Camminiamo Insieme marzo 2022

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Camminiamo

Insieme

Dodici Morelli, Bevilacqua, Galeazza e Palata Pepoli MARZO n. 10• 2022

Il principio di uguaglianza nella comunità cristiana

EDITORIALE

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CARITAS E MISSIONI

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FORMAZIONE

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ORATORIO

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Camminiamo

editoriale

Insieme

IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA NELLA COMUNITÀ CRISTIANA

L

a scarsità del clero locale come conseguenza della crisi delle vocazioni al ministero presbiterale, considerata nella prospettiva del segno dei tempi e quindi come dono del Signore da interpretare, provoca la riflessione sulle modalità adottate dalla comunità per trasmettere la fede. Non è il parroco che è chiamato a trasmettere la fede, ma la comunità. Si tratta, allora, di sensibilizzare i fedeli affinché assumano sempre più i servizi che rendano visibile la partecipazione di tutti e tutte all’annuncio del Vangelo. Una comunità ministeriale dovrebbe far riferimento al principio di uguaglianza indicato dal Concilio Vaticano II: “Nessuna ineguaglianza quindi in Cristo e nella Chiesa per riguardo alla stirpe o nazione, alla condizione sociale o al sesso, poiché non c’è né Giudeo né Gentile, non c’è né schiavo né libero, non c’è né uomo né donna: tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Lumen Gentium 32). Per aiutarci a formare comunità evangelizzanti, occorre uscire da una

visione maschilista e misogina della Chiesa e pensare a forme effettive di servizi comunitari in cui sia le donne che gli uomini sono sullo stesso piano a servizio della comunità. Basterebbe prendere in mano l’istruzione Immensae Caritatis del 1973 che detta le norme per i ministri straordinari dell’Eucaristia, che coinvolge sia le donne che gli uomini. Strano che a distanza di cinquant’anni nella diocesi di Bologna gli effetti di questo decreto non siano ancora arrivati. Una delle sensibilità che percepiamo molto forte nel mondo che ci circonda, riguarda proprio il tema dell’uguaglianza tra donne e uomini. La Chiesa, maestra di umanità, dovrebbe fare di tutto per rendere visibile questo principio nelle scelte che compie e, in questo modo, rendere comprensibile il Vangelo che annuncia.

SULLA SCIA DI DON MILANI

Siamo già al 4° anno di catechismo ed essendo un anno senza l’impegno della preparazione di un sacramento, pensiamo sia l’anno migliore per affrontare una catechesi alternativa coinvolgendo i bambini ma anche i genitori. Come catechisti riteniamo sia importante creare una relazione con i bambini stessi e con le loro famiglie, poter fare comunità e perché no mettere un po’ di creatività in un catechismo un po’ ingrigito dal passare degli anni. Come fare? A don Paolo le idee non mancano e ci propone di far conoscere ai ragazzi un personaggio (non troppo lontano negli anni) che, animato dal suo profondo credo religioso, abbia lasciato un segno di testimonianza al servizio del Vangelo. Scegliamo Don Lorenzo Milani, Priore di Barbiana, un prete che ha vissuto tutta la sua vita accanto ai ragazzi combattendo la disuguaglianza sociale attraverso la cultura. Con il suo insegnamento aperto a 360° aiuta i ragazzi ad aprire la mente, a ragionare, ad argomentare e a maturare un senso critico tale da permettere loro di affrontare la vita senza sentirsi inferiori a nessuno. Ci documentiamo, presentiamo il progetto ai bambini ed ai loro genitori e decidiamo, aiutati da un confortevole oratorio e da una mega tv, di iniziare attraverso la visione di un film in cui viene

Don Paolo

raccontata la sua vita. Grande è stato il consenso da parte dei bambini presenti delle parrocchie di Dodici Morelli e di Bevilacqua, colpiti soprattutto dal forte carisma di questo parroco che, dal nulla, ha creato una scuola completamente innovativa per quegli anni (e forse non solo per quegli anni), nella quale alla base c’era il desiderio di imparare senza voti o giudizi e una grande collaborazione ed aiuto reciproco. Questa è stata solo la prima tappa di un percorso che ci permetterà di far conoscere ai bambini come la parola di Dio si possa manifestare anche attraverso l’operato di un semplice parroco di montagna. Elena e Paolo di Dodici Morelli

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catechesi

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Oratorio una rinnovata collaborazione con la famiglia

Incontro con i genitori della catechesi

Sabato 26 febbraio con i genitori della catechesi delle 4 parrocchie ci siamo trovati in meet per discutere sul ruolo delle famiglie nell’esperienza pastorale dell’oratorio. Per facilitare l’incontro abbiamo tratto spunto da alcune idee prese dal testo dei vescovi italiano sull’oratorio: Il laboratorio dei talenti, 2013. All’interno della comunità educativa una particolare responsabilità compete alla famiglia che, per sua indole e vocazione, «possiede vincoli vitali e organici con la società, perché ne costituisce il fondamento e l’alimento continuo mediante il suo compito di servizio alla vita: dalla famiglia, infatti, nascono i cittadini e nella famiglia essi trovano la prima scuola di quelle virtù sociali, che sono l’anima della vita e dello sviluppo della società stessa». Il compito educativo, connaturale alla sua identità, fa sì che «nell’orizzonte della comunità cristiana, la famiglia resta la prima e indispensabile comunità educante. Per i genitori, l’educazione è un dovere essenziale, perché connesso alla trasmissione della vita; originale e primario rispetto al compito educativo di altri soggetti; insostituibile e inalienabile, nel senso che non può essere delegato né surrogato». È pertanto necessaria una forte e rinnovata alleanza tra le famiglie e l’oratorio perché: «La famiglia è ricchezza per gli sposi, bene insostituibile per i figli, fondamento indispensabile della società, comunità vitale per il cammino della Chiesa. La famiglia è luogo privilegiato di educazione umana e cristiana e rimane, per questa finalità, la migliore alleata del ministero sacerdotale; essa è un dono prezioso per l’edificazione della comunità». È compito primario dell’oratorio valorizzare il ruolo delle famiglie e sostenerlo, sviluppando un dialogo aperto e costruttivo.

PRIMA MEDIA A BEVILAQUA 3

La soggettività educativa della famiglia in oratorio deve modularsi in modo da favorire la tipicità del luogo che, nel rispetto degli spazi propri destinati ai ragazzi e ai giovani, deve rimanere tipicamente giovanile. L’oratorio, infatti, si configura come ambiente di condivisione e di aggregazione giovanile, dove i genitori trovano un fecondo supporto per la crescita integrale e il discernimento vocazionale dei propri figli. In una fase storica in cui i cambiamenti culturali e sociali in atto nel nostro Paese richiedono una rinnovata alleanza tra la famiglia e le agenzie educative, il rapporto tra oratorio e famiglia si configura come laboratorio quanto mai fecondo per sperimentare anche nuovi percorsi di corresponsabilità educativa. È importante che nell’oratorio si respiri un clima familiare anche per aiutare i tanti ragazzi e giovani alle prese con situazioni familiari problematiche, per i quali spesso l’oratorio diventa una seconda famiglia.


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AUGURI DI CUORE

Mi scrive un’amica di Montecchio Emilia: “Qui ci prepariamo all’accoglienza di tanti profughi... È una situazione surreale, si fa fatica a crederci...”. E per me che vivo in un altro Continente, completamente diverso per la sua natura, la sua antropologia e la sua storia, davvero è faticoso pensare che a “casa” ci sia una guerra. Credevamo che dopo la devastazione della 2ª guerra mondiale, almeno nei nostri territori, non ci fosse più questo pericolo. E invece no! Ancora l’Europa è segnata dall’assurdo dolore di una guerra voluta e praticata, una guerra ingiusta come tutte le guerre, perché la violenza non è mai giustificabile, deve essere abolita e non alimentata con assurde ingerenze strategiche e invio di armi che serviranno solo a far crescere il conflitto tra i popoli, e il portafoglio di chi le produce. Davvero è una situazione surreale e si fa fatica a credere che stia davvero accadendo. Domenica 13 marzo è l’anniversario dell’emancipazione della

nostra Città di Santo Antonio do Içá, alle 5 del mattino ci saranno i fuochi d’artificio e alle 6 tutta la popolazione è invitata nel piazzale della chiesa per un “caffè comunitario”, per fare colazione insieme. Mi hanno invitato per benedire la mensa, cosa che farò con grande piacere, chiedendo a Dio che quel banchetto non rimanga solo un segno, ma diventi la quotidianità di una vita fraterna e condivisa. Canteremo “Tanti auguri...” e chiederemo questa benedizione al Signore. Poi alle 8 celebriamo l’Eucaristia dove il pane e il vino sono segno efficace che produce in noi una vita buona, di gratuità e di accoglienza. “Qui ci prepariamo all’accoglienza di tanti profughi...”, queste parole sono risuonate nel mio cuore, con tutta la loro forza. Dopo anni difficili, di contrapposizioni e spaccature politiche e anche ecclesiali sull’accoglienza dei profughi dell’est e del sud del mondo; dopo una pandemia che ha smascherato la fragilità e il vuoto di valori creato da una dilagante superficialità e autoreferenzialità, nella società come nella chiesa,

ora “ci prepariamo all’accoglienza di tanti profughi...”. Certo, era meglio non fosse mai iniziata questa guerra fratricida, ma purtroppo oggi è una realtà. Carpe diem, cogliamo l’attimo e il richiamo dell’accoglienza gratuita e condivisa, per tutte le persone di buona volontà, da chi ancora crede nell’Umanità. Non è solo un richiamo verbale, neanche una ‘bella predica’, è la Storia che viene prima delle idee e delle ideologie, e ci chiede di essere accolta e vissuta con fede, con amore e con gioia. La gioia di chi sa donare. Don Gabriele Carlotti (Amazzonia)

Emergenza Ucraina: noi Caritas siamo COI VOLTI anno e rinnovabile per 2 anni e quindi potranno fare tutto come un qualsiasi cittadino italiano, in primis lavorare in regola e affittare casa. Ma come aiutare i profughi? Aderendo alla richiesta dei vari CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) gestiti dal Comune (vedi la pagina internet) e mettendo a disposizione il proprio appartamento (c’è la possibilità di ricevere un corrispettivo). Al tempo stesso, si può accogliere a casa propria i profughi ma partecipando ad una rete strutturata sul modello delle “Famiglie Accoglienti”. Come Caritas parrocchiale, vorremmo realizzare una rete di famiglie disposte ad accogliere e soprattutto ad “accudire” le persone a 360 gradi per un tempo ragionevolmente lungo. La presentazione del progetto verrà fatta nel prossimo consiglio parrocchiale straordinario. La Caritas Diocesana, infine, provvederà ad aiuti di vario tipo tra cui buoni spesa per le famiglie e per i profughi, assistenza sanitaria, mediazione linguistica. Chiara e Grazia L’emergenza Ucraina è in continua evoluzione. Per questo è bene tenersi in costante contatto con la Caritas parrocchiale. La pagina Facebook o il blog di don Paolo sono sempre aggiornati. Ci pare interessante rendervi partecipi dell’incontro che abbiamo avuto quindici giorni fa, con la Caritas diocesana, alla presenza di don Matteo Prosperini che la dirige. Occorre però una premessa. Ai primi di marzo, nelle nostre 4 parrocchie, ci siamo attivati per una raccolta urgente di generi alimentari non deteriorabili e medicinali, che abbiamo inviato tramite un canale privilegiato gestito dalla comunità ucraina presente a Ferrara. Ora però cambia tutto. Don Matteo ci ha detto che occorre sospendere la raccolta di qualsiasi tipo di materiale. Ce n’è già in abbondanza e poi mancano, a tutt’oggi, quei canali ufficiali (Caritas internazionale, Caritas ucraina, ambasciate) che garantirebbero la certezza della consegna. Rischieremmo solo che il materiale raccolto non giunga a destinazione ma resti fermo alla frontiera. Se ci sarà bisogno di materiale, sarà la Caritas diocesana sul suo portale e noi sui nostri social, a darne tempestiva comunicazione. Ci è stato chiesto di mantenere un contatto strettissimo con la Caritas diocesana, cosa che peraltro già facevamo per tutte le nostre attività e di non intraprendere iniziative estemporanee. Al momento ci sono chiesti solo aiuti economici: sul sito della diocesi ci sono gli IBAN dove effettuare i bonifici. Questo denaro garantirà la realizzazione di progetti in Ucraina (quando si potrà) ma soprattutto progetti qui e subito, nell’ambito dell’accoglienza dei profughi in arrivo. Per quanto riguarda l’accoglienza, va precisato che gli Ucraini che arriveranno da noi avranno un permesso di soggiorno valido un

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L’informazione, la realtà e la comunità di quando in tempo di pandemia diceva che: “il terremoto è stata un’esperienza tremenda, c’era sì paura ma almeno sapevi che la casa non crollava. La pandemia invece non si vede, non si sa come arginarla, passerà mai?”. Insomma, ogni evento che ci destabilizza, ci fa paura al momento in cui lo viviamo anche in virtù di come i mass media, televisione e social in primis, ce lo presentano. Di come e soprattutto di quanto ne parlano. Pronto a lasciare il posto al dramma seguente. Perché la spettacolarizzazione è diventata talmente presente nelle nostre vite, che ha bisogno di un ricambio continuo per continuare a destare stupore. In questi giorni siamo ancora in piena pandemia, eppure nella percezione comune il Covid pare essere scomparso. Sì, utilizziamo la mascherina, ma andiamo tranquillamente al bar, al ristorante, nei pubblici uffici, allo stadio, senza una grossa preoccupazione. Abbiamo (hanno) infatti sostituito il Covid con la guerra. Che è un dramma! Nessuno lo nega. L’informazione sembra però avere come scopo “il male di vivere” e lo drammatizza usando parole che sembrano vere e proprie bombe. Lascia il sopravvento alla propaganda. Aiutando i populisti di ogni rango e bottega. E poi non c’è da sorprendersi se qualcuno di questi decide di intraprendere una guerra. Qualche argine a tutto ciò, esiste? Possiamo porvi rimedio? Personalmente, credo dovremmo ripensarci come comunità. Da soli non si va da nessuna parte. Ce lo eravamo detti all’inizio della pandemia nel 2020 ma ce lo siamo scordati in fretta. Anche questo giornale, nel suo piccolo, mi pare possa esser un ottimo strumento per creare una polis dove incontrarsi e formare le coscienze. Dove tutti possano parlare. Perché la condivisione è un obbligo morale. Con uno stile nuovo. Inclusivo e rispettoso. Responsabilità e libertà sono ancora due voci che ci interrogano. Oggi giorno in maniera più forte ed urgente.

Siamo quello che vediamo. E sentiamo. Nei discorsi da bar, in quelli al ristorante, nelle conferenze, finanche nei pensatoi più intellettualmente raffinati, ci definiamo capaci di pensare in modo autonomo e di esser padri o madri delle nostre convinzioni. Sempre più spesso invece, come il terremoto dieci anni fa, come la pandemia due anni fa, come la guerra ora, ci accorgiamo che siamo tutti inseriti in un contesto mediatico talmente forte che la percezione della realtà diventa più forte della realtà stessa. Autodeterminazione, libero arbitrio, autonormazione sono termini altisonanti che vengono saccheggiati e svuotati da un’informazione che ci propina quello che vuole (qualcuno) e ci conduce per mano dove vuole (sempre quel qualcuno). E, si sa, mai in modo disinteressato. A chi non è capitato in questi giorni di sentirsi dire: “la pandemia ci spaventava, certo, ma almeno sapevamo come difenderci; la guerra invece mi spaventa molto di più”. Chi parla così, spesso, quasi sempre, non ricorda

Massimiliano Borghi

 Il percorso di formazione che proponiamo è parte integrante del Progetto “5 pani e 2 pesci” per l’anno pastorale 2021-22 ed è necessario prendervi parte. Per dare quindi la possibilità di partecipare a tutte le Caritas della Diocesi, mantenendo gli standard di sicurezza e rispettando i numeri imposti dalla capienza delle varie sedi, vi chiediamo di limitare l’iscrizione a due soli rappresentanti per ogni Caritas. La registrazione degli incontri ed i materiali saranno a disposizione sul sito di Caritas Italiana.

FORMAZIONE 5 PANI e 2 PESCI 2021-22 n°

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vicariato

sede

indirizzo

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Valli del Reno, Lavino e Samoggia Missionarie Viale Giovanni XXIII, 19 Valli del Setta, dell’Immacolata 40037 Sasso Marconi (BO) Savena e Sambro Padre Kolbe Alta Valle del Reno

Martedì 22 marzo 2022 ore 18.00-20.00

Bologna-Centro Bologna-Nord Bologna-Ovest

Parrocchia Beata Vergine Immacolata

Via Pier della Francesca, 3 40133 Bologna

Mercoledì 16 marzo 2022 ore 18.00-20.00

Galliera Cento PersicetoCastelfranco

Comunità Maranà-tha

Via Cinquanta, 7 40016 San Giorgio di Piano (BO)

Martedì 15 marzo 2022 ore 18.00-20.00

Via Federigo Enriques, 56 40139 Bologna

Mercoledì 23 marzo 2022 ore 18.00-20.00

Bologna Sud-Est San LazzaroCastenaso Budrio-Castel S.Pietro Terme

Parrocchia Corpus Domini

 Poiché i temi centrali di questo primo incontro, saranno l’approfondimento della ricerca “Carità allo specchio 2.0” suddivisa per vicariati e l’analisi del lavoro di rete nel territorio sul quale ci si trova ad operare come Caritas, vi chiediamo di iscrivervi nella giornata e nella sede corrispondente al Vicariato nel quale è situata la vostra Caritas Parrocchiale. Gli incontri saranno sempre collegati in specifico al territorio coinvolto.  E’ necessario iscriversi entro il mercoledì antecedente l’incontro inviando una mail a caritasbo.5pani2pesci@chiesadibologna.it indicando nome, cognome, parrocchia e vicariato e data dell’incontro. A chi si era già iscritto chiediamo di riscriversi.  E’ richiesto il green pass per accedere ai locali della formazione e indossare la mascherina FFP2.  La data relativa al secondo incontro di formazione verrà comunicata successivamente.

Equipe Animazione

Informazioni 

Caritas Diocesana

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UNA NUOVA ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO SUL TERRITORIO DI CREVALCORE : SEMI DI PACE

Semi di Pace è un’associazione umanitaria nata a Tarquinia, in Provincia di Viterbo, nel 1980 dall’esperienza di un gruppo di giovani. Pace, fratellanza e unità tra i singoli e i popoli sono i valori che hanno ispirato il cammino nel corso degli anni. L’associazione intende promuovere, ad ogni livello e in ogni campo della vita sociale, una cultura del rispetto e del dialogo con particolare attenzione al mondo giovanile, per evitare e rimuovere situazioni di emarginazione, devianza o abbandono nell’ottica di uno sviluppo integrale della persona umana. Oggi, all’interno dell’organizzazione, persone appartenenti a culture e confessioni religiose diverse collaborano attivamente per mettersi al servizio dei più bisognosi. Per rispondere alle molteplici criticità del territorio, l’associazione propone un sistema integrato di servizi socio-assistenziali, che comprende il sostegno e l’accoglienza degli immigrati, la progettazione di attività laboratoriali multidisciplinari per ragazzi disabili, la promozione dell’agricoltura sociale e di un’economia solidale sostenibile, il contrasto alla dispersione scolastica, il sostegno alla genitorialità, campagne di sensibilizzazione e formazione su tematiche di interesse collettivo. L’associazione fonda la maggior parte del suo operato sul contributo volontario di tanti cittadini impegnati a vario titolo nelle diverse attività che Semi di Pace svolge sul territorio. La sede centrale dell’associazione è “La Cittadella”, a Tarquinia, un complesso demaniale di circa due ettari occupato in gran parte da parco e orti sociali, area riqualificata che è diventata nel tempo un importante centro di aggregazione sociale e di integrazione culturale. L’associazione opera in ambito internazionale, oltre i confini italiani, sviluppando l’attività di aiuto umanitario attraverso il sostegno a distanza di bambini, la costruzione di scuole, ospedali, case di accoglienza, ambulatori e mense, per garantire la tutela dei diritti umani fondamentali. Nei Paesi in via di sviluppo organizza missioni di aiuto prestando gratuitamente cure mediche specifiche e contribuendo alla formazione del personale locale. È presente con progetti di servizio in Romania, Repubblica Dominicana, Cuba, Messico, Perù, Ca-

Bambini felici

Per Pasqua abbiamo la disponibilità di buonissime Colombe che potrai prenotare sin da ora chiamandoci direttamente. Il contributo di solidarietà per ogni colomba e per sostenere la nostra Associazione è di €.10,00. Le colombe ci arriveranno direttamente in sede a CREVALCORE, in via Biancaneve 308/1 dove potranno essere ritirate e cogliere l’occasione per conoscerci! Siamo comunque disponibili a portarvele a casa. I fondi raccolti verranno utilizzati per sostenere i progetti dell’Associazione Semi di pace e della Rete territoriale di Crevalcore. Ringraziamo in anticipo della disponibilità! Il gruppo delle volontarie della rete territoriale di Semi di Pace di Crevalcore

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merun, Repubblica Democratica del Congo e India. Dal mese di Dicembre 2021 il Consiglio Direttivo di Semi di Pace ha deliberato l’istituzione della Rete territoriale di Semi di Pace di Crevalcore, che ha individuato la propria sede in via Biancaneve 308, a Crevalcore, la cui responsabile, Lodi Paola, dopo averci conosciuto e frequentato per circa un anno, ha accettato di impegnarsi in tale esperienza, collaborando con noi. La rete territoriale ha già raccolto adesioni e, dal mese di Dicembre 2021, in occasione del Natale, ha raccolto fondi per sostenere la Sede centrale e la rete stessa a livello locale con iniziative in occasione delle prossime festività. L’intento è anche di realizzare Progetti locali che, in sintonia con le finalità dell’Associazione, rispondano ai bisogni del territorio, mettendosi al servizio della collettività e dei più bisognosi. I volontari della rete territoriale si incontrano una volta al mese per organizzare le proprie attività. Se vuoi conoscerci meglio puoi chiamarci o inviare un messaggio al tel. 335/6488584, Paola. Vi aspettiamo! Responsabile Rete di Crevalcore di Semi di Pace


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Dei Verbum - Parola di Dio Dio si rivela attraverso la parola, ma ha fatto di più Venti secoli fa, per incontrarsi con l’uomo, è entrato nella nostra storia, quindi nella debolezza umana. La Storia di Gesù è stata narrata in tanti libri, ma solo alcuni, ritenuti affidabili e riconducibili alla testimonianza degli apostoli, sono stati scelti dalla Chiesa che li ha inseriti nella Bibbia. Libro che solo dopo il Concilio Vaticano secondo (CVII) è entrato nelle nostre biblioteche. Infatti prima non si leggeva. Mi raccontava un parroco, recentemente scomparso, che era diventato prete senza mai aver letto la Bibbia. Questo fatto è comprensibile solo se pensiamo che un tempo leggere la Bibbia era proibito, un peccato mortale, che non poteva essere perdonato. L’eccesso di bibliofobia venne raggiunto nel periodo in cui le Bibbie venivano bruciate per impedirne la lettura. Allora viene spontaneo domandarci come sia stata possibile l’evangelizzazione. Nei primi sei secoli, i Padri della Chiesa (fino al VI secolo) evangelizzavano il popolo con le loro omelie, tutte centrate sulla scrittura, poi il riferimento alla scrittura è stato sostituito dalla dogmatica e le omelie sono diventate indicazioni moralistiche arrivate fino a noi. Pensiamo solo alle indicazioni riguardo la castità, il matrimonio, la sessualità. Il CVII con i suoi documenti, è stato un evento di cambiamento per tutta la vita della Chiesa, in particolare con la Dei Verbum si ritorna alla centralità della parola di Dio, come nei primi secoli. Ma i cambiamenti, le abitudini, le tradizioni, sono difficili da attuare e così, dopo oltre mezzo secolo, il concilio aspetta di completare la realizzazione di quello che i vescovi avevano scritto nei documenti conciliari, approvandoli a larga maggioranza (la Dei Verbum venne approvata con voti favorevoli 2344 e 6 contrari). Noi laici, popolo di Dio, per primi fatichiamo a cambiare, abbiamo la Bibbia, ma la leggiamo solo se il parroco la spiega. Questo è quello che fa la maggior par-

te di noi, perché siamo abituati ad adattarci alle indicazioni del parroco. Con questo stile di vita finisce che il nostro talento sarà dato a chi ne ha dieci (Mt 25, 14-30). L’ignoranza della scrittura è ignoranza di Dio. Forse per questo motivo, per incoraggiare la lettura, Papa Francesco ha chiesto alle librerie Paoline di stampare un Vangelo tascabile, grande la metà di un telefonino. In questa Quaresima oltre a leggere la Bibbia, chiediamo il dono della pace e il coraggio di andare oltre questa bella affermazione di principio, perché non bastano le invocazioni e neppure le coreografiche bandiere colorate. Serve cambiare stile di vita, costruire pace nelle nostre comunità con un confronto civile e franco, dove la stima per l’altro è vera, oserei dire che serve un percorso sinodae. Daniele Roncarati

GRUPPI SINODALI è giusto. Tutto questo chiediamo a Te, che sei all’opera in ogni luogo e in ogni tempo, nella comunione del Padre e del Figlio, nei secoli dei secoli. Amen. Le parole di Papa Francesco “La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del ‘si è fatto sempre così’. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a Questa è la scheda che abbiamo elaborato nei consigli pastorali tra tradursi in mera fantasia. Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti febbraio e marzo per utilizzarla nei gruppi sinodali. Il Sinodo intende attivare dei processi di cambiamento, frutto di né paure. L’importante è non camminare da soli, contare sempre sui fratelli e specialmente sulla guida dei Vescovi, in un saggio ascolto e di discernimento. Il Sinodo non guarda solo le questioni immediate, ma rivolge il e realistico discernimento pastorale”. (Evangeli Gaudium 33) suo sguardo a ciò che siamo chiamati a diventare nel medio-lungo periodo. Nelle grandi sfide e questioni che interpellano tutti, COMPAGNI DI VIAGGIO Nella Chiesa e nella società siamo decidere e scegliere insieme è garanzia di fedeltà al Signore e di sulla stessa strada fianco a fianco. Nella nostra Chiesa locale, comunione. Il Sinodo, pertanto, vorrebbe attivare processi di cam- chi sono coloro che “camminano insieme”? Quando diciamo “la biamento, che coinvolgano tutti i soggetti ecclesiali e che permet- nostra Chiesa”, chi ne fa parte? tano di annunciare, oggi e qui, la gioia del Vangelo. In questa fase Chi ci chiede di camminare insieme? Con chi siamo disposti a di ascolto, che ha al centro il “camminare insieme” della Chiesa, è farlo e con chi facciamo più fatica? Quanto riusciamo a cammidi fondamentale importanza interpellare coloro che vivono la vita nare insieme tra di noi? Come possiamo accrescere lo stile del nostro camminare insieparrocchiale, cercando di coinvolgere più persone possibili. me? Ci è stato chiesto in questi anni di ‘uscire’; verso chi abbiaPreghiera iniziale Siamo davanti a Te, Spirito Santo, mentre ci riuniamo nel Tuo mo compiuto passi significativi al riguardo? nome. Con Te solo a guidarci, fa’ che tu sia di casa nei nostri Quali sono i compagni di viaggio, anche al di fuori del perimecuori; insegnaci la via da seguire e come dobbiamo percorrerla. tro ecclesiale? Chi sono quelli che sembrano più lontani? Quali Siamo deboli e peccatori; non lasciare che promuoviamo il disor- gruppi o individui sono lasciati ai margini? dine. Non lasciare che l’ignoranza ci porti sulla strada sbagliata Silenzio né che la parzialità influenzi le nostre azioni. Fa’ che troviamo in Ascolto di tutti e tutte Te la nostra unità affinché possiamo camminare insieme verso la Preghiera finale: Padre nostro vita eterna e non ci allontaniamo dalla via della verità e da ciò che

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LA PAROLA DI DIO NELLA VITA DELLA COMUNITÀ SINTESI DEI LAVORI DI GRUPPO DELLA GIORNATA DI STUDIO A PALATA PEPOLI SUL DOCUMENTO DEL CONCILIO VATICANO II “DEI VERBUM” SABATO 5 MARZO 2022 Il Vaticano II riprende le fonti e di conseguenza la proposta è in continuità con la tradizione della Chiesa. La rivelazione è frutto dell’amore di Dio che si è manifestato in modo particolare con Gesù. Tutti possono comprendere la presenza di un Dio creatore. Importanza della Tradizione nel cammino della fede. L’ufficio d’interpretare autenticamente la Scrittura è del magistero vivo della Chiesa. In che modo oggi viviamo la vita della Chiesa. Colpisce nel Proemio il cambiamento nella continuità. Dio parla agli uomini come ad amici e c’è la necessità di mettersi in comunione con lui. Importanza fondamentale della conoscenza attraverso lo studio della Parola. Necessità della grazia di Dio. Lo Spirito Santo che perfezione la fede. Rivelazione. Utilizzo delle parole del tempo. La Chiesa cerca di adattarsi all’attualità. Ogni scrittura ha il fine di educare alla giustizia. Oggi siamo in un mondo che deve prendere in considerazione l’aspetto della Scrittura e metterla nella logica dell’attualità. La Scrittura va interpretata e cogliere il senso dei Sacri Testi. Equilibrio tra la Tradizione e analogia della fede. L’annuncio della salvezza va proclamata e quindi dobbiamo accoglierla. Colpisce l’espres-

sione che Dio parla agli uomini come ad amici. La fede è un interrogativo e non è una cosa scontata. Tutti possono comprendere la Parola. Colpisce il fatto che la traduzione deve tener conto della collaborazione con i fratelli separati e anche con i non cristiani. Altro dato importante è l’invito ad una lettura spirituale della Parola.

Commento al capitolo 20 degli Atti degli Apostoli. Assieme a Paolo viaggia il Vangelo. Siam ad Efeso. I miracoli si sprecano: i malati guariscono, i posseduti vengono liberati. Questo perché Paolo assomiglia sempre più a Gesù e lo porta a chiunque incontra. Incontrando lui, è come se incontrassero Cristo. Il solo che può guarire. Se scegli Dio, se scegli la via dell’amore, guarisci. La grazia di Cristo ti porta tutto: prega e affidati al Signore. In questo capitolo compaiono anche i presbiteri, i sacerdoti a cui Paolo idealmente passa il testimone. Ci viene anche presentato il discorso di addio di Paolo, il suo testamento spirituale. Il momento è particolarmente toccante. Le pagine sembrano aprirsi per far vivere anche a noi quel momento. Per rendere etereo quell’istante. Per farci capire come anche noi dovremo congedarci da chi ci sta accanto come discepolo. Li esorta a vegliare. Un verbo che usa anche Gesù. Un invito ai sacerdoti, un invito rivolto a tutti noi. Vegliare su noi stessi, esaminare il no-

stro comportamento. E poi li mette nelle mani di Dio. Anche noi abbiamo bisogno di stare nelle mani di Dio. Com’è attuale questa pagina. Com’è vera questa esortazione. Solo Dio è generatore di crescita, strada di santità. Seguirlo è semplice. Lo incontriamo ogni giorno nei poveri. In chi bussa alla nostra porta. In chi ci importuna ma ci da una grossa opportunità. Quella di toccare con mano la felicità. Donando quanto di più prezioso abbiamo. Noi stessi. Il nostro amore. Perché “si è più beati nel dare che nel ricevere”. Perseveranti nell’amore, per chi ci sta accanto, per i poveri, per la Chiesa. Quella Chiesa che custodisce la fede attraverso il ministero dei suoi pastori. Per i quali siam invitati a pregare. Sono la tenerezza di cui si serve Dio per rendersi presente in mezzo a noi. Nell’Eucaristia. Ogni giorno. Massimiliano Borghi

VEGLIA DI PREGHIERA PER LA PACE IN UCRAINA

Un grido di dolore che devasta i nostri cuori, e per disarmarli alla logica della violenza e della sopraffazione, la preghiera, la lingua di Dio, è l’unica possibilità che noi abbiamo in questo momento. A seguito dei drammatici avvenimenti in Ucraina, raccogliendo l’appello di Papa Francesco e l’invito del cardinale arcivescovo Matteo Maria Zuppi, la comunità della quattro parrocchie si è riunita, il 25 febbraio, nella parrocchia di Dodici Morelli, in una veglia di preghiera per la pace. La veglia è stata strutturata da Don Paolo in tre parti. La 1ª parte han fatto da sfondo le Parole di Papa Francesco, un brano letto dove emerge tanta sofferenza, preoccupazione e dolore per la popolazione civile, soprattutto per bambini. Parole che dal “cuore straziato” gridano pace e tacciano le armi per porre fine alla follia della guerra. La 2ª parte è stata dedicata all’ ascolto della parola di Dio. La 3ª parte, ha trattato i brani di alcuni testimoni della pace. San Francesco d’Assi-

si, testimone della pace sia con le parole che con il suo esempio e stile di vita. Si spogliò completamente delle sue vesti, per dedicare la vita al prossimo soprattutto ai poveri diventando un esempio d’amore verso tutto il creato. Mons. Tonino Bello, Vescovo di Molfetta, sempre dalla parte degli ultimi, attivista e responsabile del movimento Pax Christi per la pace. Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, con la sua lettera ha mostrato una serie di dati angoscianti ed impressionanti sulla situazione degli armamenti, che ci aiutano a capire cosa c’è dietro alle guerre. A seguire ci sono state le preghiere dei fedeli e per accompagnare le preghiere finali, in comunione con gli altri, abbiamo acceso una candela dal cero pasquale, simbolo della vittoria di Cristo sulla morte. La preghiera è un’invocazione a Dio, un grido di dolore straziante, per le tante famiglie e bambini, che non avrebbero dovuto conoscere questo orrore. La guerra non è solo inutile ed immorale, ma anche diabolica, nella quale dominano solo interessi e potere. In questo momento buio ed incerto, con negli

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occhi le terribili immagini che arrivano dall’Ucraina, ogni uomo e ogni donna di buona volontà, sa che la pace è l’unica via di bene. Di fronte al Signore, vogliamo far salire le nostre intenzioni di preghiere, con fiducia in Colui che protegge la pace, che è la nostra salvezza e speranza. Spero che il dolore che sentiamo oggi, ci faccia guardare con occhi nuovi chi è diverso nella nostra comunità, perché è straniero e senza dimora. Cristina C.


formazione

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MODELLI DI FAMIGLIA

La famiglia, nonostante le trasformazioni subite, è ancora la struttura fondamentale della nostra società. Dal dopoguerra a oggi, si è assistito al passaggio da un modello di famiglia “patriarcale”, in cui il capofamiglia, in genere il padre, era al vertice della piramide famigliare con alla base tutti i figli e i parenti, ad uno in cui la piramide è rovesciata, in quanto le attenzioni di genitori, nonni, zii e zie sempre più singles si riversano sul figlio, che spesso rimane unico. Inoltre, per lo più a causa del ritardato ingresso nel mondo del lavoro, il 70% dei giovani fino ai 30 anni, soprattutto maschi, sebbene economicamente autonomi, continuano a coabitare con i genitori sotto l’ala materna. La famiglia italiana, da un modello rigido basato su una struttura caratterizzata anche da una scarsa manifestazione affettiva, si è così evoluta

verso uno stile basato su una permissività estrema e sull’iperprotezione dei figli. Da un modello famigliare “autoritario” si è passati ad un modello famigliare “iperprotettivo”. La famiglia iperprotettiva è un’organizzazione sempre più piccola, chiusa, che protegge, nella quale gli adulti si sostituiscono continuamente ai giovani, rendono la loro vita più facile, cercano di eliminare tutte le difficoltà, fino a intervenire direttamente facendo le cose al posto loro. Inoltre sono sempre meno capaci a dire dei “no”. Genitori che stanno fuori casa tutto il giorno a causa del lavoro o alle prese con separazioni o famiglie allargate, per paura di non fare abbastanza e per tenere a bada i propri sensi di colpa per essere poco presenti, finiscono per iperproteggere. Solo per fare qualche esempio, pensiamo alle file di macchine che ci sono davanti alle scuole all’ora di entrata o di uscita, poiché con i mezzi pubblici o a piedi i ragazzi, poverini, si dovrebbero alzare molto presto, si bagnerebbero se piove, pranzerebbero tardi o potrebbero fare cattivi incontri. Riflettiamo anche su quanti genitori aiutano i figli a fare i compiti ogni giorno e a qualunque età, per evitare che facciano una brutta figura e soffrano. Se il ragazzo perde o rompe il cellulare si ricompra subito perché non può mica stare senza, ce l’hanno tutti e si sentirebbe escluso! Se i ragazzi hanno problemi a scuola ormai dilaga la tendenza a dare la colpa agli insegnanti, considerati incapaci di fare bene il loro lavoro. Se il proprio figlio litiga con gli amici, si interviene

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in sua difesa. Il modo perfetto per deresponsabilizzarli!!! Questo è un modo eccessivo di tutelare i propri figli, poiché ci si sostituisce a loro in prove di vita che, per crescere, dovrebbero affrontare in prima persona anche se queste comportano frustrazioni e sofferenze. È necessario che l’adolescente si confronti con gli ostacoli della vita e, attraverso tentativi ed errori, giunga al superamento di tali difficoltà costruendo, per esperienze successive, la fiducia nelle proprie risorse e capacità. Come afferma il mio grande maestro, il prof. Giorgio Nardone, l’autostima si conquista attraverso le esperienze personali, non ci può essere donata da altri. Nelle famiglie iperprotettive i ragazzi corrono il rischio di crescere alimentando in se stessi l’idea che da soli, senza i genitori, non ce la faranno mai, insicuri di sé e delle proprie capacità. Oscar Wilde afferma: “È con le migliori intenzioni che il più delle volte si ottengono gli effetti peggiori”. Questo aforisma appare perfettamente calzante all’evoluzione del rapporto tra adolescenti e famiglie osservabile in Italia negli ultimi decenni. È la migliore intenzione, ovvero garantire ai figli una vita sempre migliore e salvaguardare la loro felicità, che produce gli effetti peggiori: ossia giovani adulti insicuri e incapaci di assumersi responsabilità in piena autonomia. Osservare senza intervenire, nel senso di rimandare al giovane la responsabilità delle sue azioni, rappresenta la base di una sana relazione tra genitori e figli. Una famiglia deve stimolare i ragazzi ad agire, deve essere certamente di supporto, ma senza sostituirsi a loro. “Niente ha valore se non l’hai conquistato” è il messaggio che gli adulti devono trasmettere ai giovani ragazzi. Giorgia Fabbri Psicologa-Psicoterapeuta

MEDITAZIONI QUARESIMALI

Iniziamo questa Quaresima scoprendo che il Signore non tradisce, rimane fedele alla sua promessa di felicità per la nostra vita, anche adesso. Stiamo vivendo il momento più delicato della nostra storia e dobbiamo domandare il dono della curiosità e della pazienza per imparare a conoscere di più il Mistero di Cristo e il mistero del nostro io. Qualunque situazione in cui viviamo può diventare occasione per riconoscere che cosa ci fa vivere. È Cristo che per primo dice a me “Mi manchi”. Non basta che si faccia carne, ma viene a mendicare il mio amore. Non si può amare veramente se non dicendo all’altro “mi manchi”. Da qui scaturisce la mendicanza dell’altro. Al mattino quando ci accorgiamo di essere vivi, a chi diciamo Tu? Se non diciamo Tu a Cristo lo diciamo a qualcun altro o - peggio - a qualcosa d’altro. L’uomo non può non dire tu. Desidero svegliarmi al mattino dicendo “Tu” al Signore che mi ha fatto e continua a farmi ora e scoprire nella mia vita che posso dirgli “mi manchi” perché lui che ha donato la sua vita lo dice a me. Ogni tanto ci capita di dire così “Ah, questa non ci voleva!” Stiamo attenti perché dicendo così introduciamo un criterio che è come dire sottovoce “Signore hai sbagliato”. Come stiamo di fronte al Mistero della storia? Per affrontare questa circostanza a cui la Chiesa ci chiama, niente è più importante che prendere consapevolezza della natura del nostro vero bisogno. Devo sempre partire dalla domanda: di che cosa oggi ho bisogno per vivere? La grande tentazione è la presunzione di farcela da soli. Il problema della vita è: la Certezza. Perché la vita è fatta sempre di un presente certo

gravido di un passato e, nello stesso tempo, ci sorprendiamo gravidi di una promessa per il futuro. Com’ è possibile raggiungere la certezza su Cristo? Dov’è Cristo? Quali sono le fondamenta della nostra vita? Si può stare nella Chiesa senza che la vita dell’io sia stata messa in movimento. Senza mai dire Tu a Cristo. Cioè non prendendo posizione rispetto a questo fatto, cioè che c’è ancora qualcuno nella storia che si ostina a dire che Cristo è vivo. Il cristianesimo è qualcuno che si ostina a dire che Cristo è vivo ed è tra noi. Quale domanda allora l’altro logicamente ci farà: dov’è? E qual è il metodo cristiano? VENITE E VEDRETE. Paolo Testoni

Ascoltando… RISONANZE il libro di Pietro Rabitti Un sabato sera davvero particolare è stato il 19 febbraio 2022 a XII Morelli.

Dopo la messa prefestiva delle 17,30 c’è stata, nell’ex teatro parrocchiale, la presentazione da parte del nostro caro Pietro del suo libro “RISONANZE. Dialogando sottovoce: la buona notizia dietro le quinte”.

Incalzato da Don Paolo con domande che focalizzavano le parti centrali del libro, Pietro ha condiviso con il pubblico le sue riflessioni sulla vita alla luce del Vangelo. Riflessioni fatte “a voce alta” e rivolte a Dio come si fa con un amico intimo, esprimendo in modo semplice e diretto dubbi, perplessità, sofferenze, dolori, paure che come lui, attanagliano anche noi nel corso della nostra vita. Spicca in questo libro l’affidamento di Pietro a Dio sempre e comunque soprattutto nei momenti di buio. Cita infatti queste parole che mi sono rimaste nel cuore:“Sì ho paura di sof-9


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oratorio

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​Aggiornamenti dall’oratorio Palata Pepoli

educativa degli oratori con Don Paolo; 10 Aprile ore 15.00 a Palata Pepoli: educazione all’affettività e sessualità con la Dott.ssa Elena Ferrari, pediatra e sessuologa di Reggio Emilia; Le prenotazioni per l’utilizzo della sala per scopi educativi e ludici, ma sempre in un’ottica di condivisione cristiana, sono seguite da Federico Melloni e Samuele Nannetti, che si preoccupano di annotarle e di condividerle con Don Paolo per averne anche l’avallo sullo scopo.

PROGRAMMAZIONE ORATORI PROGRAMMAZIONE ORATORI LUNEDÌ: 16-19 Dodici Morelli (disponibile per i bambini delle elementari) MARTEDÌ 16-19 Palata Pepoli 16-19 Dodici Morelli (medie) GIOVEDÌ 16-19 Dodici Morelli (superiori) 15-18 Palata Pepoli (elementari e medie) VENERDÌ 16-19 Dodici Morelli (superiori) 20- Palata Pepoli e Dodici Morelli (universitari) SABATO E DOMENICA gli oratori alla sera sono aperti per i gruppi parrocchiali che li prenotano

Fino ad oggi l’oratorio veniva tenuto aperto solo il giovedì pomeriggio da Don Paolo; con il mese di febbraio si è aggiunta l’apertura il martedì pomeriggio indicativamente dalle 16 alle 18, giornata gestita dai ragazzi più grandi (universitari); possiamo quindi dire che al momento si può accedere liberamente all’oratorio: GIOVEDÌ 15-18 MARTEDÌ 16-18 In questi giorni e orari è garantita la presenza di un adulto. Ricordiamo che l’oratorio vuole essere uno spazio a disposizione di tutti i ragazzi/e di qualsiasi età per giocare, stare in compagnia e volendo anche come luogo dove ritrovarsi per fare i compiti o cercare un piccolo aiuto per i compiti, in particolare proprio il martedì nel quale i nostri bravissimi e preparatissimi universitari saranno ben felici di aiutare chi può avere bisogno di un aiutino. In oratorio sono disponibili sia il tavolo da ping pong che il biliardino, carte e qualche gioco da tavolo da fare in gruppo, mentre nella sala principale ci sono i tavoli disponibili per studiare e fare compiti. Essendo disponibile anche la TV e la connessione internet è possibile anche guardare un film, o un documentario, o seguire qualche trasmissione, basterà accordarsi con l’adulto di riferimento presente che vigilerà sul corretto utilizzo di queste attrezzature. Se qualche adulto ha qualche ora da mettere a disposizione per aprire questi locali e accogliere i ragazzi che vorranno andare o vuole rendersi disponibile per organizzare qualche attività può dare la propria disponibilità contattando Don Paolo. Per aggregare i ragazzi delle superiori delle 4 parrocchie sono stati organizzati da Don Paolo alcuni incontri/feste nei vari oratori: 12 Febbraio a Dodici Morelli 27 Febbraio a Palata Pepoli 20 Marzo a Bevilacqua In queste serate i ragazzi mangiano insieme e la parrocchia ospitante organizza un gioco per il dopo cena. Sono previsti inoltre alcuni momenti formativi, svolti all’interno degli oratori, e rivolti in particolare ai giovani delle superiori: 27 Marzo ore 15.00 a Dodici Morelli: proposta

Attività Pastorali con il dopo - cresima MARZO Domenica 20 ore 15,30: a Bevilacqua presentazione del progetto ER 2022 alle superiori 4 P Ore 19 Palata Pepoli: incontro dei 2010 4 P Sabato 26 ore 19: 2009 a Bevilacqua Domenica 27 ore 19.00 a Dodici Morelli: proposta educativa degli oratori APRILE Sabato 9 ore 17,30 2009 4P a Dodici Morelli Domenica 10 ore 15,30 incontro sul tema affettività e sessualità con la sessuologa e pediatra Elena Ferrari (superiori a Dodici Morelli) Lunedì 18: Gita a Chioggia con le superiori Lunedì 25 Gita con i 2009

I 2009 DELLE 4 PARROCCHIE INSIEME

Sabato 5 Marzo, noi e gli altri 2009 delle 4 parrocchie, dopo la messa a Dodici Morelli ci siamo ritrovati a Palata Pepoli per stare un po’ in compagnia, chiacchierare e mangiare una pizza. La serata si è svolta in questo modo: dopo la messa delle 17:30, verso le 19 siamo andati in oratorio a Palata e, fino alle 19:30, abbiamo fatto gioco libero, infine abbiamo preso e mangiato la pizza tutti insieme. Dopo cena abbiamo riflettuto sull’argomento della pace parlando anche di quello che sta succedendo in questo momento, in particolare in Ucraina; subito dopo abbiamo visto un video sui giovani costrutto-

ri di pace, che protestavano contro la guerra e visitavano i luoghi dove era stata combattuta la 1ª guerra mondiale. Infine, dopo aver raccolto i vari pareri, abbiamo fatto un gioco per conoscerci meglio nel quale bisognava lanciarsi un gomitolo di lana a vicenda per creare una ragnatela tra di noi; poi abbiamo fatto anche il gioco delle sedie con la musica. È stata una serata molto bella! Emma e Giada

INCONTRO GIOVANI A PALATA PEPOLI Nella sera di Domenica 27 Febbraio, i giovani delle parrocchie di Dodici Morelli, Bevilacqua e Palata Pepoli si sono incontrati nell’oratorio di Palata Pepoli per conoscersi bene (con un gioco) e divertirsi, il tutto accompagnato da un’ottima pizza. A metà serata Don Paolo ci ha fatto vedere un video che parlava del rapporto che hanno i giovani con la fede. A fine video abbiamo discusso del tema in questione e ne sono uscite cose interessanti. Dopodiché le ragazze dell’oratorio di Palata Pepoli ci hanno fatto giocare a 2 giochi … In poche parole? Ci siamo divertiti molto. Queste serate sono utili e piacevoli e proprio per questo ce ne saranno altre. Picone Manuel

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CAMPI ESTIVI PARROCCHIALI

MEDIE: 18-23 LUGLIO 2022 VILLA BERZA (COLLINE DI REGGIO EMILIA) Villa Berza è una località del Comune di CASTELNOVO NE’ MONTI (RE). Dista 61.03 Km dal Capoluogo di regione (Bologna). La casa dove verrà svolto il campo estivo delle medie è totalmente immersa nella natura e dotata di grandi spazi verdi intorno. Il luogo si presta per delle bellissime passeggiate. La casa è in autogestione. Partenza: lunedì 18 luglio ore 18 Ritorno: sabato 23 luglio ore 12

SUPERIORI: 25-30 LUGLIO 2022 a FELINA (COLLINE DI REGGIO EMILIA) Felina, posta a 664 m s.l.m., è una località nel comune di Castelnovo ne’ Monti, provincia di Reggio Emilia. Il paese sorge alle falde del castello cosiddetto “Salame di Felina” per la sua forma caratteristica a cono arrotondato situato a NE del paese. L’abitato un tempo era attraversato dalla Strada del Cerreto, frequentata sin dall’epoca romana, mentre ora il nuovo percorso tangenziale evita il passaggio all’interno del paese. La casa è in autogestione. Per entrambi i campi: Costo: 250 euro Iscrizioni presso la Segreteria di Dodici Morelli: Venerdì 8 aprile dalle 18 alle 20 Sabato 9 aprile dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18,30 Le iscrizioni si effettuano con la quota intera.

SECONDO INCONTRO GIOVANI 4 PARROCCHIE E DINTORNI È stata la seconda serata di un percorso iniziato un mese fa con i ragazzi delle superiori delle 4 parrocchie (e dintorni). Abbiamo iniziato a Dodici Morelli, stasera eravamo a Palata Pepoli e il prossimo incontro sarà a Bevilacqua. Sono diversi gli obiettivi di questo percorso. Il primo consiste nel creare momenti di aggregazione per i giovani in modo tale che possano incontrarsi e conoscersi. Due anni di pandemia hanno lasciato il segno e, allora, lo sforzo intrapreso ha questo primo obiettivo dell’aggregazione e dell’amicizia. In secondo luogo, c’è il desiderio di far conoscere ai ragazzi lo sforzo che le parrocchie stanno facendo per mettere a loro disposizione degli spazi accoglienti, che possono essere utilizzati

I GIOVANI A PALATA

Sabato 13 febbraio, durante il primo incontro dei giovani delle superiori delle quattro parrocchie a XII Morelli, Don Paolo ha annunciato che il prossimo incontro sarebbe stato a Palata. In noi c’era un po’ di preoccupazione, dato il numero esiguo di ragazzi e quindi un gran lavoro per organizzare tutto il necessario (spazio, cena, pulizie, giochi). Possiamo dire che, alla fine, nonostante ci fossimo trovate in due a preparare, la soddisfazione è stata tanta: tanti i ragazzi che hanno partecipato (35) e soprattutto tanto entusiasmo! Purtroppo la pandemia ha cambiato i nostri piani, le nostre idee ed iniziative, le nostre vite, i rapporti, le certezze e quindi questa serie di incontri la possiamo definire una ripartenza. Dopo un primo momento di socializzazione, presentazioni e conoscenza attorno alla tavola, ci siamo seduti davanti a qualche metro di pizza: ottima!! Successivamente, abbiamo guardato un video sul rapporto che i giovani hanno con la fede, al quale ha fatto seguito un confronto, dal quale è emerso come la religione non susciti più un gran interesse fra i giovani, che si allontanano sempre di più a causa delle nuove tecnologie, dei social e dei diversi interessi insorti negli ultimi anni. Poi via ai giochi! Abbiamo scelto due giochi con la musica, molto movimentati e competitivi, così da smaltire la pizza, poi i saluti e un arrivederci al prossimo incontro a Bevilacqua. Anna, Ludovica

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per momenti formativi e aggregativi. La serata è stata molto piacevole e divertente. Dopo un primo momento di presentazione dei circa 35 ragazzi/e presenti, abbiamo mangiato la pizza. Attorno alla tavola c’è sempre il tempo per fare due chiacchiere e due risate. Dopo di ciò un momento formativo sul tema: “I giovani e la fede”, attraverso la visione di un video, che presentava i risultati di una ricerca fatta sul tema in Italia nel 2018. Bello è stato anche il dibattito che ha confermato i dati della ricerca, che afferma lo scarso interesse delle nuove generazioni per il tema religioso. Come di consueto, chi ospita prepara qualche gioco. In questo caso, Anna e Ludovica di Palata hanno proposto alcuni giochi piuttosto movimentati che hanno trovato l’interesse di tutti. Redazione


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“METTETE FIORI NEI VOSTRI CANNONI” Ricordo questa frase, eravamo alla fine degli anni ‘60, all’interno di una cornicetta che, tramite una calamita, veniva attaccata al cruscotto, in metallo, della macchina. Fu il titolo di una canzone dei “Giganti” del 1967 e divenne lo slogan di una generazione di pacifisti, immortalato con una famosa foto di Marc Riboud intitolata “la Jeune fille à la fleur “(“la ragazza con il fiore”), per denunciare la guerra in Vietnam. Sono passati più di 50 anni, tante cose sono cambiate, i cruscotti delle macchine oggi sono di plastica, ma la guerra è ancora fra noi, in tutta la sua violenza, odio, distruzione e morte assurda. Quanti conflitti nel mondo, alcuni di essi dimenticati, penso alla Siria dove da oltre 10 anni si uccide nel silenzio assoluto, fino all’ultimo conflitto, anche se penso non sarà l’ultimo, fra Russia e Ucraina. Non pensavo, all’alba del terzo millennio, di rivedere carri armati sfilare per le strade sparando, aerei sganciare bombe, palazzi e case distrutte insieme all’immancabile sapore di morte; immagini che arrivano a noi attraverso la moderna tecnologia, i social,

che fanno entrare la guerra in tempo reale nella nostra quotidianità. “Io chiedo come può un uomo/uccidere un suo fratello…” così scriveva Guccini nella canzone Auschwitz e concludendo la stessa si domandava:“io chiedo quando sarà/ che l’uomo potrà imparare/a vivere senza ammazzare…” era il 1979, ma la domanda rimane in tutta la sua cruda realtà. Purtroppo le tragedie belliche del secolo scorso, sembra siano servite solamente a riempire le pagine dei libri di scuola: il genocidio degli ebrei, i gulag, le primavere arabe, pagine ancora grondanti di sangue, ma che pare siano già state dimenticate da qualcuno; l’odio è senza fine! A ciò va aggiunta l’indifferenza dell’Europa, un gigante di cartapesta, “il vecchio continente” che tutto ha all’infuori della saggezza dei vecchi, che non sa cogliere i segnali di guerra, provando a portare avanti un’opera di mediazione e di pace; l’egoismo dell’America, che si muove a seconda dei propri interessi, lasciando macerie profonde dietro di sé; gli affari della Cina, dove i diritti vengono calpestati per il dio denaro.

La domanda è: noi cosa possiamo fare? È stato bello vedere manifestazioni di solidarietà nelle piazze d’Italia e in giro per il mondo, veglie di preghiera, raccolta di materiale per il popolo ucraino, la grande solidarietà della gente comune, quella che sa ancora distinguere fra l’amore e l’odio e fra il bene e il male. Come Cristiani possiamo invocare la Pace di Dio, attraverso la preghiera, il nostro fiore, da mettere nei cannoni per lanciare l’unico vero messaggio d’amore e di pace. Giulio Bedendi

La Guerra: ieri e oggi

Quasi sempre ci si scandalizza di fronte agli scenari di guerra proposti dal cinema. Tuttavia, a volte, la realtà può travalicare ogni legittima aspettativa per proporre evenienze ben peggiori. Ci riferiamo ai fatti raccapriccianti che, in questi giorni, stanno imperversando sul popolo ucraino. Un popolo che non desidera altro che la propria indipendenza e un’integrazione nell’Unione Europea. Ciò che può sembrare un’ovvietà per noi Italiani e per tutti gli altri occidentali, purtroppo, non è ritenuto tale da una superpotenza come la Russia, il cui capo di Stato e il suo entourage intendono ripristinare la vecchia Unione Sovietica. Annettendosi la vicina Ucraina. Da quelle che sembravano essere esercitazioni e simulazioni di guerra sul confine russo-ucraino, in breve, si è passati all’invasione dell’Ucraina. Un lampo a ciel sereno? Niente affatto! Gli eventi lasciano intendere che questa aggressione era stata programmata da tempo. Se poi si dice esplicitamente che in caso di aiuti diretti di noi Europei si renderebbe inevitabile lo scoppio di una terza guerra mondiale, ci si rende conto che

la minaccia delle testate nucleari puntate su di noi è una realtà amara e orripilante. Purtroppo nell’Europa odierna si ripropongono gli stessi scenari di guerra di 80 anni fa. I mass media ci fanno constatare che le atrocità e i supplizi di una popolazione aggredita, che non si arrende allo strapotere dell’invasore, sono un’offesa alla libertà e al desiderio di vi-

i patimenti che colpirono gli italiani ottant’anni fa. I traumi dovuti alla guerra investono almeno tre generazioni: nonni, figli e nipoti. Mi sono imbattuto più volte nei racconti che narrano casi di peripezie vissute da parenti e conoscenti negli anni della seconda guerra mondiale! Gli scenari descritti ci aiutano a capire come la guerra lasci segni indelebili anche in

PULIZA A PALATAPEPOLI vere in pace. Ciò che possiamo fare nell’immediato consiste nel creare corridoi umanitari per portare viveri e farmaci e predisporre l’esodo dei civili più deboli, donne e bambini, nei nostri territori. Riusciremo a ripristinare la pace? Diventa inevitabile, per un settantenne come me, fare un parallelo con

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chi riesce a sopravviverne. Le immagini televisive di questi giorni ci offrono la possibilità, ahimè, di dare forma a quei racconti che ci avevano narrano i nostri amati parenti. Cosa ci resta da fare? Prima di tutto pregare. Nella speranza che la pace ritorni subito. Lucio Garutti


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UN PENSIERO ALLA MIA AMATA KHARKOV

Quando nell’Ottobre del 2013 decisi di spendere un mese del mio Dottorato di Ricerca presso l’Istituto Akhiezer di Fisica Teorica di Kharkiv, persino il mio supervisore mi chiese se ci avessi pensato bene, se non volevo andare in un posto “più bello” secondo i canoni occidentali. Vista da qui l’Ucraina sembra un paese grigio, dell’Est Europa, da cui provengono le donne che si prendono cura dei nostri anziani. Tramite loro sappiamo che è un paese povero, che non si è mai veramente ripreso economicamente dal crollo dell’Unione Sovietica. Prima del 24 Febbraio, molti di noi non sapevano neanche dell’esistenza di Kharkiv, che è la seconda città dell’Ucraina. A Kharkiv negli anni ‘30 fu fondata la più importante scuola di fisica teorica sovietica da colui che è ritenuto uno dei più importanti fisici del ‘900, ovvero Lev Davidovic Landau, premio Nobel nel 1962 per la scoperta della superfluidità dell’elio liquido. Quasi tutti noi fisici abbiamo studiato sui libri di meccanica quantistica di Landau e del suo discepolo Evgeny Lifshitz. Libri nati proprio negli anni della scuola di Kharkiv. Dopo la nascita della moderna Ucraina, l’Istituto continuò la sua tradizione e prese il nome di “Akhiezer”, da un altro importante discepolo di Landau. Del mese passato a Kharkiv ho un bellissimo ricordo. Fui accolta con calore dai colleghi dell’Istituto, che si facevano in quattro per evitarmi qui piccoli disagi della vita non occidentale, quali la mancanza di riscaldamento (i russi avevano tagliato i rifornimenti al cattivo pagatore ucraino), di acqua o le strade invase dal fango. Piccole cose, ma loro si sentivano in dovere di

farmi stare bene, come a casa. E così è stato anche per gli abitanti di Kharkiv, che si prodigavano a spiegarmi a gesti come raggiungere un posto o cosa contenesse una scatola al supermercato. Perché non solo non sapevo una parola di ucraino o russo, ma neppure riuscivo a leggere in cirillico. Le domeniche mattine passate a teatro ad assistere al balletto ed i sabati a passeggiare a Gorky Park o al parco Shevchenko (il poeta, non il calciatore). La partita di pallone allo stadio, a tifare per il Metalist Kharkiv. La visita al Museo di Storia, dove Sergii mi spiegava animatamente la storia del suo paese; come a Kiev fosse nata la prima Russia (la Rus’), le guerre con la Polonia ed il periodo dell’Unione Sovietica. La Storia vista da Est, che a noi occidentali è quasi totalmente sconosciuta. Quest’estate finalmente, dopo 2 anni di pandemia, ci saremmo ritrovati tutti insieme, con Igor, Sergii e Kolya, alla solita conferenza organizzata da un professore russo del mio istituto di ricerca. A questa conferenza partecipano gruppi di scienziati dell’ex Unione Sovietica, ovvero russi, ucraini, bielorussi, armeni, etc.., che discutono animatamente di fisica, ma si ritrovano la sera a cena a bere in allegria. Purtroppo il mondo reale non è quello della comunità scientifica e le crepe create dalle propagande governative possono divenire anche molto profonde. Diversi professori russi con cui collaboro hanno firmato la petizione contro la guerra e per questo sono stati sospesi dai loro istituti e spero che non accada loro nulla. Ma la preoccupazione maggiore è per gli amici sotto le bombe, che mi mandano notizie allarmanti da Kharkiv quasi ogni giorno. L’Università bombardata, colpita la cattedrale, una granata sull’Istituto di Fisica e Tecnica. Qualche giorno fa hanno colpito le persone in fila fuori dal piccolo supermercato dove facevo la spesa ogni giorno; corpi dilaniati e sangue sulla neve. L’esercito russo è lì, ad un passo da loro, che sono ancora vivi per miracolo. Alcuni di loro sono già stati richiamati nell’esercito ed altri lo saranno a breve. A quelli che ancora pensano che Putin sia lì per liberare gli ucraini di origine russa voglio dire che a Kharkiv quasi nessuno parla ucraino, infatti per i suoi abitanti è Kharkov (in russo). Kharkov non è Leopoli e neppure Kiev. Kharkov si trova nella parte più a Est dell’Ucraina, a qualche decina di km dal confine russo. Eppure li stanno massacrando, perché in fondo dei civili non gli interessa, e che siano di origine russa o ucraina poco importa. Laura Bandiera (Galeazza) Ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

Voler distruggere dicendo di amare Impervia è la strada dello “strappare le bende che l’abusata indirizza su se stessa invece che che ci hanno mummificato l’anima” orientarla sull’abusante. Ciò è drammaticamen(Mary Daly, Quintessenza) te vero, ma di ciò si tiene poco conto. Studi specialistici si affastellano; alcuni ben strutturati ci Solitamente si pensa avvertono che ricondurre alla sfera delle vioalle violenze sulle don- lenze “classiche” -maltrattamenti, aggressioni, ne e su minori -maschi lesioni- i torti maschili rivolti alle donne nella e femmine- come a una sfera domestica conduce ad analisi distorcenti piaga sradicabile e su- e a strategie di contrasto non produttive; impoperabile; tali vessazioni verisce la sostanza dell’assoggettamento, travie abusi sono percepiti sandone i presupposti. La violenza domestica come fenomeni dai con- non si discosterebbe molto da una forma di torni abbastanza chiari e tortura, da una sorta di stato d’assedio. La dericonducibili a una rap- molizione dell’identità e dell’autonomia della presentazione in cui gli donna, messa in campo dall’uomo, ha caratteri attori sono definiti. Che molto più sfumati e inafferrabili di quelli che sia un soggetto di genere maschile (in percen- di norma sono evocati. La vittima è così colpita tuali altissime) l’abusante non ci sono dubbi; o uccisa una seconda, una terza… volta. Il potegli/le abusati/e invece sono donne per lo più. re dell’uomo corrode le capacità razionali della Stesso copione negli ambienti delle parrocchie partner assoggettata, la quale tenta disperata(secondo studi recenti e “sensazionali” pubbli- mente di dare un senso alle mortificazioni/ incati dalla rivista Adista). Ma su tali supposte giunzioni/punizioni ricevute, - spesso incolpanchiarezze occorre indagare. Non solo, infatti, dosi. Poiché gli atti e le parole del persecutore dobbiamo approfondire le “strutture di pecca- non corrispondono alla realtà da lei vissuta, né to” in cui le condotte persecutorie si iscrivono; la condotta di lui è coerente, e poiché il disegno ma dovremmo indagare le forze in ombra che, da lui premeditato e perseguito è impregnato agendo sottotraccia, premono contro un “fare dall’inganno, l’operazione di decifrazione è asgiustizia e verità”. Perché mai la trasparenza surda, e la donna annaspa nel caos! della determinazione del difendersi e opporsi Se ascoltiamo le donne sopraffatte dal potere al male, a comunicare le offese e umiliazioni domestico esercitato dai loro partner, rimapersistenti sono nelle abusate così spesso in- niamo incredule. I racconti ci dicono che si certi, confusi, evanescenti, o addirittura inesi- sono ritrovate a poco a poco in una condiziostenti? Perché le forze della confusione e dello ne fisica e mentale di annientamento “Il senso stordimento sono così tentacolari, medusiache, dell’essere in trappola una volta in più… riconpietrificanti? Si parla di paura e di vergogna, ferma l’abusata nel ruolo di indegna, inabile,

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mentalmente destrutturata, consegnandola a uno spazio ovattato e sordo… provare a parlare, a discutere, a rispondere alle domande è come quando cerchi inutilmente di uscire dall’acqua, ma le onde ti fanno sbattere sugli scogli e ti riportano indietro, sempre più lontano, ci provi cento volte, ma il risultato è che non sei fuori ma sei ferita e sfinita, ad un certo punto non ce la fai più a provarci, ti abbandoni a quella violenza impossibile da combattere in modo che le onde abbiano la meglio su di te e ti portino via, verso il niente, verso la morte. È come entrare in un’altra dimensione in cui tu non ci sei più e resta forse un brusio di fondo”. (Raffaella Scarpa Lo stile dell’Abuso, violenza domestica e linguaggio, p. 293) Ascoltando le testimonianze di ex-minori abusati/e dal clero, ciò che emerge sono parole come: “Avevo tanta paura”, “Lui mi diceva di non far parola a nessuno, era un segreto tra me, lui e Gesù”. Ma ancora più significative sono le espressioni frequenti negli/nelle abusati/e che tentano di ricordare: “Non è semplice riconoscere quello che si subisce!”. Già: non è semplice. Occorre trovare persone che diano ascolto amorevole e sostegno, che aiutino a disidentificarsi con il persecutore - e in generale con la logica della colonizzazione patriarcale. Si tratta di scavare nel profondo. E per tutte noi un grande lavoro di ricerca, di osservazione, di traduzione di questi segni “non riconosciuti” in un alfabeto i cui simboli siano leggibili. Paola Cavallari


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eventi

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MARCIA PER LA PACE IN UCRAINA: PRESENTE! Molto partecipata la marcia di preghiera per la pace in Ucraina, di domenica 13 marzo in cammino verso il santuario di San Luca. C’eravamo anche noi delle 4 parrocchie al confine della diocesi, con un pullman pieno di persone desiderose che cessi la guerra e trionfi la pace. Molta gente davvero, in risposta all’appello del Cardinal Zuppi che, assieme ai rappresentanti delle chiese ortodosse presenti a Bologna, hanno guidato la processione. Sotto il santuario i bambini del coro dell’Antoniano di Bologna hanno intonato alcuni canti che hanno commosso i cuori dei presenti. “ Se tutti ascoltassimo i bambini - ha commentato il Cardinal Zuppi - senza dubbio le nostre scelte sarebbero più adulte”.

Cena con le famigle di quinta elementare a Dodici Morelli

Giovedì grasso a Palata Pepoli

Primo incontro a palata Pepoli con le associazioni presenti sul territorio per preparare un calendario estivo comune

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Stazione quaresimale penitenziale


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musica e fede

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Caro prete mi scusi, ma non ho ben capito... Caro prete mi scusi ma non ho capito come può non parlare di una razza inferiore quando li fuori c’è chi muore d’amore e un po’ più in là c’è chi l’amore ha ucciso. Professore permetta, ma adesso ho capito e vorrei spiegarle chi è un eroe infinito tra un dottore che parla a un consiglio e una madre che cresce suo figlio.

Per la rubrica musicale di questo mese avrei voluto fare riferimento al tema del papà o della primavera, ma purtroppo è inevitabile: il pensiero corre e rimane alle terribili vicende belliche a cui stiamo assistendo. Trovare quindi un brano che inneggi alla pace o che denigri la guerra è fin troppo facile perché più volte, ahimè, l’uomo si è trovato spettatore di questo atroce spettacolo; cambiano i nomi degli Stati coinvolti, cambiano i nomi dei despoti, cambiano i nomi delle vittime, cambiano i nomi delle armi, ma l’incubo è sempre lo stesso. Esiste però una canzone che porto nel cuore più di altre, forse perché fu mia figlia a farmela conoscere quando aveva solo 5 anni, forse perchè sento aria di casa considerando che gli interpreti sono cinque splendidi ragazzi di Renazzo o forse, semplicemente, perché è una canzone bellissima, ricca di empatia, poesia, dolcezza e verità. Il brano a cui mi riferisco, uno fra i tredici presenti nell’album Ore Strette, è intitolato “Razza Inferiore”, ed i suoi brillanti interpreti sono gli “emmecolletti”. Marcello, Marco, Mattia, Maurizio e Michele sono loro i componenti di questa appassionante e, soprattutto, appassionata band, ma l’autore dei testi, il paroliere o il poeta, come preferisco definirlo io, è Mattia. E proprio Mattia si è reso gentilmente così disponibile da condividere con noi le sue personali riflessione in merito a questo capolavoro di poesia musicata di cui riportiamo il testo a seguito: Professore mi scusi non ho ben capito la storia dell’uomo è un percorso infinito ma la storia è vita e se questa si ferma

mi spieghi un po’ lei se non finisce la storia. Ieri mi hanno parlato di politica e scienza ed ho chiesto al passato della mia coscienza se per un momento o anche di meno potevo scappare volando nel cielo. Dopo un istante scappavo nel cielo vedevo il mondo che non conoscevo sentivo l’odore del fumo e del sangue e delle persone senza più domande. Ho parlato al vento e mi ha raccontato di soffiare sul mondo si era stancato poca riconoscenza gli uomini mi hanno dato ma non mi lamento che non mi hanno ammazzato. Ho visto un gabbiano, sporco di terra gli hanno tolto il mare e la piuma più bella aveva nel becco una foglia di alloro e andava a gettarlo nel fosso più scuro. Ho visto la guerra e chi la voleva rideva contento, mangiava e beveva ho visto la guerra e chi la faceva rideva piangendo perché ancora viveva.

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Per cominciare voglio ringraziare la redazione del giornale Camminiamo Insieme che ha voluto citare questa canzone. L’ho scritta quando ero un ragazzo, un adolescente, ecco perché si rivolge alle autorità o alle guide di quella età: i professori, il parroco, i genitori… È l’introspezione di un giovane che affronta le problematiche di sempre, i drammi dell’umanità come la guerra, cercando di avere una visione dall’alto (volando) per essere il più obiettivo e sincero possibile. Il titolo, “Razza inferiore” è una provocazione, è un giudizio forte contro il valore universale della uguaglianza tra gli uomini. Sappiamo che siamo tutti uguali agli occhi dell’umanità o addirittura di Dio, ma questo ragazzo che sorvola la realtà condanna l’odio e chiunque “uccida l’amore”, riconoscendo che la cattiveria abbassa l’uomo ad un livello miserabile, umiliando la propria intelligenza e la propria dignità. Mattia Colletti e Elisa Ardizzoni


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si è sempre detto che...

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VOLERE È POTERE

Piangendo mentre dovevamo comunicare l’ennesimo brutto voto, le uniche parole che riuscivamo a pensare erano queste: ci ho provato, ho studiato, ieri sono anche andato a letto tardi per finire di ripassare. Ma il ritornello che non di rado abbiamo sentito, a casa o a scuola era questo: “volere è potere”. Eravamo vittime o degli astuti opportunisti? Spesso viene utilizzato per impedire che l’altro faccia la vittima, che di fronte alle difficoltà getti la spugna, o davanti ai suoi errori si sottragga giustificandosi che “è fatto così”. Con queste parole si vorrebbe evitare quell’atteggiamento disfattista di chi vorrebbe dare la colpa agli altri, alle circostanze o trovare ragioni che facilmente diventano alibi: non riesco perché l’altro non mi aiuta., non ce la faccio perché i miei genitori non mi capiscono., non vengo perché c’è troppo freddo... E ancora: io vorrei la pace ma lui mi infastidisce e mi insulta e io..; io vorrei amarla ma lei non mi capisce..; io vorrei essere puntuale ma prima di uscire di casa c’è il bagno sempre occupato.. Ma poi ci sono altre situazioni in cui qualcuno vorrebbe smettere di fumare, di bere, oppure moderarsi in qualche tipo di difficoltà che incontra: di fronte a queste fatiche spesso si dice che “volere è potere”. Non possiamo negare che tante ragioni che adottiamo sono una scusa e una giustificazione per difenderci e non passare dalla parte del torto. Ma è altrettanto vero che il volere non basta; perché sappiamo bene che per smettere di bere non basta volerlo, devi aver fatto esperienza che quel bere ti danneggia. Non basta volersi innamorare perché questo accada. Non

basta voler studiare per prendere un bel voto o andare bene a scuola. Far leva sul volere in questo modo porta la persona a concentrarsi sul binario del dovere, come se tutto si risolvesse semplicemente in uno sforzo da compiere. Il volere, perché sia umano, ha bisogno di essere compagno del desiderio. Fare leva solo sulla volontà spinge a cercare atteggiamenti che vengono sostenuti dallo sforzo: all’inizio funziona, ma ha poca durata nel tempo. Infatti, se non sono interiorizzati con l’amore, il potere di questi atteggiamenti che fuoriescono dalla volontà, rischia di essere violento e di portare alla guerra piuttosto che alla pace. Abbiamo bisogno di incentivare e di essere incentivati nel mettere in movimento il desiderio, l’interesse e il gusto perché la nostra volontà sia espressione non di un potere da raggiungere ma di una maturazione da compiere, non di un potere da ottenere a tutti i costi ma di un procedere in avanti, con la pazienza della costanza e l’umiltà del passo possibile. L’alternativa al “volere è potere” non è un atteggiamento giustificativo e accomodante, ma un invito a recuperare il desiderio e la fiducia nelle risorse immense che abbiamo a disposizione, in noi e fuori di noi. Per questo penso sia più vantaggioso dire: riprova, chiedi, ritenta, prova a cambiare prospettiva. Riprova e vedrai che qualcosa si muoverà; chiedi aiuto e non aver paura del tuo limite; ritenta e vedrai che imparerai qualcosa di nuovo che ti verrà utile, prova a cambiare prospettiva e ti si allargherà l’orizzonte. Pietro Rabitti

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notizie dalla diocesi

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LA PAROLA DEL VICARIO

Se ancora qualcuno si stesse chiedendo a cosa serva un Sinodo, i fatti drammatici che accadono in Ucraina starebbero già dando una risposta importante: il Sinodo è accorgersi dell’altro, è dare spazio all’altro, è ascoltarlo davvero, è fargli spazio senza prevaricare, è dare un’opportunità, il tutto con la forza dello Spirito, la Grazia del Vangelo e la presenza di Cristo. Se fosse anche solo questo il risultato, ovvero un essere fratelli tra noi, attenti gli uni degli altri, allora saremmo già diventati artigiani di Pace, quelli di cui ora c’è bisogno più di ogni cosa! E parlare e vivere il Sinodo non sarà stato inutile. Ma il Sinodo non appartiene alla Morale o ai Moralismi: troppo facile e troppo diffuso. Il Sinodo appartiene all’essere Chiesa ed una Chiesa in cammino, pronta a vivere fino in fondo e con sapienza l’hic et nunc che permette all’Incarnazione di non finire mai. Il Sinodo – che è anche Chiesa che si libera degli affanni per tornare all’essenza -, nel nostro Vicariato ha già messo in moto dinamiche sue proprie fatte di ascolto e di condivisione di esperienze per costruirne di nuove, capace di aperture infinite. E così hanno cominciato i nostri Sacerdoti e le nostre Suore a confrontarsi ed ascoltarsi condividendo le esperienze che raccontano fatiche o liberazioni, storie ordinarie di Provvidenza o di muri dentro e tra le Comunità, storie di Carità, di Bellezza e di Senso che rendono il nostro essere Chiesa esperienza alta di Gesù. Da qui deve nascere ogni possibile passo in più. Tocca a poi ai singoli Consigli Pastorali, in prima battuta, chiamati a porsi le domande che il Sinodo sta offrendo ad ogni Chiesa Locale per capire: “Cosa ti fa essere Chiesa? Quale esperienza di Gesù fai nella tua Chiesa? Dove finisce la Chiesa? Chi è Comunità?”. Lo sforzo però non è l’autolesionismo o la negazione ma la condivisione caritatevole di ciò che ci fa crescere e ciò che che ci chiude. Non un tribunale né una

tribuna per rivendicare ma una casa dove condividere e farsi responsabili gli uni degli altri. L’appuntamento successivo sarà prima quello di ascoltare tutta la Comunità e, dove possibile, il paese e sarà poi quello zonale (era il 13 Marzo ma è stato rimandato per vivere il pellegrinaggio a Luca, per invocare la Pace) ed infine quello Diocesano per crescere insieme. Nel frattempo viviamo la Quaresima cercando il più possibile di incontrarci e di fare esperienza di Comunità aperte, in cammino tra loro. Sfruttiamo gli appuntamenti delle Stazioni Quaresimali, un nostro must ma soprattutto un’opportunità per concretizzare l’essere insieme. Stare davanti alla croce ci ricorda da una parte che l’Amore, che è Dio, non possiede mezze misure ma anche che le vittime, crocifisse, ancora riempiono il mondo.

Don Marco Ceccarelli

Fra Giacomo S.M. Diacono Ci sono dei percorsi nella Chiesa che meritano di essere conosciuti perché aiutano a comprendere il significato di essere chiesa e nella chiesa. Giacomo Malaguti, renazzese, ha ricevuto dal Vescovo, a Bologna il 20 febbraio, l’ordinazione a Diacono in previsione del Sacerdozio. Negli anni delle medie e delle superiori ci siamo incontrati nei vari gruppi parrocchiali, nei campi scuola e nell’amicizia e frequentazione di mio figlio, poi la sua scelta di farsi frate ed entrare nei Servi di Maria. Negli anni a seguire ha completato il percorso per fare la professione solenne di Frate Servo di Maria e gli studi per diventare Sacerdote. Ora svolge il servizio come diacono presso la Parrocchia di San Lorenzo di Budrio in attesa del Sacerdozio. Nello stessa occasione il Vescovo ha ordinato Diaconi permanenti quattro adulti sposati della diocesi che non diventeranno sacerdoti (questo con le regole attuali della Chiesa che potrebbero o come qualcuno dice dovrebbero cambiare). Il diaconato è un servizio importante che ha origine

dalle prime comunità cristiane quando si rese necessario avere persone che aiutassero i vescovi e i presbiteri nell’evangelizzazione e nell’assistenza ai fratelli più bisognosi, sviluppando una chiesa domestica semplice vicina alle persone. Il Diacono permanente o in preparazione al sacerdozio evangelizza con l’omelia, amministra alcuni sacramenti ma non celebra la messa né confessa le persone. Vedere persone vicine a noi che decidono di dedicare la loro vita al servizio degli altri è motivo di grande gioia perché dimostra che le nostre comunità riescono a generare nuovi carismi, anche in situazioni di forte distacco dalla fede praticata; lo Spirito Santo agisce sempre nei modi che ritiene più opportuni ben oltre le nostre forze e sicurezze (è come il vento che soffia dove vuole). Ricordiamoci di Giacomo per l’impegno che dedica al servizio degli altri con la nostra riconoscenza, se non credenti, e con tanta preghiera se siamo fedeli in Cristo. Eugenio Curati

Notizie dalla Diocesi

Dall’agenda degli impegni dell’Arcivescovo del mese scorso: Ordinazione 4 Diaconi permanenti e Fra Giacomo di Renazzo in cammino verso il sacerdozio. Dall’omelia: c’è tanta gente che ha nostalgia di Dio e non ha qualcuno che si fermi a spezzare il pane della Parola. Incontro in Cattedrale - Filosofia e Religione. La fragilità e la paura, dialogo tra il pensiero umano e la fede cristiana. Convegno a Firenze : Mediterraneo frontiera di pace. Vescovi di varie confessioni e sindaci insieme con concelebrazione finale alla presenza del Presidente della Repubblica. Incontri e liturgie in comunione con la Chiesa bizantina greco cattolica ucraina per la pace: ”Siamo sempre e solo dalla parte delle vittime”.

Pellegrinaggio diocesano con anche le comunità ortodosse alla Madonna di San Luca per la Pace. Iniziati incontri di preparazione Estate Ragazzi - START ER. Missione in centro, per le strade, di religiosi e giovani per invitare i passanti ad un momento di preghiera davanti al Santissimo in San Bartolomeo. Riorganizzazione per unire le parrocchie del centro causa anzianità delle persone e assenza di famiglie con figli e giovani. Utilizzo delle chiese per scopi diversi dal culto. Visita del Vicario Generale a Mapanda in Tanzania, parrocchia gestita dalla diocesi. Il vicario sottolinea la presenza vitale dei catechisti visti come persone autorevoli nella comunità. Eugenio Curati

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LA COLLEGIATA DI S. MARIA MAGGIORE ED IL CROCEFISSO La Collegiata di S. Maria Maggiore di Pieve di Cento ha origini fin dal secolo IX ed é stata la Chiesa matrice di tutto il popolo che abitava nella Terra di Cento. Al suo interno si trova il famoso Crocefisso ligneo (vedi foto). Ad oggi non ci sono documenti certi sulla sua origine ma si desume, dalla forma della testa del Cristo rappresentato (il corpo fu prodotto in epoca successiva), che sia un’opera risalente al XIV secolo. I Pievesi hanno sempre avuto una devozione particolare per la miracolosa immagine di Gesù Cristo che proveniva, come dono, dalla Confraternita di S. Maria dei Battuti di Pieve. Dall’anno 1600 in poi si andò sviluppando, fuori dal territorio del Centopievese, uno speciale culto per tale Crocefisso ed i Pellegrini, provenienti dal Centese, dal Bolognese, dal Modenese e dal Ferrarese, si recavano ad adorarlo per chiedergli delle grazie. Ma non solo, il Papa Giulio II, di ritorno nel gennaio del 1511 da Mirandola che era stata espugnata dalle truppe pontificie, nel mese di febbraio dello stesso anno si incamminò verso Pieve di Cento dove soggiornò per 2 giorni. Il Sommo Pontefice si recò nella Chiesa di S. Maria Maggiore e si fece accompagnare nel coro per venerare e pregare l’Immagine miracolosa del Cristo. Anche Papa Alessandro VI, dopo aver mediato il concordato con la famiglia degli Estensi di Ferrara e dopo avervi dimorato nella città per 6 mesi, nell’anno 1598 in occasione del suo rientro a Roma onorò con la sua visita la prodigiosa immagine del S.S Crocefisso. Ma come era giunta la testa di Cristo a Pieve? E qui ci rifacciamo a quanto ha scritto Padre Edmondo Fabbri nel suo libro “Il Cristo di Pieve nella tradizione e nella storia del Centopievese”. In epoca antica un pellegrino, una sera, chiese ospitalità alla famiglia Guidicini. La padrona di casa lo fece salire in soffitta dove gli preparò da dormire e gli offrì un lume per rischiarare il buio della notte. La mattina seguente una vicina di casa vide una luce forte provenire dalla soffitta e, temendo un incendio, bussò alla porta per avvisare i Guidicini del pericolo. La signora, che aveva alloggiato il pellegrino, volle salire in soffitta con lei per accertarsi che all’ospite non fosse successo nulla. Il pellegrino non c’era più e

le due donne trovarono la testa del Cristo illuminata da due torce accese. Un’altra variante, sempre riportata nel libro di Padre Fabbri, racconta che nella notte la casa della famiglia Guidicini venne distrutta da un incendio e che, una volta spente le fiamme, fu trovata nella soffitta la testa del Cristo miracolosamente intatta. In epoca successiva il Crocefisso fu completato aggiungendo alla testa il corpo e la croce e, in seguito, venne collocato nella Chiesa di S. Maria Maggiore e venerato devotamente. Una leggenda vuole che ci fu pure un tentativo dei Centesi di trasferire il Crocefisso nel loro borgo su un carro trainato da buoi ma che, giunti presso il ponte del fosso il quale segnava il confine fra Cento e Pieve (il fiume Reno allora scorreva ad Ovest di Cento), gli animali si fermarono e non ci fu modo di farli proseguire. I Centesi, colpiti dal prodigio, cambiarono i loro propositi lasciando che i buoi di loro iniziativa ritornassero con il Cristo verso la piazza di Pieve di Cento. Ancora oggi nei venerdì del mese di Marzo, in concomitanza con il periodo quaresimale, è tradizione recarsi a piedi in pellegrinaggio al miracoloso Crocefisso per pregarvi e venerarlo. Franco.C.

LETTERA DI RICORDO DI UNA COMPAGNA DI CLASSE LICEALE DI MAGDA CRISTOFORI Ciao Magda, ti rivolgo un affettuoso commiato per far sapere chi eri a chi non ti conosceva e, al tempo stesso, farti riconoscere da chi ti ha visto e frequentato in parrocchia, nel paese in cui sei nata, nell’ambiente di scuola (di studio e poi di insegnamento). Sei stata una persona colta e ricca di interessi, ti sei dedicata con amore alla tua famiglia, hai seguito i tuoi cari nella loro malattia ed hai trovato anche il tempo per partecipare, con il tuo prezioso supporto personale, alla vita culturale, religiosa e artistica del territorio, mantenendo anche rapporti e incontri con scrittori per pubblicazioni di studi e ricerche. Pochi sanno di tanti tuoi lavori di gran livello di cui non ti sei mai vantata. Contenta di poco, attribuivi i giusti valori ai principi e ai sentimenti. Oltre alla bellezza esteriore (che è stata un bene divino), ne hai una più forte ancora: quella interiore, alimentata da Te, fatta di umanità, sensibilità, disponibilità, generosità, spiritualità. Ogni persona che è stata oggetto di questi tuoi at-

Cara Magda, non avremmo voluto essere qui, oggi. Il nostro cuore è triste e, con rimpiant,o pensiamo a quanto ci mancheranno la tua gentilezza e la tua amabilità. La tua assenza sarà dura da sopportare, l’unica

teggiamenti e disposizioni d’animo sa bene che non sono solo parole con l’accento, anzi, può aggiungerne altre quali socialità, bontà, curiosità di conoscere, ma anche pacatezza, intelligenza e modestia. Hai dimostrato di essere una vera amica e hai avuto delle vere amiche che ti sono state vicine per rendere meno pesante la tua fatica (nel giardino, nella spesa, nel sostituirti nella presenza in ospedale per accudire tuo padre). In Te hanno trovato una donna sincera, forte, baluardo contro l’egoismo e l’invidia perché tu, con il tuo esempio, hai saputo dare prova di come si potrebbero superare tante incomprensioni e ostilità. Alla tua famiglia, Luigi, Sara, Lia e Andrea di cui andavi giustamente orgogliosa, lasci un’eredità di affetto, amore e onestà per un’educazione ricca di emozioni. Dispiace che non ti sia potuta godere a lungo il tuo nipotino Andrea e peccato, anche per lui, che non ha potuto conoscere una nonna speciale. Sapevi stare tra la gente e conquistarla con i Tuoi modi.

Dai tuoi sguardi arrivavano vibrazioni che coinvolgevano coloro che avevi vicino: dagli amici ai compagni di classe, alle persone che incontravi al bar che amavi frequentare, fare colazione, fare quattro chiacchiere, leggere il giornale. Siamo grati a Dio di averti conosciuta, di esserci sentiti ancora in armonia; hai lasciato scoprire un lato scherzoso anche nella serietà della tua matura coscienza civica con un impegno costruttivo a favore dell’ambiente vicino e lontano. Negli ultimi anni hai dimostrato una gigantesca, esemplare statura morale nell’affrontare la sofferenza, cercando di non gravare sui tuoi cari per “non intristirli”. Rimane a tutti noi che Ti abbiamo conosciuto l’insegnamento di valorizzare e gustare ogni momento che Dio ci concede, anche nelle piccole cose. È stato bello stare insieme, riposa in pace! Silvana Piccinini (Liceo Classico “Cevolani” Cento)

SALUTO A MAGDA

cosa che possiamo fare è continuare a vivere portando nel cuore tutto ciò che ci hai insegnato, i tuoi consigli, i ricordi delle chiacchierate in giardino, l’ascolto delle tue esperienze. Sei stata una presenza importante per tutte le persone che ti hanno incontrato e con cui hai lavorato. Intelligente e colta, sapevi rapportarti agli altri con semplicità e immediatezza, suscitando simpatia e affetto nei tuoi confronti. Nella tua vita ti sei spesa generosamente in tante attività, da quelle parrocchiali a quelle culturali con

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spirito di sacrificio e di servizio disinteressato, con equilibrio e serenità che sapevi trasmettere a chi ti era vicino e collaborava con te. Anche nel momento più duro, quello della malattia, sostenuta dall’amore della tua splendida famiglia, hai dimostrato forza d’animo, fede viva e speranza nel Signore. Tante sono le persone che hanno apprezzato le tue qualità e vorrebbero dirti: “E’ stato davvero bello conoscerti e averti fra noi!” Le tue amiche


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Sacerdoti defunti che hanno retto la parrocchia di Palata

Don Pietro Pedretti nel 1955 Don Pietro fu parroco di Palata Pepoli dal 1944 al 1956. Un prete benvoluto da tutti, fu un esempio di bontà, rispettoso di tutti e rispettato da tutti, molto preparato nello svolgimento del suo Ministero. Quante volte da bimbo e anche da grande ho sentito parole di elogio per Don Pietro! Palata 1976, aia A.C.L.I. Colombaia, don Pietro Pedretti (invitato speciale) mentre ascolta il discorso dell’onorevole Stupazzoni Don Pietro fu promotore nel fondare la Cooperativa A.C.L.I. di Palata, ho saputo dai figli dei soci fondatori della Cooperativa, che le prime riunioni venivano fatte di nascosto in canonica sotto le direttive di Don Pietro. Da bimbo non ho mai conosciuto personalmente Don Pietro, so di certo che mi ha battezzato. Vidi Don Pietro nella seconda metà degli anni Settanta, alla Colombaia, in occasione di una cerimonia di ringraziamento nella sede della Cooperativa Agricola A.C.L.I. di Palata, gli parlai, ma naturalmente non si ricordò di me (perché nel 1951 la mia famiglia si trasferì al Molino del Secco). Don Pietro era conosciuto come “Don Pirèn” perché era poco alto e di corporatura esile, però sapeva farsi capire molto bene, era lungimirante e se gli si fosse chiesto un consiglio avrebbe saputo indirizzarti bene. Don Pietro a Palata ha vissuto il periodo della trasformazione: da paese abituato a “mangiare nel sacco” a un paese capace di “sbarcare il lunario da solo”. Infatti, prima non c’era la preoccupazione di trovare il lavoro poiché sotto la tenuta Torlonia qualcosa c’era sempre da fare e di sicuro ti veniva pagato. Sbarcare il lunario voleva dire che dopo la vendita della tenuta era affare tuo trovare da lavorare per poi portare a casa uno stipendio per mantenere la famiglia, per questo motivo molta gente andava a chiedergli consiglio. Dopo Palata gli fu dato l’incarico di seguire una piccola parrocchia di Bologna e, in contemporanea, ebbe un incarico importante alla casa del Clero. Per molti anni diversi nostri paesani sono andati a Bologna da Don Pietro per fargli visita e per consigli. Don Giovanni Provini Don Giovanni Provini, (1919/1996) Como 1957 Nella foto (a destra) da sx: Otello Cremonini, Luigi Malaguti, Franco Vecchi, Arrigo Fantoni, Franco Nannetti, Augusto Pellegatti. In ginocchio: Don Giovanni, Alberto Luppi, Amedeo Baraldi, Vittorio Luppi e Corrado Lodi sopra le spalle di Amedeo. Don Giovanni Provini conosciuto a Palata per “Don Gino”, prese possesso della parrocchia di San Giovanni Battista nel 1956 e rimase fino al 1963. Gran personaggio, rivoluzionò quanto aveva lasciato in eredità il precedente parroco Don Pietro Pedretti. Don Gino era di origine piacentina e quando venne a Palata si portò dietro tutta la famiglia, il papà, la mamma, due sorelle e il fratello Lino. Nei primi anni della sua permanenza a Palata Don Gino, per gli spostamen-

ti, usava una Lambretta e a volte lo si vedeva sfrecciare lungo la strada con a bordo anche due o tre ragazzi. Poi dalla lambretta passò alla Bianchina (auto di 500cc.) e anche con la Bianchina correva come un pazzo. Lino Provini fratello di Don Gino, aveva un carattere completamente opposto; era calmo, di animo buono, non litigava con nessuno e, anche se gli “pestavi un piede”, non diceva niente, una bella presenza e sveglio negli affari. Negli ultimi anni che abitò a Palata si comprò una fuoriserie dell’Alfa Romeo, una spider di colore celeste lucente come uno specchio, una gran macchina. Don Gino era un amante delle auto e dovevate vederlo alla guida di questa macchina quando, appena uscito dal cancello su via Calanca, raddrizzava la macchina sgommando sulla ghiaia e proseguendo sgommando fino all’incrocio di via Provanone. Non per niente era cugino di primo grado del famoso corridore motociclistico Tarquinio Provini! Don Gino non aveva paura di niente, sgridava spesso per delle piccolezze e dava anche delle noci in testa se uno si comportava male o faceva l’asino, con Don Gino si rigava dritto. Mi ricordo un sabato pomeriggio, insieme ai miei amici, mi trovavo sui gradini davanti alla chiesa, ad un tratto Don Gino sbucò improvvisamente dalla porta con aria poco raccomandabile. Dentro di me pensavo che fosse venuto a chiamarci per le confessioni invece si diresse verso di me e strattonandomi per un braccio mi disse: “Si può sapere perché tuo padre non mi ha ancora portato il mangiare per le galline?”. Ci rimasi molto male e forse fu per quello che fino all’arrivo di Don Giorgio non volli più saperne niente dei preti. Palata 1958 Don Gino con i ragazzi organizzatori della Augusto Pellegatti, Tarquinio e Lino Provini Gimkana del 1958 Don Gino, come si suol dire, era un po ‘originale, però a suo modo voleva bene ai ragazzi, occorreva solo stargli lontano nelle sue giornate no. Le più belle gite parrocchiali si sono fatte con Don Gino, gite per tutta l’Italia, dal nord al sud e ci sono decine e decine di foto che lo possono testimoniare. È stato anche grazie a Don Gino se la Gimkana motociclistica di Palata ebbe un gran successo poiché tutti gli anni faceva venire sul campo di gara il cugino Tarquinio Provini campione mondiale di motociclismo nelle 250 cc. Don Gino, dopo Palata, prese possesso della parrocchia di Monte Calvo, poi si ammalò (credo di Alzheimer) e morì nella propria casa (un appartamento nello stesso palazzo dove abitava il fratello Lino) a San Lazzaro di Savena. Il fratello Lino (morto alcuni anni fa) subito dopo il trasferimento a Bologna, sposò Claudia Vecchi di Palata Pepoli. Lino insieme alla moglie Claudia gestì per molti anni un negozio di frutta e verdura a Bologna. Tratto dal libro “Palata nella Storia II” DI Daniele Gallerani (finito di stampare Dicembre 2021)

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RICORDI DI QUARESIMA (A BEVILACQUA)! Al termine del periodo natalizio c’è un periodo, chiamato tempo ordinario, che culmina con il Carnevale, ricorrenza tradizionalmente molto sentita nelle nostre parrocchie e festeggiata come un evento di tutto rispetto. Durante la catechesi settimanale, ci veniva insegnato come il tempo ordinario fosse un momento dell’anno liturgico, dedicato allo studio della vita di Gesù, occasione di riflessione e sacrificio in preparazione alla Quaresima e iniziava con il rito del Mercoledì delle Ceneri. Ma prima del mercoledì c’è sempre il martedì: e il martedì grasso era un giorno molto sentito sia nelle scuole che in paese, numerose erano infatti, le iniziative di festa, occasione particolarmente attesa da grandi e piccini per gustare fritti, sfrappole e ogni sorta di “lugaria”! Tra le donne del paese era quasi una “gara di ricette” tradizionali, da gustare e condividere con amici e parenti, senza mai svelare proprio tutti gli ingredienti del piatto di famiglia, che restava patrimonio ben custodito, da tramandare solo agli eredi più meritevoli. Il martedì grasso era il giorno dell’anno in cui era concesso commettere un peccato di gola, nelle famiglie meno abbienti, era l’occasione per mangiare dolci che durante il resto dell’anno si potevano solo sognare e attendere! Anche nelle scuole era tradizione festeggiare il martedì grasso indossando stravaganti travestimenti, quasi sempre confezionati in casa da nonne pazienti e creative, che riuscivano a soddisfare anche le richieste più bizzarre di ogni nipotino. Il giorno della festa, insieme al vestito, ogni bambino portava con orgoglio il piatto della propria tradizione familiare, spesso preparato nel cuore della notte, da mamme indaffarate e premurose che non avrebbero mai mandato a scuola il figlio senza la grassa ricetta di carnevale. Finalmente il grande giorno: già dalla mattina, tra i banchi serpeggiava la gioia della festa tra i profumi di zucchero e fritti; quando le maestre davano il via ai festeggiamenti, tutto si colorava di coriandoli, stelle filanti, abiti originali, sfrappole, castagnole, tortelloni ripieni di crema e raviole, il tutto accompagnato dalle zirudelle a tema carnevalesco, che prendevano di mira i signorotti del paese e mettevano in luce le magagne della loro amministrazione. Martedì grasso era anche il giorno del Carnevale a Cento e alcuni alunni uscivano prima da scuola per non perdere la sfilata dei carri allegorici. Entrare al carnevale prima dell’inizio della sfilata, consentiva l’ingresso gratuito! Il mercoledì delle ceneri segnava l’inizio del periodo di penitenza: cominciava con la confessione e il rito dell’imposizione delle ceneri simbolo di purificazione e conversione al Vangelo. Le chiese erano gremite di gente in occasione della Santa messa e tutti i ragazzi e le ragazze del catechismo erano orgogliosi di partecipare a questo particolare rituale. Ricordo da bambina, il peso di quel pizzico di cenere sulla testa, simbolo di sacrificio ma anche specchio di una vita che nasce ed, inevitabilmente, ritorna alla terra. In preparazione alla Pasqua, ci veniva suggerito di assumerci un piccolo impegno da portare con assiduità per tutti i 40 giorni. Il “fioretto” di cui ognuno di noi si faceva carico, rappresentava il suo personale dono al Signore da consegnare nel giorno delle Palme. Rappresentava un segno tangibile e concreto dell’amore verso di Lui, in rispetto e memoria dei 40 giorni di preghiera, digiuno, sacrificio e tentazioni che Gesù aveva superato, durante la Sua Quaresima nel deserto. Per questo motivo, il fioretto non era sentito come una privazione, ma come un dono, un’azione concreta, che ognuno offriva con orgoglio e amore disinteressato al Signore. Alcuni catechisti proponevano ai bambini di realizzare un salvadanaio con materiali di recupero ed un po’ di fantasia, in cui raccogliere bigliettini e monete. Sui bigliettini venivano scritti, in segreto, le azioni ed i fioretti fatti o i soldi raccolti in seguito ad una rinuncia; durante i 40 gg il salvadanaio diventava via via, più pesante e pieno di bigliettini: anche la semplice caramella a cui si sceglieva di rinunciare, diventava una moneta da donare al termine della Quaresima. La preghiera quotidiana o il semplice segno di croce, fatto con regolarità, ogni giorno erano una sfida stimolante con se stessi, difficilissima da portare a termine per un tempo così lungo, ma dono concreto di inestimabile valore. Carnevale e Quaresima: popolare e liturgico si intrecciano in questo tempo che resta comunque caratterizzato dalla presenza di importanti guide spirituali che prendono per mano i loro fedeli. Ricordiamo a questo proposito Don Silvio Tassinari e Don Luciano Galliani che, per primi, si misero in gioco pianificando un iter quaresimale, condiviso tra diverse parrocchie.

Le

sta-

zioni quaresimali nacquero da un’iniziativa che coinvolgeva tutto il vicariato di Cento e aveva come obiettivo quello di riunire in preghiera, attraverso la celebrazione della confessione e la concelebrazione dell’eucaristia, i fedeli del vicariato. Ogni anno si stabiliva un calendario delle sei tappe in cui si sarebbero svolte le celebrazioni: tutti i fedeli si davano settimanalmente appuntamento nella parrocchia stabilita, nel giorno di venerdì. Ricordo i preparativi che fervevano nella mia famiglia: nei venerdì di quaresima si rientrava prima dal lavoro, si mangiava velocemente il pasto preparato in anticipo dalla mamma ed era importantissimo non perdere la celebrazione m,a soprattutto, era fondamentale arrivare presto per non restare in piedi, durante le celebrazioni, data l’affluenza dei numerosi fedeli. Molto sentito era anche il rito della confessione, svolto con puntualità nel venerdì di quaresima, da tutti i parroci che in ogni chiesa si sceglievano un angolino in cui confessare tutti i fedeli che avevano a cuore di accostarsi all’eucaristia. Suggestiva anche la presenza di tanti sacerdoti che si alternavano durante le celebrazioni dando il loro personale contributo. Tutti i canti, proposti dalle corali, erano strettamente legati al periodo di Quaresima ed era molto stimolante per tutti noi avere occasione di ascoltare nuovi brani legati alla tradizione di ogni singola parrocchia in cui si andava in pellegrinaggio per una sera. E proprio di pellegrinaggio possiamo parlare, perché ogni parrocchia organizzava veri e propri pullman e cortei di automobili per trasportare i fedeli nella parrocchia di destinazione. Tappa obbligatoria, del percorso delle stazioni quaresimali, era la visita al Crocifisso di Pieve di Cento. Ancora oggi le stazioni quaresimali vengono organizzate suddividendo le parrocchie in base alla loro vicinanza territoriale ed è rimasto nella tradizione che un venerdì venga destinato alla celebrazione presso il Crocifisso di Pieve di Cento. Balboni Franco, Pirani Daniele, Tassinari Claudia, Foceri Valeria

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oltre l’ascolto

CI PRESENTIAMO… IN CONFIDENZA: SECONDA PUNTATA

Così ci eravamo salutati nell’ultimo numero di Camminare Insieme: ogni persona ha il suo carisma, ogni coppia ha il suo carisma, ogni famiglia ha il suo carisma, e anche noi, come piccolissima fraternità appena costruita, abbiamo il nostro carisma: dedicarci a diffondere, secondo il nostro modo, che la Parola di Dio è qualcosa che ci insegna a vivere, a crescere, a cambiare, ad amare… Ecco un po’ il nostro nuovo punto di partenza come nuova fraternità di consacrate. La nostra associazione è tutta in divenire. Era gennaio 2020 quando il vescovo della nostra diocesi ha firmato il nostro nuovo statuto ad experimentum. Ci è stata messa a disposizione una canonica di confine, accanto ad una chiesa che porta i segni indelebili del terremoto, e che non sappiamo se tornerà mai agibile, alle pendici del Panaro. Il senso del nostro essere qui partiva appunto dalla possibilità di creare per le persone occasioni di preghiera, di condivisione spirituale e conviviale, ma era un luogo completamente nuovo e sconosciuto per entrambe. La cosa che già all’inizio era il nostro motore era quella di poter conoscere le persone del paese, in totale semplicità. Ma un imprevisto, che ha spiazzato tutto il nostro Paese, ci ha colto di sorpresa: un mese dopo il nostro arrivo in questa “nuova terra” ecco il lockdown. Dopo il primo mese, in cui davvero non sapevamo 21

come fare, ci è venuta un’idea: abbiamo iniziato a provare a stare vicino alle persone della parrocchia, che ancora non conoscevamo, né di volto, né di nome, attraverso dei video. In quel momento, in cui le celebrazioni erano vietate, abbiamo pensato che potevamo provare a raggiungere qualcuno attraverso dei video, montando immagini e commenti al Vangelo. Piano piano poi abbiamo cercato di migliorarci un passo dopo l’altro, e stiamo cercando ancora di farlo, proponendo qualcosa di un po’ più diretto, “mettendoci la faccia”. Da lì nasce la nostra semplice rubrica su Youtube “Pizzico di sale e Luce sul mio passo”. Con il passare del tempo, le vicissitudini un po’ travagliate della parrocchia, ci hanno portato a collaborare in modo più stretto e diretto con la parrocchia stessa, e mano a mano che si allentava la morsa della pandemia abbiamo potuto instaurare rapporti con le persone del paese, e in questo stiamo tuttora mettendo tutto il nostro cuore e le nostre intenzioni. La cosa curiosa è che abbiamo conosciuto tutte le persone con il volto coperto da una mascherina, conosciamo i loro occhi, ma non vediamo l’ora di poter vedere finalmente il loro viso e i loro sorrisi! Cecilia e Giorgia


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cicloturismo culturale

LA SPIRALE DELLA CURIOSITÀ

(IN GIRO PER LA BASSA ALLA SCOPERTA … DI PIEVE DI CENTO: PRIMA PARTE) Da Porta Pieve (Cento) a Porta Asia (Pieve di Cento) Uscendo da Cento per dirigerci verso Pieve di Cento, ci inseriamo sulla pista ciclabile di via Ponte Reno ed al suo culmine già sull’Argine del Reno, affrontiamo la nuova passerella ciclabile (appena restaurata) sul fiume Reno. Scendiamo poi verso Pieve sulla bella ciclopedonale che conduce fino a Porta Cento. Qui prendiamo a dx via XXV Aprile ed, in breve, arriveremo all’incrocio per Castello d’Argile su via Circonvallazione ponente e lì troveremo il Museo Magi 900. Il Museo Magi (o G. Bargellini), è dedicato alle generazioni del Novecento Italiano. L’edificio è stato ricavato da un ex granaio costruito nel 1933, disposto su 5 piani, ed ha una superficie di 2000 mq. Al suo interno sono esposte opere di pittura, scultura e grafica dei maestri italiani del Novecento. È una Mostra in continua evoluzione con l’acquisizione continua di nuove opere. Spostandoci verso il Centro entriamo su via Taddia ed in breve arriviamo alla Rocca, poderosa ed efficiente fortezza, costruita nel 1387 dal Maestro Antonio di Vincenzo, uno degli architetti della Chiesa di San Petronio a Bologna. Purtroppo l’interramento dei fossati, la scomparsa dei ponti levatoi, la riduzione dei terrapieni, la rovina delle merlature e la costruzione di aggiunte architettoniche inadeguate, nel tempo hanno ridotto la fortezza in un rudere. Venne restaurata nel 1994 ed ora contiene il “ MUSEO DELLE STORIE DI PIEVE DI CENTO” (o MUSEO CIVICO). All’interno vi è anche un bellissimo archivio fotografico intitolato al concittadino fotografo Giovanni Melloni. All’interno di Porta Asia, non molto distante ed in direzione San Pietro in Casale, si trova la sezione staccata del Museo Civico che contiene il “CENTRO DI DOCUMENTAZIONE SULLA LAVORAZIONE DELLA CANAPA”. Spostandoci di pochissimo, al di là del piazzale che attornia Porta Bologna, troviamo il polo culturale “LE SCUOLE” che ora è diventata la sede della Biblioteca e della Pinacoteca Comunale di Pieve con tantissimi quadri ed opere d’arte importanti. È il recupero della vecchia Scuola elementare Edmondo de Amicis. Si potranno vedere le nuove e le vecchie collezioni, le donazioni e le opere in prestito. Le SCUOLE sarà il cuore del Quartiere delle ARTI, che si estenderà dai Magi, alla Casa della Musica passando per il nuovo Polo dell’infanzia M.T. Chiodini, per Porta Bologna e per il Museo delle storie custodito nella Rocca.

Contenuto: Antico Capitello: (Dal 1926 sostituito da una copia nella Piazza della Catena). Pare risalga al I sec. a.C. / I sec. d.C. e si pensa facesse parte di un Monumento funerario romano. È sicuramente un segnale miliario della Centuriazione Romana (suddivisione dei territori in porzioni con 710,40 metri di lato o 20 actus). Antifoniario Miniato: (secoli XIII e XIV), con pregevoli decorazioni e documentazione della vita liturgica di Pieve di Cento. Un piccolo Trittico della Crocifissione (altarolo per devozione domestica) Opera di Simone de’ Crocifissi. Vari dipinti di autori cinquecenteschi: fra questi un’opera del ferrarese Ippolito Scarsella (detto Lo Scarsellino) Opere degli allievi del Guercino, in una sala dedicata. -

Opere di altri artisti. Antonio Gallerani

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intervista del mese

IL CUORE OLTRE L’OSTACOLO

Marco Martelli, sindaco di Crevalcore, Federico Ghelfi, consigliere comunale e Antonio Cardiello, volontario della Pubblica Assistenza di Crevalcore hanno affrontato un lungo viaggio fino ai confini con la Moldavia per recuperare mamma Liliia, la figlia quindicenne Emiliia, Mykhailo e Andrii 9 anni in due, e Mariia di 2, in fuga da Kiev, Ucraina. Da cosa ha avuto inizio “quest’avventura”? Da una telefonata del padrone di casa di una signora ucraina, Rimma, il quale mi informava che erano in attesa dell’arrivo della nuora e dei quattro nipoti, mentre il figlio sarebbe rimasto in Ucraina. Voleva avere informazioni sugli adempimenti burocratici. Nei giorni successivi ho avuto modo di parlare con la signora sempre più preoccupata: prima perché i suoi familiari erano al confine in macchina e 20 km di colonna poi perché avevano avuto un guasto e avrebbero dovuto camminare per chilometri. Com’è nata l’idea di partire? Da una battuta del maresciallo Pedretti il quale, quando gli ho chiesto consiglio, mi ha detto: “Andiamoli a prendere!”. Una frase che mi ha ronzato nella testa fino a quando non ho preso la decisione di partire. Mi sono rivolto alla Pubblica Assistenza che mi ha assegnato un mezzo e un volontario, Antonio, e ho chiesto a Federico, che ben conosce l’inglese e quella parte di mondo per motivi di lavoro, di accompagnarmi. E in quattro e quattr’otto siamo partiti la mattina di venerdì 4 marzo. Quella mattina avevi un impegno importante. Dovevo andare in Auditorium per la Festa della Pace dell’Istituto Comprensivo. Si

sarebbe collegato anche il vescovo Zuppi a cui avevo chiesto la disponibilità. Mi sono collegato per strada, spiegando ai ragazzi la situazione. Al rientro li ho incontrati: volevano conoscere i dettagli: si erano creati dell’interesse e della partecipazione. Avevate studiato il tragitto? La sera prima avevo visto la cartina e osservato che c’è una cittadina Iasi, in Romania, sul confine con la Moldavia, proprio in mezzo. Mi sembrava utile fermarsi lì per aspettarli. Intanto Federico ha chiamato un suo contatto in Moldavia che si è prestato a portare la famiglia al confine dopo averli recuperati. Quindi Oleg, al termine della giornata di lavoro, ha intrapreso un viaggio di tre ore per raggiungere la famiglia che ha ospitato a casa sua per la notte, a Chișinău. Momenti difficili. L’attraversamento dei Carpazi con la neve, un giorno e una notte a guidare senza dormire per paura di non rispettare i tempi, l’assenza di autostrada per 400/500 km. Al mattino siamo arrivati a Iasi e, nel parcheggio di un centro commerciale, è cominciata l’attesa nel freddo pungente. Non arrivavano e la tensione aumentava. Abbiamo scoperto poi che rimettere in moto la famiglia era stato faticoso. Al confine tra Romania e Moldavia non è possibile l’attraversamento a piedi quindi Oleg ha trovato un fortunoso passaggio, caricando tutti su un mezzo diretto in Romania. Cos’hai provato quando li hai visti? Marco non risponde, gli si spezza la voce, si copre il volto con le mani e poi batte un pugno ritmicamente sul tavolo. Succederà un’altra volta durante l’intervista quando gli ho chiesto com’è stato l’incontro con la nonna. Federico mi ha raccontato che lui non si era commosso al confine ma quando nonna Rimma ha “stritolato” in un abbraccio senza fine il Sindaco, lì è “sgrondato”: parole sue. Nella notte si sono fermati a Brasov: lì un altro contatto di Federico, Dan, aveva prenotato un ristorante e un hotel. La cena l’ha offerta lui. Il viaggio di ritorno è stato altrettanto faticoso, intervallato da numerose soste e da

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controlli puntuali alla frontiera tra Romania e Ungheria. Marco ricorda la vivacità dei più piccoli ma non lo abbandonano gli occhi spenti della quindicenne Emiliia. “Sono le 2,30, siamo rientrati tutti, ognuno nella propria casa, tutti tranne mamma Liliia e i suoi 4 figli che ha dovuto scappare dalla sua vita, da suo marito, dai suoi ricordi. Tutti tranne Emiliia (strano destino portare questo nome) nel pieno della sua adolescenza, quando devi partire solo per il primo amore non ricambiato, o per dei genitori che credi non ti capiscano. Tutti tranne Andrii, Mariia, Mykhailo, che hanno lasciato tutto, i giochi, la cameretta e tutto quello che si vorrebbe dare ai propri figli. Il perché tutto questo sia potuto succedere faccio ancora fatica a comprenderlo nonostante la mia non più giovane età, pensavo a tutto e comincio ad averne viste un po’ troppe, ma una guerra in Europa mai me la sarei aspettata. Mi conforta solo sapere che milioni di persone stanno chiedendo che questo possa finire al più presto, almeno la speranza lasciatecela.” (pagina Facebook del Comune di Crevalcore). Federico ha avuto poi modo di raccontarmi come il cuore grande del Sindaco non avesse tenuto conto di alcuni aspetti: né Marco né Antonio avevano il passaporto e quindi se la famiglia non fosse riuscita ad arrivare in Romania, solo lui sarebbe potuto entrare in Moldavia; potevano presentarsi difficoltà non preventivate; le stesse soste andavano pensate affinché fossero in sicurezza. Ha aggiunto come indossare la divisa della Pubblica Assistenza sia stata una fortuna perché riconoscibile e accolta con rispetto ovunque. Ha inoltre valutato molto prezioso il supporto di Antonio, attento a tutte quelle piccole cose che hanno reso il viaggio più agevole. “Chi salva una vita, salva il mondo intero” è scritto nel Talmud di Babilonia. Il 6 marzo, giorno di rientro dalla “missione”, è la Giornata europea dei Giusti, data della scomparsa dell’artefice del Viale dei Giusti, Moshe Bejski. A partire dalla definizione di Yad Vashem, è stato esteso il concetto di Giusto sino a includere quanti, in ogni parte del mondo, hanno salvato vite umane in tutti i genocidi e difeso la dignità umana durante i totalitarismi. Dal 7 dicembre 2017 la Giornata dei Giusti è solennità civile in Italia: ogni anno il 6 marzo si celebra l’esempio dei Giusti del passato e del presente per diffondere i valori della responsabilità, della tolleranza, della solidarietà. Singolare e felice coincidenza. Intervista raccolta da Mariarosa Nannetti


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Puzza la guerra del cadavere di un soldato caduto sventrato faccia a terra sfigurato ormai da tempo dimenticato. Sporca la guerra di fango intriso di sangue e cherosene che non scorre più nelle vene e nasconde il viso dell’uomo sprofondato nelle pene. La guerra è malattia che affonda l’uomo nella follia illuso che un vincitore ci sia La guerra è claustrofobia di gente come noi nascosta come topi in tane sotto terra senza un poi. La guerra è madre dei figli dei poveri mandati a morire come conigli senza capire La guerra è dei potenti che dall’alto dei loro troni guardano massacrare le genti compiaciuti dei loro droni.

l’angolo della poesia LA GUERRA

Ma i loro figli come i loro genitori conigli non vanno a combattere contro gli altri poveri figli. La guerra è un buco nero un frullatore che macina l’umanità per ridurla a un polpettone di carne tritata condita di dolore rancore e povertà Caro Dio di noi credenti perché non castighi i malvagi potenti e lasci massacrare le povere genti? Sei Padre buono che la libertà ci hai donato, ma il mio buon padre ogni tanto uno sberlone mi ha mollato Dove sei? nei poveri, nei rifugiati, negli sfollati Sono con te arrabbiato, ma di te innamorato e ti verrò a cercare tra i poveri, i rifugiati, gli sfollati A.P.

LA PACE NEI CUORI E NEGLI OCCHI DEGLI UOMINI La Pace è un sentimento che nasce e vive nel profondo dell’uomo. La Pace non è solo una non guerra tra due potenti o un non litigio tra due bimbi per lo stesso giocattolo; quella può essere quiete apparente, dettata da una situazione stabile e reciprocamente tranquilla. No la Pace è molto di più. Nasce e vive dentro quell’uomo che ha voluto abbracciarla e farla sua, e la sua presenza porta in questa persona un cuore nuovo e uno sguardo diverso e amorevole, oltre che un certo distacco dalle cose materiali, perché il suo è un sapore più alto e spirituale. Chi è in pace, non ha invidie o risentimenti, non ha rimpianti o desideri irrisolti, non ha frustrazioni o particolari insicurezze perché vive e ama e sogna e dorme in Pace. Sa che c’è dell’altro, sa che alle miserie che si annidano

nel cuore dell’uomo bisogna dire di no: alle bassezze, alle rivendicazioni, alle rabbie immotivate, alla sete di potere e di prevaricazione, bisogna dire di no e farlo sempre e ovunque, sapendo che ci distruggono e portano lontano da Dio. La Pace è uno sguardo nuovo sugli altri e sul mondo, è un atteggiamento di umiltà affinché anche i doni dell’altro possano esprimersi, di accoglienza e non di rifiuto. La Pace, se ce l’hai, si vede dai tuoi occhi, si sente dal tuo cuore. Lucia Garuti

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arte e fede

PERCHÉ NON CI SONO STATE GRANDI ARTISTE? «Perché non ci sono state grandi artiste?» Così si intitolava l’articolo della storica dell’arte Linda Nochlin, pubblicato sulla rivista newyorkese ARTnews nel gennaio del 1971. Pensando alle grandi personalità artistiche, soprattutto fino alla contemporaneità ristretta dove, finalmente, appaiono nomi femminili, alla mente di tutti appaiono solo appellativi maschili. Michelangelo, Leonardo, Raffaello o - proseguendo cronologicamente - Canova, Monet, Picasso e via dicendo. Nochlin indaga, partendo dalla domanda prima citata, che propone provocatoriamente, il motivo di questa condizione di una storia dell’arte tutta al maschile. Primo punto su cui il suo articolo si sofferma è proprio la mal formulazione della domanda. «Perché non ci sono state grandi artiste?» É una domanda capziosa, dice Nochlin, che contiene già implicitamente la risposta: non ci sono state grandi artiste perché le donne sono incapaci di grandezza. La studiosa prosegue affermando che quindi non bisogna cercare di rispondere alla domanda così come è formulata, ciò implicherebbe accrescere forzatamente i meriti di artiste che non hanno realmente portato grandi apporti alla storia dell’arte. La via giusta è capire il vero problema, che risiede nelle istituzioni, nella struttura sociale e “nella malintesa idea di arte: cioè, nell’ingenua convinzione che si tratti dell’espressione diretta e personale dell’esperienza emotiva di un individuo, ovvero la trasposizione del suo vissuto nel linguaggio figurativo. Quasi mai l’arte consiste in questo, e meno che mai l’arte alta. Realizzare un’opera significa padroneggiare un linguaggio formale coerente, più o meno vincolato o svincolato dalle convenzioni, dagli schemi o dai sistemi di nozioni coevi; un linguaggio che deve essere appreso o sviluppato attraverso lo studio, un apprendistato, o un lungo periodo di esperienze personali”.1 Alla storia dell’arte 1

mancano le personalità femminili, perché quest’ultime non hanno avuto le stesse opportunità dei soggetti maschili. Fino al XVIII secolo, e in alcuni Paesi bene oltre, non era concesso alle donne la frequentazione alle accademie e, quando finalmente è stato possibile, fu impedito loro lo studio dei modelli nudi dal vero, esercizio imprescindibile per la formazione degli artisti negli anni in cui il quadro e la scultura erano gli unici supporti accettati e la figura umana il soggetto per eccellenza. Insomma, nel corso dei secoli, fino ai tempi recenti, le società che si sono succedute hanno visto la donna come angelo del focolare, il cui unico scopo era occuparsi della casa e della famiglia. Questa visione ha impedito la creazione delle condizioni necessarie per permettere alle donne di sviluppare doti artistiche. “La domanda «perché non ci sono state grandi artiste?» ci ha quindi portati alla conclusione che l’arte non è l’attività libera e indipendente di un individuo superdotato, «influenzato» da chi l’ha preceduto e, in modo vago e superficiale, dalle «forze sociali». Ne deriva piuttosto che l’arte, sia per quanto riguarda l’evoluzione dell’artista sia per la natura e la qualità dell’opera in sé, è l’esito di una situazione sociale, della cui struttura è elemento integrante, mediata e determinata da specifiche e ben definite istituzioni, che possono essere le accademie, il mecenatismo oppure i miti dell’artista, divino creatore, eroe o emarginato.”2 Giulia Galeotti

Artists?”, ARTnews, January 1971

Nochlin, Linda. “Why Have There Been No Great Women

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Cit.


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NOVITÀ DAL PASSATO

All’alba del terzo mese dall’inizio della raccolta di materiali multimediali per il nuovo archivio parrocchiale l’ammontare dei file tra informatizzati e raccolti supera ormai le 23.300 unità. Questa raccolta, divisa in più di 400 cartelle, è stata organizzata secondo gli anni a cui i contenuti fanno riferimento, ossia tutti gli anni dal 1966 al 2021 ad esclusione di 1967, 1974, 1991, 1995, 1999, 2003, 2005 (anni rispetto ai quali si esorta chiunque avesse materiale che volesse condividere a farlo presente allo staff tramite i contatti reperibili nel nuovo sito parrocchiale). All’interno di questo archivio sono conservate le testimonianze videofotografiche di tutte le più importanti attività ed esperienze parrocchiali, tra le più ricorrenti troviamo: le Olimpiadi dei Bambini, Estate Ragazzi, i campi parrocchiali a Casigno, le scampagnate al termine dell’anno catechetico, le gite e i pellegrinaggi organizzati dalla parrocchia, i concerti a Palata

APRILE h 8,30-17: Ritiro Spirituale di Quaresima per giovani e adulti in chiesa a Galeazza Lunedì 4 h 20,45: liturgia penitenziale a Dodici Morelli Martedì 5 h 20,45 Studio Biblico in meet

o del nostro coro in trasferta; sono presenti allo stesso modo i ricordi di molti eventi unici come l’inaugurazione del monumento ai caduti, le celebrazioni e gli eventi in occasione della ricorrenza dell’anno centenario della costruzione dell’attuale chiesa, i molti interventi di restauro, la partecipazione di un nutrito gruppo di parrocchiani al giubileo del 2000 e veramente tanto tanto altro. Lo staff ringrazia sentitamente tutti coloro che fino a ora hanno contribuito a raggiungere un così grande risultato oltremodo inasperato e inimmaginato. Si ringraziano allo stesso modo tutti coloro che stanno continuando a contribuire per un allargamento ulteriore del progetto e, ovviamente, tutti coloro che contribuiranno in futuro. Equipe per la tutela e valorizzazione dei Beni StoricoArtistici

STAZIONI QUARESIMALI

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Mercoledì 6 h 20,45: liturgia penitenziale a Galeazza

Giovedì 7 h 20,45: liturgia penitenziale a Palata Pepoli

Venerdì 8 h 20,45: liturgia penitenziale a Bevilacqua

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SETTIMANA SANTA 2022

TRIDUO PASQUALE GIOVEDÌ SANTO 14 Ore 15-17: confessioni in chiesa a Palata Pepoli Ore 18: messa Galeazza (don Remo) Ore 20,30: messa del giovedì Santo delle 4 parrocchie a Dodici Morelli

Domenica 10 DOMENICA DELLE PALME ORE 10: BEVILACQUA Ore 11: inizio quarantore a Bevilacqua ORE 10: GALEAZZA (don Remo) Ore 11: inizio quarantore a Galeazza ORE 11,30: PALATA PEPOLI Ore 12,30: inizio quarantore a Palata Pepoli ORE 18,30: Messa a DODICI MORELLI Ore 19,30: inizio quarantore a Dodici Morelli

VENERDÌ SANTO 15 Ore 10-12: confessioni a Bevilacqua Ore 15: Palata e Bevilacqua (Via Crucis fatta dai laici) Ore 16,30: celebrazione Galeazza Ore 18,30 Celebrazione Dodici Morelli Ore 20,30 celebrazione Bevilacqua

LUNEDÌ 11 Ore 7 lodi ed esposizione del Santissimo (Palata Pepoli, Galeazza e Bevilacqua) Ore 7: Lodi, messa ed esposizione del Santissimo a Dodici Morelli Ore 16-18: confessioni in chiesa a Dodici Morelli Ore 17 reposizione e messa a Galeazza Ore 19: vespri e reposizione a Bevilacqua, Galeazza e Dodici Morelli MARTEDÌ 12 Ore 7: lodi ed esposizione del Santissimo nelle parrocchie dove si stanno facendo le quarantore Ore 19: conclusione delle quarantore in tutte le parrocchie (Bevilacqua, Dodici Morelli Galeazza e Palata Pepoli) Ore 20,30: Studio biblico sugli Atti degli Apostoli in meet clicca qui: https://meet.google.com/bsikzzr-ssx MERCOLEDÌ 13 Ore 16,30: Messa e vespri Galeazza Ore 17-19: confessioni in canonica a Galeazza

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SABATO SANTO 15 benedizione uova Ore 10: a Palata Pepoli (Brunino) Ore 11: Dodici Morelli (don Paolo) Ore 10-11,30: ora della Madre a Galeazza Ore 11,45 benedizioni uova Galeazza (Giovanni) Ore 15: Bevilacqua (Eugenio) Messa della veglia pasquale Ore 18: Galeazza (don Remo) Ore 23: messa della Veglia Pasquale 4 parrocchie a Palata Pepoli Altri appuntamenti di Sabato Santo Ore 16-18: confessioni a Dodici Morelli Domenica 17 PASQUA Ore 10: Bevilacqua Ore 10: Galeazza (don Remo) Ore 11,30: Palata Pepoli Ore 18,30: Dodici Morelli


CALENDARIO SACRAMENTI 2022

PRIME EUCARESTIE (con don Paolo)

DOMENICA 24 APRILE ORE 10: Bevilacqua Ore 11,30: Palata Pepoli Ore 18,30: Dodici Morelli

DOMENICA PRIMO MAGGIO Ore 10: Galeazza

CRESIME (con il Cardinale di Bologna Matteo Maria Zuppi) SABATO 8 OTTOBRE Ore 18,30: Dodici Morelli

DOMENICA 9 OTTOBRE Ore 10: Bevilacqua Ore 11,30: Palata Pepoli


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