Portogruaro.Net Magazine

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L'ANDRONE

IN C H IE A ST Villa Bornancini è un tesoro nascosto nel cuore di Cinto Caomaggiore. Passo dopo passo, andiamo alla sua scoperta p.6

STIAMO IN SALUTE Circa il 40% degli italiani svolge meno attività fisica di quanto sarebbe necessario per vivere bene mentalmente e fisicamente p.7

FUORISCENA Intervista a Michele Placido. L'artista pugliese si racconta dietro le quinte: prima del teatro viene la famiglia p.10

NON

CAFFÈ AI MOLINI Al via la nuova rubrica di lifestyle. Una guida (spensierata) per la primavera/estate 2015. Un ritorno al passato rispecchiando l’evoluzione della società

SIAMO (SOLO) QUESTO Negli ultimi tempi va di moda tra i giovanissimi il binge drinking, ovvero l'assunzione di più bevande alcoliche in un intervallo di tempo relativamente breve. Lo scopo è lo sballo, ricercando nell’alcol la sua componente psico-

attiva. Al via la prima di tre inchieste esclusive sui giovani del Veneto Orientale. Lo sballo: tra i pericoli legati all’assunzione precoce di alcol e il sano divertimento. continua a pag. 4

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BEAUTIFUL MIND

Una nuova eccellenza portogruarese: il dottor Lucio D'Anna premiato dall'American Academy of Neurology per le sue scoperte mediche p.12

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LA CULTURA È NELLE IDEE

L'editoriale di Giulio Serra

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Il senso ultimo della legalità a Nordest L’arrabbiatura dura il tempo di un insulto, poi tutto si mitiga fino a scomparire. Parliamo tanto di ingiustizie e illegalità ma noi siamo i primi a fare spallucce davanti a queste aberrazioni

o scorso venerdì 13 febbraio la Sala Consiliare del Palazzo Municipale di Portogruaro ha ospitato una riuscita serata pubblica dedicata al tema della legalità, con particolare riferimento alla legalità a Nordest. Organizzata dalla Fondazione Santo Stefano Onlus, la serata ha visto la partecipazione di tre illustri ospiti: l’ex presidente del Tribunale di Pordenone Antonio Lazzaro, il regista sanvitese Ivan Vadori e il romanziere Stefano Piedimonte. Supportati da un numeroso e attento pubblico, i tre hanno offerto uno spaccato suggestivo della realtà italiana, da Nord a Sud, dalle Vele di Scampia alla Casarsa di Pier Paolo Pasolini, dalla camorra che spara e uccide a Napoli alla Sicilia di Peppino Impastato. Particolare attenzione è stata rivolta al nostro territorio, il Nordest. Un lembo di terra che a parer del dottor Lazzaro non può affatto dirsi escluso dal cancro dell’illegalità diffusa e dall’onta delle ingiustizie che quotidianamente ne minano le fondamenta. Una tesi supportata dallo stesso Vadori, il quale ha sottolineato come la parola “Portogruaro” compaia addirittura tra le pagine di “Gomorra”, libro cult di Roberto Saviano, che cita la nostra città per raccontare dell’arresto dei due casalesi latitanti qui nascosti e protetti per diversi anni. Il titolo dell’iniziativa era, a mio avviso, semplice e in egual misura definitivo: A ME IMPORTA. Sì, perché anche qui, al Nordest, a Portogruaro, abbiamo bisogno di gente a cui importi della legalità. E non stiamo parlando della legalità “macro”, quella che dovrebbe esserci nei grandi affari e nei grandi appalti (Mose docet). Parliamo più semplicemente della legalità quotidiana, quella fatta di piccole azioni concrete come pagare il biglietto del bus o farsi dare lo scontrino alla cassa. Ma con le parole “legalità” “quotidiana” possiamo benissimo includere anche il rispetto dell’altro, la cura e l’attenzione per il bene pubblico, l’adozione di buone norme di comportamento, e così via. Tutte azioni che sono ben lontane dai nostri comportamenti quotidiani, conditi al contrario da prevaricazione, arroganza, insistenza, menefreghismo, inciviltà. Certo, c’è chi potrebbe obiettare che in fondo i miliardi rubati dagli affaristi (per usare un eufemismo) invischiati nello scandalo Mose non verranno di certo recuperati attraverso il rispetto del verde dei giardinetti pubblici o evitando di montare in autobus scavalcando chi ci sta davanti. Vista in questo modo non fa una grinza ma se la giriamo per il verso giusto, ho il sospetto che quegli stessi faccendieri rispecchino esattamente l’avidità e la sete di potere dell’essere umano e, dunque, di tutti noi. Chiunque di noi davanti a tutti quei soldi avrebbe perlomeno vacillato, sudato i palmi delle mani, respirato con fatica; e certamente molti se li sarebbero pure messi in tasca esattamente come quei delinquenti. Insomma, il rispetto delle regole è buona prassi non tanto per evitare che un mozzicone di sigaretta finisca sul marciapiedi, quanto piuttosto per educarci ed educare il prossimo alla

legalità, per evitare così di intascare soldi sporchi in quell’unica occasione che potrebbe capitarci nella vita.

LA MAGLIETTA E LA CINTURA

Ma allora qual è il senso ultimo della legalità a Nordest? Di certo, qui – forse più che in altre parti d’Italia – l’attenzione alla legalità risulta particolarmente bassa, e con ogni probabilità deriva anche dal fatto che noi non ci sentiamo per nulla minati dalle storie di tangenti e mafia che tutti i giorni trovano spazio nei giornali locali; sotto sotto crediamo ancora che da noi la camorra, la ‘ndrangheta o cosa nostra non vengano a investire i loro miliardi sporchi, riciclandoli davanti ai nostri occhi coperti di inconscia omertà. Di recente ho partecipato a un dibattito in cui l’oratore ha raccontato al pubblico presente la storia del guidatore

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marzo/aprile 2015

napoletano che per evitare le multe dei vigili urbani si è inventato la maglietta bianca con il disegno della cintura messa per traverso. Come avreste reagito voi a questa bella narrazione? Provo a indovinare: con una risata. Ed è esattamente questa la reazione che ha avuto il pubblico presente al dibattito, me compreso. Ecco, nel momento preciso in cui noi tutti abbiamo smesso di sorridere di quell’atto di astuta furberia il nostro oratore ci ha ammoniti ricordando che è proprio questo l’atteggiamento che promuove l’illegalità (ovviamente è un paradosso utilizzato per amplificare la nostra reazione sbagliata), un modo di concepire quell’atto di “piccola” illegalità come un’astuzia da esaltare e, perché no, ricopiare (quelle magliette, infatti, negli anni Novanta sono letteralmente andate a ruba, anche da noi).

SOMMARIO EDITORIALE

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Legalità a Nordest IN COPERTINA

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I giovani e lo sballo L'ANDRONE

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Villa Bornancini STIAMO IN SALUTE

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La salute e lo sport LA PAROLA A

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MPR infissi Pulicasa Confartigianato FUORISCENA

Intervista a Michele Placido 10 UN CAFFÈ AI MOLINI

Fiori a primavera

BEAUTIFUL MIND

Idee da esportazione

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ROMANZO D'APPENDICE

L'ombretta perfetta (II puntata) 13 INTERVALLO

Con rispetto parlando... GIOCHERELLANDO

Cruciverba e crucipuzzle

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IN COPERTINA

marzo/aprile 2015

Sballo senza alcol? Si può Al via la prima di tre inchieste dedicate ai giovani. I pericoli legati all’assunzione precoce di alcolici. Tra binge drinking e sano divertimento

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i chiama binge drinking. Significa fare un’abbuffata alcolica. Si beve, in maniera rapida e compulsiva, fino a superare le capacità di tolleranza e a ubriacarsi. Il fenomeno, nato negli Stati Uniti, si è poi diffuso nei Paesi europei e in Italia. La pratica sembra molto diffusa tra i giovanissimi, che in questo modo trascorrono serate in discoteca, feste con agli amici, concerti. Una moda che può avere pesanti ripercussioni per la salute: si va dal coma etilico alla perdita di controllo delle proprie azioni, ma gli effetti negativi rischiano di trasformarsi in danni permanenti. Sull’abuso di alcool da parte dei giovani le cronache ci riservano in continuazione materiale. Di un paio di settimane fa la notizia della sospensione della licenza ad una discoteca dell'hinterland udinese dopo il caso di una diciassettenne colta da malore causato, molto probabilmente, dall’assunzione di alcolici. Attività chiusa, con provvedimento amministrativo, per violazione delle norme che regolano la somministrazione di alcolici ai minorenni. Solo l’ennesimo episodio di una lunga serie. Tanto che, sospinti dall'onda mediatica e dei social network, si è tentati di cedere alla facile equazione tra mondo giovanile e abuso di alcool. Abbiamo così deciso di dedicare le prime pagine del nostro magazine proprio a loro, ai giovani. Di ascoltarli. Di farli parlare, direttamente. In questo primo approfondimento ci occuperemo del tema dello sballo, cercando di togliere quel velo di negatività che circonda (troppo spesso ingiustamente) questo termine. Saranno ancora loro ad accompagnarci attraverso il mondo della sessualità, alla scoperta di quell’età “aurea” in cui i giovani acquisiscono la consapevolezza della propria maturità sessuale. E, infine, con la loro guida ci addentreremo nei meandri della violenza. Per cercare di smitizzare ciò che i media ci propinano quotidianamente. Per togliere quelle incrostazioni dipinte dagli occhi dell’adulto, secondo cui l’attuale generazione di adolescenti sembra avere perso ogni punto di riferimento, sia priva di valori positivi forti, regole e progettualità per il futuro. Giovani che, siamo abituati a credere, si abbandonano a comportamenti irrazionali, si tuffano nell’esagerazione e si confrontano con il limite estremo.

SBALLO E DIVERTIMENTO Badando al dizionario, il termine sballo riguarda il “particolare e temporaneo effetto di eccitazione e di benessere psicologici e fisici provocato dall’assunzione di droga”. Di questa esperienza eccezionale si conserva il significato in esclamazioni che esprimono grande entusiamo ed eccitazione. Ma è questo l’unico modo di concepire lo sballo? Lo abbiamo chiesto ad un gruppo di giovani portogruaresi con i quali ci siamo confrontati nel corso di una serata. Ragazzi e ragazze, di età compresa tra i diciotto e i ventidue anni. C’è chi frequenta l'ultimo anno delle superiori, chi si è già addentrato nel

percorso universitario. “Sballo per me – ci racconta Anna – significa soprattutto divertimento. È un modo per ritornare a giocare, per scaricarsi e liberare la mente”. Lei, come gli altri giovani che abbiamo attorno, è una scout. Dice, orgogliosa, che l’esperienza da scout le ha fatto approcciare il mondo in maniera diversa. E sul volto le si legge una certa maturità. Uscire con le amiche, bere qualcosa nel bar della piazza. Questa è la maniera per sballare. Il divertimento, senza eccesso, è possibile. “Basta capire qual è limite da non superare” sentenzia. Difficile far capire che spesso non ci si accorge di travalicare i limiti. “Bere per ubriacarsi – osserva – è un modo come un altro per farsi vedere dagli altri. È la legge del branco”. Una serata a base di sballo “sano” è possibile? “Assieme alle amiche – racconta – nelle sere del fine settimana ci troviamo per anda-

re a vedere le partite di pallavolo. Per continuare la serata facciamo una pas-

seggiata in centro. Mio fratello, che ha diciassette anni, passa i week end con i coetanei a giocare a Risiko. Un modo certo alternativo per passare la serata ma, per lo meno, si può parlare e ci si può divertire occupando il tempo con un gioco”. Dello stesso parere Diego, un suo coetaneo. “Per me va bene bere alcolici finché riesco a capire cosa mi succede e sono in compagnia – ci spiega –. Oltre non mi spingo perché vorrei evitare mal di testa e altri effetti collaterali la mattina seguente. Ma ci sono altri tipi di sballo. Sballo vuol dire anche divertirsi. Il divertimento a questa età, è tutto. Giocare a calcio con gli amici, ritrovarsi assieme. Giocare online insieme collegati via Skype, scambiarci insulti amichevoli. E questo, ultimamente, viene gettonato molto da me perché a marzo molti dei miei amici hanno la maturità per cui sotto a studiare. Uscire con gli amici, andare in giro farsi una partita a biliardino o a calcetto balilla, sono tutte cose che ti fanno divertire. E quindi sballare”.

LA LEGGE DEL BRANCO Ma quando inizia lo sballo? Tra i quattordici e i sedici anni, ci dicono. L’età in cui inizia il percorso di iniziazione al mondo adulto. “I figli – ci dice Paola –, a questa età, iniziano a sentire il rapporto con l’autorità dei genitori troppo vincolante e manifestano il desiderio di trasgredire, di rompere le regole. Nel branco questo loro desiderio trova concreta espressione”. A diciottanni, secondo i ragazzi che abbiamo intervistato, questa nebulosa finirebbe. La maggiore età coincide, per molti, con l’avvio di un percorso lavorativo o universitario. Ma la scuola affronta questi temi? “La scuola fa quello che può – dice Paola –, ma ovviamente quando un ragazzo esce dalla scuola è libero di fare ciò che vuole. È la famiglia che ha un ruolo di controllo, ma nel momento in cui i giovani sono in gruppo ogni resistenza o ogni freno inibitore viene meno”. Sfidare le regole, l’autorità, per il solo gusto di farlo. Fumare negli spazi dove è proibito oppure bere lo spritz


IN COPERTINA

marzo/aprile 2015

Un binomio pericoloso I rischi legati all’assunzione di alcol in giovane età. Intervista alla dottoressa Sonia Toneguzzo

alla mattina. Di scene come queste i nostri ragazzi ce ne raccontano molte. Il fine settimana diventa una ulteriore valvova di sfogo. Sentirsi grande davanti agli altri o fare colpo su qualcuno. “C’è poi chi ti dice prova, tanto non è niente” osserva Diego “E non puoi dire di no”. Lui è un fiume in piena. “Ho vent’anni – dice –. Non ho una grossa esperienza di vita, ma se guardo le generazioni più vecchie di me vedo in loro incosapevolezza su tante cose. Mi accorgo subito che tra me e un ragazzo che ha tre anni in meno di me c'è una differenza sostanziosa, ma questo penso valga anche per un ragazzo che ha tre anni più di me. Il mondo si sta evolvendo rapidamente e le nuove generazioni trovano davanti a loro un campo già coltivato e a loro basta raccoglierne i frutti. Ci vorrebbe più informazione sia da parte delle famiglie sia da parte della scuola a divulgare le problematiche dell'alcol e di altre sostanze dannose, ma soprattuttto che la legge si rispetti”.

Quando il consumo di alcol in giovane età può portare a problemi di dipendenza? La modalità del consumo di alcol tra i giovani è notevolmente cambiata negli ultimi anni. Si è passati dalla modalità mediterranea (consumare alcol durante i pasti) a quella anglosassone caratterizzata dal consumo di alcol concentrato nei week end. Ad esempio, il binge drinking, ovvero l'assunzione di più bevande alcoliche in un intervallo di tempo relativamente breve. Lo scopo è lo sballo ricercando nell’alcol la sua componente psicoattiva: euforia, sensazione di benessere, diminuzione delle inibizioni. Fattori e condizioni fortemente ricercati e apprezzati dai giovani in quanto possibile rafforzamento della propria autostima e accettazione all’interno del gruppo dei pari. Di fronte a questo nuovo fenomeno ci si concentra spesso sulla dipendenza, trascurando invece altri aspetti del problema quali l’abuso alcolico, gli incidenti stradali, le risse, l’aggressività agita, comportamenti a rischio che hanno

“Ci troviamo di solito in un bar” ci spiega Marco, al quale abbiamo chiesto di raccontare come passa una serata con gli amici. “Si cercano su Facebook eventi oppure feste di compleanno dove inbucarsi. Nel mio gruppo di amici nessuno fuma, però molti se possono bevono come spugne. Tranne uno o due che non bevono perché ci portano in macchina. In base ai mezzi a disposizione si decide quanto lontani si vuole andare e ci si dà una meta uguale che a tutti vada bene. Se non c'è nulla di interessante in giro le cose che si possono fare sono diverse: un giro in centro storico e vedere se c’è confusione o meno in qualche locale, andare a fare una partita a biliardo o calcetto balilla nei locali attrezzati, andare in birreria per un pannino e una birra. Se invece si trova qualche festa, si va a bomba. Diciamo che ognuno è libero di bere quanto vuole, l'importante è che si arrivi a casa sempre. Magari si combinano le cose tipo: biliardino, panino e poi festa. Quindi per sballarci non beviamo e basta”.

Quello giovani-alcol è un binomio ad alto rischio. Il classico bicchiere in compagnia sta bene. Ma quando l’alcol può diventare un pericolo per i giovani, anche tenuto conto della sempre più giovane età in cui inizia l’assunzione?

un impatto rilevante sulla vita della persona e con un’incidenza più frequente della dipendenza stessa. Non necessariamente, però, gli aspetti descritti portano inevitabilmente alla dipendenza. Inoltre l’alcol facilmente raggiungibile, di facile accesso, socialmente accettato e legale rappresenta spesso l’apripista all’uso di altre sostanze psicotrope tipiche di questa età (cannabis, amfetamine, ketamina, ecstasy). L’associazione del consumo di alcol e droghe è sempre più legata al divertimento e allo “stare insieme” in attività ludiche e sembra diventare una precondizione necessaria per intraprendere tali attività, che non vengono più considerate “divertenti” se svolte in assenza di sostanze. Quali sono i rischi che i giovani corrono nell’assunzione, sempre più precoce, di alcolici e sostanze stupefacenti? Quali le complicazioni a livello fisico e psicologico? Gli studi degli ultimi vent’anni hanno evidenziato che il cervello umano, pur essendo completo alla nascita, arriva alla

LA SERATA TIPO

PORTOGRUARO - Via Chiesa, 20/c

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sua piena maturità solamente al ventesimo anno di età e la corteccia prefrontale e frontale (parti legate alla razionalità, cognizione, funzioni sociali e linguaggio) maturano intorno ai venticinque anni. Pertanto tutte le sostanze psicoattive, anche a basse dosi, sono in grado di interferire con la maturazione cerebrale e l’arresto dello sviluppo psicologico della persona. Inoltre la presenza di una vulnerabilità di base nell’individuo, con l’abuso di sostanze, può determinare la comparsa di patologie psichiatriche. Frequenti infatti sono i casi di scompenso psicotico da abuso di sostanze che richiedono il ricovero ospedaliero.

È importante fare cultura della prevenzione. Ma come concretamente agire per limitare un fenomeno come l'abuso di alcol molto diffuso? Esistono varie tipologie di prevenzione. Prevenzione universale diretta a tutto un target senza distinzione (comunità locale, scuola, popolazione) con interventi volti a promuovere la salute, il non utilizzo di sostanze. Prevenzione selettiva diretta a specifici gruppi che più di altri rischiano di sviluppare problemi legati alle dipendenze, indipendentemente dal grado di rischio di qualsiasi individuo che appartiene ad esso. Il fine è quello di prevenire l’abuso di sostanze rafforzando fattori di protezione quali la considerazione di se stessi, la capacità di risolvere i problemi e aiutando le persone ad affrontare in maniera efficace fattori di rischio quali vivere in un ambiente dove si assume alcol e/o droghe. In particolare gli adulti, genitori in primis, ma anche insegnanti, allenatori sportivi, catechisti, membri della comunità hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo dei giovani, perché rappresentano dei modelli dal punto di vista educativo. La tolleranza che spesso genitori ed educatori mostrano per le prime ubriacature o le sperimentazioni di cannabis inducono la percezione che il comportamento è socialmente accettato quasi a rappresentare un “rito di iniziazione” al mondo degli adulti e non favorisce nei giovani la costituzione dei necessari fattori protettivi. Dipendenze. Qual è la situazione nel Veneto orientale? Emergono dati preoccupanti? Dalle indagini è emerso che i comuni dove la percentuale di persone (sul totale degli abitanti) che accedono al servizio Ser.D. per problemi alcol e droga è maggiore a Portogruaro (- 0,53%), a Caorle (- 0,50%), a San Stino (- 0,45%), rispetto ai comuni del sandonatese. Anche Jesolo sembra avere una percentuale minore (- 0.36%). D.V. |


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L'ANDRONE

marzo/aprile 2015

Entra e scopri da vicino gli interni di Villa Bornancini puntando la videocamera del tuo smartphone sul QR code.

Villa Bornancini, un tocco di eleganza nel cuore di Cinto Costruita sulle ceneri di una casa dominicale Seicentesca, questa villa condensa eleganza e armoniosità negli interni

È

uno di quei tesori nascosti che si apprezzano poco alla volta, passo dopo passo. Il Complesso di Villa Bornancini è incastonato tra la Chiesa San Biagio (che sorge nel fianco) e il Municipio di Cinto Caomaggiore (che lo sorveglia al di là della strada). All’apertura dell’enorme cancellata si ha l’impressione di entrare in un mondo altro. Lo scricchiolio dei sassi accompagna il cammino, un silenzio naturale avvolge tutt’attorno. Ad accompagnarci in questo viaggio di storia e bellezza vi è l’architetto Dino Pellegrini, membro del FAI Delegazione di Portogruaro, partner d’eccellenza nella rubrica “L’Androne”. Un nuovo respiro e via dentro.

LE DECORAZIONI DI TIBURZIO DONADON La Villa ha un impianto tipicamente veneziano. La ricostruzione risale al 1827, ad opera della famiglia Bronzini. Questa era succeduta ai Tiepolo, che sul finire del Seicento aveva eretto una prima casa dominicale, posta leggermente più ad ovest rispetto all’attuale proprietà. Villa Bornancini possiede una pianta pressoché quadrata, con salone passante e stanze laterali al piano terra e al primo piano, cui si giunge tramite una scala collocata al centro del lato sud del salone. Ad accogliere il nostro arrivo è Nicoletta Bulian, proprietaria della villa. “I motivi ornamentali a tempera sul soffitto del piano terra e del salone del primo piano, nonché lo splendido battuto veneziano amorevolmente conservato, e i cromatismi pittorici delle riquadrature alle pareti dei saloni – ci dice – furono realizzati dal pittore e decoratore pordenonese Tiburzio Donadon”. I decori si muovono intorno alla figura Celeste del piccolo putto, figura ricorrente nelle creazioni artistiche del Donadon. Gli interni di Villa Bornancini restituiscono all’occhio la bellezza di fine Ottocento, primi del Novecento; tutto appare come cristallizzato a quell’epoca, la mobilia e le chincaglierie ne danno testimonianza. “Durante il secolo scorso – conferma Nicoletta Bulian – la villa è stata interessata da limitati interventi trasformativi che non hanno alterato né l’originario impianto distributivo e costruttivo, né l’apparato decorativo”. Il nostro viaggio tra gli interni del complesso si sposta al primo piano. Lungo la scalinata che sale vi è una libreria in legno che incanta. Alta fino al soffitto, questa meravigliosa bacinella di cultura scrittoria raccoglie antichi volumi del Sapere, con particolare attenzione alla storia dei nostri luoghi e delle genti che nel tempo ne hanno calcato le terre.

L’ALBERO GENEALOGICO DELLA VILLA

Come risulta dalla scritta riportata nel pavimento in battuto alla veneziana sull’uscio del salone del primo piano, la prima e più importante ristrutturazione di Villa Bornancini avviene nel 1827 ad opera della famiglia Bronzini. L’intervento coinvolge solo una porzione della pertinenza nord della villa, incorporando di fatto quanto restava del vecchio fabbricato così da ricavare i due vani ac-

cessori della cucina (ripostiglio e sbratta) e lo “sfondro” centrale per il focolare, mentre l’edificio dominicale principale è probabile sia stato eseguito ex-novo rispettando i canoni abitativi della villa veneziana. Quando viene attivato il “censo stabile” nel 1846, risultano possessori del mappale 849 Domenica di Antonio Pancino, vedova Bronzini usufruttaria, e Giovanni Battista Bronzini, il quale acquisisce la piena proprietà nel 1868, alla morte della vedova Bronzini. L’anno successivo la villa passa a Luciano

Sartori e, dopo altri passaggi di proprietà, nel 1896 il Complesso viene venduto a Nicolò Bornancini. Da qui incomincia la lunga gestione della famiglia Bornancini, che ancor’oggi, grazie alla cura e alla passione di Nicoletta Bulian, valorizza il patrimonio artistico e culturale della proprietà. “Per anni – racconta – il podestà Bornancini visse qui con la moglie Anita Bombarda e la figlia Caterina. Durante la Prima Guerra Mondiale, poi, la villa è stata quartier generale dell’esercito austriaco. La signora Caterina Bornancini vi abitò con il marito Ottavio Cincotta, che era stato generale dell’Aeronautica Militare Italiana. Nella stagione estiva il generale riceveva il cugino Giacomo Rondinella, noto come uno dei padri della canzone napoletana”.

OLTRE LA VILLA, TRA FAGGI E IPPOCASTANI

Fuori dalla villa lo spettacolo non cambia assolutamente d’intensità. Gli angoli esterni, se possibile, regalano un’emozione ancor maggiore, i giardini di stile romantico sono d’incanto. “Il modello a cui il giardino fa riferimento – ci spiega Nicoletta Bulian – è il classico ottocentesco con la variante dello specchio d’acqua sul lato sud, parecchio in uso all’epoca in edifici signorili similari, dove la qualità dell’arredo esterno all’abitazione costituiva non solo un segno d’ornato ma un vero e proprio valore aggiunto del modo di abitare”. Gli arbusti conferiscono alla scena il tratto di un dipinto. Vi si trovano ippocastani, palme, magnolie, aceri, faggi. Oggi il Complesso di Villa Bornancini è inserito dalla Regione Veneto nel circuito delle Ville Venete, e qui – nel Portogruarese – rappresenta al meglio la bellezza e l’eleganza del territorio. S.G. | Per gli interessati è possibile visitare su appuntamento Villa Bornancini, che offre anche servizio di Bed and Breakfast, organizza visite guidate (anche in tedesco, inglese, francesce e spagnolo), noleggia e affitta sale ad hoc per cene particolari o eventi, come ad esempio “Il tuo sì a Villa Bornancini”, Open Day dedicato al matrimonio che si terrà domenica 12 aprile dalle ore 10.00 fino al tramonto. Per info e contatti 347 7826508. Questa rubrica è realizzata grazie al contributo di:

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STIAMO IN SALUTE

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I benefici dell'attività fisica Il segreto del benessere psicofisico? L'attività fisica. Piccoli gesti quotidiani per combattere la sedentarietà

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Circa il 40 % degli italiani tra i 18 e 69 anni svolge, nella vita quotidiana, meno attività fisica di quanto sarebbe necessario e per questo può essere definito sedentario. Circa la metà di questo campione dichiara di non praticare né sport né altre forme di attività fisica. È quanto emerge da alcuni studi statistici di monitoraggio della salute condotti in Italia. Le ragioni di questa “involuzione sociale” sono molteplici: ritmi di lavoro o attività sociali sempre più pressanti, lo sviluppo dell’automazione, l’informatizzazione, il deprezzamento sociale del lavoro manuale, la riduzione di spazi idonei e in sicurezza per praticare attività fisica. Ma l’organismo umano è fatto per il movimento e una regolare attività fisica contribuisce a migliorare tutti gli aspetti della qualità della vita.

I BENEFICI DEL MOVIMENTO Una regolare attività fisica aiuta a migliorare il nostro metabolismo basale, aumentando la tolleranza del nostro corpo agli zuccheri, riducendo il colesterolo totale e aumentando il colesterolo buono, e riduce i livelli della nostra pressione arteriosa. Dalla combinazione dei due precedenti benefici si ha una riduzione delle malattie cardiache su base ischemica (angina, infarto, morte improvvisa). L'attività fisica riduce il rischio di osteoporosi e il rischio di fratture ossee spontanee e, consentendo un miglioramento del metabolismo basale, aiuta ad aumentare il dispendio energetico con minor rischio di obesità. Praticare sport, nei giovani, previene i comportamenti a rischio come l’uso di tabacco, alcool, sostanze stupefacenti, diete incongrue. Frequentare spazi comuni come palestre, piscine, campi di allenamento, centri ricreativi migliora la socializzazione e previene l’isolamento. Praticare attività fisica, inoltre, migliora il rapporto con il nostro corpo, ci rende più consapevoli delle nostre sensazioni, delle nostre potenzialità e dei nostri limiti. In una parola, migliora la nostra autostima.

L'ESERCIZIO PIÙ ADATTO Praticare attività fisica comporta sempre un certo benessere personale, indipendentemente dallo sport che si pratica. In certe situazioni cliniche o

sociali è consigliabile consultare un medico, un fisioterapista o un istruttore per eseguire l'attività fisica/sportiva più utile allo scopo che ci si è prefissati. Questi alcuni esempi pratici. Camminare a passo veloce fa sempre bene, purché sia fatto con scarpe adatte (con suola spessa e morbida) e per distanze (o tempi) progressivamente crescenti. Per chi soffre di mal di schiena l'atti-

vità migliore è rappresentata dal nuoto (dorso) o da esercizi posturali (da imparare con un istruttore). Va bene anche praticare pancafit, l'attrezzo che consente di riequilibrare la postura del nostro corpo. Capitolo osteoporosi: in persone relativamente giovani vanno bene i comuni esercizi in palestra, senza carichi eccessivi; per persone più avanti con l'età è preferibile il tai chi (esercizi/movimenti ripetuti

lentamente) che migliora anche la coordinazione motoria e l’equilibrio. Ai bambini e ragazzi sono da consigliare sport di squadra dove, oltre l’aspetto fisico, viene “allenato” anche l’aspetto sociale. Altruismo, senso di appartenenza, condivisione sono tutti valori che la pratica sportiva aiuta a rafforzare. Per soggetti impulsivi, che fanno fatica a controllare le loro reazioni, sarebbero indicate discipline sportive come il judo o il karate basate, oltre che sull’esercizio fisico, anche sulla disciplina e sull’autocontrollo. Il ballo contribuisce a migliorare la coordinazione motoria (coordinare i propri movimenti con stimoli sonori e visivi), facilita la socializzazione e può contribuire a migliorare l’intesa di coppia.

I PICCOLI GESTI QUOTIDIANI Questo elenco, naturalmente, non è esaustivo. È solo un tentativo di collegare l’attività fisica/sportiva ad una determinata esigenza personale. Inoltre, la maggior parte di queste attività ha bisogno di una pianificazione (esigenze lavorative e familiari, distanze, orari da rispettare). Ci sono cose che, tuttavia, possiamo fare tutti i giorni, nelle nostre normali attività quotidiane, che contribuiscono a migliorare la nostra “efficienza fisica”. Anche qui, alcuni esempi. Usare sempre le scale evitando l’ascensore; andare a piedi a fare la piccola spesa: pane, latte, giornale. Usare la bicicletta evitando di utilizzare l'auto, alla quale ricorriamo per percorrere distanze molto ridotte. Quando si usa la macchina, è consigliabile parcheggiare a qualche isolato dalla destinazione per percorrere un tratto di strada a piedi. L'attività fisica/sportiva, affinché apporti effetti benefici, deve essere fatta in modo ripetitivo e i risultati, a volte, possono essere verificati solo dopo lungo tempo. Per esempio, è meglio una passeggiata di mezz’ora tre volte la settimana che una passeggiata di due ore fatta di tanto in tanto. Inoltre, bisogna apportare alcuni piccoli accorgimenti alla nostra alimentazione: bere più acqua, per bilanciare i liquidi persi durante gli esercizi, mangiare quotidianamente frutta e verdura per reintegrare vitamine e sali minerali. Piccoli gesti quotidiani, che migliorano la nostra salute e il nostro benessere psicofisico. Nicola Forte |


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LA PAROLA A

marzo/aprile 2015

DA VENT'ANNI AL FIANCO DI CHI INVESTE NELLA QUALITÀ Mpr nasce il 2 febbraio 1995 e fin da subito si specializza nella ristrutturazione dei serramenti. A iniziare l’attività, con il motto “manutenzione per risparmiare”, sono tre giovani artigiani, tra cui l’attuale socio Massimo Pilotto. I primi anni di attività, svolti in un piccolo locale adibito a laboratorio in zona Pordenone, trascorrono con leggerezza ed entusiasmo, con l’energia di una piccola realtà con grandi obiettivi e voglia di crescere. Dopo molti cambiamenti arriva il momento di prendere una direzione diversa: iniziare a commercializzare i prodotti di aziende leader nel settore dei serramenti e delle porte interne e blindate. Nel 2004 Mpr si trasferisce, portando la sede in via Udine a Pordenone, in cui viene allestita una sala mostra semplice ed essenziale dove poter finalmente accogliere i clienti per mostrare loro i prodotti da proporre e installare nelle abitazioni. In pochi anni la preziosa miscela tra la sapienza artigianale e la proposta di prodotti di quali-

tà diventa una grande opportunità di successo. I lavori si susseguono con ritmo incalzante, la struttura commerciale si arricchisce, i marchi selezionati con cui Mpr collabora sono garanzia di successo e confermano le aspettative iniziali. Nel 2012 arriva, inaspettata, l’opportunità di aprire un punto vendita anche nella provincia di Venezia, in una posizione di grande visibilità e facile accesso. In pochi mesi viene così allestito un ampio showroom che diventa riferimento sul territorio. “Il punto di forza della nostra attività” dicono i due soci Massimo Pilotto e Michele Mazzon “è la capacità di seguire i clienti dall’inizio alla fine senza appaltare esternamente alcuna fase della fornitura: ci occupiamo in prima persona della visita in showroom, del sopralluogo in cantiere, del rilievo tecnico, della fornitura e posa dei prodotti e siamo a disposizione per l’assistenza post vendita. L’aver costruito dei rapporti di reciproca fiducia e

collaborazione con le nostre aziende Oikos, Pivato, Henry Glass e Isi serramenti, ci ha assicurato la possibilità di servire con precisione e puntualità la nostra clientela. Abbiamo selezionato aziende radicate nel territorio per avere facilità di gestione delle commesse e vicinanza alle sedi produttive così da ridurre al minimo gli spostamenti dei prodotti”.

Tra le varie attività di promozione programmate per il 2015, vanno certamente ricordati questi prossimi appuntamenti: Fiera Eco Casa Energy a PORDENONE dal 28 al 30 marzo con INGRESSO GRATUITO, Fiera di Santo Stefano a CONCORDIA SAGITTARIA ad agosto, Fiera del Rosario a SAN DONÀ DI PIAVE ad ottobre.

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LA PAROLA A

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FUORISCENA

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«In famiglia ritrovo me stesso» Intervista all’attore pugliese Michele Placido. Un passato da poliziotto e un’amore sconfinato per il teatro. Al Russolo con il classico shakesperiano “Re Lear”

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arafrasando una celebre frase di Italo Calvino, si potrebbe dire che “un classico è un testo teatrale che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”. L’immortalità a teatro di un autore come Shakespeare è assodata. Le sue tragedie trapassano i secoli e toccano temi universali: il potere, l’amore, l’ipocrisia sociale, la fugacità della vita. E se è possibile, oggi, avvicinarsi al grande drammaturgo elisabettiano, è proprio perché la sua opera è in grado di scavalcare la cornice storica dentro cui è stata concepita per proiettare il suo sguardo su di noi. Tentare di avvicinarsi a Shakespeare non è impresa da poco. Ci è riuscito Michele Placido, che ha deciso inscenare il “Re Lear”. Ha creduto nella scommessa di portare sul palcoscenico, rendendolo attuale, il messaggio del bardo inglese. Di seguito l'intervista realizzata all’attore pugliese in occasione della rappresentazione scenica dello scorso 6 febbraio al Teatro Russolo. Ci racconta come si è avvicinato al mondo del teatro? Ho studiato all’Accademia Nazionale di Arte Drammatica. A vent’anni ho fatto ingresso nella scuola di teatro e poi, per circa sette anni, mi sono dedicato solo al teatro. Nasco come attore teatrale. Dopo una lunga e faticosa gavetta, hanno iniziato a chiamarmi anche in cinema e televisione. Il teatro, però, resterà sempre la mia unica grande passione. Qual è la differenza tra lavorare sul set e sul palcoscenico? La mia carriera mi ha portato ad abbracciare varie esperienze. Secondo me non c’è nessuna differenza. La base di partenza, per così dire, è sempre teatrale. Quando preaparo un film, anche un thriller, parto da una riunione a tavolino: leggo il copione assieme agli attori, come si fa a teatro. A livello di lavoro, la differenza tra set e teatro non sta tanto nella costruzione del prodotto, quanto nel rito. A teatro c’è un confronto con il pubblico con il quale, sera per sera, ci si trova a raccontare una storia. Anche il film è narrazione, ma per arrivare in pellicola bisogna costruirlo a pezzettini. L'attore è al servizio di una macchina da presa che è un elemento esterno, freddo, che non ha nulla a che vedere con le persone che stanno lì ad assistere attimo dopo attimo al tuo respiro, alla tua umanità, alle tue sensazioni. In teatro ci si rivolge al pubblico in un modo più vero, più istintivo, più leale. Sul set sei solo un fantasma sul lenzuolo.

È da poco uscito il trailer del film “La scelta”. Come nasce questa produzione? Il film trae ispirazione da un testo teatrale di Pirandello che si chiama “L'innesto”. Ho riadattato la storia dello scrittore ambientandola ai giorni nostri in una città del Sud. È una storia d'amore incentrata sul tema della maternità. Un intrigante thriller sentimentale. Ecco, non posso svelare altro. Nel cast ci sono Raul Bova, Ambra Angiolini, Valeria Solarino.

Il lavoro a teatro le porta via parecchio tempo. Riesce a trovare spazio libero per qualche passione particolare? Il mio passatempo è stare in familiglia. Ho una famiglia molto grande e mi piace trascorrere le giornata con gli affetti più cari. Ci dedichiamo alla gastronomia. Dal momento che vivo un mondo artificiale come quello del teatro, ritornare in famiglia è un modo per entrare in contatto con la dimensione più vera dell'esistenza. È un qualcosa che mi fa sentire vivo e che mi dà tranquillità.

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Quali letture preferisce? Ho letto che è un cultore di poesia tre-quattrocentesca. La formazione teatrale mi ha consentito di dedicarmi alla lettura di poesia. Quindi la produzione medievale, Francesco Landini, Gioacchino Rossini, Jacopone da Todi, fino ad arrivare a Dante e Petrarca. Faccio delle incursioni anche nella modernità e contemporaneità. Amo poeti come Leopardi, Pascoli, Neruda. Ha mai pensato di scrivere un’autobiografia o un romanzo? A dire il vero non ci ho mai pensato. Mi piacerebbe scrivere trovando una chiave che non sia troppo autoreferenziale. Ad esempio scrivere un qualcosa legato alla storia del nostro paese. In sessantanni sono accadute tante di quelle cose, che sorge spontanea una domanda: come abbiamo fatto a sopravvivere in mezzo a terrorismo, mafia, corruzione politica, moneta unica. La vita è stata una battaglia continua. Più che raccontare i retroscena della mia via teatrale, mi interesserebbe fare uno spaccato del nostro paese. Ha avuto una carriera lunghissima. Hai mai avuto rimpianti sulle scelte che ha intrapreso? Ritornerebbe a fare il poliziotto? Non rinnego nulla, dal collegio a nove anni alla decisione di entrare nella Polizia all'età di diciotto. Sono state tutte esperienze importanti. Non ho avuto rimpianti perché non ho avuto il tempo di rimpiangere. Sono una persona che guarda al futuro costruendolo giorno dopo giorno. Tutto ciò che arriva lo vivo con molta passione. E questo mi ha salvato nella vita. All’età di sessantanove anni mi sembra di essere ancora un ragazzo. Vito Digiorgio |

La Fondazione Musicale Santa Cecilia sbarca al Carnevale di Venezia 2015 Lo scorso 17 febbraio (martedì grasso) gli allievi portogruaresi della Scuola di musica della Fondazione Santa Cecilia hanno tenuto un concerto presso le Corderie dell'Arsenale, in occasione del Carnevale ragazzi della Biennale di Venezia, ed eseguito le “Stagioni” di Cajkovskij.


UN CAFFÈ AI MOLINI

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Fiori a primavera, avanguardia pura

La moda è celebrazione dell’eterno ritorno: le tendenze, ripetendosi nei contenuti, reinventano continuamente il linguaggio rispecchiando l’evoluzione della società, oggi più che mai in direzione etica per la musica rinascimentale

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arlare di moda suscita sempre un certo sospetto: è ritenuto un argomento superficiale, patinato ed effimero, il che è quasi paradossale considerata la viva sfumatura di immanenza che la caratterizza. Un occhio allenato, infatti, osserverà che è una vera e propria cartina tornasole di società, periodi storici, collocazioni geografiche. Associare il concetto di moda al semplice vestirsi è una svilente semplificazione ed è indubbio che il fenomeno rappresenti il costume di un’epoca.

VIA I DIKTAT Questo è anche il pensiero di Valentina Gallo, designer dell’omonimo brand di calzature di lusso, globetrotter ma soprattutto portogruarese d’origine che a proposito delle settimane della moda si esprime dicendo che “quello che si è visto sulle passerelle, ma soprattutto quello che si vede in giro per strada, è un forte senso di libertà: si è perso il rigore espressivo di qualche anno fa; non ci sono più rigide regole da osservare in fatto di moda ed anche il banale diktat dell’abbinamento scarpe-borsa è del tutto abbandonato”. Come anche in passato, contestualmente ad un periodo economicamente repressivo, emerge il desiderio di ribellione, di destrutturazione delle regole imposte in favore della libera espressione, che si traduce in un’estrema libertà formale. I grandi marchi non fissano più i canoni che si devono rispettare per essere alla moda, piuttosto danno degli strumenti da reinterpretare in chiave personale, forniscono dei suggerimenti che vengono di volta in volta declinati individualmente. Valentina Gallo, che oggi gira il mondo esportando il suo Made in Italy, ha avuto l’occasione di confrontarsi con varie realtà: “Il vento del minimal che spira dalla Corea e dal Nord Europa non ci appartengono. Noi abbiamo uno stile curato che ci invidiano in ogni parte del mondo: il minimale insegnato da un designer di Seul non ci serve!”. La palestra del gusto di Valentina è stata Portogruaro, sua città d’origine, dove da sempre vige un’inclinazione all’eleganza, allo stile sobrio e sofisticato, senza clamore, specchio perfetto della tradizionale qualità del nostro Paese, fatto di idee innovative ed immortale artigianalità: “Chi produce in Italia deve fare prodotti che durano una vita, com’era in passato, perché noi italiani siamo bravi a creare cose eterne”, dei piccoli dogmi che Valentina rispetta rigorosamente nella realizzazione delle sue calzature.

UNA MODA PIÙ ETICA Ma la qualità è un caposaldo anche per Enza Piccini, titolare di Enzapiù, una delle boutique più rappresentative in fatto di tendenze della città: “Selezionando i campionari durante le settimane della moda a Milano e a Parigi quello che cerco è senz’altro la novità, perché le mie clienti si affidano a me in questo senso, ma la novità deve sempre essere accompagnata da un’altissima qualità dei prodotti”. Curiosando tra le grucce in Borgo San Giovanni la qualità non solo si vede ma si percepisce e, contemporaneamente, si respira la nuova tendenza, già consolidata nelle ultime stagioni,

ovvero quella di una moda più etica: “Ci troviamo in un momento non solo economicamente, ma anche culturalmente delicato: anche chi può permetterselo non ostenta più la griffe ma ri-

cerca un’eleganza più discreta”. Come spiega Enza, le clienti non sono più interessate ad indossare loghi che si ricollegano ad un determinato status, cercano piuttosto capi che rispecchino la loro personalità, reinterpretando liberamente le tendenze proposte dalle passerelle, come colori accesi (fra tutti il giallo ed il blu elettrico), fantasie floreali, vestiti dalle gonne lunghe finemente gipsy, modesti chemisier che si appiattiscono al fine di valorizzare gli accessori. Traspare chiaramente anche il ritorno al passato, definito da elementi tipicamente anni ‘70 come frange, fantasie geometriche, pellicce folk colorate e bandoliere ma anche da forti eco degli ’80, con il tripudio del denim in tutte le sue sfaccettature, vite altissime, capi sportivi e zainetti multiformi. “Cambiano totalmente le proporzioni”, suggerisce Sara Donè di Le Maschiette, una finestra sulla moda contemporanea in Borgo S. Nicolò, “i capispalla diventano più morbidi, si susseguono linee a scatola, fatte di blazer lunghi dal taglio maschile ed abiti dritti, che tuttavia garantiscono un’altissima femminilità grazie ai dettagli di pizzo, alle applicazioni, alle fantasie (moltissimi pois e fiori) ed ai colori”. Colpisce subito come il non avere più regole ferree permetta alla donna di coniugare eleganza e sportività, regalandole un aspetto non solo più comodo ma inaspettatamente anche più sobrio; del resto sobrietà e comodità vanno decisamente di pari passo con l’epoca storica contingente, contraddistinta dall’austerità.

LA DONNA PORTOGRUARESE Il rigore misurato ed il classicismo formale sono anche una delle cifre della donna portogruarese, che, come osservano sia Valentina che Enza e Sara, tende ad essere cauta nell’abbigliamento. A causa della perifericità rispetto alle grandi metropoli della moda, nel nostro territorio le tendenze arrivano con un certo ritardo e spesso affievolite. Il nostro approccio è forse meno ironico e un po’ diffidente nei confronti degli ultimi trend, ma se da una parte questo discorso si può ascrivere alla circospezione riguardo alle novità, dall’altro trasmette un’interessante atteggiamento critico verso il nuovo a tutti i costi: la cautela della donna portogruarese verso le ultime tendenze può sembrare un attaccamento al passato, ma, scavando più a fondo, rivela come essa non sia ancora disposta a farsi somministrare passivamente abitudini e mode dall’alto ma applichi ancora un consumo consapevole. Giulia De Luca |


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BEAUTIFUL MIND

marzo/aprile 2015

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gni anno – ormai da undici anni – un centro di ricerca indipendente con sede a Vicenza monitora il rapporto tra scienza, tecnologia e società. È stato presentato a Torino lo scorso 13 febbraio il nuovo Annuario Scienza Tecnologia e Società di Observa Science in Society dove è stato messo in evidenza l’ormai cronico ritardo dell’Italia in questo settore. I dati sono tutt’altro che incoraggianti. Gli investimenti statali italiani in R&S sono l’1,3% del Pil e il 34% della popolazione italiana non si è mai connessa a Internet. Per quanto riguarda le competenze in matematica e fisica, i quindicenni italiani sono ultimi sulle rilevazioni OCSE (ultimi su 36 Paesi!). È però proprio il nostro territorio che appare come la “pecora bianca”. Un piccolo punto d’orgoglio in una situazione apparentemente disperata. Secondo le rilevazioni dei test OCSE-PISA gli studenti quindicenni più bravi in matematica e scienze si concentrano nel Nordest e il Veneto è la quinta regione italiana per occupati nel settore Ricerca e Sviluppo (7,7%).

SUL TETTO DEL MONDO ACCADEMICO I finanziamenti nazionali alla ricerca nelle università è ferma (intendo zero euro) dal 2013. Forse, aveva ragione il sociologo Guido Martinotti, quando sosteneva che “il nostro sistema di produzione non ha bisogno di alta specializzazione”. In compenso, i ricercatori italiani continuano a trovare fortuna all’estero. Dati che trovano conferma alla prova dei fatti. Numerosi, infatti, sono gli esempi di risultati prestigiosi ottenuti da persone o aziende del Triveneto. L’ultimo, e forse il più prestigioso, è il risultato ottenuto da Lucio D’Anna che si è visto conferire il prestigioso International Scholarship Award dall’American Academy of Neurology.

Premi e successo (nonostante tutto) Scienza e tecnologia non sembrano rientrare tra gli interessi principali dell’agenda italiana. I dati confermano una carenza di investimenti nei settori della ricerca e dello sviluppo. Ma a Nordest c’è chi riesce a distinguersi ugualmente immagini in tre dimensioni dei fascicoli di sostanza bianca che compongono la materia cerebrale, sui pazienti affetti da una particolare forma di demenza che si caratterizza per la progressiva perdita delle capacità linguistiche. Il lavoro che gli è valso la premiazione è il frutto di una collaborazione con il Prof. Marco Catani del King’s College di Londra e il Prof. Marcel Mesulam della Northwestern University di Chicago. “L’Afasia Primaria Progressiva – dice D’Anna – è una malattia degenerativa che si caratterizza per una progressiva perdita delle capacità linguistiche. Recenti studi hanno dimostrato come questi pazienti possano sviluppare degenerazioni comportamentali come depressione, aggressività e disinibizione sessuale. Le cause di questo genere di disturbi sono state finora sconosciute. L’obiettivo del nostro lavoro è stato quello di studiare mediante la trattografia quali fascico-

li di sostanza bianca fossero alterati in questi pazienti, correlando le alterazioni con i sintomi dei pazienti”. Un trattamento diagnostico che, si ritiene, permetterà in futuro una diagnosi più precoce e un miglior trattamento della loro sintomatologia, come spiega il dottore: “La trattografia è una metodica utilizzata in diversi studi di sperimentazione clinica come indicatore precoce di malattie degenerative come la Sclerosi Laterale Amiotrofica o l’Alzheimer. Un’applicazione ulteriore della trattografia avviene nell'ambito del trattamento neurochirurgico dei tumori cerebrali, dove si è dimostrata estremamente efficace nel definire i rapporti del tumore con determinati fasci cerebrali al fine di indirizzare il neurochirurgo verso la via di accesso più appropriata e l’approccio meno debilitante per il paziente”. Un importantissimo traguardo raggiunto da un nostro concittadino, questo, che

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potrebbe incentivare i giovani a intraprendere studi scientifici. Solo il 14% degli studenti italiani delle scuole medie superiori, infatti, ha intenzione di iscriversi a facoltà scientifiche.

ETILOMETRI E APP MADE IN PORTOGRUARESE Non solo ricerca e successi accademici, però. Anche le aziende hanno scoperto e ottenuto importanti risultati nello sviluppo tecnologico. È il caso della 2045Tech, un’azienda di Caorle che ha brevettato il primo etilometro italiano per smartphone. Floome è un piccolo dispositivo da collegare al proprio smartphone attraverso l’attacco jack che si utilizza normalmente per auricolari e cuffie. Una volta collegato il dispositivo, basta soffiare e attendere che nel monitor del cellulare compaia l’indicazione. Disponibile su App store, Google Play e Windows store, questa nuova applicazione è il risultato, ancora una volta, di innovazione e responsabilità. Nasce invece per opera di tre ragazzi di San Stino di Livenza (e un amico veronese) l’applicazione Where's Up. Metti insieme un laureato in scienze della comunicazione, un ingegnere spaziale, un ingegnere informaFloome™ tico, un perito inforil primo etilometro matico, una serata per smartphone noiosa … et voilà. La loro invenzione è stata premiata allo Smau 2013 – l’evento milanese dedicato alle novità tecnologiche. L’idea è venuta a Andrea Fingolo, Theo Gonella, Nicola Moretti e Alberto Segatto. Fin da subito l’app ha riscontrato un auspicato successo tra gli utenti della Rete. Where’s up? - che possiamo tradurre con Dove avviene? - è un’applicazione grazie alla quale è possibile trovare tutti gli eventi che più ci interessano: feste, eventi culturali, aperitivi, concerti, spettacoli e sagre. Nata inizialmente solo per iPhone, l’applicazione è stata recentemente resa utilizzabile anche dai dispositivi Android. Un’interfaccia grafica semplice e intuitiva, permette agli utenti di scoprire gli eventi più interessanti che si svolgono nelle vicinanze; trovare il percorso con Google Maps, integrare gli eventi nel proprio Google Calendar e, se registrati, condividere, invitare e interagire con i propri amici attraverso i social network più diffusi. Una volta trovato e selezionato un evento, vengono mostrate tutte le informazioni relative ad esso, come per esempio l’indirizzo, la persona che ha suggerito quell’evento e la data di svolgimento. Buon divertimento! Icona di Where's up

Andrea Rubin |


ROMANZO D'APPENDICE

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SECONDA PUNTATA

L'ombretta perfetta Riassunto delle puntate precedenti Tutto per una scommessa. Quella che Francesco Perini, detto Malattia, ha fatto con i quattro fratelli Sorgon, il giorno che hanno messo in dubbio la qualità delle ombre della Gilda, proprio sotto lo sguardo e sotto le tette della barista per la quale Malattia nutre un amore segreto. La scommessa ha a che fare con l'idea di girarsi una ad una le osterie più vecchie della zona, per assaggiarle tutte le ombre degli altri, dimostrare ai Sorgon che l'ombretta della Gilda è per davvero la migliore, che è l'ombretta perfetta. Nella puntata precedente Perini ha assaggiato il bianchetto del ristorante Al Cavallino di Portogruaro.

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l rumoraccio della marmitta del Califfone rompe la pace intorno ai Mulini sul Lemene. Cigni, piccioni, gabbiani osservano Francesco Perini accostare alla Chiesa di Sant'Andrea. Le acque del fiume scorrono quiete mentre muove passi incerti sotto i portici che conducono davanti Ai Tre Scalini. Sta entrando, in effetti, quando Gino Furlanis sbuca dall'uscio vestito da caccia, serio, un vovetto al funghetto in una mano, un tacchino al guinzaglio nell'altra. Dietro di lui, all'ingresso del locale, c'è un tavolo stracarico di folaghe, anatre e alzavole stecchite. E appena dopo, oltre il bancone, la signora Elda che prepara la trippa. «Desidera?» domanda il titolare del ristorante. «Un'ombra» risponde pronto Perini. «Capità giusto. Vien co mi che ne bevemo tante!». Malattia è uno che ha sempre avuto dubbi sulle cose che gli ordinano. Fin da quando, ancora bambino, il dottore gli prescriveva medicine che non lo guarivano mai. Ma Gino Furlanis, soprannominato Il Cavaliere, ha la faccia di uno generoso, di cui fidarsi. Così si fida, Perini, lo segue: i due tagliano Piazza della Repubblica, passano sotto alla statua del Cavallo, percorrono il Corso Martiri della Libertà fino alla Torre di San Giovanni, fino all'osteria A L'ombra de La Tore. La gente li osserva passare, uno secco, calvo e pallido, l'altro in tenuta da cacciatore col tacchino al laccio. E allora si accodano, per curiosità e allegria. Dietro di loro si forma un corteo di ignari e beoni, quelli che la storia ormai l'hanno imparata: ogni anno, nel giorno del compleanno di Ciano Cancian, titolare dell'osteria, il Cavaliere Furlanis abbandona il fucile per regalare all'altro un tacchino al guinzaglio, col gusto dello scherzo. Cancian, in cambio, apre due damigiane di quello buono. Nella processione ci finiscono tutti i

bevitori della città: c'è il tracagnotto Piero Baril, voce profonda e pancia sporgente; c'è Tappo Corona che chiamano così perché sul fiaschetto di rosso tiene un tappo di birra, per stapparlo prima; c'è il ladro gentiluomo Cin Cin, barba e capelli folti sul corpo tozzo; e, in fondo alla fila, c'è il piccolo Mato Berton che si crede Mussolini ma sembra Totò e canta la felicità ad alta voce. Quando Ciano Cancian, detto Speranza, vede la combriccola arrivare, da lontano, capisce la faccenda al volo. Ci sperava, tutto sommato. Sorride nel suo modo gentile, si aggiusta il riportino sulla fronte, asciuga le mani sulla canevazza, distende un esercito di bicchierini su un paio di vassoi. Poi chiama al telefono l'amico Aldo Sottil, proprietario dell'osteria Al Vecchio Bacaro, che raccoglie le maniche sui bicipiti possenti, carica le da-

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migiane sulle spalle per sistemarle nel piazzaletto accanto alla Torre. Francesco Perini riflette sul fatto che questa scommessa con i Sorgon sarà una follia, ma lo sta incominciando a divertire. Il vino ha a che fare coi sentimenti, sta scoprendo. Mescolato alla folla beve la sua ombretta, appunta sul foglietto un altro giudizio segreto. E sta per andare quando Aldo Sottil gli allunga il secondo bicchiere, pieno fino all'orlo, a cui non si può dire di no: perché Sottil è enorme, di sottile ha il cognome e basta, non è da contraddire. Malattia allora manda giù, di slancio, ancora. Poi, quando nessuno lo nota, tira un sospiro e riparte, verso il motorino, verso Concordia Sagittaria. Soltanto, prima di sparire all'orizzonte, si volta l'ultima volta a guardare la Portogruaro che beve, raccolta in una festa rumorosa, senza tempo. E gli sale nello stomaco un'emozione. Forse perché è già al terzo bianco, ma a guardarli tutti lì, il Cavaliere Furlanis, Ciano Speranza, Aldo Sottil, Tappo Corona, Cin Cin, Piero Baril, El Mato Berton, a guardarli tutti insieme, così lontani, lo coglie forte e senza preavviso questa emozione. Lo coglie forte una specie di nostalgia. Massimo Cuomo |

Questa storia è liberamente ispirata al romanzo Piccola Osteria senza Parole, da marzo in tutte le librerie in edizione tascabile (9 euro). www massimocuomo.com


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INTERVALLO

marzo/aprile 2015

Con rispetto parlando

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abina Guzzanti, in una scenetta del 2006 (elmetto americano in testa, tipico dei corrispondenti di guerra) deride Oriana Fallaci ed il tumore maligno che la sta rodendo piano piano: durante il miserabile numero, una voce fuori campo grida: : «Che ti venga un cancro!». La risposta della giornalista (morta qualche mese dopo, il 15 settembre 2006) non si è fatta attendere: «Giovanotta, essendo una persona civile io le auguro che il cancro non le venga mai. Così non ha bisogno di quell'esperienza per capire che sul cancro non si può scherzare. Quanto alla guerra che lei ha visto soltanto al cinematografo, per odiarla non ho certo bisogno del suo presunto pacifismo. Infatti la conosco fin da ragazzina quando insieme ai miei genitori combattevo per dare a lei e ai suoi compari la libertà di cui vi approfittate».

Varda là quei do tosatéi che i barufa. Cossa gavarai? Sinque ani? Un el ghe ga dà un sbruntòn e st’altro el ghe ga spetacià tal naso el geato ch’el gaveva in man!

Mariavèrgine… quanta violensa!

Adesso quel del geato i lo indagarà par ecesso de legitima difesa...

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giurati del premio INTERNATIONAL HIGHRISE AWARD, promosso dal Museo di Architettura di Francoforte, hanno fatto la loro scelta fra 800 opere presentate, elevando a “espressione del bisogno umano di contatto con la natura” il grattacielo vincitore dell’edizione 2014 il Bosco Verticale, di Boeri Studio, realizzato da Hines Italia in Porta Nuova a Milano: il Bosco Verticale, composto da due grattacieli, è stato premiato come il più bel grattacielo del mondo. Personalmente non mi reputo in grado di giudicare una struttura abitativa moderna, ma secondo il mio criterio di

nei condomini “normali” per qualche petalo di geranio caduto dal terrazzo del piano superiore…

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iornalisti e copywriters usano spesso l'avverbio presso per indicare il luogo dove si è svolta o si svolgerà una manifestazione o un evento: “Lo spettacolo si svolgerà presso il Teatro Comunale Russolo"; "La cerimonia avrò luogo presso la sala Consiliare". Ma presso vuol dire vicino a, nelle vicinanze di, non in, nel, nella, nei, eccetera. Giornalisti e copywriters: INFORMATEVI!

È bellezza questo Bosco Verticale non è proprio quel gran capolavoro. E dal punto di vista pratico, vorrei rivedere queste due strutture fra qualche annetto, quattro, cinque anni, quando gli alberelli saranno un po’ sviluppati. D’accordo, avranno di certo scelto delle essenze molto particolari, che cresceranno relativamente, che perderanno poco fogliame, le loro vasche di contenimento saranno state studiate per evitare stillicidi, le griglie di scarico progettate per non intasarsi mai, ma... ma se penso alle liti che scoppiano quotidianamente

giallo. Per molti giornalisti ogni mistero, anche il più insignificante, è giallo, un giallo che a volte diventa comico nei titoli: “Esperto alpinista cade scalando il monte Bianco: è giallo”. Allora? È Bianco o giallo? Ancora: “Rinvenuto il cadavere di un uomo nel fiume Sile. È giallo”. Cos’è giallo? Il Sile? Il cadavere perché itterico? O è giallo l’uomo perché di origine orientale? Sono sicuro che il 99,9% di questi giornalisti non sa nemmeno l’origine della parola “giallo” nel senso di mistero o misterioso: deriva da una collana Mondadori di letteratura poliziesca, la cui copertina era appunto di quel colore, tanto che la collana, uscita alla fine degli anni Venti, venne immediatamente ribattezzata “i Gialli Mondadori”.

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ad una struttura metallica di Hawija, nella provincia di Kirkuk.”. Immagine terrificante. Mi ricorda molto da vicino la foto fatta nel maggio del 1945 a Milano, in piazzale Loreto, identica la struttura metallica — nella fattispecie si trattava della pensilina di un distributore di carburanti — identica la posizione degli “attori”. Ma allora non si parlò di barbarie, chissà perché...

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li americani bevono fiumi di caffè, slavato, da grandi tazze dotate di manico, manico che però non usano mai. Mai. Salgono (o forse è meglio dire scendono) in grandi auto scoperte saltandoci dentro, senza aprire mai la portiera. Tracannano la birra direttamente dalla bottiglia, senza usare mai un bicchiere. Mai. Chissà se si calano le brache, prima di compiere certe operazioni quotidiane…

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Evan, le mamme di tutti i tuoi amichetti mi dicono che sei buono, bravo, dolce...» «Perché sono timido...» «E se tu non fossi così timido?» E lui, ringhiando: «Sarei una bestia!»

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usanna Galeazzi ci ricasca, sull’accento dei nomi propri: non contenta di Montevìdeo, si è esibita con Sìrola, riferendosi ad Orlando Siròla, il grande campione di tennis. Chissà come avrà reagito Bisteccone, papà di Susanna, che di tennis ne sa più del diavolo.

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iù avanti vado con l’età e meno me ne cale della morte. È il non sapere come andranno a finire le cose che mi secca un po’. Ma forse è meglio non saperlo... idascalia di una foto pubblicata su un quotidiano, oggi 8 marzo 2015: “La barbarie dell'Isis non si arresta: sui social network sta girando la foto di otto cadaveri appesi per i piedi

liviero Toscani, il re della fotografia pubblicitaria, a La Zanzara, su Radio 24, così ha definito i veneti: «Poveretti, non è colpa loro se nascono in Veneto. I veneti sono un popolo di ubriaconi, alcolizzati erano i nonni, i padri, le madri. Non è colpa loro se uno nasce là, è un destino. Basta sentire l’accento veneto: è da ubriachi, da alcolizzati, da ombretta, da vino». Premesso che Vitruvio, il grande architetto romano, uno che di bellezza e stile se ne intendeva sicuramente più di quel trombone di Toscani, definì la lingua dei Veneti «il più bello e il più dotto, fra tutti gli idiomi, nel quale si respira tutta la maestà della Lingua Greca», voglio rivolgermi direttamente al trombone: Ciò, Oliviero, ti che i schei ti i ga fati proprio co n’azienda veneta (parché, se no sbalio, i Benetton i xe sempre stai veneti, no lombardi baüscia e cagoni come ti), te dovaressi aver imparà che dae nostre parte se dise: «Ciò mona, prima de parlar, tasi».

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’ironia è roba da persone intelligenti: chi la gestisce deve essere talmente intelligente da farla intuire, percepire ed apprezzare anche agli stupidi; se non ci riesce, come ogni tanto accade, è lui lo stupido. Ma anche questa è ironia. Amen. Luciano Guareschi | guareschi@email.it

Con questo numero termina la mia collaborazione a Portogruaro.Net Maga­zine. “Sono un po’ stanchino”. Ringrazio il direttore editoriale Vincenzo Zollo per avere ospitato quelle che io, nella mia testa, ho sempre beffardamente ritenuto “GIOVEVOLI PILLOLE DA BANCO che non necessitano di ricetta medica”, senza mai interferire sulle mie opinioni o sulle mie scelte. Insomma, gli sono grato per non avermi mai rotto le pillole. Ma i miei ringraziamenti più sentiti vanno naturalmente ai lettori che in questi cinque anni mi hanno seguito e sopportato. Continuerò a somministrare le mie pillole da banco sotto forma di “Spigolature” nel quotidiano online Portogruaro.Net. L.G.


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ORIZZONTALI 1. Graziosa, bellina - 6. Frutto col ciuffo - 11. Li redigono i notai - 12. Donne in ospedale - 14. In coppia con lui - 15. Il compito del portiere - 16. Iniziali della Nannini - 17. Monti siciliani - 22. Le spendevamo noi - 23. Le iniziali di Gadda - 24. Immensità liquida - 25. Appare col fiume in magra - 27. Scontri, collisioni - 28. Le mogli dei figli - 29. Il nome del paese da trovare - 31. Non bisognosa di cure - 32. Quella Azzurra è a Capri - 33. Isaac della fantascienza - 34. Turbocharged Direct Injection - 35. A questo punto - 36. Arbusto delle brughiere - 37. I confini di Orvieto - 38. Il mitico re degli elfi - 39. Il nome della Piaf - 40. Iniziali di Schwarzenegger - 41. Esatte, accurate - 42. Stabilimenti metallurgici

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VERTICALI 1. Si soffre d’estate - 2. Non hanno fede - 3. Radio Televisione Italiana - 4. Due a Roma antica - 5. Ciliegia asprigna - 6. Arto con le penne - 7. I fori del naso - 8. Fu scacciata dall’Olimpo - 9. A fin di bene - 10. Un vino romagnolo - 13. Stadi per corride - 15. Guidano aerei - 16. Zampillo di fontana - 17. Maratona televisiva - 18. Ha Quito per capitale - 19. Si ritrovano all’osteria - 20. Quasi unica - 21. Uno a Londra - 22. Posta in distanza - 23. Entra in molte torte - 25. Un folletto tesoriere - 26. Blocca la nave - 27. Sole, senza eguali - 29. Dissodare - 30. I risultati finali - 32. Ceramica durissima - 35. Operational Business Intelligence - 36. L’aiutante di Archimede Pitagorico - 38. Oca senza coda - 39. Iniziali di Clapton - 40. Fine dei guai

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T C F T I C O L O R O E

A A A U N H L Z M A O X

I S Z S O I N A N I E V

D E I C I O G G C S G O

T E R N I L R I Z M V L A E I T

J E T R O L O A A A A A V G P O

S S E T M A C L P C T M I R E C

F O U L A P C A U L N A A E U S

B S V L P O O R C A O A P T U B

D D C E L S U E C E V P T A A A

O E A P R T F I O C A E M R C A

O N I O T A L L E I R M N I I R

A T B T U L T N R N E S N A N O

I A A R A E R O P R S I C T O R

S T E R O E G R C P I E N O R U

S I N I V E I A C R I N I T I A

CRUCIVERBA

A quale paese ha dato il nome la locuzione latina “ad nonum lapidem”, ovvero la nona pietra miliare posta sulla antica via Postumia? Risolvi lo schema e la soluzione apparirà nelle caselle cerchiate.

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LE SOLUZIONI DEI GIOCHI DEL NUMERO PRECEDENTE

CRUCIPUZZLE

Importante festival di idee per la cultura di domani, punto di incontro tra realtà diverse con dibattiti, mostre d’arte e musica. Si tiene a Fossalta di Portogruaro, come si chiama?

ACINI AIACE ALCAMO ALCEO ATRIO AUREI AURORA AVENA BOERI BORSO CALCIO CAPATAZ CASELLA POSTALE CAVIA CHIOMA COLORO COLPITI CORIZA

CRINITI CUTTER DEITA EMMAUS EPIGEO EXVOTO FIOCA GORIA IDIOMA IELLATO IMPOLPARE INANI IRONICA JETRO LOTUS MAGMA MALGA MERCA

NANSEN NIVEI NOVARESI OVAIE PEANA PIENO PREOCCUPAZIONI SCIALARE SCOTO SDENTATI SEGRETARIATO SOVERATO STERO TERNI VERNE ZIRLI ZONZO

D U P O N T

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F R E N G I A F M A A R L O

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R I G L R S M G I E A O R T E M

N P I P F A O O S L G A T R I C

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Z C R V E I O T O C L I I M U S

I D I O M A

S C A R A I N O M O N B P O B A O T O R R A M B Z A M B A N E T T E R A R T A R I R O O M E

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L R T R L A R G O C E R G U V I

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E O B T P E R S O N A G G I O N

M I L I O N E R I R E F I R U E

L’OPERA

UN PROGETTO DI

METROPOLITANA

PROSSIMI EVENTI DI MUSICA PER IL TERRITORIO

CONFERENZA-ASCOLTO GUIDATO “Gioachino Rossini e le innovazioni del Maometto II” tenuta da Mario Merigo

GIOVEDÌ 9 APRILE 2015 PORTOGRUARO

Sala Caminetto in Villa Comunale ore 17.00

PROIEZIONE CINEMATOGRAFICA DI OPERA LIRICA Maometto II di Gioachino Rossini

SABATO 18 APRILE 2015 PORTOGRUARO Sala Caminetto in Villa Comunale ore 16.00

INGRESSO LIBERO FINO A ESAURIMENTO POSTI CON IL PATROCINIO DEI COMUNI PORTOGRUARO

FOSSALTA DI PORTOGRUARO

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