Pantheon 116

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PREZZO €3,50 COPIA GRATUITA

EDIZIONE NOVEMBRE 2020

ANNO 12 - NUMERO 10

NUMERO CENTOSEDICI

IN COPERTINA

Il direttore del Centro Ricerche Cliniche Stefano Milleri

GUARIRE DAL COVID

La testimonianza di un medico

STOP EVENTI Dubbi e speranze

All'interno

Speciale Salute

COVID, LE RISPOSTE SUL VACCINO


NOGARA - Via Molino di Sopra, 55B info@pubbliunosrl.it - 0442 511479 www.pubbliunosrl.it

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NOVEMBRE 2020

DI MATTEO

SCOLARI

EDITORIALE

Ci risiamo. Tutto quello che per alcuni mesi avevamo accantonato, o voluto accantonare, è tornato. L’emergenza Coronavirus, dopo un’estate di apparente tranquillità, bussa di nuovo alla porta degli italiani dopo aver fatto il giro in Europa e nel mondo.

Seconda riflessione: nessuno mette in dubbio la buona volontà e la buona fede del Governo in questa fase delicatissima, ma bisogna stare attenti a promettere senza poi mantenere; si sgretola così un rapporto fiduciario che sta alla base della democrazia stessa. Non è il momento di bluffare, di cavalcare palcoscenici mediatici per tenere buone le persone. Si creano aspettative altissime che se non vengono soddisfatte, con la stessa forza, si trasformano in frustrazione e rabbia. E lo abbiamo visto.

Inutile nasconderci, stiamo vivendo ore, giorni, settimane di grande apprensione per un quadro sanitario che, improvvisamente, ha fatto salire i principali indici di allerta. Siamo preoccupati anche per gli effetti che le restrizioni imposte dal Governo, come la chiusura anticipata di bar, ristoranti e pasticcerie, e quella temporanea di piscine, palestre, attività sportive, cinema, teatri, fiere ed eventi in genere potrebbero avere sul tessuto socio-economico di molte città, compresa Verona. Migliaia di persone sono scese in piazza, da Catania a Torino manifestando un disagio evidente e una mancanza di prospettiva futura che provoca, in alcuni casi, angoscia e disperazione.

Terza riflessione: se ci fermiamo adesso, non ripartiamo più. L’appello che lancio dalle pagine del giornale, per quello che può contare o servire, è di grattare sul fondo del barile di quella che è l’innata capacità degli italiani di uscire dalle difficoltà. Ora più che mai è il momento di dimostrare quanto il nostro Paese sia in grado di reagire con nuove idee, con la rottura degli schemi tradizionali, con l’ingegno che storicamente ci contraddistingue. Siamo un popolo per lo più di imprenditori, lo dimostrano le oltre cinque milioni di partite iva, quasi un quarto degli occupati totali. Dobbiamo ripensare a un modello organizzativo, sociale, di comunità. Partendo dalle piccole realtà locali. Riappropriamoci dei nostri spazi con altruismo e solidarietà. Con severità nei confronti di chi trasgredisce. Non è retorica, se non iniziamo a pensarci ora non ci sarà via di uscita. L’Italia si ricostruisce dal basso, ci dobbiamo assumere tutti la responsabilità di un reale cambiamento, partendo dal nostro quotidiano. Il resto - una nuova primavera - verrà di conseguenza.

La prima riflessione che viene da farsi è se lo scenario che si sta materializzando adesso non si poteva prevedere per tempo, attuando misure e interventi che avrebbero attutito il contraccolpo della seconda ondata; pensiamo ad esempio al mancato accordo tra trasporto pubblico e privato che avrebbe aumentato le corse degli studenti ed evitato così le calche sui mezzi nelle ore di punta, facendo lavorare, tra l’altro, i vettori privati fermi al palo ed evitando di penalizzare le scuole che hanno fatto enormi sforzi per adeguarsi alle regole dei protocolli sanitari. Pensiamo ai ritardi nella consegna dei vaccini anti-influenzali che stanno provocando mortificazione tra gli addetti ai lavori, medici e farmacisti in primis. Pensiamo anche ai ritardi dei pagamenti della cassa integrazione in deroga con le aziende che hanno anticipato i salari a battenti chiusi, senza vedere ancora un congruo ristoro. Chi ha sbagliato? Chi poteva o doveva intervenire, perché non l’ha fatto? La sensazione che si ha è che ci fossero delle priorità solo in minima parte prese in considerazione.

«UN GUERRIERO RESPONSABILE NON È QUELLO CHE SI PRENDE SULLE SPALLE IL PESO DEL MONDO. È COLUI CHE HA IMPARATO AD AFFRONTARE LE SFIDE DEL MOMENTO.»

matteo.scolari@veronanetwork.it @ScolariMatteo

PAULO COELHO 3



REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI VERONA N.1792 DEL 5/4/2008 - NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 27/10/2020

Indice 33

SPECIALE

6

IL MESE IN 10 SCATTI

8

IN COPERTINA

52

FORZA

12

GUARIRE DAL CORONAVIRUS

54

FIORE

16

AFFRONTARE LA MALATTIA, INSIEME

56

VERONA

18

UNIONE EUROPEA VS COVID-19

58

PILLOLE

20 24 26

SALUTE

LE FOTONOTIZIE DI OTTOBRE

LE RISPOSTE SUL VACCINO. INTERVISTA A STEFANO MILLERI

LA TESTIMONIANZA DEL DOTTOR CAMILLO SMACCHIA

AL FIANCO DI CHI È PIÙ FRAGILE

PANDEMIA: COME LA STA AFFRONTANDO BRUXELLES

BELLEZZA

DELL'ARTE

ANTICA

DI MAMMA

CONDIVISIONE DI INTENTI PRIMA CHE DI SPAZI

CHE ARIA TIRA

60

SATIRA E FAKE NEWS

INTERVISTA AD ANDREA SESTA DI "LERCIO"

ALESSIA BOTTONE RACCONTA IL DOCU-FILM

LA BANDIERA DELLA DISCORDIA

50

VERONA 2022

ANGOLO

64

LA NAPOLI DI MIO PADRE

30

NEL FUTURO

PET

IN CUCINA

66

CON NICOLE

COSA SI CELA DIETRO IL DRAPPO IN PIAZZA ERBE

PANTHEON

speciale

SPETTACOLI & EVENTI

COME SARÀ LA CITTÀ NEL FUTURO

REDAZIONE E COLLABORATORI ERRORI O SEGNALAZIONI: WHATSAPP 320 9346052 - REDAZIONE@VERONANETWORK.IT

DIRETTORE RESPONSABILE MATTEO SCOLARI CURATORE EDITORIALE SAMANTHA DE BORTOLI REDAZIONE MATTEO SCOLARI, GIORGIA PRETI, ALESSANDRO BONFANTE, SAMANTHA DE BORTOLI, CAMILLA FACCINI HANNO COLLABORATO AL NUMERO DI NOVEMBRE 2020 SARA AVESANI, CARLO BATTISTELLA, MARTA BICEGO, CHIARA BONI, DANIELA CAVALLO, MAREVA DE FRENZA, EMILIANO GALATI, IMPACTSCOOL, MATTEO LERCO, ALICE MARTINI, MARCO MENINI, ANDREA NALE, DAVIDE PERETTI, NICOLE SCEVAROLI, INGRID SOMMACAMPAGNA, GIULIA ZAMPIERI, MARCO ZANONI. PROGETTO GRAFICO ED EDITORIALE SPECIALE SALUTE CAMILLA FACCINI, GIACOMO GOTTARDI PROGETTO GRAFICO ED EDITORIALE SPECIALE SPETTACOLI CECILIA BAY, GIACOMO GOTTARDI COPERTINA DAVIDE MORELLI ILLUSTRAZIONI PAOLA SPOLON SOCIETÀ EDITRICE INFOVAL S.R.L. REDAZIONE VIA TORRICELLI, 37 (ZAI-VERONA) - P.IVA: 03755460239 - TEL. 045.8650746 - FAX. 045.8762601 MAIL: REDAZIONE@VERONANETWORK.IT - WEB: WWW.VERONANETWORK.IT FACEBOOK: /PANTHEONVERONANETWORK - TWITTER: @PANTHEONVERONA - INSTAGRAM: PANTHEONMAGAZINE UFFICIO COMMERCIALE: 045 8650746

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FOTONOTIZIE

IL MESE IN 10 SCATTI

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Sabato 3 ottobre il sindaco Federico Sboarina ha preso parte alla Giornata di celebrazione per il settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri al Quirinale, insieme al Presidente della Repubblica.

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Elisa De Berti è la nuova Vicepresidente della Regione Veneto. Oltre a raccogliere il testimone di Gianluca Forcolin, l’esponente veronese della Lega De Berti è stata riconfermata assessore ai lavori pubblici, infrastrutture e trasporti.

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Lunedì 5 ottobre si è tenuta la cerimonia di avvio dei lavori di realizzazione della galleria di Lonato del Garda all’interno del cantiere dell’Alta Velocità ferroviaria della tratta Brescia Est – Verona. I comuni veneti interessati sono Peschiera del Garda, Castelnuovo del Garda, Sona, Sommacampagna e Verona.

Piazza Bra cornice, martedì 6 ottobre, della manifestazione della Polizia locale per il 154esimo anniversario della fondazione del corpo. Una cerimonia che ha ripercorso il grande impegno degli agenti nell’ultimo anno, particolarmente impegnativo per l’emergenza sanitaria e per il maltempo.

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«I Mercatini di Natale a Verona 2020 a non si faranno»: così gli organizzatore hanno comunicato, nel pomeriggio di mercoledì 21 ottobre, la cancellazione del tradizionale appuntamento sulla loro pagina Facebook ufficiale.

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6

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Dopo l’approvazione del progetto di fusione tra Agsm e Aim da parte della Giunta comunale scaligera, il 9 ottobre a Palazzo Barbieri il sindaco di Verona e il sindaco di Vicenza, Francesco Rucco, hanno presentato i piani della multiutility per il futuro. «Un momento storico per il Veneto» le parole di Sboarina.

A metà ottobre Federica Pellegrini ha annunciato sui suoi profili social la positività al Coronavirus. Oggi spiega di sentirsi meglio, senza più mal di testa e quasi senza febbre ma di essere ancora priva di gusto e olfatto.

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Martedì 13 ottobre lutto in Lessinia e nel mondo artistico veronese, ma non solo, per l’improvvisa scomparsa di Giancarlo Corradi, avvenuta a seguito di una malattia.

La Sezione Veronese degli Alpini ha ricordato nella sede di via del Pontiere, venerdì 16 ottobre, i cent’anni dalla fondazione.

A metà ottobre il Comune ha installato in via Cappello dei cordoli temporanei per gestire, dalle 8 alle 17, il flusso di visitatori che sostano davanti all’ingresso del sito turistico; la misura, tuttavia, ha incentivato la formazione di lunghe code, risultando non adeguata a garantire la sicurezza sanitaria.

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IN COPERTINA STEFANO MILLERI

Dottor Stefano Milleri in centro; a sinistra Elisabetta Pasini, volontaria di Verona; a destra Lorenzo Mazzi, volontario di Bussolengo

A VERONA CONTINUA LA CORSA AL VACCINO Dopo il via libera di Aifa e del Comitato etico, a settembre sono iniziate nei laboratori dello Spallanzani di Roma e del Centro ricerche cliniche di Verona le sperimentazioni del primo vaccino italiano contro il Coronavirus. A ripercorrere con noi le tappe di questi mesi intensi, svelandoci anche quelle future, il direttore del Centro scaligero Stefano Milleri.

S

embrava fosse lontano, l’autunno. A giugno, sembrava fosse distante l’incertezza che avrebbe portato con sé. Quelle prime avvisaglie, di una possibile “seconda ondata”, pareva quasi non ci riguardassero: eravamo appena usciti dal lockdown e giovavamo ancora dei suoi benefici. Avevamo vinto quella prima battaglia, riconquistando parte della nostra libertà, o meglio, una libertà nuova, con delle regole di cui fino a poco tempo prima non tenevamo conto: l’utilizzo della mascherina, in primis, e forme di socialità rimodellate sull’esigenza del distanziamento.

DI SAMANTHA DE BORTOLI

In qualche momento, però, abbiamo vacillato in tanti, dimenticando che il nemico è invisibile: ecco che allora abbiamo visto gruppi di ragazzi accalcati nei bar, mascherine abbassate sotto il naso, folle nelle piazze. Ma, una volta concluso il periodo più duro dell’emergenza, pensavamo davvero che questi episodi non si sarebbero verificati? Che la voglia di normalità, quella a cui siamo sempre stati abituati, sarebbe stata facilmente sacrificabile? Il problema è che ora, quei passi falsi, li stiamo pagando, perché i contagi sono in aumento. Ma, a differenza di prima, l’equipaggiamento di base per navigare nel mare in tempesta lo conosciamo. Quello che non sappiamo è quanto siano alte le onde. 8

In questi mesi medici e autorità hanno continuato, come un mantra, a ricordarci quanto sia fondamentale coprire naso e bocca con la mascherina, igienizzare spesso le mani ed evitare gli assembramenti; sono queste le misure essenziali, quello che dobbiamo adottare noi per non finire in balìa della burrasca. Nel frattempo, proprio a Verona, c’è chi sta dispiegando il massimo sforzo per farci compiere sani e salvi questa traversata, insieme a medici, infermieri e operatori sanitari: l’equipe del Centro ricerche cliniche, impegnata con il direttore, Stefano Milleri, nello studio per il vaccino contro l’infezione da Sars-CoV-2. Il Centro scaligero, nato nel 2005 dall’intuizione dell’Azienda ospedaliera veronese e dell’Università di Verona, con l’approvazione della Regione Veneto, ha l’obiettivo di realizzare studi clinici per trovare nuovi farmaci efficaci nella cura di varie patologie, dall’oncologia all’ematologia, dalla reumatologia alle malattie rare. Il 3 agosto, durante una conferenza stampa, il governatore Luca Zaia, il magnifico rettore dell’ateneo scaligero Pier Francesco Nocini, il dottor Milleri e il direttore del Dipartimento di Medicina Oliviero Olivieri annunciarono l’avvio della sperimentazione del vaccino prodotto dalla biotech romana Reithera, il primo vaccino italiano, contemporaneamente al Centro di ricerche cliniche di Verona e all’Istituto Nazionale per le


Malattie Infettive “L. Spallanzani” di Roma. La stessa notizia, così come i dettagli sulle modalità operative della sperimentazione, vennero dati poi anche a Palazzo Giuliari. A distanza di tre mesi, abbiamo chiesto al Direttore Stefano Milleri come sta procedendo lo studio, quali sono le prospettive e le tempistiche plausibili per la produzione e la distribuzione di questo vaccino, qualora dovesse superare positivamente tutte le fasi di sviluppo e controllo. Direttore, partiamo dal principio. Quali sono le informazioni di cui si deve disporre per creare un vaccino? Da cosa è partita ReiThera? L’azienda biotecnologica di Roma sapeva sfruttare un sistema di vettori, rappresentati dagli adenovirus, in grado di portare all’interno dell’organismo delle proteine contro le quali quest’ultimo deve produrre anticorpi. Il vaccino prodotto da ReiThera si basa su un adenovirus del gorilla, che sembra essere in grado di passare “inosservato” al nostro sistema immunitario: è stato quindi modificato, per fare in modo che non si replichi all’interno del nostro organismo, e utilizzato come mezzo per trasportare la proteina S, ovvero quella che svolge un ruolo particolarmente importante nella patogenicità del coronavirus Sars-Cov-2. Così facendo, il sistema immunitario non reagisce contro l’adenovirus, ma direttamente contro questa proteina. A seguito di molti esperimenti in vitro e sugli animali, la biotech ha dimostrato ad Aifa e al Comitato etico dello Spallanzani che il vaccino è sicuro: ottenuto l’ok, siamo partiti. L’azienda bio-tecnologica è romana, quindi lo studio ha coinvolto direttamente lo Spallanzani. Come mai anche Verona? Il vaccino e la modalità di somministrazione sono proprietà della biotech ReiThera, mentre lo studio è frutto della collaborazione tra questa azienda e lo Spallanzani di Roma. Verona è stata coinvolta per l’esperienza che ha maturato in questi anni nel condurre studi con volontari sani: abbiamo collaborato sin da subito alla stesura del protocollo, ovvero del documento che dice esattamente come deve essere effettuata la ricerca. Quali sono gli step previsti dallo studio sperimentale? Lo studio prevede complessivamente tre fasi: la “fase 1” è condotta su novanta soggetti, che vengono trattati e valutati, secondo una suddivisione in due gruppi: quarantacinque giovani adulti, di età compresa fra i 18 e i 55 anni, e quarantacinque di età superiore ai 65 anni. Ogni gruppo a sua volta è diviso in tre sottogruppi, a cui vengono somministrate a una

certa distanza temporale tre dosi differenti di vaccino. Siamo partiti a inizio settembre con i primi quindici volontari, che hanno ricevuto la dose più bassa delle tre previste; sono stati poi valutati i dati relativi alla sicurezza, ossia gli eventi aggressivi sui soggetti, ed eseguiti ulteriori esami di laboratorio. I buoni risultati ottenuti ci hanno consentito di procedere con la dose successiva. Le fasi di somministrazione e monitoraggio, per ciascuno dei due gruppi, sono tre. A che punto siete arrivati oggi? Nel corso della prima settimana di settembre abbiamo condotto la prima fase, con la dose più bassa; a fine settembre siamo andati avanti, con la dose media, e a inizio ottobre abbiamo somministrato la dose più alta. Per tutte e tre le dosi possiamo affermare che il vaccino sia stato ben tollerato. Ora cominceremo lo studio sugli over 65, ma siamo ancora in cerca di volontari, specialmente donne. Tutte le informazioni per candidarsi sono reperibili sul sito del Centro ricerche cliniche, www.crc.vr.it. Le sperimentazioni sui volontari più anziani sono già cominciate a Roma, a Verona l’avvio è in programma all’inizio di novembre, con la dose più basse; la dose media e quella più alta sono in calendario, rispettivamente, a metà novembre e la prima settimana di dicembre. Tutti i dati che raccogliamo grazie a queste somministrazioni vengono condivisi con lo Spallanzani e confluiscono in un database comune. Un ispettore esterno ha il compito di monitorarli, settimanalmente, e di valutare tutti gli eventi avversi, controllando che non ci siano dati che suggeriscono l’interruzione dello studio. Durante la conferenza stampa del Presidente Zaia del 3 agosto il Centro aveva dichiarato che la “fase 1” della sperimentazione, ovvero quella condotta su questi novanta volontari, si sarebbe conclusa entro marzo 2021. Quali sono i risultati che vi aspettate di ottenere per quella data? E, soprattutto, quanto si dovrà attendere 9


per il vaccino se questa fase si concludesse positivamente, come tutti auspichiamo? Sì, la “fase 1” della sperimentazione si concluderà entro il prossimo mese di marzo, ma già a Natale potrebbero emergere i primi risultati. Ragionevolmente, per fine anno avremo già i dati per valutare sicurezza ed efficacia e aprire, quindi, le fasi 2 e 3, passando alla somministrazione su centinaia di persone prima e su qualche migliaio poi. Questo significa che, per lo sviluppo del vaccino, dovremo attendere la seconda metà del 2021. I requisiti che si devono soddisfare per produrre un vaccino sono principalmente tre: oltre alla sicurezza e all’efficacia, quindi la capacità di produrre anticorpi specifici contro il virus, bisogna conoscere la durata, cioè il numero di volte che il vaccino deve essere somministrato affinché svolga correttamente la sua funzione. Dobbiamo capire se è sufficiente una volta all’anno, se è necessaria una seconda somministrazione oppure se l’effetto dura più a lungo.

zo del virus in forma attenuata, altri usano adenovirus di origine umana, una modalità simile a quella che stiamo testando noi. Tutto il mondo è alla ricerca di possibili vaccini, e al momento gli studi sono tutti giunti a fasi diverse. In Cina sono all’opera numerose biotech, così come in Europa, tra cui Bayern, per citarne una; in America, tra le aziende più note, c’è Jonhson&Johnson, che ha dovuto bloccare la sperimentazione, ormai era giunta alla fase 3, perché un paziente si è ammalato e le cause non sono ancora chiare. Direttore, chiudiamo l’intervista con una domanda di “previsione”: i contagi stanno aumentando, cosa dobbiamo prospettarci per i prossimi mesi? Tutti ci dobbiamo impegnare e sottostare alle misure di sicurezza: sembra una risposta scontata, ma deve essere ribadita, perché c’è ancora chi non le rispetta. Dobbiamo avere la consapevolezza che dovremo convivere con il virus ancora per parecchi mesi e che anche se dovesse arrivare una prima dose di vaccino il prossimo anno, la produzione sarà limitata, così come la distribuzione: non è possibile avere subito disponibili tutte le dosi di cui abbiamo bisogno. Adottare tutte le precauzioni è indispensabile.■

Oltre all’Italia, quali sono gli altri Paesi che stanno svolgendo delle ricerche per trovare un vaccino? E in cosa si differenziano i loro studi? Per quanto riguarda l’Europa, è stato stipulato un accordo per realizzare questi vaccini in maniera molto veloce rispetto alla prassi consueta. Alcuni di questi prevedono l’utiliz-

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LA TESTIMONIANZA DEL DOTTOR CAMILLO SMACCHIA

«IL COVID? UNA SENSAZIONE ANGOSCIANTE DI IMPOTENZA» Il direttore del Serd (Centro Dipendenze) di Verona racconta la sua esperienza di convivenza con il Coronavirus, contratto a inizio marzo e debellato nella sua fase acuta dopo un ricovero di dieci giorni nel reparto di terapia semi-intensiva di Borgo Roma. specie di “influenza”, considerata tra l’altro abbastanza benevola, non immaginavamo il panorama fosco che poi si sarebbe materializzato nei mesi successivi. Le confesso che io quella sera ero anche un po’ contento perché dal 1° marzo mi avevano assegnato, oltre all’incarico già attivo presso la casa circondariale, la direzione del centro dipendenze di Verona. Venivo da due settimane molto intense e faticose, per cui un paio di giorni di riposo – pensavo - mi avrebbero fatto recuperare fiato. E invece non è stato così. No, il fiato, invece di recuperarlo, l’ho perduto. Come dicevo, all’inizio mi sono ritrovato con qualche linea di febbre, poi ho accusato male alle ossa, mal di testa, ma la cosa che mi preoccupava di più è che, anziché migliorare, la situazione peggiorava sempre di più. Nel giro di una decina di giorni sono stato ricoverato. Camillo Smacchia, direttore del Serd di Verona

S

essantatre anni, fisico atletico (ha sempre praticato sport, tennis in particolare). Nessuna patologia pregressa, nessun medicinale da prendere. Nulla che potesse far pensare a una situazione di partenza facilmente aggredibile dal Covid-19. Eppure Camillo Smacchia, medico di lungo corso, ora direttore del Serd di via Germania, il Coronavirus l’ha contratto a metà marzo. Una vicenda dolorosa, per certi aspetti alienante, dalla quale è uscito e che ha voluto raccontarci sulle pagine di Pantheon.

DI MATTEO SCOLARI

Dottore, cominciamo dall’inizio. Quando ha contratto il Covid-19? Lunedì 16 marzo, il primo giorno che riuscivo ad avere una mascherina, quasi per ironia della sorte. A quel tempo ero direttore della sanità penitenziaria, lavoravo in carcere, e in quelle ore erano arrivate le prime forniture di mascherine. Al mattino ho indossato il dispositivo, la sera alle 18 sono tornato a casa con una sensazione di malessere, brividi e spossatezza. Ha pensato in quegli istanti che potesse c’entrare il Coronavirus? A marzo, parlo anche da medico, eravamo a conoscenza di quella che pensavamo fosse una 12

Come ha saputo che si trattava di Covid-19? Sapendo che il Coronavirus stava circolando, anche per un senso di responsabilità nei confronti dei miei pazienti e delle strutture in cui opero, ho voluto fare un tampone. Che è risultato positivo. Sì. Erano i giorni in cui iniziavamo a vedere in tv le camionette dell’esercito che di notte trasportavano le salme da Bergamo verso altre città di destinazione, i giorni in cui Papa Francesco ha pronunciato quell’omelia in una piazza San Pietro deserta…ancora adesso, a pensarci, mi si serra il fiato in gola. Come si è evoluto il quadro sintomatologico? Non sentivo più i sapori, gli odori né i profumi, anche solo alzarmi mi provocava una fatica enorme, non capivo cos’avessi. Ogni movimento mi provocava una stanchezza infinita. E poi ero nervoso, anche perché quando ti manca l’ossigeno nel sangue, il cervello è uno dei primi organi a risentirne. Diceva che era stato ricoverato poi. Certo. Dopo il primo tampone, passati tre o quattro giorni, continuavo a peggiorare. Sono tornato all’ospedale e a seguito di una tac ho scoperto di avere una polmonite interstiziale.


I colleghi mi hanno fatto tornare a casa pensando che una cura antibiotica potesse essere sufficiente. Non era così. Dopo altri tre giorni sono tornato a Borgo Trento e mi hanno ricoverato nel reparto di Malattie infettive al policlinico di Borgo Roma. Cos’ha provato in quel momento? Solitudine. Quando ho salutato mia moglie, me ne sono andato in ambulanza, ho avuto un pensiero tra me e me: “forse è l’ultima volta che ci vediamo”. Ho provato ad immaginare anche se fossi stato dall’altra parte, pensare ad esempio che ad essere portata via fosse mia moglie e io fossi rimasto lì, incapace di fare qualsiasi cosa, e magari dopo qualche giorno avvisato per telefono che era morta e non potevo nemmeno andare al funerale. Ho pensato anche a queste cose e avevo una grande angoscia. Quanto tempo è rimasto in reparto? Ho passato dieci giorni in terapia semi-intensiva. Indossavo la maschera d’ossigeno giorno e notte, ma per fortuna non mi hanno mai portato in rianimazione. Ricordo i volti dei colleghi che ogni tanto salutavano da un finestrino e poi ricordo benissimo e voglio ringraziare anche in questa occasione, gli specializzandi, gli infermieri, il personale delle pulizie che entravano nelle stanze e ci portavano conforto. Non dimenticherò mai i loro sguardi, le loro parole. Ti tengono in vita, mi hanno tenuto in vita. Ti fanno capire che ci sei ancora. Indossava la maschera d’ossigeno, quali sensazioni si provano? Mancando l’ossigeno, come dicevo, ci si sente molto affaticati e anche rintronati. Ricordo che un’infermiera mi ha portato la settimana enigmistica, sono un appassionato di parole crociate e rebus. Beh, non riuscivo a farne uno. Un mese dopo, a casa, li ho ripresi in mano e in dieci minuti li ho risolti. In quei momenti non capivo nulla. Ha mai pensato alla morte? No, non so come mai, forse per incoscienza o per deformazione professionale. Ho capito, però, che siamo sempre in un delicato equilibrio. A chi ancora nega o sottovaluta il Covid-19, che messaggio dà? Non è facile dare spiegazioni, per capire bisogna passare la malattia. Non è un dolore, non è un qualcosa che ti colpisce in maniera decisiva come può essere un trauma o un’altra patologia. È una sensazione angosciante di impotenza. Con cosa è stato curato? Con l’antimalarico e con i farmaci contro l’Aids, che in questi giorni si è dimostrato

come siano del tutto inefficaci contro il Coronavirus. Alla fine mi hanno salvato i vecchi “farmaci”: ossigeno e cortisone. Come ha ripreso la vita normale, di tutti i giorni? È stato durissimo tornare a lavorare. Sono tornato a casa il 1° aprile e ho ripreso l’attività a metà maggio. Avrei voluto partire subito, già da aprile, ma non ce la facevo, ero molto spossato e quando mi sentivo stanco, pensavo subito al Covid, questo virus che ti condiziona anche psicologicamente. Adesso ha paura? Non voglio nemmeno pensare di ammalarmi di nuovo. Ho donato anche il plasma per una carica anticorpale molto elevata, un po’ di memoria immunitaria dovrei ancora averla. Come l’ha cambiata questa parentesi della sua vita? Chi mi conosce sa che sono una persona molto espansiva e comunicativa, per me è difficilissimo non stringere una mano o stringere un abbraccio, soffro tremendamente a non avvicinarmi alle persone. Chiaro, adesso sono attento, indosso sempre la mascherina e igienizzo le mani. Quello che mi è rimasto è un’idea complessiva di un momento tragico. Ho la sensazione di essere un testimone di un periodo storicamente inedito, di aver provato un’esperienza particolare. Nel 2009 ero stato in rianimazione per un’uscita di strada, una vicenda dolorosa che sento come solo mia, questa volta mi è parso una cosa più collettiva, una situazione molto ampia per cui la pena soffermarsi a pensare. Sta montando la protesta di piazza per le norme restrittive del DPCM. Cosa ne pensa? Sta chiedendo questa cosa a un dipendente statale. A volte mi sento in colpa per coloro che sono penalizzati da questa situazione e che hanno dovuto chiudere l’attività, frutto di tanti sacrifici, magari per sempre. Mi sento frenato da qualsiasi tipo di giudizio perché mi sento un privilegiato dal punto di vista occupazionale ed economico. I suoi colleghi “al fronte”? I colleghi del Pronto Soccorso, dei reparti o delle rianimazioni sono ancora molto impegnati. Ho il massimo rispetto per loro. Riuscirà a dimenticare o ad attenuare ciò che le è accaduto? Difficile. Quello che mi è capitato mi ha lasciato una cicatrice piuttosto profonda. Sento attorno a me una comunanza con altre persone che, letta in chiave positiva, può tradursi anche spirito di appartenenza a una comunità. 13


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AL FIANCO DI CHI È PIÙ FRAGILE

AFFRONTARE LA MALATTIA,INSIEME

Da sinistra: Chiara Stizzoli, Monica Venturi ed Elisa Veneziani

Si chiama Progetto S.P.A. (Spazio Pazienti Accompagnatori) la nuova iniziativa, nata dall’idea di tre giovani psicologhe veronesi, che si occupa di intrattenere e far condividere l’esperienza della malattia ai pazienti oncologici e ai propri accompagnatori. Si tratta di una rivisitazione più strutturata del già esistente progetto Convivio e proseguirà online, con incontri di gruppo dedicati, fino al 18 dicembre 2020.

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DI GIORGIA PRETI

n modo univoco per affrontare la malattia non esiste, ma avere qualcuno al proprio fianco con cui condividerla è spesso fondamentale. Un compagno, la propria famiglia o anche solo un amico possono fare la differenza, essere quel salvagente di cui si ha bisogno quando il mare è in burrasca. Eppure decidere di superare insieme un imponente ostacolo, come può essere il cancro, non è cosa per tutti: serve pazienza e forza d’animo a sufficienza per potersi alimentare vicendevolmente. Lo sanno bene Monica Venturi, Chiara Stizzoli ed Elisa Veneziani, tre giovani psicologhe veronesi che da qualche mese hanno dato vita al progetto S.P.A. (Spazio Pazienti Accompagnatori) all’interno del Day Hospital dell'Oncologia dell’ospedale di Borgo Roma. 16

L’iniziativa parte proprio da quel necessario principio di condivisione delle esperienze tra i pazienti oncologici e gli accompagnatori, già sperimentato con il progetto Convivio: «Tutto è nato da un’esperienza mia e di due mie colleghe, Monica e Chiara. – ci dice Elisa - Siamo tutte e tre psicologhe e l’anno scorso abbiamo avuto l’occasione di partecipare tramite servizio civile, all’interno del reparto di oncologia a Borgo Roma, al progetto Convivio. Si tratta di un’iniziativa di umanizzazione delle cure che si occupa di intrattenere sia i pazienti che gli accompagnatori durante le attese per le terapie. Così abbiamo cercato di mettere in piedi questi incontri di condivisione più strutturati, dato che è emerso un bisogno da parte di entrambi i gruppi di poter condividere determi-


nati vissuti ed esperienze con persone che stavano vivendo situazioni simili. Per partire ci siamo rivolte a Pit Onlus e grazie al suo supporto siamo riuscite a partire». Il progetto non va in alcun modo a sostituire il servizio di supporto psicologico individuale, ma lo va a integrare e supportare, nonostante l’emergenza Coronavirus. Da quando, infatti, i contagi sono aumentati, il servizio S.P.A., che era partito lo scorso 10 settembre in presenza, si è fatto virtuale: «Dal 2 novembre facciamo ogni lunedì degli incontri serali, per un totale di otto, dalle 18 alle 19.30 tramite la piattaforma Zoom e cercheremo di offrire un servizio che possa essere il più possibile utile anche se virtuale» spiega Elisa. Tra i temi che saranno affrontati nel corso dei prossimi incontri: “Le ferite”, “La paura del dolore e della morte”, “Lo stigma sociale del malato” e tanti altri macro-argomenti che potrebbero aiutare i pazienti soprattutto in questo momento in cui, a pesare su una situazione già delicata, c’è anche la pandemia di Covid-19. Con l’intensificarsi del virus, infatti, i rischi e i timori per i malati oncologici stanno crescendo esponenzialmente costringendo, da un lato, gli accompagnatori a restare all’esterno dell’ospedale durante le terapie e a orari di visite ridotti se non addirittura cancellati, e dall’altro i pazienti a una sorta di autoisolamento per ridurre le possibilità di contrar-

re il virus: «Durante i pochi incontri che siamo riusciti a fare in presenza abbiamo riscontrato che questo è un periodo complicato soprattutto per i più fragili e vulnerabili come sono i pazienti oncologici. – ha detto Elisa - Abbiamo visto che il rischio di venire contagiati è un’ulteriore minaccia alla propria vita, che si aggiunge a quella della malattia stessa che stanno attraversando. Quindi aumenta l’ansia, la paura di entrare in contatto con altre persone nei luoghi pubblici, come anche negli ospedali. Questo porta inevitabilmente anche a provare rabbia nei confronti degli altri, soprattutto delle persone disattente o negligenti. Gli accompagnatori, dal canto loro, sono molto preoccupati e provati da questa situazione, perché si sentono investiti di una grande responsabilità e sanno che possono essere veicoli di possibili contagi. Tutto questo può quindi portare a un isolamento del paziente». Come per chiunque altro, è ora necessario trovare un nuovo equilibrio in questa quotidianità che è stata stravolta e farlo è possibile, come ci spiega Elisa: «Bisogna adattarsi alla nuova vita: riuscire a sentirsi vicino agli altri, anche essendo distanti, grazie ai nuovi strumenti. Quando i pazienti o i famigliari ci parlano del fatto che non possono stare vicini ai propri cari, noi ricordiamo che la vicinanza viene trasmessa anche attraverso altro, come piccoli gesti quotidiani e la condivisione di qualche pensiero». ■

Se vuoi partecipare agli incontri, scrivi a: progettocondivisione.oncologia@gmail.com SPAZIO PUBBLICITARIO

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PANDEMIA: COME LA STA AFFRONTANDO BRUXELLES

UNIONE EUROPEA VS COVID-19 Con l’ultimo Consiglio europeo, si apre la strada verso una ripresa dalla crisi economica e sociale causata dalla pandemia da Coronavirus. Ma a quali termini e con che modalità è ancora da capire.

T

ra le ultime, estenuanti battute di Brexit, le fondamenta di rapporti sempre più forti con l’Unione Africana, e un nuovo ambizioso piano per combattere il riscaldamento climatico, l’ultimo Consiglio europeo, tenutosi a Bruxelles il 15 e 16 ottobre scorsi, non si è fatto mancare nulla. Ma se c’è una cosa che più di altre ha dominato la scena a Palazzo Europa è stata sicuramente l’evoluzione della pandemia nei paesi europei negli ultimi mesi e, in parallelo, quali misure l’Europa avrà intenzione di attuare per scongiurare il peggio. Dopo lo storico accordo raggiunto a luglio, quando i vertici dei Paesi UE, dopo giorni di accese discussioni, avevano dato l’ok a un pacchetto da 750 miliardi di euro (il famigerato

Next Generation EU) da finanziare attraverso emissioni comuni di debito, i meccanismi pesanti della burocrazia europea sembrano essere di nuovo all’impasse: manca, infatti, un accordo tra la presidenza del Consiglio, in mano alla Germania, e il Parlamento europeo, che chiede di aumentare i fondi comunitari per altri 15 capitoli di spesa. Già dal 13 ottobre 2020 il Consiglio ha adottato un quadro comune per regolare i viaggi e gli spostamenti all’interno dell’Unione europea: questa raccomandazione, basata su criteri comuni per tutti gli Stati membri, aiuterà ciascun Paese a prendere decisioni in base alla situazione epidemiologica regione per regione. Grazie ai dati raccolti dai singoli 18

DI CHIARA BONI


Stati, sarà creata anche una mappa, rielaborata ogni settimana dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) per essere sempre aggiornata. Si tratta, ovviamente solo di un piccolissimo pezzo del puzzle del piano di ripresa per l’Europa, una delle aree geografiche più colpite dalla pandemia di Coronavirus. Gli sforzi dell’Unione per contrastare le conseguenze economiche e sociali della crisi sono cominciati già lo scorso 23 aprile, quando i leader dell’UE si sono impegnati a istituire un fondo per la ripresa con l’obiettivo di aiutare i Paesi a ripartire. Questi sforzi si sono concretizzati il 21 luglio, nel corso del Consiglio europeo straordinario, quando i leader dell’UE hanno concordato un importo complessivo di 1824 miliardi per il periodo 2021-2027. Il pacchetto include il quadro finanziario pluriennale (QFP) e, ovviamente, si avvale di uno sforzo straordinario per la ripresa, lo strumento Next Generation EU, di cui fa parte anche il Recovery Fund, che aiuterà l'Unione europea a ripartire dopo la pandemia di Covid-19 e sosterrà gli investimenti nelle transizioni verde e digitale.

Se questa decisione ha significato di sicuro un momento storico per l’intera Unione europea, c’è chi pensa si potesse fare di più: per esempio, il Parlamento europeo, che ha giudicato il pacchetto non sufficientemente ambizioso e che, come detto, chiede di aumentare i massimali del quadro finanziario pluriennale. Un’altra questione molto cara al Parlamento UE è la possibilità di legare la distribuzione dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto: «Non si può ragionare di economia senza pensare alla nostra base di valori - ha spiegato Manfred Weber, a capo del Partito Popolare Europeo - spendiamo adesso, a livello di Unione europea, quasi 2mila miliardi di euro. La posta in gioco è alta. Pensiamo che questo denaro debba essere speso in modo corretto. Ciò significa che dobbiamo avere media liberi, per verificare se sul territorio le autorità spendono le risorse senza corruzione, per esempio». Senza un accordo tra il Parlamento e il Consiglio sull'intero bilancio pluriennale, in ogni caso, verrà rimandato anche l'iter legislativo di ratifica da parte dei Parlamenti nazionali. Il che significa che le risorse europee per contrastare la crisi da Covid-19 potrebbero arrivare quando ormai sarà troppo tardi. ■

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IL COWORKING NEL POST COVID-19

CONDIVISIONE DI INTENTI PRIMA CHE DI SPAZI Condivisione di idee e competenze, costi sostenibili, bisogno di comunità: sono nati così i coworking, grandi spazi d’incontro per professionisti che negli ultimi anni sono stati investiti da una crescita fortissima. Se la pandemia sembrava una reale minaccia per questi luoghi, ci sono due esempi nella nostra città che provano il contrario.

C

’è chi ha parlato di fine dell’era coworking ai tempi del Coronavirus e chi adesso si dovrà ricredere. A Verona, Officina 18 e 311 portano avanti un progetto vincente che dalla pandemia esce rafforzato. Officina 18, in Borgo Roma, nasce nel 2016 e conta oggi diversi uffici e postazioni in coworking, una sala con cucina e una sala eventi che in tempi non sospetti ospitava fino a 100 persone. «Un ambiente modulare – racconta il responsabile Sergio Cremonesi – per non rimanere legati ad un unico scopo». In lungadige Galtarossa 311 Verona, frutto della fondazione Edulife che da oltre 30 anni si occupa di formazione, ha dato vita ad un grande coworking che è prima di tutto acceleratore di apprendimento articolato in area education e area business, dove trovano casa medie e piccole imprese e singoli professionisti con l’obiettivo di coinvolgere i giovani nel rapporto con gli adulti.

DI CAMILLA FACCINI

Due luoghi investiti in pieno dal lockdown di marzo, obbligati alla chiusura immediata nella preoccupazione generale. Due luoghi, però, che nel momento di maggiore incertezza si sono confermati qualcosa in più che semplici spa20

zi in condivisione. «Ero sicuro che qualcuno avrebbe spento il contratto per i mesi di lockdown – confessa Antonello Vedovato, fondatore di Fondazione Edulife – ma la cosa bella è che nessuno lo ha fatto. Questo ci ha permesso di sostenere le spese anche nel momento in cui 311 era vuoto». La forza arriva in primis dalle aziende residenti, «le prime a ripopolare anche Officina 18» conferma Cremonesi: un aspetto atipico per un coworking ma in grado di dare solidità e possibilità di investimento. Certo i cambiamenti ci sono stati, in entrambi i casi, sia in termini di riorganizzazione degli spazi che di implementazione delle misure di sicurezza; ma se da un lato si è dovuta ridurre significativamente la disponibilità di postazioni, dall’altra si fa sempre più forte la consapevolezza che un coworking possa funzionare davvero anche nella nostra città. «In Italia, prima del Covid, i coworking funzionavano principalmente a Milano, dove c’era un’alta concentrazione di persone e un altissimo costo di locazione – spiega Vedovato –. Quando abbiamo aperto pensavamo che Verona non potesse reggere un coworking, ma è successa


una cosa particolare: abbiamo avuto la conferma che il nostro modello, come acceleratore di apprendimento, piace alle aziende e ai singoli professionisti». Non tanto il coworking, dunque, ma la tipologia di coworking che si decide di offrire. «I progetti che funzionano – conferma Cremonesi – sono quelli che si sono staccati dai modelli inglesi o americani e che condividono ideali e intenti, prima che uno spazio». Tanto che 311 Verona, aggiunge Vedovato, ha vissuto un momento di svolta con la definizione di un decalogo di valori condivisi, «affinché le persone al suo interno siano soggetti significativi e di testimonianza». Consapevoli che la tragedia che stiamo vivendo genererà inevitabilmente dei cambiamenti, la chiave sta nel trasformarli in opportunità

e in un momento in cui lo smartworkig sta diventando consapevolezza, si fa strada anche il bisogno di cercare dei luoghi di aggregazione, posizionamenti fisici dove poter recarsi se necessario. «Con la messa in discussione delle grandi megalopoli, il nostro territorio – spiega Vedovato – può intercettare i generatori di valore che tornando da fuori possono concorrere allo sviluppo della città che è ancora terreno fertile per sperimentazioni. Abbiamo più che mai bisogno di una comunità con intenti condivisi, soprattutto in ambito lavorativo: altri spazi, al contrario, rischiano di diventare avvilenti». ■

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La Cassa Rurale Vallagarina è la tua banca della porta accanto. Ora anche a Verona e San Pietro in Cariano.

Dal 1898 le nostre porte sono aperte al territorio e allo sviluppo economico, sociale e culturale delle comunità. La Cassa Rurale Vallagarina aderisce al Gruppo Cassa Centrale.

www.crvallagarina.it

sede e direzione: Ala (Trento)


Due nuovi sportelli in provincia di Verona:

la Cassa Rurale Vallagarina rafforza il proprio legame col territorio

A inizio ottobre la Cassa Rurale Vallagarina ha aperto due nuove filiali in Veneto:

ronese, nel territorio della destra Adige, e i centri di Bosco Chiesanuova, Sant’Anna d’Alfaedo, Cerro Veronese e Roverè Veronese sull’altipiano della Lessinia».

la filiale di Verona città, in via Leoni, per la sola consulenza il martedì e venerdì mattina

la filiale di San Pietro in Cariano, in Valpolicella, con servizi e orari tradizionali.

A spingere in questa direzione è stata anche la capogruppo Cassa Centrale Banca, che farà così il suo ingresso nella città di Verona.

«Questa scelta nasce dalla volontà di consolidare il forte legame della Cassa Rurale con il territorio veneto» – spiega il presidente Primo Vicentini, che ricorda come il primo sportello in provincia di Verona sia stato inaugurato a Rivalta Veronese già nel 1991 – «Negli anni l’Istituto ha ampliato la sua area operativa andando a servire Caprino Ve-

«La scelta è maturata dopo anni di profonda conoscenza delle comunità dell’alto veronese – precisa il direttore Giuliano Deimichei – che ha portato alla nascita di rapporti di collaborazione con alcune realtà del territorio. È una sfida che affrontiamo con serenità grazie agli indici di solidità ed efficienza che ci caratterizzano».

I numeri La Cassa Rurale Vallagarina è banca solida sia nei dati patrimoniali, sia nel patrimonio umano che la caratterizza: •

soci: 7.700 (1.800 veneti)

clienti 32.000 (32% in Veneto)

18 sportelli (8 in provincia di Verona)

Bilancio 2019 •

utile: 4 milioni e 260 mila euro

patrimonio: 80 milioni di euro

il Total Capital Ratio (misura l’indice di solidità della banca) è del 17,48%, a fronte di una soglia minima dell’8%.

Nel 2020 il trend positivo è continuato, nonostante l’emergenza sanitaria: •

raccolta complessiva 1° semestre: 1 miliardo e 70 milioni di euro (+3,5% da inizio anno)

prestiti a famiglie e imprese: 550 milioni di euro (+100 milioni di nuovi prestiti da inizio anno)

totale dei fondi propri: 80 milioni e 200 mila euro (a fine giugno 2020, con coefficienti di solidità patrimoniali positivi e in crescita)

Il domani «L’obiettivo è continuare a coinvolgere nuovi soci nella proprietà collettiva della Cassa Rurale e sostenere i territori in modo concreto» sottolinea il presidente Vicentini. «Allo stesso tempo vogliamo continuare a irrobustire il patrimonio della Cassa, che rappresenta una vera ricchezza per le comunità, da trasferire alle generazioni future».

Qui trovi tutte le nostre filiali.

Da destra il direttore della Cassa Rurale Vallagarina Giuliano Deimichei, il presidente Primo Vicentini, la vicepresidente Cecilia Cavagna.


SATIRA E FAKE NEWS. INTERVISTA AD ANDREA SESTA

FINCHÈ C'È LERCIO C'È SPERANZA

C’è della veronesità anche in Lercio perché una quota della redazione dell’arcinoto sito di satira giornalistica risponde al nome di Andrea Sesta, tra i fondatori e redattori del portale che sgretola la disinformazione con la forza corrosiva, e salvifica, della satira.

La redazione di Lercio

N

egli anni è diventato un fenomeno così pop che oggi ce lo ritroviamo anche nel nostro gergo quotidiano, quando increduli davanti ai soliti titoloni acchiappa lettori ci chiediamo “Ah, ma non è Lercio?”. A otto anni dalla sua nascita, il sito dello “sporco che fa notizia”, nato nel 2012 come parodia del free press Leggo, oggi conta un pubblico di quasi 3 milioni di persone, più di 600 mila follower su Instagram, 4 libri pubblicati, e une redazione (la più grande in Europa per un giornale satirico, ndr) composta da 23 redattori tra cui un avvocato, un comico, un metalmeccanico, e pure una sagace penna tutta veronese: quella di Andrea Sesta. Come ci racconta Andrea, tutto inizia nel 2012 dall’idea di Michele Incollu e del collettivo satirico di Acido Lattico, in gran parte formato dagli autori che già contribuivano alla rubrica La Palestra creata da Daniele Luttazzi, di cui anche Andrea fa parte fin dagli anni del liceo.

DI GIULIA ZAMPIERI

«È in questi anni che ho studiato le tecniche che governano la satira: quali sono i meccanismi per costruire una battuta che faccia ridere, e inoltre quali i limiti?». Si può infatti ridere di tutto? «Durante questi anni fondamentali Luttazzi ci ha insegnato che sì, si può fare satira su tutto, con un’unica eccezione: non ridere mai delle vittime. L'unica satira possibile infatti è quella che non ha tabù. Solo così diventa anche uno strumento politico, che esercita il potere del pensiero critico contro pericolose semplificazioni della realtà e, non per ultimo, contro la disinformazione». Insomma, per imparare a difenderci dalle insidie delle fake news poteva decisamente andarci peggio: è sufficiente assumere una volta al giorno almeno una magistrale sparata creata ad hoc 24

da Lercio; ti diverti, ridi e nel frattempo almeno leggi notizie che non fingono di spacciarsi per vere. «Quando mi chiedono di parlare di quello che faccio per Lercio, di solito dico che scrivo battute travestite da notizie. In questa definizione mi piace anche vedere un certo legame con la tradizione del Carnevale tipicamente veronese, che vede nel travestimento, e nel ribaltamento della realtà la sua natura più profonda» ci spiega Andrea. Infatti è proprio qui che la satira torna a salvarci: un Lercio impugna la penna e in qualche riga crea un mondo in cui, almeno a parole, tutto è ribaltato e sono gli oppressi, una volta tanto, a prevalere sui prepotenti. «Il fine ultimo del progetto comunque rimane quello di intrattenere, e far ridere. Anzi, ridere assieme», conclude Andrea. Tra le varie iniziative promosse da Lercio c'è infatti anche Big Satire: una collaborazione e uno scambio di satira con altri giornali di parodia giornalistica europei tra cui, oltre a Lercio, il francese Le Gorafi, El Mundo Today per la Spagna e il tedesco Der Postillon. «Grazie a Big Satire mi è capitato di incontrare battute concepite in un'altra lingua e vedere che anche tradotte riuscivano ad essere divertentissime. Trovo sia molto bello dimostrare che l'umorismo e l'ironia sono in grado di rappresentarci tutti e di oltrepassare i nostri confini culturali, soprattutto in un periodo in cui molti ci preferirebbero divisi, anziché uniti». P.s. La battuta in questione, apparsa originariamente su Der Postillon, merita un posto anche qui: Uomo spinge un cotton fioc troppo in fondo all'orecchio e si resetta alle impostazioni di fabbrica. ■


FATTI E MISFATTI DI UNO SPEED DRAWER

LA MIA VITA IN UN “TRIP” Ventisei anni, ciuffo sbarazzino, fare spigliato, sorriso che conquista. Sergio Piyadi ha realizzato una webserie per raccontare le esperienze, belle e brutte, della sua vita. Poi disegna con una spontaneità che non passa inosservata (nemmeno al rapper Fedez)

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rovare a cambiare le cose. Perché da un’esperienza negativa può uscirne qualcosa di positivo. Per esempio una serie di cortometraggi, anzi di “Trip” come preferisce chiamarli Sergio Piyadi, che raccontano la società osservata con gli occhi (e la creatività) di un ventiseienne. Ciuffo sbarazzino, modo di fare piuttosto spigliato, sorriso e occhi azzurri che conquistano. I lineamenti accennano alle origini lontane della sua famiglia, lo Sri Lanka, mentre l’accento riporta alle terre della Sicilia. «Sono nato a Catania nel 1994 e, quando avevo 12 anni, mi sono trasferito a Verona con i miei genitori», esordisce. Continuando a scorrere idealmente il dito sul mappamondo delle opportunità, nel suo futuro vede una città cosmopolita come Londra. Nulla contro il nostro Paese, precisa, «però in Italia, trasferendomi dal sud al nord, ho conosciuto per la prima volta la parola razzismo, che non conoscevo e ne sono rimasto molto stupito. Non immaginavo si potesse essere razzisti tra gli stessi italiani: più che il colore della mia pelle, a infastidire era l’accento meridionale». Non è questione di stereotipi, incalza, lasciando intendere la determinazione. Ma di esperienze vissute in prima persona, a partire da quando ha messo piede a scuola. Vicende che ha iniziato a riportare nella webserie “Trip” sul canale YouTube Sergio Piyadi Art e su altri social network: sei episodi della durata di una manciata di minuti – l’ultimo è on line dalla fine di ottobre –, che descrivono la quotidianità di un giovane alle prese con lo studio, il confronto tra i coetanei e l’amicizia, i rapporti familiari, la società in generale tra pregi e difetti. Con spiccata ironia e un pizzico di provocazione, fa riferimento a valori importanti: «Osservo che, troppo spesso, lavoro e carriera prevaricano sulla famiglia. Inoltre ricchezza e ostentazione sono motivo di vanto, anche tra i ragazzi della mia età, quando le virtù a cui aspirare dovrebbero essere altre». Sono messaggi rivolti tanto ai giovani quanto agli adulti: chiunque può immedesimarsi nelle situazioni riportate, riflettere sull’accaduto e, perché no, provare impegnarsi per scardinare certe dinamiche. «Questo progetto non rappresenta soltanto la mia personale rivincita rispetto a quanto mi è accaduto, ma è la mia maniera per dare voce a tutte le persone che non hanno voce. Perché no, andando controcorrente», sottolinea.

Con un affondo non risparmia nemmeno il sistema universitario, poco meritocratico a suo avviso, tanto che ha dedicato al tema uno specifico episodio dal titolo “Mi hanno bocciato in disegno”. Singolare, visto che riguarda chi ha un curriculum artistico di tutto rispetto. Il disegno, infatti, è l’altra grande passione di Sergio come si può vedere nei video-tutorial di speed drawing presenti nel suo canale: tratti a matita che, scivolando veloci e sicuri sulla carta, disegnano volti con una naturalezza incredibile e uno stile tutto personale d’ispirazione iperrealista figurativa. Nella galleria virtuale del promettente ritrattista sono finite web star note ai giovanissimi: da Violetta Rocks a Cane Secco e Daniele Doesn’t Matter; poi personaggi famosi come l’influencer Chiara Ferragni o il rapper Fedez che lo ha ringraziato su Instagram per la creazione a lui dedicata. «A soli 16 anni ho realizzato la mia prima mostra, a 19 ho esposto al teatro Ariston di San Remo. Alcune delle mie opere sono quotate nel mercato dell’arte e alcuni miei quadri sono nella collezione privata di Vittorio Sgarbi», elenca. Internet è stata una vetrina fondamentale da cui, con un video o un disegno, non vede l’ora di aprirsi al mondo. E magari tentare di renderlo un po’ migliore. ■ 25

Sergio Piyadi

DI MARTA BICEGO


INTERVISTA AD ALESSIA BOTTONE

LA NAPOLI DI MIO PADRE La regista scaligera ci racconta, in un’intima intervista, i dettagli e i retroscena del docu-f ilm con cui sviscera e analizza, ispirandosi a una storia vera, il rapporto con il padre, i ricordi, la storia e l’evoluzione di un passato che ripercorre non solo l’infanzia dell’uomo, ma anche quello di un’Italia molto diversa da quella che conosciamo oggi. Arriva un momento nella vita in cui ci si chiede: "Dove sto andando?" E’ con questo interrogativo che Alessia Bottone, giovane giornalista e regista veronese, raccoglie i ricordi di suo padre e, attraverso una sequenza di immagini d'archivio, ne racconta il rapporto, scoprendo se stessa e mettendo in luce il diverso modo di vivere odierno, rispetto a sessanta anni fa. «Mi sono sempre sentita parte di un Sud che ho conosciuto solo grazie agli aneddoti di mio padre e di un Nord dove sono nata e cresciuta e mi sono chiesta se questa sensazione fosse condivisa anche dai figli dei nuovi migranti. Vivere in un contesto in cui convivono più culture è indubbiamente arricchente, ma trovare una propria identità all'interno di questa ricchezza non è sempre facile», racconta Alessia. Da sempre attenta ai temi sociali, che l'hanno fatta conoscere al pubblico, cito “Ritratti in controluce” e “di Ieri come oggi”, affronta con la forza della semplicità e della verità, il delicato tema dell’emigrazione, o meglio dei “viandanti” come lei li descrive.

DI SARA AVESANI

Il docu-film prodotto nell'ambito del Premio Zavattini, in collaborazione con Archivio Aamod, Istituto Luce e K-Studio, è ispirato ad una storia vera. Parte da un viaggio a Napoli che la regista fa insieme al padre e al fratello, a bordo di un treno notturno, durante il quale riesce a capire «cosa vedeva suo padre quando, anni prima, si affacciava alla finestra: i suoi ricordi. La ricerca delle immagini e il loro studio mi hanno permesso di raccontare il percorso di una vita: hanno reso la realizzazione di questo film, il viaggio stesso che volevo raccontare». La voce della protagonista, è stata affidata alla 26

bravissima Valentina Bellè (Dori Ghezzi nella produzione RAI sulla biografia di Fabrizio De Andrè), che, al telefono, ci spiega di aver accettato di partecipare a questo progetto «per la stima nei confronti della talentuosa regista e per i contenuti di questo film-documentario». Il suo timbro, talvolta malinconico e al tempo stesso magnetico e avvolgente ha reso il racconto una storia universale, in cui molti si possono identificare. Giuseppe, tuo padre, descrive con la sua voce, attraverso i suoi ricordi, una realtà completamente diversa dalla nostra: l'Italia degli anni Sessanta, quella dei nostri padri e dei nostri nonni. La voce del protagonista è proprio quella di mio padre, così da poter trasmettere fino in fondo l’autenticità delle sue esperienze, vissute nel profondo, tanto da condurre lo spettatore nel viaggio, quasi onirico, della sua vita ed esortandolo a tuffarsi nel proprio passato. E' un concetto che mi sta molto a cuore e che ho riassunto in una frase "perché per quanto lontano possiamo andare torniamo sempre là dove tutto è iniziato". Descrive la sua infanzia, concentrata nel quartiere popolare Vicaria, dove si tenevano sempre le porte aperte e dove, anche se stretti, si trovava spazio per tutti. Parla del suo amico Napoleone, con il quale esplorava la città con due taralli nelle tasche e tanti sogni nella testa, incitando in un certo senso i giovani d'oggi, sempre in costante ricerca di un posto di lavoro nel mondo, affinché colgano la bellezza e le opportunità che la vita stessa offre. Dello scarparo (calzolaio) che batteva i chiodi con la determinazione di do-


vrà riparare molte scarpe per veder studiare i propri figli. Prosegue con Nanninella e con Don Mario che fungeva un po’ come la scuola materna dei nostri giorni. Cambia quartiere e cambia il mondo. Ad un certo punto la famiglia di mio padre si trasferisce in un altro quartiere, più elegante, in un'altra scuola con compagni di classe diversi, vestiti a modo, figli di impiegati e dirigenti, in un'altra casa con perfino una camera in più per gli ospiti che però non viene mai aperta. Si tratta di una metafora: la nostra società opulenta vive nel benessere ma è chiusa in sé stessa, non si apre agli altri. Come mia nonna che, di fronte alla scoperta dell'esistenza di un altro modo di vivere si nasconde dietro le persiane della cucina, pur di non sentirsi giudicata. Banalmente, se ci pensiamo, anche noi non suoniamo più il campanello per bere un caffè da un amico ma prendiamo preventivamente un appuntamento, l'individualismo in senso stretto è, per così dire, la matrice della nuova socialità. Suo padre parla anche dei migranti che affollavano la stazione. Si, lui stesso, con i suoi ricordi, si focalizza sul tema della fuga nonché sulla paura dell'ignoto che accomuna gli emigranti italiani del secolo scorso con la valigia di cartone, ai migranti a bordo dei barconi dei giorni nostri. Mi sono dedicata al tema della migrazione perché ho lavorato in un centro di accoglienza in Svizzera e mi sono confrontata con persone che “cercavano un loro posto nel mondo”. Mi sono quindi allontanata dai numeri e dalle statistiche e mi sono concentrata a costruire un dialogo silenzioso tra viandanti di ieri e di oggi, che custodiscono gelosamente il loro passato pur combattendo un’ambiziosa battaglia. Dando spazio alle immagini degli sbarchi di migranti albanesi del 1991 (Archivio Aamod) e alle riprese dei salvataggi in mare ad opera della ONG Sea Watch, mi sono resa conto che l'Archivio della memoria del cinema non è altro che è l'archivio delle nostre famiglie, della storia comune che abbiamo. Il film, venti minuti intimi e universali in ugual modo, è stato accolto con entusiasmo dalla critica e vinto numerosi premi e ancora non ha finito il suo tour… Sono molto felice e ringrazio anche Martina Dalla Mura e Luca Balboni e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo film. E’ stato doppiamente premiato al Festival Filoteo Alberini come Miglior Sceneggiatura e Miglior Montaggio; al Festival Ethnos di San Giorgio a Cremano è stato il 1° classificato Sezione Cinema. Finalista al Festival Sign of the Nuit di Bangkok, al Matera Film Festival e al Sedicicorto International Film Festival di Forlì per la sezione Corti-Italia. Menzione Speciale al

38°Bellaria Film Festival. Sarà anche al Corto Dino Film Festival Dino De Laurentiis a Napoli. Il film è disponibile sulla piattaforma MyMovies dallo scorso 5 ottobre. La “Napoli di mio padre”, a seguito delle misure anti-Covid, sarà proiettato a Verona proprio durante il Festival “Non c’è differenza” il prossimo 18 aprile. Con l'occasione abbiamo incontrato virtualmente Isabella Caserta – direttrice artistica del Teatro Scientifico-Teatro Laboratorio e del Festival "Non c'è differenza". Isabella, perché la scelta di questo film? Ho inserito "La Napoli di mio padre" nel programma della settima edizione del Festival “Non c'è differenza” perché ho trovato la tematica adatta ai contenuti della rassegna. Il film è uno spaccato sociale che mette a nudo un certo tipo di discriminazioni, parla di migrazione, parla di fuga, ma parla anche di libertà. E’ una storia che porta a riflettere su migrazioni "vecchie" e "nuove". ■

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Immagini tratte dal docu-film


MEMORIE IN RIMA

BRUNO DA ORSA, IL POETA CON LO SGUARDO IN SU Una vita tra poesia, legge e politica. Quella di Bruno Castelletti, oggi 83enne, è una storia costellata di passioni, dalle avventure politiche, tra cui la presidenza della Provincia di Verona, alla poesia, con lo sguardo sempre su, verso le stelle, e la sua Valle dell'Orsa. “Il prato dei ricordi” è il suo quarto e ultimo libro e sarà presentato a breve, una volta superata l'emergenza sanitaria. Bruno Castelletti è cresciuto correndo su e giù per il sentiero che collega la sua Valle dell'Orsa, ai piedi del Monte Baldo, alla scuola elementare, nel paese di Ferrara di Monte Baldo, distante quaranta minuti di cammino. Il giorno gli concedeva gioie e incontri illuminati con la natura, mentre portava al pascolo le capre o le vacche. La notte, le ombre, con la malinconia e la solitudine insite nella vita di chi abita lontano da tutto e tutti. In questo sprazzo di prato verde, circondato da boschi e rocce, vive con mamma e papà (che perde quando ha soli 5 anni), due sorelle, Giovanna e Noemi, e il fratello Giovanbattista. Dopo le elementari frequenta le scuole medie a Caprino Veronese, quindi il liceo classico nel Collegio Vescovile di Verona, ma durante l’estate torna sempre a pascolare le vacche e a raccogliere il fieno nella sua Valle. La notte lo avvolge con la sua sterminata coperta di stelle, distante dalle distorsioni luminose della città. I ricordi del cielo restano impressi nella mente come fossero scritti a macchina. Si laurea e svolge la professione di avvocato, ma coltiva anche la passione per la politica. Muove i primi passi in Consiglio Comunale a Caprino Veronese (1970-1985) per poi passare al Consiglio Provinciale (1975-1990) ricoprendo anche l’incarico di Presidente della Provincia dal 1975 al 1978. Nel corso degli anni compone poesie sia in lingua italiana, sia in dialetto; partecipa a concorsi letterari, ma soltanto nel 2010, si decide a pubblicare, per il Segno dei Gabrielli, la sua prima raccolta di poesie in dialetto: “Stele da l'Orsa”. «In questo primo libro sono il Castelletti delle stelle» racconta quando lo incontro nel suo studio legale. «Sono pagine in cui inneggio alla vita, all'amore per la natura, ai tempi della giovinezza». Un periodo in cui nella sua Valle incontra i partigiani, non solo italiani ma anche francesi, russi, polacchi, di loro scrive in “Cantar la libertà":

DI MARCO MENINI

«Ve struco nel silensio del me cor / e ve caresso fin sotto la pèl / perchè m'avì ensegnà / cossa vol dir combàter, / combàter par cantar la libertà.» Durante l'intervista ho davanti i quattro libri che ha pubblicato; oltre a “Stele da l'Orsa” (2010, poi ristampato nel 2012 e 2014), un libro dedicato 28

Bruno Castelletti

alla prima nipotina, “A Sara” (Articolor Verona, 2014); “Robe da ciodi e sbaci de seren” (Gabrielli Editori, 2016); e l'ultimo, “Il prato dei ricordi” (Gabrielli Editori, 2020). Saltiamo da una poesia all'altra senza passare dall'indice. Mi dice «va nelle ultime pagine, ghe n'è una che dise: sei arrivata, scricciolo, col freddo di dicembre.» La trovo, è nel libro dedicato a Sara, la prima nipotina a cui ha voluto dedicare questo volumetto fatto di acquarelli e inni alle gioie della vita. Nel terzo libro, “Robe da ciodi e sbaci de seren”, il poeta nella prima parte denuncia la carenza di valori morali nella società odierna e la necessità di credere nella famiglia, nella rettitudine e nell'onestà, per poi rilanciare il suo saggio consiglio: “respirar la pace de la sera / tegnendo a pisseghin / quel poco che ne resta.” «Pisseghin, nel senso di avere cura, di tener da conto con la massima parsimonia», sottolinea, facendo il gesto come se in mano avesse un pizzico di sale. Ne “Il prato dei ricordi”, che sarà presentato non appena la situazione sanitaria si sarà stabilizzata, Bruno riprende in mano la lingua italiana. C'è sempre l'amore come tema ricorrente. Non una storia d'amore, ma l'amore per le radici familiari, per la donna, per il paesaggio, per la natura: un sentimento che rende universale sfiorando note di malinconia e di dolori profondi. Per Bruno la poesia «va coltivata con grande impegno, a cominciare dalle scuole elementari perché può essere di conforto nei momenti difficili. Bisogna che gli insegnanti le facciano imparare a memoria perché fanno bene all’anima e sono compagne fedeli nella vita.» ■


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COSA CELA IL DRAPPO IN PIAZZA ERBE

LA BANDIERA DELLA DISCORDIA Definita dai promotori del suo recupero «Il più bel vessillo veneziano giunto fino a noi», la bandiera del doge Contarini, detta “contarina”, sventola in piazza Erbe da più di un anno. «Abusivamente» dicono alcuni consiglieri della prima circoscrizione.

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DI ALESSANDRO BONFANTE

a bandiera issata sul pennone di piazza Erbe non è quella della Regione Veneto. La somiglianza potrebbe trarre in inganno, ma si tratta di un vessillo della Repubblica di Venezia, utilizzato da Domenico II Contarini, doge dal 1659 al 1675.

ne delle Pasque Veronesi, con contributi di Regione Veneto, Agsm e Amia. L’illustratore Oliviero Murru, incaricato dai promotori, ridisegnò la bandiera integrando le parti rovinate dal tempo, secondo il modello conservato al Museo Correr di Venezia.

Il rosso e l’oro sono sempre i colori dominanti, con il tradizionale Leone di San Marco al centro della scena. Cambia il numero delle code: per la bandiera della Regione Veneto sono sette come le province, mentre per le bandiere veneziane sono sei come i sestieri di Venezia. La bandiera del Doge Contarini è inoltre ricca di iconografia sacra: dalla colomba dello Spirito Santo all’arcangelo Gabriele, dalla Madonna ai santi. La bandiera contarina è stata riportata a nuova vita qualche anno fa per iniziativa del Comitato Veneto Indipendente, in collaborazione con il Sindacato Libero e il Comitato per la celebrazio-

Sul pennone di piazza Erbe la bandiera contarina ci è arrivata durante le rievocazioni del Comitato per le Pasque Veronesi, l’insurrezione del 1797 contro i francesi. Di questo, alcuni consiglieri della prima circoscrizione hanno chiesto conto al Comune. «Avevano l’autorizzazione per alzarla solo nei giorni della manifestazione, poi doveva seguire l’ammainabandiera» dice Renzo Bellotti, del Partito Democratico. «È su quel pennone abusivamente da più di un anno. Non ho nessun problema con manifestazioni di questo tipo, ma al termine la bandiera deve essere tolta».

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Lo scopo del Comitato Veneto Indipendente, principale promotore del recupero del vessillo, è di «conseguire l'indipendenza e la restaurazione del Veneto» si legge nello statuto. Ritiene inoltre «inattendibile» il plebiscito del 1866, che sancì l’annessione al Regno d’Italia. «È una questione politica, non più storica – continua Bellotti –, visti anche i finanziamenti regionali». Di ben altro avviso il consigliere comunale e deputato della Lega Vito Comencini, secondo cui «è una polemica eccessiva. Molti cittadini apprezzano la bandiera, significativa per la storia del territorio della città». Il permesso di issare la bandiera era però limitato alla manifestazione. «C’è una questione legata al buon senso» continua l’onorevole. «Non è un pennone istituzionale. E poi oltre alle norme esiste la prassi. Siccome

è stata usata per più manifestazioni, è rimasta lì, invece di metterla e toglierla ogni volta». Si è discusso di un concorso per l’affidamento a qualche associazione della gestione del pennone. «Il buon senso dice che l’amministrazione dovrà trovare un modo per regolare la questione con una convenzione o qualcosa di simile» conclude Comencini. ■

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Dettaglio del basamento


LA LEGGENDA DEL POZZO DI SAN MARCO

NON SOLO ROMEO E GIULIETTA

"Eccomi, eccomi pronto ad ubidirvi, se cosa grata vi faccio a saltar nel pozzo" (Corrado da San Bonifazio)

C

he Verona sia la città dell'amore ormai lo sanno pure i muri. La storia tribolata di Romeo e Giulietta ha fatto il giro del mondo e da generazioni viene tramandata anche con remake sul grande schermo, fiction alla televisione e piéce teatrali. Forse non tutti però sanno che c'è un'altra storia d'amore che non riguarda un balcone in Via Cappello bensì un pozzo dietro a Piazza Erbe: il Pozzo di San Marco, per la precisione. Il pozzo dell'amore, così è stato ribattezzato, è il luogo di cui tratta una leggenda accaduta nel periodo in cui la nostra città apparteneva al Sacro Romano Impero (tra il 1509 e il 1516). Corrado da San Bonifazio era un giovane soldato e si era innamorato della bella Isabella del casato dei Donati. Il buon Corrado faceva una corte spietata alla sua bella ma questa non ne voleva proprio sapere e rimaneva sorda alle sue proposte.

poteva buttarcisi dentro per testare se l'acqua fosse davvero così fredda. Corrado non se lo fece ripetere due volte e dentro a quel pozzo ci si buttò per davvero trovando la morte. Isabella, inorridita e affranta, visto che segretamente era davvero innamorata di Corrado, si buttò pure lei nel pozzo accompagnando nella morte il suo sventurato cavaliere. Verona, quindi, città dell'amore. Ma perché deve finire sempre tutto in tragedia? ■

Un freddo giorno di febbraio i due si incontrarono davanti al Pozzo di San Marco. Isabella passeggiava con le sue amiche e Corrado provò ancora una volta a farle la corte. Visto che la dama, non ci voleva proprio sentire, l'uomo le disse che il suo cuore era freddo come l'acqua in fondo al pozzo. Per scherno, lei gli rispose che se lo pensava veramente, Corrado 32

DI MARCO ZANONI


SALUTE E BENESSERE

Speciale

STARE BENE

CONSIGLI E RIMEDI PER TUTTE LE ETÀ

Sistema immunitario

come rinforzarlo

Attività con i cavalli

nuova sinergia nel veronese

Sonno di qualità

toccasana per la salute

33 a cura di Camilla Faccini

Sentire bene

importante fin dalla nascita


RAFFORZARE LE DIFESE IMMUNITARIE ECCO COME FARE Con l’arrivo della stagione fredda possono aumentare i rischi di entrare in contatto con virus e batteri, responsabili dei principali disturbi invernali. In una stagione quanto mai particolare, che ci invita a stare tutti più attenti alla nostra salute, ecco alcuni consigli della dottoressa Elena Vecchioni, presidente di Federfarma Verona, per aumentare le difese immunitarie. Le buone pratiche che ognuno di noi può portare avanti per aumentare le proprie difese immunitarie sono innanzitutto adottare uno stile di vita sano e seguire una dieta ricca di frutta e verdura, mantenendo l’organismo ben idratato assumendo la giusta quantità di acqua giornaliera, senza eccedere nell’uso di sostanze alcoliche. «Il nostro organismo – spiega la dottoressa Elena Vecchioni – possiede un complesso sistema di difese, composto da difese aspecifiche (immunità innata) per riconoscere microrganismi estranei e combatterli e da un sistema di difese specifiche (immunità adattativa) composto da cellule che si attivano in un secondo momento e producono una risposta immunologica che l’organismo memorizza». A tale scopo, sono diverse le sostanze naturali che possono essere nostre alleate: • La vitamina C estratta da acerola e rosa canina che contribuisce assieme a flavonoidi e rutina, a stimolare il sistema immunitario e a ridurre stanchezza e affaticamento.

• L’echinacea purpurea, pianta nota per sostenere la buona funzionalità delle prime vie respiratorie e delle vie urinarie • Un ruolo di grande importanza svolge poi la vitamina D nella forma della vitamina D3, non soltanto responsabile del processo di solidità delle ossa ma oggi riconosciuta quale vitamina molto utile per il sostegno del microbiota intestinale e del sistema immunitario. Le persone più a rischio di carenza di vitamina D sono gli anziani, i bambini, le donne in gravidanza o in allattamento e le persone con scarsa esposizione al sole. «Oltre a queste indicazioni – conclude la dottoressa Vecchioni – non dimentichiamo il periodo che stiamo attraversando: in questo momento di inasprimento della pandemia, l’igiene personale ed il rispetto delle disposizioni di legge assumono ancor più importanza per il contenimento del contagio e rappresentano oggi più che mai il vademecum più importante da seguire nel rispetto della salute propria e della comunità intera».


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La volontà di rispondere alle esigenze dei cittadini con un servizio di riferimento sanitario e sociale in periferia: queste le premesse che hanno portato all’apertura, nel dicembre del 2011, della farmacia Capri in località Bassona. Alle spalle una lunga tradizione familiare, focalizzata principalmente sull’omeopatia, e la grande passione per la medicina naturale intesa come complementare. «Appartengo alla quarta generazione di farmacisti in famiglia – racconta la dottoressa Arianna Capri, direttrice della farmacia – e mio padre Gianfranco Capri, oggi mio socio, fu uno dei primi ad occuparsi di omeopatia a Verona». Una richiesta che arrivava dei cantanti lirici che solcavano il palco areniano ma che si è trasformata presto in passione. «Io ho prima passivamente assorbito – racconta la dottoressa Capri – poi ho maturato competenze e aggiornamenti. Oggi credo ci sia bisogno di offrire ai clienti una consulenza naturale integrata a tutto campo, sia per supportare la medicina tradizionale nella sua funzione sia per migliorare la reattività del nostro organismo in generale». C’è dunque il cliente-paziente al centro della farmacia e tutto il team, formato dalla dottoressa Arianna insieme al padre e ai collaboratori Stefano e Ornella, che è sempre disponibile ad una consulenza diretta per capire le richieste della persona ed elaborare con essa una proposta su misura, tenendo conto delle specificità nel vivere o nel somatizzare un disturbo. «La strada naturale – racconta la dottoressa Capri – può rappresentare una prima proposta di approccio prima di passare al farmaco, quando un disturbo non si presenta ancora in maniera patologica. Pensiamo ad esempio all’innalzamento delle difese immunitarie, all’insonnia, all’ansia o al contenimento dei valori del colesterolo:

Al centro il dott. Gianfranco Capri e la dott.ssa Arianna Capri con i collaboratori della farmacia Capri

sono tutte richieste molto comuni per le quali la medicina naturale può essere un valido supporto. Forti di questa convinzione siamo in grado di offrire prodotti fitoterapici formulati in esclusiva per offrire risposte naturali, pratiche e di facile assunzione». Tra i prodotti più richiesti della farmacia Capri, anche in vista dei mesi più freddi, spicca la Formula Uncaria, un prodotto naturale studiato per innalzare le difese naturali. Frutto di una ricerca che permette di concentrare nel prodotto gli elementi che meglio rispondono ai sintomi da raffreddamento specie stagionali, la Formula Uncaria è realizzata in capsule con involucro vegetale, non contiene conservanti, coloranti o aromi e nella sua formula liquida corrispondente (Formula Inverno) è adatta anche ai bambini. «La Formula Uncaria, così come la Formula Inverno, hanno capacità immunostimolanti e antivirali; ciò che le rende più apprezzate, però, è la loro possibilità di diventare curative in caso di sintomi. Possono quindi essere utilizzate per prevenzione ma in caso di disturbi manifesti, aumentando la dose, possono diventare curative».

Dott.ssa Arianna Capri, direttrice della farmacia Capri

Una forma di aiuto, la medicina naturale, che deve comunque tener sempre presente gli eventuali farmaci in uso nel paziente, in modo complementare e sicuro. «Non dimentichiamo – conclude la dottoressa Arianna – che il farmacista è l’esperto del farmaco e nel consigliare un prodotto, conoscendolo a fondo, è in grado di valutare le eventuali interazioni con le cure mediche che un soggetto sta portando avanti».


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ATTIVITÀ ASSISTITE CON I CAVALLI UNA NUOVA SINERGIA NEL TERRITORIO VERONESE Una nuova collaborazione che guarda al benessere e all’interazione con il mondo animale: questa la novità che vede coinvolto il maneggio Country House Horse a Monteforte d’Alpone, EduPETS Italy di Mariadaria Mazzocco e la Dr.ssa Giuliana Guadagnini. Una sinergia per promuovere e sostenere le attività assistite con i cavalli per il recupero psicologico da situazioni stressanti e psicopatologiche. Ne parliamo con Lorenzo Costa, presidente Country House Horse. Lorenzo, com’è nata l’idea di questo progetto? Opero nel mondo dei cavalli da circa dieci anni, dopo più di trent’anni di lavoro nel marketing. Mi sono avvicinato a questo animale straordinariamente umile e forte per caso, mi ha aiutato a trovare delle risposte in un momento di incertezza e me ne sono innamorato. Nel 2012, dopo aver seguito un corso come coadiutore di cavalli, mi sono avvicinato al mondo del diversamente abile e ho deciso di proseguire in questa strada. quattro anni fa ho conosciuto Mariadaria, che sarà la responsabile del progetto e curatrice della parte didattica, e successivamente Giuliana: quest’anno, soprattutto visto il periodo, abbiamo deciso di dare alle famiglie un punto di riferimento medico e operativo per le attività assistite a cavallo e di far nascere questa collaborazione. In squadra ci sarà anche Marco Guadagnini, counsellor e mediatore scolastico e familiare.

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DOTTOR A chi vi rivolgete? Presso il Country House Horse offriamo attività adatte a bambini e ragazzi, ma anche adulti con particolare sensibilità, per aiutarli nell’affrontare le problematiche della vita. Siamo concentrati sui disturbi neurologici e del neuro-sviluppo non gravi, disturbi della comunicazione, disabilità sensoriali, disturbi alimentari, problematiche sociali, dipendenze di vario genere così come stati d'ansia, problematiche di autostima o di reinserimento sociale. Abbiamo deciso, per il momento, di non occuparci delle disabilità motorie gravi in quanto le strutture per un servizio di eccellenza non sono ad oggi alla nostra portata. Non dimentichiamo che il lavoro con il cavallo richiede una lunga specializzazione, come accade nel settore medico.

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“Nelle attività assistite la relazione con l’animale costituisce fonte di conoscenza, di stimoli sensoriali ed emozionali.”

Che benefici può dare l’attività assistita a cavallo, nella pratica? Nelle attività assistite la relazione con l’animale costituisce fonte di conoscenza, di stimoli sensoriali ed emozionali: si impara a conoscere l’animale, a prendersene cura, ad accarezzarlo per superare dei blocchi fisici, accrescendo la propria disponibilità relazionale e comunicativa. Il cavallo aiuta a stimolare la motivazione e la partecipazione e, lo dico sempre, aiuta a livellare sia chi è troppo “on” sia chi è troppo “off”. Ognuno ha i suoi tempi, ma cerchiamo di far entrare questi tempi in un meccanismo normalizzato che permetta alla persona di riacquisire anche la manualità e consapevolezza di riuscire a fare qualsiasi cosa. Non dimentichiamo che il cavallo ha speso bisogno di chiedere conferma e sicurezza al cavaliere e qua scatta il binomio: si instaura un rapporto di fiducia che da forza ad entrambi.

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Quali sono i vostri obiettivi? La nostra sinergia intende creare un punto di riferimento unico per il nostro territorio veronese, che ne ha davvero bisogno, ma rivolto anche a tutto il Veneto, alle altre regioni d'Italia e all'estero. Vogliamo farci conoscere dalle varie strutture, in futuro magari presentando anche il progetto alla Regione per ottenere fondi e finanziamenti per offrire un servizio sempre maggiore. Ci sarà anche la possibilità di integrare la conoscenza delle lingue con il cavallo grazie a Mariadaria che è anche docente di inglese e francese.

DI CAMILLA FACCINI


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STUDIO DENTISTICO

Lo Studio Comed desidera condividere con gli affezionati lettori della rivista Pantheon la piacevole storia di Benedetta. Benedetta, giovane ragazza dai meravigliosi occhi verdi, si è recata presso il nostro studio perché non contenta del proprio sorriso. Le ragioni di questa sua insoddisfazione risiedono nel fatto che la natura le ha giocato uno scherzetto, ovvero l’assenza di due elementi dentali, più precisamente gli incisivi laterali superiori.

Agenesia dentale

Lavoro di squadra

La mancata formazione di uno o più denti prende il nome di agenesia dentale. Le agenesie dentali rappresentano uno dei capitoli più importanti nell’ambito delle patologie odontoiatriche in età evolutiva e nell’adulto, in relazione alla loro notevole diffusione nella popolazione e perché, inevitabilmente, influenzano i normali rapporti di occlusione e l’estetica del sorriso.

Con il temine “lavoro di squadra” intendiamo l’intervento multidisciplinare e il lavoro in team che caratterizzano da sempre lo Studio Comed. Per la riabilitazione ortodontico conservativa del sorriso di Benedetta hanno collaborato la Dott.ssa Francesca Bragastini occupandosi della terapia ortodontica e il Dott. Stefano Castellani che ha realizzato l’intervento di conservativa estetica. Anche gli igienisti dentali hanno giocato un ruolo di rilievo durante il trattamento ortodontico, aiutando la paziente ad avere cura della pulizia dei propri denti in questa delicata fase dell’intervento riabilitativo.

Nel caso specifico di Benedetta, l’agenesia ha riguardato il settore della bocca a più alta valenza estetica: il settore anteriore del sorriso. Per questa ragione è stato necessario intervenire con un “lavoro di squadra” al fine di soddisfare le esigenze della nostra giovane paziente.

E’ stato un piacere per tutto il team dello Studio Comed lavorare con questa giovane e simpatica paziente, grazie alla sua motivazione e collaborazione e all’impegno di tutti noi condividiamo un luminoso nuovo sorriso!


La storia di Benedetta «Non mi sono mai piaciuti i miei denti, per questo se sorridevo, lo facevo con la bocca chiusa. Poter sorridere fa sentire belle. Lo studio dentistico Comed è un centro all’avanguardia. Lo staff è preparato e professionale, ma allo stesso tempo ti fa sentire a casa. Nel mio percorso ortodontico sono stata seguita dalla Dott.ssa Bragastini, una vera stacanovista, donna di una competenza incredibile e di una sensibilità amorevole: un pugno di ferro in un guanto di velluto. Per l’estetica sono stata affidata al Dott. Castellani, perfezionista di professione, di un’attenzione meticolosa alle singole problematiche, senza preoccupazione di orari, giorni di ferie o limiti alcuni: da buon esteta, ci tiene che un lavoro sia ben fatto! In questo studio sono sempre stata accolta con il sorriso, e ascoltata nelle mie richieste e esigenze personali. Ringrazio in particolar modo Sara, la titolare, oltre che le ragazze all’accoglienza, Antonella e Michela, e l’eccentrica Valentina: grazie a voi da adesso voglio solo sorridere!» Benedetta

Dopo

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GONFIORE ADDOMINALE CIBI DA EVITARE E CIBI CHE AIUTANO A tanti sarà capitato di ritrovarsi dopo i pasti la pancia gonfia, anche se a tavola non si è mangiato troppo o si è stati molto attenti. È un disturbo molto diffuso e molteplici possono essere le cause che ne danno origine. Fortunatamente,nella maggioranza dei casi, il gonfiore addominale è solamente da associare ad errori nelle abitudini alimentari e nello stile di vita, ma talvolta può essere sintomo di una patologia da identificare e curare in modo specifico. In un caso o nell’altro, l’alimentazione può avere una rilevanza non indifferente nell’alleviare o nel peggiorare i fastidi. Il gonfiore infatti può essere sintomo di una difficoltà nella digestione degli zuccheri di determinati alimenti (in particolare gli zuccheri FodMap) ma anche relazionata ad una eccessiva voracità nel mangiare. Altre cause possono essere un elevato con-

sumo di bibite gassate, situazioni di ansia o stress durante il pasto, il fumo o la masticazione continua di chewing-gum.

•Fritti, bibite gassate, alimenti molto grassi o molto piccanti rendono la digestione difficile, fermentando a livello intestinale.

Quali sono dunque gli alimenti che è consigliabile evitare e quelli invece da inserire in quantità maggiore nella nostra dieta? Ecco alcuni consigli.

•Latte e latticini sono spesso una delle principali cause di crampi o gonfiori ma in questo caso alla base ci potrebbe essere un’intolleranza. Si può partire diminuendo il


consumo di questi prodotti e una volta diagnosticata l’intolleranza acquistare prodotti senza lattosio. •Un occhio particolare per i legumi, che non sono da scartare a priori in quanto il problema potrebbe essere legato ad una sorta di “disabitudine” alle fibre: meglio quindi procedere per gradi, par-

tendo da porzioni molto piccole •Anche cavoli, cavolfiori, broccoli e simili sono alimenti che tendono a gonfiare fermentando. Sono però ricchi di proprietà anti tumorali e anche in questo caso il consiglio per chi ha un intestino sensibile è di non abusarne, limitando il consumo settimanale e la quantità per porzione. Bene invece verdura

come lattuga, asparagi, carote, zucchine, sedano e spinaci. •Toccasana per il gonfiore addominale sono invece lo zenzero e il finocchio, che si possono assumere freschi o anche sotto forma di tisana. Efficaci anche la menta, il coriandolo e la malva, soprattutto se utilizzati insieme.


SONNO DI QUALITÀ UN TOCCASA PER LA SALUTE

Abbandonarci tra le braccia di Morfeo non è solo piacevole: per il nostro benessere mentale e fisico, infatti, il sonno è un fondamentale momento di rigenerazione, un po’ come una ricarica delle batterie. E se ancora si discute su quale sia il giusto numero di ore che ognuno di noi dovrebbe dedicare al sonno, con il celebre esempio del genio Leonardo Da Vinci che si narra dormisse 15-20 minuti ogni 4 ore, ci sono delle prove scientifiche che confermano l’importanza di un buon riposo. «Dormire bene rappresenta una fonte essenziale dell’equilibrio psicofisico dell’individuo – racconta la dottoressa Elena Vecchioni –, perché un sistema nervoso che ben riposa contribuisce ad un’ottimale performance fisica e psichica durante tutta la giornata». A guadagnarne è in primis il cervello, che durante la notte rielabora e immagazzina le migliaia di informazioni ricevute nell’arco della giornata. Un buon sonno non rende però solo più freschi e produttivi, ma è un ottimo alleato anche per la salute. Dormire poco, o dormire male, mette infatti a rischio anche il metabolismo, portando con sé il rischio di prendere peso. La causa è uno squilibrio nei livelli degli ormoni che regolano

Dott.ssa Elena Vecchioni, presidente Federfarma Verona

il senso di sazietà e appetito, la leptina e la grelina: diminuisce la prima, che comunica al cervello quando si è consumato cibo a sufficienza, e aumenta la seconda, che stimola l’appetito. Da dove iniziare, dunque, per un sonno di qualità? «La natura – rivela la dottoressa Elena Vecchioni –, offre molti rimedi per coadiuvare un sonno ristoratore». Eccone alcuni: • valeriana escolzia • avena sativa • biancospino • magnesio come glicero fosfato molto ben assorbito da parte dell’organismo e molto efficace nell’equilibrio neuro cellulare.


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SENTIRE BENE ECCO PERCHÉ È IMPORTANTE GIÀ DAI PRIMI MESI DI VITA

Iniziamo a sviluppare il linguaggio al momento della nascita ma ogni bambino, dentro la pancia della mamma, comincia a familiarizzare con la lingua di chi gli sta intorno, con i suoni e i rumori del mondo esterno. Sentire bene già da piccoli è quindi fondamentale per un corretto sviluppo delle facoltà del linguaggio, ma non solo. L’esposizione ai suoni, e la capacità di ascolto, influisce anche sulle capacità di lettura e scrittura e non in ultimo sull’aspetto sociale. Questo perché la ricezione e comprensione di un suono mette in moto un complesso sistema cerebrale che elabora i suoni per dar loro significato. Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità, dati 2019), oltre il 6% della popolazione mondiale, circa 466 milioni di persone, ha una riduzione dell’udito che incide sulla qualità della vita e si stima che entro il 2050 oltre 900 milioni di persone (ovvero 1 su 10) avrà una perdita uditiva disabilitante. Di questi, 34 milioni (7%) sono bambini. Sempre l’OMS sottolinea però come la metà di tutti i casi di ipoacusia (questo il termine tecnico) può però essere prevenuta attraverso misure di sanità pubblica.

Quali sono dunque i segnali da cogliere nei bambini, anche molto piccoli? • Se i bambini non reagiscono ai suoni, hanno difficoltà a parlare o sono lenti nel rispondere, è possibile che abbiano un problema di udito; • Il bambino non si accorge se qualcuno parla al di fuori del suo raggio visivo e non gira la testa o gli occhi verso un suono che non può vedere; • Il bambino non risponde al suo nome; • Il bambino sta seduto molto vicino alla televisione quando il volume è sufficiente per gli altri membri della famiglia o alza il volume in modo esagerato; • Non reagisce a suoni di forte intensità e alla musica.


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Suono chiaro – anche dietro la mascherina In molti ambiti della vita quotidiana, la protezione di naso e bocca è diventata ormai un’abitudine costante. Si deve però drizzare le orecchie se si vuole comprendere chiaramente l’interlocutore che parla da dietro la mascherina, soprattutto se si soffre di ipoacusia. Gli apparecchi acustici possono essere d’aiuto anche in questa situazione. dono più comprensibile il parlato anche in circostanze di ascolto difficili.

Ottima comprensione in ogni circostanza

L

e persone che indossano la mascherina sono ora diventate la normalità, e sarà così per un bel po’. La mascherina, però, comporta effetti acustici collaterali che non aiutano la comprensione reciproca. Non solo attutisce il volume del parlato, ma rende più cupi i suoni, in particolare quelli ad alta frequenza molto importanti nel parlato. Ciò accade non solo con le diffusissime mascherine chirurgiche, ma anche con quelle di stoffa sottili e le bandane. Le mascherine FFP2, utilizzate soprattutto in ambito sanitario, smorzano i suoni della gamma ad alta frequenza in misura ancora maggiore. Anche la distanza maggiore da chi parla, le strutture divisorie in plexiglas e l’impossibilità di leggere il labiale possono rendere più difficoltosa la comprensione. Se a tali circostanze si aggiunge anche l’ipoacusia, per la persona in questione diventa pressoché impossibile capire ciò che viene detto.

Quando sembra che gli altri “farfuglino” Se all’inizio di una presbiacusia la percezione del volume può essere ancora intat-

ta, molte persone di età avanzata soffrono invece di una perdita di sensibilità alle frequenze più acute. Queste persone attribuiscono spesso erroneamente la mancata comprensione del parlato all’interlocutore che parla in modo poco chiaro. Le protezioni facciali rappresentano in questo caso un problema ulteriore, perché riducono ancora di più la comprensione dei toni alti ed escludono la possibilità di avvalersi di altri metodi ausiliari. Infatti i movimenti delle labbra sotto le mascherine sono poco utili per compensare la scarsa comprensione del parlato.

Il test dell’udito fa chiarezza A chi deve farsi ripetere spesso parole e frasi e ha la sensazione di non sentire più bene, soprattutto da quando c’è l’obbligo della mascherina, è consigliato di sottoporsi ad un test dell’udito dall’otorino o dall’audioprotesista. Il test fornisce dei risultati chiari su una eventuale perdita uditiva. Se si riscontra una perdita d’udito, si dovrebbe assolutamente vagliare la possibilità di dotarsi di apparecchi acustici che, grazie a delle tecnologie mirate, ren-

I moderni apparecchi acustici digitali non solo amplificano i suoni, ma si adattano automaticamente a qualsiasi ambiente di ascolto e enfatizzano il linguaggio in modo mirato. Inoltre facilitano la localizzazione dei suoni e quindi migliorano l’udito direzionale, che a sua volta è determinante per la comprensione del parlato. Gli apparecchi acustici possono anche essere adattati dall’audioprotesista per le esigenze uditive individuali legate ad ambienti uditivi specifici. In questo modo, l’utente ha la possibilità di aumentare il volume di ciò che viene detto in determinate situazioni, ad esempio quando una persona dietro una protezione bocca-naso non può essere chiaramente compresa. In questo modo, i portatori di apparecchi acustici possono partecipare attivamente anche a situazioni di ascolto difficili, come la comunicazione con persone che portano la mascherina.

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QUANDO CAMBIANO I COLORI DELLA PALLACANESTRO

MARTINA MOSETTI, IL BASKET TRA L’ITALIA E L’AMERICA Ad maiora. Martina Mosetti, play/guardia triestina alla seconda stagione all’Alpo Basket nella sua vita non si è mai fermata. Dagli albori con la casacca della Ginnastica Triestina, passando per le esperienze di Schio e Sarcedo tra A1 e A3, sino a giungere all’incredibile quinquennio trascorso al Boston College, l’esistenza di Martina è sempre stata protesa verso il costante miglioramento di sé stessa a livello sportivo ma soprattutto umano. Crescere, infatti, è sempre una scelta coraggiosa.

Martina Mosetti

DI MATTEO LERCO

«N

on ho mai avuto il timore di gettarmi in nuove sfide – spiega la giocatrice classe 1995 – il cambiamento è sempre stato uno stimolo che mi ha permesso di progredire e sono contenta di possedere quest’attitudine. Sicuramente la “sliding door” nella mia carriera è stata l’esperienza oltreoceano, cinque anni densi di significato che mi hanno formato sotto ogni punto di vista. Le ragioni alla base di una decisione così “sui generis”? Ritenevo che fosse un’incredibile opportunità per migliorarmi cestisticamente e personalmente: guardandomi indietro sono profondamente orgogliosa di tutto ciò che è stato». Due sistemi eterogenei, ma con un evidente punto di contatto. Per Mosetti la principale convergenza tra basket statunitense e quello italiano sta nella passione per il gioco. «Degli “States” prendo l’incommensurabile dedizione per sacrificio e duro lavoro – prosegue – la mentalità del college ti forgia il carattere, insegnandoti a non cedere mai di fronte alle av49

versità. Tutti sono disposti a restare sul campo un’ora in più per allenarsi: questo trasmette all’ambiente un’energia incredibile che si respira nella quotidianità. Il campionato italiano è molto più tecnico, ma una malata di pallacanestro come me non può che apprezzare e rivedersi in tutti e due i modelli. È sempre l’amore per la palla a spicchi a muovere tutto». Un obiettivo futuro da perseguire restando saldamente ancorati al presente. L’Alpo Basket ’99 vuole consegnare questa inedita stagione agli annali. «La nostra meta è chiara – conclude Mosetti – puntiamo al grande salto in A1 e i nostri sforzi sono orientati in questa direzione. Mi ritrovo molto nello spirito di questa società, straordinariamente in grado di fondere clima familiare e spiccata ambizione sportiva. È chiaro che la situazione legata al Covid-19 non ci può fornire certezze sugli snodi che prenderà quest’annata, ma di una cosa sono sicura: finché giocheremo, questo gruppo non mollerà un centimetro. Mi sento parte di un qualcosa di più grande». ■


FOCUS SULLA CANDIDATURA A CAPITALE DELLA CULTURA

VERONA 2022, COME SARÀ LA CITTÀ NEL FUTURO Verona è tra le 28 città candidate a Capitale Italiana della cultura 2022. A Novembre verrà annunciata la short list, tra cui sarà proclamata a gennaio 2021 la vincitrice. Un Dossier che si concentra su “La cultura che apre nuovi mondi”.

“L

a cultura apre nuovi mondi”. Questo lo slogan del Dossier, presentato a fine luglio al Mibact, per la candidatura di Verona a Capitale Italiana della Cultura 2022. Un lavoro iniziato a novembre 2019 e che vedrà proclamate tra le 28 città, 10 finaliste nel mese di novembre e la vincitrice a gennaio 2021. «Un manifesto per Verona che vuole essere l’apertura verso nuovi mondi o modi di vedere la città» afferma il professor Paolo Dalla Sega, consulente di PTSCLAS spa, società che ha redatto il dossier in collaborazione con il Comune, e che abbiamo incontrato per “conoscere” la Verona del futuro. Quali sono i nuovi modi di vedere la città? Il progetto disegna una città infinita, che si espande oltre i confini delle mura storiche, citando la famosa frase shakespeariana “Non c’è mondo al di fuori delle mura di Verona”. Immaginiamo una Verona del futuro, capace di proiettarsi oltre l’ansa dell’Adige per rendere partecipi i quartieri Arsenale, Borgo Trento, Veronetta, Verona Sud e poi risalire, come in una spirale, verso le vallate della Lessinia e della Valpolicella, cuore pulsante della natura. Una consapevolezza che è partita con la rete creata nella scrittura del Dossier, tra gli assessorati di cultura e urbanistica, le oltre 30 associazioni ed enti e i 15 soggetti istituzionali. Quali sono le suggestioni del progetto? Abbiamo immaginato cinque “mondi” per la nuova visione di Verona, racchiusi in 22 progetti per il 2022, preceduti da sei mesi nel 2021 e altrettanti nel 2023 di follow-up. “Human Culture” è il primo, che vede la persona al centro, con progetti di benessere, coesione sociale e uguaglianza. Ad esempio una riflessione sulla condizione della donna con il progetto Lettere a Giulietta. Secondo mondo “Community Building”, per raccontare una città con visione organica e unitaria, in grado di dare spazio alla partecipazione civica, per esempio con Ars Lab all’Arsenale. ”Open Culture” cerca la scintilla aggregativa tra le persone nei patrimoni inestimabili di Verona, perché diventino spazi territoriali accessibili, fisicamente e tecnologicamente. Uno di questi progetti vede la musealizzazione com-

pleta dell’Arena, che diverrebbe poi capofila della rete museale. Una città che vuole essere “Smart”, con una mobilità dolce e sostenibile. Infine “Verona beyond”, tra turismo e territorio. Qui l’idea del nuovo sito dell’Organizzazione della gestione della destinazione, per offrire esperienze turistiche sempre più complete, anche in ambito internazionale. Come vede Verona nel futuro? Verona ha imparato molto scrivendo questo Dossier, scoprendo la cultura come un aggregatore e acceleratore di risorse, con un’energia derivata dalla co-progettazione e co-creazione del progetto. ■ 50

Paolo Dalla Sega

DI ALICE MARTINI


ATO 20 V I R È AR OVO 20 NU O I L L’O

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FORZA BELLEZZA

CAVALLI, NON SOLO FIERA E’ del 1819 un progetto di Saverio dalla Rosa per una rotonda ad uso di mercato delle biade in piazza Bra’, al posto dell’attuale Palazzo Barbieri eretto successivamente. Si perché da qualche secolo in questa piazza si faceva una specie di fiera agricola e si mettevano in mostra animali da cortile, bovini e cavalli.

T

anto importanti, questi ultimi, nella vocazione agricola di questo territorio, nel legame forte tra città e campagna, che nel 1898 a Verona si istituisce una Fiera dei cavalli, proprio per esplicitare il legame con il mondo rurale che l’aggregato urbano ha da sempre. Ma i Cavalli a Verona sono anche una nobile famiglia, in quel “cerchio magico” degli Scaligeri che nella chiesa di Santa Anastasia è visibile nelle cappelle absidali: l’ultima cappella a destra dell’altare maggiore è dedicata alla famiglia Cavalli, di origini milanesi, poi giunta nei possedimenti scaligeri. Nella cappella, affrescata tra il 1390 e il 1396 da Altichiero da Zevio, vi è la sepoltura del capostipite in terra veronese, Federico Cavalli, capitano generale di Alberto e Mastino della Scala, Podestà di Vicenza e Padova nel 1337, con lo stemma della famiglia, un cavallo rampante, che fa eco in una classica rappresentazione celebrativa: tre cavalieri di questa famiglia che per intercessione dei santi Giorgio, Martino e Jacopo implorano pietà alla Vergine in trono col Bambino.

Quest’anno Fieracavalli sarà un’occasione in più per rafforzare il bisogno dell’uomo di ricucire il rapporto con il territorio, là dove il cavallo ne è lo spirito guida, compagno di messaggeri divini, guerrieri spirituali e cavalieri che fanno l’impresa per il bene comune. A caval donato non si guarda in bocca. A proposito, mio nonno si chiamava Donato, ma è un’altra storia. ■ ■

Cavalli e Cavalieri, tema ripreso nel celebre affresco sopra la cappella Pellegrini, a fianco della cappella Cavalli, da quel Pisanello che dell’arte di dipingere con grazia e bellezza volti e animali ci ha lasciato testimonianza nell’affresco appunto “San Giorgio, la principessa e il drago”, metafora dell’impresa per salvare la bellezza della città, del territorio. Una bellezza che a Verona cuce con filo sottile e resistente il legame con la coltura della terra, tanto che nel 1930 quella fiera dei cavalli diventa fiera dell’agricoltura, là dove fiera non è solo evento espositivo figlio della rivoluzione industriale, ma maniera di esplicitare con orgoglio questo legame tra città e campagna. Da qui in poi i cavalli vengono sostituiti dalle macchine agricole, dall’incalzare della tecnologia, ma nel 1976 la vocazione spinge e rinasce la Fieracavalli con una nuova veste, mettendo al centro questo animale come medium tra uomo e territorio; è del 1985 il Galà equestre della Fiera.

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DI DANIELA CAVALLO



FIORE DELL'ARTE

GLI ULTIMI NIPOTI DIRETTI DI DANTE SEPOLTI A SAN FERMO Ludovico, Pietro e Francesco Alighieri. Sono gli ultimi discendenti diretti in linea maschile di Dante che, diversamente dai predecessori, hanno voluto farsi inumare nella chiesa della contrada in cui abitavano, quella di San Fermo. Qui, nel transetto destro, è ancora presente la cappella commemorativa della nobile famiglia fiorentina.

E

ntrando nella chiesa superiore dal chiostro ci si imbatte subito nella cappella Alighieri, addossata al muro di fondo del transetto destro. In origine lo spazio era dedicato alle storie del santo francescano Ludovico di Tolosa, leggibili fino al 1545 quando iniziarono i lavori per la realizzazione dell’altare commemorativo. La famiglia Alighieri aveva la sua residenza storica vicino alla chiesa di Santa Anastasia dove eressero il monumento funebre che per circa due secoli accolse le spoglie dei discendenti. Intorno alla metà del 1400 Pietro III si trasferì nella contrada di San Fermo con tutta la famiglia. Un secolo più tardi, fu il nipote Pietro IV a dare indicazioni testamentarie ben precise: innalzare una cappella commemorativa nella chiesa dei Santi Fermo e Rustico. Sia lui che il fratello Ludovico morirono nel 1547. A portare avanti le loro volontà fu Francesco, l’ultimo erede maschio, canonico della Cattedrale di Verona, profondo conoscitore dei testi classici e appassionato di antiquaria. Probabilmente fu lui a indicare il modello sui cui basarsi per la struttura architettonica dell’altare, che ricorda il famoso Arco dei Gavi. L’autore è Francesco da Castello, lo stesso dell’altare Saraina e dell’altare Pindemonte a Santa Anastasia, anche se alcuni studiosi hanno suggerito il nome di Giovanni Caroto per la fedeltà ad alcuni suoi disegni. Nel monumento si leggono le epigrafi di Ludovico e di Pietro con la moglie Teodora. La loro unica figlia, Ginevra, rimasta l’ultima erede diretta, andò in sposa a Marcantonio Serego nel 1549. Nove anni più tardi Francesco istituì eredi universali del ricco patrimonio di famiglia la nipote e il figlio primogenito Pier Alvise Serego a condizione che assumesse anche il cognome Alighieri, altrimenti estinto. Esecutore testamentario fu, nel 1562, Giambattista di Raimondo Della Torre, marito di Veronica Serego, sepolto anch’egli a San Fermo nella cappella in cui fu eretto il mausoleo di Girolamo e Marcantonio Della Torre. ■

DI ERIKA PRANDI

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VERONA ANTICA

LA NOBILDONNA CHE GUARDA CHI PASSA Una signora molto importante controlla il flusso di gente del sabato pomeriggio, lei osserva tutti ma pochi la vedono, murata com'è tra le due vetrine di un negozio alla moda. È Claudia Marcellina, nobile appartenente a una delle famiglie più prestigiose di Roma e, con il marito, proprietaria d’industrie per la produzione di laterizio.

E

ppure nel II secolo d.C. ben pochi potevano evitare di notarla, lei che durante la vita era stata anche moglie di un console. Al civico 49 di corso porta Borsari tra le due vetrine di Etro Boutique, si trova un'iscrizione, piuttosto evanida, soprattutto nel lato sinistro, un tempo base di una statua su cui compare il seguente testo: CLAVDIAE TI(beri) F(iliae) MARCELLINAE BELLICI SOLLERTIS CO(n)S(ulis) (uxori) M(arcus) ET Q(uintus) HORTENSI [p]AVLINVS ET FIRMVS

Traduzione: In onore di Claudia Marcellina, figlia di Tiberio, moglie del console Lucio Bellicio Sollerte. Marco Ortensio Paolino e Quinto Ortensio Firmo (posero). Claudia Marcellina apparteneva ad una delle famiglie più influenti di Roma, anche se vi era chi insinuava che il padre della donna, Tiberio Claudio Marcellino fosse stato un liberto di Claudio o di Nerone. Ancora giovanissima, intorno forse ai tredici anni, come era costume all'epoca, sposa un uomo molto più

anziano, quasi coetaneo del padre, destinato ad un'importante carriera politica. L'uomo si chiama Lucio Bellicio Sollerte e tra le molte cariche ed attività di cui è investito e di cui si occupa, è proprietario di una serie di industrie per la fabbricazione di laterizi, dette figline, che costituiscono nel generale dell'economia di Roma una produzione fiorente e bene organizzata. Il nome di Lucio Bellicio Sollerte compare infatti nei bolli con cui solitamente si marchiavano mattoni e tegole. Gli oggetti, risalenti agli anni che vanno dal 119 al 120, datati con sicurezza per la presenza del nome dei consoli in carica, sono stati ritrovati nel Lazio e precisamente nella zona di Ostia, l'antico porto di Roma. Claudia Marcellina, forte della sua nobiltà e ricchezza, a quanto possiamo immaginare, non si limita a gestire le proprietà di famiglia da dietro le mura domestiche ma affianca il marito in quello che potremmo definire oggi il "business del mattone". Infatti, come molte altre donne della classe più agiata, prende la guida delle industrie di laterizio associando, sui bolli, prima il proprio nome a quello dell'uomo, poi facendo imprimere solo il suo, segno che probabilmente, tra il 123 e il 126 d.C. Claudia Marcellina era rimasta vedova, erede di Lucio Bellicio Sollerte ed unica proprietaria. ■ 56

DI MAREVA DE FRENZA


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Le mamme e l'organizzazione Fare i genitori è il mestiere più difficile del mondo e qui, non voglio parlare di allattamento, svezzamento, di gestione delle emozioni, di dare una mela biologica piuttosto che una merendina ma di una cosa semplice, semplice: la gestione del tempo e delle cose da fare e, Dio solo sa, quante ce ne sono.

dove acquistarle: online o farmacia; “Vestiti invernali per le bimbe: aggiungere al carrello le calze coi brillantini, così raggiungo la soglia per la spedizione gratuita; l’importantissima, “Chiedere alle maestre dell’asilo se G. ha fatto la cacca oggi”, sottolineato due volte. E la check-list del “kit anti-covid”? Mi prende un’ansia da mascherina… ho sempre paura di dimenticarla. La sensazione è la stessa di dieci anni fa, quando truccata e pettinata (anch’io lo sono stata) all’imbarco di Ryanair, tremavo per il peso del mio sproporzionatissimo bagaglio a mano. So che esistono anche i promemoria sullo smartphone ma carta e penna non hanno eguali: il piacere che si prova a cancellarle con un andirivieni di righe marcate, è paragonabile alla gioia di quando tua figlia si addormenta e tu, ti puoi tuffare sul divano e goderti un puntata di inutilità assoluta con Temptation Island o di critiche canore velenose con X-Factor.

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io marito é ingegnere (mi odierà per questa menzione speciale) ed è fermamente convinto che la buona riuscita di ogni cosa dipenda dalla sua organizzazione. E, nonostante le bimbe lo mettano a dura prova, smentendolo varie volte con degli imprevisti infantili pazzeschi (il vomito è il più gettonato), è difficile fargli cambiare idea. E’ come dire ad un uomo che ha 36, 7 di febbre e vaga per casa, farfugliando parole sulle sue ultime volontà, che è sano come un pesce e che può pulire i vetri della sala… non lo farà mai! Non so voi ma io ancora mi chiedo perché, in questa ormai lunghissima pandemia, gli esercenti continuino a misurare la febbre agli uomini che hanno varcato la soglia di casa.

DI SARA AVESANI

Riflessioni a parte: la mia risposta all’efficienza sono le liste. Ne colleziono di tutti i tipi: “Sistemare la casa” si trasforma in scaricare la lavastoviglie, piegare i panni, stenderli, scongelare il ragù della nonna e il fatidico cambio dell’armadio che, siamo a novembre, non ho ancora concluso; la classica “Spesa supermercato Grossa” con la divisione in reparti; la new entry “Comprare mascherine” con focus sul 58

Spesso, troppe cose da fare mi mandano in tilt perché, diciamoci la verità, la normalità è un’altra. Per esempio il mio obiettivo “Sistemare la cosa” non va sempre a buon fine, anzi. Inizio raccogliendo un giocattolo, poi portandolo nella cesta dei giochi in cameretta mi accorgo che devo passare l’aspirapolvere. Torno indietro e vado in sgabuzzino a prenderlo ma il sacchetto è pieno. Vado a cercarne di nuovi nell’armadio facendolo però mi cadono addosso le cose da stirare che avevo convulsamente stipato lì, causa ospiti inattesi. Li prendo e riempio una bottiglia d’acqua da versare nel ferro per il vapore. Il vapore mi fa venire in mente l’appannamento dei miei occhiali per la mascherina e mi ricordo che devo ordinarne per tutta la famiglia. Mi butto allora su Amazon, e dopo aver cercato, guardo qualche notizia e scorro Facebook (con un grandissimo senso di colpa dopo aver visto “The Social Dilemma” che consiglio a tutti), scoprendo un ristorante Michelin, dove non andrò mai, a pochi passi da casa mia, gestito da un tizio che faceva la seconda elementare con me ma che aveva problemi di famiglia e se ne era andato in un'altra città. Alla fine è già ora di andare a prendere le nanette a scuola. E un giorno di ferie se n’è andato. ■ ■


articolo pubbliredazionale

BELLEZZA & BENESSERE

I consigli di Selene

novembre 2020

CERA BOLLENTE, DOLORE E IRRITAZIONE?! NO GRAZIE! Uno dei grandi misteri riguardo alle donne rimane il fatto che riescano a versarsi della cera bollente sulle gambe e poi abbiano ancora paura di un ragno” Jerry Seinfeld Una nuova frontiera dell’epilazione è rappresentata dal laser al diodo: una tecnica che permette di rimuovere i peli superflui in modo progressivo permanente. Si tratta di un metodo indolore e che dà buoni risultati, a patto che vengano seguite alcune indicazioni fondamentali! Sfatiamo già qualche mito: La differenza con la luce pulsata Il laser è una metodica diversa e più avanzata, in quanto emette una luce con una lunghezza d’onda che va a colpire l’intero bulbo pilifero senza disperdere energia sulla cute, facendo quindi ottenere un miglior risultato in minor tempo. Inoltre rispetto alla luce pulsata crea meno fastidio durante la seduta stessa

e non vi è rischio di creare bruciature sulla pelle. Come funziona il laser Prima di cominciare a praticare il servizio, che prevede all’incirca una decina di sedute per la buona riuscita del trattamento stesso, il nostro istituto Anima Estetika esegue sempre un check up su ogni cliente. Facciamo compilare ad ognuno una scheda con un’anamnesi di buona salute, poiché esistono delle cause in cui il trattamento non è eseguibile: è sconsigliata l’epilazione laser al diodo durante gravidanza, allattamento, in presenza di alcune patologie gravi e su persone che assumono farmaci fotosensibilizzanti che non possono essere interrotti. Nei giorni precedenti e seguenti il trattamento, bisogna evitare l’esposizione solare. Se dopo il check up l’operatore ritiene idonea la situazione il cliente può iniziare ad effettuare il laser. La durata del trattamento richiede più sedute effettuabili più o meno con una distanza di 30gg l’una dall’altra. Le domande più frequenti •Il trattamento è indolore? Il laser al diodo non provoca fastidi durante il trattamento •Quante sedute sono necessarie per raggiungere un buon risultato? La risposta varia a seconda del soggetto, ne consigliamo almeno una decina •Quando non ha effetto il laser? Il laser non funziona sul pelo bianco •C’è da eseguire un mantenimento a seguito delle sedute di fotoepilazione? Va sempre fatto il mantenimento per debellare la formazione nel tempo di nuovi bulbi •Si possono creare danni alla cute con il laser? È una tecnologia avanzata e testata in continuazione, non crea danni alla cute •Funziona anche su pelli scure? È efficace anche su pelli abbronzate o scure con alcuni accorgimenti •Come depilarmi tra una seduta e l’altra? È consigliabile trattare la zona con la lametta •Con tatuaggi come ci comportiamo? Non va assolutamente seguito il trattamento sui tatuaggi poiché andrebbe a prelevarne il colore.

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Il consiglio per la tua bellezza: Più la pelle è nutrita più sarà liscia e ricettiva per ricevere il trattamento laser. Ricordati quindi di fare 1 volta alla settimana uno scrub corpo e nutrire la pelle ogni sera dopo la doccia con un olio specifico, molto più nutriente della crema!

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Rappresenta la nuova frontiera dell’epilazione progressiva permanente. L’apparecchiatura infatti genera un raggio laser di una particolare lunghezza d’onda (808 nm) in grado di attraversare la cute ed essere assorbita dai pigmenti dei peli all’interno dei bulbi piliferi.


CHE ARIA TIRA (NEL FUTURO)

LA (BIO)TECNOLOGIA PER RISCRIVERE IL DNA Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna hanno conquistato il Nobel per la Chimica per lo sviluppo della tecnica di editing genetico CRISPR-Cas9: arriveremo a modificare ciò che siamo?

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a scienza ci consente di fare cose incredibile e ci permette di abbattere barriere che consideravamo indistruttibili. Sono passati appena 58 anni dall’assegnazione del Premio Nobel per la Medicina a Watson e Crick per la scoperta della struttura del DNA, ma la ricerca del settore in poco tempo ha fatto enormi passi in avanti. Lo testimonia proprio la scelta dell'Accademia svedese delle scienze di conferire il Nobel per la Chimica 2020 a Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna, che hanno sviluppato una tecnica per riscrivere il nostro DNA. Si chiama CRISPR-Cas9 e ha moltissimi ambiti di applicazione ma ci mette di fronte anche a una serie di interrogativi di natura etica.

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CRISPR-CAS9 è una tecnica che permette la modifica del patrimonio genetico tramite una sorta di “taglia e cuci”. Si basa sull’utilizzo di una particolare proteina, Cas9, che agisce come una forbice molecolare. Questa proteina è in grado di individuare un DNA bersaglio, programmato attraverso una molecola di RNA che viene associata a Cas9, tagliarlo ed effettuare specifiche modifiche al genoma di una cellula, sia questa animale, umana o vegetale. LA RICERCA. CRISPR-Cas9 è utilizzata nei laboratori di tutto il mondo a partire dal 2012 e ha

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rappresentato una rivoluzione per la ricerca biomedica, permettendo modificazioni desiderate nel genoma in modo semplice, efficace, veloce ed economico e offrendo nuove prospettive di cura per tutta una serie di patologie a base genetica. Allo stesso tempo sono promettenti anche le possibili applicazioni in altri settori: tra questi c’è sicuramente l’agricoltura, dove potrebbe permetterci di modificare a nostro vantaggio le caratteristiche delle piante o renderle resistenti a particolari condizioni e malattie. LE QUESTIONI ETICHE. Le potenzialità sono indiscutibili, ma anche le domande sul fronte etico: useremo CRISPR-Cas9 per curare malattie o ci trasformeremo in “designer” di esseri umani, modificando ciò che siamo? Di questi aspetti si è preoccupata anche la stessa Jennifer Doudna, che in diversi eventi e pubblicazioni ha manifestato le sue preoccupazioni per un uso sbagliato di questa tecnologia. La scienza ci consente di fare cose incredibili ma non tutto ciò che è possibile può e deve essere considerato giusto. ■


articolo pubbliredazionale

“CyberTech Solutions” e “Innovation & Business Development”. Target PMI per le due nuove Divisioni di Phoenix Group. Phoenix Capital Iniziative di Sviluppo - polo di Consulenza manageriale con sedi a Verona, Milano e Roma – amplia i Servizi per lo sviluppo del business e l’ottimizzazione di processi e progetti di Banche, Assicurazioni e Imprese e avvia due nuove Divisioni che coniugano l’approccio tipicamente consulenziale con l’operatività della Divisione “Innovation & Business Development” e la componente commerciale della Divisione “CyberTech Solutions”. Con queste Divisioni Phoenix Capital guarda in particolare alle PMI cui propone un supporto operativo, specialistico e qualificato. La Divisione “Innovation & Business Development” interviene in ambito organizzativo per le funzioni Sales, Marketing, Sviluppo mercati e prodotti, Comunicazione, Formazione, Coaching\Mentoring ed HR con focus su processi di assesment organizzativi e individuali

La nuova struttura, che riporta a Michele Moroni - Senior Manager con 25 anni di esperienza in aziende multinazionali e market leader, oggi Senior Advisor e Coach certificato -, mette in campo anche interventi di Innovation Management, secondo gli standard di certificazione mondiali rilasciati da GIMI (Global Innovation Management Institute - Boston), attraverso un metodo consolidato che permette alle aziende di realizzare concretamente nuovi business concepts. «In un mondo turbolento ed incerto come quello attuale precisa Michele Moroni (nella foto, a destra) – cerchiamo di supportare le aziende nello sviluppo, identificando programmi di innovazione strutturati ma “adattativi” che perseguano la continuità e crescita aziendale». Con la Divisione CyberTech Solutions, guidata da Omar Barilani, manager con esperienza

ventennale nel settore, Phoenix Capital - Business partner di Fastweb - propone, insieme alla sua controllata tecnologica Atlantis Next, una gamma completa e integrata di Servizi TLC, cyber security e ICT avanzati, in grado di soddisfare le esigenze di tutti i segmenti di mercato: PMI, aziende di grandi dimensioni, start-up e municipalizzate. «La partnership con Fastweb e l’aggiornamento sulle soluzioni tecnologiche più innovative uniti alle competenze di Phoenix Group – le parole di Omar Barilani (a sinistra) - consentono alla nuova Divisione di predisporre progetti personalizzati sui clienti negli interventi specifici su Connessioni internet in Fibra ottica; cloud computing; cyber security e comunicazione unificata». Le nuove Divisioni si affiancano alla Divisione Corporate Finance e alla Divisione Phoenix Sport Management avviate nel 2019.

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CONSIGLI E RIFLESSIONI

IN STAZIONE... NUOVI DIRITTI IN ARRIVO Con la crisi dei trasporti aerei causata dalle misure anti-Covid il treno riguadagna il primo posto sul podio della mobilità. E le istituzioni europee si mettono in moto per assicurare una maggiore tutela ai passeggeri su rotaia.

Accordo Parlamento Europeo è Consiglio Europeo

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unghe attese al check-in, code ai controlli di sicurezza, cancellazioni e ritardi imprevisti: nell’era Covid viaggiare in aereo sta diventando sempre più problematico. E allora i viaggiatori, siano essi turisti o lavoratori, si dirigono più volentieri in stazione che all’aeroporto. Ma spostarsi in treno, anche se logisticamente più semplice, risulta purtroppo meno tutelato rispetto al viaggio aereo. Infatti quest’ultimo, soprattutto grazie al Regolamento CE 261/2004, gode di un rodato sistema di garanzie e indennizzi in caso di ritardi e cancellazioni. Ad accorgersi di questa discrepanza è stato il Parlamento Europeo che ha raggiunto un accordo informale con il Consiglio europeo sui nuovi diritti da assegnare ai passeggeri ferroviari.

Nel testo dell’accordo si parla di inserire l’obbligo di aiuto e di riprotezione per i passeggeri il cui treno subisca ritardo o cancellazione. Altro aspetto di notevole rilevanza è la migliorata assistenza per le persone con mobilità ridotta. In terzo luogo si propone di introdurre flessibilità nel cambio di biglietti su tratte servite dalla stessa compagnia ferroviaria, indipendentemente che si tratti di alta velocità o di treni regionali. La previsione di un nuovo impianto normativo così strutturato rappresenta un primo passo significativo che potrebbe rimettere sul binario giusto un mezzo di trasporto amico dell’ambiente. E proprio nell’ottica di fornire una mobilità più sostenibile tutti i treni dovranno essere dotati di spazi dedicati per le biciclette. ■ Per maggiori informazioni www.adiconsumverona.it 62

DI CARLO BATTISTELLA DI ADICONSUM VERONA


IL GLOSSARIO DEL LAVORO UNA PAROLA PER VOLTA

IL REDDITO DI CITTADINANZA E I NAVIGATOR Il Reddito di Cittadinanza è un sussidio destinato alla fascia di popolazione che si trova sotto la soglia della povertà assoluta, che in base alla definizione dell’Istat ha a disposizione meno di 780 euro al mese.

I

l reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza destinata agli over 67 sono integrazioni al reddito per raggiungere questa soglia. Chi otterrà il Reddito di Cittadinanza verrà contattato dai Centri per l’impiego e dovrà aderire a un percorso di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale, seguendo un percorso di riqualificazione professionale firmando un “Patto per il lavoro”. Si potrà rifiutare un’offerta di lavoro al massimo 2 volte. In Veneto nel periodo che va dal mese di marzo 2019 al mese di agosto 2020 le domande di Reddito di Cittadinanza (e Pensione di Cittadinanza) presentate in Veneto sono state 76.939 per l’esattezza vale a dire il 3,6% del totale nazionale. Ad oggi il Reddito raggiunge non più

di 29.024 nuclei familiari, cioè 66.334 individui. Per quanto riguarda la media veneta siamo a 418,92 euro mensili contro una media italiana di 561,93. A supporto dei beneficiari del Reddito c’è la figura professionale del Navigator: colui che supporta gli operatori dei Centri per l’Impiego nella realizzazione di un percorso formativo professionale che porti all’accettazione di un’offerta di lavoro congrua. Si inizia registrando le esigenze e aspettative della persona, per poi analizzare le caratteristiche del mercato del lavoro di riferimento, con i suoi specifici trend occupazionali e professionali. Viene così creata una mappa delle opportunità, degli incentivi e dell’offerta formativa, e assieme al beneficiario si definiscono le attività utili all’inserimento lavorativo. L’ultimo step è la proposta al beneficiario di un’offerta congrua di lavoro. ■

DI EMILIANO GALATI SEGRETARIO FELSA CISL VENETO

NUOVO SERVIZIO DI VIDEOCONSULENZA La figura del notaio è sempre più un punto di riferimento per il territorio, per le famiglie e le imprese, e in questo momento di difficoltà negli spostamenti viene fornito un nuovo servizio rivolto a tutti i cittadini: la videoconsulenza. www.notaiosartori.it GUARDA IL VIDEO DI PRESENTAZIONE DEL SERVIZIO

Via Enrico da Porto, 10/C 37023 Grezzana (VR) - TeL. 0458650274 - Fax. 045 8650445 - msartori@notariato.it 63


ANGOLO PET

PROTEGGERE LE API PER SALVAGUARDARE IL FUTURO I cambiamenti climatici e l’industrializzazione sono tra le principali cause della progressiva scomparsa delle api: un trend negativo, evidenziato dagli agricoltori, che rischia di avere gravi ripercussioni sul futuro del nostro pianeta.

L

a moria delle api, come tragica conseguenza, in primis, del riscaldamento globale, è uno tra i temi che più desta preoccupazione fra agricoltori e studiosi negli ultimi anni: secondo i dati raccolti dalla Cia, sono 10 milioni gli alveari scomparsi nel mondo dal 2010, di cui 200 mila solo in Italia; le cause di questo declino sono molteplici: parassiti, malattie, cambiamenti climatici, impoverimento degli habitat naturali, specie aliene invasive, espansione urbanistica, industrializzazione dell'agricoltura e pesticidi. Marco Baietta, apicoltore di 44 anni di Palazzolo di Sona, ci ha raccontato cosa significa prendersi cura delle api e quali sono gli accorgimenti da adottare per preservarne la specie. «La mia passione per le api è iniziata quattro anni fa, come hobbista; in seguito ho approfondito le mie conoscenze sul settore grazie all'appoggio di un amico, apicoltore di professione, dell'associazione Apicoltori di Verona e leggendo parecchi libri: così ho imparato pian piano a gestire gli alveari. Per chi ancora non lo sapesse, ci sono molte aziende di professionisti nel nostro territorio che danno la possibilità di adottare un

alveare, ricevendo a casa il miele scelto, di alta qualità. Per contribuire alla salvaguardia delle api non serve essere professionisti: tutti noi, con piccoli gesti, possiamo proteggere le api creando, ad esempio, “un'oasi” di fiori e piante sul balcone, ricordandoci di posizionare vicino una fonte d'acqua». Sebbene le api “mellifere” siano le più note, in realtà sono ventimila le specie presenti nel mondo, e numerose sono anche le varietà di miele prodotte, quali l’acacia, eucalipto, castagno, millefiori, girasole, tiglio e così via, tutti aventi preziose proprietà benefiche. «Non è solo un dolcificante - precisa Marco - ma un alimento completo, che accresce il benessere generale dell'organismo grazie a proprietà energetiche, ricostituenti, antibiotiche, antisettiche, calmanti, depurative e persino terapeutiche. Altrettanto ricca di proprietà è la pappa reale, secreta dalle ghiandole delle api operaie: per il suo apporto nutritivo è consigliata a convalescenti, sportivi e studenti, poiché svolge un’azione positiva sulla fatica fisica e nervosa, nonché una funzione riequilibrante sul sistema nervoso centrale, in caso di insonnia o nervosismo». ■ 64

DI INGRID SOMMACAMPAGNA


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In cucina con Nicole Qualche idea sana (e golosa) per le vostre giornate

di Nicole Scevaroli

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RISOTTO CON SPINACI, RICOTTA E TALEGGIO Cucinare il risotto mi rilassa perché si prepara piano piano chiacchierando in cucina • Ingredienti (4 persone) • 200g riso carnaroli, brodo vegetale • mezzo bicchiere di vino bianco • 100g taleggio, 100g ricotta

Consiglio nutrizionale

Come avrete notato nel risotto non è necessario aggiungere il burro per la mantecatura, saranno sufficienti ricotta e taleggio. Nello strudel invece non ho aggiunto lo zucchero alle mele perché l’uvetta e la marmellata addolciranno naturalmente. Avremo così dei piatti saporiti ma equilibrati.

Cuociamo gli spinaci con un filo d’olio e aglio. Li frulliamo. Scaldiamo una casseruola dai bordi alti, versiamo il riso e lo facciamo tostare. Sfumiamo con il vino. Aggiungiamo un paio di mestoli di brodo, gli spinaci e mescoliamo. Quando asciuga aggiungiamo altro brodo fino a che il riso è quasi cotto. Uniamo ricotta e taleggio, mettiamo il coperchio e spegniamo il fuoco. Dopo 5 minuti possiamo servire il risotto.

LO STRUDEL, CON LA PASTA FROLLA E’ più friabile e completamente home made Ingredienti: • 350g farina semi integrale • 80g zucchero, 1 cucchiaino di lievito per dolci • 2 uova, 90g olio girasole • 3 mele, il succo di mezzo limone una manciata di uvetta • un cucchiaio di pinoli • un cucchiaio di marmellata • un cucchiaio di pangrattato • zucchero a velo Affettate le mele con la buccia, cuocetele in padella con succo di limone, uvetta, pinoli. Impastate farina, zucchero, lievito, uova e olio. Stendete la pasta con il mattarello creando un rettangolo. Disponete al centro il pangrattato. Unite la marmellata alle mele e versatele sulla frolla. Chiudete lo strudel. Infornate a 170 gradi per 45 minuti. Fate raffreddare e cospargete di zucchero a velo.

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L’oroscopo alla nostra maniera

di Andrea Nale

21 MARZO - 20 APRILE

21 APRILE - 20 MAGGIO

21 MAGGIO - 21 GIUGNO

22 GIUGNO - 22 LUGLIO

Ariete

Toro

Gemelli

Cancro

Questo mese avrete una svolta economica potente e, senza sforzo alcuno, vi ritroverete con soldi a palate da spendere e spandere... Anzi no, non è vero. Non ci sarà niente di tutto ciò, ma è davvero triste? Le vostre mani, i sorrisi, le parole saranno ancora lì pronte a farvi invadere il mondo di ciò che siete: di questo sono sicuro, ed è solo su questo che dovete fondare tutte le vostre speranze ogni giorno.

Dopo aver passato mesi alla ricerca di assorbire di tutto, della quantità, è il momento di fermarvi e assecondare un solo tra gli istinti che in ogni giorno vi fanno dire sì alla vita. Concentratevi su una cosa e fatela, a livello lavorativo o personale, in modo splendido. E finita quella, fermatevi, ammiratela e passate alla prossima, dimenticate il multitasking esistenziale che il mondo sta cercando di propinarvi.

Credo proprio che questo periodo così intenso, questo timore generalizzato per il futuro, abbiano lasciato a tutti noi un senso di affetto e infantile avvicinamento alle piccole banalità della vita che in altri periodi ci sono sembrate scontate. La vostra salvezza passerà dai raggi di sole al mattino, da un cucchiaio infilato nel cioccolato, è il momento di stare all'erta e trarre dalle piccolezze del mondo la vostra linfa vitale.

A marzo il vostro mondo è stato stravolto, siete poi tornati a respirare e ad una silente normalità in estate, per ritrovarvi ora a fare di nuovo i conti con una realtà capovolta. Quale miglior momento di questo, Cancro, per fare i conti con le vostri costanti del mondo in un mondo esponenzialmente variabile? A cosa o chi vi afferrate quando la bussola della vostra realtà gira a vuoto senza trovare il nord?

23 LUGLIO - 23 AGOSTO

24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE

23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE

23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE

Leone

Vergine

Bilancia

Scorpione

Quand è stata l'ultima volta che avete cambiato idea drasticamente su qualcosa? Sovvertendo così un sistema che tra le vostre convinzioni lavorava in modo univoco da anni? Io, ad esempio, non lo ricordo nemmeno. Ma sono sicuro che stravolgere una vostra visione del mondo sia la chiave per sbloccare anche i vostri maggiori problemi con alcune persone o alcuni lati di voi che vi stanno frenando dall'essere compiuti e sereni.

Roald Amudsen è stato uno dei più grandi esploratori del Polo Nord, esperto di terre inospitali e prive di alcuna condizione adatta alla vita. La voglia di uomini come lui di sbirciare oltre i confini del mondo è affascinante e inquietante. Reggetevi forte, che il brivido dell'inesplorato vi travolgerà a breve con tutta la sua carica, e come una grande avventura, alla fine sarà tutto un vostro meraviglioso racconto.

Sento che l'acume e il desiderio di storie sono molto potenti in questo momento per voi Bilancia, sfruttate questa fame e cercate i racconti del mondo e le storie nascoste di donne e uomini vicini a voi. Siate portavoci di relazioni e di intrecci di vite, gridate al mondo le storie persone simili a voi in attesa di un giorno migliore. E chissà, tra queste storie, potrete trovare quella che sarà per sempre la vostra preferita.

Avete ancora dei sogni? Non parlo dei sogni notturni, parlo delle aspirazioni tenute per la vulgata "nel cassetto", avete ancora quel qualcosa che pensate presto o tardi potrebbe assorbire tutte le vostre energie per essere realizzato o avete chiuso quel cassetto per sempre? Fateci una pensata, Scorpione, che il mondo pazzo degli ultimi tempi ha fatto anche entrare dell'aria buona, delle ventate di possibilità.

23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE

22 DICEMBRE - 20 GENNAIO

21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO

20 FEBBRAIO - 20 MARZO

Sagittario

Capricorno

Acquario

Pesci

Il piccolo motto del fondatore degli Scout Baden Powell deve essere la guida per il vostro futuro prossimo, avete compiti grandiosi: "lasciate il mondo un posto migliore di come l'avete trovato". Ma non solo! Potete fare ben di più, il vostro compito da qui all'infinito (per quel che mi riguarda) è essere così splendidi da cercare di "lasciare le persone migliori di quando le avete conosciute", instillando la parte migliore di voi.

Da questo mese dovete vivere con scolpita in testa e nel cuore una semplice frase, che dalle radici della vostra esistenza è capace di far crescere un'energia in grado di tenervi al sicuro e in pace in ogni momento: "Qualsiasi cosa accada, malgrado tutto, questa energia vi salverà al momento giusto". E d'ora in poi, nei momenti più duri, questa energia, che avete dentro di voi, ad un certo punto arriverà a trarvi sempre in salvo.

Per molto tempo siete stati a combattere e stringere i denti nei momenti di tensione per poi rasserenarvi e rilassarvi in pace col mondo quando tutto sembrava parlare la vostra lingua. Non è così, Acquario, la vera vita non è quella dei momenti felici e confortevoli, la vera vita sarà il frutto di quando imparerete a combattere rimanendo comunque integri e in pace con voi stessi. Siete marinai di un mare in tempesta, non di un mare piatto.

Se un senso d'incompiutezza vi pervade vi consiglio un'operazione geologica nel vostro proprio passato. Organizzate un incontro una persona appartenuta agli anni dei vostri ricordi da bambino, e chiedete di parlarvi di voi e magari di qualche aneddoto che ricordate in un certo modo: incrociare i racconti vi stravolgerà e vi darà un senso si consapevolezza perfetto per rigettarsi sull'uscio del mondo a testa alta.


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novembre 2020

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VERONAFIERE

Nuovo stop per gli eventi in presenza In seguito al Dpcm di domenica 25 ottobre, Veronafiere annulla gli appuntamenti fisici in programma a novembre. «Si lavora sulle piattaforme online per eventi 100% digitali», spiega il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani.

Il Dpcm emanato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nella giornata di domenica 25 ottobre sancisce la cessazione di ogni attività fieristica in presenza, dopo quella di convegni e congressi, fino al 24 novembre. Un percorso a ostacoli, quello che attende eventi, congressi e spettacoli, nelle prossime settimane. «La decisione di impedire lo svolgimento delle rassegne nazionali e internazionali piomba come un macigno su un settore già molto penalizzato – evidenzia Maurizio Danese, presidente di Veronafiere. – Molti quartieri avevano già iniziato gli allestimenti per le manifestazioni che si sareb-

bero dovute tenere a breve». Tra queste anche Fieracavalli, progettata dal 5 all’8 e dal 13 al 15 novembre. L’appuntamento si trasforma: tra il 5 e l’8 novembre, sul sito web e sui canali social ufficiali, verrà trasmessa una parte dei contenuti della fiera fisica.

lità di ripresa per il nostro settore e per quelli che hanno nelle nostre rassegne un punto di riferimento importante per il loro business. Non ultima, Fieracavalli che ha, inoltre, uno specifico calendario di allestimenti, oltre a quello di eventi sportivi di richiamo internazionale».

Sottolinea Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere: «In questi mesi ci siamo preparati sia per affrontare in assoluta sicurezza tutti gli eventi, tenuto conto che i quartieri offrono già grandi spazi e alti standard, sia per integrare l’evento fisico con quello digitale. Fermare in Italia le attività fisiche significa rallentare ulteriormente le possibi-

«La nostra attività – prosegue Mantovani – diventa digitale al 100% per le iniziative Wine2Wine exhibition, OperaWine, wine2wine business forum e B/Open, in programma dal 21 al 24 novembre, mentre Job&Orienta (25/27 novembre), la mostra convegno dedicata a scuola, formazione e lavoro, era stata già programmata solo in modalità online». DI CECILIA BAY

©Veronafiere_FotoEnnevi

©Veronafiere_FotoEnnevi


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S PE T TACO L I & EVE N T I

novembre 2020

JOB&ORIENTA 2020

L’orientamento si fa digitale Torna in versione virtuale, dal 25 al 27 novembre, Job&Orienta, il salone nazionale di orientamento, scuola, formazione e lavoro. Un ricco palinsesto di tre giorni con eventi in streaming, webinar e seminari, hackathon, premiazioni delle migliori esperienze visibili a tutti tramite il sito e i canali social della manifestazione e una mappa interattiva degli espositori.

IL TUO EVENTO IN DIRETTA Servizio di diretta LIVE per ogni tipo di evento (matrimonio, battesimo, funerale, compleanno,...) Dal sito di JOB&Orienta


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RIPARTIAMO…

CON I NOSTRI VIAGGI IN PULLMAN!! In un momento così delicato, non vogliamo rinunciare a far viaggiare i nostri clienti, eccoci quindi impegnati in un progetto che permette a tutti di continuare a scoprire il nostro bellissimo paese in sicurezza e con il supporto di accompagnatori qualificati. Parti insieme a noi per un week end o una gita fuori porta a bordo di confortevoli pullman granturismo, ecco alcune delle nostre strepitose proposte:

TREVISO E PRANZO DI PESCE A LIGNANO Partenza 22 novembre da Verona – Casello Vr Sud Arrivo a Treviso e visita guidata della città attraverso le vie del centro storico. Proseguimento per Lignano per il pranzo a base di pesce, nel pomeriggio tempo a disposizione per una passeggiata nel centro e nel lungomare della bellissima cittadina di Lignano Sabbiadoro. QUOTA A PERSONA € 75,00 La quota include: viaggio in pullman granturismo, visita guidata di Treviso, pranzo a base di pesce con bevande comprese.

GRAZZANO VISCONTI

Partenze 29 novembre – 7 dicembre – 20 dicembre da Verona – Casello Vr Sud Arrivo a Grazzano Visconti, incontro con la guida e mattinata dedicata

alla scoperta dell’affascinante borgo medievale. Pranzo libero e pomeriggio a disposizione per la visita del mercatino, dove artisti e artigiani propongono oggetti realizzati a mano. QUOTA A PERSONA € 45,00 La quota include: viaggio in pullman granturismo, visita guidata della città.

MERCATINI UMBRIA

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NATALE

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Dal 19 al 20 dicembre - 2 giorni / 1 notte Arrivo a Gubbio, splendido borgo medievale. Pranzo in ristorante, nel pomeriggio visita guidata della città, al termine tempo libero per passeggiare tra le bancarelle del mercatino di Natale. Nel tardo pomeriggio si potrà ammirare l’albero di Natale più grande del mondo. In serata arrivo a Perugia, sistemazione in hotel, cena e pernottamento. Dopo colazione, visita guidata del centro storico della città e del mercatino di Natale alla Rocca, considerato uno dei più suggestivi d’Italia. Pranzo libero, rientro in serata. QUOTA A PERSONA € 190,00 La quota include: viaggio in pullman granturismo, sistemazione in hotel 3 stelle in camera doppia, visite e pasti come da programma.

NAPOLI E LUCI D’ARTISTA A SALERNO Dal 30 dicembre al 02 gennaio 2021 – 4 giorni/3 notti Cenone di Capodanno incluso!

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“…Non smetteremo di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta.” (T. S. Eliot) Arrivo a Caserta nel pomeriggio e visita del complesso monumentale Belvedere di San Leucio. Arrivo a Napoli in serata. Il secondo giorno intera giornata dedicata alla visita panoramica della città. Pranzo in una pizzeria tipica. Rientro in hotel per il cenone e i festeggiamenti di Capodanno. Il terzo giorno partenza per Salerno con visita del centro storico e del Castello Arechi dalle cui terrazze si potrà godere di un suggestivo panorama dell’incantevole Costiera Amalfitana. Dopo pranzo, si passeggerà tra le strade, le piazze e il lungomare di Salerno ammirando le “Luci d’Artista”, vere opere d’arte capaci di creare un’atmosfera fantastica. L’ultimo giorno si andrà alla scoperta del Miglio Sacro, un itinerario lungo un miglio alla scoperta dei tesori del Rione Sanità a Napoli, un quartiere nel cuore della città dove hanno abitato i popoli del sud! Rientro in serata con sosta durante il viaggio per il pranzo. QUOTA A PERSONA € 620.00 La quota include: viaggio in pullman granturismo, sistemazione in hotel 4*, trattamento di pensione completa con le bevande, visite guidate come da programma, e cenone di capodanno in hotel.

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S PE T TACO L I & EVE N T I

novembre 2020

ACCADEMIA D’ARTE CIRCENSE

Il Circo dei Ragazzi Straordinari Da sabato 28 novembre a martedì 8 dicembre torna all’Accademia d’Arte Circense di Verona la terza edizione de “Il Circo dei Ragazzi Straordinari”: protagonisti gli allievi dell’Accademia e le loro performances, in uno spettacolo tutto dedicato alle famiglie.

Forte del successo riscontrato nelle precedenti edizioni, “Il Circo dei Ragazzi Straordinari” si tiene sabato 28 e domenica 29 novembre e da sabato 5 a martedì 8 dicembre. In scena, in uno spettacolo tutto nuovo, i più talentuosi ragazzi allievi dell’Accademia d’Arte Circense e le loro performances artistiche. In programma due rappresentazioni per ogni giornata, la prima alle 15.30 e la seconda alle 17.30, dalla durata di un’ora ciascuno, senza intervallo per evitare affollamenti al bar e negli spazi comuni. Nel rispetto delle vigenti normative sanitarie sono disponibili 200 posti, garantendo il distanziamento tra un nucleo familiare e l’altro: «Penso – dichiara a questo proposito Andrea Togni, direttore dell’Accademia d’Arte Circense – che, in uno spettacolo dedicato alle famiglie, queste debbano stare insieme a guardarlo».

Prosegue Togni: «È uno spettacolo pensato per incentivare i ragazzi alla scoperta del proprio talento, al sacrificio necessario a raggiungere i propri obbiettivi, per far sì che possano realizzarsi nella vita. Rimane lo stesso filo conduttore delle passate edizioni, con me stesso nelle vesti di un direttore eccentrico e l’istruttore Cesare Lacesar che fa la parte del comico». «Con nuove e stimolanti attrazioni, ci aspettiamo un grandissimo successo di pubblico. La prevendita è aperta presso l’Accademia del Circo a partire dal 4 novembre, con diverse scontistiche che verranno proposte sulla nostra pagina Facebook», conclude Togni.


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novembre 2020

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insieme per raccontare Verona Osserva, raccoglie, interpreta, disegna. Seguendo scrupolosamente questi passaggi, come una formula magica, crea una realtà parallela, tutta sua, che racconta il mondo nel modo in cui lo colgono i suoi occhi. Espen è il suo cognome, ma anche il suo nome d’arte, e tutti lo conoscono così. Illustratore e grafico, Giorgio Espen è nato a Bussolengo, da padre e madre pittori: una vocazione di famiglia, quella per i colori e il disegno. Oltre ad aver lavorato in agenzie di comunicazione e pubblicitarie nei ruoli di art director e graphic designer, da anni si fa ispirare dalle bellezze del suo territorio, Verona, realizzando fumetti che narrano luoghi, persone, attimi. Un occhio attento alle storie locali: è proprio questo filo rosso “del destino”, per citare l’omonima leggenda orientale, che ha avvicinato Espen a Pantheon, l’unico mensile cartaceo di Verona, che dal 2008 osserva, raccoglie e condivide le storie del territorio e le peculiarità che contribuiscono a definirne l’identità e darne un valore aggiunto. Obiettivo, unire alla penna di chi racconta con sensibilità il tratto di chi guarda e percepisce qualcosa di diverso, di unico. A tratteggiare il profilo dell’illustratore è proprio lui, Espen, che ai nostri microfoni ha ricordato le origini del suo amore per le matite, i colori e i fogli di carta, e la strada percorsa per perfezionare le tecniche, affinare lo stile e affermarsi come professionista.


Giorgio, partiamo dall’inizio: perché ti sei appassionato al disegno? «Ho sempre disegnato, fin da piccolo. La mia maestra delle elementari - che oggi ha più di 90 anni - ha ancora le mie “opere” e le ricorda con affetto. Lo stile era rudimentale, “fai da te”: anche i miei compagni di classe disegnavano, però sono l’unico che ha continuato senza mai mollare. Penso di essere stato influenzato anche, in parte, da mio padre, che collezionava i Topolini e lavorava alla Mondadori: però credo che sia una passione che si ha dentro e deve essere risvegliata. L’importante non è essere “il più bravo”, ci sono molti artisti più bravi di me: quello che veramente conta è non smettere, continuare a insistere, perché solo così si possono aprire delle porte». Oltre all’impegno costante, quali sono i segreti per affinare le tecniche e migliore il proprio stile? «Sicuramente, guardare tanto e copiare, copiare, copiare. Io ho fatto così, ho sempre osservato molto, soprattutto le tecniche degli altri illustratori, cercando di cogliere tutto quello che si può. Il miglior modo per imparare a disegnare è studiare sotto l’ala di un importante maestro; ci sono anche le scuole di fumetto, è vero, ma non è la stessa cosa. Lo stile poi vien da sé e dipende molto da come uno si sente: le tecniche sono molte, manga, figurativo, astratto, si può scegliere tra un’ampia varietà. Il disegno, è sempre disegno: devi osservare qualcosa e cercare di riprodurlo».

Cosa bisogna fare per diventare illustratori professionisti? Quali sono i consigli di Espen ai giovani che vogliono intraprendere questa strada? «Disegnare il più possibile e, ribadisco, copiare: a scuola ci dicono di non farlo, invece nel disegno copiare le tavole degli artisti che ci appassionano e analizzare come sono state fatte è davvero utile. Bisogna, innanzitutto, cercare di risalire agli schemi di base, allo schizzo in matita (su YouTube si trovano moltissimi tutorial) e studiarne i passaggi, anche sfruttando i lucidi. Prendiamo in considerazione, per esempio, Moebius: è un disegnatore francese, per certi versi, unico, che si contraddistingue per uno stile futurista e dai colori sgargianti. Il disegno in bianco e nero di Moebius è fatto tutto a trattini: analizzare tecniche così particolari, e provare a riprodurle, è molto più proficuo che limitarsi a disegnare senza seguire alcun criterio. L’invito è quello di soffermarsi, di andare in profondità: penso sia questa la via giusta per trovare il proprio metodo. Per concludere, voglio salutare tutti i lettori di Pantheon, che per dieci numeri saranno accompagnati, oltre che dalle storie del territorio, anche dalle mie tavole. Spero possano essere motivo d’ispirazione».

DI SAMANTHA DE BORTOLI


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Il mondo della moda raccontato da Valentina Bìssoli Valentina Bìssoli, di origine veronese, modella e testimonial di Yamamay e Lamborghini, racconta come ha aff rontato e sta aff rontando questo periodo di emergenza sanitaria. Scrive inoltre per il blog “Lux Gallery”, dove racconta di moda a 360°.

Valentina Bìssoli, modella di origine veronese, con la sua bellezza mediterranea ha conquistato numerose passerelle internazionali. Da molti accostata a Monica Bellucci, nel 2019 è stata testimonial della campagna “Sexy Innovation” di Yamamay e ha partecipato come guest ai Grammy Awards a Los Angeles, sfilando insieme alle star più importanti della musica internazionale come Katy Perry, Dua Lipa, Rita Ora e Bebe Rexha. L’ultimo progetto, proprio in periodo Covid, è stata una collaborazione con la Lamborghini Aventador: a girare il cortometraggio Stefano Guindani, fotografo professionista specializzato in reportages, celebrities e moda internazionale. Racconta Valentina: «Interpretavo una donna sogno a fianco di quest’automobile, una scena molto divertente tra sogno e realtà, in un connubio tra me e la Lamborghini». Anche il settore della moda ha risentito delle conseguenze dell’emergenza sanitaria in atto. «Nel mio lavoro – spiega la modella – sono sempre all’interno di un team di numerose persone, tra i truccatori, gli hairstylist, i fotografi, i tecnici delle luci. In questa situazione anche i casting sono stati ridotti quando non completamente eliminati, così come i viaggi e gli spostamenti». Tra gli altri progetti quello in occasione della Milano Fashion Week: «In accordo con la Camera Nazionale della Moda Italiana, ho partecipato ad un webinar con alcuni avvocati». A tema la mancata tutela

dei modelli in questo periodo di Covid: «Tanti di loro, a fronte di questo periodo di crisi, hanno dovuto trovare altri lavori. Io, oltre alla professione di modella, mi occupo anche di un blog e ho la possibilità di avere un’alternativa. Al contrario ci sono colleghi che ormai non stanno lavorando da mesi». La modella veronese fa dunque un bilancio sul mondo della moda e sulla professione che ha scelto: «Dall’esterno quest’ambiente può sembrare finto, tutto lustrini e paillette e poca sostanza. Chi lo vive dall’interno sa che è un lavoro vero e proprio, dove si fanno tanti sacrifici e dove bisogna essere sempre fisicamente in forma. A questo proposito – precisa Valentina – ci tenevo a ringraziare, visto che è anche lei di Verona, colei che si occupa del mio corpo attraverso dei trattamenti e della mia forma fisica, Lucia Cherubini».


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«C’è tutto un lavoro di preparazione, tra trattamenti e sport: è una professione che richiede disciplina, costanza e determinazione. Inoltre, bisogna combattere contro una competizione quotidiana e piacere alla persona che si ha di fronte: è un insieme di fattori a caratterizzare il successo di una modella, tra cui anche circostanze, fortuna e destino».

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Valentina tiene anche a lanciare un messaggio ai lettori: «Le modelle sono persone come tutte le altre, con un mondo e un universo da scoprire. Non soffermatevi solo su ciò che si vede, ma andate oltre e valutatele con uno sguardo più ampio: oltre lo stereotipo del bel fisico e della perfezione estetica, date spazio alla personalità, al carisma, al carattere e a tutto quello che costituisce la bellezza di una donna e la sua femminilità».


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DA BACH A FREDDIE MERCURY

«Abbiamo bisogno di musica per essere più speranzosi verso il futuro» Cosimo Panozzo, tenore e docente di canto lirico solistico, allievo di Raul Gimenez e Luciano Pavarotti, il 23 settembre ad Amburgo si è esibito in un concerto dal titolo “Da Bach a Freddie Mercury”. Alla redazione di Pantheon Spettacolo&Eventi ha raccontato attraverso i suoi occhi questa originale impresa.

È un concerto nato come inaugurazione, quello che si è tenuto lo scorso 23 settembre nella Kleine Michael Kirche di Amburgo. Precisamente l’inaugurazione dell’organo dedicato a Detlev Louis, storica azienda tedesca. «Solitamente l’inaugurazione di un organo viene fatta con il repertorio adatto allo strumento – spiega Panozzo – per cui un repertorio classico. In questo caso però ci è stato chiesto di utilizzare un repertorio che partisse dal classico, da Bach – il padre della musica classica – fino ad uno più moderno, con Freddie Mercury, “il papà del rock”». Durante il concerto, spiega il tenore, «l’emozione è stata grande: con un team di musicisti ed esecutori ita-

liani, volevamo far vedere cos’era l’Italia nel mondo. Ci siamo emozionati anche per il repertorio “spavaldo” e per gli arrangiamenti “particolari” che abbiamo realizzato, per pianoforte, violino e voce».

altri problemi, investire in un momento di gioia musicale – che unisce le persone e dà speranza – può essere un bellissimo messaggio da portare avanti, utile all’interno di qualsiasi sistema aziendale».

Nel team, oltre al tenore, all’organo il veronese Marcello Rossi Corradini, il pianista Luca Rasca, al violino Roberto Noferini e il direttore musicale Manolo Cagnin, di origini venete. La produzione esecutiva è a cura di Jutta Armstark, della CPA GmbH di Vienna.

Non mancano i progetti futuri: un progetto con Mozart accompagnato al jazz, uno dedicato ad Hollywood e un altro ai più bei repertori italiani. Con una certezza: che oggi più che mai «c’è bisogno di musica live e dell’emozione unica che si crea», commenta Panozzo.

A sostenere il progetto la famiglia tedesca Detlev Louis, operante nel settore motociclistico. Commenta Panozzo: «Desidero ricordare questo aspetto perché in un momento difficile, in cui le aziende hanno ben

«Pur essendo un periodo difficile il pubblico ha fame di musica live e dobbiamo farlo sapere a tutti, perché abbiamo bisogno di musica per essere più speranzosi per il futuro», conclude il tenore Cosimo Panozzo. DI CECILIA BAY

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