Portogruaro.Net Magazine

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CENA DI SOLIDARIETÀ

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QUELLI DEL

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Negli ultimi anni nel Portogruarese sono nati diversi comitati di tutela collettiva, da quelli in difesa della salute a quelli contrari al depredamento ambientale. Dietro a questi comitati, però, si scoprono uomini e donne come tutti noi, che al posto della violenza e delle barricate preferiscono azioni di sensibilizzazione e di dialogo. continua a pag. 4

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CAFFÈ AI MOLINI Si è da poco conclusa la 72ª edizione del Festival del Cinema di Venezia. Alla scoperta dei migliori Red Carpet tra eleganza e selfie p.7

INSERTO SPECIALE Sabato 3 e domenica 4 ottobre ritornano i tradizionali festeggiamenti della Madonna del Rosario di Borgo San Giovanni. Un evento di preghiera, festa e di ritorno alle origini p.9

PRATICHIAMOCI L'uso della canapa in Italia e nel mondo. Viaggio nella storia di una delle più discusse e controverse piante esistenti. Il dott. Beppe Croce di Legambiente ci aiuta a conoscerla più da vicino p.13

STIAMO IN SALUTE

Nonostante la drastica decrescita demografica, in Europa (e in Italia) il parto rimane uno dei momenti più importanti nella vita di una coppia p.16

IL FEUILLETON Il nostro Malattia continua il suo viaggio disperato alla ricerca dell'ombretta perfetta. Stavolta il suo Califfone lo porta a San Stino dall'Ing. Bepi Muraro p.18

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LA CULTURA È NELLE IDEE

L'editoriale di Giulio Serra

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La linea sottile tra gentilezza e giustizia

SOMMARIO EDITORIALE

IL “MODELLO PORTOGRUARO” Anche qui, a Portogruaro, i migranti sono arrivati e hanno trovato rifugio. Il Prefetto di Venezia ha infatti individuato nella palestra dell’Istituto Scolastico “Gino Luzzatto” il luogo più adatto al soggiorno di qualche decina di giovani africani. Ma a differenza di altre località (vedi, per l’appunto, Quinto di Treviso, Eraclea, Casale San Nicola) Portogruaro – e i portogruaresi – ha saputo ricevere questi cittadini del mondo evitando le urla, la rabbia schiumante, i cortei. Un segno di altissima civiltà che meglio di altri testimonia la capacità dei portogruaresi di saper “leggere” il momento, contestualizzarlo, di farlo proprio e agire di conseguenza. Bisogna riconoscere, tuttavia, che l’idea di sistemare questi giovani ragazzi all’interno della palestra di una scuola pubblica non è stata certamente una delle più azzeccate. Lo testimoniano, a tal proposito, i numerosi commenti di lamento che la notizia ha mosso nella pagina ufficiale di Facebook di Portogruaro.Net, in particolare da parte di genitori giustamente preoccupati per la gestione della struttura scolastica in vista del ritorno all’attività dei propri figli. Ad ogni modo, il “modello Portogruaro” ha funzionato, e va dunque rivolto un plauso ai cittadini, e in primis ai volontari, che hanno saputo gestire con ordine e con la giusta attenzione questo particolare momento di “straordinaria” quotidianità.

LA MIGLIOR RISPOSTA Allargando l’orizzonte al grande tema dell’immigrazione di massa che sempre più sta interessando la nostra Penisola, trovo esemplare la risposta che, sotto forma di post su Facebook, ha dato Cecilia Strada (figlia del noto Gino Strada, fondatore di Emergency), a quanti continuavano a ripeterle il più classico dei “mantra”: “Perché, visto che parli tanto di integrazione, accoglienza e solidarietà, non ospiti i profughi a casa tua?”. Questa è la sua risposta: “E perché dovrei? Vivo in una società e pago le tasse. Pago le tasse così non devo allestire una sala operatoria in cucina quando mia madre sta male. Pago le tasse e non devo costruire una scuola in ripostiglio per dare un’istruzione ai miei figli. Pago le tasse e non mi compro un’autobotte per spegnere gli incendi. E pago le tas-

se per aiutare chi ha bisogno. Ospitare un profugo in casa è gentilezza, carità. Creare – con le mie tasse – un sistema di accoglienza dignitoso è giustizia. Mi piace la gentilezza, ma preferisco la giustizia”. Poche frasi, stentoree, dirette, che riassumono un’esigenza personale, quella di Cecilia Strada, ma ancor più collettiva, quella di tutti noi: l’esigenza di avere alle spalle uno Stato forte e in grado di gestire questa straordinaria situazione che ormai così straordinaria non lo è più; l’esigenza di avere alle spalle uno Stato forte e in grado di mettere in campo azioni concrete di selezione, rimpatrio (per chi non ha requisiti alla permanenza) e integrazione (per chi questi requisiti ce li ha); l’esigenza di avere alle spalle uno Stato forte e in grado di scindere con nettezza la gentilezza e la giustizia.

IN COPERTINA L'ANDRONE

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Il red carpet

FUORISCENA

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Intervista ad A. Preziosi INSERTO SPECIALE

Festa Madonna del Rosario 9 PRATICHIAMOCI

Gli usi della canapa

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LA PAROLA A

Poliamb. Odontoiatrico 14 MPR infissi 14 Kosmitaly 15 FISIO Dott. Marco Battesta 15 STIAMO IN SALUTE

La mamma e il neonato

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L'ACQUOLINA IN BOCCA

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ROMANZO D'APPENDICE

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Villa Dell'Anna

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Tra gentilezza e giustizia

Ricorderemo l’estate 2015 per due motivi, principalmente: per il caldo torrido e per l’arrivo in città dei migranti. E su quest’ultimo ha funzionato il “modello Portogruaro”

uinto di Treviso, Eraclea, Casale San Nicola. Nell’estate più calda degli ultimi anni queste tre realtà sono state al centro delle cronache per le reazioni di rabbia e protesta che alcuni residenti hanno avuto all’arrivo (e al soggiorno) di migranti africani. Per settimane, nei maggiori programmi televisivi di approfondimento politico e nei telegiornali nazionali si sono viste scene di altissima tensione tra i cittadini, le Forze dell’Ordine, i migranti stessi. Sequenze di autentico disagio che hanno portato alla rimozione del Prefetto di Treviso, alla creazione di comitati permanenti del NO, allo scontro sociale. Pagine di vita vera che hanno testimoniato le difficoltà altrettanto vere della messa in pratica di belle parole sulla carta come “integrazione”, “accoglienza”, “solidarietà”.

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settembre/ottobre 2015

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Portogruaro.Net Magazine Supplemento a: www.Portogruaro.Net del 21/09/2015 Reg. Trib. di Venezia - n. 10 del 05/05/2006 Iscrizione al ROC n. 17423 Direzione e Redazione: Borgo San Gottardo, 55 - 30026 Portogruaro (VE) Tel. e Fax 0421 280444 Email: magazine@portogruaro.net Direttore Responsabile: Giulio Serra Direttore Editoriale: Vincenzo Zollo In redazione: Leandro Costa, Massimo Cuomo, Giulia De Luca, Vito Digiorgio, Francesco Fratto, Gianni Marella, Gloria Morettin, Andrea Pavan, Riccardo Rodriquez “LA PAROLA A...” è una rubrica di inserzioni promozionali redazionali a pagamento. In riferimento al racconto di Massimo Cuomo nella rubrica “Romanzo d'appendice” si precisa che ogni riferimento a persone esistenti/esistite e/o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

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IN COPERTINA

settembre/ottobre 2015

I Comitati del NO in prima linea per la collettività

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Protestare per un ideale ben preciso. Impegnarsi per il bene comune. Portogruaro.Net è andato alla scoperta dei “cori del no” del Portogruarese

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iamo nel XVI secolo, quando ha origine il termine “protesta”, una parola che tutt’ora viene usata ampiamente. Il fine è sempre lo stesso: manifestare dissenso contro qualcosa che appare ai nostri occhi dannoso, illegittimo, iniquo. Nel XIX secolo gli operai delle fabbriche di Europa e Stati Uniti protestavano per poter conquistare miglioramenti nelle condizioni di lavoro. Poco più tardi, con lo slogan “We can do it” (Noi possiamo farlo) si affermava il movimento femminista che lottava per la parità politica, sociale ed economica tra i sessi. Per non parlare del noto ’68, anno in cui movimenti di massa composti da studenti e operai contestavano la corruzione e i pregiudizi socio-politici, e del più recente movimento No-Global, che ha caratterizzato la fine del secolo scorso con iniziative di protesta contro i processi di globalizzazione del sistema americano, in risposta alle tensioni che si erano accumulate alla fine della guerra fredda. Oggi, più che mai, siamo disposti a scendere in piazza per dare ancora più voce ai vari dissensi. Non sempre servono grandi realtà e rivolte violente per far sentire la propria opinione, basta avere a cuore un ideale per il bene della collettività. Portogruaro.Net, in questo numero del magazine, ha voluto andare alla scoperta di quei Comitati del NO locali che hanno fatto della protesta un elemento positivo per il bene della comunità.

QUELLI DELLE CENTRALI “Siamo noi che decidiamo, con il nostro fare e il non fare”. Così, senza mezze misure, si presenta Renato Vivan. Sessantuno anni compiuti, alle spalle più di quarant’anni di servizio come vigile urbano a Portogruaro. E la voglia di impegnarsi per la collettività, scendendo in prima linea in battaglie per difendere gli interessi dei cittadini. Nel 2007, sull’onda della protesta dei cittadini della frazione di Summaga contro l’insediamento di una centrale elettrica dalla potenza di 7 megawatt, viene costituito il Comitato No Centrale Cereal Docks, il primo nel mandamento Portogruarese. Vivan ricorda con orgoglio il momento in cui decise di assumersi di petto una vicenda che destava preoccupazioni alla comunità locale. “Stavo per partecipare alla prima riunione del comitato – va alla memoria di quell’anno –. Nella sala c’erano una ventina di cittadini. Un consigliere comunale si era attivato per la causa ma, sul più bello, mi trovai da solo. Non fu un problema per me, perché ero convinto di quello che facevo. E quando si è convinti della bontà delle proprie azioni, non bisogna temere le conseguenze.

Ho deciso di mettermi in gioco perché credo che poter dare qualcosa alla comunità sia la cosa più bella e gratificante”. L’impegno dà presto i suoi frutti e soprattutto la soddisfazione di poter organizzare iniziative con esperti di livello nazionale come Stefano Montanari, esperto di patologie connesse alla presenza di nanopolveri nell’ambiente. Contro il proliferare di centrali sul territorio portogruarese sorgono negli anni successivi altri comitati: a Villanova di Fossalta di Portogruaro ci si oppone alla costruzione della centrale Zignago Power, a Lugugnana si alzano

le barricate contro la centrale della Sigeco. “Quando a inizio 2012 fu avviato il cantiere per la costruzione della centrale a Lugugnana – ricorda Vivan – il nostro comitato si attivò con diversi picchetti, al punto che l’amministrazione comunale fece ricorso al Tar contro la Regione. Tutto era già pronto, i mezzi si preparavano a spianare il terreno: riuscimmo a bloccare il cantiere”. Il problema è molto sentito dalla popolazione. In ballo ci sono questioni come la tutela della salute e la salvaguardia e gestione del territorio. “Il progetto cui si lavorava – spiega Vivan

– era quello di creare un coordinamento tra tutti i comitati contro le centrali a biomasse, in modo da poter avere più potere contrattuale con le istituzioni. Purtroppo questo non avvenne”. “È mancata quell’unione che avrebbe fatto la forza – commenta –. Tutti abbiamo a cuore la nostra salute, ma nella battaglia contro le centrali a biomasse non c’è stato un no collettivo. Tutti d’accordo a parole, per poi constatare come nei fatti non sia così”. Da vigile spiega che bisogna sempre mantenere alta la guardia. “Vigiliamo costantemente affinché la centrale non inquini l’aria, ma anche l’acqua e il suolo – dice –. L’autorizzazione rilasciata dalla Regione alla Cereal Docks vale dieci anni, scaduti i quali la proprietà ha garantito l’attuazione di un progetto di riutilizzo dei locali che verranno adibiti a ricovero di automezzi. Faremo un controllo puntuale su questo affinché vengano rispettati i termini”. C’è chi la protesta la conduce in solitaria. Come Maria Luisa Venturin, insegnante, che da anni con la sua associazione culturale PortogruaroVive si batte contro le centrali sul territorio. “Ho dovuto smettere di fare l’orto, perché a 700 metri da casa mia è stata costruita una centrale” così esordisce. La sua battaglia inizia nel 2009, anno in cui risale la scoperta che a Portogruaro c’è un problema di centrali. “Fino a settembre 2010 – spiega – ho collaborato con i vari comitati che si andavano costituendo, a gennaio 2011, stanca di aspettarli sulle iniziative da portare avanti, ho costituito l’associazione PortogruaroVive”. “Sui pericoli delle centrali non si sapeva nulla – spiega –. Ci siamo trovati a discutere con amministratori ignoranti in materia, ma anche in malafede. Come poi abbiamo appreso, le autorizzazioni alla costruzione delle centrali venivano date ancor prima che venissero sentiti i cittadini”. Nel tempo crescono le iniziative, le occasioni di dibattito e confronto con esperti e addetti ai lavori. “Per ben tre volte – continua – siamo riusciti a portare a Portogruaro l’esperto in nano patologie Stefano Montanari”. Una battaglia contro poteri forti nella quale ammette di essersi spesso sentita da sola e isolata. “I comitati contro le centrali – accusa – hanno avuto paura. Anziché andare fino in fondo nella loro lotta, hanno preferito limitarsi a piccole scaramucce. Dovevano intraprendere un’azione legale contro la Zignago Power, ma hanno preferito presentare un esposto che, come previsto, è stato respinto”. Per una battaglia così importante, perché sono in gioco la salute e la tutela dell’ambiente, è mancato spesso un sostegno anche morale. “In un territorio come il nostro a vo-


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cazione agricola – commenta – come si spiega l’alta incidenza di patologie tumorali, come il tumore al polmone? Una risposta ci dovrà pur essere”. “Ci piacerebbe organizzare dibattiti aperti, con contraddittorio” dice. Ma l’amara conclusione è dietro l’angolo. “Ci sono tre categorie di persone – taglia corto –, i vigliacchi, i collusi e i pecoroni”. Lei, invece, non si è mai tirata indietro. “Abbiamo realizzato più di venti incontri con la cittadinanza, abbiamo dato l’incarico al dottor Montanari di stilare due relazioni sulle centrali locali. Tutte iniziative che hanno comportato spese non irrilevanti, sempre autofinanziate. Eppure – conclude –, ancora adesso, sarei pronta a riprendere la lotta se qualcuno si facesse avanti con nuove proposte”.

settembre/ottobre 2015

passaggio del traffico da gomma a rotaia, perché sulle linee ad alta velocità non transitano i treni merci”. Nel 2012 il Commissario Straordinario Bortolo Mainardi, nominato dal governo per decidere in merito al progetto Alta Velocità, boccia il cosiddetto tracciato litoraneo e propone il quadruplicamento della linea storica Venezia-Trieste. Un progetto attualmente allo studio di fattibilità. E sul quale l’azione di informazione da parte del gruppo No Tav si è fatta sempre più veemente. “In tutti questi anni – dice – si è continuato ad affermare che il tracciato in affianca-

mento alla linea storica non è una linea ad alta velocità, senza che nessuno abbia mai risposto alle nostre osservazioni di merito che puntualmente hanno dimostrato come il quadruplicamento è una linea per l’alta velocità”. Pur non essendo un attivista politico, crede che questa battaglia sia fondamentale per garantire un futuro migliore ai nostri figli. La parola d’ordine di chi come lui dice no all’Alta Velocità è fermare lo spreco di denaro pubblico che gravita attorno alle grandi opere. “Fino ad oggi – conclude – si sono spesi 14 milioni di euro per progetti e studi”. CONCESSIONARIO PER UDINE E PROVINCIA IMBARCAZIONI, MOTORI E GOMMONI

QUELLI DELL’ALTA VELOCITÀ No all’Alta Velocità. Nel coro dei no emerge anche la voce di coloro che si oppongono al progetto Tav Venezia-Trieste. Una voce che a Portogruaro inizia a prendere corpo nell’autunno del 2011. A spiegarci la genesi del movimento è Mauro Gobbato, che di professione fa l’educatore. Una battaglia che ha sposato in pieno proprio perché ritiene che sull’argomento sia fondamentale l’informazione. O la mancanza di essa, verrebbe da dire. “Alcuni cittadini portogruaresi – racconta – partecipano in quell’anno ad un incontro organizzato a San Stino dal coordinamento No Tav Venezia-Trieste. Un dibattito tecnico ricco di spunti. A novembre danno vita a un’azione di volantinaggio per avvisare la cittadinanza. Nasce così il gruppo No Tav”. La prima azione intrapresa dal comitato è la presentazione all’amministrazione comunale. “Abbiamo sottolineato – spiega – la nostra volontà di instaurare un dialogo di merito, non politico o ideologico, sul tema dell’Alta Velocità”. Nel marzo 2012 viene organizzato a Portogruaro un incontro pubblico con relatori l’ingegnere Ivan Cicconi, l’ingegnere Claudio Cancelli ed esperti nazionali. Da allora sono una cinquantina le iniziative che i No Tav hanno organizzato, tra azioni di volantinaggio, presidi, dibattiti, un forte coinvolgimento delle associazioni locali. Sulla questione c’è molta disinformazione, e qualche mito da sfatare. “Dati alla mano – argomenta Gobbato – si evidenzia come la linea ferroviaria storica Venezia-Trieste sia sottoutilizzata. Invece che orientare l’attenzione su progetti faraonici sarebbe auspicabile riqualificare l’offerta esistente. Il Tav è un’opera inutile, dal notevole impatto ambientale. Non è la Comunità Europea che ce la chiede. E non serve al

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QUELLI DELLA SANITÀ Sanità, altro tema centrale del dibattito pubblico. E un bene prezioso, da difendere. Non diminuire i livelli di assistenza nel Veneto Orientale, promuovere la consapevolezza e la partecipazione dei cittadini, coinvolgere i sindaci nella difesa di questo bene: è con questi obiettivi che si costituisce nel settembre 2013 il Comitato per la difesa del servizio socio-sanitario nel Veneto Orientale. “Abbiamo iniziato a muoverci – spiega Francesca Benvegnù del gruppo promotore – a seguito dell’approvazione delle delibere regionali sulla riorganizzazione del servizio socio-sanitario ai fini della sua sostenibilità economica”. Ed è proprio sullo sviluppo e sull’esito delle schede ospedaliere che inizia l’attività del comitato, condotta da un gruppo di cittadini motivati e consapevoli, che decidono di mettere le proprie competenze al servizio di un importante impegno di cittadinanza. Una corretta informazione ai cittadini, creazione di occasione di dibattito partecipativo e un costante monitoraggio perché vengano assunte le scelte più adeguate: sono queste le linee guida su cui inizia l’azione. “Con la nostra battaglia informativa – continua – abbiamo voluto stimolare il dibattito su temi chiave. Sul fatto che le schede ospedaliere decise dalla Regione, con la realizzazione di un polo medico a San Donà e di un polo chirurgico a Portogruaro, presentano rischi e disagi per i cittadini e riducono la nostra offerta ospedaliera. Sul fatto che il progetto di un Ospedale unico non rappresenta, e pare se ne sia accorto anche il Governatore Zaia, una soluzione realistica e adeguata alla specificità dei bisogni e risorse locali”. Inoltre, spiega: “Le proposte sulle ASL provinciali e le deliberazioni sulle schede del territorio, senza aver realizzato le strutture di ricovero intermedie e la riorganizzazione dell’assistenza primaria dei medici di famiglia, ci presentano un altro scenario che, con poche risorse a disposizione, potrebbe mettere a rischio i servizi effettivamente erogati”. All’attivo del comitato ci sono iniziative importanti, come la mobilitazione davanti all'ospedale di San Donà di Piave, la manifestazione per dire no all’Ospedale unico che si è tenuta a Portogruaro, la mobilitazione presso il Consiglio regionale a Venezia e due convegni di approfondimento dei temi attuali della sanità e salute. Vito Digiorgio Gloria Morettin

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L'ANDRONE

settembre/ottobre 2015

Villa Dell’Anna, a Teglio Veneto una stupenda Villa Veneta Costruita dalla famiglia Borghesaleo e abitata anche dal conte di Valvasone, oggi questa prestigiosa villa è vissuta tra mecenatismo e quiete campestre Entra e scopri da vicino il cortile di Villa Dell'Anna puntando la videocamera del tuo smartphone sul QR code.

I

n mille anni di storia, la Repubblica di Venezia ci ha regalato un patrimonio senza eguali. Nella terraferma il tesoro più prezioso è rappresentato senza dubbi dalla cosiddetta civiltà di villa veneta, da intendersi come governo del territorio, storie di famiglie e tradizioni, patrimonio d’arte e di società. Un patrimonio che oggi conta oltre 5000 ville ubicate dal Veronese al Veneziano, in un climax di bellezza e armonie architettoniche senza tempo. Tra queste ve n’è una edificata alla fine del XVI secolo e situata nel cuore di Teglio Veneto, all’imbocco di via Parz. Qui si trova Villa Dell’Anna, riconosciuta “Villa Veneta” dalla Sovrintendenza delle Belle Arti a partire dal 1983.

LA STRUTTURA INTERNA La struttura attuale di Villa Dell’Anna ha mantenuto, di fatto, quella originale. L’impianto è rettangolare con un corridoio centrale a pianta centrale. Il corpo del complesso palazzo si sviluppa su due piani più il mezzanino con le stanze adibite per la servitù e il solaio, un tempo usato come deposito granaglie. Al pianterreno, che è leggermente rialzato rispetto al piano campagna, si trovano le cucine e le altre stanze di servizio. Il prospetto nel suo insieme è simmetrico, con una monofora centrale in corrispondenza del portone d’accesso. “Ci fu una

ristrutturazione importante intorno agli anni Ottanta – ci spiega la signora Daniela Dell’Anna-Brezzi, figlia della signora Elisa Maria –, questa interessò il rifacimento del tetto e la pulitura di alcune parti interessanti, il tutto seguito sotto l’occhio attento della Sovrintendenza alle Belle Arti di Venezia. Nella facciata ovest abbiamo ripristinato l’intonaco originale realizzato con marmorino veneziano, è stata poi restaurata la meridiana con un restauro accurato e attento, infine è stato ricostruito il focolare così come se lo ricordava mia madre ai tempi in cui lei era bambina”.

LE ORIGINI Le facciate est ed ovest (uguali nel disegno architettonico) di Villa Dell’Anna possiedono un’imponenza che ammalia e che, in ugual misura, pretende rispetto. A dire il vero è l’intera struttura del palazzo a impressionare la vista del visitatore per dimensioni e particolari. Non è un caso, infatti, che negli spazi antistanti l’ingresso per diversi anni si siano svolti numerosi e apprezzati concerti del Festival Internazionale di Musica di Portogruaro, incorniciati al meglio dalle prospettive e dalle geometrie della villa. Costruito nel tardo 1500 dalla famiglia Borghesaleo, originariamente il palazzo aveva funzione di residenza di villeggiatura. Nel testamento di Bartolomeo Borghesaleo il testatore scrive: “Sanno che ho fabbricato un stabile dominicale assai nobile nella villa di Teglio con dieci [cortivi] di coloni, oltre alle casette…”. La famiglia Borghesaleo era presente a Teglio Veneto già dalla metà del 1500. Qui possedeva parecchie proprietà, ampliate nel XVII secolo con l’acquisto dei beni comunali del Paludo Sindacal, messi in vendita dalla Serenissima di Venezia per finanziare la guerra di Candia. “Successivamente – ci spiega la signora Elisa Maria Dell’Anna – la proprietà passò al conte di Valvasone e infine alla famiglia dei Frattina”. Il papà della signora Elisa Maria, Cesare Dell’Anna, acquista la villa negli anni Trenta, conservandone l’impostazione architettonica ed evitando così di stravolgerne la naturale bellezza. “La nostra famiglia – dice la signora Elisa Maria – possedeva dei terreni agricoli. Fino a qualche decennio fa qui c’erano trattori, trebbie, il granaio con il buco per il fieno, attrezzature agricole, e così via”. Tuttora il palazzo conserva attorno una vasta braida, elemento fondante delle ville venete.

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UNA FAMIGLIA IMPORTANTE Nella storia, il mecenatismo ha da sempre rappresentato la leva di avvio per notevoli prodigi artistici, assistendo (in particolar modo dal punto di vista finanziario ma anche logistico) poeti e scultori, pittori e letterati nel corso dei mille guizzi d’artista. In qualche misura anche la famiglia Dell’Anna, e più in specifico la signora Elisa Maria, rappresenta una forma moderna di mecenatismo. Negli anni passati, come già menzionato in apertura di articolo, la villa ha spalancato i suoi preziosi cancelli al Festival Internazionale di Musica di Portogruaro, ospitando liete serate di musica classica per centinaia di amanti del genere. Nel 2014, poi, gli spazi antistanti la facciata est hanno visto protagonista la poesia attraverso la serata finale di premiazione del “Premio Teglio”, concorso nazionale di poesia tra i più influenti (organizzato nell’ambito del festival letterario Notturni di versi del Porto dei Benandanti). Nell’occasione, il primo premio della XV edizione è andato alla silloge di poesie “Lanterne blu”, scritta dalla veneziana Maddalena Lotter. Notevole, poi, è stato il contributo che il padre di Elisa Maria, Cesare Dell’Anna, ha dato al paese e alla comunità di Teglio Veneto. “Mio padre – ricorda oggi la figlia – fu podestà di Teglio. Era un uomo buono e generoso, menzionato anche negli anni successivi alla sua morte per le opere di bene che aveva fatto alla comunità. In tempi di guerra – conclude la signora Elisa Maria, con un filo di ironia – cercò addirittura di far andare d’accordo i partigiani con i fascisti, ed è molto probabile che ci riuscì”. E a proposito di guerra, come non citare il presidio che qui, in Villa Dell’Anna, venne fatto dai tedeschi dopo la rotta di Caporetto, nella Prima guerra mondiale? “E come se non bastasse – aggiunge la signora Elisa Maria – i tedeschi assediarono la villa anche durante la guerra del ’40-’45”. È giunta l’ora dei saluti. Lasciandosi alle spalle la villa si ha sensazione di andarsene da un luogo intriso di storia e di momenti di gioia e di tristezza, come se tutta quella bellezza architettonica possa in qualche modo assorbire le vite di chi l’ha abitata per poi donarle al visitatore. S.G. | Questa rubrica è realizzata grazie al contributo di:

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settembre/ottobre 2015

La rivoluzione sociale del Red Carpet ai tempi di Instagram

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Da luogo di glamour assoluto riservato a pochi eletti a passerella per volti sconosciuti, il Tappeto Rosso diventa l’ennesimo strumento di destrutturazione sociale

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i è concluso da pochi giorni il Festival della Musica in cui si sono alternate performance didattiche e concertistiche in alcuni dei luoghi più suggestivi della città: la piazza, gli antichi Mulini, le chiese, i palazzi urbani e le ville fuori porta hanno ospitato alcune delle occasioni più cosmopolite e mondane che segnano l’anno portogruarese. La città, con i suoi insostituibili scorci, rappresenta il sipario più affascinante degli eventi salottieri; tuttavia la nuova tendenza delle grandi metropoli festaiole sta sfiorando lentamente anche il nostro sobborgo: come nelle capitali dell’intrattenimento, anche Portogruaro e dintorni iniziano a srotolare il tappetto rosso, impregnato di brillanti, pellicce e fotografi, com’è accaduto, ad esempio, all’inaugurazione del Teatro Russolo.

cifici meriti o meno: qualsiasi persona in grado di noleggiare un abito haute couture e di accreditarsi può sfoggiare il suo brillante sorriso ai flash dei fotografi. Si potrebbe leggere questa svolta popolare come un democratico livellamento del luogo più esclusivo del pianeta nella stessa prospettiva di equità tra grandi star e persone comuni che i social media stanno lentamente compiendo: in fin dei conti non è altro che una rivoluzione sociale 2.0! A tal proposito abbiamo intervistato Lucia Zuliani, originaria di Codroipo, ma da anni trapiantata a Milano, capitale delle tendenze nazionali, in cui, da vera insider della fashion in-

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dustry, lavora per nomi importanti come Marni, Prada e Dsquared2; Lucia è celebre nella blogosfera per il suo blog Matiseivista.com dove giocosamente regala consigli autorevoli ma soprattutto, con invidiabili competenza ed ironia, addita gioie ed orrori dalle passerelle degli episodi mondani più importanti dell’anno, dagli Oscar ai Festival, dal Met al Golden Globe nella rubrica Pagelle di Stile. “Una volta il red carpet era si-

NON SOLO

Il Red Carpet rappresenta da sempre l’apoteosi del glamour: in passato erano pochi gli eventi che potevano permettersi un simile dispiegamento di forze, uno fra tutti il Festival del Cinema di Venezia, quest’anno arrivato alla sua 72esima edizione. Come da consuetudine abbiamo visto passeggiare sul velluto registi, attori, sceneggiatori, celebrità di ogni sorta. Tuttavia negli ultimi anni anche sul red carpet è cambiata la corrente: mentre in precedenza questo luccicante spazio era appannaggio dei grandi divi del mondo dello spettacolo, oggi sempre più spesso si vedono sfilare modelle, blogger, socialite, personaggi minori del panorama televisivo ma anche del nuovo scenario social come influencers di Instagram o di YouTube. La passerella dei Festival è ormai calcata da chiunque abbia la sua piccola fama quotidiana, per spe-

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nonimo di glamour vero, dove solo le grandi dive come Sofia Loren osavano passeggiare avvolte in abiti da favola disegnati esplicitamente per loro dai nomi altisonanti dell’Alta Moda. Gli eventi erano pochi ma di una qualità ineguagliabile. Adesso c’è un red carpet ogni settimana, ogni occasione è buona per stendere il tappeto e scattare foto davanti a un muro di sponsor”. Il dilagante fenomeno del tappeto rosso lo ha depauperato del suo valore simbolico, rendendolo un funzionale strumento di marketing, non c’è differenza se è destinato ad una prima teatrale o all’inaugurazione di qualsiasi negozio e locale. “Si è persa un po’ la magia”, osserva Lucia, che sottolinea anche come il vero evento mondano non sia più la passerella ma il backstage: “Non serve essere un addetto ai lavori per capire che ormai i contenuti più interessanti sono dietro le quinte, durante la preparazione, tant’è che sta lentamente diffondendosi sui social anche questa parte dello spettacolo”, sempre più spesso infatti è possibile vedere foto su Instagram o leggere messaggi entusiasti su Twitter di celeb in procinto di calcare la striscia rossa con in testa ancora i bigodini, accerchiate da squadre di stylist. Ma questo non vale solo per gli avvenimenti internazionali: “Essere online è diventato talmente nazionalpopolare che lo siamo tutti quando condividiamo sui social una circostanza privata come il makeover serale: l’unica differenza tra noi e le star sono gli abiti di Alta Moda!”. Il red carpet da sporadica ed esclusiva occasione mondana diventa fenomeno di costume nelle capitali dello showbiz ma anche nelle periferie di campagna che ugualmente ospitano personaggi grandi e piccoli, consacrando a verità universale il celebre motto di Andy Warhol: “In futuro tutti saranno famosi per quindici minuti”. Ma se tutti possiamo aspirare a comparire in qualche photogallery su Facebook, come sempre sarà il tempo a decretare chi è destinato a segnare indelebilmente l’immaginario della memoria collettiva: nella miriade di sfavillanti starlette e scultoree modelle ben vestite che brandiscono calici di champagne, a fare la differenza è il carattere di chi passeggia sul tappeto rosso, che si esprime in questo particolare contesto nelle sue scelte di stile perché, come dice saggiamente Lucia, “L’abito che sfila sul red carpet è la cartina tornasole della personalità di chi lo indossa”. Giulia De Luca |


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FUORISCENA

settembre/ottobre 2015

“Il teatro? Uno specchio per osservare i vizi del nostro tempo” Intervista all’attore e regista Alessandro Preziosi. In scena al Teatro Russolo con “Don Giovanni”, terzo atto della trilogia dedicata ai classici del Seicento che hanno segnato la nostra modernità

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i spengono le luci del teatro. Sul palcoscenico sta per fare il suo ingresso Alessandro Preziosi, che interpreta uno dei grandi classici della letteratura occidentale: il prototipo del seduttore senza scrupoli, l’uomo animato da un desiderio di conquista inesauribile. Non c’è bisogno di dire altro: stiamo parlando del Don Giovanni. L’attore e regista napoletano propone un riadattamento in chiave moderna dell’opera che Molière rappresentò per la prima volta nel 1665 al Palais Royal. Abbiamo incontrato Alessandro Preziosi in occasione dello spettacolo che si è tenuto al Teatro Russolo lo scorso 18 marzo, e ci ha rilasciato questa intervista. Ci racconta come è nato il suo “Don Giovanni”? L’esigenza di realizzare questo nuovo progetto nasce innanzitutto da una continuità di lavoro sul teatro che ha contraddistinto fisiologicamente il mio percorso professionale di questi ultimi anni, ma ha trovato la sua scelta editoriale nella chiusura di un ciclo, quello che si potrebbe definire una sorta di trilogia di ambientazione seicentesca che si focalizza su di un’epoca che ha segnato la modernità e ha prodotto classici indispensabili come veri talismani per questa epoca contemporanea. Allo stesso tempo, però, questo nostro Don Giovanni tende la mano ad un’altra epoca, il Settecento, e l’ambientazione risente di quella leggerezza che tanto si scontra con i furori intellettuali del secolo dei lumi, quando la fiaccola della scienza inizia a rischiarare quell’agonia dei valori, che si protrae fino ad oggi, che è così straordinariamente presente nella sublime cristallizzazione della musica di Mozart. La prima volta che ho accarezzato questa idea è stato durante il tour di Cyrano, attraverso un velato suggerimento di un amico, un grande maestro del teatro purtroppo scomparso, Nicolai Karpow a cui noi tutti dobbiamo tantissimo. Questo spettacolo è fortemente dedicato ai suoi straordinari insegnamenti. Siamo soliti identificare il Don Giovanni con il seduttore per antonomasia. Forse c’è qualcosa di più dietro questa facile equazione? Don Giovanni non è solo un collezionista di donne, ma è un seduttore seriale che espande infinitamente a tutti i campi il piacere delle sue conquiste. È un mito dell’individualismo moderno e le caratteristiche che lo definiscono come mito rispecchiano in pieno le sue contraddizioni: l’incostanza, per esempio, la seduzione certo, ma soprattutto la sfida ed in particolare quella più pericolosa alla morte. È questo territorio di conquista che è precluso a Don Giovanni finché non guarda in faccia il mistero, finché resta orfano del Padre Celeste, finche non se la vedrà davvero con Dio.

Assieme ad Amleto e Cyrano, questa rappresentazione teatrale fa parte di una trilogia di classici. Cosa lega i tre spettacoli? Il lavoro sul mito, sulla relazione tra interprete e personaggio, chiude il cerchio di questi classici la cui rilettura, come insegna Calvino, è sempre una prima lettura. La chiave è proprio il lavoro di Rostand su Cyrano De Bergerac, che lo ha reso un vero e proprio mito letterario, strappandolo al buio della storia. Questo è il tema del lavoro “Cyrano sulla luna”. Uno spettacolo molto apprezzato, anche premiato, motivo d’orgoglio per me anche per il suo smaccato inno alla “letteratura”. L’intento della trilogia è quello di rivisitare i classici del Seicento, un secolo

ricco di contraddizioni, per avvicinarli al pubblico dei giovani d’oggi. Quali sono state le più grandi difficoltà nell’affrontare questo lavoro teatrale? Fin dalla scelta di rappresentare il “Don Giovanni” di Moliere, e quindi il personaggio cristallizzato in una mirabile macchina drammaturgica ho posto, insieme ad Alessandro Maggi, che ha operato una mirabile supervisione artistica su tutto il progetto, il lavoro sull’attore in primissimo piano. Quando ci si misura con un testo del genere si ha sete di approfondimento ovviamente, e ce n’è stato, letterario, iconografico, drammaturgico, insieme ad uno stuolo di collaboratori straor-

dinari, da Marta Crisolini Malatesta a Valerio Tiberi ad Andrea Farri con cui avevo già collaborato. Con l’artista francese Fabie Iliou c’è stata la costruzione di un vero e proprio mondo estetico, che come sempre nelle nostre produzioni si avvale di tecnologia avanzata e grande artigianalità, attorno allo svolgersi della storia, ma incarnare il personaggio sul palcoscenico e rendere concreto il suo percorso insieme ad un coro di attori di grande talento e professionalità è il lavoro più bello e comincia ogni singola sera sul palco. C’è una battuta della contadinella Carlotta, che mi sembra rispecchiare appieno il lavoro sul personaggio e che suona più o meno così: “Non so se dite il vero, ma avete un modo di dirlo che ci si vuol davvero credere”. La verità e la finzione per un attore sono i bocconi più succulenti. A teatro con Molière si ride molto e si riflette di più. Cosa le ha insegnato la sua esperienza teatrale? Per me il teatro è davvero uno specchio in cui si possono osservare i vizi del nostro tempo. La necessaria riflessione sulla tematica della grazia e della misericordia divina, sul peccato, sulla casta degli ipocriti che dilaga in ogni settore della società, trova nel copione di Molière un’arma in più per il pubblico di oggi, e che si può riassumere in una massima che mi è cara da sempre: “Ridendo castigat mores”. Le leve della commedia mettono a nudo le piaghe di un tessuto umano e sociale di un’attualità sconcertante.

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Quando ha avvertito per la prima volta che avrebbe voluto diventare un attore teatrale? Fin dagli studi al liceo classico. La passione per il cinema e anche per la buona televisione, la musica ovviamente su tutto, hanno aperto una porta nella mia quotidianità. Passarci attraverso è stato duro e rischioso, ma tutto nella vita contribuisce alla costruzione umana di un professionista, che sia un avvocato o un attore. Quali consigli si sente di dare ad un giovane che si appresta a fare teatro? Consiglio a chiunque voglia mettersi in gioco nel campo dell’arte di perseguire anche rigorosi studi universitari, frequentare un’accademia, approfondire, studiare l’inglese. Negli ultimi anni ci siamo occupati di formazione con la Link Campus University. Un giovane allievo del corso DAMS, Matteo Gumma, è un attore di talento, tanto che è stato selezionato nel cast di Don Giovanni, ma è soprattutto un allievo diligente e competente, una spugna, come ogni bravo attore deve essere. D. V. |


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La Festa della Madonna del Rosario, al pari e forse più delle moltissime altre iniziative e manifestazioni che nel corso dell’anno animano il nostro centro storico, sa coniugare due importanti componenti. Da un lato l’aspetto religioso, legato da sempre ad un sentire profondamente radicato nei Portogruaresi; dall’altro è un’occasione – l’ennesima – per valorizzare una parte della nostra Città, godere delle sue bellezze e attrattive, immergersi nelle nostre strade e piazze con il piacere di trovarsi in luoghi autenticamente “a misura d’uomo”. Per quanto concerne l’aspetto religioso, giova ricordare come la devozione alla Madonna del Rosario risalga a molti secoli fa, perlomeno alla prima metà del 1300 quando, per l’appunto, ebbero inizio i lavori di edificazione della Chiesa di S. Giovanni. Da allora questo splendido gioiello architettonico rappresenta, con le sue linee solide ed eleganti, il Borgo di S. Giovanni che, a sua volta, è lo storico ingresso alla nostra Città, il sipario che, una volta sollevato, svela una serie di angoli e scorci di rara e sorprendente bellezza. E all’interno della Chiesa, a rappresentare e a rendere esplicito questo sentimento della popolazione, la statua della Madonna, certamente non l’unico tesoro artistico che rende l’edificio meritevole di una visita. Ma è tutto il Borgo ad essere bello, una sorta di biglietto da visita che Portogruaro offre ai sempre più numerosi visitatori che ci onorano con la loro presenza. Un Borgo, che in questa occasione, ma non solo, si veste a festa, si riempie di colori, di suoni, di profumi, di sapori, rinverdendo antiche tradizioni, rivisitandole, proponendole nella maniera più attraente ed accattivante. Il Borgo di S. Giovanni è una presenza viva e vivace, è una parte della nostra Città di cui andiamo orgogliosi, è un insieme di famiglie, singoli cittadini, operatori, che costituiscono un esempio di come si possa realmente “essere e fare” comunità. A tutti loro il ringraziamento mio e dell’Amministrazione Comunale per riuscire a rappresentare il volto più bello di Portogruaro. Maria Teresa Senatore Sindaco di Portogruaro

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UN BORGO INVIDIATO DA TUTTI

Anche quest'anno ho il privilegio, grazie a Portogruaro.Net, di mettere in risalto, attraverso questo speciale, i festeggiamenti della Festa del Rosario di Borgo S. Giovanni, un autentico salottino all'ingresso del nostro centro storico. Come da antichissima tradizione si tratta di una festa molto sentita dagli abitanti e dalle attività commerciali presenti in Borgo San Giovanni. Il motivo vero è riportare per due giorni, il primo fine settimana di ottobre, Portogruaro alle antiche tradizioni e ai suoi colori che negli anni hanno contribuito a scrivere la storia della Porta d'ingresso della città. Sembrerà impossibile da credere, soprattutto per le generazioni più giovani, ma Borgo S. Giovanni, ogni anno, da fine agosto è già in fermento per farsi trovare pronto ad un appuntamento che ai portogruaresi doc (ormai pochi) fa battere forte il cuore perché in grado di far tornare in là col tempo e di far pensare, non senza un pizzico di rammarico, a quello che Portogruaro nei secoli scorsi ha rappresentato. In tutto il Veneto Portogruaro è uno dei pochi Comuni che può fregiarsi delle tre Torri ancora esistenti (San Giovanni, San Gottardo e Sant'Agnese) che segnano i borghi cittadini, ognuno con una propria storia e le proprie tradizioni. A festeggiare questa sentitissima festa di Borgo S. Giovanni quest'anno a Portogruaro c’è (prima nella storia del Comune di Portogruaro) un sindaco donna, Maria Teresa Senatore, votata dalla maggioranza dei portogruaresi nel giugno scorso. Questo elemento è un ulteriore ingrediente che renderà ancora più curiosa e interessante una festa che avrà per la prima volta delle tinte rosa dal punto di vista istituzionale. Per questa edizione, come spesso è capitato, non mancheranno delle sorprese dall'altissimo valore storico grazie al gioiello rappresentato dalla chiesa di S. Giovanni, invidiataci dall'intera Regione e immancabile meta turistica durante tutto l'anno. Insomma, gli elementi affinché anche in questa edizione 2015 i festeggiamenti della Madonna del Rosario a Borgo San Giovanni funzionino al meglio ci sono proprio tutti. Adesso non resta altro che a Portogruaro e ai portogruaresi di vestirsi a festa, come hanno sempre fatto nelle occasioni importanti, e dare il via ai festeggiamenti, dimenticandoci per un fine settimana dei tanti problemi che attanagliano numerose famiglie e migliaia di persone, anche a Portogruaro, in cerca di lavoro. Si dia il via alla festa e a un po’ di sana allegria, elemento che nella vita non guasta mai! Riccardo Rodriquez

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PROGRAMMA

PORTOGRUARO, UN LUOGO DELL’ANIMA

Portogruaro è una bellissima Città. Lo è per le sue caratteristiche urbanistiche, architettoniche, paesaggistiche, lo è per l’arte, la cultura, la storia che vi si respira, lo è per la cordialità e l’ospitalità della sua gente, lo è, in definitiva, perché sa riservare a chiunque percorra le sue strade e i suoi portici sempre nuove e inattese sorprese. È un enorme e prezioso patrimonio quello che i Portogruaresi possiedono, un patrimonio che va non solo rispettato e preservato, ma nello stesso tempo valorizzato, utilizzato nel migliore dei modi, proposto a tutti perché “è” di tutti e a tutti è stato affidato. Ma Portogruaro non è, né può essere, un museo a cielo aperto, Portogruaro deve essere viva e vitale, deve riuscire a dare l’immagine di una Comunità dal cuore pulsante come in realtà è. Ecco allora la funzione, preziosa e insostituibile, di un tessuto associazionistico particolarmente ricco e composito in ogni settore della vita sociale. Ed è proprio grazie a questa realtà, fatta di passione, disinteressato amore per la propria Città, volontà e voglia di renderla sempre più attrattiva, che Portogruaro è in grado di proporre un calendario di eventi, iniziative, manifestazioni, che a livello territoriale ha pochi eguali. Ma non solo: la cifra caratterizzante di tutto questo è la capacità, grazie al contributo di moltissimi soggetti, di coniugare innovazione e tradizione, sano divertimento popolare e proposte maggiormente strutturate, senza alcuna distinzione tra presunta “cultura alta” e presunta “cultura bassa”. Perché forte e radicata è la consapevolezza che la cultura, specialmente quella di una Comunità, tutto comprende, tutto racchiude con uguale dignità ed importanza. Tutto questo trova concreto esempio in una delle Feste maggiormente sentite come propria dai Portogruaresi: quella dedicata alla Madonna del Rosario. Per rendersene conto, per averne riprova, è sufficiente passeggiare nel Borgo di S. Giovanni in quei giorni di festa. Sarà allora possibile, anche per il visitatore più frettoloso, comprendere di trovarsi all’ingresso di un “luogo dell’anima” dove vale la pena fermarsi, guardarsi intorno, parlare, incontrarsi, vivere. Ketty Fogliani Assessore alla Cultura

LA FESTA DELLA MADONNA DEL ROSARIO IN BORGO S. GIOVANNI La prima domenica di ottobre per tradizione si celebra la Festa della Madonna del Rosario nel Borgo più bello della nostra Città di Portogruaro, il Borgo di S. Giovanni. Dopo la solennità dell’Assunta che si venera presso l’oratorio della Pescheria, la Madonna del Rosario è la festa mariana più sentita dai portogruaresi che numerosi partecipano alla Processione con l’immagine della Madonna opera dello scultore Luigi Pizzini del 1896. Era il 15 marzo 1338 quando il vescovo di Concordia Guido de Guisis posò la prima pietra della chiesa di S. Giovanni Evangelista. Tale evento viene ricordato nella lapide posta sopra la porta della chiesa che guarda a mezzogiorno. La chiesa allora non aveva le proporzioni attuali ed era considerata una cappella. Nel 1446 venne ingrandita dai Padri Domenicani che ressero la chiesa fino a quando furono sostituiti dai Servi di Maria che la arricchirono ulteriormente con un nuovo altare maggiore e la cappella dell’Addolorata, devozione tipica dell’ordine dei Servi di Maria. Provvidero inoltre ad affrescare il soffitto del presbiterio e della cappella dell’Addolorata dal affreschista Andrea Urbani pittore veneziano di grande interesse. Nel 1748 la chiesa “fu restaurata accresciuta e adornata a maggio di Dio gloria e de’ posteri memoria”, come ricorda un’altra lapide. Il più significativo e radicale intervento fu eseguito nel 1926, quando, per l’allargamento della strada, l’attuale via Spiga, vennero abbattute le cappelle laterali e tre altari; furono tolti anche i tre altari della navata nord e nel levare il soffitto a cassettoni si scoprirono gli affreschi del ‘500 che vi erano sotto e, togliendo l’intonaco che copriva la navata centrale, venne alla luce anche il ciclo degli affreschi che adornano la controfacciata e le pareti laterali. Nel 1938 fu restaurata e decorata la cappella dell’Addolorata dal concittadino prof. A.G. Filippi e fu arricchita da due artistiche vetrate. Ora la chiesa di S. Giovanni presenta tutta la sua bellezza artistica tanto da farla considerare una delle chiese più belle del Portogruarese. Il 4 ottobre, pur ricorrendo la festa di S. Francesco, di cui si conserva in chiesa una bellissima immagine del Santo di Assisi dei primi del Novecento, ci ritroveremo in molti a venerare la Madonna del S. Rosario e continua così l’antica tradizione cara ai tanti fedeli che vi parteciperanno. Il Parroco Mons. Pietro Cesco

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Venerdì 2 ottobre

Municipale ore 20.00 Cena di solidarietà a Palazzo

Sabato 3 ottobre

chioschi ore 9.00 Inaugurazione e apertura dei con mercato ed esposizione di prodotti dell'artigianato locale più piccoli ore 14.00 Inizio esibizioni sportive per i o ore 15.00 Apertura pozzo di San Patrizi o Città di ore 20.45 Tradizionale Concerto del Cor seppe Portogruaro diretto dal M° Giu Russolo con musiche e brani d’organo del ‘600. Interverrà anche don Simone Toffolon, nuovo direttore dell’Ufficio della Curia per i beni culturali per una esposizione delle opere artistiche della chiesa di S. Giovanni

Domenica 4 ottobre ore 9.00 ore 15.00 ore 18.00

Apertura dei chioschi con mercato ed le esposizione di prodotti dell'artigianato loca Santa Messa e Processione lungo le vie della città M° Coro Polifonico La Martinella diretto dal M° Alessandro Maurutto accompagnato dal Beppino Delle Vedove all’organo

nno le Durante la manifestazione non manchera bancarelle e le prime caldarroste, stand e di danza. enogastronomico ed esibizioni sportive ico-didattiche Per i più piccoli truccabimbi e attività lud

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UNO SCRIGNO D’ARTE E DI TESORI Portogruaro, uno scrigno d’arte e di tesori. Come quello gelosamente custodito negli armadi della sacrestia della chiesa San Giovanni Evangelista, che sorge appena fuori l’omonima porta cittadina. Paramenti liturgici e arredi sacri che sono stati esposti al pubblico, per la prima volta, nell’ottobre 2011 in occasione della Festa della Madonna del Rosario. Di pregevole fattura i paramenti sacri, risalenti all’Ottocento. Tra questi camici e stole, ma anche le cotte, ovvero la veste corta di colore bianco indossata sulla veste talare al di fuori della messa, e pianete, ovvero il mantello che il sacerdote indossa durante la messa o nelle processioni. Di particolare valore risultano i numerosi pizzi dei camici esposti. Riproducono per lo più simboli eucaristici, forme diverse di croci e decorazioni floreali. Molti sono rivestiti alla base di seta rossa e venivano indossati dai canonici del capitolo soprattutto nelle celebrazioni solenni e festività. Alcuni pizzi risalgono al XIX secolo. Notevole la mole di arredi sacri: calici in argento e argento dorato del Settecento, ostensori, teche per l’esposizione eucaristica, pissidi, croci d’altare, vasi porta palma, turiboli e candelieri dell’Ottocento. La chiesa di San Giovanni Evangelista, il cui atto di nascita risale al 1338, conserva al suo interno interessanti opere d’arte. La chiesa fu successivamente affidata all’ordine domenicano che vi edificò accanto un convento. La presenza dei domenicani nella città del Lemene interessò il periodo compreso tra il 1493 e il 1656. Sul finire del ’500 essi divennero anche committenti di opere d’arte, segno del loro aumentato potere. Nel 1609 fu commissionata a Leandro Da Bassano la pala dell’altare maggiore. Il dipinto rappresenta i Santi Giovanni Evangelista, Stefano e Domenico a sinistra, mentre a destra sono raffigurati i Santi Giovanni Battista, Lorenzo e Tommaso. Restaurato nel 1683, il dipinto si trova tuttora nella parete di fondo della chiesa. Caratteristiche tipiche della spiritualità domenicana erano la devozione, la diffusione del rosario e la predicazione al popolo. Proprio per questo veniva venerata una piccola immagine della Madonna in trono con Bambino - tutt’ora conservata nella chiesa -, opera realizzata nel 1612 dallo scultore feltrino Francesco Terilli. Sul finire dell’Ottocento l’opera fu sostituita con l’attuale statua della Madonna eseguita dall’artista udinese Luigi Pizzini. La nuova scultura venne esposta ai fedeli per la prima volta il 5 ottobre 1896 inserita in un tronetto-baldacchino realizzato dallo stesso scultore. Ancora oggi viene esibita al pubblico in occasione della processione organizzata durante la Festa della Madonna del Rosario. La devozione e la venerazione alla Madonna del Rosario non sono mai venute meno nella città di Portogruaro, rafforzando anzi quel legame con una tradizione che affonda nei secoli. Nel tempo la scultura ha subito alcune modi-

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fiche quali l’asporto dal tronetto ligneo di due angioletti ornamentali e il trafugamento del bambino Gesù che la Madonna teneva in braccio. Nel 2008 la scultura restaurata con un nuovo bambino Gesù veniva rimessa a disposizione dei fedeli. All’interno della chiesa è inoltre conservata una statua in pietra d’Istria conosciuta come Madonna del Latte, risalente al Trecento e riconducibile ad una bottega di area veneta. Nel 1742 la chiesa, nel frattempo occupata dai padri serviti, fu interessata dai lavori di costruzione della cappella dell’Addolorata. La cappella è dotata di un altare, sopra il quale si trova la statua dell’Addolorata, fiancheggiata da due angeli in pietra viva; dietro una statua lignea del Cristo morto della stessa epoca. Allo stesso periodo risalgono anche l’affresco del soffitto della cappella, con l’Assunta, e l’affresco del soffitto del presbiterio, con l’Eucarestia, attribuiti al veneziano Andrea Urbani. I padri serviti rimasero in città fino al 1773. L’anno successivo la comunità di Portogruaro, proprietaria della chiesa e del convento, provvide alla vendita alla fraterna di San Tommaso dei Battuti, destinando il complesso a nuova sede dell’Ospedale. Nel 1927, in occasione di lavori di rimaneggiamento della chiesa, vennero alla luce sulle pareti laterali e sulla controfacciata splendidi affreschi risalenti secondo alcuni storici all’epoca rinascimentale. Nella cantoria, posta sulla controfacciata, si trovava l’organo che a seguito dei lavori fu collocato dietro l’altare maggiore. Sull’origine e paternità dello strumento si è molto discusso. Anche se nella letteratura locale si fa strada l’ipotesi di Gaetano Callido, vissuto nel Settecento, che tra l’altro realizzò anche un organo per il Duomo di Sant’Andrea. Tra l’ottobre 2012 e l’ottobre 2013 l’organo della chiesa di San Giovanni è stato sottoposto ad un certosino lavoro di restauro effettuato nella bottega organaria di Giorgio Carli per la parte fonica e lignea e curato da Giancarlo Magri per la parte pittorica.


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settembre/ottobre 2015

Canapa, un ritorno al futuro

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Un tempo eravamo tra i maggiori fornitori mondiali di canapa per usi artigianali e industriali. Oggi vi è una riscoperta di questa pianta che fa ben sperare

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ultimo appuntamento dell’anno di questa nostra rubrica lo dedichiamo a un argomento che si sta diffondendo sempre più nel mondo della trasformazione industriale, dell’agricoltura e della medicina. Parliamo della canapa e dei suoi diversi usi. Va detto che la canapa è una pianta, ma oggi è ancor più un oggetto di discussione. Per tentare di spiegare i perché e la natura di questa “discussione” ci avvalliamo del supporto del dottor Beppe Croce, responsabile nazionale per l’agricoltura di Legambiente, nonché direttore dell’associazione Chimicaverde.

pianta anche grazie all’investimento tecnologico su impianti in grado di compiere in maniera più efficiente la sua lavorazione, ma nel 1961 il “lungimirante” Governo italiano sottoscrisse una convenzione internazionale denominata “Convenzione unica sulle sostanze stupefacenti”, seguita da quelle del 1971 e del 1988, in cui si decretò che la canapa doveva sparire dalla produzione mondiale entro 25 anni. Si cercò sostanzialmente di tagliar fuori un concorrente economico dei prodotti sintetici attraverso un furbesco espediente legato al mondo del controllo degli stupefacenti, che a rigor di logica nulla aveva a che fare con la produzione a scopi industriali. Ancora negli anni Settanta in Italia si fecero importanti ricerche per lo sviluppo della produzione di carta dalla canapa, e dal 1977 la Comunità economica europea (CEE) erogò al nostro Paese un importante contributo eco-

nomico per questo lavoro. Purtroppo oggi la produzione di carta derivante dal legno ha il monopolio, e ciò ha fatto sì che la nostra pianura Padana sia avvelenata (oltre che da tutto il resto dell’inquinamento) da una sostanza fra le più pericolose in circolazione: l’Atrazina, presente nei pesticidi per la coltivazione dei pioppi da carta.

GLI USI DELLA CANAPA I problemi ambientali e sociali creati in tutti questi decenni dall’incurante produzione chimica, negli ultimi tempi sono emersi in maniera prorompente. Per questo motivo, fortu-

NUOVE OPPORTUNITÀ PER L’IMPRESA CHE VALE Dott. Beppe Croce

DI COSA STIAMO PARLANDO Iniziamo col dire che la storia, in Italia, ha molto da insegnare sul mondo della canapa e sulla sua coltivazione. Per millenni questa pianta è stata usata in svariate applicazioni; pensiamo che la regione del “canavese”, in Piemonte, prende proprio il nome da questa pianta, tanto che la sua foglia è impressa addirittura sulla bandiera locale. I nostri antenati si sono vestiti, nutriti, scaldati e curati grazie a questa pianta così polifunzionale. Si pensi che negli anni Cinquanta l’Italia era il secondo produttore di canapa a livello mondiale dietro all’Unione Sovietica. A quel tempo la varietà Carmagnola forniva la fibra di maggior pregio e qualità nel mondo. Già dal 1300 la Marina inglese si riforniva di canapa dall’Italia, e se indaghiamo il mondo della produzione cartiera scopriamo che fino ai primi del Novecento la carta era prodotta quasi totalmente dalla canapa. Inoltre indumenti, cordame, imbottiture per auto, tessuti industriali, olio combustibile e per il nutrimento, mangimi animali, alimenti umani, esche, medicinali, guarnizioni, farine, tappeti, pannolini, inchiostri, solventi mastici e altro ancora erano e sono prodotti proprio grazie alla canapa. Dalla fine della Seconda guerra mondiale, tuttavia, tutto iniziò a cambiare, anche in Italia. Gli Stati Uniti d’America introdussero (ma soprattutto imposero) l’utilizzo dei prodotti sintetici derivati dal petrolio, così la coltivazione e l’utilizzo della canapa andarono diminuendo sempre più. Alla fine degli anni Cinquanta si cercò di riprendere la coltura di questa

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natamente, ci si sta ponendo nell’ordine delle idee che la coltivazione e la produzione attraverso la canapa sono e saranno sempre di più una soluzione maggiormente ecocompatibile e socialmente sostenibile. Come ci ricorda il dottor Croce le proprietà multifunzionali e ambientali della canapa la rendono una coltivazione potenzialmente molto vantaggiosa. Dal punto di vista semplicemente economico ha un valore maggiore rispetto ai cereali, dal punto di vista agronomico è una pianta miglioratrice del terreno, riduce le erbe spontanee, aiuta la ristrutturazione del terreno grazie al suo forte apparato radicale fittonante, è una pianta rustica e abbisogna di poca irrigazione rispetto ad altre coltivazioni. In Italia la coltivazione della canapa è nuovamente legale dal 1998, ma come spesso accade ci stiamo svegliando in ritardo riguardo allo sviluppo di questo comparto. Nazioni come la Francia, il Canada o la Cina sono partite ormai da parecchi anni, tanto che oggi noi importiamo il seme da questi Stati per avviare le nostre colture. Il dottor Beppe Croce di Legambiente è comunque fortemente ottimista nei confronti del fenomeno, e lo dimostrano gli oltre 3000 ettari coltivati a canapa censiti in Italia nel 2015. Queste coltivazioni sono sicuramente ancora molto esigue, ma altrettanto certamente rappresentano l’inizio di un percorso che non potrà che crescere, considerate le nuove esigenze a cui il nostro mondo sofferente sta andando incontro.

UNA NUOVA RINASCITA Preso atto dei sopraccitati ritardi del nostro Paese sul tema della coltivazione della canapa, va da sé che la filiera a cui la lavorazione di questa pianta è legata non è ancora ben costituita sul territorio nazionale. Non ci sono, per esempio, tante macchine perfettamente adeguate al lavoro di raccolta ma la situazione sta man mano migliorando grazie anche al grande interesse sviluppatosi attorno al tema. L’augurio, dunque, è quello di veder rifiorire questa produzione che storicamente ha dato tanto al nostro Paese e che potrebbe contribuire in un prossimo futuro a rilanciare quello che potremmo definire un Nuovo Rinascimento Italiano. Tutti noi, infatti, in cuor nostro sentiamo un grande bisogno di “rinascita” dell’Italia, sia dal punto di vista culturale e sia da quello legato al recupero tecnico-manuale. Una rinascita che guardi il più possibile a parole come ecocompatibile, pragmatico e geniale. Andrea Pavan |


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Tra le grandi rivoluzioni dell’odontoiatria moderna non si può tralasciare l’implantologia ed il suo ruolo nello stravolgimento della progettazione dei piani di trattamento per i pazienti. Questi dispositivi, entrati nell’uso clinico quotidiano dagli anni ’90 del secolo scorso, si sono dimostrati così affidabili da diventare quasi “di moda”, entrando addirittura nel linguaggio comune. Anzi, capita spesso di sentire questo termine usato in modo improprio, confondendolo con il “perno”. Facciamo un po’ di chiarezza: un impianto è una protesi che serve a sostituire una radice di un dente mancante (per estrazione o mancata formazione). Quindi, per il suo utilizzo, è indispensabile che il dente e la sua radice siano assenti. Un elemento dentale molto com-

promesso, ma che presenta una radice ancora sana (la parte infissa nell’osso, non visibile in bocca), può essere recuperato con una protesi che viene inserita in questa stessa radice, e che si definisce pernomoncone (o protesi a perno), in gergo, appunto, perno. Quindi il pernomoncone viene fissato ad una radice sana opportunamente trattata allo scopo, anche se “il dente” (più correttamente la corona) è distrutto. Se invece non c’è una radice utilizzabile, ecco che allora si può ricorrere all’impianto, che, alla stregua di una radice naturale, richiede poi una sorta di pernomoncone (chiamato abutment o moncone individuale) per la protesizzazione.

Siamo lieti di festeggiare con voi il nostro 20esimo compleanno, e per l’occasione abbiamo rinnovato gli spazi espositivi per potervi presentare i grandi progetti a cui stiamo lavorando negli ultimi mesi. Nuove collaborazioni con aziende leader nel mercato dei serramenti ci hanno permesso di venire incontro alle esigenze della clientela, di ottenere un ottimo riscontro dalle recenti promozioni e di essere presenti con costanza alle fiere locali. All’inizio dell’autunno parteciperemo infatti alla

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disfunzione; dopodichè elabora un piano riabilitativo personalizzato ed incentrato su obiettivi realistici definiti assieme al paziente. Per venire incontro alle esigenze di quei pazienti che non possono muoversi da casa per problemi di mobilità o logistica familiare sono possibili, a Portogruaro e paesi limitrofi, trattamenti a domicilio in cui il metodo di lavoro rimane invariato seppur adattato alle caratteristiche dell'ambiente domestico. Le problematiche più frequentemente trattate sono: lombalgia, lombosciatalgia, cervicalgia e cefalee di origine miotensiva, epicondilite, sindrome della cuffia dei rotatori, spalla “congelata” e limitazioni articolari, fascite plantare e metatarsalgia, lesioni traumatiche articolari e muscolari di tipo acuto, sindrome da ipomobilità nell'anziano, scoliosi adolescenziale... Le prestazioni riabilitative in terapia manuale sono: massaggio, mobilizzazione e manipolazione articolare, linfodrenaggio manuale, pompages, Kinesiotaping, trattamento dei trigger-points. Le terapie fisiche: TECAR-terapia (la quale stimola energia dall'interno dei tessuti biologici, attivando i naturali processi riparativi ed antiinfiammatori, permettendo di raggiungere anche gli strati più profondi dei tessuti) e correnti interferenziali antalgiche. L'esercizio terapeutico: rieducazione funzionale motoria, rieducazione al cammino, rieducazione propriocettiva, recupero post-intervento e post-traumatico. Qualsiasi sportivo tesserato avrà accesso ad una scontistica

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STIAMO IN SALUTE

settembre/ottobre 2015

La cura del bambino. E della mamma Nel Portogruarese sono numerose le realtà che offrono assistenza alle donne prima e dopo il parto. E c’è chi, partendo dalla propria esperienza di mamma, si è inventata una nuova professione PANNOLINI E NON SOLO

L

o spunto ci arriva come un assist dalla bella notizia della riapertura del Punto nascite all’interno dell’Ospedale di Portogruaro. Dopo alcuni mesi di sospensione, dall’1 ottobre l’Ulss10 riattiva il servizio, regalando un gran sospiro di sollievo alle donne del comprensorio in dolce attesa. Il Punto nascite portogruarese è una realtà consolidata da anni, elemento di eccellenza dell’ospedale cittadino, da sempre punto di riferimento non soltanto per le donne del territorio ma anche per quelle da “fuori”. L’Azienda Sanitaria ha dunque ristabilito il servizio assumendo due nuove ginecologhe e andando così a coprire la carenza di personale verificatasi a inizio estate. In un Paese, l’Italia, in cui la natalità è ai minimi storici e a sollevare l’asticella delle statistiche sono solamente i nuovi nati da genitori stranieri, il parto (e più in generale il periodo che va dalla gravidanza ai primi mesi del neonato) rimane comunque un momento di grande attenzione, in cui si richiedono massima professionalità, assistenza a mamma e bambino, affidabilità di medici e professionisti del settore.

NASCE UNA MAMMA Da qualche tempo nel nostro comprensorio sono nate diverse realtà rispondenti alle richieste di cui sopra. Tra queste vi è l’associazione “Abbraccio”, che organizza nel Portogruarese vari incontri sul tema. “L’esperienza della maternità – dicono – non sempre viene vissuta pienamente e con una modalità attiva. Spesso le mamme delegano il compito di vegliare sul proprio benessere a professionisti rischiando di perdere la capacità istintiva di restare in ascolto del proprio corpo e del bambino che portano in grembo. Il tempo dell’attesa e del puerperio, i primi mesi e anni di vita del bambino, costituiscono spesso per la donna un momento di grande fragilità e sono occasione di ridefinizione del proprio contesto personale e professionale”. Associazioni come “Abbraccio” intervengono proprio in questi momenti, con avvocati, psicoterapeuti, dietisti, psicologi e altri professionisti del settore in grado di consigliare e seguire al meglio le neo mamme e i loro pargoli. Sulla stessa lunghezza d’onda l’associazione con base a Concordia Sagittaria “Physis”, un’associazione di promozione sociale operante “nella salvaguardia – come ricordano da statuto – del benessere psicologico della persona, della famiglia e della

collettività attraverso attività di informazione, formazione, prevenzione ed intervento psicologico”. Physis lavora anche molto con le scuole, a cominciare dalla Scuola dell’Infanzia e Primaria, in cui intervengono in supporto agli insegnanti con corsi dedicati, tra gli altri, al “mondo delle regole”, al miglioramento delle capacità attentive, alla prevenzione dei disturbi specifici di apprendimento, al bullismo e al controllo della rabbia.

Il mondo del neonato (e della cura di questo) è a dir poco sterminato. Ogni giorno si scoprono materie nuove di conoscenza sul modo di allevarlo, di educarlo, di nutrirlo, di rispettarlo, di amarlo, e chi più ne ha più ne metta. Una buona fetta di questo universo multiforme a base di regolamentazioni e dettami “messianici” segue il flusso di mode più o meno condivisibili, in cui il neonato diviene null’altro che una specie di fantoccio nelle mani di aziende e multinazionali avide di denaro. Ma ci sono anche delle bellissime realtà il cui scopo è unicamente il benessere dei più piccoli e, di conseguenza, dei genitori. Tra queste citiamo “Mamma Ecologica”, con sede a

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Fossalta di Portogruaro. “Sono Silvia – scrive la responsabile di “Mamma Ecologica” – e con l’arrivo del mio primo figlio ho avuto la curiosità di provare i pannolini lavabili. Oggi, a distanza di tre anni, posso dire di essere felice di avere fatto questa scelta. Il mondo dei pannolini lavabili è in continua evoluzione, quelli che offro sono modelli di ultima generazione, testati sui miei figli”. Oggi “Mamma Ecologica” è una realtà consolidata (www.mammaecologica.com), che su internet vende non soltanto pannolini lavabili ma anche moltissimi altri prodotti in linea con il rispetto dell’ambiente, la genuinità dei prodotti utilizzati e la cura del bambino. Si va dai giochi creativi alle creme, dall’abbigliamento alle mutandine trainers. Sul medesimo filo d’azione si è inserita da alcuni mesi la prima pannolinoteca della provincia di Venezia, ubicata a Concordia Sagittaria. Cos’è la pannolinoteca? Non è un’attività commerciale, è piuttosto un servizio gratuito gestito da mamme per mamme. A Concordia viene gestita dall’associazione “Abbraccio” in collaborazione con il comune e ASVO. Funziona come una biblioteca: si riceve in prestito (con previa cauzione) il kit composto da diversi tipi e marchi di pannolini lavabili, unitamente alle istruzioni per uso e lavaggio. Finito il prestito la mamma provvede a restituire il materiale. “La pannolinoteca – spiegano dal comune di Concordia Sagittaria – è anche un’occasione di rispetto dell’ambiente in cui i nostri bambini dovranno abitare e di riduzione di rifiuti difficilmente smaltibili. Promuovere l’uso di pannolini lavabili, tra l’altro, favorisce anche la cura del benessere dei bambini e incentiva un migliore apprendimento delle funzioni fisiologiche”.

L’ASSISTENZA OSTETRICA A DOMICILIO E in coda al pezzo torniamo alla prima curva. Riprendendo il filo della riapertura del Punto nascite all’Ospedale di Portogruaro, scopriamo i servizi del Consultorio Familiare dell’Ulss 10 dedicati alle mamme e ai bebè. “Dopo la nascita del bambino – dicono – si può partecipare ad incontri organizzati dal consultorio. I professionisti parlano dell’alimentazione e delle posture, nonché danno consigli utili sull’allattamento al seno”. Oltre a ciò, su richiesta, nei giorni successivi al parto il personale ostetrico offre la possibilità di una visita a domicilio utile a verificare la salute della mamma e del neonato. “Il personale del Consultorio Familiare – concludono – offre la propria disponibilità in merito a eventuali problematiche che possono sopraggiungere appena rientrati a casa”. S. G |


L'ACQUOLINA IN BOCCA

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Sarà una grande annata Autunno, tempo di vendemmia. I produttori della Venezia Orientale ci spiegano perché, stando alle premesse, quelli del 2015 saranno ottimi vini vante per i produttori dell’area, che ricavano mediamente sui 100mila ettolitri di vino a doc, distribuito su un’area di 1400 ettari di cui all’incirca 400 ettari sono lavorati con metodi da agricoltura biologica. A questo proposito chiediamo a Daniele Piccinin, titolare dell’Azienda Le Carline di Belfiore e tra i primi nel territorio a produrre il vino a coltura biologica, di spiegarci brevemente cosa significa «agricoltura biologica». “Essa segue un modello di sviluppo sostenibile che intende salvaguardare e valorizzare le risorse rispettando l’ambiente e la salute del consumatore. Nella nostra azienda, per esempio, potenziamo la vigna senza usare la chimica, evitando forzature nella concimazione e antiparassitari sistemici che tendono ad impoverire il prezioso rapporto terre-

no/pianta/clima necessario a rendere unici i nostri vini”. Va detto che, nonostante la buona spinta data dall’agricoltura biologica e l’ottima qualità dei vini della Venezia Orientale, anche il comparto del vino sta risentendo della crisi generale. Lo conferma Loris Bellotto, che aggiunge: “I problemi in questo comparto sono dovuti al calo ponderale del consumo di vino. A mio giudizio ciò è dato per due motivi, essenzialmente: dalla crisi economica e dall’assenza di un’indispensabile campagna di promozione e valorizzazione dei vini del territorio del Lison. Un compito, quest’ultimo, che spetterebbe agli organi istituzionali, considerato il fatto che non è sempre sufficiente il duro e silenzioso lavoro dei produttori”. Anche l’enotecnico Andrea Masat conviene che ultimamente il

a COMUGNE di Pramaggiore L’ASSOCIAZIONE RICREATIVA COMUGNE ORGANIZZA LA

24ª Festa d’Autunno volete degustare e rivivere i sapori dei nostri nonni con piatti tipici della civiltà contadina

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mercato del vino si sia ridotto, specie in Italia: “Si beve meno ma meglio – afferma –, si prediligono i vini a doc e a docg, ma non solo. Grande successo stanno incontrando i vini autoctoni, quelli che provengono cioè da vigneti che hanno un legame storico con il nostro territorio, come il Taj, il Refosco dal peduncolo rosso, il Carmenère, il Raboso, e alcuni vini a indicazione geografica tipica ottenuti da uve di vitigni tradizionali vinificate secondo usi locali in cui il produttore ha la possibilità di «interpretare» il vino e il territorio senza i vincoli rigorosi dei disciplinari a denominazione controllata”. Secondo la Coldiretti il mercato del vino si è spostato sul modello di consumo sporadico, allontanandosi da quello giornaliero. Il vino è in realtà caratterizzato da un più responsabile consumo abbinato ai pasti, ed è oggi sempre più l’espressione di uno stile di vita lento e attento all’equilibrio psico-fisico della persona. Per questo è necessario, conferma Coldiretti, investire nella promozione della conoscenza del vino e del suo legame con il territorio, a partire dalle nuove generazioni. Leandro Costa |

RICETTA

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A

rriva l’autunno, e con esso l’immancabile vendemmia. Dopo i “dolori” di quella del 2014 (a causa di una pessima estate divisa tra piogge e basse temperature), andiamo ora a capire quale sarà la tendenza per la vendemmia 2015. “Quest’anno – spiega Chiara Penna, contitolare dell’omonima azienda agricola di via Molin di Mezzo a Blessaglia – la vendemmia è cominciata molto bene grazie al favorevole andamento climatico della stagione. Abbiamo avuto un inverno freddo, una primavera sufficientemente piovosa e un’estate calda e asciutta in cui il frutto a livello fitosanitario è maturato sano e abbondante, ottime premesse per dei buoni risultati anche sotto l’aspetto aromatico”. La conferma arriva anche da Loris Bellotto dell’Azienda Agricola La Frassinella di Lison, il quale mostra i suoi vitigni rigogliosi di foglie sane e brillanti colme di grappoli d’uva bianca e rossa con acini «pesanti». “Il caldo ad alte temperature del periodo estivo – dice – è stato ideale per far maturare l’uva e mantenerla sana. Le viti ben irrobustite hanno sopportato bene la calura, consegnandoci un’uva con un alto grado zuccherino. Sarà sicuramente un’ottima annata, si dovrà comunque attendere il processo di vinificazione per valutare le caratteristiche organolettiche e l’intensità dei profumi primari del vino”. Sulla stessa lunghezza d’onda l’enotecnico dell’Azienda Vitivinicola Ornella Bellia di Pramaggiore, Andrea Masat: “Quest’anno la stagione è stata equilibrata, il periodo soleggiato ha favorito la migliore maturazione dell’uva. La buona gradazione zuccherina consentirà di ottenere vini più duraturi e strutturati nel tempo, mentre i profumi e gli aromi saranno certamente interessanti, tuttavia più limitati a seguito della scarsa escursione termica tra il giorno e la notte. Prevarrà la struttura, la corposità e la complessità in bocca rispetto all’aromaticità molto spiccata e minerale dei vini dello scorso anno. La vendemmia è stata anticipata per i vini di pronta beva come il prosecco e alcune tipologie fresche in cui l’acidità fissa è importante. Per i bianchi – continua Andrea Masat –, come il Lison docg, il Pinot Grigio o il Sauvignon, che sono più strutturati e che vanno abbinati a tavola, abbiamo atteso la piena maturazione. Questo perché il cliente/consumatore predilige la morbidezza in bocca rispetto alla rotondità. Vale lo stesso per i rossi, le cui uve sono ben strutturate e possono maturare più a lungo a favore della qualità finale”. La coltivazione della vite è molto importante nella Venezia Orientale. L’area vitivinicola che comprende i Comuni di Pramaggiore, Annone Veneto e Portogruaro, copre all’incirca l’80 per cento di tutta la produzione della provincia veneziana e dunque ha un peso economico rile-

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PREPARAZIONE. Mettere metà burro in una casseruola e farvi appassire la cipolla tritata, rosolare i funghi precedentemente puliti e tagliati a fettine. Bagnare con un po’ di brodo e portare i funghi a metà cottura. Unire il riso e farlo cuocere aggiustando con brodo e mescolando di tanto in tanto. A fine cottura aggiungere il prezzemolo tritato, aggiustare di sale e pepe; mantecare il riso con burro e, se piace, formaggio grana.


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ROMANZO D'APPENDICE

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QUINTA PUNTATA

L’ombretta perfetta Riassunto delle puntate precedenti Tutto per una scommessa. Quella che Francesco Perini, detto Malattia, ha fatto con i quattro fratelli Sorgon, il giorno che hanno messo in dubbio la qualitĂ delle ombre della Gilda, proprio sotto lo sguardo e sotto le tette della barista per la quale Malattia nutre un amore segreto. La scommessa ha a che fare con l'idea di girarsi una ad una le osterie piĂš vecchie della zona, per assaggiarle tutte le ombre degli altri, dimostrare ai Sorgon che l'ombretta della Gilda è per davvero la migliore, che è l'ombretta perfetta. Nelle puntate precedenti Perini è stato Al Cavallino, Ai Tre Scalini, A l'Ombra de La Tore, Al Vecchio Bacaro (Portogruaro), all'Hostaria da Fanio (Concordia Sagittaria) e all'Enoteca Enos (Caorle).

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a fortuna di Francesco Perini è che la provinciale che da Caorle porta a San Stino di Livenza, passando per Ottava Presa, è tutta diritta. PerchĂŠ le ombrette che ha bevuto ormai non si contano piĂš e sterzare col Califfone gli viene difficile. Anche quando smonta dal motorino nel centro storico riesce ad andare solo sempre diritto, fino alla Trattoria Bellomo. L’altra fortuna è che arriva giusto a ora di pranzo e la Ercolina Germati, moglie di Armando Boatto detto Nino e regina del locale dal dicembre 1967, ha appena cucinato il baccalĂ in umido. ÂŤMejo far un fiĂ de sopa, cossa ti disi?Âť. La voce, dalla cadenza veneziana, è dell’Ingegner Giuseppe Muraro, per tutti Bepi, che quando non è in America a lavorare è uno che frequenta spesso la trattoria e che gli avventori alticci sa riconoscerli e guarirli. La Trattoria Bellomo durante la prima guerra mondiale era un ospedale per il ricovero dei feriti e in un certo senso lo è anche ora. CosĂŹ Malattia, senza capire come, si ritrova al tavolo con questo signore elegante che parla veneziano sotto baffi folti e anche se non lo sa ancora è la fortuna migliore della giornata, perchĂŠ Bepi Muraro conosce tutti i piatti della casa e coi forestieri ne approfitta per cantare la sua storia. ÂŤIn certi momenti, quando me trovo distante, specialmente nel gnente del Mid-West americĂ n, quando me fermo a magnar qualcossa, al primo bocon, quando che el naso dovaria riconossere e no riconosse e che el bocon passa da destra a sinistra e no voe 'ndar zò, me vien in mente San Stin, me vien in mente 'sto posto qua...Âť. Perini si guarda intorno incuriosito. Accanto a loro alcuni anziani, finito di mangiare, apparecchiano per il consueto giro di briscola. E intanto al tavolo arriva il baccalĂ . ÂŤPensa a un stocafisso che vive in un certo fiordoÂť dice Muraro, ÂŤmagna certe alghe, el ga formĂ el so corpo par rivar so e nostre tole, coa poenta bianca. No te ò trovi da nessuna dee 365 maneras portuguesas do bacalhau. E pensare che a xe ciamada cucina povera!Âť esclama versando nel bicchiere di Perini un tocai freschissimo. L’altro lo beve, annota in testa il proprio

giudizio sul vino per la scommessa coi Sorgon, immerso nella sbornia, nel profumo di pesce, nelle poesie del veneziano. Dieta, oh dieta! Bataglie col proprio io, perse sempre, negà e ne l’onesto To-

cai o nel Cabernet Franc e nea graspa de Moscato che deventa parona del palato e del resto...Âť. Si accosta al tavolo Fanny, la figlia

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della Ercolina, mette giĂš altri piatti che – ormai le signore lo sanno – all’ingegnere fanno girare la testa. ÂŤPoesia in cusinaÂť sussurra lui afferrando un tocco di salame. ÂŤAnca el porsĂŠo xe nobile, el gĂ magnĂ ben tuta ’a so vita par servir un antipasto cusĂŹ...Âť. Perini assaggia il salame e gli pare di sentirla davvero la nobiltĂ di quel maiale. ÂŤE poi, ghe xe tanti posti dove te poi trovare ’e verze in tecia, ma no al punto giusto e condie come quaÂť sentenzia Bepi Muraro infilzando le verze con la forchetta. Malattia mangia di gusto, beve e ascolta con passione, pensando che le osterie venete sono posti straordinari, abitati da persone speciali, dove tutto può succedere. ÂŤInsomma, girando il mondo piĂš in largo che in longo no so pĂŹ de dove che son, da dove che vegnoÂť aggiunge Muraro. ÂŤMa a San Stino me se strenze el cuor, come a Rialto o l’Arena!Âť conclude alzando il calice. I due stanno per concedersi un brindisi quando la Fanny torna coi bigoli in salsa fumanti. Bepi Muraro osserva il piatto, osserva Malattia, infine domanda pensieroso: ÂŤMa secondo ti, come sarala ’a catena alimentare dee sardine che e va nei bigoi in salsa?Âť. (Nota finale: le espressioni di Giuseppe Muraro sono tratte da un suo scritto che si trova tuttora esposto nella trattoria Bellomo e che l’ingegnere volle dedicare al locale). Massimo Cuomo

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ANTICA TRATTORIA

Al Cavallino La cucina ad ottobre consiglia

il tris di BaccalĂ MANTECATO ALLA VENETA ALLA VICENTINA

Sala ban etti Cucina veneta e marinara SpecialitĂ alla griglia Vini locali

Borgo S. Agnese, 4 Portogruaro Tel. 0421 73096 Chiuso il MartedĂŹ

Questa storia è liberamente ispirata al romanzo Piccola Osteria senza Parole, in tutte le librerie anche in edizione tascabile (9 euro). www.massimocuomo.com


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Secondo le antiche usanze locali, qual’era il giorno dell’anno in cui veniva consumato il tradizionale piatto “risi e bisi col lengual”? Risolvi lo schema e la soluzione apparirà nelle caselle cerchiate.

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ORIZZONTALI 1. Contorno di una figura - 6. Lo sconfisse Davide - 11. Grosso strumento a corde - 12. Danno forza a Braccio di Ferro - 14. Sigla dei messaggini - 15. Toglie lo smalto - 16. La sigla di Salerno - 17. Prosciugare un terreno - 19. Scomparso nel nulla - 25. Fa parte delle frattaglie - 26. Iniziali di Cardin - 27. Togliere, cavare - 28. Una carta dei tarocchi - 29. Coppia artistica - 30. Adatta al volo - 31. Il territorio di Avellino - 32. Un genere popolare e violento - 33. Diminutivo di Raffaele - 34. Un componente dell’eternit - 35. Consumato dai venti - 36. La Yoko di Lennon - 37. Antico nome della Thailandia - 38. Un inglese... distinto - 40. Dove vige non sono ammessi gli harem - 41. Serve per ventilare

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CRUCIVERBA

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VERTICALI 1. Pietra - 2. …bianca se non spara - 3. La sigla dei navigatori satellitari - 4. Confini d’Olanda - 5. La risposta alla domanda posta - 6. Zingara spagnola - 7. Lo macchia un’onta - 8. Le forniscono le pecore - 9. Istituto per il Commercio Estero (sigla) - 10. Brani senza consonanti - 13. Angosciosa, struggente - 15. Bianca e lucente - 17. Grave frode sportiva - 18. Gioco con la primiera - 19. Discesa tra i paletti - 20. A berlo si muore - 21. Isola leggendaria del ciclo di Re Artù - 22. Venute al mondo - 23. Accende gli animi - 24. Bevanda ambrata - 25. Ha cime gustose - 26. Corpi celesti che emettono radiazioni - 28. Si servono dopo l’antipasto - 29. Una chiesa importante - 31. Autorità religiosa islamica - 32. Precede... à porter - 34. Cortile rurale - 35. La bella Weber in tv - 37. Iniziali della Grandi - 39. Tiro senza pari

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settembre/ottobre 2015

T L L A O O C T G E G A N M R V

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C C G O L E N E I M A G H I B O

CRUCIPUZZLE

LE SOLUZIONI DEI GIOCHI DEL NUMERO PRECEDENTE

Qual era il nome latino di Ceggia, dovuto all’invasione di paludi avvenuta nel 900 d.C.? Le lettere rimanenti daranno la soluzione della domanda.

ABOVO AGONE AIMEE AISNE ALBINO ALLACCIAMENTO AMMAN AMMINISTRATORE ARENDT ASSIOMA BATIK BIGAMO BIGOTTI BOLIDE BORDI CAMMEO CANEA CARNIA CARON CATAI

CERES COLPE CRITTO DALMATI DECIMOMANNU DENSI DOPPI ELLAR ESENTI ESTRI FELCI FORIERE FRATE GIOIA GIUDEO GOLENE HAITI JODIE LENCI MAGHI

NOCCA NOTORI OILEO OVINO PESSIMI PIOPPO RANDONE RITTO SARTE SCORE SIDRO SIGRID STAIA TAPIRI TIECK TRAGICI TRALCIO TRILLO TROPPO VAMPIRO VIERI

S A L O O N

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