L'Oro veronese di Rio 2016

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3,50

C o p i a g r at u i ta

Settembre 2016

Anno 9, Numero 7

WWW.VERONA-PANTHEON.COM

VERONA MAGAZINE

OLIMPIADE ELIA VIVIANI L’ORO VERONESE DI RIO 2016 WIKIPEDIA IL PHOTO CONTEST MONDIALE

TOCATÌ LA 14ESIMA EDIZIONE

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Tutta la redazione del giornale augura al direttore e a Emanuela una felice vita insieme

Editoriale Il mondo è un teatro dove ogni comparsa pensa di essere il protagonista. E in effetti lo è.

Giovanni Soriano

A

bbiamo ancora negli occhi le lacrime di commozione, di gioia e di sacrificio del giovane Elia Viviani che in una notte magica di agosto, a Rio de Janeiro, ha cancellato la delusione di Londra di quattro anni prima - quando arrivò sesto dopo un’intera gara condotta al comando - vincendo in questa bella Olimpiade sudamericana l’Omnium, la disciplina forse più faticosa delle due ruote. Una soddisfazione immensa per l’atleta di Vallese a cui abbiamo voluto dedicare la copertina di questo mese. Un ragazzo dalla faccia pulita, di quelli che conoscono e convivono con le fatiche del duro lavoro quotidiano e dell’impegno costante per raggiungere un obiettivo, e che hanno anche ben presente che solo così facendo si ottengono le soddisfazioni più grandi. È certamente lui uno dei protagonisti di questa estate veronese 2016. Così come Michele Ferrarin, l’atleta di San Martino Buon Albergo, già Campione del Mondo di Triathlon nella categoria PT2 nel 2015, che sta gareggiando in queste ore alle Paralimpiadi, sempre a Rio. A lui e a tutta la spedizione Azzurra, ovviamente, un grande in bocca al lupo. E protagonisti lo sono stati, cambiando completamente argomento e contesto generale, tutti i profes-

matteo.scolari@giornalepantheon.it

@ScolariMatteo

DI Matteo Scolari

sionisti, i volontari e i concittadini che in un modo o nell’altro, direttamente o indirettamente, hanno dimostrato cuore e si sono attivati per un aiuto o per un gesto di solidarietà nei confronti delle vittime del terremoto del 24 agosto in centro Italia. Una tragedia enorme, che ha provocato dolore e sconcerto e che per alcuni giorni ci ha fatto sentire davvero uniti, da Nord a Sud, in un momento così drammatico per il nostro Paese. Un’estate che verrà ricordata, questa volta in positivo, anche per i numeri record che riguardano il turismo, in particolare quelli registrati nella nostra città. Se c’è un settore in cui abbiamo un margine di crescita enorme e su cui converrebbe seriamente investire da qui ai prossimi anni, è proprio quello turistico. Saranno tante le novità e le iniziative che riguarderanno il nostro (e vostro) giornale, Pantheon, durante l’autunno, e numerose le attività messe in campo dall’associazione Verona Network per valorizzare idee, progetti, iniziative volti a migliorare la nostra città e la nostra provincia. Vi invitiamo a seguirci anche online, sui social, a scriverci e a condividere con noi ciò che pensate. Da otto anni Pantheon è il magazine dei veronesi protagonisti. Potete esserlo anche voi.


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Registrazione Tribunale di Verona n.1792 del 5/4/2008 - Numero chiuso in redazione il 07/09/2016

INDICE 6 10 12 16 18 22 26 32 33 38 40 42 48

PRIMO PIANO El i a V i v i a ni L a n o s t r a m e r avi g li a a R i o 2 0 1 6 linea m e nt i L’a r te d i segnata da u n t r at t o r e IL PER S ONA GGI O P ez z o e Va lb u s a , g li e r o i di i e r i LO SP OR T CHE NON T I A SP ET TI R u g by i n c a r r o zzi n a TOCATì L a C i na a pr ova d i gi o c o SALUTE Un l i bro -tera pi a e un a s p e r a n za WIKIPEDIA Wi ki L ov es Mo nume n t s I l pho to co nte s t m o nd i a le speleologia I l f o to gr a f o de g li a b i s s i R o b b i e S h o n e film festival della lessinia Le ve r t i g i n i de l s o t t o s u o lo scorci Q uel l a vo lta c h e si a m o a n dat i a t e at r o ( i n c a r c e r e ) G IOVANI & LAVOR O T h e Fac t o ry La Ca s a d e g li a r ti s ti ma rm om acc Wi th sto ne we c a n L e vo ci ( r o s a ) d e l s e tto r e A G ROA LI M E NTA R E L’a nno n e r o de lla c i li e g i a

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LIBRO DEL MESE - BOX OFFICE

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pantheon Underground

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Brevi da Verona

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Bellezza al Naturale

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IN CUCINA CON NICOLE

da pag 2 8

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in copertina

ELIA VIVIANI

T U T T O L’ I N V E R N O P E R GODERSI LA MEDAGLIA

di Emanuele Pezzo

Foto di Marco Menini

«Tokyo 2020? Non è così distante» Il ciclista veronese ha conquistato la ribalta vincendo l'oro alle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Eppure, dopo alcuni giorni di festeggiamenti, è tornato subito sul sellino per preparare i mondiali di ciclismo su strada di metà ottobre in Qatar.

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he fosse lanciato verso la gloria olimpica lo sospettava anche lui, tanto da non nascondersi pur ammettendo che vi fossero altri pretendenti. Come ben si sa, infatti, nello sport come nella vita nulla è mai detto in anticipo. Alla fine, però, l’oro al collo ce l’ha lui. Elia Viviani, ciclista 27enne di Vallese di Oppeano, ha sbaragliato la concorrenza nella specialità Omnium, una sorta di “exathlon” del ciclismo su pista che, più che una gara, è un percorso a ostacoli ricco di insidie. Una medaglia che ripaga di tanti sacrifici, di qualche amarezza di troppo nelle competizioni mondiali e che accorcia distanze e tempi. Difatti, sull’onda dell’entusiasmo, neppure i Giochi olimpici di Tokyo 2020 sembrano così lontani. In fondo, il fuoriclasse Mark Cavendish, argento nella gara vinta dal veronese, adesso ha la stessa età che avrebbe Elia fra quattro anni...


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SU PISTA

CICLISMO

A tu per tu con il nostro campione olimpico

Guarda la video intervista a elia viviani su VERONA-PANTHEON.COM/PANTHEONTV Elia, come sta vivendo questo momento in cui è richiestissimo? È sicuramente difficile gestire tutto. Per molti atleti dopo l’Olimpiade c’è un momento in cui si stacca, invece la mia stagione terminerà a fine ottobre: la prima cosa è stata tornare in bici, a parte i primi tre giorni di festeggiamenti. L’accoglienza del paese è stata bellissima, la festa emozionante. Le mattine sono ancora occupate dagli allenamenti, oltre a quelli c’è il riposo da gestire ed è tutto un incastrarsi di appuntamenti. Vanno organizzate le ore della giornata nel miglior modo possibile. A metà ottobre, in Qatar, c’è il campionato del mondo su strada; un’occasione difficile da ripetersi nei prossimi anni. È giusto provarci. Poi mi godrò la medaglia del tutto, durante l’inverno. Che peso ha questo oro? Ha cambiato la mia vita. Non ha trasformato Elia come persona, ma rientrare in Italia, essere riconosciuto da chiunque e fermato per una foto e per un autografo, può essere stressante per una persona normale. È, però, una sensazione bellissima e diciamo che mi ha reso un po’ più “impegnato”. Come ha vissuto la caduta? Alla fine ha reso più eroica questa medaglia. Da sportivo dico che sarebbe stato meglio che non ci fosse stata, ma sono stato determinato e non ho perso il controllo. C’è stato un gesto di stizza e poi sono ripartito, ancora più deciso. Il tabellone mi segnalava ancora primo e avevo la voglia di difendermi e magari affondare ancora qualche colpo per incrementare il vantaggio. Sono le occasioni in cui sai che sarà difficile che ci sia una seconda chance. Medaglia a parte, come ha vissuto Rio 2016, essendo già stato a Londra 2012? La medaglia ha fatto la differenza, però l’Olimpiade è sempre un’esperienza bellissima. Ti ritrovi nello stesso villaggio con campioni di tutte le nazioni, si è tutti all’interno di appartamenti e sembra di essere tornati piccoli, quando si andava in gita scolastica. Ho avuto la fortuna di aver fatto esperienza già a Londra, per cui a Rio, dove puntavo dritto alla medaglia, l’ho vissuta proprio a 360 gradi. E Tokyo 2020? È lontana. Ma anche dopo Londra dicevo che Rio era lontana. Quindi... non è poi così distante. Facciamo passare i prossimi due anni di attività su strada. Ho un team fortissimo che mi supporta e ho voglia di vincere tappe al Giro d’Italia, la Milano-Sanremo, le gare più importanti nel panorama ciclistico. Poi nei due anni preolimpici magari tornerò a pensare alle olimpiadi su pista. Ci sono ragazzi forti per il quartetto e cambiare specialità potrebbe magari essere un obiettivo per provare la caccia ad una nuova medaglia.


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in copertina

RIO 2016, SECONDO NOI

T

ra i grandi protagonisti di questa Olimpiade sudamericana c’è anche un altro giovane atleta veronese, Filippo Lanza, nato a Zevio, classe 1991. Lo schiacciatore scaligero, cresciuto nella Trentino Volley - squadra di Serie A in cui milita tuttora -, assieme ai compagni della Nazionale guidata dal coach Gianlorenzao Blengini, è andato vicinissimo a quel successo a cinque cerchi che l’Italia della pallavolo, pur avendo vinto praticamente tutto a livello internazionale, non è mai riuscita a centrare nel corso della sua storia. LA “MALEDIZIONE sportiva” dell’Italvolley dura da almeno vent’anni, da quella finale persa ad Atlanta 1996

di Matteo Scolari

al tie break contro l’Olanda e proseguita poi ad Atene 2004 con la sconfitta, ancora a una volta a un passo dall’oro, con il Brasile. E di nuovo la formazione verdeoro ha negato a Lanza e compagni il successo in questo 2016: la Seleção, padrone di casa, ha superato la squadra del bravo Blengini con un secco 3 a 0. L’ARGENTO non sminuisce affatto una prova di squadra, quella degli Azzurri, davvero encomiabile. Questo brillante risultato, anche perché inatteso alla vigilia vista la giovane età di molti atleti, fa ben sperare per i prossimi appuntamenti in campo internazionale e perché no, per la prossima Olimpiade di Tokio 2020.

ELIA VIVIANI Oro Omnium ciclismo

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33 atleti veneti Le discipline? Nuoto, pallavolo, volley, beach volley, vela, atletica, nuoto sincronizzato, canottaggio, ciclismo, tuffi piattaforma, arco, golf. ELISA QUEIROLO Argento Pallanuoto femminile

Una questione di colori A Pechino spadroneggiava il rosso. A Londra i nostri occhi si erano votati al rosa brillante. I colori accesi sudamericani hanno travolto – come c'era da aspettarsi - anche i Giochi brasiliani con il verde sgargiante ovunque pennellato, il blu elettrico del campo da hockey e mille altre fluorescenti sfumature sui calzari dei corridori. Un secolo fa, le tinte

che affrescavano le Olimpiadi erano, invece, quasi sbiadite. Da dove nasce questa moderna corsa al colore? Con nuance più evidenti, secondo gli organizzatori degli eventi sportivi di maggior rilievo, gli spettatori mantengono l'attenzione alta. Non è un segreto che alcuni club sportivi, indecisi sulla sfumatura da prendere, fanno riferimento a veri e propri “consulenti cromatici”.

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LINEAMENTI

C a s t a g n a r o , l’ u lt i m a o p e r a d i D a

Che ne sai tu di un

CAMPO DI GRANO?

giovanna.tondini@verona-pantheon.com

di Giovanna Tondini

Il Redentore di Rio con i cinque anelli delle Olimpiadi: questa l’ultima fatica – nel vero senso della parola – dell’artista veneto Dario Gambarin. La sua Land Art non ha eguali in Italia e mescola con sapiente armonia talento artistico, trattori e, ovviamente, svariati metri quadrati di terra.

È

IL GIORNO giusto: il grano è stato tagliato. Hanno tirato via la paglia dal terreno dopo la mietitura. Ci siamo. Il motore del trattore si sta scaldando. Questa volta è meglio iniziare con l’erpice rotante piuttosto che con l’aratro: dà più sfumature. Il terreno è sabbioso e l’effetto finale sarà più luminoso. Intanto la mente si prepara e ripercorre l’immagine esatta, frutto di mesi di ricerca, di studio, di lavoro. Vietato sbagliare: l’intera opera andrebbe persa. ORA TUTTO è pronto. Sì, anche il fotografo e l’aeroplano sono stati avvisati. È importante che l’esecuzione sia ripresa in tempo reale. Bastano poche ore perché l’effetto della luce modifichi l’aspetto originario dell’opera.

«Non hai tempo di pensare troppo. Non vedi niente e devi solo immaginare cosa stai creando»

Il trattore parte e comincia a tracciare linee sul terreno arso dal sole. La temperatura è alta: 35 gradi. Quattro ore intense, di cui non si conosce il risultato, finché non si manifesta alla fine dell’esecuzione. Fatica, tanta fatica. Poi, però, la soddisfazione. Il Redentore di Rio con i 5 anelli delle Olimpiadi giace ora su un campo di stoppie di grano trebbiato di 47 mila metri quadrati. CASTAGNARO, LUGLIO 2016, Dario Gambarin ha compiuto la sua ultima opera di Land Art Le Olimpiadi della misericordia. «È l’invito a preservare lo spirito leale e onesto dello sport - spiega l’autore - Mi auguro che lo sport unisca i popoli e attenui le tensioni razziali, religiose e sociali di questo periodo». TUTTO è iniziato nel 2009, con il ritratto di Obama, quello che ha fatto conoscere Gambarin in tutto il mondo. Sì, perché effettivamente il suo modo di realizzare questa tipologia di arte non ha eguali al momento. «L’idea mi venne in Germania quando, durante un viaggio, vidi un’opera di Land Art». Si trattava di fiori impiantati in un terreno, secondo una linea

Hu mu s Par k (Por de n o ne Fr iu l i )

Tra rami, foglie e sassi è giunta alla quinta edizione la rassegna biennale che ha visto coinvolti oltre 80 artisti da 13 paesi del mondo.


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L’a r t e d i s e g n a t a d a u n t r a t t o r e

a r i o G a m b a r i n d a l t i t o l o “ L e O l i m p i a d i d e l l a m i s e r i c o r d i a”

Atomium

È una performance artistica che Dario Gambarin ha realizzato su un terreno di 20mila metri quadrati come ricordo commosso alle vittime degli attentati dello scorso marzo a Bruxelles. L’opera, disegnata tra i campi di Castagnaro, rappresenta la celebre struttura avveniristica della città belga e contiene il simbolo della pace e il volto di Cristo in croce.

LAND ART, L’ARTE EFFIMERA DELLA NATURA CHE SI SOTTOMETTE DOLCEMENTE AI TEMPI DELLA TERRA

Ar te Se l l a ( Va lsuga n a , T ren t in o ) La Cattedrale Vegetale è un’esposizione permanente dal 2001. La mano visionaria di Giuliano Mauri ha disegnato tra i boschi trentini tre navate di dodici metri di altezza con quattrocentoventi colonne di sostegno che accompagneranno gli alberi per vent’anni finché le strutture lignee marciranno.

studiata e disegnata da un geometra, «con questo metodo si dovevano attendere quattro mesi prima di poter fissare l’opera in una fotografia». «Perché aspettare tutto questo tempo?». Dario, una volta tornato a casa, ha trovato la sua tecnica che è poi la sintesi di tutte le sue abilità. «DA QUANDO avevo cinque anni guido i trattori», ci spiega. Una conoscenza fondamentale, alla quale se ne aggiunge un’altra, frutto di anni e anni di esperienza: «Conosco molto bene le caratteristiche del terreno e i suoi effetti con il sole». A questo si deve aggiungere la forza fisica e quella mentale. «In quelle ore di esecuzione è come essere in partita». E la sua dote artistica completa il quadro: «Dipingo da sempre - racconta Dario - Dal 1994 espongo i miei quadri espressionisti nelle mostre di tutta Europa». Una passione che ha coltivato durante i suoi studi universitari, alla quale accompagnava quella per la musica. «Ancora oggi creo performance in cui sono presenti queste due arti». LA LAND ART però ha qualcosa di speciale. «Non hai tempo di pensare troppo. Non vedi niente e devi solo immaginare». Una difficoltà che rende tutto ancora più intrigante e che porta ad una soddisfazione senza eguali. «È un’emozione unica vedere solo alla fine quello che hai creato». È una sorpresa che non ci sarebbe se tutto fosse progettato con un Gps. «Con le mie opere non provoco nessun danno all’ambiente», ci tiene a sottolineare. Dario Gambarin ricorre quindi a tanti modi diversi di comunicare. Ma, in sintesi, «la mia arte è l’espressione del tempo che vivo e di quello che penso». Non importa che il risultato sia bello. «È più importante far vedere attraverso le mie opere qualcosa di diverso».


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PERSONAGGIO

LE GARE SI VINCONO AL TRAGUARDO

giorgia.castagna@verona-pantheon.com @CastaGiorgia

di Giorgia Castagna

Sono passati dieci anni, ma il brivido di quei giorni rimane fermo sulla pelle. Fulvio Valbusa, oro olimpico a Torino 2006, si svela in questa intervista in cui ricorda tanti momenti preziosi ed indelebili, come quello della colazione con gli altri atleti della squadra, prima della gara. La più importante.

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ULVIO VALBUSA, Torino 19 febbraio 2006. «Mia figlia Alice mi ha fatto un disegno, ci sono io sul podio. Stamattina sono riuscito a non guardarlo, ero una corda di violino, volevo spaccare tutto […]». Queste le prime dichiarazioni che l’ex campione olimpionico, conosciuto da tutti come “Bubo”, rilasciò, a freddo, alla stampa, non prima però di aver messo al collo la tanto attesa medaglia d’oro. All’indomani della chiusura di Rio 2016, abbiamo rintracciato Valbusa per rivivere con lui un pezzo di storia che rimarrà negli annali: la grande staffetta di sci da fondo vinta a Torino, con Giorgio Di Centa, Pietro Piller Cottrer e Cristian Zorzi. Giorni di Olimpiadi quelli appena passati. Quali emozioni le tornano alla mente ricordando le sue grandi vittorie? Con il passare degli anni e con un po’ di malinconia per quei tempi, ripenso spesso, lo ammetto, a quei momenti e non posso che perdermi in fantastici

«Ci guardammo per qualche istante negli occhi e capimmo che quel giorno avremmo scritto una pagina di storia»

La vittoria alle Olimpiadi invernali di Torino

ricordi condivisi con la mia squadra. Quella mattina ci ritrovammo tutti e quattro a fare colazione assieme, fatto eccezionale trattandosi di una staffetta dove solitamente gli orari erano scanditi da ritmi ben diversi. Finita la colazione calò un silenzio che definirei memorabile. Ci guardammo per qualche istante negli occhi e lì capimmo che quel giorno avremmo scritto una pagina di storia per la nostra nazionale di sci da fondo. Sensazioni difficili da spiegare ma, per chi le vive, uniche ed indescrivibili. La gara fu parecchio dura, ora posso dirlo, ma poi il destino e un po’ di fortuna ci premiò. Il resto è storia. Che consigli darebbe o meglio dà oggi ai giovani che si avvicinano al tuo sport?

Difficile dare consigli, i tempi sono cambiati, generazioni e metodi d’insegnamento anche. Ma una cosa mi va di dirla: non sentitevi mai appagati o arrivati. Nel momento in cui ti convinci di essere arrivato inevitabilmente ti siedi su un successo e sul quello rischi di rimanere. Bisogna ricordarsi che la squadra è tutto. Non si vince da soli ma con il proprio team di compagni e preparatori. Penso ad Alessio Leso, mio skiman in quella vittoria e non solo. Quella mattina (il 19 feb-


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Tra ricordi e anniversari olimpici braio 2006, ndr) mi diede un paio di sci e mi disse: «Questi ti faranno volare ma il primo chilometro avrai l’impressione contraria!» . Mi fidai di lui… e volai! Quanto influisce il carattere di una persona che pratica sport a livello professionale? Se le gambe fanno tanto, la testa di più. Io lo ripeterò sempre che sei non hai la testa per trasformare i chilometri che fai, non c’è gara che tenga. Serve essere determinati, crederci fino in fondo. Le gare si vincono al

traguardo. Devi aver voglia di vincere, non sentirti mai arrivato e portare rispetto per il tuo nemico. Sono convinto che una concorrenza sana non possa che essere produttiva. Gesti scaramantici? Tanti, come allacciare prima lo sci destro e in chiusura, fuoricampo, sganciare prima il sinistro e poi il destro. I miei numeri? Sette e diciassette. Il suo motto? Quando sei in crisi accelera. La crisi è solo di testa: se stai bene non puoi che andare bene!

L’arrivo di Atlanta 1996

di Matteo Scolari

PAOLA PEZZO E QUEL BIS OLIMPICO CHE HA FATTO LA STORIA Inutile girarci attorno. L’immagine di Paola Pezzo che arriva di gran carriera sul rettilineo sterrato di Atlanta 1996 con il body leggermente abbassato e quel gesto tanto semplice quanto spontaneo di alzare la zip a pochi metri dal traguardo, ce li ricordiamo tutti come fosse ieri. Eppure sono passati vent’anni. Quel giorno la grandissima atleta veronese nata e cresciuta a Bosco Chiesanuova, entrò nel mito della Mountain Bike e riempì di inchiostro le pagine di quotidiani sportivi e di cronaca rosa. Involontariamente, con la sua immagine pura e genuina, e con quel particolare fuori programma ripreso dai media di tutto il mondo, diede popolarità a uno sport che

fino a quel momento non aveva avuto grandi riconoscimenti a livello internazionale, specie in campo femminile (ad Atlanta fu il debutto assoluto per la disciplina ciclistica del fuoristrada, ndr). Eppure a noi, di quella vittoria incredibile, piace ricordare la primissima dedica che fece l’Azzurra una volta tagliato il traguardo: prima ancora dei famigliari, Paola pronunciò il nome di Fabio Casertelli, il giovane ciclista italiano morto in un tragico incidente al Tour de France l’anno prima, nel 1995. Grande cuore e tanta sensibilità per una campionessa a tutto tondo che iniziò la sua carriera sportiva come fondista, ma che preferì poi le due ruote raggiungere il successo. Prima dell’oro

Esclusivista di zona

di Atlanta arrivarono i titoli italiani, i successi europei e mondiali e tante soddisfazioni. Come non ricordare ad esempio l’anno 1997 quando vinse praticamente tutte le gare della Coppa del Mondo portandosi a casa anche il Mondiale? Ma nello sport la parte più difficile a volte è ripetersi, ed è qui che Paola Pezzo ha dimostrato la sua forza e la sua maturità di atleta. L’Oro di Sidney 2000 fu un bis clamoroso, anche perché raggiunto dopo una caduta durante la gara che poteva compromettere seriamente l’avventura australiana. Recuperò il terreno perduto, superò tutte le concorrenti e volò di nuovo al traguardo. Questa volta con il Tricolore in mano. E la zip alzata.


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MICHELE FERRARIN ALLA PROVA CARIOCA

UN IRONMAN VERONESE

11 giorni 4.300 atleti 157 nazioni 23 impianti di Emanuele Pezzo

AL LE PARALIMPIADI L’atleta di S. Martino Buon Albergo, bicampione mondiale di triathlon categoria PT2, in questi giorni cerca di chiudere in bellezza la propria carriera con una medaglia a Rio. Una vita sportiva trascorsa tra nuoto, corsa e bici, cercando di trovare il perfetto equilibrio tra famiglia, sport e lavoro. L’abbiamo intervistato prima che partisse per il Brasile dove (mentre scriviamo) si stanno disputando i quindicesimi Giochi Paralimpici della storia moderna.

C

OME DI CONSUETO, i cerchi olimpici, ospiti a Rio de Janeiro per tre settimane, lasciano il posto ai tre “agitos” paralimpici. Uno degli alfieri delle speranze sportive veronesi è Michele Ferrarin, atleta delle Fiamme Oro in gara nel triathlon categoria PT2. Ferrarin, campione del mondo due volte, l’ultima delle quali a Chicago nel settembre dello scorso anno, è tra i favoriti assieme al britannico Andrew Lewis e al francese Stephane Bahier. UNA STORIA molto particolare, quella di Michele, nuotatore di buon livello cui nel 2009 giunse una diagnosi spietata: atrofia muscolare spinale, malattia neurologica che già da dieci anni aveva iniziato a depotenziargli braccio sinistro e gamba destra. Un pugno nello stomaco che, tuttavia, grazie anche all’apporto della moglie Isabella, non fermò la voglia di Michele di praticare sport in maniera seria. Vennero la partecipazione alle gare Ironman a fianco di atleti normodotati, poi le Paralimpiadi di Londra con la squadra di nuoto, infine l’entrata nel team di paratriathlon. UNA STRADA verso una profonda cognizione di cosa significhi essere uomo e atleta, come spiega Michele stesso: «Non cambierei una delle mie partecipazioni

ai Giochi Paralimpici con un’Olimpiade. Quando ero ragazzo e nuotavo con passione vera, il pensiero delle Olimpiadi rappresentava il sogno, il punto d’arrivo della carriera. Successivamente la vita mi ha riservato sorprese, tra cui la malattia, ma anche opportunità che ho voluto cogliere. L’avventura paralimpica mi ha fatto scoprire un mondo di persone eccezionali: non si tratta solo di vedere le incredibili abilità, non le disabilità, di ognuno, ma l’intima consapevolezza delle sfide che ogni giorno fanno questi

«Non cambierei una delle mie due Paralimpiadi con un’ Olimpiade» atleti per superare ostacoli e allenarsi per inseguire un sogno. Questo mi mette sempre i brividi». ANNI DI SACRIFICI, sudore e fatica si concretizzeranno in poco più di un’ora di gara. Eppure, in un certo senso sembra che per Michele Ferrarin una medaglia sia già assicurata.


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emanuele.pezzo@verona-pantheon.com @Manupegaso

di Emanuele Pezzo

La compagine scaligera, nata da pochi mesi grazie alla determinazione di Paolo Macaccaro, pratica il Wheelchair Rugby, spettacolare disciplina di squadra aperta a persone affette da tetraplegia o patologie affini. Grazie allo sport si può migliorare la vita di tutti i giorni, ritagliandosi nuove fette di autonomia.

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EL MONDO il suo nome è l’altisonante Wheelchair Rugby, mentre da noi si chiama semplicemente “rugby in carrozzina”. Questo sembra portare in due direzioni opposte, apparentemente inconciliabili: la ruvidezza dello sport con la palla ovale (che non viene usata, a dire il vero) coniugata con la delicatezza che si prova istintivamente verso i portatori di handicap. Chiariamoci subito le idee. “Rugby” sta innanzitutto per la presenza di contatto tra giocatori e tra le loro carrozzine da gara, veicoli performanti in grado di reggere l’urto degli scontri e di adattarsi perfettamente alle fasi di attacco e difesa. ANCHE VERONA sta partecipando allo sviluppo di questa disciplina, giunta in Italia da appena cinque anni. Da pochi mesi è nata la squadra dei Mastini Cangrandi, grazie alla determinazione di Paolo Macaccaro, atleta affetto dalla nascita da tetraparesi spastica. Le sue idee sono decisamente chiare: «La nostra intenzione è di coinvolgere sempre più disabili veronesi grazie a questo sport».

LA PRATICA sportiva come grimaldello per scardinare situazioni difficili come quelle legate ad una grave invalidità, insomma. Macaccaro ci illumina sulla questione: «Pensare che l’invalidità sia limitante è semplicemente... limitante. Il nostro sport abbatte il pregiudizio di eccessiva protezione verso i portatori di handicap». Troppe volte i disabili restano nell’ombra del sostegno di chi sta loro vicino, pensando di non poter più fare attività sportiva. Invece nella vivacità dello scontro agonistico viene riconquistata una fisicità che si credeva smarrita per sempre. «Questo sport – spiega Macaccaro – dà la possibilità di rimettersi in gioco e aiuta anche nella quotidianità: rinforza la muscolatura residua e permette di fare movimenti che prima non si facevano».

La nazionale italiana in lizza agli Europei di divisione B Nonostante sia presente entro i nostri confini da poco, la nazionale di rugby in carrozzina sta crescendo e togliendosi piccole soddisfazioni sul palcoscenico continentale. Agli ultimi campionati Europei di divisione C, svoltisi a Lignano Sabbiadoro in giugno, la squadra azzurra, nella quale milita anche Macaccaro, ha vinto il round robin contro Russia, Israele e Norvegia perdendo solo in finale contro i russi. Il secondo posto l'ha promossa nella categoria superiore, la cui fase finale si terrà a Nottwil (Svizzera) all'inizio di ottobre. Il sogno dell'Italia, ventiduesima nel ranking mondiale e inserita nel pool B con Belgio, Svizzera e Austria, è di consolidare la propria ascesa.

La Nazionale agli Europei divisione C di Lignano Sabbiadoro


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Rugby in carrozzina

«Il nostro sport abbatte il pregiudizio di eccessiva protezione verso i portatori di handicap»

LA SQUADRA. A partire da tre atleti veronesi avvicinatisi al rugby in carrozzina nell’ambiente padovano, i Mastini sono cresciuti di numero fino a formare un primo embrione di squadra. Per il 2017 è al vaglio della federazione una proposta per varare il primo campionato nazionale, che

confronterebbe i 7/8 team attualmente presenti in Italia. Ovviamente le spese sono molte, come costi per gli allenamenti, per le trasferte e anche per le carrozzine da gara, mezzi diversi da quelli da passeggio. I Mastini dunque sperano di trovare, oltre a persone disposte ad aiutare nella gestione, anche un sostegno economico per le prime fasi di avvio, dopo aver ricevuto un piccolo aiuto dalla Banca Popolare di Verona. Chiude Macaccaro: «A volte penso che ci manchi ancora tutto. Eppure abbiamo tutto l’entusiasmo e la passione necessari per continuare nella diffusione di questo sport unico». Allenamenti: succursale del Liceo “G. Fracastoro”, via Cà di Cozzi 39, il mercoledì dalle 19.30 alle 21.00. Contatti: Paolo Macaccaro cell. 329 4768521 mastinicangrandiasd@gmail.com


LA CINA

A P R O VA D I G I O C O

di Miryam Scandola

La costruzione di ogni biografia parte da lì, dalla palla nel giardinetto e da una partita di scacchi abbozzata. E questo vale per tutti, da qualsiasi parte del globo quel pallone venga calciato o dimenticato. Il Tocatì, con la sua 14esima edizione, ci tiene a confermare, anche quest’anno, con la Cina come Paese ospite, che i luoghi del giocare sono, forse, gli unici spazi universali che ci sono rimasti.

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IFLESSIONI: un nome e un plurale ardito si leggono sul programma del Festival Internazionale dei Giochi in Strada che, come da tradizione, porterà l’universo dello svago tra le vie scaligere dal 15 al 18 settembre. Il tema è tutt’altro che un gioco: produrre un incontro tra Oriente e Occidente. O meglio, suggellare una vicinanza tra le peculiarità del primo, emblema del pensiero collettivo e preverbale, e quelle del secondo, per definizione individuale e verbale. GIOCARE è un modo per mantenere uno sguardo puro del mondo e i tanti territori che si sono alternati sul palcoscenico del divertimento scaligero ne sono, un poco, la conferma. Spagna, Croazia, Grecia, Svizzera, Ungheria, Messico, Catalunya questi i Paesi che il festival ha chiamato sul suolo veronese. Ma si è spinto lontanissimo anche quest’anno il Tocatì con le quattro province della Cina (Beijing, Guizhou, Shanxi, Shenzhen) che faranno conoscere i segreti dei loro giochi tradizionali confrontandoli con gli omologhi italiani, accuratamente scelti. Non solo svago tra le piazze di Verona ma anche mostre, installazioni, incontri culturali, proiezioni di documentari e spettacoli di danza e musica tradizionale. WANG JUAN, consulente e interprete, originaria della provincia di Jiangsu, non ha dubbi: «Fancy rope skipping e

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COSA

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TOCATÌ, IN BREVE

Una ragazza alle prese con “jianzi”

CHAFF BAG THROWING Piazza Sant’Anastasia Conservatorio dall’Abaco - Chiostro

Colori allegri che volano in aria. Ha origini soavi uno dei giochi tradizionali preferiti dai cinesi, specialmente dal popolo dei Buyi. Anticamente era il mezzo usato dagli innamorati per celare messaggi d’amore. Oggi è il passatempo che fa germogliare grandi sorrisi.

PEG TOP

fancy shuttlecock sono le attività più “cool”, per chi ama le sfide e i cambiamenti». «Ci giocavo da bambina, quando stavo a Pechino», Man Li, professoressa universitaria, da 13 anni in Italia, sorride mentre ricorda i suoi pomeriggi a base di “jianzi”, un volano leggerissimo che ha ben duemila anni. Praticato durante la dinastia Han è oggi un passatempo prediletto soprattutto nel nordest della Cina. Tra colpi acrobatici e attenti salvataggi, si gareggia tra squadre disposte in cerchio. Lo scopo? Non far cadere il leggerissimo oggetto, senza l’aiuto prezioso delle mani. «Dopo cena, camminando per le strade del centro si incappa sempre in qualche gruppo impegnato in questa buffa attività – continua Man – è davvero un divertimento che non conosce età». Amicizie nate, insomma, tentando di non far mai toccare terra il volano. Appuntamento, allora, tra via Sottoriva e Piazza Duomo per provare, nei giorni del festival, il gioco più delicato della Cina. www.tocatì.it

Piazzetta Pescheria Loggia Fra Giocondo

Destrezza e polsi decisamente fermi. Questa trottola dal sapore orientale è amatissima in Cina ma per essere utilizzata richiede, come dire, un certo talento. Si può giocare a squadre, facendo ruotare la trottola il più a lungo possibile, oppure sfidare gli avversari a far uscire la peg-top degli sfidanti dal cerchio disegnato a terra.

BAMBOO EGGS

Piazza Erbe nord Domus Mercatorum

Si ispira alla natura e alle sue danze lo svago imprescindibile della popolazione dei Gelao. Si chiama Bamboo Egg (uovo di bamboo) e deve molto al modo, molto suggestivo, con cui gli uccelli terricoli difendono le uova dai loro predatori. Oggi, dopo oltre cinque generazioni, rimane uno sport praticato durante feste e raccolti, che chiede velocità e precisione.


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COLLEZIONE

AUTUNNO-INVERNO


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MISS ITALIA, LA NOSTRA SILVIA IN GARA

L A G RA Z I A DEL L A L E SSI N IA IN PA SSE R E L L A

di Miryam Scandola

Una bellezza veronese sta portando i lineamenti delicati della nostra montagna al concorso più noto d’Italia. Originaria di Sant’Anna d’Alfaedo, Silvia Lavarini è tra le 40 finaliste che si contendono il titolo di Miss Italia.

«C

APELLI che svolazzano al vento, un sorriso vero e due occhi pieni di gioia», queste sono le parole con le quali si descrive lei, sui social, dopo la serata speciale che le ha messo intorno la fascia tanto agognata della finale regionale. Sogna da sempre le passerelle della bellezza, la diciannovenne Silvia Lavarini, giovane dea “lessinica”, diplomata in Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera. Mentre scriviamo lei e le altre concorrenti sono tutte a Jesolo, immerse nella concitazione che pennella l’attesa della finale, il prossimo 10 luglio, in diretta su La7. Unica veronese (e veneta) in gara, ha sfidato le altre 209 a suon di falcate e sorrisi. Il suo numero è il 22 ed è stata ammessa tra le 40 finaliste che calcheranno la celebre pedana di Patrizia Mirigliani. «CI VOGLIO credere ma voglio viverla con divertimento» confida con la voce semplice di chi si prende sul serio, ma fino ad un certo punto. Già Miss Telearena 2015, la ragazza ha già i progetti chiari che disegnano un futuro in televisione con quel tanto amato «brivido della diretta» che Silvia ha sperimentato coadiuvando nella conduzione della trasmissione Diretta Gialloblù, sulla rete scaligera Telearena. Più che i suoi occhi castano-verdi o la grazia decisa del sorriso, a colpire è la sua determinazione che si lascia intuire anche solo dal motto che si è scelta: «Niente deve essere un punto di arrivo, ma un trampolino di partenza». Una passerella, quella del lucente Pala Arrex di Jesolo, nel suo caso.

LA 77ESIMA EDIZIONE DEL CONCORSO, IN NUMERI

40 RAGAZZE 27 DIPLOMATE 3 LAUREATE 3 LAUREANDE 2 MAMME 20 ANNI L'ETÀ MEDIA DELLE MISS 27 ANNI L'ETÀ DELLA MISS PIÙ “GRANDE” IL PERCORSO DI SILVIA 2 aprile: Selezione - vince il titolo "Miss Le Corti Venete" - Centro Commerciale "Le Corti Venete" - San Martino Buon Albergo 5 luglio: Finale. regionale - vince il titolo "Miss Miluna Veneto" - Columbus Thermal Pool - Abano Terme (Pd); 25 agosto: Finale regionale - vince il titolo "Miss Veneto" - Piazza Aurora Jesolo (Ve) - 29 agosto/1 settembre: supera le prefinali nazionali e viene ammessa alla finale nazionale di "Miss Italia" a Jesolo

Un po' di Rio 2016 anche a Jesolo Il profumo del successo italiano alle Olimpiadi, quest'anno, invade anche Miss Italia. A scegliere la più bella, tra Mara Venier, Raoul Bova, Vincenzo Salemme, Anselma Dell’Olio, c'è anche Gregorio Paltrinieri, oro olimpico in Brasile nei 1500 metri stile libero.


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SALUTE & BENESSERE

IL RICHIAMO DELLA F R A G I L I TÀ

marta.bicego@verona-pantheon.com @MartaBicego

di Marta Bicego

È un libro-terapia nato dall’incontro tra la trentunenne Anna Marascotti, educatrice, e Bianca Corradi, una ragazza autistica appassionata di grafica ed illustrazione. Non per parlare di malattia, ma delle opportunità che a partire da lì possono scaturire.

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LCUNI INCONTRI possono avere conseguenze insperate. Dalla conoscenza tra Bianca Corradi e Anna Marascotti, nella quiete di un salotto davanti ad una tazza di tè fumante, è nata un’amicizia sincera, innanzitutto. E, con il tempo, sono state scritte ed illustrate le pagine del libro Il richiamo dei simili. Testo che, soltanto a sfogliarlo, ha il profumo della sincerità. Ma basta andare più a fondo dei caratteri stampati per comprendere che, in realtà, custodisce altro. BIANCA, con tutta la freschezza dei suoi diciassette anni, è una ragazza autistica che vive a San Rocco di Piega-

Per te sono carezza Un’altra storia, due protagoniste e, ancora, l’arte che unisce. Chiara Ferrari, giovane pittrice veronese, ha affiancato Alessia Spazzola, ragazza di 30 anni affetta da autismo, in un percorso artistico condiviso. Il risultato del loro incontro si può leggere nelle tele che insieme hanno creato e che sono state esposte il 28- 29 maggio scorso all’interno del Museo della Pesca e delle Tradizioni Locali di Peschiera del Garda, con una mostra dal titolo evocativo e semplice: “Per te sono carezza”.

ra. In Lessinia, proprio come Anna. Ha un’incontenibile passione per la grafica che approfondisce frequentando il liceo artistico: raccoglie immagini su internet, le accosta rielaborandole al computer, realizza collage fotografici dal piglio originalissimo che manifestano parte della sua visione del mondo. Tra le illustrazioni che colorano il volume, il filo rosso della fantasia crea una serie di giacche che variano nelle stoffe. Con un significato che non è affatto lasciato al caso. «RICORDIAMO sempre un episodio particolarmente duro in cui Bianca aveva mostrato terrore all’idea di indossare la giacca che oramai stava piccolina al fratello più grande. La sua ansia di fronte a quel capo ci disorientava» raccontano i genitori, Susi Zanuso e Alberto Corradi. All’epoca, proseguono, «non parlava, e dopo sfiancanti tentativi, abbiamo compreso che indossandola temeva di trasformarsi nell’identità di un altro. Stava difendendo l’equilibrio del suo io, così fragile». Qualche tempo fa Bianca ha spalancato l’armadio ed indossato una giacca non sua. Una piccola-grande conquista quotidiana che ha offerto lo spunto per il racconto: tre capitoli e cinque protagonisti che, per un giorno, provano a vestire la medesima giacchetta, arrivando a scoprire

L’intenzione non era trattare il tema dell’autismo, ma di sfiorarlo: chi ha questo disturbo neuropsichiatrico può realizzare progetti inaspettati

Il libro Il richiamo dei simili è autoprodotto dall’autrice, ma rientra nel network Il mio libro del gruppo Repubblica-L’Espresso, dunque può essere ordinato tramite Feltrinelli.


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Un libro, una giacca, una speranza Bianca e Anna

qualcosa di se stessi e a conquistare briciole di una consapevolezza che sembrava perduta. Ed è così che le le illustrazioni sono cresciute di numero e le lettere hanno trovato spazio sulla carta.

Alcuni lavori di Bianca

«NEL LIBRO c’è parecchio di autobiografico, non mancano l’ironia ed il riferimento al senso di solitudine. In ogni personaggio c’è una sfumatura di noi due e con essi condividiamo esperienze simili» spiega l’autrice, cercando subito la complicità di Bianca, che a sua volta ricambia con un sorriso. Alla trentunenne Anna, che di mestiere è educatrice, non manca certo la dolcezza: «Sono gratificata del fatto che Bianca abbia deciso di condividere con me quello che è il suo punto di vista sulla vita. Ho iniziato a scrivere quasi per scherzo, con l’idea di realizzare un ca-

pitolo e fermarmi. Nel proseguire, devo ammettere, l’arricchimento è stato reciproco». IN QUESTA MANIERA, e in un percorso durato mesi che ha fatto affiorare emozioni in diverse sfumature, anche una malattia che appesantisce le relazioni sociali finisce con l’acquistare un senso di leggerezza. «Di autismo non si guarisce, ma non bisogna mai smettere di creare delle occasioni», ci tengono a ribadire i genitori di Bianca, a bilancio dell’esperienza. L’intenzione non era trattare il tema dell’autismo, ma di sfiorarlo: di partire da lì per dimostrare che, se indirizzato nella corretta maniera, chi ha questo disturbo neuropsichiatrico può realizzare progetti inaspettati, accrescendo la propria autostima e riconquistando un posto nella società. Cosa non da poco.

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Il futuro della micro -cog e ne r a z i one r e si de nz i a l e?

Si chiama MICROGEN 30

Un progetto di micro-cogenerazione ad alta efficienza unica nel suo genere che, dopo sette anni di lavoro, è giunto al traguardo grazie all'impegno di ICI Caldaie Spa. Le parole d'ordine? Efficienza energetica, innovazione e progresso sostenibile.

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Foto di gruppo il giorno della presentazione di MICROGEN30

N SUCCESSO prima di tutto scientifico. Sette anni di ricerca tecnologica e sviluppo dei materiali è, infatti, il tempo che è servito all’azienda scaligera ICI Caldaie Spa, capofila del progetto denominato MICROGEN30, per realizzare e perfezionare un sistema innovativo di micro-cogenerazione di taglia medio-piccola (10/30kWe), basato su celle a combustibile. Si tratta di un prototipo non ancora entrato in produzione su larga scala, che introduce il tema della cogenerazione in ambito residenziale e non solo, come accade oggi, per

grandi impianti industriali in cui vengono installate macchine di enormi dimensioni. LA COGENERAZIONE ad alto rendimento di calore ed energia elettrica è ad oggi riconosciuta, a livello internazionale, come una delle misure da implementare per un opportuno risparmio di energia primaria, nonché per ovviare al problema delle perdite sulla rete elettrica e per ridurre le emissioni gas serra. MICROGEN30 attraverso la cogenerazione assicura la produzione ad alto rendimento di energia elettrica e insieme di


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05 C AL O RE

CA LO RE

IDROGENO

OSSIGENO

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O2

Da sapere

Il funzionamento di MICROGEN30 è regolato dalle fuel cell, o celle a combustibile. Queste celle consentono di produrre energia elettrica e acqua calda a partire da idrogeno e ossigeno. Il processo è di fatto opposto all’elettrolisi, quindi al termine della reazione vengono rilasciati sia calore che acqua, senza utilizzare cicli termici.

ACQUA h 2O

calore termico, garantendo, in questo modo, un risparmio di energia primaria, la riduzione delle emissioni e minor dispersione. L’IDEAZIONE E LA PROGETTAZIONE di questo rivoluzionario macchinario ha visto coinvolti in uno stretto rapporto di collaborazione virtuosa mondo dell’industria e Istituti di ricerca. ICI Caldaie Spa ha, infatti, creato delle sinergie con numerosi partner, tra cui ENEA, l’Ente per le Nuove Tecnologie l’Energia e l’Ambiente; Politecnico di Milano; Istituto per la tecnologia delle membrane del CNR; S.C.A.M.E. SISTEMI S.r.l.; IRS S.r.l.; Elvi Srl. UN PERCORSO di sperimentazione iniziato formalmente il 26 gennaio 2009, quando MICROGEN30 fu inserito al primo posto nella graduatoria dei programmi ammissibili alle agevolazioni previste dal Bando del Progetto di Innovazione Industriale per l’Efficienza energetica del Ministero dello Sviluppo Economico, conosciuto più comunemente come “Industria 2015“. Terminato il 30 giugno 2016, MICROGEN30 ha portato alla realizzazione di un sistema di micro-cogenerazione di piccola-media taglia alimentato a gas naturale e basato su celle a combustibile ad elettrolita polimerico (PEM, Polymer Electrolyte Membrane) per la produzione di energia elettrica e calore ad uso domestico.

IL FUNZIONAMENTO DI MICROGEN30 è regolato dall’ingresso del gas naturale che, passando attraverso i reattori si trasforma in idrogeno, che poi trasferendosi nelle fuel cell (dispositivi elettrochimici capaci di ottenere energia da sostanze come idrogeno e ossigeno, ndr) diventa energia elettrica e calore termico. La progressiva metamorfosi delle infrastrutture elettriche come di quelle energetiche garantirà nel prossimo futuro ampi margini di applicazioni di una tecnologia di questo tipo. Il Politecnico di Milano, che ha tra l’altro attivato un laboratorio di microcogenerazione interno alla sua struttura, ha subito creduto in questa sinergia mettendo a disposizione quattro gruppi di lavoro per lo sviluppo del dispositivo. LO SCENARIO di applicazione del cogeneratore ad idrogeno è molto vasto. Grazie, infatti, alla taglia di 10kWE, sarà possibile entrare nelle utenze finali anche in ambito urbano. In particolare, secondo l’analisi tracciata dal Politecnico, MICROGEN30 potrebbe avere nei prossimi anni una diffusione e un’applicazione nelle palazzine, nelle scuole, negli edifici pubblici e nei prossimi decenni anche nelle case andando probabilmente a sostituire le attuali caldaie a combustione.

Le p r i n c ipal i c ar att er i st i che d el si st em a so n o :

1

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E l e vata e f f i c i e n z a elettrica

Efficienza c o m p l e s si va

( superiore al 3 0 % )

( i n t o rn o a l l’ 85-90%)

3 B assi ssi m e em i ssi o ni

4 Elevata af f i dabi l i tà


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WEB

LE IMMAGINI DELLA STORIA

AI TEMPI DI

WIKIPEDIA

Da sapere di Federica Lavarini

Per incrementare la banca dati fotografica della più diffusa enciclopedia consultabile online, dal 1° al 30 settembre, ogni cittadino può partecipare alla quinta edizione del concorso che non conosce confini neanche offline. «IMMAGINA UN MONDO in cui ogni persona possa avere libero accesso all’intero patrimonio della conoscenza umana», questa è la massima aspirazione del progetto Wikimedia, sotto il cui ombrello si raccolgono molte iniziative, tra cui la famosissima Wikipedia. Per render quest’ultima sempre più ricca anche a livello di immagini è stata ideata cinque anni fa Wiki Loves Monuments, un concorso internazionale di fotografia dedicata a monumenti, luoghi di interesse naturalistico, opere d’arte e tutto quanto è legato alla cultura. In ogni Paese aderente all’iniziativa, Wikimedia ha il compito di stimolare gli enti locali verso un’apertura alla conoscenza libera e gratuita di luoghi e monumenti di interesse collettivo, con maggiori o minori difficoltà a seconda delle leggi nazionali. La legislazione italiana fa riferimento al Codice dei beni culturali e del paesaggio, detto anche Codice Urbani, per il quale immagini e foto di monumenti del patrimonio culturale italiano non possono essere utilizzate per fini commerciali senza un’autorizzazione dell’Ente che gestore. LA SEZIONE italiana di Wikimedia ha sensibilizzato istituzioni, enti pubblici e privati a dare il consenso all’utilizzo delle immagini relative alle opere d’arte, dalle più famose alle più sconosciute, senza dover pagare diritti d’autore.

Se l’idea di rendere fruibili a tutti le più belle foto fatte da privati cittadini per una più estesa conoscenza del territorio italiano, Cristian Cenci, responsabile del progetto per l’Italia, ci racconta come ciò «abbia richiesto un’attività capillare di sensibilizzazione verso gli enti locali affinché aderissero all’iniziativa». LA PROVINCIA di Verona partecipa con otto comuni, tra questi Grezzana. Il territorio del nord est veronese, forse non tutti lo sanno, conserva molti elementi del nostro passato: da importanti resti del periodo dell’uomo di Neanderthal, a reperti archeologici di recente rinvenimento nella piazza di Grezzana, al Mulino di Bellori, alla chiesa di San Micheletto in località Tavegliana, ai dipinti religiosi che vanno dal XV al XVIII secolo all’interno delle chiese.

Valgono solo le fotografie “liberate” dagli enti. Significa che possono partecipare solo gli scatti che ritraggono monumenti o siti presenti nelle liste individuate dall’organizzazione del concorso (disponibili online), che sono compilate in base alle autorizzazioni rilasciate dai proprietari dei beni, sia privati che pubblici. Nel 2012, primo anno del concorso, con una lista di 936 monumenti fotografabili sono state caricate quasi 7.700 fotografie. L’iniziativa l’anno scorso ha confermato l’Italia in vetta alle classifiche mondiali per il numero di partecipanti: 1.000, infatti, gli appassionati del click nostrani.


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Wiki Loves Monuments, il più grande photo-contest al mondo

TRACCE DEL nostro passato che rischiano di essere dimenticate ma che Wiki Loves Monuments vuole valorizzare grazie alla collaborazione con enti particolarmente sensibili al tema della conoscenza da trasmettere ai posteri. L’assessorato alla cultura, guidato da Rosamaria Conti, si è attivato per coinvolgere in questo progetto le parrocchie di Grezzana e Lugo: «Ho trovato subito interessante questa proposta – racconta - perché con metodologie moderne si possono coinvolgere in prima persona i cittadini alla scoperta del proprio territorio, spesso sconosciuto alle generazioni più giovani».

PER FARE QUESTO, l’assessore sta organizzando anche una ‘Caccia al Tesoro’ attraverso Geocaching, un’applicazione che permette ai ragazzi di andare alla ricerca di monumenti e luoghi sconosciuti o di cui non si conosce l’importanza che hanno avuto in passato. Se smartphone e social media sono il pane quotidiano dei più giovani, l’Assessore Conti spera anche di poter recuperare foto del passato, già scattate e magari sepolte in un cassetto. Ora è il momento di rispolverarle e farle diventare nuova conoscenza da condividere. Perché «l’incomprensione del presente cresce fatalmente dall’ignoranza del passato» diceva il grande storico francese Marc Bloch. Un’iniziativa, Wiki Loves Monuments, che si spera possa far dialogare più generazioni. wikilovesmonuments.wikimedia.it

ABBIAMO I NUMERI Per essere la Banca di riferimento al tessuto economico e sociale.


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LA RIFORMA A VERONA

SI TORNA

IN CLASSE

SÌ, MA COME?

erika.prandi@verona-pantheon.com

di Erika Prandi

È l’anno della svolta annunciata per insegnanti, presidi e alunni. La “Buona scuola” è entrata nei corridoi degli istituti italiani non senza fatica: facciamo il punto sulla situazione veronese.

I

L DODICI settembre scatta la campanella per migliaia di studenti in tutta la provincia di Verona. Dopo la pausa estiva si ritorna a scuola per affrontare un nuovo anno che finirà il 10 giugno 2017 (tranne che per le scuole dell’infanzia il cui termine sarà il 30 giugno). Rispetto all’anno scorso, però, ci potrebbero essere delle diversità che coinvolgono il distretto territoriale il cui compito è quello di garantire il numero idoneo di professori per tutte le classi degli istituti. E non sono pochi se si considera che in tutta la provincia ci sono 108 istituti comprensivi statali e 209 paritarie. Al riguardo l’assessore regionale all’istruzione, Elena Donazzan, aveva dichiarato con preoccupazione che mancano più di quattrocento insegnanti per coprire tutte le ore di lezione. Questo vuol dire che i più colpiti sono gli studenti impegnati in progetti di sostegno e le piccole scuole di montagna, mentre si potrebbero verificare casi di accorpamento di classi con il conseguente sovraffollamento. UNO SCENARIO che lo stesso dirigente scolastico provinciale, Stefano Quaglia, aveva confermato in un articolo apparso su L’Arena il 24 agosto scorso. «Siamo in difficoltà – aveva ammesso – ma ci stiamo dando da fare per limitare i disagi». Il riferimento è alle classi sovraffollate e alle situazioni disagiate. Ma ci sono altri problemi quali la carenza di presidi e dirigenti amministra-

tivi. Per chi inizia a prestare servizio nel nuovo anno scolastico c’è l’obbligo di presentarsi dal 1 settembre, anche i docenti delle scuole secondarie di secondo grado risultanti senza alcuna sede di servizio. Per questi, l’ufficio scolastico di Verona ha diramato un avviso con la sede di lavoro. Intanto, dal Ministero arriva la notizia sui tempi certi per i pagamenti delle supplenze brevi e saltuarie del personale scolastico. Per il ministro Stefania Giannini si tratta di «una vera e propria svolta che eviterà che si ripeta di nuovo quanto accaduto troppe volte in passato. E cioè che chi lavora con contratti a termine nelle nostre scuole, solo perché supplente, riceva con ritardo quanto gli è dovuto». Per Giannini non c’è nessuna distinzione tra insegnanti di serie A e insegnanti di serie B. Quindi, da ora in avanti scatta l’obbligo del pagamento degli stipendi entro un massimo di trenta giorni dalla fine del mese in cui si è svolto il servizio. Una piccola consolazione per i molti docenti impegnati nell’educazione dei giovani.

“Concorsone” a Verona

Sono state 14.444 le domande in Veneto, ma solo 5.698 candidati hanno sostenuto la prova scritta e di questi gli ammessi all’orale sono stati 3.134, in percentuale il 55 per cento, dieci punti in più rispetto alla media nazionale (del 44,8). A Verona, sono stati assegnati 1.670 candidati, che hanno sostenuto il concorso per matematica e scienze nella scuola media di primo grado, per scienze matematiche applicate per la scuola di secondo grado, per scienze motorie, per musica, per matematiche (fisica e matematica), per la lingua italiana agli stranieri e per il sostegno nella scuola primaria. Non sono mancate le polemiche per i ritardi a causa dei quali molti docenti verranno immessi in ruolo non prima di gennaio con relativi disagi per gli studenti e le famiglie.


Sabbiature e verniciature industriali di qualità, da oltre 20 anni

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pochi giorni dall’inizio della 51esima edizione di Marmomacc, l’evento più importante al mondo per il marmo e le tecnologie ad esso collegate, vale la pena ricordare tutte quelle aziende italiane, e in particolare veronesi, che nel corso degli anni hanno contribuito a far crescere un settore, quello lapideo, che anche nel corso del 2015 ha fatto registrare una crescita importante sui mercati nazionali e internazionali. Tra queste c’è sicuramente V.M.T. - Edil Pezzo

SERVIZI All’interno di un’ampia cabina per la sabbiatura, vengono trattati con tecniche innovative e performanti elementi di carpenteria metallica pesante e leggera, grezza, zincata, e da revisionare, ma anche alluminio, legno, pietra e mattoni, elementi di carrozzeria e, ovviamente, marmo e granito. Inoltre nel corso dell’anno 2015 V.M.T. - Edil Pezzo tramite macchinari di ultima generazione ha intrapreso una nuova tipologia di lavorazione che va ad aggiungersi alla sabbiatura e verniciatura tradizionale. Si tratta della micropallinatura con microsfere di vetro di ACCIAO INOX e ALLUMINIO. Per quanto riguarda la verniciatura industriale, V.M.T. - Edil Pezzo offre diverse tipologie di applicazione, come la verniciatura a liquido e la verniciatura a polveri. Gestendo internamente entrambe le lavorazioni riesce soddisfare qualsiasi richiesta da parte del-

un’azienda con oltre 20 anni di esperienza nel campo delle sabbiature e delle verniciature industriali. Fondata a Lugo di Grezzana da Flavio Pezzo, oggi V.M.T. può contare anche sul supporto dei figli del titolare, Filippo e Luca. L’azienda dispone di una superficie coperta di oltre 2mila metri quadrati destinata alla parte tecnologica e produttiva, e di un piazzale esterno di 5mila metri per lo stoccaggio dei materiali e della movimentazione dei mezzi.

la clientela, garantendo un prodotto finito di alta qualità. Tra i servizi offerti la mascheratura occupa un settore importante all’interno dell’azienda, cosi da realizzare un prodotto finito il più possibile preciso con le richieste del cliente rispettando le zone di verniciatura, o le parti in tolleranza, l’imballaggio accurato per il trasporto e, infine, il servizio di ritiro e consegna del materiale con mezzi propri. V.M.T. è dotata inoltre di due impianti mobili per la realizzazione di tutti quegli interventi di sabbiatura e verniciatura in loco, rispettando le norme vigenti in materia. Tutto questo per garantire al cliente un servizio a 360° unito all’esperienza pluridecennale. Per qualsiasi richiesta di preventivo o per ulteriori informazioni non esitate a scrivere all’indirizzo mail info@vmtsabbiature.com

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SUI BANCHI

LA SCUOLA DEL VICINO È SEMPRE PIÙ VERDE?

alessandra.scolari@verona-pantheon.com

di Alessandra Scolari

Con settembre un tema spicca su tutti: quello dell’inevitabile ritorno sui libri. Per la famiglia dell’epoca moderna, l’educazione, molto spesso, diventa un problema fin da quando si arriva al momento di dover inserire il figlio all’asilo. Ma anche le scuole cambiano! E i genitori vogliono il meglio per i loro figli. Ma cos’è il meglio? E rispetto a che cosa?

L

A RISPOSTA È COMPLESSA. Ci limitiamo ad alcune riflessioni osservando i 1639 ragazzi che frequentano gli Istituti Comprensivi nella vallata che sale verso i Monti Lessini: l’Istituto Comprensivo 16 Valpantena - con i suoi 859 alunni di cui 489 alle elementari e 370 alle medie - e l’Istituto Comprensivo Giovanni Pascoli di Grezzana con i suoi 787 allievi, di cui 509 alle elementari e 278 alle medie. Entrambi questi istituti sono rimasti orfani di dirigente scolastico e andranno in reggenza. Sono due istituti che hanno saputo interpretare gli indicatori europei nell’insegnamento e che hanno saputo porsi come scuole aperte, trasparenti, che riconoscono ai ragazzi, alle famiglie, alla società civile il diritto di conoscere e proporre, dialogando con enti locali, associazioni e realtà private del territorio. ANCHE LA VALPANTENA è in continua trasformazione in gran parte dovuta alle nuove tecnologie che hanno stravolto le relazioni umane. Ad una veloce crescita delle conoscenze e dello sviluppo tecnologico-digitale, si contrappone il valore strategico della persona. Quindi affinché bambini e ragazzi crescano forti (anche psicologicamente), occorre che scuola e famiglia

siano aperte all’apprendimento e costituiscano un’attrattiva per lo studio, la ricerca (cittadinanza attiva) e la coesione sociale. COME FARE? È sufficiente scegliere scuole che sanno fare sintesi tra le indicazioni nazionali, le esigenze degli allievi e le istanze dei genitori? È sufficiente guardare al successo scolastico dei figli? No, non basta! Il bambino e il ragazzo necessitano di punti di riferimento e di contesti che li supportino nella loro crescita formativa e umana. Un percorso che parte dall’infanzia. ALLORA PERCHÉ, potendo, non scegliere di inserire i bimbi nella scuola d’infanzia e nella primaria del proprio paese o la più vicina a casa? Il bambino impara a vivere con questi coetanei che poi troverà al supermercato, al parco giochi e a fare sport. Gli stessi genitori legheranno tra loro, si instaurerà, poco per volta, se non l’amicizia, un’utilissima relazione di vicinato. Sradicare i bambini dal proprio contesto per inserirli in una scuola più “blasonata”, pare non sia proprio geniale. QUESTO “TRASMIGRARE” di bambini nelle scuole d’infanzia ed elementari fuori dal contesto sociale, dove ci sono classi meno numerose oppure

La “Buona scuola”, in qualche punto:

- La chiamata diretta. Gli insegnanti quest’estate hanno potuto candidarsi per le offerte di lavoro che i dirigenti scolastici hanno pubblicato sui siti dei loro istituti. - Nuove nomine. L’operato dei presidi sarà valutato da parte di una commissione esterna, e, a settembre dovrebbero essere in cattedra (il condizionale è d’obbligo) i 63.712 nuovi docenti reclutati grazie al concorso che si è svolto nei primi mesi dell’anno. - L’alternanza scuola-lavoro. Entrare nel mondo del lavoro per conoscerne i ritmi e

T o rn a K i ds un i v e rs i t y, l’un i v e r s i tà a mi s u ra d i b a m b i n o Tutto pronto per la seconda edizione di Kidsuniversity Verona, la manifestazione dedicata agli adulti di domani, organizzata dall’ateneo scaligero in collaborazione con Pleiadi e il supporto di Vivigas Spa: dal 15 al 25 settembre lezioni, laboratori, dimostrazioni, ma anche incontri, proiezioni cinematografiche e una mostra per coinvolgere bambini e bambine, tra gli 8 e i 13 anni, e avvicinarli al mondo del sapere. Anche per i più grandi sono tanti gli appuntamenti in programma: insegnanti e genitori potranno approfondire temi di attualità e dialogare con docenti, ricercatori dell’ateneo, esperti e ospiti speciali.


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Dentro le classi della Valpantena dove l’orientamento pedagogico-didattico è diverso, sposta solo il problema. Secondo gli esperti, i bambini che iniziano il loro percorso scolastico in classi eterogenee e numerose imparano subito a districarsi e sono poi facilitati nell’inserimento alle medie e alle superiori. Quello di cui i ragazzi (pre e adolescenti) hanno davvero bisogno sono molti amici con i quali confrontarsi, un ambiente che conoscono e nel quale si sentono accolti e genitori che li seguono nell’attività scolastica (non possono delegare tutto alla scuola). Le scuole dal canto loro devono mettere in atto un’offerta formativa adeguata ai tempi.

le responsabilità, questo l’obiettivo dell’iniziativa del Governo che vede nel triennio i ragazzi del triennio delle superiori impegnati in attività in aziende, enti o istituzioni. Il monte ore previsto? 200 ore per gli studenti del liceo, 400 per quelli degli Istituti tecnici o professionali.

NON È UN CASO se nell’anno scolastico 2016/2017 le medie del G. Pascoli - il cui punto di forza è l’indirizzo musicale coordinato da anni dalla docente Emanuela Perlini - a cui è stato affiancato il laboratorio di recitazione e danza e il progetto «adotta un autore», ha avuto un aumento degli iscritti (an-

che provenienti da fuori comune). Così come l’I.C. 16 Valpantena è considerato uno tra i migliori grazie anche ai tanti progetti promossi tra i quali il teatro nero, la lotta al tabagismo, le ricerche su l’energia alternativa. Alle spalle di tutto questo dirigenti e docenti competenti e impegnati ad elevare il livello culturale dei loro allievi.

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IL FOTOGRAFO DEGLI ABISSI ROBBIE SHONE

Il piacere (e la sfida)

DEL BUIO

Gu a rda l a vi d e o i n t e rvi s ta a Ro bbi e S h o n e E s c o p ri c o n i l C o rp o N a z i o n a l e S o c c o rs o S p e l e o l o gi c o di V e r o n a t u t t e l e fa s i d i u n s o c c o rs o i n p ro f o n d i tà s u VE RO N A -PA N T H E O N .C O M/ PA N T H E O N T V marco.menini@veronanetwork.it @menini_marco

di Marco Menini

Tre giorni per raccontare la speleologia. Questa la sfida di “Tutti giù in Lessinia”, la manifestazione di Velo Veronese alla sua prima edizione che ha svelato molteplici aspetti di questa affascinante disciplina. Tra gli ospiti di eccezione, Robbie Shone, fotografo degli “abissi” per National Geographic.

«Prendevo la macchina fotografica dell’Università e non dicevo dove l’avrei portata»

C

HE SI TRATTI di esplorazione speleologica, ricerca scientifica o ricerca fotografica, il buio resta la sfida più grande. Soprattutto quando ci si avvicina al centro della Terra anche solo – si fa per dire - di 145 metri, e non si trova nemmeno un fotone. L’unica soluzione, almeno per il fotografo e speleologo Robbie Shone, è portare con sé una serie di ingombranti e potenti flash. Perché a quelle profondità si possono incontrare pericoli ma anche paesaggi teatrali, mondi mineralogici e biologici che restano ancora per la maggior parte inesplorati. È in luoghi come questi che il fotografo di National Geographic, relatore durante uno dei tanti incontri della rassegna “Tutti giù in Lessinia” di Velo, andava (e va) a scattare, «non prima di aver disegnato ciò che volevo ottenere». Se più di 200 speleologi sono accorsi da tutta Italia per raccontare, imparare e condividere le proprie esperienze, Robbie Shone ha voluto cominciare il suo di racconto con la prima avventura nelle profondità del Titan, cavità naturale di Sheffield, in Inghilterra. Era qui che «prendevo la macchina fotografica dell’Università e non dicevo dove l’avrei portata», spiega durante il suo intervento a “Tutti giù in Lessinia”, l’evento svoltosi dal 2 al 4 settembre che si è rivolto ad esperti speleologi, bambini, ma anche a neofiti del settore.

sociazione Le Falìe e l’associazione Amici del Museo di Camposilvano, la manifestazione ha voluto essere strumento per permettere a tutti di entrare a contatto con il “continente oscuro”, attraverso escursioni guidate Covolo di Camposilvano ma anche film e fotografie proiettate nei diversi spazi prescelti. Un evento che quindi non si è arreso di fronte ai confini territoriali e nazionali. Grazie alla presenza di Robbie Shone, il teatro parrocchiale di Velo si è colorato dei racconti fotografici in profondità, spingendosi fino in Cina, Papua Nuova Guinea, Borneo, Sudan, Uzbekistan e Venezuela.

PROMOSSA dalla Pro Loco di Velo Veronese in collaborazione con l’as-

CIÒ CHE emerge dagli scatti del fotografo inglese è la curiosità che suscita

in lui il buio, elemento con il quale si ha sempre a che fare durante un’esplorazione speleologica. L’oscurità è, in via definitiva, l’elemento che ha sempre guidato l’istinto di Shone, che lo ha spinto in luoghi tanto remoti quanto «drammatici», come ama ribadire. Perché in quelle profondità non si può trovare altro che la solitudine più assoluta, l’oscurità più nera, e la soddisfazione più grande.


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FILM FESTIVAL DELLA LESSINIA

LE VERTIGINI DEL SOTTOSUOLO

di Miryam Scandola

L’anno scorso la Lessinia D’Oro era volata fino in Cina, quest’anno sono stati gli spazi sospesi e duri dell’Islanda a conquistare il favore della giuria.

H

Si sono sorvolate altezze anche con il delicato Fragments du paradis (Svizzera 2015) del film-maker di Losanna Stéphane Goël, un gioco di interviste «a persone, in qualche modo, vicine alla morte» sul tema universale dell’aldilà, tra aspettative e incertezze che ha convinto tanto da meritarsi il premio di miglior documentario.

A VINTO un film potente e toccante. Almeno stando alla motivazione della giuria internazionale che ha fatto di Þrestir – Passeri (Croazia, Danimarca, Islanda 2015) del regista islandese Rúnar Rúnarsson la migliore opera cinematografica in assoluto tra le 23 in concorso al festival di Bosco Chiesanuova. Il percorso di Ari verso la leggerezza, quella che si conquista dopo la fatica e il dolore, ha convinto e chiuso la 22esima edizione della rassegna cinematografica dedicata a vita, storie, tradizioni nelle terre alte e lontane di ogni angolo del mondo. A ritirare il premio sul palco del Teatro Vittoria, il 27 agosto scorso, in centro paese, il polistrumentista KjarGLI ALTRI RICONOSCIMENTI: Premio per il miglior lungometraggio RAUF di Soner Caner, Bariş Kaya Premio per il miglior cortometraggio ESEL di Rafael Haider Premio della giuria ÇEVIRMEN di Emre Kayış Menzione speciale della giuria AILLEURS di Mélody Boulissière Premio del pubblico Cantine Bertani RAUF di Soner Caner, Bariş Kaya Premio dei bambini Moroshka di Polina Minchenok

tan Sveinsson, ex membro del gruppo musicale islandese Sigur Rós e autore della colonna sonora che ha accompagnato il protagonista Ari nella sfida di crescere tra modelli che tentennano. Una pellicola densa che non concede morali possibili ma parla il linguaggio scoraggiante della vita che non è mai o solo bianca o solo nera. «Voglio che i miei film siano ampi», ha confidato il regista in una recente intervista. Non a caso, una sorta di “realismo poetico” accompagna il respiro dei suoi lavori, apprezzati anche in numerosi festival internazionali, uno su tutti il Festival di Cannes. Da The Last Farm (2004) con relativa nomination agli Oscar passando per Volcano, scoperta del Quinzaine des réalisateurs di Cannes nel 2011, fino allo stesso Þrestir, acclamato al Festival del Cinema Europeo di Les Arcs, l’anno scorso. SPALANCA PROSPETTIVE anche se cambia orizzonti Tharlo (Cina 2015), il lungometraggio del regista, documentarista e scrittore tibetano Pema Tseden che è stato premiato con la Lessinia d’Argento per la miglior regia. Se si vuole andare di facile sintesi, hanno vinto due opere che narrano la transizione, quella del giovane Ari verso l’età adulta e quella del pastore Tharlo verso la consapevolezza e la fragilità dei propri valori. Un sottosuolo esistenziale, dunque, che vive di sfumature e non si arrende in nessuno dei due casi ad un finale tragico o banalmente lieto. Il podio è perfettamente in linea con l’omaggio tematico dell’edizione 2016, che ha indagato l’intima profondità della terra e ha finito con arrivare a quella, ancora più segreta, dell’uomo.


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INCROCI DI SGUARDI

COME SI TRASFORMA U N A C I T TÀ

di Chiara Boni

Si parlerà di metamorfosi e rigenerazione a “Open. Ingegneri aperti alla città”, la rassegna culturale promossa e voluta dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Verona: da settembre a novembre convegni, mostre, eventi per raccontare una città e le trasformazioni che subisce. WALKMAN: robot umanoidi e ambiente, il futuro della robotica di servizio”, ospitato nella sede di via Santa Teresa 12, dalle ore 10. Il futuro è già a portata di mano, come spiegheranno gli interventi di un giovane ricercatore dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova (IIT) e del prof. Paolo Fiorini, docente di Robotica al Dipartimento di Informatica dell’ateneo veronese. Si parlerà infatti di robotica di servizio, pensata per il benessere degli uomini in ambito lavorativo e domestico.

S

LA CITTÀ SARÀ invece protagonista del seminario “Problemi di conservazione, rigenerazione, integrazione e tutela dei centri storici del Veneto – Verona e Provincia”, all’Università di Verona il 1 ottobre dalle ore 10: promosso in collaborazione con il Centro Regionale Studi Urbanistici del Veneto, l’incontro propone un focus su alcuni dei principali nuclei urbani provinciali e cittadini e una visita guidata ai luoghi dell’urbanistica e dell’architettura storica della città.

SI COMINCIA il 24 settembre con il convegno “Noi, robot”. Il progetto

E TORNA, a grande richiesta, “Talks Slidingdoors”: l’appuntamento è giovedì 27 ottobre alle ore 18, al Teatro Ristori. “Generazioni” è il tema scelto per questa edizione del roadshow di animazione culturale e contaminazione, promosso in collaborazione con il Consiglio Nazionale degli Ingegneri e il concorso di idee innovative Scintille per

ARANNO LA città e i mille modi in cui si trasforma i protagonisti di “Open. Ingegneri aperti alla città”, quest’anno dedicata al tema “Scenari urbani. Metamorfosi e rigenerazione”. La rassegna, ideata e promossa dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Verona, prevede un ricco programma culturale: da settembre a novembre, sono cinque gli appuntamenti in calendario.

far dialogare ingegneria e società. A CHIUDERE la rassegna sarà, il 12 novembre, l’inaugurazione della mostra, curata dall’Ordine degli Ingegneri e degli Architetti di Verona, “L’Adige e Verona - Ingegneria e città nell’Ottocento” che rappresenta, al contempo, il cuore e il punto di arrivo della riflessione sulla città. L’esposizione si aprirà con il convegno “I muraglioni dell’Adige: storia e trasformazioni urbane” dove si andranno a ricostruire le tappe dei lavori che costituiscono la cornice entro cui si sviluppa la Verona del XX secolo. A corollario della mostra sarà l’incontro “Industria ed energia: il fiume come risorsa”, il 26 novembre alle ore 10 in via Santa Teresa 12.


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DAL LIBERTY ALLA MODERNITÀ Camminando in Verona, zona Borgo Trento, si possono scorgere numerose vie alberate e pregevoli ville liberty sorte subito dopo la guerra, che nel tempo sono state ristrutturate e adeguate ai nuovi standard abitativi. Nel cuore di questo elegante quartiere cittadino si trova Villa Lieta, un palazzo caratteristico per la propria imponenza ed altezza. Nato come centro medico, è stato convertito in una struttura abitativa residenziale di alto pregio, divenendo un edificio contemporaneo di qualità, dove si sono coniugate progettualità, eleganza, cura nei dettagli e soluzioni impiantistiche all’avanguardia. Tutto risulta in linea con il contesto che occupa. L’azienda Guardini Pietre è stata selezionata per la parte di fornitura, progettazione e posa dei rivestimenti e delle strutture esterne. Su indicazioni del committente ha utilizzato un marmo di origine egiziana, dal colore giallo omogeneo con alcune venature dorate, chiaro e luminoso, come richiesto dal contesto, piacevole alla vista, con un risultato estetico dell’in sieme di notevole pregio. Tutti i rivestimenti sono stati installati con il sistema di montaggio a parete ventilata. L’azienda Guardini presenta anche in questo caso la propria capacità di progettazione e di lavorazione di materiali diversi dalla Pietra della Lessinia. L’esperienza maturata nel tempo le ha permesso di realizzare progetti con ogni tipologia di materiale a seconda delle caratteristiche dei lavori.

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RIVE

ANCHE

L’A D I G E HA IL SUO MUSEO

francesca.mauli@verona-pantheon.com

di Francesca Mauli

Nato dalla volontà del Canoa Club di Verona, il magazzino dell’ex Dogana ospita percorsi didattici, esposizioni fotografiche ed eventi culturali dedicati al fiume che attraversa la nostra città. POCO DOPO l’imbocco di via Dogana, lato Adige, un portone si apre sui resti di un antico palazzo, sede del magazzino della Dogana. Niente tetto, solo i muri perimetrali, un paio di piccoli edifici ricavati nel tempo, ma soprattutto una porta che si apre verso il fiume nell’unico punto in cui gli argini, costruiti a cavallo tra ‘800 e ‘900 per difendere la città dalle devastanti piene, lasciano il posto a una darsena che permette l’accesso diretto all’acqua. In questo luogo unico ha sede il Canoa Club Verona, realtà sportiva che, forte di cinquanta anni di storia, continua a dare alla nostra nazionale campioni di notevole spessore. «IL MAGAZZINO fu costruito nel 1792 su progetto del Pompei, ai tempi del dominio veneziano» raccontano Bruno Panziera e Luigi Spellini, rispettivamente presidente e vicepresidente del Canoa Club. «La vera e propria Dogana è il palazzo che si trova all’altro lato della strada, attuale sede della Sovrintendenza. Con la devastante piena del 1882, il magazzino finì sotto acqua, insieme a buona parte della città. Tra le due guerre fu utilizzato come magazzino militare e durante la Seconda Guerra Mondiale fu bombardato e incendiato. Abbandonato a se stesso, venne affidato al Canoa Club agli inizi degli anni ’60». Oggi è una delle due

«Vogliamo rivitalizzare questo spazio non solo come sede sportiva, ma anche come luogo in cui ospitare attività culturali» sedi del club, che si divide tra il centro città e Chievo. «Vogliamo rivitalizzare questo spazio non solo come sede sportiva, ma anche come luogo in cui ospitare attività culturali. Per questo, abbiamo creato al suo interno un museo del fiume, con percorsi didattici molto frequentati dalle scuole dedicati alla storia e alla vita sull’Adige, implementati dai ragazzi stessi, con le loro ricerche, in un’esposizione dinamica, in continua evoluzione. Abbiamo recuperato reperti, fotografie, stampe, libri; a volte, giacciono dimenticati tra le pareti dei magazzini dei musei cittadini, altre nelle biblioteche di famiglia: stiamo cercando di riportarli in vita». IN QUEST’OTTICA, in collaborazione con la Biblioteca Civica e il Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri, il Canoa Club ha recuperato

S u llo s cher m o

Dal 13 al 16 luglio 2016 proprio tra i suggestivi riflessi del nostro fiume si è tenuta la terza edizione di Bridge Film Festival. Lungometraggi, corti e workshop hanno invaso per quattro giorni gli spazi della Vecchia Dogana. Il tema? La liquidità in tutte le sue sfaccettature.


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Il nuovo spazio espositivo che sorge (e vive) sul fiume Foto di Caterina Parona

alcuni scatti fotografici d’epoca, esposti in una piccola sala della sede, dedicati a Ponte Navi e alla Dogana. I muri perimetrali ospitano poi gli scatti della fotografa Caterina Parona, che ha ritratto Verona da una canoa lungo l’Adige, raccolti nella mostra Il fiume sopra: «Queste immagini testimoniano come il fiume sia oggi il grande escluso dalla vita cittadina: chiuso tra le mura, non vissuto. Questo per molti motivi, alcuni assolutamente legittimi: durante le piene, cambia completamente la sua natura, acquisendo una velocità mostruosa. Potrebbe però tornare a vivere: non con grandi barche a motore, per la sua natura imprevedibile, ma anche per tutelare il suo equilibrio, bensì con mezzi a remi. Noi ci stiamo impegnando in

questa direzione». UN CONTENITORE espositivo a 360 gradi, sempre aperto al pubblico martedì, giovedì e sabato dalle 15 alle 18 e in altri orari su appuntamento, pronto ad accogliere diverse proposte culturali, purché legate al particolare luogo in cui prendono vita. «Durante l’estate abbiamo realizzato “Qualcosa da dichiarare”, una rassegna sulla darsena con concerti, convegni, rappresentazioni teatrali, letture; tutti eventi legati al fiume e al concetto di dogana e di confine. Abbiamo l’ambizione concludono Panziera e Spellini - non solo di raccontare delle storie, ma anche di far crescere una sensibilità nei confronti dell’Adige: vorremmo che le nuove generazioni riscoprissero che può diventare amico, se lo si sa trattare».

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SCORCI

Quella volta che siamo andati

A TEA T R O (I N C A R C E R E )

miryam.scandola@verona-pantheon.com @miryamscandola

di Miryam Scandola

Una sera di fine giugno abbiamo visto Speratura, uno spettacolo, a tratti ineseguibile, messo in scena nella cappella della Casa Circondariale di Verona da dieci attori detenuti, sette maschi e tre femmine. Un palcoscenico “inventato” per ospitare il saggio di fine corso del laboratorio a cura di Alessandro Anderloni e Isabella Dilavello, per il progetto Teatro in Carcere, voluto dalla direzione della casa di reclusione ed organizzato da Le Falìe con il sostegno della Fondazione San Zeno.

E

NTRIAMO con il centinaio di spettatori ammessi alle due serate di replica. Passati i controlli, dove si deve lasciare tutto, persino la penna per gli appunti, si cammina, piano, nei lunghi corridoi della detenzione. Sono viola le inferriate. L’attesa ha quel colore lì, che assomiglia un po’ alle tempere aggrappate ai muri delle scuole d’infanzia di mezza Italia. È la sera dell’Italia contro la Spagna agli Europei e le grida fuori, i boati del successo rompono il silenzio accaldato di questa nostra passeggiata improbabile. C’È UNA PICCOLA seggiola rossa, un paio di sgabelli e così via: sulla scena le sedie sono tutte spaiate, un po’ come le vite di chi le deve scegliere. «Tutto comincia con il riconoscere il proprio posto». Senza aria condizionata, con il programma dello spettacolo come ventaglio, inizia così un viaggio nell’attesa forzata. Un momentaneo riscatto per quegli attori particolari, e per quei loro giorni contati ma di rado assaporati. Come insegna il titolo “Speratura”, che, in zoologia, è l’operazione di cercare la vita osservando l’uovo in controluce, così ci è chiesto di fare: guardare ed essere guardati, cercando nella filigrana delle battute e dei gesti, la speranza.

«QUI NON SI GIOCA, si aspetta», è il refrain della rappresentazione che si mescola alla quotidianità della reclusione. Un re ottuso, un servo ironico, due soldati nemici, il fantasma della moglie, il filosofo, Pulcinella e pure il campione di pugilato: tutti in fila, per recuperare la libertà di decidere, anche se solo per un’ora scarsa, su un altare scarno che si muta in palcoscenico. LA COMPAGNIA “il Teatro del Montorio”, guidata dalla regia ferma e delicata di Alessandro Anderloni, si è interrogata più che sull’ineluttabilità della condanna «sul rischio della scelta». Un gruppo permanente di teatro, il loro,

L’attesa è il tempo per ricordare chi sei


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L a r a p p r e s e n ta z i o n e d e l l a c o m pa g n i a “ d e l M o n t o r i o” che si è appiccicato un nome come fosse una tentata cittadinanza in un paese che non sia solo lo sbaglio commesso. Persone che hanno già vissuto, pur non essendo mai nate: questo il tema difficile che sfiora il mito platonico di Er, con i dovuti distingui. Invece che tratteggiare un mondo di morti, sulla scena si lascia guardare per intero la condizione dei non nati. UN AZZARDO, di certo. Ma anche un modo diverso di non tralasciare qualcosa di inestimabile: ovvero, «ciò che siamo, mentre lo stiamo diventando». Da questa premessa parte il progetto della direzione del Carcere di Verona, realizzato da Le Falìe di Velo Veronese e sostenuto da Fondazione San Zeno, che delinea con grazia una condizione oltre l’attesa, che non la sorpassa, ma sembra riuscire nell’impresa di abitarla. Con tutte le contraddizioni del caso, perché – è impossibile negarlo - sono difficili i nomi che si leggono sul cartellone. «NOI SIAMO qui ad aspettare il momento di raccontare, e a ingannare il tempo, pensando chi vogliamo essere». I carcerati sono morti alla vita civile, ha detto qualcuno. Eppure qui, nello spazio semplice di un palco arrangiato, fanno le prove per l’esistenza che potrebbero crearsi. «Io volevo fare il re, anche se non lo sapevo» Valerio V. commenta così la sua parte di sovrano prepotente, ritagliata con precisione sar-

AGENZIA DI GREZZANA

toriale sulla persona che, un poco, è. «Io la bambina» fa eco Alessandra C., che nella fessura della finzione ha ritrovato un’innocenza dimenticata. «Lo rifarò anche l’anno prossimo? Certo, e anche quello dopo ancora – ride con un’ironia, a tratti, luminosa - Mi piace recitare, e ho ancora tanti anni per migliorare». Speratura, in fin dei conti, è un racconto corale su tutte «le occasioni che non abbiamo avuto prima di nascere», scritto insieme, in un dialogo costante tra il regista e i detenuti nell’appuntamento settimanale di un laboratorio partito lo scorso novembre. SERIGNE B., filosofo sulla scena e ormai anche nella vita, ci confida che il copione e le prove sono state «un’evasione del pensiero che, forse, è la cosa più difficile qui». Si unisce al suo sorriso quello di Mohammed R., servo indisciplinato che vince la lotteria della sorte e nasce dal grande uovo di feltro al centro della scena. «Un amore, le foglie dell’autunno, la carezza del fuoco quando c’è l’inverno: ho lasciato a me stesso le cose di cui ho nostalgia, per ricominciare», questo il testamento commosso e pratico che ripete sul palco a noi che l’autunno lo vedremo. Dopo tutte quelle strappate dall’errore, una pagina pulita si può davvero ancora scrivere? Intanto, si inizia da quella domanda che aleggia tra le battute imparate a memoria nelle lunghe ore di niente: «Non è forse solo di nascere che aspettiamo qui?».

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GIOVANI&LAVORO

LA FABBRICA CHE PRODUCE

ARTE E MUSICA

giulia.zampieri@verona-pantheon.com

di Giulia Zampieri

Luogo di incontro per giovani musicisti, artisti e appassionati, l’associazione culturale The Factory di Castel d’Azzano ci apre le porte per mostrarci come prende forma un sogno. E come si vive a ritmo di arte.

È

LA CASA degli Artisti, quella che trova spazio a Castel d’Azzano, al civico 37 di Via Garibaldi. 250 metri quadrati la superficie in cui hanno trovato forma i sogni di bambino di Bruce Turri, giovane batterista veronese, classe 1988, che nel 2013, all’età di 25 anni, ha dato vita, con passione e coraggio, a quella che oggi è una vera e propria fabbrica di arte. Uno spazio, pensato per i giovani da un altrettanto giovanissimo, sempre aperto a musicisti, artisti e appassionati con tante idee per la testa. ALL’INTERNO di questa Factory2, sale di registrazione, aule per fare e studiare musica, un monolocale per ospitare musicisti da ogni dove e un palco per concerti. Uno spazio, ci tiene a precisare Bruce, costruito senza aiuti da istituzioni, e un progetto per cui lui, assieme ai suoi studenti, si è rimboccato le maniche per davvero, smettendo per un attimo i panni da musicista per trasformarsi, all’occorrenza, in falegname, muratore ed elettricista. È per questo, ci confida con orgoglio Bruce, che «il The Factory è, prima che mio, di tutti loro». Tantissime le idee che qui, in questa fabbrica di musica e arte, possono

prendere forma: c’è una scuola di musica anti-convenzionale, aperta sette giorni su sette, con corsi di basso, batteria, chitarra, canto e pianoforte tenuti da musicisti professionisti (tra cui lo stesso Bruce), e in cui il percorso formativo è deciso dallo studente in accordo con l’insegnante. Per appassionati e curiosi: la prima lezione è sempre gratuita! E POI, SALE prove cablate per poter registrare sia audio che video messe a disposizione dei tesserati dell’associazione culturale, giovani prima di tutto ma non solo, precisa Bruce, forse perché l’arte per farsi forte ha

«Un luogo in cui crescere, come artisti e persone»


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Lo spazio autogestito di The Factory jazz accompagnate dalla musica del trio Pepè le Pew e pure da buon vino! Ma anche serate dedicate ai giochi in scatola o rassegne di teatro indipendente.

bisogno di scambio e diversità. E poi sì, un bar e una sala, quella dove avviene la magia, per i tanti imperdibili concerti e eventi che il The Factory ospita durante l’anno: nella scorsa stagione tantissimi nomi imperdibili si sono susseguiti sul palco, tra generi e note diverse: notti infuocate dal metal dei The Modern Age Slavery, e poi serate

OLTRE ALLA MUSICA, insomma, tanti altri gli appuntamenti con la cultura. Perché il sogno, come ci confida Bruce, è che quello che una volta era un semplice capannone, ora diventato fucina di arte, «possa trasformarsi in un luogo di incontro e scambio». Ma soprattutto, «un luogo in cui crescere, come artisti e persone», grazie alla diversità e alla ricchezza dei molteplici linguaggi con cui l’arte si esprime: la musica, ma anche la fotografia, il cinema, il teatro e la letteratura. Uno spazio aperto a tutti, dove chi ama l’arte e la musica possa sentirsi a casa. E parte di un grande collettivo di giovani artisti per dimostrare che, seppure tra varie difficoltà, una passione ostinata può certamente diventare realtà. Per rimanere aggiornati sugli eventi in programma per la prossima stagione: www.the factoryvr.comthefactory.vr@gmail.com Facebook.com/The Factory Verona

Progetta zi one d egli a mb i enti e s er vi zi o a cc ura to

B e lla mol i A r r edam ent i - V i a M o n t e To m b a , 8 3 7 1 4 2 M a r z a n a (V R ) 0 4 5 5 5 1 4 7 5 – i nf o @ b e l l a m o l i a r r e d a m e n t i . 1 9 1 . i t


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MARMOMACC

COMPIE DIECI ANNI

“LE DONNE DEL MARMO”

Dal 28 settembre al 1 ottobre di Chiara Boni

Dieci anni di marmo, di femminilità, di professioniste instancabili: il compleanno del prossimo 6 ottobre sarà una tappa importante nella vita dell’associazione “Le Donne del Marmo”, che nell’ultimo decennio si è fatta strada nel mondo difficile del lapideo, senza rinunciare all’orgoglio e alla sensibilità tutte femminili.

WIT H S T O N E YOU CAN , LA 51° ED IZ IO N E DI MA R MO M AC C

P

ORTARE UN TOCCO di femminilità nel mondo del marmo, tradizionalista e inflessibile quasi quanto il materiale stesso, non è certo cosa facile. Ma “Le Donne del Marmo”, associazione che riunisce le tante figure femminili che operano nel settore lapideo, ci sono riuscite, con successo. Il prossimo 6 ottobre l’associazione festeggerà i primi dieci anni di vita: dal 2006 “Le Donne del Marmo” promuove e sostiene tante professioniste che vogliono fare del marmo un’esperienza complessa, fatta di geografia, storia, cultura locale, tra-

dizione ma anche emozionalità. TANTI EVENTI in programma per celebrare l’importante appuntamento. A partire dalla 51^ edizione di Marmomacc dove anche l’associazione sarà presente con il suo stand. Con l’obiettivo di esprimere a 360° le potenzialità della pietra naturale, le Donne del Marmo hanno deciso quest’anno di fare della scultura, vera espressione artistica di questo materiale, la protagonista della fiera. AL LORO STAND le troverete affiancate da “I profumi del marmo”, felice

Torna a Veronafiere, dal 28 settembre al 1 ottobre, Marmomacc, la più importante manifestazione internazionale dedicata a marmi, graniti, tecniche di lavorazione e design. E quest’anno con una marcia in più: più espositori, internazionalità, occasioni di business e nuovi eventi dedicati alla cultura del prodotto lapideo. La 51^ edizione di Marmomacc è destinata a crescere, insomma: l’edizione 2016 parte dal successo di quella precedente che, nel 50° anniversario della fiera, ha registrato 67.412 visitatori da 150 Paesi, a cui si aggiungono gli oltre 1.526 espositori, di cui il 60% esteri da 55 Paesi.


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Le voci (rosa) del settore intuizione di una giovane di Carrara che ha voluto associare il nobile materiale ad alcune fragranze che riuscissero ad evocare ricordi ed emozioni della sua terra natale. Marmomacc sarà anche l’occasione per consegnare il premio “Donna del Marmo”: quest’anno il prestigioso riconoscimento sarà assegnato a Francesca Alix Nicoli, critica d’arte e production manager degli Studi d’Arte Nicoli di Carrara, premiata per l’impegno nella sua professione, sempre eseguita con l’attenzione alla bellezza della scultura. Ma le Donne del Marmo saranno protagoniste anche di Marmomacc & the City: per l’occasione hanno fatto realizzare allo studio Cursanini di Carrara una statua, in marmo Bianco Carrara e plexiglass, intitolata “Sospensione 2.0”, che verrà posizionata in Piazza Bra, di fronte alla Gran Guardia. Buon compleanno, allora, a queste donne dalla forza, si può dire, granitica.

IL MARMO DA INDOSSARE, L’idea rivoluzionaria di Alice Zantedeschi A volte basta un’idea semplice per stravolgere un po’ le cose: e così il marmo, materiale rigido e freddo, può diventare un tessuto, leggero e caldo. È l’idea di Alice Zantedeschi, che per la sua tesi di laurea in moda al Politecnico di Milano ha sviluppato un progetto per rendere “indossabile” la polvere di marmo. È nato da questa intuizione Veromarmo, una membrana realizzata combinando polvere di pietra a organza, lycra o lana, che migliora l’estetica dei capi d’abbigliamento. Veromarmo è anche un omaggio alla sua terra: Alice ha sempre voluto valorizzare il territorio di Verona, dove è nata e cresciuta, e metterlo in contatto con il mondo della moda, la sua passione da sempre. Dopo anni di ricerche ed esperimenti, Alice ha fondato con la socia Francesca Pievani il suo brand, Fili Pari: si occupano di realizzazione di capi per brand e aziende, ma anche di styling

e progettazione di allestimenti per interni. A fine settembre uscirà la prima collezione di Fili Pari, composta di tre capi da uomo, creati in collaborazione con Milano 140, e realizzati con Veromarmo, nella variante Nero Ebano, e altrettanti capi femminili, realizzati invece in Rosso Verona. La collezione sarà disponibile, online e in alcuni negozi, già a fine settembre: intanto potete sbirciare le creazioni di Alice e Francesca sul sito www.filipari.com

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INTRAPRENDENZA FEMMINILE Patrizia Vinci

UN F IL O C H E UNIS CE

I RI C O RD I

chiara.boni@verona-pantheon.com @chiarettaboni

di Chiara Boni

“Come si faceva una volta” è un po’ il mantra di Patrizia Vinci, che con le sue mani creative e laboriose fa rivivere l’arte senza tempo della filatura: accessori di ogni forma e colore prendono vita così da una tecnica antica, eppure sempre viva.

È

L’INNEGABILE fascino delle cose antiche, dei gesti d’altri tempi, dei mestieri di una volta che, sebbene stiano scomparendo, sono rimasti nel cuore di molti, ad aver spinto Patrizia Vinci a prendere in mano per la prima volta un fuso. E la convinzione che non c’è niente di più gratificante di fare fatica per fare bene una cosa, ha fatto il resto. Ha trovato qualcuno che le insegnasse a filare, «anche se non è stato facile», perché Patrizia sapeva già che dall’amore per quei fili colorati qualcosa di bello doveva pur nascere.Un mestiere così deve tutto alla fantasia di chi lo esercita, ma prima ancora alla passione e all’amore di chi si mette in gioco per creare qualcosa di nuovo, usando una tecnica antichissima.

vetrina online che, dalla pagina Facebook, permette a Patrizia di mostrare le sue creazioni, realizzate utilizzando fibre di lana, lino, cotone e altri filati vegetali, lavorate con filatoio e fusi, proprio come si faceva una volta.

HA COMINCIATO trasmettendo l’amore per la filatura ai bambini: con dei laboratori su misura per i più piccoli. Patrizia ha, infatti, portato il suo fuso e i suoi mille fili colorati negli asili: «Non solo per insegnare la tecnica ma perché anche i bambini vedessero nascere un filo, perché capissero la fatica che comporta ma anche la bellezza che ne deriva».

GLI ACCESSORI coloratissimi di Patrizia Vinci si possono ammirare online ma anche toccare con mano nei diversi mercatini a cui partecipa: il prossimo appuntamento sarà a “Magia in Villa, tra fili e ricami”, il 24 e 25 settembre a Villa Buri. Una buona occasione per scoprire da vicino quest’arte senza età, dalle mille potenzialità, mai scontata.

POI, UN PAIO di anni fa, il passo verso il pubblico: nasce Filarte, una sorta di

«UNA VOLTA la filatura era legata ad una necessità e forse di creativo c’era poco. Oggi per me filare vuol dire scegliere e unire le fibre, mescolare i colori per crearne di nuovi o per accompagnare una stoffa o un filo già esistente; vuol dire scegliere di fare un filo sottile, “cicciotto”, ritorto, morbido, preciso, irregolare, con o senza inserti. A volte vuol dire lasciare al filo il compito di nascere dalle mie mani e dal mio cuore e tenere per me il compito di trovare il modo migliore per utilizzarlo».

filarteverona@gmail.com Facebook.com/filarteverona

MAGIA IN VILLA, TRA FILI e RICAMI Ricamo, cucito, tessitura e filatura. Ma anche creazione di bottoni, patchwork e uncinetto. Le mani creative delle donne saranno le protagoniste dell’evento ospitato tra le mura di Villa Buri, a San Michele Extra, il 24 e 25 settembre. Oltre 40 espositrici da tutta Italia parteciperanno con i loro lavori, che si potranno ammirare all’interno dei cancelli settecenteschi della villa, dalle 10 alle 19.


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F i l a r t e e a lt r e s t o r i e d i t e s s u t i

STILE RETRÒ

LA CU LT U R A A R T IGIA N A NEL CU OR E D ELLA LES S INI A A volte, si sa, il talento è ereditario: Susanna e Sabrina sono madre e figlia e nel cuore di Cerro hanno aperto “Stile Retrò”, laboratorio artigiano dove mettono a disposizione il loro saper fare per riparazioni e lavori di sartoria. Da poco Sabrina si è lanciata in una nuova impresa: un laboratorio per realizzazione di cappelli su misura. «Non si tratta solo di realizzare un accessorio, per me vuol dire anche rappresentare la persona che lo indossa», ci dice Sabrina. Dedicato a chi sa apprezzare l’artigianato, quello puro. Tra artisti ci si capisce, c’è poco da fare. Il grembiule di Caio il Cestaio, l’artista dell’intreccio che trovate a pagina 46 e 47, è stato confezionato niente meno che dalle mani sapienti di Sabrina.

GIULIA FUSINA

L’AR T E FAT TA S U MIS U R A Realizza abiti, che a volte sono piccoli sogni che diventano realtà: Giulia Fusina nella sua bottega a Grezzana, in viale Europa 31C, crea vestiti e accessori su misura, o riadatta capi già esistenti, per le clienti che si rivolgono a lei. Il suo negozio ha ufficialmente aperto i battenti sabato 3 settembre, con tanto di sfilata di presentazione tenutasi, il giorno dopo, alla Sagra di Grezzana.

Un dolce Infermentum per te! Alle porte di Verona quattro ragazzi, da sempre in fermento, hanno creato Infermentum, laboratorio artigianale di bontà, tutte a lievitazione naturale. Sono delizie soffici e gustose, interpretazioni di dolci tradizionali con un pizzico di gusto personale.

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TERRITORIO

INTRECCI AD ARTE

ingrid.somma@verona-pantheon.com @ingridsomma89

di Ingrid Sommacampagna

Giovanni Claudio Zuffo, anche detto “Caio il Cestaio”, ha imparato ad annodare fili ad un corso di cesteria in una malga a Gorgusello nel 2014, borgo storico nella Valle di Fumane. Da allora ha cominciato a partecipare a sagre paesane con il suo laboratorio itinerante, assieme alla moglie Elis, raccogliendo storie di anziani del posto e organizzando corsi didattici con l’associazione “Salice Vivo”, composta da intrecciatori non professionisti che condividono la loro stessa passione.

«I

MPARA DAL PASSATO, vivi nel presente e credi nel futuro». Questa è l’ottica in cui si muove Giovanni Claudio Zuffo, un artigiano nato il 14 giugno 1957 a Tolosa, in Francia, da genitori italiani immigrati nel dopoguerra, che ha fatto dell’arte dell’intreccio la sua passione. Costruire cesti, migliorare le proprie abilità, trasmettere conoscenze e scambiare i segreti appresi da altri maestri è un modo per far avvicinare la gente al passato, imparando tecniche antiche e utilizzando materiali autoctoni. La cesteria è un sapere antico che senza una “didattica” andrebbe perduto con la morte dell’ultimo artigiano esistente. IL CESTO, fin dalla preistoria, era un mezzo impiegato nell’agricoltura, per la raccolta, la semina, il trasporto e la conservazione dei cibi. L’arte dell’intreccio non era un’attività commerciale ma un’abitudine comune a molti contadini tramandata di generazione in generazione, legata al territorio e alle sue piante caratteristiche. Al giorno d’oggi non si trovano molti produttori di cesti per il

Caio il Cestaio

fatto che i materiali naturali sono stati sostituiti da quelli sintetici di plastica, e sono divenuti più oggetti da collezione ed elementi d’abbellimento dell’arredo. CHIOGGIA, per esempio, era un paese di cestai che producevano gli speciali contenitori soprattutto per la raccolta del pesce, ma ora la lavorazione è fallita. I cesti sono da sempre conservati con cura, basti pensare che a Bardolino vi era addirittura una concessione per lavare le ceste destinate alla vendemmia nel lago. Gli anziani cercavano di rattopparle in ogni modo, mantenendone integra la bellezza e conservandone la funzionalità. Giovanni, oltre a organizzare corsi, ha scritto un libro dal titolo Sesto della Lessinia – Manuale pratico per costruire un

Ogni cesto ha una sua storia che a volte nasconde rituali scaramantici o legati ad aspetti pratici della vita, come il lavoro nei campi


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L a t r a d i z i o n e m i l l e n a r i a d e l l a c e s t e r i a , s p i e g ata d a u n a r t i g i a n o cesto con materiali naturali. Questa particolare tipologia di cesto è di origine cimbra ma era ben conosciuto anche dai romani, in epoca Augustea, e viene realizzato con il castagno e la sanguinella. Il “sesto” - che è la forma dialettale per “cesto” - è una tradizionale unità di misura: un sesto di quintale, cioè 17 kg. Il libro spiega le tipologie di piante da usare, il modo di lavorare e conservare i ricacci (“polloni”) tagliati dalla ceppaia, i diversi tipi di portamento delle piante, le fasi di realizzazione del “sesto” e gli strumenti da utilizzare. Con il volume è nata una collana: “I Manuali di ‘Il sito dei sogni’”, luogo che si trova ai Simonetti, nell’alta Valtramigna, in cui l’artigiano

ha il laboratorio e la terra in cui produce frutta, verdure e erbe officinali, senza l’utilizzo di prodotti chimici. «LA CESTERIA crea oggetti utili e biodegradabili visto che sono costruiti con i materiali che l’ambiente ci offre, riscoprendo e valorizzando così la nostra terra e andando a scovare segreti che rischiano di non venire alla luce; ovviamente, serve buona manualità e discreta conoscenza delle materie prime, correggendo ogni imperfezione e curando i dettagli – spiega la coppia - Ogni cesto ha una sua storia che a volte nasconde

rituali scaramantici o legati alla praticità della vita, soprattutto per i lavori nei campi. Nei nostri viaggi ci confrontiamo con realtà nazionali ed estere per accrescere le conoscenze: per esempio, a fine agosto, siamo andati in Sardegna dove abbiamo imparato a costruire i cesti in asfodelo”, e lì abbiamo insegnato il “sesto” della Lessinia». La cesteria è ancora un mondo sconosciuto ma resta una tradizione da trasmettere e da tutelare, perché l’autoproduzione è, oggigiorno, la vera rivoluzione. giozuffo@gmail.com Facebook.com/caio.ilcestaio

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Anno 8, Numero 6

Luglio - Agosto 2015

Pantheon www.giornalepantheon.it

CRESCE IL NUMERO DI FAMIGLE “UNIPERSONALI”

MA QUANTO COSTA VIVERE DA SOLI?

CRISI GRECA

ESTATE

SALUTE

ILLUSTRAZIONI

Intervista al Prof. Federico Testa

Itinerari e percorsi in Lessinia

Ok all’acquisto dei farmaci online

Il talento di Giacomo Bagnara


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AGROALIMENTARE

UN ANNO NERO PER LA

CILIEGIA VERONESE

matteo.bellamoli@verona-pantheon.com @MatteoBellamoli

DI Matteo Bellamoli

Uno dei prodotti agricoli più apprezzati della nostra provincia ha subito quest’anno una forte battuta di arresto che ne ha decimato la produzione limitando notevolmente sia il ricavo per i coltivatori sia la sicurezza dei consumatori di poter trovare prodotto fresco e locale nei mercati ortofrutticoli.

S

I CHIAMA Drosophila Suzukii, comunemente noto anche come “il moscerino dei piccoli frutti”. Attacca tutte le specie frutticole e viticole ed è originario del sud est asiatico. Recentemente è stato importato anche in Nord America, e nel 2009 si è riscontrata la prima presenza europea in Trentino Alto Adige. È proprio questo piccolo moscerino, che non arriva mai a superare i 2-3mm di lunghezza, che quest’anno ha messo in ginocchio il settore cerasicolo veronese e rischia di farlo anche negli anni a venire. Confcooperative ha lanciato l’allarme alla fine di luglio, dopo aver raccolto dati preoccupanti sulla resa degli ettari coltivati a ciliegio. I principali mercati di raccolta della provincia fanno capo a Confcooperative Verona, che utilizzando i valori di quelli di Negrar, San Pietro in Cariano, Illasi e Marano di Valpolicella ha riscontrato come nel 2016, rispetto alla media degli ultimi tre anni, il calo dei conferimenti abbia sfiorato il 50%. «I QUATTRO MERCATI analizzati - ha precisato Fausto Bertaiola, presidente di Confcooperative Verona, - hanno raccolto complessivamente 19.257 quintali, con un prezzo medio di 1,87€/ Kg. Confrontando i dati emerge un danno, nel solo territorio veronese, di quasi 3,5 milioni di Euro».

La diffusione di questo moscerino non è comunque una sorpresa per i coltivatori. La Drosophila suzukii ha colpito, seppure marginalmente e delimitata ad alcune zone, anche nel triennio appena trascorso, ma solo in questa stagione produttiva ha dimostrato il suo potere devastante, reso più facile da una semplicità di contagio tra piante e campi limitrofi. La femmina depone


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D r o s o p h i l a s u z u k i i , i l ( pa r a s s i ta ) k i l l e r d e i p i c c o l i f r u t t i

La prevenzione è possibile? Nell’attesa che la ricerca agronomica possa trovare una soluzione efficace per combattere questo parassita, il consiglio che viene dagli esperti è di non lasciare i frutti colpiti sulla pianta onde evitare che cadano per terra e servano da fonte di cibo per le larve. Si raccomanda pertanto di raccogliere tutti i frutti e di allontanarli dal campo.

Le ciliegie attaccate dal parassita

infatti fino a 400 uova durante un ciclo vitale, mediamente due o tre per frutto. La diffusione avviene semplicemente attraverso la frutta infestata, quindi sono sufficienti pochi esemplari per rendere inutilizzabile il raccolto di un campo, che cade a terra e funziona da cibo per altri esemplari. LUCA MORI, ricercatore dell’Università di Padova, ha specificato, in un’intervista apparsa su Italiafruit News, che «la diffusione, aiutata anche dall’inverno mite e dalla primavera fresca, ha obbligato molti coltivatori a lasciare le ciliegie sugli alberi. Questo ha giovano alla proliferazione della Drosophila suzukii che ha colpito anche quegli appezzamenti sui quali erano state messe in atto pratiche per il contenimento». È EMBLEMATICA, da questo punto di vista, la testimonianza di Giuseppe. La sua famiglia coltiva da generazioni e possiede alcuni ettari coltivati a ciliegio a ridosso della Val d’Illasi. «Già lo scorso anno avevamo avuto molte piante colpite da questo insetto» racconta, «e nonostante quest’anno avessimo fatto dei trattamenti alle piante, il danno è stato forse addirittura doppio. Non abbiamo raccolto quasi nulla». Al momento, secondo quanto pubblicato dalla Provincia di Bolzano in un’interessante ricerca sul tema, non sono in commercio fito-

La femmina depone fino a 400 uova durante un ciclo vitale. La diffusione avviene semplicemente attraverso la frutta infestata, quindi sono sufficienti pochi esemplari per rendere inutilizzabile il raccolto di un campo farmaci specifici con questo parassita, e quindi l’unica soluzione è quella di tentare con alcuni preparati chimici che vanno irrorati sulle piante molto di frequente, dato che la Drosophila suzukii può compiere sino a 13 generazioni all’anno. Questa difficile situazione rappresenta un doppio danno per i coltivatori, perché l’eccessivo utilizzo di prodotti chimici indebolisce la pianta, si trasmette anche alle coltivazioni vicine e abbassa la qualità finale del prodotto. In un mercato in cui il consumatore è sempre più attento all’origine e ai metodi biologici di produzione e raccolta, questo aspetto rischia di mettere a repentaglio un prodotto che rappresenta per volume il 70% dell’intero settore cerasicolo veneto (dati ISTAT 2015).

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L’A V V E N T U R A D I P E R D E R S I (tra le pagine)

di Anna Girardi

Reinventano Salgari, senza dimenticarne la lezione. I tre scrittori, scelti per la finale del concorso letterario dedicato alla letteratura avventurosa sono, come dire, assolutamente salgariani. In attesa delle premiazioni, che si terranno a Negrar il prossimo 11 novembre, ecco le opere in gara.

Alberto Custerlina “ L a C a r o v a n a d e i P r o d i g i . A l l’ o m b r a d e l l’ I m p e r o ” L’autore: Triestino, i libri di Verne e di Salgari hanno tracciato la sua via letteraria, la fantascienza di Asimov e Jack Vance ha fatto il resto. Ha esordito nel 2008 con il romanzo Balkan Bang! L’opera: Romanzo tra noir e fantascienza, La carovana dei prodigi è il secondo capitolo della saga All’ombra dell’impero, ambientato tra Trieste e i misteriosi Balcani agli inizi del secolo. Il giovane Davorin Paternoster viene rapito dal negromante Hieronymus Mors per ritrovarlo, mille avventure per terra e per mare, tra pirati e artisti circensi, tagliagole, maghi e indovine, tra amuleti, idoli pagani e arti oscure.

Michele Mari “Roderick Duddle” L’autore: Milanese, Mari coniuga la sua attività di scrittore con il lavoro di professore di letteratura alla Statale di Milano. Ha esordito nel 1989 con il romanzo Di bestia in bestia per poi spaziare tra prosa e poesia, fino all’ultima fatica, Roderick Duddle, del 2014. L’opera: Nato e cresciuto in un bordello nell’Inghilterra dell’800, Roderick Duddle possiede solo una cosa: un medaglione, che cela in sé il segreto di un’inaspettata fortuna, e per il quale è inseguito per terra e per mare da ogni genere di furfante. Tra fughe rocambolesche, suore, marinai e assassini Mari ci porta in un labirinto di storie, luoghi e personaggi dialogando con il lettore fino al sorprendente colpo di scena finale.

Marco Steiner “ O lt r e m a r e ” L’autore: Romano, viaggiatore, scrittore e fotografo per passione, ha iniziato a scrivere grazie all’incontro con Hugo Pratt, il padre di Corto Maltese, con il quale ha collaborato per anni. Dopo L’ultima pista, suo primo romanzo, ha pubblicato Il corvo di pietra e Oltremare, con protagonista un giovane Corto Maltese. L’opera: A bordo del mercantile Dedalo, un giovane Corto Maltese, insieme all’amico Bertram, segue il comandante Robart Kee e la sua ciurma in un viaggio che li porterà dalle isole greche alle coste della Turchia, passando da Venezia per poi avventurarsi nei mari del Sud fino nelle impenetrabili foreste dell’Indocina.

Come funziona:

Le tre opere finaliste vengono scelte da una giuria di esperti, mentre ad eleggere il vincitore è esclusivamente la giuria popolare, composta da gruppi di lettura (i cui voti pesano per il 70%) e lettori singoli (i cui voti pesano il 30%). Questi ultimi possono esprimere la propria preferenza grazie ad una scheda di voto, che viene consegnata all’acquisto di almeno due dei tre libri finalisti nelle librerie convenzionate. L’elenco delle librerie che aderiscono all’iniziativa è disponibile su premiosalgari.it/gruppi-lettura-biblioteche-librerie-aderenti/


Con il Patrocinio di

Comune di Negrar Assessorato alla Cultura

Regione Veneto

PREMIO DI LETTERATURA AVVENTUROSA

Emilio Salgari 2016

RODERICK DUDDLE DI MICHELE MARI Giulio Einaudi Editore

OLTREMARE DI MARCO STEINER Sellerio editore Palermo

LA CAROVANA DEI PRODIGI DI ALBERTO CUSTERLINA Baldini&Castoldi

QUESTE SONO LE OPERE FINALISTE DELL’EDIZIONE 2016 DEL PREMIO DI LETTERATURA AVVENTUROSA EMILIO SALGARI Vieni a scoprire tutti i dettagli, gli appuntamenti, le curiosità e le iniziative su:

www.premiosalgari.it

e sulla pagina Facebook: premio di letteratura avventurosa “Emilio Salgari”

Potete trovare i libri nelle migliori Librerie di Verona in collaborazione con

Partner TO R B E D I VA L P O L I C E L L A

Media Partner

Liceo Scientifico Statale “A.Messedaglia” Verona Corale San Martino PICCOLO

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di Negrar

VERONA

IL GIARDINO

di Marianni

Libro Di-Vino


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UN GIALLO “TECNOLOGICO” A VERONA

E SE LA

DEMOCRAZIA SI TRASFORMA IN

MEDIACRAZIA

di Alessandra Scolari

Un hacker, una giovane giornalista e un commissario riavvolgono i fili di un'intricata indagine, dopo che due efferati delitti hanno sconvolto la città di Verona. Sullo sfondo affascinante delle Arche scaligere e degli scorci romani si consuma una vera e propria lotta tra logiche nuove e poteri antichi. Guardati alla spalle può essere acquistato online: www.ibs.it

Il terzo giallo di Marco Zanoni è destinato ad attirare la simpatia di molti lettori. Il titolo «Guardati alle spalle» è calzante rispetto alle vicende degli esperti informatici, giornalisti e non solo.

L

’AUTORE ANTICIPA il racconto citando Illah Reza Nourbakhsh: «I nuovi media interattivi stanno già rimpiazzando il giudizio indipendente degli esseri umani». Come dire: Attenti! I valori umani, quali il rispetto e la lealtà nei rapporti, stanno scomparendo, a causa del telecomando. Torna alla mente quel «Guardati alle spalle dai nemici e dagli amici» dei nonni. NEL SUO ROMANZO, Marco Zanoni inserisce protagonisti e lettori nel mondo degli affari, della finanza e della comunicazione. Hanno inventato un brevetto: «Un software che avrebbe cambiato per sempre il mondo degli affari», spostando «ad arte» di alcuni giorni la registrazione del marchio, per destare attesa e le voci negli ambienti che contano. Questo l’incipit del libro con due delitti e nessuna pista da seguire, una giovane giornalista che affianca il commissario nelle indagini intricate e Anaconda, il software che scompare, seppur custodito. ZANONI USA un linguaggio accattivante, come accattivante è il percorso del libro che si snoda dal Texas all’Olanda, da Oosterbeek a New York e poi a Verona dove il romanzo si conclude.

INTANTO A MANTOVA

Scrivere è un modo di vivere e c’è chi, tra le pagine, mette tutta se stessa: al Festivaletteratura di Mantova, quest’anno ci trovate anche Camilla Cortese, veronese doc e scrittrice per vocazione. Venerdì 9 settembre troverete lei e il suo Carlo fiore, secondo romanzo di Camilla edito da EKT Edikit, ospiti della XX edizione del Festival mantovano. L’appuntamento è alle 19.30 nel salotto estivo della Libreria Pellegrini in Piazza Mantgna 6, a Mantova.

MARCO ZANONI (classe 1982, veronese), vive a Custoza con la moglie Elena Turazzini e tre figli. Lavora nell’ambito bancario, grande lettore, ha fondato nel 2012 il blog passionegrappa.it, dove scrive di acquaviti e distillati. Nel 2014 pubblica il romanzo Vienimi a Cercare e vince il premio Giuria al concorso letterario “La città di Murex”, con un altro giallo El Vent de Balì al Festival Giallo Garda 2015, si aggiudica il secondo premio. Anche questo libro è stato stampato dalla casa editrice La Caravella di Viterbo, specializzata nella pubblicazione di opere di autori emergenti.


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EDITORIA PER RAGAZZI

a cura di Alessandra Scolari

I

Titolo: Ascolta il mio cuore Autore: Bianca Pitzorno Edizione 2015: Mondadori Junior 2015 Prezzo: 17 Euro - Pagine: 420 Età di lettura: 11 anni

L LIBRO: Racconta un anno di scuola, della classe IV D, visto con gli occhi di Prisca. Una bambina intelligente, creativa e simpatica che ama narrare la realtà che la circonda. In classe arriva un’insegnante, apprezzata dalla maggioranza dei genitori, ma che agli occhi di Prisca non agisce in maniera corretta, tanto che alcune compagne (soprannominate “Maschiacci”) per il loro fare irriverente, la soprannominano Argia Sferza. Prisca, supportata dalle amiche Elisa e Rosalba diventa paladina della lotta contro le ingiustizie a scuola e lo fa istintivamente, diventando per questo davvero unica. Non sarà facile, fortuna che c’è Dinosaura, la tartaruga. L’AUTRICE: Bianca Pitzorno è nata a Sassari nel 1942 e, dopo la laurea in Lettere Classiche all’Università di Cagliari, si è trasferita a Milano dove ha lavorato molti anni per la Rai e dove vive tuttora. Essenzialmente è una scrittrice di romanzi per ragazzi, pluripremiata, tanto che nel 2000 è stata nominata anche ambasciatrice UNICEF. Della Pitzorno i critici letterari hanno scritto «possiede e continuamente affina, due risorse: il linguaggio lieve, lindo e sapiente e un’ammiccante semplicità». CURIOSITÀ: La prima edizione del libro risale al 1991 ed è ambientato in Sardegna negli anni Cinquanta. Durante questo anno scolastico il cuore di Prisca, spesso, batte forte sia per le emozioni positive che per gli episodi spiacevoli che avvengono intorno a lei. Quindi come non ascoltarlo? Le vicende descritte sono così divertenti e significative da essere lette d’un fiato. Una storia che evidenza la grande importanza dell’amicizia, della sincerità, della lealtà e dell’altruismo. Anche i familiari (una straordinaria nonna) e gli amici creano un clima intenso e di intesa. Libro bellissimo.

BOX OFFICE

a cura di Mattia Zuanni

IL FILM: “Trafficanti” segue le vicende di due amici ventenni (Hill e Teller) che vivono a Miami, mentre imperversa la guerra in Iraq. I due ragazzi sfruttano una semisconosciuta iniziativa governativa che consente alle piccole imprese di fare delle offerte per ottenere dei contratti con l’esercito americano. Hill e Teller partono in piccolo e presto cominciano a disporre di importanti entrate e a fare la bella vita. Fino, almeno, a quando si ritrovano a concludere un contratto di 300 milioni dollari per armare la milizia afgana, accordo che li mette in affari con alcuni individui, a dir poco, ambigui.

CURIOSITÀ: Le riprese sono state effettuate tra la Romania, la California del Sud, Miami e il Marocco. Nel weekend di lancio (19-21 agosto per gli Stati Uniti) la pellicola è stata proiettata in circa 3100 sale cinematografiche, incassando poco più di 14 milioni di dollari. Il film è basato su una storia vera; Efraim Diveroli insieme al socio David Packouz vinsero, nel 2006, una serie di contratti con il Pentagono per il valore di circa 300 milioni di dollari. Il loro lavoro consisteva nel procurare materiale bellico al Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti.

Titolo: Trafficanti Genere: Commedia Durata: 149 minuti Regia: Todd Phillips Attori: Johan Hill, Miles Teller, Ana de Armas, Barry Livingston Uscita (Italia): 15 settembre

fotografa il

codice QR per vedere il trailer

CLASSIC I DA NON PERDERE Titolo: Il Petroliere - Genere: Drammatico - Durata: 158 minuti - Regia: Paul Thomas Anderson Attori: Daniel Day-Lewis, Paul Dano, Kevin O’Connor, Ciaràn Hinds Un ambizioso e spietato mercante di oro nero, dopo aver acquisito per pochi dollari il diritto di sfruttare i pozzi di un terreno, inizia la scalata verso il potere e la ricchezza. Una storia, tratta dal romanzo Petrolio! di Upton Sinclair, che tratta di famiglia, avidità, religione e petrolio, ambientata in Texas.


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UNDERGROUND

BE ABOUT

LA SCINTILLA DELLA CASUALITÀ NATI QUASI per caso (lo stesso nome tradotto dall’inglese ce lo ricorda) nel dicembre 2015, i nostri 4 ragazzi ferraresi, iniziano pian piano a farsi strada tra le note del genere pop – folk, facendosi accompagnare nel loro percorso dalle sempre ricche ed avvolgenti sfumature del blues. Partendo da qui, nel giro di pochi mesi nasce “Home”, il primo lavoro della band. UN ALBUM composto da 10 tracce in cui, per circa 55 minuti, si viene trasportati in un’atmosfera pacata e avvolgente, in un vero e proprio viaggio non solo musicale ma anche narrativo. Infatti, grazie ai testi delle tracce registrate, l’album catapulta all’interno di una vera e propria “storia”, facendo conoscere già dal primo pezzo un protagonista egoista e solitario, il quale, tramite nuove esperienze, incontri e avventure, giorno per giorno (traccia per traccia) cambia, si “evolve” fino ad

marco.nicolis@verona-pantheon.com

di Marco Nicolis

un mutamento, un miglioramento di se stesso e della propria esistenza. Entrando nel dettaglio, la realizzazione di questo album è stata il risultato di alcune collaborazioni con musicisti esterni alla band, i quali, fin dalla nascita dei Be About, hanno saputo dare una spinta alla crescita musicale, lasciando la propria impronta anche all’interno dell’album. Numerose e preziose sono infatti le collaborazioni presenti nel disco. ORA, dopo le registrazioni, inizia la parte più amata da tutte le band, il tour. Più di 20 date, oltre 20 luoghi dove portare la propria musica e la propria voglia di suonare. E poi chissà: nuovi brani, un nuovo tour, un nuovo videoclip. Solo il tempo ci dirà come proseguirà il viaggio dei Be About. Nel frattempo passate dal loro sito, ascoltate i loro pezzi e fateci sapere cosa ne pensate.

Foto di Filippo Cavallini e Ares Brunelli info. 328 5756081 - www.beaboutband.com facebook/beaboutband - soundcloud.com/be-about

Mattia Bellettati voce e chitarra ritmica Enrico ‘Rox’ Bellonzi voce e chitarra solista Enrico Gamberoni contrabbasso e basso elettrico Pietro Crimaldi batteria e percussioni


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IL PROG ROCK

In fo: Fac e b ook /p e rfe c tpairp rog

RITORNA ALLE ORIGINI CON I PERFECT PAIR IL ROCK PROGRESSIVO, stile che rispecchia una buona fetta delle sonorità dei mitici anni 70, è stato caratterizzato nel tempo da un rapido aumento della sua complessità espressiva. In particolare, si è assistito ad un notevole incremento del numero delle tastiere, delle chitarre e degli effetti a disposizione delle band, spesso contornati dalla presenza di nuovi e imponenti elementi scenici, che hanno, in parte, snaturato la vera essenza prog. ORA, navigando in questo immenso “circo musicale” iniziamo a conoscere i Perfect Pair, gruppo veronese che si ispira proprio a questo pittoresco stile musicale, riproponendolo però con stile semplice ed originale. La band, infatti, ha deciso di “riportare sul pianeta Terra” le pietre miliari di quegli anni, impoverendole dalle sfarzose presenze sceniche e dall’utilizzo quasi eccessivo, come detto, di tastiere, effetti sonori e chitarre, con l’unico scopo di ricondurre il rock progressivo alle

sue origini, scegliendo la semplicità e l’armonia come cavallo di battaglia. La band, formata da 4 componenti, attrezzati con una strumentazione ridotta quasi all’essenziale (voci, chitarra acustica, percussioni e qualche sintetizzatore), prende spunto principalmente dal lavoro dei Genesis e dei primi King Crisom, riadattando e in parte arrangiando quelli che sono i pezzi migliori dell’epoca. Un ritorno non solo alle origini della musica progressive ma all’essenzialità del rock, mantenendo tuttavia quel clima fiabesco che ne ha da sempre contraddistinto i testi. AL MOMENTO la band ha deciso di intraprendere il percorso delle “cover”, scegliendo per il proprio repertorio i pezzi da novanta di quegli anni. Il futuro però, si sa, non è già scritto o programmato quindi le cose con il tempo potrebbero anche cambiare riservandoci qualche sorpresa. Nel frattempo vi segnalo questa data, 25 marzo 2017, Teatro di Nogara. Una sera-

ta di musica con i Perfect Pair, accompagnati dall’esibizione di una attrice che racconterà al pubblico le storie legate ai brani che verranno suonati. Storie fantastiche come solo il prog rock sa raccontare.

Sbibu percussioni Guillermo Gonzales voce, effetti David Cremoni chitarra acustica Franco Zampieri voce, effetti

Produzione e installazione di serramenti in:

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Territorio a Spicchi Brevi da Verona e Provincia

A cura di Chiara Boni

Dellas Spa, la PMI veronese che fa scuola nel mondo - GREZZANA Dal 1973, nel cuore di Grezzana, Dellas Spa produce con successo utensili diamantati per la lavorazione di marmi, graniti e agglomerati. Ma il motivo per cui è diventata famosa è un altro: di recente pubblicazione, il volume “Il viaggio verso la rendicontazione integrata“, scritto da Robert Eccles, docente alla Harvard Business School, e Michael Krzus, ricercatore indipendente, ha dedicato un intero capitolo all’azienda, unico caso

italiano analizzato nel saggio. Si parla di rendicontazione integrata, metodologia che integra i vari indicatori della vita aziendale e quindi la “fotografa” in maniera globale, rendendo pubbliche anche le performance sociali, ambientali e soprattutto di governance interna: una nuova via verso la trasparenza e uno strumento per constatare con concretezza la competitività aziendale, in cui la Dellas Spa ha creduto, da subito.

SANT’ANNA D’ALFAEDO R o nni e Q u i n ta re l l i : da l Gi a p pon e, u n p en siero p er i terremotati d’ Ita l ia A cura di Matteo Scolari

La stoffa del campione l’ha ampiamente dimostrata in pista, dominando in questi anni il Super GT giapponese, la competizione a motori più competitiva del continente asiatico, e non solo. I suoi successi sportivi (unico pilota a conquistare 4 titoli nel campionato GT) l’hanno consacrato come il pilota più vincente nella storia di questo sport. Ma Ronnie Quintarelli, trentasettenne originario di Sant’Anna d’Alfaedo, si è sempre distinto anche per il suo grande cuore e per la sua sensibilità. Lo scorso giugno, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli ha conferito per mezzo dell’ambasciatore italiano a Tokio Domenico Giorgi, l’alta onorificenza di “Ufficiale dell’Ordine

della Stella d’Italia”, riconoscendogli l’impegno per le iniziative intraprese dal pilota veronese assieme all’associazione “Italians For Tohoku” in favore delle vittime del terremoto, e successivo tsunami, che si abbatté l’11 marzo 2011 sul Giappone settentrionale. E anche in occasione del sisma che ha colpito il centro Italia lo scorso 24 agosto non è mancato un pensiero di cordoglio e di vicinanza ai suoi connazionali. Ronnie Quintarelli, assieme ad Andrea Caldarelli, altro pilota italiano impegnato nella competizione nipponica, e a tutti gli uomini delle varie squadre del Super GT si sono riuniti in gruppo con la scritta “Pray for Italy” (Preghiamo per l’Italia) e con un nastro nero in segno di

lutto sul Tricolore. Un messaggio di solidarietà che ha fatto il giro sui siti e sulle testate sportive di tutto il mondo.

A cura di Miryam Scandola

Luoghi che si risvegliano, ora anche in un festival - VERONA Di RiVer vi avevamo già parlato in Pantheon 71 e, ora, torniamo a riproporvi le prodezze di questa giovanissima - per formazione e per l’età di chi la anima - , associazione scaligera che illumina gli scorci urbani dimenticati e li trasforma in spazi che si possono (ancora) vivere. I due appuntamenti per il mese di settembre fanno eco al primo riuscito evento dell’11 giugno scorso che ha “ricordato” alla cittadinanza il fascino impolverato del Bastione di San Francesco con musica, murales live e prelibatezze scaligere. RiVer, fedele all’unica precisa regola che insegue, ovvero che «il protagonista è, e rimane il luogo», ha tentato il “risveglio” di Bastione Delle

Maddalene sabato 10 settembre con una serata dalle mille sfumature e trasversali collaborazioni. Il secondo “risveglio” in calendario? Di nuovo Bastione San Francesco, di nuovo una serata all’insegna delle inclusioni, quelle trasversali che uniscono. Il 25 settembre, in occasione di Puliamo il Mondo 2016, l’associazione, che gode del Patrocinio del Comune di Verona, darà vita, in collaborazione con Legambiente Verona, ad un ventaglio di scelte, questa volta soprattutto musicali con That’s all folks, una produzione di Fucina Culturale Machiavelli che vede coinvolti i The Aroostercrats e l’Orchestra Machiavelli. Il ricavato delle due serate del festival, al

netto delle spese, sarà devoluto alle popolazioni terremotate del centro Italia.

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BELLEZZA AL NATURALE Maschere viso

all’argilla

I benefici dell’argilla sulla pelle sono davvero tanti: antisettica, lenitiva e purificante, l’argilla è consigliata anche in caso di dermatite. Settembre è il mese ideale per fare una bella pulizia del viso con una maschera all’argilla fai da te. Scegliete, a seconda del vostro tipo di pelle, la ricetta che fa per voi!

Maschera all’argilla verde - Pelli grasse · Argilla verde, 2 cucchiai · Miele, 2 cucchiaini · Acqua, quanto basta

Maschera all’argilla rosa - Pell e sensibil e · Argilla rosa, 2 cucchiai · Acqua, quanto basta · Yogurt bianco, 1 cucchiaio · Olio essenziale di lavanda, 2 gocce

Maschera all’argilla bianca - Pelli normali e sensibili · Argilla bianca, 2 cucchiai · Acqua, quanto basta · Gel d’aloe vera, 1 cucchiaio · Acqua di rose, 1 cucchiaio

Per la preparazione è importante evitare che qualsiasi oggetto in metallo entri in contatto con l’argilla; i materiali utilizzabili sono plastica, legno e ceramica. Per tutte le ricette il primo passo consiste nel mescolare l’argilla con l’acqua, quanto basta per ottenere un composto cremoso e omogeneo; successivamente è necessario lasciar riposare almeno 15 minuti prima di aggiungere e mescolare bene gli altri ingredienti delle diverse ricette.

Per prima cosa detergere il viso, poi applicare uniformemente la maschera evitando il contorno labbra e il contorno occhi. Lasciare in posa 10 minuti e poi risciacquare, eliminando tutti i residui, con acqua tiepida.


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in cucina con Nicole

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Cucinare è amore che si può assaggiare

senzalattesenzauova.ifood.it - nicole.scevaroli@giornalepantheon.it

Hamburger di Ceci

Per cambiare un po’ INGREDIENTI 1 lattina di ceci 1 patata lessa 1 uovo

mezza cipolla rosmarino farina di ceci

Tritate grossolanamente i ceci con cipolla e rosmarino. Unite la patata schiacciata, uovo e sale. Formate degli hamburger, passateli nella farina di ceci. Cuoceteli in forno per 15 minuti a 190 gradi.

(senzalattesenzauova)

Torta di compleanno Banana e Lamponi Il 23 settembre compio 28 anni INGREDIENTI 2 banane schiacciate 150gr di zucchero di canna 150gr di olio girasole 240gr di farina 1 8gr di lievito per dolci 100ml di latte vegetale panna vegetale da montare lamponi

Nicole Scevaroli

Le Ricette dal Mondo di

NICOLE 1

Mescolate le banane allo zucchero, unite olio, farina, lievito e latte. Trasferite nella tortiera (diametro 24-28cm) e infornate a 170 gradi per 40 minuti. Decorate con panna e lamponi. Fate riposare in frigorifero.

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ADICONSUM

NON APRITE (SEMPRE) Q U E L L A P O R TA . . . Nell’ultimo periodo sono stati registrati diversi casi di persone vittime delle pratiche commerciali scorrette messe in atto da parte di venditori “porta a porta” di dubbia professionalità. Ecco cosa succede nel dettaglio e come difendersi. COSA AVVIENE Il primo contatto avviene con una telefonata nella quale viene riferito che si possono ottenere importanti sconti su prodotti di arredamento ed elettrodomestici. Basta fissare un appuntamento con un incaricato che venga a casa per consegnare il catalogo ed illustrare l’offerta, il tutto senza impegno. Ottenuto l’appuntamento l’incaricato di turno si presenta con un catalogo senza prezzi ed un modulo spiegando che firmando quest’ultimo si potrà usufruire degli sconti promessi, senza che ciò dia vita ad alcun vincolo contrattuale. Ottenuta la sottoscrizione l’incaricato se ne va lasciando il catalogo. Tutto sembra finito. Invece, dopo almeno 14 giorni, suona alla porta un nuovo incaricato che invita ad effettuare un acquisto dal catalogo. È solo in questo momento che viene svelato il reale volto della vicenda: non solo il modulo firmato è un vero e proprio contratto ma il sottoscrittore è obbligato anche a compiere almeno un acquisto di importo minimo pari a circa € 3000. Di fronte alle rimostranze dei malcapitati l’incaricato, con tono aggressivo, sostiene che il termine per diritto di recesso è scaduto e minaccia di far valere davanti ad un giudice i diritti derivanti dal contratto. COME DIFENDERSI Non bisogna lasciarsi intimorire dalle affermazioni di questi venditori: il contratto può essere tranquillamente annullato. Innanzitutto, contrariamente a quanto affermano le società venditrici, il diritto di recesso può essere ancora esercitato poiché nella vendita di beni fuori dai locali commerciali il termine di 14 giorni decorre dalla consegna della merce (art. 52 D.Lgs. 206/2005). In secondo luogo le azioni e le dichiarazioni

degli incaricati configurano delle pratiche commerciali aggressive ed ingannevoli vietate dal Codice del Consumo (artt. 21 e ss. D. Lgs. 206/2005) che rendono nullo il vincolo contrattuale. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è già intervenuta in passato per censurare e sanzionare l’attività di questi soggetti eppure lo stesso raggiro viene riproposto ogni anno da nuove società che, sebbene indossino nomi differenti, applicano tutte lo stesso modus operandi a danno del consumatore. Pertanto, se volete aprire la vostra porta di casa ad un venditore mantenete alta la guardia, leggete sempre quello che firmate e fatevene lasciare una copia. Nell’incertezza, poi, non abbiate timore di chiedere consiglio ad una associazione consumatori.

di Carlo Battistella per Adiconsum Verona


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