Portogruaro.Net Magazine

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HISTORIAE

I rom nel portogruarese

p.6

Una nuova rubrica per raccontare la storia di Portogruaro a cavallo fra 1400 e 1500 FUORI SCENA

Intervista ad Alessandro Bergonzoni. Ci racconta il suo "voto di vastità" p.9

OLTRE CONFINE

In questo numero ci rechiamo a San Stino, cittadina dalla storia movimentata

p.10

IL PERSONAGGIO Conoscere il mondo attraverso il vino, l'arte di Guerrino Moretto

p.13

La difficile sfida dell’integrazione Da un’indagine del Coses (consorzio per la ricerca e la formazione) di Venezia pubblicata nel libro «E per patria una lingua segreta» nel 2007 i rom residenti in provincia di Venezia

erano circa millecinquecento, oltre trecento dei quali residenti tra i comuni di Santo Stino, Concordia, Portogruaro, Annone, Pramaggiore e San Michele. Quasi la metà del totale

(45%) era di nazionalità italiana, circa un quarto (24%) di origine kosovara, la rimanente parte proveniva dai paesi della ex Jugoslavia. continua a pag. 4

SANITÁ Troppo pochi i posti letto per anziani nel portogruarese

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“CORIANDO

58° CARNEVALE POPOLARE VENETO

58

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PROGRAMMA 2011

CARNEVALE DEI RAGAZZI A CEGGIA (VE)

MADRINA - MISS CARNEVALI D’ITALIA - ANGELA RIGONI

A

SABATO 26 Febbraio Ore 19.00 Apertura delle Manifestazioni – Sala Consigliare Apertura Mostre – presso Sala Mostre Biblioteca Ore 20.30 Spettacolo teatrale “Sarto per Signora” – Teatro Toniolo Ass. teatrale “La Caravella”

dal 27 FEBBRAI O all’ 8 MARZO 2011

SFI LATE DI CARRI ALLEGORICI

Domenica

SABATO 5 Marzo

8

Foto archivio

DOMENICA 06 Marzo Ore 11.00 Annullo Postale presso Piazza Municipio fino alle ore 17.00 Ore 14.30 SFILATA CARRI ALLEGORICI

MARTEDÌ 08 Marzo

Ore 14.30 SFILATA CARRI ALLEGORICI Ore 18.00 Premiazioni Carri in Concorso

5ª edizione MISS CARNEVALE VENETO Patrocinato da:

PROVINCIA DI VENEZIA

MARTEDÌ 01 Marzo Ore 20.45 Presentazione DVD “43 ANNI DI IMMAGINI DEI CARNEVALI DI CEGGIA” – Teatro Toniolo

Ore 20.00 Serata enogastronomica “Carnevale in Fiore” 5^ Edizione - MISS CARNEVALE VENETO – selezione di Miss Carnevali d’Italia Ospite della serata la campionessa Nazionale di Box Femminile David Valentina presso Villa Marcello Loredan Franchin – organizz. in collaboraz. “Pro Loco” di Ceggia

SFILATA NOTTURNA

COMUNE DI CEGGIA

Ore 20.00 SPETTACOLO PIROTECNICO

GIOVEDÌ 03 e VENERDÌ 04 Marzo

27 ore 19.00

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GRUPPI MASCHERATI in NOTTURNA

Ore 9.30 Spettacolo teatrale per le Scuole “Pierina e il Lupo” Ass. Teatrale “Alegrim Teatro” presso il Palazzetto dello Sport In collaborazione con l’assessorato alla cultura del Comune di Ceggia

FEBBRAIO

Domenica - Martedì MARZO ore 15.00

DOMENICA 27 Febbraio Ore 16.00 Spettacoli in Piazza CLOWN – GIOCOLIERI – FIGURANTI Ore 18.30 CARRI ALLEGORICI e

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EDITORIALE

Mamma, ho perso la Rai! Con il passaggio al digitale terrestre, la maggior parte dei portogruaresi non vede più la Tv di Stato. Comitati, Comune, cittadini, si sono mossi tutti. Senza alcun risultato, per ora

“Q

uer pasticciaccio brutto de via Merulana”: è il titolo di un popolare romanzo di fine anni Cinquanta dello scrittore Carlo Emilio Gadda. Rivisitato e corretto, il giallo ben si addice alla situazione che, da oltre un mese, sta vivendo la maggior parte dei cittadini del Portogruarese e del Veneto Orientale, dopo il passaggio al digitale terrestre, ormai definito anche “extra” terrestre. Questi, infatti, non vedono più i canali della Rai, televisione di Stato, proprio in questi giorni (entro il 31 gennaio) alle prese con la scadenza del pagamento del canone televisivo. Si sono mossi Comitati, ci sono state proteste di svariati cittadini, interventi delle Amministrazioni comunali. Risultati? Al momento nessuno e gli utenti continuano a non vedere i canali Rai. “La questione – sbotta il sindaco di Portogruaro, Antonio Bertoncello, – è che non si tratta di disagi lamentati da alcuni cittadini, ma questi sono riscontrati dalla maggior parte della cittadinanza, anche se con diverse tipologie di problemi. Ci sono stati incomprensibili ritardi e inadeguatezze nel fornire soluzioni a un problema che doveva e avrebbe potuto essere preventivamente analizzato e risolto. La mancanza di una tempestiva e corretta informazione da parte degli organi competenti ai cittadini ha, infatti, contribuito a rendere ulteriormente difficoltosa l’accettazione di un disagio non previsto ma prevedibile”. E oltre al danno c’è la beffa. “Oltre ai disagi in sé – sottolinea il primo cittadino – è il perdurare degli stessi a far crescere lo scontento dei cittadini che da settimane si rivolgono ai nostri uffici per avere informazioni al riguardo e che proprio in questi giorni a fronte del disservizio subito si vedono recapitare i bollettini per il versamento del canone”. Il Comune ha messo a disposizione dell’utenza un modulo di segnalazione dei disagi riscontrati. In pochi giorni sono state raccolte ben 120 segnalazioni e a tutt’oggi l’ente civico continua a ricevere documentazione in tal senso. Intanto, nelle scorse settimane si è costituito un Comitato per il digitale che, oltre ad avviare una forte azione di protesta, aveva anche fornito un suggerimento per risolvere la situazione. “La soluzione c'è – spiegano Andrea De Carlo, Ornella Boattin e Gianfranco Battiston – e basta che Roma autorizzi l'uso di frequenze ancora libere, come alla Rai avevano già detto, e l'intero Nordest vedrebbe tutti i canali Rai a costo zero. Peccato che questa ipotesi sia stata ignorata e in più occasioni, in Rai, abbiano parlato di una settimana di pazienza forse addirittura di giorni, perché i canali tornassero visibili. Ora però, dopo 50 giorni dal famigerato switch off, la Rai non si vede ancora”. Si è mossa anche la Conferenza dei Sindaci, il cui presidente, Igor Visentin, rileva come “siamo stati i primi a farci carico della questione, convocando i responsabili Rai e quelli regionali. Abbiamo convocato gli antennisti per far capire loro come dovessero intervenire”. Nel frattempo, il parlamentare Rodolfo Viola ha presentato 10 domande al ministro Paolo Romani, con un’interpellanza, sottoscritta da altri 31 parlamentari, in cui chiede: 1) Perché il piano delle frequenze per il Veneto Orientale non ha tenuto conto della situazione antennistica locale? Bastava rimanere in banda 5UHF da Piancavallo o canali 22 e 7 (F) da Udine e tutti avrebbero ricevuto Rai a costo zero. 2) Perché non fare un ponte radio tra Monte Venda e Piancavallo per irradiare il TGR Veneto in tutto il territorio dove oggi

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di Maurizio Pertegato si vede solo TG Friuli? 3) Visto che il costo del ponte è di circa 200.000 euro, ma la Regione ha detto che sono troppi per il 10% della popolazione e la Rai non si muove sotto le 180.000 utenze, cosa dobbiamo fare? 4) Quali sono le frequenze Rai libere oltre al canale 7 e quale criterio è stato usato nella scelta visto che è stata penalizzata la Rai e non le private? 5) Come sono stati spesi i 33 milioni dati nel luglio 2007 a Rai Way sui 145 previsti per il passaggio al digitale terrestre, quanti in totale, compresi quelli delle Regioni, ne ha ricevuto la Rai? 6) Perché non è stata fatta una corretta informazione oltre a quella che non sarebbe stato necessario cambiare le antenne, cosa invece risaputa già a maggio e comunicato agli antennisti? 7) Perché si continua a chiamare canone quella che è invece una tassa di possesso, senza garantire poi la visione dei canali Rai? 8) In casi di contenzioso come questo, a chi deve rivolgersi il cittadino alla Rai o al Ministero? E’ poi vero che questa

è una sperimentazione? 9) Privando decine di migliaia di cittadini di un importante canale di comunicazione Rai, come farà la Protezione Civile, in caso di calamità, ad informare i cittadini del Friuli e del Veneto Orientale entrambe zone sismiche? 10) Quale forma di rimborso è prevista per chi dovrà sostituire l’antenna a cause di scelte che hanno tenuto conto solo degli interessi Rai? Perché non congelare il pagamento del «canone» per il 2011, previa esibizione della ricevuta di avvenuto pagamento del 2010? Dal Governo, però, è arrivato “disco rosso” e “nessuna risposta è stata data – lamenta Viola - né sul fatto che debba essere la Rai a intervenire sugli aspetti tecnici dei problemi evidenziati, né sul fatto che i cittadini debbano pagare un servizio del quale non usufruiscono. E non sono stati nemmeno presi in considerazione i costi aggiuntivi che devono subire i cittadini. Insomma, nulla”. Come si vede, la soluzione del “pasticciaccio” è ancora lontana.

SOMMARIO EDITORIALE Digitale terrestre

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IN COPERTINA I Rom

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HISTORIAE Commercio del ferro

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duri i banchi L'ISIS L. Da Vinci

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FUORI SCENA Intervista a Bergonzoni 9 OLTRE CONFINE S. Stino di Livenza

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L’ACQUOLINA Le proprietà del vino 12 il personaggio Guerrino Moretto

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SANITA' Case di riposo

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INTERVALLO Auguri a tutti fuorché... 15 Portogruaro.Net Magazine

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IN COPERTINA

gennaio/febbraio 2011

I rom nel portogruarese La difficile sfida dell’integrazione di Georgia Schiavon

S

econdo i dati delle Prefetture italiane del 2008, pubblicati da «Il Sole 24 ore», i rom presenti allora in Italia erano più di quarantunmila (un numero che, come specificato, rappresenta una stima, vista la difficoltà di monitorarne la presenza, in quanto, se molti di loro hanno la cittadinanza italiana o sono stanziali, come i rom del Kosovo, altri, in particolare i rom della ex Jugoslavia, rimangono nomadi) e tra le regioni italiane con la maggiore presenza di rom figurava il Veneto. Da un’indagine del Coses (consorzio per la ricerca e la formazione) di Venezia pubblicata nel libro «E per patria una lingua segreta» nel 2007 i rom residenti in provincia di Venezia erano circa millecinquecento, oltre trecento dei quali residenti tra i comuni di Santo Stino, Concordia, Portogruaro, Annone, Pramaggiore e San Michele. Quasi la metà del totale (45%) era di nazionalità italiana, circa un quarto (24%) di origine kosovara, la rimanente parte proveniva dai paesi della ex Jugoslavia. In seguito alla nomina del prefetto di Venezia a commissario straordinario per la gestione di un fondo regionale di emergenza nomadi (del valore di cinque milioni di euro), la prefettura di Venezia alla fine del 2009 ha effettuato un censimento dei campi rom in Veneto (che ha condotto allo stanziamento di fondi per progetti di riqualificazione di campi rom già esistenti nelle province di Padova, Verona e Vicenza, dove sono stati individuati campi di dimensioni importanti e con situazioni di emergenza). I rom presenti nella regione Veneto al momento del censimento sono risultati 2.345, circa 2.100 dei quali cittadini italiani. Nei comuni del portogruarese la prefettura ha rilevato la presenza di due campi rom (con rispettivamente tredici e undici resi-

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denti) ubicati su due aree di proprietà privata nel comune di Portogruaro e di aree di sosta non autorizzate nei comuni di Concordia, Caorle, Santo Stino, Fossalta di Portogruaro, Cinto, Pramaggiore, Gruaro, nelle quali tuttavia al momento del censimento non era presente alcun rom. (Insediamenti rom, come rilevato nel 2007 dal Coses e confermato attualmente dagli operatori dei servizi sociali e dalle associazioni di volontariato, sono comunque presenti, oltre che a Portogruaro, anche a Concordia, Santo Stino e Pramaggiore). «Tra gli stranieri residenti in Italia, i rom sono i più discriminati ed emarginati», spiega Silvia Steccanella, attiva da anni nell’aiuto su più fronti alle famiglie rom del portogruarese. Tra le maggiori difficoltà che vivono gli appartenenti all’etnia rom, che tra l’altro la legge italiana non riconosce come minoranza linguistica, vi sono quelle legate alle condizioni abitative inadeguate (nel 2006 l’Italia è stata accusata dal Comitato europeo per i diritti sociali di violazione del diritto dei rom ad un alloggio appropriato) e alla mancanza di mezzi per far fronte alle necessità primarie e quelle di integrazione con il contesto sociale del territorio in cui risiedono. La Regione Veneto è stata tra le prime in Italia ad emanare una legge a favore dei rom, la legge regionale 54 del 1989 “Interventi a tutela dei rom e dei sinti”, che prevede lo stanziamento di fondi per l’istituzione di campi sosta, per aiutare chi tra i rom intenda scegliere una vita stanziale, per l’istruzione dei bambini e dei ragazzi rom. Ma già da qualche anno la Lega sta portando avanti un progetto di legge, il 47, con il quale ne richiede l’abrogazione. «È una legge inutilizzata – spiega l’assessore regionale all’identità veneta e ai flussi migratori Daniele Stival – sono anni ormai che non viene più finanziata». Anche nel portogruarese, ad occuparsi di queste famiglie – che anche in questo territorio vivono in abitazioni spesso ai limiti della fatiscenza, con problemi igienico-sanitari e di riscaldamento – sono le associazioni di volontariato (la Croce rossa, la Caritas, la San Vincenzo), ma anche singole persone, che danno un notevole supporto alle attività e agli aiuti dei servizi sociali comunali. La mancanza di finanziamenti costituisce un limite anche per la realizzazione di progetti di inserimento scolastico e lavorativo, due ambiti fondamentali sui quali agire per favorire l’integrazione sociale dei rom. Per quanto riguarda l’alfabetizzazione giovanile, in tutte le scuole del portogruarese gli studenti rom che non conoscono l’italiano possono beneficiare, in orario scolastico, dell’aiuto di un mediatore linguistico, come previsto dal “protocollo di accoglienza” finanziato dai comuni. Ma una volta terminato il numero di ore, una dozzina, contemplato dai singoli pacchetti, le scuole devono ricorrere ai loro (scarsi) fondi o alla buona volontà di qualche insegnante. Molto


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attivo nel portare avanti progetti di inserimento scolastico dei ragazzi rom è il plesso scolastico di Concordia, attualmente frequentato da 9 studenti di etnia rom sugli 849 studenti totali. «I progressi fatti in questi ultimi anni con gli studenti rom sono stati notevoli – racconta Gabriele Vignandel, insegnante e referente di plesso delle scuole di Concordia, responsabile dell’accoglienza e dell’integrazione degli alunni stranieri dell’istituto – Le problematiche di frequenza scolastica degli studenti rom che si erano presentate alcuni anni fa sono praticamente risolte; nei loro genitori, benché spesso essi stessi analfabeti, c’è la consapevolezza dell’importanza dell’alfabetizzazione e dell’istruzione dei figli; molti dei rom usciti dalla nostra scuola negli scorsi anni si sono iscritti alle superiori, scegliendo un indirizzo professionale». Fino all’anno scorso il comune di Concordia aveva finanziato un progetto di attività scolastiche pomeridiane rivolto ai ragazzi rom (pagando, oltre alle attività, QUARTO PICCOLO le spese della mensa e del trasporto). «Abbiamo richiesto al comune di Tema: San Valentino rinnovare il finanziamento di attività cerca un’immagine carina e metti questa frase: rivolte ai rom almeno durante l’orario Inebrianti, sensuali, profumatissime idee regalo mattutino, speriamo in una risposta per San Valentino positiva», si augura Vignandel. Per i ragazzi rom, che spesso a casa non utilizza il logo dell’inserzione nell’agendae oi cui hanno spazi per concentrarsi del numero di dicembre, genitori nellacon maggior parte dei casi a scritta Beauty & Beauty in fucsia (ti allego non sono in grado di aiutarli nei comuna foto dell’insegna) piti, il sostegno nello studio pomeriè fondamentale per un -buon PROFUMI -diano IGIENE DELLA PERSONA scolastico. Sono molti PRODOTTI rendimento PER LA CASA - DETERSIVI gli studenti rom residenti nel Veneto orientale coinvolti nel progetto eduVia Vivaldi, cativo 9/11 domiciliare per minori stranieri gestito dalle Asl, che su segnalazione

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dei rispettivi comuni (finanziatori del servizio) provvedono all’invio di educatori che aiutano i bambini e i ragazzi stranieri nello svolgimento dei compiti pomeridiani. «La scuola – conclude Vignandel – rappresenta il luogo di integrazione per eccellenza, ma può diventarlo veramente solo se prima vengono risolte altre priorità: la società dovrebbe offrire ai rom

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l’opportunità di avere una casa e un lavoro, perché senza queste basi, che noi diamo per scontate, ma che per loro non lo sono affatto, non si può pretendere che l’istruzione dei figli figuri tra le loro principali preoccupazioni». Un ulteriore scoglio per il processo di integrazione è rappresentato dalle difficoltà di inserimento lavorativo dei rom. Alcuni sono riusciti ad avviare delle piccole attività in proprio, ma la maggior parte di essi è inserita in contesti lavorativi “protetti”. In particolare, a Portogruaro, molti rom sono coinvolti nel progetto avviato dalla cooperativa Ape “Cercasi occasione”, che consiste in un pre-inserimento lavorativo di due o tre ore giornaliere, volto a favorire l’ingresso nel mondo del lavoro. Ma dall’esperienza di vari operatori dei servizi sociali e volontari emergerebbe una persistente reticenza da parte delle aziende ad assumere rom. La realtà racconta anche di famiglie rom che stanno vincendo la sfida dell’integrazione, come la famiglia Berisa, sfuggita dal Kosovo all’inizio degli anni Novanta, vissuta alcuni anni a Portogruaro e ora trasferitasi a San Vito. Uno dei sette figli, Bajran, ventiduenne, a Portogruaro ha frequentato l’ultimo anno delle scuole medie. Oggi lavora a Concordia per la cooperativa Noncello di Pordenone come accompagnatore degli studenti durante i trasporti in autobus. «Ormai la mia vita è qui, del Kosovo non ho alcun ricordo e i miei genitori non me ne parlano mai, là alla mia famiglia non è rimasto niente». Riguardo agli episodi di discriminazione di cui talora è ancora vittima, commenta: «Durante gli anni della scuola ho subito degli atteggiamenti di razzismo ed emarginazione, che mi hanno portato a riflettere sulle loro cause. Se da una parte è vero che certi comportamenti scorretti di alcuni rom possono favorire la diffidenza da parte degli italiani, credo tuttavia che non sia giusto generalizzare e che i pregiudizi nei confronti dei rom siano dovuti all’ignoranza della loro cultura e della loro storia».


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HISTORIAE

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Quando il ferro viaggiava sul Lemene

Una nuova rubrica per raccontare la storia di Portogruaro nel Medioevo, nel periodo della sua massima fioritura di Ivano Piva

N

el 1420, nasceva Margherita di Savoia, veniva iniziata a Venezia la costruzione della Ca’ d’Oro e la città di Aquileia cadeva assieme a tutta la Patria del Friuli sotto il controllo di Venezia. In quello stesso anno, arrivava presso la città sul Lemene, Zaccaria Bembo, il primo podestà di Venezia assieme alla versione definitiva del “Privilegio di Portogruaro”, il documento in cui venivano stabiliti ufficialmente gli accordi di annessione tra la Serenissima e la nostra città. Dal 1420 iniziava il momento storico più caratterizzante per la storia di Portogruaro, destinato a finire nel 1797 con la caduta della stessa Repubblica di Venezia a causa di Napoleone Bonaparte. In questa nuova rubrica tratteremo la prima fase di questo periodo storico fino a circa il 1550. Iniziamo questa serie di articoli evitando a piè pari le classiche tematiche della storia “da scuola” guerra e politica, per parlare di un tema più “concreto”: il commercio del ferro. Inizieremo narrandovi di come ha influito sulla vita dei nostri avi, fino ad almeno il 1500 noti come portolani, passando successivamente a come lo stesso commercio ha dato grattacapi alla Serenissima e ai podestà inviati presso la nostra cittadina. E’ noto che la prosperità di Portogruaro derivò in gran parte dalle sue funzioni di porto fluviale privilegiato per i commerci provenienti dall’Impero e dalla Patria del Friuli. La ricchezza e i forti legami con la Serenissima la resero esteticamente una “piccola Venezia”, come tutti notiamo ancor oggi passeggiando tra le vie e le piazze. Meno noto è che uno degli affari più importanti nel rapporto tra Venezia e Portogruaro era il commercio del ferro, di cui parleremo in questo articolo. Il ferro era una materia prima preziosissima, indispensabile per qualsiasi opera navale o architettonica di grandi dimensioni oltre che ovviamente per la costruzione di armi e armature o di oggetti agricoli di grande efficacia. Nel dominio veneziano era vietato lavorare il ferro senza specifici permessi, per ottenere i quali bisognava sottostare a pesanti controlli; chi veniva preso a contrabbandare o a possedere illegalmente attrezzi per forgiare il ferro subiva il se-

coli insediamenti per aumentare le loro ricchezze. Nel momento in cui si conoscevano i movimenti del ferro era più facile ridurre la lista dei sospettati: un gruppo di 20 banditi con picca e armatura non potevano assolutamente essere dei contadini che si erano fatti forgiare le armi di nascosto, più probabilmente si trattava dei seguaci di qualche funzionario o nobile, oppure di soldati che arrotondavano il salario.

“il contrabbando del ferro era un affare che aveva alle spalle un’organizzazione potente e complessa” questro del materiale, che veniva spedito all’Arsenale, dove i beni venivano valutati e acquisiti. Oltre a questo, il malcapitato veniva costretto a pagare il triplo del valore di quanto sequestrato, come multa. Questo pesante controllo sulla risorsa in esame non aveva solo motivi economici, ma soprattutto di controllo del territorio. Controllando il ferro che si trovava nei

suoi territori in modo scrupoloso, il governo di Venezia poteva almeno in parte controllare i movimenti delle armi e delle trappole nel suo territorio, così facendo era agevolato nel controllare il bracconaggio e soprattutto il brigantaggio, che in molti casi non veniva portato avanti da semplici poveracci ma da signori che coi loro seguiti predavano i mercanti e i pic-

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Il ferro nel 1420-1550 era ancora una risorsa limitata e preziosa, e anche la sua lavorazione era tutt’altro che economica e facile. Già cento anni prima di entrare sotto il vessillo della Serenissima, Portogruaro era un transito obbligatorio per chi volesse portare ferro presso i territori controllati da Venezia sia per ragioni di comodità sia per disposizioni della stessa Venezia che là faceva i controlli doganali del caso. Nel 1420 Portogruaro divenne finalmente parte del dominio Veneziano, e presto vi venne istituito un punto di esazione daziaria la cui gestione, secondo le norme veneziane, avrebbe dovuto essere data in concessione a privati con un’asta al ribasso. A questo punto iniziarono i problemi perché nessuno voleva prendersi l’incarico e alla fine Venezia fu costretta a mettere un funzionario da lei pagato. Il perché di queste difficoltà è presto detto: il contrabbando del ferro era un affare che aveva alle spalle un’organizzazione potente e complessa. Come accade tutt’oggi, quando un problema resta insoluto o non si riesce a far rispettare una legge, la legislazione sul problema cresce a dismisura, tanto che nel 1553 la commissione dogale data dal governo veneziano al podestà di Portogruaro, nella parte dedicata specificamente a Portogruaro, parlava per più di due terzi del commercio del ferro. Il contrabbando di questo materiale prosperava, perché i vari podestà veneziani agivano sul loro territorio senza coordinarsi, mentre i contrabbandieri erano probabilmente organizzati in modo simile agli odierni cartelli. La risposta veneziana fu di ordinare ai podestà di cooperare e di fare tutto il possibile per risalire alla testa dell’organizzazione dei contrabbandieri e smantellarla in modo definitivo. Non bastava che il podestà catturasse un “corriere”, era necessario arrivare al luogo da cui il corriere era partito, e se questo era fuori dalla giurisdizione di Portogruaro non si poteva chiudere l’indagine, bisognava andare avanti, fin dentro alla Patria del Friuli se necessario, per scoprire come funzionava l’organizzazione per infine arrivare se possibile a decapitarla. Purtroppo non sappiamo oggi con certezza quanto frutto diedero queste indagini, perché molte delle fonti di informazione sul tema sono tutt’oggi poco studiate.



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DURI I BANCHI

gennaio/febbraio 2011

L'I.S.I.S. L. DA VINCI di Portogruaro Formazione tecnica e cultura della cittadinanza

L’

I.S.I.S. L. DA VINCI, istituito dalla Regione Veneto e attivo dall’anno scolastico 2009-2010, opera congiungendo, sotto un’unica Dirigenza, l’Istituto tecnico industriale omonimo e l’Istituto professionale “mon. D’Alessi”. L’I.S.I.S., così articolato, è una realtà unitaria nell’organizzazione, ma complessa per la molteplicità dei suoi indirizzi formativi e disciplinari; inoltre mantiene viva e rinnova in sé la vocazione delle istituzioni scolastiche che ha unificato: la promozione culturale e professionale di un territorio, il cui sviluppo complessivo si lega al processo di formazione di “nuove leve” e al loro ininterrotto aggiornamento. In questa direzione di fondo l’I.T.I.S., in particolare, si vede impegnato sia a soddisfare, nel modo più qualificato, i bisogni professionali, sia a promuovere, attraverso un’ ampia gamma di attività anche extra curricolari (Teatro, Cinema, Progetto arcobaleno, Educazione alla lettura del Quotidiano in classe, Laboratorio di poesia, Cittadinanza e costituzione, Olimpiadi della matematica ecc.) una formazione umana complessiva. Interessi e sensibilità vengono pertanto sollecitati e valorizzati ai fini dello sviluppo della creatività, dell’autonomia e della responsabilità. Il tecnico, al termine degli studi, è pertanto in grado di inserirsi agevolmente nel mercato del lavoro oppure di proseguire proficuamente gli studi a livello universitario. L’orario scolastico è articolato su 32 ore settimanali. Il percorso formativo dell’ITIS è unitario e comprende un biennio comune e un triennio di specializzazione. Gli indirizzi attivi, a seguito della Riforma sono: meccanica, meccatronica ed energia (articolazione: meccanica e meccatronica); elettronica ed elettrotecnica (articolazione: elettrotecnica); informatica e telecomunicazioni (articolazione: telecomunicazioni); Ambiente e territorio (articolazione: costruzioni ambiente e territorio), Agraria agro ambientale ed agroindustria (articolazione: gestione dell’ambiente e territorio). L'istituto offre anche qualificati servizi al territorio mediante l'attivazione di numerosi corsi professionali rivolti ai diplomati e aperti agli occupati nelle aziende del territorio, le quali concorrono nella gestione e nel finanziamento di tali iniziative (Corsi CAD, Patente europea del computer, Corsi avanzati Casa Clima ecc.). Va ricordato che l'Istituto è autorizzato dal Ministero ai lavori pubblici ad eseguire prove sui materiali (leganti idraulici, calcestruzzi, laterizi, acciai) rilasciando alle imprese e ai professionisti adeguata certificazione legale. L'Istituto, per le diverse ragioni menzionate, si inserisce quindi nel territorio con una specialità che lo contraddistingue nettamente rispetto alle altre scuole superiori, e proprio in rapporto alle dinamiche economiche del Veneto orientale. Al fine però di sostenere concreta-

di M&Z

mente il complesso delle finalità didattico-educative, e mettendo al centro del processo scolastico davvero il discente e il suo progetto, l'ISIS sostiene i propri studenti con diverse modalità di dialogo pedagogico, tra cui almeno ricordiamo: l'Orientamento in entrata, in itinere e in uscita,, il Riorientamento, il Progetto accoglienza, L'educazione alla salute-C.I.C., Intercultura e integrazione alunni non

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italofoni, Stage ed alternanza scuolalavoro, C.L.I.L. (Content Language Integrated Learning), Attività sportive-tornei, L'educazione ambientale con la quale si promuove la relazione, ormai strategica, tra sapere scientifico e sviluppo sostenibile.

L’I.S.I.S. di oggi, dal nostro punto di vista Noi facciamo parte di un importante percorso tecnico (in precedenza era un autonomo I.T.I.S) inserito nel-

la struttura I.S.I.S. . Questa scuola presenta al suo interno una buona organizzazione e il suo edificio, per l’articolazione e l’ampiezza, consente di ospitare senza frammentazione e dispersione le diverse attività formative: da quelle tecniche a quelle scientifico-umanistiche, e infine a quelle sportive. Per gli alunni è un grande orgoglio ricevere all’interno dell’Istituto, precisamente in Aula magna, Aula proiezioni e Palestra, componenti di altri Istituti che usufruiscono dei nostri spazi. Pensiamo che questa scuola formi gli alunni in modo idoneo, sia per affrontare il mercato del lavoro con un titolo di studio vincente, sia per continuare gli studi in corsi universitari. Questo buon livello di formazione è dovuto alla distinta preparazione degli insegnanti. Un aspetto negativo però che è stato riscontrato da parte degli studenti è l’unificazione amministrativa di I.T.I.S. e I.P.S.I.A. . Questa operazione ha creato notevoli disagi riguardo alla comune gestione degli spazi. In prospettiva però il contraccolpo ora sottolineato per il recentissimo, e forse troppo rapido accorpamento, potrà essere neutralizzato da aspetti positivi che è lecito augurarsi e ritenere senz’altro possibili. L’aumento delle forze in campo e della interazione tra di esse costituisce di fatto un modello d’esperienza sempre positivo e che tale potrà rivelarsi anche per questa nostra realtà scolastica così in espansione. Gli allievi della IV H/Meccanica


FUORI SCENA

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In cerca del sovraumano intervista ad Alessandro Bergonzoni

Incontro con l’artista a Portogruaro, dopo la data di apertura del suo spettacolo “Urge”

A

rriva sul palco passando per il corridoio centrale della platea. Si insedia in una scenografia scarna, fatta di superfici e linee metalliche e fiaccole elettriche e per un’ora e mezzo, senza interruzioni, intrattiene, affabula, risveglia e devasta con una comicità futurista che spara proiettili di parole. È Alessandro Bergonzoni, classe 1958, fisico da ex giocatore di hockey, ormai da trent’anni sulla scena e da una ventina assurto allo status di celebrità. A Portogruaro, prima data del tour invernale, presenta in anteprima il suo ultimo spettacolo, “Urge”: un inno al suo “voto di vastità”, un invito a “restare colmi”, una sciarada debordante, normale geniale confusa, a tratti illuminante, che riesce a liquefare le prevenzioni e per novanta minuti dà l’impressione di assistere alla ricreazione del mondo o del linguaggio, che poi alla fine è lo stesso. Dopo, nel camerino, asciugamano ancora avvolto attorno alle spalle, è gentile e disponibile e torrenziale come suo solito. Ecco il colloquio che ha concesso a Portogruaro.Net. Grazie per aver accettato l’intervista. Vorrei parlare di te come persona e personaggio. Ormai sono parecchi anni che sei sulla cresta dell’onda, che fai questo tipo di spettacoli. Qual è l’effetto del passare del tempo su di te, sul tuo lavoro? C’è un tempo cronologico e un tempo interiore. Il tempo cronologico può portare a delle mutazioni di titoli, di scalette, di scenografie, di testi, ma non porta a una mutazione energetica che è quella che mi muove, mi crea, mi inventa, mi trascende e mi trascina e mi possiede. Poi c’è anche quello che secondo me è un tempo storico, nel senso che subire le mutazioni del mondo esterno mi affanna e mi devasta; non perché io parli o non parli di realtà: come hai visto in questo spettacolo io ho un momento in cui improvvisato o no vado a urlare un bisogno di “svegliamoci” di resurrectio, un bisogno di reazione e di stanchezza dovuta al non poter più subire quello che subiamo. Parlando come cittadino e come spettatore, come io pensante devo dirti: è veramente violenta la condizione del passare del tempo, applicata a quello che vedo. Allora non volendo fuggire nel mio hangar o nel mio eremitismo, non l’ho mai fatto, cosa faccio? Vado a parlare nelle scuole negli asili, oltre alla collaborazione con la Casa dei risvegli che mi accompagna per una ricerca, faccio anche una tournee parallela durante l’anno, che mi accompagna per trenta o quaranta date nelle università nelle scuole, nei licei negli ospedali per andare a vedere se è possibile combattere il tempo o cambiare il tempo in cui viviamo. Nei tuoi spettacoli e nei tuoi scritti, sostieni spesso che abbiamo perso il contatto con la nostra essenza… Con l’anima. Sì. Dici anche spesso che non dobbiamo lasciare il monopolio della parola “anima” alla Chiesa. Che cosa intendi, esattamente? Assoda-

di Federico Guerrini

to che non ti piacciono le categorie (religioso, laico, ecc.), qual è il tuo rapporto con la spiritualità? Io amo la spiritualità nel senso di Kandinsky, steinerianamente, non che io sia un affiliato di Rudolf Steiner, ma sono certamente uno studioso, parola grossa, direi un attento osservatore di determinati avvicinamenti fra anima e corpo, di determinati avvicinamenti fra quello che è la persona e quello che è il nostro essere. Noi parliamo troppo di cittadini, padri, lavoratori, operai, madri e parliamo troppo poco dell’essere. In questo senso io credo che la trascendenza e l’arte vadano molto di pari passo, siano molto vicine e ancor prima della religione debba arrivare una consapevolezza di se stessi che, soprattutto nell’artista, è fondamentale. Ma perché secondo te, abbiamo perso il contatto con la nostra essenza?

Mania di grandezza e piccolezza. Crediamo di essere Dio, e piccolezza nel senso che siamo talmente umani da non ricordarci di essere stati Dio. Automaticamente abbiamo un grande stradimensionamento di fronte alla materia, agli oggetti, alle cose, al possesso e al contempo una piccolezza infinita di fronte a un concetto universale cosmico, potente di potenza e non di potere e questa discrepanza ha fatto sì che siamo diventati paurosi, codardi…ha fatto sì che siamo diventati “umani”. Qui dobbiamo raggiungere il sovraumano, con l’umano abbiamo già visto i risultati quali sono stati: la guerra umana, lo stupro umano… quindi dobbiamo passare al sovraumano. Com’è il rapporto fra la tua vita privata e il personaggio pubblico? Riesci a scindere le due sfere? Fortunatamente la mia vita privata è talmente forte e il mio personaggio pubbli-

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co talmente “medio” - non sono Benigni, non sono Bisio - che vivo una non televisionabilità, una non pubblicità vipparola, gossippara che mi permette di essere Bergonzoni e poco personaggio. In più non sono un personaggio nel teatro, per cui nessuno mi caratterizza come quello che parla in un modo, vive in un altro… si veste in un modo. Nei tuoi spettacoli, a differenza di altri tuoi colleghi, scarseggiano i riferimenti alla cronaca, all’attualità. Come mai? Ho una forma di incapacità di accettazione del morbo di cronaca e dell’informazione che ha portato degli avvoltoi delle nefande persone tutti i pomeriggi a tracciare inganni di persone che sono scomparse e sono morte, fino ad arrivare ai rotocalchi di bassa lega, allo sport che ti uccide con un’insensatezza di interviste sul nulla, fino ad arrivare ai Ciao Darwin, fino ad arrivare a situazioni e condizioni che vanno ben oltre il guano televisivo ma vanno in quella che per me è una tossica dipendenza, pornografica, da mancanza di idee. Ho letto che il tuo libro preferito è Finnegans Wake, è corretto? E quali sono le altre letture che prediligi? Sì, è vero. A parte questo, sono un amante anche di Pennac, un amante di tutto quello che non è giallo e non è noir, di tutto quello che comporta un attaccamento se possibile alle biografie…di pittori, io leggo molte biografie di pittori, mi sto rileggendo Carol Rama, mi sto rileggendo Frida Kahlo, mi avvicina, da quando mi sono messo a fare arte, sei, sette anni fa, il bisogno di leggere artisti e non romanzieri.

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oltre confine

gennaio/febbraio 2011

San Stino, le ville, le terre, il Livenza

Viaggio in un Comune che ha avuto una storia movimentata Teatro Rom

di Mirko Privitera

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obbiamo risalire all’epoca romana per rinvenire le prime tracce di San Stino di Livenza, cittadina situata a metà strada tra Portogruaro e San Donà di Piave. È un Comune di circa 13.000 abitanti, raggiungibile principalmente attraverso la rete autostradale e ferroviaria, anche se è ben servita da strade statali primarie e secondarie. Confina con alcuni tra i più importanti Comuni del territorio (Concordia Sagittaria, Caorle, Annone Veneto) ed è vicina alle più importanti località turistiche e commerciali della zona. Dall’epoca romana infatti abbiamo le prime testimonianze di un insediamento che ha dovuto fare i conti con molti problemi geologici: da una zona impervia ricca di foreste e alberi a nord si passava ad una zona lagunare scendendo verso la costa, la quale però ha permesso di sfuggire alla terribile invasione barbarica del V secolo d.C. Dal X secolo l’entroterra inizia a ripopolarsi e viene costruito il Castello di San Stino dalla famiglia da Prata con tutt’attorno l’agglomerato urbano. Nel XII secolo invece avviene il passaggio dei territori comunali alla diocesi di Concordia, di cui il fiume Livenza costituisce tutt’oggi il confine. Da questo momento in poi si assiste ad un passaggio di proprietà a più mani delle ville e dei castelli della cittadina costruiti nel frattempo (dal patriarcato

gliere osservazioni e pareri. Ci sono due alternative: un tracciato “basso” a livello del terreno e un tracciato “alto” sopraelevato, ma sono stati sollevati dubbi anche sull’effettivo percorso che l’uno o l’altro tracciato dovrà seguire per evitare la minore espropriazione possibile di terreni e danni ambientali. La posizione ufficiale delle due Regioni interessate dall’Alta Velocità, Veneto e Friuli-Venezia-Giulia, è quella di privilegiare il percorso lungo il litorale da Mestre a Portogruaro e l’affiancamento all’autostrada A4 nel tratto da Portogruaro a Ronchi dei Legionari. A fine dicembre, Rfi ha presentato i progetti preliminari che nel tratto da S. Donà a Portogruaro, prevedono che, dopo l'attraversamento del Piave, da lì la linea passi a sud di Eraclea e poi inizi a piegare verso nord per raggiungere l'autostrada. L'attraversamento del Taglio e del Livenza avverrebbe in viadotto, ad est di Torre

di Mosto in località Sant'Elena, mentre con altri due viadotti verrebbero superati il Fosson e la linea ferroviaria storica in località Loncon (Annone Veneto). I Comuni interessati dal tracciato hanno tempo comunque fino a metà febbraio per presentare osservazioni. Un’altra spinosa questione che ha dovuto affrontare il territorio a causa della sua conformazione sono state le grandi esondazioni del fiume Livenza e dei canali Malgher e Fosson nel settembre e novembre scorsi. San Stino storicamente è “abituata” a situazioni simili, non è certamente la prima volta che il territorio viene minacciato dalla forza di questo fiume, però ogni volta la preoccupazione è molta. Fortunatamente la situazione è stata mantenuta sotto controllo dalla Protezione Civile, dai Vigili del Fuoco e molti altri volontari, ma i problemi sono stati comunque ingenti e adesso si sta la-

Corbolone, chiesa di S. Marco

di Aquileia all’arcidiacono di Gorizia) fino all’annessione alla Repubblica di Venezia nel 1420, periodo dopo il quale il castello passa in mano alla famiglia veneziana degli Zeno e vaste aree territoriali vengono acquisite dalla nobiltà veneziana. Per vedere le prime opere di bonifica bisogna aspettare l’Ottocento, periodo durante il quale vastissime aree in terra acquitrinosa iniziano ad essere convertite in aree rurali adatte alla coltivazione. L’attività di bonifica si conclude intorno al periodo tra le due guerre mondiali. Grazie a queste opere e alla fatica di moltissimi braccianti, oggi San Stino è un Comune che basa la sua economia principalmente sull’agricoltura e sulla viticoltura, attività però minacciate dall’inesorabile sviluppo di infrastrutture come la terza corsia dell’autostrada A4 e la Tav. Specialmente riguardo a quest’ultima opera si sono tenuti molti dibattiti tra i tecnici e le varie istituzioni per cercare di escogitare la migliore soluzione per l’attraversamento della rete ferroviaria nel territorio comunale, e sono stati organizzati vari incontri con la cittadinanza per racco-

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Nel centro di San Stino

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o

Municipio e monumen ai caduti to

vorando per ripristinare lo status quo e quantificare i danni, dopo che la Regione Veneto ha dichiarato lo “stato di crisi” anche per San Stino. È cronaca recente che sulle rive erbose del Livenza, anche in conseguenza delle inondazioni, si sono depositati alcuni strati di sabbia provenienti dal mare, il che causerà non pochi problemi ai pastori che scenderanno in primavera con le loro pecore. Come se non bastasse, l’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Luigino Moro (attualmente rappresentante della lista civica Livenza) sin dal 2003 e ad oggi al secondo mandato consecutivo, deve fare i conti con un taglio di fondi, previsto dallo Stato, di svariate centinaia di migliaia di euro nel prossimo biennio, e quindi le casse comunali dovranno utilizzare soprattutto le proprie risorse per far fronte alle spese richieste e cercare di limitare i danni causati dal minor finanziamento ai servizi al cittadino, risorse comunque in parte bloccate dal patto di stabilità. Nonostante tutto, le iniziative culturali per vivere al meglio la città non mancano: è attivo infatti un cinema-teatro dove si svolgono molte rassegne culturali dedicate ad adulti e ragazzi riguardanti il cinema, il teatro, la danza, la musica e le arti in genere. Il teatro è dedicato a Romano Pascutto, poeta letterato nato a San Stino che ha servito la sua città in modo esemplare durante tutta la sua vita, cantando la sua gente e il suo territorio attraverso le sue poesie e diventando pure sindaco della cittadina dal 1975 al 1980. In occasione del centenario della sua nascita si sono svolte alcune iniziative dedicate alla sua memoria. È stato anche istituito un premio letterario nazionale "Giacomo Noventa - Romano Pascutto", giunto alla sua XVII edizione, oltre a mostre e presentazioni culturali di vario genere. Il turista può passare una piacevole giornata a visitare le bellezze architettoniche presenti nei dintorni: prima di tutto il Castello del X secolo citato all’inizio che sorge nel cuore del capoluogo nascosto da una fitta vegetazione che può vantare una storia millenaria. Sorto sulle rive del fiume Livenza, era un’importante roccaforte dal punto di vista strategico, essendo San Stino fulcro dei confini tra la Serenissima, il Patriarcato di Aquileia e i domini dei Da Camino, mentre ora è di proprietà della famiglia Tonini; degne di nota sono le ville situate nel capoluogo e nelle frazioni di Corbolone, Biverone e Sant’Alò, eleganti case dominicali seicentesche e settecentesche; infine segnaliamo la chiesa di S. Marco Evangelista situata a Corbolone, risalente al XVI secolo, ricca di affreschi e dipinti particolari. Di grande interesse culturale anche la collezione ornitologica Panont, dove sono esposti 328 esemplari di 249 specie diverse in perfetto stato di conservazione e provenienti per la maggior parte da San Stino e zone limitrofe.


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l’acquolina in bocca

gennaio/febbraio 2011

Il vino, fonte di benessere

Se ne condannano, giustamente, gli abusi. Ma, se usato in modiche quantità, apporta notevoli benefici all’organismo di Leandro Costa

U

na delle raccomandazioni che spesso il medico di famiglia fa ai suoi assistiti è quella di “non fumare e non bere vino”, perché l’abuso di questi due “vizi” può produrre effetti deleteri sull’organismo umano. Se da un lato siamo perfettamente d’accordo dei danni notevoli che può provocare la sigaretta, per quanto riguarda il consumo del vino dissentiamo, qualora se ne faccia un uso intelligente e moderato. Il vino ha la sua storia che si perde nel tempo, nel corso della quale è stato osannato per le sue tante proprietà. Frutto di una realtà contadina tramandata nei secoli, fatta di fatica e di lavoro, di perseveranza e sacrifici, dalla raccolta dei frutti alla creazione di un prodotto altamente qualificato, il vino, consumato in modo responsabile, è fonte di benessere proprio come afferma la scienza medica. Già nell’antichità era ritenuto dai medici un prodotto energetico e medicamentoso. Dagli Egizi era usato come antisettico locale; Ippocrate lo consigliava per combattere la febbre, come diuretico, antisettico ed un aiuto nelle convalescenze; Omero, nella sua “Iliade”, racconta che i guerrieri ellenici feriti in battaglia ricorrevano al vino per pulire e curare le ferite, recuperare le energie con il nettare dell’uva e ritornare alla battaglia ben ritemprati nel fisico e nello spirito. Sono richiami che ci ricordano che sia nell’antica Grecia prima che nell’antica Roma poi, il vino era considerato prodotto virtuoso da illustri medici, naturalisti, scrittori, uomini saggi e politici. Di fatto esiste una vasta scrittura e documentazione sull’importanza data al vino sia come alimento che come curativo, vero e proprio medicinale, addirittura usato come prodotto estetico per la cura della bellezza. Dagli Etruschi era ampliamente utilizzato, insieme al cavolo, come impiastro sulle ferire, le tumefazioni, ascessi, lussazioni ed addirittura nel cancro alla mammella e per via orale nelle malattie del fegato, dissenterie e coliche. Nel medioevo si usava nella pratica chirurgica; in molte malattie, specie per i diabetici, assieme alla cicoria e lattuga, carne o pesce, era usato un vino imbevuto di petali di rosa, oppure con miele e idromele. Alimento corroborante, digestivo, nutritivo, era il solvente in cui venivano disciolte o infuse molte sostanze vegetali con le quali se ne fece un ricco ricettario: vini medicati con il miele, il melograno, la salvia, il mirto, i datteri; vini resinati, impeciati, con assenzio, con ruta, ecc., precursori di molti farmaci moderni che utilizzano l’azione dei sali minerali, vitamine, polifenoli e di tutti i nutrienti contenuti in questi prodotti. Tutti erano preparati secondo ricette complesse ognuna delle quali aveva delle proprietà specifiche per curare un disparato numero di malattie. Altro uso importante che se ne fece del vino medicato era a scopo cosmetico: vini che contenevano basilico, salvia, garofano, mirra e mirto, erano usati come deodoranti; vino assieme al succo

di limone era usato contro le efelidi; il vino assieme ad olio e tuorlo d’uovo era impiegato per la nutrizione della pelle e come antirughe; per la caduta dei capelli il vino era unito al rosmarino. Proprio come nella cosmesi moderna in cui il vino ha sostituito l’acqua in alcuni prodotti di bellezza perché, si afferma, il vino aumenterebbe l’azione calmante, emolliente, tonica, con un maggior indice di assorbimento cutaneo delle sostanze utili alla pelle. Nella medicina vera e propria il vino è contenuto in alcuni prodotti ricostituenti e anche per modificare il sapore che altrimenti sarebbe intollerabile al palato e solo da pochi anni è stato sostituito da sostanze più specifiche e rispondenti ai diversi casi. E’ scientificamente certo che il vino bevuto in modica quantità può migliorare lo stato di salute delle persone. Il vino

5 FEBBRAIO

rosso fa buon sangue per i suoi effetti benefici dovuti alla ricca presenza di sostanze organiche come i polifenoli; aiuta a difendere il fegato dalla steatosi epatica, una malattia che peggiorando può portare alla cirrosi epatica. Sul sistema nervoso ha effetti positivi in quanto, se consumato a basse dosi, determina una sensazione di euforia, con risvolto antidepressivo, tranquillante e determinando un freno delle inibizioni; migliora quindi le capacità di socializzazione, stimola il desiderio e ci rende anche più ben disposti al corteggiamento. Ma se da un lato aumenta la libido, se si eccede nella dose alcolica si “vanifica il risultato finale”. Secondo la Commissione alcolismo del Ministero della sanità, la quantità di “sicurezza” del consumo di vino giornaliero è intorno ai gr. 0,35 per ogni kg. corporeo dell’individuo: consumi superiori

14 FEBBRAIO

8 MARZO

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allo 0,50 g/kg provocano particolari danni più o meno gravi in rapporto all’età e al sesso, con segni di lesioni biochimiche ed enzimatiche e sofferenze più o meno gravi sull’apparato digerente. È stato pure accertato che i bevitori moderati di vino hanno una più ridotta incidenza di mortalità da malattie cardiovascolari che risultano invece aumentare con l’abuso nei bevitori cronici. Il messaggio, dunque, è forte e chiaro: bere un buon bicchiere di vino in modo consapevole e moderato fa bene e consente di ottenere effetti benefici nel corpo umano. In cucina, come è stato più volte ricordato in questa rubrica, il vino viene impiegato per la preparazione di numerosi piatti in cui trasferisce i suoi aromi, creando armonia ed esaltazione degli odori e sapori del cibo, mentre la totalità del suo alcol è volatile ed evapora con il calore. Un piatto tipico e molto diffuso nella Venezia Orientale (ma non solo) in cui si fa ampio uso del vino “in marinata”, è quello che ci presenta nella ricetta qui di seguito lo chef Rino, contitolare del Ristorante “Filippi dal 1936” di Belfiore, un ambiente moderno, confortevole e famigliare, incastonato fra i vigneti del Lison Pramaggiore, nelle vicinanze del vecchio Mulino sul Loncon, ora Museo etnografico.

Brasato al Refosco

(per 6-8 persone) Stendete in una casseruola kg.1,500 di polpa di manzo (paletta) assieme a tre foglie di alloro, quattro brocche di garofano, un pizzico di cannella in polvere, qualche grano di pepe nero: coprite per tre quarti la carne con vino refosco del p.r. stagionato e lasciate marinare in luogo fresco per una giornata intera, rigirando la carne due tre volte. Dopodichè levate la carne e la rosolate in una casseruola con poco olio e.v. di oliva ed un rametto di rosmarino. Quando ha preso colore, aggiungete due cipolle, due spicchi d’aglio, due carote, un gambo di sedano tutti tagliati a julienne; rosolate ancora per qualche minuto e salate. Trasferite la carne in una pentola con tutte le verdure e vi versate il liquido della marinata escludendo le droghe; coprite con coperchio e lasciate cucinare lentamente girando ogni tanto la carne e tenendola leggermente inumidita con il suo brodo. A cottura ultimata, frullate il fondo di cottura e lo versate sopra la carne tagliata a fettine, servita su piatto tiepido assieme a polenta biancoperla abbrustolita, accompagnando, naturalmente, con un vino Refosco dal peduncolo rosso maturo.


il personaggio

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Conoscere il mondo attraverso il vino

L’arte da sommelier, innestata su una solida esperienza di vita, di Guerrino Moretto di St. Zo.

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rioso, vivace, speziato ed amabile: non un vino, ma Guerrino Moretto, che dell’arte della degustazione del vino ha fatto una passione ed un mestiere. Egli vanta un curriculum professionale dei più completi che lo ha portato al riconoscimento di decano dei sommelier portogruaresi, il più anziano ancora in servizio. Preciso e definito nei suoi racconti, occhi limpidi e stile locutorio assolutamente vivace che non tradiscono i suoi novantatre anni, splendidamente portati. La chiacchierata con Moretto comincia dalla visione e lettura de “Il mondo del vino”, silloge di scritti destinati ad uso privato “battuti a mano con la vecchia trentatré”, ci tiene a sottolineare. Una raccolta di storie, recensioni e dati che riuniscono ambiti quanto mai ampi, ma tutti facenti capo alla grande passione di Guerrino: la degustazione del vino. Sentirlo parlare richiama quei vecchi racconti che sanno di casa e famiglia, di persone segnate dal tempo ma che nel tempo hanno saputo lasciare anch’esse i propri segni. Genuinità e freschezza intersecate alla vita di tutti i giorni, fatta di lavoro, sacrificio ed una profonda storia personale, segnata dall’esperienza della guerra e della prigionia. Momenti di vita che sono stati “fermati” e fotografati da Moretto ne “La sciarpetta rossa, diario di guerra e di prigionia 1943-1945” (1991, Nuova Dimensione Editore); con stile essenziale e senza retorica, l’autore propone fatti, episodi ed emozioni che scattano delle istantanee molto nette su un pezzo di storia che accomuna e racconta la vita di generazioni passate, quelle che a volte ai più sembrano lontane nel tempo, ma vive nell’essenza della Storia. Tra i vari passaggi, significativo è quando l’autore, in una sorta di metaracconto, riporta i pensieri e le emozioni coinvolte nel “raccontare” (ancora una volta) l’esperienza della guerra ai propri cari: “Venerdì 10 ci dettero la carta per scrivere, una lettera ed una cartolina. Tutti si guardava questa carta bianca a righe, le mani tremavano, l’emozione era grande, tanto da dire, ma non si poteva, non ero capace di comporre una frase e a stento arrivai a concepire questo sacro messaggio che doveva portare a casa mia, alla mia famiglia, le notizie di un prigioniero che per la prima volta dopo molto tempo si sentiva un po’ felice, anche perché immaginavo il piacere che avrebbero provato i miei genitori sapendomi vivo” (Moretto G., 1991, La sciarpetta rossa, Nuova Dimensione, p. 84). Il messaggio è “sacro” proprio perché porta notizie di vita. Come sottolinea Moretto, la sua narrazione non tralascia di certo la tragedia, ma a fare da protagonista è comunque il buono che da quella è riuscito ad estrarre; una lezione, questa, che potrebbe costituire uno dei segreti per arrivare alla sua età nella sua forma. Su questa base, e con questa profondità alle spalle, Guerrino Moretto ha

trando solo poi “relativamente tardi” (dopo i sessant’anni) l’arte del sommelier. In seguito, infatti, un’approfondita formazione di settore lo ha portato a frequentare corsi

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trascorso poi gran parte della sua vita (e continua tuttora) a lavorare nel suo negozio ed officina di biciclette. Contrariamente a quanto ci si possa aspettare, la familiarità col vino è giunta tardi, dopo il matrimonio, suggellandosi poi definitivamente a Lison, ed incon-

G uerr ino d egustazi Moretto nell a one di vin i locali

Lison Classico Borgo Stajnbech “Questo vino esprime ai massimi livelli il forte legame della nostra azienda con il territorio. E’ coltivato da tempi antichissimi e ha appena ottenuto la DOCG, Denominazione di Origine Controllata e Garantita, a sigillo della sua storicità e importanza. Vi aspettiamo in cantina per assaporare questo nettare dorato, intenso e morbido”. Adriana Marinato e Giuliano Valent BORGO STAJNBECH Via Belfiore, 109 - Pramaggiore (Venezia) Tel. 0421 799929 www.borgostajnbech.com info@borgostajnbech.com

a Pramaggiore, Tencarola e Mirano, con costanza e profondo interesse. Moretto descrive con precisione quali siano a suo parere le caratteristiche e le doti necessarie per svolgere il tipo di lavoro che ha scelto: professionalità e modestia. Rinunciando all’affermare la propria bravura, il sommelier deve consigliare, non imporre, suggerendo quindi delle modalità di abbinamento che alle volte potrebbero non incontrare il gusto del cliente. In quel caso, e come sempre, vale il motto “è buono ciò che piace”, anche se a volte può sembrare strano. L’attività di Moretto ha spaziato e spazia inoltre in una molteplicità di ambiti, dalla stesura di recensioni a lezioni, congressi e servizi in tutta Italia. La figura del sommelier che egli rappresenta è certamente cambiata considerevolmente nel tempo, acquisendo molto prestigio e dando luogo alla formazione di molte altre associazioni (oltre alla più nota A.I.S., Associazione Italiana Sommelier). Ma cosa può insegnare l’arte della degustazione del vino anche ad un approccio per così dire “tardivo”? “Il vino mi ha insegnato a conoscere il mondo senza girarlo”, così risponde Moretto. Studiare ed approfondire la storia di un determinato vino apre le porte a racconti, idee, storie ed aneddoti nascosti tra i chicchi d’uva e spremuti con l’arte sapiente di chi sa ricavare il succo dalle cose. Il vino inoltre, ci ricorda Guerrino, ha conosciuto un profondo cambiamento storico negli ultimi decenni: “da fonte di alimento è diventato fonte di cultura e piacere”. L’arte del sommelier dunque trova luogo in questi ambiti, tra la ricerca dell’abbinamento giusto e la connessione con la cultura e la storia che quel vino reca nei suoi aromi, riuscendo nell’ardua impresa di congiungere la quotidianità della vita reale con la Storia che in essa si sostanzia. La virtù del sommelier è per così dire multisensoriale, giacché mette in moto la combinazione di quattro sensi principalmente, addentrandosi anche nella ricerca del suono (si pensi, ad esempio, al gorgoglio della fermentazione ed al rumore delle bollicine). Si tratta di un’attenzione e di un allenamento costante che porta alla capacità di saper discernere, segmentare e ricomporre. E’ qui che si innesta la differenza tra l’arte dell’assaggiare-degustare ed il comune bere, in questa moderata e professionale virtù di riconoscere, differenziare e gustare. Forse quindi tanto ha da insegnare ancora oggi quest’arte ai palati meno educati, che hanno perso il senso del “gusto”, impegnati nell’arte di divorare il cibo, più che nell’assaggiarlo e nel gustarlo. Moretto con la sua arte di sommelier ci ricorda che la degustazione del vino porta con sé l’autocoscienza del limite oltre il quale assaggiare diventa bere e bere diventa esagerare. La “modestia” di cui parla forse sta anche in questo, nel possedere un modus, una misura con cui sviscerare i sapori della vita, cogliendone sostanze, limiti e profumi.


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SANITÁ

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Case di riposo, il project financing ci salverà Nel territorio del portogruarese le case di riposo ad oggi attive non bastano più. I tempi di attesa per poter farvi soggiornare un parente anziano sono biblici e le richieste continuano ad aumentare ogni giorno di più. Forse rimane un’ultima soluzione, il project financing di Giulio Serra

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tudi recenti hanno dimostrato che i bambini nati dopo il 2000 avranno oltre l’80% di probabilità di vivere sino alla soglia dei 100 anni in uno stato di salute più che buono. Nel suo ultimo libro, Occidente Estremo, il giornalista Federico Rampini conferma che nel 2050 in Europa due terzi della popolazione avrà più di 65 anni e il Vecchio Continente verrà così ribattezzato “l’ospizio del mondo”. Se da una parte, dunque, il benessere che viviamo ora ci porterà un domani a vivere più a lungo, dall’altra tutta questa popolazione over65 costringerà l’intero sistema sanitario e di medicalizzazione a rivedere gli attuali parametri. Già oggi, a onor del vero, il problema dell’assistenza e la cura degli anziani non è secondario. Ne è esempio il nostro territorio, costretto a vivere con un numero sempre più esiguo di case di riposo in proporzione alla richiesta che quotidianamente ne viene fatta dai cittadini. Guardando al comprensorio del portogruarese gestito dall’Asl 10, infatti, notiamo come vi siano soltanto sei case di riposo dislocate in un lembo di terra piuttosto grande che va da Caorle a Gruaro passando per Portogruaro. La carenza di posti letto per anziani bisognosi è confermata anche dalle richieste che ogni giorno continuano ad arrivare all’Asl 10: ad oggi sono ben 430 gli anziani in lista d’attesa. Per tentare di fissare degli argini a quella che sta diventando una vera e propria piaga sociale non soltanto di Portogruaro ma di tutto il comprensorio, poco prima dello scorso Natale è stato approvato all’unanimità dalla Conferenza dei Sindaci il piano di zona 2011/2015 con cui i Comuni hanno definito le politiche sociali e sanitarie di intesa, tra cui anche alcuni nuovi elementi riguardanti le case di riposo: «Il documento – ha spiegato il presidente della Conferenza, Graziano Teso – tiene conto delle ristrettezze economiche dei Comuni e dell’Asl. L’impianto generale è comunque improntato sul cercare di mantenere i servizi già attivati ed aggiungerne altri. Sono 18 i milioni di euro dedicati al sociale, con un piccolo incremento – continua – di 60 centesimi a cittadino della propria quota capitale. Riguardo alle case di riposo, nuove residenze partiranno presto a Gruaro, Meolo ed Eraclea, prossimamente – conclude – a Jesolo e a San Donà». Spiragli di luce, dunque, che tuttavia non bastano, almeno nell’immediato, a cacciar via tutto quel buio che ancora ristagna sulle liste di attesa e sui relativi tempi biblici. Così, in soccorso agli sforzi della politica locale, da qualche mese si sta muovendo un comitato cittadino di Portogruaro, denominato “Comitato di quartiere Zona Frati”. Vedendo che la situazione delle residenze per anziani fatica a migliorare, questo comitato si è attivato in prima linea nel tentativo di trovare delle soluzioni alternative al problema. «Molti di noi – spiega il portavoce del Comitato – abbiamo in casa un parente anziano che già da parecchio tempo ha fatto domanda per entrare in una delle case di riposo del territorio. Purtroppo i pochi posti letto a disposizione non consentono di smaltire

tutte le nostre richieste ed è per questo motivo – continua – che noi del Comitato abbiamo studiato un’idea alternativa che stiamo cercando di portare all’attenzione del Sindaco e di tutta la cittadinanza di Portogruaro. In pratica, vedendo che l’edificio dell’ospedale vecchio è ancora funzionante ma completamente abbandonato a se stesso, noi chiediamo che al proprio interno vi sia adibita una nuova casa di riposo così da consentire agli anziani del portogruarese di vivere in tutta serenità la loro vecchiaia». La proposta, sicuramente interessante e socialmente molto utile, è corredata da altri piccoli particolari che ne definiscono i dettagli: «Sappiamo – dice il portavoce del Comitato di quartiere Zona Frati – che in questo periodo di forte crisi economica ne l’Asl ne tantomeno i Comuni hanno la possibilità di finanziare un progetto come quello proposto da noi. Per questo – con-

tinua –, noi abbiamo ipotizzato di creare una sorta di project financing affinché dei privati investano nella struttura e la facciano funzionare senza alcun bisogno di chiedere denaro pubblico agli enti comunali e sovracomunali». In pratica, il Comitato propone di adibire l’ex ospedale vecchio a residenza per anziani con il

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metodo del project financing, ossia con un’operazione di finanziamento a lungo termine che consiste nell’utilizzo di una società neocostituita e finanziata sia da capitale equity (azioni), fornito generalmente dai promotori e sia da capitale di debito, normalmente ottenuto da un pool di banche. La “filosofia” del project financing è quella di coinvolgere il privato e il mercato finanziario (le banche) in un progetto, così da farlo fruttare per sé ma soprattutto per la comunità che ne ricava servizi efficienti e in linea coi propri bisogni. «Credo – spiega il portavoce del Comitato – che questa sia la soluzione migliore, così da non gravare sulle tasche dei cittadini. Ci è stato riferito – continua – che oggi l’ospedale vecchio è ancora integro al proprio interno e addirittura vi sono camere da due letti ciascuna per un totale di 120 posti, ognuno già predisposto con impianti di ossigeno e altri servizi essenziali». Il Comitato cittadino è deciso ad andare avanti sulla strada tracciata e nei prossimi giorni i propri membri si metteranno in contatto con la Provincia di Venezia per tentare di far arrivare l’idea del project financing sulla scrivania della presidente Zaccariotto. «Noi – spiega il portavoce del Comitato – stiamo cercando strade alternative al grave problema della mancanza di case di riposo perché se non ci muoviamo oggi rischiamo domani di trovarci con liste d’attesa lunghe il doppio e con cittadini anziani lasciati a sé stessi». Un modello di project financing legato alla sanità vicino a noi è quello dell’Ospedale l’Angelo di Mestre, finanziato e gestito con un pool di fondazioni bancarie e altre imprese private legate tra loro da una quota di denaro comune. Forse, eticamente, l’investimento dei privati sulla nostra “salute” non è il massimo ma in tempi come i nostri in cui gli enti locali sono al verde e l’assistenza agli anziani urge più di ogni altra cosa, adottare il project financing per una giusta causa ci può anche far chiudere un occhio.


INTERVALLO

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Auguri di Buon Anno a tutti, fuorché a… di Luciano Guareschi

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uguri di buon anno a tutti e, restando all’interno delle nostre mura (intra moenia, direbbero le persone colte), cominciamo dal primo cittadino, il nostro beneamato sindaco Antonio Bertoncello: a lui auguri speciali, con la speranza che il Cielo illumini la sua mente ­(non che fino ad oggi sia risultata ottenebrata, anzi!) quel tanto in più per fargli notare che, oltre ad opere importanti, imponenti e fondamentali come i tornelli, le gabbie e le nuove gradinate che hanno massacrato la caratteristica architettura del Mecchia, la città avrebbe bisogno di interventi un fià tera tera, come per esempio la riparazione delle strade disastrate dalla pioggia, dal gelo ma soprattutto dall’incuria; a me sembra che, oltre ad incentivare e stimolare l’uso delle biciclette, l’Amministrazione dovrebbe preoccuparsi di rendere percorribili e più sicure le vie cittadine, e di sacrificare magari qualche posto macchina per dare spazio alle rastrelliere per bici (specialmente nei pressi delle scuole); e poi è necessario mantenere efficienti e costantemente liberi dalle auto i percorsi ciclabili; basterebbe dare un’occhiata alla pista di via Zappetti o a quella di via Benedetti per capire cosa intendo. E a proposito di automobili, buon anno anche a chi ha progettato i posti macchina in borgo S. Agnese, nel lato destro compreso fra la rotonda e la torre omonima: sono disegnati a spina di pesce, ma esattamente al contrario rispetto alla direzione di marcia, e protetti da cordoli danneggiati da tempo immemorabile. E pensare che quello è l’ingresso principale della città… Auguri anche a chi si ostina a far crescere una siepe proprio a ridosso di passaggi pedonali, con l’evidente intenzione di occultare all’automobilista i pedoni di bassa statura; auguri perfino a chi persevera nel realizzare fontane e fontanelle che poi vengono abbandonate e private della necessaria manutenzione. Buon anno anche ai camionisti che, provenendo da viale Venezia, impegnano lo stretto ponte sul Réghena, del tutto incuranti del limite di velocità, sfiorando ogni pedone o ciclista che abbia la scalogna di transitare nella stessa direzione e provocandogli sussulti da coccolone. Tanti auguri perfino a quella mezza dozzina di commercianti del centro storico che, pizzicati dalla Guardia di Finanza – prima dell’inizio dei saldi di fine stagione – a baloccarsi furbescamente con i cartellini dei prezzi, si sono giustificati giurando che i loro clienti sono così intelligenti che quando vedono in C

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vetrina un prezzo scritto con caratteri particolarmente grandi, capiscono subito che si tratta del prezzo già scontato che verrà applicato solo quando inizieranno ufficialmente i saldi, e che se altri sono così stupidi da non afferrare il concetto, be’, affari loro. Già, sempre di affari si tratta. Buon anno ai vari amministratori comunali – ma soprattutto agli agenti di Polizia Locale – che in tutti questi anni non si sono mai accorti che la strada principale di Portogruaro, corso Martiri della Libertà, non è per niente segnalata, come del resto i numerosi ponti del centro e come il fiume Lèmene, di cui si è scritto tempo fa. A dire il vero una targa del corso c’è, ma decisamente illeggibile. Indovinate dove! Propongo un premio speciale ai primi tre lettori che forniranno la risposta esatta, per telefono o per posta elettronica. Al primo una foto autografata del sindaco, al secondo una foto autografata dell’assessore competente, al terzo una foto autografata del comandante della polizia locale. Alè! Buon anno all’amico Michele Lipani, attivissimo capo delegazione del FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano, il quale, con la complicità del famoso leontologo veneziano Alberto Rizzi e dello studioso portogruarese Angelo Longo, ha fatto erigere sulla spalletta nord del ponte di Sant’Andrea una scultura raffigurante un bel gatìn in sostituzione del leone marciano abbattuto dai vandali francesi. Non sono certo l’unico a pensare che, con le moderne tecnologie, sarebbe stato uno scherzo eseguire una scansione dell’alveo del Lèmene per cercare – e sicuramente trovare, sprofondati nel fango – i resti del leòn originale, tanto caro ai portogruaresi e tanto temuto dai napoleonici, sedicenti portatori di libertà. Ma è ora di far un salto fuori le mura – extra moenia, direbbero ancora i colti – per augurare buon anno financo all’angelico Marco Travaglio (ma quanto buono sono?) che, in occasione del lancio di una statuetta del duomo di Milano in faccia al Berlusca da parte di uno psicopatico, ha giustificato il gesto considerando legittimo l’odio in politica (parole sue, dell’angelico). Già, il Berlusca…

anno anche a lui. Buon anno a Sposini, alla Venier, alla D’Urso, alla schiera di criminologi, psicologi e beccamorti che da mesi deliziano i telespettatori con gli stessi fatterelli di cronaca nera, sparizioni di ragazzine ed ammazzamenti di varia natura. Naturalmente, buon anno anche ai suddetti deliziati telespettatori. E, visto che siamo in clima televisivo, buon anno anche ai buontemponi della RAI, che da anni mi perseguitano (peraltro senza niuno risultato) per farmi pagare il canone, dopo aver preteso ­e ottenuto da me ben 5,10 euro per spese di suggellamento dell’apparecchio televisivo in seguito alla mia disdetta; suggellamento al quale io ho diritto ma che quei gaglioffi non hanno mai eseguito. Buon anno addirittura ai giovani – studenti e non – che, in pieno centro a Roma, hanno distrutto vetrine, incendiato automobili private, mezzi delle forze dell’ordine, cassonetti, accumulando danni per una ventina di milioni. Buon anno in particolare a quel liceale che, intervistato durante i suddetti disordini, ha sciorinato la sua perfetta conoscenza della lingua nazionale: “Ce vonno levà la curtura, ce vonno levà er nostro futuro! Ahò, er governo ce sta a distrugge la scola! A Gggermì, a Bbberluscò! Giù le mani dar futuro, giù le mani dalla scola! Ahò, mo ce stamo a incazzà!”. Tanti auguri pure a Luisella Costamagna e a Luca Telese, i conduttori di “In Onda” di La7, eccellente palcoscenico televisivo in cui, zittendosi continuamente fra loro, i due fanno a gara per impedirci di sentire quello che dicono gli ospiti. Buon anno a Paolo Bonolis che alla radio ha dichiarato che “certa tivù ha contribuito a corrompere l’Italia”. Certa tivù? E quale? La sua? O quella del

Grande Fratello? Quella dei bambini che cantano scimmiottando gli adulti o quella delle vecchiette che si esibiscono come pagliacci da circo? O quella di Amici, Uomini e Donne e di tutti gli insulsi pollai show targati Rai o Mediaset? Buon anno a chi produce – e a chi ha il coraggio ed il cattivo gusto di pubblicizzarlo – quel cibo speciale per “gatti sterilizzati” ed istesso augurio a colui che commercializza quel deodorante che nasconde l’aroma di pipì di certe gentildonne che se la fanno addosso (la pipì) quando vanno in ascensore… Da non credere! E già che siamo in pubblicità, auguro al troppo mite Andrew Howe di riuscire a mangiarsi l’ultimo Kinder Bueno in pace, ovviamente dopo aver scaraventato fuori di casa a calci nel sedere quella rompicoglioni invadente della sua vicina. Insomma, buon anno veramente a tutti, sì, a tutti. A tutti fuorché… eh sì, fuorché a Michela Vittoria Brambilla, la brufolosa e fiammeggiante ministra che esibisce maliziosamente, ad ogni occasione, mutande e capezzolini, e posiziona le cosce nel vano tentativo di emulare l’irraggiungibile Sharon Stone. Ministra? Ma de che? Del Turismo. Del Turismo? E come mai vuole abolire la caccia? Che c’entra lei con la caccia? Proprio nulla. Dunque, premesso che personalmente, in cuor mio, sarei più favorevole alla caccia se fosse praticata con arco e frecce, perché mai ce l’ho tanto con la sgallettata ministra? Per un motivo semplicissimo: mi sta sulle palle. Che c’è? Non posso? guareschi@portogruaro.net

“Ahi Silvio, vituperio de le genti del bel paese là dove ‘l sì suona, poi che i vicini a te punir son lenti” Lenti? Altro che lenti! Son diciassette anni che certi magistrati di Milano, suoi vicini, cercano di mandarlo a puttane! E lui, coglione, c’è andato. Buon U

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DIVULGHIAMO TRADIZIONE E CULTURA MARINARA E ARTE DELLA NAVIGAZIONE. INCONTRI SETTIMANALI A TEMA.

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