I PARROCCHIONI
Unadelle scelte che diverse diocesi stanno at tuando, per far fronte alla scarsità dei preti, è quella di accorpare alcune parrocchie con uno o due preti alla guida. In questo modo si ritiene di garantire un minimo di organizzazione e, soprattutto, la mes sa domenicale. Per agevolare il lavoro pastorale, queste nuove realtà pastorali stanno centralizzando alcuni momenti formativi e aggregativi. Incontri di giovani, catechesi, formazione per adulti vengono realizzati nella parrocchia più grande, lasciando le piccole parrocchie sguarnite di attività pastorali e garantite, al massimo, della messa domenicale. Questo modo di procedere è la conferma che il mon do, il conte sto culturale cambia, ma il modello pastorale as solutamente no, viene ri proposto su scala mag giore. La strategia pa storale delle unità pastorali, che poi si trasforma no nei “parrocchioni”, rivela il modello ecclesio logico di fondo che identifica la parrocchia con il prete: dove c’è il prete, c’è la comunità. In questo modo, quello che sta avvenendo da varie parti, è la lenta scomparsa delle comunità parrocchiali più piccole, che vengono, per così dire, sacrificate in favore di quelle più grosse. Parrocchie con secoli di tradizione ecclesiale stanno seriamente rischiando di scomparire, anzi, alcune sono già scomparse. Eppure, basterebbe guardarsi intorno e confron tarsi con modelli ecclesiali messi in atto in zone del mondo in cui il cammino pastorale è sorto in un contesto segnato dalla scarsità del clero locale. America Latina, Asia e Africa sono già passate per questa situazione. Parlando di ciò che conosco, in Brasile le parrocchie sono organizzate come reti di
comunità, in cui il parroco, oltre a visitare perio dicamente le comunità per i sacramenti, anima i percorsi formativi per mettere i laici in grado di servire la comunità. Riportare questo model lo nella nostra realtà, significherebbe dare più spazio ai laici e alle laiche, dare loro fiducia, affidando la celebrazione della Parola dome nicale quando è necessario, la celebrazione di esequie, oltre ad altri servizi. È nella comunità e dai membri della comunità che dovrebbe avve nire la trasmissione della fede. Qui si giunge a toccare il cuore del problema. Se è vero, come la Chiesa sostiene sin dal primo se colo, che è l’eu carestia che fa la Chiesa, occorre una pro posta che metta in condizio ne i fede li di cibarsi dell’eucarestia. Se ci sono sempre meno preti, si potrebbe proporre, come del re sto è già stato proposto durante il Sinodo per l’Amazzonia, di ordinare viri probati, persone stimate della comunità per poter garantire l’a limento eucaristico. Sappiamo com’è andata finire. In ogni modo, mentre aspettiamo che la Chiesa maturi questa proposta, si può prende re spunto dal cammino delle Comunità Eccle siali di Base per garantire alla domenica una celebrazione della Parola con la distribuzione dell’eucarestia. In diversi luoghi questo modello è già attuato anche in Italia, anche se trova an cora notevoli resistenze.
Don Paolocatechesi
VISITA ALLA CASA DI CARITA’ DI SAN GIOVANNI IN PERSICETO
LE FAMIGLIE DEI E DELLE CRESIMANDI/E 2022
Domenica 2 ottobre, assieme al don, i cresimandi accompa gnati dai loro genitori hanno visitato la casa di carità di San Giovanni in Persiceto. Le case di carità sono presenti in tutto il mondo, ovunque è presente la co munità di Reggio Emilia. Sono abitazioni che accolgono persone meno fortunate che non potreb bero vivere da sole. Nello speci fico quella che abbiamo visitato a San Giovanni era composta da 15 ospiti e due suore, che convivo no aiutandosi gli uni con gli altri a seconda delle proprie capacità: c’è chi apparecchia e aiuta i cuo chi, chi aiuta a dire messa grazie alla propria voce e chi rende sem plicemente le giornate fantasti che a tutti gli altri. Queste case si mantengono grazie alla pensione dei propri abitanti e ai doni della comunità, infatti ci hanno raccontato che anche in periodi di Covid molte persone si alternavano nel far visita e nel portare qualcosa per rendere meno pesante la situazione, chi preparava una tigellata, chi organizzava una tombola, il tutto per vivere al meglio ogni giornata. Nonostante le loro difficoltà e i tanti ostacoli che la società pone, riescono, grazie all’aiuto di tutti, a trovare il modo di organizzare delle uscite, visite ad altre case e at tività esterne che a volte, per via di esigenze o di imprevisti,
all’ultimo saltano ma questo non è un problema per loro perché sanno adattarsi e perché capiscono che non sem pre è possibile. Nelle loro giornate la preghiera li aiuta e ricorda loro il perché vivono assieme e rendono le in comprensioni che capitano più facili da accettare. Alla fine ci hanno offerto da bere e donato un piccolo ricordo ma la cosa che più ci hanno donato è la consapevolez za che ognuno di noi può prendersi cura delle persone meno fortunate senza aspet tare che lo faccia lo Stato. Questo ci ha fatto riflettere su come potrebbe essere di verso il mondo se ognuno di noi provasse ad aiutare le persone meno fortunate e che magari possiamo fare molto di più di quello che facciamo senza aspettare che siano le istituzioni a far lo per noi. Come ricorderete tutti due anni fa, nel periodo di covid una persona morì al freddo e senza cibo, a pochi chilometri da noi tra l’indifferenza e l’inconsapevolezza di tutti noi, magari se anche a Cento ci fosse stata una casa di accoglienza avremmo potuto evitare questa tra gedia. Pertanto sarebbe bello se un giorno molte più case e molte più persone si prendessero cura del prossimo, come il padre si prende cura dei propri figli.
famiglia Nicotra, BevilacquaCRESIME A BEVILACQUA
Bellissima giornata e cerimonia nella chiesa di Bevilacqua dove, domenica 9 ottobre alla messa delle 10, un gruppo di nove ragazze di seconda media hanno ricevuto il sacramento della cresima. È stato il frutto di un lungo cammino durato cinque anni in cui queste ragazze, aiutate dai loro familiari e dai catechisti, hanno realizzato il cammino dell’iniziazione cristiana.
A sinistra: Ultimi incontri per i cresimandi
A destra: Cresime a Palata Pepoli del 9 ottobre 2022
catechesi
PERCHE’ LE COPPIE NON INVESTONO NELLA COMUNITA’
Riflessioni a cuore aperto dopo il dialogo con i genitori che hanno chiesto di portare i loro figli al catechismo
Sto terminando il colloquio con i genitori che hanno chiesto di introdurre i loro figli nel cam mino della catechesi. Accanto ad alcune prese di coscienza, sto ponendomi anche alcune do mande.
Pochissimi genitori dei bambini che sono stati iscritti al catechi smo sono in chiesa alla dome nica. C’è dunque, una scarsa relazione tra la richiesta fatta –chiedere che il bambino faccia la catechesi – e le scelte dei loro genitori. Questo dato mi lascia basito e mi chiedo: perché dei genitori che non frequentano l’eucarestia vogliono che i loro figli facciano il catechismo? Che senso ha? Perché costrin gono i loro figli a fare una cosa che non rientra nei loro progetti di vita? Perché portano i figli a messa mentre loro vanno al bar a bere un caffè? Che senso ha una cosa così? Non è una grande ipocrisia, una perdita di tempo?
Senza dubbio in questi genitori non è chiaro che la messa è il cen tro della vita di fede, il culmine e la fonte da cui si genera la vita cri stiana. È stato Gesù Cristo, infatti a dire: fate questo in memoria di me. Il percorso del catechismo è un cammino che conduce ad ap profondire la conoscenza di Gesù e della sua comunità, che si trova alla domenica per celebrarlo. Più chiaro di così! Devo disegnarlo? Ho constatato il dato che pochis sime coppie considerano la comu nità parrocchiale una risorsa su cui investire, per un arricchimento spirituale e umano. Per la maggior parte dei genitori che ho incontra to, il catechismo dei propri figli è una cosa che va fatta e che la par rocchia deve dare. Non ci sono, dunque, motivazioni spirituali o ecclesiali, ma più che altro sociali: è giusto che mio figlio, mia figlia possa avere quello che gli altri hanno. Ho provato a spiegare che il catechismo non è obbligatorio, che lo Stato non interviene con l’esercito se un bambino non va al catechismo. La Chiesa è un’entità privata, con i suoi tempi, il suo ca lendario, i suoi riti. Facciamo del le proposte in linea con il Vangelo che ci ispira idee sempre nuove, ma aderisce chi vuole. Solo una
signora si è messa in discussione sulle tante che ho incontrato. Nel catechismo noi proponiamo lo stile di vita di Gesù, che è una scelta libera: non è un obbli go.
In pochi c’è la consapevolezza di che cosa sia una comunità cristiana, che non è un’associazione e nemmeno la prolo co. Pochissimi comprendono che la mes sa domenicale è il centro del cammino di fede di coloro che trovano in Gesù e nelle sue parole il senso della vita. Non a caso, nelle parrocchie i bambini con i loro genitori, spariscono letteralmente durante i mesi estivi. Ciò significa che, per queste famiglie, la catechesi non è altro che un corso come gli altri, che ha una sua durata e, alla fine, c’è il diploma. Ho provato varie volte a spiegarlo con il Vangelo alla mano che, in realtà, si tratta di un’altra cosa: non c’è verso.
Forse è giunto il tempo per la Chiesa di impostare una pastorale che non tenga conto dei numeri, che non stia più a pre occuparsi se tra i banchi c’è poca o mol ta gente. L’importante è che chi entra dalla porta della chiesa sia consapevole di ciò che sta facendo, sia desideroso di conoscere Gesù Cristo, il suo Vangelo. Forse arriveremmo ad avere comunità di persone che si vogliono bene, che si dedicano con gratuità e disinteresse al servizio dei fratelli e sorelle, soprattutto i più piccoli e bisognosi.
Paolo CuginiI BAMBINI PREGANO PER LA PACE
Papa Francesco, domenica 17 ottobre dopo l’Angelus, ha invitato a unirsi nella preghiera del Rosario promossa da Aiu to alla Chiesa che Soffre per affidare alla Madonna “il martoriato popolo ucrai no” e quanti sono vittime delle guerre. Il poster della campagna di quest’anno presenta due mani aperte che racchiu dono il globo e lo sostengono insieme ai bambini di ogni continente. Queste mani simboleggiano il Padre divino che ha cre ato il mondo nell’amore e che desidera salvare tutti i popoli. L’iniziativa di Aiuto alla Chiesa che Soffre ha visto impegna ti centinaia di migliaia di ragazzi in tutto il mondo martedì 18 ottobre; per motivi organizzativi in parrocchia a Dodici Morelli ci siamo trovati il 20 ottobre. Abbiamo invitato a partecipare i
bambini e le loro famiglie, alle ore 19 ci sia mo trovati in Chiesa. Due genitori, Francesca e Nicola, hanno condotto il Rosario contem plando i misteri gaudiosi. Abbiamo terminato con la consacrazione dei bambini a Maria e con un canto mariano. E’ stato spiegato il mo tivo per cui ci siamo trovati a pregare: implo rare pace e unità in tutto il mondo. E’ stato un momento partecipato ed è stato bello vedere bambini e adulti pregare insieme il Rosario. Noi dobbiamo trasmettere ai ragazzi fiducia nella potenza e nella misericordia del Padre Celeste. Recitando il Rosario la Madonna ci dona nuova speranza che noi, come figli di quell’unico Padre che è nei cieli, possiamo vi vere in pace e in sicurezza gli uni con gli altri.
Isabella e Cristinacaritas e missioni
Una giornata con Don Gabriele, missionario in Amazzonia
Famosa per avere gli asili migliori del mondo, Reg gio Emilia ha quantomeno un’altra eccellenza: Pa dre Gabriele Carlotti, missionario in Amazzonia. Eh sì, difficile non accostare la parola eccellente a don Gabriele quando lo senti parlare con naturalezza di cose che a noi “umani” lascia sconcertati. A metà ottobre, invitato da don Paolo, è venuto ad incon trare le nostre comunità e a raccontarci un po’ della diocesi in cui presta servi zio: Alto Solimoes. Si trova nell’ovest dell’Amazzonia, ai confini con il Perù e la Colombia. Assieme a don Gabriele Burani si dedica ad otto parrocchie, la cui esten sione, complessivamente, è poco meno della metà dell’I talia. Un territorio coperto in prevalenza da quella foresta pluviale, spesso devastata da incendi. Un fenome no legato soprattutto a opportunità di business, vedi il caso dell’espansione delle produzioni agricole. L’assegnazione agli Indios dei loro territori è stata sancita dalla Costituzione in vigore dal 1988. Un processo andato in porto solo in piccola parte e che il presidente Bolsonaro si rifiuta di proseguire. Padre Gabriele non fa mistero di chi, fra Bolsonaro e Lula, voterà nel ballottaggio di fine ottobre. “Ho vissuto gli anni di Lula quando, assieme a Paolo (il nostro parroco, ndr), eravamo missionari a Ruy Barbosa,
nello stato di Bahia. Con lui la ricchezza del Brasi le veniva quantomeno redistribuita fra i più poveri, che in quegli anni hanno potuto tirare a campare”. Per poi proseguire dicendo che “impedire agli indigeni di piantare la soia, allevare del bestiame o fare dighe sui fiumi, non riconoscere territori che appartengono loro, complica la vita di queste persone, che di fatto stanno preservando l’Amazzonia non solo per loro ma per il nostro pianeta”. Parole sante che diffi cilmente non possono essere che condivise. Di don Gabriele colpi sce soprattutto la luminosità degli occhi. Guardarlo, ti ricorda alcune pagine del Vangelo, che sembrano scolpite sul suo volto. Alla mattina, quando ha celebrato con noi l’Eu caristia, con il suo stile semplice e pulito, ha dato forza a quell’atto di ringraziamento a Dio che tante volte compiamo in modo distratto più per assolvere ad un precetto che per amore. E’ stato davvero un in contro ricco di significati. E credo che ci abbia aiu tato a capire il messaggio di Papa Francesco quando ci chiede di essere una Chiesa missionaria, in uscita. Gesù non ci chiede di andare a fare cose straordinarie, ma di camminare insieme a chi incontriamo, con la forza del Vangelo. Grazie padre Gabriele per avercelo fatto toccare con mano.
Massimiliano BorghiDON GABRIELE CARLOTTI MISSIONARIO IN AMAZZONIA
Io ho partecipato solo alla messa di sabato, ma ti posso dire che mi ha portato gio ia nel cuore. La sua semplicità, il suo amore per il prossimo, il suo senso di apparte nenza a Dio, l’ho proprio percepi to dentro. Gloria La mia impres sione è stata molto convincente, di come le sue giornate siano molto diverse dal nostro modo di vivere. Forse noi non ci ren diamo veramente conto di come il nostro consumismo ci porti ad essere a volte egoisti. Leda Nelle giornate di sabato 16 e domenica 17 Don Paolo ha presentato alla comunità Don Gabriele Carlotti ed è sta to per noi un dono. I bambini del catechismo di quinta elementare lo hanno conosciuto durante la celebrazione della messa e all’unisono lo hanno chiamato portatore
di pace, vedendo in lui una personalità amichevole e gentile verso tutti, ci ha ricordato Gesù. Anche il suo sguardo e il suo sorriso sono stati per noi testi monianza di Fede.
ManuelaUN MISSIONARIO IN MEZZO A NOI caritas e missioni
Durante il fine settimana del 15 e 16 ottobre, la no stra comunità, grazie a don Paolo, ha avuto la fortu na di ospitare Padre Gabriele Carlotti, missionario in Amazzonia. Ho sempre letto con passione le lettere che Gabriele inoltra dal Brasile, testimonianze di una quotidianità in fondo così semplice, ma in cui è così difficile sopravvivere. Quando ho visto Padre Car lotti durante la celebrazione eucaristica del sabato, ho visto un uomo felice, un uomo innamorato, un uomo che trasmette al prossimo tutto il bene che Cri sto ci ha donato, la vita stessa. Perché è questo che Gabriele fa: mette la propria vita al servizio del pros simo in un paese dove la vita vale veramente poco. Mi ha fatto emozionare tantissimo quando è sceso dall’altare per scambiare un segno di pace con i fratelli e le sorelle, la serenità che trapelava dai suoi sguardi e dai suoi gesti era coinvolgente, sembrava che tutti fossimo stretti in un unico abbraccio. Ho partecipato inoltre, con grande interesse, all’incontro che si è te nuto domenica nella sala polivalente dove Padre Car lotti ha raccontato della missione e della situazione sconvolgente presente in Brasile. Nel salutarlo, dopo averlo ringraziato, gli ho chiesto come si sente quan
do torna nel mon do “occi dentale” di fronte a questo no stro stile di vita che, se paragona to alla re altà che lui vive tutti i giorni, è banale, fu tile e vuo to. La sua risposta? “C’è tanto bene anche qui, ma mi scappa da ridere nel vedere che il problema è avere l’ultimo mo dello di IPhone”... E dicendolo serenamente sorrideva. Grazie Gabriele, è così bello sapere che esisti!
Elisa ArdizzoniIl GHIGNO della SANTITÀ
Se qualcuno ha avuto la fortuna di conoscere Fratel Lucio (Missionario Combo niano di Cento) può affer mare con certezza di aver visto il Volto della Santità. Quello che mi stupiva di Fratel Lucio era il suo sor riso, sempre presente, che parlasse di Dio, che par lasse dei drammi dell’Etio pia, della sofferenza di quei popoli, della morte di un bambino per fame, di tut to quello che costruiva là, … sempre c’era il sorriso. A volte mi chiedevo se per caso avesse avuto una pa ralisi ai muscoli facciali! Il suo sorriso era illuminato dai suoi occhi raggianti che sprizzavano gioia, serenità, fede pura, amore. Erano come gli occhi di Goldrake che sparavano un raggio laser di amore puro, in grado di polverizzare il male. Che strano, gli ultimi anni della sua vita li ha passati da cieco, come se gli occhi si fossero esauriti, consumati a vedere tanta sofferenza e a spara re tanto amore, ma il sorriso era sempre lì, come una maschera di cartapesta. Una VITA x la VITA degli al tri, matematicamente una VITA AL QUADRATO. La sua vita un’equazione perfetta di amore e santità. Penso che quando sia arrivato in Paradiso, sempre con il suo ghi gno sorridente, a San Pietro abbia detto con tutta la sua gentilezza: “Per favore alzati, perché adesso mi siedo
io a riposare di fianco a Dio, dopo una vita di Missione.” Incredibile, oggi in Don Ga briele ho rivisto quel ghigno, quel viso sorridente, quegli occhi con il raggio laser d’a more. E penso al mio ghigno spesso mesto ed insoddisfat to, di piccolo uomo comune che si alza ogni mattina con la coda tra le gambe per vi vere la propria grigia quoti dianità, con gli occhi spenti. Se ripenso a quei ghigni di Fratel Lucio e Don Gabriele, se ripenso alle loro vite per Dio e per gli altri, e se ripen so alla mia vita..!! Forse è giunta l’ora di cambiare ma schera, di togliere il ghigno mesto della grigia quotidianità e montare il ghigno sereno della missionarietà. Penso che tutti dobbiamo ripensare la nostra vita come una missione nella quotidianità e nell’altru ità, nella nostra piccola realtà. Penso che anche noi comuni cittadini basso-padani dobbiamo vivere ogni giorno come una missione per gli altri, con gli altri. E allora… Ogni gior no alziamoci, mettiamoci l’elmetto per lottare contro il male, accendiamo gli occhi con il raggio laser dell’amore, viviamo la giornata con il ghigno di Fratel Lucio, Don Gabriele, Don Paolo, alla ricerca della santità nella quotidianità, nella no stra piccola realtà. Santo non è chi meno pecca, ma chi ama di più.
Andrea Passerinicaritas e missioni
lu’ lì le matt”
La settima scorsa don Gabriele Carlotti padre missio nario in centro Amazzonia ha fatto visita alla nostra comunità di Dodici Morelli Esprimere l’impressio ne, lasciata da Don Gabriele, senza essere ipocriti e senza scivolare nella retorica, non è facile. La prima cosa, istintiva, che mi è venuta in mente è stata: “ lu’ lì le matt”!…lui è matto, vivere in quelle condizioni. Superato questo primo impulso istintivo , ascoltando le sue parole ma ancor più cominciando a capire la persona e il suo modo di relazionarsi con gli altri, l’istinto si è tramutato in stupore e mi sono chiesto Come è possibile che un uomo, intelligente, capace,
che vive in un mondo ricco e benestante, possa deci dere di lasciare tutto e andare a vivere in un mondo come “quello là”, completamente diverso da nostro, privo delle più normali e ovvie condizioni di benes sere a cui noi siamo abituati? Alla fine, mi sono dato una risposta, una risposta impegnativa e difficile da capire. Ascoltando Don Gabriele mi ritornava in men te la frase di Gesù: “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: «Sradicati e vai a piantarti nel mare», ed esso vi obbedirebbe.”. l’im portanza di servire il prossimo.
BruninoIl Centro di ascolto megafono delle nuove povertà
Sono trascorsi poco più di due anni da quando abbiamo iniziato questo nuovo percorso. Un nuovo modo di vede re e vivere la realtà che ci circonda. Pensiamo sia giunto il momento di fare un primo bilancio sul disagio che è emerso dai nostri incontri diretti con chi settimanalmen te si presenta da noi e da quanto emerge nei vari incontri con le altre Caritas diocesane e nazionale. Ci sono nuo ve forme di disuguaglianza che stanno emergendo. In particolare un nuovo tipo di povertà. Quella educativa. Chi lascia gli studi, non viene cercato dalle istituzioni per ripartire. Questo è un dramma. La seconda povertà ce l’ha descritta poco tempo fa il nostro cardinal Zuppi. E’ quella del disagio mentale. Le famiglie che vengono colpite da questo dramma, faticano a trovare strutture che possano accogliere i loro familiari, anche solo in alcune ore della giornata, per portare un po’ di sollievo alle stesse. Terza povertà è quella degli anziani. Qui da noi, fortunatamente, è meno sentita che in altre realtà. La guerra in Ucraina e il conseguente aumento di prezzo degli alimentari, unito al caro bolletta, per chi vive con una pensione sociale ed è in affitto, fa sprofondare in si tuazione di profondo disagio. Non possiamo però negare che solo capendo la situazione globale che ci circonda potremo avere adeguati strumenti per leggere con preci sione la situazione locale. L’immigrazione, ad esempio,
è un feno meno molto più complesso che l’im magine di un barcone pieno di poveracci a cui spes so la si col lega. Chi è costretto a lasciare la propria casa, il proprio paese, non lo fa mai con la gioia nel cuore. Nei loro occhi leggi spesso, quasi sempre, dolore. Per questo ci sforziamo di far capire alle persone con cui dialoghiamo, persone che come noi hanno la fortuna di poter vivere una vita socialmente tranquilla, che la Caritas non è puro assistenzialismo. Compito nostro, di ogni persona di buona volontà, è trovare persone che si facciano compagni di viaggio di queste povertà che sempre più spesso ci parlano guardandoci dritto negli occhi. Ci riusciremo? Quantomeno dobbiamo provarci. E’ una sfida ardua ma pensiamo davvero che sia l’unica per cui valga la pena impegnarsi.
Chiara e GraziaLa scuola di Caraté dei bambini del quatiere Populares di Miguel
Calmon dove vive Gianluca e la sua famiglia, ha vinto il secondo premio dello stato della Bahia
La Grotta ‘ un pizzico di terra santa’
La Grotta
LO STUDIO BIBLICO DEL LUNEDÌ SERA
Lo studio biblico on line del lunedì sera è un appun tamento già consolidato da 2 anni a questa parte che è diventato momento fondante per la crescita e la manutenzione spirituale di chi apprezza le proposte spirituali di Don Paolo Cugini parroco delle 4 Parroc chie. Si tratta di un’opportunità di collegamento on line, della durata di un’ora al lunedì con inizio alle ore 20,45 assieme a persone, fra cui diversi volti amici con cui condividere la mede sima passione per lo studio della Parola. È pensato per chi è già cre dente o è in ricerca e desidera porre basi solide alla propria fede e poterla giustificare. Le verità di fede non possono essere dimostrate con prove scientifiche inoppugnabili, ma l’adesione a Cristo non ha nulla a che vedere con la creduloneria, non è una scelta ingenua fatta da persone ignoranti disposte ad accettare acriticamente tutte le favole. A volte si crede che la Bibbia basti aprirla e dare un’occhiata superfi ciale per trarne qualche beneficio come se fosse solo
una buona parola, un buon consiglio spesso indirizza to più agli altri che a noi stessi.
Spesso bisogna leggere un versetto diverse volte prima che il messaggio meraviglioso di amore e di potenza che Dio ci ha messo appaia. Bisogna riflet tere sulle parole prima che la loro forza e bellezza ci trasformino. Da ottobre si è iniziato con la lettura sistematica del Vangelo di Gio vanni. Siamo solo al 1° Capi tolo e, grazie allo stile sintetico ed incisivo di spiegare la Parola con la Parola ( per quanto è pos sibile, ci vengono indicati diver si brani nella Bibbia sul tema) già abbiamo pregustato un Dio innamorato che non deve esse re cercato ma accolto in Gesù… un Dio tutto da scoprire con una certezza in cuore che… da questa lettura… ”il me glio deve ancore venire”. Arrivederci a lunedì sera allo Studio biblico di Don Paolo: https://meet.google. com/kjh-kyta-wvd
Lorena MolinariDOMENICA 13 NOVEMBRE 2022: VI GIORNATA MONDIALE DEI POVERI
Dalle Parole del Papa per la VI giorna ta mondiale dei poveri. Sappiamo che il problema non è il denaro in sé, perché esso fa parte del la vita quotidiana delle persone e dei rapporti sociali. Ciò su cui dobbiamo riflettere è, piuttosto, il valore che il de naro possiede per noi: non può diventa re un assoluto, come se fosse lo scopo principale. Un simile attaccamento im pedisce di guardare con realismo alla vita di tutti i giorni e offusca lo sguar do, impedendo di vedere le esigenze degli altri. Nulla di più nocivo potreb be accadere a un cristiano e a una co munità dell’essere abbagliati dall’idolo della ricchezza, che finisce per incate nare a una visione della vita effimera e fallimentare. Non si tratta, quindi, di avere verso i poveri un comportamento assistenzialistico, come spesso accade; è necessario invece impegnarsi perché nessuno manchi del necessario. Non è l’attivismo che salva, ma l’attenzio ne sincera e generosa che permette di avvicinarsi a un povero come a un fra tello che tende la mano perché io mi riscuota dal torpore in cui sono caduto La povertà che uccide è la miseria, fi glia dell’ingiustizia, dello sfruttamen to, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse. È la povertà di sperata, priva di futuro, perché impo sta dalla cultura dello scarto che non
concede prospettive né vie d’uscita. È la miseria che, mentre costringe nella condizione di indigenza estrema, intac ca anche la dimensione spirituale, che, anche se spesso è trascurata, non per questo non esiste o non conta. Quan do l’unica legge diventa il calcolo del guadagno a fine giornata, allora non si hanno più freni ad adottare la logica dello sfruttamento delle persone: gli altri sono solo dei mezzi. Non esistono più giusto salario, giusto orario lavora tivo, e si creano nuove forme di schia vitù, subite da persone che non hanno alternativa e devono accettare questa velenosa ingiustizia pur di racimolare il minimo per il sostentamento. La povertà che libera, al contrario, è quella che si pone dinanzi a noi come una scelta responsabile per alleggerirsi della zavorra e puntare sull’essenziale.
In effetti, si può facilmente riscontra re quel senso di insoddisfazione che molti sperimentano, perché sentono che manca loro qualcosa di importan te e ne vanno alla ricerca come erranti senza meta. Desiderosi di trovare ciò che possa appagarli, hanno bisogno di essere indirizzati verso i piccoli, i deboli, i poveri per comprendere final mente quello di cui avevano veramente necessità. Incontrare i poveri permette di mettere fine a tante ansie e paure in consistenti, per approdare a ciò che ve ramente conta nella vita e che nessuno può rubarci: l’amore vero e gratuito. I poveri, in realtà, prima di essere ogget to della nostra elemosina, sono soggetti che aiutano a liberarci dai lacci dell’in quietudine e della superficialità.
ADULTI SENZA ANIMA?
Sono ormai trent’anni che lavoro pastoralmente con ado lescenti e giovani, in luoghi e situazioni diverse e mi sono fatto una mia idea. Ho lavorato con delle compagnie di ra gazzi, con gruppi giovani nei quartieri poveri del Brasile, con giovani nelle comunità terapeutiche e con ragazzi in contrati nelle parrocchie.
In primo luogo c’è un problema d’identità cristiana. Le co munità cristiane che non provengono da un cammino fon dato sull’ascolto della Parola di Dio, quello che hanno da offrire sono delle tradizioni che non hanno più nulla da dire alle nuove generazioni, assieme a delle liturgie spente. Aiu tare queste comunità a riscoprire la bellezza del Vangelo per liberarsi dalle cianfrusaglie del passato, è uno dei compiti più importanti che la Chiesa si trova d’innanzi, nell’epoca postcristiana che stiamo vivendo. Più che processioni, pon tificali, turiboli, cappucci, medaglioni e candelabri d’oro, mi piacerebbe vedere adulti che sperimentano la bellezza della preghiera di Gesù, il desiderio di una vita di comunio ne, attenta alle persone più fragili. In secondo luogo, c’è una constatazione che colgo sul mon do degli adulti, dei genitori. Si percepisce sempre di più un affanno, la difficoltà di portare avanti con serenità le scelte fatte nella giovinezza. Certamente, la situazione economica in perenne crisi, non aiuta. A mio avviso, comunque, il pro blema è un altro. L’adulto che non ha lavorato sulla propria interiorità nell’adolescenza e nella giovinezza, si trova co stretto a riempire il buco che si ritrova nell’anima, con delle cose, della materia, del movimento. La vita spirituale non s’improvvisa. Incontro ragazzi disorientati e quando gratto un po’ sotto, scopro che provengono da genitori che non hanno altro da offrire che delle cose, della materia. La dif ficoltà a dare una direzione educativa, nasce dalla difficoltà a prendere delle decisioni che abbiano una coerenza e una durata nel tempo. Chi non proviene da un cammino spiri tuale, difficilmente ha imparato la fatica di prendere e abi
tare decisioni scomode. Spiritualità non vuole dire chiesa. La spiritualità è il materiale che troviamo alle risposte che cerchiamo durante la vita. Senza dubbio la religione offre un materiale spirituale, ma non è l’unico. La meditazione non è un’attività specifica di una religione, ma è una pro posta per imparare a valorizzare la propria vita interiore. Il disorientamento di tanti giovani proviene proprio da qui, dal non aver incontrato in casa del materiale che li possa aiutare a valorizzare, a scoprire la dimensione interiore della vita. Senza dubbio, c’è tempo anche da adulti ad imparare a curare la propria spiritualità, la dimensione interiore. Per quanto mi riguarda, la cura della dimensione interiore l’ho appresa da mio padre. Si chiamava Cesare. Era un operaio, che lavorava dieci ore al giorno e aveva sulle spalle una famiglia di quattro figli oltre alla moglie e i suoi genitori: eravamo in otto. Non mi ha mai detto o insegnato a pregare: l’ho visto io. Da bambino e poi da adolescente, mi colpiva il fatto che si alzasse due ore prima del lavo ro per leggere la Bibbia, dire un rosario, recitare le lodi. L’ho scoperto per caso una mattina all’alba mentre andavo in bagno. Ho visto la luce accesa in cucina e sono sceso lentamente per vedere chi c’era. Ho visto lui, mio padre, intento a leggere la Bibbia. Dopo quella prima volta, l’ho osservato di nascosto molte altre volte. Lavorava come un asino, spesso maltrattato sul posto di lavoro, umilia to perché era un operaio, ma quando arrivava a casa era sempre sorridente. È questo sorriso che mi ha incuriosito nel tempo, perché non aveva una giustificazione materia le. Osservandolo più da vicino ne ho colto il segreto e l’ho fatto mio. Non gliel’ho mai detto.
Curare la vita spirituale non è una questione di denaro né di tempo, ma di desiderio di una vita diversa, più auten tica.
Paolo CuginiI Cristiani e la messa
Nel giornale di settembre Don Paolo ha scritto questo sul la Messa: la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana è la messa domenicale, che è il momento più alto del cammino di fede di una comunità, perché ci trovia mo tutti insieme ad ascoltare la Parola di Gesù e ad alimentarci di Lui per vive re come Lui. La famiglia cristiana, che pone come priorità del proprio cammino la conoscenza di Gesù Cristo, pone come priorità della settimana la partecipazio ne alla messa domenicale.
Provo ad elencare alcuni comportamenti o modi di dire riguardanti la nostra par tecipazione alla Messa domenicale e la sciare a chi legge il confronto con quanto esposto sopra.
Per me la messa è un obbligo e se la per do commetto un peccato.
Si sente dire: io vado a prendere la messa dove mi è più comodo secondo i miei impegni. Spesso si usa il termine ascoltare la messa e in questo il lockdown ha creato un po’ di confusione.
La messa viene valutata in base alla durata e in particolare lunghezza dell’omelia (predica).
C’è chi arriva spesso dopo l’inizio, anche dieci minuti
dopo (anni fa si diceva che la validità della messa iniziava dopo la predica ) e scappa appena finita la comunione. Si cercano gli ultimi posti in chiesa lasciando i primi banchi sempre vuoti (lo dice anche il Vangelo: beati gli ultimi perché saranno i primi).
In chiesa sto fermo nel mio banco e guardo sempre avanti per non distrar mi, (la disposizione di molte chiese non permette una partecipazione condivisa come auspicato dal Concilio Vaticano II ).
Ricevo la comunione solo in feste o occasioni particolari. Mi piace avere il foglietto per leggere la messa. I mo menti di pausa o silenzio non mi piac ciono, allungano i tempi. A volte i ge nitori portano o prelevano i bambini a metà messa del catechismo o aspettano fuori che finisca. Quando sono in vacanza o sono costretto a lavorare salto la messa e poi la recupero nelle domeniche in cui sono a casa. Spero che da questo confronto possa emergere il desiderio di aggiustare i nostri modi di essere cristiani e trovare spunti per cambiare quanto ci appesantisce.
Eugenio CuratiCICLO DI INCONTRI SU FEDE E OMOSESSUALITA’
ASSOCIAZIONE PALATA E DINTORNI in collaborazione con ASSOCIAZIONE LA TENDA DI GIONATA ORGANIZZANO
CICLO DI INCONTRI S U FEDE E OMOSESSUALITA’ GENNAIO 2023
1. CHE COSA DICE LA BIBBIA? Con don Gianluca Carrega (biblista di Torino)
Venerdì 13 gennaio 2023 ore 21 in meet
2. CHE COSA DICE LA CHIESA? (magistero e teologia) con don Paolo Cugini (direttivo Tenda di Gio nata)
Venerdì 20 gennaio 2023 ore 21 in teatro di Dodici Mo relli
3. CHE COSA DICONO LORO, LESBICHE E OMOSESSUALI E I LORO GENITORI? (con Luca, Beatrice e Giampiero)
Venerdì 27 gennaio 2023 alle 21 in teatro a Dodici Mo relli
Obiettivo del percorso: fornire un materiale di qualità affinché le persone che frequentano le nostre comunità possano avere strumenti per comprendere meglio il pro blema della relazione tra fede e omosessualità.
Un breve corso per saperne un po’ di più
Il progetto che proponiamo nasce dall’idea, maturata in alcune parrocchie, di approfondire il tema fede e omoses sualità da quei punti di vista che possono aiutare a com prendere meglio la tematica. Abbiamo, inoltre, cercato di elaborare un percorso breve ma, allo stesso tempo, in grado di fornire contenuti di qualità. Il percorso si snoda sulle ri sposte a tre domande: che cosa dice la Bibbia, che cosa dice la Chiesa e che cosa dicono loro, vale a dire, i diretti inte ressati: lesbiche, omosessuali e i loro genitori. Per la prima risposta sfoglieremo quei passi della Bibbia che toccano il tema omosessualità e cercheremo di analizzarli tenendo conto degli studi più avanzati dell’esegesi biblica. Nel se condo, partiremo dalle pagine del Magistero della Chiesa proponendone una lettura critica alla luce del cammino del la teologia attuale, per cogliere gli snodi problematici e le possibili soluzioni che vengono presentate. Infine, daremo la parola ai diretti interessati per ascoltare da loro come vi vono il cammino di fede nella comunità cristiana. La proposta è stata analizzata dall’équipe formativa della Tenda di Gionata e ha avuto il parere positivo del direttivo che ha deciso di sostenerla e di divulgarla. Ciò significa che la parrocchia, gruppo scout, o qualsiasi tipo di associazione o movimento che volesse richiedere il breve percorso pro posto, può entrare in contatto con l’équipe formativa della Tenda di Gionata che, insieme, provvederà a costruire il progetto tenendo conto del contesto.
Paolo Spina: paolospina86@yahoo.it Paolo Cugini: sempreprese@gmail.com
La forza del perdono
28 luglio 1988. Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi sono arrestati all’alba. Leonardo Marino, ex operaio Fiat ed ex militante di Lotta continua, accusa Sofri e Pietrostefani di es sere i mandanti dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi (Mi lano, 17 maggio 1972) e Ovidio Bompressi di essere l’esecutore materiale. Leonardo Marino si au toaccusa in quanto autista dell’ag guato. Altri ex dirigenti di Lotta Continua ricevono comunicazioni giudiziarie per concorso in omi cidio. Una storia italiana lunga 15 anni e 12 sentenze e che comincia con la strage alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, per tutti Piazza Fontana (12 dicembre 1969, 16 i morti e 88 i feriti). Poche ore dopo viene fermato l’anarchico Giusep pe Pinelli che, nella notte tra il 15 e 16 dicembre del 1969, muore precipitando dalla finestra della questura di Milano. Commissario Capo di Pubblica Sicurezza e ad detto all’Ufficio politico della Que stura di Milano è Luigi Calabresi.
Comincia contro di lui una campa gna di linciaggio feroce che culmi nerà nel suo assassinio il 17 maggio 1972. Lascia una moglie di 25 anni, due bambini piccoli e un terzo in pancia.
Ma Gemma Capra, questo il nome della giovane vedova, non si ferma lì. Non rimane avvinghiata all’odio.
In un libro, che è la storia di un lun go viaggio che rende il dolore fecon do, “La crepa e la luce. Sulla strada del perdono. La mia storia” racconta “l’esperienza più significativa che mi sia capitata nella vita, quella che le ha dato un senso vero e profondo: perdonare”.
Il libro va letto e gustato: nulla di quanto scritto sembra irrilevante o di poco conto. Dalla sua infanzia in una famiglia molto benestante ma di grande fede, con tempo e denaro speso per i poveri, al tempo vissuto con i fratelli, lei “bambina di mez zo”, quarta di sette fratelli, troppo piccola per i primi e troppo grande per i secondi, al matrimonio a 23 anni con Gigi, all’omicidio sotto casa.
Ho sempre seguito questa dolorosa pagina della no stra storia, ho molto letto (i libri del figlio, Mario Calabresi, già direttore di La Stampa e Repubblica) ma soprattutto ricordo le tante immagini di questa donna minuta che si pre sentava a tutte le udienze con i figli, immagine di grande compostezza, che ha cresciuto i figli nella pace, sapendo che l’odio e il desiderio di vendetta li avrebbe consumati, che dichiarava che avrebbe ac colto e rispettato la sentenza dei magistra ti, qualunque fosse stata, nel pieno rispetto delle istituzioni. Ricordo anche che il Pre sidente Napolitano, il 9 maggio del 2009, in occasione della giornata della memoria del le vittime del terrorismo volle far incontrare Licia Pinelli e Gemma Calabresi, due donne e due vittime di quegli anni.
Ascoltarla al Festival francescano è stato emozionante. Una platea attenta e silenziosa ha ascoltato parole potenti pronunciate con tono sommesso e ha toccato un’esperienza di fede profonda.
Mariarosa NannettiINSIEME AL DOPOSCUOLA
Buongiorno a tutti! Siamo i bambini del doposcuola e vorremmo raccontarvi le nostre giornate con i nostri amici con cui trascorriamo il pomeriggio. Siamo a Do dici Morelli, nell’edificio dell’oratorio, qui ci trovia mo tutti i giorni dal lunedì al venerdì. Frequentiamo la scuola pri maria quindi ci sono bam bini dalla 1° alla 5°. Ogni giorno, usci ti da scuola, Massimiliano ci aspetta e ci accompagna a piedi lungo le vie del paese fino alle sale dell’oratorio dove ci aspetta Silvia per ser virci il pranzo. Di solito siamo in una ventina. Dopo pranzo si va in cortile o nel campo a giocare. Al suo no della campana delle ore 14,30 entriamo in sala per fare i compiti. Siamo accompagnati da adulti volonta ri: Elena, Pina, Simona, Lucio e Claudio. Stando as sieme impariamo la condivisione e a non litigare con i compagni. A volte ci aiutiamo nel fare i compiti, per ché prima finiamo, prima usciamo in cortile. Abbiamo progettato che anche quest’anno faremo il nostro orto con l’aiuto dei nonni Roberto e Silvio così imparere mo a prenderci cura delle piante. Ora intervistiamo i nostri amici rivolgendo loro questa domanda:“Cosa vorresti far sapere ai tuoi amici sul doposcuola?” Ye d,classe 4°- Vorrei invitare Youssef e Yaakub per stare insieme qui dove impariamo bene la lingua italiana; Sabrina,4° - Voglio far sapere ai miei amici che qui è un posto bellissimo;Edoardo, Pietro e Nicholas classe 1° dicono che si fanno i compiti, si fa merenda e si può andare nel campo a giocare a pallone; Malak dice che al doposcuola è bello perché c’è moltissimo spazio per
giocare dopo i compiti; Alyson- Si sta bene, si gioca, si fanno i compiti e si torna a giocare; Martina, 4°- E’ un posto meraviglioso, potrebbero ve nire tanti altri bambini; Jasmine e Lorenzo B., 4°- E’ un posto molto bello, ha uno spazio molto grande per giocare tutti assieme più siamo meglio è; Ludovica di 3° al suo primo giorno di doposcuola dice che si è divertita e ha trovato amici nuovi Carlot ta, 4°- Vorrei invitare i miei amici che non conoscono questo posto per giocare tutti assieme e divertirci un mondo.
Ora chiediamo ai nostri educatori perché vengono a fare i volontari qui al doposcuola. Sono tutti d’accor do con Simona nel dire che è più il piacere nel do nare che nel ri cevere, perché questo servizio è tempo dona to ed è tempo prezio so per i ragazzi e tempo molto prezioso per gli educatori; c’è una bella reci procità. La maestra Pina aggiunge: - La stanchezza per la continua concentrazione e per la vivacità e fre nesia dei ragazzi, scompare quando a scuola ottengo no buoni risultati. Mi illudo che un po’ di merito sia anche mio perché cerco di non mollare mai e di farli lavorare anche quando non ne hanno molta voglia. Allora capisco che finchè riuscirò a trarre il meglio da queste giovani menti io, salute permettendo, sarò lì accanto a loro.
L’oratorio a Palata
È più di un anno che è nato l’oratorio e con grande sod disfazione devo dire che non ha mai smesso di funzionare, infatti anche nei mesi estivi, come nei mesi invernali, ha continuato ad essere un punto di riferimento per i giovani del paese e anche per gli adulti.
Dopo la fine del catechismo ed oratoriando, l’oratorio è stato impiegato particolarmente per Estate ragazzi nel mese di giugno, poi è stato regolarmente utilizzato per ef fettuare riunioni, attività pastorali, proposte da don Paolo.È un ritrovo, inoltre, per vedere partite di calcio o altri sport e, in generale, come punto di incontro per gruppi di giovani di età diverse, per passare bei momenti insieme. L’oratorio si è dimostrato in più occasioni un luogo con grandi potenzialità in quanto gode di ampi spazi, offre tanti servizi, come una connessione Internet, una tv con un am pio schermo, utilissima per proiettare e mostrare immagini, video ecc… E’ dotato di aria condizionata, di una dispensa
Cristian Alex Edoardo, classe 5 con bibite e cibo da cui si può attingere, lasciando un’of ferta ragionevole ed infine vi sono delle comode sedute come pouf e divani, che rendono l’oratorio più accoglien te.
Durante l’estate sono continuati i lavori di ampliamento dell’oratorio per rendere sfruttabile anche una seconda sala, che verrà adibita a spazio dedicato ai giochi e ad area di servizio. Tutto questo è stato possibile grazie alla disponibilità di giovani di Palata e di altri paesi, che sotto la guida di alcuni adulti, hanno fornito la manovalanza necessaria per il compimento dei lavori.
Durante i mesi invernali vorremmo proporre laboratori, ad es. di musica, informatica, ecc…, rivolti sia a bambini, sia a ragazzi ma anche ad adulti, per cui se c’è qualcuno che ha idee in merito e può offrire la propria disponibilità gliene saremo grati.
Domenica 23 ottobre nel pomeriggio ci siamo trovati in oratorio a Dodici Morelli per mettere nero su bianco alcuni argomenti e anche alcune iniziative da realiz zare nei mesi di novembre e dicembre. Ecco che cosa abbiamo deciso:
INCONTRI FORMATIVI
Domenica 13 novembre: i cambiamenti climatici mutano anche gli stili di vita dei giovani: che cosa possiamo fare?
Domenica 11 dicembre: la corruzione e la mafia crea no un mondo ingiusto e disuguale. Che strategie i ra gazzi possono adottare per non lasciarsi coinvolgere?
Orario dei due incontri: 16,30 in oratorio a Dodici Morelli
GITA
Domenica 27 novembre a Ferrara
Partenza ore 14 davanti all’oratorio di Dodici Morelli
PIZZA E GIOCO
Domenica 20 novembre
Domenica 18 dicembre
Orario: 18-21
Corso d’informatica per la terza età: dal 14 novembre
Obiettivo del corso: aiutare le persone sopra i sessanta/set tant’anni, che non hanno dimestichezza con il PC e con inter net ad apprendere le basi per poterli utilizzare. Come sappia mo, oggi tutto si fa in internet, dalla spesa alla verifica della pensione. Imparare a creare un indirizzo email, come a control lare la propria cartella sanitaria
è di fondamentale importanza. Per questo l’oratorio ha pensa to di avviare questo corso. In un secondo momento ne avvieremo uno anche per apprendere ad uti lizzare il cellulare.
• Lunedì: 10-11 con don Paolo
• Costo del laboratorio: 5 euro mensili
• Iscrizioni da sabato 29 ottobre
• Dove: Oratorio di Dodici Morelli
• Quando: a partire dal 14 novem bre
L’oratorio è una proposta edu cativa della comunità cristiana. Gli spazi che vengono messi a disposizione hanno come obiet tivo quello di favorire la cono scenza di Gesù e la sua comu nità attraverso l’integrazione, la relazione e l’amicizia. Per raggiungere questi obiettivi, il coordinamento oratorio attiva al suo interno delle proposte e, tra queste, i laboratori.
Qui di seguito i laboratori che verranno attivati a partire dal mese di novembre a Dodici Mo relli:
LABORATORI 2022-23
• Mercoledì: 15-16 con Salva tore Inglese per i bambini delle ele mentari: lunedì dalle 16,45 alle 17,45 con Diana.
Da lunedì 7 novembre
Robotica. Dalle 17 alle 18 al gio vedì con Salvatore D. Due turni dal 17 novembre
Presepio: sabato pomeriggio alle 14,30 con Alex
Coro sabato 15,30 con Diana e Cristina (è già iniziato)
Corso d’informatica per la terza età: dal 14 novembre
• lunedì 10-11 con don Paolo
• Mercoledì 15-16 con Salvatore
Cucina per elementari martedì 17-18 con Denise, Francesca, Tiziana. Dall’ 8 novembre
Ping-pong sabato 18,30-19,30 con Andrea P. Da sabato 12 novembre
Costo dei laboratori: 5 euro mensili Iscrizioni da sabato 29 ottobre
Le donne e la resistenza in Ucraina
Sono trascorsi ormai otto mesi dal giorno in cui la Russia ha sferrato un cruento attacco militare verso la vicina Ucraina. Per l’orso russo doveva essere una “guerra lampo” per annettersi, in parte o tutto quel che è considerato il granaio d’Europa e del Medio Oriente. Abbondanti sono infatti le loro produzioni di frumen to, orzo, segale, farro. Non è andata come credevano. In questa nazione, dove sono presenti varie etnie slave, è subito emerso un alto senso dello Stato, che si è con cretizzato con un’ener gica opposizione alla tracotanza russa e, nel contempo, ha messo in risalto la fede nei valori della libertà fino all’e stremo sacrificio. Un esempio di eroismo più unico che raro, specie di questi tempi. Men tre gli uomini di età compresa fra i 18 e i 65 anni si sono arruolati per difendere il proprio Paese, appare inusitato il ruolo di prim’ordine messo in atto dalle donne ucraine. Dai dati ufficiali, almeno 60.000 di esse si sono arruolate per combatte re al fianco dei loro uomini, ma di fatto, almeno dieci volte tanto sono quelle che contribuiscono alla resi stenza in modo indiretto. E questo numero aumenta a dismisura. Ciò che stupisce è lo slancio e lo spirito di abnegazione con cui si prodigano e la trasversalità sociale che coinvolge donne di tutte le età e di tutti i ceti della società ucraina. Sono veri e propri esempi di solidarietà, non solo morale, ma di quotidiani approc
ci con l’imprevedibilità delle brutture della guerra. Non starò qui a sciorinare i molteplici interventi di queste donne che, fra l’altro, ci sono abbondantemente proposti dai mass-media ma la loro sensibilità e sollecitudine nell’affrontare le quotidiane problema tiche conseguenti alle recrudescenze della contesa militare, restano un esempio per tutti noi. La Russia ha messo in luce tutti i suoi limiti militari. Per porvi “rimedio”, attacca i punti nevralgici delle città ucrai ne come acquedotti, elettrodotti, gasdotti e obiettivi civili per pura rivalsa. Inoltre minaccia quasi quo tidianamente l’uso di armi nucleari. Inutile dire che tutte le diplomazie del pianeta si stanno impegnan do per disinnescare questo stato di fatto. Oltre all’ONU, fra i tanti dissuasori mon diali emerge la figura di Papa Francesco, il quale si sta spendendo con slancio e determinazione verso gli autocrati russi e la Chiesa cristiano-ortodos sa russa per indurli alla desistenza da questa atroce guerra. Sino ad ora non si è arrivati al peggio ma gli appelli alla pace sembrano caduti nel vuoto. Il Santo Padre non è però tipo da darsi per vinto, pertanto spero proprio che in un prossimo futuro riesca a fermare i diabolici intenti dell’unica autocrazia europea. Che Dio ci protegga!
Anche i russi amano i loro figli
Un paio di sere fa una radio ha trasmesso “Russians”, la splendida canzone di Sting di quasi quarant’anni fa. Era no gli anni della Guerra Fredda. Gli anni di Reagan e di Chruscev, sostituiti nel finale da G.W.Bush e da Gorbaciov. Di lì a poco, nel 1989, il crollo del Muro di Berlino sancì la fine di quel terribile periodo. E la dissoluzione dell’U nione Sovietica. Un ticchettio di orologio segna l’inizio e la fine di quella canzone. Quasi a ricordare l’apocalisse. Il testo ci ricorda che “non esiste una guerra che possa essere vinta” ma ciò che più mi ha colpito è il passaggio in cui Sting auspica che “anche i russi amino i loro figli” e che questa sia l’unica cosa in grado di salvare il mondo. E come dubitarne, mi son detto. Sì, l’amore salverà il mondo. Non sempre risulta facile crederlo, in particolare quando vediamo che a distanza di pochi anni da quelle parole, una guerra atroce è scoppiata alle porte dell’Europa. O forse, viste le conseguenze economiche che anche qui da noi sta causando, la paura che cerchiamo di allontanare dalla no stra mente ma che puntualmente si ripresenta, potremmo dire che questa guerra è ormai nel cuore dell’Europa. Una sensazione di smarrimento ci pervade. Il Vangelo di alcune domeniche fa terminava con una domanda per certi aspetti “inquietante”: ma il Figlio dell’Uomo quando verrà, tro verà la fede sulla terra?. Verrebbe da aggiungere, ma il Figlio dell’Uomo troverà ancora la Terra come la cono
Lucio Garutti sciamo ora? L’invasione Russa dell’Ucraina ha riaper to nella mente antiche paure. Che poi, se pensiamo alla pandemia, non sono così antiche. Ma se allora rischiava mo di perdere uno stile di vita, un modo di vivere fatto di relazioni, di incontri, di viaggi e di scambi, ora rischiamo di perdere, per sempre, la pace. Quella pace che l’Euro pa ha saputo garantirci negli ultimi 75 anni. E pensare che c’è ancora qualcuno, qualche due, che si chiede a cosa serva l’Unione europea. Quantomeno a garantire la pace. Vogliamo dircelo una volta per tutte? Una pace che sembrava un diritto acquisito. Anche se ora, da più parti, sembra scricchiolare. Un lavoro durato anni e costato sa crifici, pare ora compromesso. Ma soprattutto pare com promesso quel sistema di governo chiamato democrazia. Pare compromessa la nostra stessa libertà. E in questo triste epilogo, c’è solo una voce che si alza forte e decisa a chiedere la pace. Subito. Senza tante ambiguità. E’ la voce di Papa Francesco. “Promuovere e sostenere iniziative di dialogo” – dice a tutti. Facciamo respirare alle giovani generazioni l’aria sanata della pace, non quella inquina ta della guerra, che è una pazzia! Facciamo finire questa immane tragedia”. Ogni commento pare superfluo. Sono parole chiare e immediate da capire. Ma chi può fermare questa guerra, i potenti della Terra, lo ascolteranno?
Massimiliano BorghiL’ALBERO DELLE DONNE
A chi piace la violenza di genere? A nessuno, spero. Cosa si intende per violenza di genere? Copio testualmente dal cellulare: “Con l’espressione violenza di genere si indicano tutte le forme di violen za da quella psicologica e fisica a quella sessuale, da gli atti persecutori del cosiddetto stalking allo stupro, fino al femminicidio, che riguardano un vasto numero di persone discriminate in base al sesso.” Giornalmen te i responsabili dell’informazione ci aggiornano, ci impressionano, ci riempiono la mente di immagini e dettagli pornografici e lucrano perché la cronaca nera ha sempre prodotto fiumi di de naro. Occorre INVERTIRE LA ROTTA, è ne cessario che le informazioni diventino prope deutiche e funzionali al discorso educativo, in particolare delle giovani generazioni, al rispet to delle donne e di tutte le persone fragili nella fratellanza e nell’accettazione dell’altro e delle altrui scelte. INVERTIRE LA ROTTA significa RUMINARE cioè mangiare e digerire e fare proprio e fare propaganda alla tolleranza e alla non violenza. Nel 1999 l’ONU istituì la giorna ta internazionale contro la violenza sulle don ne che ricorre il 25 novembre; dalla riflessione su questa giornata ha preso forma un’idea. La sezione crevalcorese dell’UDI (Unione donne in Italia) congiuntamente alla parrocchia e al gruppo culturale e ricreativo no profit “Palata e dintor ni”, con il patrocinio dell’Amministrazione comunale di Crevalcore, ritengono cosa opportuna e meritevole organizzare un evento a tal proposito.
Luogo di svolgimento: giardinetto a fianco della chie sa di Palata Pepoli
rappresentazione: aperialbero. Digressione impegnata ma non impegnativa accompagnata da gnocchini frit ti e altre leccornìe stagionali (molti fanno l’apericena qui si farà l’aperialbero)
giorno: 7 dicembre 2022
PROPOSTA A TUTTE LE LETTRICI DI PARTECIPAZIONE ATTIVA ALLA REALIZZAZIONE DELL’ALBERO DELLE DONNE
Se sai lavorare ai ferri o all’uncinetto, entro il 20-25 novembre, fai delle mattonelle di lana rossa della for ma che ti piace (quadrata, rotonda, a fiore, a rombo), realizza il punto che preferisci, di dimensione di 15-20 centimetri di lato o di diagonale, tutte le mattonelle unite assieme serviranno per formare la corona deco rativa dell’albero, se hai del filato tuo puoi utilizzarlo oppure ti verrà consegnato gratuitamente.
Il colore della lana sarà esclusivamente rosso, in tut te le sue sfumature, perché il colore rosso, cosa risa puta, è il colore dell’energia, della forza, della terza virtù teologale cioè la carità, della passione amoro sa. Per coloro che realizzano l’albero natalizio delle donne, il rosso rappresenta il colore del tanto sangue, troppo, purtroppo,versato a causa dei troppi e sempre crescenti FEMMINICIDI.
S. MARIA GORETTI - ricordata il 6 luglio protettrice delle donne vittime di violenza sessuale, vessazioni di ogni tipo da parte di mariti, padri, fidan zati, amici, datori di lavoro e sconosciuti, per scelta di Papa Francesco, Venne uccisa a soli undici anni, gracile, piccolina di statura, minuta, malata di malaria e di povertà, come si evince dall’autopsia, venne proclamata santa da Papa Pio XII nel 1950 a soli quarantotto anni dalla morte, sull’onda della devozione popolare spontanea: Tanto fu lo scalpore e l’eco dell’omicidio e della violenza e dello scempio di Marietta, anche negli anni a seguire; nel 1947 E. Berlinguer la definì “Santa pro letaria” e assieme a Irma Bandiera (staffetta partigia na) additò come esempio di alta moralità; dopo alcuni anni anche P. Togliatti la ricordò come modello di co erenza e impegno.
MARIETTA, così chiamata in famiglia, dopo un’a gonia tremenda conseguente a quattordici colpi di punteruolo perdonò il suo carnefice; questa brevissi ma riflessione vuole ricordare la purissima e dolce Marietta per il suo esempio di amore puro e divino.
Carla GeneratiDisagio sociale. Il CARDINAL ZUPPI ne ha parlato con i Sindaci
Un sabato sera davvero ricco di contenuti e molto par tecipato quello che, ai primi di ottobre, nella chiesa di XII Morelli ha visto confrontarsi il Cardinal Zuppi, il Sindaco di Cento Accorsi e il Sindaco di Crevalcore Martelli sul tema del disagio sociale post pandemia. Se partiamo da alcuni dati della realtà italiana, possiamo dire che per l’Istat i po veri (assoluti) in Italia sono 5,6 milioni di in dividui. Il 9,4 per cento del totale, 1,9 milioni di famiglie, pari al 7,5 per cento dell’universo. Ben più estesa la pover tà relativa, la cui inci denza sale all’11,1 per cento. Le famiglie sotto la soglia: circa 2,9 mi lioni. Andranno tutti a stare peggio per effetto della crescente inflazione e del caro bollette dovute all’energia. Dati che ha snoccio lato anche il Sindaco Accorsi, ovviamente parametrati alla realtà del nostro comune e che sono stati confer mati dal suo collega di Crevalcore. Per quanto riguarda poi Cento, come ha portato all’attenzione dei relatori don Paolo, che faceva da moderatore, è emersa in tut ta la sua drammaticità la situazione della VM, storica fabbrica di motori diesel ora in forza al Gruppo FCA. Nel 2023 non verranno più prodotti motori diesel per le auto. Dai 1200 dipendenti di alcuni anni fa, si è pas sati agli 800 attuali che nei prossimi mesi caleranno di altre 300-400 unità. Per non parlare dell’indotto delle
tante imprese artigiane che ruotano attorno alla VM. Anche il cardinal Zuppi ha espresso preoccupazione per l’attuale congiuntura internazionale, economica e sociale: “La crisi bellica, che pare dettata dalla spe culazione, quella energetica ed economica – ha detto – fa crescere le disparità e il disagio sociale: abbia mo oggi bisogno di una fede che diventa cultu ra, offre una visione, si apre al dialogo e ispira proposte che portano non divisione ma unità”. Ha poi proseguito sot tolineando come l’inte resse della Chiesa siano le persone. Per questo è rimasto deluso dalle tan te astensioni che ci sono state alle elezioni. “Mol te persone – ha proseguito il cardinale – non votano perché non si riconoscono in un sistema elettorale che sembra non rispondere ai desideri della gente”. A conclusione dell’ora di confronto, i due sindaci han no ribadito come dalla crisi, da tutte le crisi, si esca “facendo comunità”. Cosa che ha trovato concorde anche il nostro arcivescovo. “Quando mi si dice che le vostre parrocchie sono di confine, dico che questo dev’essere un motivo di forza! Vedo la bella realtà dell’oratorio che avete attivato in questi due anni, del doposcuola presente da quasi dieci anni. Quante cose belle! Quante belle risposte ai bisogni della gente”.
Massimiliano Borghi“Ho riallacciato i rapporti con il presidente Vladimir Pu tin. Per il mio compleanno mi ha regalato venti bottiglie di vodka. Io gli ho risposto con delle bottiglie di lambru sco”. Berlusconi - suo il virgolettato - vanta da sempre uno stretto rapporto di amicizia con il capo del Cremlino, che ha conosciuto quando era presidente del Consiglio e che è anche andato a trovare in Crimea nel 2015. Tralasciando il significato politico-morale dell’affermazione sopra citata, voglio soffermarmi sul tipo di vino che Berlusconi ha rega lato: il Lambrusco. Mi ha sorpreso che in pochi vi abbiano posto la dovuta attenzione. Fino a qualche anno fa, sarebbe stato “aberrante” parlare di Lambrusco quale ambascia tore dell’eccellenza italiana. Ne è passato di vino, pardon, di acqua sotto i ponti. Il Lambrusco, a ragione, è diventato un signor vino tant’è che la guida che registra le migliori performance in campo enologico, quella del Gambero Ros so, ha assegnato il massimo riconoscimento a ben 6 Lam bruschi. I Tre Bicchieri sono infatti andati al Sorbara del Fondatore di Cleto Chiarli, al Sorbara in purezza di Silvia Zucchi, all’intramontabile Concerto 2021 di Ermete Medi ci, al Sorbara Metodo Classico Rosé di Cantina della Vol ta, a L’Eclisse di Paltrinieri e al Sorbara Omaggio a Gino Friedman di Cantina Carpi-Sorbara. Li troviamo tutti di
slocati tra Modena e Reggio Emilia, con il capofila che è senza dubbio il Sorbara, ma non può passare inosservato come in questi anni sia stato davvero importante il lavoro svolto dalle tante cantine che, sull’asse della via Emilia, hanno lavorato per portare il Lambrusco a primeggiare con i ben più blasonati vini toscani e piemontesi. A partire dal lambrusco reggiano, passando per il Grasparossa e il Salamino, occorre ammettere che la piacevolezza, la be vibilità, la pulizia di questi vini è alle stelle e tutto ciò av viene sempre con prezzi altamente popolari, specialmente se paragonati ai vini best seller, vedi il Barolo, l’Amarone o il Brunello. E se proprio dovessimo consigliarne uno di lambrusco? Beh, di quelli sopra menzionati, al mio palato quello che più mi ha impressionato è il Sorbara Metodo Classico di Cantina della Volta. Questo Lambrusco col pisce da subito per l’eleganza del colore rosa tenue. La spuma delicata nelle sue bollicine, ricorda i Franciacorta. Lampone e fragolina di bosco è il gusto che più si per cepisce all’assaggio. Un vino di buon corpo che, dopo il primo sorso, invoglia immediatamente al secondo. In due, se non si deve guidare, si rischia seriamente di finire la bottiglia. Per sicurezza, tenetene una seconda in cantina per la cena successiva.
Massimiliano Borghi(finalmente) internazionale
IL CARDINAL ZUPPI IN MEZZO A NOI eventi
Sabato 8 ottobre 2022 per la parrocchia di Dodici Morelli è stata una giornata memorabile, di quelle che entrano nella storia di un paesino come il nostro.
Al pomeriggio il Cardinale è arrivato per le cresime di cinque ragazzini/e. Ormai nei nostri paesini i nu meri sono questi. Da una parte le nascite che dimi
ro, ma la sostanza. La cerimonia è stata bella anche perché curata nei dettagli. Bella è stata la partecipa zione dei genitori dei cresimandi che, per l’occasio ne, hanno raccolto un’offerta consegnata al Centro di Ascolto della nostra Caritas. Il coro, come sem
nuiscono anno dopo anno; dall’altra il disinteresse di famiglie che preferiscono investire su altre cose piuttosto che nel cammino di fede dei propri figli. Il Cardinale, comunque, è venuto lo stesso, mostrando una Chiesa davvero vicina, che non guarda il nume
pre, bravissimo al punto che lo stesso Cardinale più volte si è fermato per complimentarsi.
A cena c’erano i catechisti e alcuni ragazzi e ragazze delle superiori impegnati in varie attività della par rocchia. È stato bello vedere il Cardinale conversare con questi ragazzi con semplicità e naturalezza. Bel lo anche il clima di amicizia durante il pasto.
Dopo cena, in chiesa, com’era stato preannunciato, l’incontro del Cardinal Zuppi con i sindaci di Crevalcore e Cento per una tavola rotonda sul tema del disagio. Significativa è stata la partecipazione. La chiesa gremita non solo di persone delle nostre quat tro parrocchie, ma anche dei paesi limitrofi ha testi moniato la bontà dell’iniziativa.
GITA ALLE ISOLE DI VENEZIA
Sabato 22 ottobre abbiamo partecipato alla gita alle isole veneziane di Torcello, Burano e Murano. Era aperta ai residenti delle quattro parrocchie e l’adesio ne è stata molto buona visto che si è riempito un bus. Il bus ci ha portato al Tronchetto da dove siamo partiti con un battello per il nostro giro delle isole. Torcello è una meta non frequente e quindi poco conosciuta ma è una piccola chicca: un ambiente dove domi na la natura (conta solo una decina di residenti) e presenta un sito stori co significa tivo con una chiesa di inizio mil lennio ed al
cune vestigia di contorno (museo archeologico) non trascurabili. L’isola ha anche diversi ristoranti: in uno di questi ci siamo fermati a pranzare. Un’unica ta volata di circa 40 persone che hanno mangiato all’a perto con la compagnia degli uccellini del parco che, al termine del pasto, hanno fatto pulizia rapidamen te dei residui del cibo: una vera economia circolare! Comunque un bel momento di convivialità e di stare assieme! La seconda tappa è stata Burano, l’isola dei merletti. Veramente carina con tutte le case colorate esternamente con colori accesi e in netto contrasto fra di loro; una consuetudine che viene dal passato ma che permane tutt’oggi. E’ magnifico aggirarsi fra gli stretti viottoli dove è facilissimo perdere l’orienta mento dato che i vicoli non sono fra di loro paralleli. Infine Murano, l’isola del vetro: la più decantata e conosciuta tra le isole ma probabilmente quella con meno fascino rispetto alle due precedenti. Rientro alle 20 dopo una giornata da ricordare.
AntonellaMagna&bev
In occasione del weekend della festa del nome di Maria i giovani di Palata si sono impegnati per realizzare un evento di due serate di mu sica, cibo e birra nel cortile della chiesa. Per l’evento è stata ideata un’atmosfera unica creata da otri illuminati, catene luminose, ballini e pallet che è stata molto apprezzata da chi ha partecipato all’evento. I ragazzi di Palata si sono adoperati anche in cucina e, con l’aiuto di alcuni adulti di grande esperienza, hanno fornito un ottimo servizio. Nel menù spiccavano una grigliata di carne servita in pratici spiedini, la polen
ta fritta, da sempre specialità di Palata, e lo stru del frutto del lavoro di alcune nonne del paese. Alla fine a causa del maltempo l’evento è stato rimandato di una settimana e si è effettivamente svolto nelle serate dell’1 e del 2 Ottobre, con grande soddi sfazione del gruppo giovani che ha visto realizzarsi un bellissimo evento per la comunità.
I giovani di Palata
CENTENARIO DELLA NASCITA DI DON LUIGI
UDIENZA SANTO PADRE eventi
In occasione del Centenario della nascita di Don Lu igi Giussani fondatore di Comunione e LIberazione, Papa Francesco, sabato 15 ottobre, ci ha concesso un’udienza in Piazza San Pietro. In migliaia di perso ne ci siamo ritrovati per ascoltare le parole del Santo Padre. Dopo il saluto del nostro Presidente Davide Prosperi e la testimonianza di due “realtà” del Movimento, Papa Francesco ci ha ringraziato di aver voluto manifestare la nostra comunione con la Sede Apostolica e il nostro affetto verso di lui. Papa Fran cesco ha espresso la sua personale gratitudine per il bene che gli ha fatto, come sacerdote, meditare alcuni libri di don Giussani – da prete giovane - e
anche come Pastore universale per tutto ciò che egli ha saputo seminare e irradiare dappertutto per il bene della Chiesa. Ha ringraziato don Julian Carron per il suo servizio nella guida del movimento durante questo periodo e per aver mantenuto fermo il timone della co munione con il pontificato. Tuttavia, non sono mancati seri problemi, divisioni all’interno del movimento, ma ci ha incitato a non sprecare e il nostro tempo prezioso in chiacchiere, diffidenze e contrapposizioni. Per fa vore! Non sprecate il tempo! Grato sempre più di appartenere al Movimento di Co munione e Liberazione che mi ha cambiato la vita.
Paolo TestoniBologna-Caltanissetta andata e ritorno per amore
É stato emozionante, unico, indescrivibile. Dalla prepara zione spirituale alla cerimonia, dalla serenata del 28 set tembre alla cena del 29 settembre.
Abbiamo voluto tutti al nostro fianco, la Sicilia e l’EmiliaRomagna si sono unite per noi e questo è il messaggio più importante, l’amore unisce. Abbiamo creato un passato presente e futuro per noi e per tutti i presenti. Emozionan te e indispensabile la presenza di Don Paolo che, con un impegno immenso ed una forza da condottiero, ha portato un amore creato a Bologna a Caltanissetta celebrando una messa da premio Nobel per la fede. Grazie Paolo, grazie a tutti, noi ora siamo Carlo e Manuela con l’appoggio di Dio, quindi ancora più forti di prima.
SAN FRANCESCO: UN UOMO FUORI DALLE MURA oltre l’ascolto
Era da un po’ di tempo che desideravamo orga nizzare un momento di preghiera che ruotasse sulla figura di San Francesco d’Assisi, un uomo e un fratello a noi molto caro. La nostra spiri tualità attinge proprio da lui, dalla sua vita che si evince dai suoi scritti. San Francesco è mol to inflazionato, pregato soprattutto come uomo dell’ecologia integrale, uomo estremamente po vero, che sapeva ammansire i lupi e parlare con gli uccelli... Un santo al quale vengono attribu ite frasi del tipo “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’im provviso vi sorprenderete a fare l’impossibile” e preghiere come “La Preghiera Semplice” che recita: “O Signore fa di me uno strumento della tua pace.. ecc.” : frasi e preghiere mai uscite dalle sue labbra e mai presenti nei suoi scritti; un santo quasi intoccabile e impossibile da rag giungere… Ma è davvero così? Lo conosciamo veramente quest’uomo? Nei vent’anni di studi e di confronti con frati francescani, con teologi, religiose e con il mondo terziario francescano, ci si sono aperti dei mondi inaspettati e ma gnifici sulla figura di San Francesco. La prima caratteristica che ci ha affascinato è che è un uomo esattamente come noi: con i suoi difetti caratteriali, le sue stranezze, la sua cultura, i suoi slanci, i sentimenti teneri e delicati, le sue rigidità… E’ un uomo che ha sperato, desidera to, sognato, pianto, sofferto, lottato, discusso; un uomo che non ha mollato il suo sogno, che ha affrontato le relazioni difficili e le incom prensioni standoci dentro, passandoci in mezzo; Francesco è stato un uomo che, alla fine della sua giovane esistenza, ha compreso di essere stato troppo duro con se stesso e con i suoi sen timenti e ha provato, anche alla fine, a cambia re “rotta”; è stato un uomo capace di dialogo ma soprattutto fuori dalla sua fraternità perché all’interno di essa era visto come un peso in sopportabile, un sognatore che puntava troppo in alto e così è arrivato anche ad esserne estro messo. Questo e molto altro è San Francesco e la sera del 4 ottobre grazie alla disponibilità di don Paolo, siamo riuscite a donare qualcosa di questo piccolo-grande uomo forse poco cono sciuto ma molto amato. E’ stata, a nostro avvi so, una serata molto bella: semplice ma credo “pregata” nella familiarità e di questo dobbia
mo davvero ringraziare tutti voi che avete partecipato ma so prattutto che ci avete accolte come sorelle e come amiche. Grazie allora per la vostra accoglienza e... a presto… magari con un bel pellegrinaggio ad Assisi…
Cecilia e GiorgiaSii paziente, non cercare risposte, vivi le domande, ora. parole che nutrono
“Sii paziente verso tutto ciò che è irrisolto nel tuo cuore e [...] cerca di amare le domande, che sono simili a stanze chiuse a chiave e a libri scritti in una lingua straniera. Non cercare ora le risposte che possono esserti date poichè non saresti capace di convivere con esse. E il punto è vivere ogni cosa. Vivere le domande ora”
Sono parole di Rilke, tratte dal libro “Lettera ad un giovane poeta”. In questo libro l’autore, cerca di ri spondere ad alcune domande di questo giovane che vorrebbe sapere e capire se la sua strada sia quella di diventare un poeta, uno scrittore. I giovani si fan no spesso questa domanda e ci sono state generazio ni che si sono sentite dare delle risposte facili e non di rado banali: guarda a quello che ti fa lavorare e meglio ancora quello che ti fa guadagnare di più; in questo modo avrai tempo per mettere su una bella famiglia, dare delle opportunità ai tuoi figli...
La tentazione degli adulti è quella di offrire rispo ste veloci, forse per proteggere, qualche volta per la paura di apparire insicuri, talvolta per la fatica di ascoltare i messaggi che potrebbero arrivare dalle proprie reazioni.
Rilke suggerisce anzitutto pazienza con ciò che è irrisolto dentro di noi, con il tuo non sapere cosa vorrai fare da grande, adesso che sei in confusione perchè ti sei innamorato di un’altra persona ma sei già impegnato, ora che ti è capitato un lutto e ti ha separato da una persona a cui tenevi molto. Quanti irrisolti ci sono nel nostro cuore: in modo diverso
ma siamo tutti tentati di volerli risolvere e possibil mente in fretta.
Non amiamo le domande della vita quando cerchiamo risposte facili e preconfezionate che promettono grandi risultati senza passare per il travaglio della ricerca. Iniziamo ad amarle quando accettiamo di non fuggirle come una minaccia, ma le accogliamo come un’op portunità; ma perché questo accada dobbiamo misurarci con le difese che abbiamo alzato.
Le risposte spesso ci fregano perchè sono il tentativo di cercare una sicurezza in alternativa alla poca stima che abbiamo di noi o attraverso una dipendenza che lusinga e poi umilia. La pazienza è il frutto di un cam mino e di una esperienza che matura con noi.
Vivere ogni cosa, vivere le domande ora, mi sembra l’invito a non nasconderci nella nostalgia del passato “si è sempre fatto così”, nè di fuggire in un futuro pie no di proiezioni “se fossi, se avessi..”, ma di accoglie re il presente per quello che si manifesta e noi stessi per quello che siamo.
Anche in campo ecclesiale troppe volte abbiamo man cato di pazienza e cercato di dare risposte ad ogni domanda o problema, anche etico. Chiediamoci se nel nostro cammino di fede ci è stato più d’aiuto un catechismo con risposte puntuali precise e univoche piuttosto che la testimonianza di persone che con la loro vita ci hanno aiutato a trovare qualche chiave di lettura diversa o ci hanno permesso di imparare parole nuove, nelle quali ci siamo potuti riconoscere e ci han no incoraggiato a procedere.
Pietro RabittiESSERE LA COMUNITÀ DEL SIGNORE la parola del vicario
Se dico cantiere la mia fantasia parte e pensa subito al tipico “umarèl” che controlla, anzi, che commenta l’avanzamento dei lavori che, senza dubbio, è fatto male, a suo dire. Fuori dalla metafora è facile incontrare persone che, pur non volendo vivere la Comunità, si fermano fuori a misurarla, avendo, da fuori, sempre una soluzione migliore di chi la sta costruendo in sieme. Ma torniamo all’immagine del cantiere: se uso un po’ più di sapienza - necessariamente invocandola perché è un dono ed una scelta e non un meccanismo - vedo nella parola cantie re, spostato l’umarèl, il concetto vivo e vivace di lavoro in divenire. Ed è in questa ottica che i nostri Vescovi ed i coordinatori del Sinodo in Italia (e per esteso anche nella nostra Dioce si) ci hanno affidato una prima chiave di lettu ra del cammino fatto finora e quello ancora da fare: un lavoro appena iniziato e non risolto né risolvibile col Sinodo. Ma, per capirci qualcosa di più, occorre mettere ordine. Lungo lo scorso anno, la Chiesa tutta si è inter rogata su quello che - semplificando all’estremo e quindi impoverendo - è lo stato di salute del suo essere la Comunità del Signore, con chia rezza, senza veli e senza pregiudizi ma anche senza pianti greci. Per riuscire a prendere e registrare il polso della vita reale della Chiesa si è suggerito un continuo dialogo esperienzia le, partendo pure da domande di riferimento sull’essenza reale della Chiesa oggi sia “ad in tra” (cioè all’interno stesso della vita ecclesia le) sia “ad extra” (cioè nel rapporto della Chie sa con il Mondo che ci circonda), ammesso che si possa fare davvero una divisione del genere. Quello che è emerso è un quadro, come detto, in forte divenire fatto di attese e debolezze, di ferite, certo, ma anche di bellezza e di potenzia lità. Come prima reazione il Sinodo (uso il ter mine in maniera riassuntiva) ha chiesto ad ogni Comunità Ecclesiale di capire meglio e di ca pire di più dell’altro e degli altri, mettendoci in ascolto reciproco, per riuscire poi, in seconda battuta, a porre le basi del cambiamento dove necessario o del consolidamento dove opportu no. Insomma: l’idea è quella vera e propria del cantiere, di un lavoro che ha bisogno di tempo per produrre una Chiesa viva. La Chiesa in Ita lia poi - e la nostra Diocesi ha deciso di non ag
giungere - ha suggerito anche un tema biblico su cui riflettere nell’ottica del cantiere: l’incontro a Betania di Gesù accolto, pur in modi diversi da Marta e Maria. In una sorta di sintesi, per il cammino che abbiamo da fare, si è scelta la definizio ne di “Cantieri di Betania” a sottolineare il divenire di una Chiesa necessariamente chiamata a crescere nell’accoglien za, nella condivisione senza smarrire (anzi) la sua anima di Ascolto e di contemplazione. Il rimbalzo ad ogni Parrocchia che ne consegue è l’invito forte a continuare ogni sforzo fatto per rendere le Comunità Ecclesiali accoglienti.
Don Marco CeccarelliAPPUNTAMENTI DIOCESANI notizie dalla diocesi
Da venerdì 23 a domenica 25 settembre in Piazza Maggiore si è svolto il Festival Francescano sul tema «Fiducia oltre la paura». Oltre cento gli eventi in pro gramma, gratuiti ed aperti a tutti, che spaziavano dalle conferenze agli spettacoli, dai workshop agli incontri con l’autore.
1 Ottobre, ricordati dal Vicario Generale i 5 anni dalla visita a Bologna di papa Francesco. Conclusione del la visita fu la Messa celebrata allo Stadio Dall’Ara, nella prima «Domenica della Parola», consegnandoci le tre «P»: «La prima è la Parola, che è la bussola per camminare umili, per non perdere la strada di Dio e cadere nella mondanità. La seconda è il Pane, il Pane eucaristico, per ché dall’Eu caristia tutto comincia… Infine, la ter za P: i poveri. Ancora oggi purtroppo tante persone mancano del necessario.».
Un’ulteriore «P» si può ben collegare: Pace. Cosa è cambiato da allora? Qua li frutti ci sono stati? È difficile rispondere, ma in ogni caso non è vero che i problemi sono altri.
Domenica 2 ottobre si è celebrato il 90° anniversario dell’i naugurazione dell’at
tuale sede del Seminario arcivescovile presso Villa Revedin.
Nominati i Vicari generali - Per la Sinodalità: monsi gnor Stefano Ottani. Per l’Amministrazione: monsi gnor Giovanni Silvagni. Segretario generale e mode ratore della Curia: monsignor Roberto Parisini. Vicari episcopali Per la Comunione: don Angelo Baldassarri. Per la testimonianza nel mondo: don Stefano Zanga rini. Aggregazioni Laicali Per la carità: don Massimo Ruggiano. Per la formazione cristiana: don Davide Baraldi.
A San Giovanni in Persiceto è tornato il «Festival delle Religioni: vie d’in contro» da venerdì 7 a do menica 9 ottobre.
L’evento promosso dal Comune di San Giovanni in Persi ceto, con il contri buto della Regione Emilia-Romagna e la collaborazio ne della Chiesa di Bologna, era dedicato a «Un passo oltre. L’u manità alla pro va della pande mia».
Domenica 9 ottobre c’è stato il Congresso diocesano dei Catechisti, a cui erano invitati tutti coloro che ope rano a servizio dell’annuncio di fede, accompagnando bambini, ragazzi, adolescenti, giovani, famiglie, adul ti, anziani a riconoscere e accogliere il Cristo presente e vivo nella vita di ciascuno.
Martedì 4 ot tobre mentre tutta Italia festeggiava il patrono san Francesco, Bologna ha celebrato il suo: san Pe tronio. Dall’omelia del Cardinale Zuppi: ”La Basilica di San Petronio è la casa di tutti i bolognesi. Come a Betania, anche noi, famiglia di Dio, accogliamo Gesù e scopriamo che in realtà è il Signore ad accogliere noi. Lui si fa ospite nei nostri poveri tetti per ospitarci nel suo cuore. Noi gli abbia mo costruito un edificio magnifico, lui ha costruito per noi un Regno. Noi gli diciamo le nostre parole di ansia e sofferenza, lui ci dice la sua Parola di verità e di amore.”
Nel 1928 il Dott. Danilo Zagnoli, si laurea a Bologna in medicina e comincia a lavorare come assistente all’ospedale Maggiore. Nel 1930 passa all’istituto Pizzardi (Bellaria) e si occupa di malattie polmonari, primario il pro fessor Lanzarini (allievo di Murri). Figlio di fa miglia agiata bolognese, nel 1933 si sposa con la Maestra Anna Zara. Nel 1934 si trasferisce a Palata Pepoli come medico condotto, e ci rima ne sino al dopoguerra.
Qui nella bassa campagna bolognese, la mise ria, le malattie, la malaria gli faranno conosce re un nuovo mondo, così da portarlo a dire che per lui fu come “passare dal novecento al me dioevo in una notte sola”.
Per contro ci sono le parole di Gianni Borghi, il quale di Palata diceva: “…che bella e caratte ristica che era Palata, fra le frazioni di Creval core la più importante!”.
Non sempre la storia è quella raccontata nei li bri o registrata negli archivi. La storia infatti, cammina anche seguendo percorsi sconosciu ti, dei quali si percepiscono gli effetti, le con seguenze, ma non l’origine. Rimangono cioè nell’ombra uomini e donne che, con le loro vite e le loro scelte, hanno determinato eventi che hanno poi lasciato il segno.
Questi protagonisti della storia senza nome e senza volto, sono destinati a essere dimenticati con il passare del tempo e il trascorrere della vita. Ci sono casi in cui ricordi e testimonian ze apparentemente insignificanti possono, dopo moltissimi anni, riaffiorare dalle nebbie del tempo e ricomporsi, annodando il filo sottile di vite sconosciute al grande cordone della storia. Sono 25 le testimonianze raccolte nel secondo quaderno dell’Associazione di Volontariato Pa lata…e dintorni, di prossima uscita: “Palata nella Memoria” e Il campo d’aviazione della Luftwaffe, scritto da Giulio Bedendi con il pre zioso contributo del Dott. Gian Paolo Borghi, fine conoscitore delle storie locali. Da Giancar lo Malaguti, passando per le sorelle Fleana e Vanda Capelli, i coniugi Guido Alvisi e Lucia Villani, Gianna Barbieri e Gaetano Capelli, Giuseppe Breveglieri e Ernestina Tarozzi i fra telli Carlo e Attilia Ansaloni e ancora Arman do Scagliarini, Bindo Bellodi, Arrigo Fantoni, Pierina Boiani, Corrado Vermeti, Gino Baral di, Gaetano Bacchelli, Velia Bernagozzi, Linda Malaguti, Guerino Malaguti, Corrado Borghi,
nostra storia
copertina del libro Palata nella Memoria in uscita a novembre
Giulio Malaguti: sono le loro storie e le loro testimonianze a riempire le pagine del libro, accompagnate da foto e docu menti inediti. A fianco delle testimonianze c’è la ricostruzio ne, attraverso documenti, del campo d’aviazione realizzato nel 1944 dalla Luftwaffe a Palata Pepoli, nell’attuale zona artigianale.
Il campo era di supporto agli aerei tedeschi impegnati per contrastare l’avanzata degli alleati dopo la battaglia di Cas sino e diretti a nord. I lavori per la costruzione del campo ini ziarono nel mese di aprile del ’44, chiudendo una parte della risaia: le operazioni iniziarono in luglio, nel mese di agosto si concentrarono la maggior parte delle operazioni militari e, a metà settembre, il campo fu smobilitato. Uno degli episodi più significativi fu l’incendio della botte di carburante per il rifornimento degli aerei, provocata per sviare le indagini legate al furto dello stesso per poi essere venduto al mercato nero. La vicenda si concluse nella maniera migliore per la popolazione, senza alcuna repressione, ma con l’istituzione di turni di guardia al campo così da evitare tragiche con seguenze. Gli elenchi trovati in archivio ci mostrano tutti i cittadini che sono stati comandati.
Al momento della stesura di questo articolo non è ancora stata definita la data di presentazione del libro, che verrà pubblicizzata attraverso il sito, i canali social Facebook e Instagram, di Palata…e dintorni.
Il Direttivo di Palata…e dintorni
ANDARE DA BOLOGNA A PALATA PEPOLI FU COME: “PASSARE DAL NOVECENTO AL MEDIOEVO IN UNA NOTTE SOLA
nostra storia
DA TORRE DEL FORCELLO A TORRE SPADA
Il 10 settembre 1460 avvenne l’affrancazione dei teni menti di Malaffitto da parte dei “terrazzani” ( coloro che lavoravano la terra) e da parte del Vescovo di Bo logna Filippo Calandrini, per un prezzo di 4.125 lire bolognesi pagate in contanti, lasciando inoltre al Ve scovo, in libera proprietà, la quarta parte del tenimen to di Malaffitto che ebbe il nome di Torre del Forcello. Sulla Tenuta del Forcello vi era un antico e colossale palazzo e, di fronte, un piccolo Parco detto il Serra glio.
La tenuta era divisa in otto possessioni ed era nomina ta la “Gastalderia di Cento”, cioè il Palazzo del Signo re della città (detto Gastaldo). Successivamente, nell’anno 1502, il Papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia), con sua Bolla, smembrò dalla
Estense, sarebbe ripassato ai vecchi proprietari. Alla morte del Duca Alfonso II (anno 1598) che non aveva figli, il Papa Clemente VIII ( Filippo Aldobran dini) dichiarò decaduta la Casa d’Este dal Ducato di Ferrara e che, quindi, ritornava alla Santa Sede. Tutti i beni vennero incamerati dalla Mensa di Bolo gna fin dal 1603.
Il 9 febbraio 1621 fu eletto Papa il Cardinal Alessandro Ludovisi con il nome di Gregorio XV che, nello stesso giorno, nominò Cardinale il nipote Lodovico Ludovisi e lo fece pure Camerlengo e Arcivescovo di Bologna, dispensandolo dal Cardinalato e dall’E piscopato (che richiedevano 30 anni di età mentre il nipote era giovane di 26 anni).
Il nuovo Arcivescovo, d’accordo con lo zio Papa, pen
Mensa di Bologna i feudi di Cento e Pieve per conce derli al Duca Alfonso d’Este in sopra dote di Lucrezia Borgia divenuta sua moglie e figlia dello stesso Papa Alessandro VI.
Nell’anno 1508 la Torre del Forcello passò sotto il godimento degli Estensi mediante uno scambio con il Tenimento delle Lame, nel carpigiano, che sarebbe stato in godimento del Vescovo.
Nell’anno 1563 il Cardinal Luigi d’Este (figlio del Duca Ercole II d’Este) vendette, in maniera dolosa, la Torre del Forcello al milanese Conte Sigismondo Lodovico di Lodrone che, a sua volta, la vendette al ferrarese Lodovico Zavaglia. Il dolo consisteva nel fatto che il tenimento non era di vera proprietà ma di godimento e che, finita la dinastia
sò di comprare, a nome della famiglia Ludovisi, la Te nuta del Forcello per 40.000 scudi romani che affermò essere denaro di famiglia.
Ma nessuno assistette a questo pagamento.
Il Papa legalizzò quell’atto inqualificabile che fu il passaggio ai Ludovisi del Tenimento del Forcello, dando ad intendere che il pagamento era avvenuto con denari di famiglia e non con i ricavati dalle Decime e dal patrimonio Arcivescovile.
Questa è la storia della Tenuta del Forcello che passò ai Ludovisi per opera del nipote Cardinal Lodovico, Arcivescovo di Bologna.
Dodici anni dopo, nell’anno 1663, la tenuta fu poi venduta alla Casa Spada.
Franco C.musica e fede
IMAGINE
L’INNO ALLA PACE PIÙ ANTIRELIGIOSO DI SEMPRE
Imagine è il meraviglioso brano composto da John Lennon e distribuito nell’ottobre del 1971. Il celebre componente dei Beatles trovò ispirazione da un libro di preghiere cristiane che gli fu regalato. In merito alla dolcissima canzone, di cui viene ripor tata a seguito la traduzione, l’autore rilasciò questa dichiarazione: “Il concetto di preghiera positiva può diventare vero se solo riuscissimo a immaginare un mondo in pace, senza alcuna definizione di religione. Questo non si gnifica che non debba no esserci le religioni, ma che biso gnerebbe eli minare sem plicemente il concetto se condo il quale il mio Dio è più grande del tuo. Una volta la World Chur ch mi chiamò e mi chiese se po tevano usare il testo di Imagine modificando una frase in Imagine one religion? Que sta fu la prova che non avevano capito niente. Questa mo difica avrebbe di strutto completamen te il senso e l’idea della canzone”. Questo sottolinea qua le e quanta sia la dif ferenza fra Religione e Dottrina in particolare nell’ambito cristiano e quanto la prima dia adito a sentimenti di indignazione soprattutto quando palesa una autorità o una opulente ricchezza non giustificabili agli occhi di chi segue il messaggio di Cristo (figuriamoci a chi non lo segue!).
Infatti il termine Dottrina deriva dal latino docere (“insegnare”) e per i Cristiani significa appunto l’in segnamento che Gesù ha tentato di trasmetterci men tre la Religione racchiude tutte le manifestazioni di
omaggio, le venerazioni, le adorazioni e tutto ciò che l’uomo dedica a quello che ritiene sacro. Proviamo ad immaginare...
Immaginate che non ci sia alcun paradiso Se ci provate è facile Nessun inferno sotto di noi Sopra di noi solo il cielo
Immaginate tutta le gente Che vive solo per l’oggi
Immaginate che non ci siano patrie
Non è difficile farlo Nulla per cui uccidere o morire Ed anche alcuna reli gione
Immaginate tutta la gente Che vive la vita in pace
Si potrebbe dire che io sia un sognatore Ma io non sono l’u nico
Spero che un gior no vi unirete a noi Ed il mondo sarà come un’unica entità
Immaginate che non ci siano proprietà Mi domando se si possa Nessuna ne cessità di cu pidigia o bra
Una fratellanza di uomini Immaginate tutta le gente Condividere tutto il mondo
Si potrebbe dire che io sia un sognatore Ma io non sono l’unico Spero che un giorno vi unirete a noi Ed il mondo sarà come un’unica entità.
Elisa Ardizzonidella poesia POESIA DI UN SOLDATO
Come eri bella e splendente, come sei fredda e nuda, ora che la guerra ti uccide. Non ti allietano più rosa petali profumati, ma rossi i cadaveri dei soldati, da questo mare di sangue così orribilmente inondati. E grida in quel silenzio una rosa rossa gelata, da quel vento infernale spezzata. E’ il cadavere di ... soldato tra i soldati, vittima tra le vittime. Nel taschino una poesia come di ogni uomo innamorato …” e ti amavo più della mia vita”…, ma non è morto per amore, ma nel dolore dell’eterno umano rancore. In suo ricordo un numero, un fucile, una lapide e una poesia. Terra natia, terra straniera, madre di ogni uomo, a te solo il muto grido dolente di una umanità morente.
A.P.
CULTURALE PALATA
DINTORNI ORGANIZZA
ORARIO MESSE DEFUNTI
MARTEDÌ PRIMO NOVEMBRE 2022
Ore 11: Messa al Cimitero di Palata Pepoli (don Paolo)
Ore 15: messa al cimitero di Bevilacqua (don Paolo)
Ore 15: messa al cimitero di Dodici Morelli (don Giacinto)
MERCOLEDÌ 2 NOVEMBRE
Ore 9,30: messa al cimitero di Galeazza (don Remo)
del
CON I GIOVANI AL SERVIZIO DEL SIGNORE
Letizia, di XII Morelli, 32 anni, figlia di Maria Ausiliatrice, per tutti suora salesiana. Suora da 5 anni, abita a Bologna, vicino alla sta zione centrale, principalmente studia Teologia e partecipa alla missione della sua comunità, occu pandosi della scuola (materna, primaria e medie) e dell’oratorio dei Salesiani.
Fino ai 23 anni chi era Letizia?
Ho vissuto a Dodici Morelli con i miei genitori e mia sorella, studiavo Lettere classiche, mi sono laureata, ero catechista ed educatrice dei più pic coli. Vita fatta di amicizia, incontri, esperienze giovanili sia in parrocchia che all’Università.
Quando ti sei sentita chiamata ad altro?
Non c’è stato un momento preciso ma, alla soglia della laurea mi interrogavo sul senso ampio della vita, sul mio posto nel mondo, chiedendomi che orientamento volevo dare alla mia vita e avevo bisogno di fare sintesi e mettere a fuoco, dando ordine a delle priorità. Nel 2012 il terremoto mi ha fatto conoscere l’esperienza del movimento giovanile dei salesiani che, ospiti a Dodici Mo relli, erano presenti per le attività di animazione con i giovani. Un’esperienza estiva sullo stile di Estate Ragazzi. Non conoscevo per niente il mo vimento salesiano e Don Bosco. Erano volontari, provenienti da tutta Italia, con il campo base a Dodici Morelli, in aiuto alle popolazioni colpite dal sisma. Il primo contatto con loro l’ho avuto io: don Giulio, mio padre spirituale, aveva dato il mio riferimento a un suo amico salesiano che cer cava un posto da cui poter organizzare un centro estivo. L’impatto è stato molto forte: una realtà diversissima da quella a cui ero abituata io con giovani che avevano intrapreso cammini impor tanti. Ho sentito un desiderio fortissimo di dare la vita per il Signore. Dio era già presente da tempo: era un padre, un amico che mi ha accompagnato nella vita, una presenza familiare.
E quando i salesiani hanno terminato la loro esperienza ho capito che lì non era più il mio posto, non gli appartenevo più, ero chiamata ad altro.
E’ cominciato un altro percorso…
Con l’aiuto di Don Giulio e dei salesiani è cominciato il mio cammino di discernimento, durato un anno. Al termine quel mio desiderio stava diventando concreto: Dio era presente nei bambini, nei ragazzi che incontravo. Mi veniva da dire: va be’, ci sto, faccio un altro passo in avanti, passi di ricerca come provare a condividere la vita con le suore per vedere se questa è la mia strada. Un cammino molto bello: sentirsi, nonostante le difficoltà, sempre più al mio posto, a casa.
Quando hai raccontato alla tua famiglia, ai tuoi amici la scelta fatta, qual è stata la loro reazione?
Anche questo è stato un gran dono di Dio. I miei genitori mi hanno sempre sostenuto, ave vano colto dei segni che mi avrebbero allon tanato da casa. Sono stati molto generosi. In questi 10 anni mi hanno fatto sentire il loro ap poggio e, nei momenti di incertezze, mi hanno sempre invitato a riflettere. Mi piace dire che Dio mi ha custodito attraverso di loro. Per quanto riguarda gli amici ne ho di fede e altri che, le vicende della vita, hanno allon tanato da Dio. Qualcuno si aspettava questa mia scelta, soprattutto chi ha condiviso con me un certo cammino spirituale, in altri è pre valsa la nostalgia perchè c’è un diverso modo di esserci infine c’è chi, in alcune circostanze, mi ha cercato per condividere una difficoltà. Si sono aperte anche altre strade.
C’è un incontro che ti ha lasciato un segno profondo?
Tanti incontri, la mia vita è fatta di relazioni con bambini, giovani, sa lesiani, suore, famiglia. Tanti i volti che hanno lasciato un segno. Il no stro carisma nasce come risposta alle esigenze dei giovani. Vedo Dio in quel giovane, in quel bambino fe rito ed abbandonato. Lì c’è Dio. Ed è veramente un incontro forte che ti cambia la vita. Quando entro a contatto con delle storie di dolore, con ferite molto profonde, faccio esperienza di non avere una risposta, sto in silenzio, prego. E sono qui e sono strumen to per dire ai giovani che ti prendi cura di loro. Dio mi raggiunge at traverso loro… loro che mi cambia no la giornata e la vita.
Intervista raccolta da Mariarosa Nannetti