Portogruaro.Net Magazine

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MAGAZINE Oltre Confine

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L’editoriale

MAGAZINE

RISK COMMUNICATION ISTITUZIONI E COMUNICAZIONE DEL RISCHIO ALLA PROVA DEL CORONAVIRUS di Vincenzo Zollo

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on mi soffermo a disquisire su quanto questo terribile evento pandemico del Covid-19 abbia influito sulla vita sociale, economica e politica, non solo del nostro Paese ma del mondo intero, e quanto sul sistema sanitario e sulla salute delle persone. Non perché io voglia snobbare l’argomento, ma solo perché dati e notizie ne sono stati diffusi in grande quantità ed ognuno di voi, vista la lunga e forzata permanenza in casa, avrà avuto modo di farsi delle proprie idee. Il nostro lavoro, quello di chi fa giornalismo e comunicazione, ha un compito molto importante, cioè informare correttamente le persone. Per questo siamo tra l’altro, come molti altri ordini, soggetti ad una formazione continua ed obbligatoria. Ma chi ci governa, è preparato a comunicare correttamente? È in grado di gestire in modo attento la comunicazione in casi straordinari come questo che stiamo vivendo? Non vi do una risposta, ma vi sottopongo uno spunto di riflessione tratto da un testo del nostro collaboratore e giornalista Andrea Rubin, che sicuramente vi offrirà degli strumenti in più per formare un giudizio su questo tema. «La comunicazione del rischio è un settore di ricerca consolidato da diversi decenni. In Italia, però, la risk communication non si è ancora istituzionalizzata nonostante si producano studi internazionali, pubblicazioni scientifiche e si possano annoverare degli esperti riconosciuti. L’esperienza e gli studi maturati alla luce di precedenti situazioni emergenziali (mucca pazza, disastri nucleari di Chernobyl e di Fukushima, influenza aviaria) hanno favorito il consolidarsi di alcuni dati e considerazioni che possono risultare utili ad affrontare quest’ultima emergenza sanitaria. Viene da chiedersi, quindi, come è stata gestita sin qui? Tra le principali preoccupazioni è stata evidenziata l’infodemia, cioè la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che ha reso difficile orientarsi su un determinato argomento, e una comunicazione a volte considerata inadeguata. Le principali indicazioni per una comunicazione efficace possono essere invece così riassunte: mai negare o sminuire il rischio; la comunicazione deve essere tempestiva, veicolare informazioni complete, sintetiche e facilmente comprensibili sul rischio e sulle contromisure messe in atto; non deve trasmettere incertezza e indecisione; i messaggi devono manifestare empatia, non devono far percepire indifferenza, mostrare che le autorità si assumono le responsabilità e condividere le legittime preoccupazioni e incertezze; evitare che il dibattito tra esperti si traduca in uno strumento che genera disorientamento e confu-

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PRIMAVERA 2020

sione tra i cittadini. Meglio quindi che a parlare sia “una voce sola”. Le autorità a tutti i livelli lo hanno fatto, seppur con qualche “scivolone”. Ad assolvere l’obbligo democratico di informare i cittadini sono stati gli esponenti politici che “ci hanno messo la faccia”. La scelta, seppur coraggiosa, espone però a un rischio tutt’altro che trascurabile in una simile circostanza: quello noto come “rifiuto del messaggio per delegittimazione della fonte”. Da diversi anni, infatti, i politici sono tra le categorie che godono di minor fiducia tra i cittadini italiani e veneti. In una situazione emergenziale, dunque, lasciare che la comunicazione venga gestita in prima persona da un esponente politico mette a repentaglio il raggiungimento dell’obiettivo: il messaggio rischia seriamente di venir pregiudizialmente rifiutato da una

parte del pubblico non per il suo contenuto ma per sfiducia nei confronti della fonte. Sarebbe dunque preferibile che in situazioni di emergenza la responsabilità comunicativa venisse delegata a figure istituzionali (medici, scienziati, ecc..) assistite da esperti di comunicazione del rischio. Si tratta di un aspetto per niente irrilevante dato che l’OMS considera proprio la comunicazione il mezzo più efficace per contenere il panico ed affrontare efficacemente situazioni di crisi epidemiche. Occorrerebbe, però, che le istituzioni nazionali, ma anche (e soprattutto!) quelle regionali e locali, pianificassero in “tempo di pace” le strategie per affrontare con successo le crisi future, coadiuvate da esperti nel campo della comunicazione. Non bastano a tal proposito esperti in comunicazione, marketing o uffici stampa. Servono, è necessario ribadirlo, veri e propri esperti in comunicazione del rischio e dell’emergenza! La politica, da parte sua, dovrà parallelamente operare per (ri)costruire relazioni di fiducia stabili con i cittadini. Ma questo è un lavoro complicato che va ben oltre l’abilità comunicativa e necessita di tempi assai lunghi. In Veneto come in Città».

Sommario Editoriale Risk Communication

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In copertina Giovani e cyberbullismo

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Fuori scena Intervista a “Greg”

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Oltre confine Il borgo di Cordovado

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Tutto il mondo è paese Luca Bellomo a Bruxelles 8 La parola a Poliambulatorio Odontoiatrico 9 Asvo 9 Ritorno al futuro Il liutaio e la sua arte

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Passaparola Giovani e avvio d’impresa

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Accadde oggi Il mercato a Portogruaro

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L’Acquolina in bocca Passione orto

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Giocherellando Cruciverba e crucipuzzle

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Portogruaro.Net Magazine Supplemento a www.Portogruaro.Net del 16/03/2020, chiuso in redazione il 09/03/2020, distribuito causa emergenza Covid-19 il 04/05/2020 Iscrizione al ROC n. 17423 Direzione e Redazione: Borgo San Gottardo, 55 - 30026 Portogruaro (VE) Tel. e Fax 0421 280444 Email: magazine@portogruaro.net PNEUMATICI

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Direttore Responsabile: Vincenzo Zollo In redazione: Marta Camerotto, Nilla Cicuto, Maurizio Conti, Marta D’Ovidio, Vito Digiorgio, Mariangela Flaborea, Marta Forte, Gloria Morettin, Umberto Pizzinato, Andrea Rubin Immagine di copertina di Amelia Never “LA PAROLA A...” è una rubrica di inserzioni promozionali redazionali a pagamento. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere utilizzata in alcun modo, incluse le inserzioni pubblicitarie che sono di proprietà dell’editore che ne vieta la riproduzione anche parziale con qualsiasi mezzo. Manoscritti, fotografie e disegni anche se non pubblicati, non si restituiscono. Portogruaro.Net lascia agli autori degli articoli l’intera responsabilità delle loro opinioni; garantisce la riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione, scrivendo o telefonando alla redazione. L’editore rimane a disposizione di altri eventuali aventi diritto di copyright su testi o immagini che non è stato possibile contattare. Stampa: Centro Servizi Editoriali Distribuzione gratuita © Copyright 2005-2019 Portogruaro.Net by VISYSTEM EDITORE Borgo San Gottardo,55 30026 Portogruaro (VE) Tutti i diritti riservati

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In copertina

MAGAZINE

PRIMAVERA 2020

CYBERBULLISMO, LE PORTE DEL WEB SONO SEMPRE APERTE UN FENOMENO PER LA MAGGIOR PARTE INVISIBILE CHE SOLO CHI OSSERVA ATTENTAMENTE I COMPORTAMENTI DEI RAGAZZI PUÒ RILEVARE

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sbagliato pensare che il bullismo sia un fenomeno che si è diffuso negli ultimi tempi. C’è sempre stato. Oggi, tuttavia, si è intensificato grazie soprattutto alla piazza virtuale che tutti conosciamo come “internet”, divenendo “cyberbullismo”. Mentre in passato, i pericoli erano legati alle cosiddette “cattive compagnie”, oggi il rischio sta nelle relazioni che i ragazzi instaurano nel mondo virtuale, dove spesso si mettono in contatto con conoscenti, amici, ma anche con perfetti sconosciuti. Se prima i genitori potevano almeno capire con chi usciva il figlio, oggi non è più così, tutto si nasconde dietro ad un monitor o ad uno smartphone. La circostanza, quindi, può diventare pericolosa sia per i ragazzi, che si rapportano virtualmente con altre identità di cui non si ha nessuna certezza, sia per i genitori, che non riescono a tenere sotto controllo la situazione. Ciò è confermato dai dati emersi dalla ricerca condotta dall’Osservatorio scientifico della noprofit “Social Warning - Movimento Etico Digitale”, fondata dal 24enne Davide Dal Maso, che nel 2019 ha formato 17mila studenti e 4 mila genitori rispetto ai rischi e alle opportunità del web. I dati dell’analisi evidenziano che quattro ragazzi su dieci, tra i 12 e i 16 anni, si imbattono in episodi di cyberbullismo navigando in rete o utilizzando i social media, e che gli adulti hanno delle difficoltà nell’impartire regole precise ed esplicite per vivere serenamente il web in famiglia, forse per il distacco e la sfiducia con cui molti di loro hanno sempre visto il digitale. Il 72,6% dei ragazzi intervistati per la ricerca ritiene giusto ricevere regole per approcciare la rete, ma solo nel 55% delle famiglie dei giovani coinvolti vengono impartite limitazioni rispetto all’uso della rete o, più in generale, regole di comportamento a cui attenersi. L’80% degli adolescenti riferisce, infatti, che l’unica limitazione è legata al tempo di utilizzo. La loro passione sono le piattaforme social, in

particolare YouTube, WhatsApp e, a seguire, Instagram e Tik Tok, che nel 2019 ha doppiato il gradimento di Facebook. A queste piattaforme, l’85,4% di loro si collega più volte al giorno e solo l’11,6% qualche volta a settimana. I giovani, insomma, sono sempre connessi e i casi di cyberbullismo sono in costante crescita. Non serve essere assidui “navigatori” per imbattersi in video dove vengono insultati giovani, persone diversamente abili o vengono riprese ragazze in bagno, violando la loro privacy.

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Secondo una ricerca di Save The Children tre ragazzi su dieci sono testimoni di comportamenti violenti in rete e il 72% degli adolescenti vede il cyberbullismo come il fenomeno sociale più pericoloso del momento. I ragazzi vengono presi di mira per l’aspetto fisico, l’orientamento sessuale, le relazioni, il modo di vestire e di pensare in vari modi. Si può, infatti, parlare di flaming, quando si hanno commenti violenti e volgari su forum e gruppi online per umiliare, di impersonation, quando si mandano messaggi fingendosi altri per ingannare l’altra persona, di trickery, quando si cerca di ottenere la fiducia di qualcuno per poi fargli uno scherzo crudele, di cyberstalking, quando si hanno minacce e molestie ripetute sul web, di doxing, con la diffusione di dati personali e sensibili, di denigration, quando si denigra una persona pubblicamente, di cyberbashing, quando un gruppo di ragazzi maltratta o picchia un coetaneo e il tutto viene ripreso in un video che viene poi pubblicato in rete, o di harassment, quando si arriva a minacce gravi, anche di morte. L’esempio più lampante è il fenomeno del gioco Blue Whale. I ragazzi vengono contattati sui social e viene lanciata loro una sfida divisa in 50 prove la cui pericolosità aumenta man mano; una volta accettata non si possono più tirare indietro, pena pesanti ripercussioni


In copertina

MAGAZINE

UNA BREVE GUIDA ALLE GENERAZIONI

sui familiari. Lo scopo di tutto questo è plagiare la vittima e istigarla a gesti folli e tragici. Un vero e proprio “gioco dell’orrore” che ha mietuto diverse vittime tra gli adolescenti. Il cyberbullismo, purtroppo, è un fenomeno sociale che si sta imponendo come espressione della criminalità minorile.

GENERAZIONE X Nati tra il 1965 e il 1980 La generazione X ha avuto a che fare con i grandi cambiamenti in ambito tecnologico che hanno segnato l’umanità. Gli appartenenti a questa “classe”, infatti, conoscono internet fin dalle sue origini, lo hanno creato, sono cresciuti senza i cellulari e, molto spesso, senza un computer in casa. Le novità non spaventano la generazione X che è molto audace, indipendente e si adatta tanto che, oggi, fa uso della tecnologia principalmente per stare in forma e in salute. Tra le caratteristiche principali troviamo la dedizione al lavoro e la passione per la musica che, tra gli anni ’60 e ’80 con la nascita del punk, del grunge e della tecno, si ascoltava con i mangiacassette o con i lettori CD.

Cosa avviene nel Portogruarese Nel nostro territorio c’è una vera e propria necessità sociale di affrontare la tematica del cyberbullismo. A confermarlo è l’Associazione ermes di San Stino di Livenza, referente territoriale per il Terzo Settore dell’Area Famiglia, infanzia, adolescenza, donne e giovani nei Piani di Zona dell’ULSS4 e che da sei anni a questa parte è presente nelle scuole e in diversi incontri dedicati ai genitori e alla comunità in genere per affrontare il tema. “Anni fa si iniziava a trattare di cyberbullismo alle scuole superiori - spiega il dott. Jose Toffoletto, socio, formatore e progettista sociale dell’Associazione -. Ora, invece, i primi incontri si tengono già alla scuola primaria, a partire dalla quarta elementare, dove si parla di rispetto verso il prossimo. Cerchiamo di trasmettere ai bambini il messaggio che il cyberbullismo causa effetti psicologici sulle persone, non più fisici come il bullismo, e che si può diventare eroi segnalando un episodio di sofferenza anche a 8 anni. Accedere al web purtroppo è molto semplice continua il dott. Toffoletto -. Anche se il genitore impone delle restrizioni, il giovane può tranquillamente connettersi a casa di un amico. Perciò il controllo del fenomeno è molto difficile: gli adulti si trovano spaesati, non sanno come comportarsi. Il nostro consiglio è di aggiornarsi insieme a loro, parlare, ascoltarli e farsi raccontare le cose. È necessario stare al loro fianco. Nelle scuole si è sempre insegnata l’educazione civica, ora bisognerebbe introdurre anche l’insegnamento all’uso delle nuove tecnologie, così da cercare di prevenire certi comportamenti”. L’Associazione ha lavorato in tutte le scuole del Portogruarese e le rilevazioni sono davvero molte. “La dinamica più diffusa è l’esplosione dei gruppi WhatsApp tra i più piccoli - afferma il dott. Toffoletto -. Se prima mi dicevano “tu non giochi con noi”, oggi, in una frazione di secondo, senza aversi di fronte, non ti permettono più di accedere al gruppo di conversazione. Le problematiche legate al cyberbullismo iniziano dalla preadolescenza (11 anni circa) ma, con il passare del tempo, l’età si abbassa. La maggioranza dei casi riguarda il genere femminile con offese riguardanti l’aspetto fisico o per la diffusione di foto intime sul web. Per le famiglie è bene tener presente la storica legge del 2017 che tutela le vittime di cyberbullismo. Il minore quando viene colpito si sente solo, per questo è importante fare rete tra genitori, insegnanti, educatori, allenatori, catechisti e avere un’attenta osservazione dei comportamenti dei ragazzi - sostiene il dott. Toffoletto -. Gli “osservatori” sono la salvezza del cyberbullismo”.

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PRIMAVERA 2020

GENERAZIONE Y (MILLENNIALS) Nati tra il 1980 e il 2000 I Millennials sono cresciuti con la tecnologia. L’uso dello smartphone è una vera dipendenza per loro che vogliono condividere tutto sui social, senza lasciarsi scappare nulla, risultando popolari agli occhi degli altri. Il 53% preferisce spendere soldi in un’esperienza da vivere che in qualcosa di materiale. Tratto caratteristico è la voglia di indipendenza, alla quale aspirano ma senza fare davvero ciò che serve per ottenerla.

GENERAZIONE Z Nati dopo il 2000 Questa generazione è multi-tasking, sa utilizzare più “schermi” contemporaneamente e per questo viene definita “Screenager”. Si divertono, infatti, a collegarsi con gli amici sui social, prediligono il concetto del “noi” rispetto all’“io” ma, nonostante ciò, tendono a sentirsi soli. La loro mentalità è aperta, non si fermano di fronte al colore della pelle o alla diversa provenienza dell’altro. Credono molto nell’istruzione, sono ambiziosi e vogliono dare vita a qualcosa di proprio per il futuro.

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infatti, ha attivato progetti per cercare di rilevare precocemente possibili criticità legate al cyberbullismo. “All’ISIS “G. Luzzatto” di Portogruaro esiste il “Team antibullismo” e un referente che hanno il compito di progettare e monitorare il problema - spiega la prof.ssa Maria Cristina Cappellozza, referente per i Servizi agli studenti -. Per quanto concerne la formazione e la prevenzione al tema, l’anno scorso abbiamo provveduto a fare dei corsi per gli insegnanti e ad organizzare delle attività nelle classi. Per monitorare il fenomeno, abbiamo somministrato a tutti gli alunni un questionario per comprendere cosa ne pensassero riguardo al tema. Dai dati era emerso che c’era una fascia di sensibilità ma nessuna evidenza e che in quasi tutti i ragazzi si rilevava una fiducia verso l’adulto, docente o genitore, individuato come persona in grado di dare aiuto in queste situazioni. Considerata la difficoltà nel percepire il fenomeno tra i ragazzi, abbiamo accostato alle classi prime degli studenti formati attraverso la “peer education” (educazione tra pari, ndr) per aiutarli a gestire i conflitti e le relazioni, a volte complicate”. E aggiunge la prof.ssa Cappellozza: “La situazione si è rivelata più complessa con il problema dell’uso scorretto del cellulare in quanto meno controllabile. L’anno scorso abbiamo avuto delle situazioni critiche che hanno avviato una riflessione tra noi docenti che, alla fine, ci ha costretti ad approvare un regolamento sull’uso dello smartphone molto più rigido. Nell’anno in corso abbiamo notato dei miglioramenti. Più che di bullismo abbiamo dovuto affrontare situazioni conflittuali che, se non gestite, potevano sfociare in episodi più gravi. Consapevoli della difficoltà nel rilevare problematiche legate al fenomeno in questione, stiamo sempre più comprendendo come sia importante la prevenzione attraverso un’attenta osservazione e l’organizzazione di progetti educativi”. Gloria Morettin


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PRIMAVERA 2020

Fuori scena

MAGAZINE

IN “AgGREGazioni” EMERGE IL VERO ME MULTI-PERSONAGGIO ECLETTICO, CLAUDIO “GREG” GREGORI HA PORTATO IN SCENA AL RUSSOLO IL SUO SPETTACOLO DI DEBUTTO DA SOLISTA

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el cartellone riservato al Cabaret e al teatro comico del Teatro “L. Russolo” di Portogruaro, predisposto dalla Fondazione Musicale Santa Cecilia in collaborazione con Arteven, un ruolo particolare è stato ricoperto dallo spettacolo AgGREGazioni che ha avuto come autore e interprete Claudio Gregori, in arte “Greg”. Nato a Roma nel 1963, Claudio Gregori ha iniziato la sua attività artistica come musicista nel 1979 dando vita al gruppo Jumpin Blues Boys per poi formare nel 1992 con il suo storico compagno Lillo il gruppo rock demenziale Latte & i Suoi Derivati. Nel corso degli anni i due amici furono nel gruppo fondatore delle Iene e impegnati in radio, televisione, teatro e cinema. Com’è “sbocciato” il Greg artista? Non c’è stata una scintilla. Mio padre dipingeva e mi piaceva molto il suo stile, ho i suoi geni nel dna. Mia madre, da giovane, invece, faceva cartamodelli, quindi probabilmente anche da lei ho ereditato qualcosa. I miei hanno sempre amato la musica. Da quando avevo 8/9 anni normalmente ascoltavo il jazz degli anni ’20. A 14 anni ho scoperto il rock ’n roll, mi sono appassionato e ho iniziato a suonare prima la tromba e poi la chitarra. Nel frattempo disegnavo. Mi hanno trasmesso anche la passione per la lettura, che mi ha portato a scrivere delle sceneggiature di piccoli fumetti. Da giovane ho sempre pensato che la mia carriera fosse quella del disegnatore tanto che, appunto, ho iniziato a dare le mie creazioni a diversi editori e a lavorare, dopo tempo e fatica, nella stessa casa editrice in cui ho incontrato Lillo. Con lui è nata prima un’amicizia, poi una collaborazione. Siamo rimasti senza lavoro e, assieme all’ex caporedattore che suonava la batteria, abbiamo formato un gruppo di musica comica chiamato Latte & i Suoi Derivati e nel 1992 siamo partiti. Tre anni dopo è arrivata la prima esperienza teatrale e nel 1997 siamo approdati in tv nella prima edizione del programma Le Iene, poi in radio e al cinema. Con Lillo ha condiviso molti successi, che effetto le ha fatto andare in scena senza di lui? A dire il vero nessuno. Ho incominciato a fare concerti 40 anni fa, 13/14 anni prima di farli con Lillo. Sono abituato a muovermi da solo, anche se, trovarmi senza l’ausilio di tutto il resto dello staff, mi dà sicuramente più tensione. Ho tutto sulle mie spalle, sia la riuscita che la non riuscita dello spettacolo. Tuttavia, sento molto di più la libertà di portare in scena quello che voglio. Nel 2008 ha dato alle stampe AgGREGazioni, come siete giunti alla decisione di portarlo in scena? Anni fa ho ritrovato in un cassetto una raccolta di brevi racconti, poesie, aforismi e ho deciso di darli alle stampe

riunendoli in un unico libro intitolato “AgGregazioni”, giocando anche sul mio soprannome. Una volta pubblicato, ho subito pensato che poteva essere un buono spunto per un monologo. Cogliendo diversi aspetti, anche da altri personaggi, ho dato vita a delle “aggregazioni” vincenti per un testo teatrale. Come presenta lo spettacolo? È un monologo, una storia in cui io interpreto vari personaggi. Si tratta di un giallo un po’ noir, come la saga dell’ispettore Marlowe di Raymond Chandler, che si apre con il discorso del danno del tabacco di Čechov. Qui, il protagonista è un perdente, come lo sono i soggetti che io porto in scena in questo spettacolo. Sul palco mi trasformo in un investigatore particolare che vorrebbe essere come Marlowe, ma in realtà è nato in Italia e non riesce

mai a seguire casi avvincenti, anzi. A lui spetta il compito di ritrovare un ragazzetto scomparso della periferia romana. Con le indagini, il protagonista vive diverse esperienze ed incontra altrettanti “perdenti”. Passa attraverso un night club, in parrocchia e in un posto chiamato “LibroBook”, una discUteca, dove si discute dei libri più in voga fino all’alba, un luogo certamente ai confini della realtà. Si trova di fronte, ad esempio, ad un cantante che vorrebbe essere come Dean Martin e, invece, sale in un palco con un semplice pianoforte ascoltato da un pubblico mediocre e disattento. Lo spettacolo ha molti punti divertenti, ma in esso serpeggia anche una certa amarezza che porta il

pubblico a riflettere in più occasioni. Lo si può definire uno spettacolo a 360°… Senza dubbio. Le persone, quando assistono alla messinscena, hanno sempre la stessa sensazione. Malgrado ci sia una scarsa scenografia, una narrazione particolare, con luci e contributi sonori, come voci fuoricampo con le quali io interagisco, il pubblico riesce ad immergersi nella storia, a viverla e a cogliere anche tutte le sfumature di questa discesa e risalita dagli inferi. In questo spettacolo gli spettatori rimangono confusi perché non si aspettano di vedermi in queste vesti. In questo spettacolo c’è umorismo vero, che è più graffiante e penetrante. Qui emerge il vero me. È un artista molto eclettico appassionato anche di disegno: continua a disegnare? Sì, senz’altro. Le passioni ti rimangono dentro e devi per forza coltivarle. Disegno tantissimo, per conto mio, nei momenti liberi. I soggetti sono cose più o meno compiute, che hanno un loro senso. Mi diverto anche a fare caricature di attori o di cantanti del passato. Ogni tanto capita che qualcuno mi commissioni qualche lavoro. Ultimamente, ho collaborato con la LINT, la lega per la ricerca contro il Parkinson, alla quale ho ceduto un mio vecchio personaggio dei fumetti che disegnavo negli anni ’80-’90.

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Tra le sue varie “personalità”, ce n’è una che spicca su tutte? Dal mio punto di vista l’anima del musicista, che coltivo e che si fa sentire molto di più quando manca. Posso resistere due giorni senza disegnare o scrivere, ma se non suono ne sento la mancanza. Io mi definisco musicista e autore. Ho appena finito di scrivere una finta biografia di un mio personaggio e ho iniziato a scrivere il mio primo romanzo. Progetti futuri? Dal punto di vista teatrale non avrò nulla di nuovo, mentre in ambito cinematografico, ad ottobre, abbiamo finito di girare il nostro primo film in cui siamo autori del soggetto, della sceneggiatura e della regia. Maurizio Conti


Oltre confine

MAGAZINE

PRIMAVERA 2020

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CORDOVADO, UNO DE

PASSEGGIANDO NELLE VIE DEL CENTRO STORICO, AMMIRANDO I SUOI MONUMENTI, LE CHIESE E I PALAZZI, SI POSSONO RIPERCORRERE SECOLI E SECOLI DI STORIA

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l nome stesso del paese ci dice qualcosa della sua origine. Cordovado deriva dai termini latini curtis e vadum, ad indicare la nascita di una corte, insediamento medievale, nei pressi di un guado. Il Medioevo è infatti il periodo storico che vede la nascita e lo sviluppo del borgo castello di Cordovado. Già in epoca protostorica, tuttavia, doveva esistere nel sito un castelliere difensivo e successivamente, in epoca romana, un presidio militare, collegato a Iulia Concordia, che controllava il punto di passaggio obbligato sul fiume. Per conoscere la storia di Cordovado è consigliabile partire dall’antica pieve di S. Andrea Apostolo. Sulla cornice del portale principale si legge la data 1477, anno in cui venne terminata la chiesa, edificata probabilmente sul sito di una pieve più antica. Realizzata in mattoni a vista, si presenta con una semplice ma elegante facciata a capanna che rivela la struttura interna a tre navate. Possenti pilastri scandiscono lo spazio interno e ci accompagnano verso il presbiterio dove la luce che filtra dalle vetrate rivela la presenza di raffinati affreschi, restaurati ed attribuiti a Gianfrancesco da Tolmezzo. Accanto, vi è il campanile (XV secolo), la cui porzione superiore risale ad un’epoca più recente. Ai suoi piedi si nota una sagoma di ferro di un cavaliere al galoppo: è lo Spaccafumo, personaggio delle Confessioni di un Italiano, romanzo scritto da Ippolito Nievo intorno alla metà dell’800. Una volta attraversata la storica Piazza del Tiglio si raggiunge la torre sud del borgo castello. Si ha la percezione di entrare in un inse-

diamento medievale fortificato con un lungo e ben conservato tratto di mura, i resti di un torrione angolare di avvistamento e la torre portaia. Passeggiando verso la torre nord, si possono ammirare un pittoresco borgo ricavato lungo il percorso interno delle mura, una casa di aspetto ancora trecentesco, eleganti palazzi signorili di impronta rinascimentale, fino ad arrivare alla chiesetta di San Giro-

lamo, riscostruita intorno alla metà del ’300 con un’originale facciata, realizzata per metà e con rosone eccentrico. Fu cappella vescovile, annessa ad un palazzo, residenza dei vescovi concordiesi che gestirono Cordovado come feudo personale per secoli, che si trovava in quello che oggi è il parco privato di Villa Piccolomini. La torre nord, integra e ben conservata, presenta ancora i camminamenti di ron-

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da interni, ricostruiti con un fedele restauro. Sotto all’arco si nota la fessura dalla quale veniva calata la grata che ne chiudeva l’accesso, oltre al quale ci si trova sul ponte che varca la roggia Lugugnana, antico fossato che cingeva e difendeva l’intero borgo. Superato il Monumento ai Caduti, si imbocca via Battaglione Gemona entrando nel cosiddetto borgo nuovo di Cordovado, sviluppatosi lungo la via che raggiungeva prima le terre friulane e poi quelle germaniche. Lungo il percorso si incontra il cinquecentesco Palazzo Beccaris-Nonis, residenza di due importanti famiglie della borghesia locale. Procedendo ancora verso nord, si arriva alla trecentesca chiesa dedicata a Santa Caterina di Alessandria d’Egitto, che presenta la tipica struttura ad aula unica con facciata a doppio spiovente e campaniletto a vela. Le pareti interne dell’aula sono ancora coperte di affreschi devozionali del XIV e XV secolo. Il borgo nuovo di Cordovado termina a nord con il monumentale complesso del Santuario della Madonna delle Grazie, uno dei più importanti esempi del barocco friulano. L’edificio a pianta ottagonale presenta all’interno una scenografica e raffinata decorazione che ricopre interamente le pareti e la cupola con sculture ed opere pittoriche che celebrano la figura di Maria e di Gesù. Il Santuario, consacrato nel 1603, fu infatti edificato in prossimità di un luogo in cui la Vergine, alla fine del ’500, apparve ad una donna. Presso la chiesa furono costruiti un ricovero per nobili, oggi sede del Municipio di Cordovado, ed un rifugio per i poveri. Il convento si trovava a sud della chiesa negli edifici oggi conosciuti come Palazzo Cecchini, sede della Biblioteca, e Palazzo Mainardi, oggi proprietà della parrocchia. Proprio davanti al complesso delle Grazie si estendono i Prati della Madonna, citati anche dal Nievo nelle Confessioni di un Italiano, testimonianza degli antichi territori a prato e pascolo della corte di Venchieredo. Cordovado merita davvero una tappa per i tanti angoli da scoprire e i monumenti storici da ammirare, magari passeggiando con Le Confessioni di un Italiano tra le mani, leggendo quei passi che citano proprio questa terra. Nilla Cicuto e Mariangela Flaborea


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PRIMAVERA 2020

Tutto il mondo è paese

MAGAZINE

LUCA BELLOMO, IL LAVORO A BRUXELLES E LA CULTURA ITALIANA NEL CUORE ORIGINARIO DI CONCORDIA SAGITTARIA, HA FATTO DIVERSE ESPERIENZE OLTRE CONFINE CHE LO HANNO AIUTATO A CRESCERE

Raccontaci qualcosa di te… Sono nato a Pordenone e ho sempre vissuto, fino agli anni dell’Università, con i miei genitori a Concordia Sagittaria. Ho frequentato le scuole locali per poi iscrivermi al Liceo XXV Aprile di Portogruaro. Fin da piccolo sono stato appassionato di sport. Ho iniziato a nuotare a 3 anni fino all’agonismo, quando poi ho lasciato per iscrivermi alla squadra di calcio del paese, la Julia Sagittaria. La passione si è quasi trasformata in un impiego quando, a soli 17 anni, abbiamo vinto il campionato di Eccellenza aggiudicandoci la Serie D, un grande successo per Concordia. Ottenuta la maturità, mi sono iscritto alla Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Udine, una scelta facile guidata dalla mia passione per gli animali e la natura. In seguito, ho dovuto appendere gli scarpini al chiodo a causa di un infortunio che, d’altro canto, mi ha permesso di concentrarmi interamente sugli studi che ho concluso entro i termini nel 2014. Da quando ho 16 anni sono fidanzato con Sabina, anche lei concordiese, con la quale mi sono sposato lo scorso 18 maggio. Con lei ho condiviso metà della mia vita. Entrambi, ora, viviamo e lavoriamo a Bruxelles. Cosa ti ha portato a partire? Sono ormai 3 anni che vivo a Bruxelles, 4 in Belgio se contiamo anche l’esperienza di studio a Bruges. Il mio viaggio in terra straniera è iniziato però molto prima, a Mato Grosso do Sul (Brasile) dove ho lavorato per un mese in una fazenda (azienda agricola locale, ndr) gestita dal portogruarese

Vittorio Maronese. Mi sono poi spostato in Spagna, a Saragozza, dove ho svolto delle ricerche utili alla mia tesi di laurea magistrale, per poi essere ospitato da una famiglia inglese, nella campagna londinese, per lavorare e perfezionare il mio inglese in vista del mio primo lavoro, un tirocinio presso l’Agenzia Europea della Sicurezza Alimentare (EFSA). Hai fatto diverse esperienze lavorative: oggi di cosa ti occupi? Al giorno d’oggi una carriera lavorativa è sempre contraddistinta,

all’inizio, dallo svolgimento di tirocini formativi. Dopo il primo presso l’Agenzia Europea della Sicurezza Alimentare e gli studi al College of Europe di Bruges, ho lavorato a Lussemburgo per la Banca Europea degli Investimenti per cinque mesi, al termine dei quali mi sono stabilito definitivamente a Bruxelles. Inizialmente ho lavorato al Parlamento Europeo con l’incarico di assistente parlamentare per Elisabetta Gardini, ex capo delegazione italiano per il Partito Popolare Europeo. Dopo un anno, ho accettato un’offerta di lavoro presso la

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rent’anni e una carriera di successo. Luca Bellomo, originario di Concordia Sagittaria si trova ora a Bruxelles dove vive con la moglie Sabina. Già rappresentante di un’azienda molto nota nel panorama internazionale come Johnson & Johnson, lo scorso anno a Parigi ha fatto da portavoce per l’Italia ai negoziati del G7 dedicato ai giovani under 30. Ha già incontrato diversi Ministri, ha visitato il Parlamento e altre istituzioni chiave della politica francese. Luca è un giovane che, come molti in Italia, ha deciso di non stare nel suo paesino, ma di muoversi e darsi da fare per offrire il suo contributo apportando idee e discutendo su tematiche importanti a sfondo sociale. Tra le altre cose è riuscito anche a confrontarsi con Vytenis Andriukaitis, ex commissario europeo responsabile per la Salute e la Sicurezza alimentare. Conosciamolo meglio.

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Johnson & Johnson, multinazionale americana del settore farmaceutico e, attualmente, sono impiegato all’Herbalife Nutrition, altra multinazionale americana operante però nel settore della nutrizione e dello sport. In entrambe le aziende ho svolto la funzione di lobbista. È stato facile per te inserirti in una nuova realtà all’estero? Fortunatamente è stato abbastanza facile ambientarmi a Bruxelles. Innanzitutto, la maggior parte dei miei colleghi di studio del College of Europe si sono poi fermati per motivi di lavoro e poi la comunità italiana qui è tra le più grandi al mondo. Si sente facilmente parlare la nostra lingua camminando per le strade e questo aiuta a smorzare la sensazione di lontananza da casa. Senza contare poi il gran numero di ristoranti italiani in città che salvano la vita a noi espatriati, dato che la cucina belga lascia alquanto a desiderare. Parlo anche il francese, il ché aiuta ad arrangiarsi nella vita di tutti i giorni. Mia moglie si è trasferita fin da subito con me e questo aiuta a godersi l’esperienza all’estero senza troppo soffrire la mancanza di familiari e amici. Tra gli aspetti più duri, però, oltre che la lontananza da casa c’è la mancanza della nostra cultura. Posso francamente dire che, da quando mi trovo a Bruxelles, vivo con più orgoglio il mio senso di appartenenza all’Italia. Ti manca la realtà del Veneto Orientale? Pensi di tornare? Indubbiamente! Purtroppo rientro a casa solo due o tre volte l’anno e l’Italia, così come il Veneto, mancano molto. Ritengo che noi italiani (e noi veneti) siamo molto fortunati. Viviamo in una regione che è stupenda dal punto di vista naturalistico, paesaggistico e storico-culturale. Spesso io e mia moglie ci immaginiamo un ritorno a casa. L’unico motivo che ci trattiene dal farlo è la prospettiva lavorativa. È risaputo che l’Italia offre poche opportunità di carriera professionale per noi giovani. All’estero, un insieme di fattori aiutano a crescere, a cominciare da contesti di lavoro internazionali, a responsabilità lavorative importanti sin da subito. Esito dunque a tornare, sperando che la situazione evolva per il meglio. Chissà, prima o poi, se si presenta una bella occasione, potrei anche tornare nel nostro Bel Paese. Marta Camerotto


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Ritorno al futuro

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PRIMAVERA 2020

L’ANTICA ARTE DI COSTRUIRE STRUMENTI MUSICALI

Un’arte secolare Difficilmente però associamo la musica classica ad apparecchiature con cavi e manopole. Più probabilmente tendiamo a collegare le opere musicali classiche a degli strumenti lignei dalle linee sinuose e aggraziate come viole, violini, violoncelli e contrabassi. Se le forme di questi strumenti ci sono note, conosciamo assai meno come essi vengono costruiti, come sono fatti e la professionalità di chi li realizza. Per carpirne qualche aspetto ci siamo fatti aiutare da Nicola Vendrame, giovane liutaio che vanta già una notevole esperienza e competenza. La bottega - tra pezzi di acero, abete ed ebano - trasmette la sensazione di entrare in un discreto e affascinante microcosmo, dove giungono musicisti da tutto il mondo in cerca della sua abilità. “Ho sempre avuto modo di giocare con il legno sin da bambino e avevo anche iniziato a suonare la chitarra, di cui mi affascinava la manutenzione - ricorda Nicola -. Ad un certo punto però decisi di smettere di frequentare gli studi universitari e di dedicarmi ad un’attività che mi permetteva di coniugare la mia passione per il legno e per la musica, che nelle brevi esperienze fatte sino ad allora mi aveva davvero affascinato: la liuteria, una disciplina antica, molto articolata, che concerne la costruzione, la riparazione, il restauro e la manutenzione dello strumento musicale”.

Coniugare tradizione e modernità Sebbene si tenda a considerare la liuteria un’arte rimasta pressoché immutata nei secoli, il liutaio tende subito a precisare che si tratta di un’idea “totalmente errata perché oggi, uno strumento musicale come il violino, per esempio, sebbene possa apparire immutato nel suo aspetto esterno rispetto a uno strumento del 1700 o del 1500, in realtà è completamente differente. Sono cambiate molte cose

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cati. E che diventa tessuto connettivo di un Paese che sta cambiando. Questa la realtà che Confartigianato Imprese Veneto Orientale rappresenta e assiste ogni giorno con servizi innovativi rispondendo alle molteplici necessità delle aziende. Con tutta la competenza dei suoi professionisti e delle sue sedi territoriali.

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Gli eventi bellici sono tragicamente, ma inevitabilmente, anche occasioni che impongono dei cambiamenti. La spinta all’innovazione avviene anche nel settore della liuteria, a seguito delle due guerre mondiali che sanciscono un momento di cesura totale nella sua storia. “Le guerre - ricorda Vendrame - hanno spazzato via buona parte delle conoscenze artigiane sino ad allora acquisite e hanno imposto nuove priorità”. Un esempio. Il budello animale che veniva prodotto e che, fino ad allora, veniva utilizzato per le corde degli strumenti musicali, per le rac-

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Innovare non significa inventare

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nella cassa dello strumento e nella sua meccanica di funzionamento, sono modifiche connesse soprattutto alle nuove esigenze musicali ed ai nuovi materiali che abbiamo oggi a disposizione. Si pensi, in particolare, alla tecnologia collegata alle corde, ovvero il primo elemento che fa suonare l’intero strumento - precisa Nicola -. Le prime erano costituite di budello animale “nudo” mentre gli strumenti moderni montano corde molto evolute, assai differenti da quelle utilizzate anche solo un secolo fa”. Oggi, infatti, vengono utilizzate corde sintetiche o in budello rivestito con argento, alluminio ma anche oro o, addirittura, metalli rari come il tungsteno, prodotte industrialmente in modo assolutamente preciso e controllato.

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a storia della musica è costellata di innovazioni che ne hanno cambiato le modalità di fruizione e di produzione. Si pensi alla diffusione e al successo che, a partire dalla fine degli anni Sessanta, assunse la cosiddetta musica elettronica e all’oggetto che più di ogni altro ne ha sancito la nascita: il sintetizzatore. Correva l’anno 1968 e l’ingegnere Robert Moog, a una convention dell’Audio Engineering Society propose una versione elettronica del terzo concerto brandeburghese di Johann Sebastian Bach, eseguito dal prodigioso pianista Walter (in seguito Wendy) Carlos. L’album Switched-On-Bach, uscito in settembre di quello stesso anno, venderà oltre 500.000 copie, resterà in classifica più di un anno e vincerà tre Grammy Award.

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chette da tennis e per il filo chirurgico, viene destinato esclusivamente a quest’ultimo settore. La materia prima per produrre corde viene immediatamente rimpiazzata dall’acciaio. Per la costruzione degli strumenti musicali, dunque, è stato necessario adottare nuove soluzioni che hanno determinato una rivoluzione completa anche nel gusto musicale del pubblico. “Gli strumenti hanno subìto una trasformazione dovuta anche alle dimensioni delle sale d’ascolto, per cui la potenza sonora che viene richiesta oggi a uno strumento contemporaneo è molto maggiore rispetto a quella di un tempo, quando i musicisti si trovavano a suonare in ambienti ridotti”. Sebbene anche il settore della liuteria sia stato trasformato dalla disponibilità di nuovi materiali, “la principale fatica del liutaio - tiene a precisare Nicola Vendrame -, è capire le richieste che il musicista ti rivolge, le sue aspettative e la sua disponibilità ad accettare il cambiamento”. Tuttavia, lo spazio per introdurre continue modifiche nella struttura degli strumenti musicali non è così ridotto come può apparire ad un profano. Nicola Vendrame, infatti, è un esempio di sperimentatore nel campo della liuteria. Ha lavorato a lungo alla progettazione, realizzazione e messa a punto di nuovi e più funzionali ponticelli, ovvero l’elemento che per primo trasmette le vibrazioni delle corde alla cassa. “Si tratta di una mia ricerca che non nasce dal nulla - precisa Vendrame - ma dal tentativo di migliorare ed eliminare alcuni elementi critici o limiti presenti negli esemplari tradizionalmente utilizzati nel ’900”. La liuteria, dunque, è un esempio di settore in cui, come ammonisce Nicola, “innovare va bene, ma nel solco della tradizione e con consapevolezza del presente”. Gli strumenti musicali si costruiscono reciprocamente con i musicisti e il pubblico, in un processo di mutua definizione che prende forma dai bisogni, dagli immaginari e dalla routine della vita degli individui.

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PRIMAVERA 2020

AVVIARE UN’IMPRESA: UNA SFIDA PER I GIOVANI

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a re i m p re s a è u n a s c e l t a tutt’altro che semplice. Se si chiama “impresa”, infatti, un motivo ci sarà. Per un aspirante giovane imprenditore, diverse sono le pratiche che deve conoscere e affrontare per dare vita alla sua azienda. Requisiti professionali, autorizzazioni, licenze, contributi, finanziamenti agevolati sono solo alcuni tasselli necessari per costruire una propria attività che abbia tutte le carte in regola. Innanzitutto, bisogna avere un’idea chiara, ma soprattutto realizzabile. Come capirlo? È necessario fare un’analisi della realtà economica circostante, comprendere il mercato, i settori di attività e le loro prospettive, studiando la concorrenza e definendo i potenziali clienti. La nostra impresa, infatti, non vivrà da sola, ma si troverà all’interno di un ambiente che la condizionerà e che, a sua volta, verrà influenzato. Prima di scegliere il prodotto da vendere o il servizio da offrire, è bene chiedersi cosa la gente potrà essere interessata ad acquistare o ad utilizzare. Il cliente, infatti, è il “giudice supremo” nel mercato perché, comprando, servendosi di determinati servizi o non considerando ciò che la tua azienda propone, decide la salvezza o la rovina dell’impresa. A tal proposito, è giusto sapere cosa desiderano i compratori, tenendo sempre presente anche le proposte dei concorrenti e cercando sempre di dare un valore aggiunto. Una volta fatta l’analisi del contesto in cui abbiamo deciso di operare, perché l’idea imprenditoriale diventi impresa ci sono degli importanti requisiti da rispettare. Ogni azienda, in base alle sue caratteristiche, avrà una sua forma giuridica. Potrà essere una ditta individuale, un’impresa familiare, una società di persone o di capitali, una cooperativa o anche un’associazione. Per avviare un’attività bisogna avere chiaro quali sono le risorse necessarie anche per gestirla, impostando un piano d’impresa dettagliato, un ottimo metodo per ridurre il rischio di fallimento. Si prenderanno così in considerazione tutti i fattori in gioco (idea, progetto, mercato e concorrenza) che aiuteranno a delineare il profilo dell’attività, che servirà soprattutto per trovare le disponibilità finanziare per partire. Per farlo, bisogna redigere con l’aiuto di un professionista un business plan che costituisce la parte più importante del piano d’impresa. È il momento, ora, di prendere in considerazione i passi da seguire per adempiere a tutte le formalità richieste dalla legge. Il neoimprenditore dovrà informarsi sugli

DAL PROGETTO ALLA REALIZZAZIONE: ECCO COSA SERVE PER DARE VITA AD UN’ATTIVITÀ atti o denunce da presentare per ogni singola attività e sul loro iter procedurale (dichiarazioni di inizio attività, autorizzazioni, licenze, …) e sugli enti a cui presentare la domanda (Camera di Commercio, Comune, Provincia, Regione, Ministeri, Ulss, …). Dovrà, poi, rivolgersi all’Agenzia delle Entrate per la richiesta di attribuzione del numero di Partita Iva e per la scelta del regime contabile e al Registro delle Imprese della Camera di Commercio presentando una Comunicazione Unica che in un’unica procedura consente di effettuare tutti gli adempimenti civilistici, fiscali e previdenziali per la nascita dell’impresa (INPS, INAIL, Ministero del Lavoro, Agenzia delle

Entrate, …). Oltre alla Comunicazione Unica, l’aspirante imprenditore dovrà avvalersi del SUAP (Sportello Unico per le Attività Produttive), punto unico di riferimento per sbrigare tutte le pratiche autorizzatorie relative all’azienda, e della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), strumento giuridico che consente di norma di iniziare l’attività (se soggetta a SCIA o autorizzazione) dal momento stesso della presentazione allo Sportello Unico. Qualunque progetto imprenditoriale, anche il meglio strutturato, non vale nulla se mancano le risorse finanziarie per realizzarlo. Una volta sta-

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bilito nel business plan, quanti soldi ci servono, è bene mettersi alla ricerca di fonti di finanziamento, prendendo in considerazione anche eventuali provvidenze e agevolazioni. A sostegno dell’imprenditoria giovanile, ad esempio, la Regione Veneto propone un contributo per l’avvio di nuove imprese, o per il rinnovo e l’ampliamento di aziende esistenti, con titolari e il 60% dei soci di età compresa tra i 18 e i 35 anni. È previsto un finanziamento del 30% a fondo perduto per una spesa minima di 30 mila euro (contributo di 9 mila euro) e massima di 170 mila euro (contributo di 51 mila euro), effettuata dal 1 gennaio 2020 al 10 dicembre 2020, per l’acquisto di macchinari, impianti produttivi, hardware e attrezzature (no pc, tablet o smartphone), arredi nuovi (spesa massima di 20 mila euro), negozi mobili (mezzi di trasporto con relativo allestimento), mezzi di trasporto per uso aziendale (autocarro con limite di spesa di 20 mila euro, escluse automobili), programmi informatici (limite di spesa di 10 mila euro, compresi costi per siti web, esclusa la loro manutenzione, aggiornamento e assistenza) e per il pagamento di spese notarili per la costituzione dell’impresa. Vi è, inoltre, un bando per contributi per il passaggio generazionale per le imprese artigiane, attive da più di 5 anni e con il titolare che supera i 50 anni d’età. Chi acquisisce dovrà avere tra i 18 e i 49 anni, mentre il cedente non dovrà più avere alcuna partecipazione all’azienda. È previsto un contributo del 75% con un importo massimo di 7.500 euro, al quale si aggiunge un bonus di 20mila euro fruibile una volta conclusa la pratica per l’acquisto di macchinari, impianti ed arredi, mezzi di trasporto aziendali (non auto), materie prime e scorte per la produzione e spese di funzionamento. Per accedere al credito, infine, esiste il sistema dei Confidi, consorzi italiani che svolgono attività di prestazione di garanzie a sostegno delle imprese a breve, medio e lungo termine. I Confidi nascono, con l’apporto delle Camere di Commercio, come espressione delle Associazioni di categoria nei comparti dell’industria, del commercio, dell’artigianato e dell’agricoltura, basandosi sui principi di mutualità e solidarietà. Ottenuto l’accesso al credito, l’aspirante giovane imprenditore potrà fare il suo “debutto” sul mercato. Questa rubrica è realizzata in collaborazione con


Accadde oggi

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Antico mercato settimanale per i bovini in via Cavour

MERCATO, UNA TRADIZIONE DA QUASI 200 ANNI NEL 1822 LA DELIBERA CHE REGOLAMENTA IL MERCATO NELLA GIORNATA DI GIOVEDÌ. TRA STORIA E PROGETTI DI RIVISITAZIONE

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sicuramente una delle attrattive della città di Portogruaro, che riesce a convogliare nel centro storico molte persone provenienti anche da Comuni limitrofi durante tutto l’anno e turisti nel corso della stagione estiva. Il mercato settimanale, che si tiene il giovedì, anima la città del Lemene grazie alla presenza di ambulanti disposti lungo le arterie principali del centro cittadino. Ma qual è la storia di questa tradizione? Quando si inizia a parlare di mercati a Portogruaro?

cato settimanale del giovedì, stabilendo per le granaglie e le manifatture la piazza e il Liston e per i bovini via Cavour. Dispone inoltre che, durante il primo giovedì del mese, il mercato dei cavalli si doveva tenere in borgo Sant’Agnese e quello dei suini e altro bestiame in via del Rastrello.

Tra presente e futuri progetti Abbiamo rivissuto le tappe storiche

del mercato di Portogruaro. In considerazione della storicità di questa attività di commercio su area pubblica, nel 2014 con deliberazione n. 696 la Giunta Regionale del Veneto iscrive il mercato di Portogruaro nell’elenco regionale dei “luoghi storici del commercio”. Nel 2018 l’Amministrazione comunale, guidata dal sindaco Maria Teresa Senatore, ha iniziato ad interessarsi ad un progetto di razionalizzazione e rivisitazione

I mercati nella storia Per rispondere a queste domande è necessario volgere lo sguardo indietro nei secoli. Stando a quanto riportano gli storici, a metà del Quattrocento risalgono le prime notizie di mercati ordinari. Si parlava già allora di un “mercato vecchio”, circostanza che fa pensare a tradizioni preesistenti. Nei “Monumenti storici di Concordia Sagittaria” lo storico portogruarese Antonio Zambaldi (1840) descrive che nell’anno 1687 con un decreto della Repubblica di Venezia viene concesso alla città di Portogruaro di poter tenere un mercato franco il 13 giugno, festività di Sant’Antonio di Padova. Sembra che tale mercato si svolgesse nel borgo di San Gottardo. Erano liberi di pagare dazio tutti coloro che vendevano vino, anche nel giorno di San Gottardo e il 2 luglio, giorno della Visitazione della Santissima Vergine, nella contrada di Sant’Agnese, per la concessione fatta all’ordine dei padri Crociferi, titolari della chiesa di San Cristoforo. Il mercato è noto anche come mercato dei “Cruzitieri”, appunto. Sembra che con la soppressione dell’ordine dei Crociferi, il mercato sia stato successivamente spostato alla prima domenica di Quaresima. Guido Zanco, nel suo “Profilo di storia economica di Portogruaro” (1987), cita anche un altro mercato molto importante per la città. Ogni sabato si svolgeva infatti il mercato dei bovini e dei cavalli, nel quale faceva mostra di sé una pregiata razza di cavalli grigi, derivati da razze ungheresi e balcaniche, prodotta negli allevamenti di Portogruaro. Altra notizia di mercati in città risale al 1789, anno in cui il Senato Veneto dà facoltà alla comunità di Portogruaro di tenere un mercato di biade e altri generi nella giornata di lunedì. Arriviamo alla tappa finale del nostro percorso storico. Il 30 marzo 1822 la Deputazione Municipale regolamenta con una delibera il mer-

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Vinci una visita guidata nelle bellezze storiche e naturalistiche del nostro territorio appena sarà finita l’emergenza Covid-19: vi invitiamo a condividere le vostre foto creative o disegni dei luoghi e monumenti interessati dalle visite di TVO srl, consultabili sul sito www.tvo.srl. Il più bello verrà scelto da voi tramite votazione e vincerà un buono visita guidata per tre persone***. Adulti e bambini possono aiutarci a far riscoprire da casa la nostra bellissima terra!

COME CONDIVIDERE: 1. pubblicare l’immagine come post su Facebook o come storia su Instagram con gli hashtag #unavisitadacasa e #TVOsrl; 2. Inviare l’immagine all’indirizzo info@tvo.srl. ***È possibile inviare la propria foto o disegno entro il 26 maggio alle ore 12.00. Successivamente, tutte le foto e disegni verranno pubblicati in un album facebook in ordine di arrivo. I primi tre classificati per numero di “reactions” in una settimana vinceranno una visita guidata gratuita all’interno del calendario 2020 su www.tvo.srl per sé e altri due componenti della propria famiglia (adulti o bambini).

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del mercato settimanale. Nel gennaio 2019 il Comune ha reso noto, attraverso il dott. Massimo d’Atri, dirigente dell’Area Finanziaria, che la riprogettazione e la ridefinizione degli spazi mercatali sarebbero state affidate ad uno studio da parte della ditta Istituto Commercio Servizi di Vicenza. “L’obiettivo di questo lavoro – ha spiegato in quell’occasione il sindaco Senatore attraverso un comunicato – è la razionalizzazione della gestione del mercato, degli spazi e la riprogettazione degli stessi in un’ottica funzionale e contemporanea, anche in relazione alla storicità del nostro mercato e all’attrazione turistica che riveste”. La redazione di un nuovo assetto si muove su tre linee guida: dare giusta collocazione agli ambulanti, liberare spazi per nuovi plateatici e rimodulare l’area nella centralissima piazza della Repubblica al fine di una sua valorizzazione e di rendere più accessibile lo stesso palazzo del Municipio. Nell’ottobre 2019, con delibera n. 181, viene approvato il progetto di revisione del mercato e delle relative modalità operative. Sono state elaborate le procedure da attuare entro il 2020: il completamento dell’aggiornamento delle planimetrie del mercato; l’aggiornamento della banca dati con l’elenco delle imprese concessionarie; l’avvio di una fase ricognitiva generale al fine di assestare e consolidare la graduatoria generale di anzianità di presenza delle imprese concessionarie; la redazione di una graduatoria aggiornata che possa essere utilizzata per eventuali spostamenti futuri da parte dell’Amministrazione comunale. Due le ipotesi progettuali, secondo quanto riportato nel testo della delibera. La prima prevede un sostanziale consolidamento dello stato di fatto adeguandolo alle esigenze normative in materia di sicurezza. L’altra ipotesi oltre all’allineamento normativo in materia di sicurezza prevede alcune ricollocazioni di posteggi del mercato in modo da liberare la zona di piazza della Repubblica immediatamente prossima alla facciata del Palazzo Municipale. Una razionalizzazione che vuole quindi evidenziare la bellezza dei monumenti storici della città e renderne ancora più fruibile il suo cuore pulsante. D. V.


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PRIMAVERA 2020

L’acquolina in bocca

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ORTO MANIA, SI RITORNA ALLE RADICI ALLE MODALITÀ TRADIZIONALI SI AFFIANCANO ORTI VERTICALI E SU BALCONE. UNA PASSIONE CHE CONTAGIA SEMPRE PIÙ GIOVANI

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siste un luogo dove unire l’utile al dilettevole? Un’attività dove i risultati sono tangibili e al contempo danno una sensazione di piacevolezza? La risposta non può essere che positiva: l’orto che si inizia a preparare proprio in questa stagione: la primavera.

L’orto fa bene Innanzitutto, ci permette di lavorare all’aria aperta, a diretto contatto con la terra. Consente al lavoratore, chiuso per tutta la giornata in ufficio o in fabbrica, di dedicarsi ad un’attività complementare che lo porta ad immergersi nella natura. È pur vero che i ritmi imposti dalla vita odierna tendono ad azzerare il tempo libero, ma come spesso accade se qualcosa piace il tempo lo si trova. L’orto non è solo un “lusso” per pensionati, insomma. Un po’ di sano movimento non fa mai male. Vangare, zappare, togliere le erbacce sono esercizi che apportano benefici sia a livello fisico che mentale. Restando in termini di salute, l’orto offre un enorme vantaggio: la possibilità di coltivare prodotti genuini e freschi, da preferire alle attraenti, ma non sempre autentiche, verdure esposte sui banchi dei supermercati. I prodotti vengono raccolti nel pieno della loro maturità, quando gusto, digeribilità e contenuto di vitamine sono al massimo. Ultimo aspetto, ma non meno importante, che ricomprende e rivalorizza tutti gli altri benefici: l’orto rimane uno degli ultimi avamposti di quei valori naturali molto spesso sostituiti con bisogni artificiali. Le attività legate alla conduzione di un orto offrono insegnamenti di grande valore. Vivere la dinamica del mondo della natura, partecipare al succedersi dei fenomeni atmosferici, seguire il ciclo produttivo ci obbligano a rompere la monotonia del vivere quotidiano, a fare qualche piccolo sforzo per poter arrivare ad un risultato. Chi semina raccoglie, recita un trito adagio. Niente di più semplice e vero. Citando il famoso agronomo giapponese Masanobu Fukuoka, autore de La rivoluzione del filo di paglia: “Lo scopo vero dell’agricoltura non è coltivare le piante, ma la coltivazione e il perfezionamento dell’essere umano”.

privilegiare ortaggi che si consumano freschi appena colti come lattuga, cicoria, sedano, erbe aromatiche, pomodori. Se non si è costretti ad ottenere rese elevate, si possono prediligere varietà particolari di ortaggi. Se si hanno maggiori pretese in termini di resa si possono coltivare anche patate, cipolle, fagioli e zucche da consumare durante l’anno. In passato erano soprattutto i più anziani a dedicarsi all’orto, mentre oggi questa passione contagia giovani e persone a digiuno di tecniche di coltivazione. Cambiano sempre più le modalità: sempre di più, infatti, balconi e terrazzi accolgono vasi con piante di basilico ed erbe

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officinali.

Giovani e ritorno alle radici Secondo un’indagine Coldiretti/Ixè del marzo 2019, con l’arrivo della bella stagione ben 6 italiani su 10 (62%) sono tornati all’aperto per la cura di orti, giardini, balconi e terrazzi. Altro dato da sottolineare, per l’anno 2019, è l’aumento delle superfici coltivate a orti familiari che fanno registrare un incremento del 6,3%. L’orto in terrazzo è sicuramente il più diffuso in Italia. Ci sono altre modalità come l’orto verticale, che trova spazio nella progettazione di giardini, in ristoranti o mense aziendali e che prevede la

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Tradizione e modelli alternativi L’orto ci mette alla prova. Per portare a tavola verdure e legumi freschi è necessario un vero e proprio apprendistato. Vangare, concimare, seminare, trapiantare e raccogliere: tutte operazioni che inizialmente possono essere fatte in un piccolo fazzoletto di terra, per poi passare ad un orto produttivo con dimensioni adeguate. Da

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realizzazione di apposite strutture, in verticale appunto, atte ad ospitare le piante orticole. “La tendenza al fai da te, agli orti verticali o sul balcone di casa - ci spiega Elena Trevisan dell’ufficio stampa Coldiretti di Venezia rispecchia un cambio di mentalità in atto in questi anni in cui l’attenzione è maggiormente rivolta al consumo di prodotti locali e a km 0. I mercati locali di Campagna Amica - continua Elena Trevisan - sono frequentati anche da famiglie formate da giovani, che si informano su come coltivare il prodotto a casa”. Si tratta di fenomeni ben fotografati dalle aziende florovivaistiche e agricole presenti nel territorio. “L’interesse per l’orto - racconta il titolare dell’Agraria San Giusto di Concordia Sagittaria, che da circa 15 anni opera nel settore dei prodotti e accessori per l’orto - si sta diffondendo sempre più. C’è la tendenza a comprare le vaschette di piante aromatiche da mettere sul balcone o sui terrazzi di casa. I giovani chiedono informazioni sulle tecniche di coltivazione. Soprattutto negli ultimi quattro anni abbiamo notato che vi è un bisogno sempre più avvertito di ritorno alle origini, di interesse per la provenienza dei prodotti come gli ortaggi, che prima di arrivare nelle nostre tavole attraversano una filiera molto articolata”.

Prodotti a km zero L’orto sul balcone. O addirittura, l’orto in casa. A Portogruaro, nel novembre 2019, Tamara Marchese dà vita al progetto “Orti a pedali” con l’obiettivo di ritornare a mangiare i prodotti della terra dei produttori locali. Sul sito internet si possono scegliere frutta e ortaggi di stagione e l’ordine viene gestito attraverso WhatsApp. La consegna avviene a domicilio attraverso una bici cargo elettrica, nell’ottica di ridurre il più possibile l’impatto ambientale. “Dopo avere lavorato per anni nella grande distribuzione - racconta - ho intrapreso un percorso di decrescita di cui questo progetto è stata la naturale evoluzione”. Le zone di consegna sono i paesi limitrofi e Tamara è riuscita a ritagliarsi una nicchia di persone che sposano la stessa filosofia. “I nostri clienti - spiega - sono soprattutto giovani che vogliono imparare a mangiare meglio ma, complice la mancanza di tempo, non riescono a procurarsi questi prodotti”. Per mangiare sano e nutrirsi basta davvero poco. Anche solo un clic. A tavola arrivano direttamente frutta e verdura di stagione, ma anche pane e pasta realizzati da aziende locali. Vito Digiorgio


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CRUCIVERBA

Quale illustre personaggio nasce, da nobile padre della Dalmazia, a Portogruaro nel 1479 ed è ricordato dall’Ariosto nell’ultimo canto dell’”Orlando furioso”?

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ORIZZONTALI 1. Case coloniche - 7. Caratterizza la cotoletta alla milanese - 16. Liquore digestivo - 17. Relativo al nostro satellite - 19. Veloci, rapidi - 20. Non comuni - 21. Dea delle messi - 22. Il Guglielmo svizzero - 23. Il non docente a scuola (sigla) - 24. Maschi del gregge - 25. Cala al tramonto - 26. I confini dell’Uganda - 27. 101 romani - 28. Chiave 30. In pieno viso - 31. Compatto - 32. Sa interpretare i sogni - 34. Colpo ricevuto... tra la folla - 37. Il regno di Pirro - 38. Diretto (abbr.) - 39. Attese angosciose - 40. Vendono un bianco alimento - 42. Altura di Gerusalemme - 43. Tullio, il creatore di Cipputi - 44. La voce dell’orologio - 45. Li percepisce l’udito - 46. Lignite usata per oggetti ornamentali 47. Abbandono dichiarato di una religione VERTICALI 1. Capitale del Venezuela - 2. Cari al cuore - 3. Fu moglie di Abramo - 4. Accorre con le ambulanze (sigla) - 5. A fine luglio - 6. Segue il “kyrie” - 7. Un vero incapace 8. Viene mossa per mezzo di fili - 9. Si oppone a post - 10. Area senza pari - 11. Sibilla della letteratura - 12. La usa il pittore - 13. Era una sigla... sanitaria - 14. Ama Lucia (iniz.) - 15. La ama Radames - 18. Una base organica - 21. Il “Robinson” di De Foe - 22. Cantanti come Pavarotti - 24. Toscane d’una città - 25. Antica lingua semitica - 26. Gravi bruciature - 28. Pianta nana - 29. Ballo di Fred Astaire - 30. Indigeni sudamericani - 31. Giro di... mura - 33. C’è quella del disco - 35. Delimitano la porta - 36. Gas per dirigibili - 41. Iniziali di Camilleri - 42. A lui dovuta - 43. L’argento in chimica - 44. Iniziali del Tasso - 45. Inizio della storia

CRUCIPUZZLE

Qual è la frazione di Gruaro il cui nome sembra stia ad indicare un terreno ricco di determinati vegetali che fu incendiato per dare spazio alla coltivazione?

ACCIDENTE ACCONTO ACERO ACETO AFOSO ALATO APNEA ARMATO AZIENDA BACCANO BRUNA CAPRO CIECO COMPARSA DISCREZIONALITÀ ELASTICO FELPA

FRENO GANCIO GARZA GRAND GRATO INSONNE LADRO MEGAFONO MONELLO ONORE PANNO PARROCO PATATA PELUCHE PIENO POINT PORTICO

PRETE PROLOGO PROPAGANDISTICO RADAR REGALO RIESAME RIONE SALONE SFIDA SOCIO STACCO TERSO TRIBALE TROTA UMANO VICINATO

LE SOLUZIONI DEI GIOCHI DEL NUMERO PRECEDENTE C A M B U S A

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N U A C G A

A C C I T S A P

D A D F S T P N

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N A D A I R A N I A R N A A T E I M U T A M U S I L O N I M E T I L I A E R I L E O N E

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