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Micro-realtà con grandi tradizioni

NEL TRENTINO DEI PICCOLI PROPRIETARI, I CASI DI CANTINA TOBLINO, CHE SI PREOCCUPA DI FAR CRESCERE I PROPRI VIGNERON, E TENUTA SAN LEONARDO, FAMOSA NEL MONDO CON UN ROSSO IN TERRA DI BIANCHI. IN FUTURO, TEROLDEGO E NOSIOLA POTREBBERO SORPRENDERE.

di Fabio Gibellino

Una delle caratteristiche più importanti del Trentino enologico è la cooperativa. Infatti, tra le grandi aziende del territorio, l’unica eccezione è Ferrari (gruppo Lunelli). Tutte le altre sono di fatto un insieme, ben riuscito, di soci più o meno numerosi e più o meno grandi. D’altronde, già la parcellizzazione dei vigneti intorno a Trento è una sorta di caleidoscopio dove la dimensione media pro-capite è di solo un ettaro e mezzo. Un po’ meno della media nazionale, sebbene sia in crescita, visto che nel 1970 gli ettari erano 0,53 e nel 2000 erano 0,86. Partendo da questo dato si scopre così che a condurre i 10.200 ettari produttivi e distribuiti in 97 comuni della provincia sono, per il 41,1%, aziende che hanno a disposizione meno di mezzo ettaro. A seguire, il 20,1% arriva a un ettaro, il 16,9% è compreso tra 1 e 2 ettari, il 16,1% può contare fino a 5 ettari, il 4,6% non supera i dieci mentre solo l’1,2% va oltre. È per questo che in trentino la produzione vinicola è affidata per l’85% alla cooperazione, al 10% a società di stampo industriale e commerciale, mentre solo il 5% è appannaggio delle imprese agricole. Una realtà che, come ha raccontato a Pambianco Wine&Food il marchese Anselmo Guerrieri Gonzaga, proprietario della Tenuta di San Leonardo: “Porta

con sé due grandi specificità, la prima è che fotografa un modello dimensionale poco funzionale se messo in un contesto di mercato internazionale, ma dall’altra rappresenta lo stretto legame esistente tra la nostra terra e la sua gente”, sottolineando come, “questo è un aspetto imprescindibile se si vuole realizzare un prodotto in grado di trasmettere valore aggiunto”. Quella della Tenuta di San Leonardo è un po’ un’eccezione nel panorama trentino. Innanzi tutto, lo è per i suoi natali, che sono ormai prossimi ai trecento anni, quindi per le sue dimensioni (30 ettari di proprietà e 17 in affitto) e, infine, perché il successo internazionale (export in 160 Paesi), maturato in una fascia di mercato premium, lo ha ottenuto con un vino rosso. E questo nella terra dove, con il passare degli anni, il rosso ha ceduto il passo al bianco e il bianco lo sta facendo con le bollicine. Basta dare uno sguarda ai numeri, che raccontano come nell’ultimo mezzo secolo il peso specifico dell’uva bianca è passato dal 13,7% al 76,8%, con una tappa intermedia di inizio millennio al 56,3 per cento. Non a caso oggi, a trainare la provincia nel mondo sia il Trento doc, che nel quinquennio 2014/18, per quel che riguarda le Doc rivendicate, è cresciuto del 109% a oltre 93 mila ettolitri, secondo solo a Trentino doc, in tutte le sue declinazioni, che è a 612mila ettolitri (+36%), quantità, tra l’altro, che vale il nono posto nella hit parade delle denominazioni più imbottigliate. Certo il vino rosso non è destinato all’estinzione, tutt’altro, considerato come nello stesso periodo il Teroldego Rotaliano è riuscito a crescere del 61,2% per più di 45mila ettolitri. Però è evidente come il trend del momento sia indirizzato altrove, tanto che anche Tenuta San Leonardo nel 2019 si è affacciato sul mercato con un suo metodo classico. Tendenza che, se importante per un’azienda da oltre 30 ettari, lo è ancor di più per chi di filari ne ha pochi e, soprattutto, la propria uva la deve conferire per vivere. Allora ecco che vedere aumentare il prezzo di Chardonnay da 90 a cento euro al quintale nell’arco del quinquennio 2014/2019 e il pinot nero passare da 160 a 180 euro, qualcosa significa in termini economici. Anche se poi, per onor del vero, il Teroldego è passato da 110 a 130 euro, la Nosiola da 93 a 105 e il Marzemino da 95 a 110. Sul fronte vino sfuso invece, le ultime quotazioni vedono

Dall’altro, i marchesi Carlo e Anselmo Guerrieri Gonzaga, Carlo De Biasi e l’ingresso della Tenuta San Leonardo

In apertura, Barricaia di Tenuta San Leonardo

Da sinistra, il Trento doc di Cantina Toblino e una veduta dell’azienda

il Trento doc a 2/2,3 euro al litro, il pinot nero base spumante a 2,6/2,9 euro, il Teroldego a 1,8/2 euro, la Nosiola a 1,6/1,95 e lo chardonnay a 1,15/1,4. In questo panorama, realtà come Toblino recitano un ruolo fondamentale. La cooperativa, nata nel 1960 e che può contare su 900 ettari (80% a bacca bianca) e 600 soci, non solo è una realtà da 16,5 milioni di fatturato, ma è un punto di riferimento, “perché con i nostri due agronomi e con tutto il resto dello staff non ci preoccupiamo solo di riuscire a ottenere il miglior prodo++tto possibile, ma facciamo anche molta formazione per rendere i nostri soci sempre più preparati”, ha spiegato il direttore Carlo De Biasi. Un lavoro necessario per gettare le basi di un futuro più ampio. “Il lavoro fatto sugli spumanti ha portato il Trento doc a essere una realtà di caratura internazionale e continuerà a diventare sempre più importante”, ha sottolineato Anselmo Guerrieri Gonzaga. Un po’ diverso è il discorso sui rossi, che per il proprietario di Tenute San Leonardo: “Senza tenere conto della nostra realtà, che può contare su una storia lunga secoli, se guardiamo alla fascia più alta è difficile trovare spazio in un contesto di mercato che vede altre regioni protagoniste, mentre sulle fasce più accessibili invece ritengo che in trentino ci siano diversi esempi di vini interessanti”. Mentre Carlo Di Biasi, nel sottolineare come, “i punti di forza del nostro territorio sono viticoltura manuale e di montagna”, ha sottolineato come, “è altrettanto necessario avere più soggetti che riescano a lavorare con forza su politiche commerciali di valorizzazioni”. Non solo, ha continuato Di Biasi: “Per valorizzare ulteriormente i vini bianchi fermi si potrebbe partire sul bel percorso fatto da tutti sul metodo classico, mentre sul rosso il discorso è più complicato, per quel che ci riguarda abbiamo sostituito merlot e cabernet sauvignon con vitigni autoctoni, vedo anche molti giovani produttori guardare a vitigni come il Teroldego e la Nosiola, ecco questa potrebbe essere una giusta via”.

POLONIA oltre la birra

di Sabrina Nunziata

L’ITALIA È IL PRIMO FORNITORE DI VINO DEL PAESE, IN TERMINI DI VOLUMI E DI VALORE. TRAINANO LE CELEBRI ‘TRE P’ (PRIMITIVO, PINOT GRIGIO, PROSECCO), MA NON È SOLO IL GUSTO A FARE DA DISCRIMINANTE. LA SINTONIA CULTURALE È INFATTI UNO DEI MOTORI DI VENDITA PIÙ FORTI Polonia terra di opportunità per l’Italia che rappresenta il primo fornitore sia a valore che a volume nel Paese dal 2011, guardando dall’alto verso il basso Germania, Francia, Stati Uniti, Spagna. Considerando il periodo 20162020, le importazioni di vino tricolore nel Paese sono quasi raddoppiate, passando da 46,5 milioni a 82,7 milioni di euro, pari a un prezzo medio al litro di 2,75 euro e a una quota di mercato del 25,6 per cento (Ufficio di Statistica Polacco - Gus). Un dato, quello dello scorso anno, su cui sembra non aver inciso la pandemia. Infatti, sebbene il vino italiano in Polonia sia consumato prevalentemente nei ristoranti e wine bar, nonché nelle occasioni a livello familiare, la chiusura del canale Horeca dovuta ai lockdown “non ha avuto un impatto negativo sulle importazioni italiane”, ha spiegato Ice di Varsavia a Pambianco Wine&Food. Infatti, non potendo uscire, sono aumentati gli acquisti nei negozi, facendo sì che il vino diventasse “l’amico dei polacchi chiusi a casa”. Non a caso, come raccontato da Miro Pianca, titolare dell’azienda Le Barbatelle che importa vini italiani in Polonia dal 2014., tra i principali fattori di successo

PAESE / AREA IMPORTAZIONI POLACCHE ANNI 2016-2020, VINI (VOCE DOGANALE 2204 0000)

QUOTA DINAMICA

2016 2017 2018 2019 2020 2019 2020 2020/19 2020/16

MONDO, di cui: 249,1 279,3 300,7 323,9 323,4 100,00% 100,00% -0,10% 29,90%

1 ITALIA

2 GERMANIA 46,5 54 65,4 77 82,7 18,70% 25,60% 7,30% 77,80%

21 33,3 36,3 45,2 35,4 8,40% 10,90% -21,80% 68,90%

3 FRANCIA 29,4 29,8 32,2 37,2 34,8 11,80% 10,80% -6,40% 18,40%

4 STATI UNITI 36,1 37,3 37,5 30,8 34,4 14,50% 10,60% 11,60% -4,80%

5 SPAGNA 24,4 30,6 30,1 29,4 27,3 9,80% 8,40% -7,10% 11,80%

6 PORTOGALLO 19,9 17,5 20 20,1 25,4 8,00% 7,90% 26,40% 27,80% 7 CILE 16,4 16,1 16,2 19 16,5 6,60% 5,10% -13,20% 0,30%

8 BULGARIA 14,3 14,4 13,5 11 9,9 5,70% 3,10% -10,60% -31,00%

9 GIORGIA

10 MOLDOVA 4,3 5,5 6,4 8,6 9,6 1,70% 3,00% 11,90% 122,80%

8,3 8,4 8,8 9,5 9,5 3,30% 3,00% 0,50% 14,60%

Fonte: dati Gus, elaborazione Ice Varsavia Valori in milioni di euro

del nostro vino in Polonia c’è “il buon rapporto, la sintonia che intercorre tra polacchi e italiani, che sospinge le vendite nel territorio”.

IN VIA DI SVILUPPO La Polonia, specifica Pianca, è un mercato fortemente in crescita per il vino, e vede una situazione più consolidata nella capitale Varsavia, dove il consumo di questa bevanda appartiene già anche ai più giovani, che sta rapidamente espandendosi, pur rimanendo un fenomeno relativamente nuovo, anche nelle altre città. Negli ultimi dieci anni il vino “ha infatti rubato grosse quote di mercato ad altre bevande alcoliche, tra cui birra e vodka, tanto che a fine anni 90 non c’era neanche un’azienda produttrice in Polonia, mentre ora sono più di 500, anche se si tratta per lo più di piccole realtà”. Secondo un’indagine Nielsen, i vini nel Paese sono acquistati principalmente presso super ed ipermercati (36%) e nei discount (32%), mentre i negozi fino a 300mq (di vicinato di grandi catene o indipendenti) generano il 32% delle vendite. Come anticipato, il canale principale dei vini italiani è l’horeca, mentre la presenza in Gdo è limitata per i vini fermi, e più estesa per i vini frizzanti, soprattutto per alcune note marche di prosecco/ spumanti. FORMAZIONE E PROMOZIONE In generale, l’Italia ha il primato assoluto sia per quanto riguarda il vino frizzante, per un valore di 33,2 milioni di euro, sia per vini fermi in bottiglia, per un valore di 45,9 milioni di euro. I vini più apprezzati, specifica Pianca, sono quelli delle ‘tre P’, ovvero prosecco, pinot grigio e primitivo. Qui infatti “piacciono i vini con alta gradazione, bassa acidità, sentore di frutta più marcato. In generale, piacciono i vini più ‘facili’ e ‘popolari’”. Infatti, “la cultura del vino è ancora ‘acerba’ in Polonia, tanto che per svilupparla, così che ne traggano beneficio anche le etichette italiane, è necessario puntare sulla formazione, sia delle professionalità legate al vino, quindi ristoratori e camerieri, sia del consumatore finale”. Una formazione che dovrebbe passare anche “dalla promozione dei territori di riferimento, magari con attività di incoming”. In questo senso, “i consorzi italiani dovrebbero fare e investire di più, così come stanno già facendo quelli di altri Paesi”. Inoltre, anche “lo sviluppo della ristorazione è e sarà tra i driver di crescita del vino italiano, e lo sviluppo di locali con cucina speci-fica regionale aiuta la popolazione a conoscere sempre più etichette, tipiche appunto di quelle zone”.

Eventi IN RIPRESA

di Sabrina Nunziata

SETTEMBRE E OTTOBRE SEGNANO LA RIPARTENZA DEGLI EVENTI FOOD&BEVERAGE IN FORMATO FISICO, CARATTERIZZATI DALLA VOGLIA DI TORNARE A INCONTRARSI DI PERSONA, SENZA DIMENTICARE QUANTO IMPARATO LO SCORSO ANNO. ED ECCO, QUINDI, UN PROLIFERARE DI DIGITALE, LAVORO DI SQUADRA ED EDIZIONI SPECIALI. Settembre non solo il mese del ritorno tra i banchi di scuola, ma anche di ripresa dei principali eventi del mondo del food & beverage. Un ritorno che, dopo un 2020 di rinvii a causa della pandemia, sarà, nella speranza che non ci siano ulteriori colpi di scena, in presenza. Si parte con Cibus a Parma dal 31 agosto al 3 settembre, per poi proseguire con una molteplicità di manifestazioni la cui organizzazione, nella maggior parte dei casi, fa ‘tesoro’ di quanto imparato lo scorso anno. Gli eventi infatti sono caratterizzati da una forte componente digitale, che estende e migliore la fruizione del momento del fisico, e sfruttano la forza della coalizione tra settori, diversi ma collegati tra loro, per ottimizzare tempo ed energie.

L’UNIONE FA LA FORZA Sana torna in scena facendo squadra. Il salone internazionale del biologico e del naturale si terrà a Bologna dal 9 al 12 settembre 2021, in concomitanza, per la prima volta in assoluto, con OnBeauty by Cosmoprof, rassegna del

mondo della cosmetica che proporrà un primo momento di rilancio delle attività in attesa della prossima edizione di Cosmoprof Worldwide Bologna, e Cosmofarma, evento per l’health care, il beauty care e i servizi del mondo farmacia. Un tris di ritorni che permette così di “capitalizzare i punti di convergenza tra le filiere delle rispettive aree di pertinenza”, come spiegato dalla manifestazione, in modo da “ampliare ulteriormente la platea del pubblico di riferimento e ad accrescere le opportunità di business e networking per aziende e professionisti di filiere tra loro interconnesse”. Allo stesso modo, anche Tuttofood (prevista inizialmente a maggio) e Host si svolgeranno straordinariamente in concomitanza (22-26 ottobre), sotto lo stesso tetto di Fieramilano. Una sinergia che unisce food e ospitalità professionale e che si realizza nell’ottica di una “filiera totale”, come spiega la manifestazione. La prossima edizione, come spiegato da Luca Palermo e Simona Greco, rispettivamente AD e DG, e global exhibitions director di Fiera Milano, sarà poi caratterizzata da una forte attenzione al digitale, grazie a una piattaforma cui si accede dal sito di Fiera Milano e che consentirà di allargare, per un paio di mesi prima e dopo la mostra, il momento fieristico, navigando e dialogando tra buyer ed espositori.

SPECIAL EDITION Ottobre è anche il mese scelto da alcune manifestazione che, di regola, si svolgerebbero in altri momenti dell’anno. Oltre a Tuttofood, si conta l’edizione straordinaria di Vinitaly (17-19 ottobre), la cui idea “nasce nei primi mesi di quest’anno, in un contesto ancora molto fluido che rendeva impossibile realizzare il 54° Vinitaly (ndr. ora in programma dal 10 al 13 aprile 2022)”, spiega a Pambianco Wine&Food Giovanni Mantovani, DG di Veronafiere. Vinitaly special edition è pertanto “il risultato di una pianificazione condivisa con le associazioni e le istituzioni preposte anche alla promozione internazionale”. La manifestazione, come spiegato, avrà un format smart, a partire dal layout, di servizio e “a tutto business”. Con Ice agenzia, infatti, “stiamo già lavorando al piano di incoming professionale”. Inoltre “abbiamo avviato numerose partnership, soprattutto

Dall’altro un’immagine di Tuttofood e uno scorcio di Milano durante la Milano Wine Week

nel settore horeca e dei pubblici esercizi, per sostenere il rilancio della domanda interna in un comparto tra i più colpiti dalle chiusure e dal conseguente crollo dei consumi interni”. Tra le novità sul fronte dei contenuti, l’ingresso della mixology e la nascita del buyer club: un servizio per operatori qualificati che prevede una serie di agevolazioni. Allo stesso modo, anche Packaging Première si presenta a ottobre nella versione ‘Pac Edition’, un evento dedicato a una ristretta rosa di espositori (massimo 35 al giorno), tra cui quelli di fine food e wine & spirits previsti il 5 ottobre, e accessibile ai visitatori solo su invito. “C’è una grande voglia di vedersi di persona e da qui l’idea di fare un evento più piccolo che infatti è andato tutto esaurito in un attimo”, come spiegato dal founder e director Pier Paolo Ponchia.

TOCCO DIGITAL Fil rouge del ritorno in presenza, è la presenza anche del digitale, diventata imprescindibile soprattutto dall’anno scorso. “Innovazione, digitalizzazione e big data sono le principali skill che abbiamo accelerato e potenziato per rispondere alle nuove esigenze delle filiere del made in Italy, rappresentate da Veronafiere”, spiega Mantovani. “Vinitaly si presenterà già dall’edizione di ottobre portando in dotazione al settore una piattaforma business in 10 lingue”. È Vinitaly Plus, il portale sempre attivo per consultare schede tecniche dei vini, aziende, eventi, e chattare direttamente con i produttori. Inoltre, l’app della piattaforma sarà indispensabile per la scansione del ticket di ingresso, oltre che per scambiarsi informazioni in modalità contactless: dalle business card alla visualizzazione della scheda tecnica dei vini esposti. Allo stesso modo, per far vivere Packaging Première 365 giorni l’anno, è stato studiato Pack Match, un format specifico attraverso cui, dopo una prima presentazione delle proposte, il committente potrà scegliere il fornitore più in linea con le proprie necessità e richiedere un incontro su una piattaforma digitale dedicata. Anche la la Milano Wine Week (dal 2-10 ottobre 2021) si svolgerà, così come l’edizione dello scorso anno, in formato phygital grazie anche all’introduzione di due nuove app sviluppate in collaborazione con l’azienda di digital innovation Softec. Nello specifico, è prevista un’app b2c dedicata alle funzionalità di “phygital engagement”, così da coinvolgere i visitatori che parteciperanno fisicamente all’evento in una sorta di esperienza ludica; e l’app b2b, per facilitare gli incontri dell’evento Wine Business City, il nuovo evento business che riunisce le cantine e gli operatori della ristorazione, della somministrazione, del dettaglio qualificato e della stampa di settore.

La nuova app b2c di Milano Wine Week e un’immagine da Sana

Le aziende si raccontano

in collaborazione con:

ALPAC BRAZZALE

COL SANDAGO GRUNDIG

MASOTTINA MEREGALLI

MONTELVINI RUFFINO SERENA WINES

Il gruppo di Monza ingrana la marcia della sostenibilità. Il primo step è l’acquisto di crediti di carbonio certificati Verified Carbon Standard, a cui fanno seguito, tra gli altri, un progetto di forestazione a Tenuta Fertuna, l’eliminazione della plastica, l’uso di auto elettriche. Alla sostenibilità ambientale, fa poi eco quella sociale, con la collaborazione con Fondazione Tavecchio

MEREGALLI verso il CARBON NEUTRAL

Parola d’ordine: green. Gruppo Meregalli, realtà di Monza attiva nella distribuzione di wine e spirits, ha infatti compiuto un importante passo avanti in tema di sostenibilità, impegnandosi a compensare per tre anni, a partire dal 2019, le emissioni relative alla propria operatività, inclusi i consumi energetici, il carburante del parco mezzi e lo smaltimento dei rifiuti, rendendo tali consumi carbon neutral. “Riteniamo che impegnarsi a tutelare l’ambiente sia un nostro dovere imprescindibile, sappiamo tutti, anche se non le consideriamo tali che aria, acqua, specie vegetali e animali non sono inesauribili”, spiega Corrado Mapelli direttore generale e member of board di Gruppo Meregalli. “Ognuno per quanto possibile dovrebbe impegnarsi per far si che le sue stesse condizioni di vita possano essere le migliori possibili”. A tale scopo, il gruppo si è impegnato ad acquistare crediti di carbonio certificati Verified Carbon Standard, uno dei principali standard internazionali di certificazione del mercato volontario, finanziando un progetto di mitigazione dei cambiamenti climatici in un Paese in via di sviluppo. I crediti, nello specifico, sono dei valori che corrispondono a quanto un’azienda, per lo svolgimento della propria attività, emette in anidride carbonica nell’ambiente. Compensare dunque le emissioni con crediti certificati Verified Carbon Standard significa aderire (per il relativo valore) ad alcuni progetti, che includono la piantumazione, la protezione dalla deforestazione e il supporto a iniziative in energie rinnovabili in tutto il mondo. Per svolgere questa attività, Gruppo Meregalli ha deciso di affidarsi a Carbonsink, società di consulenza specializzata nello sviluppo di strategie climatiche per le imprese. “Anche se non esiste oggi una normativa specifica (ma se ne parla per il prossimo futuro) - prosegue Mapelli - il tema del green, della sostenibilità, della compensazione delle immissioni di gas nell’ambiente, sono ‘temi’ molto importanti per il bene del nostro pianeta e aziende specifiche (certificate per il tipo di attività che svolgono ) si occupano dei calcoli relativi a stabilire il valore dell’impatto degli stessi per un azienda. Carbonsink è tra queste, tra le più ‘riconosciute’, da qui la nostra preferenza verso l’obbiettivo che ci siamo dati”.

PROGETTI AUTONOMI

Oltre a compensare le emissioni con i crediti di carbonio, Gruppo Meregalli ha deciso di dare il via a una serie di iniziative da promuovere in autonomia, a prescindere dal valore già

raggiunto con il traguardo della sostenibilità. Per il futuro, quindi “continueremo a investire su quanto sopra, affiancando ulteriori progetti di forestazione, dunque facendo accrescere il patrimonio forestale nazionale e nel particolare in Toscana dove abbiamo una grande tenuta vitivinicola”. È infatti di prossima realizzazione la creazione di un bosco di cinque ettari circa nella Tenuta Fertuna, con piante utili all’eliminazione di CO2 compatibili con l’ambiente e funzionali al rimboschimento della zona, in un’area di 30 ettari che si vuole dedicare a progetti per l’ambiente. E, sempre nella tenuta in Toscana, è prevista l’installazione di pannelli solari. Inoltre “continueremo a supportare lo sviluppo di tecnologie innovative arrivando a poter svolgere la nostra attività a zero-emissioni nel prossimo futuro”.In tutte le sedi del gruppo è stata poi eliminata la plastica a favore di vetro a rendere e carta riciclata, l’utilizzo di macchine elettriche sostituiranno i mezzi all’interno del gruppo, “e molti altri progetti sono in via di attuazione a breve”.

SOSTENIBILITÀ SOCIALE

La sostenibilità, per il gruppo da 65 milioni di euro di fatturato, non è solo ambientale, ma si sviluppa anche nel sociale grazie alla collaborazione iniziata con la Fondazione Tavecchio, realtà nata con l’obiettivo di realizzare un Centro Polifunzionale Integrato di Residenzialità, Formazione e Sport per persone con disabilità e che oggi comprende l’Agriparco, ovvero un terreno di 12.000 mq di cui 4.000 di orto e frutteto, 2.000 di bosco, 1.000 destinati a vigneto, 800 di passerella accessibile con cassoni rialzati per la coltivazione, 1.000 adibiti a giardino. “Siamo di Monza e la nostra è una realtà ben conosciuta nell’ambito vitivinicolo e a seguito di un incontro con la Fondazione Tavecchio, ascoltato il loro progetto, abbiamo voluto dare anche un nostro sostanziale contributo sposando il progetto e realizzando un vigneto in città; parlavamo prima di impegni affinché le condizioni di vita possano essere sempre migliori e questo per noi lo è in maniera più che tangibile proprio perché sul nostro comune”.

In apertura, Tenuta Fertuna in Maremma In questa pagina, in senso orario la sede della logistica wines di Gruppo Meregalli, Corrado Mapelli e la cantina storica nella sede di Monza

Un ristorante, una Bottega del Vino e un Agriresort. La Tenuta Poggio Casciano offre un’esperienza a 360° per conoscere il mondo Ruffino, gruppo di cui fa parte. Una destinazione non solo per gli enoappassionati, ma anche per chi cerca di scoprire la Toscana tramite il suo cibo e vino.

Alcune foto di Tenuta Poggio Casciano

Ruffino punta sulla BRAND EXPERIENCE

Vino, cibo, ospitalità e natura. Sono molteplici i fattori che rendono la Tenuta Poggio Casciano un luogo unico in cui poter fare esperienza sia della Toscana che delle realtà che la caratterizzano. La Tenuta è infatti parte del Gruppo Ruffino che produce e commercializza oltre 30 milioni di bottiglie sviluppate su una quarantina di etichette, la maggior parte delle quali legate alle denominazioni toscane (tra cui il Chianti, Chianti Classico e il Brunello di Montalcino), alle quali si affianca la produzione di Prosecco e Pinot Grigio nelle due Tenute venete interamente biologiche. Presso la Tenuta fiorentina di Poggio Casciano, una delle sei in Toscana e delle otto in totale, è infatti possibile immergersi nel mondo Ruffino composto da la Locanda Le Tre Rane - Ruffino, l’Agriresort e la nuova Bottega del Vino per cene e aperitivi con vista sui vigneti. “La Tenuta Poggio Casciano riflette la storica predisposizione di Ruffino per la condivisione e l’inclusione”, spiega l’azienda. “Abbiamo creato una realtà curata ed elegante ma allo stesso tempo capace di invitare il visitatore a sentirsi accolto con calore”. Un luogo che si rivolge a tutti, e non solo agli enoappassionati. “Gran parte dei nostri ospiti arriva da noi spinta da un interesse verso il vino e per godere della magnifica campagna circostante”. Qui infatti è possibile fare visite in cantina, degustazioni e acquistare il vino del gruppo. Eppure, “sono sempre di più anche gli ospiti attratti dalle proposte gastronomiche della Locanda Le Tre Rane - Ruffino” che rispecchiano la stagionalità e la territorialità dei prodotti, “e dagli aperitivi e gli eventi culturali ad opera della Bottega del Vino nel parco della Tenuta”, dove tutti i vini Ruffino sono accompagnati da una selezione dei migliori prodotti gastronomici toscani. Altri ancora, infine, “arrivano all’Agriresort Poggio Casciano per abbandonarsi a momenti di relax nella splendida piscina a sfioro e farsi coccolare dalle gustose colazioni”. Per Ruffino, infatti, “l’ospitalità è sempre stata un’attività importante. Un modo per entrare nei cuori dei propri consumatori e creare rapporti di fiducia e lunga durata”. Negli ultimi anni “abbiamo voluto sviluppare ulteriormente questo comparto creando una vera e propria esperienza a 360 gradi che oggi chiamiamo Brand Experience”. Un’immersione nella storia e nella filosofia di Ruffino che si esprime attraverso la nuova piattaforma di comunicazione “Vivere di Gusto”.

Una storia iniziata nel 1881 e che, dopo 140 anni, si rinnova e rafforza con un nuovo brand che porta sia il nome dell’azienda che l’anno di fondazione. Serena celebra così il proprio compleanno, con una nuova etichetta che rappresenta la summa di tutti i valori alla base della cantina veneta.

Da sinistra, alcune bottiglie della nuova etichetta Serena 1881, e Luca e Giorgio Serena

I 140 anni di SERENA WINES 1881

Un nuovo brand per celebrare una storia lunga 140 anni. È così che Serena Wines 1881, azienda veneta collocata nel cuore della regione del Prosecco, a due passi da Conegliano, ha deciso di festeggiare il proprio compleanno, “quasi un secolo e mezzo in cui ha superato guerre, carestie e infine pandemie - come ricorda l’amministratore delegato ed esponente della quinta generazione Luca Serena - a cui però hanno fatto eco anche eventi positivi, come la nascita della denominazione Prosecco, il boom delle sue vendite nel mondo; l’affermazione dei vini Serena in Italia grazie all’introduzione del fusto; l’espansione all’estero grazie alla qualità delle nostre bottiglie”. Tante idee innovative che oggi portano alla nascita del nuovo marchio ‘Serena 1881’, la summa di tutti i valori che sono le fondamenta dell’azienda. “Sentivamo il bisogno di uscire sul mercato con un brand che ricollegasse immediatamente a noi, che portasse il nostro segno distintivo”, spiega il manager. “È così che è nato Serena 1881: il nome della famiglia e l’anno di fondazione. Per la prima volta la comunicazione a supporto si rivolge direttamente al consumatore finale, per creare una community dove le persone si identifichino nei messaggi che trasmettiamo”. Non a caso, l’evento è stato virato al digitale e quindi trasmesso worldwide tramite una diretta Facebook con cui Luca e il padre Giorgio Serena, anch’egli alla guida dell’azienda insieme al figlio nonché vicepresidente del Consorzio di tutela della Doc Prosecco, hanno presentato la nuova linea. “Il digitale, in particolare dopo un anno di pandemia, è lo strumento che ci permette di metterci in contatto con chi beve il nostro vino”, spiega Serena. “Siamo un’azienda rivolta all’horeca, di conseguenza il nostro cliente è il grossista. I social ci permettono di trovare punti di contatto con il cliente finale, con cui normalmente non abbiamo punti di incontro”. In questo contesto, “dobbiamo dire che il nostro pubblico ci dà grandi soddisfazioni, sono molto attivi, ci contattano per sapere dove acquistare i nostri vini o condividono delle foto mentre consumano i nostri prodotti. È bello sapere che le persone apprezzano il nostro lavoro”. Il nuovo brand è stato realizzato con il contributo dell’Accademia delle belle Arti di Venezia, ai cui studenti è stato chiesto, tramite un contest, di disegnare una bottiglia che potesse veicolare i valori fondanti dell’azienda che la stessa vuole comunicare tramite il brand Serena 1881. La proposta vincitrice lega dunque l’anno di fondazione e le cinque generazioni alla guida dell’azienda Serena.

MASOTTINA celebra i 75 anni con il REBRANDING

Il marchio della Famiglia Dal Bianco ha deciso di rivoluzionare il suo modo di comunicare e di approcciare il mercato. Nasce #animaprosecco, la nuova identità dell’azienda che si sviluppa attraverso la razionalizzazione delle linee che portano il nome dei luoghi simbolo dei territori dove hanno origine i vini.

In alto a sinistra, Federico Dal Bianco, una bottiglia di RDO Brut e i vigneti dell’azienda

In concomitanza con l’importante anniversario dei 75 anni, il Gruppo veneto guidato da Adriano Dal Bianco con i figli Federico, vicepresidente, e Filippo, Sales Director, ha deciso, ha deciso un rebranding di Masottina e delle sue linee, lasciando intatta la qualità e la produzione rigorosa puntando alla diversificazione del prodotto. Oggi Masottina ha un suo logo identificativo, che richiama l’eleganza e l’armonia, concetti chiave che stanno alla base della creazione dei vini del brand. Un pittogramma che nasce da una creazione unica, a firma di Ivano Boscolo, che ha voluto interpretare in modo originale la lettera M, che attraverso un segno grafico, racchiude l’anima del marchio storico della Famiglia Dal Bianco: l’eleganza sottile e la ricerca dell’equilibrio, che ogni volta si ritrova bevendo i vini di Masottina, un segno grafico che ricorda la pendenza delle colline racchiuso da un ovale rimando all’anfiteatro glaciale di Ogliano, dove nasce la collezione RDO Rive di Ogliano, punta di gamma dell’azienda. Oltre a quest’ultima, Masottina presenta le nuove collezioni: ContradaGranda, ViaVenti, Calmaggiore e Costabella. I vini dell’azienda veneta sono espressione del territorio e interpretano i valori più importanti: unicità, autenticità e tradizione. “Il 2020 è stato un anno duro per tutti ma Masottina ha deciso di sfruttare questo tempo per guardare interno e investire in quello che è il futuro e la crescita dell’azienda”, racconta il vice presidente Federico Dal Bianco. “Abbiamo deciso di cambiare marcia, sviluppando una nuova immagine coordinata che ci rispecchiasse e comunicasse il grande lavoro sin qui svolto dalla mia famiglia e dalle generazioni precedenti”. Oltre a ciò, “uno sguardo importante poi è stato rivolto al mercato italiano, che avevamo trascurato negli anni passati vista la nostra vocazione all’internazionalizzazione. In Italia stiamo sviluppando una la rete vendita e un’offerta per la ristorazione e le enoteche”. E per quanto riguarda la ripartenza, “i segnali dal mercato – conclude il vice presidente - sono confortanti: abbiamo registrato subito dopo le aperture, una ripresa importante e il feedback sul nostro lavoro è ottimo. Siamo positivi quindi e pensiamo che questa trasformazione abbia lo stesso impatto anche sull’estero”. Nel 2020 le aziende controllate dalla Famiglia Dal Bianco hanno fatturato 30.6 mln di euro. Il brand Masottina esporta attualmente in 37 stati e il fatturato è suddiviso in 25% in Italia, 58% in Europa e 12% nel resto del mondo.

La più antica azienda casearia italiana punta sulla ricerca scientifica con il Science Nutrition & Food Research Center, sulla robotizzazione del nuovo impianto di affinamento formaggi e sulla sostenibilità raggiungendo l’indice carbon Neutral grazie alla piantagione di 1 milione e mezzo di alberi.

In senso orario, il burro Brazzale, la sede dell’azienda e Roberto Brazzale

BRAZZALE punta su TECNOLOGIA E SOSTENIBILITÀ

Il burro è il filo conduttore. Lungo tanto da coprire 300 anni di attività e coinvolgere otto generazioni. La famiglia Brazzale è diventata un nome nel settore latto-caseario proprio grazie al burro, ma alla fine del XVIII secolo sull’altopiano dell’Asiago quello era l’oro vero. Un prodotto quasi totem che ha avuto infatti la giusta celebrazione nel 2015 con la nascita del Burro Superiore Fratelli Brazzale, il super burro dell’azienda con sede a Zané nel Vicentino. Cifre, tappe e obiettivi sono ciò che snocciola con entusiasmo e competenza uno dei Brazzale, Roberto che, insieme ai fratelli Gianni e Piercristano, continua a consolidare il marchio di famiglia: “Siamo in sessanta paesi - spiega l’imprenditore - cresce la nostra presenza in Cina, stiamo avendo risultati lusinghieri in Corea e in Giappone, ma in nessuna di queste realtà imponiamo i nostri prodotti, piuttosto adeguiamo la nostra capacità creativa ai loro desideri. Così posso dirle che in Cina prediligono i formaggi chiari, morbidi e a pasta morbida, che in Giappone va il grattugiato, che in Corea il burro lo scelgono se è bianco. Ecco cosa vuol dire per noi essere al passo con i tempi, ascoltare le esigenze dei consumatori”. Roberto Brazzale considera la tradizione un processo dinamico: “Il sistema DOP ha introdotto maglie troppo rigide nell’evoluzione dei prodotti tipici, perciò ne siamo usciti ed abbiamo creato un nostro modello che risponde meglio alle richieste del mercato. Tutto si muove ed è stupendo poter usare ingegno e libertà per creare prodotti nuovi”. Il presente della più antica azienda italiana del settore lattocaseario in effetti è piuttosto dinamico. Da qualche mese è stato inaugurato il più grande magazzino robotizzato al mondo per la stagionatura dei formaggi. Il nuovo sito sorge a Sant’Agata di Cogollo del Cengio (Vi) e ospita 250 mila forme di Gran Moravia - il formaggio grana dei Brazzale - completamente gestite da processi automatizzati. “E anche qui c’è il tema dell’attenzione al consumatore - continua il presidente del gruppo - che ha sempre più a cuore il fattore ambientale e la sostenibilità dei consumi. Una struttura del genere consente di risparmiare 200 mila chilometri l’anno in movimentazione su autotreni”. In questa scia si inseriscono altre tappe importanti: la nascita del Science Nutrition & Food Research Center (BSC) condotto assieme all’Università degli Studi di Milano per migliorare i processi di innovazione del prodotto e di informazione al consumatore e il raggiungimento dell’indice Carbon Neutral, ossia la totale compensazione delle emissioni di carbonio di tutte le attività produttive. con la piantagione di un milione e mezzo di alberi nel Mato Grosso do Sul, in Brasile.

La cantina veneta dà il benvenuto al primo Cru del territorio, ottenuto da un unico vigneto a 333 metri sul livello del mare grazie a una tecnica di vinificazione innovativa. Per il CEO dell’azienda Alberto Serena si tratta del “coronamento di un percorso di ricerca che portiamo avanti da anni”.

Da sinistra in senso orario, la nuova etichetta “FM333”, la famiglia Serena e alcuni vigneti di Montelvini

MONTELVINI presenta “FM333”

Novità in casa Montelvini, una delle realtà vitivinicole più dinamiche nel panorama italiano con sede a Venegazzù (Tv), nel cuore della DOCG Asolo Montello. La cantina ha introdotto l’Asolo Prosecco Superiore DOCG Brut Millesimato 2020 “FM333”, il primo Cru della denominazione che incarna la costante ricerca dell’azienda vitivinicola verso una vinificazione sempre più innovativa. Espressione dell’eccellenza del territorio e risultato di una nuova tecnica spumantistica, la nuova etichetta va ad arricchire un’offerta già ampia, declinata nelle cinque collezioni Serenitas Asolo DOCG, Serenitas Valdobbiadene e Treviso, Promosso, Plumage e Vintage. “FM333” nasce dall’unione dell’acronimo di Fontana Masorin, la storica tenuta di proprietà dell’azienda posta a un’altitudine di 333 metri sul crinale del Montello che ospita le uve destinate alla produzione del vino e che deve il suo nome a una fonte naturale d’acqua che lambisce i margini della tenuta. Oltre a questa, i vigneti comprendono le tenute Le Zuitere e Presa IX. L’esperienza di Montelvini si basa su 140 anni di impegno della famiglia Serena nella produzione di vini di qualità. “Per noi si tratta di un sogno che diventa realtà, il coronamento di un percorso di ricerca che portiamo avanti da anni e che rappresenta l’eccellenza dell’abilità spumantistica della nostra azienda e della qualità che il nostro territorio è in grado di esprimere”, racconta il CEO Alberto Serena, che con la sorella Sarah, a capo della direzione amministrativa e produttiva, rappresenta la quinta generazione di vignaioli. Capacità, esperienza, dedizione, entusiasmo e passione di chi lavora in azienda, hanno fatto di Montelvini una cantina che ha saputo adattarsi al trascorrere del tempo, pur restando fortemente legata alla storia vinicola e culturale del territorio, contribuendo così a scrivere il futuro di un’area vocata alla viticoltura. La vera novità rappresentata da “FM333” risiede nella tecnica di vinificazione che si discosta da quella tradizionale del Prosecco e sfrutta un’unica fermentazione, anziché due. Delle uve, selezionate manualmente, viene utilizzato solamente il “mosto fiore” che viene conservato a freddo al fine di estrarre maggiori precursori aromatici. Il mosto viene quindi illimpidito per decantazione, senza alcun utilizzo di coadiuvanti. Successivamente viene attivata un’unica fermentazione in autoclave per ottenere la presa di spuma. Infine, al termine di un percorso di sei mesi, nasce “FM333”, uno “spumante da mosto”, unico nel suo genere.

Dai 3,5 ettari coltivati a Wildbacher, antico vitigno originario della Stiria occidentale (Austria), Col Sandago ricava non solo un rosso igt di grande longevità, ma anche un rosé spumantizzato con metodo italiano, un passito e un metodo classico Extra Brut.

Da sinistra, la tenuta Col Sandago e alcune bottiglie della collezione di Wildbacher

Le sfumature di WILDBACHER di COL SANDAGO

Il nome di Col Sandago è legato al Prosecco Superiore docg di Conegliano e Valdobbiadene, territorio patrimonio Unesco dove opera la realtà vitivinicola appartenente al gruppo Hausbrandt. Oltre alla Glera, l’azienda sta investendo sul Wildbacher, antico vitigno originario della Stiria occidentale (Austria), di bassa resa e che per questo motivo, dopo esser stato importato in Veneto durante l’era asburgica, era stato quasi del tutto abbandonato a favore di altre uve più redditizie. A salvarlo dalla scomparsa è stato Martino Zanetti, presidente di Hausbrandt, che non ha mai voluto sacrificare il Wildbacher, trovandone un grande estimatore nel compianto Luigi Veronelli, padre della critica enologica italiana, che lo invitò a crederci fino in fondo. E oggi, da quei 3 ettari e mezzo coltivati a Wildbacher, Col Sandago ricava un rosso igt di grande longevità che recentemente ha cambiato veste. Ma non solo. Perché il Wildbacher di Col Sandago viene considerato come un diamante raro e dalle mille sfaccettature che può essere degustato nelle sue diverse espressioni. Oltre al prodotto-icona della cantina, non mancano un rosé spumantizzato con metodo italiano, un passito e un metodo classico Extra Brut. Dall’aspetto brillante, con spuma fine e persistente, e un colore rosato carico, il Wildbacher Rosé è caratterizzato da un gusto asciutto, armonico ed equilibrato, con grande persistenza e rispondenza retro-olfattiva. Con il suo profumo ampio, fruttato e floreale insieme, con evidenti note di fragolina di bosco e petalo di rosa, è ideale come aperitivo, si accompagna molto bene con antipasti leggeri di verdure e formaggi freschi. Ottimo anche con crudi di pesce marinato. Unico e sorprendente, il Wildbacher metodo classico Extra Brut annovera tra le sue qualità un colore rosato scarico e un aspetto brillante, con spuma fine e persistente. Il gusto asciutto, armonico ed equilibrato, con grande persistenza e rispondenza retro-olfattiva, è perfetto per accompagnare formaggi freschi ed erborinati, ma anche pesce e carni bianche. Infine, il Dagoberthus passito di Wildbacher si distingue per il suo colore rosso intenso e concentrato e un profumo ampio e avvolgente, con sentori di frutta di bosco quali ribes e mirtillo e note balsamiche di erbe officinali e timo. Grazie al suo gusto dolce ma non stucchevole, con tannini in giusto equilibrio con la freschezza data dalla buona acidità, questo vino è adatto per essere gustato da solo, per imparare a conoscerne l’enigmatica personalità, oppure da accompagnare con formaggi stagionati. Intrigante l’abbinamento con il cioccolato.

Nasce un rivoluzionario modo di fare shopping che, grazie ad una piattaforma digitale e all’alta tecnologia di innovativi visori, indossati da un personal shopper dedicato, proietta l’utente in negozio per un’esperienza ‘live’ del proprio acquisto, da effettuare comodamente da casa o in qualsiasi posto ci si trovi.

Con SHOPPING-LIVE l’esperienza di acquisto diventa ‘PHYGITAL’

ALPAC, che nei suoi dieci anni di vita ha ampliato l’attività dalla stampa digitale ad un vero e proprio ‘retail total look’ per brand di alta gamma, dopo aver superato i 7 milioni di euro di fatturato nel 2019, ha attraversato la pandemia e il suo impatto sul retail continuando a investire e tornando a crescere nei primi mesi del 2021. “ALPAC ha un’anima attiva – afferma Mauro Oliva CEO di ALPAC e Zelo21 – per questo motivo anche nel 2020 abbiamo avviato diversi progetti, dalla nuova esperienza di acquisto Shopping-Live all’apertura di due negozi fisici a Milano e Brescia da affiancare al già esistente e-commerce Zelo21; fino allo sviluppo della prima carta da parati in puro denim che sarà distribuita da una multinazionale in tutto il mondo. Ora che il mercato si sta riprendendo siamo certi che tutte queste iniziative si affermeranno sempre più”. L’attività dell’azienda, che collabora soprattutto con brand del fashion di alta gamma come Armani, Prada, Zegna e Moschino, solo per citarne alcuni, si è sviluppata fino ad offrire un ‘retail total look’ curando, a livello internazionale, allestimenti, eventi, sfilate, installazioni e vetrine di negozi. ALPAC, come general contractor, ha realizzato il nuovo store milanese di Seventy e quello di North Sails all’interno di Green Pea, nuovo centro total green dell’imprenditore italiano Farinetti. Obiettivo dell’azienda è coinvolgere sempre più anche altri settori del lusso come il design, per il quale ha realizzato diversi allestimenti/ installazioni in occasione delle passate Design Week milanesi, il beauty, l’automotive (con partner come Ferrari a cui ha fornito particolari pensiline retroilluminate) e il wine&food gourmet. “Andare sempre avanti è la nostra filosofia, è ciò che ci ispira a sperimentare, a dare forme sempre inedite alle idee dei nostri clienti e nuova vita a ogni materiale”, prosegue Oliva. Frutto di questo approccio è Shopping-Live un rivoluzionario modo di fare acquisti che si rivolge ai diversi settori dell’alto di gamma. Si tratta di un portale tramite il quale è possibile entrare virtualmente negli store più importanti dei brand presenti e, con l’ausilio di particolari visori indossati dal personal shopper, osservare le proposte nel dettaglio grazie all’alta qualità delle immagini garantita dalla tecnologia integrata, in continuo aggiornamento. Usufruire del servizio è semplice: basta collegarsi al portale shopping-live.com da pc, tablet o smartphone, selezionare il brand o la categoria di interesse, avviare la videochiamata e, alla fine dell’esperienza, procedere direttamente all’acquisto senza dover

uscire dal portale. “Quello che offriamo – sottolinea il CEO – è un giusto mezzo tra l’esperienza fisica in negozio e quella dell’online, a volte percepita come troppo ‘distaccata e fredda’, garantendo una maggiore vicinanza e assistenza al cliente nell’intero processo di selezione e ordine, senza rinunciare alla comodità dell’acquisto ‘a distanza’, molto apprezzato dal consumatore già in tempi non pandemici e destinato ad affermarsi sempre più anche in futuro”. Sebbene appena nato, il progetto è stato recepito con molto interesse. “Siamo in fase di ‘demo’ con noti brand della moda, dell’arredo e del food - anticipa l’imprenditore - e diversi sono i brand che hanno già siglato un accordo con noi: Harmont&Blaine, North Sails e Wineria, nota enoteca milanese che seleziona esclusivamente vini di pregio provenienti perlopiù da piccoli produttori.”

I nuovi SALOTTI delle città

di Giulia Mauri

UNA RELAZIONE A DOPPIO SENSO TRA OSPITALITÀ E TERRITORIO. GLI HOTEL SI REINVENTANO E APRONO LE PORTE ALLA CITTÀ, PER ACCOGLIERE I TURISTI CHE VOGLIONO SENTIRSI ‘A CASA’ SCOPRENDO IL LATO PIÙ VERO DELLA DESTINAZIONE SCELTA, MA ANCHE GLI ABITANTI CHE DESIDERANO PRENDERSI UNA VACANZA, PUR RESTANDO NEI PARAGGI. Dagli hotel chiusi per la pandemia agli hotel che aprono, porte e spazi, alla città. Progettati in modo da rivelarsi completamente permeabili ed estroversi, sono animati da una relazione osmotica con il territorio che abitano. E intercettano anche chi ha voglia di godersi servizi di lusso, senza allontanarsi da casa.

DISPOSITIVI URBANI Un esempio di questo cambiamento in atto nel mondo dell’ospitalità porta la firma dello studio Vudafieri-Saverino Partners: si tratta di MIlano Verticale Una Esperienze, l’hotel quattro stelle superior del Gruppo Una collocato tra via De Cristoforis e via Rosales, nel distretto meneghino di Porta Nuova. Il progetto della struttura, che consiste di 173 camere distribuite su 12 piani, circa 600 metri quadrati di spazi ristorativi e 1.000 metri quadrati di giardino interno, si propone di superare la concezione tradizionale di albergo creando uno spazio aperto alla città: allo stesso tempo un hotel urbano, una destinazione food & beverage, un luogo

di incontro per il lavoro, un hub di servizi innovativi. All’origine, “una riflessione sul rinnovato ruolo dell’architettura dell’ospitalità, nella condivisione di esperienze sociali, ludiche e lavorative”, spiegano gli architetti Tiziano Vudafieri e Claudio Saverino. Un albergo “inclusivo e non esclusivo”, concepito come un’estensione di Milano, con la progettazione di servizi posti al piano terra che svolgeranno un ruolo attivo nel dialogo con il contesto. Segno di questa predisposizione è il ridisegno della piazza e di tutta via Rosales, che ricuce il rapporto tra facciate ed esterni dando continuità al verde pubblico e privato. All’interno, l’azienda di interior contractor Concreta, in sinergia con Vudafieri-Saverino, ha reinterpretato in chiave contemporanea la tradizione del design milanese. “Pensiamo che un hotel contemporaneo debba raccontare il posto in cui si trova, a prescindere dal fatto che faccia parte di una catena – commentano gli architetti –. In un certo senso abbiamo voluto rendere Milano Verticale uno strumento per avvicinare i viaggiatori al racconto dell’identità milanese e lombarda”. Sulla stessa lunghezza d’onda Marco Gilardi, operations director di NH Hotel Group Italia e Usa, che sta introducendo una filosofia ‘esperienziale’ per tradurre l’hotel in uno spazio dove si possa entrare e usufruire degli spazi comuni per leggere un libro, riposarsi, ritrovarsi con amici o ‘noleggiare’ ambienti per lo smart working, e ancora assaporare un coctkail oppure godere di una ristorazione di eccellenza. Ne è testimonianza l’hotel NH Milano Touring, le cui aree comuni sono state trasformate in ‘lobby alive’. “Dove prima c’era la reception ed era esclusivamente un luogo di passaggio – spiega Gilardi – sono stati creati differenti spazi per vivere forme di convivialità in un contesto che porta la città dentro all’hotel”. Infatti, nella ‘lobby alive’ sono presenti gigantografie di dettagli del Duomo e di altri luoghi della milanesità, che fanno immergere gli ospiti nell’atmosfera della città. Fondandosi su simili intenti, vedrà la luce entro la fine dell’anno Martini 17, un boutique hotel con 21 camere nella vecchia Milano. Studiato nel concept dallo studio Caberlon Caroppi, l’albergo si propone non solo nella sua accezione più classica, quella legata all’ospitalità, ma apre le porte delle sue aree comuni al pubblico con un cocktail bar e un giardino d’inverno che si presta a piccoli eventi. Atteso nel capoluogo lombardo anche l’arrivo, nell’estate del 2022, di una nuova proprietà ad arricchire il portfolio di Lungarno Collection, società di gestione alberghiera appartenente alla famiglia Ferragamo. All’interno dell’ex Seminario Arcivescovile di corso Venezia 11, nascerà un nuovo Portrait – Portrait Milano, per l’appunto –, brand fiore all’occhiello

Dall’alto, Portrait Firenze; una delle ventuno camere di Martini 17

In apertura, MIlano Verticale Una Esperienze

della compagnia che arriverà così a quota tre hotel dopo Roma e Firenze. “Ciò che contraddistingue questi alberghi è il legame a filo doppio che instauriamo tra i nostri ospiti e la città che li accoglie”, afferma il CEO del gruppo Valeriano Antonioli. A partire dalla location, strategica: al centro del Quadrilatero a Milano, così come di fronte a piazza di Spagna, nel fashion district di via Condotti a Roma; accanto a Ponte Vecchio, affacciato sull’Arno a Firenze, a due passi dalle boutique di via dei Tornabuoni. “Altro tratto distintivo del brand è la capacità di costruire il ‘ritratto del proprio cliente’ e metterlo in contatto con il ritratto della città, creato su misura per lui, in base alla sua cultura, conoscenza e aspettative”, prosegue Antonioli. Un’ospitalità tailor-made perché “una stanza confortevole, un design raffinato, un servizio impeccabile oggi per il viaggiatore di alta gamma non possono più prescindere da un legame e un rispetto per il luogo in cui si trovano”. Questo significa anche sostegno ai progetti della città, oltre che collaborazione con le realtà culturali e le autorità locali. Le proprietà del gruppo sono aperte anche agli ‘ospiti senza valigia’, come li definisce Antonioli. A Milano, infatti, tutto il piano terra ospiterà una galleria commerciale, ristoranti, bar, spa e rooftop terrace, nonché una piazza centrale di oltre 2.800 metri quadrati, aperta per la prima volta alla città e ai suoi ospiti internazionali. “Tutto ciò senza impattare sulla privacy e la tranquillità della dimensione-hotel, che si svilupperà dal primo piano in su”, precisa il CEO.

CHIAVI DI ACCESSO Per soddisfare le esigenze di una moderna generazione di turisti consapevoli e globali, che cercano non soltanto un luogo dove soggiornare, ma una ‘chiave di accesso’ che permetta loro di entrare intimamente nella vita e nelle pieghe della città, ha inaugurato nel capoluogo toscano un nuovo hotel dedicato al ‘transformative travel’. Originariamente aperto sotto il brand J.K.Place nel 2003, e da allora di proprietà di Carlo Babini e della sua famiglia, The Place Firenze si presenta con un progetto d’interni centrato sul recupero di un rapporto diretto e aperto con piazza Santa Maria Novella in cui l’hotel sorge, anzitutto tramite il nuovo dehor ‘The Terrace’. “Avevamo già da tempo percepito la necessità di affinare il nostro modello di ospitalità ‘su misura’, per adeguarlo a nuovi profili di ospiti”, spiega Babini. Gli hotel, infatti, “devono evolvere divenendo soggetti attivi a supporto di progetti mirati e a favore di comunità locali – prosegue l’imprenditore italiano –. Vorremmo essere fertilizzatori, supporto e ‘patron’ di progetti, piccole comunità che producono bellezza e del tessuto locale che Firenze non può permettersi di perdere”. Un ‘portale’ di accesso alla città dietro le quinte degli artigiani, direttori di musei, chef, designer, artisti, enologi e talenti creativi “grazie alla rete, personalissima, creata dal nostro general manager Claudio Meli, che nasce concierge, è fiorentino al 200% e ha davvero ‘le chiavi’ della città, ne conosce i segreti”. A sostegno del made in Italy si è schierato anche Starhotels. Il gruppo alberghiero specializzato nei segmenti upscale e upperupscale & luxury, con 30 hotel situati nelle migliori destinazioni italiane, oltre a Londra, Parigi e New York, ha fatto in modo che nel

Su piazza Santa Maria Novella si apre The Terrace, il nuovo e scenografico dehor di The Place Firenze

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Da sinistra, il LightBlue Bar, dove trova spazio l’offerta culinaria di Almar Jesolo Resort & Spa; il Bristol Winter Garden all’interno dell’hotel Helvetia & Bristol

2020 tutto lo speso in beni e servizi (75 milioni di euro l’anno) fosse destinato a fornitori e prodotti esclusivamente italiani. Inoltre, per il progetto di ampliamento e ristrutturazione di Helvetia & Bristol a Firenze, il gruppo si è avvalso del contributo di maestri artigiani locali, espressione del ‘sense of place’ che crea una connessione intima con il territorio. “La stessa che esprime la proposta di ristorazione del Cibrèo Caffè, prima parte del progetto Cibrèo all’Helvetia & Bristol, inaugurato in occasione della riapertura lo scorso aprile – precisa Elisabetta Fabri, presidente e AD di Starhotels –. Una collaborazione esclusiva con un’icona dell’enogastronomia toscana che punta ad arricchire l’identità locale dell’Helvetia & Bristol e a diventare il nuovo ‘salotto’ del centro storico di Firenze”. Tra le novità più attese, anche per i fiorentini, c’è la nuova spa di 500 metri quadrati, che sarà completata entro il prossimo settembre.

STRUTTURE PERMEABILI A un pubblico sempre più attento alla salute e all’equilibrio psico-fisico si rivolge Almar Jesolo Resort & Spa, resort cinque stelle sul Lido di Jesolo, ora parte della collezione Preferred Hotels & Resorts. In 2.000 metri quadrati, Almablu Wellness & Spa conta nove cabine, una private spa e un’ampia zona umida con saune, bagni di vapore, docce emozionali, area relax e idromassaggio affacciata sul mare. Un tunnel in vetro conduce, inoltre, alla piscina esterna lunga 70 metri, parzialmente coperta e riscaldata. Aperta anche a una clientela locale, a cui è consentito l’ingresso nelle aree comuni e la prenotazione di trattamenti beauty e benessere, la spa “è molto apprezzata dai residenti del triveneto”, dichiara il general manager Igor Chinellato. “Stiamo lavorando molto a livello di comunicazione sul segmento delle staycation. Per dare valore a questo tipo di offerta abbiamo incrementato il nostro impegno nella ricerca e valorizzazione di realtà locali, dall’artigianato all’offerta enogastronomica – aggiunge –. Il nostro intento è quello di far riscoprire il territorio ai turisti di prossimità”. In modo singolare lo fa anche Palazzo Avino a Ravello, che ha dato vita alla boutique The Pink Closet e al suo Lab, laboratorio creativo guidato dall’occhio di Mariella Avino e nutrito dal dialogo con artisti e creativi di tutto il mondo. Frutto di queste collaborazioni sono pezzi da collezione, immaginati come creazioni site specific: gli esemplari unici in sete vintage di Caterina Gatta, le mule rosa acceso di Giannico, i preziosi di Gala Rotelli, le corone di Bluetiful, il bon ton punk di House of Mua Mua, i capi sartoriali di Vernisse, le creazioni custom di Leontine Vintage.

WHAT’S NEW?

Autumn coolness

Passeggiare nel parco ammirando il foliage di stagione mentre si sorseggia vino, senza preoccuparsi di portare bicchieri e cavatappi. I vini in lattina rappresentano la vera novità del settore, pratici da trasportare e pronti per essere gustati in qualsiasi situazione. La tradizione non resta a bocca asciutta. L’eccellenza del territorio italiano produce vini extravergine di oliva per tutti i palati, dai sapori più intensi a quelli adatti alle pietanze giornaliere. Dissetanti, frizzanti e biologici. Queste le caratteristiche principali dei drink alla frutta pensati per chi sceglie uno stile di vita eco-friendly, anche a tavola, con uno sguardo sempre attento alla tabella degli ingredienti.

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