Pantheon 61 - Disabilità, un tesoro che ci perdiamo

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Anno 8, Numero 5

Giugno 2015

Pantheon www.giornalepantheon.it

ATTUALITA’

TEATRO

TENDENZE

CINEMA

Un veronese che vive e lavora a Lampedusa

Romeo e Giulietta di Paolo Valerio

I caschi Momodesign prodotti a Tregnago

Paolo Sorrentino in visita a Verona


UNIVERSITÀ DI VERONA #nelcuoredelmondo

IN UNA VISIONE

INTERNAZIONALE

LA TUA STORIA

PRENDE FORMA

oltre 300 collegamenti internazionali

una prospettiva occupazionale tra le più alte d’Italia: +20% rispetto alla media nazionale (rapporto ALMALAUREA 2015)

ISCRIZIONI DAL 15 LUGLIO a.a. 2015/2016

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Grafica: C. Antonioli e T. Solfa

sul podio per l’eccellenza della ricerca (rapporto ANVUR 2014)

Foto: I. Quinto

lauree magistrali e dottorati in lingua staniera

Volto: Giorgia Spigolon laureata all’Università di Verona

oltre 400 studenti in mobilità internazionale


EDITORIALE

Abbiamo mai avuto tempo di fermarci a pensare a quanti talenti, a quante risorse, a quanta volontà o voglia di riscatto possano avere mol te di queste persone a cui, inizialmente, l a vita ha dato loro uno svantaggio fisico o mentale?

di Matteo

Scolari

Alberto, Matteo e Luca

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arlando di disabilità e di persone disabili, solitamente commettiamo almeno tre grandi errori. Il primo è considerare queste persone come degli “invisibili”, ovvero (parafrasando la definizione della mia collega Marta Bicego che troveremo nelle pagine a seguire) «individui che spesso non riescono ad uscire dal cono d’ombra che li avvolge» e per questo escluse, in parte o totalmente, dal vivere quotidiano della nostra società; il secondo, che essi rientrino solo nella categoria delle fasce deboli e non possano rappresentare, invece, una risorsa nuova, da cui attingere modalità di approccio o “formae mentis” originali da spendere nel mondo del lavoro o del volontariato; terzo, e forse il più grave, spendere parole ipocrite attorno al tema e limitare il nostro atteggiamento da normodotati a una forma molto subdola di pietismo. Partiamo, anzitutto, dai numeri: nel 2020 saranno quasi 5 milioni le persone con disabilità varie in Italia (quasi l’8% del totale), senza contare di una popolazione

che sta invecchiando molto rapidamente. Molti disabili, quindi, ma anche molti anziani: è necessario prendere atto di questo avanzamento nella pianificazione strutturale, urbanistica, occupazionale e sociale nei prossimi anni. Pochissimi poi, sono i ragazzi disabili che, terminata la scuola, trovano spazio nel mondo del lavoro, gravando pesantemente sulle famiglie e sul sistema sanitario italiano. Abbiamo mai avuto tempo di fermarci a pensare a quanti talenti, a quante risorse, a quanta volontà o voglia di riscatto possano avere molte di queste persone a cui, inizialmente, la vita ha dato loro uno svantaggio fisico o mentale? Il tentativo, non semplice, che su questo numero di Pantheon stiamo facendo è far capire che da uno svantaggio si può generare una forza di volontà doppia rispetto a una situazione di normalità. Una forza per recuperare il gap, e un’altra per dimostrare che (citando questa volta Sofia Righetti) «la disabilità sta soprattutto nella nostra testa». Forme, pensieri, parole. Iniziamo a considerare la disabilità come normalità, anche se nella pratica non è semplice. All’interno della redazione di Pantheon abbiamo attivato un percorso di stage con Luca, Alberto e tra pochi giorni con Francesca, Fabio, Andrea, tutti ragazzi con difficoltà varie che tuttavia, ci stanno insegnan-

do a vedere e interpretare la vita da un punto di vista diverso, interessante, a cui non siamo abituati. Ci stanno arricchendo. È questa forse la chiave di lettura che spalancherà le porte al cambiamento culturale quanto mai necessario e auspicabile. Con Luca, in particolare, persona non vedente, siamo stati ad Expo e abbiamo visitato il sito espositivo, scoprendo alcuni dettagli che mai avremmo potuto notare. Così come con Alberto, laureando in Giurisprudenza in sedia a rotelle, con il quale abbiamo testato il grado di accessibilità dell’Esposizione Universale. Disabilità, tra l’altro, che sarà uno dei temi importanti della Carta di Verona, questo documento condiviso che come Associazione VeronaExpo abbiamo deciso di lasciare, in eredità, alla nostra città al termine di Expo. Oltre 45 soci che si sono messi insieme, molto diversi tra loro, dalle associazioni di categoria agli enti istituzionali, dalla associazioni culturali a quelle no profit, dai soggetti finanziari agli ordini professionali. Ci siamo chiesti se il nostro stare insieme avesse solo un valore di facciata, e la risposta, evidentemente, è stata no. Ognuno dei soci ha delle esigenze, dei bisogni, ma anche delle risorse, delle proposte e delle idee. Cercheremo di raccoglierle, sintetizzarle, farle nostre per condividerle con tutti. Ce la stiamo mettendo tutta.

Ciò che è precluso al singolo può essere realizzato da molti. Friedrich Wilhelm Raiffeisen


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P antheon il magazine di Verona

Registrazione Tribunale di Verona n.1792 del 5/4/2008 Numero chiuso in redazione il 24/06/2015

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PRIMO PIANO

Un risorsa chiamata disabilità Facciamo i conti con i nostri invisibili.

All’Expo con occhi diversi Il racconto da Milano di un nostro collaboratore non vedente.

SOLIDARIETA’ & NO PROFIT

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CREDITO & IMPRESA

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SPECIALE EXPO

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SOMMARIO 26

La solidarietà su tre ruote

A Verona arriva il Risciò solidale.

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AGROALIMENTARE

Fidarsi dell’olio di palma? Al centro dei dibattiti sull’alimentazione, tra sostenitori e non.

GIOVANI E LAVORO Salmon Magazine

Un tuffo nel mondo sommerso dell’underground veronese.

INTRAPRENDENZA FEMMINILE

Mamme si diventa, insieme

I numeri del Nord-Est.

Il servizio “Erica” tra corsi e assistenza domiciliare, per accompagnare alla maternità.

ATTUALITÁ

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HI TECH

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VAL D’ILLASI

Imprenditoria straniera

Lampedusa, paradiso o inferno? La testimonianza del veronese Giorgio Cacciatori, che vive e lavora sull’isola.

SALUTE & BENESSERE

Quando la natura può curare I segreti della Fitoterapia e delle piante medicinali.

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ACCOGLIENZA E TURISMO LessiniaFest

La rassegna culturale che infuocherà l’estate.

ARTE E CULTURA Villa Scopoli Scopriamo la perla di Avesa.

CINEMA

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Realtà virtuale Tutti le potenzialità e i campi d’applicazione di questa tecnologia.

“Cosa avete contro la nostalgia, eh?” L’intervento di Paolo Sorrentino a Verona.

SPECIALE GRANDE GUERRA Pedagogia patriottica La storia di Maria Fioroni, archeologa e collezionista di Legnago.

Momodesign

Alla scoperta dell’azienda di Tregnago.

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LIBRO DEL MESE 35

da pag.29

In cucina con

Redazione e Collaboratori Trovate gli appuntamenti “sommersi” di Salmon Magazine a p. 33

Direttore responsabile: Matteo Scolari Capo redattore: Miryam Scandola Redazione: Matteo Scolari, Moira Falzi, Miryam Scandola, Flavio Brutti,. Hanno collaborato al numero di Giugno 2015: Matteo Bellamoli, Marta Bicego, Giorgia Castagna, Serena Gentilini, Francesca Mauli, Giovanni Melotti, Marco Nicolis, Emanuele Pezzo, Camilla Pisani, Alice Panato, Erika Prandi, Miryam Scandola, Nicole Scevaroli, Alessandra Scolari, Ingrid Sommacampagna, Luca Spaziani, Giovanna Tondini, Giulia Zampieri, Mattia Zuanni. Copertina: Flavio Brutti Progetto grafico: Flavio Brutti Società editrice: InfoVal S.r.l. Redazione: Via Torricelli, 37 (ZAI-Verona) - P.Iva: 03755460239 - tel. 045.8650746 - fax. 045.8492248 mail: redazione@giornalepantheon.it - web: www.giornalepantheon.it - Facebook/Pantheon - Twitter: @pantheonvr Sviluppo commerciale e pubblicità: Moira Falzi 340.8775197 Contributi per Pantheon Magazine: c/c postale 93072262 intestato a: Infoval srl – Viale del Lavoro 2, 37023 Grezzana (VR)

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Nicole

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PRIMO PIANO

Sognandoi impresa Facciamo conti con i nostri invisibili

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Una risorsa chiamata disabilità

In che modo la disabilità può diventare una risorsa in campo sociale, lavorativo e culturale? È una domanda alla quale cercheremo, seppure in parte, di dare risposta. Da un lato, guardando i numeri. Dall’altro, raccontando le esperienze positive di realtà e singole persone, diversamente abili e non, che con lungimirante sensibilità hanno saputo andare oltre l’etichetta arancione che contraddistingue la disabilità per costruire qualcosa di concreto. Contribuendo a un cambio di mentalità e aiutando la società, in un momento in cui la crisi economica fa stringere i cordoni della borsa alle istituzioni pubbliche, con i conseguenti tagli al sociale. di Marta Bicego

A sx Alfonso Tommasi con i suoi ragazzi e a dx la volontaria Maria Teresa Zampieri

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el 2020 4,8 milioni di invisibili. Partiamo dall’analizzare le cifre. Secondo le previsioni del Censis, i disabili arriveranno a essere 4,8 milioni (pari al 7,9% della popolazione) nel 2020 e raggiungeranno i 6,7 milioni nel 2040 (il 10,7%). Individui che spesso non riescono a uscire dal cono d’ombra che li avvolge, rendendoli appunto invisibili. La disabilità ha inoltre molteplici sfumature, in base a patologie e autonomia personale, che variano anche a seconda dell’età. Per i più giovani le aule scolastiche rappresentano ancora un’oasi abbastanza felice in termini di inclusione sociale. Gli alunni con handicap nella scuola statale sono aumentati dai 202.314 dell’anno scolastico 2012/2013 ai 209.814 del 2013/2014. Per i bambini Down in età prescolare, per esempio, l’inclusione scolastica supera il 97%, percentuale che diminuisce a poco meno della metà nei ragazzi tra i 15 e 24 anni, solo l’11,2% dei quali prosegue il percorso formativo scegliendo un indirizzo profes-

sionale. Dei ragazzi fino a 19 anni con disturbi dello spettro autistico, il 93,4% frequenta le lezioni, ma i dati si riducono tra gli over 20 al 6,7%. Lasciati i banchi inizia la dispersione, specie per chi soffre di disabilità intellettiva. A trovare occupazione, guardando il panorama nazionale, sono il 31,4% degli adulti Down con più di 24 anni; la maggior parte dei lavoratori (oltre il 60%) non è inquadrata con contratto standard né retribuita adeguatamente. Difficile è la situazione per gli autistici: a essere occupati sono il 10% dei ventenni. Così molti disabili rimangono a vivere a carico delle famiglie, senza la possibilità di esprimere le proprie capacità in ambito professionale o relazionale. Con sostegni economici che sono, tra l’altro, inferiori a quelli della media europea. Ed è qui che servono idee per rendere sostenibile il sistema. Non fasce deboli, ma risorse. Eppure, concentrando l’attenzione su Verona, ci sono situazioni virtuose in cui le cosiddette fasce debo-

li possono essere a buon diritto considerate risorse in aiuto al welfare per agevolare la riduzione dei costi sociali. Alla cooperativa La Faedina di Sant’Anna d’Alfaedo qualche conteggio sui costi della disabilità l’hanno fatto. Praticità dei montanari? Forse, ma c’è di mezzo il benessere personale. L’esempio a cui facciamo riferimento ha nome e cognome, ma lo chiameremo Luca. È un ragazzo autistico presente nella coop della Lessinia dal 2010. Inserito in un Ceod, sarebbe costato all’Ulss circa 60 euro al giorno, dunque 60 mila euro in cinque anni ai quali sommare altri 47 mila 400 euro per pensione e accompagnamento in 60 mesi. Nel contesto de La Faedina, oltre alla conquista di un’indipendenza personale e professionale, alle casse statali è costato solamente per pensione e accompagnamento. Con un risparmio di 12 mila euro annui. E il vantaggio di non aver fatto diventare Luca uno dei tanti invisibili che, lasciata la scuola, non trova un inserimento professiona-


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le adeguato. Il tentativo non è di nascondere la disabilità, ma di trovarle spazio dignitoso nel contesto della società. Ed è forse questa la chiave di lettura dell’intera questione: rivolgere a chi è disabile la giusta attenzione, senza scivolare nel pietismo, ma valorizzando le potenzialità che può avere. Da ciò, anche un settore come quello turistico può trarne beneficio. Secondo il portale Turismo senza barriere sono 50 milioni i cittadini in Europa con handicap che potrebbero partecipare al mercato del turismo. Il 72% dei potenziali viaggiatori, circa 36 milioni di persone, sono propensi a viaggiare. Solo 6 milioni lo fanno, perché temono di incappare nel disagio delle barriere architettoniche. A tirare le somme: 30 milioni di soggetti dai bisogni speciali vengono esclusi dai circuiti ufficiali del turismo. Numeri che, raffrontati alle proiezioni per gli anni a venire, devono imporre un ragionamento.

Facciamo i conti con i nostri invisibili

La Faedina: un laboratorio falegnameria ad alta quota dove si conquista l’autonomia

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acchinari in azione e mani che si muovono sicure, nel rendere lisce superfici lignee o nel ridipingere parti di mobilio. Giornata di normale amministrazione a La Faedina. Tra le mura del laboratoriofalegnameria di via Passo Lessinia sono occupate sei persone svantaggiate: disabili con autismo, sindrome di Down, lieve ritardo mentale provenienti da diverse parti del Veronese. «A chi chiede cosa facciamo qui rispondo: “Lavoriamo”» esordisce Alfonso Tommasi, con alle spalle un'esperienza di quindici anni di docenza nella formazione di base al Centro don Calabria. È il rappresentante legale della cooperativa nata a Sant'Anna d'Alfaedo nel 1989 per svolgere servizi alla per-

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Sognandoi impresa Facciamo conti con i nostri invisibili

sona, inizialmente nel gestire il personale della locale casa di riposo. «Oggi – precisa – abbiamo convenzioni con alcuni Comuni, con le Ulss 20 e 21. Siamo una delle poche cooperative di tipo B riconosciute dalla Regione». Una lettera a riassumere la progettualità del coniugare inserimento lavorativo e integrazione nel contesto sociale grazie alla presenza di un appartamento, in affitto dalla parrocchia in paese a Vaggimal, dove periodicamente i giovani lavoratori, per la maggior parte di età compresa tra i 21 e 27 anni, possono fermarsi a

dormire per sperimentare la propria autonomia. Il principio, spiega, è «far incontrare normalità e disabilità nello spazio neutro del lavoro». La nostra filosofia, chiarisce, «è creare occasioni, per permettere a ciascuno di esprimere se stesso. Abituandolo all'errore, a vincere le insicurezze, perché possa crescere individualmente e professionalmente». Non è difficile, nemmeno semplice. A piccoli passi i risultati comunque arrivano: «In questo momento possiamo dire di esser competenti. Ci mettiamo un po' di tempo in più,

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ma a lavoro finito la qualità non manca». Le commissioni, specie dai privati, arrivano. E dal laboratorio escono infissi sistemati, mobili restaurati; cassette in legno che alcuni negozi usano per confezionare prodotti. È stato sperimentato un servizio di lavanderia e stireria self service che potrebbe essere un'attività per i mesi invernali. La coop gestisce il servizio mensa nelle scuole di Erbezzo, si occupa di assistenza domiciliare a Marano, di manutenzione del verde. Ad alta quota, insomma, gli spunti non mancano.

«Da noi le abilità si trasformano in valori» L’esperienza della Fondazione Historie

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alla montagna alla pianura. In località Vanoni, a Valeggio sul Mincio, incontriamo l’azienda agricola Amaranto. All’apparenza, una fattoria come tutte altre. Se non fosse che, tra le serre e le distese di campi, s’incontrano alcuni contadini speciali. Singolare è pure la scelta delle piantagioni: oltre ai tradizionali ortaggi ci sono zafferano, ingrediente di pietanze raffinate che viene seminato senza ricorrere a trattamenti chimici e raccolto un pistillo dopo l’altro per essere confezionato a mano; e amaranto, pianta dalle foglie e dai chicchi edibili che si caratterizzano per mancanza di glutine, alto contenuto di proteine e fibre. Prodotti della terra selezionati a seconda della stagione e fatti

crescere con metodi “puliti”. Con un riscontro etico e sociale poiché offrono occasioni di recupero e occupazione a lavoratori con disabilità complessa, cioè con insufficienza mentale e problematiche psichiatriche. «Trasformare le abilità in valori» è la parola d’ordine di Fondazione Historie, onlus nata 36 anni fa con sede a Villafranca, in via Mantova, della quale la fattoria è dal 2011 parte di una famiglia più allargata che si dedica a centri diurni con laboratori di ceramica e tessitura, case alloggio e appartamenti protetti grazie alla presenza di una trentina di operatori. Questione di sensibilità. E di ampliare lo sguardo alle potenzialità insite in ogni individuo. Nell’azienda Amaranto, fa notare Ettore Cremasco della Fondazio-

ne, è la natura con i suoi tempi a esser maestra di vita: «Qui le persone, giovani di età compresa tra i 18 e 35 anni, imparano il senso dell’impegno, della responsabilità, della costanza: principi che sono per noi riabilitativi ed educativi. Hanno l’opportunità di costruirsi una professionalità che sarà loro utile in futuro». Si alzano presto la mattina, lavorano in gruppo, si sporcano le mani con la terra. Seguono da vicino le fasi produttive: dalla semina alla raccolta, dalla potatura alla pulitura dalle erbacce, dalla creazione delle sementi alla vendita delle verdure partecipando a mercati e fiere. «Tutto ciò – sottolinea – li aiuta a diventare adulti. A essere parte produttiva, non solamente assistenziale, della società».


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Dismappa e il centro storico ai raggi x per cancellare le barriere architettoniche Nicoletta Ferrari

un esempio di Gelateria accessibile

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a quotidianità vissuta sulle quattro ruote ha un’altra prospettiva. Cestini dei rifiuti che, sui marciapiedi, diventano ostacoli ingombranti. Scalinate che non si riescono ad affrontare, se manca una pedana. Basterebbe poco... Eppure spesso sensibilità e attenzione latitano. Dettagli che non sfuggono agli occhi di Nicoletta Ferrari. Non perché è costretta a spostarsi su una carrozzella. Lei è una di quelle donne intraprendenti, che non guardano l’ostacolo considerandolo un limite: vanno oltre, mirano alla soluzione. Ci vuole tenacia a indirizzare nel giusto modo le energie. La Ferrari l’ha fatto, mettendo le proprie

competenze nell’ambito dell’informatica a servizio della disabilità. Con spirito propositivo, nel 2012, ha creato Dismappa: il sito della Verona accessibile o parzialmente accessibile a chi ha un handicap motorio. Categoria che accomuna disabili, anziani, mamme con passeggini. Le pagine virtuali contengono schede di accessibilità per monumenti, musei, palazzi, piazze, negozi, ristoranti del centro storico privi di barriere architettoniche o con ausili per superarle in totale o parziale autonomia. Senza trascurare spettacoli e manifestazioni culturali. In tre anni la puntuale mappatura, a portata di click e supportata da gallerie di immagini talvolta più efficaci delle parole, ha

superato i 3 milioni e mezzo di visitatori: sintomo di un bisogno che accomuna tanto i turisti giunti in riva all’Adige quanto i veronesi. Il centro cittadino messo ai raggi x lascia traccia delle barriere architettoniche che impediscono a chi è su carrozzella di essere indipendente nella quotidianità. La visione di Dismappa è però accendere il riflettori sulle buone prassi, evitando di concentrarsi sul negativo. «Uno scalino è semplice da fare per chiunque – premette –. Non si riflette sul fatto che può diventare per alcuni un ostacolo insormontabile». In via Mazzini, fa notare, un terzo dei negozi è accessibile dall’ingresso principale; negli auditorium o nei teatri non è prevista

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Facciamo i conti con i nostri invisibili

una fila di poltrone con seduta da rimuovere. «Siamo di più di un obbligo di legge, siamo persone» incalza. Tutto sommato e malgrado si tratti di un sito storico, riprende, Verona è vivibile. Certo: si potrebbe fare

di più per favorire l’accoglienza. Questione di piccoli passi, importanti. «Soltanto dallo scorso anno c’è una rampa fissa per accedere al vallo dell’Arena, il monumento scaligero più visitato» con un risparmio per le casse comunali,

che non devono più preoccuparsi di rimuovere la pedana. «Oggi non siamo più invisibili – chiosa –. Nella quotidianità, un pensiero rivolto alle difficoltà che una persona disabile può incontrare non dovrebbe mai mancare».

Giacomo Murari Brà Titolare dell’agriturismo “Corte Italia”

Quando l'accessibilità diventa un plus per una struttura Dall'ombra dell'anfiteatro romano, ci trasferiamo a Sorgà. Le tre stanze dell'agriturismo Corte Italia sono una risposta all'esigenza di attenzione nei confronti dei disabili. Rendere gli ambienti accessibili è stata una delle priorità di Giacomo Murari Bra' quando, da agricoltore paraplegico costretto su una carrozzella dal 1986, ha voluto ampliare l'attività dell'azienda aggiungendo l'ospitalità. «Desideravo creare una struttura accessibile, al di là delle norme» inizia a raccontare. A quel che recitano le normative, dunque, ha

mescolato la sensibilità che lo contraddistingue. Non tutti nel settore del turismo hanno il medesimo atteggiamento, riconosce, ma le cose stanno cambiando: «Un disabile è un cliente. Avere una camera inaccessibile, significa perdere un affare...». Gli fa eco l'Osservatorio Europcar nello stimare che il turismo accessibile sarà nel prossimo decennio un business interessante, con un impatto diretto sul Pil pari a 11,7 miliardi di euro. Segnali di cambiamento in tale direzione fortunatamente se ne intravedono. Il sito Village For All è

stato creato, su scala nazionale e con il patrocinio del Ministero del turismo, per segnalare con un marchio di qualità le strutture a misura di disabile esistenti in Italia e Croazia. «Si tratta di trasformare la considerazione nei confronti della disabilità in un plus per una struttura alberghiera» segnala Murari Bra'. Mettere uno specchio alla giusta altezza o una porta che si apre senza intralciare si trasforma in dovere sociale: non è esclusivamente una regola da seguire perché a imporlo è una norma. Piccoli passi, si accennava prima. Ma fondamentali.

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SPECIALE EXPO Un viaggio all’Expo di Milano con “occhi diversi”

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di Luca Spaziani

All’Expo, in tutti i sensi Un mondo di sapori, rumori, odori: la mia visita da non vedente all’Esposizione Universale

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er ammirare le meraviglie del nostro Pianeta, i suoi mille colori e le sfumature estetiche tratteggiate dalle tante culture che lo popolano, non si può fare a meno degli occhi. Ma per sentirsi parte del mondo, per gustare tutta la bellezza nascosta nella diversità, la vista non è poi così indispensabile. E’ un’esperienza che coinvolge tutto il corpo e tutta la nostra anima, fino a cambiarci nel profondo. Una visita a Expo Milano 2015 ne è l’esempio perfetto. Basta aggirarsi tra i padiglioni e compiere il semplice gesto di respirare a pieni polmoni, per sentire di essere davvero nel posto in cui «il mondo incontra il mondo». Molti Paesi hanno affidato il racconto di se stessi e del loro impegno in favore della corretta alimentazione e della sostenibilità a immagini ad altissima risoluzione, proiezioni tridimensionali ed effetti speciali; ci sono padiglioni che offrono straordinari esempi di archi-

tettura, ma l’Expo è un ambiente pieno di sensazioni che vanno oltre il visivo. E’ il luogo stesso ad offrirle, dando la possibilità di tuffarsi da un Paese all’altro compiendo solo pochi passi restituendo l’impressione di avere il mondo a portata di mano. Ci sono i rumori, le musiche, le lingue che si sentono parlare e gli odori, un vero e proprio universo di profumi dentro e fuori dagli stand, emanati dalle innumerevoli pietanze preparate. «Senti che odore di Vietnam? Che odore di Angola? Che odore di Argentina?», dicevo un po’ per gioco ma un po’ sul serio alla mia guida, mia moglie, nel corso della mia prima visita. Già, la guida: se si ha la fortuna di essere accompagnati da persone capaci di raccontare ciò che vedono e di trasmettere emozioni, come è capitato a me, il viaggio all’interno dell’Expo diventa un’esperienza davvero indimenticabile anche per chi non vede. La struttura quasi elementare del

sito espositivo aiuta a non sentirsi smarriti e disorientati, come può accadere ad un non vedente in posti così grandi. A fungere da rassicurante punto di riferimento è il Decumano, il lungo corso che attraversa l’intera Esposizione, nel quale confluiscono tutti i suoni e gli odori. Basta percorrerlo per farsi un’idea della dimensione planetaria di questa manifestazione, non comune a nessun’altra fiera. «A destra abbiamo il padiglione Irlanda, a sinistra il Brasile. Poi c’è l’Angola, qui c’è l’Argentina, qui il Kazakistan…»: sono bastate queste parole di chi mi ha accompagnato a farmi sembrare di essere al centro del mondo. Certo, non sono potuto rimanere a bocca aperta di fronte allo sbocciare dell’Albero della Vita, non ho potuto apprezzare le mirabolanti performance di un semplice cartoncino nel padiglione Germania, ma le esperienze emozionanti non sono di certo mancate: ho potuto respirare l’aria di montagna nel


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Il nostro reportage da Expo2015

bosco del padiglione Austria, sentire l’impressionante rumore di un alveare nel padiglione del Regno Unito, entrare nel padiglione Brasile saltellando su una rete di corda, annusare la rosa del deserto nel padiglione Marocco, pedalare per far accendere una luce nello stand della Repubblica Ceca. Una menzione particolare la merita il padiglione degli Emirati Arabi, sicuramente il più avanzato in quanto ad effetti speciali accompagnati però da un audio sensazionale, un esempio di come l’evoluzione tecnologica possa offrire esperienze multisensoriali fantastiche. Sono stato all’Expo anche con la redazione di Pantheon, per testare l’accessibilità di alcuni padiglioni e compiere la straordinaria esperienza del Mercato al Buio a Palazzo Italia, un’installazione progettata dall’Istituto Ciechi di Milano: si viene condotti da una guida non vedente in un ambiente completamente buio nel quale

è riprodotto un tipico mercato rionale. Muovendosi lentamente ed esplorando con le mani si possono incontrare banchi con frutta e verdura, da riconoscere attraverso il tatto e l’olfatto. In sottofondo, i rumori caratteristici del mercato, con i venditori che urlano, le friggitrici e un’ape car che passa. Per me la motivazione è stata la curiosità, ma per una persona vedente può essere un modo per scoprire le potenzialità, spesso Padiglione del Brasile poco utilizzate, degli altri sensi oltre la vista. Entrata del “mercato al Buio” Dopo aver esaltato gli aspetti meno visibili di Expo, non posso In tre mesi potrò che chiudere con un consiglio a stringere amicizia tutti coloro che lo visiteranno: se con molte persone, potete, durante il vostro tour, ogni utilizzare i social media tanto chiudete gli occhi. Scoprirete altri aspetti di questa manifestain modo professionale, zione, percepirete sensazioni che programmare e gestire forse vi erano sfuggite, e riuscirete eventi su tutto il territorio. a cogliere meglio quel messag2015, 20 milioni di gio di universalità, mondialitàExpo e appartenenza che l’Expo intende persone che verranno in trasmettere.

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carta di verona La nuova iniziativa di Verona Expo

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CARTA DI VERONA

un documento per disegnare la Verona del futuro

di Luca Spaziani

Presentata il 18 giugno all’Esposizione Universale la “Carta di Verona”, il progetto di VeronaExpo per preparare la città alle sfide che la attendono

U

n documento in cui raccogliere istanze e proposte di aziende, Enti e associazioni, da presentare alla città in autunno, in vista delle sfide che la attendono: è l’iniziativa lanciata da VeronaExpo, che lo scorso 18 giugno ha presentato a Cascina Triulza, il padiglione dell’Esposizione Universale dedicato alla Società Civile, le lineeguida della «Carta di Verona». Un obiettivo ambizioso quello dell’Associazione, nata con lo scopo di promuovere eventi sul territorio scaligero in concomitanza conl’Expo e che ha già raccolto l’adesione di una cinquantina tra aziende, Enti e associazioni di categoria. «Nei prossimi due anni – ha sottolineato il presidente di VeronaExpo Matteo Scolari - Verona sarà interessata da alcuni passaggi fondamentali, che ridisegneranno gran parte degli scenari futuri del panorama scaligero: saranno

rinnovate, o confermate, le principali cariche istituzionali e finanziarie veronesi, il sindaco di Verona, ma anche i vertici del Banco Popolare, di Cattolica Assicurazioni e Fondazione Cariverona. Oltre ad aver lanciato e promosso iniziative ed eventi sul territorio veronese, ci siamo chiesti che tipo di contributo concreto e tangibile potevamo lasciare alla nostra città al termine di questo semestre». Si è scelto di puntare su un’eredità scritta, sul modello della Carta di Milano, capace di orientare le scelte di chi avrà in mano le sorti della città. Disoccupazione giovanile, fuga della manodopera, difficoltà di accesso al credito, rischi ambientali: sono solo alcuni dei temi sui quali le quasi tremila realtà imprenditoriali afferenti a VeronaExpo saranno chiamate ad esprimersi nei prossimi mesi. Ad ispirare il progetto di VeronaExpo saranno le riflessioni e i

grandi dibattiti che stanno animando la piattaforma mondiale dell’Expo, un evento che, nonostante il pessimismo iniziale, sta riscuotendo un notevole successo. A certificarlo sono i numeri citati da Giacomo Biraghi, responsabile Pubbliche Relazioni di Expo, nel corso della presentazione della Carta di Verona: «Avevamo venduto 10 milioni di biglietti ancor prima che aprissero i cancelli e al momento siamo a 15 milioni. Nel mese di maggio oltre 2 milioni e 700mila persone hanno varcato gli ingressi della manifestazione e per giugno ne prevediamo altri 4 milioni. Un dato importante, se si considera che nelle passate edizioni il 40% dei visitatori si è concentrato negli ultimi due mesi». Da Biraghi anche un forte plauso all’iniziativa di VeronaExpo: «Verona ha fatto bene a “prendersi” l’Expo e a promuovere eventi legati a questo marchio, ne trarrà un grande vantaggio».


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SOLIDARIETÀ & NO PROFIT

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Solidarietà su tre ruote di Francesca Mauli

Abbattere le barriere per mezzo di un risciò? È possibile, se a guidarlo sono detenuti in cerca di una nuova possibilità e a usufruirne sono anziani e disabili.

P

uò un servizio di volontariato valorizzare contemporaneamente sia i volontari che vi partecipano che le persone che ne usufruiscono? Sì, se sia i soggetti che gli oggetti del progetto che porta avanti sono persone appartenenti a categorie svantaggiate. Su questa base nasce “Risciò solidale”, voluto da CLV impresa sociale, realtà nata in seno a CISL per fare impresa offrendo opportunità nel sociale, FNP Pensionati CISL Verona, Anteas – coordinamento di Verona, con il supporto economico di Fondazione Cattolica e la collaborazione della Casa Circondariale di Verona, del Garante ai diritti dei detenuti del Comune di Verona, delle sezioni locali di FAND - Federazione Associazioni Nazionali Disabili, UICI - Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, ENS Ente Nazionale Sordi, degli Amici della bicicletta e di AMEntelibera. Si tratta di un nuovo servizio, attivo nel Comune di Verona da luglio, di trasporto di persone anziane o con disabilità lieve. Mezzi di trasporto sono due simpatici risciò a tre posti, a pedalata assistita, con tettuccio, per riparare sia dalla calura che dalle piogge estive, e perfino dei pannelli solari per la ricarica parziale della batteria; guidatori di queste “bici a tre ruote” sono dei volontari provenienti dalla Casa Circondariale di Montorio e inseriti all’interno di percorsi per il reinserimento sociale. «“Risciò

Pres. Scandola e Assessore Leso su un Risciò Solidale

soldale” si inserisce nella scia di una realtà nata lo scorso, “Verona in tandem” (www.veronaintandem.it), ideata da CLV insieme ad altre associazioni, tra cui l’Unione Ciechi, con il finanziamento di Fondazione Cattolica, per offrire l’opportunità di un cicloturismo accessibile sul territorio veronese attraverso il noleggio di tandem. Questo servizio, tuttora attivo, è gestito da un volontario della Casa Circondariale di Verona, nell’ambito di un progetto di reinserimento sociale. Si è pensato di allargare questo tipo di proposta anche ad altre esperienze, mantenendo sempre l’attenzione sul concetto di “mobilità sostenibile”, intesa come un nuovo modo di spostarsi, più “dolce”, e insieme

della creazione di opportunità nel sociale» spiega Anna Corradini di AMEntelibera, realtà che si occupa di sviluppo locale, turismo accessibile, educazione ambientale e accompagnamento turistico. «Questo secondo progetto, ispirato a un modello consolidato in alcuni Paesi del Nord Europa, vuole offrire un servizio di “sollievo”, occupando in modo piacevole il tempo libero di persone svantaggiate, in primis anziani e persone con disabilità lievi che appartengono a case di riposo, associazioni, circoli all’interno del Comune di Verona, che durante la giornata vengono condotte, in risciò, all’interno di circuiti cittadini prestabiliti, per passare del tempo all’aria aperta, in un modo diverso dal so-


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SOLIDARIETÀ & NO PROFIT lito. Contemporaneamente si vuole dare a persone detenute, inserite in un percorso di reinserimento in società, la possibilità di effettuare un servizio di volontariato, dopo un periodo di formazione specifica sia pratica, inerente la guida del mezzo, che teorica, legata alle relazioni con il pubblico e alla conoscenza della città». Il servizio, attivo da luglio fino al prossimo autunno, e coordinato dall’Assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Verona, che ha il compito di individuare le realtà locali legate alle Terza Età e alla disabilità che possono usufruirne, è gratuito. I risciò attivi al momento sono due e i volontari addetti al trasporto sono otto, impegnati su turni. Lontani dall’essere meri “pedalatori”, ai volontari è richiesto di “intrattenere” le persone che accompagnano in giro per la città, raccontando aneddoti e curiosità sulla città. «Gli otto volontari hanno dimostrato da subito un grande entusiasmo – racconta Anna Corradini – e si sono posti in modo attivo in tutte le fasi del progetto, dando suggerimenti e consigli. L’idea – conclude - è di renderlo, nel prossimo futuro, un servizio turistico a tutti gli effetti, incrementando il numero di risciò a disposizione – che saranno sempre guidati da persone provenienti da percorsi di reinserimento in società - e offrendo quindi a chi viene a visitare Verona un modo diverso per percorrere la nostra città».

Presentazione dell’iniziativa Risciò Solidale

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CREDITO & IMPRESA

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A Nord-Est gli immigrati creano impresa. Ecco quanto vale l’imprenditoria straniera

di Camilla Pisani

Nel 2014, il 6,6% della ricchezza del Nordest, percentuale che, in cifre, corrisponde a tredici miliardi di euro, è stato prodotto da imprese immigrate. A confermarlo sono i dati della Fondazione “Leone Moressa”, che mira a colmare i pregiudizi attinenti alla sfera economica sugli stranieri in Italia.

D

ue mesi fa, nell’inchiesta “Cercare fortuna all’ombra dell’Arena”, pubblicata sul numero di Pantheon uscito ad aprile, ci siamo chiesti se Verona potesse rappresentare un terreno economico, sociale e culturale appetibile per gli stranieri che decidono di avviare un’attività in riva all’Adige. Dai risultati emersi, le imprese attive iscritte alla Camera del Commercio di Verona, al 31 dicembre 2013, risultano essere 87.305. Di queste, quasi 77 mila (88%) sono condotte da imprenditori italiani mentre 10.495 (12%) da immigrati. E in tutto il Nord Est? A rispondere è stata la Fondazione “Leone Moressa” di Mestre, che ha analizzato i dati delle imprese condotte da stranieri in quello che è inequivocabilmente considerato il fiore all’occhiello del tessuto economico italiano. Nella cosiddetta “locomotiva d’Italia” pare infatti che, a trainare il resto del Paese, non siano solo i lavoratori veneti, altoatesini, emiliani e friulani, ma anche chi viene da fuori confine: creano impresa e valore proprio coloro che, troppo spesso, vengono appellati come “mantenuti” dai contribuenti. Uno studio condotto dall’Ente veneziano e pubblicato a fine maggio ha infatti confermato che, nel 2014, il 6,6% della ricchezza del Nordest è stato prodotto da imprese immigrate e, rispetto all’anno precedente, il

valore complessivo è aumentato di 255 milioni di euro. Le aziende avviate da stranieri in quest’area risultano oltre 62 mila, pari all’8,9% delle imprese totali, ed hanno prodotto 13 miliardi di euro di ricchezza, pari al 14% del valore totale prodotto a livello nazionale dalle imprese straniere. In sintesi, negli anni della crisi, mentre le imprese italiane diminuiscono, quelle straniere aumentano: più 10,3% contro un meno 3,9% delle attività avviate da imprenditori nati in Italia. I settori più rappresentati sono edilizia (28,9%) e commercio (27,8%), che insieme includono oltre la metà delle imprese immigrate. Osservando la provenienza degli imprenditori stranieri nel Nord Est, il 10,9% è cinese (8.988

imprenditori) e, a seguire, romeno, con l’8,9% (7.333 imprenditori). Le presenze maggiori si registrano in Veneto: a Verona (10,3%) e Treviso (9,7%), ma sono in crescita anche a Padova (+7,0%) e a Venezia (+5,4%). Il dossier presentato della Fondazione contribuirebbe dunque a smentire la radicata ideologia secondo cui gli immigrati rappresenterebbero un “peso” per il Paese, poiché “rubano il lavoro” e “vivono sulle spalle” degli italiani. «Il dibattito sull’immigrazione - scrive Fondazione Moressa, in una nota pubblicata sul proprio sito web - assume spesso toni ideologici, polarizzando la questione su posizioni inconciliabili che portano l’opinione pubblica ad essere o “a


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CREDITO & IMPRESA favore” o “contro” l’immigrazione. Oggi, invece, da un punto di vista strettamente economico, non si può sottovalutare l’apporto che il fenomeno migratorio genera in termini di ricchezza e sviluppo: la realtà (matematica) è che queste persone ci arricchiscono».

da contrastare la diffusione di stereotipi e gli atteggiamenti discriminatori che ne derivano. Gli studi della Fondazione si sviluppano in particolare nell’approfondimento delle dinamiche del mercato del lavoro straniero, della quantificazione delle retribuzioni degli immigrati, del fenomeno imprenditoriale, della povertà delle famiglie straniere e delle dinamiche demografiche.

Attraverso la divulgazione di paper e pubblicazioni e la promozione di seminari, conferenze e convegni in collaborazione con organizzazioni del territorio, l’attività di ricerca è finalizzata alla diffusione della conoscenza e alla valorizzazione delle differenti espressioni culturali degli stranieri che vivono in Italia, anche nell’ottica di individuare efficaci percorsi di integrazione.

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Fondazione Leone Moressa e il valore dell’immigrazione La Fondazione “Leone Moressa” è un istituto di studi e ricerche nato nel 2002 da un’iniziativa della Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre CGIA. Tra gli obiettivi che hanno determinato la nascita dell’Ente, colmare i pregiudizi sulla popolazione immigrata attinenti alla sfera economica e professionale, in modo


ATTUALITÀ

La testimonianza di un veronese che vive e lavora sull’isola

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La mia vita in mezzo al mare, nel paradiso di Lampedusa Giorgio Cacciatori è un DJ veronese che, quattro anni fa, ha lasciato tutto per cominciare una nuova vita nell’isola siciliana, dove ha aperto un locale insieme alla compagna. E mentre le cronache ci raccontano di sbarchi, soccorsi ed emergenza immigrazione, lui ci descrive un’altra verità: «In questo meraviglioso scoglio d’alto mare, non c’è traccia di migranti». di Camilla Pisani Panorama di Lampeduta ripreso dall’alto

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na vita trascorsa dietro le consolle dei più celebri locali notturni e discoteche di Verona, dove, con gli anni, è diventato un affermato DJ. La domenica al Bentegodi, insieme ai “butei della curva”, per seguire le prodezze dell’amato Hellas. L’aperitivo in Piazza delle Erbe, dove conosce per nome e cognome tutti i bottegai, baristi ed esercenti della zona. Giorgio Cacciatori, sulla carta, è il prototipo perfetto del veronese doc. Ma è nelle generalizzazioni che si sbaglia e, scandagliando un po’ più a fondo, si scopre che alla felicità manca un tassello. Il mare, la libertà, la voglia di “qualcosa d’altro” lo hanno spinto a lasciare, anche se solo per otto mesi l’anno, la sua adorata città, dove e nato e cresciuto, per trasferirsi nel luogo in cui trascorreva le vacanze: Lampedusa. Raggiunto per telefono, ci ha raccontato come è cambiata la sua vita ora che abita in un’isola di 22 chilometri quadrati, dove «basta un giro in moto per scoprirne ogni angolo».

Quando è nata l’idea di trasferirsi in un luogo così diverso da Verona, dove non le mancava nulla, e cosa l’ha spinto a farlo? Io e la mia compagna, Silvia, siamo stati in vacanza a Lampedusa per due anni di fila. Io amo il mare, in ogni periodo dell’anno. L’ultimo giorno di ferie ero solito salutare la spiaggia con la nostalgia nel cuore, come immagino facciano tanti altri turisti. Non volevo più provare quella sensazione lì, di tristezza. Nell’estate del 2010, il bar dove abitualmente facevamo aperitivo ha chiuso i battenti: era la nostra occasione, ci è venuta voglia di rilevarlo e cominciare una nuova vita. Nel 2011 eravamo sull’isola ad inaugurare il nostro locale, “Lo Sbarcatoio”. Nella vita, era ed è ancora, un DJ. Come è riuscito ad avviare un locale senza esperienza? Non è stato faticoso dal punto di vista economico, perché in queste zone iniziare un’attività di questo tipo richiede un investimento pari a quello necessario per acquistare una piccola utilitaria, ma nella

pratica sì, perché abbiamo sistemato tutto il locale da soli. Io, Silvia e la sua migliore amica Michela, che ha deciso di trasferirsi qui insieme a noi. Nessuna difficoltà incontrata sulla nuova strada? Certo: come in tutte le isole, anche qui siamo in balia del tempo e le maggiori criticità sono legate ai trasporti. Soprattutto per isole lontane dalla terraferma come lo è Lampedusa. Per raggiungere le coste della Sicilia ci vogliono otto ore di traghetto. Nei giorni di burrasca, le navi non salpano e dobbiamo stare attenti a razionare le derrate alimentari, che arrivano via mare. I beni di prima necessità, come farmaci e quotidiani, arrivano invece via aerea. Si dichiara irrimediabilmente cittadino, come ha organizzato la sua vita in un’isola in mezzo al mare? Sì, anche se ho deciso di vivere su una spiaggia, lontano dallo stress e dal traffico urbano, non posso negare la mia “veronesità”. Ho bisogno anche della città e, quan-


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La testimonianza di un veronese che vive e lavora sull’isola Lo Sbarcatoio

Michela, Giorgio e Silvia

do torno a casa, Verona mi sembra New York. Per questo resto a Lampedusa tra marzo e settembre, da novembre a febbraio vivo a Verona, dove torno a vestire i miei abituali panni di DJ. Abbiamo tutti due anime, due nature. E io sono felice di essere riuscito a soddisfarle entrambe. Le cronache giornalistiche ci raccontano una Lampedusa fortemente provata dai continui sbarchi di migranti provenienti dalle coste della Libia: è davvero così drammatica la situazione? In questo angolo di paradiso, a differenza di ciò che vogliono far

credere i mass-media, di immigrazione e di immigrati non se ne vede nemmeno l’ombra. Le persone che arrivano vengono soccorse in mare e trasportate in un centro di accoglienza ai confini dell’isola, lontano delle spiagge e dai luoghi frequentati dai turisti. Rimangono solo poche ore: il tempo necessario per l’identificazione prima che vengano portati sulla terraferma. Sento, da chi vive al Nord e nella stessa Verona, storie assurde di persone che non vogliono venire in vacanza a Lampedusa perché “viviamo in mezzo agli immigrati”. Ma la verità è che ci sono molti più

profughi in certe zone delle loro città che qui. Consiglio a tutti di venire a visitare questa splendida isola, per constatare di persona che non esiste nessuna traccia di immigrato. Non è vero che siamo invasi, come i giornali vogliono far credere creando allarmismo e compromettendo un’economia che si fonda per il 20% sulla pesca e per il restante 80% sul turismo. Il paragone Lampedusa e immigrazione è infondato e il lavoro dei media dovrebbero essere quello di rendere l’immagine corretta che questo meraviglioso scoglio d’alto mare merita.

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SALUTE & BENESSERE

Curarsi con la natura di Marta Bicego

Grazie alla Fitoterapia. È la più antica forma di medicina e sfrutta la somministrazione di preparati, ottenuti dalle erbe e dalle piante medicinali, a scopo curativo. Un prezioso alleato del benessere, utile per prevenire e guarire alcune malattie.

Giardino di Don Luigi Zocca, a Sprea

L

a menta ha effetto digestivo e calmante su stomaco e intestino. Il basilico? È un ottimo tonificante. Mentre la lavanda agisce sul sistema nervoso centrale con azione ansiolitica e sedativa. Potere della natura, secondo la Fitoterapia: branca antica e nobile della farmacologia scientifica, che detta le regole dell’uso delle piante medicinali a scopo preventivo o terapeutico. «Senza improvvisazione», premette il dottor Alessandro Formenti. Per l’esperto di Fitoterapia clinica e rimedi naturali, intervenuto alla festa di apertura del Giardino di don Zocca a Sprea, dev’essere la conoscenza la doverosa premes-

sa per chi si avvicina alla medicina naturale, in merito alla quale c’è ancora parecchia confusione. La scienza, esordisce, «ha spesso un po’ screditato le piante medicinali per un atteggiamento mentale riduzionistico e fatalmente semplificativo. Pensare che i composti non attivi o apparentemente non attivi delle piante medicinali fossero inutili, ha portato a una sottovalutazione di realtà che danno fastidio perché difficili da inserire nei nostri schemi mentali». Come a dire: perché usare le erbe medicinali se ci sono le medicine, racchiuse in comodi blister, che ne contengono il principio attivo? Ed è qui la questione: «La pian-

ta medicinale non contiene solo il principio attivo, ma altre sostanze che interagiscono con l’organismo e gli permettono di assorbire ciò che gli serve, secondo le proprie esigenze». Per comprendere meglio, è necessario considerare la complessità del corpo umano: risultato dell’aggregazione di oltre 50 trilioni di cellule, all’interno delle quali avvengono migliaia di reazioni biochimiche, a loro volta catalizzate da enzimi specifici. Una pianta, in virtù dell’essere costituita da centinaia di molecole differenti, spiega, «è più probabile abbia un’interazione con molti siti metabolici perturbati e un ampio effetto riequilibrante, a differenza del principio attivo, che agisce sì


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SALUTE & BENESSERE

come una lama di coltello, però può essere intossicante e alla fine non riesce a riequilibrare un organismo altamente complesso». Nel corso dell’evoluzione, l’organismo dell’uomo si è programmato per interagire con ciò che è fatto dal «laboratorio naturale». Ciò che conta per il progresso futuro, evidenzia, «è la dimostrazione della sicurezza e dell’efficacia clinica di un farmaco naturale». In tal senso, dalla Fitoterapia de-

via Fusina 5/a, Grezzana 045 865 0023

A Sprea un giardino in cui “guarire” corpo e mente È nato per “guarire” il corpo, senza trascurare la mente, il Giardino di don Luigi Zocca. All’ombra della canonica in cui il parroco-erborista di Sprea, minuscola frazione di Badia Calavena, era solito preparare salutari unguenti e decotti. Eredità che le associazioni il Giardino officinale e l’Orto dei Cimbri hanno deciso di tramandare, con lo sguardo rivolto al passato e attenzione alle conoscenze scientifiche in ambito della Fitoterapia. A ricoprire parte del Monte Castecche è un orto-giardino con 300 specie tra piante, alberi da

fiore e frutto, erbe officinali, arbusti rampicanti tra spontanei e provenienti da vivaio raccontati da tabelle. Luogo di conoscenza aperto a tutti: da visitare per curiosità, da soli o in compagnia di una guida, percorrendo il chilometro di sentiero che tra i terrazzamenti risale la collina; dove riconciliarsi con la natura, anche mettendo a disposizione il proprio pollice verde. La filosofia che guida l’iniziativa si lega all’esperienza maturata da Erbecedario: con il laboratorio di erboristeria, lo spaccio di prodotti tipici e il ristorante per assaporare piatti della tradizione. Per accedere alla sala nella quale è custodita la potente macchina.

vono arrivare ancora risposte. Tutto dipende dalle patologie da curare e dalle condizioni generali del paziente, per le quali serve innanzitutto una diagnosi precisa. «L’efficacia della Fitoterapia è soprattutto nelle malattie funzionali, nelle quali cioè le funzioni dell’organismo sono squilibrate, che durano da lungo tempo e non hanno ancora comportato danni anatomici». Per esempio gastriti, coliti, fibromialgie, bronchite cronica, allergie, rallentamenti circolatori, stipsi, tossicosi epatica. Non

è tuttavia una forma di medicina esente da limiti, che sono «da conoscere e tenere presenti. Non bisogna pensare – conclude – che con le piante si possa curare tutto». Ci sono problematiche per le quali la Fitoterapia può costituire una terapia di appoggio, perché duttile e che protettiva degli effetti nocivi che i farmaci possono avere. Tutto si gioca su un’alleanza consapevole, tra scienza moderna e natura, nel comune obiettivo di migliorare la qualità di vita delle persone.


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AGROALIMENTARE & ALIMENTAZIONE

Fidarsi dell’olio di palma? di Matteo Bellamoli

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Negli ultimi mesi è stato al centro dei dibattiti sull’alimentazione. Una buona parte di persone lo etichettano come rischioso, ma c’è anche chi ne abbozza un uso anche a scopo curativo. Dove sta la verità?

rovate a prendere dalle vostre dispense o dalla vostra cucina un qualsiasi prodotto da forno simile al pane, oppure biscotti e prodotti dolciari o ancora le merendine di vostro figlio. Se leggerete tra gli ingredienti troverete sicuramente l’olio di palma o, in alternativa, una mistura di olii vegetali che nella stragrande maggioranza dei casi includeranno anche l’olio di palma. Fino a qualche mese fa non ci facevamo caso, qualche anno fa non era nemmeno obbligatorio riportarne la presenza sulle etichette, eppure oggi è scoppiato un caso. Sarà l’aria di EXPO, che ci ha resi improvvisamente tutti molto attenti all’alimentazione, saranno alcuni biologici-bufala contenenti olio di palma scoperti anche in Italia, fatto sta che siamo tutti giustamente preoccupati per la nostra salute a partire da quello che mangiamo. L’olio di palma è, in questo momento, non solo il prodotto oleario a più

basso costo sul mercato, ma anche l’olio commestibile più prodotto al mondo, in lizza per il primato con l’olio di soia (abbiamo parlato di soia sullo scorso numero, ndr). Curioso pensare che, come anticipato sopra, fino al 2011 quest’olio era pressoché sconosciuto ai consumatori, dato che il Regolamento Comunitario che obbliga l’indicazione in etichetta è proprio di quell’anno (1169/2011). Fino a quel momento, ricorderete, sulle etichette si leggeva “grasso od olio vegetale”. Da quella legge ai Paesi membri sono stati consentiti tre anni per adeguare le etichettature. Oggi è il 2015, quei tre anni sono passati e l’olio di palma campeggia in bella mostra su un’infinità di confezioni. Ma perché ora fa tanto discutere? L’olio di palma contiene il 50% circa di grassi saturi a catena lunga, le cui quote maggiori sono rappresentate dall’acido palmitico, un componente che viene usato an-

che in diversi saponi e persino nella fabbricazione delle bombe al napalm (che si chiamano così proprio in relazione all’acido palmitico, ndr). Da un punto di vista chimico l’olio di palma equivale al burro, dato che una volta prodotto non si presenta in forma liquida come l’olio di oliva o di semi di girasole, bensì in panetti burrosi che possono essere resi liquidi tramite un processo chimico di frazionamento. Ed è proprio questo processo chimico che lo rende, di fatto, peggiore del burro dal punto di vista della somministrazione alimentare. L’olio di palma, secondo alcuni esperti, fa davvero male. Rovinerebbe il sistema cardiocircolatorio, provocherebbe diabete, e sarebbe del tutto sconsigliato a chi soffre di colesterolo alto. Alcuni arrivano ad individuarne persino un aspetto cancerogeno. Allarmante se pensiamo che viene usato anche in alcuni prodotti per i neonati. Per la sua massiva produzione (sta veramente dappertutto) è responsabile anche della deforestazione di alcune zone del pianeta ed è stato riscontrato in alcuni prodotti proposti come biologici. Ma costa poco e quindi conviene alle multinazionali produttrici. Oltre al danno la beffa: è presente in un’infinità di prodotti anche ad EXPO, come ha lanciato l’allarme anche la prestigiosa rivista “Wired”, sostenitrice dell’esposizione universale di Milano. In realtà il fenomeno va analizzato da più punti di vista. Questo prodotto è entrato in modo massiccio


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AGROALIMENTARE & ALIMENTAZIONE nelle produzioni industriali a seguito di normative europee che hanno limitato l’uso di margarine e quindi sarebbe un’alternativa migliore rispetto a quello che si mangiava prima. Dal punto di vista medico, poi, non esiste nessun tipo di correlazione tra l’olio di palma e l’insorgenza di cancro. Questo ci mette tranquilli fino ad un certo punto, dato che esistono molte altre forme di studi che non trovano fondamento medico in quanto non esiste una letteratura correlata, ma questo non ne smentisce di fatto un fondamento di verità. Se non altro, non c’è una correlazione diretta come per il fumo delle sigarette. Per quanto riguarda poi il colesterolo e il diabete c’è da dire che l’olio di palma nel primo caso si comporta come tutti i grassi saturi (compreso il burro) e quindi non è niente di più negativo, o positivo, del burro vaccino. Per il diabete invece si scontrano i risultati di

laboratorio con, ancora una volta, la mancanza di una riprova medica reale. Alcune cellule di pancreas sono state messe in contatto con acido palmitico in laboratorio e hanno registrato danni, ma questo non è direttamente correlato ad un danno reale in caso di assunzione di olio di palma (di cui l’acido palmitico è un componente). Quindi? Diciamo che non esiste una risposta univoca. L’olio di palma fa male come fa male il burro, ma è migliore delle margarine vegetali. Dovremmo cercare di limitarne l’assunzione giornaliera al 10% su tutte le calorie. Fatto sta che se dovrete scegliere, meglio un frutto che una merendina, ma non illudetevi che in un alimento confezionato senza olio di palma vi sia la qualità, perché anche lo strutto, ad esempio, ha effetti simili sull’organismo. Varrà ancora il consiglio della nonna: di tutto un po’?

chiesa di Stallavena

restauri

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GIOVANI & LAVORO

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Salmon Magazine

un tuffo nell’underwater veronese

di Giulia Zampieri

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Ci siamo finiti anche noi, nella rete: così, da questo numero, la redazione di Salmon Magazine vi proporrà una selezione degli eventi più interessanti per quest’estate (date una sbirciatina a p. 33 se non ci credete). Un mondo sommerso di arte, musica, teatro e danza che viene a galla. A catturarlo ci pensa un branco di “pescatori” del nuovo che c’è a Verona. Oggi ve li presentiamo.

almon Magazine è il sito internet che comunica, ogni giorno, le iniziative più interessanti di Verona e della sua provincia. Musica, teatro, arte. Non solo Romeo e Giulietta». Se Salmon Magazine fosse una sola persona, questa sarebbe la sua presentazione. Un biglietto da visita essenziale. Teso però con l’irriverenza discreta di chi vuole migliorare le cose. Con risoluta semplicità. Come al solito però, dietro un progetto così ampio e importante, ci sono tante persone, e con loro una rete, fittissima, di idee e intenzioni. Una rete, intessuta dalla redazione di Salmon, per catturare tutte quelle associazioni, iniziative e manifestazioni che animano e scuotono il territorio veronese, da Malcesine a Isola della Scala, travolgendo il centro città per poi inerpicarsi fin su, sui monti Lessini. Questo opuscolo dal nome bizzarro è una commistione di pa-

role e fotografia, di forme, generi e media diversi. Ogni tre mesi il numero cartaceo, “l’esca” distribuita gratuitamente sul nostro territorio, raccoglie gli eventi più interessanti del periodo e si evolve poi sul Web, attraverso il portale www.salmonmagazine.com e i vari canali social, facendo emergere il ricchissimo sottobosco culturale che cresce, rigoglioso, nella nostra città. Nasce nel 2013, tinto del rosa salmone del numero #00, e non ha superbe ambizioni, se non quella di segnalare gli appuntamenti con la cultura, in tutte le sue forme, presenti a Verona. E portare alla luce, nel mentre, quelle realtà che sono tante, e sempre più numerose, in cui persone capaci, determinate e sempre indaffarate si impegnano per scuotere e sconquassare la nostra Verona. Studenti che hanno viaggiato e vissuto in città lontane, professionisti volati all’estero che decidono

di tornare a casa per portare qui, il bello che hanno visto nel mondo. Persone che con la naturalezza di chi crede in quello che fa portano avanti i propri progetti e ideali. Talvolta, anche controcorrente. Come il salmone che svetta sulla copertina di questo ultimo numero estivo e su tutti i precedenti: un simbolo di ostinata determinatezza. «Oltre che per il suo significato simbolico» ci spiega la redazione di Salmon Magazine, «abbiamo scelto proprio il salmone come logo per provare a dare un’immagine diversa del mondo dell’associazionismo: più attraente e accattivante, più pop e giovane. Lo stesso vale per il linguaggio che utilizziamo: diretto e gergale. Così anche per la fotografia, strumento che amiamo per la sua immediatezza e indipendenza da giudizi di parte». Queste sono le forme scelte per cercare di ribaltare la proporzione ad oggi esistente: molte “occasioni di cultura” faticano an-


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GIOVANI & LAVORO cora a salire in superficie e rimangano ancora di nicchia. Intrappolate in un’altra rete, spesso fatta di inutili pregiudizi. Se il desiderio che diventino “di massa” può sembrare ingenua utopia, noi siamo convinti che almeno dovrebbero diventare più trasversalmente riconosciute. E del resto non si può fare altrimenti: basta avere Salmon #4 alla mano, (progettato e impaginato da Giulia Grobberio, graphic designer di Bosco Chiesanuova, l’ultimo dei talenti veronesi sul quale ha investito Salmon), per rendersene conto: tra le anse dell’Adige, c’è un vasto territorio, tutto punteggiato di luoghi di cultura che si animeranno di passeggiate, suoni, balli e proiezioni per tutta l’estate. Un’estate piena, un ricchissimo mese di luglio: più di venti appuntamenti, tutti egualmente imperdibili. Un numero,

questo candido Salmon #4, straripante di novità: contenuti in italiano e in inglese, una App gratuita (solo per iOS al momento, ndr) e un progetto sempre più condiviso. «Questo ultimo numero» concludono i ragazzi di Salmon, «ci è stato chiesto espressamente dalle associazioni che abbiamo appoggiato nel tempo: un risultato che ci

riempie di soddisfazione e gratitudine! Con la fiducia che ci è stata riconosciuta, non possiamo che impegnarci per migliorare ancora di più». Se lo trovate in giro, non lasciatevelo scappare! Altrimenti, catturate il salmone qui: www.salmonmagazine.com Facebook/ Salmon Magazine Twitter: @salmonmag

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SPECIALE EVENTI Intervista al regista Paolo Valerio

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U n’estate con Romeo e Giulietta di Erika Prandi

Tre mesi di rappresentazioni in cui la tragedia shakespeariana diventa itinerante. Ogni sera lo spettacolo si distribuirà tra il cortile di Giulietta, del Tribunale e del Mercato Vecchio per terminare al Teatro Nuovo. Valerio: «È un’occasione per tutti, non solo per i veronesi». Paolo Valerio

U

n nuovo Romeo e Giulietta sarà messo in scena a Verona. La tragedia shakespeariana più famosa del mondo sarà proposta, per quest’estate, in una versione ridotta ma itinerante. Toccherà, infatti, tre dei più bei cortili della città scaligera per concludersi al Teatro Nuovo. E tutto in una sera. Lo spettacolo non si svolgerà in un luogo definito ma varcherà i confini fisici della scena per spostarsi nei luoghi più affascinanti del centro storico in modo da coinvolgere, emozionare e divertire lo spettatore. Si partirà dal cortile di Giulietta per approdare al cortile del Tribunale e al cortile Mercato Vecchio così da terminare al Teatro Nuovo. Ad organizzare l’evento è proprio il Teatro Stabile del Veneto con la regia di Paolo Valerio. La rassegna partirà il 24 giugno per terminare il 28 settembre. Tutte le sere, tranne il martedì, si potrà assistere allo spettacolo che, fino al 27 luglio, sarà in italiano con narratore in inglese, mentre dal 19 agosto al 28 settembre si svolgerà in inglese con narrazione in italiano.

Questo sarà possibile grazie alla collaborazione con il King’s Theatre di Portsmouth che avrà i suoi attori. Comunque, il cast italiano prevede due attori per ogni ruolo: Letizia Bravi e Katia Mirabella per Giulietta, Filippo Bedeschi e Riccardo Maschi per Romeo e Mario Monopoli per Mercuzio. Ne abbiamo parlato con Paolo Valerio per capire meglio di cosa si tratta. Lo spettacolo “Romeo e Giulietta” può essere definito una sfida o un’opportunità per Verona? Direi in entrambi i modi. Per i veronesi vedere questo spettacolo potrebbe essere un’occasione per una serata particolare perché è itinerante e in parte interattivo. Ed è speciale. Speciale perché c’è una parte dedicata agli attori inglesi nella lingua originale di Shakespeare ed è la parte più divertente. Lo spettacolo sarà bilingue e sarà tradotto in inglese da un Mercuzio narratore e viceversa. È un modo per accontentare tutto il pubblico che vede lo spettacolo ma che vuole anche sentire in una lingua internazionale come l’inglese questa bellissima storia. Poi c’è pure il doppio cast italiano. Stiamo anche allestendo uno spazio espositivo molto bello nel nostro piccolo teatro. Quindi, per tutta l’estate il cortile di Giulietta ospiterà una mostra di fotografie di un giovane artista, Alessandro Cantoni, che ha inserito la suggestione del balcone di Giulietta nei luoghi più belli del mondo.. Inoltre, allestiremo anche uno spazio multimediale dove gli spettatori potranno vedere tutto il giorno il montaggio delle scene cinematografiche più importanti dei film


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su Romeo e Giulietta che hanno fatto la storia del cinema. Ci sarà poi un angolo dedicato al club di Giulietta con una postazione per rispondere alle lettere che arrivano da tutto il mondo. Infine daremo spazio ad una collaborazione con Turismo spa per dare informazioni turistiche. Quindi, chi verrà in questo cortile oltre a vedere alcune cose che riguardano la storia di Romeo e Giulietta avrà la possibilità di avere informazioni turistiche. Quindi l’obiettivo è catalizzare tutto il flusso turistico che arriva a Verona… Il vero obiettivo è dare un servizio turistico-culturale per tutta l’estate. Molte persone arrivano a Verona non solo per le opere liriche. Dalla città dell’amore si aspettano qualcosa che riguardi Romeo e Giulietta. Però, per chi ci abita, Verona viene identificata soprattutto con l’Arena. Quindi potrebbe essere un ulteriore punto di forza pun-

Intervista al regista Paolo Valerio

tare l’attenzione sulla tragedia shakespeariana? Sicuramente è un elemento di grande attrazione. È un regalo che ci ha fatto Shakespeare donando alla città questo mito universale. È un modo per onorare un genio della letteratura e far conoscere ancora di più questa storia mostrando anche le bellezze della nostra città. È un progetto semplice e ambizioso a cui crediamo molto. Progetti futuri? Stiamo già lavorando alla drammaturgia de “Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati. Quindi il mio obiettivo è provare già a settembre con alcuni attori. Poi debutteremo a marzo all’interno del Grande Teatro.

Fino al

Lo spettacolo inizia alle 21 ed è preceduto da un aperitivo di benvenuto che si tiene alle 20.30. Al giovedì è prevista una replica pomeridiana alle 17. Il costo del biglietto, comprensivo di aperitivo e gelato che sarà servito durante lo spettacolo, è di 23 euro (17 per i ridotti e i gruppi). È possibile acquistarlo al Piccolo Teatro di Giulietta di via Cappello dalle 15.30 alle 21 oppure su internet al sito www. geticket.it. Tra i partner dell’iniziativa ci sono Progetto di Vita Cattolica per i Giovani, Air Dolomiti, Garda Aeroporti Verona Brescia, Sartori Vini, Eismann e Turismo Spa.

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Settembre

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EVENTI LUGLIO 2 LUGLIO – SAN PIETRO IN CARIANO MUSICA IN VILLA Corte dei libri e della musica, Cengia di San Pietro in Cariano, ore 21 Dai concerti Brandeburghesi di Bach a Haendel e Vivaldi Orchestra di Padova e del Veneto. Info e prenotazioni: 045 7701920 3-4 LUGLIO - MONTORIO FESTA IRLANDESE Castello di Montorio Musica e danze irlandesi, stand enogastronomici con birre originali irlandesi. 3-5 LUGLIO – BOLCA, VESTENANOVA FESTA DELLA PALEONTOLOGIA Escursioni, mostre, spettacoli e giochi antichi per promuovere il territorio e i suoi fossili. La sera stand enogastronomici. 3-5 LUGLIO - SOAVE SOAVEG Primo festival vegano antispecista della provincia di Verona. Tre giorni di conferenze, laboratori pratici, concerti e spettacoli. Mercatino vegan cruelty free e delle associazioni animaliste. 3 LUGLIO – ROVEREDO DI GUA’ STORIE DE 'NA 'OLTA Compagnia Teatro Scientifico Info: 0442 86014 – 0442 460110 4 LUGLIO - SAN PIETRO IN LAVAGNO L’OSTE IN MEZO ALE DONE Villa Galbiati, località Turano, ore 21.15 Commedia divertente e irriverente in dialetto veronese. 5 LUGLIO - NOGAROLE ROCCA FESTA DELLA TREBBIATURA E ANTICHI MESTIERI Corte Colombare, Nogarole Rocca Dimostrazioni pratiche con macchine agricole d’epoca dell’attività di trebbiatura, mostra con auto e moto d’epoca e antichi mestieri. Degustazione di piatti tipici della gastronomia locale. 8 LUGLIO – TREGNAGO RASSEGNA "COMMEDIE IN VILLA" Villa de Winckels - Marcemigo di Tregnago, ore 21 La Compagnia teatrale I meo de la coa presenta "I meo regai ie quei incartai".

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a cura di

Pantheon

12 LUGLIO - BOSCO CHIESANUOVA 14ª MAGNALOPPET Itinerario turistico enogastronomico culturale tra malghe, baiti e contrade di Bosco Chiesanuova. 12 LUGLIO – SELVA DI PROGNO I LAVORI DI IERI E DI OGGI Mostra-mercato di prodotti di artigianato tipico della Lessinia lungo le caratteristiche vie del piccolo borgo cimbro di Giazza - Ljetzan. 14 LUGLIO – TREGNAGO RASSEGNA "COMMEDIE IN VILLA" Villa de Winckels - Marcemigo di Tregnago, ore 21 La Compagnia teatrale Modus Vivendi presenta "Me prestito to moier" 16 LUGLIO – CENGIA DI SAN PIETRO IN CARIANO MUSICA IN VILLA Tenute Salvaterra nei rustici di Villa Giona, ore 21 Dal Concerto in re maggiore per pianoforte e orchestra di Haydn alla Quinta di Schubert Orchestra di Padova e del Veneto Info e prenotazioni: 045 7701920 info@valpolicellaweb.it 17-19 LUGLIO – VESTENAVECCHIA SAGRA DELLA MADONNA DEL CARMINE Torna anche quest’anno la festa dedicata alla Madonna del Carmine a Vestenavecchia, piccola frazione del comune di Vestenanova. 19 LUGLIO – MOLINA DI FUMANE FESTA DELLE CASCATE Annuale appuntamento nel borgo di MOLINA, con balli popolari e banchetti di prodotti artigianali. Pranzo nella piazza con prodotti locali. 25-26 LUGLIO - CERRO BIRRA DA GUSTARE A CERRO VERONESE Piazzale Alferia. Stand gastronomici con birre artigianali. Ospiti d’eccezione El Bifido e Laura Magni, direttamente da Zelig. 29 LUGLIO - BOSCO CHIESANUOVA FESTA DEGLI GNOCCHI DI MALGA Nel cortile parrocchiale di Valdiporro la tradizionale festa di degustazione del tipico piatto della Lessinia: gli gnocchi di malga o "sbatui", accompagnati da tanta buona musica.


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CONCERTI E SPETTACOLI Sabato 4 luglio, ore 21 | La Giassara di Cerro Veronese Elva Lutza, Renat Settembre - Concerto Ingresso libero. In caso di maltempo il concerto si terrà alle 21 nel Teatro di Cerro Domenica 5 luglio, ore 17 | Abbazia di San Moro a San Mauro di Saline Andhira - Concerto Ingresso 10 euro. In caso di maltempo il concerto si terrà alle 21 nel Teatro di Cerro Sabato 11 luglio, ore 17 | Forte di Monte Tesoro a Sant'Anna d'Alfaedo Massimo Bubola. Il testamento del capitan - Spettacolo Ingresso 10 euro. In caso di maltempo il concerto si terrà alle 18 nel Teatro di Sant’Anna d’Alfaedo Venerdì 17 luglio, ore 21 | Bosco delle fate di Durlo a Crespadoro (Vicenza) La Grande Guerra meschina - Spettacolo Ingresso libero. In caso di maltempo lo spettacolo si terrà alle 21 nella Chiesa di Durlo Domenica 19 luglio, ore 15 | Bosco de la Regina ad Ala (Trento) Renaud Garcia Fons - Concerto Ingresso libero. In caso di maltempo il concerto si terrà alle ore 16.00 nel Teatro G. Sartori di Ala Lunedì 20 luglio, ore 21 | Villa della Torre di Fumane Lisa Hunt - Concerto Ingresso 10 euro. In caso di maltempo il concerto si terrà alle 21 nel Centro Appassimento Terre di Fumane Accendiamo di musica, cinema, teatro e danza il palcoscenico di prati, boschi, rocce, contrade e ville della Lessinia

Sabato 25 luglio, ore 18 | Chiesa di Sant'Antonio Abate a Vestenanova Unavantaluna - Concerto Ingresso libero. In caso di maltempo il concerto si svolgerà alla stessa ora all’interno della chiesa. Domenica 26 luglio, ore 17 | Museo del Bosco di Roverè Anna Maria Castelli - Concerto Ingresso libero. In caso di maltempo il concerto si terrà alle 18 nel Teatro San Nicolò di Roveré Venerdì 31 luglio, ore 21 | Malga Podestaria di Bosco Chiesanuova Lucilla Galeazzi - Concerto - Ingresso libero In caso di maltempo il concerto si terrà alle 21 nel Teatro Vittoria di Bosco Chiesanuova Domenica 2 agosto, ore 16 | Rifugio Campogrosso di Recoaro Terme (Vicenza) Etta Scollo - Concerto Ingresso libero. In caso di maltempo il concerto si terrà alle 16 nel Centro Polifunzionale Gino Soldà di Campogrosso Sabato 8 agosto, ore 15 | Malga Revoltel di Ala (Trento) Mauro Ottolini, Smashing Triad(s) Ingresso libero. In caso di maltempo il concerto si terrà alle 16 nel Teatro G. Sartori di Ala Sabato 15 agosto, dalle 7 alle 12 | Da Erbezzo ad Ala (Trento) La Grande Guerra delle donne - Spettacolo itinerante Ingresso libero. In caso di maltempo l’evento si terrà domenica 16 agosto con gli stessi orari

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senzalattesenzauova.blogspot.it

Ciao! Mi chiamo Nicole Scevaroli, ho 26 anni ed abito a Verona. Ho una grande passione per la cucina e sono specializzata in ricette senza questo o quell’ingrediente. Da circa un anno tengo un blog che si chiama “senza latte e senza uova” nel quale propongo tantissime idee sia dolci che salate. Ho da poco pubblicato il mio primo libro che si intitola “Dolci Impossibili ”. In questa rubrica vorrei proporvi delle ricette semplici, sane, divertenti e golose per trasmettervi la mia voglia di cucinare, infornare ed assaggiare! Se volete contattarmi: incucinaconnicole@yahoo.it


PELLEGRINAGGI Un’iniziativa solidale per Abeo

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Vida en Camino dalla Lessinia alla Città Eterna

di Emanuele Pezzo

Moreno Fiorentini, trentenne di San Francesco di Roverè Veronese, tra giugno e luglio metterà in pratica l’iniziativa preparata dall’autunno scorso: un cammino a tappe dai Monti Lessini fino a Roma, che ha tra gli scopi anche quello di pubblicizzare una raccolta fondi per ABEO Verona.

I

l poeta tedesco Goethe sosteneva che: «La coscienza d’Europa è nata sulle vie di pellegrinaggio, perché proprio questo paesaggio ha permesso alle diverse culture europee di comunicare e di venire in contatto preparando la base culturale, artistica, economica e politica dell’Europa moderna». Dalle parole del letterato sembra che il valore di un cammino non consista tanto in quanta strada venga percorsa, né tanto meno nella meta. Questo è anche il pensiero di Moreno Fiorentini, trentenne originario della montagna veronese che ha deciso di organizzare un cammino che parte dal suo paese d’origine, San Francesco, per concludersi a Roma. La Città Eterna era una delle tre mete predilette dai pellegrini nel Medioevo, assieme a Gerusalemme e Santiago de Compostela. Proprio dal cammino di Santiago, svolto qualche anno fa, è nata l’esigenza di Fiorentini di partire nuovamente, volendo però strutturare in modo del tutto particolare la sua iniziativa. Il progetto “Vida en Camino”

è nato nell’ottobre 2014, col coinvolgimento di due compagni conosciuti da Moreno sulla via per Santiago, Ugo e Renato. Gli obiettivi sono due: compiere un’esperienza di condivisione massima e di miglioramento personale, ma anche e soprattutto fare in modo che il cammino non sia fine a sé stesso. Pertanto il progetto è legato a un’iniziativa benefica con ABEO Verona. Così, partendo il 22 giugno, giorno dopo giorno Moreno e compagni macineranno strada sotto le loro suole, dirigendosi verso la loro meta. «Sulla strada per Santiago – questo il ricordo di Moreno – ho trovato di tutto: gente estremamente “presa” dal lato spirituale della cosa, ma anche semplici appassionati di trekking. Trovo giusto che le motivazioni di un cammino del genere rimangano personali. Poi, è chiaro che non è come andare in vacanza a Mykonos, ma nemmeno in pellegrinaggio a Medjugorje». Un aspetto singolare di Vida en Camino sembra essere proprio questo: pur rimandando a un contesto di spiritualità, ciò non è esplicito, lasciando al cam-

minatore una libertà assoluta, sulla strada e sul proprio credo. In autunno è stato steso l’itinerario, allacciando contatti con la Confraternita di San Jacopo di Compostella e con la rete nazionale delle Pro Loco, allo scopo di trovare gli alloggi dove passare le notti e ottenere una decina di “credenziali”, i documenti di viaggio che attestano l’identità del pellegrino. Poi Moreno ha aperto il blog Vidaencamino.com, che accoglie tutte le informazioni da conoscere sul progetto, che auspica di non esaurirsi con il viaggio verso Roma. Fiorentini, in ultimo, puntualizza alcune cose per chiunque parteciperà: «Innanzitutto è un presupposto fondamentale quello di sentirsi liberi: non c’è fretta, non c’è competizione, ma solo il gusto di stare “sul” cammino. Nessuno dirà a qualcun altro cosa fare. È un’esperienza che non darà risposte pronte, anche se può mostrare gli strumenti per risolvere alcuni problemi. Fisicamente non sarà semplice, ma una cosa è sicura: a meno che non lo si voglia, non si verrà lasciati soli».


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Un’iniziativa solidale per Abeo Il percorso

Solidarietà con ABEO Onlus Verona Uno degli scopi di Vida en Camino è quello di promuovere le attività di ABEO Onlus Verona. Sia chi prende parte alla camminata, sia chi intende aderire al progetto di solidarietà, può effettuare una donazione. La raccolta fondi ha l'obiettivo di aiutare l'associazione per l'acquisto di una pompa ad infusione

del valore di 2000 Euro circa. Dal blog di Vida en Camino è possibile effettuare la donazione direttamente ad ABEO, senza alcun intermediario. Oltre alle informazioni disponibili sul blog, poi, è possibile consultare tutte le attività e le iniziative di ABEO anche sul sito dell'associazione, all'indirizzo Abeo-vr.it

Quasi 750 km separano S. Francesco, frazione di Roverè Veronese, e Roma. L’itinerario è suddiviso in 28 tappe giornaliere: partendo dalla Lessinia il 22 giugno, dopo alcuni giorni su sentieri e strade secondarie il cammino si innesta sulla Via Francigena, fascio di percorsi che già nel Medioevo permetteva di raggiungere la Città Eterna partendo dal Centro Europa, in particolar modo dalla Francia. Tale via nel 1994 è stata dichiarata “Itinerario culturale del Consiglio d’Europa”. La tabella di marcia si prefigge di arrivare a Roma il 20 luglio. L’itinerario dettagliato è consultabile sul blog Vidaencamino. com. È possibile prendere parte a tutte le tappe, ma anche solamente a un tratto di percorso, contattando Moreno Fiorentini tramite il suo profilo personale di Facebook oppure scrivendo a info@vidaencamino.com.

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INTRAPRENDENZA FEMMINILE

Mamme si diventa, insieme

di Miryam Scandola

Cinque amiche, ostetriche per lavoro e per passione. Insieme a una psicologa, una musicoterapista e uno psicomotricista sono la linfa del servizio “Erica”, che accompagna le donne, con delicatezza, a diventare mamme.

S

arà pure naturale, ma non è automatico. Passare dalla vita di prima, frenetica ma comunque gestibile, a quella dopo, tra pannolini, allattamenti e arrossamenti cutanei, diciamolo, non è semplice. Perché quando nasce il vostro piccolo, nascete anche voi; genitori novelli che devono reinventarsi, ogni giorno. Le chiamano “lacrime di latte”, sono quelle che nessuna donna vorrebbe versare. Sono i pianti di quell’incomprensibile malinconia, mescolata alla vergogna e al senso di colpa, che ha il nome difficile di depressione post-partum. Spesso sottovalutata, è una patologia che secondo gli ultimi dati Censis, colpisce con diversi livelli di gravità dall’ 8 al 12% delle neomamme ed esordisce solitamente tra la sesta e la settimana dalla nascita del bimbo. Un cambiamento psico-emozionale, spesso non adeguatamente considerato che trova le sue ragioni nei profondi cambiamenti fisici e psicologici ai quali è soggetta la madre. Se si aggiunge un senso di inadeguatezza, una costante incertezza, alimentata da aspettative poco realistiche, il quadro è completo. L’istinto materno non può tutto, eppure è una convinzione ancora molto diffusa. Il senso di frustrazione che deriva dal sentirsi inadeguate può com-

promettere il rapporto madre e figlio, specialmente quando «una mamma si sente abbandonata, sola ad affrontare la maternità» ci spiega Erma Bonente, ostetrica. Quello che fa lei con il team di “Erica”, un servizio della Cooperativa ONLUS “La Tata”, è semplicemente accompagnare le donne nel mestiere più bello

e impegnativo della vita. Senza spingere e forzare. Hanno scelto per la loro attività un nome di fiore, proprio perché, senza retorica, vogliono imitarne la delicatezza. Loro sono cinque professioniste, laureate in Ostetricia all’Università degli Studi di Verona. Erma, Erica, Maria, Francesca, Elena”piccola” e Elena “grande” si


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INTRAPRENDENZA FEMMINILE sono conosciute sui banchi della facoltà, poi il lavoro in Sala Parto, nei reparti di Ginecologia ed Ostetricia, in Consultorio e nei Distretti. L’esperienza diretta con i tempi spesso sbrigativi dell’ospedale, le ha rese consapevoli di tutte le lacune che ci sono in termini di supporto emotivo e informativo. Per colmare queste carenze, in collaborazione con altri specialisti, le cinque ostetriche veronesi si sono unite, dall’ottobre scorso, per offrire un’assistenza personalizzata alle neomamme, così da aiutarle a vivere i tempi dell’attesa ma anche quelli meravigliosi e complessi della maternità con un sorriso consapevole. Ispirandosi ad una pratica tradizionale che, un tempo, annoverava tra le mansioni dell’ostetrica anche quella dell’assistenza domiciliare, “Erica” propone “MamyHelp”, un servizio di supporto durante la gravidanza con valutazioni periodiche sulla salute del bambino e della mamma, ma anche durante i momenti impegnativi del ritorno a casa dopo il parto, con consigli pratici che vanno dall’allattamento ai segreti del massaggio neonatale. Il tutto direttamente a

casa. Donne che aiutano donne, insomma. Come Silvia Busato, titolare della “Sanitaria Franca” di Grezzana, che ha creduto a tal punto al progetto da aver “arredato” con i materiali necessari le sale della sede di San Martino Buon Albergo, e fornito tutto l’occorrente per i corsi nelle tre diverse location del veronese, da Bosco Chiesanuova a Grezzana, passando per il Quartier Navigatori. Il team, quasi tutto in rosa, organizza, infatti, anche corsi di accompagnamento alla nascita che vanno dalla musicoterapia, al fitness perineale, passando per tutti gli altri segreti del pancione. Tra le iniziative di “Erica” anche un ciclo di incontri per districare i dubbi e dare ordine tra vaccinazioni, svezzamenti e malattie pediatriche per mamme e papà che non si sentono subito all’altezza o semplicemente che vogliono vivere questo cambiamento in serenità. Nel percorso che porta alla maternità, per dirla con le parole di qualche scrittore, la donna “ è raddoppiata, poi divisa a metà e mai più sarà intera”. Per non sentirsi sopraffatte dalle incombenze e responsabilità in un momento così particolare del-

la vita, è fondamentale «credere nelle proprie competenze», sottolinea Erma con dolcezza. Confidare in quel leggendario istinto che è dentro ogni donna anche dovesse metterci del tempo ad affiorare. E soprattutto, per vivere la maternità con la pienezza meravigliosa che merita, «non aver mai paura di chiedere». Alle persone giuste, però. il team di “Erica”


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Energia, ambiente & Hi Tech

Realtà virtuale,

quali sono i nuovi confini? di Mattia Zuanni

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Abbiamo intervistato Eugenio Perinelli, graphic designer, oggi impegnato a sviluppare il progetto Oculus Rift, per scoprire assieme quali sono, e soprattutto quali potranno essere, i campi di applicazione di questa tecnologia.

otrebbe parlarci un po’ del progetto Oculus Rift? Quando parliamo di Oculus Rift dobbiamo ampliare il discorso alla realtà virtuale, ovvero a quell’insieme di tecnologie che ingannano i nostri occhi e il nostro cervello creando la sensazione di essere in un altro luogo. Questa tecnologia viene considerata un “nuovo media”, ed è difficile prevederne oggi tutti i possibili campi di applicazione. Per questo serve chi li sperimenta… Esattamente, la sperimentazione prevedibilmente troverà un gran numero di campi di applicazione che ancora non immaginiamo. Quando verranno lanciati sul mercato i primi dispositivi consumer, si parla dei mesi a cavallo tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, si scatenerà sicuramente una battaglia commerciale. Le prime applicazioni saranno certo i videogames, molto più coinvolgenti con il visore che giocati a schermo, anche se ci sarà la necessità di capire quali dinamiche di gioco funzionano bene sul “nuovo me-

dia”, gli FPS (First Person Shooter) ad esempio andranno ridefiniti. Quindi sarà solo questo il campo di applicazione? No, assolutamente. Il settore videogame probabilmente sarà, almeno in un primo momento, uno dei più sviluppati, ma innumerevoli team in tutto il mondo stanno lavorando ad applicazioni professionali in campo medico, simulazioni, o telepresenza; impossibile elencarle tutte. Al Verona FabLab, insieme a due studenti dell’Istituto Palladio, sto lavorando a due progetti; il primo è quello di uno “showroom virtuale”, ovvero un’ambientazione composta da soggiorno e cucina, in cui è possibile cambiare l’arredamento; l’idea è quella che un potenziale cliente possa scegliere l’arredamento trovandosi già nell’ambiente che lo accoglierà. L’altro progetto invece si propone di saggiare le reazioni dell’utente a situazioni insolite, ad esempio, facendolo passare per una serie di stanze uguali, ma dove le proporzioni dell’ambiente sono

state leggermente rimpicciolite (facendolo sentire più grande) o al contrario ingrandite (facendolo sentire più piccolo) oppure proponendogli stanze dai colori estremi e raccogliendo le sue sensazioni. E per quanto riguarda il suo lavoro come libero professionista, ha già sviluppato dei progetti? Al momento sto lavorando ad un progetto per la visualizzazione di “big data”. Con un piccolo team stiamo cercando di rendere più leggibili insiemi molto estesi di dati, distribuendoli nello spazio tridimensionale, invece di mostrarli come interminabili liste di valori in un foglio di calcolo. Questo porterebbe un beneficio alle aziende, che spesso hanno una grande quantità di dati archiviati, ma faticano ad analizzarli in maniera semplice ed efficace. Al Verona FabLab di Grezzana c’è una versione sperimentale dell’Oculus Rift. Per quali applicazioni è stato pensato all’interno dell’associazione? L’associazione si propone di divulgare il sapere scientifico e tecno-


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Energia, ambiente & Hi Tech Eugenio Perinelli inizia ad interessarsi alla computer grafica 3D all'età di 17 anni, negli anni successivi, quella che sembrava essere solo una passione si trasforma in una professione a tutti gli effetti; ha lavorato per la televisione, per la stampa e nel settore dei videogames. Oggi, oltre ad essere uno dei docenti del Verona FabLab, è insegnante all'Istituto di Design Palladio di Verona e lavora come libero professionista.

logico, non ci sono limiti alla sperimentazione in questo campo. Un filone interessante è quello della “visita virtuale”, la possibilità di muoversi all’interno di edifici e stanze, superando quello che attualmente permette il “3D rendering” (il rendering è un passaggio importantissimo prima di fare un arredamento o nell’edilizia per darci già un idea reale di come

Oculus Rift è un dispositivo per la realtà virtuale attualmente disponibile solo per gli sviluppatori; si tratta di un visore che si applica sul viso e dà all’utilizzatore la sensazione di trovarsi in un ambiente tridimensionale alternativo. Ha fatto scalpore nel Marzo del 2014 la notizia dell’acquisto di Oculus VR, azienda che sviluppa Oculus, da parte del colosso Facebook per l’astronomica cifra di 2 miliardi di dollari.

forme e spazi possono integrarsi, ndr) che propongono oggi alcuni studi di architettura. Il concetto può essere facilmente allargato alla ricostruzione archeologica, ricreando dei luoghi che ora non esistono più, o sono molto cambiati, come i Fori Imperiali di Roma ai tempi di Augusto, o l’Arena di Verona nell’anno 30 d.C. Come già detto, però, i campi sono

Eugenio Perinelli

innumerevoli. Perché non pilotare droni o controllare robot forniti di telecamere in telepresenza? Insomma, tra idee, sperimentazioni e potenziali campi di utilizzo, questa tecnologia sembra davvero poter rappresentare un nuovo media a 360 gradi. Pensavate che Oculus fosse solo una moda da smanettoni? Forse è giunto il momento di ricredersi.

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TENDENZE

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Alla scoperta dei caschi prodotti a Tregnago

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MOMODESIGN: dalla Val

d’Illasi...ai confini del mondo Il noto brand, conosciuto in Italia e all’estero per il suo stile inconfondibile, fa nascere i suoi caschi a Tregnago, nel cuore della Val d’Illasi. Proprio dal comune dell’est veronese, dal 1 gennaio 2010, grazie alla partnership con l’azienda Logico Design S.r.l., li produce e li distribuisce fino in Giappone. di Ingrid Sommacampagna

E

chi se lo sarebbe mai immaginato che una delle più gradi aziende impegnate nel settore della produzione di caschi per motociclette e scooter nasca a Tregnago, un piccolo paesino di circa 5000 abitanti posizionato nel cuore della Val d’Illasi. Eppure è così. I prodotti Momodesign sono icone del presente rivolte al futuro, che vengono apprezzate da un pubblico sia giovane che maturo, vista l’impronta caratterizzante e sofisticata amata sia in Italia che al di fuori dei confini nazionali. La storia del marchio Momodesign ha origine nel 1981, anno in cui viene inaugurato il centro stile specializzato nella ricerca e nello sviluppo del car design per il gruppo Momo. Negli anni ‘90

Marco Cattaneo, Managing Director della società fin dagli inizi, decide di staccarsi da Momo, passata in mani americane, rilevando la parte Momodesign con i figli per trasformarla in un brand internazionale con una forte identità; inoltre, si avventura nella ricerca nel settore automobilistico e negli accessori uomo con materiali innovativi in fibra di carbonio, titanio e magnesio. Nel 2010 entra in scena Logico Design, azienda di origine spagnola che acquisisce la licenza Momodesign per vent’anni, occupandosi, nello specifico, della fabbricazione e della distribuzione dei coloratissimi caschi, selezionando tuttavia altri brand specifici, o di nicchia, presenti sul mercato. Infatti, oltre a Momo, produce ca-

schi per il Gruppo Piaggio (Vespa, Moto Guzzi...) e Blauer. Logico Design ha investito nell’innovazione, creando a Tregnago un nuovo stabilimento e inserendo macchinari moderni, condividendo con Momodesign le stesse linee strategiche e di sviluppo, collaborando con altri marchi nel settore automobilistico e in quello moto, con consulenze di prodotto. Nello stabilimento tregnaghese si producono ad oggi 100mila caschi circa all’anno utilizzando principalmente due tipi di materiale per la calotta: l’Abs (policarbonio) e la fibra di vetro, quest’ultima più leggera e resistente. La fibra di vetro è una novità introdotta dall’azienda spagnola Logico Design che ha trasferito le sue conoscenze e la sua esperienza nel settore moto e nella distribuzione all’azienda italiana, cercando di rendere il prodotto più sicuro e ancora più appetibile. «I nostri caschi sono Made in Italy anche se alcune piccole componenti arrivano dall’estero. La qualità è molto elevata e in ogni cabina di montaggio, separata l’una dall’altra, viene prestata particolare attenzione ad ogni passaggio della lavorazione, dalla cucitura, all’assemblaggio, all’etichettatura e alla lucidatura» afferma Maiol Tomas, responsabile di Logico Design per l’export e l’acquisto, aggiungendo «Momodesign ha il brevetto sulla cucitura fatta direttamente sul casco con due macchinari diversi a seconda del tipo di calotta e ogni giorno, dalle dieci linee, vengono prodotti 450 caschi». «Il loro design, e quello di


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Alla scoperta dei caschi prodotti a Tregnago

altri prodotti Momo, viene studiato al Centro di stile di Milano con designer, architetti, stilisti, mentre nella fabbrica di Tregnago, si pratica l’assemblaggio e l’acquisto di materiali» prosegue Tomas «Il mercato di riferimento è sempre l’Italia, seguita da Francia, Spagna e Giappone. A Tregnago, oltre all’assemblaggio, abbiamo l’ufficio acquisti, l’ufficio commerciale, lavorando direttemente con i negozi mentre, per il commercio estero, ci si rivolge a ai distributori locali». «Due curiosità: la prima è che i caschi Momodesign più venduti sono quelli senza visiera perché, specie i giovani, preferiscono girare con l’occhiale da sole; la seconda è che nel Giro d’Italia 2014 e in quello del 2015, i giornalisti e i medici a seguito della carovana rosa indossavano caschi modello Fgtr Fluo che incrementano la visibilità per una maggiore sicurezza stradale» ha concluso il giovane manager catalano. Momodesign ha reso la piccola industria tregnaghese famosa in

tutto il mondo con il suo stile, design e funzionalità anticipando le tendenze e inseguendo un solo obiettivo: diffondere il design italiano.

Maiol Tomas

I modelli di casco Momodesign sono sei: Fgtr, storicamente ispirato ai caschi degli elicotteristi (con le versioni Classic, Glam, Fluo, Evo), Minimomo, Avio, di ispirazione aeronautica e il primo con calotta in fibra di vetro, Hero, Mangusta e Cruiser. Nel corso del tempo sono state apportate modifiche e introdotte nuove caratteristiche, per esempio: il visierino solare scuro ad azionamento manuale intercambiabile, interni estraibili e lavabili ad alto assorbimento del sudore, visiere antigraffio UV400, rete microforata e tessuti con trattamento agli ioni d’argento per un’efficace batterio staticità, loghi in diversi colori, inserti in rete di alluminio, visierino solare integrato, rivestimento in pelle, visiera esterna in classe ottica regolabile; inoltre, per ogni casco, ci sono i ricambi e gli accessori.

Notte Bianca a Tregnago Ti portero’ con me,

ti affondero’ nelle note di questa profonda magia, sara’ l’eternita’ in una notte, lasciati trascinare via, affronterai un viaggio che coinvolgera’ tutti i tuoi sensi... Sara’ ancora piu’ magico di quello che pensi... TREGNAGO TE STRIA “ la notte bianca”

1 AGOSTO 2015


ACCOGLIENZA & TURISMO

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Lessinia Fest Fuoco alla cultura!

di Giorgia Castagna

Dal 4 luglio al 5 settembre tutti in montagna per riscoprire una Lessinia ricca di storia, arte e spettacolo accompagnati dal direttore artistico del Lessinia Fest Alessandro Anderloni: “Siamo pronti a riaccendere il Fuoco alla cultura! Siamo i suoi inguaribili piromani”.

Alessandro Anderloni

L

’arte prende forma così, in uno spettacolo itinerante tutto da scoprire e firmato per intero dal celebre direttore artistico Alessandro Anderloni, con la collaborazione di Gabriella Palatini, pronto a conquistare nuovamente gli amanti della Lessinia e non solo. Grazie, infatti, all’unione delle due grandi e storiche rassegne “Voci e luci in Lessinia” e “Film Festival della Lessinia” viene a crearsi una nuova ed entusiasmante occasione che saprà affascinare grazie ai trentasei appuntamenti ricchi di musica, cinema, danza e teatro. A fare da scenografia questa volta la natura: tra prati, boschi, rocce, contrade e ville della montagna veronese, vicentina e

trentina. Quattordici i Comuni della Lessinia coinvolti dalla rassegna con l’apertura alla Valle dell’Agno e al Monte Baldo, tanto da poter essere considerato uno dei festival territoriali maggiormente estesi del Veneto. «Siamo tornati di nuovo e ancora con caparbietà e passione, perché crediamo, con il fuoco della cultura, di poter accendere le menti e i cuori. Si torna a camminare - commenta Alessandro Anderloni - consapevoli che nel cammino bisogna mettere in conto la fatica. E dopo la fatica è arrivato Lessinia Fest, con un nome a cui siamo già affezionati. È il punto di partenza, non quello di arrivo, di un sentiero iniziato ventun anni fa con il “Film Festival della Lessinia” e nove anni

fa con “Voci e luci in Lessinia”. Gli artisti che abbiamo invitato e i film che abbiamo scelto dicono del desiderio di esplorare, di mescolare e contaminare. E di ricordare, perché lungo l’estate torneremo spesso a quella guerra che cento anni fa ha lasciato segni nel terreno e cicatrici nella storia. Ma altro fuoco, non quello maledetto delle armi, vogliamo accendere. Fuoco alla cultura! Siamo i suoi inguaribili piromani». E se la formula sperimentata con successo in nove anni di edizioni di “Voci e luci” cioè accompagnare il pubblico nei luoghi affascinanti e talvolta poco conosciuti della Lessinia veronese, funziona, altrettanto positiva la linea internazionale data nelle scelte artistiche grazie al


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ACCOGLIENZA & TURISMO

Forte Monte Tesoro: teatro per il concerto di Massimo Bubola Un’altra perla che si aggiunge alle tante nascoste nella magica Lessinia, un luogo suggestivo riportato alla luce e che aspetta solo di essere vissuto. Stiamo parlando del forte Monte Tesoro l’imponente manufatto bellico passato alla fine del 2013 a titolo gratuito dal

Demanio al Comune di Sant'Anna d’Alfaedo. «Il forte oltre a rappresentare un valore storico importante per il nostro territorio vanta un grandissimo valore turistico, culturale e ricettivo che come Amministrazione intendiamo scoprire e valorizzare - spiega il Sindaco di Sant’Anna d’Alfaedo, Raffaello Campostrini, che aggiunge -ospitare, sabato 11 luglio alle ore 21.30, il grande artista Massimo

giro del mondo musicale alla scoperta di sonorità vicine e lontane presentate da artisti di spicco. Note alle quali fanno idealmente eco gli scenari delle pellicole che, dal 22 al 30 agosto, si alterneranno sul grande schermo del Teatro Vittoria di Bosco Chiesanuova alla ventunesima edizione del “Film Festival della Lessinia”. Rasse-

gna cinematografica preceduta, per la prima volta, da una serie di proiezioni speciali in programma in ognuno dei Comuni che hanno aderito al cartellone organizzato dalle associazioni culturali “Film Festival della Lessinia”, “Le Falìe” e “Àissa Maìssa”. Main sponsor della manifestazione sono Cassa Rurale Bassa Vallagarina e Fimauto.

Bubola è per me un onore. Personalmente non posso che essere orgoglioso di essere Sindaco di un Comune che vanta tantissimi luoghi affascinanti come questo che si aggiunge alle già conosciute e rinomate bellezze, come: il Ponte di Veja, il Museo Paleontologico e Preistorico, l'area del Corno d'Aquilio con la Spluga della Preta, Rocca Pia e i bellissimi percorsi del nostro territorio».

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ARTE & CULTURA

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Villa Scopoli e il suo maestoso parco

di Alessandra Scolari

Villa Scopoli un tempo era parte integrante dell’antico borgo di Avesa: probabilmente inserita nella proprietà dei monaci benedettini-camaldolesi di cui rimane la duecentesca Chiesa di Maria «la Camaldola». Dal 1994 appartiene alla Pia Società Don Nicola Mazza. Dal 1996 l’associazione «Villa Scopoli», con i suoi volontari, promuove il parco e la seicentesca peschiera.

Peschiera di Villa Scopoli

L

a villa del Bene Nogarola, Scopoli ha origini antiche e oggi si presenta nella semplice forma neoclassica: un edificio rettangolare, sul quale spiccano la porta di accesso ad architrave e la portafinestra del piano nobile incorniciata da un timpano arcuato e abbellita da un balconcino con ringhiera in ferro battuto; simmetriche e più piccole le finestre del mezzanino. Questa proprietà si distingue per il giardino, con il viale dei cipressi e la grande peschiera, con le grotte a sud e i grandi mascheroni. Secondo gli storici il giardino cinqueseicentesco era «adorno di statue, piante sempre verdi e fiori, raffinati giochi d’acqua lungo il muro della peschiera, che per l’armonia della sua struttura doveva offrire momenti di rara suggestione». I proprietari in questa tenuta, nel corso dei secoli, hanno ricerca-

to l’utilità economica abbinata a spazi esteticamente gradevoli. Villa Scopoli, nel 1598, venne ceduta dai monaci camaldolesi - da secoli presenti in questo centro, lo testimonia la chiesetta di «Santa Maria Camaldolina» - ad Agostino e Francecesco del Bene. Doveva essere una permuta con altri beni per la nobile famiglia di Sant’Eufemia, invece versò 1510 ducati. Agostino Del Bene (primo proprietario), fece costruire la dimora padronale, secondo gli storici, «probabilmente su una preesistete costruzione», la attorniò del giardino con le limonaie e della peschiera. Agostino morì nel 1614. Fu il conte Francesco Bevilacqua, nel 1947, a riscattare l’intera proprietà. Questa nota famiglia della nobiltà veronese, nel 1680, la cedette ai conti Nogarola, i quali, legando il casato alla villa, la tennero fino al 1806, quando venne

acquistata dai Calabi, una nota famiglia ebrea, alla quale subentrarono (1845) i Zeiner, di origini tedesche ben inseriti nella società veronese, che però, dopo appena cinque anni, la cedettero a Ippolito Scopoli. Correva l’anno 1849. Ippolito Scopoli (1805-1864) esperto ingegnere, abilitato in ingegneria civile, rinnovò la proprietà, partendo dal giardino, nel quale creò la passeggiata romantica che si inoltra nelle pendici della collina, e rinnovò la peschiera con grandi giochi d’acqua, mantenendo la casa padronale, così come fu restaurata (1810) dalla famiglia Calabi. L’idea di Ippolito Scopoli era di «realizzare un’ideale fusione tra la dimora, il parco e l’ambiente naturale, sigillata dall’imponenza del viale dei cipressi». Luigi Segala realizzò qui «un paradiso per sé e pe’ i suoi amati». Nel contempo, costruì anche l’impianto di irrigazione


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ARTE & CULTURA Facciata di Villa Scopoli

Ingresso della Peschiera

delle acque del Lorì, che hanno svolto un importante ruolo socioeconomico nell’antico Borgo di Avesa, conosciuto soprattutto per l’antica fontana, con le sue famose «lavandare». Ippolito Scopoli era nato a Milano, da Giovanni e Lauretta Mosconi – conti illustri e culturalmente famosi – dopo la laurea in matematica all’Università di Padova (1827) e l’abilitazione in ingegneria civile (1830), sposò nel 1835 Amalia Polfranceschi ed ebbe tre figlie: Laura, Carolina e Fiorenza. Nel 1851 diresse gratuitamente i lavori di costruzione del campanile della chiesa parrocchiale di Avesa, secondo il disegno dell’Arch. Giuseppe Barbieri. Fu membro attivo dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona. Ippolito Scopoli, con il suo tratto umano e il prodigarsi nel dare consigli a tutti, senza guardare la scala sociale, era ap-

prezzato e benvoluto da tutti. Laura Scopoli (classe 1906), pronipote e ultima erede, nel 1991, sottoscrisse il lascito della proprietà alla Pia Società di don Nicola Mazza, che diventò proprietaria alla morte della contessina: ottobre 1994. L’utilizzo attuale. L’edificio è abitato dai padri di Don Nicola Mazza. Mentre nel 1996 è sorta l’associazione «Villa Scopoli» (soci gli abitanti di Avesa), con lo scopo di aprire al pubblico la peschiera e il parco ai ragazzi delle scuole e al pubblico. Ha anche avviato il «Progetto per la salvaguardia» del parco che si estende su una superficie di otto ettari. Nel 2013 ha iniziato i lavori

di manutenzione dei cipressi, utilizzando tecniche e strumentazioni innovative, brevettate dall’Università degli Studi di Padova. Ora sta gradualmente proseguendo con la potatura e la pulizia delle fronde: operazione costosa perché richiede l’utilizzo di una grande piattaforma. Tutti i proventi delle visite guidate (a cura degli studenti del Liceo Artistico Nani-Boccioni), una volta al mese da marzo ad ottobre, sono destinati al progetto «Salviamo i cipressi secolari». Per informazioni relative ad eventuali contributi e sulle visite (tessera di ingresso a prezzi contenuti), scrivere a villascopoliassociazione@ hotmail.com.

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Un territorio prezioso... “La Cantina Valpantena”

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«I segreti» del territorio, dei vigneti e del vino Amarone È il titolo della nuova pubblicazione edita da «La Cantina Valpantena» e presentato all’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere lo scorso 9 giugno. Una ricerca che, mentre svela ai tecnici il processo di maturazione dell’uva, mette in risalto «I segreti» del suolo della Valpantena e del suo paesaggio. di Alessandra Scolari Marco Sabellico

Luca Degani Direttore Cantina Valpantena

U

n elogio va alla Cantina Valpantena che ha pubblicato un nuovo prestigioso volume “I segreti del territorio, dei vigneti e del vino Amarone”, «per raccontare la bellezza e l’architettura della Valpantena», ha detto il presidente Luigi Turco. Anche Diego Tomasi durante la presentazione, moderata dal giornalista Marco Sabellico, ha sottolineato che «il libro è l’espressione della nobiltà d’animo dei responsabili della Cantina». La Valpantena è stata definita

dallo studioso Bruno Avesani «un grande teatro protetto dai Lessini e adagiato sui rilievi collinari. Uno scenario indelebile, disegnato dalla natura, affidato agli uomini per decorarne l’aspetto esteriore». Questa è la Valpantena, illustrata da curatori del libro Fabrizio Battista e Diego Tomasi, con il contributo di altri ricercatori. Le magnifiche foto di Flavio Pèttene e Valentino Slemer testimoniano la bellezza di questo territorio che ha dato i natali all’Amarone, vino conosciuto ovunque, e che negli anni ha saputo stare al passo con la modernizzazione delle tecniche di coltivazione della vite e della lavorazione dell’uva, di cui anche la Cantina Valpantena è l’espressione. Il capitolo, curato da Giuseppe Benciolini e Federica Gaiotti, interesserà i tecnici, i coltivatori e non solo, perché analizzando geologia e morfologia, dimostrano che gli elementi fisici base «per il successo dell’attività viticola e la notorietà dei vini» sono il suolo e il clima che permettono il continuo scambio «tra terreno, vite e ambiente esterno». Il prof. Giovanni Zalin ha paragonato il suolo della Valpan-

tena a quello della Borgogna. Da sempre le condizioni climatiche della Valpantena sono state apprezzate dai nobili veronesi e dai valpantenesi. Il tecnico Stefano Casali conferma «Il tipico microclima, grazie alla protezione della Lessinia, è caratterizzato da maggiori escursioni termiche che si ripercuotono nelle zone pianeggianti, garantendo la necessaria freschezza che si ripete nei vini. L’irraggiamento solare, per l’ampiezza della Valpantena, risulta ottimo e trasmette ai vini Valpolicella ed Amarone aromaticità e profumi tipicamente legati al territorio, che li rende riconoscibili e memorabili». Concludiamo con alcuni dati: 377 vitigni in Valpantena, 360 soci della Cantina sociale, fondata nel 1958, che fattura intorno ai 45 milioni l’anno «consentendo un equo reddito ai soci e permettono di sostenere molte iniziative del territorio nel sociale, nello sport e nella cultura», ha detto il presidente Luigi Turco. Tra gli altri prodotti della Cantina: l’olio extravergine di oliva DOP tra i migliori Nord Italia e la grappa ottenuta dalle vinacce dell’Amarone Torre del Falasco. PHOTO CANIO ROMANIELLO / OLYCOM


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Lunedì: 15.00-19.30 Martedì-Sabato: 9.00-12.30 / 15.00-19.30


CINEMA Paolo Sorrentino a Verona, nelle sale il film del regista veronese Pollini

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“Che cosa avete contro la nostalgia, eh?”

di Miryam Scandola

Da Massimo Cacciari, a Bernard-Henri Lévy, passando per Philippe Daverio, Fabrizio Gifuni e Jasmine Trinca, gli incontri al Festival della Bellezza, dall’ 1 al 7 giugno, sono stati tanti con i grandi nomi del nostro tempo. Vi raccontiamo di Paolo Sorrentino, ospite al Teatro Romano il 6 giugno scorso, della sua arte di “far fare le rime alle cose” e di quanto sia importante la malinconia. Un’intensa scena tratta da “La Grande Bellezza”

U

sa Truffaut per raccontare in semplicità il suo mestiere, che è quello di «tenere insieme il tutto». Lui, sette film e un premio Oscar con cui convive umilmente, lo dice con la sua voce indolente, risultato di radici partenopee e di anni romani, che «non bisogna stare nella festa» per poterla affrescare. Un regista, insomma, deve essere un instancabile voyeur con «una grande capacità di annoiarsi» per riuscire a guardare dove gli altri dimenticano lo sguardo. Sorrentino, ai tanti venuti per ascoltarlo nella calda serata del 6 giugno al Teatro Romano, non lo prova neppure a nascondere. A lui interessa scorgere quell’istante preciso, fugace, in cui le maschere del giorno cadono, e la gente, inconsapevole, lascia intravedere se stessa. Per questo da “Le conseguenze dell’amore”, a “L’Amico di famiglia”, passando per “Il Divo”

o per “This Must Be the Place”, ha sempre finito con raccontare di uomini avvolti da una coltre di avvilimento, mai, però, del tutto perduti. I suoi personaggi sono ritratti sempre nel momento in cui stanno cadendo, scivolando dall’apice della loro ascesa. Perché «mi interessa il passo falso, la distanza e il dettaglio con il quale tutti, alla fine, tradiscono loro stessi». È questa la sua poetica? «Non sono sicuro di possederla», risponde scoraggiato da una domanda razionale, che cerca di inquadrare i suoi tentativi artistici. Preferisce dire che il suo lavoro consiste, solo, si fa per dire, nel «fare delle rime tra le cose». Non per niente il suo vizio più grande, che è anche il suo pregio, è «frequentare l’ironia», fondamentale nel suo lavoro di narratore perché costringe a trovare il ritmo, il battito segreto delle cose. Per cadenzare le sue storie costruisce simmetrie di musica e im-

magini che sono protagoniste indiscusse delle sue pellicole perché «sono appaganti di per sé senza il bisogno di spiegazioni». Criticato a volte per le sue frasi fulminanti, per le sue parole dense, ci confida che se fosse per lui un film sarebbe del tutto autosufficiente con la sola forza dell’immagine ma i produttori vogliono i dialoghi. E allora lui prova a scegliere per i suoi personaggi parole diverse, «perché la noia dei dialoghi della vita vera mi spinge a crearne di migliori». Personaggi che pensano i suoi pensieri, che parlano con le sue frasi da scrittore, basta una pagina del suo “Hanno tutti ragione” (Feltrinelli, p. 320, 2010) per capirlo. Crea battute lapidarie, eccessive, letterarie, lontane dalla quotidianità, perché «sennò basterebbe vivere». Liquida la sua ultima fatica,“Youth”, distribuito da Medusa e accolto con incassi record, come «un tentativo miserabile di raccontare come ci si può rapportare con l’idea di futuro». Partendo, come fa lui, dalla nostalgia dei ricordi. «La malinconia è una zona piacevole. Ti permette di essere triste senza motivo». Quasi a confermare che la ricerca di una ragione per la propria tristezza è da sempre il miglior movente per creare. Il suo obiettivo è fare film «che facciano godere», mostrando con l’attenzione della fotografia, la riflessione della musica e la cura delle parole che la vita è uno spettacolo attraversato dalla bellezza. Tentando, così, sempre, di raccontarne i suoi sparuti e incostanti sprazzi, nascosti sotto il chiacchiericcio delle nostre piccole macerie.


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Paolo Sorrentino a Verona, nelle sale il film del regista veronese Pollini Le badanti con i loro assistiti

“Le Badanti” di Marco Pollini

Paolo Sorrentino

“A luci intermittenti l’amore si è seduto nell’angolo, schivo e distratto esso è stato. Per questa ragione non abbiamo più tollerato la vita.”

Affronta il tema della vecchiaia, ma anche quello del razzismo e del pregiudizio l'opera prima del regista veronese Marco Pollini. Una carriera nel settore della produzione musicale, un documentario sulla Colombia nel 2014, e ora nei cinema con il suo “Le Badanti”, proiettato in anteprima il 10 e 11 giugno, al cinema Diamante. La pellicola, coproduzione tra la veronese Ahora! Film e la società malese Sg Entertainment, è sostenuta dalla Regione Veneto e gode del Tax Credit Cinematografico ratificato dal Ministero dei Beni Culturali. Una commedia sociale che porta sul grande schermo il ritratto di tre ragazze extracomunitarie, Lola, Irina e Carmen, arrivate in Italia con passati difficili e tragici alle spalle, che si scontrano con la diffidenza del gruppo di anziani che devono assistere. Presentata in anteprima alla Mostra internazionale d’Arte Cinematografica al Lido di Venezia nel 2014 , la pellicola, che vede nel cast anche Pino Ammendola, è stato girata tra il Veneto, l'Alto Garda e la Malesia. “Un film dedicato alla vecchiaia, al passato e ai giovani”, il suo, con scorci meravigliosi della città scaligera che portano a perdersi tra le sale di Villa Arvedi, la cucina del ristorante “La Genovese”, il Museo Del Vino di Illasi. Un omaggio sincero alla città che per l'occasione è stata ripresa anche dall'alto con l'ausilio di un drone. Arricchiscono il finale con le loro note i Blues Company Verona.

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I 100 anni della Grande Guerra

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Maria Fioroni e la pedagogia

patriottica tra Otto e Novecento

Alla storia concesse la sua casa. Alla beneficenza concesse il suo tempo. Alla generosità concesse il suo spirito. Alla patria concesse il suo amore. Vi raccontiamo di Maria Fioroni, archeologa, collezionista, filantropa e crocerossina di Legnago. di Giovanna Tondini

N

ata nel 1887 in quella che al tempo si chiamava Massa Superiore (oggi Castelmassa) e divenuta cittadina di Legnago, Maria fu «una delle figure di spicco nel panorama culturale veronese del secolo scorso». Soprattutto quando, negli anni Venti, cominciò un’intensa attività di ricerca archeologica. La sua passione per il passato dell’umanità la indusse ad adibire la sua casa di via XX settembre a museo. Inaugurato nel 1937, esso fu oggetto di attenzione da parte dei media nazionali. «Si trattò di una delle aggregazioni più interessanti per la qualità e per l’unicità dei materiali, imponendosi in Veneto come una delle contestualizzazioni museali private più rappresentative». Fu qui che Maria annidò il suo sentimento patriottico, condividendolo con il pubblico. Furono infatti le «collezioni risorgimentali a costituire il fulcro espositivo del museo». Seguendo le otto stanze in cui si sviluppa il percorso risorgimentale, dalla sala napoleonica si attraversa il corridoio del Risorgimento, la sala del 1848, la Sala Bonomi, famiglia facoltosa di Legnago, quella dei 200 patrioti legnaghesi che parteciparono alle battaglie del Risorgimento, per giungere alla sala Garibaldi, che ripresentava la stanza dell’albergo Paglia in cui dormì il generale il 10 marzo 1867.

Maria dette così visibilità a quell’amore per la patria trasmesso in famiglia. Anzitutto dal padre, Enrico, combattente nella battaglia di Bezzecca. E dal prozio, Marino Bevilacqua, che come «intimo del generale Garibaldi e di Giuseppe Mazzini, aveva retto le sorti di molti dei comitati segreti che contribuirono a tenere unite le fila dei fuoriusciti veneti in Lombardia». La giovane studiosa ascoltò senz’altro i racconti dei familiari tra le mura di casa. Colse lo spirito, le ragioni, di quella lotta decennale che portò all’unità dell’Italia. Sul suo comodino non sarà mancato il libro per eccellenza del patriottismo italiano. Nelle pagine di «Cuore» di De Amicis era palesato il senso di questo amore, della nazione come comunità di discendenza. «Perché amo l’Italia? Perché mia madre è italiana, perché il sangue che mi scorre nelle vene è italiano, perché italiana è la terra dove sono sepolti i morti che mia madre piange e che mio padre venera… Ella è una così grande e sacra cosa», scriveva il padre al figlio Enrico. La pedagogia patriottica aveva posto le sue basi a partire dall’Unità d’Italia, seppure in maniera più «moderata» rispetto a quella di inizio Novecento, e con protagonisti principali le famiglie borghesi e i loro figli. Era infatti la famiglia il primo nucleo di nazionalizza-

Maria Fioroni

zione. «Di educazione al senso dell’autorità, della disciplina personale e dell’etica del lavoro». Così attraverso il racconto di genitori, nonni, parenti, perfino domestiche, attraverso le letture di opere tra cui spicca «Cuore», i giovani rivivevano i momenti salienti che portarono all’unificazione. «In tutti gli strati sociali poteva capitare di avere un ascendente o un parente o magari un conoscente che aveva indossato la camicia rossa e partecipato all’impresa dell’Eroe dei due mondi», Garibaldi. Così Maria avrà letto “Il giornalino della domenica” o “Lo scolaro”, tutta quella letteratura per ragazzi all’insegna della nazionalizzazione. Avrà appreso dalle lezioni scolasti-


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55 Illustrazioni del giornale della domenica

no poi esercitare liberamente i loro diritti di cittadini, sappiano quante lotte, quanti dolori è costata la libertà che godranno, ed imparino ad amare la patria, ad avere riconoscenza per chi la riunì indipendente in un solo Stato e a essere de-

gni di lei, ogni ora, coi pensieri e con le opere». Avrà rivissuto la memoria della patria per le strade delle città dove venivano eretti monumenti, intitolate strade ai patrioti, dove lo spazio urbano veniva ormai inteso come un grande «palcoscenico patriottico». Non esitiamo quindi a pensare che questa riconoscenza verso gli antenati, questo sentimento ereditato in famiglia, abbia portato la Fioroni a impegnarsi a favore dei più sfortunati della Prima guerra mondiale quale volontaria della Croce Rossa. Una delle case editrici più in auge al tempo, la Bemporad, sosteneva che «una guerra non si fa, non si combatte e soprattutto non si vince, se tutto un popolo, o almeno la parte migliore di esso, non la comprenda, non la spieghi, non la giustifichi». E certo il messaggio pedagogico fu ricevuto e interiorizzato da molti. Come Maria. Infoval srl

che il messaggio patriottico. Perché, come scriveva Neretti nella Prefazione a Il Risorgimento nazionale del Libretto per la terza classe elementare (1903): «E’ necessario che i nostri fanciulli i quali, compiuto l’obbligo dell’istruzione, potran-

I 100 anni della Grande Guerra

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Ritorno al passato, ritorno alle origini

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Becoming “Childhood’s Dream” dalla musica dei mangiacassette ai palchi del 2015 Chi l’ha detto che la sfida con il tempo la vince sempre il nuovo? Ci sono note che rimangono dentro e non invecchiano mai. Progressive Rock, Pink Floyd, King Crimson, non aggiungiamo altro. a cura di Marco Nicolis

Lorenzo Manfro basso Massimo Piubelli chitarra Franco Zampieri voce e piano Alessandro Zardini batteria Antonio Zuffelato tastiere

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a musica è un “pianeta” strano, un universo pressoché infinito, quindi capita spesso che alcuni generi, influenze, movimenti musicali, con il tempo, vengano lasciati un po’ da parte, destinati ad essere seguiti ed apprezzati solo da pochi luminari, eroi dell’eterna ricerca tra dischi e vinili di qualche anno più in là. Ma, quando i nostri “esploratori” riscoprono qualche tesoro, qualche pietra miliare, ecco che tutto torna al suo posto, tutto ritorna terribilmente attuale. Questo esempio calza alla perfezione anche per i Childhood’s

Dream (un nome che è tutto un programma, ripreso da “Misplaced Childhood” album dei Marillion, giunto ormai alla soglia dei trent’anni, ndr). Cinque componenti, cinque esperienze diverse, un solo tesoro, caduto, quasi per caso, davanti ai loro piedi. Parliamo di Progressive Rock, parliamo di anni ‘70, di Genesis, Yes, King Crimson, Pink Floyd, ma anche dei più “recenti” Marillion ed IQ, ecco in breve di cosa stiamo parlando. Però questa volta non ci troviamo di fronte ad una Tribute Band a tutti gli effetti, ma a 5 musicisti che, aggrappati al loro eterno “sogno di bambini”, ripropongono le pietre miliari e i grandi classici del rock con targa anglosassone, approcciando i pezzi con la propria sensibilità, il proprio orecchio, le proprie idee, lasciando da parte la fedele riproduzione da semplici soldatini ben addestrati armati di basso e chitarra. Ma l’interpretazione dei “Child” sarà

piaciuta anche fuori dalle pareti insonorizzate della sala prove? Beh, che dire, su e giù da un palco all’altro, da un pubblico più o meno interessato al genere ad uno più attento, le prime impressioni sono state positive e le soddisfazioni sono arrivate. Quindi avanti tutta, il progetto procede, si evolve e ormai come vuole la consolidata prassi del nostro tempo, sono arrivate anche iscrizioni e partecipazioni a contest e festival, vero e proprio banco di prova delle band del ventunesimo secolo. Nonostante la non più giovanissima età dei componenti, la molla migliore per continuare è proprio questa; soddisfazioni e voglia di mettersi sempre in gioco. E poi, voi come vi sentireste a suonare al fianco di chi, fino a poco tempo fa, rappresentava la vostra primaria fonte d’ispirazione artistica, la più classica delle band affermate, che voi seguivate, da semplici ascoltatori interessati ai piedi del palco?


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Ritorno al passato, ritorno alle origini

Verona Risuona X Edition “Ab Ovo” Concerti, installazioni e performance nei luoghi conosciuti e sconosciuti di Verona. Una manifestazione affascinante che dopo dieci anni trova ancora modo di esprimersi, tra sound art della preistoria e note del futuro.

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erona Risuona spegne le sue prime 10 candeline, una decade che, visti i risultati, sembra decisamente ben portata. La manifestazione, promossa dall’Accademia di Belle Arti di Verona, dal Conservatorio dall’Abaco di Verona e dall’Accademia di Musica e Teatro di Göteborg, in collaborazione con l’Associazione Culturale Diplomart e patrocinata dal Comune di Verona, è andata in scena dal 2 al 6 giugno, con una prima parentesi di presentazione il 29 maggio, prolungandosi poi, a differenza degli altri anni (le passate edizioni avevano durata giornaliera ), per quasi una settimana, offrendo agli interessati un format leggermente diverso e più innovativo. Oltre alla serie di concerti, installazioni e performance live a cui eravamo abituati, l’edizione 2015, intitolata “Ab ovo”, (tradotta letteralmente dal latino significa: “dall’uovo”, “da molto lontano”, “dalle più remote origini”, ndr), ha introdotto alcuni elementi tematici innovativi con installazioni e video proiezioni, strizzando

Alcune performance di Verona Risuona

anche l’occhio ad una tematica di estrema attualità quale l’Expo di Milano. Il tema centrale della manifestazione però non si è discostato dalle precedenti edizioni, mostrando il proprio lato artistico musicale, unendo oltre ad ospiti e talenti italiani anche molti stranieri, dando così un aspetto di ulteriore internazionalizzazione alla manifestazione 2015. In contemporanea è nata anche la prima app di Verona Risuona (http://www.veronarisuona.org/ application), ideata con lo scopo di dare uno strumento a chi si ritiene davvero un amante della sound art, rendendo possibile scrivere in maniera dettagliata ciò che si vorrebbe

realizzare dalla prossima edizione. Gli organizzatori dell’evento si sono infine mostrati davvero soddisfatti per la buona riuscita di questa decima edizione, sia per la notevole affluenza di pubblico, eterogeneo e interessato a più aspetti degli eventi andati in scena, sia per le location utilizzate. Infatti i luoghi di incontro sono stati tanti e diversi, dal Giardino di Palazzo Bocca Trezza fino alla sede della cooperativa sociale Canarin. Ora guardiamo avanti, in vista del prossimo anno le idee sono già tante. Chissà che non ci sia qualche nuova sorpresa ad attenderci.

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RUBRICA

Il libro: narra la storia di Miro, un ragazzo di 11 anni e del suo cane Tito (3 anni). Vivono

felici in una normale famiglia, fino a quando a scuola viene letto un incomprensibile editto «Il sire comanda al suo popolo che i cani di tutte le razze, taglie ed età siano banditi dal Regno con ogni mezzo possibile». I cani in questo regno sono importanti lavoratori: tutte le famiglie ne possiedono uno. Un precedente Editto aveva eliminato tutti i gelsomini, ma «i fiori non hanno voce. O almeno nessuno la sentì». La famiglia di Miro si ribella a questo nuovo proclama. Tocca a Miro portare in salvo Tito. Un viaggio non da «solo», perché è con il suo cane. Insieme, per un Sire «impazzito di noia», si ritrovano nella lunga «notte più nera del mondo»; Miro si aggrappa ai ricordi, mentre affronta «il vuoto, la fatica e tutto il resto» e non si fa schiacciare dalla «paura», dalle «due iene: la fame e la sete», dal «pericolo» e dal «sospetto». Poi spunta la «SPERANZA»

Autori: Beatrice Masini Titolo: Solo con un Cane Il mondo dietro gli occhi chiusi. Edizioni: Fanucci Editore Prezzo: 9,90 euro - Pagine: 138 recensione a cura di Alessandra Scolari

a cura di Mattia Zuanni

BOX OFFICE

fotografa il QR per vedere il trailer

L’Autrice: Beatrice Masini è nata a Milano dove vive e lavora come giornalista, scrittrice ed editor del marchio per ragazzi (Fabbri). Ha scritto molti libri per ragazzi, dagli album illustrati ai romanzi per adolescenti. E’ traduttrice della saga di Harry Potter e i suoi libri sono, a loro volta, tradotti in ben quindici Paesi. Nel 2004 ha vinto il Premio Pippi,; ha vinto anche il Premio Elsa Morante Ragazzi e il Premio Andersen come miglior autrice. E’ stata definita anche «una delle più intriganti firme della nuova narrativa per ragazzi». Curiosità: Solo con un cane” è ambientato in un Regno sconosciuto, dove si mescolano fiaba e riflessioni ed emergono i rapporti intensi fra animali e umani. Lungo il faticoso percorso vi è uno scambio reciproco: una volta tira Miro e una volta il cane Tito. Il linguaggio della Masini è semplice, lineare, accattivante per la sua vena poetica e per i dettagli molto studiati. Interessante anche la copertina che introduce il lettore nel racconto. Lo consiglio a ragazzi/e (dagli 11 anni) e agli adulti che hanno un rapporto speciale con i propri animali domestici.

Il film: Chloe si trova in aeroporto per incontrare suo padre, Rayford, un copilota di aerei. Per caso stringe amicizia con Buck, il quale sta per prendere proprio lo stesso volo . Durante il viaggio, e mentre Chloe è in compagnia del fratello più piccolo Ravmie, milioni di persone in tutto il mondo scompaiono all’improvviso senza lasciare traccia. Scoppia il caos generale, i veicoli sbandano e molte persone si trasformano in criminali. Tra gli scomparsi, anche Ravmie e la mamma, così Chloe, pensando di aver perso anche suo padre in seguito ad uno schianto, pensa al suicidio. Fortunatamente riesce a mettersi in contatto con Buck e suo padre, i quali sono convinti si sia verificato l’evento scritto nella Bibbia del Rapimento della Chiesa. Curiosità: La pellicola, sarà il primo capitolo di una nuova trilogia e potrà contare su un budget di 15 milioni di dollari. Il film è l’adattamento cinematografico del romanzo “Gli esclusi”, primo dei sedici capitoli della serie fantastico-apocalittica Left Behind, scritta da Tim LaHaye e Jerry B. Jenkins dal 1985 al 2004, basata sulle profezie bibliche di Giovanni, Ezechiele e Daniele.

Classici da non perdere...

Titolo: Left Behind - La profezia Genere: Azione, Fantascienza Durata: 110 minuti Regia: Vic Armstrong Attori: Lea Thompson, Nicolas Cage, Chad Michael Murry, Nicky Whelan Uscita (Italia): 29 luglio 2015

Titolo: Via da Las Vegas Genere: Drammatico Durata: 111 minuti Regia: Mike Figgis Attori: Nicolas Cage, Elisabeth Shue, Julian Sands, Richard Lewis Ben Sanderson è un uomo che ha perso tutto, prima la famiglia e poi il lavoro. Alcolizzato, decide di andare a Las Vegas per ubriacarsi fino a morire. Ma il destino è dietro l’angolo, e proprio là Ben incontra Sara, una disperata prostituta. Tra i due nasce un amore profondo, capace di soddisfare il loro bisogno di non sentirsi soli. La loro vita però pare già segnata: Ben accetta a malincuore la professione di Sara, mentre lei non riesce a distoglierlo dall’alcool.


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Inaugurato il parco che unisce il calcio al golf

A Verona il primo

SPORT E TERRITORIO

di Giovanni Melotti

Footgolfpark italiano

Calciare un pallone e provare ad andare in buca col minor numero di colpi possibile. Il nuovo parco, primo in Italia, che coniuga il piacere del calcio con la precisione del golf è stato inaugurato il 13 giugno a S. Martino Buon Albergo. Abbiamo sentito l’ideatore del progetto Ugo Vigliani, che ci ha spiegato come si trasforma un sogno in realtà.

U

n campo d’erba verdissima, 18 buche e un pallone da calcio. Signore e signori questo è il Footgolf. «Un mix di calcio e golf in cui l’obiettivo è andare in buca, calciando un pallone, nel minor numero di colpi possibili. Conta molto la precisione ma ancor di più la sana voglia di divertimento», spiega Ugo Vigiliani, ideatore e promotore del progetto. Un gioco pensato per tutte le età, dove competizione e rivalità non trovano spazio. «Durante i miei viaggi commerciali nell’Europa del Nord intorno agli anni ‘90, ho visto per la prima volta un padre che giocava con tutta la sua numerosa famiglia. Sbagliavano la buca, ridevano, riprovavano, esultavano. Era una partita di Footgolf. Ho pensato che presto o tardi ci avremmo giocato anche a Verona, e quel sogno è divenuto realtà».

Un progetto vincente che valorizza lo sport come momento d’aggregazione e che permette ai più grandi di andare a recuperare emozioni e ricordi impolverati di gioventù. «L’uomo non smette di giocare perché invecchia ma invecchia perché smette di giocare, diceva George Bernard Shaw. Diventare grandi non significa automaticamente smettere di essere bambini. Il bambino dentro di noi continua ad alimentare un mondo di fantasia, emozioni e bellezza. Esso è la parte più spontanea e sincera di noi. Io vorrei contribuire, per qualche ora, a liberare il bambino che è in noi». E anche per quanto riguarda il ramo turistico il parco promette bene. «Il Footgolfpark sorge perfettamente a cavallo tra San Martino Buon Albergo e Lavagno. Sta già attirando molte famiglie che arrivano, giocano un paio di giorni, dor-

mono e mangiano nelle strutture a noi vicine. Creano insomma un indotto importante che crescerà in modo esponenziale con l’aiuto e il sostegno di politiche amministrative incisive e mirate. La nostra struttura ospita già altri sport come il bubble football, una sorta di calcetto in cui i giocatori sono “infilati” all’interno di grandi palloni, e il green volley». Un gioco per tutti, ma anche un’occupazione per tanti: «Abbiamo voluto investire nello sport con una start-up innovativa che ha dato lavoro a circa venti persone e continua ad offrire opportunità di occupazione. Con l’apertura del ristorante e del secondo bar, avremo sempre bisogno di forza lavoro. Dare lavoro ai giovani, riconoscere loro il merito e farli crescere professionalmente è un successo personale oltre che un processo di crescita sociale della comunità. Credo fermamente che un imprenditore debba avere il coraggio di credere nei propri sogni. Io ho ascoltato il bambino che ho dentro di me e l’ho fatto».


SPORT

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Anno indimenticabile per il Polo Unico GrezzanaLugo

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È QUI LA FESTA...

e il calcio che vorremmo

di Matteo Scolari

La stagione calcistica appena conclusa verrà ricordata in Valpantena per la storica, doppia e contemporanea promozione alle categorie superiori delle prime squadre di Grezzana e di Lugo, ma tanti sono stati i successi a livello giovanile. Risultati straordinari, frutto di un percorso ambizioso, e coraggioso, iniziato nel 2011.

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e ci fossimo impegnati a scrivere una trama di un film con un finale del genere, beh, non ci saremmo riusciti. Ciò che è accaduto in questa straordinaria annata calcistica alle due prime squadre di calcio dilettantistico di Grezzana e Lugo, l’Union e il Real, ha davvero i contorni di un evento tanto irripetibile quanto memorabile. Le due squadre, che fanno a capo a un’unica associazione, il Polo Unico Grezzanalugo, sono arrivate la stessa domenica, il 31 maggio 2015, a giocarsi con il terzo turno di play off l’accesso alle rispettive categorie superiori: la Promozione per l’Union e la 1^ categoria per il Real. Ebbene, come nelle più classiche delle favole a lieto fine, entrambe le formazioni sono riuscite nell’impresa battendo nell’ordine, l’Olimpica Dossobuono e il San Giovanni Ilarione. Due squadre, quelle allenate dai tecnici arancioblù Andrea Matteoni e neroverde Michael De Santis, amalgamate la scorsa estate dal direttore sportivo Domenico Veronesi, coinvolgendo principalmente ragazzi del territorio e con l’obiettivo primario di arrivare a maggio con una tranquilla salvezza in tasca. Durante l’anno, invece, con qualche piccolo calo fisiologico del tutto normale, sia Union che Real hanno dimostrato di avere nella forza del gruppo la marcia in più, che ha permesso loro di giungere allo sprint finale con una brillante forma fisica e mentale. Entusiasti i due presidenti, Dino de Paoli ed Enrico Dal Corso, per un doppio successo che ha il sapore di un vero e proprio traguardo storico. «Ho vissuto dalla Sicilia, minuto per minuto, mentre ero là per

Union Grezzanalugo promosso in Promozione

Real Grezzanalugo promosso in 1^ Categoria

lavoro, l’attesa del risultato finale, e quando ho saputo che ce l’avevamo fatta non ho dormito per tre notti» racconta De Paoli. «A Lugo siamo come in una grande famiglia dove ci si aiuta tra dirigenti e giocatori. La vittoria finale è stata ancora più bella perché inaspettata. Pensare che anche l’Union sia riuscita lo stesso giorno a raggiungere il medesimo risultato ha dav-

vero dell’incredibile» aggiunge Dal Corso. Felice per la doppia promozione anche Riccardo Bertagnoli, presidente del Polo Unico GrezzanaLugo, l’associazione che raggruppa dal 2011 sotto un unico cappello le due società trionfatrici della Valpantena: «Il successo di quest’annata a livello di Prime Squadre e anche degli anni precedenti tra le


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Anno indimenticabile per il Polo Unico GrezzanaLugo

file dei ragazzi più giovani, è frutto di un grande lavoro svolto dal 2011 in particolare sul settore giovanile» afferma Bertagnoli «Fin dai primi anni dalla nascita del Polo, ci siamo impegnati a insegnare ai bimbi delle scuole calcio e delle altre categorie dei ragazzi a vedere le due società come un’unica realtà e questa scelta, che parte dal basso, dalle nuove generazioni, sta dando ottimi risultati». Ai successi dei più grandicelli, hanno corrisposto risultati eclatanti delle squadre giovanili coordinate dai responsabili Alvaro Aloisi e Paolo Zanotti. Come non ricordare, sempre quest’anno, il primo posto degli Allievi provinciali e il secondo posto degli Esordienti 2002 del Real che hanno avuto il privilegio di disputare la finalissima allo stadio Bentegodi? Andando a ritroso, stagione 2013-2014, il titolo provinciale Juniores dell’Union, con promozione nella categoria regionale e l’anno prima i successi ai prestigiosi tornei Beppe Viola di Trento e Gardaland International per i Pulcini 2002. «In queste prime quattro stagioni sono stati raggiunti obiettivi molto più alti di quelli che erano stati prefissati all’inizio del progetto» prosegue Bertagnoli «Ad oggi il Polo conta oltre 400 tesserati e ha raggiunto risultati qualitativi e sportivi in tutte le fasce di età. Penso che tutto questo non si sarebbe potu-

to realizzare se non concentrando le risorse e trovando sinergie sul territorio che coinvolgono tutti, dall’amministrazione comunale ai dirigenti, dagli allenatori alle famiglie fino ai ragazzi». «Proprio sul tema formazione vorrei spendere le ultime parole» conclude il presidente Riccardo Bertagnoli «Per offrire un servizio di qualità, ma allo stesso tempo contenere i costi, ogni squadra ha un allenatore di grande esperienza affiancato da due ragazzi tra i 16 e i 20 anni che hanno così la possibilità di imparare sul campo. Dal 3 a 31 luglio, infine, saranno aperte le iscrizioni alla prossima stagione 2015-2016». Sono tante le persone che andrebbero citate al termine di un’annata così trionfale, per il tempo, la passione e la volontà che mettono a disposizione di tutti sul campo e fuori dal campo. A loro e a due persone speciali che la comunità della Valpantena porterà sempre nel cuore, le società di Union e Real dedicano i successi 2014-2015 e quelli che verranno.

I dirigenti del Polo Unico e alcune squadre giovani

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Brevi da Verona e Provincia

di Marco Nicolis

STALLAVENA

La seconda edizione del torneo Fidas Zona Nord di calcio a 7 Torna, per il suo secondo anno di vita, il torneo Fidas Zona Nord di calcio a 7. Organizzato sul rettangolo verde di Stallavena, il torneo, a scopo benefico, ha dato inizio all’edizione 2015, il 19 giugno scorso, in contemporanea con la sagra di Stallavena. Il torneo si terrà ogni lunedì, mercoledì e venerdì del mese di giugno e luglio. Ampliato fino a 12 squadre rispetto alle 8 del precedente anno, il torneo è accompagnato da stand enogastronomici e, mantenendo fede alle premesse che ne avevano accompagnato la prima edizione, devolverà l’incasso complessivo in favore dei più bisognosi. Per informazioni: Marco Nicolis: 3473782920 – Renzo Vanti: 3478489973 – Loris Corradi: 3478060050

POIANO

Mamme e papà in campo per una festa dello sport

di Luca Spaziani

Ogni fine settimana sono migliaia i genitori che affollano i campetti da calcio per ammirare le gesta dei loro figli, sperando magari di vedere in loro dei potenziali campioni in erba.Lo scorso 1 giugno, a Poiano, i ruoli si sono invertiti: per una volta sono stati bambini e ragazzi a riempire le tribune per sostenere i loro genitori, 22 mamme e 15 papà scesi in campo insieme per una sfida sulla carta impari ma vinta dagli uomini solo ai rigori. L’iniziativa, alquanto singolare, è stata organizzata dalla società sportiva Juventina Valpantena, per vivere un momento di festa dello sport e della famiglia diverso dal solito. L’evento è caduto peraltro in un momento molto delicato per il calcio femminile, dopo le frasi di un dirigente della Lega Pro, poi rimosso, che intendeva ridurre i finanziamenti alle atlete additandole come “quattro lesbiche”. A chi vorrebbe ostacolare il ruolo delle donne nel calcio le mamme di Poiano hanno risposto sul campo, con tutto il loro entusiasmo, dimostrando quanto sia importante dare la possibilità a tutti di mettersi in gioco.

MONTAGNA VERONESE

Idee ad alta quota

di Miryam Scandola

Il “ Raccolto delle Idee”. Così si chiama il percorso che il GAL Baldo-Lessinia ha deciso di intraprendere per costruire il programma di interventi da finanziare nei prossimi anni (PSL 20142020), partendo dalle esigenze, dalle idee e dai progetti del territorio della montagna veronese. Un percorso di coinvolgimento del territorio, attraverso una serie di incontri pubblici; l’intenzione è quella di ascoltare per rispondere in maniera chiara e forte ai bisogni della montagna veronese e dei suoi abitanti, partendo dalla loro voce. La collaborazione di tutti è preziosa. Per informazioni www.baldolessinia.it

VERONA

Graduation Day: le eccellenze dello IUSVE incontrano il mondo del lavoro Si è svolto il 19 giugno, nella nuova sede di Verona, il tradizionale Graduation Day dell’Istituto Universitario Salesiano di Venezia, un evento che ha offerto a oltre 150 laureati in Comunicazione l’opportunità di incontrare le aziende del territorio. Presente a Verona dal 2007, da 25 anni lo Iusve organizza corsi di laurea in Psicologia, Pedagogia e Comunicazione. L’iniziativa rappresenta solo una delle modalità con cui l’Istituto accompagna i suoi studenti nel mondo del lavoro, oltre ai tirocini formativi e ai workshop intensivi. Nel corso dell’incontro è stata consegnata alle aziende anche una pubblicazione con i dati degli studenti e i loro lavori, uno strumento utile per avviare un contatto con dei potenziali candidati. Solo a Verona gli iscritti ai corsi Iusve sono oltre 400.

di Luca Spaziani


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