SPORT SPECIALE
Di corsa verso il benessere
Il movimento fa bene al corpo, alla mente e all’umore Cheerleader
A Verona il campionato europeo 2020
Arbitro
Cibo e sport
Una professione anche al femminile
Gli errori da evitare
a cura di Camilla Faccini 41
Yoga e pilates Differenze e aspetti in comune
Rimettersi in forma T Speciale San Valentino
ornare in forma, perdere qualche chilo di troppo, ritrovare la propria condizione fisica ideale perduta, migliorare resistenza ed elasticità del proprio corpo. Se tanti sono i vantaggi di svolgere attività fisica regolarmente, altrettanto difficile è decidere di iniziare e trovare la forza per continuare a svolgere l’attività. La chiave, oltre che nella costanza, sta nell’evitare le soluzioni drastiche. Ecco qualche consiglio per chi vuole iniziare a cambiare il proprio stile di vita.
ECCO DA DOVE PARTIRE 42
MOVIMENTO Partite da cose semplici, giocando d’astuzia: ci sono un sacco di accorgimenti per tenersi attivi che non richiedono grande sforzo. Iniziate con l’abbandonare la macchina per brevi spostamenti che potete fare anche a piedi, investendo solo qualche minuto in più del vostro tempo. Se possibile, scegliete sempre le scale anziché prendere l’ascensore per raggiungere un determinato luogo. Gradualmente potete iniziare a spostarvi in bicicletta o scegliere la corsa. Se volete allenare, con un breve allenamento, tutti i muscoli del corpo potete optare per il nuoto. ALIMENTAZIONE Fondamentale, per rimettersi in forma, che l’alimentazione sia sana e corretta. Niente allarmismi: anche qui si possono seguire dei semplici accorgimenti per rendere più naturale un mutamento nelle
abitudini alimentari. La prima cosa che si può fare, per le giornate lavorative, è impegnarsi a preparare i pasti a casa, evitando così cibi eccessivamente calorici o condimenti troppo grassi. Abbondare con le verdure è un altro utile escamotage: fanno sentire sazi prima e più a lungo. Consigliata, inoltre, l’eliminazione di bevande gassate e zuccherate e cibi ad alto contenuto di sale. RIPOSO È risaputo che dormire almeno 7-8 ore a notte aiuta a mantenersi in forma, ma attenzione a non confondere il riposo con uno stile di vita sedentario. Riposare il giusto, alternare sport e momenti di recupero, avere uno stile di vita equilibrato aiuta a rimettersi in forma e, soprattutto, permette di mantenere sotto controllo lo stress. No, dunque, alle ore piccole: la tentazione di spuntini notturni è sempre dietro l’angolo!
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Cibo e Sport gli errori da evitare ttività fisica e alimentazione sono un binomio indissolubile, fattori che concorrono al benessere psico-fisico di ognuno di noi. Prestare attenzione a cosa e come si mangia prima, durante e dopo l’attività fisica è dunque fondamentale: sono anche le scelte alimentari, infatti, a determinare i risultati sportivi.
PAROLE D’ORDINE: IDRATAZIONE E PASTO DI RECUPERO SUBITO DOPO L’ALLENAMENTO
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IDRATAZIONE Assumere acqua, per chi fa sport, è fondamentale, una pratica da ripetersi prima, dopo e durante l’attività fisica. Tenete sempre presente che la quantità di acqua che dovete assumere dipende dalle perdite dovute alla sudorazione, alla durata e all’intensità dell’allenamento. Talvolta è possibile consumare anche bibite ricche di sali minerali, mai abusandone e mai sostituendole all’acqua. NON ALLENARSI A DIGIUNO Che vi alleniate al mattino, nella pausa pranzo o dopo una giornata di lavoro ricordate l’importanza degli spuntini pre-allenamento, per dare al corpo la giusta energia prima di grandi sforzi. Evitando, ovviamente, di mangiare a ridosso dell’attività fisica, affrontare lo
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sport a stomaco vuoto può avere effetti negativi. Nella scelta dello spuntino, ricordate sempre di bilanciare carboidrati, grassi e proteine; meglio evitare alimenti con zuccheri aggiunti o troppo raffinati. RECUPERARE LE ENERGIE DOPO L’ATTIVITÀ SPORTIVA Tanto importante quanto lo spuntino pre allenamento, il pasto che segue l’attività fisica permette di reintegrare le energie e i componenti persi durante l’attività. Il momento migliore del pasto di recupero sarebbe nell’immediato post allenamento, tra i 15 minuti e l’ora dalla fine. È proprio in questo intervallo di tempo, infatti, che i tessuti muscolari e connettivali “danneggiati” durante l’attività sportiva vanno a ricostruirsi.
Yoga e Pilates
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iscipline sempre più in voga in tempi frenetici, Yoga e Pilates aiutano il corpo e la mente, permettendo di abbinare esercizio fisico mirato a pratiche di rilassamento. Al centro di entrambe le discipline la volontà di migliorare l’elasticità del corpo e una grande attenzione alla respirazione durante l’esecuzione degli esercizi. Spesso identificate come interscambiabili, Yoga e Pilates soddisfano, in realtà, esigenze molto differenti.
Lo Yoga, disciplina antichissima, affonda le sue radici nell’Oriente di secoli lontani. Per come è conosciuto oggi, lo Yoga non è che una piccola parte di una filosofia vera e propria che promuove la focalizzazione sulla propria interiorità e sull’ascolto del proprio corpo.
TOCCASANA PER MENTE E CORPO, MA OCCHIO A NON CONFONDERLI
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Il metodo Pilates è invece stato ideato in tempi molto più recenti. Fu Joseph Hubertus Pilates, nei primi anni del ‘900, ad intuire e codificare le tecniche di questo nuovo metodo di allenamento volto a tonificare il corpo e a migliorare la postura, la forza e la flessibilità di chi lo pratica. Se dunque entrambe le discipline insegnano ad allineare corpo e mente, lo Yoga insiste fortemente sulla meditazione volta all’ottenimento di un benessere spirituale, oltre che fisico. La salute della mente, quindi, è posta nello Yoga in assoluto rilievo; nel Pilates, contrariamente, questo beneficio è conseguenza di un miglioramento delle condizioni fisiche di chi lo pratica.
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Cheerleading A VERONA IL CAMPIONATO EUROPEO 2020
Piroette, pon pon, salti acrobatici e divise colorate. In America le cheerleader sono un’istituzione, nate più di cento anni fa e immancabili negli intervalli di appuntamenti sportivi. In Italia, il cheerleading manca ancora della giusta valorizzazione ma a discapito di semplicisti stereotipi da film, essere cheerleader significa praticare un vero e proprio sport, impegnativo, fatto di sacrifici e innumerevoli rischi. Ginnastica artistica, danza, elementi acrobatici: essere cheerleader richiede grande flessibilità, atleticità, resistenza ad allenamenti molto intensi e grande agonismo. Fondata nel febbraio 2013, la Federazione Italiana Cheerleading e Cheersport (FICEC) è nata con l’intento di promuovere, organizzare e diffondere l’attività di questo sport in Italia seguendo le indicazioni ed i dettami della International Cheer Union (ICU), ente mondiale di riferimento. A luglio 2020 in programma un evento sportivo unico nella storia italiana che coinvolge direttamente la nostra città. 48
A inizio estate andrà in scena a Verona il campionato europeo di cheerleading: è la prima volta che l’Italia organizza e ospita una manifestazione di questo livello per quanto riguarda questo sport, a testimonianza dell’affermazione in costante crescita di questa disciplina. I Campionati Europei dureranno tre giorni e vedranno gareggiare circa 4 mila atleti. Complessivamente tra allenatori, accompagnatori e sportivi, Verona sarà chiamata ad ospitare oltre 6 mila persone.
Professione arbitro (anche al femminile) UNA MANSIONE OGGI PIÙ CHE MAI APERTA ANCHE AL GENERE FEMMINILE PERCHÉ LO SPORT SPESSO RIESCE AD ESSERE VOLANO DI CAMBIAMENTI ANCHE CULTURALI DI ALICE MARTINI
Il ruolo dell’arbitro di calcio, per la sua posizione di responsabilità, richiede consapevolezza ed equilibrio. Una mansione oggi più che mai aperta anche al genere femminile, mostrando come lo sport sia spesso motore del rinnovamento del pensiero culturale. Uno degli sport più seguiti in Italia è certamente il calcio, attività di agonismo e sacrificio che sa unire gli undici componenti di una squadra nell’obiettivo comune: vincere la partita. Il compito oneroso di tenere gli equilibri della gara sta nelle mani e nel fischietto di chi quella partita la dirige: l’arbitro. Una figura contestata e quasi mai gratificata ma che nel gioco delle parti mantiene gli equilibri, cercando di gestire con autorevolezza il proprio ruolo di giudice. Il compito non è sempre semplice: essere arbitro richiede molta concentrazione e una preparazione mentale in grado di anticipare e prevenire le possibili problematiche che possono accadere, sul campo così
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come nella vita. Arbitrare ti insegna ad esercitare la capacità di prevenzione, che permette al giudice di gara di agire con saggezza, cercando di tutelare il bel gioco e l’integrità fisica dei giocatori. Ma diventare arbitro è anche e soprattutto uno stile di vita, un atteggiamento che ti aiuta a crescere, soprattutto per chi ci si approccia in giovane età, come sportivo, ma soprattutto come persona. Insegna un senso di responsabilità che spesso è sacrificato in un mondo come quello moderno. E se ad arbitrare fosse una ragazza? Questo è un ulteriore passo avanti che si è fatto negli ultimi anni, quando la presenza femminile è molto aumentata nei ranghi arbitrali. All’inizio, forse non è stato un processo immediato ma lo sport ha il merito di essere anche motore di rinnovamento del pensiero. Oggi anche la sensibilità femminile fa parte del movimento arbitrale, più che mai adatto a questo ruolo di così grande responsabilità.
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e ci domandassero qual è la prima cosa a cui pensiamo quando si parla di “sport”, probabilmente la maggior parte di noi risponderebbe “il calcio”. In Italia il mito del calcio ha radici molto profonde: tutti abbiamo in famiglia almeno un componente che gioca per passione in una squadra o ci ha giocato da bambino, per non parlare delle folte schiere di tifosi che seguono con fervore le partite allo stadio o davanti al televisore. Un amore, quello per il calcio, talmente forte che si è tradotto nel linguaggio comune in espressioni quali “squadra del cuore” e “fede calcistica”, arrivando, dunque, a toccare campi semantici propri della sfera amorosa e persino della religione. Eppure, il calcio, favorito per engagement, non è il solo a cui vengono attribuite proprietà speciali: tra le discipline sportive ve ne sono alcune che, per definizione, vengono accostate all’“arte”: le arti marziali, la ginnastica artistica, l’arte circense.
Dove arte e disciplina si compiono a mezz’aria ACROBAZIE, FUNAMBOLISMO, TESSUTI SI UNISCONO, NELLE DISCIPLINE CIRCENSI, ALLA CAPACITÀ DI ESSERE, AL CONTEMPO, ATLETI E ATTORI. ANDREA TOGNI CI HA SPIEGATO COSA RENDE ARTE IL CIRCO.
Perché non sentiamo mai parlare, se non in senso puramente metaforico, di “arte del calcio” o “arte del tennis, della pallavolo, del basket”? Dedizione, sacrificio, costanza sono denominatori comuni agli atleti di ogni disciplina sportiva, soprattutto a livello professionale; ma allora qual è il fattore che differenzia “le arti sportive” da quelli che siamo abituati a pensare solo come “sport”? Un tentativo di risposta potrebbe riguardare, da un lato, l’individualità, rispetto al gioco di squadra; dall’altro, lo spazio principale in cui l’atleta si muove, l’aria, rispetto al terreno. L’arte circense, in questo senso, abbraccia un ampio numero di discipline prettamente aeree, come le acrobazie, il funambolismo, il trapezio, la corda, i tessuti, i cerchi, attività che richiedono agli atleti una solida preparazione fisica e mentale. Allo stesso modo, l’individualità gioca un ruolo di primo piano nella dimensione circense, che vede l’artista non solo come atleta ma anche come attore, che agisce sulla scena secondo una precisa poetica e un determinato intento comunicativo.
DI SAMANTHA DE BORTOLI
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Potrebbero essere proprio queste le motivazioni che elevano le discipline del circo ad “arte”, configurandole quali risultanti di un match perfetto tra attività sportive e abilità interpretative. È proprio nella nostra città, a Verona, che nel 1988 Egidio Palmiri, padre del circo italiano da poco scomparso, fondò l’Accademia d’Arte Circense. A dirigerla, dal 2004, un grande nome del settore: Andrea Togni. «Oggi l’Accademia continua a essere un luogo assolutamente florido, viste le numerose richieste d’ingresso che riceviamo. Questo successo è dato sicuramente dai risultati che abbiamo raggiunto con costanza negli anni a livello professionale, grazie anche alla partecipazione e alla vincita di numerosi premi al Festival mondiale del Circo di Monte Carlo; ma altresì dal fatto che, a livello amatoriale, più di cento ragazzi veronesi ci abbiano scelto come alternativa agli sport più comuni, perché attribuiscono all’Accademia una funzione altamente educativa, dove si impara a lavorare su stessi, non attraverso le competizioni: nello sport ci sono tanti perdenti e pochi vincitori, mentre qui il ragazzo compete con se stesso proprio per migliorarsi, non solo fisicamente ma anche come persona».
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IL PROGETTO DI RIGENERAZIONE URBANA TRA DUBBI E PROSPETTIVE
Adige Docks veduta aerea
ADIGE DOCKS, ECCO IL NUOVO TEMPIO DELLO SPORT
GUARDA IL VIDEO
Sport, salute e benessere. Questa la promessa della proprietà di Adige Docks, l’ex area ferroviaria incastonata fra Porto San Pancrazio, ferrovia e Parco dell’Adige sud. Oltre 25mila metri quadrati dal degrado a un innovativo centro sportivo. Una prospettiva di rigenerazione urbana, che preoccupa però i residenti: la condizione della viabilità nel quartiere, già carente, rischia di diventare insostenibile.
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opo anni di degrado, sono iniziati i lavori all’interno dei due enormi capannoni, di proprietà del gruppo altoatesino Unterberger dal 2008. Adige Docks: 28mila metri quadrati di spazi coperti, costruiti dalle Ferrovie dello Stato negli anni ‘80 e abbandonati da tempo. «La sfida era trovare un contenuto adatto, vista la particolarità della zona» spiega Paolo Bertelli, veronese con esperienza nel recupero di aree industriali dismesse. Scelto il tema sportivo, restava la necessità di recuperare, per quanto possibile, gli edifici esistenti. «A parte il magazzino automatizzato, già in fase di demolizione, verrà mantenuto il 70 percento delle strutture originali». L’iniziativa ha visto la luce attraverso lo Sblocca Italia, ora procedono parallelamente l’iter normativo, progettuale e dei lavori. IL PROGETTO «Abbiamo già individuato i partner che ge-
stiranno gli spazi sportivi» spiega Bertelli. Sono previste aree coperte per vari sport, dai più classici a una pista da ghiaccio per pattinaggio artistico, hockey e short track. E poi sollevamento pesi, parkour e tiro con l’arco, fra gli altri. «Ci saranno aree complementari all’attività sportiva e alcune eccellenze: spazi per start up, per la formazione e per un museo dello sport». Tante discipline, con l’obiettivo di coinvolgere più persone a fare sport. «Non ci interessa un livello d’élite, ma dare opportunità a chi non fa attività. Per questo ci saranno sconti per residenti e famiglie della 6^ e 7^ circoscrizione, agevolazioni per anziani e orari dedicati alle scuole» sottolinea Bertelli. LE OPERE PARALLELE «Varie opere pubbliche, a carico della proprietà, stanno continuando il percorso fra uffici comunali e giunta» spiega l’assessore all’Urbanistica Ilaria Segala. Le nuove opere 54
DI ALESSANDRO BONFANTE
sono parte di una riprogettazione complessiva dell’arteria corso Venezia-via Unità d’Italia che, con un sistema di rotonde, «diventerà simile a corso Milano, per migliorare la sicurezza e fluidificare il traffico». È previsto inoltre un sovrappasso ciclopedonale, che collegherà Borgo Venezia al Porto. LE CRITICITÀ Durante l’assemblea pubblica dello scorso gennaio, organizzata dalla settima circoscrizione, sono emerse alcune criticità in merito ai collegamenti viabilistici e al traffico che potrebbe generarsi. Porto San Pancrazio, con le sue stradine anguste, soffre il transito di chi sfrutta il quartiere come congiunzione fra Borgo Roma e zona est di Verona. «Con un’opera simile è logico prevedere del traffico extra, ma sarà spalmato su
L’area “Adige Docks” Superficie del lotto: 68.661 mq Volume esistente: 257.135 mc Volume di progetto: 201.874,86 mc, Superficie coperta attuale: 28.450 mq Superficie coperta di progetto: 26.057 mq Alberi previsti: 420, di 36 specie diverse
tutto l’orario di apertura» afferma il presidente della 7^ circoscrizione Marco Falavigna. Nel frattempo, si studia una soluzione migliorativa. «Abbiamo avviato un dialogo con Rfi (Rete ferroviaria italiana) per rendere definitiva una strada che sarà realizzata con l’arrivo del cantiere del Tav» annuncia Falavigna. La strada provvisoria costeggerà la ferrovia dalla zona sud di San Michele, fino a 50 metri dagli Adige Docks. «La proposta è di asfaltarla e renderla una via d’accesso all’area sportiva per chi viene da est, evitando quindi il passaggio per il Porto». Nelle prossime settimane, come promesso ai cittadini, sarà convocata un’altra assemblea pubblica, questa volta con l’assessore alla Viabilità Luca Zanotto, per affrontare la questione del traffico.■
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IL DIABETE, IL CICLISMO E LA STORIA DI UMBERTO
Umberto Poli
OLTRE TUTTI GLI OSTACOLI Al ciclista bovolonese, classe 1996, nel 2012 viene diagnosticato il diabete di tipo 1. Quel giorno di ottobre inizia una salita destinata a caratterizzare tutta la sua vita: la storia di Umberto Poli insegna come a fare la differenza non sia la grandezza dei problemi, ma la mentalità con cui ci relazioniamo ad essi. DI MATTEO LERCO
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a vita, secondo il pastore evangelista Charles Swindoll, è composta per il 10 percento da ciò che ci accade e per il restante 90 percento dal modo in cui reagiamo ad esso. L’esistenza di Umberto Poli, ciclista veronese classe 1996, è un inno alla perseveranza con cui tutti noi possiamo vivere quel 90 percento. La «bici» per Umberto non è stato il classico appuntamento col destino, bensì un fuoco che è divampato col tempo. Dopo gli approcci primordiali con il ciclismo nella Luc Bovolone, squadra del suo paese, si dedica al calcio, al judo e al tennis, prima di scoprire come le due ruote fossero per lui uno scopo, più che un passatempo. A dodici anni Umberto riprende dunque a pedalare e i risultati fin da subito premiano l’esser tornato in sella: arrivano i primi piazzamenti importanti, specchio del talento di un giovane che può arrivare allontano. LA DIAGNOSI E LA RIPARTENZA Il 7 ottobre 2012 si imbatte però in una sliding door che gli cambia irreversibilmente la vita. «All’epoca correvo sempre col mio team di Bovolone – spiega Poli – durante le corse però iniziavo ad avvertire una fatica
sovraumana, passavo nottate insonni e capitava spesso di andare in bagno. Soprattutto durante gli allenamenti mi sentivo costantemente privo di energie e questo con il passare del tempo si è tramutato in un campanello d’allarme. Il mio allenatore mi ha consigliato di andare in ospedale e lì, dopo pochi esami, tutto è cambiato. Venni immediatamente ricoverato in codice rosso: la macchina della glicemia arriva a segnare fino ad un indice di 500 ed io ero già oltre i 700. Rimasi nella struttura per una settimana e mi venne diagnosticato il diabete di tipo 1». La notte è sempre più buia prima dell’alba. Resosi completamente conto del cambiamento a cui era destinata la sua quotidianità, Umberto si rimbocca le maniche e, dopo aver calibrato i giusti rapporti, inizia la scalata. «Nonostante le difficoltà non ho mai considerato l’ipotesi di gettare la spugna – prosegue – volevo dimostrare che fosse possibile coniugare la mia malattia con una carriera sportiva agonistica e quindi, dato che non esistono vademecum sulla pratica dello sport se si è affetti da diabete 1, ho iniziato a fare test sul mio fisico. Ho impiegato circa un anno e mezzo per conoscere a fondo il mio organismo, ma 56
«NONOSTANTE LE DIFFICOLTÀ NON HO MAI CONSIDERATO L’IPOTESI DI GETTARE LA SPUGNA. VOLEVO DIMOSTRARE COME FOSSE POSSIBILE CONIUGARE IL DIABETE CON UNA CARRIERA SPORTIVA AGONISTICA» alla fine sono riuscito a capire perfettamente il fabbisogno di zuccheri di cui necessito. Sono giunto ad una tale consapevolezza di ciò che sono che non mi servo di strumenti per provare la glicemia: misuro il livello alla mattina e alla sera, mentre per il resto della giornata baso tutto sulle sensazioni».
dell’esordiente, ma sono rimasto davanti a tutti fino a cinquanta chilometri dall’arrivo. È stata un’emozione che resterà per sempre scolpita nel mio cuore». ■
IL PRIMO CONTRATTO DA PROFESSIONISTA Nel 2016 Umberto firma il primo contratto da professionista con la Novo Nordisk, team composto da soli atleti affetti da questo specifico tipo di patologia. «Nel 2014 mi chiesero di prendere parte ad un training camp ad Atlanta, sede di questa realtà sportiva di vocazione internazionale – aggiunge – e dopo due anni ho siglato il primo contratto da professionista. Sono onorato di far parte di un collettivo del genere in quanto si propone come fine quello di stimolare e spronare tutti coloro che si trovano nella mia stessa situazione a non arrendersi. “Ispirare” è uno dei fini più nobili a cui deve tendere lo sport». La fuga alla Milano-Sanremo nel 2017 rappresenta il momento più alto della sua giovane storia sportiva. Un’impresa da leggere come tappa in un processo di crescita e non come punto d’arrivo. «Mi dissero che avrei dovuto correre solo tre giorni prima dell’evento – conclude – al massimo fino a quel momento avevo percorso duecento chilometri in allentamento, figurarsi pensare di arrivare a trecento in una gara del genere! Sarà stata l’adrenalina 57