarli. E che buoni, con la polenta! E che pallini sparavamo? Schei per comprare quelli di piombo non ce n’erano ed allora ci si ingegnava con proiettili vegetali, piccole bacche violacee che abbondavano nelle siepi di bosso, oppure quei semi, piccoli e durissimi, che cadevano, se ricordo bene, dai platani. E, sempre a proposito di Olimpiadi londinesi, dico, ma quanto hanno rotto i logorroici telecronisti? Non smettevano mai di parlare, nemmeno durante l’esecuzione degli inni nazionali; e neanche durante i momenti topici, decisivi di una gara, quando tutto il pubblico dello stadio tratteneva il respiro. Hanno rovinato le splendide riprese televisive durante l’e-

LUNEDÍ 29 OTTOBRE • ore 17/18 MI TRUCCO DA SOLO!

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lettere

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dai nostri lettori MALESSERE DEL BENESSERE

Buongiorno, accolgo l’invito e provo a replicare all’editoriale di Federico Guerrini sul “malessere del benessere” nel portogruarese apparso sul vostro giornale di luglio/agosto. Il tema, temo sia importante non solo per il nostro territorio, ma rappresenti la cifra del nostro tempo. Basta dare un’occhiata alla letteratura sociologica, ma non solo. Un recente libro di U. Galimberti, L’ospite inquietante, tenta di analizzare, da una prospettiva filosofica e con un espresso richiamo alla mancanza di senso, la progressiva erosione della fiducia in se stessi dei nostri giovani. Non potendo, tuttavia, ridurre il problema delle difficoltà e del malessere dei nostri giovani alla disperante e pur gravissima mancanza di prospettive di lavoro, dovremmo prendere in considerazione molte altre ragioni, sulle quali non vorrei dilungarmi preferendo soffermarmi sulle possibilità, se ci sono, del reperimento, del recupero della possibilità di senso. Il tema della cosiddetta “caduta del senso” non coinvolge, come l’articolo lascia chiaramente intendere, solo l’universo dei giovani. La perdita di senso nei giovani fa parte della perdita di coesione e tenuta dell’intera società e non solo di quella italiana. Innanzitutto cosa intendiamo quando parliamo di senso? Un grande filosofo austriaco del novecento, L. Wittgenstein, disse che coloro che riuscirono a dare un senso alla loro vita non seppero, una volta impadronitisi, a farsene una ragione. La letteratura di ogni tipo, da quella religiosa a quella psicologica, da quella psicanalitica a quella filosofica, da

là dove il mondo appare e viene trattato come pietrificato, muore il senso di appartenenza e fiducia nella vita. A questo e con tutte le sue forze cerca di opporsi la Consulenza Filosofica, erede moderna della tradizione maieutica, nel tentativo, per ora ancora pionieristico e in gran parte ignorato, di aiutare le persone che lo desiderino a ricostituire e recuperare tramite il dialogo e la conversazione paritetici, orizzonti e possibilità di senso in una fase in cui il senso del “darsi da fare” sembra occupare e sostituire ogni altra declinazione dell’umano. Cordiali saluti. Claudio Nosella, Portogruaro

quella sociologica a quelle letteraria, ne fa una questione cardine: quale vita, se priva di senso? Così, come sappiamo che cos’è il tempo se qualcuno ci chiede che ora è, ma non sappiamo rispondere alla domanda di che cosa in realtà il tempo sia, allo stesso modo per il senso sappiamo tutti che cos’è tuttavia se vogliamo indagarlo a fondo ci resta sempre un che di indicibile, un fondo inesprimibile e inarrivabile. Possiamo fare a meno del senso? Si e no. Se milioni di persone vivono una quieta esistenza di disperazione (Thoreau), nel senso che questa questione per loro, diciamo, non fa problema, (Kierkegaard diceva che coloro che non soffrono per la mancanza di senso o, meglio, non si pongono il problema del senso, sono i più disperati), molte altre non cessano di interrogarsi, invece, su cosa ci stiamo a fare in questo mondo, pur così inesauribile fonte di meraviglia, eppure pieno di contraddizioni, su quale significato abbia la loro vita e via di seguito. La questione è eminentemente filosofica e riconducibile all’eterno problema del significato: cosa conta veramente nelle nostre vite? Qual è il senso del nostro agire? Chi è l’altro? Cosa può un corpo? E così via, all’infinito. Domande senza risposta, altrimenti non sarebbero filosofiche. Le domande sul senso, tuttavia, sono e restano fondamentali perché in grado di espandere la nostra umanità e la nostra capacità di linguaggio. E se è vero che il linguaggio, in tutte le sue espressioni, è parte integrante della nostra forma di vita, verrebbe da pensare che ad un processo di regressione e impoverimento dei nostri mezzi espressivi, possa far seguito una decadenza e uno scadimento delle nostre vite. Ma lo scadimento delle nostre vite è fortissimamente legato al legame e al rapporto con il mondo:

RIFORMA DEL LAVORO Gentile Direttore, scrivo la presente per rimostrare contro la riforma del lavoro, che ritengo l’ennesimo attacco e impoverimento ai diritti dei lavoratori, i quali ancora una volta subiscono le scelte calate e volute dall’alto dalle associazioni sindacali, quest’ultime ormai trasformate sempre più in agenzie fiscali con servizio a pagamento e palestre per futuri politici, infatti la dice lunga sui vari segretari nazionali/delegati sindacali che si son dati alla politica. Un provvedimento sbagliato, nella sostanza, nel metodo e nei tempi, certamente non adeguato al raggiungimento degli scopi che dovrebbero ispirare ogni intervento legislativo in questo ambito: la riduzione della precarietà; l’universalità delle misure di sostegno al reddito in caso di perdita del posto di lavoro; il miglioramento delle condizioni di occupabilità. Nella sostanza resta invariata la disciplina dei licenziamenti individuali, che continua ad essere critica visto che il nuovo articolo

18 non tutela compiutamente il lavoratore licenziato illegittimamente: in caso si dovesse appurare che i motivi economici alla base del licenziamento sono inesistenti, il lavoratore non ha diritto al reintegro. Nè tantomeno è stato affrontato il nodo della durata degli ammortizzatori sociali alla luce della perdurante crisi economica e, quindi, occupazionale. Per quanto riguarda i tempi, infine la data del 1° gennaio 2013 come termine per l’entrata in vigore delle disposizioni contenute nel provvedimento è troppo ravvicinata: si corre seriamente il rischio di lasciare migliaia di lavoratrici e lavoratori, già colpiti dalla crisi, senza un sostegno economico. Questa riforma sembra orientata al solo rigore di bilancio piuttosto che alla definizione di vere strategie di rilancio economico e, quindi occupazionale. Di questo passo, il nostro Paese non acquisirà credibilità, nè a livello internazionale nè, soprattutto, agli occhi dei suoi stessi cittadini. Sostenere poi, come afferma il presidente del consiglio on. Monti, che la riforma e modifica all’art 18 è necessaria per attirare investitori nel bel paese, è una “boiata” in quanto gli imprenditori stanno facendo le valige per l’eccessiva burocrazia e costo del lavoro, altro che art.18 e statuto dei lavoratori; e se poi chi siede nei tavoli di concertazione ha appeso al chiodo la tuta blu da diverso tempo la frittata è fatta. Noi tutti lavoratori dovremo applicare un contratto di solidarietà a questa classe politica offrendo loro una mensilità di 800 euro mensili ed applicare l’art 18 e licenziare per giusta causa questo governo tecnico che sta portando al fallimento del sistema Italia. Il conto del debito lo paghi chi lo ha generato, ossia la classe politica. Gianluca Bragatto, Caorle

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