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STIAMO IN SALUTE

DIFFERENZIAMOCI DALL'INCIVILTÀ BASTA RIFIUTI SULLE STRADE

Il dottor Forte ci racconta dell'evoluzione del concetto di cura medica e di salute nel passare dei secoli p.6

CULTURA

Il Festival Internazionale di Musica di Portogruaro chiude l'edizione 2013 dedicata a Beethoven con un successo strepitoso

p.7

BUSSOLA MUSICALE La musica cantautorale e folk nel panorama portogruarese esprime un ottimo livello qualitativo con band ormai di successo

p.10

LONTANI DA QUI

La rubrica dedicata alla vita dei cittadini stranieri a Portogruaro, in questo numero approda in India e Sri Lanka p.11

IL PERSONAGGIO

Nel Portogruarese la raccolta differenziata sta raggiungendo percentuali di crescita costanti. L'inciviltà

di pochi rischia tuttavia di vanificare gli sforzi di molti. Ma una speranza c'è e arriva dai nostri figli continua a pag. 4

Un ritratto di Don Domenico Sigalotti magistralmente eseguito da Ugo Padovese, che porta in luce un personaggio che ha fatto molto per la città p.12


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EDITORIALE

“Nient’altro che uomini” In un libro le storie di tre giovani portogruaresi al fronte durante la seconda guerra mondiale di Vincenzo Zollo

È

di venerdì scorso la presentazione in prima assoluta del libro "Nient’altro che uomini", scritto dal nostro giornalista Giulio Serra e prodotto dalla nostra casa editrice Visystem, con il contributo della Banca San Biagio del Veneto Orientale, di Confartigianato Imprese del Veneto Orientale e di Confcommercio Portogruaro-Bibione-Caorle e con il patrocinio della Regione del Veneto e della Provincia di Venezia. Più che libro dovremmo definirlo un documento narrativo, in cui le storie vere di tre giovani portogruaresi catturati al fronte durante la seconda guerra mondiale si intrecciano con la ricostruzione di vite e sentimenti di quel triste periodo nelle nostre terre, nonché con le nozioni storiche dell’evento bellico a livello locale e sullo strumento di censura a cui veniva sottoposta all’epoca tutta la corrispondenza. Un lavoro duro che ha visto la luce dopo due lunghi anni di lavorazione in cui Serra ha ricostruito, con interviste ai famigliari, le gesta dei loro cari, la loro vita prima di partire per il fronte, durante la prigionia e al rientro a casa. Partendo dalla raccolta di 37 lettere originali e inedite (che si trovano pubblicate nell’ultima parte del libro, con trascrizione a fronte), l’autore ha svolto un complesso lavoro di ricerca individuando, tra tutte, tre famiglie a cui le missive erano indirizzate: quelle di Alessandro Pascotto, Arcangelo Arreghini e Giovanni Balzarin. Il messaggio che queste lettere portavano in se era sempre il medesimo, seppur interpretato da persone diverse, e cioè quello di chiedere generi di prima necessità, informazioni sullo stato di salute dei famigliari, ma soprattutto rassicurare i cari a casa sulle proprie sorti. Rassicurazioni che, tuttavia, nella maggior parte dei casi nascondevano delle menzogne a fin di bene. Non sempre infatti la salute dei prigionieri era buona, come volevano far credere a casa; anzi, le condizioni di vita in cui erano detenuti sono al giorno d’oggi ben note. Ma quel mentire consentiva di trasmettere alle famiglie uno stimolo indispensabile per continuare a vivere in una sorta di “normalità” e ai giovani al fronte di trovare la forza

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settembre/ottobre 2013

necessaria per convivere con quella tragica situazione. Un libro importante, quindi, che permette come pochi di entrare nella storia attraverso gli scritti dei giovani al fronte, vergati spesso su carte di fortuna, che portavano con se la cruda realtà della prigionia, a volte accompagnata dalla consapevolezza della precarietà della vita e dalla rassegnazione di una situazione della quale non si poteva fare previsioni. Un plauso dunque all’importante lavoro di Giulio Serra al quale va aggiunto, per dovere di cronaca, il prezioso contributo di altri autori che a vario titolo hanno prestato le proprie competen-

SOMMARIO EDITORIALE Il libro di Giulio Serra

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IN COPERTINA Educazione ambientale 4 STIAMO IN SALUTE L’evoluzione della medicina 6

ze alla realizzazione del progetto: Vito Digiorgio, Roberto Sandron e Luciano Guareschi. Ma il progetto non si chiude con la pubblicazione del libro, che anzi avrà continuazione in una serie di presentazioni che si terranno in librerie, scuole, locali del Veneto Orientale, anche per mezzo di una rappresentazione letteral-musicale che l’autore ha messo in scena con la collaborazione del musicista Giacomo Jack Padovese. Il libro è disponibile per l’acquisto presso la nostra sede di Borgo San Gottardo 55 a Portogruaro, presso le librerie Al Segno e Lab, e presto presso tutti gli store di libri online.

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CULTURA Festival Internazionale di Musica

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LA PAROLA A Centro Medico S. Andrea 8 Punto Notte 8 Confcommercio 9 BUSSOLA MUSICALE Musica cantautorale

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LONTANI DA QUI Dall'India allo Sri Lanka 11 IL PERSONAGGIO Don Domenico Sigalotti 12 L'ACQUOLINA IN BOCCA Storia del tiramisù 13 INTERVALLO Con rispetto parlando... 14

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IN COPERTINA

settembre/ottobre 2013

I rifiuti ci sommergono e i nostri figli chiedono più civiltà Nel comune di Portogruaro la raccolta differenziata ha raggiunto l'80%. Ma non basta. L'incuria di certa gente rischia infatti di compromettere il nostro territorio e il futuro dei più piccoli

di Andrea Pavan

S

pesso ci capita di passare in automobile per le strade del nostro territorio e intravedere nei fossi o negli angoli meno in vista sacchi neri pieni di immondizie gettate da qualche persona noncurante del bene comune. Il verificarsi di questo fenomeno è chiaramente imputabile a molte cause. Il menefreghismo e la pigrizia sono tra queste, ma anche altri elementi possono entrare in gioco. Se pensiamo ad esempio a fattori di tipo culturale, comprendiamo come esistano ancora oggi alcune fasce di popolazione insensibili alla questione dei rifiuti che produciamo. Accade inoltre che alcuni cittadini non conoscano appieno tutti i servizi che oggi sono a disposizione sul territorio per il conferimento dei rifiuti particolari o addirittura il ritiro dei rifiuti ingombranti. Ricordiamo, a tal proposito, che a Portogruaro l'ecocentro (isola ecologica) si trova in via Villastorta e all'impianto possono conferire rifiuti sia le famiglie e sia i titolari di attività commerciali residenti nel comune. Altro elemento da prendere in considerazione riguarda il fatto che tra i vari comuni del territorio non esiste una completa uniformità di raccolta e questo porta al verificarsi di forme di scarico indiscriminato di rifiuti nei comuni adiacenti al proprio. Infine, per chiudere questa carrellata sul tema, è da dire che coloro che praticano il nomadismo, non avendo un proprio cassonetto, di frequente lasciano i rifiuti dietro al loro passaggio.

fibre vegetali erano usate in larga misura per la fabbricazione di tutti i tipi di cordame, dal più piccolo laccio alla cima più imponente. Il vetro, da sempre materiale nobile, aveva una vita smisuratamente piu lunga: possiamo dire che praticamente un bicchiere non veniva assolutamente mai gettato via.

Cimitero di Summaga

DALL'ACCUMULO ALLA DIFFERENZIATA

Il rifiuto, che da circa settant'anni è intrinsecamente legato alla vita quotidiana, prima di tutto è stato rac-

L'INCIVILTÀ QUOTIDIANA DEI RIFIUTI ABBANDONATI MOTOSEGA

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Ma partiamo da un po' più lontano. Anzitutto va ricordato che il fenomeno dei rifiuti è nato nel secondo dopoguerra; precedentemente, infatti, gli “scarti” erano ben poca cosa se non addirittura assenti a livello sia domestico e sia artigianale. Le materie plastiche erano rarissime, la carta veniva usata e riusata in mille modi - non da ultimo come innesco per le stufe -, i metalli erano scarsi e la loro vita era ben più longeva di quella che gli conferiamo oggi. Il materiale principe dell'epoca “pre-rifiuti” era il legno e va da se che questo formidabile elemento fa parte dei cicli naturali, dunque sempre reinseribile nel sistema. Oltre ad esso, anche le

colto in maniera indistinta e accumulato nelle cosiddette discariche. Da un paio di decenni a questa parte, invece, è stata gradualmente introdotta la raccolta differenziata, visti i gravi problemi ambientali che ci troviamo ad affrontare in questo esatto momento storico. Anche a Portogruaro, come in tutto il resto dei comuni italiani, la raccolta differenziata è diventata obbligatoria con l’entrata in vigore del D.Lgs. n.22 del 15/02/1997. La legge prevedeva per tutti i comuni l’obbligo, entro il 2006, di differenziare minimo il 35% dei rifiuti totali raccolti, percentuale che era destinata a salire al 65% entro il 2010. Nel comune di Portogruaro, secondo i dati in possesso dell'Amministrazione, la percentuale è stata raggiunta già nel 2009; oggi il valore è assestato attorno all'80%.

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“Nonostante la percentuale molto elevata di raccolta differenziata in tutto il Portogruarese – spiega Luca Michelutto, presidente di Asvo –, di settimana in settimana ci pervengono segnalazioni di cittadini che riguardano la presenza di rifiuti abbandonati sul ciglio delle strade o a ridosso di fossi e canali. Le zone maggiormente colpite dal fenomeno sono quelle confinanti con altri comuni, ad esempio le strade intercomunali di collegamento o le zone più periferiche in generale. Ma se queste risultano essere le aree più colpite – conclude Michelutto – è altrettanto vero che il fenomeno è “apprezzabile” anche a ridosso dei cimiteri delle frazioni del comune”. Accade molto spesso, infatti, di trovare intorno alle mura cimiteriali ceri esausti, buste di plastica ed altro materiale lasciato lì

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IN COPERTINA

settembre/ottobre 2013

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Via Villastorta

Lezione di educazione ambientale a Caorle

senza alcuna cura nei confronti dei visitatori e del luogo sacro. In risposta alle segnalazioni, Asvo solitamente invia un tecnico ambientale per la verifica della situazione; dopo di che provvede allo sgombero del corpo del reato. “In parecchi casi – spiega Luca Michelutto – riusciamo anche ad individuare il responsabile del gesto, o per mezzo di testimonianze o grazie a vere e proprie tracce lasciate nei rifiuti dal responsabile (ad esempio buste di lettere o materiale riconducibile al proprietario dei rifiuti)”. Abbandonare rifiuti, dunque, è un illecito punibile in Italia con importanti sanzioni. Il divieto di abbandono è imposto dall’art. 192 del decreto legislativo n. 152/2006: il primo comma del citato articolo proibisce l’abbandono e il deposito incontrollato dei rifiuti sul suolo e nel suolo; il successivo secondo comma vieta di immettere rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee. Il nuovo D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, ha inciso in modo profondo sul panorama delle sanzioni amministrative. Al riguardo, occorre prioritariamente demarcare l’illecito amministrativo da quello penale. L’abbandono di rifiuti, infatti, è sanzionato come violazione amministrativa se la condotta è realizzata da un privato e come reato contravvenzionale se è commessa da un titolare di impresa o un responsabile di ente. Dal 2010 è stato confezionato dal legislatore un nuovo impianto sanzionatorio, che si muove in tre direzioni: da una parte sono aumentati in modo incisivo i limiti minimi e massimi della misura edittale che così vanno da 300 a 3.000 euro; dall'altra è stata azzerata la forbice edittale più leggera riservata agli abbandoni di rifiuti non pericolosi e non ingombranti; da ultimo si è stabilito un incremento della sanzione amministrativa fino al doppio se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi. Muta di fatto la “filosofia” della disciplina sanzionatoria dell’illecito

abbandono da parte dei cittadini: la logica non prevede più una sanzionebase corredata da una diminuzione per le condotte scarsamente rilevan-

ti ma introduce un'elevata sanzione pecuniaria principale con ulteriore aggravamento in presenza di rifiuti pericolosi.

L'INSEGNAMENTO ARRIVA DAI NOSTRI FIGLI

Per concludere, credo si possa affermare che c'è ancora della strada da compiere riguardo a questa tematica, pur ammettendo che grandi passi in avanti sono già stati fatti grazie alla collaborazione della comunità intera. Nel prossimo futuro dovrà esserci un salto di qualità per quel che concerne l'uniformità della raccolta. Sarebbe bello, infatti, che in tutto il territorio nazionale i sacchetti, i cassonetti, i cestini e via discorrendo fossero tutti del medesimo colore e della stessa forma, e che potessero indicare la stessa tipologia di rifiuto. Oggi, purtroppo, i sacchetti di vari colori che vediamo in aeroporti, stazioni ma spesso semplicemente nel comune adiacente al nostro hanno colorazioni e forme differenti, il che certamente disorienta i cittadini, soprattutto i più piccoli. E a proposito di bambini, sono certo che anche da questo punto di vista siano loro l'arma migliore per educare genitori, nonni e zii su come compiere una corretta raccolta. Dico questo perchè in passato mi è capitato spesso di svolgere delle lezioni di educazione ambientale nelle scuole primarie, notando con gioia come la reazione più immediata alle stesse sia stata quella di portare i bimbi a correggere i comportamenti degli adulti sul frazionamento dei rifiuti. Mamme e papà sono quindi avvisati: se a scuola i loro bimbi faranno della buona e sana educazione ambientale si ritroveranno in casa dei “baby poliziotti” della raccolta differenziata che li obbligheranno a buttare i rifiuti secondo gli ordini stabiliti. Chiudendo questa simpatica parentesi riguardante l'infanzia, va qui ricordato come l'abbandono dei rifiuti non convenga proprio, in tutti i sensi. Anzitutto si reca un danno ambientale, non sempre riparabile, dopo di che non si fa certamente del bene alla comunità di cui si è partecipi e, anzi, si può fare del male anche al proprio portafoglio, come dimostra la buona capacità degli enti preposti di individuare coloro che commettono questo tipo di illecito.


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STIAMO IN SALUTE

settembre/ottobre 2013

La medicina e la sua evoluzione nel tempo Fino al 1700 stare in salute significava non avere malattie. Oggi l'OMS punta l'attenzione sul benessere psicofisico dell'individuo, fornendo quattro semplici consigli per metterlo in pratica di Nicola Forte

I

n questo appuntamento vorrei parlarvi di come sia cambiato nel tempo il concetto di salute e quali implicazioni pratiche comporti il “nostro” stare in salute nella vita di tutti i giorni. All'incirca fino al 1750 – agli albori della medicina scientifica – stare in salute esibiva semplicemente l’assenza di malattie. Di conseguenza, curare implicava il ritorno dell’individuo allo stato di benessere precedente alla malattia. La metodologia usata era di tipo unicamente osservazionale: presenza/assenza e successivamente persistenza/scomparsa di un segno clinico, di un sintomo, di una menomazione. La persona affetta da malattia era considerata una parte passiva che si affidava completamente al curante e alle varie pratiche in uso all'epoca. Per alcune malattie c’era una sorta di rassegnazione e a volte veniva vissuta o fatta vivere come volontà altrui o come pena da espiare per qualche colpa. Non raramente le persone colpite da certe malattie venivano allontanate o segregate in luoghi ben appartati (ricordiamo i lazzaretti diffusi anche nel nostro territorio in cui venivano rinchiusi i malati di lebbra o le persone colpite dalla peste). Dalla fine del 1700, quando si è cercata la relazione causa/effetto anche nel campo medico, si è giunti alla comprensione che non da tutte le malattie si può guarire ma che anche queste possono essere ugualmente curate. Da allora la cura di una determinata malattia non si prefigge più lo scopo di far scomparire la stessa ma mira piuttosto a procurare il maggior benessere possibile all’individuo malato. Faccio un esempio pratico per rendere più comprensibile il concetto: tutti sappiamo che dall’artrite reumatoide non si guarisce (una volta manifestatasi, infatti, non scompare mai più), eppure questa malattia si può curare, ossia il medico ha la facoltà di rendere la vita al paziente che ne soffre il più possibile “di relazione” al pari di chi non ne è affetto. L’ultima definizione di salute dell’OMS – Organizzazione Mondiale di Sanità – è la seguente: “Stato di completo benessere fisico, psichico, sociale e lavorativo”. Risulta

subito evidente che la parola “malattia” è sparita, di pari passo fa da fulcro alla definizione la parola “benessere”, che vuol dire ben stare e/o esistere bene. In generale con questa definizione si vuole affermare che ogni cittadino deve essere posto nelle condizioni

a lui più adatte sia in ambito sociale, in ambito relazionale, fisico e psichico, e in ambito lavorativo, in base alle sue possibilità e capacità. A fronte di tutto ciò appare evidente come la medicina attuale sia ancora ben lontana dal poter “costruire” una società capace

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di attuare un simile progetto; siamo altrettanto consapevoli, tuttavia, che la concezione di un mondo così strutturato dipende da molti fattori: ideologici, di copertura economica, di organizzazione, di interessi vari in cui il singolo cittadino può incidere poco. È vero però che con la nuova concezione di salute e con le nuove scoperte scientifiche ognuno di noi, contrariamente al passato, può essere parte attiva del proprio stato di salute. Nella medicina moderna, infatti, nonostante rimanga costante la parte passiva per l’utente, che si traduce nella pratica quotidiana della prescrizione di farmaci, di ausili, di accertamenti, di interventi chirurgici da parte del medico, diventano sempre più importanti la promozione e la prevenzione della salute di ciascuno di noi, chiamati a nostra volta ad adottare strategie comportamentali che ostacolino/prevengano la malattia. Ci sono quattro cose che tutti possiamo fare in modo semplice e che nel tempo si sono dimostrate essere le migliori medicine che abbiamo: 1) avere un'alimentazione equilibrata che preveda quotidianamente il consumo di frutta e verdura, l'uso di pietanze cucinate o condite in modo semplice e bere almeno 1, 5 litri di acqua al giorno; 2) svolgere attività fisica in modo regolare, almeno due o tre volte alla settimana; 3) svolgere attività di tipo intellettuale/ricreativo tutti i giorni (per esempio leggere libri e giornali, guardare documentari, andare al cinema, frequentare circoli culturali); 4) evitare l'uso di sostanze tossiche quali alcool, fumo, droghe, ecc... Svariate ricerche, sia di tipo sociale e sia di tipo medico, affermano che le attività dei punti 2 e 3 risultano le migliori medicine per rallentare il nostro invecchiamento. È evidente ai più che la maggior parte delle figure sanitarie cerchino sempre la collaborazione dei propri assistiti. Siamo certi, ormai, che non sia più sufficiente dare la pillola per questa o per quella malattia ma che occorra invece la collaborazione dell’interessato affinchè la terapia prescritta possa esprimere tutte le sue potenzialità e non essere fallimentare.


CULTURA

settembre/ottobre 2013

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Beethoven porta il messaggio dell’Uomo a Dio

Francesco Fratto

Grande successo per l’edizione 2013 del Festival Internazionale di Musica dedicata al grande compositore Ludwig Beethoven

di Vito Digiorgio

colata in quattro serate dedicate alla proiezione di pellicole legate in qualche modo a Beethoven e alla sua musica. Per non parlare delle conferenze e degli approfondimenti della rassegna “Penombre”, che hanno ospitato personaggi di spicco del mondo culturale. Anche le masterclass, organizzate dalla Fondazione Musicale Santa

Cecilia di Portogruaro, hanno riscontrato ottimo successo con un notevole aumento degli studenti provenienti da paesi extraeuropei come Stati Uniti, Giappone, Corea e Brasile, oltre che da Polonia, Slovenia, Germania, Spagna, Ungheria, Finlandia e Francia. La scelta del filo conduttore del pro-

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gramma della manifestazione, la qualità degli artisti, la capacità di elaborare scelte anche innovative e di grande impatto hanno consentito di progredire ulteriormente rispetto ai risultati ottenuti nelle edizioni degli anni passati. Abbiamo raggiunto il Direttore Artistico Enrico Bronzi, che ha magistralmente orchestrato la rassegna, per cercare di interpretare il segreto del successo di questa edizione. L’edizione 2013 si è chiusa con un bilancio molto positivo. Qual è, secondo lei, la chiave di questo successo? Alla base di questo successo c’è sicuramente l’universalità del messaggio di Beethoven. Tuttavia non credo che si possa ridurre tutto solo alla scelta dell’autore guida. Ritengo sia un successo più che mai “corale” (come il titolo dell’evento di chiusura) e credo si inizino a raccogliere i frutti di un team affiatato, che lavora instancabilmente, spesso senza avere un riconoscimento diretto. Mi piacerebbe che questa fosse l’occasione per condividere l’apprezzamento che molti portogruaresi mi manifestano per strada. Il Festival ha registrato un notevole incremento di presenze, concerti con tutto esaurito. Sono numeri molto importanti, che testimoniano che c'è una risposta da parte del pubblico a questo tipo di eventi. Perché la musica è così potente come mezzo di comunicazione? La musica è la più immateriale delle arti. È evocativa e onirica come un profumo che ci riporta alla nostra infanzia e nello stesso tempo contiene il ritmo, che è la metafora del battito cardiaco della vita. Poi c’è l’adrenalina della performance e la sacralità di ciò che materializza su un palcoscenico. Cose che si possono comprendere solo “dal vivo”. Qual è il segreto, della musica di Beethoven? Qual è il messaggio che la sua musica trasmette a noi posteri? Qualcuno disse che Bach porta il messaggio di Dio all’Uomo e Beethoven quello dell’Uomo a Dio. Sono d’accordo, comunque si chiami il nostro Dio.

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i è conclusa con successo la 31^ edizione del Festival Internazionale di Musica di Portogruaro. Un evento molto atteso in città, che dal 21 agosto all’11 settembre ha animato le serate con protagonisti di assoluto rilievo. Quest’anno la rassegna concertistica ha portato per la prima volta nella città del Lemene il ciclo completo delle nove sinfonie e dei sette concerti per strumento solista e orchestra di Beethoven. “Ludwig. L’eredità di Beethoven”, questo il titolo del Festival diretto da Enrico Bronzi, si è proposto l’obiettivo di far conoscere al pubblico uno dei più grandi compositori della storia, un gigante della musica per i suoi contemporanei e per le generazioni a venire. Un mito che dalle pieghe della storia comunica a noi, come ha saputo comunicare ai contemporanei in tutta la sua potenza. Il riscontro di pubblico è stato entusiasmante. Una folta platea è stata trascinata in questo percorso storico-musicale facendosi rapire dalla veemenza del mito beethoveniano. Il Festival ha preso l’avvio il 21 agosto con il concerto inaugurale in cui si sono esibite l’Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Enrico Bronzi e la violinista Isabelle van Keulen. Si è dipanato in una serie di appuntamenti che hanno visto susseguirsi grandi protagonisti del mondo musicale e giovani promesse. Sul palco sono saliti talenti come Roberto Plano, Chiara Opalio, Alessandro Taverna, Alexander Lonquich, il Trio di Parma. Un tripudio di emozioni che, attraverso pagine insolite e minori della produzione del compositore tedesco, si è concluso lo scorso 11 settembre con un centinaio di artisti impegnati nell’esecuzione della Nona Sinfonia di Beethoven. Il Festival Internazionale di Musica non ha offerto al pubblico solo concerti, ma ha anche indagato l’intreccio profondo tra musica e arte, tra musica e cinema. Singolare l’iniziativa “Kino Quartet”, percorso audiovisivo proiettato sulla facciata del Palazzo del Municipio e realizzato dal gruppo di filmaker “Karmachina” per raccontare il rapporto tra Beethoven e le arti visive del Novecento. Il successo della rassegna si è misurato nella grande affluenza di pubblico ai circa 38 eventi che hanno costellato la rassegna. Un incremento del 30% di pubblico rispetto all’edizione dello scorso anno, sette sold out su undici concerti a pagamento, grande partecipazione alle iniziative collaterali al Festival. A cominciare dalla novità in calendario, “A cinema con Ludwig”, organizzata in collaborazione con Cinemazero di Pordenone, che si è arti-


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LA PAROLA A

settembre/ottobre 2013

IL CENTRO MEDICO SANT’ANDREA

PUNTO DI RIFERIMENTO PER LO “SPORTIVO”. Il Centro Medico Sant’Andrea, ambulatorio medico di fisioterapia e riabilitazione, ha deciso di dedicare una parte della sua attività alla cura e alla riabilitazione degli “sportivi”. La riabilitazione dello “sportivo” è una branca medica che deve avvalersi di un approccio multidisciplinare, in cui i medici e i fisioterapisti lavorano insieme e costantemente per garantire non solo la guarigione della patologia in atto ma anche il ripristino rapido, completo e ottimale dell’attività sportiva del paziente. Presso il Centro Medico Sant’Andrea tutti gli sportivi, sia professionisti che amatoriali, saranno curati da un team di medici e di fisioterapisti

e in particolar modo saranno personalmente valutati e monitorati dal Direttore Sanitario, il Dott. Andrea Salar, medico chirurgo, specialista in ortopedia e traumatologia, con comprovata esperienza in ambito sportivo derivante dall’attività lavorativa pluriennale come medico all’interno all’attività ambulatoriale, intende organizzare di importanti Società Sportive quali la Nazionale momenti di cultura ed informazione sulle prinItaliana di Rugby e il Petrarca Rugby Padova. cipali patologie dello sportivo, aperti a tutti gli interessati e che si terranno sia presso la sede Da Settembre 2013 inoltre il Centro Medico del Centro Medico sia, a richiesta, presso le sedi Sant’Andrea ha dato inizio alla collaborazione delle Società Sportive stesse. con alcune delle Società Sportive più importanti A tal proposito è previsto un primo incontro per del Portogruarese. il giorno Sabato 26 Ottobre 2013, presso la sede del Centro Medico alle ore 10:30 il Dott. Andrea Nell’ottica di un percorso completo assieme agli Salar parlerà di "Argomenti di traumatologia sportivi, il Centro Medico Sant’Andrea, accanto sportiva" .

VISITE MEDICHE ORTOPEDICHE E FISIATRICHE

VALUTAZIONE MEDICA ORTOPEDICA GRATUITA IN CORSO DI TERAPIE. GLI ORARI: Lunedì • Venerdì: 08.30 – 12.30 • 15.30 – 19.30 CENTRO MEDICO SANT’ANDREA: Via Fausto Bonò, 1/b • Portogruaro (Ve) Tel. e Fax 0421 761237

SI RITORNA A SCUOLA

L’IMPORTANZA DI UNA POSTURA CORRETTA

“La postura è l’insieme degli aggiustamenti automatici che il corpo mette in atto continuamente per mantenere una condizione di equilibrio da seduti, in piedi, durante l’esecuzione di un gesto professionale o atletico. Analizzeremo in particolare la POSIZIONE SEDUTA, la più frequentemente adottata in ambito lavorativo e di studio, la più a rischio sia per la poca possibilità di muoversi, sia perché e comune non fare attenzione alla propria postura. Tutto questo porta ad un aumento della pressione intradiscale, che associato al mantenimento per lungo tempo della posizione causa stress articolare e sovraccarico muscolare statico. La postura scorretta in cifosi lombare (schiena flessa, con tendenza ad annullare la fisiologica ed importantissima curva di lordosi lombare) è una delle cause che concorrono al comune mal di schiena: stare seduti scorrettamente per un’ora, come detto precedentemen-

te, può provocare danni ai dischi intervertebrali, usura articolare, sovraccarichi funzionali con disturbi a carico di collo, arti superiori, dorso, zona lombare, arti inferiori, cefalee, … Quindi e assolutamente necessario ripristinare e mantenere le curve fisiologiche del rachide, evitando: - la cifosi lombare - di tenere le ginocchia più alte del sedile A questo scopo ci si deve dotare di un sistema di postura ottimale consistente in supporti, sedie e tavoli ergonomici.

comunque sempre essere interrotta frequentemente per scaricare i dischi intervertebrali per: - garantire una lunga vita alle nostre articolazioni, SCHIENA IN PRIMIS; - limitare l’instaurarsi di atteggiamenti e posture viziate e scorrette, e il crearsi di condizioni dolorose e a lungo andare disabilitanti.” Fonte YGIEIA

È inoltre consigliabile: - appoggiare gli avambracci sul tavolo; - muoversi regolarmente; - mantenere la stessa posizione per non più di 30- 45 minuti. In questo modo si da sollievo al rachide ed è la prevenzione più semplice. Infatti, anche se la postura seduta è corretta, deve

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LA PAROLA A

settembre/ottobre 2013

VETRINE IN FESTA PER LA 12 ORE DI CICLISMO Ben 25 squadre di 6 ciclisti ciascuna si sono date battaglia di recente lungo le vie del centro storico all’interno delle torri cittadine in occasione della I° edizione della “12 ore di ciclismo”, organizzata da Sagitta Bike in collaborazione con l’Amministrazione comunale di Portogruaro. Confcommercio ha dovuto fare di necessità virtù, convogliando le poche risorse a disposizione sulla comunicazione,

Coassin Occhiali

a cui, diversamente, non avrebbe pensato nessuno, cercando di coinvolgere commercianti, esercenti e più gente possibile. Un’organizzazione a dir poco perfetta. Un successo sotto l’aspetto sportivo e per gli appassionati di ciclismo. Poca invece la partecipazione di pubblico (forse perché era la prima edizione), notevole il disagio per i residenti con un consistente danno economico da parte delle attività commerciali, molte delle quali si erano vestite a festa abbinando le loro esposizioni al tema della bicicletta. Da parte degli organizzatori è stata espressa la volontà di riproporre il prossimo anno l’iniziativa. Di sicuro fino a quando non diventerà un appuntamento sentito bisognerà pensare di spostarlo alla domenica con l’intento di contenere i disagi nei confronti dei residenti e delle tante attività commerciali operanti in centro storico. Inoltre, sarà necessario arricchire l’appuntamento con altre iniziative in grado di creare attenzione non soltanto sportiva. Il ricco mondo dell’enogastronomia e del folclore cit-

Le Maschiette

tadino (quest’ultimo da troppo tempo dimenticato) potrebbero dare un consistente aiuto.

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RISTOLEMENE PROSEGUE CON SUCCESSO L’ITINERARIO ENOGASTRONOMICO Giunto ormai alla sua V° edizione, Ristolemene, grazie alla professionalità e all’impegno dei suoi chef-ristoratori aderenti alla Confcommercio, mantiene viva l’attenzione e l’interesse da parte dei cultori delle tradizioni enogastronomiche di un territorio, qual’é la Venezia Orientale. Con Ristolemene il ragionamento di territorio-stagionalità-prezzo-tradizione ben si sposa con una ristorazione adeguata, non vista come ristorazione all’antica, bensì come espressione di un desiderio di riscoperta di gusti e di sapori che corrono il concreto rischio di essere perduti.

Lo scorso 9 Settembre 2013 il Ristorante Sacco & Vanzetti di Concordia Sagittaria ha ospitato la 7° tappa di Ristolemene con “alla scoperta dei sapori d’autunno”. Prossimi appuntamenti: 11 Ottobre 2013 Ristorante “Da Rosetta” – Alvisopoli “alla riscoperta del pesce azzurro” 15 Novembre 2013 Ristorante “Tavernetta del Tocai” Pradipozzo di P.gro “il bacalà..che bontà” 13 Dicembre 2013 Ristorante “Alla Botte” Portogruaro “la cena degli ossi”.

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LA BUSSOLA MUSICALE

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LA MUSICA DEI GRANDI CANTAUTORI ITALIANI

La Luna e il Falò latano

Il Vescovo e il Ciar

Sulle note della musica cantautorale Nel Portogruarese vi sono diversi gruppi che esprimono in varie forme ciò che rappresenta l'anima della musica italiana di Alessandra Sartori

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are “musica” significa esprimere se stessi nel contesto temporale in cui ci si trova. Ed è proprio questo il messaggio che i cantautori italiani hanno voluto dare nel corso della storia musicale. Con il termine cantautore si indica colui che interpreta canzoni da lui stesso composte. In Italia il moltiplicarsi degli esponenti di questa categoria di artisti, cresciuta specialmente nella seconda metà del Novecento, ha portato al formarsi di diverse scuole cantautorali; le più note sono quella genovese, quella romana, la napoletana, la bolognese e la milanese, sebbene il fenomeno si sia poi diffuso su scala nazionale. Gli anni Sessanta e Settanta vedono tra i principali cantautori italiani Luigi Tenco, Gino Paoli, Bruno Lauzi, Giorgio Gaber, Fabrizio De André (anche se di quest’ultimo, in realtà, quasi tutto il repertorio è stato scritto insieme ad altri artisti) Francesco De Gregori, Antonello Venditti, Franco Battiato, Ivano Fossati e tanti altri. Lucio Battisti, inserito nella categoria dei cantautori, tuttavia non lo è totalmente, dato che ha collaborato con parolieri o musicisti. Proseguono poi gli anni Ottanta, Novanta e il nuovo millennio con numerosi cantautori. Allo stesso tempo anche la musica folk prende avvento in Italia; essa è continuamente soggetta a contaminazioni con il pop. Fra i generi folk che hanno maggiormente influenzato la produzione pop vi sono la musica celtica e la musica country, che ha generato infinite combinazioni con il rock. Dagli anni '80 ad oggi, per la fusione in chiave moderna tra il folk e il pop rock c'è sicuramente da citare Enrico Capuano con le sue tarantelle rock ispirate direttamente alla PFM. Come potete ben capire, oggi la musica italiana è un oceano sconfinato che riveste un ruolo importante, non solo dal punto di vista dei grandi cantautori italiani, ma anche del folk. Vediamo ora nel dettaglio i gruppi che nel Portogruarese esprimono in varie forme ciò che rappresenta l'anima della musica italiana.

Il Vescovo e il Ciarlatano è un gruppo nato nel 2008 con l’intenzione di puntare i riflettori sulla musica d'autore italiana. La band è formata da Loris Cusan voce, Claudio Barro chitarra, Camillo Colleluori batteria, Michele Marchesan fisarmonica e tastiere e Gian Marco Orsini basso. "Durante i cinque anni di attività spiega Loris Cusan - abbiamo reinterpretato con le nostre sonorità folk molti preziosi tesori della musica italiana creati da cantautori del calibro di De André, De Gregori, Guccini, Battiato, Gaetano, Finardi e molti altri, non disdegnando qualche colorita escursione verso la musica popolare, anche dialettale". In questo contesto si sono generati due “spinoff” monografici suonati in acustico, ovvero Il Bandito e il Campione, un omaggio alle liriche suggestive e poetiche del “Principe” della canzone italiana Francesco De Gregori ed Essenzialmente Rino, dedicato all'opera del grande cantautore Rino Gaetano, scomparso prematuramente, dopo aver composto dei veri e propri capolavori musicali. Gaetano è considerato il "figlio unico" della canzone italiana, ricordato per la sua voce ruvida e spontanea, per la graffiante ironia delle sue canzoni nonché per

la denuncia sociale, celata dietro ai suoi testi apparentemente leggeri e disimpegnati. Il gruppo rielabora in acustico ed interpreta le canzoni del cantautore, sentendosi pienamente in sintonia con quelle sagaci rime condite da una stralunata ironia.

BAGLIORI DI LUCE (BATTISTI COVER BAND)

Questo progetto è nato nel 2010 e vede come componenti Tony (Tonino Sette) voce e chitarra, Marzia (Marzia Lucchetta), voce solista e cori, Cristian (Cristian Colusso) alla batteria, Franco (Franco Vendrame) cori e basso, Paolo (Paolo Moretto) cori, chitarra e arrangiamenti , Gigio (Luigi Alberto Buggio) alle tastiere. “Bagliori di Luce intende raccontare un viaggio in quel periodo storico che vede la musica italiana vivere il suo momento più glorioso. Un mondo dove la creatività era regina e il mercato suo servitore; un mondo dove la gioia del fare era più importante delle classifiche di vendita. Un carosello di immagini, suoni e di visioni, una cronaca di piccoli fatti, di piccoli eventi che mostrano come la storia è inconscia e sottile” (tratto dal libro fotografico "Lucio Battisti e la Numero Uno", a cura di Cesare Monti). La band, come avrete capito, propone brani del grande cantante italiano Lucio Battisti. Egli è considerato una delle massime personalità nella storia della musica leggera italiana, sia come autore ed interprete della propria musica e sia come autore per altri artisti. In tutta la sua carriera Battisti ha venduto oltre 25 milioni di dischi, la sua produzione ha impresso una svolta decisiva al pop/rock italiano. "Fare Buona Musica - spiega Tonino Sette - significa entrare nel cuore e nell’anima della gente che ci ascolta, risvegliare in loro antiche emozioni da tempo sopite ma mai dimenticate. Crediamo moltissimo in questo progetto e in quello che stiamo proponendo, ricerchiamo costantemente "l’essenza musicale", spesso racchiusa in uno scrigno che si chiama "semplicità" e attraverso di essa cerchiamo di ribadire l’importanza della musica nella vita di tutti noi".

PASSANDO PER LA MUSICA FOLK

La Luna e il Falò è un progetto musicale che nasce a Portogruaro nel settembre 2008 per la volontà di Tonino Lancellotti, voce e chitarra della band. L'obiettivo è proporre e divulgare la musica folk-rock popolare contemporanea italiana, attraverso un ipotetico viaggio che dalle scogliere d'Irlanda arrivi in Italia, incontrandosi con le genti salentine, lombarde, le popolazioni sabine, venete, emiliane: foglie diverse di un unico ramo che rappresenta la nostra terra, con la sua cultura, i suoni, le tradizioni, le suggestioni e i suoi dialetti. Un viaggio accompagnato dalle canzoni originali della band e dalle cover di gruppi come Modena City Ramblers, Gang, I Ratti della Sabina, Davide Van de Sfroos, Folkabbestia, I Luf e tanti altri. La band ha potuto autoprodursi il primo cd dal titolo "Danza Falena", che è uscito a marzo 2013. E' stata poi selezionata tra le dieci band finaliste al concorso musicale "Sottotoni", tenutosi a Concordia Sagittaria lo scorso 24 agosto. I componenti della band sono Tonino Lancellotti voce, chitarra e bodhrán, Chiara Gazzin voce, cori e percussioni, Donato Lancellotti chitarra, Albano Vidali fisarmonica, Federico Delle Vedove batteria e Paolo Giacopello basso.


LONTANI DA QUI

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Un Sikh indiano tra i campi di Lison “Lontani da qui”, la rubrica dedicata al racconto delle vite dei cittadini stranieri presenti nel Portogruarese, questa volta fa la conoscenza di una famiglia indiana e di una ragazza cingalese di Giulio Serra

E

ssere un Sikh significa essere un Discepolo. Un Sikh è una persona che crede in un solo Dio e negli insegnamenti dei dieci Guru [Maestri], custoditi nel Shri Guru Granth Sahib ji, il libro sacro dei Sikh”. Queste parole si trovano ben impresse in un sottilissimo opuscolo dal titolo “Sikhismo”. In copertina, sfumato in un dipinto d’epoca, si intravede un uomo a cavallo con una lunga barba nera e il turbante sul capo, fisso a guardare l’orizzonte. Quest’uomo ricorda il profilo di Kaur Herpreet: indiano di nascita, portogruarese d’adozione. Lo incontro per “Lontani da qui” nella sua casa, a Lison (e sarà lui, a fine intervista, a farmi dono del “Sikhismo”).

UNA MINORANZA CHE SCAPPA

“Me ne sono fuggito dal mio Paese, l’India, a 22 anni. Sono scappato dalla mia terra perché ero un Sikh”. Il racconto di Kaur Herpreet parte da lontano, dall’India degli anni ’80, dalle guerre civili dell’epoca e dalle persecuzioni militari sulle minoranze religiose. “Ancora oggi – dice – noi Sikh in India rappresentiamo al massimo il 2% della popolazione religiosa. Siamo una minoranza che fin dalla notte dei tempi ha dovuto difendersi e combattere contro le persecuzioni. Era l’85 quando decisi di andarmene via, non potevo più tollerare gli incendi appiccati alle nostre chiese”. Kaur Herpreet si affida a un’agenzia che lo porta in Italia con il visto da turista, qui trova lavoro nel mondo del circo. “L’impatto con l’Italia – racconta – non è stato per nulla positivo, al circo mi sfruttavano e mi pagavano male. Dopo due anni mi convinsi che era giunto il momento di andarmene via, presi il primo volo per gli Stati Uniti e salutai l’Italia”. Così, poco più che ventenne, Kaur Herpreet completa il giro del mondo, sbarcando nel continente americano. Ben presto, tuttavia, il sogno a stelle e a strisce del giovane indiano viene spezzato dalle autorità statunitensi che lo rispediscono in India. Ritornato al punto di partenza, Kaur Herpreet non molla, non si dà per vinto, e con lo zaino in spalla atterra di nuovo in Italia. Stavolta va in Sardegna, dove lavora in un Luna Park. “Lì sono rimasto per dieci anni – spiega –, poi sono arrivato nel Portogruarese e oggi, a distanza di sedic’anni, posso dire finalmente di sentirmi a casa”.

LA GRANDE INDIA E IL PICCOLO LISON

A volte i paradossi della vita raccontano più di mille parole. Ne è esem-

pio la storia “portogruarese” di Kaur Herpreet. Partito da uno dei più grandi Paesi del mondo, popolato da un miliardo di abitanti, oggi si ritrova a vivere a Lison, in una delle località più piccole in assoluto, tra campi di terra immensi e spazi verdi senza confini. “Qui lavoro nella stalla – dice –, ho trovato persone che mi vogliono bene e mi sanno rispettare. Nel territorio del Portogruarese non ho mai avuto problemi di razzismo o altro, la gente è tranquilla e serena, mi pia-

ce vivere fuori dal caos delle grandi città”. Mentre io e Kaur Herpreet parliamo spuntano dall’uscio i sorrisi felici dei figli più piccoli. Poco dopo arriva Kaur Tirath, la figlia maggiore. Frequenta il Liceo Linguistico a Portogruaro, è nata in India ma vive praticamente da sempre in Italia. “Quando sono qui mi sento italiana – dice –, mi vesto all’occidentale e parlo italiano. In India, invece, ritrovo gli usi e i costumi della mia gente”. A Lison e a Pramaggiore (dove ha residenza) la

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famiglia di Herpreet e Tirath mangia “all’indiana”, mescolando ingredienti del sud est asiatico ad altri nostrani. Io sperimento in prima persona questo strano connubio di cucine, assaggiando un gustosissimo dolce indiano fatto di latte, zucchero e spezie indiane. “Ci piace portare in Italia cibi o tradizioni del nostro Paese d’origine – dice la giovane Kaur Tirath –, è un modo per tenere vivo il legame con l’India. Alla domenica, per esempio, andiamo tutti a messa a Pasiano di Pordenone, dove si trova una folta comunità indiana”. La ragazza mi spiega che la funzione domenicale Sikh è composta di tante parti, dalla preghiera, alla discussione, al momento del silenzio, alla meditazione. “Non è una vera e propria messa – conclude –, direi che si tratta piuttosto di un’assemblea di cittadini”.

TRATTA SRI LANKA - AUSTRIA ITALIA

Incontro Malwattage Dinitha Fernando nei locali dell’Associazione “Noi Migranti” di via Zappetti, a Portogruaro. Lei è una giovanissima ragazza che qui, in Italia, definiremmo “cingalese”. Nata a Maravila, Dinitha passa i primi vent’anni della sua vita in Sri Lanka. Poco più che maggiorenne, si trasferisce con la madre in Austria, dove la donna sposa un uomo del posto. “Per me fu un enorme cambiamento – dice –, dalla lingua, alle usanze, al cibo,…In Austria le persone erano tutte molto chiuse, nei primi tempi ho faticato parecchio a inserirmi in quel contesto”. Ma poco alla volta Dinitha si fa largo tra i freddi monti austriaci: di giorno lavora da McDonald’s e di sera frequenta i corsi di lingua tedesca. Col passare del tempo si inserisce nel mondo dei più giovani, e qui fa la conoscenza di parecchi italiani. “A Vienna – racconta – c’erano moltissimi ragazzi del nord d’Italia e tutti mi parlavano benissimo del loro Paese. Così, un giorno, ho deciso di venire a Milano in treno per vedere di persona la capitale europea della moda e del design. Mi sono subito innamorata dell’Italia e dopo qualche anno in cui ho fatto la spola tra l’Austria e il vostro Paese, dal 2012 mi sono trasferita qui definitivamente”. Oggi Dinitha abita a Caorle (dice di amarla perché le ricorda la cittadina di mare in cui è cresciuta in Sri Lanka), conosce perfettamente la nostra lingua e adora gli italiani e i portogruaresi in particolare. “Qui mi sento bene – conclude –, lo Sri Lanka mi manca per il cibo e i sapori ma per il resto preferisco certamente l’Italia. Nel Portogruarese, poi, le persone sono accoglienti e disponibili, un vero paradiso”.


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IL PERSONAGGIO

settembre/ottobre 2013

Don Domenico Sigalotti, il prete “storico” di Portogruaro

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agnarola – scrive don Do Domenico –, questo il paese dove il 16 novembre 1894 nacque mia madre: una distesa di case dai tetti antichi, le mura segnate dal degrado del tempo, appaiate a cerchio attorno alla chiesa, come altrettanti bambini attorno alla madre”. Potrebbe essere l’incipit di un sontuoso romanzo da leggere tutto d’un fiato; era l’omaggio che don Domenico Sigalotti, grande sacerdote parimenti al fratello scomparso prematuramente, esprime a una donna meravigliosa (ebbi l’onore di conoscerla), che plasmò i suoi figli all’amore e al sacrificio per il prossimo, aiutandoli con le sue lettere semplici e piene di un afflato totale anche quando erano ormai avviati nelle loro attività sacerdotali. Durante la Festa…

In questo articolo del 2011 il “nostro” Ugo Padovese ricorda il caro amico venuto da Bagnarola, che nel 1950 portò 850 giovani alla Festa dei Ragazzi in Oratorio Pio X di Ugo Padovese

colonie montane: a Timau, Ligosullo, Costa, il Comelico, il Cadore, La Maina di Sauris, Fusine Val Romana con la mamma di don Domenico a fare da cuoca, e la sua presenza andava molto più in là della semplice, anche se indispensabile, cucina. Un ricordo per don Pietro Lu, un sacerdote cinese (anche allora c’erano le persecuzioni e le fughe) ammirevole e amato da tutti.

UNA LENTA AGONIA DOPO MONS. CECONI Dopo la morte prematura di mons. Mario Ceconi, e dopo un breve periodo con don Giovanni Sigalotti, fratello di don Domenico, l’Oratorio Pio X, cominciò – per motivi vari – una lunga e continua agonia, anche per la progressiva mancanza di sacerdoti di sostegno e terminò di fatto a ospitare soltanto

ORATORIO PIO X NEL 1948

StanD Di aSSOciaziOni lOcali

StanDdopo enOgaStrOnOmici Subito la sua ordinazione sacercaStagne e vinO dotale, nel 1948, don Domenico fu a eSpOSiziOne e DeguStaziOne prODOtti dell’Oratipici Portogruaro comeDiDirettore vetrina Di OperatOri lOcali torio Pio X, una delle più importanti iniziative socio–religiose mai realizzate artigianatO a Portogruaro. L’Oratorio, che ebbe pOzzO Di San patriziO come dono lacOn statua di Pio X dal CarmuSiche pOpOlari fiSarmOniche dinale Costantini presente alla mOStraCelso cultura cOntaDina cerimonia inaugurale, fu la memorabile conseguenza di un “voto” fatto dalla cittadinanza assieme all’amatissimo parroco Mons. Mario Ceconi. Don Domenico rimase sei anni in Oratorio e operò con cuore, intelligenza e comprensione: la sua opera sacerdotale dette frutti spirituali che hanno interessato, io compreso, centinaia di persone a Portogruaro e anche nei paesi vicini. Oratorio come Chiesa, fervente, moderna, tradizionale, molteplice, una calamita per ragazzi che venivano non soltanto a giocare, ma anche a socializzare, ad ascoltare i consigli cristiani o meglio a “respirare” un’atmosfera gioiosa, fraterna, cristiana che dette risultati meravigliosi anche fuori delle consuete organizzazioni parrocchiali cattoliche.

IN 850 ALLA FESTA DEI RAGAZZI DEL 1950 L’Oratorio Pio X era frequentato ogni giorno da 100-200 ragazzi; ma nell’estate del 1950 alla “Festa dei ragazzi”: “Ben 850 ragazzi – si legge tra le memorie di don Domenico – partecipano alle varie manifestazioni, il punto più alto e significativo delle quali fu una grandiosa celebrazione religiosa. Mai visto, nel capace Duomo di Sant’Andrea, lo spettacolo di tanti ragazzi”. E L’Oratorio Pio X continuava nelle

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un’ antica società di calcio dell’Oratorio, l’Aurora Pio X coordinata con passione dal cav. Vittorio Battiston, un oratoriano della prima ora, con un centinaio di ragazzi, ma tutto sommato, sopportata piuttosto che seguita; alcune riunioni catechistiche e una volta all’anno il “Grest”, molto partecipato, a testimonianza che l’Oratorio Pio X potrebbe sicuramente, pur con le varianti necessitate dai tempi cambiati, tornare a svolgere un ruolo importante, direi indispensabile, nell’arido e sassoso terreno dell’attuale società avulsa di valori cristiani e civili; un ruolo indispensabile per seminare nuovamente motivazioni cristiane, le uniche che possano cambiare questa impoverita società in tutte le sue componenti.

NEL 1964 PARROCO IN VIALE TRIESTE Don Domenico in 36 anni fece cose “impossibili” in viale Trieste. Nessuna canonica. Visse ospite in una casa privata. Attorno la campagna quasi assoluta e qualche casa costruita senza piano regolatore nel secondo dopoguerra. L’elenco delle “cose materiali”, molte ed importanti con l’aiuto della Divina Provvidenza: una Chiesa dedicata alla Beata Maria Vergine Regina, bella ed ampia come fu ampio attorno a lei il futuro Quartiere di Viale Trieste, diventato il più abitato dell’intero Comune di Portogruaro. Una Canonica per lui e per i suoi successori; un Oratorio con due campi di calcio, un Auditorium pluri funzionale, un Asilo infantile ancor oggi retto dalle Suore Elisabettiane (ultime suore rimaste in città), per le quali don Domenico aveva fatto costruire una dignitosa residenza, e poi la Chiesa di via Aldo Moro, con Oratorio e campo sportivo, uniche strutture pubbliche a favore di un borgo “difficile” e praticamente abbandonato dall’Ente pubblico. Fino al 2000, quando i parrocchiani pensarono che non era giusto che dovessero quasi a ogni messa domenicale sollevare da terra il celebrante, don Domenico Sigalotti, che voleva rimanere in “trincea” malgrado acciacchi defatiganti. Fu salutato da parrocchiani in lacrime che ancora oggi lo considerano il loro ex “parroco” storico, come Portogruaro lo considera il suo “prete storico”. Senza dar fastidio a nessuno, nel 2000 don Domenico, (Monsignore dal 1987), va a Cordenons per tre anni come ausiliario del parroco, come cappellano di rango. Poi torna finalmente a Portogruaro, nel 2003. Cappellano ausiliario nella Casa di Riposo e ausiliario nell’assistenza religiosa all’Ospedale Civile. Continua ad essere sacerdote attivo: per la Casa di Riposo fonda l’Associazione “Amici della Francescon”, trovando in Dino Mio il presidente migliore che potesse scegliere in zona. Dimenticavo: in assenza di una parrocchia vera e propria, continua la sua formidabile missione sacerdotale scrivendo libri, specie per l’infanzia. Quanti? Una decina, credo. Io li ho letti quasi tutti e ne elenco alcuni: “Una vita per i giovani con don Giovanni”, “Una Madre”, “Il Prete racconta”, “Arcobaleno di fiabe”, “ I volti dell’amore”, “Il sogno di un bambino”, “Il sorriso di un bambino”.


L'ACQUOLINA IN BOCCA

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i recente giornali e televisioni hanno dato ampio spazio alla notizia relativa alla volontà del governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, di richiedere il riconoscimento della tipicità (s.t.g., specialità territoriale garantita) del Tiramisù come dolce di Treviso alla dove Comunità Europea. “È giusto e doveroso chiedere il riconoscimento

settembre/ottobre 2013

IL TIRAMISÙ, DOLCE NOSTRANO, VUOLE IL MARCHIO EUROPEO DI TIPICITÀ di Leandro Costa

territoriale di questa specialità – ha fatto presente Zaia –, sia come suggello di un evento storico e sia come motivo ulteriore di valorizzazione di Treviso e del Veneto nel settore alimentare, a fronte di un prodotto che oggi rischia di avere tanti padri e troppe versioni che non rendono giustizia all’impegno e all’inventiva del luogo che l’ha visto nascere, alla luce peraltro di tradizioni dolciarie che hanno fatto da terreno di coltura al vero Tiramisù”. “Il riconoscimento della tipicità è un obiettivo né improbabile né impossibile – ha aggiunto Zaia – e porto come esempio il precedente della “Pizza Napoletana s.t.g.”, specialità tradizionale garantita, che proprio io ho portato al traguardo quando ero ministro alle Politiche Agricole. È un processo che richiede impegno, ma dobbiamo far sapere qual è l’originario Tiramisù di Treviso a fronte delle tante varianti che si sono liberamente sviluppate in tutto il mondo traendo ispirazione dall’intuizione dolciaria dei suoi creatori che, voglio ricordarlo, hanno realizzato il Tiramisù quando Ada Campeol stava allattando il suo primogenito proprio per dare a lei e a tutti una dolce energia”. Queste sono affermazioni che cancellano ogni dubbio sulla paternità del Tiramisù, nato negli anni '70 per merito della titolare dell’Antico Ristorante “Le Beccherie”, ubicato nel cuore della città di Treviso, in Piazza Ancillotto, nelle vicinanze della Torre Civica, alla cui creazione ha collaborato l’allora giovane cuoco del locale Roberto “Loli” Linguanotto. Lo stesso Giuseppe Maffioli, giornalista e scrittore, nonché grande esperto di cucina, ricorda la circostanza in un articolo pubblicato nel 1981 nella rivista “Vin Veneto”: “E’ nato recentemente, poco più di due lustri orsono, un dessert nella città di Treviso, il “Tirame su” proposto per la prima volta nel ristorante “Beccherie””. Il dolce e il nome italianizzato in Tiramisù sono diventati immediatamente popolarissimi e ripresi, con assoluta fedeltà o con qualche variante, non soltanto nei ristoranti

di Treviso ma in tutto il Veneto e provincia. Dato il suo enorme tut successo in tutne to il mondo, negli anni vi sono ten stati diversi tentativi di far risalire l’origine di questo pri splendido dolce “al cucchiaio”. In priconosciu mis nel XVII secolo, meglio conosciure to come “zuppa del Duca” perché realizzato da pasticceri senesi in onore del Granduca di Toscana Cosimo III

de’ Medici, altri sostengono invece la sua origine francese ai tempi della “Bella Epoque”, altri ancora la fanno risalire alla tradizione lombarda ove è nato il mascarpone, come variante della “Bavarese lombarda”. Ci sono poi moltissimi tentativi di clonazione in ogni angolo del mondo, in migliaia di versioni, addirittura con le fragole come è successo in Gran Bretagna, dove, per la verità, anche gli organi di stampa inglese si sono scandalizzati criticando questi tentativi di volgari sofisticazioni, paragonando

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il dolce ad altri prodotti italiani che, proprio perché sono scarsamente tutelati sui mercati mondiali, hanno visto il loro brand screditato. Lasciando perdere ogni frivolo tentativo supposto di paternità, noi confermiamo che il dolce “Tiramisù”, nella sua tipica preparazione, è considerato uno “status symbol”, vanto fra le delizie gastronomiche nostrane, tanto apprezzato e ricercato in ogni parte del mondo. Si sa poi che, come ogni dolce di successo, anche il Tiramisù ha dato origine a moltissime varianti, fra cui quella di sostituire i savoiardi con il pan di spagna e la marsala con il vermouth o il brandy o altri liquori, ma l'originaria formulazione del Tiramisù, cioè quella che viene da Treviso, è quella che vi proponiamo noi qui di seguito.

LA RICETTA IL TIRAMISÙ

Separare due tuorli d’uovo dal loro albume; aggiungere due cucchiaini di zucchero ai tuorli e montarli sino ad ottenere un composto bianco e cremoso. Mescolare bene mezzo kg. di mascarpone sino ad ottenere una crema liscia senza grumi ed amalgamarlo al composto di uova e zucchero. Montare i due albumi delle uova con un pizzico di sale e aggiungere alla crema di uova e mascarpone. Preparare una miscela di caffè leggermente zuccherato e marsala a temperatura ambiente e allungarla con due cucchiai di acqua. Inzuppare dei savoiardi uno per uno e in modo veloce, senza immergerli completamente perché non si spappolino e disporli uno a fianco dell’altro sul fondo di una zuppiera formando uno strato; coprirli con uno strato di crema al mascarpone livellando bene con una spatola .Procedere con un secondo strato di savoiardi imbevuti e coprirli con la restante crema ricoprendo tutta la superficie del tiramisù attraverso una tasca da pasticcere, decorando con una serie di rosette. Spolverare con abbondante cacao amaro e rifinire con scaglie di cioccolato. Riporre il dolce in frigo per almeno 6-7 ore per compattarlo bene.


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INTERVALLO

settembre/ottobre 2013

Con rispetto parlando...

C

redo che tutti sappiano che la vicenda di Giulietta e Romeo è un mito, mutuato dalla fantasia di William Shakespeare. La celeberrima casa di Giulietta, a Verona, meta di pellegrinaggi da tutto il mondo, è un’intelligente bufala architettata dallo storico veronese Antonio Avena, un furbacchione che alla fine degli anni Trenta

di Luciano Guareschi

MI, STA ROBA DE L‛ARCO DEL FONDACO, TUTO STO INTERESSE, DE COLPO, DA PARTE DE UN SACO DE GENTE, NO LA GO CAPÌA. MA FIN ADESSO, DOVE GÈRELI, STI PERSONAGI? E TUTI I DISE LA SUA: METÉMOLO QUA, METÉMOLO LÀ...

NO SO E NO ME INTERESSA. L‛IMPORTANTE, COME EL DISE DA ANI UN CHE MI E TI CONOSSEMO BENON, XE CHE I LO TIRA IN PIE, STO ARCO, FINALMENTE! BASTA CIÀCOE! TIRÉMOLO SU!

N

ota su un registro di classe di una scuola portogruarese, pubblicata tempo fa su Facebook: “Il docente fissa la verifica per il 25/3 e la classe, a conoscenza degli impegni per lo stesso giorno, non informa il docente della concomitante gita scolastica.”. Fra i numerosi commenti, quello poco rispettoso di tale Yuri: “Inculato di brutto”. Plebaglia.

M

a è possibile che nessuno si sia mai accorto che il famosissimo dr. House tiene il bastone con la mano destra, cioè dallo stesso lato della gamba infortunata, mentre per la

del secolo scorso, in felice combutta con le autorità comunali, fece abilmente trasformare un edificio con abitazioni popolari “a ringhiera” – costruito credo ai primi dell’Ottocento, vedi foto – in una elegante dimora duecentesca impreziosita dal balcone più famoso del pianeta, recuperato fra alcuni avanzi museali di Castelvecchio. Ma il vero colpo di genio dell’Avena fu il “ritrovamento” della tomba della giovane Giulietta, avvenuto, se ricordo bene, nel secondo dopoguerra, in un antico convento cittadino. «A l’é un albio!» mi confidò un giorno, quando io ero ancora un ragazzo, il mio

amato zio Italo Benetti, vecchio antiquario con bottega in corso Santa Anastasia, la strada detta appunto “degli antiquari”. «Ma come! Un albio? Cioè un abbeveratoio per le vacche? Di quelli che mettevano all’aperto, vicino alle stalle?». «Sì, un albio. A i l’ha catà in campagna, da un vilan, altro che convento! A i ga dà quatro schei e un albio de cemento, novo de balin.». Be’, io non l’ho mai visitata, la casa di Giulietta, e neanche la sua tomba. Ma ogni volta che ne leggo notizie sui giornali ripenso allo zio Italo e al sorriso beffardo che traspariva sotto i baffi mentre mi raccontava quell’episodio. E sono

certo, anzi certissimo che in quella faccenda ci abbia messo lo zampino pure lui.

M

i vanto di essere un autentico specialista della pasta e fagioli, un piatto straordinario che si consuma sia d’inverno, ovviamente caldo, sia d’estate, naturalmente freddo. È evidente che la qualità dei fagioli ha una notevole importanza (ottimi, per esempio, quelli di Lamon), ma fin da ragazzo – e ne sono passati, di anni! – non sono mai riuscito a stabilire quale sia la scelta migliore per quanto riguarda la pasta, fra riso, ditali o ditalini rigati, tagliatelle spezzate o maltagliati. Anche questi son dilemmi che mi angustiano la vita…

I

n una afosissima notte d’agosto dell’estate scorsa hanno abbattuto il vecchio ponte autostradale sul Piave, utilizzando delle mine controllate, chiamate tecnicamente cariche da demolizione. Un fragore immane. E il Piave mormorò: “Ma come! Ancora? Ma che casso…?”.

H

o cercato in internet qualche notiziuola su Nereo Rocco, grande uomo di calcio, ma soprattutto semplicemente grande uomo. Ed ecco venir fuori qualche sua battuta. Durante l’assegnazione delle maglie, nello spogliatoio: «Xe l’ultima, ghe xe ancora un mona?». «Tuto quel che se movi su l’erba, ti da-

ghe. Se xe la bala, pasiensa…». Spiegando la tattica ad un cronista: «Domenica giocheremo così: Cudicini in porta e tuti i altri fora...». Rimbrotto a Nestor Combin: «Tasi ti, che ti xe tanto testa de mona che tuti i mesi ti perdi sangue dal naso!». Parlando di Nils Liedholm, il suo numero 10: «Quel mona de Baròn. Con lui me toca sempre parlar in italian.». Ascoltando le dichiarazioni di Giovanni Trapattoni, allora giocatore del Milan, in un dopo partita: «Mariavèrgine, ma quante monade ch’el dise Giovanin nostro!». «Mi te digo cossa far, ma in campo te va ti.». Madrid 1969, finale Coppa dei Campioni. Malatrasi, dal campo, si rivolge a Rocco per la marcatura di Anquilletti su Cruijff: «Signor Rocco, cambi!». Lui si volta verso il dottor Monti: «Cossa xe ch’el vol?». E Monti: «Dice di cambiare marcatura». Rocco: «Dighe ch’el se cambiassi le mudande!». Lezione di tattica: «Scopo del zogo, ostrega, xe de meter el balòn dentro la porta!». Rocco sul difensivismo: «I giornalisti dise che solo noi femo el catenaccio. I altri fa calcio prudente.». Quando allenava una squadra di bassa classifica: «Vinca il migliore, Signor Rocco!». «Ciò, speremo de no!».

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legge dell’equilibrio dei carichi, dovrebbe impugnarlo con la sinistra?

F

ederico Geremicca, noto giornalista della Stampa, ogni mattina esce di casa, si affaccia all’uscio di un parrucchiere per uomo lì accanto, gli fa il gesto dell’ombrello e poi se ne va tranquillamente a La7, si siede al tavolo

di Omnibus dove spara tre o quattrocento parole di cui il 50% è costituito da “diciamo”, superando, anche se di poco, il record di D’Alema, che è del 47%.

guareschi@email.it


LETTERE

settembre/ottobre 2013

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DAI NOSTRI LETTORI DIO ESISTE?

In questo numero abbiamo deciso di dedicare l'intera rubrica delle lettere a Luciano Guareschi, che nella precedente uscita della sua rubrica "Intervallo" ha toccato, a suo modo, un argomento che ha suscitato diverse reazioni. Caro Luciano Mi permetto farti questo piccolo appunto in nome della nostra antica amicizia, in relazione ad alcune affermazioni che hai fatto, commentando con lo stile che ti è congeniale, un tristissimo fatto di cronaca (un padre che si è dimenticato in macchina per molte ore il figlio piccolino causandone la morte). Cito testualmente: “E poi gli dei non esistono. Nemmeno Dio esiste, e se esiste è talmente invecchiato e rimbecillito che certe cose oramai manco le vede”. Innanzi tutto mi fa piacere che ci sia qualcuno che abbia raggiunto la granitica certezza che Dio non esiste. Sono millenni che innumerevoli filosofi, teologi, antropologi si affannano intorno alla questione senza arrivare ad una conclusione incontrovertibile; beato tu che ci sei arrivato e avrai trovato la pace dell’anima. Ma quello che mi preme evidenziare è la mancanza di sensibilità e di rispetto

nei riguardi di chi una fede ce l’ ha, qualunque essa sia. Ognuno di noi ha dei valori cui crede fermamente e a cui attribuiamo grande importanza e se qualcuno ce li tocca ne soffriamo, e se ne dovessimo fare una gerarchia, certamente la fede sarebbe al primo posto. Pertanto non ho problemi a dire che a leggere quelle frasi mi sono sentito ferire nella mia sensibilità di credente e anche praticante, non tanto nella liturgia e nella preghiera, quanto nell’applicazione concreta del precetto per me fondamentale del credo della fede cristiana “ama il tuo prossimo come te stesso”. Tutto il resto ne consegue, senza tanti comandamenti o precetti. Sempre tuo con stima e affetto Giancarlo Caro Giancarlo, forse hai frainteso le mie parole. Nella mia frase che tu hai citato è presente un “se” ipotetico che dimostra ampiamente che non ho affatto raggiunto quella che tu definisci una granitica certezza dell’inesistenza di Dio. E non ci sono riusciti, come tu stesso affermi, innumerevoli filosofi, teologi ed antropologi in tutti questi secoli. Dio esiste? Ebbene, quando accadono certe cose, rivendico il diritto di prendermela con lui. E nella mia vita mi è capitato più di qualche volta. Dio esiste? Allora comprenderà la mia rabbia di uomo imperfetto, uomo da

Dio stesso creato, se ricordo bene, “a sua immagine e somiglianza”. E da qui non mi muovo. Tuttavia mi dispiace di aver offeso la tua sensibilità di credente ed osservante e di questo, ma solo di questo, ti chiedo scusa. Anch’io, con affetto e molta stima. Luciano Gentile Signor Guareschi, Le scrivo in merito al trafiletto pubblicato nella pagina a Lei riservata sul Portogruaro.Net Magazine di luglio/agosto, ove Lei scrive riguardo all’infelice sorte del piccolo Luca abbandonato dai suoi genitori in macchina, incastonando la vicenda in mezzo ad alcune Sue considerazioni sull’esistenza del divino. Cito letteralmente: “(...) E pensavo anche a Luca, quel bimbetto dimenticato nell’auto arroventata da un sole implacabile, ben “assicurato” al seggiolino e ritrovato soltanto dopo otto ore, ormai esanime. Lui un dio olimpico a proteggerlo non l’ha avuto. Lui non era un guerriero. E poi gli dei non esistono. Nemmeno Dio esiste, e se esiste è talmente invecchiato e rimbecillito che certe cose oramai manco le vede”. Ci hanno sempre insegnato che Dio è Padre buono che ci ama e si prende cura dei suoi figli. Lei invece lancia un’idea teologica nuova: dio è nonno (l’ho scritto con la d minuscola perché immagino che data l’età sia anche un po’ contratto e ricurvo),

nonnetto con le cataratte in fase avanzata, chiamato in causa a fare il babysitter quando i genitori vanno a spasso (tanto che mi domando chi sia più rimbecillito). Cosa dire? Ognuno serve il dio che si sceglie, ma poi non sempre questo dio serve a qualcosa. Vuoi un dio che veda le tue necessità, che ti ascolti quando lo preghi e che intervenga? Sicuramente devi sceglierlo ancora efficiente. Vuoi sentirti libero di fare quello che vuoi, senza sentirti dire che questo è bene e quello è male, vuoi che non si impicci negli affari tuoi? Allora in questo caso devi sceglierlo deficiente. E quello sarà il tuo dio. Ma poi non lamentarti se quando hai bisogno non sente, non vede, non parla, non interviene… Spiritualmente parlando, è anche una teologia dall’esito già scontato: già l’aria si fa soffocante e asfittica… scusi, ma non le viene di abbassare il finestrino? Cordiali saluti Sebania Tassiello Gentilissima signora Tassiello, la sua è decisamente una lettera ironica e molto divertente, ma io sarei proprio matto se mi mettessi a disquisire su una materia in cui lei è una indiscussa autorità. Non ci provo nemmeno. Perciò mi limito a confermare quanto ho scritto in risposta alla lettera precedente. Cordialmente, Luciano Guareschi

Inviate le vostre lettere a magazine@portogruaro.net oppure alla nostra redazione in Borgo San Gottardo, 55 a Portogruaro

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CORSO DI FORMAZIONE ACCORDO STATO REGIONI PER TUTTE LE CATEGORIE 8 ORE, 12 ORE, 16 ORE CORSO FORMAZIONE ATTREZZATURE “MACCHINE MOVIMENTO TERRA” 16 ORE CORSO RINNOVO ADDETTI AI PONTEGGI 4 ORE CORSO AGGIORNAMENTO R.L.S (Rappresentante Lavoratori Sicurezza) 4 ORE AGGIORNAMENTO R.S.P.P. (Responsabile Servizi Protezione e Prevenzione) PER I DATORI DI LAVORO

SERVIZIO DI ASSISTENZA ALLE AZIENDE IN MATERIA DI SICUREZZA AZIENDALE

VALUTAZIONE RISCHIO AMIANTO

“Vi consentirà di richiedere all’INAIL uno sconto sui versamenti complessivi annuali nella misura del 30% per le aziende fino a 10 addetti, e del 23% per le aziende con più di 10 addetti”.

La presenza di amianto, in qualsiasi luogo o impianto, di per sé non è pericolosa. Lo diventa nel momento in cui si presenta la possibilità che le fibre di amianto possano essere sprigionate nell’aria e inalate, in questo caso anche la presenza di amianto va debitamente trattata nel Documento Valutazione Rischi. Confartigianato Imprese Veneto Orientale garantisce una visita e preventivo gratuito per la valutazione dello stato di tale rischio.

Il servizio di assistenza alle aziende è stato ideato a seguito dell’entrata in vigore il D.Lgs. 81/08 ex D.Lgs. 626/94, per una gestione globale degli obblighi e adempimenti in materia di Sicurezza nei Luoghi di Lavoro, consentendo di monitorare e governare tutti i rischi presenti nell’ambito “Sicurezza sul Lavoro” attraverso:

>> una costante verifica delle conformità legislative; >> un aggiornamento continuo della documentazione aziendale; >> la redazione di procedure e istruzioni di lavoro; >> la disponibilità di una interfaccia con le figure aziendali (Datore di Lavoro, RSPP, RLS, Medico del Lavoro etc.);

>> l’assistenza in caso di visite ispettive; >> la gestione dei rapporti con gli Enti competenti; >> l’effettuazione di sopralluoghi in azienda o cantiere.

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