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SPAZIO E BENESSERE NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA L’esempio di Terento (BZ) Beate Weyland La scuola dell’infanzia è sicuramente cambiata molto negli ultimi vent’anni e subirà ulteriori mutamenti nel prossimo futuro. L’attenzione sempre maggiore ai nuovi paradigmi di apprendimento e all’influenza dello spazio sulla didattica stanno rivoluzionando tutto il modo di fare scuola e di stare nella scuola, dall’infanzia alla maturità. La richiesta pedagogica è quella di creare dei luoghi di apprendimento piacevoli, stimolanti che si prendano cura di chi li frequenta e ci passa molte ore della giornata. Edifici che siano vivaci luoghi di incontro e di esperienza, che rispettino il bisogno di ciascuno di avere uno spazio dedicato e questo non solo per i bambini, ma anche per gli insegnanti e i collaboratori. I primi luoghi in cui si è radicato questo processo d’innovazione sono proprio le scuole dell’infanzia e ormai in Italia si possono annoverare diversi eccellenti esempi. Già l’esempio dei nidi e delle scuole d’infanzia reggioemiliane ci ha insegnato quanto si possa fare dello spazio un formidabile dispositivo pedagogico. Loris Malaguzzi insegnava a considerarlo come “il terzo educatore”. L’ambiente infatti diventa lo specchio dell’atteggiamento educativo della scuola: una grande piazza abitata, luogo principe degli scambi, del pranzo e delle attività esplorative aperte, simboleggia i valori della comunità quali l’apertura, la condivisione, la necessità di continui intrecci e scambi costruttivi; il grande atelier, posizionato generalmente al centro della scuola, descrive la forte attenzione ai “cento linguaggi dei bambini” ovvero alla loro dimensione espressiva, che attraverso la manipolazione dei materiali, la pittura e il disegno rafforza la creatività; le sezioni, di solito organizzate su due livelli, con nicchie e gradoni, con arredi non convenzionali, tavoli luminosi e un piccolo atelier, sostengono la dimensione esplorativa dei bambini, alla ricerca dei significati del mondo. La lezione di Malaguzzi oggi si irradia su tutte le istituzioni per l’infanzia, che pongono sempre maggiore attenzione al rapporto tra spazi e didattiche, in un dialogo costruttivo tra pedagogia e architettura. Si presenta qui di seguito il caso della scuola dell’infanzia di Terento, in provincia di Bolzano, nata a partire da un intensa collaborazione tra insegnanti e architetti e riconosciuta ormai come un esempio qualitativamente molto apprezzato di architettura per l’educazione. Ascoltando il racconto di come è nata questa scuola, si evince la portata straordinaria del dialogo tra pedagogia e architettura. L’intreccio tra i pensieri dei progettisti, degli insegnanti, dei genitori e dei committenti restituisce lo sviluppo di una reciprocità nel corso della progettazione. Un dialogo che ha arricchito sia la componente pedagogica che quella architettonica. La forza di questa scuola consiste proprio nel fatto che è il frutto di un processo condiviso, dove le riflessioni e il linguaggio degli uni e degli altri si sono fuse in un unico discorso.


L’idea: una scuola aperta La particolarità della scuola dell’infanzia di Terento era quella di avere una coordinatrice e un gruppo di insegnanti che avevano molto chiaro il loro profilo pedagogico. Sapevano come volevano lavorare e di cosa avevano bisogno per riuscire a farlo al meglio. Avevano chiari riferimenti di valore e modelli di azione da descrivere ai progettisti. Gli elementi portanti del piano pedagogico sono: l’apertura, lo sviluppo dell’autonomia e della responsabilità nell’esplorazione dello spazio e la differenziazione delle attività, dei materiali e dei luoghi ludicodidattici. Per apertura si intende che nella scuola i bambini si raccolgono inizialmente in sezione, ma successivamente le sezioni si sciolgono e i bambini possono migrare da una parte all’altra dell’edificio, a seconda degli interessi, dei materiali o delle attività proposte. Così descrive la scuola la coordinatrice Marta Unterhofer: “Abbiamo un edificio molto bello e grande. Lavoriamo secondo il modello didattico dell’apertura, ciò significa che i bambini hanno la possibilità di usare tutti gli spazi dell’edificio; a questo tenevamo molto e per noi è importante. L’edificio ha tanti ponti, passaggi, angoli, visuali. I bambini imparano qui molto per la vita, solo muovendosi nell’edificio imparano a gestire il loro primi passaggi da una zona all’altra, da un’attività all’altra, da un momento all’altro.” Da una semplice mancanza di spazi nella originaria scuola dell’infanzia è nata una riflessione ad ampio spettro sul ruolo di questa istituzione, e sulla necessità di studiare per il bambino una proposta chiara e incisiva, che permettesse di pensare alla scuola come un tutto, sia pure sfaccettato e multidimensionale. La forza del piano pedagogico della scuola è stata recepita sin dall’inizio dagli architetti, che hanno cercato di comprendere a fondo quale ruolo dovesse avere il bambino nel loro progetto. Michael Obrist, dello Studio Feld 72, così racconta la nascita del progetto: “L’edificio a Terento doveva tener conto non solo del concetto pedagogico, ma anche di tre elementi fondamentali. Uno era il paese stesso, ci troviamo in un paese di montagna, il secondo era il paesaggio, l’edifico stesso si trova in un punto chiave tra il centro abitativo e il paesaggio che diviene gradualmente natura, e poi fondamentale era la percezione del bambino.” Lo spazio: la scuola come casa L’idea della committenza era quella di posizionare il nuovo edificio della scuola in un luogo centrale del paese, lungo la strada principale, perché diventasse una figura attiva nella vita quotidiana della comunità paesana.


Il concetto “Kindergarten ins Dorf ”, cioè di scuola dell’infanzia in paese, per tutto il gruppo di lavoro, compreso il progettista, è stato decisivo per lo sviluppo del progetto. Chiedendosi “come si fa ad avere un concetto urbanistico a misura di bambino”, Peter Zoderer, l’architetto che ha seguito in prima persona il progetto, trova risposta nell’elemento della strada e della casa: “Ci chiedevamo come raggiungere le singole case là in fondo, come potevamo renderle palpabili. Come posizionare l’edificio nel contesto del paese in modo che cambi il metro di misura, e come considerare la misura del bambino? Ci siamo chiesti come ci arrivano i bambini a scuola, come vengono accolti già da lontano, come vedono l’edificio, dove trovano gli elementi con cui identificarsi, contando che arrivano spesso da certi masi e case…”. La strada che connette le case tra di loro all’interno del paese è un percorso sul quale il bambino impara a misurarsi con lo spazio urbano, è l’elemento che conduce ad una destinazione, quindi un importante strumento per formulare la percezione degli edifici del paese. La metafora della strada insieme all’elemento dei ponti sono diventati quindi importanti punti di riferimento per la progettazione, recepiti positivamente anche dal corpo docente. Come la strada in paese può essere un luogo di pericolo, dove stare attenti, anche una scuola dell’infanzia progettata ispirandosi a quel modello riesce a sortire all’inizio gli stessi timori. Così racconta una rappresentante dei genitori: “All’ inizio alcuni avevano paura delle scale, dei ponti e dei tanti percorsi che si propone- vano ai bambini in questo edificio. Il giorno dell’apertura lo ricordo molto bene ed era proprio frustrante vedere con quante paure arrivavano alcuni genitori. Addirittura una mamma che doveva scendere le scale per andare nel gruppo al piano di sotto è inciampata. Sì, ma perché le scale sono più basse e fatte per i bambini. Beh, lei ha pensato – oh per carità, il mio bambino deve passare i ponti per andare da uno spazio all’altro, tutto questo su e giù per le scale, può cadere e forse anche morire! Per fortuna in tre settimane queste critiche sono finite e ora i genitori sono entusiasti”. Come per la strada, nel progetto si rintraccia anche il riferimento alle case del paese. La coordinatrice Martha Unterhofer ne parla quando descrive le qualità dell’edificio: “Quando sono qui dentro mi tranquillizzo, la forma della casa mi fa un effetto bellissimo. In tutti gli ambienti si vede questa forma della casa, le grandi finestre, il contatto con il mondo fuori, con la natura e con quello che succede in paese… mi sembra che tutto quello che accade in paese entri in questa scuola”. Il benessere a misura di bambino “Quando entro qui, vengo pervaso da una sensazione di benessere. Mi piace il modo in cui è stato costruito, i giochi di luce e ombra che ci sono in questo asilo. Ho la sensazione di non trovarmi in uno spazio chiuso, ma all’aperto, nella natura, l’asilo ha un legame con la natura. Semplicemente tanta luce, ma anche piccoli angoli o degli angoli di ombra, in cui volendo ci si


può ritirare, come quando si fa una passeggiata nel bosco. Questo è quello che apprezzo di questa scuola dell’infanzia.” Con queste parole descrive Hans, il padre di Timea la scuola dove è attivamente impegnato come rappresentante. E in questo modo molte altre persone intervistate hanno voluto descrivere la qualità principale della scuola dell’infanzia di Terento. . Anche la coordinatrice Marta Unterhofer descrive la sua scuola lasciano emergere le sensazioni legate al benessere: “è una casa che… avvolge e… allo stesso tempo ci lascia molto liberi… quando sono qui dentro mi tranquillizzo…”. Il benessere in un edificio è qualcosa che si lega a vari aspetti, che trovano nella fisicità, quindi nella soluzione architettonica la loro sintesi. L’idea di benessere in questa scuola si è cristallizzata intorno ai seguenti fattori: la polivalenza, l’interconnessione e la differenziazione acustica. Questi elementi sono stati valorizzati sia come qualità pedagogiche sia come qualità architettoniche del progetto per la scuola dell’infanzia. Il benessere della polivalenza La polivalenza, come capacità di accogliere più funzioni o significati simboleggia la possibilità pedagogica di scegliere, quindi di sviluppare un pensiero autonomo e di direzionare le azioni con coscienza. Poter stare in luoghi che offrono diverse possibilità in architettura significa anche progettare spazi che hanno caratteri forti, decisi. La vera flessibilità quindi coincide con la varietà, la differenza, non per forza con l’asettica possibilità di trasformare a piacimento un ambiente neutro. Nella scuola di Terento ogni spazio ha una sua specificità, ogni nicchia un suo carattere, ogni passaggio la sua prospettiva. La sostanziale diversità delle forme e dei materiali impiegati per qualificare in modo mirato le diverse aree di lavoro, di sosta, di passaggio e di raccoglimento invita all’esplorazione e guida i bambini in un percorso dinamico per tutto l’edificio. La dinamicità delle scelte architettoniche offre l’occasione di pensare ogni volta a nuove scelte didattiche improntate sull’autonomia. La rappresentante dei genitori in que- sto senso afferma: “Questo edificio fa i bambini forti (macht starke Kinder), perché possono muoversi liberamente e sono invitati a decidere cosa vogliono fare. Superano barriere, salgono scendono scale, devono ave- re il coraggio di entrare in altre sezioni e questo rafforza molto la loro autonomia, perché imparino a fare da soli”. Il benessere dell’interconnessione La scuola è ricca di trasparenze e interconnessioni fisiche e visive. Invita a costruire una particolare relazione sia con l’esterno sia con l’interno.


La natura e i fenomeni metereologici non sono solo da vedere, ma con le vetrate a soffitto, per esempio, sono esperienze da vivere, da percepire. Il caldo, il freddo, la nuvola che passa, la neve che si accumula, la neve che si scoglie, sono tutti momenti che non sono sigillati fuori e visti come un evento scollegato dall’interno. Lo stesso dicasi per la relazione tra gli spazi interni. I piani rialzati delle sezioni poste al piano terra sono tutti interconnessi con i ballatoi che consentono visuali verso il cielo e verso lo spazio dell’entrata, sulle sezioni e verso le nicchie di gioco predisposte. L’architetto così spiega la sua scelta progettuale: “Mi interessa dove vanno gli sguardi, in alto, in basso, sguardi che attraversano gli ambienti. Io sono curioso come un bambino, devo poter vedere, mi voglio lasciare animare dai giochi degli altri.” È così che questo movimento ludico ed esplorativo tra le sezioni dinamizza continuamente la vita dei bambini. Il benessere della differenziazione acustica Oltre a puntare su spazi diversi tra loro, nel progetto si è posta anche grande attenzione alla sonorità degli ambienti. La coordinatrice, parlando della forza dell’edificio, dice: “Un elemento qualificante è soprattutto l’acustica nella scuola, non ci sono rimbombi e si ha subito una sensazione di benessere quando si entra qui dentro e non si sente il chiasso dei bambini. È così calmo. È vedo che tutto questo riduce molto la loro aggressività”. In realtà lo spazio all’entrata a doppia altezza, aperto sui ballatoi di passaggio tra le sezioni al piano terra con il soffitto in vetro, ha un grado di insonorizzazione più basso degli altri, ma questo aspetto è calcolato, perché i bambini conoscano, attraverso le qualità sonore dei diversi ambienti, la loro funzione e quindi l’atteggiamento richiesto: gli spazi della quiete e della concentrazione, in sezione; gli spazi della socialità non strutturata negli ampi corridoi al piano terra, che diventano anche le zone per il pranzo condiviso; i ponti e le zone raccolte di passaggio tra le sezioni, aperti sul cielo, come luoghi per l’ascolto della pioggia che batte sui vetri, piuttosto che del vento che soffia, e per il raccoglimento a piccoli gruppi. La disomogeneità dello spazio acustico diventa un modo per connotare nuovamente gli spazi e per fare esperienze con il senso dell’udito. Progettare insieme: una sfida da giocare

La scuola dell’infanzia di Terento si caratterizza come un caso molto particolare che in cui il dialogo tra progettisti e insegnanti sul concetto di “scuola aperta e interconnessa ” ha permesso di realizzare una condizione di benessere condivisa.


Il progetto ha acquistato la sua vera forza grazie alla maturazione di un linguaggio in comune che ha caratteristiche davvero sorprendenti. Dalle parole degli insegnanti si colgono concetti che vanno ad analizzare le qualità degli spazi o le caratteristiche di certi materiali, mentre gli architetti dibattono animatamente di questioni educative valutando le conseguenze e le ripercussioni possibili dei luoghi fisici, tattili, visibili sulla vita dei bambini. La dirigente Hilde Kofler, per esempio, descrive come elemento distintivo dell’edificio la tridimensionalità degli spazi, che in linguaggio architettonico vuole dire la complessità. L’architetto dal canto suo legge i bisogni e le esperienze del bambino facendo riferimento all’esperienza del vivere in paese. Il benessere diventa la misura delle cose, il che non sta a significare tutto piccolo, “a misura di bambino”, ma piuttosto capire anche come i bambini misurano gli ambienti e se stessi all’interno degli ambienti. Il tutto a 360 gradi, con una varietà di alto, basso, stretto, ampio, lungo, corto ecc.. La coordinatrice Unterhofer in chiusura delle interviste ci tiene a sottolineare come la progettazione della scuola di Terento sia stata il frutto di un pensiero condiviso, una sorta di storia d’amore: “È stato un arricchimento reciproco. Noi abbiamo detto qualcosa all’architetto e lui l’ ha accolta e ne ha fatto sempre qualcosa. Era questo che ci faceva sentire bene. Così per noi l’edificio quando siamo entrati non era nuovo. Siamo cresciuti insieme a lui. E per noi è stata un’esperienza davvero importante”. E lo stesso conferma l’architetto Zoderer, che ci racconta come la sua sia stata un’esperienza davvero emozionante: “Si tratta proprio di costituire un’intesa nel dialogo e nel rispetto reciproco. Sempre naturalmente mantenendo ciascuno le proprie competenze. Non ha senso trasformare il pedagogista in architetto e viceversa.“ Riferimenti Alcune citazioni dalle interviste sono estratte da un percorso di ricerca pubblicato in Beate Weyland, Sandy Attia, Progettare scuole tra pedagogia e architettura, Guerini, Milano 2015. Altre citazioni sono state estratte dalla mostra audiovisiva a cura di Paolo Bellenzier e Beate Weyland, Costruire scuole in Alto Adige, http://www.provincia.bz.it/aprov/amministrazione/service/attualita.asp? aktuelles_action=4&aktuelles_article_id=516364


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