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Anno 8, Numero 9
Novembre 2015
www.verona-pantheon.com
VER NA
NETWORK
In bilico tra dialettica e comprensione. Dire, nascondere, fraintendere: quali sono i confini del linguaggio?
parole ECONOMIA
DONNE
CULTURA
ANIMALI
Verso un polo finanziario veneto
A tu per tu con Lella Costa
Riapre il Museo degli Affreschi
Cani d’allerta per il diabete
Caldaia a pezzi di legna installata in un’abitazione del 1990 a Velo Veronese, modello S4 50kw con ACCENSIONE AUTOMATICA, 2 accumuli inerziali da 1500lt ciascuno, un boiler sanitario da 1000lt con integrazione solare, metri quadri riscaldati 300 con possibilità di ampliare il circuito anche al fabbricato a fianco attualmente servito anch’esso da una caldaia a legna ma di vecchia concezione
Caldaia a pezzi di legna installata in un’abitazione del 1970 a Velo Veronese modello S4 28kw, metri quadri riscaldati ca. 150, un accumulo con ACS istantanea capacità 1700lt, gestione del riscaldamento con regolazione climatica
EDITORIALE di
Matteo Scolari
@ScolariMatteo
“Quella che stiamo vivendo non è una guerra tra religioni, è una guerra dettata da scelte politiche sbagliate. Non nominiamo il nome di Dio invano”
Sono gli uomini che hanno dissuaso Dio dall’esistere. Gesualdo Bufalino
A
vrei voluto iniziare e riempire d’inchiostro questo spazio con ben altre parole, con ben altri argomenti. I tragici fatti di Parigi, però, così come hanno scosso voi e l’intera comunità internazionale, hanno lasciato una sensazione di immenso vuoto e sconsolazione anche in me. Sfoglio le immagini dei volti delle vittime di quella sera, 129 fino ad ora: visi giovani, sorridenti, pieni di vita, pieni di sogni e di speranza. Li sento vicini, potrebbero essere miei coetanei. Provenivano da 26 Paesi diversi, e il loro destino si è incrociato fatalmente, e per l’ultima volta, nel cuore della Francia, in quella che dovrebbe essere, e lo è sempre stata, la più bella capitale d’Europa. Tra loro l’italiana Valeria Solesin, 28enne, dottoranda in demografia alla Sorbona che per alcuni giorni abbiamo sperato fosse viva, da qualche parte. Ma non è stato così. Proseguo scorrendo quelle immagini. Incontro gli sguardi di Kheireddine Sahbi, giovane violinista algerino di grande talento iscritto anch’egli alla Sorbona; di Élodie Breuil, 23 anni, studentessa francese all'École de Condé di design e fotografia. Aveva marciato a gennaio con sua madre dopo il massacro di Charlie Hebdo in sostegno delle vittime. Di Luis Felipe Zschoche Valle, musicista 35enne del Cile, chitarrista e membro della band Captain Americano; di Cécile Misse, 32 anni, responsabile della produzione al teatro Jean Vilar Suresnes di Hauts-de-Seine; di Mathieu Hoche, 38 anni, tecnico al canale televisivo France24; di Mohamed Amine Benmbarek, architetto di 28 anni marocchino, ma residente a Parigi dove insegnava all'Ensa, la scuola nazionale superiore d'architettura; di Arianne Thrillier, talento del fumetto, disegnatrice della casa statunitense Urban Comics; di Raphael Hilz, 28 anni, tedesco, architetto e collaboratore di Renzo Piano; di He-
lene Muyal, 37 anni, make up artist e giovane madre di un bambino di un anno e mezzo; di Valentin Ribet, studente di Legge alla London School of Economics; di Alberto Gonzalez Garrido, 29enne ingegnere di Madrid; di Quentin Mourier, francese, 29enne, architetto all'Atelier Grand Paris; di Nohemi Gonzales, 20 anni, messicana, che a Parigi frequentava lo Strate College Design. Potrei proseguire ancora a lungo con la lista, e lo farei anche solo per ricordarli uno a uno. Giovani ragazzi e ragazze, talenti, la cui vita è stata spezzata in un venerdì qualunque, a una cena al ristorante, per strada o a un concerto di musica rock. Perché tutto questo? In nome di chi? Di Dio forse? Non scherziamo! Sono pienamente d’accordo con Papa Francesco, quando dice che compiere barbarie in nome di Dio, qualunque esso sia, è un atto gravissimo, è una bestemmia. Nessun Dio, nessuna religione, nessun testo sacro predica odio o violenza contro il genere umano. Nemmeno il Corano. Quella che stiamo vivendo non è una guerra tra religioni, è una guerra dettata da scelte politiche sbagliate che affondano le radici nel passato e nel presente e di cui la comunità internazionale e le parti coinvolte, sono ben a conoscenza. Ognuno di noi, in cuor suo, anche in quello degli attentatori che hanno dimenticato di averlo, sa che Dio è amore, è pace, è fraternità tra i popoli. Non tiriamo in ballo il Creatore. Non inquiniamo la sacralità di Cristo, di Allah, di Yahweh. Non abbassiamoci a un livello così becero della vita. Preghiamo, insieme, per quei ragazzi di Parigi, per i loro genitori distrutti dal dolore. Preghiamo per le migliaia e i milioni di vittime che ogni anno muoiono in tutto il mondo per una responsabilità diretta delle scelte politiche dei governi internazionali. Non nominiamo il nome di Dio invano. Tantomeno per giustificare guerre o per nascondere i nostri peccati.
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IL MATTINO
Registrazione Tribunale di Verona n.1792 del 5/4/2008 - Numero chiuso in redazione il 18/11/2015
SOMMARIO
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BOX OFFICE
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Bellezza al Naturale
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PRIMO PI A NO L e pa r o l e c h e s i a m o Vizi, virtù (e potere) del linguaggio
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BREVI DA VERONA
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FINA N Z A “ V ero na c i ty ” Verso un polo unico? La città si interroga
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IN CUCINA CON NICOLE
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C RE D I T O& I M PR E S A
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AGROALIMENTARE
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INTRAPRENDENZA FEMMINILE
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IL PERSONAGGIO
A pi nd u s t r i a ,
LA NUOVA GENERAZIONE
CIBO: La sfida che ci attende
Ne parliamo con l'On. Paolo De Castro
A tu per tu con Lella Costa
Le cave della Lessinia si trasformano
Il progetto dell'architetto Zardini
H I T E CH I l V ero na Fa bLa b fa i l b i s L'inaugurazione della nuova sede in centro
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SALUTE Un tablet per rompere il silenzio L'innovativo comunicatore per ragazzi con disabilità
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C ULTURA
Un a ltro ta ssel l o a l m o s a i c o de lla c i t tà
STORIE DI STORIA A NIM A L I & CO SP OR T
Riapre il Museo degli Affreschi La Grande Guerra IN MUSICA
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Cani d'allerta al servizio dei padroni malatI
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Quando il dolore si fece canto
A mi c i a quat t r o za m p e
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Sc i d i f o nd o, fac c i a m o lo i n s i e m e
Il consorzio dei quattro club scaligeri
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Redazione e Collaboratori
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PRIMO PIANO
L E PA RO L E C H E S I A M O di
Giulia Zampieri
giulia.zampieri@verona-pantheon.com
P
artiti, politici, sindacati: le parole del passato. Famiglia, merito, bene comune: le parole che guideranno il nostro futuro. E al centro: la Democrazia. Questo è il “Lessico del Futuro” secondo il sondaggio Demos-Coop condotto a Maggio 2015. Per l’occasione, è stato sottoposto alla valutazione dei cittadini un vero e proprio sillabario, una serie di parole attinte dal linguaggio dei media e della vita pubblica, per misurare il sentimento suscitato da queste parole nel sentire comune. Il risultato è una «mappa del linguaggio del no-
Un’indagine condotta da Demos-Coop ha individuato le parole chiave del passato e del futuro. Oltre la sfiducia nelle istituzioni con il linguaggio ostile del “burocratese”e la spesso inutile oscurità del linguaggio pubblico, c’è l’importanza della nostra consapevolezza. Perché le parole fanno la differenza, e per un futuro più chiaro possiamo partire da parole, quelle del presente, più limpide. stro tempo››, come definita dal sociologo Ilvo Diamanti, che esprime da un lato una diffusa delusione nei confronti di politica e istituzioni, forse proprio perché incapaci di dialogare in modo chiaro ed efficace con i cittadini, dall’altro la fiducia in quei valori su cui si costruisce il nostro presente e che saranno le fondamenta del nostro futuro. Al confine, tra disincanto e speranza, sta la Democrazia; il termine più controverso e dibattuto, proprio a causa dei cambiamenti che interessano il nostro tempo e che stanno attraversando le istituzioni: i partiti, lo Stato, l’Unione Europea.
Diritto e dovere di Parola In questo scenario, in un’Italia in cui spesso la classe dirigente è incapace di interpretare le reali esigenze della cittadinanza, in un’epoca di “crisi della democrazia” e in una società sempre più complessa, c’è un presupposto imprescindibile: ritornare a prendersi cura delle parole, come incita il giurista Gustavo Zagrebelsky nel suo Decalogo contro l’apatia politica. Il tema potrebbe sembrare materia da linguisti o intellettuali, una questione astratta che non ci riguarda. Tutti però abbiamo a che fare con il linguaggio, ogni giorno, e con la distanza, sempre più ampia, tra le parole e i fatti. Con la perdita di concretezza della nostra lingua. Inoltre, ricorda Zagrebelsky, più ricca sarà la quantità e la qualità delle parole del nostro “vocabolario collettivo”, più giusti e chiari saranno i nostri pensieri e le nostre idee e, con essi, le nostre capacità di analizzare e comprendere la complessità del tempo presente. Per questo, è dovere di coloro che la lingua della burocrazia, dell’amministrazione, del diritto e dei media la esercitano in modo attivo ritornare a prendersi cura delle parole, perché dire qualcosa comporta (o almeno così dovrebbe), sempre, un impegno di verità. E perché, come afferma Tullio De Mauro, «chi è al servizio di un pubblico ha il
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Vizi, virtù (e potere) del linguaggio
Bisogna trovare le parole giuste le parole sono importanti! (Nanni Moretti)
dovere costituzionale di farsi capire››. Ma la cura delle parole è anche il compito di tutti i cittadini, i destinatari che questa lingua la vivono in modo (solo apparentemente) passivo, perché capire è un diritto di tutti e la condizione fondamentale per la
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nostra libertà di parola. Perché la democrazia non è da cercare solo nella cabina elettorale, nel momento delle «elezioni libere, corrette e aperte a tutti» (Huntington) ma, ancor prima, nel dialogo vivo che è possibile solo quando c’è reciproca compren-
sione. E allora partiamo proprio dalle parole del nostro presente, dalla salute nel nostro linguaggio quotidiano per migliorare il presente e magari anche il futuro. Partiamo dalle parole che usiamo e che definiscono quello che siamo.
17/11/15 12:46
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PRIMO PIANO
Le parole precise dell’etica civile
«
N
on è possibile pensare con chiarezza se non si è capaci di parlare e scrivere con chiarezza», il nostro modo di esprimerci è, in qualche misura, anche il nostro modo di essere. Questo afferma il filosofo John Searle e così si apre Con parole precise Breviario di scrittura civile, l’ultimo lavoro di Gianrico Carofiglio, presentato a Padova in occasione della Fiera delle Parole. Domenica 11 ottobre, lo scrittore, già pubblico ministero, consulente della commissione parlamentare antimafia e senatore della Repubblica, ha dialogato con un attento e partecipe pubblico in un gremito Palazzo della Ragione. Prima di lui, sono tanti i giuristi, i linguisti, i politici e gli intellettuali che nel nostro Paese e all’estero hanno lamentato la qualità del linguaggio usato dalle istituzioni: una lingua spesso volutamente oscura, che preferisce nascondere invece che mostrare, e lontana dall’italiano quotidiano, quel “burocratese” inutilmente complicato che spreca tempo e risorse. Non è un caso che già nell’or-
mai lontano 1998 l’allora presidente degli Stati Uniti d’America Clinton ricordasse in un memorandum che «il plain language (il linguaggio piano, ndr) fa risparmiare tempo, fatica e denaro al Governo e al settore privato». Da questo dato di fatto e dal «disagio e dall’indignazione per l’uso delle parole in pubblico» nasce l’esigenza di questo libro, ci spiega Carofiglio, «perché occuparsi del linguaggio pubblico e della sua qualità non è un lusso da intellettuali o una questione accademica. È un dovere cruciale dell’etica civile». Le società si fondano proprio sulla fiducia in una lingua condivisa e sulla fondamentale responsabilità nell’uso delle parole. Mi impegno a fare ciò che dico. «La lingua oscura, quella intervallata da continui “Sono stato frainteso” e quella delle leggi, spesso troppo aper-
ta a libere interpretazioni, è profondamente antidemocratica» dichiara, con chiarezza, Carofiglio. Perché laddove c’è oscurità di linguaggio non si può trovare autentica democrazia, quella democrazia che nelle parole di Norberto Bobbio è «l’esercizio visibile del potere». In poche parole, la certezza del diritto, non è meno importante della sua chiarezza e di quella di tutti i linguaggi pubblici.
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Vizi, virtù (e potere) del linguaggio
Breve dizionario burocratese – italiano (esempi tratti da "Con parole precise. Breviario di scrittura civile") Le apparecchiature terminali per servizi di comunicazione elettronica da uso pubblico I telefoni cellulari Le modalità della segnaletica alla clientela in merito al pagamento del titolo di viaggio I modi per informare i clienti su come pagare il biglietto La problematica relativa alla tipologia familiare Il problema dei tipi di famiglia Supportare i processi di valutazione e farsi carico del monitoraggio della loro corretta applicazione in base ai criteri definiti dal C.d. D. Aiutare nella valutazione e controllare che corrisponda ai criteri stabiliti dal collegio dei docenti
La realizzazione del progetto comporta la necessità di una rivalutazione della politica dell’Amministrazione nonché di una ridefinizione dei suoi obiettivi Per realizzare il progetto l’Amministrazione deve rivalutare la propria politica e ridefinire i propri obiettivi L’azione esecutiva dovrà essere nuovamente sospesa per la sopravvenuta caducazione del
titolo L’azione esecutiva dovrà essere nuovamente sospesa perché il titolo è venuto meno Provvedere al mantenimento Mantenere Effettuare una cancellazione Cancellare Procedere a una verifica Verificare
A proposito di parole, il concorso per (ri)conoscere Dante Lui è il padre della lingua e , diciamolo, un po' di tutti noi. È stato calcolato che il 90% del lessico fondamentale dell’italiano in uso oggi (cioè il 90% delle 2000 parole più frequenti, che a loro volta costituiscono il 90% di tutto ciò che si dice, si legge o si scrive ogni giorno) è già tutto contenuto nella sua opera più famosa. Per celebrare i 750 anni dalla nascita dell'uomo che inventò la Divina Commedia, e che passeggiò, tra l'altro, anche per le belle vie della nostra città, Il Rotary Club Verona Scaligero, con il patrocinio della Provincia di Verona ha bandito per l’anno scolastico 2105/2016 il concorso “L’attualità di Dante”.
Riservato alle ultime tre classi dei licei classici, scientifici, linguistici e delle scienze umane, statali e paritari, presenti sul territorio di Verona e Provincia, il concorso, suddiviso in tre livelli ha come oggetto la composizione di un saggio breve sui temi legati alla Commedia. Sarà il Canto V dell'Inferno che racconta la condanna dei due celebri amanti persi in un amore troppo umano, l'argomento da affrontare per le classi III. L’incontro con Sordello e la successiva invettiva contro l’Italia nel Purgatorio il tema, invece, per le classi del penultimo anno. Agli studenti delle classi V terminali è destinato il canto XVII
del Paradiso che celebra la liberalità degli Scaligeri, signori di Verona, attraverso la visione di Dante, che si lascia andare in questi versi alla predizione del suo stesso esilio. L’iscrizione per partecipare al Concorso dovrà pervenire via e mail entro il 30/11/2015 al seguente indirizzo email: rcveronascaligero@rotary2060. eu. Verrà premiato con un assegno di 500,00 euro a copertura parziale o totale del percorso estivo “Summer Camp” promosso dal Rotary Club, il migliore elaborato per ciascun livello di concorso. Per maggiori dettagli: E mail: rcveronascaligero@rotary2060. eu Tel. 045/597005
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PRIMO PIANO
Due parole per un futuro più chiaro
C
osa fare allora per raggiungere questa chiarezza, di lingua e quindi di pensiero e comportamento? Per Carofiglio la chiave sta proprio nella semplicità, in quel linguaggio piano consigliato da Clinton, ma già ricercato e auspicato da tanti altri anche in Italia: risale al 1993 infatti il Codice di stile delle comunicazioni scritte a uso delle pubbliche amministrazioni promosso dal Ministro della Funzione Pubblica Sabino Cassese e seguito poi da un più conciso Manuale di Stile (1997). Certo, prestando attenzione alle date di pubblicazione viene da pensare che di strada se ne sia fatta ancora poca. Nonostante i numerosi studi che dimostrano i comprovati
benefici del plain language in termini di risparmio di tempo, di risorse e di denaro sia nel settore pubblico così come nel privato. «Semplicità non vuol dire tradurre tutto, indistintamente: un “incidente probatorio” non può che essere chiamato così! Bisogna però evitare il più possibile le definizioni astratte e preferire a queste la concretezza delle azioni». Su questo insiste Carofiglio, che parlando di semplicità e chiarezza accenna anche a Papa Francesco e all’efficacia comunicativa delle sue parole. E non è un caso che proprio il pontefice sia l’unica figura condivisa che emerge da quella stessa indagine condotta da Demos-Coop sul lessico del futuro.
Gianrico Carofiglio scrittore e politico italiano
Due domande per uno sguardo più chiaro
L
a Costituzione italiana, come ha già ricordato Tullio De Mauro, è un documento di grandissima importanza, non solo per i valori e i diritti che difende, ma anche per la sua brevità e chiarezza. È composta di sole 9369 parole e le sue frasi non superano, in media, le venti parole. Ma ancora più importante, è stata scritta utilizzando 1357 lemmi, di cui più del 92 % appartiene al vocabolario di base che tutti noi conosciamo e comprendiamo. Spesso si rimprovera al plain language di essere infantile, semplicistico e impreciso ma chi di noi descriverebbe così la nostra Costituzione? «Guardiamo alla nostra Costituzione nel fare le leggi, alla sua limpidezza ed essenzialità» suggerisce Carofiglio. Quanto invece ai cittadini, a tutti noi che le leggi non le scriviamo ma le viviamo, è dato il compito di avvicinarci
al linguaggio pubblico in modo consapevole, di ascoltare in modo attento e perspicace così da riuscire a rispondere sempre a due domande. «Perché? chi ha scritto questo testo lo ha scritto in questo modo. Come? si sarebbe potuto scrivere in modo più efficace, così da renderlo più adeguato e onesto». La lingua democratica, quella che include invece di escludere, è quella che combatte l’oscurità non necessaria, che «non ricorre a pseudotecnicismi per dare sfoggio di sé, per esercitare il proprio potere o per occultare la mancanza di contenuti». È la lingua che, con parole precise, mostra i fatti e le cose per quello che sono, senza paura di chiamarli con il loro nome, ed è «sintomo di virtù civili e fattore di democrazia». È una “cosa pubblica”, un bene comune al servizio del bene di tutti.
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Vizi, virtù (e potere) del linguaggio
Le p arole per gli al tri
A
seguito dell’incontro intitolato Le parole che curano, le parole che feriscono Salute mentale, mass media e linguaggio usato nella vita quotidiana organizzato dall’Azienda ULSS 20 Verona con l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona abbiamo incontrato Jessica Cugini, giornalista e caporedattrice del mensile COMBONIFEM Magazine Donna Mondo Missione. Assieme a lei abbiamo dialogato per cercare di fare chiarezza sul linguaggio utilizzato dai mass media per raccontare il fenomeno dell’immigrazione e per ribadire, ancora una volta, quanto sia urgente oggi l’uso di un linguaggio civile che non alimenti pregiudizi e discriminazioni. «Chi ha come strumento le parole non si può permettere di usarle in modo inconsapevole» afferma Jessica, riferendosi a quella lingua che abbandona la lealtà e la precisione per «fomentare paure e diffondere falsità». Sono tante le “parole sporche”
che trovano spazio nei media italiani: dai vari appellativi che, usati senza distinzione alcuna, discriminano, tra cui il termine “clandestino”, riferito per parlare di “irregolari” , “richiedenti asilo”, “rifugiati”, “migranti”. E ancora, prosegue Jessica, i titoli che promuovono l’etnicizzazione del reato come se “Rom” debba essere sinonimo di “furto” e “Zingaro” significhi, per forza, “ladro di bambini”. Per non parlare di quella costante “emergenza”, profughi o migranti per citarne solo due, che ci ritroviamo a vivere nelle notizie di giornali e telegiornali:
come può essere “emergenza” un fenomeno che riusciamo a prevedere? Il giornalismo, quello che merita il nostro rispetto perché civile e lontano da titoli vergognosi, «prima che una funzione informativa ha una funzione formativa e dovrebbe ricordarsi che il racconto ha sempre bisogno di incontro e conoscenza». È anche quando il razzismo, spinto spesso da pregiudizi e rifiuto all’incontro, si fa largo tra le righe di un giornale che si insinua poi dentro di noi. E le parole sporche finiscono per definire ciò che siamo.
Chi p arl a male pens a male «Ma noi non abbiamo scritto che tutti gli islamici sono terroristi né lo abbiamo pensato (...) Noi non abbiamo insultato gli islamici in generale», scrive in un editoriale “riparatore” Maurizio Belpietro, direttore responsabile di Libero dopo l'indignazione social (e non solo) che è scaturita a seguito del titolo “Bastardi Islamici”, in prima pagina sul suo quotidiano all'indomani del massacro parigino. E ancora: «Noi abbiamo scritto: Bastardi (sostantivo) islamici (aggettivo). La lingua
italiana è chiara, non lo è solo per chi è in malafede e non vuole vedere la realtà». Suonano grottesche queste giustificazioni che si rifugiano nelle sottigliezze della grammatica per fuggire la responsabilità di un significato. Chi lavora con le parole le conosce e dovrebbe indovinarne la portata. E infatti il giornalista del fattoquotidiano.it Maso Notarianni ha sporto denuncia contro il direttore di Libero perché, come ha riferito a LaPresse «chi ha fatto quel titolo lo ha fatto con-
sapevolmente e sapendo che i mezzi di informazione possono influenzare l'opinione di decine di migliaia di persone: un titolo criminale che istiga all'odio». Nelle stesse ore è partita anche una petizione su Change.org per chiedere la radiazione di Belpietro dall'Ordine dei Giornalisti che, mentre scriviamo, ha raggiunto 91mila firme. In una situazione come questa nessuna parola, sostantivo o aggettivo che sia, deve fuorviare e aggiungere altro alla sintassi dell'odio.
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FINANZA
La possibilità di una «Verona City» polo finanziario scaligero
di Camilla Pisani
Germano Zanini, direttore della Settimana Veronese della Finanza, in occasione dell'edizione straordinaria del format, lancia l’idea di un polo finanziario cittadino a tre: Banco Popolare, Cattolica e Cariverona. «Abbiamo istituzioni finanziarie che insieme capitalizzano oltre 8,5 miliardi di euro: un patrimonio che, se non si fa nulla, rischia di passare in mani probabilmente straniere». A sposare l’idea di un polo bancario veneto è anche Giulio Pedrollo, presidente di Confindustria Verona che, a margine dell’assemblea generale degli industriali, lo scorso 9 novembre, ha dichiarato «senza un centro bancario, si brucia la ripresa».
C
osa rimarrà della Verona capitale della finanza in Veneto? È questa la domanda che affiora dall’incerto scenario economico che, oggi, vede al centro le tre principali istituzioni finanziarie scaligere: Banco Popolare, Cattolica Assicurazioni e Fondazione Cariverona. Se la prima sta affrontando la travagliata trasformazione da popolare in Spa, quindi verso una quotazione in borsa che aprirebbe la possibilità di acquisto di azioni dall’estero, la compagnia guidata da Paolo Bedoni guarda con apprensione al futuro di BpVi, primo azionista del gruppo con il 15%, oggi costretto ad un aumento di capitale. In tutto questo si apprende che il presidente uscente di Fondazione Cariverona Paolo Biasi, prossimo al ritiro, resterà comunque nella governance della fondazione mettendosi a capo del fondo distaccato Property. Lo scorso venerdì 6 novembre, in Gran Guardia, in occasione della Settimana Veronese della Finanza organizzata da Germano Zanini, insieme a Pantheon Magazine e VeronaExpo, si è potuto riflettere sulle ripercussioni nel sistema finanziario veronese dei recenti provvedimenti normativi che interessano il settore delle banche Popolari, anche alla luce delle difficoltà che stanno vivendo VenetoBanca e Banca Popolare
I relatori della Settimana Veronese della Finanza
di Vicenza. I principali protagonisti dell’economia locale, il sindaco Flavio Tosi, il sottosegretario all’economia, l’On. Enrico Zanetti, il presidente di Apindustria Arturo Alberti, il presidente di Federmanager Verona Gianfranco Cicolin e il presidente Compagnia delle Opere Veneto Luca Castagnetti, sono stati a chiamati a confrontarsi sulla possibilità di costituire un unico polo finanziario veneto: una «Verona City» che unisca Banco Popolare e Cattolica, con Cariverona principale investitore. «Si deve ripartire dalla città: abbiamo tre importanti istituzioni finanziarie che insieme capitalizzano oltre 8,5 miliardi di euro distribuiti tra circa 250mila soci - ha spiegato Zanini - un patrimonio che, se non si fa nulla, rischia di passare in mani probabilmente straniere. La Riforma delle Popolari impone a realtà come il Banco Popolare la trasformazione in S.p.A. ma anche l’eliminazione del voto capitario e, dopo 2 anni,
del limite del 5% di partecipazione aprendo alla possibilità che un fondo estero, magari di Dubai o cinese, possa acquisire il controllo dell’Istituto. In più, la Banca Popolare di Vicenza, che ha il 15% di Cattolica Assicurazioni, dovrà affrontare un aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro, che ripartito tra i 114mila soci ammonta a circa 14mila euro a testa. Chi, in un momento di difficoltà come questo, sarà in grado di mettere sul piatto questi soldi? Forse, anche stavolta, un fondo straniero». Di qui, l’appello di Zanini affinché i protagonisti di questi cambiamenti trovino soluzioni per tutelare il territorio. «È una riforma che dobbiamo trasformare in opportunità per il Sistema Verona ma anche per la Regione - è intervenuto il sindaco Tosi - alcune realtà a noi vicine sono andate in crisi anche per la forte vicinanza al territorio che le ha portate ad assumersi rischi maggiori. Ma è proprio questa la vocazione
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Distretto bancario veronese, la città si interroga
delle banche: non dobbiamo perdere questo radicamento perché è ciò che ha portato Verona ad essere la seconda realtà finanziaria italiana. In un contesto di aggregazioni si va delineando uno scenario lombardo-veneto che può rafforzare la centralità di Verona, sia per la sua posizione che per
la capacità di investimento. La Fondazione Cariverona avrebbe le risorse per fare da pivot in quest’operazione». Sulle potenzialità di Verona come polo aggregante ha insistito anche Zanetti: «La Riforma apre scenari di rischio ma anche grandi opportunità: se dovesse prevalere il rischio sarebbe il segno
che il sistema precedente era più votato alla protezione di se stesso che non alla crescita. Se Verona saprà fare sistema avrebbe la forza per dare slancio a quel polo bancario veneto che altrimenti rischierebbe di ridursi ad un’aggregazione tra deboli incapace di fare strada». Appelli a salvaguardare il patrimonio e il legame con il territorio delle Istituzioni finanziarie veronesi sono giunti anche dagli altri relatori. «Veniamo da una cultura basata più sulla cooperazione che sul porre al primo posto costi e benefici - ha detto Alberti - forse è anacronistico in un mondo globalizzato avere una banca non completamente aperta alla finanza, ma per le piccole imprese del territorio può essere penalizzante soprattutto in termini di rapporti umani». «A noi basta riunire 20-30 direttori di filiali per avere il polso dell’economia
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FINANZA
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Distretto bancario veronese, la città si interroga
locale e capirne le prospettive - ha aggiunto Cicolin - prima andavano a chiedere un affidamento al direttore di banca, lo conoscevano perché abitavano vicino casa sua. Oggi si trovano
davanti un operatore che chiede loro “Lei che rating ha?”». «Per noi il legame tra finanza e territorio è inscindibile. Servono entrambi: imprese e società civile. La città di Verona è
unica da questo punto di vista, dovremmo chiederci come sarebbe stata senza le sue istituzioni finanziarie così radicate nel tessuto locale» ha concluso Castagnetti.
Paolo Bedoni - presidente Cattolica assicurazioni Carlo Fratta Pasini - presidente Banco Popolare Paolo Biasi - presidente Fondazione Cariverona
Per gli industriali l’economia veronese «vola» Oggi i numeri “che contano” hanno davanti il segno più: la produzione industriale (+2,56% nell’ultimo trimestre rispetto al precedente), l’export (+5,85%) e l’occupazione (+1,18%). Dal palco della 70esima Assemblea generale di Confindustria Verona dello scorso 9 novembre, ottimisticamente intitolata Volare, si levano sospiri di sollievo sotto forma di cifre che, finalmente, testimoniano un nuovo inizio per l’economia italiana e veneta. «Siamo in un momento che anticipa la ripresa - ha detto il presidente di Confindustria Veneto Roberto Zuccato - Quest’anno nei primi tre mesi dell’anno avevamo il 30% delle assunzioni a tempo
indeterminato». Che sia merito del Governo, come ha assicurato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, rivendicando il ruolo dell’esecutivo renziano e del Jobs Act, o della Regione, come è invece convinto il presidente Luca Zaia («Se l’Italia cresce è merito del Veneto che tira: la legge di stabilità crea 14 miliardi di deficit») poco importa. A livello locale, viviamo il momento migliore da sette anni a questa parte. A confermarlo è Giulio Pedrollo, presidente di Confindustria Verona che rivela come, da uno studio effettuato dalla stessa associazione cittadina, risulti che negli ultimi due anni, 8 imprese su 10 tra quelle che hanno chiuso
con degli utili, hanno investito nella azienda. «Sono orgoglioso di rappresentare questi imprenditori - ha commentato Padrollo - adesso, però, occorre aumentare la crescita: lo 0,9% è poco, la Spagna viaggia oltre il 3». E mentre l’economia viaggia, riconosce il presidente, è la politica a restare ferma: «L’Amministrazione è bloccata sulle infrastrutture. Sui giornali di due anni fa, i temi erano gli stessi di oggi. Traforo, filobus, Alta velocità e, sopratutto, lo sviluppo degli scali Catullo e Montichiari, come diceva un mio amico: un chilometro di strada non porta da nessuna parte, un chilometro di pista porta in tutto il mondo».
Fondazione Cariverona: priorità al sociale Il Consiglio Generale della Fondazione Cariverona ha approvato, all’unanimità, il Documento Programmatico Previsionale 2016 che fissa le linee direttrici dell’attività istituzionale dell’Ente. I ricavi pari a 65,5 milioni di euro hanno reso possibile una previsione dell’avanzo di esercizio 2015 di 52,9 milioni di euro. Risultano disponibili per l’attività istituzionale 40,3 milioni cui
vanno aggiunti 13,5 milioni per interventi diretti della Fondazione che portano i fondi complessivi per l’attività istituzionale a 53,8 milioni di euro (+6% rispetto all’anno precedente). A tale cifra va aggiunto anche l’accantonamento per il volontariato e per il Fondo iniziative comuni gestito dall’ACRI che innalza l’importo a 55,4 milioni. All’interno dei settori di intervento si
è voluto dare priorità al sociale (Settore Volontariato ed Assistenza agli anziani), cui è destinata una parte significativa delle complessive disponibilità. Tra gli altri settori: salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; educazione, istruzione e formazione; arte, attività e beni culturali; filantropia e beneficenza; solidarietà internazionale; ricerca scientifica e tecnologica.
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L'opinione dell'avvocato Manzini
R isi k o bancario qual è la mossa giusta?
di Miryam Scandola
L’avvocato veronese Nicolò Manzini, nell’ultimo anno, è stato incaricato dai Commissari Straordinari nominati da Bankitalia di promuovere le azioni di responsabilità nei confronti degli organi di amministrazione e controllo di due BCC venete (BCC Euganea e Credito Trevigiano). Ne abbiamo approfittato per chiedergli un parere sui temi caldi emersi durante l'edizione straordinaria della Settimana Veronese della Finanza, lo scorso 6 novembre.
A
vvocato, sembra esserci grande fermento nel mondo bancario. Qual è la sua opinione? Stiamo vivendo un momento che, per il sistema bancario e finanziario su scala europea, nazionale, e quindi anche locale, è al tempo stesso storico e cruciale. Storico perché nel solo 2015 – sotto la spinta dell’Unione Europea – hanno preso il via i processi di riforma delle banche popolari, delle Fondazioni e del sistema del Credito Cooperativo. Cruciale perché queste importanti riforme rappresentano ad un tempo un’opportunità ed un rischio. Ci troviamo però in una fase nella quale il sistema bancario veneto mostra segnali di debolezza: la componente rischio, pertanto, assume dimensioni rilevanti e richiede uno sforzo di gestione ed intervento del mondo politico, finanziario e bancario per evitare di uscirne con le ossa rotte. Si spieghi meglio. I casi della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca e i numerosi commissariamenti che hanno interessato le BCC venete – ben cinque istituti su un totale di 16 – negli ultimi due anni, rendono evidente come un ripensamento del modello fosse, ormai, indispensabile. La vicinanza della banca al proprio territorio è un valore importante che va preservato. Purtroppo in alcuni casi la stessa vicinanza è stata male interpretata, finendo
Avv. Nicolò Manzini
col favorire interessi non sempre coincidenti con quelli della banca, dei soci e del tessuto sociale e imprenditoriale locale. In questo senso, un tratto comune che mi sembra di poter scorgere nell’attribuzione delle funzioni di vigilanza alla BCE per le banche maggiori, da un lato, e la costituzione di un sistema “federato” delle BCC così come congegnato nel progetto di autoriforma, dall’altro, è la volontà di avere un controllo decentrato, meno
soggetto a condizionamenti ambientali. Il che, di per sé, mi sembra positivo. Quali sono però i rischi? Se giocata male, la partita del Risiko bancario che si sta giocando potrebbe chiudersi con il venir meno della centralità di Verona nel panorama finanziario nazionale. Personalmente mi auguro che Fondazione Cariverona, amministrazioni locali e mondo dell’impresa veronese sappiano trovare il modo di fare sistema.
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INTERVISTA
CREDITO & IMPRESA
di
Camilla Pisani
camilla.pisani@verona-pantheon.com @CamillaOnTW
La nuova generazione di Apindustria Cambio dei vertici all’interno del Gruppo Giovani di Apindustria Verona: archiviata l’era di Alessandro Ferrari, il neo eletto presidente è Daniele Maccari, 30 anni, perito industriale a capo dell’impresa di famiglia OMI BERALDO Srl. Per il prossimo triennio sarà Maccari a guidare gli under40 dell’associazione che riunisce i rappresentanti della piccola e media impresa scaligera. Noi l'abbiamo intervistato.
I
n quale direzione si svilupperanno i temi di Apindustria Giovani nel prossimo triennio? Sarà fondamentale la collaborazione con il mondo delle scuole e della formazione per cercare di far crescere i possibili collaboratori validi e preparati da inserire nelle nostre aziende o, perché no, magari anche nuovi imprenditori. Spesso come categoria ci lamentiamo della bassa preparazione di chi viene a lavorare da noi, è il momento di lanciare proposte concrete per migliorare il sistema. Altrettanto importante è lo sviluppo di network e business fra le aziende associate ad Apindustria, con eventi dedicati. Cerchiamo clienti e fornitori a chilometri di distanza quando potremmo scoprire di avere un “vicino di casa” come possibile partner. Punteremo anche a favorire il dialogo con altre associazioni territoriali di giovani imprenditori, confrontando le esperienze fatte per condividere idee e progetti che possano portare alla nascita di nuove importanti iniziative. I rapporti con enti e istituzioni vanno rinforzati (o intrapresi) perché anche l’imprenditoria “giovane” possa incidere sullo sviluppo del territorio? Assolutamente sì, andranno
Daniele Maccari
intrapresi, curati e rafforzati. Molto spesso sentiamo parlare di voglia di cambiamento o ringiovanimento degli enti che gestiscono e sviluppano il territorio veronese: credo che, per dare il via a questo processo, serva la presenza di noi giovani imprenditori ai tavoli di discussione più importanti, dove contribuire con le nostre idee, iniziative e proposte arricchite dello spirito giovane e futuristico che ci caratterizza. Quali sono le attività che avete in programma come Associazione Giovani? Daremo seguito alle attività già avviate e consolidate, come ad esempio il Premio Verona Giovani che si terrà a febbraio 2016, evento nato per premiare chi ha saputo distinguersi nella propria professione valorizzando l’immagine dell’impren-
ditoria veronese e l’iniziativa L’Imprenditore ci racconta, una serie di eventi organizzati allo scopo di agevolare lo scambio di idee ed esperienze da imprenditore ad imprenditore. Proprio pochi giorni fa, siamo stati all’ultimo incontro presso Hinowa spa. Tra amministrative e cambio dei vertici nei Cda più importanti del panorama istituzionale veronese, la città ha davanti un anno di incognite. Dal vostro punto di vista, dovremmo aspettarci effetti di qualche tipo sul mondo imprenditoriale? Sicuramente ci aspetta un anno con molte novità e punti interrogativi nel panorama finanziario territoriale. Banco, Cattolica e Fondazione Cariverona sono tre istituzioni di grande rilevanza e sarà proprio il futuro di queste realtà a determinare ripercussioni, speriamo positive, sul piano dell’imprenditoria e dello sviluppo economico e sociale del territorio veronese. Un recente studio di Fondazione Nord Est evidenzia come il Digital Manifacturing sia determinante per il futuro delle imprese (+70% di produttività per le aziende che fanno innovazione), è d’accordo? Qual è il collante che ancora manca tra azienda e tecnologia?
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CREDITO & IMPRESA
Il Digital Manufacturing è un tema di notevole importanza, proprio qualche settimana fa allo SMAU di Milano è stata lanciata una provocazione indicando il digitale come motore di una Terza Rivoluzione Industriale. E, in effetti, se pensiamo a quanto si sono ridotti i costi o semplificate le gestioni di alcune attività aziendali proprio grazie alle nuove tecnologie, possiamo parlare di enormi cambiamenti. Guardando al futuro e ai prossimi anni credo che, se vogliamo
risultare interessanti sul mercato internazionale, aziende, tecnologia e innovazione dovranno viaggiare in parallelo. Gli imprenditori non dovranno accontentarsi ma cercare di migliorare e investire nella ricerca per rendere la propria attività sempre più appetibile. Che altro portano in dote le imprese del territorio per poter agganciare la ripresa e come la “visione giovane” di questa imprenditoria può influire? La voglia di non arrendersi da-
vanti a nessuna difficoltà o imprevisto e la determinazione di continuare a credere nella propria azienda e nel proprio progetto, non lasciandosi intimorire da una situazione economica e politica confusa. Questa virtù è scritta nel nostro DNA e, sommata alla visione sognatrice di noi giovani imprenditori, nonostante le incertezze riusciremo sicuramente a portare un importante contributo non solo alla crescita delle nostre aziende ma anche del territorio veronese.
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VER NA
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NETWORK
Expo, com'è finita
di Miryam Scandola
Scatoloni, transenne e cancelli chiusi. I giorni dell'Esposizione sono volati via veloci. Finite le ore di attesa, dimenticate le serpentine davanti agli ingressi dei padiglioni imperdibili; non è vero che c'è sempre nostalgia quando finisce qualcosa. C'è quando quello che giunge al termine ha lasciato il segno.
«
L
'Italia ha vinto la sfida», ne è sicuro il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, perché alla fine, è così. Ci siamo riusciti. In pochi ci avrebbero scommesso, quando a maggio l’Expo ha aperto i battenti, eppure, numeri alla mano, i 20 milioni di visitatori auspicati sono arrivati tutti. Expo Milano 2015 è stato un evento straordinario, partito in sordina, ma conclusosi nel miglior modo possibile: i dati ufficiali parlano di 21,5 milioni di persone ad aver varcato i cancelli, di cui almeno 6,5 provenienti dall’estero, e più o meno tutte sono rimaste soddisfatte dalla loro visita al sito espositivo (code a parte). Con orgoglio tutto italiano, vogliamo mettere in fila tutte le cifre che hanno fatto di questo grande evento un record: 300 visite istituzionali, la presenza di 60 Capi di Stato o di Governo e ventimila impiegati e volontari addetti al sito animato
da 140 Stati partecipanti, dei quali 54 con padiglioni propri oltre 70 nei nove cluster, ma anche tre organizzazioni internazionali. Ma l’Expo ha avuto anche il merito di creare sul territorio italiano una serie di realtà, di relazioni e di opportunità che altrimenti non avrebbero avuto modo di esistere. E anche Verona è stata protagonista di questa esperienza importantissima. VeronaExpo infatti è nata proprio con l’intenzione di tradurre nel territorio veronese le mille opportunità che l’Esposizione Universale è riuscita a creare. Con i suoi 45 soci, 6 patrocini istituzionali (tra cui quello prestigioso di Expo Milano) e molti partner operativi, ma anche 40 giovani veronesi coinvolti col progetto Volontari per VeronaExpo, oltre 50 pullman partiti dalla nostra città verso Expo Milano, 42 eventi patrocinati a Verona e provincia e più di 2500
tra biglietti/pacchetti viaggio venduti per Milano, l’ATS può dire di essere riuscita nell’intento. Per celebrare questo successo incredibile, l’ATS ha festeggiato la chiusura dei lavori di Expo con una serata di Gala che il 30 ottobre ha regalato a tutti i soci e gli amici di VeronaExpo un momento di grande festa. Tra le note frizzanti della Jazz Set Orchestra che ha reso l'atmosfera indimenticabile, c'è stato anche modo, grazie all'intervento dell'amministratore delegato di Infoval Vincenzo Scotti, di confrontarsi con il nuovo progetto di network territoriale permanente nel quale l'ATS ha scelto di evolvere. Nella splendida cornice di Corte San Felice, è stato anche consegnato il premio VeronaExpo a Veronafiere, per il suo impegno durante l’Esposizione Universale, che ha fatto del padiglione Vino – A taste of Italy uno dei più apprezzati. Come testimo-
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Tutti i numeri di un successo anche veronese
VeronaExpo premia Veronafiere da sinistra: Scolari, Beghini, Rossini, Bruno e Scotti
nia, tra l'altro, il riconoscimento che l'Ente fieristico scaligero ha ritirato nei medesimi giorni anche all'Expo di Milano. «Con il Padiglione del Vino abbiamo mostrato al mondo la forza di questo settore, fatta di passione, storia e di una fortissima spinta all'innovazione», con queste parole il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina ha confermato la piena riuscita della presenza di Veronafiere all'Esposizione Universale. Expo, come ha ricordato il direttore generale dell'ente Giovanni Mantovani, «prima di tutto, è stato un grande risultato per la Fiera di Verona e in particolare per Vinitaly, ma non solo: anche per tutte le manifestazioni che organizziamo a Verona. Oltre 2 milioni di visitatori in 6 mesi vuol dire aver aperto nuove interessanti relazioni internazionali che saranno a servizio di Verona, di
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Vinitaly e di tutte la manifestazioni in città, e credo anche che abbiano affermato il ruolo della nostra fiera e della nostra città soprattutto nel settore agroalimentare, la cui visibilità è andata oltre quello che avevamo raggiunto». Oltre alla consegna del premio VeronaExpo, la serata ha visto la premiazione di tutti i soci e dei volontari, che negli ultimi mesi hanno unito le forze per fare dell’ATS VeronaExpo
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un’esperienza di successo. E gli sforzi fatti finora non andranno dispersi con la fine di Expo: l’ATS difatti sta moltiplicando le energie per evolvere in un network permanente e trasversale, che sappia offrire occasioni di sinergia in un'ottica di piena valorizzazione del territorio. Perché nella nuova narrazione di una Milano che riesce, di un'Italia che non rinuncia, c'è posto anche per la nostra città.
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NETWORK
Verona Expo Net work l’ eredità veronese dell’ E sposizione U niversale
di Miryam Scandola
Dall’impegno sul territorio con la Carta di Verona, al coinvolgimento di istituzioni, aziende e cittadini all’interno di un network territoriale permanente per accrescere relazioni, sinergie e opportunità commerciali.
L
’Esposizione Universale 2015 è terminata. La sua eredità rimane e si farà sentire a lungo, anche a livello locale. Proprio grazie ad Expo Milano 2015, in molte città vicine al capoluogo lombardo, come Como, Bergamo, Brescia, Mantova, sono nate negli ultimi tre anni delle reti territoriali attive che hanno prodotto risultati concreti e significativi sul territorio. Anche la nostra Verona ha cercato più di un anno fa di organizzarsi e di farsi trovare pronta, o comunque ricettiva, nei confronti di questo grande evento internazionale con la nascita dell’Associazione Temporanea di Scopo VeronaExpo. E così come è successo negli altri capoluoghi e nelle altre città d’Italia, pure a Verona, utilizzando una similitudine, si sono generate quelle onde concentriche di energia e movimento che si propagano verso l’esterno come quando gettiamo un grande sasso (l’Expo, ndr) in uno stagno fermo. L’esperienza eterogenea di 45 soci che si sono uniti un anno fa nell’associazione VeronaExpo ricorda proprio questa immagine. Molte realtà, molte associazioni, molte aziende, pur non avendo chiaro alla vigilia cosa fosse l’Expo e quali reali effetti avrebbe avuto a livello locale, si sono mosse, si sono attivate, alimentando e rimpolpando i palinsesti di appuntamenti, di serate, di incontri, inaugurando canali di comunicazione nuovi, creando relazioni, sinergie,
30 ottobre, presentazione VeronaExpo Network presso Corte San Felice
scambi e condivisioni. L’Expo di Milano ha davvero rimesso in moto le menti e l’entusiasmo della gente. E sull’onda di questo entusiasmo sarebbe stato un peccato lasciar decadere un patrimonio umano e, appunto, di relazioni, messo in piedi per l’occasione. Ecco, quindi, l’idea del network permanente, di una struttura che nasce dall’esperienza appena conclusa e che è in grado di alimentare costantemente una rete di contatti istituzionali e aziendali coinvolgendo e rendendo partecipe tutto il tessuto economico e sociale,
quindi i cittadini, in un percorso di crescita territoriale. L’impegno preso a Milano da VeronaExpo con la Carta di Verona si sta già traducendo con serate di approfondimento su alcuni temi cardine del presente e del futuro. Già realizzati incontri sull’agroalimentare con l’On. Paolo De Castro, sulla finanza con il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti e sulla sicurezza con il prossimo appuntamento del 26 novembre in Cantina Valpantena. VeronaExpo Network è già una realtà, e già questa è una bella eredità lasciata da Expo.
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CANTINA VALPANTENA
SALUTI ISTITUZIONALI
Flavio Tosi *
Sindaco di Verona
INTERVENGONO
Colonnello Pietro Oresta * Comandante Provinciale dell’Arma dei Carabinieri
Roberto De Razza Planelli
Comandante stazione Carabinieri di Grezzana
Andrea Massimo Cavestro Fondatore Gruppo “Valpantena più Sicura!!!”
GIOVEDI 26 NOVEMBRE ORE 20.30
* in attesa di conferma
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Simone Bellamoli
Portavoce Gruppo “Valpantena più Sicura!!!”
Paolo Garra
Sindaco di Cerro Veronese
Avv. Francesca Milazzo Avv. Filippo Vicentini MODERATORE della serata
Matteo Scolari
Direttore Rivista Pantheon
i nostri bambini guardano la nostra vallata... per loro è il posto più bello e sicuro del mondo, sono felici e devono continuare ad esserlo!!! Spetta a noi fare in modo sia veramente cosi!!!
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INTERVISTA
AGROALIMENTARE & ALIMENTAZIONE
di
Matteo Bellamoli
matteo.bellamoli@verona-pantheon.com @MatteoBellamoli
Verso la sostenibilità intensiva Sembra un paradosso eppure potrebbe essere l’unica via per garantire una produzione alimentare sufficiente a soddisfare la domanda in rapida crescita senza appesantire ulteriormente un ambiente già asfissiato. Ne abbiamo parlato con Paolo De Castro, Europarlamentare in Commissione Agricoltura e Sviluppo alla presentazione del suo ultimo saggio Cibo. La sfida globale.
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ei mesi in cui l’agricoltura è stata al centro del dibattito mondiale insieme alla sostenibilità e all’alimentazione. La domanda che ora tutti si pongono è: come dare continuità ai messaggi di Expo Milano 2015 sulla strada di una crescita agroalimentare bilanciata e coerente con il fabbisogno del mondo. Un’impresa se pensiamo alla stretta attualità, con l’UE e gli USA che ancora non riescono a trovare l’accordo definitivo sul TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership, ndr) che secondo alcu-
L’impronta sostenibile del Mediterraneo 26 ottobre 2015. Barcellona. La Global Footprint Network lancia un altro allarme: nessuno dei 24 Paesi dell’area mediterranea raggiunge gli obiettivi minimi per una crescita sostenibile. Lo sfruttamento delle risorse della terra è troppo alto. L’Italia è la pecora nera del gruppo: sfruttiamo troppo rispetto a quello di cui disponiamo. Roma richiede un terzo delle risorse naturali rinnovabili dell’Italia, pur con una popolazione che raggiunge solo il 7% della popolazione nazionale. La ragione è anche nelle abitudini alimentari e nel graduale abbandono della nostra dieta mediterranea in favore di abitudini alimentari diffuse anche nel resto del mondo. Per quanto tempo potremo continuare a questo regime?
On. Paolo De Castro
ni farà fare un salto di qualità all’economia europea su scala mondiale, mentre oltre duecentomila persone hanno sfilato sotto la Porta di Brandeburgo per chiedere la sospensione delle trattative. Questo storico accordo (dovrebbe essere chiuso nei primi mesi del 2016, ndr) renderà molto più facili gli scambi economici tra Europa e Stati Uniti. A livello alimentare e agricolo si insegue la strada del livellamento normativo sia per quanto riguarda la produzione, sia per quanto riguarda, ad esempio, i controlli di qualità prima e durante la coltivazione. A preoccupare una buona parte della popolazione è il fatto che questo accordo potrebbe innalzare ulteriormente il nostro sfruttamento del suolo, già eccessivamente alto. Si inserisce in questo dibattito anche l’ultimo saggio di Paolo De Castro Cibo. La Sfida Globale. Abbiamo incontrato l’Euro-
parlamentare italiano in Commissione Agricoltura e Sviluppo alla presentazione del suo ultimo lavoro a Villa Ca’ Vendri, lo scorso 22 ottobre. Un saggio chiave per interpretare le dinamiche di sviluppo del comparto agricolo e alimentare nel dopo Expo. On. De Castro, l’idea di scrivere questo saggio nasce prima o dopo Expo? Prima. Nasce nel 2011 quando scrissi “Corsa alla terra”. Tutto parte dal sorpasso, all’inizio degli anni Duemila, del tasso di crescita della domanda sull’offerta. Questo enorme cambiamento ha generato a cascata una serie di scompensi ai quali non eravamo preparati. La produzione agricola per decenni ha superato la domanda, generando eccedenze e surplus, oggi succede il contrario. Abbiamo modo di invertire questa tendenza? Provocatoriamente dovremmo puntare all’intesivizzazione della sostenibilità. Siamo abituati a parlare di agricoltura intensiva, mentre dovremmo, invece, lavorare per trasformare le coltivazioni e le produzioni sostenibili in uno standard diffuso a livello planetario. Per la prima volta, ad Expo Milano 2015, all’interno dei cluster abbiamo visto Paesi in via di sviluppo presentare le loro tipicità agricole come una risorsa. Tipicità sulle quali basano i
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AGROALIMENTARE & ALIMENTAZIONE JIM RICHARDSON per National Geographic - Siby, Mali Sékou Camara fa essiccare il mais
propri orizzonti di crescita per il futuro. Ce la potranno fare da soli? Alla luce di questa crescita esponenziale della domanda, il mercato non mancherà nemmeno per questi Paesi. Poi però bisogna fare in modo che la produzione giunga nei luoghi in cui può essere valorizzata, dove i prezzi possono pagare gli
agricoltori che hanno prodotto i beni. Il mondo è complicato, chiede più cibo ma a prezzi che i consumatori e il territorio sono in grado di pagare. Quindi un conto è il riconoscimento della qualità, altra cosa è la capacità di esportare. Quindi saranno i piccoli a dover fare i grandi, o i grandi a dover fare i piccoli?
Non è un fatto di dimensione. Si rischia di tradurre piccolo con bene e grande con male. Ci sono strutture produttive piccolissime in grado di generare reddito. Pensiamo alle mele in Trentino, ad esempio. La capacità di successo è insita nella capacità organizzativa. Da qui dipende il successo o meno di un prodotto. On. De Castro, un’ultima domanda. Quale sarà l’eredità agricola di Expo... L’Esposizione Universale ha accresciuto la consapevolezza diffusa, tra i cittadini, di questi temi che fino a qualche mese fa sembravano troppo difficili, riservati a studiosi ed esperti in materia. Conoscere questi squilibri è fondamentale per cercare di superarli. Dietro a questi scompensi spesso ci sono guerre guidate dalla mancanza di prodotti alimentari o dall’impennata dei prezzi. La conoscenza potrà generare delle soluzioni.
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EXPO Premiata la scuola primaria di S. Maria in Stelle
“Prendiamoci cura del mondo M angiamo sano , e non sprechiamo ! ”
di Francesca Mauli
Con questo slogan, e una foto che fa sorridere e insieme riflettere, la scuola primaria “Caliari” di S. Maria in Stelle è stata premiata ad Expo nell’ambito del concorso nazionale “Cibo per tutti, è compito nostro”, promosso da Caritas e MIUR.
A
ndare a scuola significa conoscere e imparare, non solo l’italiano, la matematica, le lingue straniere, ma anche a sviluppare un senso civico e critico che farà dei bambini di oggi gli adulti di domani. Sull’onda di Expo, in molti istituti italiani si è iniziato a parlare anche di cibo, di buona alimentazione e di lotta allo spreco, spingendo bambini e ragazzi a riflettere sul significato di questi concetti e sulla loro importanza. Su queste tematiche hanno lavorato anche gli alunni della scuola primaria “Pietro Caliari” di Santa Maria in Stelle, vincitori della sezione “sprechi alimentari” del concorso fotografico nazionale “Cibo per tutti, è compito nostro”, indetto dal Ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca (Miur) e da Caritas Italiana con l’obiettivo di promuovere consapevolezza e impegno educativo sugli squilibri del pianeta. La fotografia vincitrice, premiata lo scorso 17 ottobre a Expo in occasione della “Giornata internazionale contro la povertà”, è una delle tappe del percorso interdisciplinare che le insegnanti Daniela Pellegrini e Nadia Neri stanno portando
avanti da anni con le colleghe e gli alunni della “Caliari”. «La scuola “Caliari”, che fa parte dell’Istituto Comprensivo Valpantena, - spiega la Dirigente Scolastica Nicoletta Morbioli - da sempre propone attività per sensibilizzare gli alunni su specifiche tematiche della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Gli alunni, infatti, seguendo i suggerimenti del calendario e dei nonni, hanno coltivato verdure e piantine nel loro orto scolastico, assaporando poi i prodotti raccolti. Si sono impegnati a diminuire lo spreco di acqua e di cibo durante la mensa scolastica, oltre a riflettere sull’importanza dell’acqua come bene comune.
L’intera scuola ha aderito inoltre al progetto EASE, promosso dal Comune di Verona per una scuola ecologica e sostenibile, e al progetto nazionale “Frutta nelle scuole”, il programma europeo finalizzato ad aumentare il consumo di frutta e verdura da parte dei bambini e ad attuare iniziative che supportino più corrette abitudini alimentari e una nutrizione maggiormente equilibrata proprio nella fase in cui si formano le loro abitudini alimentari». Percorsi particolarmente preziosi, se si pensa che per la maggior parte degli alunni la scoperta delle corrette abitudini a tavola inizia proprio tra i banchi di scuola.
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ACLI Apre il Circolo Nord-Est
La missione: essere ancora più vicini ai cittadini
di Chiara Boni
Con l’apertura del nuovo circolo, ACLI Verona fa un altro passo in avanti verso la cittadinanza: il Circolo ACLI Nord-Est metterà a disposizione i suoi molti servizi per tutta la zona della 6^, 7^ e 8^ circoscrizione, San Martino Buon Albergo e Lessinia.
Per info: www.acliverona.it 045 8065550-512
C
on oltre un milione di iscritti, circa 3 milioni di italiani che usufruiscono dei servizi, attraverso le oltre 7800 strutture territoriali, tra cui 3.500 circoli, 106 sedi provinciali e 21 regionali, le ACLI, Associazioni Cristiani Lavoratori Italiani, da sempre sono sul territorio per promuovere opere al servizio della società, o meglio di «una società in cui ognuno avrà il suo posto e la sua dignità». Sono a Verona da oltre mezzo secolo, ma il loro impegno non si ferma: è infatti da poco stato costituito il Circolo ACLI Nord-Est, con sede in Piazza Frugose 4. Il nuovo circolo, che prende l’avvio grazie alla Federazione Anziani e Pensionati di Verona e il Patronato ACLI di Verona, sarà un punto di riferimento per la zona della 6^, 7^ e 8^ circoscrizione, San Martino Buon Albergo e tutta la Lessinia. Tantissimi i servizi che questo neonato circolo mette a
disposizione dei cittadini: il patronato ACLI, in particolare, fornisce informazione, consulenza e tutela in merito a questioni previdenziali ed assistenziali a livello nazionale ed internazionale, malattie professionali ed infortuni sul lavoro, invalidità civili e trattamenti di famiglia, assistenza socio-sanitaria, tutela lavoro, rinnovo e rilascio del permesso di soggiorno, cittadinanze e ricongiungimenti familiari. Alle ACLI ci si può quindi rivolgere per problemi relativi a pensioni, assegni sociali e di mantenimento, permessi di soggiorno o richieste di cittadinanza, ricorsi e contenziosi legali, ma anche per avere assistenza alla compilazione e alla gestione delle pratiche per l’assunzione e gestione completa del contratto Colf ed assistenti familiari. Oltre a tutti i servizi già messi a servizio dei cittadini, ACLI Verona si è fatta promotrice anche di un altro im-
portante progetto: “Sprigiona Lavoro”, iniziativa ideata dalla storica associazione di volontariato scaligera La Fraternità che, ormai da decenni, si occupa del mondo della giustizia. “Sprigiona Lavoro” si occupa di raccogliere in un database le competenze lavorative dei detenuti del carcere di Montorio vicini alla scarcerazione. Il database in questione è consultabile dalle aziende e dalle imprese del territorio, che possono così scegliere le persone più adatte da assumere nel proprio organico. Il progetto mira all’inserimento lavorativo dei detenuti che vivono la delicata fase di passaggio tra la conclusione della pena detentiva e il ritorno in società, per fare il possibile perché chi ha avuto guai con la legge non ci ricaschi, ma eviti invece ogni recidiva e aderisca ai valori del rispetto degli altri e delle norme.
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INTERVISTA
intraprendenza femminile
di
Miryam Scandola
miryam.scandola@verona-pantheon.com @miryamscandola
L
unga gonna verde e occhi intensi. Lei, ti ammalia subito. «Quella sorta di molteplicità che ha finito per caratterizzare la mia vita» è, forse, l'ingrediente che rende Lella Costa, immediatamente, irresistibile. Femminista, ma senza scomodare gli stereotipi. Scrittrice (Che bello essere noi per Piemme, è la sua ultima fatica, ndr) solo perché «scrivere romanzi significa prendersi cura degli altri». Ma anche icona del teatro civile, capace negli anni di sensibilizzare uomini e donne rispetto alla figura femminile nel mondo contemporaneo. L'ironia per lei, come per Romain Gary, è una dichiarazione di dignità. «È un modo più lieve e quindi più facile per comunicare le cose importanti». Per questo lei la usa così, da maestra, anche nei temi grandi. Ambasciatrice a Expo Milano e appassionata del piatto imprescindibile di ogni tavola invernale, ha scritto Minestrina (Slow Food) perché «avere un po’ di senso buono del bene comune può passare anche attraverso cose semplici come la minestrina». Difende le trasgressioni, quelle «fatte contro le regole sbagliate», e poi cita l'Antigone per dire che ci sono
«Dietro un grande uomo? C'è una donna stupefatta›› Lella Costa, attrice e scrittrice, è intervenuta il 19 ottobre scorso all'incontro “Libertà, regole e trasgressioni” con l'ex magistrato e giudice della Cassazione, Gherardo Colombo. Il loro dibattito, che ha animato con seria ironia il Palazzo della Gran Guardia, si è inserito in uno di quei momenti “amati e richiesti” di riflessione dei quali si fanno da tempo promotori l'associazione Prospettiva Famiglia e la rete di scuole “Scuola e Territorio: Educare insieme”. Noi l'abbiamo intervistata. Lella Costa
obblighi che hanno a che fare con qualcosa di più profondo e che sono in vigore «non da ieri, non da oggi e nessuno sa dove abbiano attinto il loro splendore». Noi l'abbiamo intervistata per capire se queste due parole, donne e diritto, stiano davvero sulla stessa riga anche nella vita. Cos'è per lei la libertà? Dovremmo stare qui a parlarne fino a dicembre. Per definirla non basta un mese e neanche una vita. Credo che sia uno di quei beni comuni che non possano esistere se non sono comuni. È come per il discorso della felicità, funziona se è condivisa. Le regole sono limite o soglia? Le regole sono la fonte delle nostre possibilità. Ma devono essere poche, molto chiare e
non negoziabili. Poche certezze e un numero preciso di diritti che non possono essere ridiscussi in continuazione; questa è la ricetta. E poi conta l'esempio. Trasmettiamo attraverso quello che facciamo. E, alla fine, anche se si insegna l'ipocrisia vince il comportamento. Con lei, paladina non scontata, non possiamo che parlare di donne. Come siamo messi con la questione femminile? Credo che le pari opportunità non abbiano a che fare solo con il maschile o con il femminile, ma con qualcosa di più profondo. C'è la diffusa e dolorosa opinione per la quale le questioni rosa debbano per forza riguardare solo le donne. Non è vero, è una questione che c'entra con l'umanità. Vuol dire battersi per un mondo migliore per tutti, non solo per le donne. Non riesco a capire come maggiori diritti possano ledere qualcuno. Il maschile nella società vive, da anni, di una rendita di posizione. Mentre, per noi, ogni conquista va contrattata. Noi stesse, bisogna riconoscerlo, abbiamo interiorizzato queste regole dissennate con ingiusta quiescenza. Credo che il punto di vista
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INTRAPRENDENZA femminile
Gherardo Colombo e Lella Costa in Gran Guardia
femminile sia il contributo indispensabile di cui il Pianeta non può fare a meno in questo momento. Il 70 per cento del pubblico dei teatri stabili è donna, per non parlare della schiacciante vittoria delle lettrici sui lettori; sono dati che qualcosa dicono. Quello che mi sembra estenuante nella sua stupidità è che questi talenti non vengano mai valorizzati. La Fallaci nel suo Sesso Inutile diceva che non abbiamo possibilità di essere veramente felici, noi donne. Forse, perché non possiamo esistere senza appartenere ad un ruolo predefinito... Perché le donne non possono
avere tutto, mi chiede? Perché nessun essere umano può avere tutto. La donna ne soffre perchè è sempre rimasta dietro l'uomo. Quello è il luogo dove la storia l'ha relegata. Non poteva esprimersi, non poteva produrre arte, non parliamo poi di ricoprire ruoli di comando o di potere. Poi dopo i primi successi, si è iniziato a riconoscere che dietro ad un grande uomo c’è sempre una grande donna. Oggi si potrebbe affermare che dietro ad un grande uomo c’è sempre una donna stupefatta. Stupefatta anche solo perché la società ha scambiato il suo per un grand’uomo.
«Noi non siamo uguali, ma dobbiamo avere possibilità uguali». Tra mancate assunzioni, carriere ferme e ricatti sulle gravidanze, l'Ue, con una recente indagine, ha sottolineato un altro aspetto nella questione di genere nel mondo del lavoro: gli stipendi. A parità di incarichi e ruoli, le lavoratrici femmine fanno esattamente 59 giorni gratis. Fa effetto "contarla" così la differenza, ossia quel 16,3% che nella media europea separa i guadagni maschili da quelli femminili.
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INTERVISTA
IL PERSONAGGIO
di
Giorgia Castagna
giorgia.castagna@verona-pantheon.com @CastaGiorgia
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e quelle che fino a poco tempo fa vedevamo essere solo delle inutili cave dismesse prendessero forma per diventare una fantastica attrazione turistica, tutto cambierebbe. Ad immaginarselo per primo ci ha pensato Francesco che su questa idea ha realizzato la sua tesi di laurea “I paesaggi della Valpolicella e della Lessinia. Fondamenti teorici e ipotesi progettuali per i paesaggi dello scarto”. Lo sfruttamento delle risorse naturali è da sempre una tra le cause principali della modifica del paesaggio sia in Valpolicella che in Lessinia dove il nostro territorio è sottoposto ad uno sfruttamento, talvolta quasi incontrollato, sia di risorse naturali sia di superficie. Su questa idea Francesco ha srotolato il suo progetto per «ridare un senso a questi luoghi scartati creando un fil rouge che descriva un percorso di esperienza del paesaggio». A quali paesaggi ha pensato? Su quella che amo definire la promenade paysagère (passeggiata del paesaggio, ndr) si localizzano terrazzamenti, forti, contrade e cave. Ho così immaginato di proporre due diversi processi di riciclo del paesaggio: da una parte i terrazzamenti con un computo del patrimonio esistente e la proposta di piccole azioni di
Le cave della Lessinia si trasformano Alla ricerca del recupero e della salvaguardia del nostro territorio ci hanno pensato in tanti ma a crearne un progetto degno di ricevere ben due premi, quello indetto da Marmomacc e quello di “Vivi la Valpolicella”, ci ha pensato lui, Francesco Zardini, giovane architetto veronese che ha saputo guardare oltre delle semplici cave. Architetto Francesco Zardini
rivitalizzazione e dall’altra il riciclo di una cava in via di dismissione. Ci parli del progetto di rivalutazione della cava “Loffa” di Sant’Anna d’Alfaedo. La cava oggetto del riciclo è composta di sei lotti diversi la cui estensione totale è di 40700 m2 da cui viene estratta la famosa Pietra di Prun. Essa, da sistema chiuso e inaccessibile dovrà diventare un dispositivo aperto ed ospitale e da realtà rifiutata e inquinata si trasformerà in un luogo reclamato e riciclato. In che modo? Alla fine del processo di scavo il volume estratto totale sarà di 222500 m3 ma, tenendo conto che su 100% di pietra estratta circa il 30-40% è scarto, e questo, una volta movimentato aumenta il proprio volume del 70%, avremo un volume di scarti totale pari a 113475 m3. Il progetto, basandosi su di
una forte idea di sostenibilità, si propone di riutilizzare tutti questi scarti all’interno dell’area di progetto, la cava stessa, evitando così che debbano essere trasportati in discariche apposite da camion che andrebbero a congestionare il sistema di traffico della Lessinia e della Valpolicella. E l’interno come è stato pensato? Lì si andrà a generare un volume plastico che, per triangolazioni e allineamenti, colonizza i fronti di cava generando così una nuova morfologia, un paesaggio costruito sulle rovine di quello precedente. Gli scarti si comporranno in enormi dune che garantiranno la percorribilità e la sicurezza del sito. Il nuovo processo di escavazione in itinere permetterà il riciclo dello spazio scavato e dei materiali scartati. I macchinari già presenti in loco permetteranno la frantumazione delle pietre secondo diverse granulometrie che garantiranno la stabilità dei nuovi terrapieni. Alla fine del processo estrattivo anche la fabbrica a servizio della cava, che si trova al suo interno, come scarto del processo produttivo, sarà riciclata e rivitalizzata per ospitare funzioni a servizio della fruizione del paesaggio. La fabbrica diventerà una scatola per vedere il paesaggio, un cannocchiale in posizione privilegiata.
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IL PERSONAGGIO
Come sarà garantita la fruibilità della cava? Semplice, da una rampa, una nuova struttura effimera che andrà ad attraversare l’edificio, che da una quota di +6 m rispetto il piano di cava, scende-
Alcune immagini del progetto
rà fino al piazzale permettendo un’esperienza di paesaggio unica e privilegiata. Come alla scala del paesaggio, la rampa si srotola come un nastro, diventando una promenade architecturale, una struttura che indirizza e scandisce il movimento e lo sguardo verso l’esterno; tale rampa sarà realizzata in acciaio Corten riciclato di derivazione industriale e navale. Le altre funzioni, invece, saranno contenute all’interno di un “muro spesso” che si compone come una scatola nella scatola. Per esaltare ancora di più il materiale, e mi riferisco alla Pietra di Prun ho poi pensato di inserire gli scarti in gabbioni di rete metallica per costituire una seconda pelle per l’edificio, per esaltare ancora di più la condizione di paesaggio reclamato.
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LA NUOVA SEDE
Energia, ambiente & Hi Tech
Il Verona FabLab di
Mattia Zuanni
mattia.zuanni@verona-pantheon.com
raddoppia e apre in centro Lo scorso 22 ottobre, l'associazione nata in Valpantena ha inaugurato la sua seconda sede negli spazi di un'altra realtà scaligera estremamente innovativa, Lino’s Type. Per Verona FabLab un bis quasi obbligato dal successo delle adesioni e dai tanti progetti in cantiere.
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icolo Valle numero 9. Segnatevi su un pezzo di carta questo indirizzo. Ora inseritelo sulle mappe del vostro smartphone. Fatto? Bene, ora sapete che a cinquanta metri dal Teatro Ristori e a poco più di cinque minuti da piazza Bra è stata aperta la seconda sede dell’Associazione Verona FabLab. Una novità importante per i makers veronesi che ora potranno usufruire di un nuovo spazio proprio in centro città. Tra corsi, workshop e lavorazioni si cerca di affrontare sempre le aree di interesse dei potenziali partecipanti: questo è l'atteggiamento vincente dell'associazione originaria di Grezzana. Formula tanto semplice, quanto assolutamente efficace come testimonia il numero sempre in crescita degli associati. Durante l’inaugurazione dello scorso ottobre, abbiamo scambiato qualche battuta con il presidente dell’associazione, Riccardo Bertagnoli. La prima domanda è abbastanza scontata, questa nuova sede è stata aperta per necessità o per… Più che necessità, direi per richiesta dei nostri associati. Siamo ormai quasi a quota 400 (in un anno e mezzo di vita, ndr) e una buona parte di questi sono residenti nella provincia di Verona. Grezzana
La serata di inaugurazione
è comoda, ma non comodissima. Abbiamo fatto un sondaggio all’open day dello scorso settembre chiedendo ai partecipanti dove avrebbero preferito frequentare i workshop, le serate e i corsi dando loro tre opzioni: Grezzana, Verona o entrambe senza distinzione. I risultati sono stati abbastanza equivalenti; poco più della metà ha dichiarato che potevano andare bene entrambi, la restante percentuale ha chiesto di farli a Verona». Quindi vi siete adoperati di conseguenza.. Sì, avevamo già preso contatto con la realtà di Lino’s Type e quando abbiamo visto che c’era tutta questa richiesta, sono stati i primi con cui abbiamo parlato per questo possibile trasferimento. Con Matteo, Tommaso, Nicola, Stefano e tutti gli altri, «parliamo la stessa lingua» in termini di cooperazione; una collabora-
zione che porterà sicuramente beneficio sia a noi come FabLab che alla società Lino’s. Parla del trasferimento, a Grezzana non è più attiva l’associazione? Grezzana c’è e rimane la sede principale dove poter trovare i macchinari più grandi come la fresa e il taglio laser, oltre
Verona FabLab è un luogo di incontro per aziende, scuole e privati; un’officina aperta dove far nascere progetti innovativi e nuove professionalità. All’interno dell’associazione puoi: seguire corsi, serate gratuite o altri eventi, utilizzare i macchinari presenti nel laboratorio per le tue lavorazioni, richiedere una lavorazione con stampa 3D, Taglio Laser, Fresa CNC, Sartoria e molto altro!
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Energia, ambiente & Hi Tech
Lino’s Type è un concept store innovativo che vende prodotti stampati e di design, uno studio di comunicazione attento alla valorizzazione del prodotto tipografico che offre servizi di progettazione grafica e marketing. Uno spazio in cui poter lavorare da soli o in team. Un laboratorio di stampa tipografica e 3d per sperimentare, sporcarsi le mani e scoprire cose nuove. Uno luogo per eventi, innovazione e formazione sempre orientati alla creatività e alla diffusione della cultura grafica. Per info: www.linostype.com
al laboratorio di sartoria e ai banchi d’elettronica. Questa sede cittadina è la seconda dell’associazione. Abbiamo già avviato dei corsi che si svolgeranno nei prossimi mesi, e il nostro obiettivo è quello di partite in quarta per gennaio 2016.
Quanto è importante per voi avere due sedi? Anche perché non credo ci siano molti FabLab con più di una sede nella stessa città. La rete dei FabLab si sta sempre più strutturando, soprattutto a livello regionale; averne due nella stessa città
è sicuramente motivo di orgoglio, ma allo stesso tempo è anche più difficile da gestire. Chiaro che ora siamo all’inizio e dobbiamo un attimo ingranare, ma abbiamo già tantissime idee in cantiere e non vediamo l’ora di presentarle ai soci e agli appassionati.
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Continua il percorso di programmazione! STAY TUNED Dopo i corsi di Processing e di Arduino, continua il percorso di programmazione all’interno del Verona FabLab. Nei prossimi mesi verranno aperte le iscrizioni per corsi di Python, Linux e Database. Un corso per chi vuole approfondire Blender 3D, creare immagini realistiche e piccole animazioni
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Nel nostro laboratorio puoi trovare stampanti 3D, frese CNC, laser-cut, laboratorio di sartoria e molto altro! Ti aspettiamo tutti i martedì e giovedì sera dalle 18.00 alle 22.00. Contattaci a info@veronafablab.it - 344 0458663
Partiamo da una semplice parola: cartotecnica, un termine di uso forse non comune ma che, come vedremo, ha molto a che fare con la nostra quotidianità. Gran parte delle cose che ci circondano derivano dalla lavorazione cartotecnica; basta andare in cucina, fare un salto al supermercato o al centro commerciale, osservare anche distrattamente lungo le strada che percorriamo in auto. Stiamo parlando di quel settore industriale che si dedica all’arte di trasformare carta e cartone in oggetti, contenitori, espositori… in pratica, in tutte quelle confezioni che troviamo nella nostra casa: scatole di pasta, biscotti, confezioni di medicinali e cosmetici, confezioni regalo per vino e olio, e chi più ne ha più ne metta. Novagraf è un’azienda che opera nel settore cartotecnico da oltre quarant’anni, guidata da Rolando Orlandi con costante passione. Ed è proprio questo il sentimento che ha coinvolto anche la sua giovane terzogenita Sara, che assieme al marito Luca ha accolto questa sfida: Sara e Luca, come studio Atelier Orlandi, si sono messi in gioco per creare con rinnovato entusiasmo la Novagraf di domani. Il team di lavoro è composto da tecnici e creativi che mettono la loro competenza e professionalità al servizio della comunicazione: grafica, web, design, video e fotografia, packaging e progetti a tutto tondo, in una efficace cooperazione di idee e contenuti.
“Siamo a fianco delle imprese a 360°, progettando sia la comunicazione visiva che sistemi espositivi (display da banco, display da terra, cartelli vetrine, manifesti e poster ecc.) che hanno lo scopo di ottimizzare la visibilità del brand sul mercato” ci dice Sara, e prosegue: “Assieme al cliente, tutto il team è chiamato alla realizzazione del progetto. Noi lavoriamo così, ci si mette il cuore e ci si sporca le mani. Atelier non a caso significa laboratorio”. Ora è Luca a prendere la parola: “Presto renderemo disponibili una serie di nuovi servizi di stampa on-demand di altissima qualità, così da completare la nostra offerta produttiva per soddisfare i vostri bisogni in maniera pratica ma anche creativa. Vi garantiamo supporto grafico, tecnico ed eventuale continuità a progetti già esistenti, per seguire con voi lo sviluppo e la realizzazione di nuove idee”. “Gli assemblaggi manuali sono eseguiti con precisione e competenza dal nostro staff. Da sempre siamo attenti alle esigenze del cliente, la sua soddisfazione è ciò che più conta per noi” ci spiega Rolando, che nel mentre controlla la qualità dell’ultimo lavoro. E conclude Sara: “Abbiamo nel cassetto molti progetti che contiamo di realizzare a breve, soprattutto legati alla didattica e al riciclo, temi ai quali siamo particolarmente sensibili. Veniteci a trovare in azienda, abbiamo ancora tanto da raccontarvi!”.
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Una semplice parola CARTOTECNICA
stampa offset
alcuni esempi di packaging
• Espositori cartotecnici per punto vendita • Manifesti, poster, flyer, etichette adesive, cataloghi • Packaging per tutti i settori (alimentare, industriale, moda, prodotti artigianali) • Stampa digitale di grande formato, roll up, banner, roter • Immagine coordinata e brand communications
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TECNOLOGIA
Salute & benessere
Un tablet per rompere il silenzio di
Marta Bicego
marta.bicego@verona-pantheon.com @MartaBicego
Si chiama Blu(e) ed è l'innovativo comunicatore “made in Italy” ideato dalla giovane start-up di Rovereto Needius per migliorare la qualità di vita di bambini, ragazzi e adulti per i quali l'utilizzo della parola è compromesso.
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on sempre le buone invenzioni, applicate alle moderne tecnologie, devono necessariamente arrivare da oltreoceano. È “made in Italy” l'innovativo comunicatore Blu(e) pensato dalla startup di Rovereto Needius per migliorare la qualità di vita di bambini, ragazzi e adulti per i quali l'uso della parola è compromesso. Il segreto per riuscire a rompere il silenzio in chi ha difficoltà a esprimersi è racchiuso tutto in un tablet: un quaderno, a sostituire quello di carta, sul cui schermo digitale sono disponibili simboli grafici e immagini, associati al suono di una voce personalizzata, da cliccare e modulare all'occorrenza per comporre frasi, facilitando appunto la comunicazione e rendendola più efficace. Idea semplice, ma non banale e dalle interessanti potenzialità, tanto che il colosso coreano dell'hi-tech Samsung ha messo a disposizione dell'azienda roveretana, giovane perché nata appena lo scorso anno, la propria tavoletta Galaxy. Così il dispositivo, utile per la terapia e nella quotidianità, ha avuto l'opportunità di diffondersi nel territorio nazionale. E le richieste sono continue. Questione di sensibilità nei confronti della disabilità e dei cosiddetti bisogni speciali. E dell'esperienza, maturata sul campo, dai tre soci fondatori di
Needius: i trentini Nicola Filippi e Jacopo Giovanni Romani assieme al veronese Raffaele Ettrapini, psicologo ed esperto di autismo, che si sono conosciuti sui banchi dell'Università di Trento specializzandosi nel Laboratorio di osservazione, diagnosi e formazione della facoltà di Psicologia e Scienze cognitive. «Il tablet è un ausilio unicamente comunicativo», premette Ettrapini. Questo non soltanto per distinguerlo dalle altre applicazioni in commercio, precisa, «ma per renderlo uno strumento riconosciuto dal Sistema sanitario nazionale, mutuabile su prescrizione dello specialista, e per azzerare il rischio che venga impiegato
per scopi diversi da quelli per cui è stato pensato». Creato per rispondere al bisogno comunicativo manifestato dai bambini con disturbo dello spettro autistico, lo speciale comunicatore ha ampliato le prospettive della comunicazione. Nella sua prima versione, va a rappresentare la base della piramide comunicativa: «È fruibile a tutti i livelli cognitivi e della comunicazione non verbale. Non richiede determinate competenze, perché tutti i simboli, gli stessi della Comunicazione aumentativa alternativa (Caa), sono racchiusi in un'unica schermata: un bimbo può in tale maniera scegliere di selezionare una singola immagi-
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SALUTE & BENESSERE
ne o di pronunciare una frase completa». I simboli sono stati disegnati dalla cooperativa sociale Il ponte di Rovereto, grazie a un progetto di inserimento lavorativo rivolto a persone disabili esperte di grafica; mentre le voci che pronunciano le parole, naturali e non sintetizza-
te, sono suddivise per genere, maschile e femminile, e per fascia di età per aumentare l'empatia nel messaggio comunicativo. Punto di forza del progetto, evidenzia ancora Ettrapini, è la metrica: «Ogni volta che l'utilizzatore digita un simbolo, viene registrato dal sistema. Attraverso grafici e ta-
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belle, è possibile vedere come viene usato l'apparecchio nel contesto familiare, scolastico, terapeutico e quali sono i progressi raggiunti nel tempo». Dati che i familiari e il terapista possono monitorare costantemente e che diventano utili per rendere migliore lo strumento, proseguendo la ricerca in collaborazione con l'Ateneo trentino. La speciale tavoletta può essere impiegata anche per facilitare l'inserimento scolastico, per strutturare interventi di pre-lettura o per una fase di prima alfabetizzazione in stranieri che non conoscono l'italiano. A qualsiasi età, dai più piccoli agli adulti, complice la versatilità e la capacità di personalizzazione nei contenuti. Con la prospettiva, conclude lo psicologo, di ulteriore implementazione: per ottimizzare il prodotto e renderlo fruibile, da tutti con una distribuzione capillare.
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VOLONTARIATO
SOLIDARIETà & NO PROFIT
di
Francesca Mauli
francesca.mauli@verona-pantheon.com
«
Una chiamata contro la solitudine 800 280233. Il telefono squilla: è libero. Risponde un volontario, pronto ad ascoltare. Dall’altro capo della cornetta, un uomo, una donna che ha bisogno di parlare, alla ricerca di un orecchio attento e della sicurezza dell’anonimato, grazie al quale è possibile confidarsi, aprirsi totalmente all’altro. È questo, in sintesi, il servizio svolto da Telefono Amico Mondo x Onlus – Verona, un centro di ascolto telefonico anonimo presente nella nostra città da circa 25 anni.
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ispondiamo tutte le sere dalle 19.00 alle 23.00 al Numero Verde gratuito 800 280233, messo a disposizione dal Comune di Verona» spiega uno dei volontari, “protetto” dall’anonimato, allo stesso modo di chi chiama e non deve nemmeno dire il proprio nome. «Il 60 – 70% di chi ci cerca ha un’età compresa tra i 40 e i 50 anni, più maschi che femmine. Ci sono anche chiamate di persone più giovani, in genere per problematiche di identità sessuale, oppure di persone anziane, che chiamano soprattutto per lenire la solitudine». Telefono Amico Mondo X, diversamente da altri “telefoni amici”, è un centro di ascolto che non segue una tipologia specifica di bisogno, ma è una vera e propria finestra sul mondo. Sono tante le ragioni per cui le persone chiamano, «lo sconforto e la solitudine sottolinea il volontario - si fanno sentire soprattutto la sera». Chi mette a disposizione parte del proprio tempo per questo servizio entra in contatto con le realtà più disparate, accomunate sempre dalla solitudine. «Si ha a che fare con persone disturbate psicologicamente, con chi non riesce a instaurare relazioni personali, ha poca autostima e soffre per
per info:
800 280233 www-mondox.it amico@mondo-x.it
non sapersi rapportare con il mondo, o vive problematiche genitoriali. Le persone anziane, donne soprattutto, vivono situazioni di sofferenza a causa dello scarso interesse dei figli grandi e sposati. Vivono questa realtà con molto rammarico e rassegnazione, perché ormai troppo anziane per lottare e pretendere qualcosa in più. Alcuni di loro ci chiamano a volte anche solo per ricevere la buonanotte». La solitudine, oggi, assume forme sempre nuove; ecco quindi che a chiamare l’800 280233 sono anche persone che hanno perso il proprio lavoro a causa della crisi finanziaria e si sentono isolate e disorientate, ma anche persone
acculturate, informate sull’andamento del mondo, che usano il computer e hanno accesso a internet, con un lavoro ma che, nonostante tutto questo, vivono un profondo senso di solitudine. «La società del consumismo propone figure sempre più perfette, dove tutto va bene e funziona. Questo porta a tenere nascosti i nostri punti di debolezza e a vergognarsi di mostrare i propri limiti, le proprie criticità, facendo vivere un senso di inferiorità. Per questo, negli ultimi anni, riceviamo sempre più telefonate di persone che, pur vivendo in mezzo alla gente, sono profondamente sole». A rispondere a queste chiamate è un gruppo eteroge-
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SOLIDARIETà & NO PROFIT
neo di volontari, «composto da impiegati, pensionati, casalinghe, liberi professionisti che hanno deciso di mettere a disposizione una parte del loro tempo serale a favore di chi è in difficoltà». Per offrirsi a un servizio simile, occorre per prima cosa avere predisposizione all’ascolto e capacità di mettersi nei panni dell’altro, «ascoltare con empatia e con attenzione, rispettando la persona che c’è dall’altra parte indipendentemente dalla tematica della quale sta parlando, non voler mettersi in cattedra dando consigli, astenendosi da qualsiasi tipo di giudizio: sono queste le caratteristiche fondamentali dei nostri volontari.
Spesso chi chiama ha difficoltà a far partire la telefonata: non è semplice aprirsi e parlare dei propri problemi. Il volontario deve comprendere questi stati d’animo e con serenità deve saper gestire la telefonata con il maggior tatto possibile». Per diventare volontari, occorre frequentare un corso di formazione «il prossimo partirà a gennaio 2016 e avrà una durata di circa 2 mesi con cadenza settimanale; occorre poi mettersi a disposizione per 2 turni di ascolto mensili della durata di 4 ore ognuno e partecipare alla formazione permanente di sostegno. Se qualcuno fosse interessato a diventare nostro volontario, può mandare un
SMS al 349 9577646 e verrà richiamato da un nostro incaricato». «Quando mettiamo a disposizione una parte del nostro tempo a favore degli altri – concludono i volontari – pensiamo che sia per fare del bene, ma questa è solo una faccia della medaglia: il bene che noi doniamo è arricchimento anche per noi stessi. Finite le 4 ore dell’ascolto, sappiamo di non aver risolto i problemi di chi ha chiamato, ma il fatto di essere stati a disposizione di chi aveva bisogno, sapere che qualcuno ha ricevuto sollievo per il semplice fatto di essere stato ascoltato, ci fa rientrare a casa sereni».
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CINEMA Intervista al regista Andrea Segre
Migranti, quei viaggiatori impossibili Tra i mille appuntamenti del Festival del Cinema Africano, dal 6 al 15 novembre, noi ne abbiamo scelto uno. E tra i tanti registi abbiamo intervistato Andrea Segre, che nella sezione 'Viaggiatori e Migranti', ha presentato il suo Come il peso dell'acqua (2014). Abbiamo parlato con lui, da anni impegnato nella narrazione di margini, di chi, quei margini prova a scavalcare. di Miryam Scandola
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n quest'Europa di fortezze, che cerca solo di fermare, contenere e di «ridurre gli sbarchi», Andrea Segre, 38 anni, ha scelto di camminare, a piedi nudi. E ha finito col far camminare anche gli altri senza scarpe. Alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, l'11 settembre scorso, in piena kermesse, ha coinvolto, in quella che è stata una vera è propria marcia solidale, i grandi nomi del cinema italiano da Valerio Mastrandea a Elio Germano passando per Toni Servillo e Jasmine Trinca «per stare, insieme, dalla parte degli uomini scalzi». Oltre 70 città della nostra penisola hanno abbandonato le calzature in nome di un'accoglienza degna e umana e di un sistema unico di asilo europeo, aderendo all'azione lanciata dal regista padovano. Lui “gli uomini scalzi” li conosce per nome. Da dieci anni racconta le loro storie con una serrata produzione artistica di film e documentari sul fenomeno migratorio (A sud di Lampedusa, Come un uomo sulla terra, Mare chiuso), sui fatti di Rosarno (Il sangue verde), ma anche sulla crisi greca (Indebito, con Vinicio Capossela) e sulle relazioni interculturali (Io sono Li e La prima neve). In Come il peso dell'acqua ha raccontato, con l'aiuto e la voce di altri due narratori civili Marco Paolini e Giuseppe Battiston, di tre donne e del loro difficile viaggio dal paese d'origine alle coste italiane. Le storie di Gladys, Nasreen e Semhar sono lo
Andrea Segre
spunto per narrare il ricordo doloroso, ancora incastrato nella memoria della traversata in mare e della vita dopo, una volta arrivati dall'altra parte. Sono almeno 760mila i migranti in fuga principalmente da Siria, Afghanistan e Iraq che hanno attraversato il Mediterraneo nel 2015. Che cosa potevamo fare e non abbiamo fatto come Europa? Sono quindici anni che i paesi europei e l'Europa -perché sono due entità distinte con responsabilità distinte- non sanno utilizzare le loro strutture diplomatiche per intercettare e dialogare con i flussi, prima del dramma. Il loro errore è stato quello di lavorare solo nel punto di contatto, nel momento dell'emergenza. Molti oggi pensano che i barconi dei migranti siano strumenti di guerra del gruppo Stato islamico. Ma i barconi non sono stati inventati dall'ISIS, che, anzi, come forza minoritaria tra le fazioni in guerra in Libia, si è inserito nel business, usando, forse, alcuni spazi in un mercato che ha reti e mecca-
nismi esistenti da tempo. Così in questa esasperata guerra, anche di comunicazione, chi ci perde sono sempre gli stessi. Da una parte quelli che vedono mutilata la loro necessità o voglia di viaggiare, dall'altra chi non ha gli strumenti per comprendere e si trova a soffocare di paura o di compassione, che poi è la stessa cosa. Cosa può il cinema, quanto può? Il cinema permette di conoscere le persone. Un film funziona se tu spettatore riesci a entrare in quella storia. Raccontare l'immigrazione attraverso il cinema significa dare volti e nomi ai migranti che spesso sono legati a numeri e luoghi impersonali: campi profughi, centri d'accoglienza, barconi. Il cinema restituisce loro l'identità perduta. Riesce a parlare al singolare ed evita il plurale indefinito delle masse. L'anno scorso ha ideato Fuori Rotta: un'azione sociale e culturale per riscoprire il “diritto al viaggio”. Come si viaggia bene? Rompendo la propria rotta, che è di per sé una fatica. Perché viaggiare in maniera consapevole, ovvero coraggiosa, alla fine c'entra con la civiltà e con la democrazia. Oggi ci sono viaggiatori che viaggiano per distrazione, per distrarsi; è la conseguenza di un sistema di omologazione che schiaccia i diritti ma anche i desideri. E poi ci sono loro: i viaggiatori impossibili. Quelli ai quali non riconosciamo nome, cognome e speranza.
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CULTURA
Affreschi, un altro tassello al mosaico culturale della città
di Erika Prandi
Abbiamo incontrato la direttrice dei Musei civici di Verona nella sede ristrutturata di via da Porto per conoscere come è lo spazio permanente, inaugurato lo scorso 14 novembre, che ospita gli affreschi della Urbs Picta.
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n polo museale rinnovato che si basa su principi di sobrietà e chiarezza che cerca di mantenere una continuità nei criteri che caratterizzano il sistema museale cittadino. Forse è proprio questa semplicità non banale la chiave di volta che riesce ad esaltare la ricca collezione di affreschi ed elementi lapidei conferendo loro fascino e incredibile mistero. Si tratta di pezzi unici della storia di Verona che si possono vedere esposti grazie (o a causa) di interventi di strappo (per gli affreschi) effettuati dalla fine del Settecento fino alla metà del Novecento per poterli salvaguardare e, più tardi, per poter ammirare la sinopia sottostante, cioè il disegno preliminare dell’artista. Queste opere d’arte rare si collocano all’interno di un percorso espositivo che segue un ordine cronologico in modo da poter condurre il visitatore all’interno di un immaginario viaggio attraverso i secoli della città dipinta. Ma per arrivare a tutto questo sono stati necessari degli interventi di ristrutturazione al Museo degli Affreschi Cavalcaselle, inserito all’interno del complesso museale denominato Tomba di Giulietta, che comprende anche la chiesa sconsacrata di San Francesco al Corso. I primissimi interventi sono datati 1969 quando è stata restaurata l’ala occidentale del chiostro per adibirla a Museo degli Affreschi, poi inaugurato nel 1973. Nel 2004 è stata sistema-
Paola Marini
ta l’area verde esterna con la realizzazione del nuovo muro di cinta in tufo e mattoni ed è stata completata la rifinitura degli intonaci esterni. Infine, nel 2010 si sono conclusi i lavori di ristrutturazione e restauro dell’ala sud in collaborazione con l’architetto Valter Rossetto. Nel 2012 è stato possibile inaugurare spazi adibiti a servizi per i visitatori. Al secondo piano dell’ala settentrionale, invece, sono stati resi funzionali gli uffici del catalogo, dell’archivio fotografico e dell’archivio Magagnato rendendo questa sede il perno delle attività di ricerca e di conservazione per studiosi e ricercatori. «La nostra intenzione – afferma la direttrice Pa-
ola Marini– è di fare del museo non solo un luogo di visita ma anche di ricerca e promozione culturale. Per questo motivo rappresenta una grande sezione del museo diffuso della città». Attualmente sono in fase di conclusione i lavori di realizzazione degli allestimenti interni per poter riconnettere visivamente e completare il frammentario sistema espositivo. Al progetto hanno collaborato anche l’Università degli Studi di Verona nella figura della professoressa Tiziana Franco, docente di Storia dell’arte medievale, e il laboratorio di restauro della Soprintendenza alle belle arti e al paesaggio delle province di Verona, Rovi-
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Riapre il Museo degli Affreschi Cavalcaselle erika.prandi@verona-pantheon.com
go e Vicenza. Sono state condotte campagne di catalogazione e studio degli affreschi, delle sculture e dei frammenti lapidei in modo da identificarli e poter presentare i reperti artisticamente più significativi. La testimonianza datata più antica è costituita da un frammento di affresco del 996 proveniente dal sacello rupestre di San Michele e strappato insieme a tutto il ciclo pittorico nel 1885. Nel 1963, invece, fu strap-
pata la decorazione della vicina chiesa dei santi Nazaro e Celso. I due cicli pittorici, frammentati, sono stati ricomposti in una delle prime sale del museo grazie agli studi della professoressa Franco. Nella sala successiva si possono ammirare gli affreschi originariamente situati sotto gli archi del palazzo di Cansignorio e realizzati da Altichiero. L’esposizione prevede una loro sistemazione “sospesa” entro finti archi a se-
sto acuto per poterli ammirare dal basso. Infine, un fregio lungo trenta metri affrescato da Jacopo Ligozzi e raffigurante la Cavalcata di Carlo V e Clemente VII connette il nuovo con il preesistente percorso museale che termina nella chiesa di San Francesco al Corso. Per informazioni si può chiamare 0458000361 oppure consultare il sito alla pagina www. museodegliaffreschi.comune. verona.it.
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VILLE VERONESI
Gioielli del territorio
villa buri di
Alessandra Scolari
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l complesso. La casa padronale, con la facciata principale rivolta a sud, si presenta con i finestroni classici che incorniciano il corpo centrale, appena sopra il poggiolo (in ferro battuto) del piano nobile, mentre, tra quattro guglie, svetta l’attico con lo stemma della famiglia Buri: un’orsa rampante. Due ali avanzate ai lati, disegnano una corte. La facciata a nord è più semplice: la parte centrale è decorata da stucchi, ai lati due grandi pigne e poi il poggiolo al secondo piano. Completano la casa padronale la cappella, i rustici, le scuderie, le abitazioni del fattore (ora di un privato), la barchessa e il parco all’inglese che si estende per circa 13 ettari e
BERNINI SPOLVERINI Villa Bernini Buri è una villa veneta che si trova in località Molini di San Michele Extra ed è nota per il suo grande parco, sede della Festa dei Popoli. Una villa che nel Settecento fu salotto dell’aristocrazia, nell’Ottocento fiorente centro culturale e agricolo. Nel terzo millennio è in comodato d’uso all’Associazione Villa Buri onlus.
confluisce nel parco comunale «Bosco Buri» sulle sponde dell’Adige. La storia. A costruire la Villa, secondo la tradizione, è stato Gian Antonio Spolverini, agli inizi del ‘600, su disegno di Domenico Brugnoli, architetto discepolo del Sanmicheli, anche se, secondo gli studiosi, già nel 1574 vi viveva la famiglia Buri. Famiglia che ha eseguito importanti interventi di bonifica nella campagna ed arricchito la casa padronale di arredi e dipinti di pregio. La prima notizia storica di Villa Buri risale al 1738: il duca di Lorena e la consorte Maria Teresa, regina d’Ungheria e Arciduchessa d’Austria vi abitarono (28 giorni) per evitare il contagio
della peste. Giovanni Danese Buri, agli inizi dell’Ottocento realizzò il parco e il giardino all’inglese, guadagnandosi il riconoscimento degli intellettuali Ippolito Pindemonte e Luigi Mabil. Nel 1844 in Villa Buri ci furono le truppe austriache. Giuseppe Bernini Buri (1921) fu l’ultimo conte a vivere nella villa, che durante la Seconda Guerra Mondiale venne invasa dai tedeschi. Nel 1945 (dopo il 25 aprile) venne saccheggiata dai concittadini. Nel 1953 Mario Mazza, uno dei fondatori dell’Associazione Scout (ASCI) si trasferì con la moglie e la cognata a Villa Buri, realizzando un collegio (un’ottantina di ragazzi). Nel 1959 Mazza morì, il collegio venne chiuso e la Villa svuotata di tutto. Nel 1961 i Bernini Buri affittarono e poi (1971) vendettero la villa con 20 ettari di terra, ai Fratelli della Sacra Famiglia di Chieri, che trasformarono la casa padronale in un seminario, soltanto più tardi (1984) la aprirono ad iniziative socio culturali esterne (una scuola media diocesana e un Centro per bambini). Questi padri nel 2000 misero in vendita la villa, che nel 2002 venne acquistata da Marina Salomon e Marco Benatti. I proprietari. Dell’antica famiglia veronese Buri si trovano tracce già nel 1262: frate Fino de’ Buri era priore del monastero agostiniano a Santa Eu-
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Gioielli del territorio
femia. Nel 1405 Galvano Buri fu uno dei capi del Collegio dei notai e i suoi discendenti ottennero dai veneziani il titolo di «conti». In seguito, secondo gli studiosi, i conti Buri, ottenuto il permesso dei veneziani, costruirono la villa in riva all’Adige. La loro storia poi si perde, fintantoché Girolamo Buri sposò Isotta Spolverini (1776) e il figlio Giovanni Danese Buri
investì nel parco e nel giardino. Nel 1880 morì l’ultimo dei Buri: il genero Bernini ne assunse il casato. L’ultimo conte Giuseppe Bernini Buri (iscritto al Partito Nazionale Fascista) abitava nella villa che era ancora nel suo pieno splendore. Appena finita la guerra la famiglia Buri Bernini (ancora sfollata) subì un grande saccheggio dalla popolazione locale e non
tornò più: ospitò gli alluvionati del Polesine (1951-1953) e nel 1961, affittò il complesso ai frati della Sacra famiglia, i quali restaurarono la villa, i fabbricati rurali e il parco. I Buri Bernini, nel 1971, vendettero la proprietà in parte al comune e in parte all’ordine della Sacra Famiglia. Questi Padri nel 2000, dati gli alti costi di gestione, decisero di vendere. I rappresentanti di varie associazioni (2001) valutarono l’opportunità di acquistare per crearvi un «Grande parco Culturale». Il progetto prevedeva la creazione di uno spazio, dove promuovere ed accogliere iniziative culturali inerenti l’ambiente, la pace, l’economia e la giustizia, temi prediletti anche dagli imprenditori Marina Salamon e Marco Benatti, i quali acquistarono (2002) la proprietà che cedettero in comodato all’Associazione Villa Buri Onlus (costituitasi nel 2003), attualmente presieduta da Silvano Brait.
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GRANDE GUERRA
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«Era un dì di settembre cuando il Capitano disse ad alta voce al fronte dobbiamo andar/Era di notte, quando la sveglia quando la sveglia sentii suonar, allora con gioia tutti assieme abbasso l’Austria si udì
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gridar (...)/Dopo grandi sforzi contro a tal nemico e con un sol ferito trincee conquistan/Ora son qui sempre allegro, sempre allegro alla difesa del mio Re e tutti assieme inalto i quori gridian eviva il Re».
n queste strofe si concentra un mondo, quello della trincea, in cui i soldati semplici, i fanti, sono i protagonisti. Eppure dalle sue parole non emerge la tragicità di quel luogo, divenuto il simbolo di una guerra nuova, stazionaria, logora. Al contrario, Pietro sembra incitare gli animi, sollevarli dalla cruda realtà, per un fine ben più alto della propria vita: la difesa della Patria. La madre per la quale si può sacrificare ogni cosa, anche se stessi. La “musica da guerra”, composta dai soldati come Pietro, oppure dai propagandisti di guerra, aveva un duplice scopo: da un lato sublimare la tragedia che si stava vivendo, esorcizzare la paura della morte; dall’altro creare un senso di appartenenza al gruppo. In modo diverso si riproponeva la funzione dei “giornali di trincea”. Il ricorso poi al genere di musica popolare era un metodo efficace per coinvolgere le masse dei soldati, consolandoli.
quando il dolore si fece canto È stato durante l’intervista a Lucia Beltrame Menini (Pantheon 59, ndr) che siamo venuti a conoscenza di una canzone, inedita, scritta da Pietro Moretti, Caporale della 117° compagnia. Composta sul Carso, se l’era portata con sé, di ritorno a casa in licenza. La musica li «riporta a casa». Si rivela quindi «un mezzo formidabile per confermare la propria identità, per sentirsi di nuovo piantati sulle proprie radici, allacciati alla propria terra, al lavoro, alla famiglia, agli affetti». Un aspetto significativo per i soldati di fanteria, quelli maggiormente esposti al pericolo. Quelli che dopotutto formavano gran parte dell’esercito. «Secondo alcune stime i lavoratori agricoli fornirono 2.600.000 uomini, pari al 45% del totale dei richiamati», sottolinea lo storico Gibelli. Proprio questi uomini, che avevano sempre visto con diffidenza il mondo urbano e le istituzioni statali, come anche la guerra, vista come flagello al pari di una carestia, erano ora chiamati a combattere in prima linea, in nome di un ideale a loro sconosciuto, la Patria, tanto caro invece ai loro ufficiali. Eppure, il sacrificio paziente e la rassegnata sottomissione che caratterizzava i lavoratori della terra si sarebbero rivelati per la retorica di allora gli ingredienti di un modello da seguire. E nei testi cantati al fronte, quelli più celebri come Sul ponte di Bassano, Bandiera nera, Sul cappello, si riscontra proprio questa ambivalenza: lo spirito di rassegnazione accompagnato al rispetto del dovere militare. A ben vedere però alcuni canti si allontano dalla retorica e riescono a restituire un quadro
più veritiero della dura vita del soldato. Come la famosa Tapum che racconta «un dolente o lucido sprofondare nella sorte del soldato e un colloquio con la morte». La memoria purtroppo ha spesso sviato dalla atrocità della guerra in trincea, soprattutto nel ventennio fascista. Le canzoni che ebbero maggiore risonanza furono infatti quelle degli alpini, dove risaltava lo spirito di gruppo, omogeneo e coeso, del plotone. Il testamento del capitano è il testo che rappresenta meglio di tutti questo aspetto. Dopo la seconda guerra mondiale, dove i canti alpini furono ripresi dalla Resistenza, si deve attendere la metà degli anni Cinquanta per un nuovo sviluppo della musica popolare. Su questo filone negli anni Sessanta vengono recuperati i canti sovversivi, con il fine di presentare una memoria più vera e meno “celebrativa” della Grande guerra. Solo gli anni Ottanta, però, vedono la pubblicazione del più approfondito lavoro sul patrimonio musicale del QuindiciDiciotto, da parte di Savona e Straniero. A fianco agli studi critici ci sono le produzioni discografiche che mostrano un nuovo recupero delle canzoni della guerra, raggiungendo l’apice con la pubblicazione di Quel lungo treno da parte del cantautore veronese Massimo Bubola nel 2005 e del più recente Testamento del Ca-
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STORIE DI STORIA
Massimo Bubola
pitano (2014).«Una tappa importante», come l’ha definita il nostro concittadino, «di rivisitazione e riscoperta delle radici musicali e letterarie del folk di area lombardo-triveneta», in una visione individuale del tutto originale. Come ha scritto Franzina, la Grande guerra «fu il luogo dei
luoghi della memoria nazionale in musica», e proprio la sua memoria scritta nelle canzoni, in tutte le sue sfaccettature, deve essere tramandata. Il testo integrale sul sito verona-pantheon.com
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ANIMALI & CO
amici a q uattro zampe che fiutano il diabete
di Ingrid Sommacampagna
Roberto Zampieri, operatore cinofilo di Asparetto di Cerea, alle spalle 23 anni di esperienza con cani ricerca persone, ha ideato Progetto Serena, grazie allo spunto di Anna Butturini, una paziente diabetica. Il progetto ha lo scopo di preparare cani d’allerta di qualsiasi razza in caso di calo (IPO) o crescita (IPER) di glicemia per i loro padroni diabetici, avvertendoli e, se non rispondono, avvisando i loro parenti. La formazione avviene presso Villa Arvedi di Grezzana, nella parrocchia di San Giovanni Evangelista e nelle abitazioni dei pazienti.
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iabete e cani. Quale legame può intercorrere tra questi due elementi? È risaputa la simbiosi e l’empatia che può instaurarsi tra il cane e l’uomo, che ne trae grossi benefici a livello fisico e psicologico. Bisogna, però, saper prendersi cura di un quattro zampe, donando affetto nella completa certezza che si riceverà in cambio un amore incondizionato che durerà per sempre. È da questi presupposti che in Roberto Zampieri è nata la volontà, grazie all’input di Anna Butturini, una paziente italo-americana diabetica da 41 anni, di creare un progetto che li formasse per l’allerta ipo/iper glicemia a supporto dei pazienti diabetici. Zampieri, dopo una prima fase di sperimentazione ha cercato un amico a quattro zampe per la signora Butturini di nome Red. Quando Anna andava in ipoglicemia dava le sue camicie impregnate di sudore a Roberto per poi sperimentare la capacità olfattiva di Red. Nelle crisi ipo e iper del diabete, infatti, vengono emesse delle particelle acetoniche ed ormonali che vengono espulse con le urine e con l’alito, dunque questo è lo strumento che viene offerto per poter effettuare il lavoro inserendo le garze impregnate della saliva (prelevata durante gli attacchi, ndr) del paziente in campioncini. Questi ultimi vengono raccolti e proposti al
cane in fase di ricerca “ludica”, che deve riuscire ad individuarli (senza segnalare in caso di normalità). Nel caso di Anna le prime segnalazioni inconsapevoli nascevano quando il cane si accorgeva del malessere della sua padrona, andandole vicino e leccandole le mani e se non rispondeva allertava il compagno. è stato importante spiegare al cane di segnalare questo stato ogni volta che se ne rendeva conto, motivandolo e premiandolo. È importante che sia il cane a scegliere la modalità della segnalazione
(che sia abbaiando, leccando o grattando, ndr). «Red è stato l’input positivo per formare altri cani, in totale 11, come Jago, e Briquet. Ho scritto un protocollo di 50 pagine con linee guida strutturate di esercizi e considerazioni, che si differenziano dagli altri tipi di condizionamenti impartiti da altre scuole di pensiero sull’educazione del cane. Ho lavorato in particolare sulla relazione tra animale e uomo affiancato da un istruttore, creando un rapporto familiare, collaborativo, rispettoso, che sia costante. I
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Cani d’allerta al servizio di padroni malati ingrid.somma@verona-pantheon.com
Roberto ed Elisa di Progetto Serena
risultati ottimali sono convalidati da: diari glicemici, esami dell’emoglobina glicata ogni tre mesi, testimonianze dei pazienti e istruttori, video e misurazioni stick», spiega Roberto. «L’aiuto da parte di un cane è ciò che mancava nella cura del diabete ed è psicologicamente vantaggioso prendersi cura di un quattro zampe, portarlo in passeggiata, abbattendo la pigrizia; la tua vita cambia completamente ed è ovvio che, sentendosi più sicuri, pure la salute migliora», afferma Roberto Casale, di 53 anni e da 30 diabetico, proprietario di Jago da 8 mesi, ritenuto da lui un angelo custode. «È stato un momento difficile per tutta la famiglia perché ci siamo confrontati con una malattia che non conoscevano, ma grazie
all’arrivo di Briquet siamo più tranquilli visto che previene i cali segnalandoli già a 90 (i valori normali di glicemia sono compresi nel range dagli 80 ai 140, ndr) ma anche l’aumento, e a distanza di mesi si possono notare glicemie più stabili», spiega Monica, madre di Alberto Biasi, tredicenne diabetico da circa 2 anni. «Stiamo aspettando una risposta da Venezia per diventare una Onlus. Il progetto è su base volontaristica ma si prevede un rimborso spese durante le trasferte e una tessera che dura per tutta la vita del cane. Roberto, io e altri preparatori, ci rechiamo attualmente in 5 abitazioni di diabetici al lunedì, mentre al giovedì siamo nella parrocchia di San Giovanni Evangelista e al sabato in Villa
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Arvedi. C’è l’interesse al nostro progetto da parte di scuole, dell’Associazione Diabetici Alto Adige e di un medico, Mario Carrano, della Diabetologia di Salerno. Vengono fatti incontri in diversi paesi anche fuori dal Veneto. A San Martino Buon Albergo il nostro progetto è stato presentato durante i “Giovedì della salute”, insieme all’Associazione Giovani e Diabete di Verona con l’intervento di Claudio Maffeis, responsabile del reparto Diabetologia pediatrica di Borgo Trento», spiega Elisa Arvedi, Presidente di Progetto Serena, e nipote di Alda Bertani Arvedi che ha messo a disposizione gli spazi della villa per la formazione dei cani. Per info: progettoserena2014@libero.it.
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DI CORSA
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di Chiara Boni
per scoprire i luoghi pi ù belli della V alpantena Alla sua 32° edizione, la Marcia sui Colli apre tre percorsi adatti un po’ a tutti: anche ai diversamente abili. Appuntamento sportivo di poco successivo alla 14° edizione di Verona Marathon che, anche quest’anno, ha “movimentato” per bene la nostra città.
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uel giorno, non so proprio perché decisi di andare a correre un po’». E come Forrest Gump nell’omonimo film di Robert Zemeckis, c’è chi ha deciso che correre potrebbe essere davvero una buona idea. Poi, non c’è bisogno di attraversare l’America dall’Atlantico al Pacifico, e il Gruppo Marciatori Grezzanesi lo sa bene: ha organizzato una marcia sui Colli di Grezzana, che domenica 22 novembre porterà la corsa nei luoghi e nei dintorni più belli ma forse meno conosciuti. Un percorso nuovo, che unisce una sana attività fisica all’aria aperta e l’amore per la bellezza dei paesaggi mozzafiato della Valpantena: così è nata l’idea di questa maratona, che segna quest’anno la sua 32° edizione. L’idea è originale e innovativa, per più di un motivo: non solo il percorso scelto per la corsa è stato deciso con l’intenzione di mettere in mostra i vigneti e gli uliveti della nostra splendida vallata, ma anche di far riscoprire tre prestigiose ville che fanno da contorno a questo paesaggio: Villa Arvedi, Villa Bevilacqua Lazise detta Palazzo Rosso e Villa La Carrara. Soprattutto, questa marcia è pensata per essere senza barriere, di nessun tipo, per accogliere tutti e tutte: i percorsi sono pensati anche per i diversamente abili, che potranno partecipare alla corsa. Gli organizzatori hanno ideato tre percorsi diversi per accon-
Palazzo Rosso
Villa Arvedi
tentare le esigenze di tutti. Il primo percorso sarà lungo 5 km e sarà tutto in piano, privo di barriere architettoniche. Questo tragitto passa attraverso le vie del paese, sfrutta la pista ciclabile ed entra nel suggestivo parco di Villa Arvedi per il ristoro, per poi uscire attraverso i campi delle scuole medie ed arrivare infine al Parco Europa. Il secondo percorso, da 10 km, dislivello 180 mt, anche questo adatto a tutti, passa prima attraverso i campi di Redoro, poi attraversa il Progno Pantena, tramite la ciclabile si arriverà quindi al parco di Villa Arvedi e poi si proseguirà verso Cavolo, per poi scendere a Palazzo Rosso, dove si potrà ammirare la caratteristica villa e il parco. Si proseguirà poi dietro l’Hotel La Pergola e in seguito dentro al parco di Villa Carrara, per poi rientrare in centro al paese al Parco Europa. Il terzo percorso, da 17 km, è decisamente più impegnativo, ma non per questo meno suggestivo. È consigliato per persone particolarmente allenate,
Villa La Carrara
passa come il secondo da tutte tre le ville, ma si inerpica anche fino a Via Gaspari, la Madonnina e le Case Vecie (dove ci sarà il momento di ristoro, ndr), per poi scendere dalla dorsale verso Palazzo Rosso e Villa Carrara e terminare insieme al percorso dei 10 km. L’iniziativa del Gruppo Marciatori Grezzanesi arriva una settimana esatta dopo un altro imperdibile appuntamento per gli appassionati di corsa: la Verona Marathon, che con la sua 14° edizione ha mantenuto in pieno le sue promesse. Dopo le oltre 8000 persone iscritte alla Giulietta&Romeo Half marathon di febbraio, anche i numeri per questa edizione della maratona
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L’iniziativa del Gruppo Marciatori Grezzana
32° Edizione della Marcia sui Colli di Grezzana La marcia ha inizio dalle
tra le mura scaligere non hanno deluso: più di 5000 iscritti per l'evento inserito nei calendari internazionali di IAAF (International Association Athletics Federation) e FIDAL (Federazione Italiana di Atletica Leggera). La maratona è stata organizzata da G.A.A.C. 2007 Veronamarathon Asd e Veronamarathon Eventi, in collaborazione con il Comune Di Verona. Quest’anno, gli sforzi sono triplicati: oltre alla classica corsa di 42 chilometri si sono aggiunti la Cangrande Half Marathon, 21,097km, e la
LAST 10km, gara non competitiva aperta a tutti, famiglie e bambini compresi, a carattere solidale. Ci dice Matteo Bortolaso, vice presidente di Asd Gaac2007: «Un evento che cresce sempre di più grazie a tanta passione ma anche a tanto impegno durante tutto l’anno. Domenica 15 è stata una fatica di poche ore ma molto entusiasmante, il vero grande lavoro il nostro staff l’ha fatto in questi mesi e siamo onorati di averlo fatto anche per la città di Verona».
ore 8.30 dalla Piazza Renato Gozzi, ci si iscrive dalle 8.00 alle 9.00 del giorno stesso, il costo dell'iscrizione è di 3€. (2,50+0,50 di assicurazione) incluso pacco gara. Il Gruppo Marciatori Grezzana ringrazia la Famiglia Arvedi, la Famiglia Cometti e la Famiglia Frank per aver consentito il passaggio della marcia nelle loro splendide proprietà, il Comune di Grezzana per il patrocinio e quanti si sono adoperati per la riuscita dell'iniziativa. Per info: gruppomarciatorigrezzana@gmail.com
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LESSINIA
SCI di FONDO Facciamolo insieme
emanuele.pezzo@verona-pantheon.com @manupegaso
di Emanuele Pezzo
Da questa stagione parte il progetto dello Ski Team Lessinia, che riunisce i quattro club veronesi di Bosco Chiesanuova, Velo Veronese, Roverè e Campofontana. Fino al 2019 le società metteranno a disposizione dei propri atleti un unico staff, in un’ottica di condivisione di risorse che poi si tradurrà in gara, mantenendo comunque i colori dei rispettivi club.
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pesso sentiamo dire che cinquant’anni fa nevicava tutti gli inverni e lo faceva molto più copiosamente di adesso. C’era un tempo in cui, per muoversi da un paese all’altro o da una contrada all’altra, in montagna non era possibile aspettare mezzi che sgomberassero le strade dalla neve. Lo sci di fondo è nato con questa funzione, anche in Lessinia, e solo dopo è diventato uno sport. Così com’è calata la nevosità degli inverni, col passare dei decenni sono diminuiti anche gli sci club esistenti nel veronese. I quattro club rimasti, vedendo che le rispettive problematiche di affrontare una stagione sportiva sono identiche, hanno deciso di dare una svolta epocale alla loro attività. Da questa stagione, e fino al 2019, si è deciso di creare lo Ski Team Lessinia: si tratta di un’associazione di associazioni di cui fanno parte Marco Fontanesi (S.C. Bosco), Franco Brunelli (S.C. Orsi Bianchi Velo), Gianni Segala (S.C. Roverè) e Mauro Roncari (U.S. Campofontana). Le quattro società, in un grande progetto di condivisione patrocinato da ben nove comuni, intendono unire le forze per massimizzarle, con obiettivo anche di ridurre le spese. Si può dire dunque che ora la Lessinia dello sci di fondo sia unita: i gruppi di lavoro nelle varie categorie saranno seguiti
da un unico staff di allenatori, maestri qualificati e accompagnatori, mentre in gara ogni atleta parteciperà per il proprio club di appartenenza. Le categorie Baby Sprint (6-7 anni) e Baby (8-9) si alleneranno due volte a settimana, seguite da Federica Campedelli e Giulia Scardoni, con l’aiuto di Giacomo Lavarini, Giada Pomari e Filippo Canteri. Cuccioli (10-11) e Ragazzi (12-13) saranno allenati quattro volte a settimana da Carlo Vito Scandola e Giacomo Cona. Le categorie Allie-
vi (14-15), Aspiranti (16-17) e Junior (18-19), anch’esse quattro volte a settimana, saranno invece guidati da Mirco e Cesare Pezzo. Infine Giovanni Pezzo si occuperà dei materiali, aiutando i rispettivi allenatori come aiuto ski man. Già la stagione passata Bosco e Velo si unirono in una simile sinergia, che portò a buoni risultati: nel Grand Prix Lattebusche, gara regionale per le categorie Baby e Cuccioli, ad esempio, i due club si classificarono come primo e terzo del Veneto. Va ricordato,
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Consorziati i quattro club veronesi
Lucia Scardoni e Fulvio "Bubo" Valbusa, i pro di questa unione
tra l’altro, che l’organizzazione dello sci di fondo veronese è nota anche a livello nazionale. Anche questa stagione infatti, dopo le edizioni 1999, 2002, 2007, 2009 e 2013, lo S.C. Bosco ospiterà i Campionati Italiani Assoluti, evento di maggiore prestigio dato che in questa annata non vi saranno né mondiali né olimpiadi.
Abbiamo chiesto un parere su questo progetto a due fondisti veronesi di grande caratura, uno del passato e uno del presente. Fulvio Valbusa, assieme alla sorella Sabina, è stato uno degli sciatori di punta della nazionale italiana tra gli anni Novanta e i Duemila, oro olimpico in staffetta a Torino 2006 e plurimedagliato in gare mondiali e di coppa. Adesso "Bubo" è apprezzato commentatore tecnico per Eurosport e dà un giudizio positivo sulla formazione dello Ski Team Lessinia: «L'unione fa la forza anche in uno sport di squadra. È un vantaggio grosso per le società, che così ha costi minori ma più competenze professionali. Purtroppo si perde una parte di "sana rivalità" con i club vicini: ricordo con piacere quanto mi
sentivo teso prima delle sfide provinciali contro i miei coetanei di altre zone della Lessinia». La finanziera Lucia Scardoni, invece, sta emergendo proprio in queste stagioni. Dopo aver vinto la scorsa Coppa Europa, in questa stagione parteciperà di diritto alle prime gare di Coppa del Mondo. Anche da parte sua il pollice è alto: «Più il gruppo è grande, più c'è compagnia ed è facile trovare divertimento e sprono ad allenarsi. Sicuramente questo progetto darà risultati, anche se per le società sarà uno sforzo enorme. Certo, con uno staff unico si potrebbe perdere la varietà nella preparazione: anche nei corpi sportivi militari le metodologie sono differenti ed è sempre interessante poterle confrontare».
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SPORT 13° Revival Rall y Club Valpantena
Dalle auto da rally alla promozione del territorio di Matteo Bellamoli
La manifestazione di regolarità sport curata dal Rally Club Valpantena ha registrato anche quest’anno l’affetto e il calore di pubblico e piloti con 220 partenti. Ecco il perché del successo di un evento che crea indotto su tutto il territorio e che aumenta, di anno in anno, anche l’affetto internazionale.
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nche quest’anno il Revival Rally Club Valpantena, manifestazione di regolarità sport organizzata dall’omonimo club, è tornato a registrare oltre 200 equipaggi iscritti (220) confermandosi manifestazione numero in Italia nella regolarità sport. Iniziato nel 2003, per festeggiare i primi vent’anni del rally club più longevo d’Italia con sede a Rosaro (Grezzana), il Revival Rally Club Valpantena in pochi anni ha raccolto i più alti riconoscimenti nazionali e internazionali come una fra le più ambite manifestazioni dai praticanti della specialità. Sulle strade della valle sono arrivati mostri sacri del calibro di Sandro Munari, Walter Rohl, Gianfranco Cunico, Miki Biasion, Fulvio Bacchelli, Mauro Pregliasco e Vanni Tacchini, “Lucky” a bordo delle vetture che li hanno visti protagonisti negli anni d’oro della specialità. «È difficile anche per noi spiegare il successo e l’affetto verso questa manifestazione» ha detto il presidente del comitato organizzatore “Bob” Brunelli. «Quando abbiamo iniziato questa avventura la regolarità sport era una specialità appena nata, non molti la conoscevano. Tutto è nato da una passione comune tra noi organizzatori e tra chi questa gara la corre o la viene a vedere. Il Revival Valpantena è diventata una festa, un momento di aggregazione dove appassionati dentro e fuori dagli abitacoli si ritrovano
Comitato Organizzatore 12 novembre 2015 Comitato Organizzatore Rall y Club Valpantena 2015: Roberto Brunelli, Alberto Zanchi, Gian Urbano Bellamoli, Sergio Brunelli, Paolo Saletti. Collaboratori tecnici Marco Sartori e Matteo Bellamoli.
per condividere la sana e autentica passione per l’automobilismo vero: quello senza computer, senza elettronica e con un pizzico di nostalgia». Durante la due giorni, quest’anno in scena dal 12 al 14 novembre, tutto il territorio della Valpantena si muove intorno alla manifestazione: strutture ricettive, piccole botteghe di paese, officine. Un modo concreto per aiutare l’indotto locale anche a fare promozione. «È già successo più volte» ha concluso Brunelli, «che concorrenti stranieri abbiano poi prenotato le loro
vacanze di Natale o di Pasqua qui sul nostro territorio». Come a dire che anche da una manifestazione di auto possono nascere interessanti sinergie.
Soci fondatori RCV 28 agosto 1983 Soci fondatori Rall y Club Valpantena. 28 agosto 1983: Roberto Brunelli, Sergio Brunelli, Alberto Zanchi, Paolo Saletti, Gian Urbano Bellamoli, Luciano Veronesi, Adelino Brunelli, Maurizio Todeschini, Luigi e Paolo Iseppi
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Sestomarelli la grande musica folk che non muore 20 anni di musica, 20 anni passati tra l’energia del rock ‘n’ roll e del punk, tra il ritmo reggae e le influenze pop, fino all’arrivo, al capolinea dell’urban folk, in tutto e per tutto destinazione e partenza per il nostro gruppo mensile: i Sestomarelli.
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irigiamoci subito al succo, alle chiavi di volta che hanno portato fino a noi i Sestomarelli. In realtà qualcosa abbiamo già introdotto, l’alternanza tra generi musicali diversi, che, tra tutte le esperienze che un musicista può accumulare nella propria carriera, saranno sempre una miscela di emozioni e conoscenze da poter utilizzare a proprio piacimento in qualunque momento per sviluppare i propri progetti. Poi ci sono loro, i due lavori della band “Acciaierie e ferriere lombarde folk” e “Possibilmente”, datati 2013 e 2015. Due album sfociati in una lunga promozione sul campo, in numerose palchi calcati con la voglia di spaccare il mondo, un carico inesauribile di soddisfazioni. Poi si sa, se il prodotto è buono arrivano anche altri tipi di soddisfazione, come aprire lo show di Danilo Sacco, l’ex voce dei Nomadi, alla Bandabardò e ai Figli di Madre Ignota. «I due album sono un importante sforzo sia in termini di professionalità sia di pura creatività. La composizione è un lavoro di fino, una sorta di continua nutrizione ed evoluzione, parte da piccole idee grezze che puntano decise alla compiutezza del prodotto-canzone. Il raggiun-
Alessandro Aliprandi: chitarrista e mandolinista; Roberto Carminati: cantante - Alessandro Muscillo: bassista Mariela Valota: violino - Ricky Preda: batterista gimento di questo obiettivo è estremamente emozionante, soprattutto quando ci si trova ad eseguire dal vivo i brani sui quali si è tanto sudato ed accorgersi che al pubblico stanno arrivando, piacciono». Questo il pensiero e le parole di Roberto Carminati, voce della band. Come non credergli? La musica dei Sestomarelli ha viaggiato ormai per buona parte dell’Italia, uscendo anche dai
confini del Belpaese, facendo parlare di sé anche al festival Bustofolk, al Tinta Roja e al Riereta 20 Bis di Barcellona, passando tra le altre anche alla rassegna Festitalia di Bucarest. Che altro dire, io ho ascoltato la loro musica, i loro lavori e personalmente li ritengo una bomba. Buttateci un orecchio anche voi: www.sestomarelli.com
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F I L O T I M o a b i t i
1965-2015
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EDITORIA PER RAGAZZI a cura di Alessandra Scolari
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l libro: Racconta la storia di Nils Holgersson, un ragazzino di quasi 14 anni,
bello quando basta ma davvero «scansafatiche». Una domenica mentre i genitori sono a messa, lui si spaparanza in giardino, finché uno gnomo, con una strana magia lo rimpicciolisce, come un folletto e in questa veste vive incredibili avventure. Anzitutto incontra Marten, la grande oca selvatica di famiglia, la quale gli propone di unirsi in volo alle altre oche selvatiche: il ragazzo-folletto, preoccupato per la reazione dei genitori, cerca di impedire che la grande oca prenda il volo, però Marten è più forte e lo trascina via. Iniziano così uno straordinario viaggio, insieme alle altre sette oche selvatiche dirette al nord della Svezia, guidati da Akka originaria del monte Kebneka jse (in Lepponia). L’Autrice: La scrittrice svedese Selma Ottilia Lovisa Lagerlöf (1858-1940) (ma-
Titolo Il viaggio meraviglioso di Nils Holgersson Autore Lagerlöf Selma Edizioni Mondadori Oscar Ragazzi Prezzo: €9,5 - Pagine: 228 Età di lettura: da 11 anni
a cura di Mattia Zuanni
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estra elementare) doveva insegnare geografia, materia antipatica ai ragazzi da che mondo è mondo. Quindi nel 1906 pubblicò questo libro, nel quale ha saputo fondere realtà e fantasia: attenta al risvolto didattico. L’autrice racconta a Nils come le è venuta questa ispirazione nel bellissimo capitolo «Un piccolo podere». Ne nacque un testo, diventato subito un classico della letteratura per ragazzi. Selma Lagerlöf, tre anni dopo, venne insignita del Premio Nobel per la letteratura (prima donna a riceverlo, ndr) «per l'elevato idealismo, la vivida immaginazione e la percezione spirituale che caratterizzano le sue opere».
Curiosità: Presentiamo questo classico, perché riteniamo sia uno di quei libri, senza tempo, che tutti, almeno una volta, dovremmo leggere. Tante le curiosità, su tutte prevale l’abilità e la sensibilità dell’autrice nel raccontare i ragionamenti e le emozioni degli animali, dimostrandoci che il loro sguardo può insegnarci molto. Così dopo Marten e Akka, Bataki il corvo saggio, Smirre la volpe (nemica di Nils e dello stormo di oche), l’aquila Gorgo, l’alce Pelogrigio, il cane Karr, il corvo Ventofretta (carismatico e capo violento dei corvi) e non poteva mancare Garm Pennabianca.
BOX OFFICE
l film: In un tempo in cui nulla sembrava impossibile, quando la scienza, la tecnologia e la religione si muovevano per riscrivere le regole che governavano la vita e la morte, uno scienziato, il Dr. Victor Frankenstein e il suo protégé Igor Strausman, si ritrovano a ricercare insieme la loro visione comune del mondo. Ma quando i piani di Victor vanno in fumo, portando ad orribili conseguenze, soltanto Igor potrà salvare lo scienziato da se stesso e dalla sua mostruosa creazione. Victor - La storia segreta del Dott. Frankenstein è l’emozionante storia mai raccontata dell’uomo che sta dietro al leggendario mostro.
Titolo: Victor La storia segreta del Dott. Frankestein Genere: Horror, Fantascienza Regia: Paul McGuigan Attori: James McAvoy, Daniel Radcliffe Jessica Brown Findlay, Andrew Scott Uscita (Italia): 26 novembre 2015
fotografa il codice QR per vedere il trailer
CLASSICI DA NON PERDERE Titolo: Interceptor - Genere: Azione, Fantascienza - Durata: 93 minuti Regia: George Miller - Attori: Mel Gibson, Joanne Samuel, Steve Bisley, Hugh Keays-Byrne «E questi chi sono?». Chiede il massiccio leader di una banda di motociclisti selvaggi. Ma prima che il polverone si posi e l’ultimo pistone smetta di pompare, scoprirà di persona con chi ha a che fare, per la gioia di tutti i fan. Mel Gibson intuì sin da subito il successo che avrebbe avuto il suo personaggio; Max Rockansky, il temerario poliziotto tutto vestito di pelle che dichiara guerra ai motociclisti criminali che hanno preso di mira la sua famiglia. Questa guerra neo-punk combattuta sfrecciando per le strade infuocate di un’Australia post-apocalittica, non prevede ostaggi.
BELLEZZA
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AL N AT URA L E La lavanda, la cui varietà più comune ed utilizzata è la Lavandula Officinalis, è una pianta erbacea aromatica ricca di proprietà benefiche, utilizzata spesso nella cosmesi e in generale in numerosi prodotti per la cura della persona. L’olio essenziale di lavanda, in particolare, è l’ingrediente chiave di una ricetta cosmetica molto semplice che si può facilmente riprodurre a casa con pochi ingredienti: lo Scrub esfoliante corpo alla lavanda.
• Sale
fino • Olio di mandorle dolci • Olio essenziale di lavanda • Fiori essiccati di lavanda (facoltativo) tiepida. Il risultato sarà una pelle liscia, rinnovata e idratata grazie all’olio di mandorle dolci!
Unire 10 cucchiai di sale fino a 4 cucchiai dell’olio di mandorle dolci e mescolare bene. Aggiungere al composto di sale e olio 5 gocce di olio essenziale di lavanda e, se sono facilmente reperibili, una piccola quantità a piacere di fiori essiccati di lavanda, che danno al nostro scrub ancora più profumo e una migliore consistenza. Mescolare bene tutti gli ingredienti finché non si ottiene un composto uniforme, granuloso e non troppo liquido.
Questo scrub è adatto ad essere usato sul corpo, specialmente sulle gambe, in quanto unisce il potere levigante dei granuli di sale all’effetto emolliente e idratante dell’olio di mandorle dolci. Per utilizzarlo basta prenderne una piccola quantità, applicarlo con movimenti circolari e non troppo vigorosi sulle zone desiderate e infine risciacquare con acqua
L’olio di mandorle dolci è sostituibile con l’olio d’oliva, presente in tutte le case, o con l’olio di cocco, reperibile negli alimentari etnici o nei negozi specializzati nel biologico. Inoltre, è possibile utilizzare lo zucchero al posto del sale: questa sostituzione è particolarmente indicata per chi ha la pelle secca, in quanto il sale ha un effetto lievemente astringente non desiderabile per chi ha quel tipo di pelle. Per questa ragione si raccomanda di evitare le zone che presentano pelle irritata, screpolata o ferita. Il sale fino può essere sostituito con il sale grosso da chi invece desidera un maggiore effetto esfoliante. Lo scrub alla lavanda si può conservare in un barattolo a chiusura ermetica, meglio se di vetro, ricordando però che, essendo naturale e non contenendo conservanti, è consigliabile utilizzarlo entro un paio di mesi dalla produzione.
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Brevi da Verona e Provincia
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a cura di Miryam Scandola
Torna l’appuntamento (imperdibile) con il mercatino
aria m a t san stelle in
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n’eredità che la scuola materna e asilo nido S. Maria Assunta si porta dietro da molti anni. Da quando cioè la signora Franca Mariotti ha inventato quello che è stato il primo mercatino della vallata. Borse fatte a mano, tessuti e regali per una causa che merita un po’ di tutta quella domestica fatica. Ha dello straordinario anche il semplice fatto che genitori e nonni di alunni, ormai grandi, si prodighino ancora oggi, con rinnovato
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permesso il suo recupero ed utilizzo. Lavori che sono rientrati in un progetto più ampio di manutenzione generale, che dall’ottobre 2014 ad oggi è culminato nel recupero delle facciate esterne, del campanile e delle annesse stanze parrocchiali». Costruita probabilmente sul luogo di una preesistente chiesetta chiamata “la Gesiola”, questa piccola prima chiesa fu eretta intorno alla metà del Cinquecento.
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itorna agli splendori di un tempo la chiesuola dedicata a Santo Stefano Protomartire grazie al lavoro degli artigiani di Confartigianato, al prezioso contributo di Edilcassa Veneto e all’intervento formativo di UPA Servizi. «La chiesa – ha riferito l’Arch. Gianfranco Dalle Pezze, progettista e direttore dei lavori - lasciata per molti anni all’incuria, è stata oggetto, dal 2008, di una serie di lavori di manutenzione interna che hanno
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Restaurata la chiesa di S. Stefano Protomartire
entusiasmo, per il buon risultato della tradizionale manifestazione. Coordinati dalle instancabili sorelle Goretta e Rosanna Braga, i volenterosi aiutanti sono già all’opera dall’estate scorsa. L’apertura del mercatino è prevista nei giorni dal 6 all’ 8 dicembre, presso Sala Mariotti. Per festeggiare i cent’anni della scuola ci sarà un piccolo momento di festa nei pressi della chiesa. www.infanziastelle.it
ECCO i cesti natalizi della Piccola Fraternità, pieni di cose buone
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l risultato dello scorso anno ha stupito piacevolmente tutti. E la piccola Fraternità Lessinia, associazione nata nel 1985 a Corbiolo di Bosco Chiesanuova, ha scelto di riproporre la fortunata campagna di vendita dei cesti natalizi. Lo scopo dell’iniziativa è in primo luogo legata all’operatività dei ragazzi con disabilità, impegnati sia nel confezionamento dei cesti che nella realizzazione e creazione dei manufatti
in legno contenuti nelle confezioni, tutti realizzati presso il laboratorio di falegnameria interno alla struttura. Con i fondi raccolti sarà possibile provvedere all’acquisto di un pulmino per trasporto disabili in sostituzione dell’attuale, deteriorato dal tempo. È possibile vedere le creazioni natalizie sul sito: www.pflessinia.it. Per ulteriori informazioni: 045 7050706 Email: info@pflessinia.it.
NI I S S LE
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Grotta: UN padiglione p er ospitare lab oratori e ricerc A
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FUM ANE
ioiello archeologico della Valpolicella, oggi, la Grotta di Fumane è pronta per accogliere i visitatori con una nuova struttura annessa. L’edificio, fresco di realizzazione grazie all’impegno della Comunità Montana della Lessinia con il contributo del GAL Baldo-Lessinia attraverso i fondi del PSL (Programma di Sviluppo Locale, ndr) 2007-2013, sarà destinato a fungere da biglietteria, sala conferenze e laboratorio temporaneo per studiare i primi risultati degli scavi. «La
Grotta è un patrimonio di tutti», ha ricordato il sindaco di Fumane Mirco Frapporti, durante l’inaugurazione il 17 ottobre scorso. E infatti, la Grotta, conosciuta come uno dei maggiori monumenti della preistoria antica, è un giacimento di estremo interesse per comprendere il grande cambiamento biologico e culturale avvenuto nell’evoluzione umana attorno a 40.000 anni fa. Il prossimo progetto sarà la messa in sicurezza del sito, provvedimento già in programma per l’anno prossimo.
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La scuola materna parrocchiale compie 70 anni
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ata nel 1945 nei pressi dell’abitazione del vicario parrocchiale, la struttura, gestita prima dalla congregazione “Sorelle della Sacra Famiglia”, dal 2000 è diretta da un Comitato di Gestione con personale laico. La scuola apre le porte ai genitori sabato 19 dicembre dalle 10.00 alle 12.00 e giovedì 21 gennaio dalle 16.00 alle 18.00. L’offerta formativa nella sua proposta è quanto mai originale: non ci sono cattedre ma spazi esperienziali per favorire lo
questo instaurava tutti i suoi rapporti. Ha detto bene la figlia Sabrina durante la messa di commiato «non avevi paura di niente, ti ho visto felice, preoccupato e arrabbiato, però mai triste. Mi spronavi a sorridere per te e per gli altri. Ringrazio Dio di avermi fatto nascere nella nostra aperta famiglia. Se uscivo con te ci fermavamo ogni momento a salutare qualcuno, se poi c’era anche la mamma era fatta…». Il celebrante don Piergiorgio Belloni, parroco di Stallavena, ha detto «Sergio era un guerriero che si è sempre prodigato per tutti, che amava la vita ed era felice quando lo erano anche gli altri». Spronando la comunità riunita in chiesa a seguirne l’esempio «prendiamoci a cuore la nostra vita e quella della comunità, nella quale ciascuno può dare il meglio di sé». Anche Hildegard Banderne rappresentante dell’Associazione Gemellaggio di Bodenheim ha ricordato «il grande talento di Sergio, impregnato nell’entusiasmo e nella forza dell’amicizia».
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e ne è andato, il 30 ottobre, Sergio Menegolli, una delle persone più carismatiche del paese, definito dai responsabili della Pro Loco il «cardine della vita associativa del paese». Una grande perdita per la famiglia – la mamma Rosetta, la moglie Maria Teresa Salvagno, i figli Stefano e Sabrina e i parenti – e per il territorio: era amico di tutti e partecipava intensamente alla vita del paese. Nel 2000 Sergio venne eletto presidente dell’Associazione del gemellaggio Grezzana-Bodenheim (provincia di Mainz, Germania), che ha fatto vivere intensamente lungo questi 15 anni, meritandosi a pieno titolo di far parte anche del Comitato Provinciale Gemellaggi. Tra i suoi obiettivi aveva anche quello di presentare ai gemelli tedeschi, un paese accogliente e ordinato. Già, amava il bello e l’arte: incideva bellissime opere su rame. Sergio - solare, entusiasta, sempre pronto alla battuta e alla mediazione - riteneva l’amicizia il valore umano fondante e su
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a cura di Alessandra Scolari
Il paese saluta Sergio Menegolli
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sviluppo individuale del bambino. Le maestre attuano la regia educativa come metodo, non sostituendosi al bambino nelle piccole grandi scelte che passano anche dal colore del pennarello. Suddivisi in due sezioni eterogenee, i bimbi ( al massimo una quarantina) diventano protagonisti della loro crescita educativa. Oltre alla psicomotricità da quest’anno è previsto anche l’insegnamento dell’inglese. Per info: 045-907449.
a cura di Chiara Boni
B uo n a m u sic a p e r u n a bu on a r ag ion e
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i terrà domenica 13 dicembre “Un grande evento per un grande aiuto”, organizzato dall’associazione Voci Volti Onlus di Verona. La Onlus si occupa da diversi anni di cooperazione internazionale in paesi in via di sviluppo in particolare in Africa, in Tanzania, Mozambico e Guinea Bissau. L’evento si svolgerà in Gran Guardia e segna quest’anno la sua terza edizione. L’idea di questo evento, patrocinato dal
Comune di Verona e con il contributo di AGSM e Amia, nasce dall’intento di coniugare una serata di musica a un preciso progetto di solidarietà che coinvolga il maggior numero di persone possibile. La serata sarà animata dalla band fiorentina Killer Queen, e vedrà il sostegno al progetto ”Amabilis Bakery”, che vuole realizzare un panetteria a Morogoro, nella Tanzania centrale.
IN CUCINA CON
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NICOLE e ric a n e 4 p atat e a m r o s m a rin o sal e, pepe v e r g in e o li o e x tra
Incidete le castagne e fatele cuocere in acqua bollente per 40 minuti. Estraete la polpa con un cucchiaino poi schiacciatela col passaverdure. Unite cacao, zucchero, liquore e latte, impastate bene e ripassate nel passaverdure. Montate la panna e componete il dolce.
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Sbucciate e lavate le patate. Tagliatele a cubetti poi fatele cuocere in acqua bollente per 5 minuti. Scolate, asciugate e condite con olio, sale, pepe e rosmarino fresco. Adagiatele sulla banda del forno ed infornate a 200 gradi per 20 minuti.
Le Ricette dal Mondo di
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Ciao! Mi chiamo Nicole Scevaroli, Abito a Poiano ed ho una grande passione per la cucina. Sono l'autrice del blog senzalattesenzauova.blogspot.it nel quale propongo ricette per intolleranti. In questa rubrica vorrei suggerirvi delle ricette semplici, sane, divertenti e golose per trasmettervi la mia voglia di cucinare, infornare ed assaggiare!
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Il peggior incubo dell’utente di telefonia, con un po’ di pazienza ed alcune accortezze, può essere eliminato o, perlomeno, ridotto.
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a prima domanda che salta in mente dopo aver spiegato all’ennesimo zelante promoter che la sua offerta non ci interessa è «ma come fanno queste società ad avere il mio numero?». I casi principalmente sono due. Se il marketing telefonico affligge una linea di utenza fissa è molto probabile che il venditore abbia preso il contatto direttamente dall’elenco. Ciò si può impedire chiedendo al proprio gestore la rimozione del nominativo dagli elenchi oppure effettuando l’iscrizione nel Registro Pubblico delle Opposizioni (www.registrodelleopposizioni. it). Tramite quest’ultimo strumento il numero rimarrà pubblicato ma non potrà essere utilizzato per finalità promozionali. Quando invece ad essere bersaglio di chiamate promozionali sono linee fisse “riservate” oppure telefoni cellulari è probabile che il numero sia stato consegnato al venditore proprio dall’utente stesso. Infatti, in ogni occasione in cui si stipula un contratto, si effettua una registrazione sul web, si partecipa ad un concorso, è prassi compilare il modulo co n te n e n te i propri dati personali. Anche il dato r i g u a rd a n te il numero di telefono, quasi sempre indicato come obbligatorio, viene trascritto e consegnato, senza troppi pensieri, all’interlocutore di
turno. Fino qui niente di male. È normale che per instaurare un rapporto giuridico le parti siano precisamente individuate e conoscano le rispettive identità. Il problema sorge successivamente quando, per fretta o leggerezza, si appongono due-tre firme - oppure si clicca in sequenza sul pulsante “accetto”senza leggere con attenzione per cosa si sta prestando consenso. Attenzione quindi alle sottoscrizioni plurime con cui le aziende acquisiscono il benestare al trattamento dei dati personali a fini commerciali ed anche per la cessione dei dati stessi a società terze. È di fondamentale importanza sapere che non sono leciti i moduli con la casella del ‘sì’ già contrassegnata così come non è corretto il comportamento della società che sostengano di non poter dare corso agli impegni contrattuali se non si rilascia il consenso al trattamento dei dati personali per finalità promozionali (il supermarket che si rifiuta di concedere la tessera fedeltà o il gestore di telefonia che non attiva l’offerta o il sito web che si rifiuta di prestare un servizio, ndr).
Leggere con accuratezza e spuntare le caselle dei ‘no’ sono accorgimenti utili per evitare un’ulteriore dispersione dei propri dati personali, ma è anche possibile impedire a chi già possiede il nostro numero di telefono di continuare ad utilizzarlo. Infatti, il consenso al trattamento dei dati personali può essere modificato o revocato in qualsiasi momento esercitando i diritti previsti dal Codice della Privacy. Per prima cosa bisogna chiedere all’operatore che ci sta telefonando da dove ha attinto il numero di telefono. Bisogna poi chiedere chi è il responsabile del trattamento dei dati ed infine opporsi ad un futuro utilizzo del dato. Se ciò non bastasse si dovrà inoltrare una formale richiesta al titolare del trattamento dei dati personali tramite i moduli predisposti dal garante della Privacy per la cancellazione dei dati (www.garanteprivacy.it). E se ancora non fosse sufficiente ci si potrà rivolgere ad Adiconsum Verona per presentare ricorso al Garante o, nelle ipotesi più gravi, ricorrere all’Autorità Giudiziaria.
Frantoio Arvedi
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