PREZZO €3,50 COPIA GRATUITA
EDIZIONE NOVEMBRE 2019
ANNO 11 - NUMERO 10
NUMERO CENTOCINQUE
PANTHEON
MARASH KUMBULLA e il suo Hellas
L’ERA DEI MONOPATTINI tra parcheggi impossibili e ordinanze
LETTERE DAI CORRIDOI di Oncologia
ENRICO PANDIAN
«L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE SARÀ UN NUOVO INTERNET»
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NOVEMBRE 2019
DI MATTEO
SCOLARI
EDITORIALE
Nell’estate del 1997, terminato il primo anno di liceo, i miei genitori mi spedirono per tre mesi in uno stabilimento chimico industriale vicino casa, a Poiano di Valpantena, per saggiare il duro, quanto nobile, lavoro di fabbrica. Avevo 16 anni. Ricordo ancora lo sguardo affettuoso (quasi materno) e al tempo stesso preoccupato della responsabile del personale, la quale si trovò di fronte a una scelta piuttosto impegnativa. Ancora minorenne, alla prima esperienza lavorativa, entrare in un reparto di produzione con carrelli in movimento, sostanze altamente infiammabili, solventi e liquidi pericolosi, prodotti pesanti da accatastare sui pallets significava espormi a rischi maggiori rispetto a una persona adulta, a un operaio già formato.
te una significativa riduzione del monte ore per gli istituti tecnici, professionali e per i licei, per i quali il Ministero ha indicato con il decreto numero 774 del 4 settembre 2019 un tetto minimo obbligatorio piuttosto esiguo, c’è la volontà di proseguire con convinzione sulla strada tracciata. L'esperienza degli studenti nelle aziende, infatti, nella stragrande maggioranza dei casi ha prodotto risultati molto positivi. Al di là di quello che sarà l'iter ministeriale, l’impressione avuta è che ci sia ancora un forte desiderio da parte di dirigenti scolastici, scuole, imprenditori e aziende, di impegnarsi per garantire agli studenti la possibilità di uscire dalle aule e toccare con mano, in giovane età, gli ambienti lavorativi.
Dopo un iniziale tentennamento decise di approvare il mio inserimento, non prima di avermi fatto le dovute e ripetute raccomandazioni. Fu un’esperienza dura, intensa, formativa. Conobbi persone deliziose, dedite al lavoro; affaticate, a volte proprio stanche, ma consapevoli e orgogliose dell’importanza di avere un impiego, un ruolo sociale, un reddito per mantenere le proprie famiglie. Imparai molto da loro, da quell’esperienza, sia dal punto di vista pratico che umano. Negli anni successivi tornai ancora in quella fabbrica, e poi in altre, e in altre ancora, d’estate o anche durante l’anno nel periodo dell’università.
Claudio Cioetto, imprenditore e vice presidente di Apindustria Confimi, presente alla serata in Camera di Commercio, ha annunciato addirittura che a breve alcune decine di aziende veronesi associate apriranno le loro porte per una settimana intera in una sorta di “Open Day” dedicato non solo agli studenti, ma anche alle famiglie, ai professori, ai dirigenti. Si è creato un forte rapporto di fiducia e collaborazione tra le parti, in un periodo difficile dal punto di vista occupazionale. Un carico di responsabilità condiviso nei confronti delle nuove e spesso disorientate generazioni che va preservato, comunicato, sostenuto.
Un’alternanza-scuola lavoro “ante litteram”, la mia, come fu per tanti miei amici e coetanei, di cui sottolineo sempre il valore. Lo scorso 24 ottobre con l’Associazione Verona Network siamo tornati in Camera di Commercio per parlare di giovani e lavoro. L’alternanza, così come l’abbiamo conosciuta nell’ultimo triennio, oggi ha cambiato nome e forma, si chiama PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento). Non è cambiata però la sostanza. Quello che è emerso dall’incontro, a cui hanno partecipato i principali referenti del mondo scuola, a partire dal Dirigente dell’Ufficio Scolastico di Verona Albino Barresi, è che nonostan-
Io posso ritenermi fortunato: quel pomeriggio d’estate del 1997 avevo di fronte una persona che questa responsabilità l’aveva già sentita. Grazie Gabriella.
I GIOVANI HANNO PIÙ BISOGNO DI ESEMPI CHE DI CRITICHE matteo.scolari@veronanetwork.it @ScolariMatteo
JOSEPH ANTOINE RENÉ JOUBERT 3
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REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI VERONA N.1792 DEL 5/4/2008 - NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 25/10/2019
Indice
30
LA BELLA VERONA SECONDO
43
IL FIORE DELL'ARTE
46
ALTRO CHE
62
BELLEZZA
64
PILLOLE
DI MAMMA
66
RUBRICA
PET
68
STORIE DI STORIA
IL TENNISTAVOLO E UNA TRECCIA COME PORTAFORTUNA
69
IL MONDO DEI MOTORI
LETTERE DAI CORRIDOI DI ONCOLOGIA
74
IN CUCINA
32
MA COME TI VESTI D’AUTUNNO?
78
34
ENNIO CASTELLANI
36
LA VITA DI MATTEO
6 10 14
IN COPERTINA
ENRICO PANDIAN, IL PIRATA DELLE STARTUP
L’ERA DEI MONOPATTINI
TRA PARCHEGGI IMPOSSIBILI E ORDINANZE
IL SOGNO DELLA LUNA
E TUTTO QUELLO CHE C’È AL FESTIVAL DELLA SCIENZA
16
EMMA MARIA UGOLINI
20
MARASH KUMBULLA
24
GIADA ROSSI
28
SALMON MAGAZINE
LA STUDENTESSA MODELLO DA MATTARELLA
TERZA ETÀ
AL NATURALE
E IL SUO HELLAS
IL NOSTRO PROGETTO DI SCRITTURA DA CONVIVIO RISPONDE LA STYLIST CARLA GOZZI
CON NICOLE L'OROSCOPO
ALLA NOSTRA MANIERA
A pa g. 60 Scop ri le dichi araz ioni d’am ore d ei lettor i
LO STILISTA CHE VESTÌ VERONA
TRA STELLE MICHELIN E CRÈME BRÛLÉE
ERRATA CORRIGE Come segnalato dai nostri attenti lettori, c'è un errore a pagina 66 di Pantheon 104, numero di ottobre 2019. È stato erroneamente scritto che Bussolengo nel Cinquecento si chiamava Guffolengo, quando in realtà il segno grafico " f " non va letto come una lettera "effe" ma, nella grafia cinquecentesca, si tratta della esse lunga, in uso a quel tempo. Bussolengo, nella pianta si legge, pertanto, Gussolengo e non Guffolengo, così pure Pescantina e non Pefcantina, Auesa (pronuncia Avesa la u si intende v) e non Auefa, S. Ambrosio e non S. Ambrofio.
DIRETTORE RESPONSABILE MATTEO SCOLARI DIREZIONE EDITORIALE MIRYAM SCANDOLA
REDAZIONE E COLLABORATORI ERRORI O SEGNALAZIONI: WHATSAPP 320 9346052 - REDAZIONE@VERONANETWORK.IT
REDAZIONE MATTEO SCOLARI, MIRYAM SCANDOLA, GIORGIA PRETI, ALESSANDRO BONFANTE, SAMANTHA DE BORTOLI, CAMILLA FACCINI HANNO COLLABORATO AL NUMERO DI NOVEMBRE 2019 SARA AVESANI, CARLO BATTISTELLA, MATTEO BELLAMOLI, MARTA BICEGO, CHIARA BONI, CLAUDIA BUCCOLA, DANIELA CAVALLO, EMILIANO GALATI, SALMON MAGAZINE, FRANCESCA MAULI, MARCO MENINI, ANDREA NALE, EMANUELE PEZZO, ERIKA PRANDI, NICOLE SCEVAROLI, ALESSANDRA SCOLARI, INGRID SOMMACAMPAGNA, PAOLA SPOLON, TOMMASO STANIZZI, MARCO ZANONI. FOTO DI COPERTINA ANGELO SARTORI PROGETTO GRAFICO SIMONE ZAMPIERI SOCIETÀ EDITRICE INFOVAL S.R.L. REDAZIONE VIA TORRICELLI, 37 (ZAI-VERONA) - P.IVA: 03755460239 - TEL. 045.8650746 - FAX. 045.8762601 MAIL: REDAZIONE@VERONANETWORK.IT - WEB: WWW.VERONANETWORK.IT FACEBOOK: /PANTHEONVERONANETWORK - TWITTER: @PANTHEONVERONA - INSTAGRAM: PANTHEONMAGAZINE UFFICIO COMMERCIALE: 045 8650746 STAMPATO DA: ROTOPRESS INTERNATIONAL SRL - VIA BRECCE – 60025 LORETO (AN) - TEL. 071 974751 VIA E. MATTEI, 106 – 40138 BOLOGNA – TEL. 051 4592111
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IN COPERTINA ENRICO PANDIAN
PIÙ CHE STARTUPPER SIAMO PIRATI
6
Dalle caramelle vendute per una scuola africana quando era studente fino all’ultima idea, l’healthy food direttamente in ufficio. In mezzo ci sono quasi una ventina di startup, alcune lasciate per strada altre, come Supermercato24, consacrate al successo. («Vengo dai giochi online, Supermercato24 è nato perché volevo far arrivare la spesa ai nerd come me») Enrico Pandian in appena un anno ha già attratto per la sua nuova creatura, FrescoFrigo, 2,1 milioni di investimento. Non ha tempo per stereotipi: «in America c’è solo più capitale, ma i problemi che incontrano le startup qui, ci sono anche là». Unico vezzo? Una bandiera dei pirati, coperta di Linus perenne, «perché chi fa innovazione pirateggia, spinge i limiti più in là».
S
upermercato24, 105 dipendenti, oltre 400 Comuni che hanno attivato il servizio di spesa online, l’accordo con Iper, l’espansione, recentissima, in Polonia, il tutto in neanche cinque anni. Checkout Technologies, altra idea, altra startup, 13 dipendenti, e l’Intelligenza Artificiale per evitare la coda alle casse. Da settembre 2018, FrescoFrigo, un socio, Tommaso Magnani, 15 dipendenti, frigoriferi smart ad alto contenuto salutare, negli uffici di Milano come in quelli di New York. Enrico Pandian, veronese, 39 anni, ha molte cose da fare prima della fine dell’anno «entro dicembre dobbiamo arrivare ad installare 100 frigoriferi. Uno/due al giorno. Il nostro obiettivo è un aumento di capitale entro marzo 2020, probabilmente con un fondo, e per farlo abbiamo bisogno di un milione di fatturato». “Mito”, l’hanno battezzato nell’Italia delle startup un po’ per tutto, a partire dalla capacità di radunare investitori. È riuscito a raccogliere 20 milioni di euro dai privati, in tutti questi anni. 18 le startup che ha creato. Vista la sua andatura imprenditoriale, cerca di disciplinarsi e di avere meno idee possibili, «un’idea non è niente. È la sua esecuzione che conta». Alla spinta affianca da sempre un approccio analitico. «Il tempo è prezioso: uso questa logica. Obiettivi credibili e confini chiari, 6-12 mesi. Mai innamorarsi troppo di quello che si fa e dimenticarsi i numeri». Fallimento rapido, sperimentazione misurabile: termini ancora, in parte, da sdoganare nel tessuto imprenditoriale italiano ma legge per Pandian. FrescoFrigo è solo l’ultimo nato da questo metodo. In sostanza «un frigorifero normale che abbiamo dotato di una tecnologia RFID», connesso in cloud, offre cibi freschi, sani e riassortiti ogni giorno. La mattina presto sono i ristoratori stessi a sostituire i piatti scaduti con quelli di giornata. «Un nuovo mercato per il mondo della ristorazione, rivoluzionario quanto lo è stata, a suo tempo, la food delivery». Questi frigoriferi, a prova di nutrizionista e con prezzi calmierati, sono installati nei luoghi dove lo snack confezionato ha sempre regnato indisturbato: uffici, ospedali, università e via così. La porta si apre sbloccandola con l’app, si sceglie il piatto e si conclude l’acquisto chiudendo il frigo, il costo finisce sulla carta di credito registrata. Per avere la macchina, basta richiederla. Uni-
ca condizione: lavorare in uffici con almeno 150 persone presenti nell’arco delle 24ore o vivere in un condominio con almeno 200 residenti. Altrimenti ci sono sempre le palestre, gli ospedali, gli hotel. FrescoFrigo, perché? È tutto partito da una mia esigenza. Ho un ufficio in una zona periferica di Milano e lì il food delivery non funziona benissimo, tra ritardi, cibo freddo o che ti arriva sfasciato. L’idea è stata quella di ottimizzare il servizio con il vantaggio che si ha il piatto direttamente disponibile in ufficio. Non devo aspettare. Non devo programmare il pranzo. Apro il frigo come se fosse il frigo di casa. L’abbiamo testato in un’azienda milanese, circa 1.000 dipendenti. All’inizio andavamo io e Tommaso (Magnani, l’altro fondatore di FrescoFrigo, ndr) a comprare ogni giorno i piatti dai ristoranti vicini. Per circa un mese abbiamo osservato come le persone reagivano. Qualcuno guardava i prodotti dal vetro, qualcun altro vedeva la maniglia e apriva. Tutti con l’insalata o lo yogurt in mano si chiedevano: “E adesso come pago?”. Abbiamo capito che l’esigenza del mercato c’era. A metà di agosto avete portato il primo frigo, rigorosamente made in Italy, anche a New York… In America c’è una profonda necessità di mangiare bene. In Italia questa esigenza è solo una delle tante opzioni. Abbiamo installato una macchina nella catena di coworking Knoel in collaborazione con una realtà di ristorazione di San Francisco con base anche a New York e in mezza giornata ha fatto il doppio di quanto ha registrato il miglior frigo italiano. L’esperienza di Supermercato24 vi ha aiutato? Con Supermercato24 ci abbiamo messo cinque anni ad andare all’estero e lì abbiamo capito che uscire dall’Italia è propedeutico ad un certo tipo di sviluppo e a un certo tipo di fundraising. Con FrescoFrigo abbiamo cercato di creare un modello che fosse il più possibile scalabile. Andare dall’altra parte del mondo dimostra questo all’investitore. Alle fine del 2020 faremo anche il Nord Europa per validare ancora di più la scalabilità del modello. 7
DI MIRYAM SCANDOLA
Enrico Pandian e Tommaso Magnani con FrescoFrigo
Con Checkout Technologies tocca con mano ogni giorno il tema dei temi: l'Intelligenza Artificiale. Credo che sia la vera rivoluzione che ci attende. Dietro il nome, si nasconde una galassia. L’Intelligenza Artificiale è un argomento talmente all’inizio anche per noi che gli ingegneri non hanno libri da studiare, leggono i testi universitari usciti il giorno prima. L’AI avrà la stessa portata che ha avuto internet quando è arrivato. Bisogna iniziare ad essere preparati. Il lavoro sta cambiando, ma le leggi, la politica sono indietro. Nei prossimi cinque anni vedremo negozi senza commessi, tra dieci i tir avranno guida autonoma, non ci saranno più camionisti. Le risposte sociali devono essere pensate ora, non in futuro, quando sarà troppo tardi. In piccolo è come è successo a Verona con i monopattini elettrici. Si è stati travolti senza essere preparati. Se in questo momento fosse davanti ad una platea di imprenditori veneti, veronesi, cosa direbbe loro? Posso capire che in aziende strutturate, di stampo padronale sia più difficile avanzare e scegliere strade nuove, anche lontano da quello che si è sempre fatto. Ma c’è un’accelerazione dell’innovazione che non permette più di rimandare. Chi non si apre a questo, prima o poi viene spazzato via dal mercato. Lei è piuttosto bravo nel fundraising, negli anni è riuscito a ottenere 20 milioni da privati. Come gestisce il rapporto con gli investitori? Anche su Whatsapp. Sono relazioni quotidiane. Se ha investito tanto, ha un grosso interesse a farsi sentire (ride, ndr). C’è anche amicizia con alcuni. Dopo Supermercato24, è più
facile interfacciarsi con loro ma rimane il fatto che bisogna continuare raccontare l’attuale con la visione del futuro. Con FrescoFrigo non abbiamo raccolto due milioni sull’attuale, perché sarebbe stato ridicolo. Li abbiamo radunati sulla base della prospettiva. L’ansia da prestazione è molto alta. Come ne viene a patti? L’ansia c’è. Il fatto è che spesso ho a che fare con gente molto intelligente. Quando ti senti il più stupido attorno ad un tavolo, allora sai di esserti seduto al tavolo giusto. È una sfida intellettuale grande. Creare un’azienda è un gioco per adulti. Poterlo fare ad un determinato tipo di livello (anche se non ho raggiunto il livello che vorrei), è ancora meglio. Si sente solo a volte? Mi aiuta il fatto che il mondo delle startup negli ultimi cinque anni si è sviluppato molto e sono in un settore che oggi sta crescendo di default. Ovvio, bisogna fare le cose bene. Perché lo storytelling sul fallimento ci sta, ma quando ci arrivi vicino è sempre dura. Io l’ho spesso sfiorato, anche con Supermercato24. Per fortuna poi arriva l’intuizione che fa cambiare la situazione. È questo colpo di reni che differenzia l’imprenditore dal manager. Calcio.com, Matura.it, PrezziPazzi e via così: è dal 1999 che inventa startup. Ora ha toccato quota 18. Quanto è importante fermarsi quando le cose non vanno? Scegliere fallimenti rapidi? Io vengo dal tessuto imprenditoriale Veneto e so quanto è difficile. Si è innamorati di quello che si fa, dell’azienda di famiglia e non si guarda ai numeri. Ma a volte i numeri ti parlano 8
«SE CAPISCI DI ESSERE IL PIÙ STUPIDO ATTORNO A UN TAVOLO, ALLORA TI SEI SEDUTO AL TAVOLO GIUSTO» talmente tanto che o li ascolti o stai semplicemente prolungando un’agonia. In Italia è più facile fallire? Quest’estate sono stato due mesi a San Francisco e non è vero che lì è tutto più roseo, c’è solo più capitale. La narrativa classica è che il 99% delle startup fallisce. Beh; è la realtà. L’Italia sta ancora costruendo l’ecosistema e quindi è un terreno dal grande potenziale. Non si può investire solo in cinque startup. Per garantirsi un ritorno, l’investitore deve credere seriamente almeno in una ventina. Lei è papà di due bimbe. La vita da imprenditore permette di conciliare i tempi della famiglia? Nel 2010 quando sono partito con PrezziPazzi mi era nata la prima figlia. Idem per la seconda che è nata quando stavo lanciando Supemercato24. Mi ricordo che sono stati periodi complicati, notti insonni. Certo che ho rimpianti, perché è dura recuperare i momenti, soprattutto quando i figli sono piccoli, ogni mese è diverso da quello successivo. Sarebbe bello lavorare meno per stare di più in famiglia. Però, io sento forte anche la responsabilità di tutte le persone che lavorano per me. Il problema è che uno pensa che andando avanti sia più facile, invece ci sono sempre nuove complessità da affrontare. Ma questo è anche il bello del lavoro. La sua coperta di Linus è una bandiera dei pirati. Perché? Ce l’ho dal 2006. Questa bandiera me la sono portata dietro in ogni ufficio. Rappresenta un po’ la mia modalità di approccio. Se vuoi innovare devi pirateggiare. Noi spingiamo oltre i limiti, siamo sul filo del rasoio del consentito. Siamo dei pirati, quello è il punto. ■ SPAZIO PUBBLICITARIO
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LE REGOLE, LE PERPLESSITÀ, I VANTAGGI
L’ERA DEL MONOPATTINO
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Tra parcheggi impossibili, infiniti utenti e ordinanze: oltre le polemiche, come funziona (o dovrebbe funzionare) la micromobilità elettrica tra le vie della città.
«L ’
invasione dei monopattini», «come i simesi», «nessuno rispetta le regole». L’approvazione a Verona del regolamento per la circolazione di monopattini elettrici e segway ha acceso la miccia per l’esplosione di un fenomeno che ha colto i veronesi di sorpresa. Nel giro di pochi giorni, a fine settembre, nelle vie e nelle piazze del centro storico sono apparse decine di monopattini in sharing. Veicoli da noleggiare tramite app per smartphone, usare per brevi spostamenti e lasciare a destinazione per il prossimo utente. Verona è fra le prime città in Italia ad aver recepito, con un’ordinanza a metà settembre, il decreto ministeriale entrato in vigore a fine luglio. Firmato dall’ex Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Danilo Toninelli, ha l’obiettivo di sperimentare la circolazione di questi nuovi mezzi per due anni, per poi introdurre le norme, perfezionate, nel Codice della strada. Ogni Comune può decidere di autorizzare «in via sperimentale la circolazione dei dispositivi per la micromobilità elettrica, esclusivamente in ambito urbano», si legge nel decreto. Sono considerati quattro diversi tipi di mezzi: oltre a monopattini e segway (pedana con due ruote parallele e “manico”), anche hoverboard (senza “manico”) e monowheel (ruota unica, su cui muoversi in equilibrio). Gli ultimi due, già sottoposti a maggiori limitazioni nel decreto, sono esclusi dalle norme del Comune di Verona. «Verona è la terza città in Italia che
regolamenta questo nuovo mezzo di trasporto» ha spiegato il vicesindaco e assessore alla Viabilità e Traffico Luca Zanotto. «Non è solo una moda ma un’alternativa concreta per chi vuole spostarsi in città senza usare l’auto». Si tratta infatti di mezzi pensati per brevi tratte urbane. «Siamo convinti che questi mezzi innovativi possano diventare una risorsa per la città, dei nuovi alleati contro traffico e inquinamento. Ecco perché abbiamo deciso di sperimentarne l’uso sul territorio comunale, a patto che vengano rispettate alcune regole, semplici ma indispensabili per la sicurezza di tutti». È proprio sul rispetto delle regole e sul buon senso latitante che molti cittadini hanno espresso critiche. C’è chi viaggia in due, chi transita dove non è concesso, chi parcheggia in mezzo al marciapiede. La fantasia nello sgarrare non conosce limiti. Con le reazioni tra l’infastidito e l’infuriato di chi è costretto al salto degli ostacoli o rischia di essere colpito alle spalle da un bolide silenzioso. Pronta a controllare e sanzionare, come per gli alti mezzi, la Polizia Locale. La circolazione, allo stesso modo di auto e biciclette, è permessa per mezzi privati e a noleggio, ma è stato l’arrivo delle aziende di sharing che ha punteggiato il centro storico di monopattini. I costi per un monopattino elettrico vanno dai 200 euro dei più economici, ai circa 400 delle marche più note, fino ad anche mille per i modelli “lusso”. Per un mezzo la cui circolazione è ancora limitata a piste ciclabili e zone 10
DI ALESSANDRO BONFANTE
a 30 chilometri orari, la spesa è per ora alla portata di pochi. Ecco quindi la fioritura dello sharing, con le prime società a conquistare Verona che sono state la veronese Bit Mobility e le estere Bird e Lime. Fra le prime aziende in Italia ad aver importato il modello, già diffuso in molte città del mondo, c’è infatti Bit Mobility, che ha sede a Bussolengo. «L’idea di sviluppare un’azienda dedicata alla micromobilità elettrica è nata con un viaggio in California, dove abbiamo visto il fenomeno già molto sviluppato» spiega Michela Crivellente, amministratore della società. Insieme ai fratelli Martina e Gianmaria, e al padre Mauro, ha fondato Bit Mobility a marzo, e in pochi mesi si è affacciata al mercato che si stava aprendo grazie alle nuove leggi. Il debutto, la scorsa estate, è stato a Cattolica, sulla riviera romagnola. «Sempre più persone, anche con mezzi privati, usano i monopattini. Sarebbe sciocco non vedere il fenomeno. Accadono già incidenti e situazioni spiacevoli, risulta quindi necessario introdurre delle norme e aggiornare il Codice della strada» afferma Michela Crivellente. «In questo momento è necessario fare tanta informazione, trattandosi di una novità. È comprensibile che gli utenti non abbiano ancora chiare tutte le regole». Intanto, però, i disagi ci sono. Manovre azzardate, incidenti e parcheggi in punti critici sono all’ordine del giorno. «Nelle zone in cui il Comune di Verona ha vietato la circolazione, abbiamo inibito la possibilità di chiudere il noleggio e parcheggiare i nostri monopattini, perché sappiamo che in quella zona non dovrebbero stare» spiega Crivellente. «In quelle zone il monopattino decelera ai 6 km/h, la velocità imposta dal decreto ministeriale, perché un blocco totale potrebbe dare origine a problemi di sicurezza. Per quanto riguarda la sosta, non parcheggeremmo mai la bicicletta in mezzo al marciapiede. Il nostro invito è di parcheggiarlo come fosse un mezzo proprio». Il concetto alla base dello sharing, però, è la condivisione. Non si usano mezzi propri. «Ritengo lo sharing fondamentale per lo sviluppo futuro delle città. Dove c’è maggiore condivisione dei beni si può usufruire di alcuni servizi in modo sempre più capillare. Dalle auto, ai monopattini, dai motorini alle bici. Se un bene è di tutti, per assurdo assume ancora maggiore valore, dovrei averne ancora più rispetto». Secondo i detrattori, quella del monopattino è solo una moda. «Come tutte le novità incuriosisce, ma i cittadini dovrebbero vederla come un’opportunità che aggiunge un valore alla mobilità, non come qualcosa che ne toglie». «I monopattini – continua la numero uno di Bit Mobility – non sostituiscono nemmeno i mezzi pubblici, vanno a rafforzare la rete cittadina di trasporto urbano». ■
Regole d’uso generali
- Sì: monopattini e segway. No: hoverboard e monowheel - Velocità massima 20 km/h, scende a 6 sulle aree pedonali - Necessaria la maggiore età o il “patentino” per i minorenni - Rispettare le norme del Codice della strada
Dove si può circolare
- Piste ciclabili e ciclopedonali - Zone a 30 km/h - Aree pedonali (attive nei soli giorni di sabato e festivi) di via Catullo, via Quattro Spade, Corte Farina, via Sant'Eufemia, vicolo Ostie
Dove si può sostare
- Stalli per bici e moto - A lato della strada, senza costituire pericolo o intralcio
Come guidare
- Avere mani e braccia libere - Vietato trasportare passeggeri o cose - Evitare cambi di direzione repentini, portare il mezzo a mano in caso di traffico veicolare o di pedoni - Dopo il tramonto del sole e mezz'ora prima del suo sorgere, indossare giubbotto o bretelle ad alta visibilità - Il casco è consigliato, ma non obbligatorio
Sharing: come funziona
- Primo passo è scaricare la app sullo smartphone, ogni gestore ha la propria - Si effettua l’iscrizione e si collega un metodo di pagamento (in genere carta di credito o prepagata) - Tramite l’app si cerca il monopattino libero più vicino e si sblocca con il qr code - Si avvia con una spinta - Si accelera con una levetta, il freno è simile a quello di una bici - L’app segnala le zone in cui è possibile circolare - Tramite l’app si può terminare il noleggio, oppure tenerlo prenotato in sosta
Sharing: quanto costa
- 1 euro per iniziare la corsa e un costo al minuto, che varia dai 15 ai 25 centesimi a seconda del gestore - Un costo al minuto per tenerlo prenotato in sosta, in genere 5 centesimi al minuto 12
articolo pubbliredazionale
www.fondazionecariverona.org Tel. +39 045 8057311 e-mail: segreteria@fondazionecariverona.org
FONDAZIONE CARIVERONA
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Welfare on Stage 2019, il Premio va (in bici) ad Ancona Presentati a inizio ottobre nello spazio del 311 Verona, in Lungadige Galtarossa, i 16 progetti selezionati tra i 59 partecipanti al Bando Welfare & Famiglia, promosso da Fondazione Cariverona. Ad aggiudicarsi il primo premio sono state Beatrice Gatto e Romina Bosaro della Cooperativa Sociale Coos Marche di Ancona. Utilizzando come metafora una bicicletta, hanno illustrato il loro progetto dal titolo “Well Done”.
Gli speaker dei quattro progetti arrivati in finale nel pomeriggio. Al centro le vincitrici Beatrice Gatto e Romina Bosaro della Cooperativa Sociale Coos Marche di Ancona.
Una vera e propria prova di “public speaking” quella affrontata dai rappresentanti delle 16 associazioni ed enti delle province di Verona, Vicenza, Belluno, Ancona e Mantova che il 3 ottobre scorso, all’interno del polo dell’innovazione del 311 Verona, si sono sfidati per aggiudicarsi un riconoscimento in denaro messo a disposizione di Fondazione Cariverona per le attività dell’ente vincitore. Una giornata intensa arrivata a conclusione di un percorso formativo di ben 17 giornate che la Fondazione stessa ha sostenuto per erogare competenze utili alla definizione e alla comunicazione delle nuove progettualità dei progetti del Bando Welfare & Famiglia che vengono presentati negli uffici di via Achille Forti e che nascono nei territori in cui Cariverona opera. A suon di presentazioni multimediali, i 16 finalisti, partiti da una selezione di 59 candidature complessive, si sono raccontati alla giuria e al numeroso
pubblico collegato in diretta streaming sul profilo Facebook della Fondazione, che ha registrato per le due sessioni dell’evento, una al mattino e una al pomeriggio, oltre 3mila contatti. A condurre l’evento il giornalista Matteo Scolari e la formatrice Désirée Zucchi. Ad aggiudicarsi l’assegno sono state Beatrice Gatto e Romina Bosaro della Cooperativa Sociale Coos Marche di Ancona, le quali hanno illustrato il progetto “Well Done – azioni sinergiche di welfare territoriale per il benessere della famiglia”, utilizzando l’immagine di una bicicletta per indicare le parti sinergiche, strutturali e funzionali della loro proposta. Tutte le idee progettuali rientravano, come da indicazione del bando, negli ambiti della gestione, cura e valorizzazione delle persone anziane; del disagio minorile o giovanile; della disabilità psico-fisica.
«Con il bando Welfare & Famiglia ci focalizziamo sull’innovazione sociale e sulla sostenibilità nel tempo dei progetti. – ha spiegato il Direttore Generale di Fondazione Cariverona, Giacomo Marino - Dobbiamo superare la frammentazione che genera una dispersione delle risorse, che devono, al contrario, essere necessariamente impattanti sul tessuto economico e sociale del territorio. Da qui l’imprescindibile necessità di creare reti, anche interterritoriali, trasversali ai diversi settori d’intervento, con un’attenzione particolare alla prospettiva di sostenibilità. Siamo convinti che i progetti di rete, tra cui anche quelli presentati oggi al 311, sviluppino relazioni che amplificano le competenze e la capacità di generare un significativo impatto progettuale». A fine ottobre i 16 progetti sono stati valutati dal Consiglio di Amministrazione di Cariverona per l’assegnazione delle risorse pari a 5 milioni di euro dedicate ai progetti dal Bando Welfare & Famiglia.
Il direttore di Fondazione Cariverona Giacomo Marino
L’INIZIATIVA A PALAZZO ORTI MANARA
VERSO L’INFINITO E OLTRE (CON IL FESTIVAL DELLA SCIENZA) Conto alla rovescia per il primo Festival della Scienza tutto veronese, che dal 15 novembre porterà i partecipanti a scoprire i segreti della Luna e dello spazio. Ad aprire l’evento saranno l’astronauta Umberto Guidoni e la mostra in occasione dei 50 anni dal primo viaggio sulla Luna, dal titolo La Luna. E poi?
Le organizzatrici del Festival della Scienza
DI GIORGIA PRETI
O
ltre i confini, oltre lo spazio, oltre la Luna. È fino a qui che vuole spingersi il primo Festival della Scienza di Verona, che si terrà dal 15 al 24 novembre a Palazzo Orti Manara. Un’iniziativa senza precedenti nella città scaligera, ideata da Caterina Lorenzetti, Francesca Tezza, Petra Grigoletti e Giulia Zanetti per porre al centro dell’attenzione la scienza e la tecnologia, le due chiavi di volta per il futuro. Si parte venerdì 15 novembre con un ospite d’eccezione, l’astronauta Umberto Guidoni, protagonista di due missioni Nasa a bordo dello Space Shuttle e primo astronauta europeo a visitare la Stazione Spaziale Internazionale. Sarà proprio Guidoni, durante la prima giornata del Festival, a dialogare con il
pubblico a partire dalle 17 durante il vernissage della mostra La Luna. E poi? 50 anni dall’allunaggio: storie e prospettive dell’esplorazione spaziale, patrocinata dall’Agenzia Spaziale Italiana in collaborazione con la Nasa e Solar Sistem Exploration Research Virtual Institute. La kermesse, dedicata ai “curiosi” di tutte le età, propone per i giorni a seguire un programma ricco di eventi per scuole e famiglie: dalle conferenze insieme ad esperti del settore, ai workshop pratici per sapere come funziona una stampante 3D nello spazio, o, ancora, capire come si allenano gli astronauti per fluttuare in assenza di gravità. Andare alla scoperta della Luna e dello spazio potrebbe non essere mai stato così divertente. ■ 14
Special Exhibit:
Con il patrocinio di ASI e in partnership con SSERVI – NASA. Curata dalla Fondazione Museo civico di Rovereto partner del Festival. A 50 anni dal primo allunaggio, la mostra ripercorre le fasi dalla conquista della Luna con le missioni Apollo e la corsa allo spazio delle due grandi potenze di allora, Stati Uniti e Unione Sovietica. Ma l’intento è anche quello di andare oltre per capire quali nuovi orizzonti l’umanità abbia in serbo per il proprio futuro.
PROGRAMMA ONLINE www.festivalscienzaverona.it info@festivalscienzaverona.it
EMMA, LA STUDENTESSA MODELLO DA MATTARELLA
Gli studenti migliori d'Italia dal Presidente della Repubblica
10 IN PAGELLA (SEMPRE), IL CINESE E ORA L’INGHILTERRA Martedì 22 ottobre 2019 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha nominato i nuovi Alfieri del Lavoro, una carica riservata agli studenti migliori d’Italia. Tra loro c’era anche la veronese, unica in Veneto, Emma Maria Ugolini, classe 2001 di Trevenzuolo, che dalla terza media ha sempre in pagella il massimo dei voti.
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resca di diploma, con lode, al liceo scientifico Aleardo Aleardi, Emma Maria, diciotto anni, ha le idee chiare sul suo futuro. Abbiamo avuto modo di parlare con lei dopo il suo rientro a Verona, reduce da un soggiorno romano che difficilmente dimenticherà. Emma, partiamo dai fatti più recenti. Com’è stata la cerimonia con il presidente Mattarella? Sarò scontata, ma è stata un’emozione incredibile. La cosa che più mi ha colpito è la sua umiltà, la sua tranquillità. Ha parlato con ognuno di noi, ci ha fatto un in bocca al lupo, augurandoci il meglio. Bello anche il fatto che ognuno di noi avesse abbinato un Cavaliere, ovvero un professionista che si è distinto nel 2019. Il mio è stato Maria Luigia Lacatena. Cosa c’è nel tuo futuro? Sai già cosa farai? Ho scoperto da poco di essere passata a Medicina in lingua inglese a Milano, anche se per l’anno prossimo ho già chiesto un trasferimento in
Inghilterra. Il tema della “fuga” all’estero è stato anche un nodo centrale del discorso del Presidente alla cerimonia di premiazione dato che molti degli studenti premiati hanno questo nel loro programma. Ci ha invitati a rientrare in Italia, ma allo stesso tempo si è rivolto alle istituzioni e ai rappresentati delle aziende per fare in modo che si creino le condizioni per farlo. Ci ha invitati tutti a fare qualcosa per il nostro Paese. Perché allora la scelta dell’Inghilterra? È una scelta che ho fatto sulla base dell’esperienza di altri amici che hanno studiato in Italia, e ovviamente non l’ho fatta a cuor leggero, anche perché qui lascio tutto. In Italia, parlo per medicina, dopo sei anni di studio non si ha nessun futuro assicurato. Dopo la laurea si sta fermi un anno e alla specialistica passa uno studente su tre. E andare all’estero dopo la laurea significa ripartire quasi da zero perché il modello di istruzione è molto differente. Resterei subito, se avessi qualche certezza in più. Sicuramente, un giorno, il desiderio è quello di poter tornare a casa. 16
DI CAMILLA FACCINI
Parliamo un po’ di te. Media del 10 nel quadriennio, lode alla maturità: qual è il tuo segreto? Fare dei sacrifici. Non è stato facile, soprattutto perché io abito fuori città e il liceo non era vicino, ogni mattina la sveglia suonava prestissimo. Restavo a scuola fino al pomeriggio perché studiavo cinese come attività extrascolastica. Inoltre sono sempre stata molto presente alle attività come open day o assemblee, sono stata anche rappresentante d’istituto. Tornavo a casa verso sera e studiavo di notte, anche fino alle 2. Una vita dedicata solo alla scuola? O trovavi il tempo per altre attività? Ho sempre fatto sport, ho anche suonato la batteria. In realtà a me piace molto uscire, mi piace molto anche andare in discoteca. Questo per dire che chi va bene a scuola non per forza non deve avere una vita sociale: si può fare tutto, sempre nei limiti del possibile. C’è qualche modello al quale ti ispiri? Dei modelli veri e propri no, ma devo dire che i social, Instagram soprattutto, mi hanno aiutato a scoprire profili di donne o ragazze che si sono realizzate. E quindi anche nella pausa studio aprire il telefono e guardare le loro storie era grande fonte d’ispirazione. Tra i profili che preferisco c’è @imenjane, ma anche @divagatrice o @elenacorsibuttini. In generale non mi lascio trasportare da grandi influencer ma amo leggere pubblicazioni scientifiche, e anche su questo Instagram offre parecchia scelta.
Emma Maria Ugolini
C’è un consiglio che senti di dare agli altri giovani? Contare sempre sull’appoggio di qualcuno. Io sono stata fortunata perché ho avuto un grandissimo sostegno da parte della famiglia. Però anche le amicizie sono state fondamentali e nell’ultimo periodo è stato importante farsi forza con gli amici e i compagni. Io sono una che va per la sua strada ma negli ultimi mesi di scuola, quando ce stato bisogno, ho spesso studiato in gruppo. Bisogna farsi forza l’uno con l’altro. Importantissimo, secondo me, anche cercare sempre di approfondire. Se c’è qualcosa che ti interessa, trova spazio al di fuori di quello che fai a scuola per riuscire a coltivare gli interessi personali. ■
SPAZIO PUBBLICITARIO
AGEVOLAZIONI “PRIMA CASA”, QUANDO SI ACQUISISCONO E QUANDO SI PERDONO Quante volte abbiamo sentito parlare di agevolazioni sulla prima casa? Per poter beneficiare degli sgravi fiscali previsti per il primo acquisto di un’abitazione è necessario sapere che bisogna essere residenti nel comune nel quale si effettua l’acquisto. Se non si è già residenti nel momento del rogito, è necessario trasferire la residenza entro i successivi 18 mesi. Allo stesso tempo non bisogna essere proprietari di un’altra abitazione nello stesso comune e non essere proprietari di altra abitazione su tutto il territorio nazionale acquistata con le agevolazioni prima casa. Esistono dei motivi per cui le agevolazioni potrebbero decadere? Sì, per esempio quando non si trasferisce la residenza entro 18 mesi, quando si vende l’abitazione entro il quinquennio dall’acquisto senza aver acquistato entro un anno un’altra abitazione. Oppure quando non viene ultimata entro i termini di accertamento dell’Ufficio (tre anni) l’abitazione acquistata, in corso di costruzione
o ristrutturazione o ultimazione. E ancora, quando entro un anno dall’acquisto non si venda la precedente prima casa. Tutte le volte in cui decadono le agevolazioni, si deve pagare la differenza di imposta (9%), in luogo del 2% (se il trasferimento è tra privati), o il 10%, in luogo del 4% di IVA (se il trasferimento avviene da un soggetto IVA), alla quale si aggiungono anche gli interessi e le sanzioni che sono pari al 30% dell’intera imposta. Se oltre alla compravendita è stato stipulato anche un mutuo si dovrà corrispondere il 2% di imposta sostitutiva sul mutuo in luogo dello 0,25%, oltre agli interessi e sanzioni. Il fisco ha tempo tre anni dalla registrazione per accertare che tutte le condizioni sussistano. Nel tempo sono state estese le agevolazioni anche sull’acquisto del fabbricato in corso di costruzione, ristrutturazione, o al fabbricato al grezzo; sull’acquisto di porzione di fabbricato confinante all’abitazione acquistata
con le agevolazioni prima casa purché poi il contribuente provveda alla loro fusione catastale, per citare alcuni esempi. Inoltre anche il cittadino italiano emigrato all’estero iscritto all’AIRE (anagrafe italiani residenti all’estero) può acquistare con le agevolazioni prima casa (ovviamente per lui non vale l’obbligo di trasferire la residenza nel comune in cui si trova l’immobile acquistato).
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LA RIVOLUZIONE TRA I BANCHI
A SCUOLA SÌ, MA SENZA ZAINO
I libri rimangono, come i compiti per casa. Cambia il modo di stare in aula, con gli alunni che condividono esperienze stando seduti su grandi tavoli. Ospitalità, accoglienza, organizzazione sono le tre parole chiave della “Scuola senza zaino”. In Lessinia se ne contano tre: a Velo Veronese, Bosco Chiesanuova ed Erbezzo.
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DI MARTA BICEGO
a scuola? Senza zaino è più bella. Sono gli alunni della primaria di Velo Veronese a descrivere con il loro entusiasmo la visione e le pratiche didattiche che caratterizzano la “Scuola senza zaino”, modello che dalla Toscana è stato trasferito in Lessinia. Così, da settembre, sono tre i plessi dell’Istituto comprensivo di Bosco Chiesanuova – a Velo si aggiungono Bosco ed Erbezzo – nei quali gli studenti entrano in classe “più leggeri”. Il segreto non è nella leggerezza, né tantomeno nel non avere compiti per casa o libri sui quali studiare (quelli per ora rimangono). È piuttosto nelle modalità che prevedono ospitalità, responsabilità, organizzazione: «A partire dalle aule che sono state ripensate per essere accoglienti», esordisce la coordinatrice dell’offerta formativa, Maria Teresa Erbisti, affiancata nell’insegnamento da altri docenti appositamente formati (Roberta Castagna, Milena Brunelli, Elena Bonato, Nicolò Vedovi; Lo18
rella Paggi per inglese e Mirela Bulai per religione). Per le cinque classi e i 54 alunni di Velo niente banchi singoli in file allineate, ma grandi tavoli sui quali condividere conoscenze, esperienze e responsabilità. Capienti scaffalature accolgono volumi e quaderni. Aree con tavolini sono allestite con materiale didattico per l’apprendimento di italiano e matematica con dadi numerati, palette con tabelline o declinazioni dei verbi. Nessun astuccio ma penne e pennarelli da usare in condivisione. Le pareti sono decorate da cartelloni colorati e non manca la lavagna. Insomma: «C’è tutto ciò che serve. E dev’essere trattato con cura», sottolinea l’insegnante, precisando che ci vorrà qualche anno prima che il sistema entri a regime. Il resto si fa studiando ed esercitandosi nelle diverse materie: «Insieme ci si aiuta, si lavora in gruppo e… c’è meno peso da portare», testimoniano le voci dei piccoli studenti. Non resta allora che seguirli in una mattinata di scuola.
Al suono della prima campanella sono tutti seduti in cerchio nell’Agorà: «È lo spazio della comunità in cui ci raccontiamo come stiamo e com’è iniziata la giornata, facciamo il giuramento di amicizia, a volte leggiamo e l’insegnante illustra cosa prevede il programma per le ore successive». Le attività si spostano sui tavoloni, con gli studenti suddivisi in gruppi: parola d’ordine collaborazione con un responsabile che a turno ha il compito di controllare che ogni cosa si svolga correttamente. C’è chi pensa al datario, chi a presenze e assenze, chi a dare acqua alle piante. Protagonisti in prima persona sono gli alunni. Osservati, ovviamente, dall’occhio vigile delle maestre che portano avanti la programmazione ministeriale. La comunicazione talvolta viene stimolata con cartellini che trasferiscono, per iscritto e con una emoticon, dei messaggi: per esempio «silenzio» o «ottimo lavoro». Anche questo serve a sviluppare la consapevolezza di quanto è stato svolto e a mobilitare le risorse interiori. Perché per diventare adulti bisogna sentire la voglia di esplorare la realtà, farsi artefici del proprio destino e intervenire nelle situazioni.
Gli insegnanti della scuola primaria di Velo Veronese
«Noi insegnanti siamo rimasti subito affascinati da questo approccio che punta su autonomia e responsabilizzazione. I genitori si sono fidati: la loro presenza e collaborazione è fondamentale per creare una scuola di comunità», chiarisce Erbisti, precisando che l’Istituto di Bosco è parte di una rete nazionale che mantiene il dialogo tra tutte le scuole. Al suono dell’ultima campanella, è tempo di tornare a casa. Dagli scaffali si prendono diari e quaderni che serviranno per fare i compiti. E lo zaino, adesso sì, può essere messo sulle spalle. Ma con quanta leggerezza! ■
«NOI INSEGNANTI SIAMO RIMASTI SUBITO AFFASCINATI DA QUESTO APPROCCIO CHE PUNTA SU AUTONOMIA E RESPONSABILIZZAZIONE. I GENITORI SI SONO FIDATI: LA LORO PRESENZA E COLLABORAZIONE È FONDAMENTALE PER CREARE UNA SCUOLA DI COMUNITÀ» SPAZIO PUBBLICITARIO
SCUOLE ALLE
STIMATE V
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Liceo Classico Liceo Linguistico Liceo Scientifico Liceo Scienze Applicate
GIOVEDÌ 21 NOVEMBRE DALLE 18 ALLE 20 MERCOLEDÌ 4 DICEMBRE DALLE 18 ALLE 20
MERCOLEDÌ 6 NOVEMBRE DALLE 14.30 ALLE 15.30
Scuola media (Sc. Secondaria MERCOLEDÌ 27 NOVEMBRE di Primo Grado) DALLE 17.30 ALLE 18.30 Ingresso senza prenotazione - parcheggio interno Via Montanari 1 - Verona - scuolestimate.it Tel. 045 8006662 - scuolestimate@scuolestimate.eu VISITA IL SITO PER PRENOTARE LA TUA MATTINATA DI PROVA AL LICEO
MARASH KUMBULLA E IL SUO HELLAS
Foto di Elvis Venturelli
«STO PROVANDO EMOZIONI BELLISSIME» Il giovane difensore scaligero dell’Hellas, 19 anni, ha messo insieme in poche settimane l’esordio in Serie A, il primo gol nella massima Serie (primo di sempre di un difensore nato nel Duemila) e l’esordio con la Nazionale maggiore dell’Albania.
È
il giovane difensore del momento, non solo per il Verona. Marash Kumbulla, calciatore gialloblu nato a Peschiera del Garda l’8 febbraio 2000, sta attraversando un momento particolarmente felice per la sua carriera appena iniziata. Cresciuto nel vivaio Hellas, fin dai Pulcini, il centrale di un metro e novantuno centimetri ha fatto valere tutta la sua altezza lo scorso 5 ottobre al Bentegodi contro la Sampdoria, incornando all’incrocio un corner del compagno Miguel Veloso. Vittoria per due a zero e prima rete di sempre di un difensore del nuovo
millennio in Serie A. Qualche giorno più tardi, il 14 ottobre, debutto anche con la sua Nazionale, l’Albania (Marash è nato da genitori albanesi e ha la doppia cittadinanza, ndr), schierato nei minuti finali dal tecnico italiano Edoardo Reja. Marash, quali sensazioni stai provando in queste ultime settimane? Sto provando emozioni bellissime. Ancora oggi mi vengono i brividi a ripensare alla rete contro la Samp. Sono cose che rimarranno per sempre nella mia memoria e in quella di chi mi è vicino. 20
DI MATTEO SCOLARI
Il gol l’hai dedicato a qualcuno in particolare? Alla mia famiglia, e anche alla mia ragazza. Greta. Ti è vicina, ti segue in ciò che fai? Sì, è sempre presente. Come sei arrivato all’Hellas Verona? Giocavo nel Cavalcaselle, una squadra qui vicino a Peschiera del Garda. Ho avuto la possibilità di fare qualche provino per il Verona, accompagnato dal mio mister di allora, Giuliano. Fu lui, dopo quattro o cinque tentativi, a dirmi che ero stato selezionato. Come avevi accolto la notizia? Ero felicissimo, anche se in quel momento non avevo ancora realizzato bene cosa fosse il Verona per me. Ti ricordi il primo allenamento? Sì, è stato difficilissimo. Al Cavalcaselle mi allenavo, ma erano allenamenti normali. Invece qui al Verona, squadra professionistica, le sedute erano belle intense, già nei Pulcini. Ho fatto fatica all’inizio, ma ho preso in fretta il ritmo. Hai iniziato subito come difensore? Inizialmente giocavo a centrocampo, dopo poco tempo mi è stato assegnato il ruolo di difensore centrale, che in effetti è il mio ruolo, lo sento perfetto per me. Quando hai capito di avere le potenzialità per diventare un calciatore professionista? Un paio di anni fa, ed è stata forse la prima volta che ho immaginato di poter fare qualcosa nel calcio professionistico a questi livelli. Realisticamente, però, lo sto realizzando soltanto ora. Ancora adesso, vedermi e pensarmi in Serie A, mi fa un certo effetto. Qualche mese fa non ci avrei mai sperato. I tuoi amici ti scrivono? Mi scrivono, mi chiamano, mi fanno i complimenti quando gioco bene. Anche quando ho segnato il gol. Sono contenti pure loro per me. L’esordio in Nazionale maggiore? Altro momento importante… Sì, un’emozione fortissima, anche perché è avvenuta poco dopo il gol col Verona. Il mister, Edy Reya, mi ha dato la possibilità di entrare negli ultimi minuti contro la Moldavia al posto del mio compagno di squadra Ismajili ed è stato fantastico.
Foto di Elvis Venturelli
I tuoi genitori sono contenti del percorso professionale che stai facendo? Felicissimi. Loro sono i miei primi tifosi, soprattutto mio papà che mi ha sempre seguito ovunque, anche adesso, in ogni stadio in cui giochiamo. 22
Anche agli allenamenti? Quelli no, ma alle partite non manca mai. Quali credi che siano le tue caratteristiche migliori? La lettura del gioco, l’anticipo e il colpo di testa. Mister Juric? Mi chiede di essere concentrato, aggressivo sul portatore di palla, determinato nel cercare l’anticipo. Mi sta vicino e mi sta dando tanta fiducia. Assieme ad Andrea Danzi, di San Martino Buon Albergo, puoi essere considerato, pensiamo con orgoglio, un “prodotto” 100 per cento scaligero: veronese, cresciuto nel e dal Verona. Nel Verona si sta bene e si cresce bene. Io e Andrea siamo un esempio, nel vivaio ci sono ancora tanti altri giovani che potrebbero rappresentare delle belle sorprese per il futuro gialloblu. Qualche giocatore che ti ha impressionato fin qui? Sarei scontato se dicessi Ronaldo, però lo devo dire: Ronaldo, ma anche Dybala. È stato meraviglioso incontrarli e devo confessare che mi ha fatto molta impressione vederli da vicino, hanno addirittura uno sguardo diverso dagli altri. Hai un sogno nel cassetto? Il mio sogno è sempre stato quello di giocare in Serie A. Adesso ci sono riuscito, spero di continuare così. Sei stato anche il primo difensore nato nel Duemila a segnare un gol nella massima Serie. Pure questo, per molti, potrebbe già essere un sogno… Sì, non ero al corrente di questo record, me l’hanno detto. Mi ha fatto piacere, è stato bello, ma spero di fare sempre di più. ■
IL RECORD GUARDA Marash Kumbulla ha segnato il suo primo gol in A, alla sua prima IL VIDEO partecipazione nel massimo campionato, il 5 ottobre 2019 contro la Sampdoria. Suo il colpo di testa all’ottavo minuto del primo tempo che ha portato in vantaggio l’Hellas (vittoria finale per 2 a 0). È la prima rete messa a segno in A da un difensore nato dopo il Duemila.
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articolo pubbliredazionale
VERONAMERCATO CRESCE E APRE A NUOVI INVESTITORI Pubblicata sul sito della società consortile scaligera una manifestazione di interesse per l’assegnazione in locazione di immobili presso il centro agroalimentare di Verona. Se entro il 30 novembre arrivassero richieste, partirebbe l’iter per un eventuale nuovo polo logistico da costruire su un’area già di proprietà di Veronamercato. Nel frattempo il bilancio semestrale conferma l’ottimo stato di salute della società presieduta da Andrea Sardelli. Una manifestazione di interesse per l’assegnazione in locazione di immobili presso il Centro agroalimentare di Verona. È quanto pubblicato sul sito della società consortile per azioni di via Sommacampagna per individuare su scala nazionale nuovi potenziali investitori intenzionati a far partire o allargare la propria attività in uno dei poli logistici del settore food più grandi d’Europa. Qualora venisse manifestato un interesse entro il prossimo 30 novembre, Veronamercato attiverebbe l’iter finalizzato a realizzare un manufatto di circa 30mila metri quadri, interamente coperto, da adibire ad attività logistica del settore agroalimentare, in chiave export, su uno degli ultimi terreni già di proprietà della società fondata trent’anni fa, nel 1989. «Si tratta di un’area complessiva di circa 60mila metri quadri già inserita
nel contesto di Quadrante Europa e, soprattutto, già dotata di un PUA (Piano urbanistico attuativo, ndr) – spiega il presidente di Veronamercato, Andrea Sardelli – Alla manifestazione d’interesse abbiamo dato un risalto nazionale per vedere se ci sarà qualche imprenditore, anche locale o che già opera all’interno del polo logistico, che vuole entrare in locazione in questa nuova ed eventuale struttura con un contratto standard di 12 anni più eventuali altri 12». «Se ci saranno degli interessi è evidente che il CDA porterà la questione ai nostri soci, in primis al Comune di Verona che detiene il 75 per cento delle azioni di Veronamercato, per iniziare un percorso che richiederebbe un costo di circa 13 milioni di euro» prosegue Sardelli. Nel frattempo la società scaligera, che tra l’altro ospita la Borsa merci della Camera di Commercio, ha
Render del nuovo capannone che verrebbe realizzato su un’area complessiva di 60 mila metri quadrati, di proprietà di Veronamercato
Andrea Sardelli, Presidente di Veronamercato
approvato il bilancio semestrale con una proiezione per l’intero 2019 di un utile di 250 mila euro e con un risultato operativo di circa 350 mila euro, con un patrimonio netto che supera i 35 milioni di euro. 450 milioni sono, invece, il fatturato realizzato complessivamente dalle aziende concessionarie. «Numeri importanti – conclude il presidente – che sottolineano la capacità di Veronamercato di vincere le sfide in un comparto sempre più competitivo e globalizzato. Ricordo che la nostra società vanta il miglior trend di crescita a livello nazionale, nonostante i continui e importanti investimenti realizzati negli ultimi mesi, dall’intervento di copertura con tettoie di sette rampe di accesso al Mercato ortofrutticolo, al tamponamento delle tettoie nord e sud a vantaggio dei grandi vettori e della GDO. Oltre tre milioni di euro di lavori in completo autofinanziamento, senza fare debiti, anzi, portando addirittura degli utili ai soci e dei vantaggi ai nostri operatori e al territorio scaligero».
DUE PAROLE CON LA CAMPIONESSA DI TENNISTAVOLO
UN SOGNO CHIAMATO TOKYO 2020 Forse non tutti lo sanno, ma Verona ospita il Centro Federale Paralimpico di Tennistavolo, in cui si allena Giada Rossi, una delle più grandi promesse mondiali di questa disciplina. Vi raccontiamo chi è e perché ha una grande passione… per le trecce.
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on ha riti scaramantici, ma da quando ha vinto la medaglia di bronzo individuale nella categoria 1-2, la campionessa paralimpica di tennistavolo Giada Rossi si fa acconciare, prima di ogni gara, con una treccia, «la stessa che portavo in gara». La Gara, con la G maiuscola, quella che l’ha consacrata ai vertici della classifica mondiale e che la vede protagonista di ogni torneo, in un mix di eleganza, forza e caparbietà che l’ha portata agli attuali – altissimi – livelli. Più che la fortuna, nella sua carriera, ha potuto la perseveranza, la capacità di credere in sé e nel frutto del duro lavoro, e insieme la forza di concentrarsi su un match alla volta, su un punto alla volta. Perché l’obiettivo, per Giada Rossi, non è il risultato finale, ma il singolo passo. Classe 1994, friulana di Pordenone, Giada si allena, insieme al resto della nazionale paralimpica italiana, a Verona, presso il Centro Federale inaugurato lo scorso anno al PalaMasprone. Una tabella di marcia ferrea, che non consente sgarri. «Ci alleniamo – racconta - al mattino, dalle 9 alle 12, e al pomeriggio, dalle 15 alle 18. Iniziamo con una mezz’ora di servizi, per poi fare le altre 2 ore e mezza di gioco al tavolo. Facciamo
anche preparazione atletica e allenamento in piscina. È un vero e proprio lavoro». Essere ai vertici del ranking mondiale, per Giada, è un grande onore. «So di aver lavorato molto per raggiungere questo obiettivo, ma quando ho cominciato a praticare il tennistavolo, non avrei mai immaginato di raggiungere certi livelli». Facendolo, tra l’altro, in pochi anni. «Ho iniziato ad allenarmi nel 2011-2012, grazie alla mia professoressa di educazione fisica delle superiori, Marinella Ambrosio, che era la presidentessa del comitato paralimpico del Friuli Venezia Giulia. È stata lei a suggerirmi di provare con il tennistavolo. Ho avuto poi la fortuna di poter entrare da subito in contatto con la nazionale paralimpica, che spesso si allenava a Lignano Sabbiadoro, a un’ora da casa mia». Dei compagni di squadra d’eccezione, quindi, che le hanno trasmesso entusiasmo, insegnandole molto, non solo in ambito sportivo. «Facevo sport già da prima del mio incidente, quindi quando mi si è proposta questa possibilità, sono rinata. Mancava un aspetto importante nella mia vita e lo sport è riuscito a ridarmelo, come me lo dava prima dell’incidente, portando tra l’altro notevoli miglioramenti anche nella 24
DI FRANCESCA MAULI
mia quotidianità: conoscere chi stava vivendo le mie stesse difficoltà, confrontarmi con coetanei, ma anche con persone più grandi, mi ha insegnato molto, in termini di vita pratica. Quando ho iniziato, viaggiavo sempre accompagnata: alcune cose, da sola, non riuscivo a farle. Oggi sono completamente autonoma. Michela Brunelli, atleta veronese, la compagna di squadra con cui ho vinto il bronzo agli ultimi europei, per esempio, mi ha aiutata moltissimo in questo senso». Il momento più emozionante della sua carriera, finora, è stata la vittoria del bronzo a Rio. «Dico sempre che il fatto di non aver mai pensato di poter vincere una medaglia, me l’ha fatta vincere! Mi sono trovata lì, a giocare partita su partita, a pensare a quello che dovevo fare per fare punti, un pezzo alla volta, e sono finita a disputare una finale per il bronzo, tra l’altro contro un’atleta contro cui avevo perso, in precedenti tornei… è stata un’emozione grandissima!». Un’emozione che spera di poter ripetere. «Lo scorso settembre ho vinto i campionati europei in Svezia e di conseguenza ho conquistato il pass per Tokyo 2020. Per me è quindi ufficialmente iniziata la preparazione per questo evento. L’obiettivo è di raggiungere le medaglie più importanti… Per scaramanzia, non diciamo quali». ■ Giada Rossi
«DICO SEMPRE CHE IL FATTO DI NON AVER MAI PENSATO DI POTER VINCERE UNA MEDAGLIA, ME L’HA FATTA VINCERE» SPAZIO PUBBLICITARIO
ANNA, GIANLUCA E LA LORO BIMBA
PERCHÉ LUCY SIGNIFICA LUCE
GUARDA IL VIDEO
Anna e Gianluca sono una coppia di musicisti veronesi, con le note incise nell’anima fin da bambini. Compositore lui e cantante lei, dieci anni fa succede qualcosa che cambia le loro vite: nasce Lucy, una bimba affetta da sindrome di Down e di Dandy-Walker. Tra la nebbia di paure e insicurezze iniziali, Anna e Gianluca trovano la luce della speranza e, prima con un blog e poi con un’associazione, hanno portato la loro testimonianza in giro per l’Italia. Ora con l’iniziativa musicale Sunlight Project, puntano a diffondere messaggi positivi con canzoni che si possano “prendere cura” soprattutto dei giovani.
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ifficile spiegare a parole qualcosa di così grande come l’amore. Eppure è intorno a noi, che si manifesta con gesti che spesso sfuggono alla nostra attenzione: due ragazzi che si tengono per mano, una coppia di anziani che portano il nipotino al parco giochi, una mamma che rinuncia alla pausa pranzo per andare a prendere il figlio a scuola. E poi ci sono loro, Anna e Gianluca. Anna Benedetti e Gianluca Anselmi sono due musicisti tanto simili quanto diversi: lui è arrangiatore e compositore e vive in simbiosi con la sua chitarra. Lei è musicista e, soprattutto, cantante e paroliera. Dai loro studi di
registrazione, “Open Arts”, esce un po’ di tutto «dalle canzoni cantautorali agli spot per la televisione e per le fiction» ci spiegano. La musica ha sempre scandito la loro vita e non è sparita nemmeno quando nel 2009, al quinto mese di gravidanza di Anna hanno ricevuto una notizia inaspettata: la loro bambina sarebbe nata con la sindrome di Dandy Walker e di Down, che associate non hanno documentazione scientifica. «Abbiamo avuto un momento in cui sembrava che tutto ci crollasse addosso, ma è stato molto veloce perché abbiamo sentito subito una grande forza nel portare avanti la gravidanza anche affidando26
DI GIORGIA PRETI
ci al fatto che le cose potevano andare bene. Sentivo quasi un grido da parte di Lucy come se ci dicesse che insieme ce l’avremmo potuta fare» racconta Anna. Da questa nuova forza che cresceva dentro di lei, Anna decide insieme a Gianluca di aprire un blog, Il Mondo di Lucy: «Il blog online è nato in concomitanza con la scelta di portare avanti la gravidanza. Siccome ero incinta, e le donne in gravidanza dormono poco (ride, ndr), mi svegliavo alle 5 del mattino e mi mettevo a scrivere questo diario un po’ per sfogarmi. – spiega – Poi abbiamo visto che questo blog veniva letto da tante persone, adulti, ragazzi e famiglie e volevamo renderlo un posto pieno di speranza». Da questo angolo virtuale, ritagliato a loro misura, Anna e Gianluca iniziano a essere contattati da molte persone: «Hanno iniziato a scriverci persone da tutto il mondo e ci hanno chiesto di raccontare la nostra testimonianza in giro, ma inizialmente ci sentivamo a disagio. Ciò che ci ha fatto decidere di scendere in campo in prima persona è successa 10 anni fa, quando una mamma, che aveva deciso di interrompere la gravidanza perché non sapeva come fare ad affrontare la difficoltà della bambina, vedendo il nostro blog, ha cambiato idea». Da lì nasce l’idea di mettere insieme tutte le canzoni già scritte dedicate a Lucy e di cantarle in un video concerto per festeggiare il primo anno di vita della piccola: «Non pensavamo di portare avanti il progetto. Poi viste le reazioni e le richieste di portarlo in giro, ci siamo costituiti come associazione, “Il Mondo di Lucy”». Ed è in questo contesto di serenità, in una famiglia che da quattro anni ha accolto anche la sorellina di Lucy, Stella, che da poco tempo Anna e Gianluca hanno dato il via al “Sunlight
Project”, un’iniziativa musicale con uno scopo preciso: proporre una musica che si "prenda cura" delle parole e faccia stare bene quanti la ascoltano e la ballano: «Il nome è collegato a noi. Spesso quando scrivi musica ti rimangono dei motti e per noi è “guardare verso il sole”. A volte guardi per terra verso quello che non hai, mentre guardare verso il sole e il cielo ti dà un’apertura mentale diversa» spiega Anna. Qualche mese fa, nell’ambito di questo progetto è uscito anche il primo singolo di Sunlight Project, in collaborazione con la band internazionale Gen Verde, dal titolo Quanta vita. Un inno alla spensieratezza che ha già raggiunto traguardi importanti, arrivando al terzo posto nella sezione emergenti della Classifica Indipendenti Italia (Classifica Indie) con oltre 18mila visualizzazioni del video musicale su Youtube: «Abbiamo cercato di fare in modo di portare messaggi positivi con la nostra musica, proporre progetti musicali che potessero aiutare i giovani. Sicuramente è stato un buon inizio che non ci aspettavamo. E c’è stata una buona risposta anche in America Latina essendo la canzone metà in italiano e metà in spagnolo». Il futuro, un concetto che Anna e Gianluca hanno deciso di accantonare parzialmente per vivere appieno il presente, promette però grandi soddisfazioni: «Il nostro intento è semplice: adesso davanti a noi c’è la voglia di fare un cd (Sunlight Fiesta, ndr) con tutti i brani da ballare e c’è la speranza di fare tante collaborazioni con chi vuole condividere il progetto e trovare partner che lo vogliano sostenere». ■
IL LIBRO, IN BREVE La storia di Lucy, dalla prima ecografia fino ai primi anni di vita, è stata raccolta in un libro, Il Mondo di Lucy – Un futuro di speranza edito da Facile Aiuto Editore. All’interno foto e illustrazioni che raccontano la straordinaria avventura di Anna, Gianluca e Lucy.
La copertina del singolo
«A VOLTE GUARDI PER TERRA VERSO QUELLO CHE NON HAI, MENTRE GUARDARE VERSO IL SOLE E IL CIELO TI DÀ UN’APERTURA MENTALE DIVERSA» SPAZIO PUBBLICITARIO
PANTHEON & PROGETTO CONVIVIO IL NOSTRO LABORATORIO DI SCRITTURA CON I PAZIENTI E CON I FAMILIARI
LETTERE DAI CORRIDOI DI ONCOLOGIA
DI MIRYAM SCANDOLA
L
ei che si porta dietro un panino con la mortadella, per sbocconcellare nelle attese tra una visita e l’altra e che non usa mai la parola cancro quando parla della malattia di suo marito «non mi piace, è troppo forte». Da undici anni si è abituata a trattarlo normalmente, come se avesse il raffreddore, «ma non vi dico come mi scoppia il cuore quando vedo che cambia la cera». Siamo andati in uno dei reparti più difficili dell’ospedale, in Oncologia. In collaborazione con il Progetto Convivio, abbiamo tenuto il primo laboratorio di scrittura all’interno dello spazio predisposto dall’Azienda Ospedaliera di Borgo Roma per alleviare le lunghe attese tra visite e analisi. Troverete qui, ogni mese, le parole scritte da loro, pazienti e familiari, in forma anonima, durante il nostro incontro mensile. Cosa diresti a chi si trova ad affrontare la malattia come parente o amico? Questo il tema, l’interrogativo che trova risposte anche molto pratiche. «Se posso dare un consiglio a chi è nella mia condizione è di trattare la persona che è affetta da tumore come fosse la persona più sana che ci sia, giova a noi e anche a loro». ■
La solitudine, la percezione mutata del proprio corpo che si fa estraneo e ostile per una grave malattia diagnosticata, la distanza da tutto e da tutti. Sono sensazioni che ci rendono fragili nella malattia. Quando la malattia entra nella nostra vita, trasforma radicalmente il modo di “essere nel mondo” e il modo di relazionare con gli altri. Le malattie del corpo si accompagnano sempre a risonanze psicologiche e umane e le parole assumono risonanze emozionali diverse. Siamo talmente sensibili da afferrare la più piccola sfumatura della voce e dello sguardo di chi abbiamo davanti, persino la pausa si carica di accezioni. La malattia tumorale cambia il nostro modo di essere nel mondo perché cambiamo noi, le nostre attese, le priorità. Ci induce a guardare alle cose essenziali della vita, a parlarne solo con persone capaci di una umana e profonda partecipazione. È difficile dire quali siano “le parole che ci salvano”, se mai ce ne sono, certo è che ognuno reagisce a suo modo e solo «quando si è nella situazione della malattia, si conoscono le parole giuste nel parlarne, quelle che si desidera ascoltare, e non quelle che non si desidera ascoltare» (Eugenio Borgna). Io personalmente, durante la mia convivenza con il cancro, ho sofferto moltissimo delle parole sbagliate, del desiderio di “sapere” avidamente tutto della tua malattia. Mi disturbavano i suggerimenti “futili”. Ero terribilmente insofferente a tutti coloro che si improvvisano medici. E all’incapacità dei medici di rapportarsi con i pazienti. Ora che ho fondato l’associazione “La Cura sono Io” e mi ritrovo dall’altra parte, a confrontarmi con persone malate, capisco quanto sia difficile dire le parole giuste. L’unica cosa che sono certa che aiuti sempre è l’ascolto, anche del silenzio dell’altro, e, quando è richiesto, il consiglio di chi ha già vissuto certe esperienze. Maria Teresa Ferrrari, Presidente dell’Associazione “La Cura sono Io”
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«Le persone che sono accanto a pazienti oncologici devono sapere che il loro aiuto è importante per tornare più forti e più attivi di prima; l'accettazione della malattia è un passaggio cruciale e non riguarda solo il malato, ma anche chi gli sta vicino. Di fronte ad una malattia, la paura e la rabbia ti dicono di gettare la spugna. Tu invece prendi per mano quella persona malata e portala a fare una passeggiata in centro, accompagnala in palestra, lascia che prenda una pausa dalla routine. Di fronte ad una malattia, il coraggio e l'amore ti dicono di non mollare mai». «Quando nel 2008 diagnosticarono a mio marito un tumore al colon sprofondai in una profonda crisi, non sapevo come dirglielo, cosa fare, come comportarmi. Parlandone con una mia amica, mi consigliò un chirurgo e lì portai mio marito. Un chirurgo eccezionale, umano, che riuscì a parlare in modo tale da tranquillizzarci. Ora sono 11 anni che combattiamo, tra recidive, non ci siamo rassegnati, consideriamo questa cosa come un banale raffreddore, ne parliamo tranquillamente. La paura rimane sempre, ma parlandone si riesce a stare meglio. Lo accompagno sempre a fare la visita, la chemio e trovo stimolante e interessantissimo il “Convivio”, un progetto che parla sia con i malati, sia con gli accompagnatori, formato da ragazzi giovani che parlano e ti coinvolgono con tantissimi argomenti. Sono bravissimi. Se posso dare un consiglio a chi è nella mia condizione è di trattare la persona che è affetta da tumore come fosse la persona più sana che ci sia, giova a noi e anche a loro».
AMATA SCRITTURA DIALOGHI BREVI CON AUTORI
NEL CUORE DELL’INVERNO HO SCOPERTO IN ME UN’INVINCIBILE ESTATE Questa frase di Albert Camus lei l’ha messa all’inizio di tutto. Nel suo libro-manifesto (La cura sono io. Per vivere ho bisogno di me, Minerva) Maria Teresa Ferrari ha tratto, da quelle sue estati invincibili scoperte durante la malattia, un prontuario per tutti. Sincero perché verificato sul campo. A guidare ci sono 12 muse, illustrate da Valentina D’Andrea, tutte portatrici, con voci diverse, di una certezza: «l’amore abita il cuore e il cuore non si ammala mai di cancro». DI MIRYAM SCANDOLA
«N La copertina del libro
on si torna più come si era». Lo scrive, lo ammette, senza nostalgie. Maria Teresa Ferrari tiene tra le mani il suo La cura sono io. Per vivere ho bisogno di me. Una novantina di pagine, 12 sezioni o, meglio, «muse» per le altre donne che si trovano a camminare attraverso e oltre il tumore. Duettano con le parole le bellissime illustrazioni, battezzate «disegnopensieri», di Valentina D’Andrea, artista anche lei toccata dalla malattia. «Pratica l’errore», «Coltiva la calma» e, soprattutto «Non me scuccià». Sono alcuni dei capitoli che compongono il manuale-percorso. Suggerimenti appresi sul campo, nelle giornate belle come in quelle nere quando «non hai voglia di alzarti, non ce la fai a lavarti, vestirti e poi ti attendono tutte quelle medicine da ingerire. Una, due, tre, quattro, cinque…». Non si può scrivere come posa, o si trema sul computer o non è niente. E c’è quel tremore nelle righe di Maria Teresa, “Terry” per gli amici, che scava dentro le sue giornate, chiedendo aiuto agli infiniti, amati autori che l’hanno sorretta nei giorni più difficili. Non «è la mia storia, è un manifesto per tutti» precisa la giornalista che, dopo un tumore al seno, nel 2017 ha fondato l’associazione La Cura sono Io, ed è diventata la madre di tantissime iniziative di sensibilizzazione: Il Cuore in Testa, la Spesa Rosa, i cappelli «copripensieri», per dirne alcune. «Non so se rifarei tutto. Non rinnego niente ma non
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mi piace quello che vedo oggi. Mi sembra che si esibisca troppo. Ci vuole pudore». Il pudore della malattia, del suo dopo. Ci sono nudità private che vanno raccontate solo tacendole. Una reticenza che tutela «quell’intimità legata al nostro corpo, alla percezione di un confine che non va violato»: questo chiede Ferrari di fronte alle strumentalizzazioni mediatiche che riducono, banalizzando, la complessità di un viaggio difficile, personale, comunque – nonostante sollievi e confronti – solitario. «Può essere vissuto come opportunità», ma nessuno deve giudicare come ci si rapporta con i diversi tempi del tumore, come si risponde «a questo ospite inatteso». «Ogni donna vive questo percorso con le risorse che ha, ma esiste un momento uguale per tutte. Il momento in cui la malattia è alle spalle, l'abbiamo superata, abbiamo concluso il ciclo delle terapie e ci avviamo alla normalità alla quotidianità, alla vita di sempre. Questo passaggio ha dentro tutto, paura, fragilità, forza, speranza, luce, rinascita, gioia» spiega Valentina che, come Maria Teresa ha attraversato il dopo, affidandosi alla creatività. Quel fare creativo che è scrittura, disegno ma che trova pure forme altre, non per forza legate al talento e all’arte. Si può cominciare questa rivoluzione dolce verso se stessi anche cucinando una torta di mele, mettendosi un rossetto, abbracciando forte quello che rimane di noi davanti allo specchio del bagno. «Il libro è uscito da cinque giorni (il 15 ottobre scorso la presentazione a Verona, ndr) e sto ricevendo tanti messaggi bellissimi. Passo il tempo commossa». «La Cura sono Io» è il titolo di tutto. L’hashtag che ha guidato le campagne, che ha battezzato l’associazione, che ha permesso a Maria Teresa Ferrari di vivere sempre pienamente, nonostante il soffitto bianco con le luci al neon dell’ospedale. Cita Emily Dickinson, Eliana Liotta nel concludere la prefazione al libro (dove trova spazio anche un contributo di Eugenio Borgna) e coglie il significato profondo di questo volume che raggiunge tutti, malati e non. «L’acqua è insegnata dalla sete, la gioia, dal dolore. La pace, dai racconti di battaglia». ■
LA BELLA VERONA LUOGHI E PERSONE CHE ANDAVANO RACCONTATI
SÌ, GLI EDUCATORI SI FANNO IL MAZZO Il servizio educativo territoriale dell’ULSS 9 Scaligera è probabilmente un caso unico nel suo genere a livello nazionale: non esistono casi di organizzazioni inter-comunali in Veneto e forse in Italia con questa delega specifica.
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ello specifico, la superficie di azione si estende su 37 Comuni in tutta la zona ovest della provincia di Verona, dalla punta nord del Lago alla “bassa”. A chi si rivolge? Alla comunità intera ma, nel dettaglio, la delega dei Comuni riguarda giovani e minori e, di conseguenza, le famiglie. Sono punti di ascolto per il singolo individuo, ma soprattutto per le associazioni, le scuole, le cooperative. Insomma, gruppi di persone con le quali gli educatori comunali creano sinergie e alleanze e progetti condivisi: sono antenne che ascoltano il territorio dal quale propongono azioni concrete. Si cerca di costruire reti e progetti che agiscano da un lato sul disagio e dall’altro sulla promozione del benessere, investendo sulla prevenzione di potenziali fragilità future anche mediante pratiche di “welfare generativo”: aiutare alcune persone ma, nel contempo, attivarne altre che si impegnino all'interno della comunità, prendendosene cura. Ad esempio, un’iniziativa attivata in quasi tutti i comuni coinvolti è la creazione di spazi famiglia: si trat-
DI SALMARINO
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ta di luoghi che favoriscono l’incontro e il confronto tra giovani mamme con i propri bimbi, il cui obiettivo principale è il sostegno alla genitorialità. Grazie anche al supporto di esperti professionisti e degli educatori stessi. Per quanto riguarda le politiche giovanili invece vengono attivati in tutti i Comuni diversi progetti di aggregazione. Punti di ritrovo, luoghi dove viene favorito l’incontro e la partecipazione. Nel 2018 sono state più di 400, tra progetti e servizi, le proposte erogate dal servizio educativo territoriale. Ma cosa spinge le persone a lavorare in questo campo? Innanzitutto è doveroso sottolineare che quando parliamo di educatore parliamo di un professionista, dotato di una forte passione e di competenze tecniche. Ciò che spinge queste persone a lavorare per i servizi educativi è principalmente l’interesse per il bene delle persone. Speranze per il futuro? Trovare un collegamento anche con la rete economica oltre che con quella umana e sociale, iniziando a parlare quindi anche con aziende e imprenditori. ■
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COME SCRIVERE UN CV (QUASI) PERFETTO? Sarà capitato a ognuno di voi, a qualsiasi età, di dover scrivere un curriculum vitae e di porvi tante domande su come compilarlo, su come renderlo interessante ed efficace. Alcune risposte le abbiamo chieste a Erica Clementel, dell’Area Risorse Umane di In Job. Nel titolo abbiamo scritto “quasi” perfetto. Il nostro curriculum vitae, come suggerisce Erica Clementel, HR Consultant di In Job Verona, specializzata nel settore Food & Beverage, «è il nostro biglietto da visita» e, prima cosa da imparare, non è mai definitivo. Cambia contestualmente ai cambiamenti che accadono nella nostra vita e ai risultati scolastici o professionali che riusciamo a raggiungere. Ma partiamo dalle basi. Erica, se iniziassimo dal classico “formato europeo”? È il più usato tra i profili generici anche perché si ha la percezione che sia il meno rischioso. Il formato europeo ci dà una linea chiara del profilo, ma rischia di essere riduttivo. Per uscire dallo standard potremmo introdurre alcuni elementi di personalizzazione, ad esempio riguardanti il layout.
ve scrivere troppo, piuttosto è bene concentrarsi sulle caratteristiche e sulle esperienze da mettere in evidenza, che siano funzionali e contestuali alla candidatura. Un suggerimento che diamo è di non mescolare esperienze professionali inerenti al percorso di formazione e di carriera, ad esempio in giurisprudenza, con attività svolte in passato che c’entrano poco. Al limite creiamo una voce a parte e chiamiamola “altre attività”.
multinazionale, a parità di competenze, il manager valuterà sicuramente con attenzione maggiore il nostro profilo. Lettera di presentazione? Certo, in particolare in quei casi in cui ci si sta candidando per una posizione diversa non completamente in linea con quanto fatto fino a quel momento. La lettera mette in chiaro le motivazioni reali e le aspirazioni. Fattori non secondari. Foto, età nel CV? Foto opzionale, dà una personalizzazione in più. È consigliata. Età…nel CV in inglese no, gli anglosassoni ne fanno a meno, si concentrano di più sulle competenze.
Erica Clementel, HR Consultant di In Job Verona
Fino a che punto potremmo osare? Il limite è la coerenza con il percorso di formazione che ho seguito e dal motivo per cui mi candido a una posizione. Se a proporre la candidatura è un graphic designer, non mi aspetto certo di ricevere da lui il CV in formato europeo. Quanto deve essere lungo il curriculum? La regola standard è che non dovrebbe superare le due facciate. Non ser-
È ancora richiesta o valutata la parte dedicata agli hobby? Sì, perché alcuni dettagli possono rivelare le attitudini, la personalità, le caratteristiche caratteriali del candidato. Restituiscono un po’ di calore, a volte un po’ di umanità. Punti extra che possiamo ottenere? Dai profili tecnici mi aspetto anche un CV in inglese, da allegare a quello in italiano. Se la nostra candidatura arriva sulla scrivania di un HR di una 31
C’è un’età massima per scrivere il proprio curriculum? Non è mai troppo tardi. Un CV può essere chiaro, conciso, coerente a vent’anni quanto a cinquanta o sessanta. L’elemento anagrafico non è sempre uno svantaggio. Sono richiesti anche profili senior come temporary manager. Online? Consigliamo vivamente il profilo LinkedIn. Passe-partout per il mondo digitale e per la visibilità, potenzialmente illimitata, fornita dal web. Anche questo coerente, aggiornato e ricco di parole chiave legate al ruolo professionale.
I CONSIGLI DALLA STYLE COACH PIÙ FAMOSA D’ITALIA
L’AUTUNNO SECONDO CARLA Chioma bionda platino raccolta in un raffinato chignon, abito scuro, gonna midi (un must di questo autunno- inverno 2019), occhiali a farfalla dalla montatura dorata, che ci riporta direttamente negli anni sessanta e un bellissimo sorriso: la incontriamo così Carla Gozzi, all’inaugurazione per il rinnovo del punto vendita Ronca Style, lo scorso 19 ottobre.
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DI SARA AVESANI
obbiamo confessare che temevamo di sentirci dire «ma come ti vesti?», invece Carla è una professionista che sa metterti a tuo agio, autenticamente simpatica e dall’eleganza che incanta. Famosa per le sue trasmissioni televisive Ma come ti vesti?, Shopping Night insieme a Enzo Miccio e, il quotidiano appuntamento con Detto Fatto su Rai2, è una donna affascinante, carismatica e in grado di valorizzare, attraverso un accurato studio della personalità e fisicità, ogni tipo di donna e (uomo). Tutti pensano sia milanese ma è nata a Reggio Emilia e, in effetti, l’ironia che la contraddistingue non tradisce le sue origini. È nella sua città natale che ha dato vita ad un luogo speciale, lo spazio 6th Floor Style Department. In un ambiente unico e chic, dove accadono magie, Carla assiste la sua clientela per una consulenza d'immagine a 360 gradi. Ci sono abiti e accessori, prodotti di bellezza per realizzare trucco e acconciature straordinarie. Negli anni, oltre ad offrire una serie di corsi ad hoc sulla moda, lo stile e il bon ton grazie alla Carla Gozzi Academy, nel suo loft-atelier si possono trovare capi vintage che si mescolano a raffinati pezzi contemporanei. Chi la segue in tv o sui 32
social, sa che la regina del buon gusto, con la sua empatia riesce a trasformare donne alla ricerca del loro lato femminile mai dimenticato ma molto spesso trascurato per le difficoltà che ognuno di noi incontra nel suo percorso di vita. Da dove nasce il suo approdo in tv? L'approdo alla televisione è stata pura casualità. Lavoravo già da tempo nella moda, non ho mai smesso da quando ero una ragazza giovane, appena diplomata. Il mio percorso professionale inizia negli anni Ottanta quando, come stilista, ho lavorato con importanti nomi del mondo del fashion, anche a livello internazionale. Ho studiato storia del costume, specializzandi poi sui tessuti, la tessitura, la vestibilità e la sartoria. Nel 2006 ho deciso di formarmi a New York attraverso corsi dedicati allo styling ed alla professione di style coach, settore specialistico che da sempre mi aveva attratta e intraprendendo così, a piccoli passi questa meravigliosa professione. Il piccolo schermo mi ha fatto capire che volevo approfondire la cliente finale e quindi, da lì, mi sono occupata di consulenza di immagine e praticamente, quando sono in tv o nel mio atelier mi occupo di cam-
«IL MUST DI STAGIONE È UN TONAL LOOK, TONO SU TONO, CON ABITI E ACCESSORI ABBINATI. SI TRATTA DI UN LOOK CON TONALITÀ DIVERSE MA DELLA STESSA FAMIGLIA CROMATICA DA ACCOSTARE CON GRANDE ELEGANZA» bio look... direi tutti giorni, con donne normali, ospiti in trasmissione. Quali sono le tendenze di questo autunno-inverno 2019? Per la nuova stagione il must è un tonal look, tono su tono, con abiti e accessori abbinati. Si tratta di un look con tonalità diverse ma della stessa famiglia cromatica da accostare con grande eleganza. I colori della stagione sono quelli caldi, dal terra di Siena bruciato, al cammello, al verde cipresso, passando per blu oltremare ed un’intensa scala di rossi. Tornano poi i tessuti inglesi e un capo oversize è d’obbligo, anche se siamo piccoline, combinandolo con pezzi più tradizionali. Camicie abbondanti, cappotti sette ottavi e stivali anni settanta. Attenzione: vietati i pantaloni a vita bassa e la camicia bianca aderente. Bisogna lasciarsi ispirare anche dallo stile “boho chic”, quel gusto bohémien e un po’ hippie che però deve sempre mantenere un alto tasso di raffinatezza, (sorride, ndr). Cos’altro? Gonne svasate con una lunghezza longuette, fino a metà polpaccio. Possono essere in vari tessuti ma sempre coloratissime, da indossare (ovviamente) in tinta con gli stivali. Cosa rappresenta per lei lo stile? I vestiti sono degli strumenti per raccontare bene chi siamo. Quella persona, vestita in un certo modo, ci sta comunicando qualcosa. Il suo stile è la sua comunicazione di immagine.
Che ne pensa degli acquisti online? Direi che è meglio avere una personal shopper. Gli acquisti online sono solitamente degli acquisti di impulso, validi solo se ci si conosce bene ma, molto spesso non è così. Se non siamo esperti di look, meglio affidarsi a qualcuno che ci possa consigliare in base alle nostre caratteristiche: sia di personalità che fisiche.
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Cosa non può mancare nel guardaroba di una donna di oggi? La donna di oggi è una donna che ha diverse occasioni, per cui è importante avere dei capi eclettici. Ma, più dei capi, sono importanti gli accessori: preziosissimi alleati di stile. Borse da giorno più ampie, ricercate per l’aperitivo e, senza dubbio una clutch per la sera. Per i capispalla direi l’intramontabile trench o questi spolverini oversize, i cappotti sette ottavi, i cappotti maxi e per il freddo invernale, il piumino. La moda sostenibile è la nuova frontiera della moda? La moda sostenibile finalmente è sulla bocca di tutti ma, in realtà, esiste ormai da trent’anni. L’artigianato, soprattutto “Made in Italy” ha sempre privilegiato ed usato fibre naturali e colori naturali. Per fortuna una rinata sensibilità per l’ambiente e l’ecosostenibilità ci sta conducendo ad apprezzare abiti di qualità, sartoriali e, a stare in allerta di fronte ad una marea di pezzi low-cost, realizzati spesso con materiali sintetici come il poliestere. Il concetto è: no alla quantità e sì invece alla qualità, ai pochi pezzi, pregiati, da abbinare con cura in base ai diversi momenti della giornata.■
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IL PROGETTO ENNIO, IL MODAIOLO SUDDENLY DI VERONETTA HOME, IN BREVE
LO STILISTA CHE VESTÌ LA CITTÀ Abbiamo incontrato Ennio Castellani nel suo atelier di via Cantarane, lo scrigno dove ancora vivono i 50 anni di carriera dello stilista che ha vestito Verona e le sue donne.
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i riceve nella sua casa atelier di via Cantarane, che per un pomeriggio sconvolge la nostra geografia e si avvicina un po’ a quella Parigi, per tutti capitale dell’haute couture. Qui però, c’è la complicità di una vibrante Veronetta per questo incontro a dir poco sorprendente. Ennio Castellani ci riceve nello stesso salone che in 50 di carriera ha ospitato, stagione dopo stagione, le sfilate che in anteprima mostravano a una sessantina di ospiti quelle meravigliose collezioni, nate solo dal suo estro creativo. Ora qui c’è un tavolo pieno
di album zeppi di schizzi e bozzetti, abiti tratteggiati con il garbo e l’eleganza che contraddistinguono Ennio: tripudi di sete plissettate, mantelle di prezioso cashmere e lunghi abiti in seta. Tutto nasce grazie «a una madre eccezionale», grazie a lei che da autodidatta cuce e crea meraviglie di stoffa davanti allo sguardo curioso di Ennio, in una Padova sconquassata dalla seconda guerra mondiale. Mentre cuce forse Maria non sa che, punto dopo punto, pian piano imbastisce anche il futuro di Ennio, che poi farà di tutto per frequentare l’Accademia di 34
DI GIULIA ZAMPIERI
«DA BAMBINO CONTINUAVO A DIRE CHE DA GRANDE AVREI VOLUTO FARE LA MODA, LA MODA SCRITTA TUTTA IN MAIUSCOLO, E DIVENTARE UN GRANDE STILISTA, NON UN SEMPLICE SARTORELLO». Belle arti di Venezia. «Continuavo a dire che da grande avrei voluto fare la MODA, la moda scritta tutta in maiuscolo, e diventare un grande stilista, non un semplice sartorello». Dopo alcuni mesi in Accademia, Ennio viene presentato a Maso, grande sarto di Padova, che con lungimiranza sentenzia «il ragazzo ha della stoffa». Dopo qualche tempo passato così a bottega, nel 1957 approda a Milano all’Accademia di Moda e Costume Koefia, gli anni fondamentali in cui Ennio mentre studia lavora anche per importanti sartorie, per poi arrivare a Firenze e, infine, fare ritorno a Verona. Prima qualche anno come stilista per la ditta Club e poi finalmente la creazione della ditta denominata La Maison di E. Castellani. «All’inizio c’era mia sorella Ivana a dirigere il laboratorio, con le mani di una fata e la testa di una vera manager, e poi sono arrivate le prime dipendenti: siamo partiti con quattro cucitrici che eseguivano magistralmente manufatti di alto artigianato, che pian piano sono poi diventate più di venti». Al suo fianco, sempre, «un’altra donna meravigliosa»: Esa, moglie, architetto e consigliera fidata. La prima sfilata siglata EC, davanti alle siore
e siorette di Verona, è al Circolo Ufficiali. «Amavo concludere ogni defilé con un abito da sposa, che poi nessuna signora avrebbe acquistato perché non si può indossare un abito che tutti hanno già visto. Così, tutti finivano nelle mani di qualche ragazza ospite del vicino orfanotrofio femminile di via Cantarane». E poi da lì, e dall’intuizione di Esa, ben presto arriva anche il pronto moda, e così i lini, le sete e le lane siglate EC portano l’eccellenza italiana anche oltre i confini nazionali: siamo negli anni ’70 e le creazioni Castellani arrivano fino a New York, New Orleans, Hong Kong, Tokio. È la moda di Verona che arriva in tutto il mondo. Fino al 2001, anno in cui Ennio chiude il suo atelier per dedicarsi alla sistemazione del suo archivio e alla formazione e alla divulgazione, mettendo a disposizione di giovani creativi la sua esperienza. «Oltre al talento, dono rarissimo, sono convinto che sia la modestia la dote più importante da avere, se si vuole arrivare lontano». Oggi, servirebbe, o forse serve, un museo per poter raccogliere, custodire e accarezzare tutto quello che Ennio ha creato, anche per Verona. ■
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LO CHEF (GIOVANISSIMO)MATTEO SIVERO
TRA FORNELLI E STELLE MICHELIN
Matteo Sivero
A 19 anni si ritrova a gestire una cucina e a difendere una “stella Michelin”. Da allora il riconoscimento è stata sempre riconfermato all’Osteria la Fontanina di Portichetti Fontanella 3 e Matteo Sivero è uno degli chef stellati più giovani d’Italia.
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o si era capito fin da quando era un bambino che avrebbe fatto grandi cose in cucina. Da quando nonna Rita lo aveva preso sotto la sua ala di buona cuoca. Perché le doti spesso vengono alla luce nel quotidiano, e la sua era quella di apprezzare gli accostamenti di sapori, oltre ad una buona mano nel preparare i piatti della tradizione veneta. E così è cominciata l’avventura culinaria di Matteo Sivero, classe 1995, oggi Chef stellato dell’Osteria La Fontanina, a due passi da Ponte Pietra. 23 anni, 24 il 12 dicembre. Da quando ne aveva solo 19 rincorre ogni giorno la perfezione per poter consolidare il marchio di una “stella Michelin”, il prestigioso riconoscimento che certifica la “grande qualità di una cucina che merita la tappa” e che il locale veronese detiene dal 2005. La “stella” viene assegnata al ristorante, e non allo chef, questo è vero. Ma è anche vero che il cuoco è la mano che si gioca il riconoscimento di giorno in giorno. Gli ispettori della Guida Michelin agiscono in silenzio, si pagano il conto e passano nell’anonimato, così da garantire un giudizio più veritiero e trasparente. Facciamo però un passo indietro. Matteo scopre la sua passione per la cucina, come dicevamo, “giocando” con le ricette della nonna e si iscrive
alle Scuole Superiori Stimmatini, ad indirizzo alberghiero. La sua vita professionale comincia subito. Al primo anno di studi lavora per una pasticceria di Arbizzano, dove impara ad impostare i piatti e vive a stretto contatto con i cuochi che incontra sulla sua strada. Entra a La Fontanina nel 2013 quando il ristorante è già insignito di una “stella Michelin”. Giusto il tempo di fare esperienza e diventare quasi indipendente che, da un giorno all’altro, la vita gli offre una grande occasione: lo chef, che al momento detiene la “stella”, se ne va, lasciando quindi scoperto il posto di cuoco. Matteo comprende subito l’importanza di un’occasione del genere e non se la lascia scappare. Si mette ai fornelli: deve dimostrare di poter gestire una cucina e di saper curare ogni piatto, sia nella ricetta che nella composizione. «In quel momento la mia unica preoccupazione era riuscire a gestire una cucina. Questo comportava naturalmente la preparazione di piatti precisi ma anche, cosa più complessa, far funzionare la macchina del personale», ci racconta. «Per un servizio impeccabile occorre che il cliente non aspetti troppo, ma neanche troppo poco, e poi c’è l’importanza della composizione del piatto, perché anche l’occhio vuole la sua parte». E così invece 36
DI MARCO MENINI
«PER UN SERVIZIO IMPECCABILE OCCORRE CHE IL CLIENTE NON ASPETTI TROPPO, MA NEANCHE TROPPO POCO» di uscire con gli amici la sera, per la maggior parte del tempo Matteo si prodiga a studiare le ricette, a ripensarle aggiungendo un ingrediente per toglierne un altro. Attraverso libri e ricettari, lo chef ormai ventenne rielabora le ricette tradizionali venete tramandate dalla nonna, e le sviluppa in quelle ore che altri definirebbero oziose e che anticipano il turno di lavoro. Tra le ricette firmate Sivero c’è la Crème brûlée alla lavanda: un dolce dal profumo che rimanda alle distese estive provenzali, spezzato dal tono acidulo di un sorbetto al pompelmo rosa e accostato ad un assaggio di marmellata di pesca. «Non avevo e non ho un traguardo in particolare – confessa Matteo - quello che mi importa è trovare sempre ricette nuove, e rimanere appassionato del lavoro che faccio.» Perché, se deve definire il suo rapporto con la cucina, «quello che mi piace è che ogni giorno si può fare una nuova scoperta, rielaborare o ripensare una ricetta, per esempio». Matteo si definisce comunque un “ambizioso”, e non dimentica di elencare gli obiettivi che nasconde nella manica: «Mi piacerebbe aprire, un giorno, un locale mio, poi crederci fino in fondo, e cercare di prendere una “stella Michelin” tutta mia, e perché no, anche due, o tre». ■
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14A SETTIMANA VERONESE DELLA FINANZA, dell’economia e del lavoro gioveDI 28 NOVEMBRE ORE 18.00 PALAZZO DELLA GRAN GUARDIa - piazza bRA, 1 - verona
I nuovi scenari nell’ECONOMIA veronese e veneta
FORZA BELLEZZA ASSAGGI DI SPERANZA PRATICA
PERCHÉ VERONA DEVE IMPARARE DA TARANTO La MAS WEEK, Festival di Architettura, Design e Arte, ideato nel 2016 dalla società di architettura e ingegneria MAS – Modern Apulian Style e curato da Gemma Lanzo, dal 7 al 12 ottobre a Taranto, ha visto tra i partecipanti Salvatore Licitra oggi custode affettuoso e Direttore dell’Archivio Ponti a Milano, nipote dell’architetto Giò Ponti, autore della Concattedrale di Taranto. Siamo andati a Taranto per portare a casa idee nuove.
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as Week è sempre più un’occasione di riflessione su come concretamente l’etica, l’estetica e la creatività possano essere la chiave di volta in tutti i settori produttività. Il claim di questa edizione è stato A New Dress for a New City che ha fatto prendere avvio da Taranto, non una città a caso, una riflessione sulla rigenerazione urbana, sociale e culturale della città come comunità urbana e, nel dettaglio, uno sguardo attento alla città dei due mari, prendendo a prestito ed introducendo l’elemento dell’abito come «modo di essere», come «una disposizione ad agire e a comportarsi in un determinato modo». In questo senso il messaggio è stato quello propositivo di vivere la città con un’attitudine nuova attraverso l’invenzione di un linguaggio architettonico nuovo, capace di cucire il passato al futuro, là dove l’arte avrà un ruolo salvifico. Così le azioni artistiche fatte di luce di Giulio de Mitri hanno portato il mare in un quartiere distante dallo stesso, nel cuore della città nuova, inondando la Concattedrale di una luce blu oltremare che si muove, posizionando alcune tessere a
specchio nelle vasche che riflettono anche le luci della città in movimento. Un eco di forme, colori, luce, come fili ripresi dal passato, quelli che legano Taranto all’architetto milanese, uno dei padri del razionalismo italiano, ma soprattutto colui che ha donato come assoluto atto d’amore il segno più importante, lo specchio assoluto, il valore reso visibile di questo territorio. La Concattedrale è l’opera che Giò Ponti ha amato di più, della quale ha avuto più cura, - ha detto il nipote Licitra - un luogo sacro che fa il verso a quello più antico, il duomo di San Cataldo, nel cuore dell’isola madre: e lo spazio tra i due approdi religiosi non è distanza ma costruzione della spiritualità del luogo, una sorta di “giardino mistico” diffuso di cui Taranto non ha ancora preso coscienza. Il blu del mare verso la terra, il verde come stato d’animo, l’oro come solco da percorrere verso il futuro, sono sogni visioni e ambiti nei quali si è mosso il workshop di progettazione e di marketing territoriale durante la Mas week, lasciando un segno per questo nuovo tessuto urbano che è in cantiere. ■ 38
DI DANIELA CAVALLO
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Finval ed il progetto Lucense 1923
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a piccola centrale idroelettrica che si trova a Montorio (Verona) è un edificio del ‘900 adagiato sulle correnti del torrente Fibbio che fino al 1985, ha prodotto energia elettrica sfruttando il salto d’acqua del torrente. Abbandonata per oltre 30 anni, È stata riqualificata e inaugurata nel settembre 2016 grazie all’intervento imprenditoriale di Finval (Finanziaria della Valpantena e Lessinia) ricominciando a produrre energia pulita. Finval Spa nasce dall’iniziativa di un gruppo di 90 soci di Verona, tra cittadini, imprenditori, manager, professionisti e simpatizzanti, con una grande passione in comune: “Concorrere allo sviluppo economico e sociale del territorio promuovendo l’attività delle imprese e degli operatori economici in genere, per favorire la crescita del bene comune, del benessere e
della solidarietà tra le persone”. Il progetto Lucense 1923 è inserito all’interno dei progetti di riqualificazione territoriale sui quali Finval opera sensibilizzando i cittadini e le loro associazioni al fine di raggiungere l’obiettivo comune di valorizzare il territorio e le sue persone. Il progetto non ha previsto alcuna modifica di tipo volumetrico. Dopo aver completamente recuperato l’edificio fatiscente, installate le nuove turbine, le nuove paratoie per la gestione dei flussi d’acqua e l’impianto elettrico, la centrale è stata allacciata alla rete elettrica il 30 agosto del 2016.
La storica Lucense del 30 giugno 1923 Un po’ di storia… Il 30 giugno del 1923, innanzi al notaio Francesco De Besi, compaiono 26 persone, tutti cittadini di Lugo di Grezzana (VR), compreso don Giuseppe Fontana, il curato della parrocchia. Quel giorno nacque la Società Idroelettrica “La Lucense”, un progetto promosso dai cittadini del luogo con l’obiettivo di utilizzare le acque che scendevano dal Monte Tesoro per produrre energia elettrica e distribuirla tra i consumatori del paese e dei dintorni. Quella della Lucense è una storia di sviluppo del territorio a nord est di Verona che ha visto la sua conclusione con la nazionalizzazione di tutte le centrali elettriche a seguito della nascita di ENEL (Ente Nazionale Energia Elettrica) nel 1963. Nel 2016 nasce Lucense 1923 e deve il suo nome a quello della storica centrale idroelettrica “Lucense” che era stata costruita nel 1923 a Lugo di Grezzana. Il nome di battesimo è stato sapientemente scelto per richiamare un modello in cui i cittadini siano i protagonisti della ricchezza del territorio.
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l sistema di incentivi statali ai quali accederà entra nelle camere, muovendosi velocel sistema di incentivi statali ai quali accederà cuicui entra nelle camere, muovendosi velocela Lucense 1923 prevede che tutta l’energia verso il basso grazie al salto presente, la Lucense 1923 prevede che tutta l’energia mente mente verso il basso grazie al salto presente, prodotta siasia ritirata daldal GSE (Gestore deidei Serpassa attraverso le giranti delle 2 turprodotta ritirata GSE (Gestore Ser- l’acqua l’acqua passa attraverso le giranti delle 2 turvizivizi Energetici) e utilizzata perper la la collettività. Kaplan installate, prima di di fuoriuscire Energetici) e utilizzata collettività. bine bine Kaplan installate, prima fuoriuscire Questo modello di contributi consente di proneinei 2 diversi corsi deldel fiume FibQuesto modello di contributi consente di pro- nuovamente nuovamente 2 diversi corsi fiume Fibdurre energia elettrica a favore deldel territorio, dada cuicui proviene. durre energia elettrica a favore territorio, biobio proviene. mama al tempo stesso permette a chi partecipa rotatorio delle giranti delle tural tempo stesso permette a chi partecipa Il movimento Il movimento rotatorio delle giranti delle tural progetto di ricevere unun incentivo economiattiva in questo modo 2 generatori a maal progetto di ricevere incentivo economi- bine bine attiva in questo modo 2 generatori a maco co cheche va va a ripagare il suo investimento. gneti permanenti che trasformano l’energia a ripagare il suo investimento. gneti permanenti che trasformano l’energia di moto prodotta daldal flusso dell’acqua in enerdi moto prodotta flusso dell’acqua in enerLa La centrale mini-idroelettrica sfrutta l’energia elettrica. centrale mini-idroelettrica sfrutta l’energia giagia elettrica. dell’acqua cheche cade daldal ramo piùpiù alto a quello dell’acqua cade ramo alto a quello piùpiù basso deldel fiume Fibbio che, nelnel tratto in cui l’inserimento delle due nuove eded efficienbasso fiume Fibbio che, tratto in cui Con Con l’inserimento delle due nuove efficiensi trova la Lucense 1923, si dirama in 2intronchi. turbine, si ottiene una potenza di di cir-cirsi trova la Lucense 1923, si dirama 2 tronchi. ti mini ti mini turbine, si ottiene una potenza A monte della centrale si trova una iniziale 112112 kWkW e una produzione media annua di di A monte della centrale si trova una iniziale ca ca e una produzione media annua vasca di carico, dove l’acqua deldel fiume si racchilowattora di energia pulita, origivasca di carico, dove l’acqua fiume si rac- 475.000 475.000 chilowattora di energia pulita, origicoglie accumulando energia prima di entrare ricavi perper 95.000 € all'anno. coglie accumulando energia prima di entrare nando nando ricavi 95.000 € all'anno. nelle camere delle turbine. NelNel momento in in nelle camere delle turbine. momento
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IL FIORE DELL’ARTE OGNI MESE UN PETALO E UNO SCORCIO
L’IMPRONTA ETERNA DI CARLO SCARPA È considerato uno dei padri della moderna museografia. Carlo Scarpa ha svolto un ruolo significativo nella ricostruzione dell’identità veronese nel secondo dopoguerra e a lui la città è ancora molto legata. Il 23 novembre il Museo di Castelvecchio inaugura una mostra di disegni che l’architetto realizzò per la vetreria veneziana Cappellin. Un’occasione per affrontare il tema del rinnovamento museografico.
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Verona il nome di Carlo Scarpa è legato al restauro e all’allestimento del museo di Castelvecchio, ma l’architetto veneziano ha realizzato molti altri interventi, soprattutto nella sua città natale. Prima di arrivare in terra scaligera su richiesta del direttore dei musei di allora, Licisco Magagnato, Scarpa ha lavorato alle Gallerie dell’Accademia e al Museo Correr di Venezia, alla Galleria degli Uffizi e al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe di Firenze, alla Gipsoteca Canoviana di Possagno e a Palazzo Abatellis di Palermo. A livello museale, però, la sua ultima e più importante opera è il museo di Castelvecchio a cui ha dedicato otto anni: dal 1957 al 1965. Qui l’architetto ha avviato un cantiere di restauro dell’edificio che mira a ripristinare l’identità originaria del luogo eliminando, di conseguenza, tutte le aggiunte postume. Nel secondo dopoguerra divenne prioritario recuperare il senso di appartenenza al proprio territorio. Fu così che nacquero i musei civici, deputati alla conservazione e alla valorizzazione della storia locale e della memoria cittadina. In questo contesto le opere d’arte assunsero un nuovo valore. Dopo quasi vent’anni dai principi affermati nel 1934 nella Conferenza di Madrid, si impongono dei criteri-guida che prevedono l’allontanamento da ogni mimetismo, locali più piccoli, rigorosa selezione delle opere, percorsi cronologici, preferenza della luce naturale e presenza di sale per diverse attività. È da qui che Scarpa parte per i suoi allestimenti. Se, da un lato, abbiamo la progettualità essenziale, semplice, flessibile, di Franco Albini, dall’altra
abbiamo quella più “statica” di Scarpa in grado di realizzare un museo nel museo. La genialità dell’architetto si trova nelle soluzioni innovative adottate per esaltare ogni singola opera. Non un oggetto ma un’opera d’arte che, seppur decontestualizzata, assume di nuovo un valore, che è intrinseco all’opera stessa in quanto documento del passato. Per ognuna è stato creato un supporto specifico con materiali studiati appositamente e una collocazione puntuale all’interno del percorso museale in cui la luce naturale diviene la fonte principale. La sensibilità dell’architetto per questo tema l’ha portato a concepire fenditure nelle pareti e finestre nel pavimento che gli consentissero di valorizzare al meglio l’opera. In questo modo, ha creato un percorso rigido, ma allo stesso tempo ha introdotto il concetto di unicità. Il museo di Castelvecchio, come altri musei scarpiani, proprio per la sua caratteristica di non poter essere modificato dal punto di vista museografico e museologico, è rimasto tale e quale per cinquant’anni. Non c’è stata nessuna significativa variazione né nelle opere esposte (che sono sempre quelle, nonostante sia presente un ricco deposito), né tanto meno nell’allestimento. Di conseguenza manca un sistema di condizionamento controllato e la possibilità di avere un museo accessibile, soprattutto dal punto di vista fisico. Se pensiamo, poi, alle infinite ma fattibili possibilità che offrono le tecnologie digitali, scopriamo quante soluzioni si potrebbero adottare per migliorare la visita al museo. E con un impatto minimo sull’allestimento. ■ 43
DI ERIKA PRANDI
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«METTIAMO IN COMUNICAZIONE LE PERSONE» Grazie all’esperienza quarantennale e alla sensibilità del suo titolare, Giorgio Pisani, il Centro UniAudio di Verona – Santa Lucia è vicino alle persone con sordità o difficoltà uditive, aiutandole a ritrovare il benessere e, soprattutto, a tornare a socializzare. “La cecità divide le cose dalle persone, la sordità divide le persone dalle persone”. È questa la scritta che campeggia all’interno del Centro UniAudio di Verona, che si trova in via Mantovana 91, nel quartiere di Santa Lucia. Un pensiero che il titolare Giorgio Pisani e il suo staff utilizzano come leva e come stimolo continuo per portare avanti con la massima professionalità, e sensibilità, il loro lavoro di Tecnici Audioprotesisti e specialisti dell’udito. «Quello di cui, generalmente, non si tiene conto è che le persone con difficoltà uditive o sorde vivono una situazione di limitata socializzazione con il mondo esterno. – spiega Giorgio Pisani – Il nostro primo e più importante obiettivo è quello di ridurre la distanza tra loro e ciò che li circonda. Sembra un concetto banale, ma non è così. Restituire
Giorgio Pisani, titolare del Centro UniAudio di Verona
la capacità uditiva, parziale o quasi totale per mezzo di apparecchi sempre più performanti e attraverso una rieducazione all’ascolto, a nostro avviso significa restituire gioia, benessere e in alcuni casi anche dignità». Giorgio Pisani, nel suo Centro di via Mantovana si avvale della collaborazione di operatori sanitari qualificati: Stefano Fiorini, Emanuele Parello, Monica Piccoli e Sabrina Venturi. «Sono fiero dei miei collaboratori perché hanno sempre dimostrato, al di là della preparazione tecnica e professionale, di assoluto valore, anche di avere il corretto approccio con il cliente. –
prosegue Pisani – Siamo convinti che al primo posto ci sia il ritrovato benessere della persona, che va seguita, educata, accompagnata, assistita soprattutto, e in particolar modo, nella fase di post-applicazione del dispositivo, di cui molti si dimenticano ma che rappresenta la ciliegina sulla torta circa la riuscita della protesizzazione acustica». «Quando entra in negozio un nuovo cliente, gli chiediamo di non domandarci subito lo sconto o il costo, ma piuttosto di farlo tornare a sentire bene. - prosegue il titolare – Affidandosi a noi siamo certi che rimarrà contento e soddisfatto sia dello sconto che del costo». Giorgio Pisani opera nel settore dei dispositivi uditivi dal 1978. Dopo varie e significative esperienze all’interno di multinazionali, nel
2018 assieme ad altri tre ex soci e colleghi, decide di fondare il Gruppo UniAudio – Centri per l’udito. Oltre al negozio di via Mantovana 91, infatti, sono presenti altri tre Centri distribuiti tra Verona e Mantova: uno a Villafranca di Verona, uno a San Bonifacio e uno a Porto Mantovano. «Ho avuto la fortuna di trovare, nell’arco della mia quarantennale esperienza professionale, dei “compagni di viaggio” che condividono la stessa filosofia e le stesse attenzioni nei confronti delle persone con sordità. – aggiunge Giorgio Pisani – Abbiamo deciso di metterci assieme, di collaborare e di estendere in modo capillare la nostra presenza soprattutto in provincia o comunque fuori dal centro città vero e proprio, perché dove è più facile parcheggiare le persone
arrivano più facilmente per un controllo o anche solo per un chiarimento. Il tutto per essere davvero a misura di paziente. Al Centro UniAudio di Verona, come negli altri della rete, è possibile trovare tutti i principali servizi legati al tema della sordità, tra cui quello importantissimo di logopedia, interno al Centro, per valorizzare le protesi acustiche stesse, per insegnare ai pazienti come usarle ed utilizzarle al meglio: «Solo la personalizzazione riesce a rendere il paziente veramente contento, noi lo sappiamo e lo vogliamo fare. conclude Pisani – Ricordo inoltre il nostro servizio a domicilio, per andare incontro a quelle persone che hanno forti difficoltà negli spostamenti. Un modo in più per far percepire al meglio la nostra vicinanza a chi ha bisogno di noi e dei nostri consigli».
ALTRO CHE TERZA ETÀ STORIE E RITRATTI DI RIVOLUZIONI ARGENTATE
LA GUERRA, I BALCONI FIORITI E I 106 ANNI DI LINA Lina Lordani Ceriani ha compiuto da poco, il 28 ottobre scorso, 106 anni. Autonoma fino ai 103, ora sulla sedia a rotelle per via delle ginocchia, vive attorniata da figli e nipoti. Ricorda ancora quella volta in cui vinse il premio “miglior balcone fiorito del paese”.
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ggi alla “terza età” non ci si pensa proprio. Il dottor Renato Bottura, geriatra e direttore scientifico degli Istituti Geriatrici Mazzali, in un convegno, ha invitato i presenti «a ballare, esercizio migliore della ginnastica». Sottolineando come «l’età della pensione permette di tornare ai propri interessi, ai sogni non realizzati e ai giochi che, specie con i nipoti, danno vita. La prevenzione, i rapporti umani e il confronto con i giovani rallentano l’invecchiamento, mentre le patologie, la povertà e la solitudine lo accelerarono». Vi raccontiamo la storia di Lina Lordani vedova Ceriani, nata il 28 ottobre 2013, a Grezzana. Lina, intelligente e arguta, autonoma fino a 103 anni, ha trascorso la sua vita con poca televisione, nella tranquillità della sua famiglia. Unico svago: leggere tutti i giorni il quotidiano veronese L’Arena. Oggi, a 106 anni, vive con la figlia Silvana, è lucida, ma le ginocchia la costringono su una sedia rotelle, ama parlare anche se difetta un po’ dell’udito. La incontriamo di fronte alla porta: vede i ragazzi che giocano a calcio, località Catena, a Grezzana, dove è nata e conserva bei ricordi. Tra questi da giovane con «con Bianca, la mamma dell’ex sindaco Renato Gozzi impastavamo tagliatelle e lasagne per la domenica e per gli ospiti. Ma lavoravo dai Bragantini (un’azienda che tuttora commercializza frutta, ndr) preparavamo ciliegie e mele, eravamo in parecchie donne e il silenzio era quasi d’obbligo». Ricorda quando durante la Guerra alla Catena «scoppiarono due bombe e nessuno aveva il coraggio di venire a vedere se c’erano feriti o morti. Arrivò per primo il parroco don Michele Garonzi, con la bicicletta: trovò solo tanta paura». Lina lasciò il lavoro e si sposò nel 1946, quando il suo Mario, dopo 13 anni, si congedò da militare. «Mio marito lavorava il ferro». Ebbero tre figli: Silvana, Vittorino (purtroppo scomparso) e Dario. Un dolore troppo forte quello della perdita del figlio. Non ne parla. Ci ricorda invece «ho frequentato la 4^ elementare, non c’era altro. Ho fatto parte delle “Figlie di Maria” e delle “Madri cristiane”. Nel 1969 ci siamo trasferiti in questa nuova casa. Pensi ho preso il premio per il “miglior balcone fiorito del paese”. Questa è stata la mia vita». ■
DI ALESSANDRA SCOLARI
La signora Lina festeggia il compleanno
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RISCHI CARDIOVASCOLARI, L’IMPORTANTE È PREVENIRE Gli uomini sono generalmente più colpiti delle donne, anche se dopo la menopausa femminile il fattore tende ad invertirsi. Ciò che consigliamo è sottoporsi ad esami di screening nelle fasce d’età più a rischio, vale a dire superiori a 55 anni, o anche in quelle minori, se la familiarità è positiva o sono presenti stili di vita non corretti oppure fattori di rischio cardiovascolari noti.
Dott.ssa Laura Invernizzi Specialista in Chirurgia generale e vascolare
In Italia e in Europa le malattie cardiovascolari sono la prima causa di mortalità e di invalidità: al primo posto l’infarto del miocardio seguito dall’ictus. Per fortuna oggi è possibile diagnosticare precocemente tali malattie eseguendo degli esami di screening non invasivi che permettono di intercettare la malattia cardiovascolare nelle sue fasi iniziali. Non si conoscono ancora le cause certe che provocano infarti o ictus, ma vi sono dei fattori che aumentano il rischio di malattia. A partire dall’ipertensione arteriosa, dal diabete mellito, dall’aumento dei lipidi ematici, dal colesterolo, passando dal fumo di sigaretta, dall’obesità o dalla sedentarietà, dallo stress, fino ad arrivare all’uso di contraccettivi orali, a una predisposizione familiare, all’aumento omocisteina nel sangue. Anche solo uno di questi fattori può generare la malattia, ma la combinazione di due fattori incrementa esponenzialmente il rischio.
Oltre agli esami di routine come quelli ematici o l’elettrocardiogramma, la prevenzione tiene conto anche di controlli più specifici come l’ecocolordoppler carotideo, l’ecografia dell’aorta addominale, l’ecocolordoppler degli arti inferiori. L’ecocolordoppler è un esame eseguito con apparecchiature innocue, non invasive ed estremamente precise. In particolare l’Ecocolordoppler delle carotidi o dei TSA (tronchi sovraortici) che è considerato l’esame di screening principale che fornisce l’indicazione dello stato di salute delle nostre coronarie, ossia le arterie che portano il sangue al cuore. I motivi per cui fare prevenzione cardiovascolare sono tanti, a partire dall’aterosclerosi, che ne è la causa principale. Essa si sviluppa lentamente negli anni e nel momento in cui insorgono i sintomi la malattia è ormai in fase molto avanzata e spesso irreversibile. Fortunatamente le malattie cardiovascolari sono strettamente legate allo stile di vita e
a fattori fisiologici e biochimici e quindi sono modificabili. Gli obiettivi della prevenzione sono quelli di aiutare i pazienti a basso rischio cardiovascolare a mantenere questo stato per tutta la vita ed aiutare i pazienti a rischio aumentato ad abbassarlo. Ed è assolutamente possibile. Se si riscontrano segni ecografici di malattia vascolare viene indicata una terapia medica in genere antiaggregante piastrinica, che riduce cioè la possibilità di trombosi. In altri casi può esserci invece la necessità di un intervento di correzione chirurgica della lesione vascolare anche se questa è asintomatica. Se una lesione vascolare venisse riscontrata mediante l’ecodoppler dovrebbe poi essere seguita nel tempo, sempre con lo stesso metodo, per valutarne l’evoluzione. Lo stesso esame risulta utile e sufficiente per monitorare le malattie vascolari sottoposte a interventi chirurgici tradizionali e/o endovascolari.
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Apperò la rassegna teatrale per BAMBINI e famiglie Da Paolo Nani a BamBam Teatro: undici spettacoli per grandi e piccini. Apperò il teatro è la rassegna dedicata ai bambini e alle famiglie proposta da Altri Posti in Piedi con il patrocinio e l’importate contributo del Comune di San Giovanni Lupatoto e il patrocinio del Comune di Buttapietra. di noi». La rassega parte domenica 24 novembre ore 16.30 al Teatro di Buttapietra con I Meravigliosi viaggi di Gulliver poi sabato 30 novembre ore 16.30 e 20.30 a Raldon ci sarà la proiezione dei Cartoni dal Mondo in collaborazione con il Film Festival Della Lessinia. Segnaliamo poi Paolo Nani, con La Lettera sabato 7 dicembre ore 21.00 al Cinema Teatro Astra. Nani terrà presso la Scuola di Teatro Altri Posti in Piedi anche il suo workshop Creazione di una Scena. Entrate nel parco di Apperò dove troverete tutti gli spettacoli di quest’avventura. Lungo il fiume scorgiamo due imbarcazioni: la prima di un certo Lemuel Gulliver, diretta verso nuove, sconosciute terre. La seconda, capitanata da Achab, è alla caccia di un bianco capodoglio. Dietro gli alberi c’è la torre di Raperonzolo, in compagnia di Rosaspina che senza timore fila la lana con un vecchio arcolaio. Due clown dal naso rosso scrutano un cielo che, solcato dal volo di uno splendido cigno, si tinge di un tenue colore rosso. Si fa sera e un asino, un cane, un gatto e un gallo suonano, mentre uno strampalato signore cerca il modo giusto per scrivere La Lettera, disturbato dai suggerimenti di una Grande Fabbrica che produce Parole. Marco Pomari direttore artistico della rassegna sostiene che «Apperò il teatro vuole diventare la dimora della meraviglia, il giardino dello stupore. Dove si possa vagare per
cogliere la bellezza di un teatro che fa sorridere, la libertà di un mondo in cui tutto può succedere. Dove lasciarsi stupire dalle storie che raccontano e custodiscono una parte
Da quest’anno Apperò il teatro ha una sorella: Apperò Lessinia, trovate tutto il programma delle due rassegne sul sito www.apperoilteatro.it dove potrete acquistare in prevendita i biglietti degli eventi.
I CONSIGLI DEL SOCCORSO ALPINO
LA MONTAGNA SEMPRE COSÌ SOTTOVALUTATA La vicenda di cronaca del giovane fisioterapista di Pegognaga, morto nella vicina Val Sorda, a soli 27 anni comparsa su tutti i media, per lo struggente video messaggio lasciato dalla vittima su Facebook, rimanda ad un dato statistico agghiacciante. Quanti incidenti accadono in montagna, nella nostra Lessinia, sul Baldo, nella catena del Carega? Sicuramente più di quanto immaginiamo.
I
l Soccorso Alpino della sezione di Verona ne conta ben 69 per il 2018 e circa 54 fino ad ora. La prima causa di incidenti è l’escursionismo, praticato in maniera non corretta e sottovalutando i pericoli della montagna e, del clima in montagna. Gli incidenti avvengono durante attività considerate non pericolose ma il più delle volte, la loro gravità impone l’intervento dell’elisoccorso. Ne parliamo con Alberto Corà, vice capo stazione del Soccorso Alpino della sezione di Verona. Il CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico) si occupa di contribuire alla vigilanza e alla prevenzione degli infortuni delle attività connesse all’ambiente montano ed alle attività speleologiche; di soccorrere in tale ambito gli infortunati, le persone in pericolo, i dispersi e recuperare i caduti, lavorando anche in collaborazione con organizzazioni esterne; concorrere al soccorso in caso di calamità in cooperazione con le strutture della Protezione Civile, nell’ambito delle proprie competenze istituzionali. Alberto, che responsabilità ha all’interno del CNSAS? La struttura dal corpo nazionale è affidato ai Servizi Regionali, come il nostro Servizio Regionale Veneto; poi alle Delegazioni (in Veneto sono due alpine e una speleo), in ultimo alle stazioni. Il responsabile della stazione è il capo stazione, a lui competono responsabilità amministrative, organizzative, operative e di sicurezza della squadra, il vice capostazione (io) supporta il lavoro del capo e ne fa le veci. Gli incidenti in montagna sono sempre di più, perché? Sta cambiando il modo di avvicinarsi a questo ambiente e anche l'accessibilità alla montagna è in continua crescita, grazie ad impianti di risalita aperti tutto l'anno ad esempio. Le informazioni, grazie ad internet sono fruibili ovunque ma non sono indice di affidabilità. Tutta questa offerta, unita alla scarsa consapevolezza di alcuni utenti, diventa un mix pericolosissimo. La maggior parte degli incidenti che si verificano hanno
DI SARA AVESANI
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Alberto Corà
come causa comune l'imperizia dell'utente: le calzature sbagliate, la scarsa valutazione degli itinerari e, non ultime, le capacità personali. Gabriele Puccia, morto in Val Sorda a fine estate, cosa è successo? Ho ricevuto la chiamata dalla centrale operativa del 118 di Verona, che ci attiva e supporta durante tutti gli interventi. Non ho mai parlato con il ragazzo direttamente ma con la sorella che mi ha fornito alcune informazioni che ci hanno permesso di circoscrivere la zona, il resto purtroppo è cronaca. Come funziona il meccanismo delle chiamate di emergenza? Come dicevo ci attiva il 118 o i Carabinieri o la Prefettura, di base però il nostro interlocutore durante l'intervento rimane sempre il 118. Da soccorritore di fronte a tante tragedie cosa pensa? Tante tragedie sarebbero evitabili, dispiace parecchio constatare questo. Amare la montagna senza mettersi in pericolo, si può? La montagna in qualsiasi modo la si viva è un ambiente in grado di darti sempre più di quanto tu possa immaginare, certo però è un 50
«LA MONTAGNA IN QUALSIASI MODO LA SI VIVA È UN AMBIENTE IN GRADO DI DARTI SEMPRE PIÙ DI QUANTO TU POSSA IMMAGINARE, CERTO PERÒ È UN AMBIENTE CHE NON HA NULLA A CHE FARE CON IL GIARDINO DI CASA»
ambiente che non ha nulla a che fare con il giardino di casa, ci sono delle regole, almeno di buon senso, da seguire. L'escursionismo è l'attività più praticata dagli utenti che ci chiamano. Poche regole, ma chiare: preparare la
gita, sapere da dove si parte e dove si vuole andare, conoscere il numero del sentiero, essere equipaggiati correttamente (pedule, giacca a vento, viveri, cartina ecc.) e, soprattutto, lasciare detto a qualcuno dove si va. ■
SPAZIO PUBBLICITARIO
Iniziativa finanziata dal Programma di sviluppo rurale per il Veneto 2014-2020. Organismo resp. dell’informazione: Associazione Tutela della Lessinia APS - Autorità di gestione: Regione del Veneto - Direzione AdG FEASR e Foreste.
ALTI PASCOLI
DELLA LESSINIA Paesaggio rurale, patrimonio per il futuro.
Progetto di iscrizione degli Alti Pascoli della Lessinia nel Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici Un percorso che unisce associazioni, enti, comuni e aziende agricole con lo scopo di riscoprire, preservare e valorizzare il paesaggio rurale, patrimonio per il futuro della Lessinia.
www.altipascolidellalessinia.it
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Se vuoi saperne di più ti aspettiamo a
BOSCO CHIESANUOVA SABATO 30 NOVEMBRE 2019 ore 10:00 Sala Olimpica, Teatro Vittoria
Evento rivolto a tutti i cittadini che desiderano conoscere i vari aspetti di questo ambizioso progetto per la Lessinia. Saremo guidati da ospiti, testimonianze, video interviste e dibattiti.
UN BLOG PER APPUNTARSI LE EMOZIONI SPORTIVE
UN TORRENTE DI MONTAGNA SUL WEB
VAI AL BLOG
È il nuovo blog creato da Giovanni Tosi, team manager della squadra di nuoto dello Sporting Club Lessinia. Narra le vicissitudini quotidiane dei giovani atleti della squadra, con l'obiettivo di fermare nel tempo le emozioni "acquatiche" e celebrare piccoli e grandi momenti sportivi vissuti.
D
i questi tempi l'espressione "punta di un iceberg" è assai inflazionata. Rimbombi ecologisti e ridondanze retoriche incoraggiano a trovare un'immagine alternativa per descrivere una dinamica visibile solo in minima parte. Torrente di montagna è un blog nato da poco grazie alla volontà di Giovanni Tosi, nuotatore d'altri tempi che riveste il ruolo di team manager della neonata squadra agonistica di nuoto dello Sporting Club Lessinia. «Il nome del blog – ci racconta – riprende un articolo di un quotidiano locale di quattro anni fa. In esso il responsabile delle piscine di S. Anna d'Alfaedo immaginava le sue vasche e i suoi atleti come un torrente che, scendendo a valle, si ingrossava sempre di più. La metafora mi è rimasta a tal punto che ho dato questo nome al blog». Giovanni nei suoi post racconta le peripezie quotidiane dei giovani atleti della squadra, senza però addentrarsi troppo in questioni tecniche. Gli obiettivi sono molti, come spiega: «Mi piace raccontare il lavoro dei singoli e della squadra. È un piccolo modo per celebrare il loro impegno, oltre ai risultati che ne derivano. Mi piace immaginare che sia
un diario che, tra una decina d'anni, i nostri ragazzi potranno leggere per rivivere emozioni provate e insegnamenti ottenuti». I contenuti si rivolgono agli atleti, ai genitori e pure a qualche appassionato, per abbattere le barriere di un territorio, quello della Lessinia, distanziato dagli elementi naturali e nel quale le discipline natatorie di certo non fanno parte della tradizione. Ma c'è di più. Perché dalle parole scritte in libertà ed associate a contenuti multimediali da Giovanni, si scorge una dimensione decisamente più organica, che solo per questioni di spazio non racconteremo. Essa parla di sport come punto cardine nella crescita dei ragazzi, narra di sport come grande opportunità turistica, svela linee direttrici di un club che pensa al futuro e lo vuole affrontare in piena discontinuità con certe consuetudini sportive statiche e ristagnanti degli ultimi trent'anni. Ed ecco arrivare quell'immagine, nemmeno troppo distante da quella del "ghiacciolone": quella piccola asperità di roccia che affiora dalla corrente di un rio di montagna, suggerendoci quale massa granitica e importante possa sottostarvi. ■ 52
DI EMANUELE PEZZO
L’HOCKEY DA SERIE A DI PIETRO EDERLE
IL NUOVO FALCO Pietro Ederle è un difensore classe 1998, cresciuto tra Erbé e Bosco Chiesanuova. In Lessinia ha iniziato a giocare ad hockey su ghiaccio, poi è passato ai pattini a rotelle in linea, arrivando fino a giocare in serie A. In estate è stato ingaggiato dal Milano Quanta, la squadra più titolata d'Italia. DI EMANUELE PEZZO
N
on si può dire che non abbia macinato chilometri sulle ruote. Pietro Ederle, quasi 21 anni, è un giovane hockeista veronese che quest'anno è stato ingaggiato dal Milano Quanta: i "rinoceronti" rossoblù sono la squadra più titolata d'Italia. Fin da piccolo Pietro ha dovuto fare strada: da quando abitava ad un'ora da Bosco Chiesanuova e doveva recarsi agli allenamenti su ghiaccio; a quando con i Falchi disputava campionati interregionali; fino ad ora, che per allenarsi si reca più volte a settimana nel capoluogo meneghino. Partiamo dalla fine: com'è stato l'esordio in supercoppa con la maglia del Milano? Mi sentivo molto concentrato e sinceramente non ricordo se sia entrato a gioco fermo oppure con un cambio volante. Subito un trofeo in bacheca: cosa si prova? È il primo che vinco, è stata un'emozione veramente forte. Mi sono reso conto subito di essere in un club speciale, che potrebbe darmi qualche piccola chance anche in ottica nazionale. Torniamo indietro: qual è il primo ricordo che hai dell'hockey? Avevo 7 o 8 anni. Sembra assurdo, nella mia memoria c'è un allenamento in cui ho pianto dall'inizio alla fine, forse perché avevo paura di indossare il casco. Eppure mi è piaciuto a tal punto che non è stato l'ultimo allenamento. In che modo questo sport da bambino ti rendeva felice? Era uno stacco dal quotidiano. Abitavo ad un'ora dalla pista e semplicemente il fatto di dover fare la strada con papà o con mamma mi faceva uscire dalle solite cose. Come la scuola (ride, ndr). Chi è Pietro, fuori dal campo? È un ragazzo che ha finito la scuola da poco, anche se l'ha fatto penare molto. Ora lavora e gli piace spendere il tempo per il suo paese. Ama trascorrere il tempo con le persone che lo fanno star bene e può anche dire di avere un debole per le feste.
Cosa puoi dire del Cus Verona e dei Bludogs Montorio, tuoi club passati? Con loro ho passato stagioni veramente belle e importanti, grazie ai gruppi di giocatori in cui mi sono trovato. Ho colto questa occasione francamente irripetibile, ma sono giovane e penso che in futuro avrò nuovamente modo di vestire le maglie dei club veronesi. Sei di Bosco Chiesanuova e hai vissuto da vicino la tragedia di inizio settembre, in cui ha perso la vita Lucia Corradi, anche lei grande appassionata di hockey… È qualcosa che rimarrà nel paese per molto tempo. Ho saputo della perdita di Lucia solo la mattina seguente. Non riuscivo a realizzare quello che era accaduto. Il giorno del funerale hanno chiesto a me e ad alcuni amici di portare la bara: lì ho compreso tutto. Lucia mancherà a me come a molti altri, perché era una persona capace di farti sorridere. ■
Perché hockey su ghiaccio e inline sono fratelli Quella su ghiaccio è probabilmente la variante di hockey più conosciuta nel Nord del mondo, grazie ai campionati professionistici (la Nhl nordamericana e la Khl russa, la quale coinvolge anche team delle repubbliche ex-sovietiche, una squadra finlandese, una kazaka ed una cinese).
Da un paio di anni avevi gli occhi addosso di club importanti: che qualità pensi vedano in te? Non saprei, perché non credo di avere grande fiducia nelle mie capacità. Poi però ammetto che, pur non brillando come altri per forza e precisione, sono un giocatore che non molla fino alla sirena finale e a quale piace lavorare sui dischi sporchi. 53
Negli anni Novanta è sorto un altro hockey "a secco", oltre a quello su prato e su pista, cioè quello inline. La diversità consiste nell'utilizzare pattini con rotelle in linea. La similarità nel movimento di pattinata, nel regolamento e nelle dinamiche di gioco ha fatto sì che, almeno in Italia, il fratello minore non si sia mai del tutto staccato dal primogenito. Ecco il perché, in questo periodo storico, la crescita di moltissimi giocatori inliner è spesso legata anche alla pratica sulle lame.
ALLE E URBO IN VIAGGIO DA UN ANNO
VIVERE DA LOCAL NOMADS
Dieci mesi, tredici Paesi, il sogno di una vita: Alle e Urbo hanno lasciato lavoro, casa, famiglia e Verona per coronare il sogno di una vita. E sul blog wearelocalnomads.com spiegano che la vita da viaggiatori professionisti è a portata di tutti.
«Non abbiate paura e buttatevi». Quando abbiamo chiesto a Alessandra e Stefano il primo consiglio che darebbero a qualcuno che, proprio come loro, vorrebbe intraprendere un viaggio a lungo termine la risposta è stata questa. D’altra parte, Alle e Urbo - nomi d’arte dei due globetrotters veronesi - del dispensare consigli e accorgimenti pratici sui luoghi che visitano hanno fatto una seconda professione grazie al loro blog, wearelocalnomads.com, attraverso cui condividono le esperienze più emozionanti dei loro infiniti viaggi. Partiti a gennaio 2018 alla volta delle Filippine, nei dieci mesi successivi Alle e Urbo hanno attraversato il Sud-Est Asiatico, l’Asia Centrale e il Sudamerica: il “Grande Viaggio” sognato e progettato per anni e che, una volta realizzato, ha dato una direzione diversa alle loro vite. Di seguito, Alle e Urbo spiegano tutti i perché di un viaggio complesso e indimenticabile, vissuto a ritmo lento, proprio come dovrebbe essere. Partiamo dal nome che avete scelto per il vostro blog: perché Local e perché Nomads? È legato alla nostra attitudine in viaggio e più in generale nella vita di tutti i giorni: viaggia come se fossi a casa e vivi a casa tua come se fossi in viaggio. Sii un locale che ama scoprire la propria città con l'entusiasmo di chi è appena arrivato e allo stesso tempo sii un viaggiatore che si adatta alle usanze del luogo che lo
accoglie, come se lo conoscesse da sempre. Sii un locale nomade e un nomade locale, appunto. Le parole Local Nomads hanno a che fare con lo spirito di accoglienza ma anche con la riscoperta delle proprie radici, con la voglia di esplorare il mondo ma anche con una conoscenza più approfondita di ciò che sta intorno a noi, a due passi da casa. Che valore ha, oggi, secondo voi il viaggiare lentamente - in controtendenza rispetto a un mondo in cui i tempi richiesti per viaggiare sembrano accorciarsi sempre di più? Quando pensiamo al viaggio lento la prima cosa che ci viene in mente, paradossalmente, non è il tempo. Un po’ come il marchio Slow Food è legato alla qualità dei cibi, per noi lo Slow Travel è legato alla qualità dell’esperienza del viaggio. Si può viaggiare per anni senza avere la consapevolezza dei luoghi e delle persone che ci abitano e si può, invece, viaggiare per un solo weekend riuscendo a carpire l'anima più profonda del posto. Viaggiare lento significa prima di tutto farlo in maniera responsabile e consapevole, rispettando i luoghi e le persone e cercando di comprenderli al meglio. Come avete scelto le mete del vostro viaggio? Quali sono i posti che raccomandereste? Avevamo alcuni punti di riferimento ben precisi prima di partire. Volevamo che il nostro 54
DI CHIARA BONI
fosse un viaggio d’incontri. Innanzitutto con le persone e con le culture, volevamo comprendere come si vive la vita di tutti i giorni nel mondo, che cosa fanno le persone, cosa mangiano, dove lavorano. Poi con la storia, soprattutto capire come diversi tipi di colonialismo (specialmente lo spagnolo, il francese e l’inglese) hanno influenzato diversi Paesi. Infine con i libri, ripercorrendo le tracce di alcuni dei più celebri scrittori di viaggio come Terzani o Kapuscinski ma anche divorando saggi di storia e di politica sui luoghi come quelli di Eduardo Galeano e di Franco Cardini. Praticamente, invece di usare le Lonely Planet, ci servivamo della narrativa e della saggistica per capire dove andare. Il lato economico è stato anche non secondario: abbiamo scelto Paesi con un costo della vita medio-basso che rientrasse nel budget pianificato. Ognuno dei posti visitati ha una personalità e un’intensità tali per cui è difficile raccomandarne uno piuttosto che un altro. Se dovessimo citare un posto in particolare però non esiteremmo a consigliare l’Asia Centrale: un luogo dell’anima dai paesaggi spettacolari, con una storia controversa e antichissima dove vivono popoli di rara cultura e con un innato, commovente senso dell’ospitalità. Nei vostri racconti di viaggio sul vostro blog compaiono spesso anche ritratti di persone dei luoghi in cui viaggiate. Che valore ha per voi conoscere e raccontare la gente dei luoghi che visitate? È il motivo principale per cui viaggiamo. John Steinbeck scrisse nel suo “diario russo”: «Ci accorgemmo che c’erano cose che nessuno scriveva mai sulla Russia, cose che ci interessavano più d’ ogni altra. Che abiti indossa la gente da quelle parti? Che cosa mangia a pranzo? Si danno anche a feste e ricevimenti? E che genere di cibi si mangia? E come si fa all’amore e in
che modo la gente va all’altro mondo? Di che parlano di solito, in Russia? Si balla, si canta, si gioca? E i ragazzi vanno a scuola? Ci parve che sarebbe stato bello scoprire tutte queste cose, fotografarle, scriverne. La politica russa è importante quanto la nostra, ma ci deve essere poi tutto il resto, laggiù, esattamente come c’è qui. Deve pur esserci una vita privata dei russi, della quale non sapevano nulla solo perché nessuno ne scriveva mai o la fotografava mai». Il senso del nostro viaggio è tutto qui. Non c’è molto altro da aggiungere. C’è un luogo che avreste sempre voluto vedere ma non avete ancora avuto modo di visitare? URBO: No o meglio non lo so ancora. Col tempo i miei gusti sono cambiati e anche il mondo è cambiato. Cose che volevo vedere in passato ora sono in fondo alla mia wishlist. C’è invece un luogo e un tempo che avrei sempre voluto vedere ma purtroppo non è più possibile: l’Italia degli anni ‘50 e ‘60, quella dei nostri nonni e del miracolo economico. ALLE: Da lungo tempo sulla mia lista dei desideri ci sono i Balcani, così vicini e così lontani. E poi, l’Africa sulla quale non ho ancora messo piede ma che mi attrae con la sua forza gravitazionale fortissima. Anche se credo che la mia priorità al momento sia visitare e conoscere meglio i Paesi del medio oriente, che durante i nostri viaggi in Iran, Turchia e Kurdistan Iracheno mi ha rapita e con il quale sento di avere una forte affinità elettiva. Dove vi porteranno i prossimi viaggi? In cima alla nostra ci sono Pakistan, Algeria e Ucraina. E poi ci sono tutti una serie di viaggi che ci auguriamo di fare per tornare a trovare i nostri amici in tutto il mondo specialmente in India, Iran, Kurdistan Iracheno e Tajikistan. ■
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RIFIUTAMI... se ci riesci!
Sabato 16 Novembre INAUGURAZIONE di
MATTARANETTA MENO-WASTE CENTER PUOI CONTRIBUIRE A QUESTA INZIATIVA
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IL NOSTRO TRIPADVISOR SOSTE PERFETTE IN GIRO PER L’ITALIA
FIKUS, THE APULIAN B&B IL VERO VIAGGIO È SENTIRSI A CASA
Luisa & Francesco hanno girato il mondo grazie alle loro esperienze lavorative. Ad un certo punto però si sono resi conto che forse le loro origini erano la miglior alternativa al prossimo futuro. Fikus è un progetto di rigenerazione e turismo. Un’idea nata quasi per gioco diventata eccellenza dell’accoglienza in Puglia. Li abbiamo raggiunti telefonicamente per comprendere meglio il loro viaggio più importante. Il mondo di Internet ha permesso una maggior conoscenza delle strutture oltre che una facilità di contatto. Quanto è faticoso oggi nuotare tra un mare di proposte? La comunicazione per immagini ha sicuramente velocizzato il processo di scelta degli utenti e tutto passa per Instagram. A quello però deve corrispondere anche una reale attenzione alla cura: per gli utenti questo vuol dire saper andar oltre e saper leggere tra le righe. Per noi, come operatori del settore, invece vuol dire saper trasmettere il nostro modo di essere e dedicare molto tempo allo storytelling delle nostre piccole, normali ma grandiose avventure quotidiane. Cos'è per voi l'ospitalità? Lo diciamo da sempre: quando torni a casa dopo un viaggio e ricevi l’abbraccio della persona amata, ti prende le valigie, ti sistema sulla sedia e ti offre da bere anche solo un caffè. È quella la sensazione che cerchiamo di offrire a chi entra in casa nostra. La casa di un pugliese è sempre pronta ad accogliere.
Ogni soggiorno può diventare volano per incrementare l’indotto di un’intera comunità. In che modo si può fare rete oggi tra le varie attività produttive? Per noi la parola chiave qui in Puglia è destagionalizzazione. Crediamo che il confronto e la messa in rete con gli operatori del settore sia la sola risposta ad una esigenza che il territorio ha. La creazione di itinerari d’arte, gastronomia o percorsi che uniscano la meditazione e “mindfulness” all’esplorazione dei giardini di ulivi pugliesi: questi alcuni esempi di come coordinarsi tra le varie attività produttive. Progetti per il futuro nel vostro Fikus? Il primo sicuramente quello di scegliere quale progetto perseguire! Scherzo! Ma la verità è che ogni cena sotto il nostro pergolato diventa un’idea progettuale! Ci piacerebbe convertire proprio quello spazio in un giardino di inverno per poter accogliere ospiti anche oltre l’autunno e, perché no, riuscire anche a realizzare qualche camera in più. ■ 56
DI TOMMASO STANIZZI
articolo pubbliredazionale
NUOVA PROPOSTA MOVE TRAVEL
Oman
Ci sono infinite ragioni per fare una vacanza in Oman. Innanzitutto per gli splendidi paesaggi e il mare magnifico, poi la popolazione è tanto gentile da lasciare stupiti. La sicurezza sociale e un clima secco fanno il resto. L’Oman è una destinazione dove ancora ci si confonde tra la folla, si entra in moschea come un viaggiatore accolto con saggia meraviglia. È un’esperienza vissuta tra antiche tradizioni immutate nel tempo, una scoperta della sua cultura e della sua storia, tra remoti villaggi, tradizionali mercati ed imponenti fortezze. L’Oman è terra di approdo, lo è stato e lo è tutt’oggi. È un posto in cui la cucina indiana o cingalese o nepalese è fusa con la più pratica cucina degli emirati. È terra di zuccherosissimi halwa, tagliati al momento nelle spaziose confetterie del centro, di caffè (speciale, col cardamomo), di datteri piccolissimi, di tè nero al latte e soprattutto di spezie e profumi. La capitale, Muscat, è oltrefrontiera, è devota, ma tollerante.
È un punto focale di ogni itinerario di viaggio in questo Paese, presenta un affascinante centro storico e splendide spiagge a pochi chilometri di distanza. L’interno include montagne come Jebel Shams, famosa per i suoi bellissimi scenari naturali, deserti come Al Sharqiya dove su una porzione di deserto di dune sorge un bosco verdissimo, creando un contrasto di colori spettacolare. E cittadine fortificate come Nizwa e Nakhl. La specialità della casa sono però i “wadi”, canyon occupati da palmeti, ruscelli, laghetti dove tuffarsi. Il Wadi Bani Khalid è ricco di piscine naturali, mentre il Wadi Shab presenta una cascata sotterranea sotto cui bagnarsi. Ecco tutto, anzi, non tutto, ma qualcosa sull’Oman. Un inizio per pensare a un posto da esploratori se vi piace credere che c’è ancora qualcosa di non-giàvisto. Dimenticate i soliti viaggi di gruppo, la vostra esperienza sarà unica. Il nostro obiettivo rendervi impossibile immaginare un modo migliore per vivere un luogo!
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ISPIRAZIONI MUSICALI COSA (E CHI) ASCOLTARE
SPOTIFY È UNA TRAPPOLA ALLA MUSICA SERVE IL LIVE Abbiamo raggiunto Andrea Mazzantini per fare una lunga chiacchierata telefonica e parlare dei suoi inizi passando dal progetto Pink is Punk, che per anni ha dominato i migliori locali italiani, fino al suo nuovo percorso solista come MAZAY. Una fotografia di com’è cambiato il club e la voglia di divertimento in questo decennio. DI TOMMASO STANIZZI Dai Pink is Punk al tuo nuovo progetto solista Mazay. Com'è cambiato il club e la voglia di divertimento in questo lungo percorso? Molto, troppo. Infatti con Mazay vorrei proprio riportare nel club quello che è successo con la nascita di Pink is Punk. La voglia di ballare, di fare party senza freni e, soprattutto, senza finire nella solita playlist misto suoni edm (electronic dance music, ndr) o reggaeton del 99% dei dj attuali. Musica da Club per il Club e come, fortunatamente, sto già iniziando a vedere, spesso nel mio set ballano molto di più una mia canzone ancora non uscita. Questo per me significa tutto, ogni set con il Pink Is Punk all’inizio era 80% di musica nuova. La gente voleva sentire cose nuove, cose fresche. Il mercato musicale in Italia non è di certo la prima industria. Cosa pensi si possa fare per cercare di aiutarlo? Aiutando i nuovi artisti ad uscire dalla trappola di Spotify e dare la possibilità a chi merita di esibirsi di più live e di guardare un po’ meno ai numeri. Molte volte ho visto grandi numeri sul web e pochi numeri live. E così si spiegano tutte queste meteore che popolano la scena. Il web dà, il web toglie. Il palco assolutamente no, se lo prendi è tuo con 1 milione di fan o con 5. Oggi per un musicista, dj, è più importante passare in radio o essere nelle piattaforme di streaming? Penso che ormai conti davvero solo lo streaming, anche perché da quello poi si passa alle radio. A chi si avvicina oggi al mondo del djing che consigli daresti? Di suonare qualsiasi cosa senza regole e di uscire subito dal concetto “Edm”. Il mercato oltre che saturo è anche molto impoverito, per cui "le copie di” non hanno alcun spazio. Infine direi che se un neo dj imparasse a fare “warm-up” come si deve sarebbe sicuramente un passo avanti a tutti gli altri. ■ 58
LIBRI & QUALCHE VERSO
PAGINE PER I PIÙ PICCOLI
A CURA DI
ALESSANDRA SCOLARI
IL LIBRO. Racconta la storia di Alice, spesso annoiata che sogna un mondo fantastico, dove tutti possono parlare (animali ed oggetti compresi). Uno dei classici pubblicato in tutte le lingue e in tutti i Paesi del mondo. Alice cade in una buca, incontra il Coniglio Bianco, il Bruco, la Lepre Marzolina, il Cappellaio Matto, il sonnolento Ghiro, il Gatto del Cheshire, la Regina di Cuori, altre creature surreali: insomma il Paese delle Meraviglie. Seguendo Alice nelle sue paradossali avventure, viene stuzzicata la curiosità il lettore che va in fondo e capisce che non sempre dietro le parole c’è un significato. L’intrecciarsi delle situazioni assurde e i trucchi spingono il piccolo (e grande) lettore a guardare la realtà da diversi punti di vista. I personaggi sono ben rappresentati in tutta la loro particolarità dai disegni di John Tenniel. L'AUTORE. Lutwidge Dodgson, con lo pseudonimo di Lewis Carroll, nato a Daresbury, Inghilterra, nel 1832, è stato docente di matematica a Oxford, appassionato di fotografia, logica e crittografia. Furono alcuni amici a spingerlo a pubblicare questo manoscritto (1865), diventato famosissimo per generazioni di bambini e non solo. Oltre ad Alice nel Paese delle Meraviglie, trasposto poi in bellissimi film, Carroll ha pubblicato anche Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò (1871).
Titolo:
CURIOSITÀ. Carroll sviluppò l’idea del libro durante una gita in barca nei pressi di Oxford, in Gran Bretagna, con tre bambine: Lorina, Edith e Alice. Pare sia stata proprio quest’ultima a ispirare l’autore, il quale secondo alcuni studiosi, soffriva di un disturbo neurologico che lo portava a deformare gli oggetti facendoli sembrare molto più piccoli o molto più grandi, un tema ricorrente nel libro. C’è chi ritiene che «non sia un libro per l’infanzia, ma un libro sull’infanzia, che dell’infanzia racconta – indirettamente – la fine», ovvero la maturità di Alice e quella di ciascun bimbo: un percorso inarrestabile.
Alice nel Paese delle Meraviglie
Autore:
Lewis Carroll
Casa Editrice:
Gribaudo Pagine: 142 Età: dai 7 in su
SE VI SERVE UN PO’ DI POESIA E per tutto il resto, per quello che in tutto questo tempo ho sprecato e frainteso, per l’amore preso e non dato, avuto e non ridato nella mia ingloriosa carriera di marito, di padre e di fratello ci sarà giustizia, là, un altro appello?
(Giovanni Raboni, Barlumi di storia) SPAZIO PUBBLICITARIO
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• INDIRIZZO TURISMO • AMMINISTRAZIONE, FINANZA E MARKETING Con le seguenti articolazioni al triennio: • AMMINISTRAZIONE, FINANZA E MARKETING • SISTEMI INFORMATIVI AZIENDALI SPORTIVO • RELAZIONI INTERNAZIONALI PER IL MARKETING Scuola aperta presso la sede di Via G. Dalla Corte, 15 - Tel. 045 8920222 - Fax 045 975353
SABATO 30 NOVEMBRE ore 16.00 - 18.00 ITES SABATO 14 DICEMBRE ore 14.30 - 16.30 ITES E LICEO LINGUISTICO SABATO 11 GENNAIO ore 16.00 - 18.00 ITES
Per tutti gli incontri di scuola aperta del 23 e 30 novembre, del 14 dicembre e dell’11 gennaio, é gradita prenotazione effettuabile dal sito www.copernicopasoli.edu.it I ragazzi possono frequentare una mattinata a scuola, in alcune materie caratterizzanti i diversi indirizzi del liceo e dell’ITES, inoltrando una richiesta di ministages tramite modulo presente sul sito www.copernicopasoli.edu.it
SEDE LICEO “N. COPERNICO” - Via Anti, 5 - Tel. 045 8921284 - Fax 045 8920667
59SEDE I.T.E.S. “A. PASOLI” - Via G. Dalla Corte, 15 - Tel. 045 8920222 - Fax 045 975353
w w w . c o p e r n i c o p a s o l i . e d u . i t
Il Muro di Giulietta Non chiedevo altro che sederti accanto per tutta la vita
Un abbraccio, un pianto, un bacio a quelle rosee guance, ecco
(R.)
il ricordo dell'esule, che nel povero
Ti amo per il modo scemo che
bagaglio racchiude, unico tesoro
hai di sbriciolare il pane,
e sprono, in terra straniera.
di come lo sperperi e poi lo recuperi. Non sprechi niente
Non ricordi tu, ricco e opulente
ma non vivi con parsimonia.
Veneto, ora che in te nuovi esuli
Sei un intenso, tutta la mia letteratura più amata sembra finalmente compiersi nei tuoi gesti. Sei generoso e audace. Sei così talentuoso eppure
dopo, un abbraccio, un pianto, un bacio a quelle nere guance sperano e si consumano? Terra amata, mai dimenticata,
ti comporti da umile, quasi
sorgente di vita.... questi gli
un eretico nel deserto dei narcisismi in cui ci troviamo a camminare. Tu sei diverso.
universali pensieri. (Paolino M.)
Sogni cose inedite, invece di replicare il già copiato come fanno i piccoli. Ti amo anche
Sei il mio tutto. (Pierpaolo)
perché non ho mai stimato nessuno più di te. (S.)
Grazie per quel bacio, non basterà una vita a descriverlo
Bisogna andare avanti, ma io come faccio senza di te?
(A. per N.)
(Silvano)
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BELLEZZA AL NATURALE SÌ, QUESTA RUBRICA NON CONTIENE PARABENI
L’OLIO DI ROSA MOSQUETA CI SALVERÀ Vitamina E, vitamina A, beta-carotene e acido linoleico: tutte queste sostanze sono preziose per la pelle, per i capelli e sono contenute nell’olio di rosa mosqueta, che viene estratto da una pianta selvatica del Sud America. Sono molte le proprietà di quest’olio, celebre soprattutto per la sua capacità di mantenere la pelle tonica ed elastica. Vediamone alcuni utilizzi.
CONTRO LE SMAGLIATURE
L’olio di rosa mosqueta è efficace per ridurre le smagliature e quindi è consigliato soprattutto alle donne in gravidanza. Basta applicarne un po’ dopo la doccia direttamente sulle smagliature o sulle cicatrici rimaste. Per vedere i risultati ci vogliono comunque pazienza e costanza. SIERO ANTIRUGHE
Quest’olio si può utilizzare anche come siero antirughe nell’area del contorno occhi o delle labbra. Il suo straordinario effetto anti-age è dovuto proprio al suo alto contenuto di vitamina E.
TRATTAMENTO DI BELLEZZA PER LE UNGHIE
L’olio di rosa mosqueta è ottimo anche per la bellezza delle mani: lasciandolo agire sulle unghie come impacco per almeno 10 minuti si noterà maggior forza e lucentezza. Inoltre, aiuta a ridurre le pellicine che spesso si creano nella stagione fredda.
IMPACCO PER CAPELLI SFIBRATI
Se la chioma è spenta e sfibrata quello che ci vuole è un impacco pre-lavaggio. Sono tanti gli oli che è possibile utilizzare per questo scopo ma quello di rosa mosqueta è uno dei più efficaci se si vuole idratare e allo stesso tempo riequilibrare il cuoio capelluto. ■ 62
DI CLAUDIA BUCCOLA
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SAVIM, 35 ANNI NEL SEGNO DELLA BELLEZZA
Festa nella festa quella dello scorso 28 settembre a Villa Mosconi Bertani per l’azienda veronese Savim Europe. In un evento unico, organizzato a sorpresa dai figli, si sono festeggiati i 70 anni del fondatore Renzo Scavini e del Gruppo industriale, che di anni ne fa 35.
Renzo Scavini taglia la torta di compleanno assieme alla moglie Laura, con la quale fondò l’azienda 35 anni fa. Con loro i figli Marina, Nicoletta e Francesco.
Festa di compleanno a sorpresa quella festeggiata sabato 28 settembre nell’elegante cornice di Villa Mosconi Bertani ad Arbizzano, in Valpolicella. Ad organizzare l’evento, al quale hanno partecipato molti imprenditori, professionisti, amici vicini all’azienda Savim Europe, sono stati i figli del fondatore Renzo Scavini: Marina, Nicoletta e Francesco. Festa a sorpresa, dicevamo, perché in un sol colpo si celebravano i 70 anni del signor Renzo e i 35 dell’azienda manifatturiera scaligera, tra le Il convegno a Villa Mosconi Bertani
prime in Europa nella realizzazione di impianti di verniciatura industriale. «È un gesto che io e i miei fratelli sentivamo di fare per esprimere un sentito ringraziamento nei confronti di nostro padre e di nostra madre che, nel 1984, fondarono l’azienda per poi cederla a noi qualche tempo fa. – spiega Marina Scavini – Al contempo, in questo meraviglioso contesto di Villa Mosconi Bertani, in cui ci sentiamo veramente a casa, abbiamo voluto anche tutte le persone, amici, clienti, fornitori, partner del territorio con i quali siamo cresciuti in questi anni e con i quali abbiamo collaborato per inseguire il nostro sogno imprenditoriale». Durante la mattinata si è tenuto un convegno, moderato dal professore universitario Franco Cesaro, al quale hanno partecipato circa un centinaio di ospiti, impreziosito da momenti di recitazione e teatro con gli attori Marina Furlani e Roberto Totola che si sono esibiti in scene tratte da Shakespeare e Goldoni.
«Ci ispiriamo ai valori legati alla bellezza, alla cultura e alla sostenibilità. – conclude Marina – Pur trattando tecnologie industriali, ricerchiamo il bello di fare impresa e di essere imprenditori, con tutto ciò che ne comporta. Puntiamo a creare valore per noi, per le persone che lavorano con noi, per il territorio in cui operiamo. Tutto questo con uno sguardo attento al futuro, alla sostenibilità economica, sociale e ambientale di Savim».
Il fondatore di Savim Europe, Renzo Scavini
PILLOLE DI MAMMA CON UN PO’ DI AMOREVOLE IRONIA
Gestire i paradossi e altri rimedi Ce l’ho fatta. Il mese scorso sono riuscita a leggere un libro. Mentre cercavo in libreria Il Mostro dei colori (consigliatissimo per imparare a riconoscere le emozioni dei nostri figli), ho buttato l’occhio su L’età del paradosso e l’istinto ha avuto la meglio. Il titolo parla da solo. Penso che questo momento storico sia davvero troppo pieno di contraddizioni e che, soprattutto i genitori ne vengano colpiti, talvolta inconsciamente.
L
’autore, Paolo Iacci, è un docente di Gestione delle Risorse Umane alla Statale di Milano e, attraverso alcuni esempi, analizza come il futuro, attraverso la tecnologia e la globalizzazione, stia correndo decisamente veloce e si faccia sempre più fatica ad adattarsi. Non capita anche a voi, a volte, di volere una cosa e anche il suo contrario? «Il futuro sembra sempre meno prevedibile e il presente sempre meno governabile. II paradosso pare essere diventato il nuovo paradigma del futuro». Davanti a tutto questo i genitori sono in grossa crisi, poiché spesso capita che le regole che andavano bene per noi, quelle che ci hanno insegnato i nostri genitori debbano essere rielaborate accettando anche compromessi incomprensibili. Mentre prima vigeva una cultura dell’aut- aut, ora conviviamo con quella “del questo e del suo opposto”. Per esempio, abbiamo paura di internet in tema di violazione della privacy, ma sui social palesiamo le nostre emozioni più intime. Vogliamo poter scegliere tra prodotti di ogni tipo e poi non siamo capaci di sostenere le nostre scelte. Ci sono dei meccanismi inconsci che nonostante la nostra ricerca spasmodica della verità assoluta, ergendoci a paladini dell’informazione più autentica, ci fanno credere alle peggio fake news per un fatto di uniformità sociale. Ora, proviamo a tradurre tutto questo nella vita di una mamma. Prendiamone per esempio una che non dorme e che si sveglia affaticata, con il mal di schiena, con il seno che sgorga latte quando meno se lo aspetta. Il medico le dice che deve dormire di più perché non può andare avanti così, le amiche che la vedono stanca, sciatta, la rimproverano: deve ricavarsi degli spazi per sè, per curarsi e uscire la sera…ma quando e con che fiato? Mettiamo poi che questa mamma abbia due figli e che il primo abbia bisogno di essere seguito tantissimo al pomeriggio per le svariate attività che segue, anche se, forse, bisognerebbe lasciarlo libero di annoiarsi al pomeriggio come ha letto in quella rivista nella sala d’attesa del pediatra. Il figlio piccolo ha bisogno di lei, vive in simbiosi. Al mattino, questa mamma apre la finestra e lo smog entra, sottile …forse devo cambiare casa, i miei figli si ammaleranno, si chiede? Ma come faccio poi con la scuola, il lavoro e, soprattutto, con i nonni che ci aiuta-
DI SARA AVESANI
no così tanto. Va al supermercato, per comodità, perché ha poco tempo e lì trova tutto ma, la frutta e la verdura sono fresche? Come quella che vende il contadino a 15 km da qui? Meglio quindi fare un po’ di strada e far mangiare bene i nostri figli e cucinare tutto fresco, al momento. I bambini non devono usare i tablet e sta bene, ma la televisione? Quella va bene? “Nì”, sarebbe meglio giocare con i figli così da assicurare loro uno sviluppo più armonioso. E la sua vita di coppia? Dicono che bisogna passare del tempo di qualità assieme al marito almeno 2 volte a settimana, ma la stanchezza? L’estratto conto di fine mese poi parla chiaro: il part-time è da rivedere, dovrebbe lavorare di più ma poi come faccio con i bimbi, prendo una baby-sitter? Insomma sono arrivata alla conclusione che è vero tutto e il contrario di tutto, mettiamoci il cuore in pace. ■ 64
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PERCHÉ IL CAVALLO PARLA A TUTTI NOI Verona, per la 121esima edizione, celebra il cavallo con la Fiera a lui dedicata, perché questa creatura, sacra in tante religioni e da sempre ammirata da adulti e bambini, accompagna la vita degli uomini da secoli.
G
uardare il mondo dall'alto, annusando gli odori portati del vento, tra foglie toccate con mano e scricchiolìo di rami rotti, tra profumo di muschio e l'urlo del vento. Questo è il motivo per cui almeno una volta nella vita bisogna salire su un cavallo, con la consapevolezza che poi non se ne potrà più fare a meno. Il cavallo emana saggezza, evoca ricordi di libertà, fa superare paure e per questo è impiegato negli interventi assistiti. Icona di eleganza e forza, insegna all'uomo la disciplina, la tenacia. Rappresenta la nostra parte istintiva ed inconscia. Il cavaliere in sella al suo cavallo è protagonista di romanzi cavallereschi e di intere pagine di storia, e tutt'ora l'eleganza e il loro rapporto empatico affascina lo sguardo di adulti e bambini durante mostre o competizioni. «La vita con lui ti cambia, sia che lo impieghi nello sport sia da compagnia. Il cavallo è un essere vivente molto intelligente che ha bisogno di te 365 giorni l'anno, non è una bicicletta che parcheggi in un garage e la usi quando ne hai voglia. Il cavallo ti insegna a pensare e ti sen-
sibilizza, perché prima di approcciarti a lui, anche solo per spazzolarlo, devi sempre capire a cosa sta pensando e fare la mossa giusta. Ho iniziato a 11 anni a cavalcare e le emozioni provate con questi animali sono infinite: mi hanno fatta ridere, piangere, vincere, perdere. In gioventù ho partecipato a gare internazionali in Italia e all'estero, e ho conquistato tante medaglie, la più importante un bronzo agli Europei in Olanda nel 2009 con la squadra italiana, in sella al mio Silver Boy mentre da Senior il miglior risultato è stata la settima posizione nel campionato italiano assoluto del 2017 con il mio fedele Corleone, un cavallo dall'anima d'oro», racconta Melissa Vanzani, 31 anni, originaria di San Zeno di Colognola ai Colli, che ha realizzato un sogno aprendo la sua Scuderia a Illasi, grazie al marito Alessio e ai suo genitori Andrea e Silvia. Fidarsi di un cavallo, accarezzare la sua criniera e il suo corpo muscoloso sono preziosi contributi all’anima di ciascuno di noi, per vivere meglio ogni giorno. ■ 66
DI INGRID SOMMACAMPAGNA
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Fame: la nuova stagione di teatro e musica di Fucina Culturale Machiavelli Una stagione con un tema chiaro: FAME. Che si tratti di fame di cultura, di una proposta culturale, teatrale e musicale che possa stimolare menti assetate o calmare appetiti insaziati, i ragazzi di Fucina Culturale Machiavelli hanno optato per un tema che strizza l’occhio, solo per parodizzarlo, al famoso motto che con la cultura non si mangia. L’intento è invece quello di proporre una stagione sfiziosa sotto ogni aspetto, che possa riportare la cultura a livello del dibattito e del vissuto quotidiano. Fame di Teatro Per chi ha FAME di teatro, ecco di nuovo il versatile Andrea Cosentino con “Kotekino riff” il 14 novembre alle 21: per la terza volta in Fucina, porta in scena “un’esercitazione comica sulla praticabilità della scena”, elucubrando sul senso di fare spettacolo, ma sempre attraverso la sua comicità irrefrenabile. In cartellone anche Suini, di Fabrizio Martorelli, in un viaggio tragicomico dall’esperienza di paternità al ruolo dell’artista nella società, ma anche Teatro del Lemming con Romeo e Giulietta, Regina Maab in Charles che scalava le piramidi, Marco Baliani con Koolhaas. Nella stagione trova spazio anche la coreografa veronese Camilla Monga, che insieme a Cabeki propone uno spettacolo di teatro danza, Portraits, e Andrea De Manincor, in una lunga collaborazione con Fucina Culturale Machiavelli, con Un calcio a Hitler. Dalla collaborazione con Are We Human, giunta al secondo anno, nasce la proposta di altri tre spettacoli in stagione: Fanny e Alexander, con il capitolo finale della trilogia “Se questo è Levi”, “I sommersi e i salvati”, ma anche Ateliersi Teatro con Cos’è un gap? e Teatro del Lemming. Appuntamento imperdibile inoltre con il gioco a premi proposto da Gli Omini in L’asta del santo, ma anche la nuova data di Teatro Clandestino: i partecipanti conosceranno luogo e spettacolo via sms, dopo l’acquisto del biglietto.
Fame di spettacolo: La Fucina dei Piccoli Confermata e ampliata la stagione di teatro per bambini e famiglie La Fucina dei Piccoli, giunta quest’anno alla terza edizione, con ben sette spettacoli sempre la domenica pomeriggio alle 16.30. Si aprirà il 3 novembre con il meraviglioso Teatro del Buratto in Lupi buoni e tori con le ali, una storia per non arrendersi agli stereotipi e costruire il proprio destino, cui seguirà Riserva Canini e Campsirago Residenza con Non ho l’età e Cuordiferro di Compagnia Clochart. Alla Fucina dei Piccoli ci saranno anche grandi ritorni, con gli attori di Stivalaccio Teatro, quest’anno con La Bella e la Bestia, e Teatro Telaio con Nido una storia su una famiglia imperfetta e sui momenti prima della nascita. Due le produ-
zioni originali: la prima grazie alla collaborazione con Caesura Teatro, che collabora con Fucina da qualche anno nella proposta di spettacoli e di corsi di formazione teatrale, ed è in cartellone con La Sirenetta, con musiche originali suonate dal vivo da Ensemble Machiavelli; e Il Carnevale degli Animali, proposta musicale di Fucina Culturale Machivelli con la celeberrima musica di C. Saint-Saens. Formazione Due i corsi di teatro in partenza per bambini, di cui sono ancora aperte le iscrizioni, diversificate dai 4 ai 10 anni: per approcciarsi all’esperienza teatrale attraverso il gioco. Inoltre, in partenza il 6 novembre il corso di teatro per adulti “Indagare la scena”, con gli attori di Caesura Teatro e Matteo Spiazzi. La stagione è possibile grazie al sostegno di Fondazione Cariverona, Fondazione Zanotto, Fondazione Cattolica. Ne sono sponsor Banca Mediolanum, Naturasì, AGSM, Parco Natura Viva, Pilates Più.
STORIE DI STORIA LIBERAMENTE ROMANZATE
E POI VERONA FU PRESA DA CARLO MAGNO Doveva fare una certa impressione la visione dell’esercito di Carlo Magno. Soprattutto quando “manovrava” sotto le tue mura, pronto per l’assedio.
«...E
allora videro il ferreo Carlo, crestato d’un elmo di ferro, alle braccia maniche di ferro, il ferreo petto e le spalle protetti da una corazza di ferro, una lancia di ferro levata alta con la sinistra; la destra infatti era sempre tesa con l’invitto gladio; la parte esterna delle cosce, che gli altri portano senza corazza per salire più facilmente a cavallo, in lui era protetta da lamine di ferro. Quanto agli schinieri, poi, tutto l’esercito li portava di ferro. Nello scudo non si vedeva altro che ferro. Anche il suo cavallo per l’animosità e il colore splendeva come il ferro. E tutti coloro che lo precedevano, lo affiancavano o lo seguivano e imitavano, secondo i loro mezzi, quello stesso armamento. Il ferro riempiva i campi e le pianure. I raggi del sole si riflettevano nella schiera di ferro. Al gelido ferro s’inchinava il popolo raggelato. Il balenìo del ferro illuminò l’oscurità dei sotterranei, ed echeggiava il confuso clamore dei cittadini: Oh, il ferro! Ohimè, il ferro!»* La discesa dei Franchi in Italia seguì la richiesta di aiuto del papato romano, che si vedeva sempre più accerchiato dalle scorrerie longobarde vicino ai suoi confini. La guerra che ne seguì, tra l’esercito di Carlo Magno e i Longobardi, lasciò una profonda impressione nella memoria collettiva, pro-
ducendo una vasta circolazione di racconti tra i quali sicuramente quell’Adelchi di manzoniana memoria che proprio di queste fasi delicate racconta. In seguito alla caduta di Pavia, la capitale longobarda, fu Verona ad essere accerchiata e conquistata dall’esercito carolingio. A difesa della nostra città fu posto proprio Adelchi ma nulla potè contro l’esercito di Carlo Magno. Verona, sotto la dominazione franca, divenne uno snodo fondamentale sia commerciale che strategico. A Verona infatti vi stabilì la sua residenza prediletta uno dei figli di Carlo Magno, quel Pipino re d’Italia che si preoccupò di difenderne i confini dalle incursioni degli eserciti Avari, rinforzando le Mura della città. Dobbiamo proprio a Pipino la costruzione di una Basilica che nella nostra città ha un certo valore e che lascio a voi scoprire dalla seguente descrizione:«…una chiesa sotterranea oscura sopra colonne, et lo pavimento di quelle pietre vive et anco fecero fare uno avello de marmo polito lo quale destinarono al corpo del Santo Zenone pe la sua sepoltura…». ■ *Tratto da Gesta Karoli, 886 d.C. (autore Notker, monaco di San Gallo, detto Balbulo, perché balbuziente) 68
DI MARCO ZANONI
IL MONDO DEI MOTORI CRONACHE, IDEE, SOLUZIONI
IL KART SECONDO EMMA (PARTE DUE) Una chiacchierata con Emma Segattini l’avevamo già fatta (Pantheon 98, marzo 2019) ma molto era ancora da compiersi. Ora la giovanissima (classe 2005) kartista veronese si racconta al termine di una stagione che l’ha vista protagonista in Rotax Junior 125. Prospettive, progetti e sogni a quattro ruote in un mondo ancora prettamente maschile.
C
lasse 2005, casco variopinto, Emma Segattini ha iniziato a correre in kart perché affascinata da un’amica che già si cimentava in pista. Seguita da papà Marco, che cerca di combinare il lavoro con le esigenze del calendario sportivo e le attività in officina dove prepara direttamente il kart per le gare, Emma aspetta la possibilità di salire su un 125cc a marce, passo possibile solo dopo i 16 anni. Si è distinta a livello nazionale con tanti buoni risultati, e di lei si parla molto bene. Tifa Ferrari, a scuola se la cava abbastanza bene pur dovendo conciliare agonismo e studio e pur non avendo un vero idolo da seguire mette grande passione nelle corse. L’Automobile Club Verona, grazie anche alla segnalazione di Gianfranco Booloni, mentore di tanti giovani kartisti made in Verona, l’ha insignita di un premio per i risultati conseguiti nella stagione 2018, ma è stato solo un inizio. La sua stagione 2019 è stata piuttosto buona, pur frammentata dagli impegni personali della famiglia che, in un modo o nell’altro, deve gestire sia la sua carriera che la vita di tutti i giorni. Ma Emma non si dispera, sorride, guarda avanti con tutti i suoi sogni nel cassetto. Emma cosa c’è nel tuo 2020? Sicuramente proseguirà nel Rotax Junior
125cc, ma non escludo qualche partecipazione a gare europee. Quanto è importante l’allenamento? Molto. Anche quando non siamo impegnati in gara, occorrerebbe girare ogni settimana. Di solito vado a Lonato, ma più ore passi sul kart più sai di essere competitiva. Quanti siete in pista solitamente in gara? 11 o 12 concorrenti. E quante ragazze? Solo io (sorride, ndr). Come la prendono i ragazzi quando stai loro davanti? Non sempre bene, a volte hanno certi musi lunghi… Ma non guardo tanto questo, io cerco di arrivare più avanti che posso. Hai un tuo numero fisso? Attualmente no, ma mi piacerebbe correre con il 256, che sarebbe la mia data di nascita. Ora nel kart, e domani dove ti piacerebbe essere? Mi piacerebbe molto debuttare nei rally. Mi affascinano. Sono molto diversi da questo tipo di competizioni in circuito, ma mai dire mai. ■ 69
DI MATTEO BELLAMOLI
CONSIGLI E RIFLESSIONI TARGATI ADICONSUM
A COSA SERVE UN’ASSOCIAZIONE DI CONSUMATORI OGGI? Lo scorso 26 settembre nella Sala Farinati della Biblioteca Civica di Verona, i responsabili di Adiconsum Verona, intervistati dal giornalista Giovanni Salvatori, hanno raccontato l’esperienza di sportello e discusso sul ruolo del cittadinoconsumatore nella società contemporanea.
L’
appuntamento è stato l’occasione per illustrare i casi pratici risolti dall’Associazione dei consumatori scaligera e le problematiche maggiormente diffuse in ambito consumeristico, per poi giungere ad una rilettura degli argomenti del libro Nuova Provianda il quale contiene gli atti del Congresso provinciale Adiconsum Verona tenutosi il 9 marzo 2017. Il libro traccia alcune linee di riflessione sulla società moderna che impattano direttamente la vita dei consumatori: «Il cittadino quando effettua acquisti di prodotti o servizi non guarda, il più delle volte, cosa c’è al di là del prezzo o del proprio ritorno economico, facendo così scelte non sempre ragionevoli. La nostra associazione, infatti, interviene quando il problema è già in atto e pertanto è necessario svolgere un ruolo educativo nei confronti dei consumatori per una migliore consapevolezza degli acquisti e per conseguire una coscienza critica», ha evidenziato il presidente dell’Associazione Davide Cecchinato. «È pur vero – ha precisato Iacopo Cera, legale di Adiconsum Verona– che viviamo in un mondo in cui il mercato ci spinge ad assecondare più i desideri indotti dalla pubblicità e dal marketing che quelli reali, ma è altresì vero che alcuni cittadini consumatori sono ricaduti nei propri
errori più volte, come in certi casi di sovra indebitamento». Sul fronte delle problematiche finanziarie poi, Silvia Caucchioli, anch’essa legale dell’associazione, ha illustrato gli ultimi casi eclatanti, dal risparmio tradito delle Popolari venete alla vicenda dei diamanti da investimento, ammettendo che «il risparmio è sotto assedio perché il capitalismo finanziario si sta sviluppando attraverso il denaro e non le merci. Ma chi ci perde, oltre ai cittadini, sono anche i lavoratori con un drammatico peggioramento della qualità del lavoro per i bancari, presi spesso di mira da chi si è sentito tradito». Nelle sue conclusioni Cecchinato ha precisato che:«È necessario creare un sistema legislativo che intervenga bloccando la fonte di queste problematiche per non creare situazioni a sfavore di tanti e a favore di pochi. Del resto– ha aggiunto – il mercato non si regola con l’autocoscienza del consumatore». Un messaggio importante, dunque, quello emerso dall’incontro: il cittadino-consumatore ha nelle sue mani un potere grandissimo, del quale non sempre ha consapevolezza, un potere che ha forza se viene condiviso con altri per dare segnali tangibili, orientare le scelte governative ed economiche e tenere testa a chi sfrutta le debolezze della gente. ■ 70
DI CARLO BATTISTELLA DI ADICONSUM VERONA
IL GLOSSARIO DEL LAVORO UNA PAROLA PER VOLTA
LA DIS-COLL, OVVERO L’INDENNITÀ MENSILE DI DISOCCUPAZIONE
Se hai finito un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa e sei iscritto in via esclusiva alla Gestione Separata dell’Inps, perdendo in maniera involontaria il lavoro puoi chiedere un assegno di disoccupazione per i periodi di non lavoro.
N
ella platea dei beneficiari troviamo anche i dottorandi di ricerca con borsa di studio e gli assegnisti. L’assegno non spetta invece ad associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, neppure ai collaboratori titolari di pensione, titolari di partita IVA, sindaci e revisori di società. La dis coll è stata introdotta dal Jobs Act nel 2015 ed è pari al 75% del reddito medio mensile, in ogni caso l'importo non può superare i 1.300 euro. A partire dal quarto mese l'indennità si riduce ogni mese in misura pari al 3%. Se il lavoratore nel frattempo trova un impiego con contratto di lavoro dipendente di durata pari o inferiore a cinque giorni, la prestazione è sospesa. Se il beneficiario svolgerà un’attività autonoma di lavoro, di impresa
individuale o un’attività parasubordinata deve comunicare all’INPS entro 30 giorni rispettivamente l’’inizio di tale attività e il reddito che presume di trarre dall’ attività. Chi usufruisce dell’assegno dis coll può svolgere prestazioni di lavoro occasionale nei limiti di compensi di importo non superiore a 5mila euro per anno. Entro detti limiti l’indennità dis coll è interamente cumulabile con i compensi derivanti dallo svolgimento di lavoro occasionale e il beneficiario della prestazione non è tenuto a comunicare all’INPS il compenso derivante dall’attività occasionale. Materialmente la dis coll viene corrisposta o mediante accredito sul conto corrente bancario/postale o direttamente allo sportello di un ufficio postale. ■ 71
DI EMILIANO GALATI, SEGRETARIO FELSA CISL VENETO
IL CALENDARIO DEL MESE gli eventi di Novembre, secondo noi
a cura di Paola Spolon
02
NOTTE DA GUFI - I Gotturni Luogo: Modus Verona Ora: 18.00
03
LUPI BUONI E TORI CON LE ALI Luogo: Teatro Fucina Culturale Machiavelli
04
TO BE PLAYED Luogo: Giardino Giusti Ora: 10.00
05
TO MEGÁLO NAVÁGIO Luogo: Pagina Dodici Libreria Ora: 18.30
06
L’ONORE PERDUTO DI KATHARINA BLUM Luogo: Teatro Nuovo Ora: 20.45
07
SALUTE E BENESSERE Verona Network Luogo: Verona Ora: 16.30
08
HIROMI Luogo: Teatro Ristori Ora: 20.30
09
FIERACAVALLI Luogo: Veronafiere Ora: tutto il giorno
01
10
PETROLIO. UNA STORIA A COLORI - Beatrice Gattai Luogo: Modus Verona Ora: 21.15
IL BRUTTO ANATROCCOLO Luogo: DIM Teatro Comunale Castelnuovo del Garda Ora: 16.30
11
CARLO ZINELLI & MIRKO BASALDELLA Luogo: Fondazione Cariverona Ora: tutto il giorno
12
IL VIZIO DELLA SPERANZA Luogo: Modus Verona Ora: 20.00
legenda MOSTRE/ARTE
CINEMA
LIBRI
MUSEO
SPORT
INCONTRI
14
KOTEKINO RIFF Andrea Cosentino Luogo: Fucina Culturale
15
NEAPOLIS MANTRA Luogo: Teatro Ristori
17
VERONA MARATHON Luogo: Verona Ora: 09.00
18
PENSIERO CIBERNETICO Luogo: Modus Verona Ora: 21.00
20
BANGLA Luogo: Teatro Santa Teresa Ora: 21.00
21
EAT THE DARK Luogo: Pizza Leone da Ciro 1924 Ora: 20.30
22
PIANO FORTE FORTE Cidda Infuso Luogo: Modus Verona Ora: 21.00
23
TÊTE À TÊTE Luogo: DIM Teatro Comunale Castelnuovo del Garda Ora: 21.00
24
NON HO L’ETÀ Luogo: Fucina Culturale Machiavelli
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TI AMO TROPPO Luogo: Modus Verona Ora: 21.00
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RARA Luogo: Modus Verona Ora: 20.00
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IL TEMPO DI GIACOMETTI Luogo: Gran Guardia Ora: tutto il giorno
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IL RENITENTE Serge Gainsbourg Luogo: Biblioteca Civica Ora: 11.00
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APOTROPAICO Luogo: Modus Verona Ora: 21.15
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DINNER & LIVE MUSIC Luogo: Cantine de l’Arena Ora: 20.30
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L’UOMO CHE PIANTAVA GLI ALBERI Luogo: Modus Verona Ora: 21.15
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LA VITA POSSIBILE Luogo: Modus Verona Ora: 20.00
FIERA
DANZA
MUSICA
AMORE
CARNEVALE
L’ASTA DEL SANTO Gli Omini Luogo: Fucina Culturale Machiavelli
TEATRO
in cucina con Nicole Qualche idea sana (e golosa) per le vostre giornate www.nicolescevaroli.com di NICOLE SCEVAROLI
TORTA SALATA ALLA ZUCCA Un antipasto colorato perfetto per dare colore e sapore ai pranzi d’autunno Ingredienti • 1 rotolo di pasta sfoglia integrale • 1 zucca delica • 2 uova, 50ml di latte • 50g di formaggio Asiago
LA DRITTA NUTRIZIONALE È importante consumare diverse porzioni al giorno di verdura, perché contiene fibre e sali minerali importanti per
Cuocete la zucca al vapore, schiacciate la polpa con una forchetta, insaporite con sale e pepe. Stendete la crema sulla sfoglia, disponete il formaggio a cubetti. Sbattete le uova con il latte e un pizzico di sale, versate sulla torta. Cuocete in forno a 190 gradi per 30 minuti.
la nostra salute. Ricordatevi di variare la vostra scelta: per esempio, nella torta salata sostituite la zucca con le carote. Nella vellutata invece potrete usare anche altri tipi di cavolo.
VELLUTATA DI CAVOLO ROMANO E NOCCIOLE È difficile che i cavoli piacciano a tutti, ma con questa ricetta in tanti si ricrederanno! Ingredienti • 1 cavolo romano • 1 scalogno • acqua, sale grosso • nocciole tostate • olio extra vergine d’oliva, pepe Tagliate a pezzi cavolo e cipolla. Scaldateli in un tegame dai bordi alti, versate acqua fino a coprire le verdure. Fate cuocere 30 minuti, riducete in crema e salate. Servite con le nocciole, un filo d’olio ed una spolverata di pepe.
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www.evergreenlife.it/monicalombardi Tel. +39 338 9637019 e-mail: monicalomba4@gmail.com
articolo pubbliredazionale
«OLIFE MI HA CAMBIATO LA VITA» A dirlo, assieme ad altre migliaia di persone, è Monica Lombardi. Nel 2014 ha conosciuto “Olife”, il prodotto principe dell’azienda Evergreenlife, provando su se stessa gli effetti benefici di questo speciale infuso di foglie di olivo. Monica Lombardi oggi è una “evergreener” di successo. Per anni è stata una professionista nel mondo dell’estetica, prima come imprenditrice e titolare di alcuni centri di bellezza e poi collaboratrice in uno studio di medicina estetica. Nel 2014, conosce Olife, il prodotto principe dell’azienda friulana Evergreenlife e, dopo esserne diventata una regolare consumatrice, ha scelto di promuoverlo in prima persona e di farlo conoscere su scala nazionale in modo professionale. «Fino a qualche anno fa ero davvero un’altra persona. – racconta Monica, romana di nascita, ma veronese d’adozione – Mai avrei pensato che un prodotto naturale mi potesse cambiare radicalmente la vita, andando a risolvere tanti piccoli problemi che mi portavo avanti da anni». Fino a quel momento Monica non aveva alcuna patologia particolare, ma soffriva di uno stress ossidativo importante che le causava diversi disturbi: stanchezza cronica, insonnia, ansia e crisi vertiginose ricorrenti.
«Ho iniziato a bere ogni giorno Olife su consiglio di un conoscente e mi sono sentita in breve tempo più forte ed energica andando a risolvere dopo qualche mese tutti i disturbi. Olife è un infuso di foglie d’olivo e fiori di calendula, scoperto e brevettato dal fondatore e Presidente di Evergreenlife, Livio Pesle. Olife è un adattogeno normalizzatore in grado di riportare in equilibrio l’organismo: contrasta i radicali liberi, aiuta la normale circolazione del sangue e la regolarità della pressione arteriosa, dona benefici effetti fisiologici sul metabolismo di lipidi e carboidrati». «Il geniale intuito di Livio Pesle è stato quello di essere riuscito a rendere integre e biodisponibili quelle preziose molecole naturalmente già presenti nelle foglie d’olivo. Nell’infuso sono state riscontrate più di 260 molecole nobili di cui cinque ritenute altamente benefiche per il nostro corpo: l’Oleuropeina, l’Acido Elenolico, la Rutina, il Tirosolo e l’Idrossitiroloso, quest’ultimo considerato un potente antiage». Gli effetti positivi di Olife su Monica Lombardi l’hanno convinta ad abbandonare il precedente lavoro per dedicarsi a tempo pieno alla divulgazione del suddetto prodotto, considerato una vera eccellenza italiana. Oggi è una “silver ambassador 5”, opera con un ampio team e dal punto di vista economico ha raggiunto obiettivi
Monica Lobardi, silver ambassador 5 di Evergreen Life
importanti. «I benefici ottenuti dall’uso di Olife sulla mia salute mi hanno spinto a voler condividere questo prezioso alimento con sempre più persone, coinvolgendole in un nobile progetto con l’opportunità di raggiungere quella libertà finanziaria che ti consente di realizzare i tuoi sogni, e le persone mi ringraziano ogni giorno per averle rese partecipi. Del resto cosa c’è di più grandioso della possibilità di offrire benessere fisico ed economico?»
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DI
ANDREA NALE
L'OROSCOPO ALLA NOSTRA MANIERA
21 MARZO - 20 APRILE
21 APRILE - 20 MAGGIO
In questo periodo la natura e le persone smettono di essere riversate all'esterno, iniziano a spuntare calde tazze di tè fumante, vetri appannati, caminetti accesi e copertine sul divano. State sistemando ogni cosa perché sia accogliente per sopportare il freddo. State facendo lo stesso per arredare il vostro versante interiore e superare nel migliore dei modi questo letargo obbligato prima dell'arrivo della prossima primavera?
Ci sono persone che vedono sempre e solo il lato positivo delle cose. Queste persone, senza cercare troppo tra esotiche tassonomie umane, sono ad esempio i venditori. I venditori devono essere entusiasti di quello che vendono, devono crederci ciecamente ed essere i primi clienti del prodotto che vogliono appiopparvi. Questo, cari miei, è il mese in cui dovete essere i venditori di voi stessi, la vostra cura passa dall’amarvi come foste ad un’asta d’esposizione.
ARIETE
23 LUGLIO - 23 AGOSTO
LEONE
Il momento è propizio per scoprire chi siete all’interno della vostra storia d’amore, che essa ci sia o che non ci sia. Quanto delle vostre abitudini, dei vostri desideri, delle vostre manie sono il frutto di una dialettica quotidiana con il vostro partner e quanto invece è tipico della vostra singola persona? Questo studio vi permetterà di capire quanto sia bello perdersi nel senso dell’amore, e quanto esso sia in grado di trasformarvi in meglio.
23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE
SAGITTARIO
Di recente sono stato ad una mostra fotografica dove moltissime stampe esposte rappresentavano l’essenza più profonda della famiglia. Senza retorica, senza ideologia, vedevo tenerissime foto di bambini e padri abbracciati nel letto, di mamme e fratelli a giocare in giardino. Mi sono chiesto, e vi invito a chiedervelo, quale fosse l’essenza della vostra famiglia. Recuperate questo pensiero e coccolatevi all’idea di ciò che è o di ciò che è stato.
21 MAGGIO - 21 GIUGNO
TORO
GEMELLI
La conoscete tutti la storia di quello che, in autostrada di notte, vedendosi arrivare un sacco di auto contromano chiama la polizia segnalando la presenza una moltitudine di pazzi, salvo poi constatare, all’arrivo degli agenti, che l’unico contromano era lui? Può far sorridere, ma ragionate sulle convinzioni su cui vi siete arroccati negli ultimi tempi e da cui giudicate gli altri e la vita: sono corrette? Vi fanno stare bene? Guidate con prudenza.
24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE
23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE
VERGINE
Stanno arrivando dei momenti in cui una luce diversa cambierà completamente il paesaggio di convinzioni e sensazioni che per vari mesi avete portato con voi. Li conoscete, no, questi momenti? Sono quelli in cui tornate a respirare e vi chiedete come avete fatto ad entrare in quel terribile loop negativo che così tanto e così profondamente ha vincolato e martoriato i vostri pensieri.
BILANCIA
Quante volte vi hanno chiesto «chi sei?». Spesso agli altri chiediamo cosa facciano, da dove vengano e quanti anni abbiano ma il chi è una domanda che si fa soltanto parlando di una terza persona. Scoprite nuove meraviglie umane facendo questa domanda alle prossime persone che incontrate: non chiedete cosa facciano o da dove vengano, provate soltanto a chiedere un dolcissimo: «Ciao! Chi sei?» e crogiolatevi nelle risposte che otterrete.
22 DICEMBRE - 20 GENNAIO
21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO
CAPRICORNO
ACQUARIO
Tutti, tutti ma proprio tutti avrete avuto in un modo o nell’altro a che fare con i monopattini che hanno invaso la città. Avete notato come l’inserimento di un elemento esterno, nuovo, e precedentemente assente, abbia sconvolto tutti quanti? Anche nella vostra vita è tempo che novità di questo tipo creino lo stesso sconvolgimento. Siete pronti a correre sui marciapiedi con una ventata di novità assoluta?
Sento molte persone lamentarsi spesso del proprio lavoro, delle situazioni che non funzionano durante l’attività che occupa la gran parte della propria giornata. Avete il compito di identificare tutte le cose di cui siete soliti lamentarvi e provare a trovare una soluzione a ciascuna, o un modo per mitigarne gli effetti negativi. Siate maestri d’inventiva, nessuno vuole attorno a sé solo persone capaci di vedere il nero.
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22 GIUGNO - 22 LUGLIO
CANCRO
Quando ho raccontato storie, ai bambini soprattutto, ho notato che spesso si esauriscono le idee più belle in poche parole non sapendo più cosa inventarsi successivamente. Vi è mai capitato di raccontare una storia? E la vostra storia? Imparate, queste settimane, a non fissarvi su una singola idea di voi ma di costruirne una dopo l’altra in modo da concatenarle e creare la vostra narrazione più completa.
23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE
SCORPIONE
Sento del bilico, della mancanza totale di equilibrio. Sbaglio? Forse sbaglio a pensare che questa mancanza di equilibrio sia un male. Per voi, cari scorpione, è il frutto del vuoto della libertà dovuto ad una serie di problemi che avete superato. Erano i limiti dentro i quali avevate formato la vostra persona negli ultimi tempi: spariti i limiti sparita la vostra forma…rimettetevi in piedi nella bellezza delle infinite possibilità che ora vi si aprono davanti.
20 FEBBRAIO - 20 MARZO
PESCI
Il consumismo di base è una cosa brutta. Trovare appagamento nelle cose ha una miriade di effetti e sfaccettature negative. Ora che sta per arrivare l’inverno dovete però fare il ragionamento inverso. So già che scoprirete gli effetti ed il calore della piccola felicità quotidiana che sprigionano gli oggetti di cui vi attorniate.
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partenza
10 km competitivi tappa del calendario regionale FIDAL delle corse su strada
5 o 10 km a passo libero per le vie del centro di Verona
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ore 10:0
Percorso di 2 km con tanta animazione e allegria per tutta la famiglia
L’intero ricavato della Marcia del Giocattolo verrà donato, tramite il CSV di Verona, al programma di solidarietà Help4Rare for Kids, per aiutare i bambini affetti da DBA (Anemia Diamond Blackfan) e altre malattie rare del sangue a trovare una cura. per info e iscrizioni: www.marciadelgiocattoloverona.it Partner:
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