Pantheon 101 - Ragazzi spaziali

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PREZZO €3,50 COPIA GRATUITA

EDIZIONE GIUGNO 2019

ANNO 11 - NUMERO 05

NUMERO CENTOUNO

PANTHEON

RAGAZZI SPA ZIA L I Tra i banchi del Don Bosco hanno inventato una lavatrice per astronauti con la quale si sono guadagnati il primo posto ai Mondiali di Robotica a Houston. Premiati anche da Verona Network per il loro impegno, ora gli studenti veronesi voleranno in California


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GIUGNO 2019

DI MATTEO

SCOLARI

EDITORIALE

Vi è mai capitato di immaginare o sognare intensamente una cosa e, a distanza di anni, di vederla materializzata proprio sotto i vostri occhi? A me sì, esattamente dopo un’attesa lunga 11 anni. Ne ho avuto piena consapevolezza il 16 maggio scorso. Nella Sala Industria della Camera di Commercio, in occasione della cerimonia di consegna del 6° Premio Verona Network, abbiamo allargato le celebrazioni al prestigioso traguardo delle cento edizioni di Pantheon.

L’esempio degli studenti del Don Bosco è eclatante: in un’epoca in cui molto spesso i giovani vengono dipinti come privi di interesse, svuotati di valori, disinteressati a ogni aspetto della nostra quotidianità, ecco che proprio qui, a Verona, ci sono otto giovani incredibili che sono pronti a scrivere una pagina importante della scienza, a livello mondiale. E che dire di Flavio Pasini, un sindaco di un comune come ce ne sono molti in Italia, sicuramente accerchiato dalle tante difficoltà che un territorio comunale può sollevare, che però non si lascia sopraffare e inventa un’iniziativa “win-win” che giova alle aziende, ai giovani e alle famiglie di Nogara, della Bassa e non solo. E ancora Cristina Pozzi, talento riconosciuto nei cinque continenti, capace di immaginare con lucidità il futuro e, cosa più importante, di mettere a disposizione la sua visione agli altri, ai ragazzi, nelle scuole. Marco Ottocento, persona di poche parole, in grado di creare una fondazione straordinaria che, come ci ha raccontato, cerca di dare concretezza ai sogni dei ragazzi più fragili. Infine gli esempi di integrità e di serietà offerti da Valentina Boni e Sergio Pellissier, capitani amatissimi, non a caso, rispettivamente del Chievo Verona Valpo e del Chievo Verona.

È stato un pomeriggio di grande festa e, per il sottoscritto, in quanto direttore della testata, anche di forte emozione. Presenti in sala decine di persone, figure istituzionali, ragazzi giovani, amici, lettori, colleghi giornalisti, collaboratori ed ex collaboratori del giornale. Tutti insieme per fissare, proiettato sullo sfondo della sala, quel muro colorato e variegato di cento copertine, di cui vi ho parlato nello scorso numero, che danno la giusta dimensione e la percezione di quanto sia stato fatto dal 2008 ad oggi. Certo, può essere considerato tanto o poco, dipende dai punti di vista. Di sicuro l’esperienza editoriale portata avanti con impegno e serietà per oltre un decennio rappresenta per noi qualcosa di cui andare fieri: centinaia di storie raccontate, di persone intervistate, di progetti presentati, di esperienze vissute e raccontate con l’obiettivo primario di creare coesione, ponti, punti d’incontro, sensibilità tra la gente.

A loro, quest’anno, sono andati i premi e i riconoscimenti di Verona Network. A loro abbiamo dato spazio, più che volentieri, sulle pagine di questo numero del giornale. E a tanti altri ancora daremo visibilità e attenzione nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Con Pantheon, Daily, Radio Adige, Network TV, con i convegni tematici mensili.

Una “mission” giornalistica che va ben oltre la nuda e cruda attività imprenditoriale, strettamente legata a un aspetto economico, e che trova, invece, il suo compimento soprattutto nella funzione sociale che riesce a diffondere e a portare sul territorio.

Verona Network è qui con voi, per voi.

LE PERSONE CHE LAVORANO INSIEME VINCERANNO. SIA CHE SI STIA LOTTANDO CONTRO UNA COMPLESSA DIFESA DI FOOTBALL , O CONTRO I PROBLEMI DELLA SOCIETÀ MODERNA . VINCE LOMBARDI 3

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REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI VERONA N.1792 DEL 5/4/2008 - NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 28/05/2019

Indice

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IL FIORE DELL’ARTE

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FORZA BELLEZZA

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IN COPERTINA

22

RITRATTO INTIMO

62

PILLOLE DI

A TU PER TU

64

RUBRICA PET

66

STORIE

26

PAOLA TURCI

68

BELLEZZA

28

SIO E QUEL FUMETTO

30

SUDDENLY HOME,

74

34

C+C=MAXIGROSS

78

38

LE CAVE DI PRUN

42

L'ARTE (ANCHE SPIRITUALE)

46

DON VINCO

MAMMA

DEL NUOVO RETTORE NOCINI

CON LINO GUANCIALE DI STORIA

OMAGGIO (CANTATO) ALLA BELLEZZA AL NATURALE

CHE RACCONTA LE MIGRAZIONI

IN CUCINA

CON NICOLE

LABORATORI PER COSTRUIRE ANCHE LE RELAZIONI

UN DISCO PER FAR RIFIORIRE IL DESERTO M

E IL MUSEO CHE SARÀ

DI COLTIVARE UN GIARDINO

OSTR IL N O

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RAGAZZI SPAZIALI E INVENZIONI SENZA GRAVITÀ

DA CERRO AL SUD SUDAN

L’OROSCOPO

ALLA NOSTRA MANIERA UR

I GIULIE OD TT

A

A pa g. 57 Scop ri le dichi araz ioni d’am ore d ei lettor i

DA PAGINA 12 TUTTI I PREMIATI DEL PREMIO VERONA NETWORK 2019 ERRORI O SEGNALAZIONI: WHATSAPP 320 9346052 - REDAZIONE@VERONANETWORK.IT

DIRETTORE RESPONSABILE MATTEO SCOLARI DIREZIONE EDITORIALE MIRYAM SCANDOLA

REDAZIONE E COLLABORATORI

REDAZIONE MATTEO SCOLARI, MIRYAM SCANDOLA, MARCO MENINI, GIORGIA PRETI, ALESSANDRO BONFANTE, MASSIMILIANO VENTURINI, CAMILLA FACCINI, IRENE FERRARO HANNO COLLABORATO AL NUMERO DI GIUGNO 2019 SARA AVESANI, CARLO BATTISTELLA, VALENTINA BAZZANI, MARTA BICEGO, MICHELA CANTERI, CLAUDIA BUCCOLA, DANIELA CAVALLO, MARTA FRANCHIN, MATTEO BELLAMOLI, EMILIANO GALATI, FEDERICA LAVARINI, FRANCESCA MAULI, ANDREA NALE, EMANUELE PEZZO, ERIKA PRANDI, NICOLE SCEVAROLI, ALESSANDRA SCOLARI, INGRID SOMMACAMPAGNA, PAOLA SPOLON, TOMMASO STANIZZI, GIULIA ZAMPIERI, MARCO ZANONI. FOTO DI COPERTINA MAURILIO BOLDRINI PROGETTO GRAFICO SIMONE ZAMPIERI SOCIETÀ EDITRICE INFOVAL S.R.L. REDAZIONE VIA TORRICELLI, 37 (ZAI-VERONA) - P.IVA: 03755460239 - TEL. 045.8650746 - FAX. 045.8762601 MAIL: REDAZIONE@VERONANETWORK.IT - WEB: WWW.VERONANETWORK.IT FACEBOOK: /PANTHEONVERONANETWORK - TWITTER: @PANTHEONVERONA - INSTAGRAM: PANTHEONMAGAZINE UFFICIO COMMERCIALE: 045 8650746 STAMPATO DA: ROTOPRESS INTERNATIONAL SRL - VIA BRECCE – 60025 LORETO (AN) - TEL. 071 974751 VIA E. MATTEI, 106 – 40138 BOLOGNA – TEL. 051 4592111

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GLI STUDENTI VERONESI PRIMI AI MONDIALI DI ROBOTICA

L'Idb Tech-No-Logic Team del Don Bosco

CAMPIONI DEL MONDO

GUARDA L’INTERVISTA

Otto liceali del Don Bosco, una lavatrice pensata per la quotidianità degli astronauti («ma va bene anche per la terra») e quella vittoria, per certi versi stellare, su altri 320mila studenti, alla First Lego League World Championship di Houston. Riconoscimento che poi ha avuto carattere anche territoriale: dal sindaco Sboarina i giovani inventori sono stati premiati il 16 maggio scorso, con il Premio Verona Network. Ad ispirarli un video di Samantha Cristoforetti nel quale l’astronauta confidava i suoi piccoli problemi pratici. Uno su tutti? Fare il bucato in assenza di gravità.

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A CURA DI MIRYAM SCANDOLA

EMIT. SI CHIAMA COSì IL FRUTTO delle loro fatiche pomeridiane ed extracurriculari. In sostanza, un apparato per pulire tessuti in contesti in cui usare l’acqua risulta se non impossibile, abbastanza improponibile. La biancheria in dotazione alle navicelle spaziali, infatti, come possiamo immaginare, è limitata e nessuna scorta idrica può essere sprecata. L’idea dei giovani, futuri ingegneri è quella di utilizzare tessuti innovativi che il macchinario di loro invenzione può disfare per poi intrecciare di nuovo alla fine del processo di pulizia, senza utilizzare l’acqua. Immediata sorge la domanda, altrettanto veloce la risposta «si può usare anche sulla terra ed è molto sostenibile: riduce l’impatto ambientale degli abiti usa e getta, utilizzati in stabilimenti alimentari e ospedali» ci spiega 6

Beatrice mentre Maddalena tiene in mano il delicato apparecchio che “srotola” un tessuto, fa poi passare il filo attraverso una capsula pulente in grado di rimuovere lo sporco e, alla fine, cede il filamento ad un’altra macchina (questa è già in commercio, ndr) in modo che possa essere ricomposto nelle fattezze originarie oppure, grazie al programma informatico che la governa, assumere nuove vestibilità (da un paio di pantaloni si può ottenere una maglia all’occorrenza). Un procedimento che può suonare complicato ma che dura più o meno, tra scomposizione in fili e ricomposizione del tessuto, il tempo esatto di un bucato “terrestre”. Con assoluto risparmio sull’ammorbidente. Un prototipo che, lo scorso aprile, ha stupito la giuria americana di certo avvezza a invenzioni siderali, ma forse meno a idee di grande intelligenza


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Foto di Maurilio Boldrini

Il preside del Don Bosco e gli studenti ritirano il Premio di Verona Network dalle mani del sindaco Sboarina

domestica. Luca Zanetti, professore di informatica e referente del progetto, ha lavorato per tre anni con i ragazzi a questa competizione che li ha visti trionfare come prima squadra italiana nella storia della First Lego League: «il primo anno si sono qualificati per un torneo internazionale, l’anno dopo sono diventati campioni italiani e sono volati a Detroit dove hanno vinto il premio per la miglior presentazione scientifica, lo scorso aprile a Houston questo risultato eccezionale. I ragazzi si sono appassionati così tanto che dovevamo portarli via dall’aula di robotica: non volevano più uscire». L’ESPLORAZIONE SPAZIALE ERA IL TEMA al quale attenersi per l’edizione 2019. Alla First Lego League, ovvero la competizione che dal 1999 richiama negli Stati Uniti agguerriti studenti da tutto il mondo, i giovani veronesi hanno vinto in tutte le categorie: progetto scientifico, innovazione, programmazione, presentazione. E pure per il lavoro di squadra. Sì, perché 400 ore di lavoro insieme sono valse anche come balsamo per la loro amicizia. Per gli eventi ufficiali − come lo scorso 16 maggio quando sono stati premiati dal sindaco Sboarina e dall’associazione Verona Network con l’omonimo premio − indossano sempre le loro felpe rosse. Sopra portano come simbolica effigie, il nome del loro team: “iDB Tech-No-Logic”. Sono otto studenti di quarta superiore del liceo Don Bosco (sezione scientifico-tecnologica): tre

Il prototipo della lavatrice spaziale che funziona senz'acqua avvalendosi di un particolare procedimento di scomposizione del tessuto

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La vittoria a Houston lo scorso aprile

Il team al completo

ragazze (Beatrice Ligozzi, Camilla Salvagno, Maddalena Zuccato) e cinque ragazzi (Alessio Montignani, Filippo Oliosi, Paolo Venturini, Pietro Formenti e Pietro Fornalè). Tra loro le passioni sono varie: vanno dalla musica alla robotica, passando per l’informatica (uno di loro ha svolto l’alternanza scuola-lavoro al Cern di Ginevra) ma hanno trovato piena e completa sintesi in Wemit, la lavatrice spaziale che li ha fatti atterrare sulle stelle (e strisce) degli USA. Una bella lezione per la scuola italiana con a “S” maiuscola, spesso accusata di mancare l’appuntamento con il futuro. L’Istituto Don Bosco ha intonato, con la vittoria oltreoceano, il suo controcanto: «L’innovazione può partire dai banchi di scuola. Contiamo di continuare a lavorare sulla robotica, rafforzandola e creando un progetto specifico che si sta aprendo con diverse opportunità di collaborazione proprio sul territorio, con le aziende» spiega il preside dell’Istituto Michele Lauriola. Ora, per questi ragazzi i sogni si intersecano: il primo in ordine di tempo, si compirà il 30 giugno in California all’appuntamento con il Global Innovation Award visto che, in parallelo con la sfida di Houston, sono pure finiti nel novero dei venti migliori progetti scientifici mondiali. Sotto il sole americano si confronteranno con 19 squadre di avversari per ottenere il podio e i 20mila dollari che ne conseguono. Da lì tutto comincerà: il brevetto, gli sponsor, la realizzazione di quella lavatrice nata tra i banchi di scuola che, forse, un giorno useremo tutti.■ 9


L’INVENZIONE DEGLI ALUNNI DELLA LESSINIA

CIASPOLE SPAZIALI (NEL VERO SENSO DELLA PAROLA) Un gruppo di ragazzi delle scuole medie dell’Istituto Comprensivo di Bosco Chiesanuova ha ideato, nell’ambito della competizione First Lego League, il prototipo di una suola elettromagnetica che permetterebbe agli astronauti di camminare in assenza di gravità. Il progetto è stato premiato anche dall’Agenzia Spaziale Italiana.

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A CURA DI MATTEO BELLAMOLI

A STRADA VERSO LO SPAZIO È INIZIATA. Lo scorso 21 maggio, a Roma, il Team MyColLego, formato da ragazzi di seconda e terza media dell’Istituto Comprensivo di Bosco Chiesanuova, ha ricevuto il premio Oltre la Robotica dal Ministero Istruzione Università e Ricerca e dall’Agenzia Spaziale Italiana. Un riconoscimento che si va ad aggiungere alla vittoria nella fase regionale del First Lego League Into Orbit 2018-2019, a Reggio Emilia, e al terzo posto alla finale nazionale di Rovereto. Ma andiamo con ordine. Grazie ad Alessio Perpolli, dirigente scolastico dell’Istituto di Bosco Chiesanuova da sempre al passo con la scuola digitale e l’innovazione tecnologica, e alla determinazione di Emanuele Milani, professore di Tecnologia, cinque anni fa è nato il Team MyColLego. Si tratta di un gruppo che unisce di anno in anno nuovi studenti per partecipare al First Lego League, una competizione internazionale che promuove scienza e robotica. Dopo

svariati tentativi, l’edizione 2018-2019 collegata ai temi dell’esplorazione spaziale dal titolo “Into Orbit” (trad: “In orbita”), ha visto il team di Roverè Veronese conquistare la fase regionale e classificarsi terzo a quella nazionale. Oltre all’ottima prestazione nelle selezioni di robotica, nelle quali i ragazzi devono destreggiarsi cercando di far risolvere delle missioni a dei robot da loro ideati e programmati, il Team MyColLego è andato oltre, e ha presentato un progetto scientifico, previsto dal regolamento di First Lego League, davvero innovativo. Si chiama “Chaspy” e mutua il proprio nome dalla “ciaspola” che in Lessinia identifica non solo uno strumento noto a tutti, ma anche un tassello dell’identità culturale di montagna. Chaspy è una suola che, grazie ad un sistema di dieci sensori elettromagnetici e un circuito interno alimentato a batterie al litio, è in grado di essere agganciata alle scarpe degli astronauti per consentire loro di camminare normalmente anche in assenza di gravità. Sembra incredibile ma, forse, nessuno ancora ci aveva ancora pensato. I ragazzi hanno già sviluppato tre prototipi, l’ultimo con la supervisione e la collaborazione del Calzaturificio Gaibana che, a sua volta, aveva realizzato per l’ESA (European Space Agency) delle scarpe apposite per gli astronauti. Importante anche la collaborazione della Satcom Ground Station F14 NCIA della NATO, meglio nota come la base di Lughezzano, coordinata dal Comandante Tenente Colonnello dell’Aeronautica Militare Christian Bisson. È proprio questo incredibile progetto che qualche giorno fa ha ricevuto il premio a Roma, suscitando l’interesse e la curiosità dell’intera Agenzia Spaziale Italiana. “CHASPY”, OLTRE ALLE ELETTROCALAMITE, è dotata di un sensore nella parte posteriore che rileva l’avvicinarsi del piede alla superficie. Quando la suola si trova a tre centimetri e mezzo dalla parete calpestabile, si attiva il circuito che aumenta gradualmente l’effetto magnetico. Secondo i ragazzi di MyColLego

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First Lego League, in breve È una sfida mondiale di scienza e robotica tra squadre di ragazzi dai 9 ai 16 anni. Gli studenti devono progettare, costruire e programmare dei robot autonomi facendo in modo che questi possano risolvere dei problemi collegati a temi di interesse generale. Oltre alla sfida con i robot, First Lego League premia anche il progetto scientifico che ciascuna squadra presenta alle fasi eliminatorie. È in questo ambito che la squadra MyColLego ha presentato “Chaspy”, il prototipo di suola elettromagnetica. Gli studenti ricevono il premio dal Ministero Istruzione Università e Ricerca e dall' ASI

questa suola potrebbe essere utilizzata in assenza di peso per allenare i muscoli o per le operazioni all’esterno della stazione spaziale, ma potrebbe avere applicazioni anche sulla terra in ambito marittimo o in cantieristica. Ora, dopo il terzo posto al First Lego League Italia, il team di Roverè Veronese potrà partecipare alla fase mondiale Open International Award che si svolgerà a Byblos, in Libano. Un sogno che ha risvegliato l’orgoglio e la passione di un intero territorio intorno all’importante e fondamentale opera dell’educazione innovativa. Il viaggio per il Libano è costoso, e l’Istituto Com-

prensivo di Bosco Chiesanuova, come ogni scuola pubblica, non può contare su fondi illimitati. «Siamo l’unica scuola statale che è arrivata così in alto» ha ricordato il Dirigente Scolastico, «ma per consentire ai ragazzi di proseguire il loro sogno, abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti». Roverè Veronese ha dimostrato il valore delle comunità di montagna con sponsor, donazioni e iniziative organizzate dai ragazzi e dalle loro famiglie e la squadra ha quasi raggiunto l’obiettivo. Manca lo sprint finale, al quale chiunque può contribuire per consentire di continuare il viaggio verso la luna.■

SI CHIAMA “CHASPY” E MUTUA IL PROPRIO NOME DALLA “CIASPOLA”. SI TRATTA DI UNA SUOLA CHE, GRAZIE AD UN SISTEMA DI DIECI SENSORI ELETTROMAGNETICI E UN CIRCUITO INTERNO ALIMENTATO A BATTERIE AL LITIO, È IN GRADO DI ESSERE AGGANCIATA ALLE SCARPE DEGLI ASTRONAUTI PER CONSENTIRE LORO DI CAMMINARE NORMALMENTE ANCHE IN ASSENZA DI GRAVITÀ SPAZIO PUBBLICITARIO

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IL PREMIO IMPRESA DI VERONA NETWORK Foto di Maurilio Boldrini

A sinistra Cristina Pozzi, a destra il collega Thomas Ducato ritira il Premio Verona Network da Paolo Gesa

CRISTINA POZZI E LE PROVE PER UN FUTURO (ETICO)

GUARDA L’INTERVISTA

Per l’impegno nel far conoscere le implicazioni etiche e sociali che le tecnologie del futuro hanno e avranno sulla società, il Premio Impresa di Verona Network, lo scorso 16 maggio in Camera di Commercio, è stato assegnato a Cristina Pozzi. Imprenditrice e divulgatrice delle tecnologie future emergenti, con il collega Andrea Dusi ha fondato Impactscool, impresa per la quale insegna a studenti e aziende come affrontare le sfide del domani con consapevolezza e metodo etico. A CURA DI REDAZIONE

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on è di certo il primo riconoscimento che Cristina riceve. A marzo è stata scelta dal World Economic Forum come Young Global Leader 2019 (unica per l’Italia). Il 16 maggio, alla cerimonia di Verona Network, non ha potuto presenziare, proprio per i numerosi impegni che affollano le sue giornate dopo il riconoscimento internazionale. Ha ritirato il premio per lei il collega Thomas Ducato. Unica italiana dopo 5 anni a essere nominata Young Global Leader 2019: cosa significa questo titolo per lei, quali responsabilità e quale percorso la aspetta? Questo titolo è una grande opportunità che mi viene data da un’organizzazione no profit internazionale che mi permette di entrare in contatto e lavorare insieme con persone straordinarie. Insieme a me sono state nominate altre 100 persone per affrontare un percorso che dura all’in-

circa cinque anni. Da tutto ciò potranno nascere opportunità di ulteriore crescita e, perché no, anche nuovi progetti da attuare nelle università di tutto il mondo. La responsabilità ovviamente è enorme: cogliere al meglio questa grandissima occasione. Nel suo biglietto da visita si definisce future maker. Che cosa fa nella vita di tutti i giorni un leader del futuro? Un future maker è qualcuno che non solo ha fatto del futuro il proprio lavoro giornaliero e della riflessione sul futuro la propria attività principale, ma soprattutto usa questa riflessione per creare futuri possibili sulla base di ragionamenti, fatti sì con un po’ di immaginazione ma partendo dal presente. Ed è proprio ciò che fa Impactscool. L’obiettivo è portare informazione sulle nuove tecnologie emergenti, come intelligenza artificiale, robotica, nanotecnologie.■ 12


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IL PREMIO ENTE PUBBLICO DI VERONA NETWORK Foto di Maurilio Boldrini

A sinistra Flavio Pasini sindaco di Nogara, a destra il Prefetto di Verona Donato Giovanni Cafagna

IL COMUNE DI NOGARA E IL SUO PROGETTO CHE CREA VERA OCCUPAZIONE

GUARDA L’INTERVISTA

Per l’impegno nel generare opportunità lavorative per i giovani sul suolo comunale, il Premio Ente Pubblico di Verona Network è stato assegnato al sindaco di Nogara Flavio Pasini. A CURA DI REDAZIONE

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l progetto Sei nel posto giusto – Aziende, Scuola e Lavoro si incontrano a Nogara, ideato dall’amministrazione comunale e dall’azienda Ball Packaging Italia, giunto alla seconda edizione, ha favorito con incontri e open day il dialogo tra le imprese del territorio, la cittadinanza, le famiglie e le scuole sui temi del lavoro e della formazione, ottenendo grande partecipazione e ottimi risultati. Il sindaco Pasini ha ricevuto il premio dalle mani del Prefetto di Verona Donato Giovanni Cafagna. Sindaco, per fare un gioco di parole con il titolo del vostro progetto: Nogara è davvero il posto in cui bisogna essere… (ride, ndr) Questo progetto si chiama Sei nel posto giusto e in effetti cerchiamo che lo sia. Abbiamo la fortuna di vivere in un territorio in cui ci sono parecchie realtà produttive, che ringrazio per aver creduto nel progetto. Vogliamo che i giovani scelgano di rimanere nel territorio dove sono nati perché ci troviamo in un territorio molto bello, ed è importante che i ragazzi trovino soddisfazione nel lavoro senza doversi spostare eccessivamente. Il bello del nostro progetto, Sei nel posto giusto, è che alla fine si trova davvero lavoro.

Nel consegnarle il premio, il Prefetto ha spiegato il ruolo delle amministrazioni che possono essere “lievito” anche occupazionale del territorio… Sicuramente il nostro ruolo sta mutando, così come sta mutando la società. I cittadini vedono in noi sindaci un riferimento e noi non possiamo disattendere questa fiducia. Mi fa doppiamente piacere aver ricevuto questo premio dalle mani del Prefetto, che è il nostro intermediario con lo Stato. Alla fine, noi sindaci siamo l’ultimo gradino della scala e, come tale, abbiamo il privilegio di essere vicini tutti i giorni alle famiglie e ai nostri concittadini.■

GUARDA L’INTERVISTA AL PREFETTO

Il Prefetto: «Le amministrazioni siano lievito per il territorio» «Le amministrazioni locali hanno un ruolo molto importante, i sindaci in particolare: rappresentano il territorio e sono quelli che hanno una maggiore sensibilità sulle esigenze del territorio. − spiega il Prefetto Cafagna − Il progetto che ha lanciato l’amministrazione comunale di Nogara va proprio nella direzione giusta, quella di mettere insieme mondo della scuola e imprese facendole dialogare, perché solo attraverso questo dialogo è possibile produrre occupazione e dare opportunità ai giovani: è la strada che dobbiamo seguire».

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IL PREMIO ASSOCIAZIONE DI VERONA NETWORK Foto di Maurilio Boldrini

A sinistra Don Martino Signoretto, a destra Marco Ottocento

PIÙ DI UN SOGNO RAGGIUNTO

GUARDA L’INTERVISTA

Per l’impegno profuso con la Fondazione Più di un sogno, il Premio Associazione è stato assegnato a Marco Ottocento. Imprenditore sociale dal 1996, nel 2007 ha fondato la realtà che si rivolge a persone con sindrome di Down; ad oggi il gruppo si dedica a circa 100 persone con disabilità intellettiva. A CURA DI REDAZIONE

N

el 2016 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha conferito a Marco Ottocento l’onorificenza al Merito della Repubblica Italiana. Più di un sogno è il nome della sua associazione e di sogni finora ne avete collezionati tanti. Qual è stato il primo, quello che vi ha fatto nascere? Siamo partiti per dare concretezza ai sogni di ragazzi fragili. Abbiamo tanti sogni, il più importante è cercare di coinvolgere la comunità andando oltre l’esperienza di inclusione sociale dei nostri ragazzi perché se prepariamo i ragazzi ma le comunità non sono pronte, è un grosso problema. E le prime comunità da coinvolgere sono le imprese. Serve creare cultura… Fare cultura è molto importante. È un processo molto lungo. Noi siamo convinti di avere un

vantaggio “competitivo” come genitori di ragazzi fragili: poter portare un messaggio facilmente comprensibile. Qualcuno può dire che è una sfortuna essere genitori di ragazzi disabili, io invece credo sia una grande fortuna proprio per lavorare in prima fila sulla cultura. Per il suo impegno con Fondazione Più di un sogno ha avuto un riconoscimento importante anche dal Presidente Sergio Mattarella… Sì, due anni fa ed è stata una cosa davvero grande. Il Presidente ci ha detto: «Siete all’inizio. Non pensiate di ritirare un premio perché siete arrivati a un certo traguardo, ma si tratta di un premio per stimolarvi ad andare avanti». Credo che il riconoscimento di oggi sia per i prossimi anni: ci stiamo evolvendo, stiamo cambiando paradigma, stiamo arrivando non più solo sui ragazzi e le loro famiglie ma sulla comunità. Continuate a seguirci perché nei prossimi tre anni faremo qualcosa di molto importante.■ 16


PAGINA INTERA

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IL PREMIO VERONESI PROTAGONISTI DI VERONA NETWORK Foto di Maurilio Boldrini

A sinistra Filippo Rando assessore allo Sport , a destra Valentina Boni

LEI, LA CAPITANA

GUARDA L’INTERVISTA

Per la lunga militanza e i successi nel mondo del calcio femminile, il Premio Veronesi Protagonisti è stato assegnato a Valentina Boni. A CURA DI REDAZIONE

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lasse ’83, centrocampista e capitano del ChievoVerona Valpo, ha conquistato quattro scudetti, quattro Coppe Italia e quattro Supercoppe; tra il 2001 e il 2008 ha partecipato alla fase finale del campionato europeo di Inghilterra 2005 indossando la maglia della Nazionale. Il 16 maggio, le ha consegnato il premio Filippo Rando, assessore dello Sport del Comune di Verona. Tenacia e determinazione sono le parole che meglio la descrivono. In campo che capitano è? Mi sono sempre detta che un capitano deve dare per prima cosa l’esempio, dare il meglio e fare il massimo. E se questo è stato apprezzato, mi fa piacere e spero che sarà così anche per i capitani che verranno.

ma meritata. Tra un po’ inizieremo a pensare a quello che sarà il futuro e agli obiettivi prossimi. Lei e le sue ragazze siete delle leonesse del calcio femminile. Un calcio che sembra un po’ bistrattato rispetto al maschile, negli anni scorsi almeno. In questo periodo sta trovando il giusto spazio? Fortunatamente sì. Sta crescendo tanto anche grazie alle società maschili che stanno investendo sul calcio femminile: è un calcio bello, divertente, fisicamente diverso da quello maschile ma non per questo meno emozionante. Far conoscere il calcio femminile e andare a vederlo è importante per far capire cosa facciamo per esso e quanta passione ci mettiamo dentro, ogni giorno.■

Quali sono i vostri sogni nel cassetto da giocare, ovviamente, tra due porte? Adesso ci godiamo questa salvezza, difficile 18


IL PREMIO SPECIALE ALLA CARRIERA DI VERONA NETWORK Foto di Maurilio Boldrini

A sinistra Alberto Cristani di SportdiPiù, a destra Sergio Pellissier

PELLISSIER, IL CHIEVO E QUELL’AMORE CHE NON FINISCE MAI

GUARDA L’INTERVISTA

Durante la serata in Camera di Commercio, il 16 maggio, è stato assegnato anche un Premio Speciale alla Carriera al giocatore e capitano del ChievoVerona Sergio Pellissier. A CURA DI REDAZIONE

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lasse ’79, 112 reti segnate nel massimo campionato, è il marcatore più prolifico del derby di Verona. Lo scorso 10 maggio ha annunciato il ritiro al termine della stagione 2018-2019, abbandonando il calcio giocato all’età di 40 anni. Ora dal campo passa alla scrivania: sarà il diesse del club clivense. Calciatore, capitano, presidente (ipotetico e sognato) e poi la notizia della nuova carica a direttore sportivo. L’addio con le lacrime di tutti la domenica di Chievo-Sampdoria si è fatto sostituire dalla notizia ufficiale della sua nomina, dopo il saluto del ds Giancarlo Romairone. Ora a Sergio Pellissier spetta il compito più difficile, quello di comporre la squadra per il ritorno in Serie A.

Lacrime e mille emozioni per la partita contro la Sampdoria, l’ultima che ha giocato in campo… Ho sempre rimandato il più possibile ma credo che questo sia il momento giusto. Ho dato tanto e il calcio giocato mi ha dato tanto, ma è ora di andare in pensione. È stata la mia vita per 22 anni per cui continuare con altre vesti non può che essere fantastico. L’amore con il Chievo è sempre stato un amore corrisposto, dal ritiro della maglia 31 fino alla recente nomina. Campedelli è stato l’ultimo a credere in me fino alla fine, l’ultimo che ha cercato di convincermi a rimanere e uno dei primi a sapere della mia decisione con settimane di anticipo.■ 19


100 NUMERI, MIGLIAIA Foto di Maurilio Boldrini

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La nostra redazione, nella pagina accanto le autorità e alcuni volti delle copertine del magazine presenti alla festa

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l 16 maggio in Camera di Commercio, durante la cerimonia di premiazione di Verona Network, c’è stato molto altro da festeggiare. In primis, il traguardo di Pantheon.11 anni di presenza sul territorio, 100 numeri, infinite storie contenute tra pagine riempite da tentativi sempre, nei loro limiti, accordati ad una profonda passione. Al nostro compleanno c’erano tutti: lettori, amici, personaggi (letteralmente da copertina) e autorità. Il grazie più grande che possiamo formulare è quello rivolto a voi, che state leggendo queste righe, che ci regalate il vostro tempo prezioso e che, così facendo, ci permettete di esistere. Perché, come disse lo scrittore e saggista Luigi Bernardi, «Essere capaci di realizzare una buona rivista non è difficile. Difficile è mantenere la qualità, il tono: trovare numero dopo numero i collaboratori adeguati, quelli capaci di scrivere nella giusta via di mezzo fra le loro pretese e quelle delle pagine che li ospitano. Perché è di questo che alla fine si tratta: di saper mediare fra la morte del sé e la fine del mondo».■


Foto di Maurilio Boldrini

DI STORIE GRAZIE A VOI

GUARDA IL VIDEO

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PIER FRANCESCO NOCINI, RITRATTO DEL NUOVO RETTORE

Nocini nel suo studio

IL «CAPITANO» CHE GUIDERÀ L’UNIVERSITÀ

GUARDA L’INTERVISTA

Un capitano. È così che si definisce Pier Francesco Nocini, neo eletto rettore dell’università di Verona. All’indomani delle elezioni, che lo hanno visto vincitore su Carlo Combi, il direttore dell’unità operativa complessa di chirurgia maxillo-facciale e odontoiatria dell’Azienda Ospedaliera Universitaria integrata ci concede un’intervista all’interno del suo studio.

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HI SE LO IMMAGINA ASETTICO ED ESSENZIALE, come si addice ad un uomo di scienza, si deve ricredere. Lo studio del professor Nocini è un vero e proprio museo di ricordi. «C’è un po' di tutto e mi piace perché mi sembra di essere a casa, dato che vivo di più qua», rivela guardandosi attorno. Ogni oggetto è legato ad un paziente che ha avuto in cura, ma ci sono anche fotografie della sua famiglia: del papà Sinibaldo, medico cardiologo, e del figlio Riccardo. Ad ogni giornalista che gli chiede come sarà d’ora in poi il suo mandato, sottolinea continuamente l’importanza di rimettere le persone al centro in una gestione che deve privilegiare l’uguaglianza sociale, l’entusiasmo e la velocità di esecuzione. Il tempo è una caratteristica fondamentale nella vita professionale di Nocini, che dal 1983 ha svolto circa 24mila interventi, alcuni dei quali mai realizzati prima al mondo. «Un chirurgo ha i tempi chiari per risolvere i problemi con i pazienti, l’università ha dei tempi che devono essere paragonati a questi: chiari, veloci e risolutivi, senza por-

tare a lungaggini che non servono a nulla». E questa sua attenzione per le tempistiche l’ha portato ad avvicinarsi a sport quali il motociclismo e l’automobilismo. «Sono appassionato di tutto ciò che corre», ammette mentre ci mostra alcune fotografie appese alla parete. Una ritrae Marco Simoncelli (di cui ha curato la nonna per 12 anni) e un’altra Valentino Rossi con dedica personale. Dietro alla scrivania non mancano modellini di macchine, conchiglie, tanti piccoli oggetti e peluche. «Sono i ricordi dei bambini. Tanti ne mancano perché a qualcuno gliel’ho ridato. Avevo un po' paura. Noi medici non dobbiamo farci coinvolgere perché poi si rischia di non essere all’altezza, ma non ci riesco sempre». TRA I PERSONAGGI FAMOSI che ha curato c’è anche Pietro Aradori, capitano della nazionale di basket, di cui conserva la maglia. Ci tiene però a precisare che «siamo al servizio di tutti, anche delle persone più umili, come siamo tantissimi di noi. Perciò ritengo che un medico 22

A CURA DI ERIKA PRANDI


debba dare il massimo sempre». Poi, continua: «Ognuno ha il suo carattere, il suo modo di vivere, non puoi pensare che siano tutti uguali, sei tu che ti devi plasmare con i pazienti. Bisogna capire la loro paura. E, questa, penso possa essere la chiave del mio successo: capire la sofferenza delle persone». Un’umanità vera, sincera, di un uomo che ha sempre dato il massimo per ridare speranza a migliaia di donne e uomini, oltre che a bambini. Di una conserva ancora la mandibola. È stata un’operazione unica e rara, mai eseguita prima da nessun chirurgo al mondo. Quella bimba ora è diventata una donna e madre di due bambini. Della sua equipe di quattro allievi «bravissimi» lui è il capitano (giusto per rifarci ad una metafora sportiva) e come tale vorrebbe esserlo anche

ora che sarà alla guida dell’università: «I tempi sono cambiati. Il gioco che dovrà fare questa squadra sarà diverso. Dovremo essere tutti molto sereni e non ragionare con la pancia». Il professor Nocini ci tiene a precisare quanto la serenità d’animo sia importante: «È il punto chiave con cui ho unito tutte le persone. Non bisogna litigare ma discutere. A volte il confronto può essere anche acceso ma quando è libero e non condizionato porta sempre vantaggio». Anche se la sua attività in sala operatoria diminuirà «i pazienti che avranno veramente bisogno non li dimentico e non li potrò abbandonare», rassicura. Alla città di Verona chiede che «ci stia vicina» e se c’è un modo per cambiare, rispetto al passato, non ha dubbi: «L’università deve riprendere velocità».■

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DUE PAROLE CON LINO GUANCIALE

SUL PALCO TRA PARADISI POLITICI E PRECARIATO ESISTENZIALE

Foto di Achille Le Pera

La sua storia d’amore con il teatro continua nonostante la celebrità. Lui è Lino Guanciale, uno dei più amati attori del momento. L’abbiamo raggiunto a Ferrara dove ha portato il suo spettacolo La classe operaia va in paradiso.

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ALENTO, CARISMA, cultura, fascino, sensibilità artistica e una forte coscienza politica e sociale si fondono nella sua personalità. L’artista si racconta dopo essere andato in scena al Teatro Comunale di Ferrara con lo spettacolo La classe operaia va in paradiso, produzione di Emilia Romagna Teatro Fondazione, una rivisitazione del film di Elio Petri (1971), tanto potente quanto attuale.

vorato sulla colonna sonora di Morricone e sulla rilettura dell’inverno di Vivaldi, perché il regista ha ritenuto che la musica barocca potesse riprodurre il suono delle macchine. Con questo progetto abbiamo realizzato un sogno: non uno spettacolo normale, ma un cantiere aperto su quel che è stato e quello che è oggi. Un invito a riflettere su come un’opera così possa essere straordinariamente attuale.

Com’è nata la scelta di portare sul palco questo spettacolo? L’idea è stata mia. È sedici anni che lavoro con il regista Claudio Longhi, direttore di Emilia Romagna Teatro Fondazione – Teatro Nazionale. Con lui c’è un sodalizio artistico e umano molto forte. Da tempo accarezzavamo l’idea di portare sul palcoscenico un classico del cinema, per questo, cercando una pellicola che affrontasse il tema del lavoro, abbiamo pensato a La classe operaia va in paradiso. Un’idea un po’ folle perché si tratta di un film all’epoca aspramente criticato. Un progetto ambizioso, sposato dall’intera compagnia. Il testo è stato smontato, rimontato, ricostruito con arrangiamenti narrativi e accompagnamenti musicali (canzoni dell’epoca con strofe nuove scritte da me). Il polistrumentista della compagnia ha la-

L’uomo è sempre immerso nel fare, nel produrre. Spesso perde di vista i valori ma continua ostinato la sua corsa, ritrovandosi solo e sofferente. Qual è una soluzione a questa voragine? La soluzione è difficile da trovare. Il film racconta una soluzione politica. Solo alla fine, in questa nebbia di solitudine, il protagonista Lulù Massa si trova finalmente insieme a tante altre persone. Con loro sfonda il muro per occupare il Paradiso. Non si sa bene cosa rappresenti questo luogo, sicuramente un forte richiamo alle forze progressiste dell’epoca per cercare di immaginare un paese migliore, più giusto. Una condizione molto simile ai giorni d’oggi, perché è vero che non esiste più il cottimo, ma la situazione delle formule contrattuali è davvero precaria. I giovani che hanno visto lo 24

A CURA DI VALENTINA BAZZANI


spettacolo si sono rivisti in questa alienazione. Molti lavoratori in questo momento vivono il precariato esistenziale, la solitudine e la lotta alla sopravvivenza. Dopo il pushing della società consumistica che ha usato il rimbambimento pubblicitario, ipnotizzando le famiglie davanti alla luce blu del televisore, oggi siamo stregati dalla luce bianca degli smartphone. Ci siamo persi dietro quest’illusione di benessere, ritrovandoci a correre sempre più soli. Ora più che mai sarebbe necessario e urgente che i tanti lavoratori sfruttati, molti di più del tempo del film, si mettessero insieme. Cosa rappresenta per lei il teatro? Il teatro per me rappresenta la possibilità di parlare di cose, anche molto complesse, con un linguaggio che può includere tutto. In questo spettacolo compaiono vari registri: si canta, si ride, ci sono scene di massa, interazione con il pubblico, monologhi. Tre ore per dare allo spettatore ogni chiave possibile per entrare in questo gioco. Il teatro deve fare questo: uno spettacolo può essere popolare ma al contempo ambizioso. Gli altri strumenti come il cinema e la tv possono fare molto, ma nulla come il contatto diretto con lo spettatore può avere la stessa forza. Questo è il motivo per cui non ho mai smesso di farlo. Progetti futuri? Ce ne sono molti nei prossimi mesi, anche se non posso dire molto. Il commissario Cagliostro torna, il regista sta lavorando al gran finale di

stagione. Il documentario su L’Aquila e il lavoro con UNHCR invece sono strumenti del mezzo televisivo che vorrei intraprendere sempre di più. Chi è oggi Lino Guanciale? Ho quarant’anni, un’età che impone dei bilanci (sorride, ndr). Sono molto contento di quello che ho fatto. Se da una parte sono un attore che lavora a diversi progetti televisivi sulle reti nazionali, dall’altro sono riconosciuto anche a teatro. In questi ultimi periodi ho ricevuto due premi importanti per questo spettacolo, tra cui il Premio UBU. Mi piace definirmi un attore ponte: come molti altri colleghi della mia generazione lego mondi che fino a qualche anno fa erano lontani. Sono fiero di aver contribuito a scardinare certi meccanismi, facendo comprendere che sono steccati poco sensati. Cerco di fare in modo che a teatro ci vada più gente possibile.■

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DIVORZIO GIUDIZIALE COME FUNZIONA IL PROCEDIMENTO Il divorzio giudiziale si avvia quando i coniugi non trovano un accordo sulle condizioni di divorzio, o quando una delle parti rifiuti di concederlo. I punti che spesso creano disaccordi sono l'importo dell'assegno divorzile di mantenimento, l'assegnazione della casa familiare, la divisione dei beni e l'affidamento dei figli. Competente è il Tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi, o in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Quando è congiunta, la domanda può essere proposta al Tribunale del luogo di residenza o domicilio dell'uno o dell'altro coniuge (legge 898/1970, art. 4). I tempi del divorzio giudiziale sono più lunghi rispetto a quelli di un divorzio consensuale o congiunto, che normalmente richiede pochi mesi. Il divorzio è stato introdotto dalla legge 898/1970, che fa riferimento alla separazione dei coniugi che duri senza interruzioni da almeno 12 mesi, Il Notaio Mario Sartori di Grezzana, iscritto al Collegio Notarile di Verona, grazie all'esperienza conseguita negli anni di attività può consigliare la procedura migliore per una sistemazione

patrimoniale tra gli ex coniugi con massima professionalità e competenza. in caso di separazione legale, o da almeno 6 mesi, in caso di separazione consensuale. Il giudice pronuncia con sentenza lo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Tale pronuncia ha diversi effetti: prima di tutto, la moglie perde il cognome del marito, ma il Tribunale può autorizzarla a mantenerlo in presenza di un interesse meritevole di tutela. Il Tribunale può disporre l'obbligo di un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno, quando quest'ultimo non disponga di sufficienti mezzi per il proprio sostentamento. L'obbligo cessa nel caso in cui il coniuge passi a nuove nozze. Dal punto di vista successorio, i coniugi perdono ogni diritto ereditario, diritti che invece permangono durante la separazione personale. Nella sentenza potrà essere stabilito l'obbligo per un coniuge di trasferire la proprietà di beni a favore dell'altro o dei figli. La Cassazione ha confermato che tali trasferimenti sono esenti da imposte e tasse. Queste modalità sono

preferibili ad altri atti di cessione gratuita di beni perché superano le problematiche dei trasferimenti immobiliari per donazione e per atto a titolo gratuito. Ci si chiede se il trasferimento posto in essere in esecuzione della sentenza di divorzio prima del decorso dei cinque anni dall'acquisto con le agevolazioni prima casa, comporti la decadenza delle agevolazioni. Il fisco sostiene la tesi della decadenza, a differenza dei Atributari che danno rilievo alle caratteristiche sopravvenute ed eccezionali dell’evento. Il Notaio Mario Sartori di Grezzana, iscritto al Collegio Notarile di Verona, grazie all'esperienza conseguita negli anni di attività può consigliare la procedura migliore per una sistemazione patrimoniale tra gli ex coniugi con massima professionalità e competenza.


A TU PER TU CON PAOLA TURCI

TROVO IL MIO EQUILIBRIO SOLO SE SENTO LE VERTIGINI Questo titolo è un pezzo di Viva da morire, il suo ultimo album. Abbiamo raggiunto telefonicamente Paola Turci poco prima del suo concerto speciale al Festival della Bellezza (primo giugno, Teatro Romano di Verona). Abbiamo avuto modo di ripercorrere con l’artista il suo storico, tra ostacoli e successi, straordinario percorso. Viva da morire è il suo quindicesimo album. Dentro troviamo una scrittura diretta e più immediata rispetto ad alcuni suoi lavori precedenti. Dobbiamo considerarlo un nuovo percorso o un semplice fuoripista? Può essere entrambe le cose. Ci può però anche essere una terza via. È un disco emotivo, un disco nato inaspettatamente, nato dall’istinto. Si è scritto una canzone dietro l’altra, non è di certo un disco concettuale. Mi sono

lasciata emozionare e trasportare un po’ da quello che queste storie raccontano sentendomi molto interprete in questo disco. Nel disco c’è una canzone La vita copiata in bella, guardandosi indietro se avesse possibilità riscriverebbe la sua vita o la lascerebbe in brutta copia? Se avessi la possibilità, ma è impossibile! Non sono per i sogni che non si realizzano, se si 26

A CURA DI TOMMASO STANIZZI


realizzano allora li esprimo. Certe cose certamente andrebbero riscritte meglio. La storia però si racconta tutta e non si può tornare a correggere qualcosa. La si racconta comprendendo gli sbagli perché ti aiutano ad arrivare dove volevi essere. A Verona il primo giugno ha tenuto un concerto speciale al Festival della Bellezza, un omaggio alle donne. Se le dico che la bellezza è direttamente proporzionale al tempo che le si dedica per cercarla, concorda? Sì, perché no! La bellezza è una questione di tempo. Non parliamo di bellezza come dote naturale. C’è anche quella, ma è un’altra cosa. La bellezza richiede tempo, probabilmente lo stesso tempo che richiede per vederla, per mostrarla e per goderne. La bellezza è una serie di elementi che ti portano alla consapevolezza.

debolezze sulle mie paure per smascherarle. Ho affrontato la paura di non essere amati, di non essere accettati avendo delle ragioni per sentirmi insicura. Ho proprio lavorato su di questo nel mio percorso. Da novembre un tour nei teatri. Dimensione intima per lei ed i suoi fan. A proposito del rapporto con loro, secondo lei, i social network aiutano a stringere questo legame o, in fin dei conti, lo rendono meno vero? No, a volte con i social si ha la possibilità di agire direttamente, di rispondersi e di comprendere attestando la propria presenza. Inoltre sono un grandissimo mezzo di informazione che ci permette di dare notizie in tempo reale appagando il rapporto ed il bisogno di sapere che hanno i fan.■

In questi ultimi anni ha fatto un grandissimo percorso artistico ed umano, avvicinando sempre di più la Paola Turci cantante alla Paola Turci donna. Ci sta forse suggerendo che non dobbiamo avere paura della paura stessa? Io ho cercato di lavorare sulla conquista della paura. Accettarla perché una volta accettata è molto meno presente, meno fastidiosa. In questi anni, il mio lavoro è stato andare verso la verità, la mia verità e verso me stessa. Capire e rendermi conto, lavorando sulle mie

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IL FUMETTISTA VERONESE SIMONE ALBRIGI

SIO E QUEL FUMETTO CHE RACCONTA LE MIGRAZIONI Youtube, i social network e la carta stampata sono il suo campo di battaglia, le strisce e i suoi pittoreschi personaggi l’arma con cui, negli anni, ha conquistato oltre due milioni di fan. Lui è Sio, al secolo Simone Albrigi, fumettista veronese dalla produzione camaleontica, capace di spaziare dall’ironia pura senza pretese, alla satira, arrivando ad abbracciare anche l’engagement nei confronti di un tema attuale come quello delle migrazioni nel suo nuovo libro, scritto insieme al fotografo e amico Nicola Bernardi, Storiemigranti.

N A CURA DI GIORGIA PRETI

IENTE AL MONDO È POTENTE quanto una storia ben raccontata. E no, non stiamo parlando di “fiction”, ma di storie vere, capaci di unire, generare empatia e far immedesimare chi le ascolta. Sio e Nicola Bernardi sono partiti da questa necessità, rendere coscienti i lettori usando il potere delle storie, quando hanno iniziato la loro avventura che li ha portati a scrivere Storiemigranti (Feltrinelli Comics, 2019), un libro a fumetti in cui vengono ritratte 32 persone, che per i più svariati

motivi hanno deciso di intraprendere un vero e proprio “viaggio della speranza” per arrivare in Europa. Un reportage partito nell’ottobre del 2018 e realizzato in una settimana passata in tre centri di accoglienza straordinaria della Cooperativa l’Ancora a Imperia, Vallecrosia e Bajardo, grazie all’aiuto dell’amico Andrea Zammataro: «L’anno scorso io e Nicola stavamo guardando impotenti quello che stava succedendo in mare: bloccare le navi con la gente sopra ci sembrava una cosa veramente orribile e disumana. – racconta Sio – Allora ci siamo chiesti: “Cosa possiamo fare?” E abbiamo deciso di fare quello che ci riesce meglio: raccontare storie. Conoscevamo questo amico che lavora alla Cooperativa l’Ancora, nei centri di accoglienza speciale per i migranti nell’imperiese, e abbiamo detto: “Raccontiamo le loro storie”». Violenze, guerre, famiglie distrutte e rimpianti, ma anche qualche barzelletta «perché qualcuno non aveva capito benissimo ciò che stavamo chiedendo» spiega ridendo Sio. Nelle pagine di Storiemigranti si può cogliere tutto questo e molto di più: l’essenza del dolore e la speranza di trovare una vita migliore nonostante tutto, lontano da casa. Qualcosa che raramente viene raccontato dai media e che aiuta a identificare i cosiddetti “immigrati”, “rifugiati” o “clandestini”, come persone vere, in carne e ossa, anche loro con qualcosa da raccontare. DUE, IN PARTICOLARE, GLI ELEMENTI che caratterizzano il libro: la fotografia e il fumetto («è così che nasce un “fometto”» svela ridendo Sio). Le storie, infatti, raccontate in due pagine ciascuna in forma di strisce, sono precedute dalle foto di chi le ha vissute e narrate, costituendo così per il lettore un primo contatto con la realtà, grazie all’occhio del fotografo Nicola Bernardi. Una commistione di due generi diversi, ma affini, che possono coinvolgere anche tchi fa fatica ad ascoltare: «Credo che questa forma sia un’idea adatta ai tempi attuali: c’è molta gente che legge sempre meno e per farli leggere bisogna ingannarli con delle immagini, quindi

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il fumetto è un’idea che funziona bene. E per me è molto più efficace di tantissimi altri metodi perché si possono raggiungere più persone e, soprattutto, anche i più giovani» racconta Sio, che insieme a Nik (come lo chiama lui), ha raccolto più di 50 testimonianze restando per una settimana «in mezzo alle sale dei centri di accoglienza dicendo: “Se avete voglia di chiacchierare noi siamo qua”». Eppure il libro, uscito solo il 9 maggio scorso e presentato nella Feltrinelli di via Quattro Spade il 14 maggio, non è l’unico pensiero per il fumettista veronese, che in questi ultimi mesi si è immerso nel ruolo di papà. Un impegno (felicemente) a tempo pieno che ha segnato un rallentamento nella produzione artistica di Sio, il quale proprio lo scorso gennaio, a pochi giorni dalla nascita del figlio (il 10 gennaio, ndr), aveva annunciato di volersi prendere tre mesi di “paternità”: «Ci vorrebbero dei mesi obbligatori per le mamme e per i papà, coperti dallo Stato, per entrambi. – ci spiega Sio – Sono mesi che servono al bambino ed è fondamentale che ci sia sempre qualcuno vicino fisicamente. Quando nasce un bambino già essere in due è difficilissimo. Quello che si chiede di fare ogni giorno alle mamme, da sole, è letteralmente impossibile». E poco male se il periodo di riposo è ormai finito: «Sto ristrutturando il mio lavoro: magari inizio più presto la mattina, finisco alle 16 e poi ho tempo per restare insieme alla mia famiglia. Ho ricominciato ad andare in giro per l’Italia per le fiere, ma preferisco stare a casa con mio figlio e mi avvalgo un po’ di più dell’aiuto dei miei collaboratori. Inoltre il 30 maggio è finalmente uscito il mio primo progetto gigantesco a cui stavamo lavorando dal 2014, il videogioco Super Cane Magico 0. Poi sto lavorando ai nuovi numeri di Scottecs Magazine, una storia per Topolino e un paio di idee grosse che mi sono venute: questa pausa me ne ha fatte venire un po’ troppe…devo darmi una calmata (ride, ndr)».■

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IL PROGETTO SUDDENLY HOME, IN BREVE

LA PICCOLA, IMPROVVISA RIVOLUZIONE DEL “FARE INSIEME” Laboratori dedicati a realizzare tavoli e sedie, favorendo relazioni tra richiedenti asilo, studenti e cittadini. È l’anima del progetto di socializzazione e integrazione tra generazioni Suddenly ...home! che unisce le città di Rovereto, Bolzano e Verona. A portalo avanti dal 2016 un team di architetti, designer, ingegneri esperti di comunicazione e diritti umani.

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N PROGETTO, UN PROGRAMMA ITINERANTE, una filosofia. A partire da un’azione: costruire con le proprie mani complementi d’arredo che diventano elementi di socializzazione ed integrazione tra generazioni e abitanti del mondo. «Suddenly …home! significa per noi “fare casa …all’improvviso”. Realizzando insieme sedie e tavoli si costruiscono soprattutto relazioni», esordisce l’architetto Rosalba Ferba, coordinatrice dell’iniziativa cresciuta tra Rovereto, Bolzano e Verona dove dal 2016 si sono svolti vari workshop. Momenti dedicati “al fare” che hanno avuto per protagonisti richiedenti asilo, studenti e cittadini. «Ad ispirarci è stato Enzo Mari, designer che nel 1974 raccolse nel libro Autoprogettazione una serie di progetti, mettendoli gratuitamente a disposizione di chiunque avesse voluto realizzarli», chiarisce. La sua provocazione è divenuta un manifesto del design ancora attuale che si può sintetizzare in una frase: «Tutti devono progettare: in fondo è il miglior modo per non essere progettati». Sedie e tavoli di legno che si assemblano nel cor-

so dei laboratori artigianali (con tanto di kit lasciati ai partecipanti per trasferire l’esperienza vissuta) diventano simboli di convivialità, della capacità di stare insieme e dare concretezza alle proprie abilità. Pure con appagamento: «Per chi non si è mai posto il problema di come costruire le cose, è una piacevole scoperta riuscire a realizzare qualcosa con le proprie mani», evidenzia Giovanni Rozio. «Lavorare a un comune progetto innesca la scintilla che può dare vita a una piccola rivoluzione o comunque induce le persone alla riflessione», sottolinea il designer veronese, parte del team operativo di Suddenly …home che è composto anche da Francesca Bonadiman, Alberto Merigo, Margherita Tezza e Matteo Chinosi. Pezzi di legno tagliati a misura vengono scartavetrati, inchiodati, incollati. «Operazioni semplici, in cui tutti possono cimentarsi, diventano fonte di gratificazione. E, come voleva Enzo Mari, possono indurre a una nuova capacità critica di osservazione delle cose che ci circondano», sostengono i componenti del gruppo. Dal 14 al 16 giugno, poi ancora a settembre con le stesse modalità, sono previsti laboratori nel 30

A CURA DI MARTA BICEGO


giardino di Palazzo Bocca Trezza a Veronetta. Gli appuntamenti si svolgono nell’ambito del progetto #tuttalamiacittà promosso dal Centro servizio per il volontariato (Csv) di Venezia e Verona con l’università Iuav di Venezia e realizzato in partenariato con le associazioni Le Fate Onlus, Energie Sociali, Dhub, Recup, Veronetta 129. L’altro impegno di Suddenly …home è la rigenerazione urbana. Il team è coinvolto nel progetto Ri-Generazioni, finanziato da Fondazione San Zeno e Comune di Verona con partner capofila l’associazione Le Fate. In particolare guiderà un gruppo di abitanti nella realizzazione di decorazioni a terra con vernice e piccoli manufatti in legno a forma di casetta per lo scambio di libri presso il giardino di

via Abba a Borgo Trento. Gesti di creatività finalizzati a migliorare la qualità del contesto urbano, a favorire occasioni di incontro, a trasferire buone pratiche che possano magari innescare azioni future. «Si tratta di interventi di abbellimento, di riqualificazione leggera e facile da attuare in laboratori pratici con il coinvolgimento attivo e la partecipazione dei cittadini del quartiere, quello che viene chiamato tactical urbanism – concludono –. Richiamando il pensiero di Enzo Mari, il messaggio che ci guida è progettare per non essere progettati. Perché la cura dello spazio può coincidere con la cura di sé e viceversa. Sarebbe bello se questo nostro pensiero contagiasse la città...».■

Il gruppo al completo

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MOTHER TONGUE RECORDS, SPIEGATA BENE

LA BOUTIQUE DEI VINILI

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In Italia sono i quarti a proporre un progetto di questo tipo: stampa di dischi in vinile, etichetta discografica e vendita on-line. A metà tra artigianato e industria, vi parliamo di Mother Tongue Records.

P A CURA DI MARCO MENINI

IÙ TEMPO SI DEDICA ALL'INCISIONE, più i solchi e la musica saranno definiti. La qualità d'altronde è il primo traguardo di chi produce dischi in vinile e di chi apprezza le sfumature. A Mother Tongue tutto comincia con la cura della superficie, con le prime prove a marzo di quest'anno. Ci sono il dj e producer Patrick Gibin aka Twice, Carlo Grossule, Andrea Pasini, Mattia Cristofoli e Pietro Battista. Con una macchina per la stampa acquistata in Svezia imparano a stampare dischi. Nell'estasi di un lavoro che piace, stampano e distribuiscono il loro primo LP con il polistrumentista Tommaso Cappellato, il 4 maggio. La prima incisione è Butterflying, una raccolta di otto brani che fluttuano dall’hiphop lo-fi al free jazz e dall’elettronica down32

tempo alla musica ambient. Quello che si vuole fare è colmare il divario tra chi fa musica, chi la stampa, chi la distribuisce e chi la vende. All'interno della struttura di lungadige Galtarossa 28/A, che era rimasta in disuso per un anno, appena si entra ora c'è uno spazio ricettivo dove si assapora la musica in compagnia degli artisti. Si sceglie insieme il centrino e il colore del disco. Ci sono sfumature di azzurro bellissime. «Ci occupiamo in particolare degli artisti indipendenti» spiega Carlo Grossule. La cosa più importante qui infatti è il rapporto con il cliente. Sul mercato Mother Tongue si posiziona come boutique e la tiratura va dai 150 dischi fino a 2000 o 3000 copie. Quando noi siamo in visita, la macchina stampa ad una velocità di 27,4 secondi per disco. Da un


lato della pressa esce lo scarto in plastica che viene riutilizzato per evitare sprechi. L'ascolto del vinile (e delle cassette), pensate, sarebbe quello a minor impatto ambientale. Lo dimostra uno studio delle università di Oslo e Glasgow che lo paragona a quello in streaming. «Immaginate quanta energia viene utilizzata per tenere in piedi l'ascolto in streaming online» spiega Kyle Devine, professore associato al dipartimento di musicologia a Oslo e principale autore della ricerca. La sfida di Mother Tongue? «Mantenere uno standard qualitativo di livello».■

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IL NUOVO ALBUM DEI C+C=MAXIGROSS

UN DESERTO DOVE FIORIRE

Foto di Stefano Bellamoli

Più di dieci anni di musica alle spalle, e a maggio il debutto di un progetto che nasce dal bisogno di fare ritorno: Deserto, il nuovo album, è per Verona. Ed è questa l’ultima meravigliosa creatura dei C+C=Maxigross.

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A CURA DI GIULIA ZAMPIERI

N NUOVO DISCO, E CON LUI IL RITORNO A CASA. La musica portata nei luoghi che si battono per dare a questa nostra città un’identità più bella e accogliente, tracciando così i tratti della Verona che abbiamo bisogno di vivere, tutti insieme. Deserto per Verona, è questo l’evocativo nome con cui i C+C=Maxigross vogliono riallacciare i rapporti con la loro città natale, e con la comunità che la abita, dopo anni di tour in giro per l’Italia e il mondo. Il collettivo musicale nato in Lessinia, ritorna così a Verona, inaugurando agli inizi di maggio un tour che ci accompagnerà per tutta l’estate. «Dopo anni in cui la musica ci ha portati lontani da casa» ci racconta Filippo Brugnoli, uno dei componenti della band «e in un momento storico, oggi, in cui la cultura ci sembra non godere di ottima salute, abbiamo sentito il bisogno forte di creare delle occasioni di condi34

visione artistica, gratuite e a misura di essere umano, per portare la musica al centro di luoghi pubblici, che ci fanno sentire parte di un’unica grande comunità. Per fare questo, siamo anche andati contro le regole di un sistema imposto: non si è mai sentito di un singolo uscito alla fine di maggio, e di un tour estivo, e che per di più copre solo un’unica città». Ecco quindi il fitto calendario di date, inaugurato a inizio maggio, che animerà Verona e la sua provincia per tutta l’estate: minuscole botteghe nel quartiere di Veronetta, Rocket Radio, «una realtà che è a Verona ma che a Berlino non sfigurerebbe», giardini e festival. Un progetto, quello di Deserto, che è composito e complesso, perché coinvolge non solo suoni, ma anche immagini, parole, grafica, e video, grazie al coordinamento dell’art director Anita Poltronieri, alle suggestive fotografie e ai video di Stefano Bellamoli e alle grafiche di Mat-


tia Pasquali. Un nome evocativo, Deserto, che di certo non vuole significare quello che dice, un’opera di stratificazione di forme espressive e linguaggi diversi. Il disco, scritto e suonato da Filippo Brugnoli (basso), Giulio Deboni (batteria, flauto e chitarra), Niccolò Cruciani (chitarra, batteria), e Tobia Poltronieri (chitarra) ha per ora svelato il suo primo brano, Ritrovarsi, assieme al primo frammento, quello 00: un cortometraggio che racconta l’inizio di questo nuovo cammino, dove niente è come sembra. «Rovistando in un mercatino dell’usato qui a Verona, abbiamo trovato per caso una videocassetta in cui la voce narrante di una donna anziana racconta una storia, forse mai scritta, e alla quale ancora non siamo riusciti ad attribuire un autore e un’origine. Ci è sembrata però una storia troppo incredibile per non essere narrata». Questo è Deserto: un rifugio dove poter sostare, con calma, liberandoci della nostra solita fretta e frenesia, come siamo invitati a fare, gentilmente, quando capitiamo sul sito che presenta il progetto: un sito dove, finalmente, troverete più emozioni che informazioni. Questo è Deserto: uno spazio sconfinato dove c’è posto per tutti, anche per la storia dimenticata di un’anziana signora. E per un tucano, un camaleonte e una balena, abbracciata dall’Adige.■

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GUARDA IL COWORKING DI BALI La Settimana del Lavoro Agile dal 20 al 24 maggio ha ricordato a tutti il cambio di passo necessario nel mondo delle professioni. La trentenne veronese Ilaria Bettinelli in accordo con Matilde, il suo capo, lavorerà in smart working da Bali. Esperta di comunicazione, si occupa di realizzare la rivista specializzata in eyewear di caratura europea 20/20 Europe.

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A CURA DI FEDERICA LAVARINI

0/20 EUROPE (twenty-twenty, si pronuncia in inglese) è una delle riviste trade internazionali più importanti specializzata nel settore dell’occhialeria. 20/20 Europe, nata nel 1989, fa parte del gruppo editoriale Jobson Optical Group, il cui headquarter è a New York. Dal 2015 la nuova sede della rivista è a Verona: «Un’opportunità che si è concretizzata nel giro di tre giorni» afferma ancora incredula e felice Matilde Sometti, 35 anni, publisher della rivista. «Ho lavorato per molti anni in un’agenzia di comunicazione seguendo la parte commerciale e conoscevo da tempo la proprietà di 20/20 Europe. Quattro anni fa si sono unite una serie di circostanze: il mio desiderio di aprire un’attività in proprio e l’opportunità da parte dell’editore americano di poter gestire l’edizione in Europa, che hanno portato ad un passaggio di licenza che mi vede ora responsabile dell’edizione Europea di 20/20 Europe». A questa impresa si è unita, l’anno successivo, 36

Ilaria Bettinelli, 30 anni ed esperta di comunicazione, prima a Milano in un’agenzia pubblicitaria del settore medicale, ora con Matilde per seguire a 360° la comunicazione web e social di questa nuova realtà. Viene spontaneo chiedersi: perché una rivista di questo settore a Verona invece che nel bellunese, dove ha sede il caput mundi dell’occhialeria? «Anche se non siamo fisicamente nel bellunese, siamo collegate alle maggiori realtà italiane e internazionali dell’eyewear grazie alle nuove tecnologie di comunicazione. Lavoriamo moltissimo con tutti i mezzi social: da Facebook a Skype, dimmene uno e noi ci siamo» sorride Ilaria. DI RESPIRO INTERNAZIONALE, 20/20 Europe vuole essere un esempio concreto di come possano convivere l’internazionalità e il locale, di come si possa lavorare anche lontano dalle grandi città e dai cosiddetti ‘cubicles’, luoghi


di lavoro standardizzati e privi di personalità. «Credo ad una vision aziendale smart, lontana dai modelli classici, talvolta obsoleti, tipici del nostro Paese e della provincia» racconta Matilde. «Ora siamo in partenza per Bali, ma non significa che andremo in questo arcipelago da sogno per scappare dallo stress del nostro lavoro, che è sempre ad alta intensità. Il nostro imprinting lavorativo mette sempre al centro la persona e le proprie esigenze, il suo sviluppo e soddisfazione, creando le condizioni ottimali per lavorare al meglio grazie ad elementi chiave: responsabilità, serietà, fiducia, forte orientamento al risultato». Il viaggio a Bali «sarà un’esperienza di co-working da me proposta – aggiunge Ilaria – per poter lavorare una settimana in smart working presso il LIVIT coworking hub by Project Getaway, a Sanur. Bali è un’isola indonesiana molto gettonata negli ultimi anni, ha avuto un boom turistico e di business, diventando meta di molti digital nomads». Bali è diventato un catalizzatore di start-up digitali e investitori: brulicante di coworking e spazi per il lavoro da remoto dove si respira creatività, spiritualità e libertà, ingredienti che facilitano la creazione di idee e contenuti. Per il team di 20/20 Europe sarà un’occasione per potenziali nuovi rapporti di collaborazione. «La nostra rivista è aperta a tutte le realtà dell’occhialeria indipendente a livello internazionale, non soltanto alle case produttrici storiche italiane o americane, e su questo abbiamo avuto sempre degli ottimi riscontri sia dai di-

stributori che dagli ottici» racconta Matilde. «Tutto il nostro team, che lavora anche da Londra, Parigi e Milano, crede molto molto in questa esperienza: non potrà che aprirci nuovi orizzonti e prospettive a cui lavoreremo con entusiasmo al nostro ritorno a metà giugno».■

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UN MUSEO AL CENTRO DELLA TERRA

DENTRO LE CAVE CHE FURONO Le cave di Prun, abbandonate negli anni ’50 dello scorso secolo, stanno per rinascere grazie ad un ambizioso progetto, portato avanti da un folto gruppo di volontari, fieri e appassionati eredi di una storia estrattiva e umana millenaria.

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’ATMOSFERA, NELLE CAVE DI PRUN, è unica. La luce artificiale illumina gallerie e stanze, e il gioco di ombre che crea fa risaltare ancora di più le stratificazioni della pietra, la famosa “pietra di Prun”, che lì è stata estratta con fatica, tagliata, lavorata, resa altro, resa arte, sin dall’Età del Ferro. Queste cave, in cui dal 1956 – anno in cui la legge sul lavoro in miniera è cambiata, rendendole di fatto non più utilizzabili – non si estrae più nulla, stanno per diventare un patrimonio visitabile da tutti: il “Parco delle Cave”, a cui l’associazione locale La Malga lavora da 20 anni, sta infatti per diventare realtà. Grazie all’interessamento dell’amministrazione locale, e in particolare del sindaco di Negrar (mentre scriviamo è in corso il ballottaggio per l'elezione del nuovo primo cittadino, ndr), è stato possibile ottenere un finanziamento per la messa in sicurezza del luogo, primo passo necessario per procedere alla creazione di un percorso turistico all’interno delle cave stesse, che si collocano in un’area, quella della Bassa Lessinia, già ricca di attrattive – come il Parco delle Cascate di Molina, le Grotte di Fumane, il Ponte di Veja – andando quindi ad arricchire un percorso che ogni anno attira moltissimi visitatori. «La pietra fa parte della storia di Prun da sempre» esordisce Andrea Zantedeschi dell’associazione La Malga. E

quel “da sempre” non deve sembrare esagerato, poiché, «lo sfruttamento della pietra in questa zona nasce già nella preistoria, come elemento di sussistenza. A partire dal 1200, ne è attestato invece lo sfruttamento economico, che è proseguito fino al 1956, segnando di fatto la storia di questo territorio e dei suoi abitanti. La pietra di Prun, oggi commercialmente chiamata “pietra della Lessinia”, ha una storia geologica unica: nasce nel Cretaceo superiore, tra 90 e 60 milioni di anni fa, ed è possibile trovarla solo in questa zona. La nostra associazione promuove la riqualificazione delle cave e mira a farle conoscere e insieme a diffondere la sapienza del lavoro che in esse è stato portato avanti, con la sola forza dell’uomo, per secoli». QUELLE DI PRUN SONO CAVE SOTTERRANEE, a impatto zero sul territorio circostante. Al contrario di quanto accade oggi, dove l’estrazione avviene a cielo aperto, qui il paesaggio è intatto. All’interno, però, si apre un mondo fatto di gallerie ad alto tasso scenico. «Queste cattedrali di roccia diventeranno, nei prossimi anni, un museo: la cava sarà quindi insieme oggetto esposto ed espositore; un involucro che racconta la sua storia, una storia che non è solo geologica, ma che è anche umana e sociale, un insieme di sapienza, arte, cultura, nato in secoli 38

A CURA DI FRANCESCA MAULI


di fatiche e di evoluzioni tecniche» spiega Zantedeschi. L’idea è di usare questo ambiente anche per ospitare concerti, rappresentazioni teatrali, eventi. L’impatto scenico è unico, ed è già stato testato. Negli ultimi 16 anni, infatti, ogni 2 giugno le cave vengono aperte al pubblico del “Tour del palato” di Prun, che possono visitarne una parte, illuminata a giorno. Lo scorso anno, sono stati ospitati al loro interno anche una rappresentazione teatrale e un concerto d’arpa. L’inaugurazione della prima parte di questo ambizioso progetto dovrebbe avvenire tra un paio di anni. «All’interno del museo verranno collocati dei pannelli informativi sulla pietra di Prun, la sua storia, le modalità di estrazione. All’esterno, verranno realizzate aree verdi e panchine, ovviamente in pietra, per il ristoro e il relax dei visitatori. Attorno, verranno segnalati i vari sentieri, con anelli percorribili in 30, 45 e 90 minuti. L’ingresso alle cave sarà consentito solo con l’accompagnamento di una guida, su prenotazione, mentre gli anelli esterni saranno fruibili in autonomia. Prevediamo inoltre di sviluppare dei laboratori didattici e dei percorsi multimediali» conclude Zantedeschi.■

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Ferrari BK, un successo costruito mattone dopo mattone Nella vita di un’azienda ci sono momenti e traguardi che vanno sottolineati e, come in questo caso, anche festeggiati. Ferrari Bk, azienda veronese produttrice di manufatti in calcestruzzo per pavimentazioni e murature, tra le protagoniste assolute del mercato italiano, raggiunge quota 50. Mezzo secolo di impegno, sacrifici, ma anche di soddisfazioni per una crescita quantitativa e, soprattutto, qualitativa, che ha portato questa impresa nata a Lugo di Grezzana nel 1969, ad essere un punto di riferimento per il settore dell’edilizia, in particolare per quanto riguarda le pavimentazioni per esterni residenziali, industriali e urbane, i muri di sostegno e i blocchi per murature. Le origini dell’attività imprenditoriale risalgono ancor prima del ’69: è il 1956 quando Emilio Ferrari inizia a produrre mattoni in calcestruzzo in un piccolo edificio sul lato destro di via Santa Caterina, salendo ed entrando nella frazione di Bellori. Un lavoro faticoso, condiviso con cinque operai che, a mano, riescono a realizzare e a impilare, uno ad uno, circa trecento mattoni al giorno. Negli anni successivi il laboratorio di produzione si allarga, aprendo spazi anche

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Miriam, nei primi anni '60, sopra i mattoni fatti essiccare a terra

al commercio di materiali edili. A metà anni Sessanta entra nel ciclo di produzione dei mattoni una nuova macchina che porta la produzione giornaliera vicina ai 1500 pezzi con una tecnica definita in gergo del “laminato francese”. In pratica i mattoni vengono lavorati ed essiccati a terra, anziché su un piano di lavoro, poi impilati e caricati sui camion. Un procedimento nuovo che alleggerisce, in tutti i sensi, i vari passaggi, evitando il primo, manuale, di abbassare i manufatti dal piano lavoro a terra. La massiccia produzione di quegli anni contribuisce in maniera significativa alla crescita dell’azienda, che si trasferisce nel frattempo nell’attuale sede, in via Santa Caterina 7, e all’urbanizzazione della montagna veronese: molte delle case di Fane, Erbezzo, Sant’Anna d’Alfaedo, Bosco Chiesanuova per citare alcuni comuni, infatti, sono costruite grazie ai mattoni prodotti dalla ditta Ferrari. Azienda che progressivamente passa nelle mani dei figli di Emilio e della moglie Clara Bertagnoli. A portare avanti il lavoro inaugurato dal loro padre, sono via via negli anni successivi Eugenio, Igino, Pio e Miriam, l’unica donna e la più giovane tra i fratelli. A metà anni Settanta compaiono i blocchi in argilla espansa per l’isolamento termico

Pio, Miriam, Eugenio e Igino Ferrari da bambini in una foto del 1957


e acustico e si torna a stampare i mattoni “sulla tavola”, e non più a terra, grazie a un nuovo macchinario completamente automatizzato che permette di sfornare tra i cinque e sei mila pezzi al giorno. Per dieci anni si registra un’ulteriore crescita, rallentata, leggermente, soltanto a metà del decennio successivo. Ma è qui che, grazie a un’altra innovazione tecnologica, inizia la diversificazione produttiva e debutta nel mercato locale il pavé autobloccante, prodotto ancora oggi identitario della Ferrari BK. Con questa novità anche i veronesi conoscono gli “Uni 6 cm” o gli “Uni 8 cm”, o il doppio T, mattoncini di derivazione tedesca e olandese che faranno la storia dell’azienda di Lugo. Arrivano poi gli anni Novanta, con l’introduzione dalla Germania, nel 1992, di un primo impianto OMAG, che fa aumentare ancora la produzione, e nel 2001, con un secondo impianto che apre la strada a prodotti speciali, quali cordoli e muri di contenimento. L’ascesa imprenditoriale prosegue fino al 2008, anno in cui la crisi a livello mondiale abbatte la sua scure anche in Italia e nel veronese. Molte aziende impegnate nel settore edile chiudono o si ridimensionano, non la Ferrari Bk che, grazie alla continua ricerca e innovazione dei prodotti, al continuo miglioramento del processo qualitativo e, soprattutto, a una grande unità famigliare, riesce a mantenere salda la propria posizione nel mercato. È forse questo uno dei segreti di questa azienda che quest’anno compie mezzo secolo di vita: una famiglia e quattro fratelli, ognuno con un proprio ruolo ben definito, che nei momenti di difficoltà hanno saputo fare quadrato tra di loro, riuscendo a trasmettere valori e attaccamento al lavoro ai nipoti che oggi sono al centro dell’attività d’impresa. Daniela, infatti, è responsabile del personale, Emiliano, responsabile di produzione, e Ivano, responsabile commerciale. Assieme ai genitori e agli zii, a 34 dipendenti e circa 40 agenti di commercio, portano avanti con orgoglio e determinazione il lavoro iniziato da nonno Emilio. Oggi la Ferrari BK è un’azienda in salute che opera in regime di qualità controllata secondo la normativa UNI EN ISO 9001 e tutti i prodotti sono controllati da un ente esterno che certifica la rispondenza alle normative europee di prodotto. Una vasta gamma di prodotti copre tutte le esigenze dell’edilizia moderna: dalle pavimen-

Emiliano, Ivano, Pio, Miriam, Eugenio, Daniela e Igino Ferrari

tazioni utilizzate in ambito residenziale con la gamma RocciaBlock® e RocciaBlock Gold®, alle pavimentazioni tecniche utilizzate in ambiti industriali o high tech urbani quali le nuove pavimentazioni antismog della linea Blue City® o la linea drenanti. E ancora, dalle murature tradizionali per compartimentazione, a quelle tagliafuoco rispondenti alle normative vigenti, passando da quelle più performanti in ambito di fonoisolanza e termoisolanza per costruzioni ad alte prestazioni energetiche e di comfort abitativo, fino ad arrivare alle murature a secco di cui Ferrari BK è, come dicevamo, leader indiscussa grazie suoi sistemi brevettati Rockwood® e Landmark®. All’orizzonte, pensando ai prossimi anni, ci sono prodotti sperimentali ai quali si guarda con grande interesse, che vanno proprio nella direzione della bioedilizia: blocchi in canapa o blocchi ottenuti con lo scarto del riso per citare un paio di esempi. L’azienda veronese, in questo senso, sta collaborando già da tempo con diverse università italiane per utilizzare meno materie prime e più materiale riciclato, per ottenere, come sempre, prodotti performanti, resistenti, eleganti e, appunto, sostenibili.

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L’IMPORTANZA (ANCHE SPIRITUALE) DI AVERE UN GIARDINO

I COMMUNITY GARDENS E LA LORO ETICA PREZIOSA Se fate attenzione, passando da Milano, da Parigi, o da New York, vi capiterà di vedere uno dei cosiddetti “giardini condivisi”. Si tratta di appezzamenti di terreno rimasti inutilizzati o, più spesso, degradati, che la municipalità concede attraverso un bando a dei privati, affinchè vengano riqualificati a verde. Molte volte queste aree vengono destinate per metà all'organizzazione di eventi pubblici, e per metà sono concesse a singoli cittadini affinchè possano mettere alla prova il proprio pollice verde.

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A CURA DI MICHELA CANTERI

'IDEA DEI “COMMUNITY GARDENS” è nata a New York negli anni '70 ed è arrivata in Europa intorno agli anni '90. Ci è capitato di vederne uno a Parigi, in un quartiere popolare. Gli spazi individuali erano suddivisi con precisione, delimitati a volte da aiuole, altre volte da piccoli recinti o da semplici solchi nel terreno. La visione d'insieme rimandava ad un’idea abbastanza precisa di quello che ognuno aveva voluto comunicare attraverso il proprio piccolo giardino: c'era chi aveva studiato nei minimi dettagli l'accostamento di forme e colori, e l'alternanza di specie vegetali che seguono il ciclo delle stagioni. Poi c'era chi aveva pensato di dare vita ad un'oasi dal sapore esotico, o ad un giardino roccioso; chi aveva costruito uno spazio zen e chi aveva scelto di stare con i piedi per terra, piantando zucchine, patate e insalata. Infine, ed è certo che molti di noi si riconosceranno in quest'ultimo, c'era chi ci aveva fatto l'albero di Natale sei mesi prima e si era dimenticato di togliere le palline dorate, i nastrini rossi e le stringhe argentate, abbandonandole penzolanti sul piccolo abete, umiliato da tutto il ben di dio che gli pullulava intorno. L'esigenza di mettere mano ad un giardino nasce da un desiderio atavico, che è quello di circondarsi della bellezza del paesaggio, plasmandolo a proprio piacimento. Conoscere la 42

natura, osservarla, sperimentare i suoi processi, sentirla palpitare sotto i propri occhi e tra le proprie mani, significa sentirsi parte di un macrocosmo vivo e pulsante attraverso il quale conoscere la vita e imparare la curiosità, la pazienza, i legami tra le varie parti del creato. Inoltre, la contemplazione di un giardino produce molti benefici fisici ed emozionali: colori, forme, suoni della natura sollecitano i nostri sensi, arrivano direttamente al nostro cervello e rilassano la nostra mente. L'occhio è stimolato dall'allegria dei gialli e degli arancioni, si acquieta davanti al bianco, all'azzurro e al lilla, e il gioco delle ombre e delle linee morbide delle piante lo conducono a immaginare storie di luoghi lontani. L'orecchio sussulta di fronte al canto degli uccelli, al rumore delle foglie scosse dal vento e, se il giardino ne è dotato, al rumore dell'acqua. E l'olfatto si inebria di profumi unici e miracolosi che ci toccano l'anima come le carezze degli angeli. TUTTO QUESTO PRENDE ulteriore valore se a creare il nostro giardino siamo noi. Mentre in Europa la fusione tra arte e giardini si ebbe solo nel XIII secolo, in Cina essi furono progettati sin dagli albori (III sec. d.C.) da poeti e pittori, alla ricerca di un'atmosfera che interpretasse la propria sensibilità artistica. Il


nostro giardino è espressione profonda di noi stessi, dei nostri gusti, dei nostri desideri, dei nostri bisogni, che si manifestano in maniera dinamica, perché noi siamo un io che cambia all'interno di un universo vivente mai uguale a se stesso. Quando ci sediamo nell'angolo preferito della nostra oasi sappiamo che ciò che vediamo è un'immagine passeggera, poiché tutto è avvolto nella magia del cambiamento e della bellezza che si rinnova. Inoltre, chi si carica della cura di un giardino si veste di un'importante responsabilità sociale. I “giardini condivisi”, ad esempio, sono nati con il desiderio di rendere più piacevole l'ambiente dalla collettività, la quale non è più costretta a sopportare la bruttura di zone deteriorate o fatiscenti, ma può godere di un habitat piacevole, di un contesto che dona speranza, perché,

in fondo, il giardino fa rivivere quel sogno di felicità perduta che tanto ci ossessiona. E poi, il fatto di «vivere la natura» attraverso la cura di fiori e piante, accresce il «sentimento della natura», e quindi l'attenzione, la curiosità e il rispetto verso di essa. Perciò, voi che state mettendo mano ai vostri giardini, voi che avete piantato i gerani sul balcone in città; voi che state cercando disperatamente la luce giusta per le vostre ortensie in Valpantena, voi, in Lessinia, che i fiori vi sbocciano tra le mani solamente se li guardate; voi, in Valpolicella, che sapete parlare alle petunie; e anche voi, sparsi un po' ovunque, che non mollate nonostante le abbiate provate tutte, e il vostro pollice continui a non essere proprio verde. Voi. Sappiatelo: state rendendo il mondo migliore.■

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UNA RIFLESSIONE SUL NOSTRO ORO VERDE

GLI OLIVI SEMPRE COSÌ MINACCIATI Tra distese infinite di vigneti c'è chi cerca di fare la differenza con gli olivi, per passione o come attività economica. Le difficoltà sono molte per gli olivicoltori, e il territorio, già in parte modificato, sta perdendo la sua funzione naturalistica rischiando di diventare una monocoltura del vino.

L

'OLIO È L'ORO DELLA DIETA mediterranea, e la pianta da cui si ricava è citata nei testi antichi non solo come alimento. Purtroppo, non essendo più una fonte sicura di reddito, nonostante il largo consumo, più di un quarto di oliveti in Italia è in stato di abbandono e a rischio di frane e incendi; espiantarli, inoltre, è vietato per legge, ma, attraverso deroghe e autorizzazioni, ciò accade, comportando una perdita di paesaggio e biodiversità. Una grave conseguenza del cambio di coltura per far posto alle viti, oltre all'eliminazione di alberi e boschi, è la cancellazione di manufatti antichi dell'uomo, come i muretti a secco, riconosciuti dall'Unesco come Patrimonio cultura-

le immateriale dell'umanità. La Val d'Illasi, un tempo, era terra di ciliegie e di olivi, ma ad oggi tutta la conformazione del territorio e la coltivazione è cambiata, lasciando il posto alla vigna. «Le leggi ci sono, ma a livello comunale, per salvaguardare gli olivi, serve un piano con dei parametri precisi, per rispettare la biodiversità che non è più garantita, soprattutto in zone come la nostra che è anche a rischio idrogeologico. Per sradicare gli olivi ci si rivolge direttamente alla Regione, perché non serve l'autorizzazione del Comune di riferimento ma con un proprio regolamento l'ufficio tecnico potrà contestare eventuali abusi; oggi gli Enti pubblici hanno poche risorse, e per far rispettare le regole 44

A CURA DI INGRID SOMMACAMPAGNA


bisogna averne i mezzi», spiega Simone Santellani, sindaco di Tregnago. «L'olivo è una pianta secolare di grandissima importanza, ed è un crimine farla morire. Tutti fanno domanda per togliere gli uliveti e mettere vigne, con un guadagno assicurato; io, invece, non toglierei mai una pianta d'olivo per una vigna, piuttosto farei il contrario», racconta Claudio Corradi, 44 anni, di Illasi, olivicoltore per passione. «Gli ulivi si coltivano solo dove c'è una cultura culinaria importante come la nostra ma vedo che li stanno togliendo per coltivazioni più redditizie: non è la mia intenzione imitarli. L'infanzia e l'adolescenza l'ho trascorsa a Marcellise, dove ha sede la mia azienda, e ricordo come in primavera tutto fosse coperto di bianco, grazie ai ciliegi, ora spariti. L'altro anno, in Israele, ho visitato l'orto del Getsemani, dove la secolarità dei suoi olivi è testamento della nostra storia religiosa», spiega Claudio Cinquetti, cinquantaquattrenne di San Martino Buon Albergo, che coltiva vigneti e un uliveto di trecento piante, alcune di ottant'anni di età.

La triste storia degli olivi avvelenati con il gasolio La vicenda degli olivi avvelenati dell'insegnante e musicista tregnaghese Emanuele Zanfretta, lo scorso marzo, ai piedi del monte Gardon, ha scatenato un ampio dibattito sulla tematica ambientale e una riflessione sul tipo di coltivazioni della Val d'Illasi, che sta diventando una monocoltura di vigneti. Il gesto terribile compiuto da ignoti che hanno avvelenato quattro piante, utilizzando il diesel, denota una mancanza di rispetto dell'ambiente e, soprattutto, di piante secolari come gli olivi, testimoni silenziosi di una continuità storica che ci collega alle tradizioni del nostro passato. È un danno ambientale, avvenuto durante la settimana del rispetto per la natura, con eventi importanti che hanno coinvolto le comunità locali come Tregnago con un flash mob, o come la classe di alunni di San Mauro di Saline dell'insegnante che si è impegnata in gesti quotidiani per ridurre gli sprechi e il riscaldamento globale. Il vile gesto è diventato motivo di sensibilizzazione della comunità, portando gli olivicoltori locali e le amministrazioni a un confronto per concepire nuove regole così da difendere questa importante coltivazione.

HA DESTATO SCANDALO, inoltre, la truffa dell'olio di soia e girasole, con un costo di produzione di 1 euro e 20 centesimi al litro, spacciato per extravergine di oliva pugliese, addizionato con clorofilla e altre sostanze, e rivenduto anche a 10 euro. «Assurdo credere che un litro di olio d'oliva italiano in vendita al supermercato possa costare circa 3 euro. La produzione media per un quintale di oliva va dal 6 al 20% circa, quindi il frantoio percepisce 20 euro, a quintale, per la spremitura, che viene a incidere sul costo dell'olio di circa due euro al litro, considerando una resa media del 10 per cento. Poi spese, imbottigliamento, se si è fortunati niente trattamenti antiparassitari, ma in caso di mosca olearia o altre malattie, bisogna farli per tempo, altrimenti il raccolto è a rischio o addirittura perso. Poi ancora, concimazione, potatura, raccolta, che vanno ad incidere sui prezzi di vendita, quindi a meno di 10 euro al litro è impossibile venderlo, chi lo commercia a meno, bleffa», spiega Renato Sommacampagna, pasticciere in pensione con la passione dell'olivicoltura. Alcuni agricoltori, per guadagnare qualcosa in più oltre all'olio, stanno cercando di integrare più colture, per esempio coltivando piante spontanee ad uso alimentare, come ad esempio l'asparago selvatico (Asparagus acutifolius). Inoltre, per ridurre i costi di manodopera e dei diserbanti, introducono ovini o equini che apportano letame, per concimare l'oliveto, rendendo così l'agricoltura più sostenibile. Il proprio olio, gli antichi sapori, la tradizione, la storia, la cultura contadina, le piccole aziende e i paesaggi italiani vanno promossi, sfidando la globalizzazione, i cambiamenti climatici e le monocolture.■ 45


DONUN ANGELO VINCO, ISUL 200NOSTRO ANNI DEL MISSIONARIO E GEOGRAFO RIFLESSIONE ORO VERDE

DA CERRO AL SUD SUDAN L’UOMO CHE RISALÌ IL NILO PER TRE VOLTE

Contrada Lavello, casa natale di Don Angelo Vinco

La storia di Don Angelo Vinco appassiona ancora le giovani generazioni italiane e africane che lo considerano un grande esempio di esploratore, precursore di Daniele Comboni. Cerro, il paese natale del sacerdote missionario (oltre alla piazza centrale dedicata negli anni) ha organizzato un imponente evento per i 200 anni dalla sua nascita e i 100 anni della diocesi di Juba, capitale del Sud Sudan. A questa diocesi verrà consegnato, dagli abitanti della Lessinia, un busto di don Vinco a perenne memoria.

A CURA DI ALESSANDRA SCOLARI

A

NGELO VINCO NACQUE, il 29 maggio 1819, a Lavello di Cerro Veronese, da Leonardo e Maria Stefanoni, secondo di cinque fratelli: Lucia (1816), Giacomo (1821), Giacomo Leonardo (1822) e Pietro (1826)). Al parroco di Cerro, don Giuseppe Menegatti, non sfuggirono i talenti di questo ragazzo che contribuì a far crescere. Il 12 febbraio 1834, Angelo finì sui banchi del liceo dell'Istituto di don Nicola Mazza, che raccoglieva studenti meritevoli ma non abbienti. Qui il giovane Angelo manifestò la sua volontà di diventare sacerdote, scegliendo e sognando per sé la vita del missionario. E fu proprio don Nicola Mazza, suo insegnante di storia universale, a ricevere e custodire questa 46

vocazione. Don Angelo Vinco, il 3 dicembre 1845, entrò nel Collegio di Propaganda Fide a Roma, per prepararsi alla vita missionaria: un periodo breve e intenso di fatti e emozioni. Viste le sue capacità e la sua forza fisica, venne destinato in Africa centrale: incarico che Don Angelo «accettò con gioia e commozione, consapevole del privilegio e dei rischi». Per questa missione partirono padre Massimiliano Ryllo, gesuita polacco rettore di Propaganda Fide, il maltese Annetto Casolani, Don Ignazio Knoblecher, medico di Lubiana, ma di origini austriache e Don Angelo Vinco, il quale con padre Knoblecher si fermò in Siria per imparare l’arabo. Nel giugno del 1847 si ritrovarono ad Alessandria e si imbarcarono


al Cairo. Raggiunsero Khartoum (11 febbraio 1848); la missione si trovava all’incrocio del Nilo Bianco e Nilo Azzurro e il suo avvio non fu facile. Padre Ryllo morì, Don Casolani rientrò definitivamente in Europa. Anche Don Knoblecher e Don Angelo, per mancanza di risorse, furono costretti a ritornare. Don Knoblecher raccolse fondi a Vienna e Don Angelo all’Istituto Don Mazza dove, con i suoi racconti, fece breccia sul giovane Daniele Comboni, già votato alle missioni. IN SEGUITO I DUE MISSIONARI ripartirono per Karthoum, così da dare inizio all’opera di evangelizzazione. Poiché Don Angelo concepiva la missione solo a fianco degli indigeni, all’inizio del 1851 risalì il Nilo Bianco, animato anche da desiderio di scoprirne le sorgenti. Vivendo e lavorando con l’etnia dei Bari, imparò la loro lingua. Raggiunse Bellenia (dove risiedeva un suo sostenitore), poi Gondòkoro, un villaggio nell’alto Nilo e ancora Libo. Tra gli indigeni, assunse molte informazioni geografiche ed etnografiche, tanto che grazie alle sue relazioni, i suoi successori riuscirono a configurare e a “disegnare” questa parte dell’Africa. Le malattie decimarono la missione di Karthoum, così Don Angelo fu invitato a ritornare e trovò tutto cambiato con padre Knoblecher, pro-vicario della missione e alcuni sacerdoti austriaci. Critiche e grandi meriti per il suo apostolato, riempivano le sue giornate, Don Vinco rimaneva convinto di una cosa: «Occorre andare là e vivere con gli indigeni». Così intraprese da solo, il suo terzo viaggio sul Nilo Bianco. Destinazione Libo, per poi risalire sotto le montagne nelle sue sorgenti. Qui lo colse una tremenda febbre

Il busto di Don Vinco all'istituto Don Mazza

e venne raggiunto da Padre Knoblecher, ma don Angelo, il 22 gennaio 1953 morì. Venne sepolto a Libo: venerato dagli indigeni, con i quali aveva condiviso la vita e il progetto di una missione in quei territori. Tuttora la sua tomba (forse, senza la salma, risucchiata dalla piena del Nilo) è visitata da molti indigeni. Don Angelo Vinco, nei cinque anni trascorsi in quei territori dove gli europei acquistavano zanne d’avorio e riducevano le persone in schiavitù, dove le guerre fra etnie erano odierne, seppe inserirsi e, realizzando con grande coraggio il Vangelo, guadagnarsi la stima di quei popoli. Della sua giovane vita ha lasciato una grande traccia in Africa e a Verona.■

Il programma degli eventi, in breve -Sabato 1 giugno (ore 9.30), teatro Parrocchiale di Cerro, presentazione dell’opera multimediale delle scuole medie di Cerro Don Vinco: Storia di viaggi e incontri -Domenica 2 giugno, ore 18.00, contrada Lavello (Cerro), il vescovo Giuseppe Zenti celebrerà la messa in ricordo dei 200 anni della nascita di Don Vinco -Sabato 6 luglio, ore 10.00, inaugurazione della mostra fotografica Corpi Migranti, Sogni Respinti, Integrati in collaborazione con Museo Africano e Fondazione Nigrizia, seguirà, nell’atrio del comune, la proiezione del video Cerro, una vocazione missionaria. Alle 11.00, inaugurazione della mostra itinerante Angelo Vinco: dalla Lessinia al Nilo, un “racconto in movimento” alla scoperta del missionario geografo -Giovedì 11, 25 luglio e 1° agosto, Good Luck Algeria di Farid Bentoumi cortile Circolo Noi (alle 21) Cinema Africano -Sabato 13 luglio (ore 21.00), Contrada Borgo Paglia Concerto – Musica per abbattere i confini -Giovedì 18 luglio (ore 21) Teatro Parrocchiale La Lessinia ai Tempi del giovane Vinco relatori i professori. Angelo Andreis e Rino Cona, moderatore Matteo Scolari (direttore responsabile di Pantheon) -Sabato 20 (ore 16.30), premiazione concorso poesia tema Oltre l’orizzonte nei dialetti del Triveneto, alle 21, L’Africa in Piazza con Ernesto Da Silvia - Venerdì 2 agosto (ore 20.45) Teatro Parrocchiale. Don Domenico Romani (Istituto don Mazza) e per la Diocesi di Juba - Sud Sudan padre Amaylidh Paolino Tipo Deng e padre Wani Hillary Morbe Anthony descriveranno come Don A. Vinco ha incontrato l’Africa, conduce Flora Massari. Le iniziative proseguiranno fino a metà novembre. Informazioni alla Biblioteca di Cerro. 045/7080963, www.donangelovinco.org

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IL FIORE DELL’ARTE OGNI MESE UN PETALO E UNO SCORCIO

QUELLE MONETE ROMANE CHE PARLANO DI NOI Sono 90mila le monete conservate nelle casseforti dei musei civici, inaccessibili se non agli studiosi. Tra tutte c’è un piccolo tesoro, il più famoso: quello del ripostiglio della Venera costituito da quasi 50mila monete romane. Ce le ha mostrate in esclusiva Antonella Arzone, conservatrice della collezione numismatica.

E

NTRARE NELLE STANZE DEI TESORI è come entrare nella vita di qualcuno. Se immaginate delle stanze vuote, vi sbagliate di grosso. Non sono isolate e tanto meno asettiche. Fanno parte dell’attività di ricerca della conservatrice e dei giovani studiosi del servizio civile impegnati ogni giorno nell’identificazione e nella catalogazione di questi importanti reperti. Tra decine di volumi e lenti di ingrandimento, è come essere in un laboratorio di indagine. Certamente scientifico. L’emozione c’è e si avverte quando una delle enormi casseforti viene aperta. Posizionate in appositi contenitori all’interno di cassetti, ci sono le migliaia di monete, ma anche medaglie e sigilli. Una collezione importante e preziosa che testimonia la storia del collezionismo veronese e ci racconta del nostro passato. Dottoressa Arzone, da cosa è composta la collezione? La collezione si compone di un nucleo di monete greco-romane acquistate prevalentemente sul mercato antiquario e risalente al Settecento, e di una parte derivata da ritrovamenti locali. Il primo nucleo si è formato grazie a due esponenti della nobiltà veronese: il conte Jacopo Muselli e il conte Jacopo Verità. Questi due grandi studiosi ereditarono a loro volta altre collezioni: in quella di Muselli confluì una piccola parte della collezione numismatica di Scipione Maffei e di Francesco Bianchini. Le monete provenivano

A CURA DI ERIKA PRANDI dal mercato antiquario di Roma e Venezia oppure da una serie di scambi. Quelle provenienti dai ritrovamenti locali, invece, sono da ricondurre agli scavi condotti dopo l’alluvione del 1882 quando sono stati costruiti i muraglioni dell’Adige e si è sistemata la zona dell’isolo. Sono stati raccolti molti reperti metallici e tra questi anche monete. La cosa particolare è che all’interno di uno di questi gruppi è stato riconosciuto un tesoretto di 400 monete d’argento di età severiana rimaste nel fiume per ben 2mila anni perché frenate dalle pietre del ponte Postumio. La conservazione non è buona ma sono state comunque lette. Poi la collezione è costituita da una parte più consistente, e per la quale è più famosa, che è il cosiddetto ripostiglio della Venera costituito in origine da 50mila monete. All’epoca (1888) era il più grande tesoro di monete della seconda metà del III secolo e tuttora è ancora molto importante. È stato trovato per caso da dei contadini in una località vicino a Cerea. Sono monete datate dal 260 al 283, tutte pubblicate. Ci sono poi delle monete di età medievale e moderna, circa 900 medaglie papali prodotte dallo Stato Pontificio, medaglie del Risorgimento della collezione Giusti e sigilli. Qual è il valore della collezione e quali i criteri utilizzati per definirlo? Nella collezione storica raccolta sul mercato antiquario c’è la grande varietà: soprattutto bronzo, poco oro ma abbastanza argento. Le monete 48


Il ripostiglio della Venera, nella seconda metà dell’Ottocento, era il più grande tesoro di monete della seconda metà del III secolo ed è ancora molto importante. È stato trovato per caso da alcuni contadini in una località vicino a Cerea Antonella Arzone al lavoro

provengono principalmente dalle province ma è interessante perché ci sono 350 zecche, il che vuol dire una grandissima rappresentatività. Per le monete il valore dipende soprattutto dalle condizioni di conservazione, dalla rarità e dalla qualità artistica dell’incisione: riuscire a riprodurre i ritratti del volto e a darne un’espressione è creare un vero e proprio capolavoro. Poi, una moneta leggibile ha un valore maggiore rispetto a un’altra molto consunta e mancante di alcune parti. Ma la conservazione dipende dalla storia del singolo pezzo; di solito quelle trovate negli scavi sono le peggio conservate e rappresentano gli spiccioli. Se poi una moneta è in bronzo ma ne esistono solo due al mondo, vale sicuramente di più di una in oro ma presente con un quantitativo maggiore.■

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FORZA BELLEZZA ASSAGGI DI SPERANZA PRATICA

CHE COS'È LA BELLEZZA CHIEDILO ALL’AMORE Il Festival della Bellezza si propone ogni anno come una sorta di rilievo dello stato di fatto e di ricostruzione, una forma di Rinascimento continuo, un momento di riflessione che rende evidente la percezione della "frattura" tra mondo antico e mondo contemporaneo. E del mondo antico abbiamo ancora sete, diventa sempre cosa nuova, ci seduce. La bellezza non è la somma delle cose più belle, ma l’equilibrio tra le cose.

È A CURA DI DANIELA CAVALLO

IL FESTIVAL PIÙ ELEGANTE CHE IO CONOSCA, per le persone, per i luoghi, per le parole, per le note, per lo stile. Un festival che lascia che la bellezza sia, ovvero quella percezione invisibile di benessere, di cose buone, un momento di concinnitas, di equilibrio, di giusta misura: la bellezza uno stato d’animo sereno, aperto alla conoscenza, all’emozione, senza paura, senza fine. Amore, dunque. Che coss'è l’amor. Chiedilo al vento. È il vento folle che spinge le vele della barca di Ulisse e gli Argonauti ad andare oltre, a viaggiare per scoprire che la meta è tornare a casa. Lo stesso vento che porta a una riflessione filosofica, quella di Massimo Cacciari e Giancarlo Giannini, sulla passione nell’Inferno dantesco. «Che coss'è l’amor. Chiedilo alla porta». Più di una guardarobiera mi viene in mente Reneè, la portiera protagonista del romanzo L'eleganza del riccio e il potere dei libri, quello di far incontrare storie, persone e personaggi, a volte noi stessi. Così Alessio Boni, si fa “libro” per raccontare la messa in scena dei protagonisti di capolavori letterari. «Che coss'è l’amor. È un sasso nella scarpa». Si percepisce sempre un’ironia sottile e assai elegante, raffinata sia nello sguardo, sia nel timbro di voce avvolgente, seducente, sia nelle canzoni di Paola Turci, un’intimità in punta di piedi, con classe, ma diretta, precisa, come se in ogni storia cantata si togliesse un sassolino dalla scarpa. «Che coss'è l’amor. È la Ramona che entra in campo». Emir Kusturica entra in campo facendosi notare, portandosi a braccetto il cinema, quella «grottesca, dissacrante, beffarda, oltraggiosa settima arte che racconta la vita distillata, come acquavite che ubriaca». «Che coss'è l’amor. È un indirizzo sul comò». Quello che ci dice dove dobbiamo andare, ci ricorda da dove veniamo, un luogo prezioso e intimo, dove abitano i sentimenti, ma anche le regole, le emozioni, i desideri, gli eccessi, la violenza, l’amore, e noi stessi. «Dove è il tuo tesoro, lì sarà il tuo cuore», Massimo Recalcati prende come guida Gesù, Ecce homo, la parte debole, più fragile di Dio. «Che coss'è l’amor. È quello che rimane». Quello che rimane è sempre un dubbio, una manciata di 50

sassi in una mano, sabbia che scivola tra le dita, e una domanda guardandosi allo specchio, Chi sono? Fabrizio Gifuni con Amleto allo specchio, racconta di noi, eroi ambigui e problematici. «Che coss'è l’amor». È una canzone. Quella di Vinicio Capossela, ospite del Festival, straordinario cantastorie dei nostri giorni, uno stile raffinato, ma pungente, tra le note di un pianoforte jazz, calde apparentemente improvvisate, e ritmi etnici di territori lontani come echi originari e tribali di memoria collettiva, catalizzatore di mille eroi del passato e di suoi predecessori chansonnier: quelle ballate di Francois Villon riprese da De Andrè e la malinconia di Modugno, quell’uomo in Frac, elegantissimo, come l’estrosità degli abiti di Capossela, vero stile. «Che coss'è l’amor». L’amore è ballare senza fine questi ritmi diversi tra loro e unici come privilegio, ricchezza, consapevoli del mondo e della sua infinita bellezza. «Ahi, permette signorina. Sono il re della cantina. Vampiro nella vigna. Sottrattor nella cucina Son monarca e son boemio. Se questa è la miseria. Mi ci tuffo. Con dignità da re».■


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TOCATÌ, UN PATRIMONIO CONDIVISO

IL GIOCO, DALLE PIAZZE ALL’UNESCO E VICEVERSA Partito dalle vie e dalle piazze di Verona, il Festival Internazionale dei Giochi in Strada continua il suo percorso di ricerca culturale e si prepara per l’appuntamento di settembre (12, 13, 14, 15). Al centro, però, rimangono il giocatore e il suo territorio.

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IOCHI, DANZE E MUSICHE da tutta Italia e da oltre confine torneranno a invadere il centro di Verona dal 12 al 15 settembre. Sarà la diciassettesima edizione del Tocatì, il Festival Internazionale dei Giochi in Strada organizzato da Aga, Associazione Giochi Antichi, con il patrocinio di Comune e Provincia di Verona e Regione Veneto. Confermata anche per quest’anno la collaborazione con Aejest, l’associazione europea degli sport e giochi tradizionali, e rafforzate quelle con il Ministero per i beni e le attività culturali e l’Icde, l’Istituto centrale per la demoetnoantropologia. Continua infatti il percorso di candidatura del Tocatì al Registro delle buone pratiche per la salvaguardia del patrimonio culturale

immateriale dell’Unesco. Un percorso che ha visto una tappa importante il 12 aprile scorso, con un incontro a Palazzo Barbieri che ha riunito intorno a un tavolo gli enti impegnati nella valorizzazione del festival. A sostegno della candidatura anche istituzioni di quattro Paesi, Belgio, Cipro, Croazia e Francia, che si impegnano a replicare il modello del Tocatì nei rispettivi territori. Il dialogo a livello istituzionale non pregiudica però la natura del Tocatì: un festival dei giochi in strada, nato nelle piazze di Verona. Anzi, secondo il vicepresidente di Aga Giuseppe Giacon, è «interessante toccare con mano come sia possibile “dal basso” arrivare a coinvolgere istituzioni pubbliche e private in una rete virtuosa». Questo l’aspetto che l’Unesco probabilmente apprezza di più. «Si tratta di un percorso lungo, che apre a relazioni e arricchisce tutte le parti coinvolte». Una serie di rapporti che hanno avuto anche ricadute concrete sul festival, con finanziamenti e progetti condivisi all’interno del “Forum della cultura ludica”, il cuore del Tocatì, dove le comunità di gioco si presentano e si incontrano. «Il Festival Tocatì è un modello che deve parlare a tutti, non solo al mondo scientifico. L’aspetto originale di far giocare la città non può mancare» sottolinea Giacon. Al Tocatì arrivano comunità che spesso sono in via d’estinzione, con giochi in alcuni casi 52

A CURA DI ALESSANDRO BONFANTE


dalle radici ancestrali, ma che risultano attive e vitali, non pezzi da museo. «Se manca il giocatore che pratica abitualmente l’attività – continua Giacon –, non esiste gioco o sport. Al centro del movimento c’è il giocatore, ancorato al proprio territorio». Ecco l’importanza di un ospite d’onore ogni anno e del confronto sui luoghi di provenienza. «Ci interessa lo spazio pubblico di una comunità, che lo abita e lo rende vivo. Sarebbe riduttivo parlare solo di “giochi di una volta” o giochi per bambini». Del dialogo fra gioco e territorio non mancano esempi anche nel Veronese. Basti pensare ai “caretini a sfera”, che a Novaglie hanno bisogno delle discese naturali delle strade, o delle mura che in tutta Italia sono elemento della tradizione sferistica, compresa la “mura alta” di via Pallone a Verona, citata anche da Goethe nel suo Viaggio in Italia. Un panorama ludico tutto da scoprire, anche per Aga, in continua ricerca. «Un bambino, durante un incontro a scuola – racconta Giacon – ha riconosciuto in un biliardino olandese un gioco simile a quello praticato nel suo paese, Sant’Andrea di Badia Calavena». Una “scaietta”, un piccolo oggetto in metallo, da lanciare su un tavolo fornito di fori con punteggi diversi. Giacon lancia l’appello: «Non siamo ancora riusciti a contattare questi giocatori di Sant’Andrea, ma ci piacerebbe molto incontrarli». Se siete all’ascolto, mettetevi in contatto con l’Aga. Al prossimo Tocatì, chissà, potrebbe esserci spazio anche per voi.■ Chi sarà il Paese ospite del Tocatì 2019? Messico, Catalunya, Cina, Francia del Sud. Sono alcuni degli ultimi ospiti d’onore al festival. La foto della scogliera qui sopra ritrae invece il territorio da cui sono in arrivo gli ospiti del prossimo Tocatì. Se pensate di saper rispondere, inviate una email a redazione@veronanetwork. it. Sul prossimo numero di Pantheon sveleremo l’ospite d’onore e, ovviamente, il nome del lettore più veloce a rispondere correttamente.

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IL RICORDO DEL LINGUISTA GIOVANNI RAPELLI

L’INVESTIGATORE DELLA CULTURA Se n’è andato a 81 anni il linguista e ricercatore veronese esperto di toponomastica. Ha lasciato una preziosa eredità, ora affidata, attraverso le sue oltre 400 pubblicazioni e una ventina di volumi, alle generazioni future.

A CURA DI MARTA BICEGO

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N PICCOLO MAZZO, CON RAMI DI ALLORO e ginestra, appoggiato sul feretro. A deporlo, nella maniera semplice che lui avrebbe apprezzato, sono state mani riconoscenti. Per ringraziare Giovanni Rapelli della cultura, nel senso allargato del termine, che ha saputo trasmettere in 81 anni di vita. C’era il lauro, a simboleggiare la sapienza e la laurea che, almeno sulla carta, non ottenne mai. Nato in una famiglia molto povera, secondo di tre figli, scoprì da bambino la passione per i libri che lo portò ad affermarsi come esperto di linguistica e toponomastica. Nel mezzo, una carriera variegata. Come lo furono le sue esperienze professionali: dopo la scuola di avviamento commerciale, lavorò per due anni come stenodattilografo in un’azienda tedesca; nel 1954 vinse un concorso alla casa editrice Mondadori come allievo tecnico, doratore di copertine, caposezione e controllore della qualità. Sempre guidato dalla genuina dedizione che lo portò a far carriera come correttore di bozze, redattore di opere e traduttore. Raggiunta la pen-

sione, dal 1988 fu socio corrispondente dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona. Poi c’erano le ginestre, richiamo alla modestia. Fiori tali, dal giallo brillante, da lasciare a bocca aperta. La medesima sensazione che si prova oggi a ripercorrere le gesta letterarie di Rapelli, preziosa eredità affidata alle generazioni future. Da autodidatta imparò a parlare, leggere e scrivere varie lingue: inglese, tedesco, spagnolo, latino, greco, russo, giapponese, eschimese. Contribuì a salvare dall’oblio il cimbro, da ricercatore e cofondatore del Curatorium Cimbricum Veronense, associazione che si occupa di tutelare l’idioma tuttora parlato a Giazza. Consegnò alle stampe oltre 400 pubblicazioni e una ventina di volumi, di cui uno in preparazione. Con queste righe la figlia Laura ne sigla il curriculum: «Il motore che ha mosso le sue continue ricerche è stata la passione, che lo ha portato ad approfondire i campi più disparati con profondo rigore scientifico e con la curiosità di un investigatore, come lui stesso amava definirsi».■ 54


PAGINA INTERA

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DUE LIBRI & QUALCHE VERSO

PAGINE PER I GRANDI

A CURA DI

MIRYAM SCANDOLA

IL LIBRO. La domanda è un po’, capitolo dopo capitolo, sempre la stessa: come si colma la propria inadeguatezza? E dunque, in sostanza, come va organizzata la sofferenza che deriva dal sapersi “mal riusciti”? Elizabeth Strout risponde con un romanzo composto da racconti che sono solo le voci di personaggi diversi, rimate in una partitura unica, tutte giocate sul precipizio. Lo scenario, sfondo assolutamente protagonista, è la provincia americana, dolente e indistinta platea di osservatori così come lo è ogni luogo ordinario da cui si proviene e da cui non si riesce a prescindere. C’è Lucy Barton, scappata lontano con una carriera e un ruolo sociale come cesure forti, mai definitive, dell’infanzia deragliata. E poi il fratello Pete, l’adulto-bambino rimasto nella casa dei genitori, che ha timore pure ad andare dal barbiere a tagliarsi i capelli perché non sa bene come ci si deve comportare, come funziona: «dovevo lasciare la mancia, secondo te?». E Vicky che è tutta sbagliata, il riassunto delle strade non prese e per questo così stanca, ma capace di commuovere quando si mette il rossetto sulle labbra perché sta ritornando, per una visita fugace, la sorella “riuscita”, che fa la scrittrice, che ha messo insieme un libro sulla loro infanzia di miseria, di solitudine, di distese di mais, tra gentilezze e rancore.

Titolo: Tutto è possibile Autore: Elizabeth Strout Casa Editrice: Einaudi Pagine: 216

L’AUTRICE. La scrittrice americana nel 2009 ha vinto il Premio Pulitzer per la narrativa con Olive Kitteridge. Tutto è possibile è il suo sesto romanzo e come gli altri contiene la sua poetica, immutata libro dopo libro. «Quello che mi tocca veramente è la sofferenza, perché in generale sono sempre interessata alle modalità con cui le persone riescono a sopravvivere alle proprie ferite». Le sue frasi sono pulite e chiare perché «il lettore deve avere spazio per inserire il proprio vissuto». CURIOSITÀ. Come hanno detto in tanti con parole diverse, The Guardian compreso, questo romanzo tiene insieme storie e dolori distanti con il collante che sigilla, in fin dei conti, tutte le vite: «il sogno di essere compresi». Si è sempre, spesso in forme segrete, falliti, disarmati, ridimensionati di fronte alle proprie aspirazioni. «La vita può lasciare senza fiato», e dio solo sa quanto si è reticenti nell’ammetterlo. Il miracolo della comprensione è quello che mette in scena la scrittrice americana, senza lesinare sulle spietatezze, le indecenze, i ricordi. Perchè dopo averti spezzato, la vita sa accarezzarti con piccoli stati di grazia che, nonostante la fine di ogni cosa, ancora fanno essere possibile tutto.

PAGINE PER I PIÙ PICCOLI

A CURA DI

ALESSANDRA SCOLARI

IL LIBRO. Narra la storia del tredicenne Tobia Lolness, alto un millimetro e mezzo, che lotta per salvare la natura e la sua famiglia. Il padre di Tobia, grande studioso, si rifiuta di rivelare il segreto di una sua invenzione che, se in mani sbagliate, potrebbe distruggere l’intera vita dell'albero in cui vivono. Viene per questo catturato e rinchiuso in prigione e la sua famiglia espulsa dalla comunità ed esiliata nella zona dei “Bassi Rami”, la più inospitale. Tobia riesce a fuggire, ma viene scoperto dal popolo che vive da sempre sulla grande quercia. Tuttavia scappa e inizia un viaggio straordinario in cui paure, ricordi e solitudine si sovrappongono. Incontra Elisha, ma il suo dovere è salvare la famiglia e il segreto. «Se non avesse tentato di salvare i suoi genitori, il resto dei suoi giorni avrebbe perso ogni valore. La sua vita sarebbe stata come un soprammobile posato sopra la mensola di un camino. La questione non era se ce l’avrebbe fatta o no. La questione era che Tobia doveva rischiare la propria vita per loro», questa la riflessione di Elisha. Tre parole per riassumere questo libro? Crescita, coraggio ed ecologia.

Titolo:

Tobia. Un millimetro e mezzo di coraggio

Autore:

Timothée de Fombelle

Casa Editrice:

San Paolo Pagine: 312 Età: da 11 anni

L’AUTORE. Timothée De Fombelle, nato a Parigi (1973), ha seguito spesso il padre, architetto, nei suoi viaggi in Africa, mentre le estati della sua infanzia le ha passate nella campagna francese (a ovest), con i suoi cinque fratelli e sorelle. A diciassette anni ha fondato una compagnia teatrale, in cui ha messo in scena la sua scrittura. Ha insegnato letteratura (in Francia e in Vietnam), pur continuando a toccare il mondo del teatro di cui anche la moglie Laetitia (con la quale ha avuto Jeanne Elisha) fa parte. Come scrittore debuttò con questo romanzo per ragazzi, con il quale nel 2007 ha ricevuto il Premio Andersen. La motivazione recita «Per l’originalità della vicenda che, nel riproporre in modo del tutto nuovo il tema “piccolo popolo”, diventa anche riflessione sui destini del nostro pianeta». La sua seconda opera Tobia e gli occhi di Elisha, tira le fila della prima, raccontando ancora la fragilità del mondo. Con i suoi romanzi Tobia Lolness, tradotti in più di venti lingue, l’autore ha ricevuto una ventina di premi, sia francesi che internazionali. CURIOSITÀ. In questo libro De Fombelle crea un universo in miniatura, metafora del nostro mondo e delle sue tematiche sociali, tra queste anima il testo la questione dell’ambiente che è incarnata dalla lotta tra un popolo che sfrutta l'albero fino a minarne la sopravvivenza e i pochi che lo considerano un essere vivente da amare, rispettare e proteggere. L’avventura di Tobia prende una nuova piega quando percepisce che è diventato abbastanza grande per aiutare questo suo mondo. La fuga diventa così cosciente ricerca e scelta. L’avventura si completa in: Tobia. Gli occhi di Elisha.

SE VI SERVE UN PO’ DI POESIA Alla povera mia fragilità tu guardi senza dire una parola. Tu sei di marmo, ma io canto, tu – statua, ma io – volo.

(Marina Cvetaeva)


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Il Muro di Giulietta A Dino La mia primavera sei tu! Sei il fiore che sboccia, l’erba verde del prato, il profumo del bosco,

L’amore è uno come te che mi dice: "Mi sta solo a cuore che tu faccia ciò che desideri". (Io per te)

l’aurora che sorge e il cammino verso il tramonto.

Noi due siamo inevitabili.

(Ti amo, C.)

(Mario)

Solo chi ha amato sarà, un giorno, perdonato (Vittorio)

Tutto questo tempo passato a tentare di sbiadirti, ma mi sei dentro sempre meno indecisa di prima. (Sara)

Ti abbraccio piccola mia. (Federico per Anna) Sull’amore io ho da dire le stesse identiche cose che hanno da dire tutti. È stato un piangere regolare pure nella sua forma inutile e soffusa, una conversazione con pezzi così profondi di me che anche quando rileggo messaggi che recavano indecisioni così dure, io ancora provo una disperazione mai riassunta.

A te che ti sposi con l’uomo coretto. Ti combacia, ti conosce nelle risate e nelle disperazioni. Grazie per avermi insegnato come va spesa la vita amando. (per Lucia)

Ma sopra tutto, e soprattutto, eri tu.

(C.)

(Daria)

VUOI DICHIARARE IL TUO SENTIMENTO (di qualsiasi intensità sia)? 57

INVIACI IL TUO PENSIERO


L’ARTISKATE E LE SUE CONQUISTE INTERNAZIONALI

PATTINI D’ORO

Le ragazze dell'Artiskate

Da dieci anni Artiskate porta in pista decine e decine di piccoli pattinatori a rotelle. Di recente sono arrivate nella bacheca del club due medaglie d'oro, frutto delle vittorie ai Campionati europei del quartetto senior e di quello jeunesse.

S

ERVE UNA GRANDE faccia tosta per definire "minore" uno sport che ti porta su un palcoscenico internazionale. Se il traguardo è un metallo pregiato, poi, sicuramente in più di un caso sorgerà qualche rammarico che quello sport non sia nel gotha dei Giochi Olimpici. Questa è la dimensione di Artiskate Asd, club veronese di pattinaggio a rotelle nato dieci anni fa, che in ogni stagione manda in pista quasi duecento atleti tra i 4 ed i 22 anni. Il principale scopo di Artiskate non è però quello della competizione spinta, come spiega il presidente Stefania Poli, ex atleta e ora tecnico: «Noi cerchiamo di dare il massimo, a partire dal livello tecnico dei corsi base, giocando ed insegnando ai nostri atleti la musicalità. Ci piace che stiano bene, in un ambiente dove si divertono e vengono con piacere. Questo ci ripaga. Vedere che tantissimi si iscrivono anno dopo anno e che molti arrivano a noi con il passaparola è una soddisfazione». Il che equivale a dire che non conta tanto dove si arriva, ma come ci si arriva.

Eppure la Artiskate non può non andar fiera delle proprie squadre pluripremiate. Ad esempio allo European Championship Show & Precision 2019, tenutosi a Reggio Emilia ad inizio maggio, il quartetto senior Celebrity (Anna Miglioranzi, Irene Fattori, Giada Togni e Chiara Bertani) e quello jeunesse Magic Skate (Martina Mannino, Michela Vesentini, Matilde Bendinelli e Nicole Corradini) hanno entrambi portato a casa il massimo risultato, cioè il titolo continentale. Il prossimo obiettivo sono gli World Roller Games, i mondiali delle discipline su rotelle che si svolgeranno a Barcellona ad inizio luglio. «Sono dell'idea – continua Poli, che allena assieme a Sabrina Scatizzi ed altre sette aiutanti – che il nostro dovere sia di aiutare gli atleti a raggiungere certi obiettivi, dando supporto tecnico e psicologico. È uno sport in cui ognuno va in pista da solo, anche quando fa parte di una squadra. È importante tutto il percorso dell'atleta: non dimentichiamo che quasi tutti i nostri tesserati vanno ancora a scuola. Poi c'è chi arriva e chi no, ma per noi questo è un altro discorso».■

L'ARTISKATE ASD, NATO DIECI ANNI FA , OGNI STAGIONE MANDA IN PISTA QUASI DUECENTO ATLETI 58

A CURA DI EMANUELE PEZZO


DI CORSA SULLA VIA DEI LAVORATORI DI SELCE

I FOLENDARI SONO TORNATI In Lessinia è nata una nuova gara podistica, battezzata con l'antico nome degli abitanti di Cerro Veronese. Ad organizzarla per l’8 giugno tre giovani del posto legati alla Polisportiva Cerro e animati dalla voglia di farla diventare appuntamento fisso. A CURA DI EMANUELE PEZZO

È

PARTITA COME UNA SCOMMESSA particolare, una di quelle da fare a mente leggera perché guidate dall'entusiasmo più che dal rischio di perdere la posta in palio. Il Trail dei Folendari, corsa in montagna in calendario l'8 giugno, è nato dalla passione di tre ragazzi di Cerro Veronese. Qualche mese fa Filippo Tomelleri, Giacomo Lavarini e Daniel Vinco hanno proposto alla Polisportiva Cerro di formare una squadra giovanile di corsa: con l'appoggio della realtà sportiva è nato il gruppo "Lessinia Runner", ora formato da una quindicina di ragazzi. Una gara podistica studentesca, già in programma da tempo e organizzata dalla polisportiva, ha fatto scoccare la scintilla: perché non organizzare di seguito un trail aperto a tutti? «Viviamo in una zona stupenda, immersa nella natura e con sentieri veramente ben curati

Il percorso da 30 km supererà gli 800 m di altitudine in corrispondenza del Forte di Santa Viola, abbassandosi a 400 tra le località Torcolo e Carbonara

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– le parole di Tomelleri – quindi abbiamo intrapreso questo nuovo progetto che ci auguriamo possa diventare appuntamento fisso e movimentare il paese». Gli organizzatori, sostenuti anche da Comune, pro loco, Gruppo Escursionismo Cerro Veronese e Fidas, hanno scoperto che, in tempi remoti, gli abitanti di Cerro erano noti come batisalini o folendari. Da queste parti era uso comune, infatti, trovare e sagomare pezzetti di selce da trasformare, ad esempio, in acciarini per le prime armi da fuoco. Da qui il nome ed il logo, formato dalla sagoma di una pietra focaia grezza con all'interno l'ombra di una punta lavorata. I partecipanti si metteranno alla prova su due differenti percorsi, uno da 15 km ed uno da 30. I dislivelli saranno sensibili, ma sono stati studiati per permettere di avvicinarsi alla corsa in montagna e visitare luoghi suggestivi come il Vajo di Squaranto, il Forte di Santa Viola ed il Sentiero delle Sorgenti. «Personalmente – dice Lavarini, ex sciatore di fondo – amo stare a contatto con la natura. La corsa permette di farlo senza troppe complicazioni e speriamo che tanti veronesi sfruttino questa occasione per conoscere il nostro meraviglioso territorio».■


CONSIGLI E RIFLESSIONI TARGATI ADICONSUM

L'EUROPA DAL PUNTO DI VISTA DEI CONSUMATORI In questo mese che segue le elezioni europee e precede le peregrinazioni estive non poteva mancare uno sguardo di insieme sulla tutela del consumatore nei vari Paesi dell'Unione.

C

I HA PENSATO il Centro Europeo Consumatori (CEC) Italia a fornire una panoramica sull'applicazione della normativa consumeristica da parte dei diversi stati membri dell'UE. Non è noto a tutti, infatti, che il Codice del Consumo italiano trova origine in alcune direttive comunitarie alle quali ciascuno stato europeo deve adeguarsi, seppure con una certa libertà d'azione. Questa libertà di azione ha dato vita, in alcuni casi, a pratiche di tutela particolarmente lodevoli. Eccone alcuni esempi tratti dall'indagine del CEC Italia (www.euroconsumatori.org): SPAGNA E PORTOGALLO: PAROLA D'ORDINE “HOJAS DE RECLAMACIONES” In Spagna e Portogallo gli hotel, i ristoranti ed i negozi devono avere delle schede di reclamo e consegnarle ai clienti che le richiedono. Se questi ultimi non sono soddisfatti di un servizio, possono utilizzare questi moduli per presentare un reclamo. L'imprenditore deve inoltrare il reclamo ad una associazione a tutela del consumatore riconosciuta. FRANCIA: NIENTE ONERE DELLA PROVA Per i prodotti acquistati nell'UE esiste una garanzia legale di due anni. Grazie a questo diritto i clienti possono richiedere la riparazione o sostituzione gratuita del prodotto difettoso. Il presupposto è che il difetto fosse già presente al momento della consegna della merce. In Francia si presume che questa condizione sia soddisfatta per tutta la durata della garanzia, ovvero i consumatori non devono provare nulla.

REPUBBLICA CECA: AL RIPARO DAI “FAKE SHOP” L'organizzazione ceca dei consumatori, “Česká obchodní inspekce” (COI), tiene un elenco di negozi online le cui condizioni generali di contratto non sono chiare o non si capisce chiaramente chi sia il venditore. COI mette dunque in guardia dai siti dai quali sarebbe meglio non acquistare. Alcuni motori di ricerca visualizzano anche un messaggio di avvertimento non appena un utente sta per accedere alle pagine interessate. AUSTRIA: RINNOVO AUTOMATICO SOLO CON PREAVVISO In Austria gli abbonamenti per palestre, riviste e simili possono rinnovarsi automaticamente. Tuttavia l'azienda deve informare i consumatori in tempo utile, vale a dire prima della scadenza del termine di preavviso, in merito a questo rinnovo automatico, dando così la possibilità al consumatore di evitare un tacito rinnovo. Il CEC Italia è il punto di contatto nazionale della rete dei Centri Europei dei Consumatori (ECC-Net), istituita dalla Commissione Europea e cofinanziata dagli Stati Membri con il compito di informare i consumatori sui loro diritti ed assisterli in caso di controversia transfrontaliera.■ www.adiconsumverona.it

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A CURA DI CARLO BATTISTELLA DI ADICONSUM VERONA


PAGINA INTERA Partecipa al nuovo progetto di produzione di energia per la tua casa! Acquista quote degli impianti fotovoltaici le Fattorie del Salento, il nuovo progetto della cooperativa WeForGreen Sharing, sviluppato per permettere alle persone che non possono installare un proprio impianto fotovoltaico perché abitano in condominio, sono in affitto o hanno vincoli storicoarchitettonici, di autoprodurre e consumare la propria energia pulita. Associarsi alla cooperativa e partecipare al progetto significa:  autoconsumare solo energia rinnovabile che utilizza il sole come fonte di approvvigionamento,  ripagarsi la bolletta grazie ai benefici dei ristorni e degli altri vantaggi che la cooperativa riconosce ogni anno a ciascun socio,  sviluppare una propria indipendenza nei consumi di casa grazie all’autoproduzione di energia.

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PILLOLE DI MAMMA CON UN PO’ DI AMOREVOLE IRONIA

Comprare online è un gioco… da mamme

Quando è arrivato l’ultimo addebito della carta di credito, ho sentito un tuffo al cuore. Qualcosa doveva essermi sfuggito di mano. Complice l’effetto dell’articolo Lo shopping aumenta l’autostima che spopola sui social, mi sono evidentemente sentita autorizzata a riempire carrelli online e a loggarmi senza indugio nei migliori siti per bebè ed annesse mail promozionali, senza un briciolo di senso di colpa, anzi, sarebbe meglio dire, senza ritegno.

S

OPRATTUTTO NEI PRIMI ANNI di vita dei tuoi figli, non hai tantissimo tempo per uscire e, se lo fai, devi portarli con te, con tutta una serie di complicazioni: caldo, freddo, capricci, seggiolini, macchina, parcheggio, «ho fame», «ho sete», «mi scappa la pipì». Capita anche di essere in condizioni talmente disastrose che l’idea di andare a comprare qualcosa, in uno di quei negozi stupendi per bambini, dove tutto è bio, ecologico, solidale, costosissimo ma indispensabile per tuo figlio, ti fa sentire tremendamente a disagio. E allora, cosa fai? Lo cerchi online. I soggetti più a rischio e, sottoposti a facili ricadute, sono sicuramente quelli che hanno i figli che dormono tanto (finalmente un po’ di giustizia, accidenti) e che, stando a casa, si ritrovano spesso davanti ad un PC o, con uno smartphone fra le mani. Le donne in gravidanza, con la sindrome del nido per il futuro nascituro, scalano le classifiche come addicted dello shopping online. Sul web si trova di tutto: articoli di cui ignoravi l’esistenza. Il più delle volte non sai nemmeno a cosa servono ma, una volta visti, non puoi più farne a meno. Sono tre i fattori che fanno leva sulla propulsione all’acquisto delle mamme: le offerte (secondo noi) imperdibili, la sfida fra te e il carrello per raggiungere la soglia della spedizione gratuita o dello sconto immediato e il brivido di non farsi beccare da tuo marito. In realtà lui sa ma tace, colpevole la sua affezione alla serie Gomorra. Tuttavia, non appena si accavallano pacchi sulla porta e il suo occhio da rapace scorge nella rubrica del cellulare i numeri del corriere di Sda, della Bartolini e anche di Ups (spedizioniere tipico degli oggetti fragili) ha un giramento di… testa non indifferente. Ecco, è qui che il silenzio finisce. In questi casi personalmente tendo a defilarmi e ad autoassegnarmi l’addormentamento delle bimbe e lo svuota lavastoviglie per tutta la settimana. La buona notizia è che questa fase poi passa: dopo i ve-

stitini, gli accessori (inutili) per il passeggino, le decorazioni per la cameretta perfetta, i foto-libri, arrivi a dire basta almeno per un po’. Ora scusate, ma finché le bimbe sono a scuola, cerco qualche costumino per l’estate...■ 62

A CURA DI SARA AVESANI


articolo pubbliredazionale

Scoliosi: una patologia che si manifesta a tutte le età

A cura della dott.ssa Antonella Vangelista - Specialista in Medicina Fisica e Riabilitativa

Per evitare che peggiori negli anni, è molto importante riconoscere una scoliosi già da piccoli e adottare gli opportuni provvedimenti. La scoliosi è una deformità della colonna vertebrale che ne modifica progressivamente la struttura fino ad assumere una forma ad “S Italica”. La causa della scoliosi è legata ad una rotazione di una serie di vertebre che porta la colonna a deformarsi; ne consegue un cambiamento del proprio aspetto fisico: ci si accorge di avere una spalla più alta dell’altra, una scapola più sporgente, il bacino inclinato, i fianchi asimmetrici ed una inclinazione laterale della postura. La scoliosi può manifestarsi a qualsiasi età, già dai primi anni di vita (scoliosi infantile e giovanile), durante l’adolescenza (scoliosi adolescenziale idiopatica) o in età adulta (scoliosi adolescenziale misconosciuta). Una caratteristica di quella infantile, giovanile e adolescenziale è la completa assenza di dolore: i ragazzini arrivano all’osservazione del medico per il cambiamento dell’aspetto fisico, notato dai genitori o dagli insegnanti di educazione fisica. Al contrario, il dolore è il principale sintomo della scoliosi nell’adulto, al quale si può associare pesantezza alle gambe con conseguente limitazione nei movimenti. La scoliosi deve essere individuata tempestivamente per essere curata e contenuta. Una diagnosi precoce rappresenta l’arma più efficace per un trattamento mirato ad arrestare la patologia senza gravi conseguenze. Il primo step è un’attenta valutazione clinica alla ricerca di quelle anomalie tipiche di una scoliosi. Sarà infine una radiografia in posizione eretta dell’intera colonna Dottoressa Antonella Vangelista

vertebrale a confermare la diagnosi. Oggi l’apparecchiatura più evoluta per ottenere queste informazioni è il sistema EOS 3D a basso dosaggio di radiazioni ed è disponibile in nuova clinica di Verona Est. Nei casi di scoliosi di grado lieve e di grado moderato può essere sufficiente una specifica ginnastica correttiva alla quale, nei casi più severi, viene associato l’uso di corsetti correttivi e fisiokinesiterapia. Solo i casi più gravi (curve che superano i 40 gradi) necessitano della terapia chirurgica. Lo sport è necessario, nella scoliosi, a complemento della kinesiterapia posturale individualizzata. Tuttavia alcuni sport acrobatici andrebbero evitati per l’eccesso di mobilità che conferiscono alla colonna vertebrale. Una valutazione specialistica fisiatrica potrà stabilire il corretto percorso riabilitativo e sportivo per ogni tipologia di scoliosi e per ogni individuo.

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ANGOLO PET CANI, MICI&CO

L’AMORE DI UN CIGNO La triste vicenda del cigno ucciso, forse a bastonate, a Recoaro Terme, lo scorso 3 maggio, ha fatto il giro dell'Italia. Appena un paio di giorni dopo, la sua compagna è morta: aveva smesso di mangiare. Un amore perenne caratteristico di questa specie: spesso i compagni o le compagne non sopravvivono a lungo quando muore uno dei due. A CURA DI INGRID SOMMACAMPAGNA

D

OVE PUÒ ARRIVARE L'AMORE di un cigno per il proprio compagno di vita? Anche alla morte. Nella vicenda di Recoaro il maschio è stato trovato morto con il collo spezzato venerdì, mentre la femmina si è lasciata morire domenica, sempre nel laghetto superiore del parco Fortuna, dove vivevano insieme dal 2003, fianco a fianco. Vi erano arrivati sedici anni fa, sostituendo un'altra coppia colpita da una simile tragedia, la cui femmina però era sopravvissuta alla morte del compagno ed era stata trasferita al lago di Fimon. Nella recente vicenda la morte del maschio è stata fatale anche per lei, che si è lasciata morire di fame o, forse, di crepacuore, come capita negli amori più profondi che pochi di noi conoscono. Il cigno è un animale che racchiude eleganza, bellezza e fedeltà. Il collo lungo e sinuoso è composto in media da 20-30 piccole vertebre snodabili che gli donano posture aggraziate, soprattutto durante il rito nuziale, mentre nuota appaiato alla sua compagna, tuffando il capo nell'acqua, allo stesso identico ritmo. I cigni hanno una forte difesa del territorio, della prole e della coppia, e diventano aggressivi anche nei confronti degli

umani se si avvicinano troppo al nido. Il cigno è l'animale monogamo per eccellenza e stenta a ricrearsi una nuova relazione dopo il venir meno del proprio compagno, anzi, potrebbe morire come è successo alla femmina di Recoaro, e nei rari casi di riaccoppiamento, si lega nuovamente per sempre. Non c'è alcun dimorfismo sessuale (maschio e femmina non si distinguono) e la fedeltà sembra derivare dal meccanismo riproduttivo, visto che la migrazione, la costruzione del nido, la covata e l'occuparsi dei piccoli, sono attività che investono molto spazio nella loro vita. Spesso, anche sulle rive del lago di Garda, si ammirano mentre si accarezzano, si baciano sul becco e si avvinghiano con il collo, testimonianza del loro grande amore. Un amore puro che ha tanto da insegnare al nostro mondo, dove regna il materialismo e l'interesse anche nei sentimenti. Ciò che è successo alla coppia di cigni – il sindaco del paese ha assicurato che entro un anno la zona sarà videosorvegliata per evitare che si ripetano episodi così crudeli – deve servire da monito per riflettere sulla nostra società. I grandi amori esistono e superano la morte.■ 64


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STORIE DI STORIA LIBERAMENTE ROMANZATE

SOTTORIVA, TRA DELITTI E AVE MARIE C'erano i mulini con le loro concerie. Uno in fila all'altro lungo lo scorrere dell'Adige, appena dopo l'ansa di Ponte Pietra. Costellavano le sponde, là dove alzando un poco lo sguardo, si possono scorgere le bellezze del Teatro Romano e la solidità militare di Castel San Pietro. E poi c'era Sottoriva.

U

N POCO PIÙ AVANTI l'Interrato dell'Acqua Morta, dirimpettaio di Sottoriva, chiamata così perché più bassa del corso del fiume. Una via che rappresenta la vecchia Verona con quel lungo, basso e cupo porticato (che oggi rivive grazie alle Osterie alla moda), che le dona ancora un aspetto medioevale. Passeggiando infatti di notte, all'oscuro dell'elettricità e con un poco di fantasia, può tornare alla mente il trafficare dei sicari che proprio in quegli angoli bui portavano a compimento i loro affari: "...Drio ai pilastri dei pòrteghi, nei vicoli sconti, tra el fumo de te torse a vento, sempre su quela a sfidar pericoli, a tri, quatro, a compagnie de cento i se spetava par saltarse adosso..." Dei veri e propri "bravi alla Promessi Sposi". Sarà per quello che qui sorge un piccolo altare dedicato alla Madonna. Dopo il delitto infatti, con un Ave Maria, si poteva ricominciare daccapo, puri d'animo e di spirito. Sottoriva vide i suoi tempi bui alla fine dell'estate del 1882 quando la piena dell'Adige sconvolse la vita della nostra città. Fu proprio un mulino, simbolo della Verona pre-Muraglioni, il “sicario” del Ponte Novo. Nella piena infatti, si sganciò dagli ormeggi e vi andò a sbatter contro: *"...Maria Santa! - Tra un rosso de barlumi da Sotoriva scapa un bastimento, l'infila el ponte el se ghe insuca drento, el fa 'na scapriola e el va in frantu-

mi! Mama, che bota! Ponte Novo, che te guardavi sempre le piture del **palasso Da Lisca coi putini!...". Fascino di tempi lontani che Sottoriva mantiene ancora a centinaia d'anni di distanza. Anche con i Muraglioni.■

A CURA DI

MARCO ZANONI

* Tratto da"Sogno de l'acqua grossa", Berto Barbarani ** Palasso Da Lisca: palazzo ora demolito per far posto ai Muraglioni. Era ricco di affreschi di Brusasorzi e Tullio India, ora raccolti nel palazzo della Gran Guardia a Verona.

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BELLEZZA AL NATURALE SÌ, QUESTA RUBRICA NON CONTIENE PARABENI

BURRO DI CACAO, L’ELISIR PER UNA PELLE SEMPRE GIOVANE Tutti siamo infinitamente grati dell’esistenza del cacao: non solo perché senza questa pianta non esisterebbe il cioccolato, ma anche per le eccellenti proprietà che il burro che se ne ricava ha in ambito cosmetico. In generale il burro di cacao ha proprietà emollienti, idratanti e antiossidanti: stimola la produzione di collagene, mantenendo la pelle tonica ed elastica.

UN ESEMPIO? LA MOUSSE NUTRIENTE PER PELLI MATURE: Sciogliete in un pentolino, a bagnomaria o in microonde una tazza di burro di cacao e mezza tazza di olio di cocco, mescolando bene. Aggiungete 10 gocce di olio essenziale di rosa e fate raffreddare per circa mezz’ora in freezer, poi lavorate il composto solido per circa 5 minuti. Il risultato sarà una crema “montata” molto soffice e profumata, che grazie agli antiossidanti dei burri presenti potrà durare per circa 3 mesi. Questa mousse è perfetta come trattamento anti-age notturno, da spalmare sul viso prima di andare a dormire in piccola quantità. L’effetto all’applicazione è leggermente “unto” ed è per questo che è meglio evitare di utilizzarla in sostituzione della crema da giorno. 68

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CLAUDIA BUCCOLA


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IL GLOSSARIO PER CAPIRE COME SI CAMBIA UNA PAROLA PER VOLTA

LA NASPI, IN BREVE

La Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI) è l’indennità mensile di disoccupazione che si sostituisce alle precedenti prestazioni di disoccupazione (Aspi, Mini Aspi, indennità di disoccupazioni ordinarie e a requisiti ridotti). Si ottiene per periodi di disoccupazione involontaria che si sono verificati a decorrere dal 1° maggio 2015.

L

A MISURA DELLA NASPI È PARI AL 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni. Spetta ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che hanno perduto involontariamente l'occupazione, compresi: apprendisti, soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le medesime cooperative, personale artistico con rapporto di lavoro subordinato e dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni. Mentre non possono accedere alla prestazione: dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni, operai agricoli a tempo determinato e indeterminato, lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per i quali resta confermata la specifica normativa, lavoratori che hanno maturato i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato, lavoratori titolari di

assegno ordinario di invalidità, qualora non optino per la NASpI. L’assegno è corrisposto mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive presenti negli ultimi quattro anni. Ai fini del calcolo della durata non sono conteggiati i periodi di contribuzione che hanno già dato luogo a erogazione di prestazioni di disoccupazione. La NASpI viene corrisposta su domanda del lavoratore per via telematica entro 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro: Per presentare la domanda di disoccupazione sarà obbligatorio compilare il modulo Inps ed inviarlo nelle seguenti modalità: ■ Dal sito www.inps.it, direttamente dal cittadino in possesso del PIN ■ Tramite patronato sindacale ■Tramite Contact Center Multicanale INPS INAIL, chiamando da rete fissa il numero gratuito 803164 70

VISITA IL SITO

A CURA DI EMILIANO GALATI, SEGRETARIO FELSA CISL VENETO


Articolo Pubbliredazionare

Alla SER.I.T il Premio Resa per la raccolta dell’alluminio

Massimo Mariotti Presidente SER.I.T

Alla S erit, re alt à che op era con 58 Comuni d el veronese, è st ato asse gnato il “Premio Resa” 2018 assieme ad alt re due so cietà che op erano nel Veneto. L’imp or tant e riconoscimento arriva dal CIAL, Consorzio N azionale p er il Re cup ero e il Riciclo dell’Alluminio, calcolato sui conf erimenti totali eff et t uati nel corso d ell’anno solare,

rapp or t andoli agli abit anti ser viti dal so gget to convenzionato p er la det erminazione d ella relativa resa pro - capit e. Alla luc e d ei dati analiz zati e dei risult ati di rac colta diff erenziat a de gli imb allaggi in alluminio in I t alia relativi all’anno 2018, il CIAL ha stilato una sp e ciale classifica che individua i Comuni, e i gestori d ei rifiuti urb ani, con l e migliori p er formanc e quantit ative e qualitative di ra ccolt a diff erenziat a de gli imb allaggi in alluminio. I mat eriali int eressati alla raccolt a sono lat tine p er b evand e, vaschet t e e scatolet t e p er il cib o, t ub et ti, b omb olet t e spra y, t appi chiusure e d anche il f o glio sot til e. «La sc elta vinc ent e è st at a di aver abbinato la raccolt a dell’alluminio con la plastica generando così un multimat erial e le ggero pre disp onendo a vall e, nella nost ra se d e a Cavaion, uno sp e cifico impianto di sel ezione,spie ga il president e di S erit M assimo M ariot ti. - Un app osito def eriz zatore, unito ad un impianto di va gliat ura, p ermet te di garantire agli impianti di re cup ero un elevato st andard qualit ativo. B asti p ensare che nel 2018 la nost ra raccolt a di alluminio ha

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sup erato l e 122 tonnellat e». Da sot toline are che il t rend, p ar ticolarment e so ddisf a cent e p er quanto riguarda la qualit à del mat erial e conf erito che, at t ualment e, si at t est a ad olt re il 96% di “purez za”, ha spinto il Consorzio CIAL ad op erare una revisione dei valori e conomici d el “Premio resa” increment andolo d el 4 4%, già p er il 2018. L’obbiet tivo è quello di stimolare la crescit a d ei conf erimenti, allargare il numero dei so gget ti e b acini premiati, nonché consolidare e fid eliz zare i rapp or ti in un’ot tica di t rend di svilupp o d ell e quantit à gestit e. L’analisi d ei so gget ti conf erenti, d ei relativi b acini ser viti, d ell e dinamiche di resa in f unzione d ell e mo dalità di raccolt a e d ell’efficienza impiantistica ha inf at ti suggerito di ampliare le f asce di resa pro - capit e e di int ro durre una diversificazione anche p er f asce di quantit à conf erit e dai so gget ti convenzionati. La raccolt a diff erenziat a dell’alluminio in I t alia è in continua crescit a. Ad o ggi sono più di 6.70 0 i Comuni it aliani dove è organiz zato il ser vizio di ra ccolt a (l’83% d el tot al e) con il coinvolgimento di 54 milioni di cit t adini.


CALENDARIO DEL MESE gli eventi di Giugno 2019, secondo noi

02

04

L’ODISSEA DI KUBRICK Federico Buffa Luogo: Teatro Romano Ora: 21:30

07

SULLE STRADE - Festival del Libro di Viaggio e di Avventura Luogo: Fumane Ora: tutto il giorno

01

10

03

I COLORI CHE SENTO Luogo: Sant’Eufemia Ora: tutto il giorno

05

RAFFAELLO - Vittorio Sgarbi Luogo: Teatro Romano Ora: 21:30

06

BURATTINI A PUNTATE Luogo: Sant’Eufemia Ora: 13:00

08

VINICIO CAPOSSELA Luogo: Teatro Romano Ora: 21:30

09

OSTE IN MEZO ALE DONE Luogo: Sant’Eufemia Ora: 21:00

11

FESTA DEL VINO CUSTOZA Luogo: Custoza Ora: tutto il giorno

Appassionati della tua storia, senza relazionare l’andamento ad altri, per una volta.

I GIRI DELL’ADIGE Luogo: Verona Ora: 19:00

12

Hai questa vita, questo girotondo di possibilita. Provaci a renderti indelebile nel cuore di qualcuno. ’

DELITTI, MISTERI E LEGGENDE Luogo: Verona Ora: 10:00

a cura di Paola Spolon

legenda MOSTRE/

CINEMA

LIBRI

MUSEO

SPORT

INCONTRI


13

ROUTE 66 IL MITO AMERICANO - Roberto Rossi Luogo: Museo Africano Ora: 20:30

14

A CENA CON I JAZZISTI Luogo: Hotel Due Torri Ora: 20:00

16

VISITA GUIDATA VILLA ROMANA Luogo: Villa Romana di Valdonega Ora: 16:00

17

MOONLIGHT RIDE Luogo: Valpolicella Ora: 19:00

19

STORYVILLE STORY con Mauro Ottolini e Fabrizio Bosso Luogo: Teatro Romano Ora: 21:15

20

6a Edizione Stati Generali della Lessinia Luogo: Teatro Vittoria Ora: 18:00

22

CARMEN CONSOLI Luogo: Teatro Romano Ora: 21:00

23

TOM WALKER Luogo: Teatro Romano Ora: 21:00

25

MASSIMO VOLUME e GIARDINI DI MIRÒ Luogo: Teatro Romano Ora: 21:15

26

28

LA TEMPESTA Luogo: Teatro Romano Ora: 21:15

29

FIERA

DANZA

MUSICA

Vai e concediti una merenda sontuosa, scegli una brioche farcita e riconciliati un poco con le tue fatiche.

ROOKAZOO MUSIC FESTIVAL Luogo: Bastioni - Vallo di Città di Nimes Ora: 18:00

AMORE

15

MORBLUS BAND Luogo: Bar The Brothers Ora: 20:30

18

BRUNELLO ON TOUR Luogo: Osteria Caffè Monte Baldo Ora: 17:00

21

ENRICO RAVA Luogo: Teatro Romano Ora: 21:15

24

GLENN MILLER ORCHESTRA Luogo: Teatro Romano Ora: 21:00

27

AIDA Luogo: Arena di Verona Ora: 21:00

30

MALGALONGA XI Luogo: Fosse Ora: 09:00

CARNEVALE

TEATRO


in cucina con Nicole Qualche idea sana, golosa (e molto semplice) per le vostre giornate www.nicolescevaroli.com a cura di NICOLE SCEVAROLI

FISH BURGER CON MAIONESE DI CAROTE Tra le due fette di pane è racchiuso un filetto di salmone succulento Ingredienti (per 2 persone)

APPUNTI NUTRIZIONALI

• 2 filetti di salmone • 2 carote • mezzo bicchiere di olio di girasole un cucchiaio di olio extra vergine d’oliva • il succo di mezzo limone, un cucchiaio di aceto di mele, sale • insalata iceberg • 2 panini

Il salmone contiene proteine e grassi buoni molto im-

Lessate le carote, frullatele con olio di girasole e d’oliva, succo

portanti per la nostra salute, mentre i ceci sono un’ot-

di limone, aceto di mele e sale. Fate raffreddare. Cuocete i filetti

tima fonte di carboidrati, fibre e proteine di origine ve-

di salmone in una padella molto calda. Componete il panino

getale. L’aggiunta dell’uovo nell’impasto rende il burger

con insalata, salmone e maionese di carote.

di ceci una ricetta vegetariana - e non vegana - perfetta come alternativa al classico burger di carne.

BURGER DI CECI CON SALSA COLESLAW Un hamburger facilissimo da preparare, arricchito da una salsa croccante Ingredienti (per 2 persone) • 1 uovo, pan grattato • un pezzo di cappuccio bianco e viola, 1 carota, 1 cipollotto • 125ml yogurt bianco senza zucchero, 1 cucchiaino di senape, aglio in polvere • insalata iceberg • 2 panini Frullate i ceci con aglio, scalogno, sale e uovo. Aggiungete pangrattato fino a rassodare l’impasto. Create degli hamburger, cuoceteli in una padella calda. Affettate finemente cappuccio, carote e cipollotto, condite con yogurt, aglio in polvere e senape. Componete il panino con insalata, burger di ceci e salsa.


6 A E D I Z I O N E S TAT I G E N E R A L I D E L L A

LESSINIA E LE SUE VALLI LAVORO, TURISMO E AMBIENTE COSTRUIAMO INSIEME LA LESSINIA DI DOMANI

GIOVEDÌ 2O GIUGNO 2019 O R E 18:00 - 19:30

Teatro Vittoria - Bosco Chiesanuova (VR) P.zza Marconi, 35

Sono invitati:

• • • •

Amministrazioni Istituzioni Imprese Cittadini

Iscrizioni su marketing@veronanetwork.it - www.veronanetwork.it - Tel. 045 8650746

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Prezzi validi salvo errori ed omissioni fino ad esaurimento scorte. Tutte le foto hanno valore puramente illustrativo. OFFERTE ESCLUSE DA ALTRE PROMOZIONI IN CORSO


A CURA DI

ANDREA NALE

L'OROSCOPO ALLA NOSTRA MANIERA

21 MARZO - 20 APRILE

ARIETE

Il potere di un diario lo si riconosce anni dopo averlo scritto, quando rileggere qualche riga equivale a riportare al presente un’intera e immensa gamma di sensazioni e ricordi. Qualcosa, in quest’estate che nasce, sta per travolgervi allo stesso modo, anche senza che voi abbiate scritto alcunché. Come farà, lo scoprirete da soli.

21 APRILE - 20 MAGGIO

TORO

21 MAGGIO - 21 GIUGNO

22 GIUGNO - 22 LUGLIO

Avete mai distrutto qualcosa per colpa vostra? Non parlo di distruzioni materiali, parlo di distruggere un rapporto, una fiducia, un’amicizia. In questo periodo dovete fare molta attenzione a come vi muovete nel mondo, Gemelli, c’è della tensione che vi fa essere come il famoso elefante nel negozio di cristalli.

Qual è la differenza tra saper cogliere il meglio dalle situazioni complesse e saper invece soltanto lamentarsi costantemente? Cari Cancro, siete da sempre l’emblema della positività e della forza d’animo, è il momento di rimboccarvi le maniche anche per gli altri e trasmettere al mondo un po’ della vostra grinta ed energia.

GEMELLI

Alcuni scienziati in California stanno studiando il modo per congelare i corpi umani ed ibernarli fino ad un tempo indefinito nel futuro. Tralasciando il confine tra la scienza e la fantascienza, ci sono cose che avete ibernato fin troppo tempo, Toro, è il momento di scongelarle e farle tornare nel mondo reale. Lo sapete, voi, a cosa mi riferisco.

CANCRO

23 LUGLIO - 23 AGOSTO

24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE

23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE

23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE

Pensate mai, ultimamente, a cosa voglia dire sentirsi appagati in amore? Vuol dire essere corrisposti? Cercati? Ammirati? Vuol dire vivere un rapporto che ci faccia sentire forti e sicuri? Forse tutto questo assieme, sempre, ma è il momento di scavare a fondo per capire l’origine, nel rapporto, di quel vostro senso di inadeguatezza.

Siete stati produttivi a sufficienza, è il momento di prendersi dei mesi per affrontare tutti gli aspetti della vita, come il lavoro e le relazioni, attraverso l’antica e micidiale arte del tergiversare. Non potete farlo per sempre ma ora questo è il vostro momento. Godetevi la pace e un cervello che pian piano saprà riordinarsi.

In Cina ci sono vari pescatori che pescano con gli uccelli di fiume, nel mondo arabo molti cacciatori usano i falchi per cacciare. Siete mai stati tanto in simbiosi con la natura? Forse no o, forse, non ci avete mai fatto caso. Inizia la vostra stagione della lentezza, dei ritmi e stimoli naturali. Affossate le radici e cercate il selvaggio di questo mondo urbanizzato.

Se vi dico “zona di comfort”, è un concetto che vi rassicura o che vi annoia? In realtà, scorpioni, le vostre zone di comfort sono infinite e neanche ve ne accorgete. Credo sia normale, ma sta arrivando il sole e il caldo. E il sole il caldo sono il simbolo di una nuova vita: è il momento di varcare i confini della vostra sicurezza e guardare fuori.

LEONE

23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE

VERGINE

BILANCIA

22 DICEMBRE - 20 GENNAIO

21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO

SAGITTARIO

CAPRICORNO

ACQUARIO

Quante volte dite frasi del tipo: «Grazie al cielo», «Se deve succedere, succederà…», «se lo vuole il destino» ... è il momento di levarsi dalla testa tutte queste scuse e iniziare ad essere felici e spensierati nel semplice contare sulle vostre forze: le uniche, reali, forze soprannaturali che chissà dove sapete recuperare ogni volta.

Non siete stufi di passare sempre da una cosa all’altra senza essere capaci mai di accontentarvi e scegliere di andare seriamente in fondo a qualcosa? Probabilmente no, vero? Perché così è il vostro splendido vivere: il compito di questo mese è raccogliere dal dimenticatoio tutti gli entusiasmi passati e riportarli per un po’ nel vostro presente.

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Dovreste smetterla di vivere la vita come quegli equilibristi che fanno stare in equilibrio i piatti su degli stecchini correndo da uno all’altro per farli roteare: finitela di voler tenere insieme tutto e arrancare su tutto. Questo non è equilibrio e prima o poi cadrete anche voi, concentratevi su poche cose, rilassanti e fatte per bene.

SCORPIONE

20 FEBBRAIO - 20 MARZO

PESCI

Tutti i problemi che vi assillano in questi mesi come li affrontate? Mettendoli dentro la testa senza pensarci o fermando qualsiasi attività finché non li avete risolti? Purtroppo quel che fate è tenerli in qualche zona del cervello a martellarvi tutto il giorno: è vero, Pesci? State per trovare però una strategia di problem solving diversa, che non vi paralizza e che vi permette di affrontare le cose una per volta, senza blocchi mentali o esistenziali.


ADERENTE AL


raddoppia

WEEKEND Dal lunedì al venerdì ORE: 18.00

Sabato e Domenica ORE: 8.00

LA CRONACA DELLA GIORNATA 12 ORE PRIMA DEGLI ALTRI

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