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EDIZIONE FEBBRAIO 2020
ANNO 12 - NUMERO 1
NUMERO CENTOSETTE
PANTHEON
FRANCESCA BRIANI
Brunori Sas
«Questo sarà il futuro della città dell’amore»
«L’AMORE NON SI PUÒ DEFINIRE SI PUÒ SOLO CANTARE»
IL PARCO DELLA LESSINIA Oltre le polemiche
PROFESSIONE RIDER Tra consegne a domicilio e lavoro flessibile
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FEBBRAIO 2020
DI MATTEO
SCOLARI
EDITORIALE
Più di qualcuno in questi anni, scherzando, ma non troppo, mi ha chiesto come mai non avessi ancora dato la mia disponibilità ad entrare in politica, fornendo il mio contributo in qualche piccola amministrazione locale o sposando semplicemente la causa di un partito piuttosto che un altro. La mia risposta è sempre stata la stessa: «Non mi riconosco in nessun partito» o meglio «non condivido l’idea di essere contrapposto a qualcuno o a qualcosa per un fattore puramente ideologico, per un chiaro senso di appartenenza o, peggio, per un diktat imposto dall’alto».
di tutto questo? Perché ci si accorge della Lessinia adesso dopo anni di silenzio? È una questione di cuore o di interesse? È perché ci si crede davvero in questo territorio, nel suo sviluppo futuro, nella sua unicità, o perché ancora una volta dobbiamo dimostrare qualcosa a qualcuno? O a noi stessi? A volte ho come l’impressione che la politica sia soltanto uno strumento per mantenere intatta la propria zona di confort, mentale e fisica. Dovrebbe essere invece dialogo, mediazione, collaborazione, in alcuni casi anche compromesso. Utopia? Non credo, più che altro maturità, onestà intellettuale, serietà.
Le vicende che hanno interessato il Parco naturale regionale della Lessinia in queste ultime settimane hanno mostrato ancora una volta la scarsa attitudine, tra le parti, di entrare nel merito della questione, di provare a immedesimarsi nella controparte per capirne, o semplicemente ascoltarne, le ragioni più o meno condivisibili, di accettare un vero confronto caratterizzato da uno spirito costruttivo, per il bene e l’interesse del territorio.
Se non partiamo da questa rinnovata visione, dal giocare a carte scoperte, impostando un dibattito sul rispetto reciproco e sull’ascolto, sul confronto sano e svincolato da pregiudizi, non ci sarà sviluppo per il nostro presente, che nel frattempo, nell’era globalizzata, corre a velocità tripla, quadrupla rispetto a qualche anno fa.
Quello a cui abbiamo assistito, invece, è l’ennesima presa di posizione ideologica, partitica, aggregativa sotto bandiere soltanto in apparenza ammainate. A farne le spese, manco a dirlo, è il Parco stesso. Dimenticato, abusato, bistrattato per trent’anni e ora santificato, conteso, vilipeso. E con esso anche la sua gente, divenuta capro espiatorio di ogni colpa, di ogni mancanza o inefficienza.
L’idea che possiamo permetterci ancora di fare politica come la si è sempre fatta è da miopi e irresponsabili. Rimaniamo fermi, mentre gli altri ci salutano dallo specchietto retrovisore.
Scherni, derisioni, approcci superficiali e bidirezionali venduti e amplificati sui social come se improvvisamente lo scalpo fosse divenuto più importante dello scopo. Appunto, qual è lo scopo
HO IMPARATO CHE IL PROBLEMA DEGLI ALTRI È UGUALE AL MIO. SORTIRNE TUTTI INSIEME È POLITICA . SORTIRNE DA SOLI È AVARIZIA .
matteo.scolari@veronanetwork.it @ScolariMatteo
LORENZO MILANI 3
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REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI VERONA N.1792 DEL 5/4/2008 - NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 24/1/2020
Indice
60
CHE ARIA TIRA (NEL FUTURO)
64
IL FIORE DELL'ARTE
LORO, LE SEGRETARIE DI GIULIETTA
70
ALTRO CHE
PROFESSIONE: RIDER
72
20
Il PARCO DELLA LESSINIA
80 82
PILLOLE
DI MAMMA
24
LE INTERVISTE DI ANTONIO ALIZZI
84
RUBRICA
PET
26
LUCIA DAL NEGRO
85
STORIE DI STORIA
28
DONARE IL MIDOLLO OSSEO
30
COME POSSO DIRTI L’INDICIBILE
90
36
I CUSTODI DEI TRENI
94
6 10 14 18
IN COPERTINA
BRUNORI SAS «L’AMORE SI PUÓ SOLO CANTARE»
FRANCESCA BRIANI
L’ASSESSORE ALLA CULTURA, TRA CASA DI GIULIETTA E FUTURO TERZA ETÀ
UN VIAGGIO NELL’ARCHIVIO DELLE MISSIVE D’AMORE
LA BELLA VERONA SECONDO
SALMON MAGAZINE
IDENTIKIT DI CHI CI CONSEGNA LA CENA A CASA
BELLEZZA
AL NATURALE
OLTRE LE POLEMICHE, UN PO’ DI CHIAREZZA
DA BOCELLI A SORRENTINO
E IL BUSINESS INCLUSIVO CHE NON C’ERA
STORIE E TESTIMONIANZE DI UNA SCELTA CHE CAMBIA LA VITA IN CUCINA
CON NICOLE
IL LIBRO DI VITTORIA PER SPIEGARE LA MALATTIA ALLA SORELLINA L'OROSCOPO
ALLA NOSTRA MANIERA
L’ASSOCIAZIONE VENETA TRENI STORICI E I SUOI “MUSI NERI”
A pa g. 56 Scop ri le dichi araz ioni d’am ore d ei lettor i
REDAZIONE E COLLABORATORI ERRORI O SEGNALAZIONI: WHATSAPP 320 9346052 - REDAZIONE@VERONANETWORK.IT
DIRETTORE RESPONSABILE MATTEO SCOLARI DIREZIONE EDITORIALE MIRYAM SCANDOLA REDAZIONE MATTEO SCOLARI, MIRYAM SCANDOLA, GIORGIA PRETI, ALESSANDRO BONFANTE, SAMANTHA DE BORTOLI, CAMILLA FACCINI HANNO COLLABORATO AL NUMERO DI FEBBRAIO 2020
SARA AVESANI, CARLO BATTISTELLA, MATTEO BELLAMOLI, MARTA BICEGO, CHIARA BONI, CLAUDIA BUCCOLA, MICHELA CANTERI, DANIELA CAVALLO, MICHELE DALLA RIVA, EMILIANO GALATI, IMPACTSCOOL, SALMON MAGAZINE, MARCO MENINI, ANDREA NALE, ERIKA PRANDI, NICOLE SCEVAROLI, ALESSANDRA SCOLARI, INGRID SOMMACAMPAGNA, TOMMASO STANIZZI, MARCO ZANONI. FOTO DI COPERTINA LEANDRO EMEDE ILLUSTRAZIONI PAOLA SPOLON SOCIETÀ EDITRICE INFOVAL S.R.L.
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IN COPERTINA BRUNORI SAS
MA TU NON CONFONDERE L'AMORE E L'INNAMORAMENTO
Foto di Leandro Emede
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Cosentino, 43 anni. Alle spalle 10 anni di carriera, quattro album, un Sanremo da ospite (a duettare con gli Zen Circus) e un programma televisivo, Brunori sa, su RAI3. Porta la sua firma la colonna sonora del nuovo film di Aldo, Giovanni e Giacomo Odio l’estate. Il suo ultimo album Cip!, in testa alle classifiche, ha un pettirosso in copertina e parla di politica ma anche di amore che può diventare grande senza invecchiare. Abbiamo incontrato Dario Brunori al Conservatorio E. F. Dall'Abaco a Verona, luogo scelto appositamente, come dice lui, «per non perdere il valore delle cose antiche».
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amicia di jeans e cappotto blu, un tipo analogico in un mare di plastica digitale. Dario Brunori è restio ai social ma in realtà si è rassegnato ad utilizzarli, come testimoniano i suoi divertentissimi corti, insieme a Michela Giraud che impazzano sul web. L’intuito social lo accompagna sempre. A Verona ha esortato il pubblico (lo scorso 20 gennaio, ndr) ad applaudire calorosamente la sua entrata sul palco «perché devo fare una ripresa che va in rete». «Mi raccomando, siate falsi ma in maniera vera». Nello stile si ispira a Groucho Marx, con cui condivide «l'amore per la battuta e il non-sense, i baffi e gli occhiali» che caratterizzano la sua immagine fin dagli esordi. I suoi fan, soprattutto in questo tour Parla con Dario — un ciclo di incontri in collaborazione con Feltrinelli e Picicca — lo accolgono sempre con un ringraziamento. Confida, scherzando, di aver quasi paura che questi incontri abbiano preso una brutta piega «un mix di cultura new age e di azione cattolica insieme», tanto che si immagina da un momento all’altro che qualcuno intoni un “Alleluia, Alleluia”. L'ARRIVO DI CIP! A quasi tre anni dall'uscita di A casa tutto bene, l’album che l’ha consacrato come cantautore, Brunori Sas è tornato sulla scena con un nuovo disco, uscito il 10 gennaio scorso, dal titolo Cip!. Prodotto da Taketo Gohara e dallo stesso Brunori, è composto da undici tracce. È stato anticipato lo scorso settembre dal singolo Al di là dell’amore e a dicembre da Per due che come noi, citazione all’immenso Lucio Battisti di Penso a te. Brunori Sas Tour 2020 è in partenza: prima data a Vigevano il 29 Febbraio e, nella vicina Jesolo il prossimo 3 marzo. Per la prima volta il cantautore incontrerà nei palazzetti il suo pubblico. La data di Milano è già sold-out. Merito, ma non solo, del suo ultimo album che è un’alchimia perfetta fra sonorità pulite e parole che si incontrano e si snodano poeticamente, trascinandoci in una verità quotidiana. Sono versi che ci commuovono e rapiscono i nostri pensieri. La sua onestà intellettuale, la sua visione del panorama politico odierno, il 7
DI SARA AVESANI
suo attento disincanto che coinvolge e distrae, estrapolando sentimenti comuni taciuti ma forti e persistenti, lo rendono un cantautore vicino e lontano allo stesso tempo. Le sue note più amare forse in A casa tutto bene diventano più leggere e ottimistiche nel nuovo album, come si evince dall’onomatopeico titolo Cip!. Un pettirosso in copertina e sul retro un ramoscello d’ulivo.
la mia dimensione è quella di un piccolo borgo, di 400 abitanti. Ho difficoltà a muovermi in contesti con troppe persone. Me ne vado in giro per le città con questo mestiere a raccogliere stimoli, input, informazioni e poi, per scrivere torno là. Ho bisogno di un certo tipo di silenzio per farle decantare. Forse resto lì perché sono un rutinario e ho difficoltà a cambiare (sorride, ndr).
Cip!, un titolo leggero per temi importanti Cosa ne pensa dell’amore? Una delle cose in cui mi sono concentrato di come l’amore e la morte… Sicuramente l’amore e la morte sono temi più in questo album è proprio l’amore, non solo nella coppia ma l’amore semplici ma difficili da affroninteso come piccoli momenti tare e, alle volte, per comodità, li «PARLARE di beatitudine e di connessione rimuoviamo. Parlare con un lieve con tutto quello che è intorno sorriso di tematiche esistenziali è CON UN LIEVE a noi. Ciò che penso dell’amore per me oggi anche un dovere etiSORRISO DI l’ho trasferito in questo album co. Penso fortemente che avere TEMATICHE con la musica e con il canto. E consapevolezza del dolore e che non è una cosa che penso ma siamo creature a tempo determi- ESISTENZIALI È una cosa che sento perché, ci nato possa rendere gli esseri umaPER ME OGGI tengo a sottolinearlo, la mente ni migliori, perché così si è meno non credo sia in grado di definiattaccati alla materialità, si riesce ANCHE UN re cos'è l’amore. ad essere meno chiusi. Bisogna vedere l’altro non come una mi- DOVERE ETICO» Che consigli può dare a chi sonaccia ma come un’opportunità, gna di diventare cantautore? visto che siamo tutti sulla stessa barca. Innanzitutto, come sollecitava Manlio Sgalambro che, alla fine di una serie di consigli Quanto Dario c’è in Cip!? Totalmente, ho raccontato molto della mia in- diceva «non ti fidare di chi ti dà consigli» preteriorità, in maniera quasi spudorata. Quando ferisco non darne (sorride, ndr). Per me questo canto, a volte mi vergogno un po’. Però, arriva- mestiere è stato qualcosa che mi sono trovato to a questo punto, credo sia giusto che un ar- addosso. Mia madre è una musicista, viene da tista metta a nudo la propria fragilità. Nono- una famiglia di musicisti. Il Conservatorio di stante l’età, rimane dentro di me un fanciullo Cosenza “Stanislao Giacomo Antonio” è stato intitolato alla sua famiglia. Ho sempre avuto che è bene che continui a cantare. una passione per la musica, anche mio padre Come mai ha scelto questo nome per il disco? era appassionato. Come nella maggior parte È un disco con una sua levità di fondo. L’idea delle famiglie borghesi, sia io che mio fratello di un titolo sonoro mi restituiva il modo in cui suonavamo uno strumento musicale. Ciò che ho sentito le canzoni dell’album. In un’epoca però davvero mi diede una scossa fu la morte di toni esasperati e di gente che urla, mi pia- di mio padre. Ero già adulto ma fu uno choc ceva ci fosse un cinguettio. Penso che molte per me. Se volevo fare davvero il cantante, dodelle nostre sofferenze vengano dal fatto che vevo darmi da fare. Non avevo più scuse. ■ restiamo chiusi nella nostra mente, nei nostri progetti. Vivendo in un contesto di paese (Brunori abita in Calabria, ndr), a volte mi capita di sentire un cinguettio su un ramo di un albero. Quel suono mi fa rendere conto che, alla fine, la mia è una delle tante esistenze e non l’esistenza in assoluto.
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Dopo cinque dischi può dire che quello del cantante è il suo lavoro? In realtà non voglio mai dire che è un lavoro… dalle mie parti si dice che lavoro è «a fatica», per cui preferisco continuare a pensare che non lo sia. Vive ancora nel suo paese, in Calabria? Sì, e non è un atto eroico. Ci vivo bene perché
Brunori Sas in Feltrinelli
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CIP! IL RICHIAMO DI BRUNORI
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a Calabria è una terra particolare. Limitata spesso e volentieri da una mancanza del bello che si è unita a tutta una serie di problemi scaturiti da tempi molto lontani. Una terra che è due volte Mediterraneo. Lambita dallo Ionio e del Tirreno. Fra questi due mari c’è però un cantautore che la nostra città ha avuto modo di conoscere più e più volte in questi anni. Un legame che parte dal suo primo album Vol.1 per poi tornare con uno dei suoi lavori più belli, il vol.3 Il cammino di Santiago in taxi. Ora è arrivato Cip! E si porta dietro tutta la dualità che questo cantautore è sempre stato capace di rappresentare. La gioia e la malinconia, il bene ed il male, la vita e la morte e così via. Il tutto senza mai essere banale. Rappresenta il quotidiano, cerca di sviare dai classici luoghi comuni e condisce il tutto con ottima poetica che fin da subito ha pesato il valore di questo grande artista. Album più orchestrale, curatissimo nelle melodie. I brani scorrono con abile incastro l’uno con l’altro. Un quotidiano raccontato tenendo sempre in equilibrio il bello ed il brutto della vita. La sua voce cade gentilmente sulle strumentali, graffiante come sempre e piacevole all’udito. Brunori è un cantautore diretto, sincero, immediato ma che non va mai letto in chiave semplicistica. Capace di descrivere la vita e la morte, i dubbi e i “coraggi” delle persone e delle loro storie. In Bello appare il mondo troviamo una fotografia di tutto il concetto di quest’album. In Benedetto sei tu accogliamo la richiesta dell’artista di prendere la sua mano per farci condurre con le sue poetiche in un mondo più lontano. Mentre in Capita così e Per due che come noi troviamo forse i brani più radiofonici e immediati che gireranno velocemente i palinsesti radiofonici. In sostanza è un album che scorre veloce, sincero e diretto proprio come il nostro artista. Non si può chiedergli di più ma nemmeno di meno perché è tutto questo che ci aspettiamo da Brunori. ■
Tracklist: Il mondo si divide Capita così 3. Mio fratello Alessandro 4. Anche senza di noi 5. La canzone che hai scritto tu 6. Al di là dell’amore 7. Bello appare il mondo 8. Benedetto sei tu 9. Per due che come noi 10. Fuori dal mondo 11. Quelli che arriveranno 1.
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DI TOMMASO STANIZZI
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DUE PAROLE CON FRANCESCA BRIANI
«IL MIO AMORE È PER SHAKESPEARE»
Francesca Briani
L’assessore del Comune di Verona con delega alla Politiche giovanili, alle Pari opportunità, al Turismo e, soprattutto, alla Cultura, rivendica il suo piano strategico di sviluppo turistico e culturale della nostra città. Sul suo assessorato, alla vigilia dell’insediamento della Giunta Sboarina, c’erano molte aspettative e un carico di responsabilità che l’avvocato veronese afferma di aver sempre affrontato finora a testa alta e con il massimo impegno.
C
i accoglie nel suo ufficio a Palazzo Barbieri, per lei ormai una seconda casa. Sul monitor del computer l’agenda di appuntamenti mensile così fitta da non lasciar intravedere, apparentemente, spazi vuoti. Sul tavolo in vetro a fianco della sua scrivania, invece, una distesa di volantini, locandine, flyer, inviti, guide, brochure che a suo dire testimoniano la grande mole di lavoro svolta da lei e dai suoi «straordinari» collaboratori negli ultimi due anni e mezzo di lavoro. Francesca Briani, assessore con quattro deleghe importanti per lo sviluppo sociale, turistico e culturale della città va fiera di quanto fatto fino ad oggi assieme al suo staff. Chiamata per prima dal neo eletto sindaco due anni e mezzo fa nell’affollatissima Sala Arazzi, dove Sboarina presentò alla città la sua squadra di governo, sull’avvocato veronese caddero subito le attenzioni e le attese per un ruolo istituzionale definito dalla stessa maggioranza come «strategico». Nella precedente amministrazione, infatti, era l’ex sindaco Flavio Tosi ad avere la delega alla cultura, e un assessorato ad hoc, a detta della nuova Giunta, era necessario. Alla Briani è
affidata la gestione del patrimonio materiale (musei e monumenti), del sistema bibliotecario che conta dodici punti di pubblica lettura più la Biblioteca Civica e i teatri, a cui si aggiungono gli eventi, tra gli altri, del Verona film Festival, del Tocatì e del Carnevale veronese. Assessore, prima di fare un bilancio con lei dei due anni e mezzo di mandato, entriamo nei temi di attualità: dal 12 al 16 febbraio ci sarà la prossima edizione di Verona in Love. Quali novità ci aspettano? La prima è di carattere organizzativo: per l’edizione di quest’anno abbiamo proposto un bando di gara e abbiamo individuato un organizzatore che per tre anni si occuperà di Verona in Love. Alla manifestazione commerciale si affiancano varie attività di promozione legate al tema dell’amore. A queste si aggiungono le nostre iniziative, con attenzione particolare ai musei, alla didattica, agli eventi ispirati al mito di Giulietta. Ci tiene molto al mito shakespeariano, vero? Certo, e mi dispiace quando sento parlare di “fake”, perché chi ha pensato, anche in un 10
DI MATTEO SCOLARI
contesto adeguato dal punto di vista storico, di creare la casa e il balcone l’ha fatto per esaltare un mito per il quale siamo famosi nel mondo. Da assessore alla cultura non posso esimermi dal valorizzare tutte le proposte che riguardano Giulietta e Shakespeare. Ecco il perché dei percorsi creati, ad esempio, alla Galleria d’Arte Moderna “Achille Forti” e del recente accordo con il Comune di Vicenza per avere in prestito per un anno il dipinto "Giulietta e Romeo" (1882) del pittore vicentino Pietro Roi. Pensiamo poi ad altri percorsi ispirati al tema, al festival multidisciplinare dell’Estate teatrale, al premio Scrivere per amore, sostenuto dal Club di Giulietta con Pordenone legge, a Schermi d’Amore… Rimanendo in tema, il Cortile di Giulietta è da tempo al centro di un dibattito politico che dovrebbe concludersi, finalmente, in questo 2020. È così? “Finalmente” l’ha detto anche l’ex sindaco Tosi qualche anno fa per poi arrivare in Consiglio e vedere il progetto bocciato, e teniamo conto che uno dei due progetti allo studio, quello della società Mox Srl, è stato presentato nel 2013. Anche da questo risulta evidente che ci sono delle difficoltà, prima fra tutte non si tiene conto che ogni proposta è condizionata da forti complessità giuridiche. In che senso? In quel cortile si affacciano realtà pubbliche e private: pubblica è la casa di Giulietta e private tutte le altre, alcune di esse con esercenti che svolgono attività commerciale. Chiudere il cortile è giuridicamente molto complicato. Potrebbero nascere anche delle collaborazioni tra pubblico e privato? Entrambe le soluzioni presentate finora tengono contro di questa possibilità, tuttavia l’Amministrazione non può affrontare a cuor leggero la questione. Anche se le partnership col privato dovranno essere sempre più frequenti in futuro, noi intendiamo la casa di Giulietta come un museo e desideriamo che il percorso espositivo sia seguito totalmente dalla Direzione musei, quindi dal Comune. Non a caso, prima di aprire qualsiasi trattativa avevo aspettato la nomina del nuovo direttore, Francesca Rossi. La quale coordina il gruppo tecnico che sta lavorando al progetto, giusto? Esatto, stiamo parlando di una procedura amministrativa, la valutazione della congruità di costi e benefici e della validità del progetto sotto diversi profili e con parametri precisi va valutata da un gruppo tecnico. Abbiamo un R.U.P. (Responsabile unico di procedimento) che è proprio la dott.ssa Rossi e nel gruppo vi partecipano anche il dirigente dell’Ufficio Patrimonio, quello dei Lavori pubblici, l’Avvocatura...
Cosa prevede il nuovo percorso dedicato ai due innamorati shakespeariani? Non entro nel merito proprio perché c’è un gruppo di lavoro che sta valutando e non è opportuno che mi esprima, tuttavia posso dire che entrambi i progetti propongono ingresso e uscita dal museo diversificati, diversamente da oggi che avviene tutto attraverso il solo cortile di Giulietta. Ciò che interessa al Comune è che la soluzione garantisca la miglior fruibilità del museo e la miglior sicurezza del sito. Nel frattempo qualcosa è stato fatto nel cortile… Abbiamo dato priorità ad aspetti di pubblica sicurezza e decoro. Con l’inserimento di un distanziatore abbiamo regolato l’accesso che ora ha una corsia di entrata e una di uscita, mentre prima c’era un flusso unico e disordinato di persone. Per il decoro, è vero che non è la prima volta che l’atrio viene ripulito da scritte e imbrattamenti, ma è la prima volta che resiste così a lungo. Questo anche grazie a un presidio della polizia locale in loco. Parlando invece di musei, qual è la strada per valorizzarli? Per conoscere e aprire lo sguardo sulle sfide future del sistema museale — che a Verona ricordo essere completamente a carico del Comune, a differenza di altre città dove c’è il sostegno statale — abbiamo dato vita a un ciclo di conferenze ospitando relatori di rilevanza internazionale: James Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera lo scorso novembre; Gabriel Zuchtriegel del Parco archeologico di Paestum a gennaio; a marzo avremo l’ex direttore della Galleria dell’Accademia di Firenze, Cecilie Hollberg. Attraverso le loro testimonianze abbiamo la possibilità di capire come stiano cambiando la filosofia e il concetto di museo e quale forma potremmo dare ai nostri. Visto che prima l’ha citato, ricordo che Flavio Tosi — che da sindaco aveva la delega alla cultura — l’ha accusata più volte di immobilismo. Cosa risponde? Penso che a molti cittadini manchi la visione d’insieme, tra questi anche il consigliere Tosi. Io che sono seduta qui su questa scrivania vedo una città ricchissima di proposte e di patrimonio che va custodito e valorizzato. Azioni che facciamo ogni giorno con impegno e fatica. Io per prima ho piena consapevolezza di ogni passo che faccio. Trascorro così tante ore in questo ufficio a stretto contatto con i miei collaboratori che insieme smaltiamo una mole di lavoro di cui non sempre le persone si rendono conto, e questo mi dispiace. La critica è anche per la mancanza di grandi eventi… La gestione e la politica culturale non sono 11
caratterizzate soltanto da grandi eventi, anzi, la politica culturale corretta, in una città come Verona, che è un museo a cielo aperto, che vive di un paesaggio culturale straordinario, è quella che tiene conto di una galassia di piccoli o medi eventi, ben distribuiti, vari, che concorrono a creare una cultura diffusa in città. Non mancano quindi, secondo lei, eventi attrattivi di un certo rilievo? Il grande evento ci può essere e certamente è attrattivo per un certo lasso di tempo. Adesso abbiamo in Gran Guardia la mostra curata da Goldin, che è eccezionale, così come Vetri e disegni di Carlo Scarpa a Castelvecchio. Quello che voglio dire è, in generale, che preferisco valorizzare un museo proprio come quello già esistente di Castelvecchio, che non ha nulla da invidiare a tanti altri musei internazionali, piuttosto che affidarmi a una soluzione esterna e temporanea. Se avesse carta bianca, non solo dal punto di vista autorizzativo, ma di budget, cosa vedrebbe utile per la “causa” Verona? Vorrei sistemare Palazzo Pompei e aggiornarne il percorso espositivo del Museo di Storia Naturale. Mi piacerebbe creare più sinergie nella nostra collezione Galleria di Arte moderna e contemporanea anche con collezioni della città come quella di Fondazione Cariverona. Con quest’ultima e la Sovrintendenza c’è un dialogo aperto per la riapertura degli Scavi scaligeri. Un prossimo evento di una certa rilevanza? Grazie alla recente iniziativa di Airbnb che darà la possibilità a una coppia selezionata con un concorso internazionale di lettere d’amore di dormire la notte di San Valentino dentro la Casa di Giulietta, avremo a disposizione una sponsorizzazione da parte del colosso digitale da destinare alla mostra di Francesco Caroto che aprirà il prossimo novembre. Prima di Verona, Airbnb aveva scelto come destinazione per una notte soltanto il Louvre di Parigi. Alla vigilia del suo insediamento a Palazzo Barbieri il suo assessorato era tra i più attesi. È soddisfatta del suo operato? Sì, sono soddisfatta perché so di aver dato il massimo. Questo è il lavoro più bello che ho fatto e che farò e lo svolgo con vera passione. Ho superato anche momenti difficili, ricordo che ho scelto di rimanere civica e non ho un’appartenenza politica definita. Si sarebbe potuto fare di più? Forse sì, ma come dice spesso anche il nostro sindaco, “possiamo fare quello che ci possiamo permettere”. Un provvedimento di cui va fiera? Quello di creare un’unica direzione dei musei, prima suddivisa in tre, bandire un ruolo di di-
rettore, dotare di un logo il sistema museale e fornirgli una forte identità. Col senno di poi darebbe nuovamente la disponibilità come assessore? Sì, è un’esperienza unica. Ho avuto le deleghe che avrei sempre disiderato. A me piace quello che faccio. E poi lo faccio a Verona, una città meravigliosa. Un rammarico? Come dicevo prima, quello dell’incomprensione di alcune persone, tante in buona fede, tante altre no. A volte si confonde l’assessorato alla Cultura come un’organizzazione di eventi, ma non è così, il mio assessorato fa crescere eventi finalizzati a una valorizzazione del patrimonio della città. Una cosa che la rende felice? Il fatto di aver potenziato, e in alcuni casi ricreato le relazioni con le associazioni e le istituzioni culturali della città: dall’Università di Verona all’Accademia filarmonica, dall’Accademia di Bella Arti a quella di Agricoltura, Scienze e Lettere, dalla Società letteraria alla Biblioteca Capitolare. Poi il mondo della scuola, la Sovrintendenza, la Diocesi. Relazioni che saranno preziose in vista dei festeggiamenti, dal settembre 2020 al settembre 2021, per i settecento anni della morte di Dante, per i quali è già stato sottoscritto un protocollo d’intesa. DMO? Il tema della destinazione turistica era totalmente silente quando siamo arrivati. Era stato commissionato soltanto all’Università di Verona il piano strategico, ben fatto, che è stato consegnato dalla professoressa Marta Ugolini. Da lì siamo ripartiti costituendo tavoli di progetto. Attualmente ne abbiamo attivi tre: uno sulla promozione coordinato da Amt, un secondo sul turismo congressuale coordinato da Veronafiere, un terzo sulla ciclabile da Dolcè a Verona a cui stanno lavorando cinque comuni interessati dal passaggio assieme al Genio civile. Con la Regione, invece, abbiamo impostato il nuovo portale dello Iat, visitverona.it, a breve online. A proposito di Verona, nel 2021 sarà capitale italiana della cultura? C’è la possibilità di concorrere, entro il due marzo dovremmo riuscire a consegnare il dossier. Il bando richiede discontinuità col passato, innovazione, inclusione sociale e partnership tra pubblico e privato. Sarà difficile portare a casa il risultato, tuttavia lo sforzo di spostare l’attenzione dei turisti al di fuori dell’ansa, sulla sinistra Adige come già sperimentato con al Verona Minor o in Veronetta, con la ben riuscita iniziativa di “giardini aperti” a cura dell’architetto del paesaggio Maria Giulia Da Sacco, potrebbe giocare a nostro favore. ■ 12
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LE SEGRETARIE DI GIULIETTA HANNO CONSERVATO PIÙ DI 200 MILA LETTERE
DENTRO L’ARCHIVIO DELL’AMORE Storie felici, storie infrante. Donne vittime di violenza, persone rinate grazie a quell’amore che non ti fa perdere il mondo, te lo restituisce. Ci sono lettere da tutti i continenti nell’archivio che le segretarie di Giulietta catalogano da quasi trent’anni. C’è Adelaide che chiede se Giorgio tornerà, c’è Fiorentina che vuole promuovere un perdono, Sandy che dice solo grazie.
DI MIRYAM SCANDOLA
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arissima Adelaide, non devi preoccuparti. Il tuo Giorgio ti ama sempre», rassicurava a nome di Giulietta e si firmava come tale, il suo custode. Perse un capitale in francobolli Ettore Solimani, il primo (auto-designato) segretario di Giulietta. Guardiano della Tomba, rispondeva ai pezzi di carta vergati dalla passione lasciati vicino al sarcofago dell’eroina shakespeariana. Lo cominciò a fare nel 1937 di sua iniziativa, perché era un sentimentale o perché gli dispiaceva interrompere ogni piccola conversazione con il mito. Nel 1991 arrivò un altro romantico, Giulio Tamassia, che prese in mano tutto e creò il Club di Giulietta. Controllava le risposte con attenzione, sapeva di maneggiare il lato più delicato delle nostre vite e quindi verificava sempre quello che scrivevano le volontarie come Marinella. Lei è una delle storiche. Da 30 anni dedica il tempo libero a rispondere a mano, sulla carta intestata di Giulietta. L’ha fatto sempre, anche mentre il suo matrimonio finiva. «Dare po’ di speranza è terapeutico anche per me». SEGRETARIE PER AMORE Accanto, sul tavolo di legno dove tre ore al giorno le segretarie rispondono alle 10mila missive indirizzate ogni anno a Giulietta Verona, c’è Carlotta, studentessa 22enne di Economia. Da quattro anni, nel tempo lasciato libero da bilanci e numeri, scrive risposte gentili, piene di consigli. «Mi occupo delle lettere scritte in inglese. Leggo spesso richieste di ragazze giovani che hanno paura di non trovare l’amore». Arabeschi dorati, preziosi ricami, baci stampati con il rossetto, Milagros si perde nei carteggi ricercati che vengono dall’intero mondo e hanno sempre lo stesso destinatario: Giulietta. Prende la scatola delle lettere spagnole, risponde con la penna verde, piano, ogni parola pensata due volte. Viene dal Perù, ha preso un albergo per otto giorni a Verona, dopo aver visto il film Letters to Juliet (2010). È rimasta incantata da queste donne che rispondono a mano a tutte le lettere indirizzate alla fanciulla leggendaria. Ha cercato online e ha scoperto che poteva praticare anche lei questo mestiere poetico. Biglietto aereo e via a mettere foto su Instagram del suo sogno raggiunto. «Le amiche non credevano che ce l’avessi fatta». Per una settimana è diventata una segretaria dell’amore. «Si può venire nella sede del club (in Vicolo Santa Cecilia, ndr) anche per un giorno solo» spiega Giovanna Tamassia, che ha raccolto l’eredità del padre Giulio e ora, oltre trent’anni dopo «non riesco più a smettere». Condividono la stessa instancabile necessità le altre sette volontarie storiche, alle quali si aggiungono decine e decine di penne, chi più costante, chi più intermittente. Buste colorate, mille calligrafie, centinaia di storie diverse, simili in qualche delusione e in certe estasi: sì, è proprio un’esperienza che in qualche modo apre la via a minime catarsi personali. Il
fascino è certificato pure da AirBnb; tra le sue proposte esperienziale figura anche Juliet Secretary for a Day. LA PRASSI DI UN MESTIERE POETICO Il vero problema, per le segretarie di Giulietta, non è tanto nei dintorni di lessico e consigli: ormai sono esperte di intensità. «La seccatura è che i francobolli non si trovano da nessuna parte. Oggi sono sempre più rari» spiegano in coro, con un sorriso, Giovanna e Marinella. Sulle regole da osservare per aspiranti segretarie e segretari dicono che «basta scrivere a mano, con cura e con il cuore». Dall’altro lato del foglio ci sono persone variegate, relazioni con ogni altezza e indecisione. Anche uomini, come Christoph, innamorato di una donna che forse non potrà mai avere, il cui ricordo rimane «una prigione del pensiero». Si trova tanto di noi leggendo alcune righe degli infiniti pezzi di carta suddivisi per lingua e impilati nell’armadio. Nello scatolone che reca il nome Varie riposa una miscellanea di missive in idiomi sconosciuti, in attesa di un provvidenziale traduttore. «Cerchiamo di rispondere a tutte». Si scrive al mito, anche come ultimo, estremo interlocutore. «Negli ultimi anni leggo spesso lettere di donne vittime di violenza. Mi ricordo di una ragazza che raccontava di come il fidanzato l’aveva schiaffeggiata in mezzo alla strada» racconta Marinella che nella sua trentennale attività epistolare trova che oggi ci sia «tanta di quella solitudine». L’AMORE DA SCRIVERE Non mancano però le rinascite. «Cara Giulietta, non desidero chiedere l’amore ma in cuor mio concedere un perdono» e questo che scrive Fiorentina, una signora romana sulla cinquantina, all’eroina shakespeariana. Parla di un matrimonio non felice, di due figli, del sogno di avere una professione, di quello studio faticoso per arrivare a diventare preside. La sua lettera, insieme ad altre due, sarà premiata con il premio Cara Giulietta, il prossimo 15 febbraio. Alla fine, non è che inchiostro e carta, non sono che sentimenti e speranze affidate ad una donna che non esiste. Eppure, guardando l’archivio di questa geografia epistolare che non conosce conclusioni, tocca sconfessare Marina Cvetaeva. La poetessa russa al suo amato Pasternak diceva «Boris ti scrivo lettere sbagliate. Quelle vere non toccano la carta». In alcuni casi, però, riescono ad accarezzarla. ■ 15
Le segretarie di Giulietta al lavoro
LE LETTERE PIÙ BELLE VINCONO IL SOGNO È dal 1993 che, ogni anno, le missive più intense vengono insignite del premio Cara Giulietta. La cerimonia si terrà il 15 febbraio, ore 12, alla Casa di Giulietta. La ricorrenza è arricchita quest’anno da un concorso concomitante che vede sponsor l’organizzazione Airbnb ospitata dal Comune di Verona alla Casa di Giulietta, riallestita interamente a cura della piattaforma internazionale per accogliervi la coppia vincitrice nella notte di San Valentino.
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articolo pubbliredazionale
MATTARÀ, DOVE GLI OGGETTI RIPRENDONO VITA Il negozio di oggetti e abbigliamento usati gestito dalla Cooperativa Mattaranetta compie sei anni e per festeggiare il traguardo organizza un Open Day il 15 febbraio, giorno in cui chiunque può portare qualcosa da casa per una valutazione da parte dello staff.
C’era una volta Emmaus, una comunità di persone ancor prima che lavoratori impegnati nell’attività di sgombero di soffitte, garage e scantinati. Eravamo nella zona delle Ferrazze, agli inizi degli anni Settanta. Oggi, nello stesso luogo, c’è la Cooperativa Mattaranetta, nata nel 2007 dalle ceneri di quell’esperienza comunitaria ispirata originariamente al mondo hippie che ancora oggi tantissimi veronesi, e non solo, ricordano molto bene. Fiore all’occhiello della Cooperativa è il negozio di Via Pontara Sandri, a San Martino Buon Albergo. Uno spazio «creativo» - come ama definirlo il responsabile, Walter Mazo – di circa mille metri quadrati in cui trovano spazio, dal febbraio del 2014, capi di abbigliamento, oggettistica per la casa ed elettrodomestici, complementi d’arredo, strumenti hi-tech, dischi e cd musicali, libri, oggetti per collezionisti e vere e proprie chicche ormai quasi introvabili.
L’entrata del negozio a San Martino Buon Albergo
«Il negozio Mattarà nasce sei anni fa dalla volontà della Cooperativa Mattaranetta di ridare vita e, soprattutto, dignità ad oggetti ancora in buono stato che altrimenti rimarrebbero inutilizzati o, peggio ancora, andrebbero buttati. – spiega Mazo - Dopo un’attenta selezione
Alcuni capi usati del reparto abbigliamento
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esponiamo in modo ragionato la merce con un decoro e una modalità che ne sappiano esaltare il reale valore». Nell’immaginario delle persone, quando si parla di usato, viene spesso evocata l’immagine di un magazzino polveroso con accatastamenti più o meno regolari di cose. «Il paradigma che volevamo cambiare era proprio questo, – prosegue il responsabile del negozio – ovvero creare uno spazio non solo per appassionati dell’usato ma anche per chi normalmente predilige l’acquisto di cose nuove puntando ad una attenta selezione di usato di qualità». «Diamo molta importanza all’esposizione - aggiunge Francesca, collaboratrice del negozio – per questo motivo una delle nostre colleghe cura regolarmente l’aspetto
bientale: «Sta crescendo tra le persone la cultura del Riuso. – aggiunge Francesca – L’impoverimento e lo sfruttamento ambientale sono sotto gli occhi di tutti. Lo spreco insensato di risorse umane e materiali genera povertà e relega ai margini della società quaL’area dedicata alla musica con Cd, dischi e musicassette si sempre persone deboli e svantaggiate. Promuo“visual” degli oggetti e progetta i vere e incentivare il riciclo e il riuso percorsi tematici ottimali». di materiali e oggetti prolungandoIn sei anni nel negozio Mattarà è ne la vita utile può essere una delle cresciuto il fatturato, così come il risposte a queste problematiche». numero di clienti fidelizzati: «Molti di loro vengono per rilassarsi, maTra le attività erogate dalla Coopegari per leggere un libro, bere un rativa Mattaranetta, che ha la sede caffè, o per ricercare con calma e il magazzino visitabile in strada l’oggetto particolare se non introvaMattaranetta 40, alle Ferrazze, ribile. – prosegue Walter Mazo – Un mane tutt’oggi lo storico servizio di altro dei nostri obiettivi è proprio sgombero di case, appartamenti, quello di mettere a disposizione garage, soffitte e scantinati, al quaun luogo confortevole, di scambio le si affiancano servizi ambientali di idee, di confronto e di relax. Fredi raccolta rifiuti porta a porta e gequenti sono gli eventi tematici che stione di ecocentri. organizziamo: concerti musicali e iniziative di intrattenimento per cre«Sono quasi cinquanta i dipendenti e are un contesto adatto attorno a un soci impegnati in questo tipo di servizi luogo ispirato a un recupero degli complementari all’attività del negozio oggetti ma anche delle persone e di San Martino. – conclude Mazo – della loro capacità relazionale, un Tra di loro anche persone svantagpo’ messa da parte con l’avvento giate o con un passato difficile perché dei social». la nostra cooperativa sociale, di tipo B, ha lo scopo anche di recuperare le La filosofia di Mattarà è legata a persone oltre che le cose». doppio filo anche con il tema am-
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Per festeggiare il sesto anno di attività, il negozio di San Martino apre le porte per un Open Day sabato 15 febbraio dalle 9 alle 19, dando la possibilità a chiunque di portare degli oggetti o effetti personali da casa per una valutazione da parte dello staff di Mattarà: «Abbiamo pensato a questa giornata speciale per far capire a più persone possibile come un oggetto che ha fatto parte della nostra vita per un periodo più o meno lungo, possa rivivere grazie all’interesse di altri. -conclude il responsabile del negozio – Effettuiamo valutazioni, acquisto di oggetti o deposito in conto-vendita. L’invito che rivolgiamo è di venirci a trovare, non rimarrete delusi».
Uno dei primi furgoni utilizzati dalla Comunità di Emmaus per gli sgomberi
VIAGGIO TRA I FATTORINI DELLE CONSEGNE A DOMICILIO
PROFESSIONE RIDER \
Sono il simbolo del lavoro flessibile del nuovo millennio, pagati a cottimo e in lotta perenne per le tutele. A Verona è stata attivata anche un’operazione “Pizza sicura”, per controllare la sicurezza dei rider sulle strade. La neonata cooperativa veronese Food4Me promette di mettere ordine nel caos delle consegne su due ruote.
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DI ALESSANDRO BONFANTE
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S
i chiamano “rider”, all’inglese, perché viaggiano su due ruote, ma i fattorini delle pizze non sono una novità. Con l’era digitale, cambiano le modalità. Che siano in bici o in moto, nei proclami delle aziende che li gestiscono sono lavoratori autonomi, ma paga e orari sono decisi dalla piattaforma. La flessibilità c’è, ma alcune aziende hanno un sistema di punteggio: se salti giornate di lavoro o ricevi troppi reclami, le ore calano, insieme ai guadagni. A Verona nel panorama del “food delivery” ci sono quattro grandi aziende: Deliveroo, Glovo, Just Eat e MyMenu. Regolamenti e condizioni variano, ma il concetto è lo stesso: se hai uno smartphone e un mezzo a due ruote, arriva la borsa con il logo e sei pronto a partire. C’è chi, come Giacomo, incontrato davanti alla chiesa di San Nicolò, fa il rider mentre studia Lettere all’università. Il nome non è quello vero: come altri, preferisce evitare foto e video. «Segnalo i miei giorni di disponibilità, poi l’app mi affida gli orari precisi» spiega. Non si lamenta della piattaforma, ma di qualche ristoratore. «Alcuni ci trattano come fossimo loro dipendenti, ma noi forniamo un servizio. In caso di problemi possono fare reclami formali, non devono prendersela con noi». Giacomo ha 23 anni, si muove con lo scooter e in una fredda sera di inverno sta aspettando un nuovo “adepto”. «La nostra azienda chiede ai nuovi di seguire i colleghi esperti per due turni». Non tutte le piattaforme però prevedono l’avvio con un tutor. Poco distante, su una panchina di piazza Bra, Zadran sta riposando in attesa di un nuovo ordine. «Ho compilato un modulo online, inviato una copia dei documenti e ho iniziato a lavorare». Arriva dall’Afghanistan, ha 33 anni e si è trasferito in Italia dalla Germania. «Sto imparando la lingua. Salto qualche turno solo quando devo andare a lezione». Per Zadran il lavoro da rider è un’occupazione a tempo pieno da più di sei mesi: «Riesco a mantenermi, anche se la paga per consegna è diminuita molto nel tempo».
senza gravi conseguenze. Nonostante il decreto legge “Tutela riders” entrato in vigore lo scorso 3 novembre abbia offerto qualche garanzia, le condizioni per i fattorini a cottimo non sono certo rosee. QUALCOSA SI MUOVE Per questo il veronese Francesco Zenere, con il supporto di Confcooperative e Cisl, ha fondato una cooperativa fissando l’obiettivo di raddrizzare le storture del settore. «Dopo i tavoli con il Governo andati a vuoto, io e altri due soci abbiamo deciso di avviare una nostra attività, Food4Me». Al momento conta otto soci, con esperienza in varie aziende del settore. «Ci sono stati dei passi in avanti, come il minimo orario garantito. Con Food4Me però applichiamo il contratto nazionale dei trasporti e della logistica, oltre a razionalizzare gli spostamenti. Non ha senso portare una pizza da Borgo Roma al centro storico, come certe piattaforme permettono». Sembra una sfida impari, una cooperativa a confronto con le multinazionali del settore. Ma Zenere ha le idee chiare: «Puntiamo a conquistare il mercato a Verona. Vogliamo distinguerci per un rapporto diretto con ristoratori e clienti, professionalità nel lavoro e conoscenza del territorio». La battaglia per le consegne su due ruote a Verona è appena cominciata. ■
IL PREZZO DELLA RAPIDITÀ Lo scarso controllo da parte delle piattaforme e le corse per concludere più consegne generano situazioni spiacevoli, con rider poco attenti alle norme di circolazione. La Polizia Locale a novembre ha fatto sapere di averne sanzionati una ventina su 33 controllati durante l’operazione “Pizza sicura”. Tre revisioni mancanti, una patente straniera non convertita in Italia, 2 mezzi senza assicurazione, 4 passati con il rosso, 2 in contromano, 6 ciclisti sprovvisti di illuminazione. Si conta anche qualche incidente, 19
A TU PER TU CON RAFFAELLO CAMPOSTRINI
«SI DIA IMPORTANZA ANCHE ALLE PERSONE» Il presidente del Parco naturale regionale della Lessinia interviene a proposito del dibattito fomentato nelle ultime settimane con la proposta di legge regionale, approvata in seconda commissione, e pronta a ridurre la superficie del Parco stesso di circa 1700 ettari.
Foto di Malvezzi
N
on accetta la definizione di bossiana memoria — ritenuta forse anacronistica e sicuramente inappropriata — “paroni a casa nostra”. Raffaello Campostrini, presidente del Parco naturale regionale della Lessinia e sindaco di Sant’Anna d’Alfaedo, uno dei quindici comuni coinvolti nella proposta di legge regionale di riperimetrazione e riduzione del Parco stesso, rivendica piuttosto il ruolo centrale e insostituibile delle persone che sul territorio ci vivono, ci lavorano e si impegnano da generazioni per tenerlo in ordine e salvaguardarlo. Il polverone che si è alzato nelle ultime settimane sulla proposta di legge 451 dello scorso luglio 2019 a firma di Alessandro Montagnoli, Stefano Valdegamberi ed Enrico Corsi, che riprende un emendamento della finanziaria regionale 2017, sta riportando l’attenzione mediatica su una fetta importante di provincia veronese storicamente trascurata e molto spesso travisata. A contrastare quella che lo stesso Campostrini ritiene «una filiera istituzionale legittima», ovvero una raccolta delle istanze sul territorio, le discussioni nei consigli comunali (iniziate tre anni fa) e le conseguenti delibere pubbliche che hanno portato la richiesta di modifica della
legge istitutiva del Parco nei palazzi regionali, sono oltre 100 associazioni più o meno di origine scaligera, tra cui alcuni rappresentanti di spicco del territorio lessinico, che si oppongono nettamente all’ipotesi di riduzione.
Campostrini con la fascia di sindaco di Sant'Anna d'Alfaedo
Presidente, ci sembra di capire che non le piace proprio l’espressione che vi viene attribuita di “paroni a casa vostra”… Direi proprio di no. Io penso che ci voglia prima di tutto l’umiltà, da ambo le parti, per cercare di capire le ragioni dell’altro. In Commissione, di fronte agli interventi dei sindaci favorevoli alla proposta di legge c’erano scherni e derisione da parte dei rappresentanti del mondo ambientalista. Si sente offeso? Offeso no, però alcune prese di posizione denigratorie lasciano l’amaro in bocca. In che senso? Espressioni come “tu sei un montanaro”, “hai la mentalità chiusa”, “non vedi oltre il tuo orizzonte, noi invece conosciamo i parchi di tutto il mondo”, “non capisci il futuro”, credo siano irrispettose nei confronti di persone che da genera20
DI MATTEO SCOLARI
zioni si stanno prodigando, 365 giorni all’anno, per il bene del proprio territorio. Ci vorrebbe la sensibilità per ascoltare anche le nostre ragioni. Perché si è arrivati alla proposta di riduzione? Tutto nasce da un emendamento proposto dal consigliere Valdegamberi alla fine del 2016 nel momento dell’approvazione della finanziaria regionale 2017. Innanzitutto non parlerei esclusivamente, come quasi tutti fanno, di riduzione, ma, come era in origine, di “rizonizzazione”. In quel momento, infatti, si coinvolsero le amministrazioni comunali per una nuova riperimetrazione che lasciasse intoccate le aree di riserva naturale e determinasse all’esterno dei confini del Parco le cosiddette aree contigue, individuandole nelle zone a vocazione agro-silvo-pastorale. A quale scopo? Prima di tutto per ridare voce e dignità al territorio, perché per quanto se ne predichi il contrario, il Parco in Lessinia non è mai stato accolto bene da una larga fetta della popolazione, proprio perché calato dall’alto. Sarebbe questa, invece, l’occasione, con l’ascolto della base e delle amministrazioni, per ricucire il passato e iniziare a vivere il Parco per il futuro. E poi anche per permettere ai residenti e ai titolari di aziende agricole di essere meno esposti a problematiche legate, ad esempio, a una presenza invadente di cinghiali, che creano danni importanti alle produzioni, e di essere meno soggetti ai vincoli burocratici, per certi versi assurdi. Quali sono le zone interessate allo svincolo? Sono principalmente le zone contenute nei tre vaj che vanno da Sant’Anna d’Alfaedo a Bosco Chiesanuova, passando da Erbezzo (Squaranto, Anguilla e Falconi), che costituiscono circa il 18% del territorio del Parco. Poi sono state ridefinite in alcune aree a nord di Bosco e anche a Sant’Anna per riportare su confini naturali alcune aree che non erano facilmente riconoscibili. Ad esempio? Noi a Sant’Anna abbiamo una propaggine di territorio che scende fino a Sega di Ala, in Trentino, Regione non interessata dal Parco, e così abbiamo proposto di riportare il confine del parco in corrispondenza della strada per una più chiara interpretazione del suo limite. Così come il Comune di Bosco, ha proposto una migliore ridefinizione dei confini della zona agro-silvo-pastorale a nord del capoluogo dove vi sono antiche contrade. A tal proposito, non c’è un rischio “cementificazione”? Da noi in Comune abbiamo continuamente richieste di cittadini che ci chiedono di togliere l’edificabilità sui loro terreni perché non ce la
fanno più a pagare l’IMU e a sostenere i costi, perché non c’è mercato. Non c’è alcun interesse a realizzare nuove aree edificate, non riusciamo nemmeno a vendere le esistenti. Se poi pensiamo ai vaj, chi si sognerebbe di edificare in quelle zone? A parte i vincoli, che permangono, la cosa non ha alcun senso logico e razionale. Perché vi siete concentrati proprio sui vaj? Sono veri e propri serbatoi per i cinghiali. Escono di notte, mentre di giorno rintanano in quei boschi. La caccia è diurna e alcuni piani di eradicazione programmata aiuterebbero a contenere il fenomeno che in alcune zone è fuori controllo. Sottolineo che questa misura, nel caso in cui passasse la proposta in Regione, sarebbe regolamentata ad hoc dal Parco; per assurdo nelle aree contigue la caccia potrebbe essere anche più restrittiva che in altre zone e comunque potrebbero accedervi soltanto i cacciatori residenti nei comuni interessati. Ma non è già possibile cacciare il cinghiale nel Parco? Si riferisce ai Colli Euganei? Il problema non si è per nulla risolto. Sarebbero contenti i detrattori della proposta se estendessimo a tutto il Parco la possibilità di cacciare il cinghiale anziché individuare delle zone circoscritte e ben regolamentate? C’è chi sostiene che tutto questo sia un favore alle lobby dei cacciatori. Cosa risponde? I cacciatori hanno un gran da fare lo stesso. Non c’è nessuna lobby, semmai ci faranno un piacere, su base volontaria. Ci sono Parchi che pagano per questo servizio. Tra l’altro, i capi abbattuti vengono ritirati da personale addetto e smaltiti secondo le norme di legge. È la prima volta che in Italia si assiste a un taglio del territorio protetto, non c’è il rischio che 21
In rosso le zone del Parco che verrebbero convertite in aree contigue
Foto di Malvezzi
quello dei Lessini diventi un precedente pericoloso? Non lo vedo come un pericolo, lo vedo come il rispetto e la risposta a una serie di esigenze che nascono dal territorio. Qualcuno può condividere o non condividere, essere d’accordo o meno, ma se non rispettiamo questa volontà, il problema che potrebbe sorgere è di altra natura. Cioè? Un problema di democrazia. Se non diamo più fiducia al fatto che dei cittadini si sono riuniti esprimendo le loro idee, i consigli comunali le hanno recepite e poi approvate e che questo non si possa concludere anche con un cambio della normativa vigente, a questo punto che senso hanno le istituzioni? Se non funziona più la filiera, se il parere dei sindaci non conta più nulla, si blocca tutto. Oggi la battaglia è sul Parco, domani sarà su un’altra questione, dobbiamo riconoscere le istituzioni che, in ogni caso, si fanno carico della responsabilità delle proprie scelte. Perché secondo lei molte associazioni e alcuni nomi di spicco, non solo di Verona, ma anche della Lessinia, si oppongono al provvedimento? La proposta nasce tre anni fa, come mai ci si sveglia improvvisamente adesso? Dov’erano tutte queste associazioni fino a poco tempo fa? Molte di loro sono espressione di persone che vivono sul territorio, che hanno dei propri rappresentanti all’interno dei consigli comunali, non possono dire che abbiamo fatto tutto all’oscuro o sotto traccia quando quindici amministrazioni hanno sempre avuto le porte aperte e hanno prodotto di volta in volta atti
pubblici che andavano in questa direzione. Forse la proposta andava concertata di più, ma se ci fosse stato qualcosa da dire si sarebbe dovuto fare allora. Adesso l’intervento delle associazioni mi sembra esagerato, anche e, soprattutto, nei modi. È a rischio l’ambiente? Assolutamente no. Quei boschi c’erano da molto prima dell’istituzione del Parco, ci sono ora e saranno tali e quali eventualmente anche dopo. Ho fatto i complimenti all’esponete del CAI intervenuto in Commissione a Venezia che, pur sostenendo le tesi delle associazioni, ha ammesso che oltre agli animali, oltre alle pietre, ai boschi ci sono anche le persone. Io il pericolo lo vedo per le persone. Nessuno parla di loro, di chi ci abita qui in Lessinia. Se ne fa un utilizzo strumentale, invece. Nessuno si preoccupa di tutelare gli agricoltori o gli allevatori, veri custodi della montagna. Qual è la sua visione legata allo sviluppo dell’ente locale di cui ha assunto da poco la presidenza? Il Parco nasce giuridicamente in questo momento, per trent’anni ha vissuto in simbiosi con la Comunità montana della Lessinia. C’è ora tutto un processo amministrativo da intessere, legato al personale, al patrimonio, alla comunicazione. Il mio mandato proseguirà fino a maggio e scadrà con la legislatura regionale uscente. Spero che anche questa breve esperienza possa permettere in futuro all’ente che rappresento di diventare finalmente un motore di sviluppo territoriale, cosa che in passato non è, a mio avviso, riuscito mai del tutto a decollare. ■ 22
Camporetratto
ORA PATRIMONIO CULTURALE DELL’UNESCO
LA TRANSUMANZA È METAFORA DELLA VITA «Settembre, andiamo. È tempo di migrare»: chissà se qualcuno dei commissari internazionali che nel dicembre 2019 hanno proclamato la transumanza Patrimonio dell’Umanità conosceva la poesia che D’Annunzio compose rimpiangendo le tradizioni arcaiche dell’Abruzzo in cui era nato. Proprio a quelle consuetudini pastorali ha fatto riferimento l’Unesco inserendo il movimento stagionale del bestiame nella sua Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale.
Foto di Malvezzi
L
’idea che sta alla base di questa Lista è che non tutti i valori culturali sono direttamente riconducibili alla consistenza fisica di un oggetto-monumento. È stata proprio la Convenzione per la salvaguardia del Patrimonio culturale immateriale (2003) a spostare l’attenzione dagli oggetti costruiti ai soggetti che agiscono in quanto depositari di ‘cultura’: sia l’arte dei cantastorie kirghizi, dei tessitori di corteccia ugandesi, dei pizzaioli napoletani. Tale è infatti l’eterogeneità di una Lista multiforme e disordinata, che testimonia la ricchezza delle espressioni dell’uomo, e dei manufatti e degli spazi legati ad esse. La pratica della transumanza rientra oggi in questo repertorio vivente di storia e memoria. Fin dall’antichità le migrazioni del bestiame hanno avuto grande rilevanza in molte regioni italiane. L’idea di candidarle come Patrimonio Unesco è partita infatti dall’Italia, che ha lavorato insieme a Grecia e Austria arrivando al riconoscimento per i sentieri localizzati in Puglia, Campania, Molise, Basilicata, Abruzzo, Lazio, Lombardia e Alto Adige. Niente Veneto e niente Verona dunque, nonostante che la Regione Veneto fosse inizialmente coinvolta e no-
nostante che sulle montagne veronesi lo spostamento estivo verso i pascoli dei Lessini goda di lunga tradizione e di notevole diffusione. L’UNESCO E LA MONTAGNA Anche se il buon risultato non coinvolge il territorio veronese, offre tuttavia spunti di riflessione. Non tanto per recriminare perché è sfuggita l’ennesima medaglia Unesco, né per spostare la scommessa sull’inserimento dell’Alta Lessinia nel Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico. Lo è piuttosto per ripensare i valori autentici, non superficiali o folkloristici della montagna, un mondo silenzioso, lento e comunitario: apparentemente fuori luogo e fuori tempo in un contesto, quale è quello della modernità, sempre più rumoroso, veloce e individualista. L’Unesco attraverso la transumanza — con il suo salire e scendere, metafora stessa dell’esistenza — richiama ciò che di più profondo la montagna (anche la nostra) conserva, tenendo annodati i fili della memoria e dell’integrazione fra genti e territori, suggerendo ritmi e condivisioni che invitano a migliorare la qualità della vita e dell’esperienza turistica. ■ 23
Parparo di sopra
DI SILVANA BIANCHI CONSULENTE DI EDUCAZIONE AL PATRIMONIO CULTURALE
DA BOCELLI A SORRENTINO, LE VITE DEI GRANDI IN UN LIBRO
PIÙ CHE GIGANTI FUNAMBOLI
Alessio Alizzi
Molti universitari veronesi si ricorderanno di Antonio Alizzi, ex professore del master in editoria, da cinque anni stabile in Russia. Lo scorso novembre ha pubblicato Vite da funamboli, un’opera in cui celebri personaggi del mondo della cultura, dell'economia, dell’imprenditoria e dello sport si presentano, per una volta, spogliati di quell’aura che abitualmente ce li fa un po’ temere.
H
a radici lontane questo libro, dalla rubrica Biglietti da visita — brevi dialoghi con personaggi più o meno famosi — che Antonio Alizzi ha tenuto su un mensile russo. Con alcuni, in seguito, Antonio ha intrapreso chiacchierate più intense e profonde, offrendo ai lettori un’indagine su tematiche universali dal punto di vista di chi, proprio come un funambolo, riesce «a non perdere l’equilibrio e a proseguire nel proprio cammino». Alferov, Sorrentino, Limonov, Minoli, Bocelli, Julio Velasco. Premi Nobel, vincitori di oscar, icone religiose e sportive. Pagina dopo pagina, vita dopo vita, scopriamo il rapporto che questi personaggi hanno con la morte, con il denaro, con il successo, con la genitorialità. Ma anche come vivono la loro spiritualità, i loro affetti, i momenti di sofferenza e di crisi. Antonio, perché il dialogo come veicolo di questo libro? Volevo capire se personaggi di così grande fama si pongono domande esistenziali, filtrare temi universali attraverso vite umane
di grande notorietà, esistenze di grande valore. Mi interessava indagare la prospettiva di fenomeni universali a seconda della persona con cui mi trovavo a parlare. Leggendo il libro colpisce vedere che questi grandi hanno ancora dei sogni, anche cose apparentemente banali. Sorrentino, ad esempio, fantastica su una casa a strapiombo sul mare. Se la depressione è quella cosa per cui ti alzi al mattino e vedi tutto nero, la vita è quella cosa che attraverso una spinta di luce illumina le giornate. Quando Sorrentino mi dice che è leggermente depresso mi sta dicendo che ha dei sogni, che c’è qualcosa che succede. Bocelli parla della pace, Renfro visita i luoghi a rischio di estinzione e fa trapelare il sogno di una comunità che li rispetti. Il sogno è una cartina tornasole: fa guardare avanti e anche leggere all’indietro ciò che si è fatto ogni singolo giorno. Bocelli le ha raccontato che oggi sarebbe la stessa persona anche se non avesse cono24
DI CAMILLA FACCINI
«QUANDO SORRENTINO MI DICE CHE È LEGGERMENTE DEPRESSO MI STA DICENDO CHE HA DEI SOGNI, CHE C’È QUALCOSA CHE SUCCEDE. BOCELLI PARLA DELLA PACE, RENFRO VISITA I LUOGHI A RISCHIO DI ESTINZIONE E FA TRAPELARE IL SOGNO DI UNA COMUNITÀ CHE LI RISPETTI» sciuto tanti uomini “grandi”. Lei invece? Io alla fine del libro mi sono sentito arricchito, come se avessi vissuto pezzi di vita loro. Sono uscito da questi incontri più brave, che non significa soltanto coraggioso ma anche meno timoroso. Ho definito un gusto verso scelte percepite come rischiose perché in molte storie ho visto come il rischio abbia portato alla percezione della realizzazione. Ho anche capito che queste personalità non sono dei giganti, hanno solamente risposto alla loro vocazione e continueranno ad essere credibili solo se non snatureranno questa risposta.
Copiando una domanda che lei ha fatto spesso ai suoi intervistati, ci rivela tre personaggi che porterebbe a cena? Le dico che mi piacerebbe incontrare mio padre alla mia età attuale (Alizzi ha 37 anni), incontrare un gruppo di persone e saper parlare la lingua di ciascuno e forse mi piacerebbe conoscere i miei nipoti adesso senza sapere che sono loro. Non ne sono sicuro, è una domanda complessa (ride, ndr). ■
Quindi questo libro le ha permesso anche di riflettere sul tema del talento… Mi sono chiesto se esiste e cosa sia, se è questione di DNA o di sorte. I miei interlocutori accordavano su una vocazione che li chiama. È la risposta a fare la differenza. Se hai la vocazione ad essere scultore non è detto che questo ti faccia essere Canova, ma se rispondi ed esprimi il tuo talento allora sarai felice.
La copertina del libro
SPAZIO PUBBLICITARIO
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L’IMPRESA DI LUCIA DAL NEGRO
IL BUSINESS INCLUSIVO CHE NON C’ERA Si può creare profitto facendo del bene? Lucia Dal Negro crede di sì, e per questo ha fondato De-Lab, una startup che aiuta le imprese a far emergere il valore che creano per le comunità e i territori che abitano.
C’
era anche lei, Lucia Dal Negro, tra le 10 persone che, lo scorso 9 gennaio, la città di Verona ha insignito del titolo Cittadini dell’anno 2019, premiati per «la dedizione e i successi che hanno contribuito ad aggiungere prestigio alla nostra città». Già vincitrice lo scorso dicembre del premio Female Role Model of the Year per l’Italia e ora in lizza per lo stesso titolo per tutto il Sud Europa, Lucia
Lucia impegnata in un progetto in Africa
si è fatta riconoscere anche grazie a De-LAB, la startup di cui è fondatrice. Dopo gli studi in Relazioni Internazionali a Milano, un master alla London School of Economics in Development and Environment e un dottorato di ricerca in Istituzioni e Politiche, nel 2014 Lucia ha fondato a Verona la sua startup dedicata al business inclusivo, con l’idea di portare in Italia quello che era già realtà in altre parti del mondo: ovvero il concetto di poter fare profitto creando allo stesso tempo valore sociale. L'INNOVAZIONE SOCIALE, LA RESPONSABILITA’ D’IMPRESA De-LAB, insomma, vuole abbattere la distinzione, un po’ vecchia scuola, tra le aziende private e il terzo settore, dando spazio invece a idee e progetti che sposano entrambi i mondi. Come ci spiega la stessa Lucia, «De-LAB si occupa di reputazione ambientale e sociale di imprese private; questo si declina in tre argomenti: il business inclusivo, il primo da cui siamo partiti, che fa riferimento al mondo internazionale, e in particolare ai Paesi extraeuropei più poveri o in via di sviluppo. Il secondo è quello dell'innovazione sociale e coinvolge soprattutto il territorio locale, italiano ed europeo, ed è quello che entra in contatto con la responsabi26
DI CHIARA BONI
lità sociale d'impresa e la sostenibilità. La terza linea di business è quella della comunicazione etica: con De-LAB, accompagniamo le imprese nel racconto di quello che fanno di positivo nel loro territorio, creiamo linguaggi e ideiamo progetti per raccontare le aziende e il loro percorso con un valore sociale». Un modello di azione concreta, che ha trovato ulteriore spinta grazie all’introduzione della normativa per le società benefit: «L'Italia è uno dei primi Paesi al mondo ad averla adottata: questa normativa regola la presenza di aziende private con un valore sociale, dando loro una serie di obblighi in questa direzione. Nel 2018 ci siamo appunto registrati come società benefit, riprendendo la nostra attività di ricerca, consulenza e progettazione a favore del settore privato che vuole fare profit generando però un valore sociale per la comunità». KOKONO™, UNO SGUARDO ALL’AFRICA Tra i tantissimi progetti che De-LAB ha portato avanti negli anni, merita una menzione speciale una delle sue ultime iniziative: Kokono™, una culla pensata per migliorare la salute e la sicurezza neonatale in comunità povere dell’Africa subsahariana. Kokono™, che in dialetto ugandese significa “zucca vuota”, è in fase di produzione e sarà distribuita in Uganda: il progetto è infatti nato in collaborazione con Amref Health Africa e con la Federazione delle piccole e medie imprese ugandesi. In perfetto stile De-LAB,
Kokono™ segue tutti i principi del business inclusivo: oltre alla produzione e alla distribuzione locale, che quindi andranno ad aiutare l’economia ugandese, è previsto anche un percorso di educazione alla salute materna e infantile, il tutto accompagnato da un’attenta analisi degli impatti che questo prodotto avrà sulla comunità locale. Kokono™ si è già aggiudicato diversi riconoscimenti: a partire dal co-finanziamento dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo, il premio nazionale degli innovatori italiani e il Business Spirit Award, ricevuto lo scorso ottobre a Dublino. Un’idea unica nel suo genere che prova, una volta per tutte, che fare del bene e creare valore possono andare d’accordo, eccome. ■
Lucia Dal Negro
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Business Design, la testimonianza di Eta Project Vittorio e Luca, amici e soci nel lavoro, nel Febbraio del 2006 hanno fondato a Revere (Mantova) Eta Project. Un progetto imprenditoriale che integra competenze tecniche e gestionali che vanno dalla progettazione alla direzione lavori per impianti elettrici, meccanici ed energetici.
CRITICITÀ «Non è sempre stato facile condurre l’azienda fra le onde del mercato, da una parte la tecnologia che corre sempre più veloce, dall’altra il quadro normativo non sempre chiaro e non ultimo i clienti che vogliono tutto fatto per ieri» commenta Luca, il socio che si occupa del coordinamento delle attività tecniche. Nonostante il contesto competitivo molto complesso, lo studio è cresciuto, si è allargato alle province limitrofe, e ad oggi conta dieci persone e diversi partner, tra consulenti esterni e ditte di installazione.
IL METODO DELLE 3A Nel 2018 Vittorio e Luca conoscono Pietro e il Metodo delle 3A: «Mi è sembrato l’approccio per fare ordine e definire le priorità e gli obiettivi aziendali. – spiega Vittorio, anima commerciale di Eta Project - Nel nostro settore la guerra dei prezzi è sempre una minaccia ed è necessario trovare il giusto posizionamento agli occhi dei partner e dei clienti finali».
Pietro Pecchini, Business Designer
SOLUZIONE Eta Project ha seguito un percorso di sei mesi durante il quale sono stati valutati sia il mercato di riferimento che la rete dei partner. Sono state identificate quattro tipologie di clienti e i relativi pacchetti di servizi, a differenza di prima quando l’offerta era uguale per tutti. Si è lavorato anche sulla classificazione dei partner definendo bene le modalità di interazione.
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RISULTATI «Siamo molto soddisfatti. – concludono i due soci - Abbiamo aumentato i margini della nostra attività e in azienda si è ristabilito un clima positivo e propositivo grazie alla chiarezza sul chi siamo e cosa facciamo. La collaborazione con Pietro sta continuando per consolidare i risultati raggiunti».
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DONARE IL MIDOLLO OSSEO
QUELLA SCELTA CHE PUÒ SALVARE LA VITA «A noi due è successo», raccontano Matia Melotti ed Enrico Brunelli, entrambi di Bosco Chiesanuova. Grazie all’iscrizione al Registro dei donatori di midollo osseo e alla successiva compatibilità, hanno aiutato alcuni malati. Spesso capita di trovare il match perfetto tra chi dona e chi deve ricevere, perciò è importante sottoporsi alla tipizzazione.
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ra le declinazioni della solidarietà, c’è una scelta che può rivelarsi preziosa: la donazione di midollo osseo. Si tratta di tessuto spugnoso molle, presente in vari segmenti scheletrici, costituito da un particolare tipo di staminali dette ematopoietiche, il cui compito è riprodurre le cellule del sangue: non solo globuli bianchi, ma globuli rossi e piastrine. È insomma un alleato del corpo umano la cui azione, purtroppo, è talvolta compromessa da alcune malattie. Le persone colpite da leucemia o da altre patologie del sangue (dalla talassemia all’aplasia midollare, alla mielofibrosi, al linfoma di Hodgkin o non Hodgkin) presentano livelli molto bassi di globuli rossi e piastrine nel sangue, o hanno i globuli bianchi che non funzionano come dovrebbero. Condizioni che possono provocare emorragie, lento deterioramento degli organi, elevata vulnerabilità alle infezioni. L’UNICA SALVEZZA In alcuni casi l’unica via di salvezza è rappresentata dal trapianto di midollo osseo. A una condizione: trovare un donatore compatibile, all’interno della famiglia innanzi-
tutto. O cercando al di fuori: impresa non facile, poiché tra non consanguinei la compatibilità del 100% riguarda un soggetto su 100mila. Fondamentale è allora ampliare le possibilità della ricerca aumentando il numero degli iscritti al Registro dei donatori di midollo osseo che riunisce i donatori volontari presenti in ogni parte del mondo. Fortunatamente, a tre decenni dall’istituzione di questo archivio mondiale, la sensibilità appare mutata. E i veronesi hanno fatto generosamente la loro parte. «Sono 35 milioni i tipizzati nel mondo, 475mila in Veneto. Verona, prima nella nostra regione per tipizzazioni, alla fine del 2019 ha superato quota 21mila», interviene Giovanni Cacciatori, presidente dell’Associazione donatori midollo osseo e ricerca (Admor). «Ma non è abbastanza e bisogna lavorare ancora parecchio. Poiché la donazione si effettua tra soggetti geneticamente identici, circa il 30% dei malati non trova un donatore compatibile. Da qui l’importanza della tipizzazione, cioè dell’analisi genetica, che avviene tra i 18 e i 35 anni mentre l’iscrizione nella banca dati prosegue fino ai 55 anni d’età», spiega. 28
DI MARTA BICEGO
L’ASSOCIAZIONE E IL REGISTRO Quando nacque l’associazione, ventisei anni fa, il registro nazionale contava 700 potenziali donatori. Nel tempo la ricerca scientifica, unita all’opera di sensibilizzazione portata avanti pure da Admor, è proseguita. Effettuare una donazione ora è agevole: basta recarsi la mattina in uno dei centri trasfusionali attivi negli ospedali scaligeri per sottoporsi alle opportune analisi e ricevere tutte le informazioni utili. «Per quanto riguarda invece il prelievo, esiste un protocollo internazionale, sicuro e privo di rischi. L’altro dato che non ci stanchiamo di ricordare è che l’80-85% dei pazienti ce la fa. Il donatore che compie questo passo deve sapere che può decidere di salvare una vita che, contrariamente, sarebbe senza speranza», conclude Cacciatori. Basta trovare il match perfetto. Così è stato grazie all’altruismo di Matia Melotti, 34enne di Bosco Chiesanuova che è pure iscritto alla locale sezione di donatori di sangue Fidas Verona, il cui dono anonimo e gratuito lo scorso anno ha permesso di aiutare un malato di leucemia. Generosità che, senza dubbio, appartiene alle terre della Lessinia. Nel 2012 è successo a un altro donatore Fidas di Bosco, Enrico Brunelli. «La nostra vita e quella di altri dipende da un semplice gesto capace di cambiare i destini – racconta quest’ultimo –: è difficile rendersi conto di come una buona azione compiuta non sia caduta nel vuoto,
I NUMERI
Sono 35 milioni i tipizzati nel mondo, 475mila in Veneto. Verona, prima nella nostra regione per ti-pizzazioni, alla fine del 2019 ha superato quota 21mila.
ma abbia potuto germogliare e addirittura fiorire. A noi due è successo». ■
Claudio Zanini, presidente della sezione di Bosco Chiesanuova, coi due donatori di midollo osseo Matia Melotti (al centro) ed Enrico Brunelli (a destra)
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PRELAZIONE AGRARIA: QUANDO E COME RIVENDICARLA La prelazione agraria è una tipologia di prelazione legale disciplinata dalla legge n. 590/1965 art.8 e dalla legge n. 817/1971 art.7. La normativa relativa a tale prelazione attribuisce il diritto all’affittuario coltivatore diretto di un appezzamento di terreno ad essere preferito ad un soggetto terzo alle medesime condizioni stabilite per quest’ultimo nell’acquisto del fondo rustico che il proprietario ha intenzione di vendere.
deve coltivare l’appezzamento di terreno da almeno due anni; il contratto di affitto di fondo rustico deve essere valido ed in vigore. A quest’ultimo proposito, il diritto di prelazione non spetta se l’affittuario ha comunicato che non intende rinnovare l’affitto oppure se quest’ultimo è venuto meno a causa di un grave inadempimento (ad esempio mancata coltivazione) o per recesso.
Il diritto di prelazione agraria riguarda quindi i terreni concessi in affitto a coltivatori diretti o a mezzadria o colonia parziale o a compartecipazione e ha come scopo il miglioramento delle strutture produttive dell’agricoltura dal momento che riunisce nella persona del coltivatore la proprietà del terreno al fine di favorire la formazione dell’impresa agricola in capo al soggetto che coltiva il fondo.
La prelazione poi non è consentita in caso di liquidazione coatta, di permuta, fallimento, vendita forzata, espropriazione oppure nel caso di mutamento della destinazione urbanistica del terreno che da agricolo diventa edificabile.
Per esercitare il diritto di prelazione il beneficiario deve essere coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale;
Il diritto di prelazione del confinante, invece, è sancito e regolamentato dall’articolo dalla Legge 817/1971, art. 7, il quale estende il diritto di prelazione al coltivatore diretto dei terreni confinanti con quelli in vendita, a patto che sul fondo in vendita non sia insediato un affittuario.
È opportuno precisare che la contiguità dei terreni non è solamente di tipo fisico, ma anche funzionale. Secondo la normativa vigente il diritto di prelazione agraria deve essere esercitato dal coltivatore interessato entro 30 giorni dalla notifica della proposta di vendita del terreno. Il mancato rispetto della disciplina della prelazioneagrariaattribuisceall’aventediritto, la facoltà di esercitare il riscatto entro un anno dalla trascrizione della compravendita effettuata in violazione. Con il riscatto l’avente diritto si sostituisce all’acquirente del terreno.
29 Via Enrico da Porto, 10/C 37023 Grezzana (VR) - TeL. 0458650274 - Fax. 045 8650445 - msartori@notariato.it - www.notaiosartori.it
IL PROGETTO IL LIBRO DI SUDDENLY VITTORIA PER HOME, SPIEGARE IN BREVE LA MALATTIA ALLA SORELLINA
COME POSSO DIRTI L’INDICIBILE Vittoria Annechini
Si intitola Voglio restare sotto le coperte (Fabbrica dei Segni editore) ed è un unicum nel panorama della letteratura per l’infanzia. L’autrice, Vittoria Annechini, lo ha scritto (e illustrato) a quattro mani con la psicoterapeuta Giovanna Caia in un momento complicato della sua vita, quando ha scoperto la grave malattia del padre. Per “spiegarlo” alla sua sorellina, ha pensato che l’unico modo possibile fosse farlo attraverso le parole scritte e i disegni.
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aper comunicare non è prerogativa di tutti; saperlo fare bene è virtù di pochi. E tra questi c’è lei, Vittoria Annechini: 20 anni e una vita segnata dall’amore per la letteratura che l’ha portata, da un paio d’anni, a dividersi tra la “sua” Valpantena e Venezia per proseguire gli studi universitari in Lettere Moderne. Penultima di cinque figli («siamo una famiglia numerosa» ci spiega con orgoglio), Vittoria si è trovata, nel 2018, a fare i conti con la grave malattia che ha colpito suo padre: «Aveva un tumore al cervello in forma grave e la sua salute stava peggiorando» ci spiega. Tra il dolore e la tristezza Vittoria ha, però, un pensiero fisso, una sfida a cui far fronte: «Volevo comunicare alla mia sorellina più piccola, che all’epoca aveva 10 anni, che le condizioni di salute di nostro padre erano gravi. Così sono andata in diverse librerie di Verona per cercare un libro che parlasse della malattia ai bambini, ma non ho trovato nulla». DISEGNARE IL DOLORE È senza indugi, quindi, che Vittoria ha deciso di rimediare alla mancanza riempiendo di getto alcuni fogli sparsi: schizzi, disegni e frasi hanno preso vita velocemente sulla carta
in un processo quasi catartico: «Sono partita da autodidatta, sia come scrittura che illustrazioni: è stato tutto molto spontaneo. Nel giro di qualche giorno ho realizzato i disegni e la storia. È stato un lavoro terapeutico: prima di tutto, infatti, c’è stata una riflessione da parte mia sul tema, senza la quale non sarei riuscita a scrivere questo libro». UNA FRASE PER DIRLO Eppure spiegare a un bambino un concetto così complesso come quello della malattia e il corollario di sentimenti ed emozioni che porta con sé, non è affatto semplice. Da qui l’intuizione di Vittoria di iniziare da un contesto di quotidianità, da una frase che tutti dicono, e che è poi diventata il titolo del libro: Voglio restare sotto le coperte. «L’obiettivo era quello di partire dalle basi: spiegare cos’è la malattia a un bambino, senza usare parole che potessero creare confusione o spaventare. — spiega Vittoria — Sono partita dalle domande che potrebbe fare un bambino: cos’è la malattia? La si può curare o no? E ho cercato attraverso i disegni e le parole, di dare una risposta. Per farlo sono partita da un episodio della vita quotidiana: quando ci si sveglia la mattina e si resta sotto le 30
DI GIORGIA PRETI
coperte si sentono i brividi, il naso chiuso… tutti quei sentori della malattia e si dice “non voglio alzarmi, voglio restare sotto le coperte”. Ho giocato su questo sia per spiegare cos’è la malattia, sia per dire che quando si ha paura di qualcosa si tende a chiudersi, a scansare il problema piuttosto che guardarlo in faccia». I GIORNI DEL LUTTO E DELLA CONSAPEVOLEZZA Insieme a lei, i fratelli e le sorelle più grandi, che spesso e volentieri hanno elargito consigli e suggerimenti preziosi. Ma ad aiutare Vittoria, soprattutto sul piano della scrittura, è stata una figura specifica: «Nella creazione di questo libro c’è stato un incontro fondamentale: quello con la psicoterapeuta Giovanna Caia, che è la coautrice del libro. Mi ha aiutata ad affinare la prospettiva clinica sul tema». L’uscita ufficiale del libro che, come ci spiega Vittoria, «non era nato con l’intento di essere pubblicato», è venuta purtroppo a coincidere con un momento di lutto: «A novembre 2019 mio padre è venuto a mancare e la settimana dopo sono arrivate le copie del libro. Il momento d’impatto più forte è stato quando l’ho distribuito alla mia famiglia e ho visto concretizzato una sorta di percorso».
Accanto alla tristezza e al dolore, però, ora Vittoria può conservare una piccola-grande soddisfazione: «Ancora non l’ho realizzato, ma so che è qualcosa di grande e che può essere d’aiuto per molte persone: non è un’esperienza isolata, ma una voce che può arrivare a molta più gente e si può adattare a tutti i bambini, dai 5 anni in su, che vivono il contatto con la malattia». ■
La copertina del libro
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EX IMBIANCHINO, DOPO UN BRUTTO INCIDENTE RINASCE CON LA PIROGRAFIA
«CON L’ARTE TE PASSA TANTI DE QUEI DOLORI»
Sandro Sandri
Tutti veniamo al mondo con una capacità che impariamo a sviluppare lasciandoci guidare dall’istinto. Ma non ci si deve fermare qui. Se si è abituati a fare un mestiere e poi, cambiando lo strumento dell’esecuzione, si scopre un inaspettato entusiasmo? Il personaggio che vi andiamo a raccontare è noto ai più come Sandro. Nome d’arte: Sandro Sandri.
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a un duro colpo ci si rialza sempre (se si ha la fortuna – e la forza – di rialzarsi) frastornati. Lasciamo quello che stiamo facendo da una vita per qualcosa che ci tenga a distanza di sicurezza dalla nostra nuova e limpida fragilità. Almeno per un po’. Giusto il tempo per riprenderci. Ci stiamo giorni, mesi e, talvolta, anni ad osservarla questa crepa dentro di noi che sembra però non attecchire sul nostro istinto. Nella vita di Alessandro Ruffo è la moglie Franca a riportarlo su questi binari, all’età di poco meno di 50 anni. Un giorno lei decide di fargli un regalo: un pirografo giocattolo, uno di quelli che si trovano al supermercato, per intenderci. Non pitturava più da tempo, Sandro, imbianchino dall’età di 14 anni. Da quando è caduto da un’impalcatura durante il turno di lavoro. Un colpo alla testa da cui sembrava non riprendersi più psicologicamente. Resta così lontano, per anni, da altezze, sporgenze, e sì, anche dai pennelli. L’arrivo del pirografo segna in Sandro un ritorno alle origini: si ritrova con in mano uno strumento che assomiglia ad un pennello, ma che brucia. Comincia così
a disegnare, riproducendo tutto quello che attira il suo sguardo. Fotografie, disegni, volti di passanti. E in cima, le incisioni di Maurits Cornelis Escher, con le sue complicatissime scale passate alla storia con il nome di Relatività. L’ARTE DI UN PIROGRAFO Questa punta arroventata diventa in questo modo il mezzo con cui Sandro può esprimere, in qualche modo, se stesso e quello che prova, su legno e cuoio. C’è vita nelle opere di Sandro: dai pesci alle case e, nelle giornate storte, ecco che sulle tele di legno spuntano draghi e lupi mannari. È fatto così, Alessandro, va a sentimento. Ma se gli si chiede di tratteggiare sul legno un ritratto, non si tira indietro. Una donna allo specchio che si agghinda; addosso ha una bellissima collana verde, uno dei pochi colori rintracciabili in tutto il suo repertorio. In altre giornate, mentre fuori tutto corre e lo scricchiolare del legno scandisce il ritmo del tempo, Sandro disegna un salotto vorticoso e avvolgente. La definisce “art optical” nel senso che quando la guardi «la te ciava i oci». 32
DI MARCO MENINI
CADE DA UN’IMPALCATURA MENTRE LAVORA COME IMBIANCHINO. NON PRENDE PIÙ IN MANO UN PENNELLO, NEANCHE PER DIPINGERE. PASSANO GLI ANNI E SANDRO RITORNA ALL’ARTE GRAZIE ALL’INCONTRO CON LA PIROGRAFIA E non è un errore di battitura. Nessuna “i” in più, in quel “ciava”. Dipende infatti da come la si guarda. «È come vedere una persona – ci dice Franca – se la guardi dall’interno all’esterno, è una cosa. Dall’esterno all’interno, un’altra». Franca è fiera di accompagnare Sandro, ovunque lui vada, anche per questa intervista. Gli dà una bella mano a curare mostre ed esposizioni. «L’è da 40 anni che magno la stessa minestra», dice azzardato Sandro. Lei sorride. L’AMORE, LO SMALTO E GLI OCCHI DEI PESCI Lo smalto per le unghie in casa Ruffo è di proprietà dell’uomo. Li usa per gli occhi dei pesci, per esempio, o per la collana di perle verde smeraldo del mezzobusto femminile allo specchio. «La pirografia mi ha aiutato a tirar fuori il vero Sandro», dice orgoglioso, «ma anche a stare in mezzo alla gen-
te» aggiunge la moglie. Disegnare è talmente terapeutico, per lui, «che te passa tanti de quei dolori…». Oggi Sandro ha 68 anni, l'età di Franca non si dice, anche se comunque non la sappiamo. La rinascita di Sandro è partita ormai 14 anni fa, ed ora il suo nome scivola a macchia d’olio tra Caldiero e Colognola, e poi fino al Canada, Australia, Georgia (USA), Spagna, dove sono volate alcune delle sue opere. Un orgoglio immenso per Alessandro, che la prima opera “internazionale” l’ha venduta ad un americano una decina d’anni fa al suo primo mercatino in piazza Dante. «Ghe son rimasto» ha pensato quando questo signore aveva cacciato i soldi per portarsi via un pezzetto di Sandro. Ma i pezzetti di Sandro se li portano via anche i bambini ogni volta che si aggrappano alla sua penna che brucia. «La cosa più bella? I loro occhi quando alzo nuvolette di fumo». ■ Una delle opere di Sandro Sandri
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NINO POZZO E I SUOI BURATTINI
QUANTO È GRANDE IL TEATRO PIÙ PICCOLO DI VERONA
DI ALESSANDRO BONFANTE
Uno dei teatri di Verona, il più piccolo di tutti, ha lasciato ricordi di poesia nella memoria di molti veronesi e ha da poco traslocato. È il Teatro Mondo Piccino di Nino Pozzo.
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anto inanimati pezzi di legno e stoffa, quanto capaci – nelle giuste mani – di animare emozioni, scaldare cuori e suscitare risate. Sono i burattini, la cui arte a Verona ha avuto un grande maestro nel Novecento: Nino Pozzo. Con il suo Teatro Mondo Piccino ha lasciato due grandi eredità ai veronesi. Una materiale: oltre duecento burattini, un centinaio di fondali di scena, quaderni che raccolgono canovacci e copioni, registrazioni audio e tanti altri materiali. Uno spaccato sulla Verona del Novecento, vista attraverso un’arte di strada quale è tipicamente quella del burattinaio, un patrimonio curato e catalogato prima da Tony Bogoni, storico collaboratore di Pozzo, poi da Marco Campedelli, uno dei suoi ultimi eredi artistici. Nino Pozzo, nato nella zona di piazza Cittadella nel 1901, quando se n’è andato nel 1983 ha lasciato alla città anche un’eredità immateriale: i ricordi dei veronesi che hanno assistito ai suoi spettacoli nelle piazze, nelle corti, alle feste di compleanno. E mentre i ricordi possono solo essere cullati dalla memoria di chi ha vissuto l’esperienza, il patrimonio materiale deve essere curato.
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La città di Verona ha deciso di farlo. Con la collaborazione dell’Accademia di Belle Arti era già attivo un progetto per il restauro di alcuni pezzi. IL FONDO HA UNA NUOVA CASA Qualche mese fa, però, il fondo Pozzo-Campedelli rischiava di restare senza casa. Ospitato all’Arsenale, la scorsa primavera ha dovuto cercare una nuova sede a causa dei lavori di restauro che stavano per iniziare. «Abbiamo cercato di capire dove poter andare, sono tre stanze di materiali» racconta Francesca Cecconi, che attraverso un dottorato all’Università di Verona sta studiando il lavoro di Pozzo. «Quando il direttore della Biblioteca Civica Alberto Raise ha visto questo patrimonio, ci ha subito aperto le porte». Il fondo ha quindi trovato una nuova casa in via Cappello. «La biblioteca deve essere in grado di recuperare questa memoria e saperla rivitalizzare» ha spiegato Raise durante uno degli incontri organizzati proprio a questo scopo. «Non deve essere solo custode di burattini, fondali e baracche, ma essere in grado di tenere vivo questo patrimonio». ■
Burattini non marionette Cugini nel teatro di figura, ma da non confondere. Il “burattino” è calzato dalla mano come un guanto, con le dita a muovere testa e braccia (in alcune varianti un bastone regge il corpo, sempre da sotto). La “marionetta” è guidata dall’alto, con i fili.
Pozzo nei ricordi di tutti • Alberto Raise, direttore Biblioteca Civica: «Da bambino frequentavo il parco giochi di Valdonega, poi intitolato a Pozzo. Quando arrivava con la sua baracca era un momento di gioia e incanto. Mi ricordo gli spettacoli, una cosa entusiasmante». • Francesca Cecconi, dottoranda Università di Verona: «Essendo toscana, ho conosciuto la città attraverso i nomi e i luoghi che cita nelle sue storie. Pozzo mi ha preso per mano e mi ha accompagnato alla scoperta di Verona».
• Marco Campedelli, uno degli ultimi eredi del Teatro Mondo Piccino: «Pozzo è stato un grande maestro e grande poeta. Ha distribuito bellezza estetica ed etica nella nostra città. Generazioni di veronesi si sono nutrite di questi sogni e di questa bellezza». • Francesca Briani, assessore alla Cultura di Verona: «Con i burattini di Pozzo ho festeggiato i compleanni più belli di quando ero bambina». Alcune foto e il burattino a immagine di Nino Pozzo (che usava come personaggio generico)
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IL L’ASSOCIAZIONE PROGETTO SUDDENLY VENETA HOME, DEI “MUSI IN BREVE NERI”
Foto di Hans J. Rosenberger
I CUSTODI DEI TRENI CHE FURONO Torniamo a parlare dell’Associazione Veneta Treni Storici che ha da poco compiuto i primi vent’anni e continua nella sua azione di tutela e conservazione del patrimonio ferroviario storico italiano, con un occhio al futuro e all’ambiente.
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orse è vero che il treno, una volta che gli hai dedicato anni di lavoro e di vita, ti entra dentro e non riesci più a farne a meno. Questa è la sensazione che si ha varcando la soglia dell’Associazione Veneta Treni Storici, qualche locale ricavato all’interno dell’immenso Deposito Locomotive di Santa Lucia. Il gruppo conta 103 iscritti, ma solo 34 di questi sono ferrovieri in servizio o in pensione. Intorno a quello che viene chiamato il gruppo dei “musi neri”, a richiamare i visi sporchi di carbone dei macchinisti di un tempo, riunisce appassionati, esperti tecnici e nostalgici del trasporto ferroviario d’antan. La storia dell’Associazione inizia nel 1997, quando alcuni colleghi oramai in vista della pensione iniziano a trovarsi in via non ufficiale ipotizzando di proseguire nel tempo libero la loro attività nella cura, manutenzione e restauro di locomotive e carrozze d’epoca. Nel 1999, sulla scia di quanto avvenuto a Pistoia da parte di un medesimo gruppo, nasce l’As-
sociazione vera e propria, riorganizzata come si deve con tanto di utilizzo di un binario che permette ancora oggi di “parcheggiare” i mezzi per le attività di restauro e conservazione. SALVAGUARDARE IL PASSATO (E IL FUTURO) Da allora sono passati più di vent’anni e l’Associazione Veneta Treni Storici, oggi presieduta da Lionello Signori, continua nel suo duplice operato: da una parte organizza e gestisce dei piccoli viaggi di una giornata con vecchi convogli, dall’altra fornisce le competenze tecniche del gruppo a supporto di iniziative analoghe che vengono messe in piedi da altri gruppi associativi. «Abbiamo tutti una grande passione per i treni storici» afferma Signori, «e come noi abbiamo scoperto che ci sono tante persone, che spesso ne sanno anche di più di noi ferrovieri. La nostra attività cerca in qualche modo di salvaguardare il passato per usarlo come messaggio futuro». L’Asso36
DI MATTEO BELLAMOLI
ciazione ha firmato negli anni scorsi una convenzione con Fondazione FS, la realtà istituita nel 2013 da Ferrovie dello Stato Italiane, Trenitalia e Rete Ferroviaria Italiana allo scopo di valorizzare e preservare il patrimonio storico, tecnico, ingegneristico e industriale del gruppo. Grazie a questo accordo, i “musi neri” di Verona possono richiedere l’utilizzo delle vecchie locomotive e carrozze per organizzare dei brevi viaggi dal sapore tutto particolare. L’ultimo in ordine di tempo quello ai Mercatini di Natale di Bolzano dello scorso dicembre, con un convoglio di vetture anni Cinquanta e Sessanta trainato da un locomotore E656 001. IL TRENO, IL MEZZO DI TUTTI Bella anche l’iniziativa che a ridosso di Natale ha coinvolto circa 100 bambini della Scuola Primaria Salvo D'Acquisto di Illasi. Dopo aver realizzato una raccolta fondi in collaborazione anche con l’Associazione Ferrovieri, i giovanissimi studenti hanno “fatto scalo” al Deposito di Santa Lucia dove sono potuti salire su una locomotiva a vapore 740 293 giunta per l’occasione a Verona grazie all’interessamento della Direzione Regionale Veneto di Trenitalia, rappresentata nel corso della giornata da Tiziano Baggio. Un primo passo di quello che sarà un evento annuale. «Noi ce la mettiamo tutta» ha proseguito Signori, «ci piacerebbe che il treno, soprattutto in un momento ambientalmente complesso come quello che
Foto di Hans J. Rosenberger
stiamo vivendo, diventi o torni ad essere il mezzo di trasporto che era una volta. Il mezzo di tutti. Provate per esempio ad immaginare di utilizzare il treno per salire a Trento o Bolzano per una manifestazione cittadina. Solitamente si usa l’auto, ma l’impatto ambientale sarebbe decisamente minore su rotaia. Se poi il convoglio fosse anche d’epoca, si unirebbe l’utile al dilettevole, regalando esperienze di viaggio uniche ed indimenticabili». ■
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FISIOTERAPIA TRA INNOVAZIONE E PRATICA CLINICA: LA GRASTON TECHNIQUE ® italiana professionistica del calcio, del baseball e della danza al Teatro della Scala.
Dott.ssa Sara Bertagnoli Fisioterapista Le evidenze scientifiche e la formazione continua guidano la fisioterapia nella conoscenza e nell’applicazione delle migliori tecniche riabilitative. Un importante contributo della ricerca in ambito sportivo universitario è arrivato nel 1994 a Indianapolis con l’innovativa Graston Technique® che si è distinta per efficacia nella rilevazione e trattamento nelle disfunzioni muscolo scheletriche. Questa tecnica, basata sull’evidenza scientifica, consiste nella mobilizzazione dei tessuti molli con l’utilizzo di strumenti che svolgono un massaggio profondo e permettono di affrontare efficacemente il tessuto cicatriziale e le problematiche muscolari più̀ comuni nella vita quotidiana e nell’ambito sportivo. La Graston Technique® viene utilizzata, quotidianamente, nella riabilitazione di atleti di spicco negli sport quali la NBA, la NFL, il Golf, il Soccer fino ad approdare nella realtà̀
La tecnica Graston® utilizza strumenti in acciaio inox appositamente progettati e clinicamente provati per raggiungere più̀ velocemente i migliori risultati sia in fase acuta che cronica in diverse patologie. Pensiamo ad esempio alla cervicalgia e alla lombalgia, alla sindrome del tunnel carpale o a patologie infiammatorie dei tendini del polso come De Quervain, epicondilite laterale (gomito del tennista) ed epicondilite mediale (gomito del golfista), tendinosi della cuffia dei rotatori, distorsioni di caviglia e fascite plantare, sindrome rotulea e molti altri. La pratica clinica dimostra che per il paziente diminuisce il tempo complessivo di trattamento e, favorita una riabilitazione o un recupero più̀ veloce, si riduce il bisogno di farmaci antiinfiammatori ed è possibile osservare la risoluzione di condizioni croniche che si pensavano permanenti. Questa tecnica non sostituisce la terapia manuale, strumento fondamentale nella pratica clinica del fisioterapista, ma può̀ offrire una maggiore efficacia in termini spaziali e temporali. Graston Technique® permette infatti di agire in modo molto specifico sulla zona da trattare e si osserva un miglioramento oggettivo misurabile nella funzionalità̀ muscolare. Inoltre, aspetto più̀ importante, il paziente riferisce nell’immediato una riduzione del dolore e sensazione di maggiore leggerezza. 38
Un valore aggiunto che viene offerto è la possibilità̀ di usare un ecografo durante il trattamento per una valutazione ottimale delle strutture muscolari e tendinee. La fisioterapia ecoguidata migliora l’accuratezza terapeutica permettendo l’esatta individuazione della lesione tissutale per una più̀ precisa localizzazione del trattamento con terapia manuale o con Graston Technique®. È importante ricordare che in ambito riabilitativo la fisioterapia è la professione sanitaria che si occupa della prevenzione, cura e riabilitazione di soggetti affetti da patologie o disfunzioni congenite o acquisite in ambito muscolo scheletrico, neurologico e viscerale attraverso molteplici interventi terapeutici. La professionalità̀ del fisioterapista garantisce la presa in carico della persona per consentire il raggiungimento del miglior livello possibile di soddisfazione e benessere. Il fisioterapista con tutto il team medico riabilitativo e diagnostico si prendono cura di tutti questi aspetti, sempre attenti alle evidenze scientifiche per un servizio di medicina e riabilitazione all’avanguardia.
LESIONE DELLA CUFFIA DEI ROTATORI: LA PRINCIPALE CAUSA DI DOLORE ALLA SPALLA La cuffia dei rotatori è l’insieme dei quattro muscoli e i loro relativi tendini (sovraspinoso, sottospinoso, piccolo rotondo e sottoscapolare) che interessano l’articolazione della spalla. Queste componenti muscolari permettono di mantenere la testa dell’omero centrata nel suo alloggiamento scapolare, detto “cavità glenoidea”, e consentono i principali movimenti di rotazione interna, rotazione esterna, abduzione ed elevazione dell’arto superiore. Una lesione di uno o più tendini della cuffia dei rotatori può manifestarsi con un dolore anche lieve, che spesso peggiora durante il riposo notturno o quando si tenta di dormire sul lato interessato. Si manifesta come un dolore sordo e profondo, in altri casi anche come un dolore acuto e puntorio. Al dolore spesso si associa una sensazione di perdita progressiva della forza dell’arto con difficoltà ad eseguire banali attività quotidiane, quali pettinare i capelli o allungare il braccio dietro la schiena. Queste lesioni si verificano frequentemente nelle persone che, durante il lavoro o l’attività sportiva, eseguono movimenti ripetitivi delle braccia, in particolare oltre il livello delle spalle e per questo definite “attività over-head” (ad esempio pittori, falegnami o giocatori di baseball e tennis). Oltre a questo, è statisticamente provato che l’incidenza delle lesioni alla cuffia dei rotatori aumenta con l’avanzare dell’età.
Le lesioni della cuffia dei rotatori si manifestano però anche a seguito di eventi traumatici acuti, con lacerazioni di uno o più tendini della cuffia dei rotatori. In tali circostanze deve essere effettuata una valutazione medica specialistica per permettere la riparazione in tempi brevi, evitando la cronicizzazione della lesione. Spesso si tratta di “lesioni parziali” e in molti di questi casi la guarigione clinica (scomparsa del dolore e recupero della funzionalità) avviene in maniera incruenta (non chirurgica) con specifici esercizi di fisioterapia che migliorano la flessibilità e la forza dei muscoli che agiscono sull’articolazione della spalla, spesso coadiuvata da particolari iniezioni intra-articolari (definite comunemente “infiltrazioni”) di cortisonici, acidi ialuronici o estratti cellulari prelevati direttamente dal paziente contenenti cellule mesenchimali o simili. Di fronte ai casi di “lesioni complete” di uno o più tendini della cuffia dei rotatori o di “lesioni parziali” non responsive a trattamenti conservativi, è richiesto un intervento chirurgico da eseguire, salvo eccezioni, per via artroscopia.
di far eseguire due esami fondamentali per una corretta diagnosi, una ecografia ed una radiografia della spalla, ai quali può seguire la visita specialistica ortopedica per definire il tipo di lesione tendinea ed il corretto approccio da seguire nell’iter di cura (fisioterapia, infiltrazioni, esecuzione di risonanza magnetica per miglior definizione della lesione, intervento). La valutazione specialistica ortopedica risulta fondamentale in caso di riscontro di lesione parziale o completa della cuffia dei rotatori che, se non curata, può portare anche alla quasi completa impossibilità di recuperare il movimento dell’arto (“spalla congelata”). Se si è a rischio di lesioni alla cuffia dei rotatori o se in passato si è verificata una lesione alla cuffia dei rotatori, gli allungamenti quotidiani delle spalle e gli esercizi di rinforzo della muscolatura, in particolare in acqua, possono aiutare a prevenire questi tipi di lesioni apparentemente banali, ma che in realtà possono avere un’evoluzione talvolta invalidante.
In base alla gravità delle lesioni possono essere richiesti interventi di maggior complessità quali il trasferimento di tendini alternativi o la sostituzione protesica dell’articolazione. In ogni caso, in seguito all’insorgere di un dolore ingravescente o ad un trauma, va consultato il proprio medico di famiglia, il quale, dopo una valutazione clinica preliminare, può scegliere 39
Dott. Francesco Perusi Specialista in Ortopedia e Traumatologia
L’ASSOCIAZIONE DEI VERONESI PROTAGONISTI
SEI ANNI DI VERONA NETWORK IN RETE PIÙ FORTI In rete più forti. Con questa consapevolezza, giovedì 23 gennaio nella sede dell’Associazione Verona Network, in via E. Torricelli, 37, dalle ore 17 alle 18.30, si è svolta l’Assemblea degli oltre 60 soci che nel corso degli ultimi sei anni hanno aderito a Verona Network in un’ottica di sviluppo e valorizzazione del territorio, con la volontà di creare iniziative, proposte e progetti che rendano Verona e i veronesi protagonisti.
L’
Associazione Verona Network è stata fondata nel 2014, come associazione temporanea di scopo, con l’obiettivo di raccogliere sotto un’unica denominazione tutte le realtà che proponevano a Verona iniziative legate a Expo Milano 2015. In quel primo anno di vita, gli associati erano nove: oggi i Founder di Verona Network, ovvero le realtà, gli enti e le associazioni senza scopo di lucro che hanno aderito al progetto, sono arrivati all’importante numero di 62. A fare da collante tra gli associati i valori fondamentali di Verona Network: ideare, creare e proporre progetti che possano trasformarsi in opportunità di collaborazione e creazione di sinergie, superando le criticità del presente e guardare con ottimismo al futuro. IL 2019 E ORA LA VITA NEL 2020 A dare il via all’assemblea del 23 gennaio è
DI SAMANTHA DE BORTOLI stato il resoconto delle attività del 2019, per proseguire con la presentazione delle linee guida dell’Associazione per il triennio 20202022, il calendario dei 10 eventi pubblici gratuiti organizzati da Verona Network per l’anno corrente e il punto sulla manifestazione Expo Dubai 2020, con relativi vantaggi per le imprese veronesi e i soci oltre che la possibilità di acquistare direttamente tramite Verona Network una crociera a Expo Dubai per la settimana dal 30 ottobre al 6 novembre. A seguire anche un focus sulle elezioni regionali del Veneto e le proposte da consegnare ai partiti politici, sul progetto “Smart Network” per la promozione delle iniziative dei soci e la presentazione delle candidature per il 7° Premio Verona Network 2020, che si terrà presso la Camera di Commercio di Verona il 14 maggio. ■
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GUARDA IL VIDEO
Valentino San
SPECIALE
Idee e consigli per festeggiare con originalità
14 FEBBRAIO
Perchè è la festa degli innamorati
FIORI
Tutti quelli per dire “ti amo”
AL RISTORANTE Le regole per non sbagliare
A cura di Camilla Faccini 41
GIULIETTA
Una coppia fortunata dormirà nella sua casa
L
a storia di San Valentino ha radici lontane, in una delle feste più sfrenate e trasgressive dell’antica Roma. Parliamo dei Lupercalia, festa pagana dedicata al dio della fertilità Luperco. Un festeggiare l’amore particolarmente discinto che ricorreva, secondo le fonti, intorno alla metà di febbraio. Nel 496, l’allora papa Gelasio I decise, come avveniva frequentemente al tempo, di cristianizzare una festa pagana romana: venne così istituita la festa di San Valentino, santo e martire cristiano che diventò il patrono delle coppie di innamorati.
Perchè si festeggia San Valentino? ECCO SVELATO IL MOTIVO PER CUI IL 14 FEBBRAIO, IN OGNI PARTE DEL MONDO, SI CELEBRA LA GIORNATA DEGLI INNAMORATI
CHI ERA SAN VALENTINO? Sull’identità del santo protettore degli innamorati sono i dubbi a fare da padroni. Sono più d’uno, nella storia, i santi di nome Valentino: oltre al fatto che furono tutti martiri, sul loro conto si san ben poco. Il più famoso, morto decapitato a Roma il 14 febbraio del 274, sembra sia stato il primo a unire una cristiana e un pagano in matrimonio. CELEBRAZIONE MODERNA Si deve riconoscere al poeta inglese Geoffrey Chaucer il merito di aver consacrato, nel basso Medioevo, San Valentino come santo patrono degli innamorati. Chaucer, alla fine del XIV secolo nei suoi Canterbury Tales (Racconti di Canterbury), scrisse un poema in cui recuperava la figura del santo associandolo a quella di Cupido e trasformandolo nel santo dell’amore cortese che si stava diffondendo in quegli anni.
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Se son rose fioriranno (ma anche se sono tulipani) TUTTI I FIORI PER DIRE “TI AMO” A SAN VALENTINO
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iconosciuta universalmente come simbolo dell’amore, la rosa, rossa in particolare, è il più classico dei regali per il giorno degli innamorati. Da Saffo a Shakespeare, da Antoine de Saint-Exupéry a Caproni, tutti i più grandi poeti ne sono stati ispirati. Ma sono tanti altri i fiori che possono voler dire “Ti amo” e che potete regalare a qualcuno di speciale.
IL GIRASOLE
Il significato di questo fiore affonda le sue radici nella mitologia. La ninfa Clizia, dopo essere stata ripudiata dal dio del sole Apollo, trascorse il resto dei suoi giorni giacendo a terra, fino a trasformarsi in fiore. Non smise mai, però, di seguire il corso del carro del Sole, suo amato, e la sua pianta fu chiamata, per questo, girasole. Il girasole è legato ad un amore intenso, passionale ed eterno, simbolo di fedeltà e perseveranza.
IL TULIPANO
Fiore simbolo dell’amore
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autentico, che non invecchierà mai. Un tulipano rosso è perfetto per una dichiarazione d’amore. Una leggenda popolare, infatti, racconta che questo fiore sia nato dal sangue di un giovane che si suicidò per amore.
LA MARGHERITA
M’ama o non m’ama? Quanti di noi, almeno una volta nella vita, hanno affidato ai petali di questo fiore la speranza di essere ricambiati in amore. La margherita, nella sua semplicità, è un fiore che veicola solamente significati positivi. In amore, è associato a sentimenti puri e sinceri, simbolo di fedeltà.
IL GAROFANO
Un fiore che cresce spontaneo, riconoscibile per i suoi petali un po’ increspati. Se a San Valentino optate per i garofani, sceglieteli bianchi oppure rosa. I primi simboleggiano la fedeltà, il candore di un sentimento puro; i secondi, invece, affetto e tenerezza. Secondo la leggenda il garofano nacque infatti dalle lacrime d’amore versate da un giovane per la dea Diana.
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i viaggi di VERONA NETWORK
Dopo la felice esperienza di cinque anni fa, quando furono accompagnate da Verona a Milano più di 2200 persone con i viaggi organizzati dai soci del network di via Torricelli, lo scorso dicembre a Villa Arvedi l’annuncio a sorpresa di una crociera negli Emirati che permetterà ancora una volta, a molti veronesi, di visitare l’Esposizione universale. Questa volta di Dubai. Sembra ieri, invece sono già passati quattro anni e mezzo. Abbiamo ancora negli occhi l’esplosione di luci e colori
dell’Albero della Vita nel giorno inaugurale dell’Expo di Milano, il primo maggio 2015. Sei mesi di Esposizione universale, fino al 31 ottobre dello stesso anno,
che hanno cambiato il volto di una città, proiettandola verso il futuro, su un palcoscenico definitivamente internazionale. Sei mesi irripetibili, unici, che hanno attratto investimenti, idee, progettualità. Un evento che per oltre 2200 veronesi arrivati a Milano grazie ai 44 viaggi organizzati in pullman dall’Associazione Verona Network (unica realtà scaligera ad aver ottenuto il patrocinio ufficiale della manifestazione) ha significato molto. Un’esperienza entusiasmante, vissuta con gioia seppur - specie nei mesi finali – con un enorme flusso di pubblico che ha letteralmente saturato la grande area espositiva.
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A distanza di quattro anni e mezzo, Verona Network ci riprova. Lo scorso dicembre a Villa Arvedi, durante la serata di consegna del Premio Pantheon e della Festa di Natale dell’associazione, l’annuncio di una nuova iniziativa, realizzata in collaborazione con l’agenzia Move Travel di Grezzana, che porterà veronesi, e non, in visita a Dubai, a quasi 6mila chilometri di distanza, prima con un volo aereo e poi con una cro-
ciera nei paesi emiratini, all’interno della quale sarà possibile visitare l’Esposizione universale 2020. Con quote individuali a partire da 1290 euro, sarà possibile volare da Verona il 30 ottobre 2020 per Abu Dhabi, città in cui avverrà l’imbarco. Il tragitto, effettuato con Costa Crociere, prevede il primo arrivo e la sosta di un giorno e mezzo proprio a Dubai con ripartenza per Muscat, la capitale dell’Oman, 45
il 2 novembre. Dopo un giorno di navigazione, il 4 novembre si arriverà a Doha, in Quatar per poi fare tappa ad Abu Dhabi fino al ritorno al punto di partenza il giorno 6 novembre 2020. L’arrivo a Verona è previsto per il giorno seguente. I posti sono limitati. Info e condizioni: Verona Network - 045.8650746 Agenzia Move Travel - 045.907811
San SanValentino Valentino al alristorante ristorante ECCO LE REGOLE PER NON SBAGLIARE
1.ORGANIZZAZIONE Prenotate il ristorante per tempo, pianificate il lavoro in modo da non arrivare trafelati all’appuntamento. Nulla è peggio di una serata improvvisata, soprattutto se qualcuno è costretto ad aspettarvi fuori da un locale. 2.NON ESAGERARE Per la serata le parole d’ordine devono essere semplicità e naturalezza. Non strafate con il romanticismo e il lusso, soprattutto se non conoscete i gusti di chi è dall’altra parte, e non perdetevi in formalità. 3.LIBERTÀ NELLE ORDINAZIONI Sfatiamo il tabù di cibi vietati la sera di San Valentino. Sono ammessi fritto, cipolla e prezzemolo, anche se rischia di incastrarsi tra i denti. Ordinate ciò che vi piace e se siete incerti discutetene con il partner, è un buon modo per iniziare una conversazione. Il dolce? Obbligatorio, soprattutto se è al cioccolato. 46
4.IL CONTO? PARLARNE PRIMA Non è scritto da nessuna parte che sia per forza l’uomo a pagare il ristorante. Ma se volete regalare la cena alla vostra lei o al vostro lui, come gesto di semplice generosità disinteressata, fatelo chiaro da subito. E dite a lei, o a lui, che potrà ricambiare con un prossimo invito. 5.BANDIRE IL CELLULARE La serata degli innamorati è tutta da dedicare alla coppia: concentratevi su di voi e non fatevi distrarre da altro. Lasciate il telefono in tasca o in borsa e mettetelo in modalità silenziosa. Concedetevi al massimo un selfie!
È Nei gioeilli conta il simbolo
il più classico dei regali, il gioiello, ma mai fuorimoda o inadeguato. Per San Valentino non accontentatevi di uno qualsiasi, ma sceglietene uno che faccia la differenza ed esprima dolci parole. Collane, anelli, bracciali, orecchini: l’importante è prestare attenzione ai simboli perchè ognuno ha un significato ben preciso. Qui trovate qualche piccolo consiglio per rendere un semplice gioiello un dono personalizzato e pensato appositamente per la vostra dolce metà. Scegliete un lucchetto se il vostro desiderio è quello di suggellare una promessa d’amore, di tenere sempre addosso il patto più bello. Il nodo è il simbolo giusto se volete esprimere un legame profondo, un’unione indissolubile che resiste al tempo e alle difficoltà. Optare per un cuore è la scelta giusta se dovete
dichiararvi: simbolo d’amore per eccellenza, romantico ma mai banale. Il simbolo dell’infinito è un altro classico, ma non per questo è da considerarsi meno apprezzabile. Simboleggia un amore eterno e se a contenere il simbolo dell’infinito è un anello il significato si rafforza. Se siete un uomo, affidatevi alle perle. Regalerete alla vostra lei un gioiello che punta ad esaltare la sua femminilità e che è simbolo di bellezza e sensualità. Scegliete un pinguino, come ciondolo per una collana o un braccialetto, se volete stupire con originalità. Tra i pochi animali a tendenza monogama, i pinguini posso prestarsi ad essere simbolo di fedeltà. Optate per un’ancora, un simbolo non solo per amanti del mare, per esprimere un legame profondo, resistente, invincibile e ben saldo.
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A teatro
ornice della struggente storia d’amore fra Romeo e Giulietta, Verona è per antonomasia la città degli innamorati e, quindi, fra le mete più romantiche per trascorrere con il partner un San Valentino speciale. Visitare i luoghi letterari della coppia shakespeariana è sicuramente una buona opzione, ma cosa si può fare per lasciare la propria metà senza parole? La nostra risposta è: portarla a teatro. Al Teatro Nuovo un’ampia rosa di spettacoli: dal 4 al 7 febbraio, alle 21, Rossella Brescia, Tosca D’Aquino, Roberta Lanfranchi e Samuela Sardo protagoniste di “Belle ripiene. Una gustosa commedia dimagrante”; L’8 e il 9 febbraio, alle 16, sarà invece la volta di Lella Costa con “Se non posso ballare”, uno spettacolo ispirato a “Il catalogo delle donne valorose” di Serena Dandini, mentre dal 26 al 29 febbraio, alle 21, Anna Foglietta, Paolo Calabresi, Anna Ferzetti, David Sebasti e Simona Marchini saranno in scena con la commedia romantica “Bella figura”.
Speciale San Valentino
A cura di Samantha De Bortoli
GLI SPETTACOLI IN SCENA AL TEATRO NUOVO... 48 48
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er gli appassionati dell’opera, il Filarmonico ospita dal 26 gennaio al 2 febbraio la pièce di Donizetti Lucia di Lammermoor, con la firma di Renzo Giacchieri e la guida del Maestro Andriy Yurkevych. Il 7 e l’8 febbraio, invece, in programma uno speciale concerto dedicato alla triade Mozart-Weber-Beethoven, con l’Orchestra e il Coro dell’Arena diretti da Michael Balke e Vito Lombardi.
...E I CONCERTI AL FILARMONICO
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La spa?
e siete in difficoltà con il regalo di San Valentino o semplicemente volete stupire il partner con qualcosa di diverso dalla solita cena puntate sul benessere. Massaggi, centri termali, rituali di bellezza: non solo una coccola per la festa degli innamorati ma un beneficio per tutto il corpo.
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Il soggiorno in una spa è un vero e proprio toccasana per la salute. Abbandonare la frenesia e lo stress della vita quotidiana per concedersi momenti di relax e cura di sé. Sono sempre di più le ricerche che concordano sugli effetti positivi che l’esperienza in un centro benessere ha sulla salute fisica e psichica di ognuno di noi. Ma quali sono, nello specifico, i benefici che possiamo trarre?
UN BENEFICIO PER IL CORPO E LA MENTE
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Grandi meriti, innanzitutto, alla sauna che con le sue alte temperature aiuta a rafforzare il sistema immunitario e a depurare il nostro organismo. La sudorazione elimina batteri e tossine in eccesso e ne giova anche la pelle: i pori, dilatandosi per il calore, liberano le impurità lasciando il derma decisamente più luminoso. Le piscine con l’acqua molto calda, invece, aiutano i muscoli a rilassarsi, effetto che può essere ampliato e prolungato nel tempo con massaggi mirati a ridurre la tensione nervosa e a raggiungere un grande senso di rilassamento. Concedetevi il lusso di smettere di pensare, di agire, di preoccuparvi. L’esperienza nella spa può essere utile anche per ritrovare il contatto con sé stessi e con le proprie emozioni, un ottimo investimento per la festa degli innamorati.
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San Valentino 2020
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osa c’è di più romantico che passare la notte di San Valentino nella Casa di Giulietta? Per la prima volta il museo cittadino diventa un alloggio per una coppia di innamorati che potranno vivere un’esperienza unica e indimenticabile, cenando e dormendo nel luogo dedicato alla storia d’amore più famosa al mondo. Tutto grazie ad Airbnb.
L’INIZIATIVA Una coppia di fortunati innamorati trascorrerà la serata e la notte di venerdì 14 febbraio nelle stanze della Casa di Giulietta. La notte nel letto della Casa sarà la ciliegina sulla torta della più ampia esperienza che i vincitori del concorso vivranno a Verona. Dal tour nei luoghi legati a Giulietta e Romeo alla visita ai musei cittadini fino alla cena con menù dedicato realizzata dallo chef veronese Giancarlo Perbellini, che verrà servita nella nuova e romantica sala da pranzo allestita al primo piano della Casa.
PER LA PRIMA VOLTA UNA COPPIA DI INNAMORATI POTRÀ DORMIRE NELLA CASA DI GIULIETTA
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COME PARTECIPARE Per i romantici di tutto il mondo la sfida è iniziata il 21 gennaio. Sul sito di Airbnb tutti i dettagli del concorso: state pronti con carta e penna per scrivere a Giulietta, raccontandole la propria storia d’amore e le motivazioni vi che spingono a partecipare all’iniziativa. Dopodichè incrociate le dita e sperate di far breccia nella giuria ad hoc che sceglierà i vincitori. IL RESTYLING L’allestimento temporaneo alla Casa di Giulietta ricrea l’atmosfera e il calore di una vera e propria casa. Anche il famoso balcone si è già rifatto il look con un’installazione floreale dedicata all’amore. Nuova collocazione anche per le teche con gli abiti
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di Romeo e Giulietta, gli originali indossati dagli attori nel film di Franco Zeffirelli. Le due strutture sono state spostate nel salone delle danze e vi rimarranno in maniera stabile. ESPERIENZE PER I VISITATORI Sono numerose le esperienze speciali che turisti e visitatori potranno vivere nel periodo di San Valentino, tutte prenotabili esclusivamente attraverso la piattaforma Airbnb. Tra le più suggestive, la possibilità di diventare ‘segretaria di Giulietta per un giorno’, assaporare, a prezzo speciale, il menù dedicato a Giulietta al ristorante Casa Perbellini o prenotare visite guidate e servizi fotografici nei luoghi più romantici della città.
IL NOSTRO TRIPADVISOR CITTÀ A PORTATA DI WEEKEND
PARIGI IN PILLOLE Una nuova rubrica fatta di piccole ma fondamentali “tips” per affrontare con sicurezza ogni città! Partiamo da Parigi che è indubbiamente una delle mete più amate al mondo.
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ralasciamo volutamente quella patina di romanticismo che spinge così tanti turisti poiché su di essa è già stato scritto molto. Da qui sono passati e passano mode, musicisti, scrittori, attori, rivoluzionari. Una città che al suo interno mescola svariate culture. Nei suoi 20 arrondissement c’è una Parigi viva, veloce, vivace. Capace da sempre di crescere ed adattare le proprie esigenze di città al suo stesso tessuto sociale. Vi consigliamo una selezione (provata) dei posti carini dove mangiare, dormire, bere qualcosa e fare shopping.
DI TOMMASO STANIZZI DOVE MANGIARE: Derrière: 69 Rue des Gravilliers, 75003 Paris, Francia Saturne: 17 Rue Notre Dame des Victoires, 75002 Paris, Francia Bistrot Paul Bert: 18 Rue Paul Bert, 75011 Paris, Francia DOVE DORMIRE: C.O.Q Hotel Paris: 15 Rue Edouard Manet, 75013 Paris, Francia Mama Shelter Parigi: 109 Rue de Bagnolet, 75020 Paris, Francia Les Bains Douches: 7 Rue du Bourg l'Abbé, 75003 Paris, Francia DOVE BERE QUALCOSA: Hotel Costes: 239-241 Rue Saint-Honoré, 75001 Paris, Francia Little Red Door: 60 Rue Charlot, 75003 Paris, Francia Lulu White Drinking Club: 12 Rue Frochot, 75009 Paris, Francia DOVE COMPRARE: Club 75: 32 Rue Yves Toudic, 75010 Paris, Francia Maison Kitsuné Paris: 18 Boulevard des Filles du Calvaire, 75011 Paris, Francia A.P.C.: 35 Rue Madame, 75006 Paris, Francia ■
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IL CAMMINO DI
SANTIAGO 2020 Move Travel, grazie al successo avuto nella scorsa edizione, ha deciso di riproporre anche per il 2020 due tratti del cammino di Santiago. Vieni a scoprire i nostri programmi in partenza a settembre, con l’accompagnatore Armando Stevanoni. TI ASPETTIAMO MARTEDÌ 18 FEBBRAIO ORE 20.00 PRESSO CANTINA “RIPA DELLA VOLTA” Via C.da Vendri, 47/a, Verona (Vr) www.pernigo.it
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Il Muro di Giulietta Se ti vedo Poi ti penso Ed è allora che io credo D'aver visto un bene immenso.
Alle mamme, alle loro rinunce di allora e di oggi. Perché i loro sogni in qualche modo un giorno possano trovare la via per
(Luca 62)
realizzarsi. (A.)
Ci siamo conosciuti in modo inaspettato e strano ... ma
Che dire, amore mio?
bello, bello da impazzire.
(S.)
Poteva nascere tra di noi una bella storia ... ma tu non lo hai voluto ... Sapessi quanto
Le cose finiscono quando si
mi dispiace, un foglio di vita
sceglie di non ricordarle più.
sprecato... Sei ancora nei miei
Sarebbe la strada più facile
pensieri, e nel mio cuore ...
non ricordarmi i sentieri che
(Eugenia)
portavano al tuo viso, il rumore lieve della tua voce scocciata quando avevi i piedi freddi.
C’è stato il tempo delle nostre carezze. Almeno quello ci resta.
Ma come posso affidare al vento quel tuo musino pieno di pregiati sorrisi quando mangiavi
(Paolo)
il purè con tantissimo grana. Rimani la perfezione e l’unico
Ciao amore, sono qui per te. Sempre (Beppo a Sari)
ricordo che ho intenzione di percorrere avanti e indietro per tutta la vita. (Raffaele)
Vuoi dichiarare il tuo sentimento (di qualsiasi intensità sia)? Inviaci il tuo pensiero su Whatsapp 320 9346052 oppure a community@veronanetwork.it.
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DAILY WEEKEND
La cronaca della giornata 12 ore prima degli altri
I concerti, gli spettacoli, gli eventi della settimana
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ogni giovedì alle ore 13:00
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DUE UNA PAROLE TRADIZIONE CON LAANTICA SCRITTRICE (E ANTI-SPRECO) ALESSIA GAZZOLA
QUANDO SI FACEVA SU EL PORCO Nell'antica società agricola lessinica il culmine dell'inverno, e, se vogliamo, la sua celebrazione, era rappresentato dal rituale del far su el porco. Con l'arrivo della stagione fredda, infatti, e quindi verso la fine di dicembre e gli inizi di gennaio, il grugnito dei maiali allevati nelle varie contrade diventava sempre più fioco mentre già si pregustava il sapore dei saladi, delle mortadele e dei codeghini che li avrebbero sostituiti.
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er i montanari di una volta allevare il maiale aveva importanti ricadute sotto diversi punti di vista poichè significava garantirsi una saporita e ben sostanziosa autonomia alimentare che, tra l'altro, sarebbe durata per diversi mesi grazie all'insaccatura della carne del porco, che poteva essere così conservata anche senza il frigorifero. Principalmente per questi motivi tutte le famiglie della montagna veronese allevavano un maiale. Il maialino veniva generalmente acquistato all'inizio della buona stagione, intorno a marzo; veniva poi ben nutrito e coccolato fino all'arrivo dell'inverno. I motivi per cui si sceglieva questo periodo dell'anno per
la sua macellazione sono diversi: si va dalle questioni igieniche, poiché lavorare la carne con il freddo significava non avere a che fare con gli insetti e le mosche, a quelle mediche, per cui appena si abbassavano le temperature si uccideva il maiale onde evitare che si ammalasse e magari morisse dopo tutta la fatica e i schei che si erano spesi per ingrassarlo. Proprio per la sua importanza a livello economico e nutrizionale, l'uccisione e la lavorazione della carne del maiale venivano attese con impazienza, soprattutto se i baldachini ai quali venivano appesi gli insaccati cominciavano ad essere vuoti. Ma essere capaci di far su el porco non era cosa da niente, anzi era il risultato 58
DI MICHELA CANTERI
di tradizioni e saperi complessi e antichissimi: ci volevano sapienza ed esperienza affinché il risultato alimentare finale fosse di qualità. Infatti, si era soliti affidarsi a degli esperti in modo che tutte le fasi della lavorazione fossero accurate. UN METODO ANTICO Si iniziava con l'uccisione del maiale che veniva sgozzato mentre qualcuno ne raccoglieva il sangue. Successivamente, l'animale veniva squartato e la carne lasciata riposare per un giorno. Dopodiché veniva smembrato, disossato e la carne ridotta in pezzi. Successivamente quest'ultima veniva divisa e tritata a seconda dell'insaccato al quale era destinata e poi veniva salata. Si procedeva quindi a fare il tastasal: si metteva un po' di carne sulla brace per scottarla e poi si procedeva all'assaggio. Nel frattempo le donne avevano lavato ben bene i budelli, girandoli e rigirandoli nell'acqua calda, li avevano gonfiati per assicurarsi che non ci fossero dei buchi, e li avevano tagliati a seconda della misura richiesta dai vari insaccati; dopodiché i buei venivano richiusi con del cotone da una parte prima di essere riempiti e sigillati. Oggi più che mai, lo studio di questa tradizione evidenzia come lo spreco sia figlio dell'eccesso: il maiale, infatti, in tempi in cui le risorse alimentari erano poche e costose, era considerato una risorsa quasi inesauribile. Di esso, infatti, non veniva sfruttata solo la carne destinata ai salumi; ci si premurava inoltre di tagliare e conservare lardo e strutto, utilizzati principalmente come condimento; le cotiche venivano ripulite dal grasso e macinate per diventare l'ingrediente principale del cotechi-
no; le ossa venivano lessate affinché si potessero mangiare i residui di carne che vi erano rimasti attaccati. Dopodiché si passava a gustare le zampe (i gambeti), le orecchie, la coda e el grugno, magari dopo che erano stati utilizzati per insaporire una zuppa, oltre ad assaporare i brigaldoli, piccoli budelli riempiti con un ripieno a base di sangue di maiale, pan grattato e formaggio grana. DEL MAIALE SI UTILIZZAVA TUTTO E se qualcosa di ciò che rimaneva del maiale non fosse stato commestibile, sicuramente sarebbe servito a qualcos'altro: le unghie a fare colla per falegnami, le setole pennelli per imbianchini, l'intestino contenitori per insaccati. Le mascelle, inoltre, opportunamente salate e disidratate, venivano conservate per il midollo che contenevano, utile medicamento per gli ematomi; il grasso residuo era usato per fare il sapone e la sugna presente attorno al pene del maiale poteva essere utilizzata per lucidare le sgàlmare. Certo, a molti di noi verrà da storcere il naso, a qualcuno si attorciglierà lo stomaco e verrà la nausea a sentir certe cose. Perché siamo abituati a mangiare il miglior taglio di carne, a scegliere la frutta e la verdura più sana e più bella, a contare le calorie giornaliere che ingeriamo, a mettere in moto il contapassi per smaltire cene e banchetti quotidiani, ad acquistare farmaci efficaci e creme profumate. E viviamo come se tutto ciò fosse inesauribile. Infinito, immortale. Se non lo fosse, però, ricordiamoci una lezione: che del porco se magna (proprio, ma proprio) tuto, e se no' s'el magna in qualche modo s'el dropa. ■ 59
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OGGI PIÙ CHE MAI, LO STUDIO DI QUESTA TRADIZIONE EVIDENZIA COME LO SPRECO SIA FIGLIO DELL'ECCESSO: IL MAIALE, INFATTI, IN TEMPI IN CUI LE RISORSE ALIMENTARI ERANO POCHE E COSTOSE, ERA CONSIDERATO UNA RISORSA QUASI INESAURIBILE
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CHE ARIA TIRA (NEL FUTURO) TRA INNOVAZIONI, STARTUP E TENDENZE
ECCO COME PENSARE AI FUTURI Perché pensare al domani nel modo corretto può essere uno strumento strategico per le istituzioni, le aziende e le persone.
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l Veneto è al quarto posto in Italia per densità di imprese innovative, l’8,65% del totale nazionale. I dati, però, dicono che 9 startup su 10 non sopravvivono ai primi 3 anni di attività: come scongiurare, dunque, il rischio di fallimento? Innovare e (r)innovarsi sono attività molto complesse: sviluppare e allenare la capacità di immaginare i futuri possibili può rappresentare un vantaggio competitivo fondamentale, la chiave per cavalcare l’onda del cambiamento.
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PENSARE AI FUTURI Tutti noi pensiamo al futuro: è una capacità tipica dell’uomo, alla base della nostra evoluzione e di moltissime attività. Spesso, però, non lo facciamo nel modo corretto o comunque rimaniamo ancorati a una prospettiva di breve termine. Esistono metodologie e tecniche che consentono di studiare e analizzare il futuro in modo scientifico, a partire dai segnali del presente: si tratta di un lavoro collettivo che permette di esplorare le diverse possibilità, mettere in discussione le ipotesi di partenza, immaginare cose che non esistono ancora, 60
creare strategie sulla base di rischi e opportunità che si prospettano e, infine, reagire con maggior velocità a eventuali scenari critici. Pensare ai futuri possibili è uno strumento importante per le istituzioni, i singoli individui e per le aziende, che devono fare i conti con quella che viene comunemente chiamata innovazione. UN PRESENTE IN RAPIDA TRASFORMAZIONE Viviamo in un momento caratterizzato da grandi cambiamenti (tecnologici, ambientali, economici, sociali e demografici) che stanno creando una realtà sempre più complessa, a cui è difficile adattarsi. Un dato su tutti: secondo uno studio del World Economic Forum il 65 per cento dei ragazzi che oggi frequentano la scuola farà mestieri che non sono stati ancora inventati. Come possiamo orientarci in un mondo che si trasforma così velocemente? Sviluppare e allenare la capacità di immaginare i futuri può rappresentare uno strumento strategico in grado di aiutarci a prendere decisioni più consapevoli nel presente. ■
IL MONDO DEI MOTORI CRONACHE, IDEE, SOLUZIONI
AUTO ELETTRICA SÌ O NO? Chiedete a 100 addetti ai lavori del settore automotive un parere sull’auto elettrica e avrete 101 pareri differenti. Questa premessa è d’obbligo all’inizio del 2020, l’anno che avrebbe dovuto segnare il raggiungimento del primo traguardo ambientale e invece ci vede alle prese con infinite incertezze, tante paure e messaggi della più disparata natura.
L
’ultimo, in ordine di tempo, un’ANSA dello scorso 10 dicembre, una notizia proveniente da una delle fonti giornalistiche più autorevoli. Secondo la rivista francese AutoPlus che ha ripreso, aggiornandolo, uno studio di qualche mese fa dell’ente indipendente di ricerca tedesco IFO, guidare in Germania una Tesla Model 3 ha un effetto negativo sull'ambiente, in termini di emissioni di CO2, maggiore rispetto ad una vettura turbodiesel di analoghe dimensioni. È innegabile che un'auto elettrica non inquini durante il suo uso, si legge sul magazine francese, ma l’inquinamento totale comprende anche la fonte che alimenta le batterie e il costo di smaltimento delle stesse. Pur essendo la Germania in grado di produrre energia da fonti rinnovabili per il 35.6% del suo fabbisogno, questo non è sufficiente ad abbattere i consumi totali di una Tesla Model 3, avanguardia nel campo dell’auto elettrica.
DI MATTEO BELLAMOLI E MICHELE DALLA RIVA TRA ELETTRICO E DIESEL Senza dilungarci in numeri, percentuali e dettagli, che potrete comunque facilmente reperire in rete, se “googlate” lo studio IFO a cui si fa riferimento in queste righe. Basti sottolineare che secondo i ricercatori tedeschi, il motore a combustione interna alimentato a metano sembra essere una fonte di propulsione senza rivali in termini di emissioni di CO2 e che batte tutte le altre alternative. Sarà vero? Impossibile non tornare con la mente alle pubblicità di qualche anno fa. Sembrava che il diesel fosse la panacea per tutti i problemi di mobilità: bassi consumi abbinati a prestazioni da auto sportiva, per non parlare di tassi di inquinamento irrisori grazie a centraline elettroniche e “pozioni magiche” a base di urea. Poi qualcuno ha iniziato a guardare sotto il tappeto e sappiamo tutti com’è andata a finire. Non sarà così anche con l’elettrico? Dato che anche noi non sappiamo dove stia la verità, limitiamoci, per il momento, ad ascoltare quante più voci possibili sull’argomento prima di prendere una decisione.■ 61
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Come comportarsi se il tuo bambino ha paura del dentista STUDIO DENTISTICO
L’odontofobia, o semplicemente la paura del dentista, è piuttosto diffusa sia tra gli adulti sia tra i bambini. Questi ultimi vengono spesso influenzati da ciò che sentono dire dai genitori o dai familiari: a volte si commette l’errore di cercare di rassicurare
il bambino dicendogli che non ci sarà nulla di cui aver paura, magari per convincerlo a non fare i capricci, con l’effetto controproducente di trasmettere le proprie ansie al bambino. Ancora peggio se il bambino è stato traumatizzato da una pre-
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cedente visita dentistica, perché ha sentito dolore o perché ha notato nell’ambiente oggetti come le siringhe e gli aghi. In queste circostanze, è necessario adottare una serie di comportamenti per far sì che il piccolo superi le preoccupazioni.
Alcuni consigli per aiutare il tuo bambino a vincere il trauma del dentista In caso di mal di denti o semplicemente per prevenzione, è fondamentale portare il bambino da un dentista specializzato in odontoiatria pediatrica. Un pedodonzista, grazie a una formazione adeguata, conosce bene tutti i metodi per rapportarsi con
le paure dei più piccoli. Esistono alcuni utili stratagemmi per combattere un simile timore. È essenziale preparare il bambino al controllo come a un evento del tutto normale, addirittura divertente. I bambini, dovrebbero considerare la visita come una
gita di piacere, al termine della quale avranno anche un premio. Inoltre, è bene non utilizzare mai parole legate alla sfera del dolore e della paura, soprattutto se il bambino ha sentito male ai denti prima, durante o dopo il controllo.
Lo studio Comed studiato per i bambini Lo studio dentistico Comed, offre un ambiente adatto alle cure dei piccoli pazienti. Chi è specializzato in odontoiatria pediatrica lavora di solito in uno spazio luminoso, dove l’anestetico è una
pozione magica e la siringa si trasforma in goccioline magiche Uno studio dentistico a misura di bambino, con la possibilità di utilizzare giochi e tablet nella sala d’attesa, dove il personale in col-
laborazione con il medico ed il genitore, farà in modo di rendere le cure proposte un’esperienza divertente, dove tutti i piccoli pazienti al termine della cura saranno premiati con un gioco.
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IL FIORE DELL’ARTE OGNI MESE UN PETALO E UNO SCORCIO
A PARIGI DA QUEL LEONARDO CHE INDAGA L’INVISIBILE Le celebrazioni per il quinto centenario della morte di Leonardo Da Vinci stanno per volgere al termine. Tra tutte, la mostra più attesa è stata senza dubbio quella del Louvre che ha esposto circa 180 opere tra pitture, disegni, manoscritti, sculture e riflettografie a infrarossi. Una mostra da sold out che ha richiamato centinaia di migliaia di visitatori e che terminerà il 24 febbraio. Ma è solo merito di Leonardo?
C
he i francesi vadano orgogliosi del nostro illustre cittadino (emigrato ad Amboise solo tre anni prima di morire) lo si capisce dal titolo che hanno dato alla mostra: Léonard De Vinci. Ma se un italiano rimane spiazzato già dal titolo, non può di certo aspettarsi di trovare guide cartacee, pannelli illustrativi o didascalie nella sua madre lingua. Non ce ne sono per l’esposizione permanente, figurarsi per una monografica su un artista della Penisola. Passato questo gap linguistico, la mostra si presenta ordinata cronologicamente e divisa simbolicamente in quattro sezioni che ne ritmano il percorso. Un piccolo libro guida in francese o in inglese fornisce una breve descrizione di ogni opera esposta e numerata, il che ha consentito di fare a meno dei pannelli informativi che favoriscono solo assemblamenti attorno al quadro. UN ALLESTIMENTO A VOLO D’UCCELLO Per le pareti si è preferito optare per colori tendenti allo scuro, variabili a seconda delle sezioni, con un’illuminazione puntuale, a volte troppo ingombrante. Forse l’unica pecca è l’aver puntato su un allestimento a “volo di uccello” (per rimanere in tema) che consente, con un col-
po d’occhio, di ammirare la maggior parte dei quadri esposti che, però, visti da vicino, si presentano non perfettamente leggibili per la loro altezza. Sicuramente poter vedere in una volta sola opere iconiche del Maestro come La Vergine delle Rocce, la Belle Ferronière, la Sant’Anna, oltre a disegni e a manoscritti, ha una certa rilevanza. Tra i grandi assenti la Gioconda, rimasta nella sala del Palazzo, il Salvator Mundi battuto all’asta nel 2017 per oltre 450milioni di dollari e l’Uomo Vitruviano, ritornato alle Gallerie dell’Accademia di Venezia dopo qualche settimana. Per altre opere-simbolo sono state esposte le riflettografie a infrarossi che consentono di poter contemplare il disegno eseguito dall’artista prima di dipingere. Un modo per porre rimedio a prestiti mancati e, contemporaneamente, mostrare ciò che sta sotto al velo di pittura (schizzi a carboncino, idee, ripensamenti, ma anche la tecnica usata per creare sfumature, pieni e vuoti). Le opere sono inserite in uno spartito rigoroso e ben accordato in cui è facile collegare il lavoro finito con il modello di partenza. Una mostra intuitiva e di semplice lettura in grado di mostrare pienamente l’arte di Leonardo, anche quella invisibile. ■ 64
DI ERIKA PRANDI
FORZA BELLEZZA RIFLESSIONI ARCHITETTONICHE
PROVE DI RINASCIMENTO PER LA CITTÀ È questo il tempo di un nuovo Rinascimento. Prendere consapevolezza delle cose, essere curiosi, conoscere, per migliorare e migliorarci; la cultura, l’arte sono strumenti per compiere questa rivoluzione copernicana nel quotidiano, guardando da punti di vista nuovi la realtà che ci circonda. Un esempio? La zona industriale di Verona.
È
arrivato il momento di compiere ancora, per l’ennesima volta, una rivoluzione copernicana, mettere al centro l’uomo, la persona, e da questo punto di vista guardare lontano, oltre. Solo così riusciremo a vedere ciò che ci circonda con occhi che svelano la bellezza del territorio, della città, del quartiere dove viviamo, ciò che si può cambiare, migliorare, rigenerare, sapendo che cosa è, cosa è stato nella storia e nello sviluppo di un territorio, di una città. Verona ha messo in atto la sua rigenerazione urbana, progetti, idee, trasformazioni di architetture o interi quartieri, un fermento che ci fa comunque comprendere la voglia del territorio di procedere nella storia, ma conosciamo il territorio? Quando si parla ad esempio di ZAI, sappiamo che cos’è? Come è nata? perché? quale il suo carattere, la sua atmosfera? Ci siamo mai stati nei luoghi che spesso sono alla ribalta di trasformazioni di cui sentiamo parlare, discutere, litigare addirittura? Siamo consapevoli? LA ZAI COM’ERA Sappiamo che questa parte della città è nata nel secondo dopoguerra in anni in cui l’urbanistica era la disciplina che decideva e disegnava le nuove forme e il nuovo sviluppo delle città? Sappiamo che la ZAI (Zona Agricola Industriale, o Zona per Artigianato e Industria) di Verona è la prima realizzata in
Italia, grazie alla Camera di Commercio di Verona e non solo, quando si dividevano i luoghi dell’abitare dai luoghi dell’industria, quando si voleva dare all’agricoltura un volto tecnico, quasi “manifatturiero”, quando il commercio diventava strumento di ricchezza dei territori e le infrastrutture un’esigenza. Sappiamo che la ZAI ha ridisegnato la vita di Verona dagli anni Cinquanta? Sappiamo che oggi è ormai un’altra cosa? È storia, è archeologia, è luogo di necessari innesti e trasformazioni, è cultura, e la cultura non è un prodotto. La cultura è un processo, da mettere in atto, da scatenare, innescare a seconda del carattere dei territori, un modo di agire con un obiettivo correlato, dove tutto e tutti possono concorrere. La cultura produce, punti di vista, azioni, modi di essere, il quotidiano, il futuro. Ecco, proveremo quest’anno ad usare questa piccola rubrica per creare punti di vista, punti dai quali osservare, guardare, conoscere il quotidiano che ci circonda, per conoscere la città e i suoi abitanti, la storia e i suoi sogni, per seminare curiosità. Una curiosità che è motore di ogni conoscenza che diventa a sua volta consapevolezza; quest’ultima crea il desiderio di agire cercando risorse, competenze, soluzioni, sviluppa il senso di comunità, produce bene comune. Questa consapevolezza è rigenerazione urbana, un sentimento collettivo, prima di qualsiasi progetto. ■ 65
DI DANIELA CAVALLO
DUE LIBRI & QUALCHE VERSO
PAGINE PER I GRANDI
A CURA DI
MIRYAM SCANDOLA
IL LIBRO. È snervante avere una scadenza biologica. Un termine definitivo che ci sottopone alla brutalità della riflessione sul perduto o, peggio, sull’avuto. Sheila Heti in Maternità cerca di creare un metodo per destreggiarsi tra le opzioni. Per far capire se a 37 anni è il caso di desiderare un figlio oppure è meglio decidere di non averlo mai. L’autrice non banalizza la scelta adeguandosi alla facile partigianeria, da un lato e dall’altro. Ci si cala così dentro da farla diventare l’unica questione. Tira i dadi, chiede all’oracolo cinese, piange sui figli non fatti e poi si dice che li ha fatti («ho scritto sei libri»), si concede grandi incubi distopici e domanda a tutti se vogliono procreare ma le risposte non la convincono mai. Sheila Heti lo dice che questo libro è «la sua difesa scritta», una perorazione interna, l’ultima e la prima libertà. Chiede di non essere condannata se non sa dire bene perché non desidera essere madre.
Titolo: Maternità Autrice: Sheila Heti Casa Editrice: Sellerio Pagine: 300
L’AUTRICE. Canadese, editor presso la rivista di letteratura The Believer, otto libri tra narrativa e saggistica portano la sua firma. Era «un tema imbarazzante» per lei quello della maternità. Lo ammette in diverse interviste perché «desideravo che fosse la vita a dirmi che cosa fare, davanti all’ipotesi di un figlio». La vita non si è pronunciata, quindi lei si è trovata a compiere «una stesura nuova delle regole della femminilità». Nel libro, tra le maggiori opere del 2019 secondo il New York Times e il Times Literary Supplement, Heti rivendica la possibilità di sottrarsi alle domande secolari, che suonano come imposizioni, che sono il massacro per le donne, e lo sono per tutte. Lei chiede di poter «non rispondere a nessuno, non compiacere nessuno, lasciare tutti in sospeso, da maleducata». NOTE A MARGINE. La pressione sociale, quella biologica (che forse sono due forme della stessa insistenza) trova una sintesi così onesta nelle parole di Heti. «Se sei una donna, non puoi semplicemente dire che non vuoi un figlio. In alternativa devi avere qualche grande idea o progetto a cui dedicarti. E guai se non è qualcosa di straordinario. E guai se non sai raccontare in maniera convincente – prima ancora che si svolga – come sarà il restante arco della tua vita». Non c’è la banalità di un femminismo troppo facile da argomentare. In lei c’è il dubbio, il continuo, ossessionante sospetto di perdersi qualcosa per sempre. «C’è questa tristezza nel non volere quella cosa che dà il senso alla vita degli altri». Eppure, di contro, è bruciante la consapevolezza che essere madre vorrà dire essere meno di altro. Vorrà dire, forse, perdere qualcosa di se stesse in nome del destino della cura. Heti sembra dire, e lo dice, con l’intuizione di una fragilità intima che sa farsi comune e descrivere ogni vita, «avrei voluto essere tutto». Ma tutto, forse, non si può.
PAGINE PER I PIÙ PICCOLI
A CURA DI
ALESSANDRA SCOLARI
IL LIBRO. Racconta la scoperta di Eva: una scatoletta di acciaio che custodisce una stella, una fotografia e un dente. Cosa significano? A spiegare la storia, poiché la mamma è impegnata a corregge i compiti e il papà sta scrivendo a un amico d'infanzia, c’è uno splendido nonno. È proprio lui con delicatezza, parole semplici e toccanti, a raccontare la Shoah. «Cosa possiamo fare?», dice la giovanissima Eva spinta dall’emozione. «Ricordare, Zakhor, in lingua ebraica» risponde il nonno. Ricordare sempre, nella speranza che tragedie come questa non accadano più. Significative anche le due schede finali che tracciano, in estrema sintesi, date e fatti storici, nonché la Shoah e il rapporto con l’arte in cui si scoprono i simboli che famosi artisti hanno voluto dedicare a questo pezzo di storia. L’AUTRICE. Guia Risari, nata nel 1971 a Milano, dopo gli studi classici e la laurea in Filosofia Morale all'Università Statale, ha lavorato come educatrice e giornalista, specializzandosi nello studio dell’antisemitismo italiano. Trasferitasi in Francia, oltre a scrivere e tradurre testi (in quattro lingue), ha insegnato e svolto ricerche sulla storia moderna. Per l'infanzia, fin dal 2004, ha pubblicato parecchi albi illustrati e libri guadagnandosi fiducia e stima. Le immagini dettagliate di Gioia Marchegiani – illustratrice e pittrice diplomata in Illustrazione all’Istituto Europeo di Design di Roma, dove vive e lavora – anche in questo libro, sembrano scandire le singole parole e conducono per mano il piccolo lettore (e non solo) nella storia dell'umanità.
Titolo:
La stella che non brilla
Autrice:
Guia Risari
Illustrazioni:
CURIOSITÀ. Il racconto inizia con Eva interessata a «conoscere papà prima di me» attraverso il suo amico di infanzia. Nell’attesa del suo arrivo, che fare? Meglio esplorare la casa dei nonni, in cui è venuta abitare con la sua famiglia, partendo dalla soffitta. «È la stanza che preferisco. Calda e polverosa, ha l'odore degli anni che passano e colora il mondo di giallino». Il brevissimo racconto, che tocca le corde dell’emozione fin dalla prima pagina, trova sbocco nella speranza della memoria. Ricordare e raccontare per fermare l'odio e l'intolleranza.
Gioia Marchegiani
Casa Editrice:
Gribaudo Pagine: 46 Età: dai nove anni
SE VI SERVE UN PO’ DI POESIA Tutti riceviamo un dono. Poi, non ricordiamo più né da chi né che sia. Soltanto ne conserviamo – pungente e senza condono – la spina della nostalgia.
(Generalizzando, Giorgio Caproni) 66
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LETTERE DAI CORRIDOI DI ONCOLOGIA
A CURA DI MIRYAM SCANDOLA
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iamo andati in uno dei reparti più difficili dell’ospedale, in Oncologia. Grazie alla collaborazione con Progetto Convivio, abbiamo tenuto il nostro laboratorio di scrittura all’interno dello spazio predisposto dall’Azienda Ospedaliera di Borgo Roma per alleviare le lunghe attese tra visite e analisi. Troverete, ogni mese, sul numero cartaceo della nostra rivista alcuni dei racconti e delle lettere scritte da pazienti e familiari. Un progetto delicatissimo, alla ricerca, tra tutte le parole sbagliate, di quelle esatte. Le loro.
ALI DI FARFALLA C’era una volta una farfalla bellissima, con ali grandi per abbracciare e colori vivaci per rallegrare. Abitava con il suo amore in un fiore di campo, aveva una famiglia felice e tanti amici. Al mattino volava solitaria respirando il dolce profumo dei fiori, mentre al pomeriggio giocava con le amiche a “palla-tana”, un gioco che assomiglia al calcio. Un giorno, durante una partita, la farfalla si accorse che un’ala era debole e riusciva a tirare solo con la destra. Allora andò dal dottor Pettirosso, che vide una scheggia infilata tra l’ala e il corpicino. Il dottore tolse con attenzione la scheggia e mandò la farfalla in un ospedale circondato da boschi, dove lavoravano le api infermiere più gentili del mondo. Per guarire la farfalla doveva fare degli esercizi per rinforzare le ali, dormire sotto i raggi del sole e bere la rugiada amara. Era un lavoro difficile, la farfalla era stanca e aveva paura perché la scheggia aveva rovinato le ali e forse non sarebbe più riuscita a giocare a “palla-tana”. Per fortuna con lei c’erano altre farfalle ferite e con loro si divertiva a imparare nuovi giochi: “palla-fiore”, “volo-bike”, “tiro con la foglia”, “pungitopo”, “pallavolante”…Una volta andarono perfino a navigare sul lago Smeraldo e a sciare sul monte Innevato! La sera cantavano allegramente mentre mangiavano foglie deliziose e bevevano nettare prelibato. Piano piano la farfalla imparò a volare con un’ala sola e un giorno fu pronta per tornare a casa, dove l’attendevano con gioia la famiglia e gli amici. Per festeggiare la portarono a conoscere i suoi idoli: il campione di “volo-bike” Alex Anacardi e il grande attaccante di “palla-tana” Roberto Foraggio. La farfalla era felice circondata dall’affetto di tutti, ma aveva ancora tanta paura perché, anche se continuava a fare gli esercizi, a dormire sotto il sole e a bere la rugiada amara, le ali erano sempre più deboli… Allora abbracciava il suo amore e guardava il cielo, dove ci sono gli angeli custodi e tornava serena perché sapeva di essere protetta dalle loro ali. Aveva imparato a volare con il cuore.
(Irene) 68
Esaminando un po’ gli aspetti e le strade che ho preso nella vita, ho riflettuto su come ho affrontato sventure e malattie e a come ho reagito alle prove a cui sono stato sottoposto. Ho cercato di ricapitolare il tutto e trarre ciò che di buono ho tirato fuori da me per non soccombere emotivamente. Alla fine ho scritto un libro. Ho tenuto nascosto per anni il cancro. Non volevo si sapesse dei due tumori che nel 2015 ho affrontato e sconfitto da impavido guerriero. Hanno fatto tutto i bravissimi medici a cui ho affidato la mia salute. Mi hanno operato e seguito nella ripresa fisica. Ma io mi ritengo un guerriero perché sono riuscito a reagire psicologicamente molto bene alla malattia. Dopo lo shock iniziale ho ritrovato la serenità e affrontato il percorso di guarigione in maniera meravigliosa. È la serenità ad essere una medicina meravigliosa. Ho deciso, a questo punto della mia vita, di scrivere un libro che ho intitolato Perché ridere è una cosa seria. Il libro è diviso in due parti. La prima, una biografia in cui racconto le mie disavventure. La seconda in cui raccolgo conclusioni e consigli nella speranza di influenzare positivamente tutti coloro che hanno bisogno di un incoraggiamento. Questa vita è meravigliosa, a volte dura, ma merita di essere vissuta al 100% delle nostre possibilità. Il pensiero positivo e la calma interiore sono l’arma vincente per una vita serena. (Andrea Begnini)
In un giorno d’autunno, tra il vento e la pioggia prima, in mezzo a due raggi di sole poi, vola il pensiero del domani, di un domani non troppo lontano. Un pensiero fatto di persone, progetti, speranze, angosce, un pensiero che da cosa astratta diventa cosa viva, materia. Una materia fluida che ti invade e diventa parte di te… Ti aggredisce in modo silente, ti stanca oggi Per rafforzarti domani, affinché tu possa vivere quel domani tanto atteso e la morsa che ti attanagliava non ci sarà più L’anima è lì, il tuo io, il tuo amore è lì, tra il sole d’estate e il vento d’autunno tra le angosce e le lacrime lavate via dalla pioggia una pioggia e un vento venuti per te per portare via tutto ciò che ti affligge lasciandoti ristorata, nel corpo e nell’anima. La speranza e la tenacia Nel difendere quel pensiero, che va alla ricerca di quel momento chiamato domani, deve essere la tua forza.
(Silvana C.) 69
ALTRO CHE TERZA ETÀ STORIE E RITRATTI DI RIVOLUZIONI ARGENTATE
ANTONIO E IL SUO ATELIER DELLE MERAVIGLIE I senior, i non più giovani, sono una parte preziosa della società soprattutto se negli anni hanno costruito passioni. Raccontiamo la storia di Antonio Nadali, del suo negozio storico Stilart Arredamenti e del B&B Duomo. Sono le sue due “creature” che, grazie alle figlie Silvana e Alessandra, gli consentono di essere ancora al centro dell’attività e punto di riferimento per artisti e clienti.
C
lasse 1939, Antonio ha frequentato il liceo artistico Nani-Boccioni e la facoltà di architettura a Venezia, abbandonata alla soglia della laurea, «perché venni coinvolto dal lavoro: design di arredamenti nel negozio di Piazza Nogara». Erano gli anni Sessanta, quelli del miracolo economico. Dopo quattro anni da dipendente, Antonio ha rilevato l’attività (i locali erano in affitto) e gli arredi che il titolare cedeva. Nacque così “StilArt Arredamenti”. Era il 1967. Il giovane Nadali scese in campo con l’esperienza acquisita e la grande passione per il lavoro e l’innovazione. Racconta Antonio, con orgoglio, «ottenni l’esclusiva per la distribuzione del System Abstracta della Ponteur di Bergamo, un meccanismo che permette di arredare in maniera elegante negozi e stand fieristici. Mi si apriva una nuova strada che si aggiungeva alle librerie Kriptonite. Attraverso un amico conobbi il dottor Angelo Betti della Fiera di Verona che, nel 1967, alla Gran Guardia, aveva lanciato le Giornate del Vino. L’anno successivo scelse i miei nuovi arredi per l’esposizione dei vini. La sua schiettezza, unita alla competenza e alla capacità di recepire l’innovazione, mi stimolarono a dare il meglio, anche negli anni seguenti quando la rassegna passò nel quartiere fieristico. Fu un successo per Vinitaly e anche per me: acquisii visibilità e molti nuovi clienti».
Nel 1968 Antonio sposò Daniela. Ebbero tre figli: Silvana, Alessandra e Andrea. La moglie nel 1990 ha scelto altre strade. Commenta Antonio: «Niente è per sempre, nel bene e nel male. Oggi l’eccezione è il matrimonio che si conserva». Non c’è rancore nella sua voce: le sue sono constatazioni. Ha quattro nipoti. Entrano Alex e Anna, che vivono con papà Andrea nella stessa casa, lo salutano «ciao, andiamo a sciare» e gli occhi del nonno brillano compiaciuti. ■
UNA VITA IN VIA DUOMO «Nel 1985 comprai uno stabile in via Duomo, un quartiere dove i residenti si conoscono e si salutano», precisa Antonio. Ai piani alti ha ricavato le stanze per la famiglia, al secondo piano nel 2002 il B&B Duomo (rinnovato nel 2018) e al piano terra l’Atelier: il suo mondo, con librerie a parete e a giorno, che ospitano opere artistiche dei suoi amici. Qui il signor Nadali progetta ancora interni ed è punto di incontro di “artisti”, amici di una vita.
DI ALESSANDRA SCOLARI
Antonio Nadali
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DIFFICOLTÀ CON L’APPARECCHIO ACUSTICO A CAPIRE LE PAROLE QUANDO C’È CONFUSIONE?
«Che confusione, non riesco a sentire nulla». Vi sarà capitato senz’altro di trovarvi in un contesto caotico e di non riuscire a capire le parole nonostante l’ausilio dell’apparecchio acustico. Per risolvere al meglio situazioni come quella appena descritta c’è una valida soluzione: l’allenamento acustico.
maggior parte dei pazienti che mette la protesi acustica per la prima volta dice che l’amplificazione modifica le voci, soprattutto quelle più conosciute dei famigliari, questo perché l’amplificazione tende a far diventare i toni gravi un po’ più gravi e i toni acuti un po’ più acuti, alterando perciò l’acustica della voce.
lano un dialetto diverso dal nostro, avessimo bisogno di un po’ di tempo per famigliarizzare le nuove sfumature della voce.
Si tratta di un percorso riabilitativo, guidato dal Logopedista, che mira ad insegnare al cervello ad ascoltare, soprattutto nei contesti in cui c’è confusione. Spesso infatti, anche se indossiamo un apparecchio acustico moderno, la sensazione acustica ottenuta inizialmente dall’amplificazione della protesi può risultare confusa e poco chiara, quasi stridula: “un fiume di parole” sommate al rumore ambientale entrano nell’orecchio nello stesso momento e il cervello, non abituato a ciò, ha difficoltà ad interpretarlo.
Per tornare a sentire e capire correttamente, oltre ad un buon apparecchio acustico, è indispensabile come dicevamo l’allenamento acustico che, grazie alla logopedia, permette in breve tempo al paziente di ricreare quel “codice” necessario per capire meglio. Un po’ come se, trasferendoci in un luogo dove par-
L’allenamento acustico ha permesso a molti nostri pazienti di essere realmente contenti e soddisfatti del nuovo apparecchio acustico. Il servizio di logopedia svolto presso il Centro Uniaudio acquista una maggiore efficienza in favore del fatto che lo specialista viene informato dai nostri tecnici sulla protesi applicata, sul tipo di sordità, sull’esperienza del paziente e su tutta una serie di informazioni tali da permettere una riabilitazione acustica più mirata ed efficace.
Proprio in questa fase diventa importante la logopedia, che prepara un piano riabilitativo personalizzato che aiuterà il paziente a discriminare tra suoni diversi ed a concentrarsi solo su quelli che interessano. La
Bastano talvolta poche sedute dal logopedista per far sì che il cervello torni a riconoscere i suoni dell’apparecchio che sembrano sfalsati.
Per ottenere ciò si affidi con fiducia alla Logopedista del Centro Uniaudio.
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Dott.ssa Jessica Visentin tel. 340-3220405 oppure al nostro responsabile Giorgio Pisani n.3485190641
LA BELLA VERONA DOVE SI FA DEL BENE
TERZO SETTORE MEDAGLIA D'ORO È spesso sulla bocca di tutti ma ancora tanti non sanno bene di cosa tratta. Abbiamo chiesto a Cinzia Bertani, coordinatrice del Centro Servizi per il Volontariato, di spiegarci il Terzo settore, punto per punto. Cosa si intende per enti del Terzo settore, alla luce della riforma? Gli enti del Terzo settore sono organizzazioni di varia natura senza scopo di lucro che esercitano attività d'interesse generale e d'utilità per le comunità: interventi socio-sanitari, assistenza agli anziani, ai minori, ai migranti, ai senza dimora. Anche interventi in ambito ambientale, di grande attualità oggi. Oppure organizzazioni che si occupano di attività culturali, di formazione, di ricerca scientifica. In generale la riforma del Terzo settore indica 26 aree d'interesse generale in cui gli enti possono operare.
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Qual è, secondo lei, la caratteristica più innovativa di questa riforma. Il vero cambiamento, se c'è? Questa legge, per la prima volta in Italia, riconosce da un punto di vista giuridico l'esistenza e l'unitarietà del Terzo settore. È una sorta di riconoscimento formale del suo valore oltre che la definizione del quadro giuridico omogeneo all’interno del quale tutti gli enti devono operare.
DI SALMON LEBON Illustrazione di Valeria Poli
È un segnale importante… Assolutamente sì. Il Terzo settore ha, e l’ha sempre avuto, un ruolo fondamentale nei servizi, nell'economia, nella vita sociale, culturale del nostro Paese. Non aveva però il riconoscimento giuridico unitario e questo rendeva la vita degli enti molto difficile, soprattutto considerando l’accavallarsi di norme civilistiche e fiscali che ne regolavano il funzionamento. Invece, con la riforma tutto starà dentro un unico codice. Il Terzo settore esisteva prima ed esiste adesso, però l'obiettivo era di dargli unità e dignità e una regolamentazione unica, pur nel rispetto delle differenze che esistono tra i vari enti. Come Centro di Servizi per il Volontariato, quali sono le iniziative che avete in serbo per il 2020? Il Centro di Servizi per il Volontariato di Verona ha, come obiettivo, da un lato promuovere il volontariato, dall'altro accompagnare e sostenere le associazioni che operano sul territorio e enti del Terzo settore e volontari. Il CSV è un luogo nel quale cerchiamo il più possibile 72
di dare ascolto ai volontari: qui il focus è proprio sui volontari. Per noi è un aspetto fondamentale. In questo periodo storico, tanti sono i cambiamenti in corso e non possiamo restare fermi. Urge il bisogno di scoprire come si vedono i volontari e che cosa vorrebbero quando si parla di promozione del volontariato. Quest’autunno, con noi di Salmon Magazine, avete realizzato un tour a Verona e provincia per incontrare le associazioni del territorio e ascoltarle: che cosa ne hai ricavato? Questa operazione di 10 incontri sui territori ha fatto riflettere molto anche noi. Sicuramente ne faremo altre di questo genere, perché riteniamo assolutamente importante il confronto diretto e l'ascolto. C'è sicuramente la conferma che l'aspetto che accomuna chi fa volontariato, in un modo nell'altro, è il guardare oltre se stessi, la voglia di fare qualcosa che va oltre l’io. Cosa è cambiato negli anni? Le condizioni per fare volontariato. La disponibilità di tempo, la condizione economica, la stabilità del lavoro sono cambiate. Per cui se una parte del volontariato ha potuto contare per tanti anni su neo-pensionati, che magari facevano volontariato anche mentre lavoravano e che poi si sono dedicati alla causa al 100%, i giovani oggi hanno meno tempo, sicuramente meno stabilità lavorativa, meno stabilità economica. Il volontariato cambia con il cambiare della società. Può risultare più difficile oggi dare disponibilità costante, in termini di tempo e di risorse. In parallelo è anche vero che sui temi che li appassionano, anche i giovani sanno trovare sia tempo che costanza. Il volontariato rimane secondo me una fonte importante di apprendimento e di realizzazione per i ragazzi. Attenzione, però: la riforma sottolinea che il volontariato è gratuito. Ma le opportunità alternative non mancano: pensiamo al servizio civile che è un modo per avvicinarsi a un settore che interessa, ricevendo un compenso mensile dallo Stato. ■
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mozayk Appuntamenti di Finanza, Innovazione e Persone.
PHOENIX GROUP La consulenza strategica a servizio di imprese, banche e assicurazioni. Dalle competenze, ai contenuti. Appuntamento con MOZAYK, la rubrica di Finanza, Innovazione e Persone. A cura di Phoenix Capital Iniziative di Sviluppo. Raccontare cosa facciamo, quali settori impattiamo, quale approccio seguiamo. Soprattutto, raccontare chi siamo attraverso le persone che con noi, in questi undici anni, hanno tracciato il solco per nuovi progetti.
Accanto a Phoenix Capital Iniziative di Sviluppo, la capogruppo fondata da Giulio Fezzi a Verona nel 2008 – oggi con sedi a Milano e Roma - che si occupa di Business Consulting, Finanza d’Impresa e Corporate services, la consociata tecnologica Atlantis Next per servizi innovativi di connettività, IT e Cyber Security; CFO Solutions SCF, società di consulenza finanziaria indipendente e The Business Game attiva nella formazione manageriale.
LA RUBRICA - Con “Mozayk | Appuntamenti di Finanza, Innovazione e Persone” inauguriamo su Pantheon una Rubrica bimestrale in cui a parlare saranno le competenze di PHOENIX GROUP, polo veronese di consulenza strategica che, attraverso le sue consociate, offre servizi per lo sviluppo business di imprese, banche e assicurazioni.
PERCHÉ “MOZAYK” - “Mozayk” interpreta la collegialità dell’approccio di PHOENIX GROUP, in cui persone, relazioni e conoscenze innovative ricoprono un ruolo fondamentale. «Siamo tessere di un unico mosaico – spiega Giulio Fezzi, presidente di Phoenix Group – in cui ciascuno è indispensabile e tutti, insieme, necessari alla costruzione del progetto». 73
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I TEMI - Molti i temi sul tavolo che trovano riscontro nel vivere quotidiano. La gestione del risparmio e la consulenza finanziaria indipendente e “personalizzata”; la sicurezza dei dati e delle informazioni, in azienda e nel privato; la digital transformation che impone nuovi modelli di governance aziendale; la necessità di una cultura della “protezione e prevenzione assicurativa” in una Italia ancora sotto-assicurata. Con esempi spiegheremo i contenuti più tecnici, dalla blockchain al Fintech. Ci sarà la finanza applicata alla Sport Industry, con la nuova Divisione Sport Business Management di Phoenix Capital; il settore del management consulting e della formazione manageriale con focus sulle soft skills, plus aziendale strategico. Infine, gli accordi di Sponsorship, dove sport e cultura diventano portavoce di valori e volano economico dei territori.
ISPIRAZIONI MUSICALI COSA (E CHI) ASCOLTARE
NUOVE PICCOLE ABITUDINI Oui! The North è un’indicazione, un sentiero fatto di sperimentazione, coraggio. Dietro questo progetto tutto veronese ci sono Marco Patrimonio e Marco Vincenzi. Due persone conosciute per il loro impegno e la loro passione oltre che per la loro bravura. Musicisti a tutto tondo per il quale il tempo che passa sembra portare solo nuove energie. DI TOMMASO STANIZZI Entrambi siete presenti da molti anni nella scena live veronese. A quali cambiamenti avete assistito in questi ultimi anni della nostra realtà musicale? Siamo stati distanti qualche tempo dalla musica suonata per rivitalizzare la forza compositiva, quindi risponderemo più da spettatori/ ascoltatori che da reali attori della scena locale. Rispetto a qualche tempo fa ci pare che la proposta d’inediti a livello Verona e provincia sia cresciuta di qualità. Progetti come Sequoyah Tiger, Wows o i 3Tons, pur avendo connotati artistici completamente differenti sono perfettamente credibili in contesti internazionali. La provincia non è più provinciale;
per una città così culturalmente e storicamente rilevante è aria fresca. Ci ha sempre stupito che Verona negli anni dell’Indie fine ’90/primi ’00, non abbia prodotto nessuna band realmente di successo nel panorama underground. La bellezza è dappertutto qui, dovrebbe essere la naturale evoluzione creare cose importanti. La scena (degli organizzatori) dei live invece è fatta di martiri, gente che si è “sbattuta”, si “sbatte” e speriamo si “sbatterà”, in cambio di critiche e perdite di denaro. Ai concerti “non-evento" c’è sempre meno gente e questo vale soprattutto a Verona. Pensare di aprire un locale che si occupa essenzialmente di questo è esattamente come pensare di 74
buttarsi nell’Adige. Grazie a chi l’ha fatto con passione.
facciamo quello che vogliamo, con chi vogliamo.
Il vostro primo album è un disco passionale, pieno di istinto e di sperimentazione. Tante collaborazioni lo impreziosiscono. Vi siete lasciati davvero andare nella stesura dei pezzi o c'è molto più ragionamento di quello che sembra? È un disco esattamente anti-ragionamento, la produzione artistica non ha nessun tipo d'indirizzo prestabilito. La cosa ha funzionato in questi termini: avevamo bisogno di suonare, abbiamo allestito un mini studio ad Isola della Scala per essere sempre pronti a catturare il suono e abbiamo semplicemente cominciato a creare un pezzo dopo l’altro partendo da un riff di chitarra o da un suono di synth. L’unica cosa che abbiamo deciso è stata proprio quella di non stare troppo sui pezzi a livello di overdub finali e fronzoli vari, ci siamo dati un massimo di due prove per chiudere i pezzi. Siamo del parere che se una cosa non nasce e cresce in poco tempo forse deve rimanere dov’è. Il rischio è che qualcosa di meglio si può sempre sicuramente fare, ma tenendo le cose aperte troppo tempo si perde l'istinto. Le collaborazioni sono nel DNA di Oui! The North. È un progetto ambizioso dove ci siamo noi che
Parliamo di collaborazioni e devo ovviamente porvi questa domanda. Cosa vi ha lasciato aver collaborato con Giorgio Canali? Giorgio è un musicista reale in un mondo finto. Ha il pieno controllo di quello che fa e l’umiltà assoluta di rapportarsi in maniera totalmente naturale con tutti. Veniamo dal mondo CCCP/CSI/PGR e da tutte le sue produzioni storiche del passato ed era naturale chiedergli di intervenire su Piccole Abitudini che unisce la nostra volontà di essere una macchina da colonne sonore vivente e la sua voce incredibilmente profonda. Non meno importanti sono le altre “presenze” fisiche e non del primo disco e dell’Ep che uscirà. Stiamo lavorando ad un progetto per dare una forma live stabile a Oui! e Mecchi sarà sicuramente la voce principale sul palco, ci sentiamo bene con lui e ha sempre la giusta dose d’intensità senza prendersi troppo sul serio, sarà la voce di due brani anche sul nostro nuovo EP. Ti “spoileriamo” oltretutto che ci sarà anche una collaborazione con Giudi (Giuditta Cestari) in un pezzo veramente solenne. Lei ha una voce fuori dall’ordinario. Il sogno resta Max Collini al quale ovviamente facciamo un appello. ■ 75
AGORÀ, LA BAND CHE CANTA (ANCHE) LA LESSINIA
DA BADIA CALAVENA A SPOTIFY
PER ASCOLTARLI
È la passione a guidare gli Agorà, band nata nel 2014 a Badia Calavena che a gennaio ha debuttato su Spotify e YouTube con il singolo Le tue Clarks. Sei giovani che guardano all’adolescenza e al diventare adulti (pure musicalmente) senza trascurare legami e origini.
N
elle orecchie le canzoni dei grandi cantautori italiani. Negli occhi i paesaggi della Lessinia. Nel cuore il desiderio di condividere un’irrefrenabile passione per la musica. Il 2020 rappresenta l’anno zero per gli Agorà, band nata nell’estate del 2014 e cresciuta musicalmente a Badia Calavena, che a gennaio ha debuttato su Spotify e YouTube con il primo progetto discografico. La canzone Le tue Clarks: riflessione, in equilibrio tra la nostalgia e l’evasione, di chi guarda all’adolescenza come all’età nella quale tutto è possibile e all’ineluttabilità del diventare adulti. Note e testo raccontano molto del gruppo che è composto da sei musicisti under 35: Pierdavide (voce) e Gianmarco Cappelletti (batteria), Loris Flex e Cristian Truzzoli (chitarre), Simone Rex Coeli (basso), Loris Ercole (piano e tastiere). UNA MUSICA DI LEGAMI Il sottofondo che li accomuna è quello dei legami, a partire dalla scelta del nome Agorà, preso in prestito dall’antica Grecia e dalla filosofia:
«Deriva dalla voglia di mettere al centro la relazione e il rapporto con l'altro; allo stesso tempo, rievoca il luogo in cui il progetto è iniziato: il bar della piazza», spiega Pierdavide Cappelletti, andando agli esordi del loro fare musica insieme. Altra connessione, profonda, è quella con il territorio e le radici: «L’origine influenza le nostre scelte musicali, ma non solo. Siamo immersi profondamente nella cultura della musica italiana. Risentiamo delle influenze del cantautorato e della sonorità italica, ma anche del mondo indipendente e del pop-rock italiano», prosegue. A dare le coordinate della loro musica sono infatti artisti quali Nomadi, Luca Carboni, Decibel, Pfm, Stadio, Thegiornalisti. Non senza quel tratto di originalità che gli Agorà hanno avuto modo di sperimentare nei live. «Scapigliati, errabondi, corsari e romantici, i sei ragazzi credono nella rivoluzione del cuore e nella forza del sentimento come primo principio di ogni cosa», si legge in una presentazione. Come a preannunciare: dalla Lessinia, un’ondata sonora vi travolgerà, mirando dritto al cuore della musica italiana.■ 76
DI MARTA BICEGO
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TRA TV, CINEMA E NETFLIX I NOSTRI CONSIGLI
COSA GUARDARE QUESTO MESE (SECONDO NOI) DI CHIARA BONI CINEMA: CATTIVE ACQUE Data di uscita: 20 febbraio 2020 | Regia: Todd Haynes | Paese: USA | Durata: 126 minuti
Arriva dagli stessi produttori di The Post e Spotlight e, come questi film, anche Cattive acque prende il via da un’inchiesta giornalistica: in questo caso si tratta di quella pubblicata nel 2016 dal New York Times e firmata da Nathaniel Rich, che denuncia gli abusi ambientali del colosso americano DuPont. Il film segue la storia dell’avvocato Rob Bilott, interpretato dalla star-attivista Mark Ruffalo che, dopo una carriera da paladino delle grandi industrie chimiche, si ritrova improvvisamente sull’altro
lato della storia quando il contadino Wilbur Tennant si rivolge a lui per denunciare le irregolarità della multinazionale DuPont. Diretto da Todd Haynes, già acclamato regista di Carol, Safe e Io non sono qui, questo legal-thriller dai toni sobri e cupi vede la partecipazione di star del calibro di Anne Hathaway e Tim Robbins, e si inserisce magistralmente nel solco del cinema impegnato e morale che, soprattutto negli ultimi anni, sta dando nuova linfa al mondo hollywoodiano.
NETFLIX & CO: BOJACK HORSEMAN | 6 stagioni, USA Scritto da Raphael Bob-Waksberg | In streaming su Netflix | Paese: USA | 2014 - 2020
Forse pochi spettatori si sarebbero aspettati un arco narrativo di questa portata guardando le prime puntate della serie scritta da Raphael Bob-Waksberg e prodotta e distribuita da Netflix. Quella che era cominciata come una commedia leggera dai toni sarcastici, infarcita di acuta autoironia su quel mondo hollywoodiano superficiale e drammatico allo stesso tempo, reso ulteriormente straniante dall’ambientazione in una realtà alternativa popolata da animali
antropomorfi, nell’arco di sei stagioni è invece diventata un’analisi profonda e spiazzante sulla vita interiore dei personaggi, tra disturbi mentali, dipendenze, traumi e rinascite. Con la sesta e ultima stagione, disponibile su Netflix dal 31 gennaio, si chiude il cerchio attorno alla vita della ex star televisiva Bojack Horseman, a cui presta la voce Will Arnett, e che ci è stata consegnata con microscopica introspezione, e senza sconti, fin nei momenti più drammatici.
TELEVISIONE: SANREMO In onda su Rai1 dal 4 all’8 febbraio
Sanremo è Sanremo, e Sanremo è sempre l’evento televisivo catalizzatore di tutte le attenzioni degli spettatori italiani. E se il Festival sarà in onda solo per quattro giorni, quest’anno dal 4 all’8 febbraio, le discussioni attorno ad esso si protraggono da mesi. Dopo la conclusione dell'era di Claudio Baglioni come conduttore e direttore artistico del Festival, la Rai ha infine scelto Amadeus come patron della settantesima edizione. Conduttore di successo dalla carriera trentennale, Amadeus ha già cambiato alcu-
ne delle regole stabilite dal suo predecessore: a cominciare da quella di separare di nuovo il concorso dei Big dal quello delle Nuove Proposte, che quest’anno gareggeranno in parallelo. Accanto ad Amadeus, durante le quattro serate del Festival saliranno sul palco dell’Ariston altri grandi artisti, italiani e non, a cominciare da Fiorello, Roberto Benigni, Albano e Romina, ma anche Lewis Capaldi, l'artista scozzese rivelazione di quest'anno, che a soli 23 anni ha realizzato il disco più venduto del 2019 in Regno Unito.
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BELLEZZA AL NATURALE SÌ, QUESTA RUBRICA NON CONTIENE PARABENI
IL POTERE NUTRIENTE E ANTIOSSIDANTE DEL MIELE L’inverno è la stagione perfetta per concedersi qualche coccola in più. Un bagno caldo, una tisana e una maschera viso con ingredienti naturali: ecco la formula, semplice ma perfetta, per ricaricare le pile. E il miele è uno degli ingredienti più adatti per regalare un trattamento extra alla propria pelle: la scelta migliore, in particolare, è quella di un miele grezzo, non pastorizzato, in quanto maggiormente ricco di antiossidanti.
Ecco tre ricette semplici fra le quali scegliere a seconda del proprio tipo di pelle. ALLO YOGURT Mescolare un cucchiaino di miele a due di yogurt bianco, applicare sul viso e lasciar riposare per circa 15 minuti. Risciacquare bene, se possibile con un asciugamano tiepido. Questa maschera è consigliata per un leggero effetto idratante, che non appesantisce e che dunque è adatto a tutti i tipi di pelle. ALL’AVENA Mescolare un cucchiaino di miele con uno di fiocchi d’avena. Se preferite un’esfoliazione più delicata tritate prima nel mixer l’avena, in modo da ottenere una polvere a grana fine. Applicare sul viso e lasciare in posa per 10 minuti. Risciacquare bene, togliendo la maschera gradualmente, con movimenti circolari. Questa maschera è consigliata per pelli secche, perché il leggero scrub favorisce il rinnovamento dell’epidermide. ALL’AVOCADO Mescolare un cucchiaino di miele con la polpa schiacciata e ridotta in poltiglia di mezzo avocado. Applicare sul viso e lasciare in posa per circa 10 minuti, e infine risciacquare bene, se possibile con un asciugamano tiepido. Questa maschera super-idratante è consigliata a chi ha una pelle molto secca. ■ 80
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PILLOLE DI MAMMA CON UN PO’ DI AMOREVOLE IRONIA
Le mamme e l’arte di fregarsene Quante feste, quanto cibo, quanti sensi di colpa, quanti gruppi Whatsapp, quanti auguri fatti con il cuore, quanti fatti solamente per educazione. È successo anche voi in queste lunghe vacanze natalizie? Certe volte vorrei essere in grado di fregarmene di tutto e pensare solo alle cose più importanti, a volte, mi capita ma poi la frenesia della vita quotidiana e familiare prendono il sopravvento.
DI SARA AVESANI
I
n questi giorni, mio marito mi ha passato un libro davvero divertente Il Magico Potere di Sbattersene, molte utile a noi mamme, spesso attente a compiacere tutti gli altri prima di noi stesse. Perfezioniste, ansiose per tutti i nostri impegni e quelli dei figli. «Giochiamo troppo poco e non abbiamo mai abbastanza tempo da dedicare alle persone e alle cose che ci fanno davvero felici». L’autrice, Sarah Knight, si confessa apertamente ed è difficile non immedesimarsi. Ammetto anch’io, come lei, di aver socializzato con persone che non mi piacevano per essere gentile o per il bene dei miei pargoli, fatto lavori che non erano proprio nelle mie corde per far felice qualcuno, mangiato cose che non mi piacevano per mostrarmi educata. Ma quanto potrebbe essere migliore la nostra vita, se potessimo dire sì solo alle cose che meritano?
DA CHI POSSIAMO IMPARARE? Semplicissimo, dai nostri bambini! Loro sì che sono bravi nell’arte di "sbattersene" di tante cose. Dita nel naso durate la recita di Natale rigorosamente in prima fila, frasi urlate negli spogliatoi di ginnastica «mamma, posso togliermi lo sporco delle dita dei piedi?» rutti in libertà che neanche in gita in quinta superiore hai mai sentito e, quando magari le dici che non si fa, dai sei una principessa, lei davanti a tutti risponde ma lo fai sempre anche tu a casa. Buttarsi per terra in mezzo alla corsia del supermercato urlando «mamma, sei brutta, volevo lo smalto di Elsa». Che problema c’è a dire ciò che si pensa e a chiedere ciò che non ti è chiaro? Una nostra conoscente ha perso un dito in un incidente, secondo voi quanti secondi ci ha messo mia figlia a chiederle perché ha solo quattro dita? Beata sincerità! E allora caro 2020 che sei appena arrivato e sei pure bisesto e funesto, sai che ti dico? Tieniti pronto perché sto per tornare bambina. ■ 82
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BIMBI E ANIMALI CRESCERE INSIEME SI PUÒ Quando arriva un neonato e in casa abbiamo il nostro fedele amico a quattrozampe cominciano le preoccupazioni per la loro convivenza. Basta adottare alcune regole per far funzionare le cose nel migliore dei modi.
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a gioia della scoperta della gravidanza e la paura che il proprio cane si possa sentire meno importante. Numerosi studi confermano che un animale domestico è un valore aggiunto nella crescita di un bambino. Anche per il suo sviluppo psicologico ed emotivo perché attraverso la convivenza con gli animali può sviluppare l'empatia attraverso nuove modalità comunicative. Un neonato suscita nel cane curiosità, ansia, paura o istinti predatori, perché ha un diverso modo di muoversi rispetto ai bipedi con cui è solito relazionarsi. La fase più difficile è quella delle prime esplorazioni ambientali, dei primi “gattonamenti”, dei primi passi, dei giocattoli condivisi e della conoscenza del corpo del cane. I genitori devono sempre supervisionare le interazioni. L’animale non dovrà subire cambiamenti nelle abitudini o limitazioni, anzi, dovrà essere coinvolto nella routine quotidiana, assistendo alla poppata, al bagnetto e al cambio del pannolino. Il loro primo incontro dovrà essere pianificato per tempo e se il cane modifica improvvisamente i suoi atteggiamenti meglio chiedere un parere ad un educatore cinofilo qualificato. ANCHE I CANI DIVENTANO GELOSI «Ci sono cani che si sono accorti della gravi-
danza ancor prima dei neo genitori, alcuni diventavano estremamente protettivi, altri mantenevano le solite abitudini, ma quelli che sicuramente hanno più difficoltà sono quelli che vengono esclusi da questo cambiamento. La gelosia nasce dalla paura di perdere quello che si ama e solo noi possiamo dimostrare al nostro cane che ci saremo sempre per lui. Se già ci sono dei piccoli problemi da risolvere, è bene farlo prima della nascita del bimbo, perché poi il tempo a disposizione si ridurrà drasticamente e i genitori dovranno imparare a fare squadra per aiutarsi a vicenda e garantire le giuste attenzioni sia al bimbo che al cane», spiega Valentina Armani, 35 anni, educatrice ed istruttrice cinofila de Il piccolo campo Asd centro cinofilo e polo zooantropologico e di Armonie Animali Ets – Aps. Valentina e la collega Gioia Cisi, mamma che ha scelto di diventare educatrice cinofila per assicurare una perfetta crescita al suo bambino in totale condivisione con il cane Zeus, hanno realizzato il progetto Cani e bambini: preparare l'accoglienza al nuovo arrivato. Il prossimo appuntamento, dal titolo Cani e bambini: incontro con l'educatore cinofilo, si terrà il 24 febbraio, alle 18.30 fino le 20, nella sede de La Tela di Mamata di Rivalta sul Mincio. ■ 84 84
DI INGRID SOMMACAMPAGNA
STORIE DI STORIA LIBERAMENTE ROMANZATE
IL FIUME PIÙ CORTO DEL MONDO Aril: si chiama così il corso d’acqua più corto del mondo che scorre a Cassone del Garda.
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ettete che un giorno abbiate voglia di fare un giro sul Lago di Garda e che vogliate vedere qualcosa di diverso, un luogo distante dalle solite mete che siete abituati a frequentare. Allora vi pongo la seguente domanda: centosettantacinque metri sono sufficienti per definirsi un fiume? Se l’alimentazione dell’acqua è continuativa, allora la risposta è sì: il fiume Aril è senz’altro un fiume. A questo poi si aggiunge che per la sua lunghezza (o brevità) è considerato il corso d’acqua più corto del mondo. Si trova a Cassone del Garda e i suoi abitanti, questo record, se lo tengono ben stretto. UNA RISERVA PER LE TROTE Il fiume Rì, come lo chiamano quelli del posto, nasce nel cuore del paese grazie ad un laghet-
to alimentato dai corsi d’acqua che scorrono sotto il Monte Baldo. Visto la sua particolare conformazione, il suo corso garantisce una riserva protetta per le trote che, risalendone le acque, depongono qui le proprie uova, lontano dalle mire dei predatori. Dalla fine dell’Ottocento fino quasi ai nostri giorni, il “notevole” percorso dell’Aril veniva sfruttato sia da una centrale elettrica sia dalle ruote di due mulini ed un frantoio. Era in sostanza il fratello d’acqua degli abitanti di Cassone. Oggi, il suo fluire verso il Lago di Garda, viene attraversato da tre ponticelli e vi si può ammirare anche una piccola cascata: un luogo scenografico perfetto per installare, durante il periodo natalizio, uno dei presepi galleggianti più belli di tutta la provincia. ■ 85
DI MARCO ZANONI
CONSIGLI E RIFLESSIONI TARGATI ADICONSUM
ACQUE AGITATE, CI PENSA LA PRESCRIZIONE Si completa il tris di utenze. Dopo gas e luce ora tocca all’acqua: termine di prescrizione accorciato a due anni.
E
così la prima novità importante del 2020 riguarda le bollette dell’acqua. Dal primo gennaio di quest’anno, infatti, diventa operativo il nuovo termine di prescrizione biennale già applicato alle altre utenze indispensabili. Anche per il prezioso bene liquido la possibilità di effettuare conguagli da parte del gestore si fermerà ai due anni antecedenti l’emissione della fattura, venendo così debellato il rischio di bollette con importi destabilizzanti. Non era un caso raro che, causa perdite occulte negli impianti idrici e mancata lettura del contatore, si generassero consumi spropositati in modo inconsapevole. Quale conseguenza di tale fatale combinazione venivano recapitate bollette salatissime che risalivano nel tempo fino a cinque anni. ORA NON SUCCEDERÀ PIÙ O più precisamente: i gestori potranno ancora inviare una fattura contenente i con-
sumi più vecchi di due anni però dovranno evidenziarli in maniera chiara e trasparente. In tal caso i gestori del servizio idrico dovranno, altresì, informare i consumatori circa la possibilità di contestare gli importi prescrittibili fornendo un modulo per comunicare la volontà di non pagare le somme relative. Una normativa di favore per l’utente il quale, tuttavia, non deve allontanarsi da un utilizzo consapevole dell’acqua comune. Non va infatti perso di vista il fatto che l’acqua rappresenta un bene prezioso — oggi più che mai — il cui spreco va scongiurato in ogni modo. Pur senza eliminare la responsabilità del gestore (sul quale effettivamente incombe l’obbligo di rilevazione dei dati del contatore) un comportamento attento dell’utente, oltre che nel consumo quotidiano anche nel compimento dell’autolettura, è auspicabile e necessario. Non solo per le nostre tasche, anche per il nostro futuro. ■ 86
DI CARLO BATTISTELLA DI ADICONSUM VERONA
IL GLOSSARIO DEL LAVORO UNA PAROLA PER VOLTA
TAGESMUTTER IL LAVORO DELLE MAMME DI GIORNO Alle “mamme di giorno”, la cui professionalità è attestata dal rilascio di apposito certificato di qualità del servizio, saranno riconosciute degli incrementi retributivi progressivi.
È
stato firmato negli ultimi mesi del 2019 l’Accordo territoriale per la regolamentazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa relativo alle Tagesmutter, sottoscritto dalla FeLSA CISL Veneto, dall’Associazione nazionale Domus e dall’Associazione Professionale Domus Tagesmutter, riconosciuta dal Ministero dello Sviluppo Economico ed inserita nel relativo albo. TUTELE RAFFORZATE Vengono rafforzate le tutele nelle ipotesi di malattia, infortunio e recesso dal contratto. Particolare attenzione è dedicata al tema della maternità: alle collaboratrici in stato di gravidanza escluse dal beneficio dell’indennità Inps/Gestione Separata per mancanza dei requisiti richiesti, il datore di lavoro erogherà a suo carico un importo pari alla prestazione riconosciuta dall’Ente previdenziale (80% del
compenso). È confermato il diritto di precedenza in favore di coloro che abbiano già prestato attività lavorativa, in caso di assunzioni con contratto di lavoro subordinato e/o di collaborazione effettuate nei 6 mesi successivi alla cessazione del proprio contratto. L’INFORMAZIONE Uno spazio di rilievo, infine, è affidato all’informazione per queste lavoratrici: uno sportello dedicato per colloqui info orientativi, bilanci di competenze, l’organizzazione di corsi di formazione attingendo al Fondo Sociale Europeo ed a fondi interprofessionali nonché attività di consulenza per la stesura del curriculum vitae e preparazione ai colloqui di lavoro. Inoltre viene previsto uno sportello specifico sull’assistenza sanitaria integrativa e sulla previdenza complementare in stretto collegamento col fondo pensione Solidarietà Veneto. ■ 87
DI EMILIANO GALATI SEGRETARIO FELSA CISL VENETO
Il calendario del mese di Paola Spolon
gli eventi di Febbraio 2020, secondo noi
01 04 07 10
EL MORTO Luogo: Modus Verona Ora: 21.15
BELLE RIPIENE. UNA GUSTOSA COMMEDIA DIMAGRANTE Luogo: Teatro Nuovo Ora: 21.00
IL SUONO DELLA SOLITUDINE Luogo: Modus Verona Ora: 21.15
EDIPO Luogo: Fucina Culturale Machiavelli Ora: 21.00
02 05 08 11
LA SIRENETTA Luogo: Fucina Culturale Machiavelli Ora: 16.30
DEGUSTAZIONI MUSICALI Luogo: Teatro Ristori Ora: 19.00
CLAUDIO SIMONETTI’S GOBLIN Luogo: The Factory Ora: 20.00
GIULIA Luogo: Modus Verona Ora: 21.00
03 06 09 12
LA TECNOLOGIA NON È NEUTRA Luogo: Modus Verona Ora: 21.00
SALE LA NEBBIA SUI PRATI BIANCHI DE ANDRÈ Luogo: Teatro Satiro Off Ora: 19.00
TEMPIO OSSARIO Luogo: Cimitero Monumentale Ora: 09.00
LA MUSICA E LE ARTI RECONDITE ARMONIE Luogo: Teatro Ristori Ora: 20.30
Legenda
Mostra/Arte
Cinema
Libri
Museo
Sport
Incontri
13
QUEENMANIA RHAPSODY Luogo: Teatro Nuovo Ora: 21.00
16
NIDO Luogo: Fucina Culturale Machiavelli Ora: 16.30
19
STANZE Luogo: Modus Verona Ora: 21.00
22
CASA DE TÀBUA Luogo: Cinema Teatro Astra Ora: 21.00
25
QUELLE CHE IL MARTEDÌ Luogo: Campo sportivo Consolini Ora: 18.15
28 Fiera
TEATRO CLANDESTINO Luogo: Fucina Culturale Machiavelli Ora: 21.00
Danza
14 17 20 23 26 29 Musica
15
GIULIETTA E ROMEO Luogo: Fucina Culturale Machiavelli Ora: 21.00
MIDNIGHT TRAVELER Luogo: Cinema Teatro Nuovo San Michele Ora: 21.00
18
JEZABEL Luogo: Teatro Nuovo Ora: 20.45
MIDSUMMER NIGHT’S DREAM Luogo: Teatro Satiro Off Ora: 19.00
21
LA SCOMPARSA DI MIA MADRE Luogo: Fucina Culturale Machiavelli Ora: 20.30
SIC TRANSIT GLORIA MUNDI Luogo: Modus Verona Ora: 21.15
LA GRANDE FABBRICA DELLE PAROLE Luogo: Cinema Teatro Astra Ora: 16.30
WOMEN IN RUN Luogo: Verona Ora: 19.00
24 27
SAKAWA Luogo: Cinema Teatro Nuovo San Michele Ora: 21.00
NOTTE DA GUFI Luogo: Teatro Satiro Off Ora: 19.00
CARLO SCARPA Luogo: Museo di Castelvecchio Ora: tutto il giorno
Amore
Carnevale
Teatro
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BANANA BREAD Lo conoscete? È un plumcake perfetto per la colazione. Ingredienti • 4 uova • 2 banane • 3 cucchiai di miele • mezzo bicchiere di olio di girasole • 4 manciate di noci • 300g farina di farro • 1 bustina di lievito istantaneo • un pizzico di sale • gocce di cioccolato
IL CONSIGLIO NUTRIZIONALE Se preparate a casa i dolci per la colazione, potete sce-
Frullate uova, banane, miele e olio. Aggiungete farina, lievito, sale e noci. Trasferite il composto in uno stampo. Decorate con il cioccolato. Cuocete in forno a 180 gradi per 45 minuti.
gliere la qualità degli ingredienti. Usare la farina integrale vi permetterà di aumentare il quantitativo di fibre, indispensabili all’intestino. Potrete inoltre ridurre la quantità di zuccheri. Il plumcake si può tagliare a fette e conservare in frigorifero per qualche giorno.
TARTINE AL PESTO DI CAVOLETTI Per una cena a due ecco uno stuzzichino romantico, insolito e saporito! Ingredienti • pane da tramezzini integrale • 10 cavoletti di Bruxelles • un pizzico di aglio in polvere • olio extra vergine d’oliva • 1 cucchiaio d pinoli • 1 cucchiaio di parmigiano • 50g monte veronese giovane • stuzzicadenti • formina per biscotti a forma di cuore
IL CONSIGLIO NUTRIZIONALE Il pesto di cavoletti è ottimo anche come condimento per la pasta! Preparatene in abbondanza e conservatelo in freezer in contenitori monoporzione.
Cuocete al vapore i cavoletti. Frullateli con pinoli, aglio, olio e parmigiano. Ritagliate il pane e il formaggio con la formina a cuore. Farcite il primo stato di pane con il pesto, adagiate il formaggio, ancora pesto e l’ultimo strato di pane. Infilzate con uno stuzzicadenti e ripetete l’operazione.
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I vantaggi di essere soci
I
l sistema di incentivi statali ai quali accederà la Lucense 1923 prevede che tutta l’energia prodotta sia ritirata dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici) e utilizzata per la collettività. Questo modello di contributi consente di produrre energia elettrica a favore del territorio, ma al tempo stesso permette a chi partecipa al progetto di ricevere un incentivo economi co che va a ripagare il suo investimento .
La centrale mini-idroelettrica sfrutta l’energia dell’acqua che cade dal ramo più alto a quello più basso del fiume Fibbio che, nel tratto in cui si trova la Lucense 1923, si dirama in 2 tronchi. A monte della centrale si trova una iniziale vasca di carico, dove l’acqua del fiume si raccoglie accumulando energia prima di entrare nelle camere delle turbine. Nel momento in
1. potenza Potenza nominale nominale di di
112 kW
cui entra nelle camere, muovendosi velocemente verso il basso grazie al salto presente, l’acqua passa attraverso le giranti delle 2 tur bine Kaplan installate, prima di fuoriuscire nuovamente nei 2 diversi corsi del fiume Fibbio da cui proviene. Il movimento rotatorio delle giranti delle turbine attiva in questo modo 2 generatori a magneti permanenti che trasformano l’energia di moto prodotta dal flusso dell’acqua in energia elettrica. Con l’inserimento delle due nuove ed efficienti mini turbine, si ottiene una potenza di circa 112 kW e una produzione media annua di 475.000 chilowattora di energia pulita , originando ricavi per 95.000 € all'anno.
2.
3.
Abbattimento bbattimento di anidride carbonica
La La produzione produzioneannua annua
di anidride carbonica
475.000 475.000 kWh kWh
20 anni
incenttiivv ii sstta atta alili
La centrale gode di incentivi statali per 20 anni dalla data di allaccio alla rete. La centrale ha una potenza
Lanominale centralediha unaedpotenza 112 kW è alinominale kW ed è alimentata di da 112 2 turbine Kaplan monoregolanti in camera limentata da 2 turbine Kaplan bera di potenzain pari a 56 kWlimonoregolanti camera ciascuna, con accoppiamento bera di potenza pari a 56 kW diretto all’albero generatore. ciascuna, con accoppiamento diretto all’albero generatore.
4.
La centrale gode di incentivi statali per 20 anni dalla data di allaccio alla rete.
La produzione annua
La produzione annua di energia prevista è didi energia prevista circa 475.000 kWh è al fabbisodi(equivalente circa 475.000 kWh gno di 200 famiglie). (equivalente al fabbisogno di 200 famiglie).
350 350 tonnellate tonnellate di CO2 CO2 di all’anno. all’anno.
L’impianto porterà ad un abbattimento di anidride carbonica in atmosfera pari a circa L’impianto porterà ad 350 un tonnellate di CO2 abbattimento di all’anno. anidride carbonica in
atmosfera pari a circa 350 tonnellate di CO2 all’anno.
della centrale DATI TECNICI della centrale LucenseLucense1923 1923
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DI
ANDREA NALE
L'OROSCOPO ALLA NOSTRA MANIERA
21 MARZO - 20 APRILE
ARIETE
La leggenda del conte Dracula, tra le altre cose, narra che il re dei vampiri potesse dormire soltanto sul suolo natìo. Per questo, quando volle imbarcarsi per Londra fece caricare sulla nave casse e casse di terra proveniente dai dintorni del suo castello. So di per certo che non avete abitudini vampiresche, ma vi invito a domandarvi: di che cosa non potete fare a meno? Per l'assenza di cosa, rimanete svegli la notte?
23 LUGLIO - 23 AGOSTO
LEONE
Moltissimi grandi uomini sono stati in carcere e in carcere sono cresciuti spiritualmente avendo tempo di leggere e scrivere: da Gramsci a Nelson Mandela, da Cervantes a Oscar Wilde... Non credo che nei vostri astri sia scritto che dovete commettere un reato, immagino possa farvi recuperare equilibrio con voi stessi provare a fare un periodo sabbatico per leggere, scrivere, cambiare il ritmo della vostra quotidianità.
23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE
SAGITTARIO
Conoscete i suoni degli uccelli? Conoscete lo spettro infinito dei nomi delle emozioni? Sapete distinguere le piante a bordo strada lungo un cammino? Forse no, e allora iniziate, approfondite ed immergetevi in una cultura tutta nuova, apparentemente inutile, ma che saprà riempire di meraviglia le persone a cui la racconterete o, meglio ancora, la trasmetterete. Siate portatori di bellezza; date i nomi alle cose.
21 APRILE - 20 MAGGIO
21 MAGGIO - 21 GIUGNO
TORO
GEMELLI
Sono molte le volte in cui avete cercato l'amore e lui non vi ha mai risposto o, peggio ancora, vi ha ferito. Sono però, purtroppo, altrettante le volte in cui l'amore ha cercato il vostro sguardo, ha provato ad incrociarvi, e non eravate pronti a coglierlo. Non date bado a tutto l'odio verso cosa non riuscite ad ottenere o rischierete di perdere di vista la capacità di stare in ascolto di ciò che viene naturalmente a voi.
Quante nuove persone avete conosciuto negli ultimi anni? E quante di queste sono diventate importanti per voi? Alcuni dicono che per questioni di tempo libero e stili di vita comuni, le più grandi amicizie si formino a cavallo dei vent'anni, questo è vero anche per voi? Come reagite all'idea che più crescete e più risulta improbabile legare in modo forte con nuove persone? Dovreste reagire con una rivoluzione, come minimo...
24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE
23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE
VERGINE
BILANCIA
La più grande incongruenza della vostra esistenza è la seguente: passate le giornate a denigrarvi e pensare che in tutti gli aspetti della vita gli altri siano meglio di voi. E quando le persone provano a convincervi del contrario cambiate idea con estrema difficoltà. Ma quindi, cari miei, se tutti gli altri - che vi rassicurano sul vostro splendore - sono più intelligenti di voi... perché non fidarsi ciecamente di loro?
Per troppi anni avete vissuto tra gli schemi prendendo la vita come un susseguirsi ordinato di caselle da riempire. Vi informo, però, che la vita è in realtà tutto quello che accade tra le caselle compilate e che non potete controllare e prevedere. State attenti, dunque, a far sì che quegli schemini non diventino una gabbia. Vivere potrebbe essere meno complesso e pesante di quanto pensate.
22 DICEMBRE - 20 GENNAIO
21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO
CAPRICORNO
ACQUARIO
L'Australia sta bruciando per gli incendi, l'Amazzonia pure, il deserto si sta prendendo sempre più spazi verdi, la Pianura Padana è uno dei luoghi più inquinati al mondo... come reagite a tutte queste notizie? Con il panico o con una velata, e comprensibile, indifferenza reale? Nessuno può fare l'eroe, ma da qui a qualche tempo dovrete attrezzarvi esistenzialmente a reagire a notizie troppo enormi per sembrare vere.
La materia in cui siamo immersi non la vediamo mai, tanto ne siamo abituati: i pesci con l'acqua, gli uomini con l'aria, le esistenze con le relazioni. In passato siete stati brillanti per aver saputo valorizzare quello che molti continuano a dare per scontato, soprattutto nel bel mondo delle relazioni. Riprendete quegli attimi, fate un regalo a chi più amate, dimostrategli che niente è abitudine, che niente è invisibile e scontato.
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22 GIUGNO - 22 LUGLIO
CANCRO
Un poeta racconta il primo sguardo dell'amata come un assalto indiano ad una diligenza. Il mio sentore per quest'esordio del nuovo anno? Ci sarà presto l'irruzione di un affetto tanto intenso da farvi vorticare su voi stessi e perdere ogni senso del buoncostume esistenziale dietro cui vi nascondete, per farvi poi tornare al vostro equilibro come persone migliori e più forti. Siete pronti a lasciarvi prendere all'assalto?
23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE
SCORPIONE
Questo mese vi è richiesto uno sforzo per nulla semplice: dovete fare una lista di cose che, a vostro avviso, vi farebbero stare bene se le lasciaste andare lungo il cammino. Cosa vi pesa come una zavorra? Quali entità potete lasciarvi alle spalle? Il dictat di questo mese è proprio: «Lasciare alle spalle». Si tratta di una cosa semplice? No. Si tratta di una cosa necessaria, lasciate indietro ciò che vi trattiene al suolo.
20 FEBBRAIO - 20 MARZO
PESCI
Overthinking: questa parola inglese indica tutte quelle sovrastrutture e viaggi mentali che nelle situazioni difficili della vostra vita - o anche in quelle facili - vi premono a terra con la loro pesantezza e vi paralizzano. Quando la mente viaggia scovando ansie e catastrofi in ogni angolo, fatevi una semplice domanda: quante di tutte queste paure e ansie si sono concretizzate realmente? Usate la matematica per salvarvi.
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