Pantheon 117

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EDIZIONE DICEMBRE-GENNAIO 2020

ANNO 12 - NUMERO 11

IN COPERTINA Il ritratto della famiglia Gottardi

NUMERO CENTODICIASSETTE

VENIRE AL MONDO

Tra le mura di casa

ALLENARE LA FANTASIA

Con i giocattoli ecologici

IN TREDICI SOTTO L'ALBERO

All'interno

Speciale Natale


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DICEMBRE-GENNAIO 2020

DI MATTEO

SCOLARI

EDITORIALE

Sarà comunque Natale. È vero, l’atmosfera non sarà la stessa, le luci per strada non saranno le stesse, i volti delle persone, i profumi, i pensieri nella giornata più importante dell’anno non saranno gli stessi. Troppo duro, aspro e doloroso questo 2020 che sta per volgere al termine e che ci ha colti tutti di sorpresa. In poco meno di dodici mesi il mondo è cambiato, lo sappiamo. Lo vediamo. Lo sentiamo. Ciò che sembrava impossibile, purtroppo, è accaduto.

zione – che sia in ambito imprenditoriale, scolastico, famigliare, lavorativo, affettivo – oppure, come abbiamo capito, la pandemia farà il resto. Siamo stati travolti dall’emergenza Coronavirus, ma non abbattuti. Fanno sperare le buone notizie arrivate nelle ultime settimane che parlano di vaccini in fase di sperimentazione avanzata e che sarebbero già molto efficaci secondo i test effettuati in laboratorio. Ci auguriamo tutti che una nuova normalità possa passare anche da lì, dalla tranquillità di avere una risposta al problema sanitario. Nel frattempo, però, dobbiamo ricostruire ciò che è stato segnato, in alcuni casi cancellato dal Covid-19. In che modo? Chiedendo, domandando, incontrando, ascoltando, rispettandoci e mettendoci a disposizione. Con umiltà. Pensando che ognuno di noi può e deve avere un ruolo attivo nella società, contribuendo anche nelle minime cose, nei piccoli gesti quotidiani, a ridisegnare quello che molti letterati definiscono un nuovo Umanesimo. Io ci credo.

Noi siamo ancora qui però, e abbiamo l’obbligo e la responsabilità morale di guardare avanti, di pensare al futuro, di voltare pagina. Certo, non sarà facile, come possiamo immaginare gli strascichi di questa doppia onda pandemica – non ancora terminata - si trascineranno a lungo e ci costringeranno a mettere in discussione molte delle nostre abitudini e dei nostri schemi di vita. Modelli economici saltati, certezze svanite, abbracci mancati. Ci dobbiamo riorganizzare, in alcuni casi proprio reinventare.

Buon Natale, perché Natale sarà.

Dalle righe di questo spazio editoriale, in 117 edizioni del giornale, è capitato più volte che abbia richiamato la necessità di ripensare, tutti assieme, a nuovi paradigmi sociali, invitando a riflettere sul quel senso di autentico di comunità che abbiamo perso nel tempo e che potrebbe essere, invece, il punto di avvio di una nuova ripartenza. La solidarietà tra le persone, la mano tesa verso gli altri, la generosità nel concedere anche solo un sorriso fanno parte dell’essere cristiani, e quest’anno più che mai è il momento di ricordarcelo. So che ad alcuni di voi verrà da sorridere leggendo queste parole, ma non c’è alternativa. O decidiamo di rimetterci in discussione l’uno per l’altro, pensando a quello che in rete potremmo proporre come solu-

«SENZA RINASCITA NIENTE È DEL TUTTO VIVO»

matteo.scolari@veronanetwork.it @ScolariMatteo

MARIA ZAMBRANO

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REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI VERONA N.1792 DEL 5/4/2008 - NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 27/11/2020

Indice 35

SPECIALE

6

IN COPERTINA

8

VENIRE AL MONDO TRA LE MURA DI CASA

50

FORZA

14

LA STARTUP DEI GIOCATTOLI ECOLOGICI

52

FIORE

18

FEVOSS, INSIEME SI PUÒ

54

VERONA

22

DALLA PARTE DEI PIÙ FRAGILI 56

PILLOLE

24 28 30

NATALE

IL RITRATTO DELLA FAMIGLIA GOTTARDI PARTORIRE IN CASA, L'APPELLO ALLA REGIONE

QUEST'ANNO IL NALTALE È "FAI DA TE"

UN IMPEGNO ATTIVO DAL 1987

UN RIFUGIO PER CHI VIVE IN STRADA

BELLEZZA

DELL'ARTE

ANTICA

DI MAMMA

NON CHIAMATELO SMARTWORKING RIADATTARSI IN TEMPO DI PANDEMIA

FEDELE AL MARMO E ALLA VALPANTENA INTERVISTA A CALISTO MARCOLINI

60 62

ILLUSTRARE I SOGNI

INTERVISTA AD ALESSANDRO SANNA

67

32

CASA GABANEL

48

SU PER I MONTI IN GRAZIELLA

L'OSTELLO SOCIALE PER I CICLOTURISTI (E NON SOLO) speciale

L'ATLETA FRANCO CACCIATORI SI RACCONTA

IL MONDO DEI

MOTORI

ISPIRAZIONI

MUSICALI IN CUCINA

CON NICOLE

PANTHEON SPETTACOLI & EVENTI

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REDAZIONE E COLLABORATORI ERRORI O SEGNALAZIONI: WHATSAPP 320 9346052 - REDAZIONE@VERONANETWORK.IT

DIRETTORE RESPONSABILE MATTEO SCOLARI CURATORE EDITORIALE SAMANTHA DE BORTOLI

Nel numero di novembre 2020, Pantheon 116, a pagina 16 è stato scritto in riferimento al Progetto S.P.A.: «Si tratta di una rivisitazione più strutturata del già esistente progetto Convivio». Su questo punto è necessaria una precisazione: il progetto S.P.A. è un’iniziativa offerta ai pazienti e agli accompagnatori afferenti al Day Service di Oncologia di Borgo Roma, in aggiunta al servizio offerto da Progetto Convivio. Il Progetto Convivio, inoltre, non è stato in alcun modo sostituito dal Progetto S.P.A.: entrambi continuano il loro percorso all’interno dell’ospedale.

REDAZIONE MATTEO SCOLARI, GIORGIA PRETI, ALESSANDRO BONFANTE, SAMANTHA DE BORTOLI, CAMILLA FACCINI HANNO COLLABORATO AL NUMERO DI DICEMBRE-GENNAIO 2020 SARA AVESANI, CARLO BATTISTELLA, MATTEO BELLAMOLI, MARTA BICEGO, CHIARA BONI, DANIELA CAVALLO, VALENTINA CERIANI, MAREVA DE FRENZA, EMILIANO GALATI, IMPACTSCOOL, MATTEO LERCO, ALICE MARTINI, MARCO MENINI, SALMON MAGAZINE, DAVIDE PERETTI, ERIKA PRANDI, NICOLE SCEVAROLI, ALESSANDRA SCOLARI, INGRID SOMMACAMPAGNA, TOMMASO STANIZZI, GIULIA ZAMPIERI, MARCO ZANONI. PROGETTO GRAFICO ED EDITORIALE SPECIALE NATALE CAMILLA FACCINI, GIACOMO GOTTARDI PROGETTO GRAFICO ED EDITORIALE SPECIALE SPETTACOLI CECILIA BAY, GIACOMO GOTTARDI ILLUSTRAZIONI PAOLA SPOLON SOCIETÀ EDITRICE INFOVAL S.R.L. REDAZIONE VIA TORRICELLI, 37 (ZAI-VERONA) - P.IVA: 03755460239 - TEL. 045.8650746 - FAX. 045.8762601 MAIL: REDAZIONE@VERONANETWORK.IT - WEB: WWW.VERONANETWORK.IT FACEBOOK: /PANTHEONVERONANETWORK - TWITTER: @PANTHEONVERONA - INSTAGRAM: PANTHEONMAGAZINE UFFICIO COMMERCIALE: 045 8650746

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IN COPERTINA IL RITRATTO DELLA FAMIGLIA GOTTARDI

UN EQUILIBRIO POSSIBILE Il 2020 si accinge a chiudersi: un anno burrascoso, in cui abbiamo dovuto ripensare a tutto, a riorganizzare la nostra vita, a rivedere le nostre abitudini, a prepararci per affrontare nuove paure. C’è chi ha dovuto ricalibrare tutto questo moltiplicandolo per undici e non si è perso d’animo, anzi, ha trovato la forza per lanciare un messaggio chiaro e sincero di speranza: la famiglia Gottardi. È faticoso trovare un equilibrio. Ma non è impossibile.

N

on due. Non quattro. Undici. O meglio, undici più due, tra figli e genitori, ma ci sono anche altri membri speciali. Questa è la storia di una famiglia numerosa, ma non come le altre. Però, anche se siamo partiti dai numeri, è bene precisare che in realtà i numeri poco contano ai fini della storia: «se ti metti a fare i calcoli, è una follia. Chi potrebbe mai sentirsi in grado di provvedere a undici figli?» ci dicono Stefano e Chiara. Sono loro che, durante una lunga e calorosa chiacchierata al telefono, ci accompagnano in una riflessione sul significato profondo della vita, dei suoi valori, dell’amore. Un dialogo, quello con la famiglia Gottardi, da cui è emersa una sensibilità corroborante, un messaggio dolce e deciso allo stesso tempo. Per questo ci è parso uno sprono giusto con cui iniziare questo doppio numero del giornale, un boost per questo 2020, che ci fa barcollare e sentire, talvolta, paralizzati, in attesa di un tempo migliore che verrà.

DI SAMANTHA DE BORTOLI

Un passo alla volta. Abbiamo voluto iniziare dai numeri perché, si sa, il tasso di natalità in Italia è fra i più bassi al mondo, e parlare di una famiglia con undici figli non è cosa da tutti i giorni: secondo i dati Istat, al 1° gennaio 2020 il calo demografico attestato, rispetto al 2019, è di 116mila italiani in meno. Per ogni 100 cittadini che vengono a mancare, sono solo 67 i nuovi nati. Eppure, il dato delle fa6

miglie numerose, ovvero quelle con almeno quattro figli, mutuando la definizione proposta dall’Associazione Nazionale Famiglie Numerose, nel nostro Paese è cospicuo: nel 2018, erano 190mila; se si considerano anche quelle con tre figli se ne aggiungono altre 720mila, e si arriva così a toccare il milione. Ma ora stop, voltiamo pagina: l’intervista comincia. Stefano, Chiara: partiamo con una fotografia dei membri della vostra famiglia. Oltre a me e a mia moglie Chiara, ci sono le due figlie più grandi, Giulia e Lucia, entrambe sposate, Giacomo, Noemi, Giovanni, Rachele, Pietro, Paolo, Cecilia, Sofia e Caterina. Giulia ha già dato alla luce un nipotino e ora è in dolce attesa del suo secondo bimbo; Lucia invece si è sposata a settembre, nel breve arco temporale in cui era di nuovo possibile celebrare i matrimoni, appena superata la prima fase dell’emergenza sanitaria. Io e Chiara, invece, abbiamo celebrato il nostro matrimonio 28 anni fa. Naturalmente le nostre due figlie più grandi vivono con i loro mariti, mentre vivono assieme a noi tutti gli altri figli e, da febbraio, appena iniziata la pandemia, si sono trasferiti qui anche i miei suoceri, di 84 e 75 anni. Non dimenticare il cagnolino - aggiunge Chiara -. A causa del lockdown, siccome non potevamo portarlo a fare le sue solite passeggiate,


gli si è infiammata una gamba: anche lui ha sofferto per la chiusura (ride). A parte gli scherzi, vorrei riportare un dato - prosegue Stefano - relativo alle famiglie numerose: a Verona e provincia sono 116 quelle con almeno quattro figli. Non siamo gli unici, quindi, a essere in tanti. Eppure, al giorno d’oggi, reca sempre un certo stupore quando si sente parlare di nuclei familiari così importanti. La vostra è stata una scelta pianificata? Cosa vi ha portati a decidere di intraprendere questo percorso? Sia io sia Chiara non proveniamo da famiglie numerose e non abbiamo seguito alcuno schema: ci siamo resi disponibili e aperti alla vita. L’ossatura che ci ha portati ad arrivare fin qui è la fede in Dio, che ci ha fatto intraprendere questa avventura nel momento in cui ci siamo messi nelle sue mani. Ci rendiamo conto che non è una scelta facilmente comprensibile, se si toglie di mezzo il vero protagonista di questa storia. Ma la verità è che è stato lui a darci il coraggio e che ha benedetto il nostro percorso, nonostante gli errori, le esitazioni, i limiti. Avere tanti figli, nel mondo contemporaneo, appare come un atto spregiudicato, che ci rende “anticonformisti” a occhi esterni. Quello che facciamo noi, è coniugare in famiglia, sotto lo stesso tetto, i valori che la società tiene separati: l’unico modo per riuscire a organizzarsi è venirsi incontro, abituarsi a condividere, abbassare le pretese.

Parliamo proprio di organizzazione: come riuscirci? Chiariamoci, non è semplice. I litigi per gli spazi, per i capi di abbigliamento e per la disponibilità del padre e della madre sono all’ordine del giorno, ed è giusto che sia così: non è praticabile il concetto del “vogliamoci bene a tutti i costi”. Pensiamo che essere in tanti sia davvero un’occasione, una palestra per i nostri ragazzi per entrare nella società e affrontare tutte le sfide che si presentano lì fuori. È una sorta di allenamento, che ti consente di superare le difficoltà trovando più agilmente gli strumenti giusti per bypassare gli scontri cui siamo sottoposti quotidianamente. Passiamo agli esempi concreti - aggiunge Chiara - su come riuscire a gestire le attività di casa. Noi cerchiamo di responsabilizzare i figli e di insegnare loro a essere autonomi, di non dipendere troppo dalla mamma e dal papà, dando una mano ad apparecchiare la tavola, liberare la lavastoviglie, tenere in ordine. Devo dire che, imitando i più grandi, i piccoli si sentono trascinati e lo fanno da sé. Poi succede che i figli maggiori ne approfittino (ride). Devo dire che il problema maggiore sono i calzini: ogni giorno sono almeno 22, senza contare lo sport. Ed economicamente, come si amministra tutto questo? Naturalmente pianifichiamo sempre un budget, ma non viene mai rispettato. È dura ge-

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stire la spesa, per esempio, ma con un po’ di allenamento si impara a programmare tutto in grande e per tempo. Ma torniamo ancora al protagonista della storia, Dio: non ci ha mai fatto mancare nulla, anzi, ha sempre fatto in modo che questa reciprocità, questo darci una mano gli uni con gli altri, ci facesse arrivare tutto ciò che ci serviva. Penso al rapporto che si è creato con una signora e suo marito - spiega Chiara - che ci aiutano da 21 anni, anche se per il momento non vengono più in casa per rispettare le norme di sicurezza sanitaria. Ma in tutto questo tempo lei si recava da noi ogni martedì, lavava e preparava le verdure e cucinava anche le crepes per tutti, mentre il marito aiutava i bambini a fare i compiti. Un grande supporto ci viene dato anche da mia sorella - sottolinea Stefano - che ha sempre portato i nipoti a fare una passeggiata e a mangiare il gelato. Ci sono tante persone che ci vengono incontro: senza che tu chieda nulla, e senza rendertene conto, ti accorgi che la Provvidenza è un fatto reale, tangibile. L’emergenza sanitaria ci ha costretti a ripensare la nostra vita in termini completamente diversi: dalle relazioni sociali alle nostre abitudini individuali, dall’organizzazione degli spazi a quella del lavoro e della scuola. Come siete riusciti a spiegare ai figli a cosa stavamo andando incontro?

È stato un anno difficile, davvero: abbiamo cercato di spiegare ai figli che la situazione era seria – spiega Chiara - e che anche se il sacrificio che ci veniva chiesto era grande, era necessario farlo. Abbiamo letto i giornali e ascoltato la tv con loro, cercando di rispondere alle loro domande, che erano molto diverse viste le età. Abbiamo dovuto esercitare la pazienza per condividere sempre tutti gli spazi, ma è stato anche un momento di grande unità: paradossalmente, il coronavirus ci ha permesso di rivivere il tempo con i nostri figli in maniera più lenta, senza la frenesia di prima. Ecco, la cosa più importante per noi è stata comunicare che non c'è niente da buttare in quello che succede, perché dove sei, quello che fai, il tuo “qui e adesso” vogliono dire qualcosa di buono alla tua vita. Certo, con tanti computer accesi in ogni angolo della casa ci sono stati anche momenti surreali, si sentivano voci di studenti e professori dappertutto, ma siamo sopravvissuti (ride). Sarà un Natale diverso quest’anno? Come trascorrerete le Festività? Non dobbiamo dimenticare il significato del Natale: l'essenza del Natale è che Dio si fa carne, cioè entra nella nostra storia. Come dicevamo prima: qui e adesso. Questo è il momento dell'incontro con lui e non può cambiare: dobbiamo vivere l’avvento come un’attesa, ed è proprio questa tensione d’attesa che non dobbiamo perdere, nonostante il difficile periodo che stiamo attraversando. Certo, dovremo cambiare le nostre abitudini e festeggiare in modo diverso. Ma il messaggio, lo spirito, è lo stesso: la vita vale sempre la pena viverla, anche quando non sta andando come ti aspetti. Chiudiamo l’intervista con una domanda sul futuro e con un messaggio da lanciare ai lettori. Quali sono le speranze per il 2021? Credo che “andrà tutto bene” sia uno slogan che non serve a nulla - ammonisce Chiara l’importante è non perdere di vista le priorità: la famiglia e il restare uniti. Purtroppo ci sono molte persone angosciate dal futuro, ma è proprio in un periodo come questo che l’invito a rafforzare i legami supportandosi l’un l’altro diventa più forte, indispensabile, naturale. Noi ci auguriamo che il 2021 sia l’anno dell’abbraccio e della condivisione, che ci sia la voglia di non perdere la speranza e di trovare il coraggio per affrontare questa faticosa situazione, con la pace nel cuore. ■

Presepe della famiglia Gottardi

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UNA SCELTA (E UNA RICHIESTA) CONSAPEVOLE

VENIRE AL MONDO, FRA LE MURA DI CASA Partorire in casa non significa fare un salto indietro nel tempo, ma riappropriarsi di un evento naturale. La vedono così i genitori che promuovono il parto fra le mura domestiche. Però costa: ci si deve affidare a un’assistenza specializzata. Per questo hanno inviato un appello alla Regione Veneto.

Michela e Daniele, parto in casa di Joy Noelia

DI ALESSANDRO BONFANTE

«H

a fatto il giro del web»: espressione abusata, che però riflette la diffusione della notizia del parto in casa a Cerro Veronese, pubblicata sul nostro dailyverona.it a inizio novembre. Mamma Alice ha dato alla luce Bianca con una decina di giorni di anticipo, con l'aiuto di papà Giuseppe e l’assistenza al telefono prima di un'amica ostetrica di Bosco e poi di un operatore del 118. Migliaia i clic sulla notizia, centinaia le condivisioni e i commenti sui social. Un evento lieto, ma casuale e non programmato. C’è chi, invece, chiede che nascere in casa non sia solo una fatalità, ma possa essere una scelta consapevole. «La nascita a casa, oltre a sembrare strana e rischiosa, è poco conosciuta e valorizza10

ta. Per questo abbiamo sposato la causa promuovendo un’istanza che permetta di avvicinare questa realtà» spiegano Michela e Daniele, coppia di genitori veronesi. Insieme a Pamela e Diego hanno coinvolto altri genitori e ostetriche nell’invio alla Regione Veneto di un’istanza, per chiedere un sostegno economico a chi intraprende questo percorso, come già accade in vari Paesi europei e alcune regioni italiane. Le spese per l’assistenza di un’ostetrica a casa ricadono infatti sulle famiglie. Spese che per molte di loro rischiano di non essere accessibili. Ma perché una futura madre dovrebbe scegliere il parto in casa? «Altre donne in ospedale si sentono al sicuro – racconta Pamela –, io invece volevo ascoltare il mio corpo e partorire in un posto dove posso


rilassarmi e anche il papà è coinvolto al cento per cento. In ospedale spesso ci sono protocolli rigidi, che non discuto, ma possono limitare. L’ostetrica ti segue in modo personale e riesci a rispettare meglio i tuoi ritmi». L’Oms, d’altra parte, già nel 1996 diceva: «Una donna dovrebbe partorire nel posto in cui si sente più sicura, a suo agio, e dove siano possibili le cure appropriate. Per una donna gravida a basso rischio questo posto può essere la casa». Gravidanza a basso rischio e un ospedale a 30-40 minuti di distanza. Questi e pochi altri sono i requisiti, insieme all’assistenza di personale specializzato. «In provincia di Verona esistono almeno tre centri che si occupano di parti in casa» spiega Pamela. «Io sono stata in ospedale solo per le ecografie. L’aspetto secondo me più importante è la relazione che si costruisce con l’ostetrica. Diventa un sostegno emotivo, un punto di riferimento per tutto il percorso. Affidandomi a queste persone non ho mai sentito paura in vista del parto». Mentre Pamela ha seguito questa strada già per la primogenita Sole, Michela ha avuto sia l’esperienza dell’ospedale, con Nina, sia quella del parto in casa con Joy Noelia, in pieno lockdown. «Ci siamo sentiti più sicuri, accolti e valorizzati fra le mura domestiche» dicono Michela e Daniele. «Abbiamo scelto di credere nelle nostre capacità, nelle capacità della piccola nata e nella cura delle nostre ostetriche che per i 9 mesi precedenti ci sono state vicino fisicamente e mentalmente». Da queste esperienze è nata la richiesta alla Regione Veneto di considerare il rimborso delle spese per i parti in casa. Nel mezzo di una pandemia evitare passaggi in ospedale sembra una scelta ragionevole. Nel Veronese, poi, negli scorsi mesi le partorienti hanno anche dovuto fare i conti con la chiusura del punto nascite di Borgo Trento per il caso Citrobacter Koseri. Per ora da Venezia non sono arrivate risposte. «Non pretendiamo che la Regione attivi i rimborsi dall’oggi al domani – aggiunge Pamela – ma almeno avere un confronto, aprire la discussione». ■ Pamela e Diego con Sole

Per informazioni e partecipare alla firma dell’istanza:natiacasa@yahoo.com Altre informazioni: www.nascereacasa.it Video-appello dei genitori:

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ECOGRAFIA POLMONARE Un aiuto nella diagnosi precoce del Covid-19 Il 7 gennaio 2020 un nuovo coronavirus, originariamente abbreviato come 2019nCoV dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è stato identificato dal tampone rinofaringeo di un paziente. Da quel momento il nostro mondo è cambiato irreversibilmente. Il Coronavirus è innanzitutto una questione di salute pubblica. Per fermare la pandemia è necessario ridurre i contagi con l’isolamento e,, soprattutto con la diagnosi precoce. In un contesto di sintomatologia aspecifica e di quadri clinici estremamente variabili come gravità e progressione, il contributo dell’Imaging integrato può essere determinante non solo per la diagnosi di polmonite, ma anche per il monitoraggio della terapia e per ottenere informazioni prognostiche. Il parametro discriminante per cui un paziente con sospetto COVID-19 viene ricoverato in ospedale o rimandato a domicilio è la presenza di insufficienza respiratoria, legata al processo polmonare eventualmente in atto (insufficienza respiratoria anche subclinica visto l’andamento rapidamente progressivo della malattia). Il dato funzionale è facilmente ottenibile con l’esecuzione di un test del cammino (six-minute walking test) che serve a valutare la capacità di percorrere una certa distanza e rappresenta una misura rapida per valutare la capacità di svolgere le normali attività quotidiane o, di contro, il grado di limitazione funzionale del soggetto.

Dott. Fabio Beschi Specialista in Medicina Interna Il dato anatomico-morfologico è legato all’esecuzione di test di Imaging tra i quali, oltre alla radiografia standard e alla TAC, gioca un ruolo predominante l’ecografia. Da tempo si è affermato il concetto che l’ecografia polmonare è sicuramente più sensibile della radiografia del torace standard e raggiunge quasi la sensibilità

della tomografia computerizzata ad alta risoluzione nell’identificare varie patologie polmonari tra le quali spicca la sindrome interstiziale, che è il quadro clinico alla base della insufficienza respiratoria grave nei pazienti Covid-19 avanzati. L’ecografia polmonare in un contesto clinico come quello della polmonite da COVID presenta una serie innegabile di vantaggi: l’dentificazione precoce delle fasi di una eventuale interstiziopatia; l’assenza di radiazioni; la rapidità di esecuzione e di referto; la ripetibilità dell’esame. Si può ragionevolmente affermare che, nel contesto pandemico che stiamo vivendo, la diagnostica precoce resta una priorità assoluta. Per meglio identificare e studiare i pazienti affetti da malattia respiratoria acuta sa SARS-CoV-2 non si può prescindere dalla esecuzione di tamponi naso-faringei, di una accurata visita medica e di una diagnostica per immagini nella quale l’ecografia polmonare offre preziosissimi ed irrinunciabili vantaggi. Questi servizi integrati si possono eseguire presso MD Clinic, previa prenotazione telefonica.


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LA STARTUP DEI GIOCATTOLI ECOLOGICI

QUEST’ANNO IL NATALE È “FAI DA TE”

Claudio Ferraro

La riscoperta della manualità è uno dei segreti di TODO Talent Cardboard, startup di Lugagnano di Sona che realizza giochi in cartone naturale, ecologico, riciclato e riciclabile. Un’alternativa alle moderne tecnologie per aiutare grandi e piccini ad allenare la fantasia.

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l Natale, quest’anno, si crea in famiglia. C’è l’albero con le decorazioni staccabili, il presepe con la capanna e i personaggi mobili, la renna Rudy con una slitta da riempire di doni. Non servono né forbici né colla, ma una buona dose di creatività per prepararsi alle festività costruendo e colorando giocattoli a tema natalizio.

DI MARTA BICEGO

A grandi e piccini non resta, quindi, che sedersi a tavolino e rimboccarsi le maniche. La riscoperta della manualità è uno dei segreti di TODO Talent Cardboard, startup con sede a Lugagnano di Sona che dal 2016 realizza giochi interamente made in Italy con cartone naturale, ecologico, riciclato, riciclabile e certificato per promuovere il 14

valore dell’ecosostenibilità. Un’alternativa che ricorda i balocchi di una volta, ottenuta però grazie alle moderne tecnologie. «Creiamo puzzle in 3D, intuitivi da costruire. Articoli educativi nella cui realizzazione sono coinvolte cooperative impegnate a sostenere, specializzare, formare nel mondo del lavoro persone con disabilità. Crediamo che ognuno di noi sia diversamente uguale agli altri e possa dare un contributo importante alla vita di tutti», spiega l’amministratore delegato Claudio Ferraro, che ha declinato l’esperienza maturata nel packaging di lusso (è infatti AD dell’azienda King Union Europe) nell’ambito dei giochi in cartone.


Sono nati così modelli originali per linee diverse coi quali mettere alla prova abilità e saper fare, incoraggiando l’immaginazione. Con la possibilità di implementare le difficoltà per arrivare a costruire forme sempre più complesse: dagli automezzi agli aeroplani, dalle navi agli escavatori, dai palazzi alle attrazioni del luna park o simpatici cuccioli di animali. La linea Arkipop, con design di Antonia Campanella, include una sezione didattica semplice e divertente con l’ausilio di un manuale di nozioni storico-architettoniche di semplice apprendimento e caratteri facilitati per bambini con dislessia. La personalizzazione avviene con il colore che può essere ad acquerello, servendosi dei fogli stampati in offset a secco in dotazione nel kit, oppure può essere scelto in base alla fantasia del creatore. E delle avventure alle quali bambini e adulti intendono, di volta in volta, dare vita.

dai 4-6 anni ai 10, per dare beneficio alla terza età, per esempio, nel recuperare l’agilità nel movimento delle mani o nel favorire il relax, per insegnanti ed educatori, psicologi ed esperti in psicomotricità. A maggior ragione ora che la pandemia costringe a passare più tempo tra le mura di casa: momenti che figli e genitori, nonni e nipotini possono trascorrere insieme sperimentando la creatività. Spegnendo televisione, tablet o cellulari e accendendo l’immaginazione. ■

Entrare nel magico carto-mondo di TODO, conclude, «significa allenare la motricità fine, accrescere la coordinazione oculo-manuale, insegnare la pazienza e la perseveranza, stimolare l’attenzione. Non ultimo, sviluppare la socializzazione, la comunicazione e la condivisione». Attività pensate per bimbi Uno dei giocattoli in cartone fai da te

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COSSATER BEAUTY Se sei bella, la vita è più bella Se parliamo di bellezza, associata a un concetto di fine eleganza, non possiamo non pensare a Cossater Beauty, l’istituto numero uno a Verona e tra i centri estetici più importanti di tutta Italia. Un punto di riferimento, da oltre 25 anni, per tutte quelle donne, determinate, spesso con lavori impegnativi e con una vita sociale intensa, che non hanno tempo da perdere e che vogliono sentirsi sicure nelle mani di professionisti seri e preparati. Proprio la sicurezza e la certezza del risultato sono i capisaldi dell’Istituto scaligero diretto da Nicola Cossater, il quale, senza giri di parole, garantisce il raggiungimento degli obiettivi concordati con la cliente con la garanzia “100% soddisfatta o rimborsata”. Per mezzo di protocolli viso e corpo esclusivi e di un’epilazione permanente ad alta efficacia, Cossater Beauty non ha eguali nel panorama veronese e regionale, e ad ulteriore riprova c’è la provenienza della clientela, che raggiunge Verona da tutte le principali città e regioni del Nord Italia. Nicola, partiamo innanzitutto dalla garanzia che date alle vostre clienti: è totale. È così, sono convinto che debba essere il centro estetico ad assumersi la responsabilità di mantenere quello che promette. Ecco perché offriamo garanzie, non chiacchiere. Purtroppo sono in molti a fare promesse senza poi mantenerle, da noi funziona diversamente. Com’è noto, mettiamo la garanzia “100% soddisfatta o rimborsata” sia sui programmi di rin-

Nicola Cossater

giovanimento del viso, sia sui programmi di rimodellamento corpo. Addirittura sull’epilazione permanente, diamo la garanzia a vita. Cosa vi fa essere così sicuri di ottenere il risultato? I nostri protocolli esclusivi. Sia che si parli di ringiovanimento col programma Skin Restyling, di rimodellamento con CellStop o di epilazione permanente con Lisce per sempre, la certezza del successo dei nostri trattamenti ci deriva dai 51 anni di attività e di esperienza in campo estetico e da un continuo e constante lavoro di ricerca e sviluppo svolto qui in Italia e in giro per il mondo. Nicola, dicevi più di mezzo secolo di storia…

Sì, mio padre, Paolo Cossater, fu tra i pionieri dell’estetica a Verona. Fu uno dei primi farmacisti a inaugurare alla fine degli anni Sessanta, a San Giovanni Lupatoto, una cabina estatica all’interno della sua farmacia. Mia madre, Gianna,

“Cossater Beauty è considerato il più importante centro di epilazione permanente da molti addetti ai lavori. Interveniamo con laser a luce pulsata da ormai 24 anni e abbiamo eseguito più di 86 mila trattamenti.”


Come definiresti il vostro approccio? Innovativo e integrato. Non lavoriamo mai sull’inestetismo localizzato, ma sul corpo nella sua globalità. Ad esempio, se il problema è l’adipe della pancia o dei fianchi, andremo ad individuare altri punti che generano dei “blocchi” e che contribuiscono alla formazione dell’adipe stessa.

lo aiutò in questa sua visione avanguardista aprendo a Verona un istituto di bellezza con gli stessi canoni e con la stessa organizzazione di quelli che si potevano trovare al tempo nelle grandi capitali europee, ad esempio Londra o Parigi. Hai attinto da loro, dai tuoi genitori, Paolo e Gianna, la passione per questo mestiere? Indubbiamente, sono cresciuto in questo mondo fin da bambino e ne ho assorbito molti segreti che mi hanno permesso seguire passo dopo passo l’evoluzione del settore e dell’attività di famiglia, con l’apertura nel 1980 del primo Istituto a San Giovanni Lupatoto, nel 1987 il primo a Verona, nel 1997 il secondo, fino a diventare qualche anno fa io stesso il direttore dell’attività. Un ruolo di responsabilità. Certo, però sono fortunato perché la nostra clientela è composta da persone intelligenti, capaci di distinguere la vera qualità dall’apparenza, e si fidano di noi. E poi perché le mie collaboratrici mi seguono nel percorso di continua formazione e di costante perfezionamento delle conoscenze professionali: tutte le settimane dedichiamo - oltre ai corsi extra - due ore all’aggiornamento interno. Rivediamo tutti i nostri trattamenti, condividiamo i risultati e le esperienze individuali. È molto importante e io sono estremamente soddisfatto di tutte loro. Sono le Beauty’s Angels.

L’emergenza Covid ha cambiato il vostro modo di lavorare? No. Chiaramente ci siamo adeguati alle regole imposte dai protocolli sanitari, ma noi siamo sempre stati molto attenti alla sicurezza, è un nostro caposaldo. Utilizziamo l’autoclave da 15 anni e i nostri standard igienici sono sempre stati molto elevati: da sempre utilizziamo guanti, mascherine, disinfettanti e presidi medici chirurgici. La pandemia, piuttosto, ha frenato i nostri piani di crescita ed espansione, ma ci sta portando anche tante nuove clienti grazie al passaparola. Proprio i nostri standard di sicurezza sembrano essere particolarmente apprezzati in questo momento di incertezza sanitaria. Skin Restyling, CellStop e Lisce per sempre, tre protocolli brandizzati e riconoscibili. Come mai questa scelta? Per concentrare le energie, le attenzioni, i miglioramenti continui in direzioni ben specifiche. Skin Restyling è la soluzione più efficace per chi vuole prevenire o combattere l’invecchiamento cutaneo ed è l’unico protocollo anti-age di ringiovanimento viso coperto da garanzia “100% soddisfatta o rimborsata”, così come CellStop, la soluzione più efficace per chi vuole sfoggiare un corpo migliore. Lisce per sempre è l’unico metodo di epilazione permanente con laser e luce pulsata garantito a vita, con garanzia scritta.

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Tra i tre protocolli, una sottolineatura la merita Lisce per sempre. Cossater Beauty è considerato il più importante centro di epilazione permanente d’Italia da molti addetti ai lavori. Interveniamo con laser a luce pulsata da ormai 24 anni e abbiamo eseguito più di 86 mila trattamenti. A differenza di tutti gli altri, non vendiamo le sedute, ma il risultato. La cliente paga una volta e poi è a posto per sempre. Facciamo tutte le sedute necessarie a raggiungere un risultato realmente permanente. Del resto, le nostre prime clienti, a distanza di 20 anni, hanno ancora la pelle liscia e perfetta. Esiste una definizione di bellezza? La donna Cossater Beauty è femminile, naturale, elegante. Non cede e non ambisce agli eccessi. Chi si rivolge a noi vuole piacersi e piacere di più. Non cerca i canoni stereotipati, spesso volgari e innaturali. La nostra donna non insegue nessuno. Eleganti si nasce o si diventa. C’è un’età per esserlo? L’eleganza, se c’è, la riconosci ad ogni età. Si impara? Anche. Per me l’essere eleganti nasce da un mix di tre fattori: c’è un elemento innato, un condizionamento dato dall’ambiente o dal contesto in cui si cresce, e una voglia di ricercare e di sviluppare l’eleganza. Quale sarà il futuro di questo settore? Si andrà sempre più verso una bellezza naturale, raffinata. L’eccesso di chirurgia estetica che ha caratterizzato il primo ventennio del nuovo secolo ha stancato. E non sto parlando di un minore ricorso a ritocchi e trattamenti, semplicemente si punterà a soluzioni “invisibili”. Le donne vorranno apparire belle più che mai, ma senza stravolgere se stesse. In fondo lo sappiamo, “se sei bella, la vita è più bella”. Per maggiori informazioni visitare il sito www.cossaterbeauty.it


UN IMPEGNO ATTIVO DAL 1987

foto Ennevi

FEVOSS, «INSIEME SI PUÒ»

Consegna dell’attestato di benemerenza, sala Arazzi 18 settembre 2020. Da sinistra: Daniele Polato, Sandra Zangiacomi, Federico Sboarina

Associazione Fevoss, Federazione dei Servizi di Volontariato socio sanitario, è attiva da quasi quarant’anni a Verona per l’aiuto delle persone sofferenti e in difficoltà, per contrastare le situazioni di marginalità ed esclusione sociale. Da luglio alla presidenza di Associazione Fevoss Verona Santa Toscana è arrivata Sandra Zangiacomi, prima donna presidente di questa realtà. È un momento particolarmente difficile per le realtà di volontariato, ma la solidarietà che le accomuna non le ha mai abbandonate.

A

bbiamo intervistato la presidente Zangiacomi per capire come l'Associazione sta affrontando l'emergenza sanitaria e come si riesce a essere vicini alle persone in difficoltà in un momento storico come questo.

DI ALICE MARTINI

Ci racconti la missione di Fevoss. Fevoss è una Federazione dei Servizi di Volontariato Socio Sanitario, fondata il 15 giugno 1987 dal Cav. Alfredo Dal Corso. È impegnata nell’aiutare le persone in difficoltà, nel contrastare condizioni di fragilità e di svantaggio, al fine di intervenire sui fenomeni di esclusione sociale. Gli oltre 400 volontari sono suddivisi nelle sei federate di Belfiore, Bure, Buttapietra, Castel d’Azzano, Verona Santa Toscana e Zimella che costituiscono la Federazione Onlus e sono attivi realizzando una rete solidale di interventi nel territorio di Verona città e provincia. La sede centrale di Verona si trova in via Santa Toscana, è formata da più di venti gruppi territoriali che interagiscono in stretta collaborazione con le istituzioni locali. L’Associazione offre un servizio trasporti con accompagnamento di minori, disabili, amma18

lati, anziani e garantisce inoltre interventi sanitari, socio-assistenziali e somministrazione di farmaci, previa autorizzazione sanitaria. Dalle 11.30 alle 13, è attivo il Convivio, che offre dal lunedì al venerdì, pasti a oltre 50 persone, bisognose di un aiuto soprattutto in questo difficile momento. Nello svolgere l'attività, l’Associazione è supportata da un presidio della Polizia Locale. Un’altra delle attività portanti è il Progetto Anziani Protagonisti del quartiere di Veronetta, aperto giornalmente, con varie attività mattutine e pomeridiane, tra cui corsi e laboratori, il gioco della tombola e il ballo, tutte attività che purtroppo al momento sono sospese. Cosa rappresenta Fevoss in questo momento di difficoltà? Fevoss rappresenta un’ancora di salvezza a cui aggrapparsi per tutte quelle persone che hanno bisogno e che vengono accolte all’interno del nostro Convivio per un pasto caldo, seguendo sempre da parte di tutti i volontari le norme vigenti.


Foto scattata in sede di Fevoss Santa Toscana alla consegna di una macchina lavapavimenti donata dalla ditta Adiotek.

Con quale spirito vivrete il periodo natalizio durante la pandemia? Vorremmo viverlo rendendolo il più sereno possibile, organizzando il pranzo di Natale come abbiamo sempre fatto, per tutte le persone bisognose che, mai come ora, necessitano di attenzione. Il Natale è il momento con il più alto spessore di convivialità e con semplicità noi lo vorremmo donare. Faremo un pranzo come tutti gli altri giorni, seguendo le direttive imposte. Avete riscontrato una sorta di rete tra le varie associazioni? Sì, c’è collaborazione, per cui possiamo anche fornire pacchi viveri alle famiglie in difficoltà, in particolare con minori. A queste azioni si unisce anche una stretta collaborazione con i servizi di assistenza sociale.

Cosa si aspetta dal futuro? Speriamo di poter riprendere tutte le nostre attività, augurandoci di aver sconfitto il virus. Mi piacerebbe in futuro, dato che Fevoss è nata come trasporto socio sanitario, poter rimodernare il parco macchine in modo da offrire un servizio sempre migliore all’utenza. Ringrazio i nostri benefattori e mi permetto di sottolineare che cerchiamo sempre volontari che abbiano voglia di donare il proprio tempo, talmente prezioso da definirlo un dono. Concludo ricordando il motto di Fevoss “insieme si può”. ■

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NUOVO SERVIZIO DI VIDEOCONSULENZA La figura del notaio è sempre più un punto di riferimento per il territorio, per le famiglie e le imprese, e in questo momento di difficoltà negli spostamenti viene fornito un nuovo servizio rivolto a tutti i cittadini: la videoconsulenza. www.notaiosartori.it GUARDA IL VIDEO DI PRESENTAZIONE DEL SERVIZIO

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IL 2021 INIZIA CON UNA (BELLA) NOVITÀ Sabato 16 gennaio aprirà le porte la nuova farmacia di Santa Maria in Stelle. Nella piccola frazione del Comune di Verona, e in quelle limitrofe, si parla già di “evento”. A raccogliere questa emozionante sfida professionale - che ha dei riflessi sociali importanti - sono tre amici farmacisti: Claudio Bizzo, Roberto Marolato e Franca Sartori. C’era un tempo in cui anche le piccole, piccolissime frazioni periferiche delle città avevano una loro fitta rete di attività commerciali, ricreative e sociali. Attività magari modeste come dimensioni rispetto a quelle a cui siamo abituati oggi, ma essenziali e preziose per la comunità e i suoi cittadini. Infatti ci si conosceva più o meno tutti in paese, quando si entrava nelle botteghe, al bar o dal fruttivendolo. Andare a fare la spesa sotto casa era un’occasione per parlare, scambiare due parole, condividere la quotidianità. Era così anche a Santa Maria in Stelle, fino a qualche anno fa. Da quando l’unico panificio rimasto e ancor prima, negli anni Novanta, i due negozi di generi alimentari e un negozio di frutta e verdura hanno chiuso, nella frazione dell’Ottava Circoscrizione del Comune di Verona è rimasta soltanto una trattoria, baluardo e punto di riferimento per gli abitanti di Santa Maria e non solo. Ecco perché la notizia dell’arrivo nel 2021 di una nuova

attività, in particolare di una farmacia, è stata accolta come un evento da parte di tutti. Da tempo si vociferava di un’ipotesi che, invece, è proprio una realtà: sabato 16 gennaio, in via Della Collina 1, ci sarà il taglio del nastro della Farmacia Pantheon, un nuovo presidio sanitario che sarà gestito dai tre soci farmacisti, e ancor prima amici, Claudio Bizzo, Roberto Marolato e Franca Sartori. Claudio e Roberto sono già farmacisti titolari di parafarmacia, il primo a San Bonifacio, in cui lavora anche Franca, il secondo a Grezzana. Tutti e tre insieme hanno deciso di unire le forze otto anni fa e di concorrere a un bando nazionale per l’apertura di nuove sedi farmaceutiche sul territorio. È proprio Claudio Bizzo a raccontarci come è nata questa opportunità che vedrà la luce con l’inizio del nuovo anno. Dott. Bizzo, innanzitutto come mai una nuova farmacia? Io, Roberto e Franca ci conosciamo già da diversi anni. Nel 2012, in virtù del Decreto Legge n. 1 del 24 gennaio dello stesso anno, arrecante misure urgenti in materia di concorrenza, liberalizzazioni e infrastrutture (convertito nella legge n. 27 del 24 marzo 2012, ndr), abbiamo scelto di partecipare al Bando di concorso pubblico regionale, straordinario, per titoli, che assegnava delle sedi farmaceutiche disponibili per il privato esercizio sul territorio nazionale. Si potevano opzionare due regioni, e allora scegliemmo Veneto e Trentino Alto Adige.

E come siete arrivati a Santa Maria in Stelle? Al quarto interpello, ovvero alla quarta chiamata dopo che molte sedi erano andate deserte e rimaste senza assegnazione, ci siamo ritrovati al numero 49 in graduatoria, e pensare che al primo interpello eravamo ottocentesimi su 4900 partecipanti. Molti hanno rinunciato perché in alcuni paesi è davvero troppo difficile aprire un’attività. Alla fine abbiamo avuto l’opportunità di scegliere la sede veneta n.76, appartenente alla Ulss 20 di Verona, allocata nell’Ottava Circoscrizione e di pertinenza per le aree di Nesente, Vendri e Santa Maria in Stelle.


Cosa vi ha convinto ad accettare la nuova avventura professionale? Sia io che Roberto abitiamo a Grezzana, conosciamo la zona e, dopo aver partecipato al Bando, abbiamo iniziato a guardare con occhio diverso, più attento, le aree che potevano rientrare tra quelle assegnatarie. Ci siamo mossi spesso anche tra queste tre frazioni e abbiamo notato che si respira ancora un’aria di comunità. A Santa Maria, in particolare, c’è la scuola elementare, c’è la baita degli alpini, c’è l’associazione Ipogeo che sta lavorando benissimo per la promozione del territorio, c’è una parrocchia a servizio dei fedeli. Tutto questo ci ha portato qui. Una bella sfida. Alcuni ci hanno già definito come dei coraggiosi, il bello è che oltre ad essere coraggiosi, siamo anche ottimisti. Tutti e tre abbiamo alle spalle diversi anni di parafarmacia e il nostro approccio nei confronti del cliente o del paziente è sempre stato quello del consiglio, dell’essere a fianco per risolvere un problema, sia con la medicina di sintesi che con quella naturale. È vero che siamo un po’ fuori

Roberto, Franca e Claudio, i tre soci di Farmacia Pantheon

no. A giugno abbiamo iniziato i lavori e con l’obbligo di aprire entro fine gennaio. Come detto, il 16 inaugureremo e sarà un taglio del nastro che durerà una settimana intera visto che non ci sarà la possibilità di fare un evento così come ce lo saremmo immaginato. Per sette giorni, a chi ci verrà a trovare, daremo un caloroso benvenuto e un grazioso omaggio. Quali obiettivi vi ponete? Il nostro obiettivo è quello di diventare una “farmacia dei servizi”, le cui le porte sono sempre aperte, a maggior ragione in questo momento di pandemia in cui le persone cercano un punto di riferimento a portata di mano per la loro salute. Sia io che Roberto e Franca sentiamo molto l’aspetto sociale del nostro lavoro, anche per questo apriamo una nuova farmacia all’interno di una splendida comunità.

dall’asse Quinto-Marzana-Grezzana, ma siamo altrettanto certi che il nostro modo di lavorare possa essere apprezzato anche da persone che non avranno problemi a spostarsi per raggiungere la frazione di Stelle. La scelta del locale? Ci è piaciuto. I proprietari sono rimasti piacevolmente sorpresi di ricevere una richiesta di locazione, non se l’aspettava-

Quali sono i servizi che troveremo nella Farmacia Pantheon? Da quelli classici come l’autoanalisi, la consegna delle bombole di ossigeno, le giornate di prevenzione sull’osteoporosi, quindi screening sulla densitometria ossea, screening sull’insufficienza venosa…fino ad arrivare a servizi più evoluti che richiedono più tempo e una coordinazione tra noi, l’Asl e il Comune di Verona. Quasi subito vorremmo inserire la telemedicina, quindi se a un paziente servisse un elettrocardiogramma, non dovrà andare in ospedale a farlo, ma lo potrà effettuare in farmacia, alla pre-

senza di un medico, ottenendo il referto poco dopo. Oppure le prenotazioni per il CUP o per la visita prescritta dal medico di base, e poi consulenza di medicina di sintesi e naturale. A proposito di medicina naturale, è un vostro punto di forza. Roberto nasce in erboristeria, tutti tre abbiamo studiato un triennio alla Scuola di omeopatia, io sto frequentando un Master di secondo livello di Aromaterapia presso l’Università Cattolica di Roma; Franca arriva da un’esperienza consolidata di formulatrice di integratori per uso umano e veterinario inoltre come formulatrice per cosmetici. Insomma, sulla medicina naturale, che si parli di aromaterapia, gemmoterapia, fitoterapia, micoterapia, olii essenziali… qualcosa da suggerire e da consigliare lo abbiamo sicuramente. Quale pensate possa essere la vostra carta distintiva? Mettiamo al centro la persona. Il paziente deve essere accolto e ascoltato e la medicina olistica lo insegna: non c’è solo la punta dell’iceberg del sintomo, dietro al sintomo c’è qualcosa di più, quindi se si dedica un po’ di tempo e un po’ di pazienza si riesce ad andare al nocciolo del problema, e quasi sempre lo si risolve. Chi ci sarà nella nuova farmacia? Tutti e tre. Ci alterneremo garantendo sempre la presenza di due farmacisti. Proprio per essere una farmacia di comunità abbiamo rinunciato anche alla mezza giornata di riposo. Saremo aperti tutti i giorni dal lunedì al sabato dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 19.00.


DALLA PARTE DI CHI È PIÙ IN DIFFICOLTÀ

UN “RIFUGIO” PER CHI VIVE IN STRADA Alberto Sperotto, vicepresidente della Ronda della Carità, ci ha accompagnato dentro al Rifugio 2, una vecchia officina, proprio dietro al Cimitero Monumentale, trasformata in un luogo di aiuto e speranza per i più fragili, senza una dimora. Alberto Sperotto

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rriviamo in un’officina abbandonata da tempo. Due caseggiati e un capannone, su un terreno abbastanza spoglio, ma grande. Di fianco, la ferrovia. Il verde della vegetazione attorno è crudo, grezzo. Sembra di non essere più in città, anche se siamo a qualche chilometro dal centro. Eppure, dopo essere stata affidata alla Ronda della Carità, l’organizzazione veronese che si occupa di aiutare chi è senza dimora, questa struttura ha cambiato faccia. Oggi, quella vecchia officina si chiama “Rifugio 2” – in via Campo Marzo 32, dietro al cimitero monumentale – e funziona da secondo centro (dopo quello storico di via Garbini 10) per l’associazione, che ha sistemato gli edifici rendendoli agibili. Incontriamo Alberto Sperotto, vicepresidente della onlus.

DI SARDON

Cos’è il Rifugio 2? La Ronda della Carità è conosciuta principalmente per l’attività notturna, coi furgoni per le vie della città a portare coperte e cibo a chi dorme per strada. Meno conosciuta, invece, è l’attività diurna. Al Rifugio 2 offriamo le colazioni e un servizio aperto a giugno: un’officina per le biciclette. Di cosa si tratta? La ciclo-officina “Kamara d’aria”, in ricordo di Kamarà, un ragazzo di ventitré anni morto 22

due anni fa di tubercolosi, aiuta chi è senza dimora ad aggiustare la propria bicicletta. Nella sua baracca abbiamo trovato degli attrezzi, che sono stati il primo patrimonio dell’officina. Ci viene mostrato il capannone, di cui ormai è rimasto solo lo scheletro metallico, straripante di telai, ruote e manubri pronti ad essere riparati. Davanti a noi, alcuni ragazzi e dei volontari sistemano le biciclette con gli attrezzi del rifugio. Com’è cambiato il servizio con l’emergenza sanitaria? Da un giorno all’altro abbiamo perso la quasi totalità dei donatori di cibo, principalmente ristoranti e locali. Contemporaneamente, le persone per le strade sono aumentate in modo esponenziale. Il picco è stato a ottobre, con duecento novantasei senzatetto, mentre nello stesso giorno del 2019 erano state ottantasette. Esiste una caratteristica comune a chi vive per strada? Tutti sono diversi. Non si può generalizzare. L’unica cosa che condividono è l’assenza di reddito. Tanti hanno voglia di lavorare, ma alcuni vivono in quelle condizioni da talmente tanto tempo, che ora sono “patologici”.


Parliamo delle istituzioni. La prima cosa che le istituzioni fanno è chiedersi: «È di nostra competenza?». Una volta ci è capitato di dover assistere una donna incinta e sua figlia di tre anni che dormivano per strada. Era un venerdì sera, e nessuno ci ha aiutato, né questura né carabinieri. Esistono dei dormitori, ma solo chi ha un documento può entrarci, e tanti non lo hanno. Per questo motivo, chi vive per strada è un invisibile. E quando comunichiamo all’amministrazione i nostri report, sono increduli. Il Comune, d’inverno, aumenta la disponibilità dei posti letto, ma non sono sufficienti. Come vi finanziate? Quando apriamo gli estratti conto, quasi ci scende una lacrima. Una lunga lista di donazioni, grandi e piccole, da persone a noi sconosciute, che non possiamo neanche ringraziare. Questo ci fa capire quanto sia importante il nostro lavoro.

Un volontario nella sede di via Campo Marzo, 32

Verona è spesso associata all’intolleranza. È davvero così? No. Riceviamo tante offerte, anche di cibo, e tanti si offrono come volontari. Tutto questo è un grosso aiuto. ■

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RIADATTARSI IN TEMPO DI PANDEMIA

NON CHIAMATELO SMART WORKING La pandemia, in ambito lavorativo, ha costretto i più ad un repentino cambio: dall’oggi al domani, per garantire i servizi, tutto si è spostato in modalità remota e noi tutti ci siamo trovati immersi in un mondo nuovo senza esserne davvero pronti. ta anche se non rigida divisione tra tempo di vita e tempo di lavoro». Il rischio? «Un’invasione del lavoro nella propria vita familiare, un multitasking obbligato e deciso più dalla tecnologia che dagli esseri umani e nuove forme di esaurimento emotivo» commenta Sartori. E mentre online impazza la rivendicazione al diritto alla disconnessione, è bene chiarire alcuni aspetti normativi che regolano il lavoro agile. Riccardo Sartori

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li esperti concordano: quello che ci ha investiti in questa emergenza sanitaria non è smart working ma una rapida risposta ad una situazione di emergenza. «Il ritrovarsi all’improvviso a dover fare le stesse cose in altro modo e in altri luoghi rispetto all’abituale sede di lavoro non è smart working – commenta il professor Riccardo Sartori, psicologo del lavoro e docente all’Università di Verona –. Abbiamo cercato di mandare avanti le cose usando in modo più o meno competente, più o meno esperto e con adeguata o inadeguata padronanza le cosiddette nuove tecnologie». Un’accelerazione straordinaria del lavoro agile, dunque, ma anche un suo profondo snaturamento. «L’obiettivo del lavoro agile – come ricorda Massimiliano Zanetti, Presidente Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro Unione Provinciale di Verona – è appunto la conciliazione di obiettivi di miglioramento della competitività aziendale con quelli di miglioramento dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti. Quanto attuato recentemente ha confuso, forse in modo irreparabile, il lavoro agile con il telelavoro».

DI CAMILLA FACCINI

Lo smart working esisteva già prima della pandemia e, come precisa Sartori, le nuove tecnologie hanno grandemente favorito e ampliato le possibilità per tutti noi di mandare avanti le cose, lavorativamente parlando, anche quando non siamo dietro una scrivania. «Ma è un qualcosa che va pianificato, stabilito, organizzato e, soprattutto, mantenuto all’interno di un’adegua24

«Non vi è uno specifico passaggio normativo che preveda un diritto alla disconnessione – spiega Zanetti - però il lavoratore deve sapere che il lavoro agile è frutto di un accordo ed è in questo ambito che devono essere scritte le regole. Il lavoro agile non può essere interpretato come l’occasione per bypassare le giuste tutele che regolano il rapporto di lavoro subordinato, anche se sull’argomento è in atto un ampio confronto tra le parti sociali e il legislatore». Un fenomeno che ha raggiunto in questi mesi numeri importanti e rilevanti che probabilmente si ridurranno una volta superata l’emergenza sanitaria; non è escluso, tuttavia, che invece questa soluzione possa trovare, in futuro, una sua dimensione naturale, e certamente superiore a quella pre-covid. «D’altra parte – conclude Sartori – se questa pandemia si fosse verificata anche solo dieci o venti anni fa non sarebbe stato possibile fare tutte le cose che ci è stato invece permesso di fare in questo periodo grazie alle nuove tecnologie, socialità compresa. ■ Massimiliano Zanetti


IL MONDO ATTRAVERSO LA RETE

DI SOCIAL MEDIA E ALTRI MALI TERRIBILI Le ossessioni digitali di adolescenti (e non solo) hanno di certo trovato terreno fertile nei mesi della pandemia, che ci ha costretti a guardare il mondo da una prospettiva (digitale) ben diversa. Esperti e ricercatori cercano di tracciare i contorni di un fenomeno sfuggente, ma forse molti giovanissimi sanno già il fatto loro in termini di sicurezza online.

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rima ancora di lavarsi i denti e fare colazione, molti adolescenti iniziano la loro giornata con in mano il proprio telefono. Sul tragitto verso la scuola, potrebbero scorrere i post di Instagram dei compagni di classe, condividere i loro TikTok preferiti o rispondere a messaggi arrivati a tarda notte da una chat di gruppo con i loro migliori amici. Si tratta, ovviamente, di interazioni banali (di cui gli adulti sono altrettanto colpevoli), ma per molte ragazze e ragazzi le piattaforme social possono incidere significativamente sulla loro salute mentale ed emotiva. Negli ultimi anni, una miriade di esperti, a cui ha fatto seguito il pubblico generalista, non ha perso tempo a puntare il dito contro i social media come causa di malesseri vari, tra cui ansia e depressione, tra le fasce di popolazione più giovani. Ma la ricerca scientifica non è ancora arrivata a una risposta definitiva al riguardo, mentre moltissimi studi cercano di scattare una fotografia più nitida del fenomeno. Secondo uno studio pubblicato su Lancet Child & Adolescent Health, i social media sono sì associati a problemi di salute mentale, ma solo in determinate circostanze e solo per determinate persone. Per entrare nello specifico, è per le ragazze che l'uso frequente dei social media sembra nuocere alla salute, quando porta a cyberbullismo e/o mancanza di sonno ed esercizio fisico adeguati. Gli stessi fattori sembravano però non avere lo stesso effetto sui ragazzi, e lo studio non prende in considerazione i modi specifici in cui i social network potrebbero essere dannosi per gli adolescenti. Per quanto questo risultato possa sembrare una conseguenza diretta di una generazione cresciuta a pane e smartphone, la soluzione è decisamente più complessa di premere sul tasto log off. Il consiglio per genitori, insegnanti, educatori resta quello di incoraggiare le ragazze più giovani a sviluppare resilienza e abitudini sane mentre navigano online, sfruttando l’uso dei social media per contribuire positivamente alla loro salute mentale e fisica. Se gli adolescenti e le loro ossessioni digitali erano fonte di preoccupazione già nell’era pre-Covid, gli ultimi mesi hanno stabilito quanto bisogno ci sia di linee guida e indicazioni per navigare queste acque. Parenting Teens in the Age of Social

Media, un nuovo studio pubblicato da Ann & Robert H. Lurie Children's Hospital of Chicago, ha rivelato che, secondo i quasi 3.000 genitori intervistati, il 63% degli adolescenti utilizza i social media più di quanto non facesse prima della pandemia. Ma forse non tutto il male viene per nuocere: un quinto dei giovani tra i 18 e i 24 anni, infatti, ha disattivato i propri account sui social network durante i mesi della pandemia, mentre un terzo sta limitando l’utilizzo dello smartphone durante la giornata. L’ultimo sondaggio della Digital Society Index condotta a livello globale da Dentsu Aegis Network rivela come la Generazione Z abbia già ridotto la quantità delle proprie attività online. I dati raccolti dallo studio rivelano che, nonostante il lockdown abbia portato ad un aumento dell’attività online, il 17% dei GenZers ha disattivato i propri account sui social media negli ultimi 12 mesi, una cifra che in Italia arriva al 25%. Misure che indicano una forte consapevolezza da parte dei GenZers di come e quanto i loro dati possono essere utilizzati, e di alcuni degli impatti negativi percepiti della tecnologia sulla società. ■ 25

DI CHIARA BONI


articolo pubbliredazionale

PUBBLIUNO LA GIUSTA VISIBILITÀ PER PROMUOVERE IL TUO BUSINESS Azienda dalla consolidata e riconosciuta capacità nel settore pubblicitario, maturata con l’ esperienza nel corso degli anni, Pubbliuno s.r.l. si occupa della progettazione, realizzazione ed installazione di svariati impianti pubblicitari per Verona e provincia, estendendosi anche in altre Regioni limitrofe. Le origini dell’azienda risalgono al 1980, dal fondatore Peverato Giovanni Ermes. Nel corso degli anni alla compagine societaria si sono aggiunti prima Romeo De Bianchi e per ultimo Francesco Coelati Rama. Pubbliuno s.r.l. oggi conta un organico di oltre 20 unità nei diversi settori dell’a-

zienda, con un fatturato che supera i 3,5 milioni. Tutti i collaboratori sono parte attiva dell’azienda e una risorsa umana di valore. Oltre alla provincia di Verona, l’attività è ben avviata in tutta l’area triveneta, del Trentino Alto Adige, Lombardia e parte dell’Emilia Romagna, grazie anche all’acquisizione di altre ditte di piccole/medie dimensioni, come da ultima Pubblicità Gamberoni, specializzata nella realizzazione di stand fieristici, insegne e di tutta la pubblicità indoor in generale, di altissima qualità. Quindi, grandissima l’offerta dei prodotti e dei servizi: cartelli pubblicitari,

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GRANDI CARTELLI PUBBLICITARI - PPSTER 6X3 frecce direzioni, segnali di servizio, arredo urbano, grandi spazi pubblicitari e impianti di ultima generazione. Da non dimenticare la pubblicità più fruibile, cioè quella temporanea promozionale. «Questo, è il nostro fiore all’occhiello, un punto di forza che ci caratterizza – spiega Francesco Coelati Rama, presidente della Pubbliuno s.r.l. –, è un servizio che in termini quantitativi e qualitativi ci identifica come azienda leader nel settore specifico. Sono impianti che si pongono in relazione diretta con i principali flussi automobilistici in un’area territoriale, urbana ed extraurbana». Con Pubbliuno s.r.l. il servizio è rigorosamente “chiavi in mano”. « I nostri clienti non devono davvero pensare a nulla – spiega ancora Francesco Coelati Rama –, dalle autorizzazione alle installazioni finali tutti i passaggi sono rigorosamente seguiti scrupolosamente

dal nostro staff. La grande esperienza acquisita dall’azienda permette di conoscere e valutare le varie problematiche che possono insorgere a livello autorizzativo con i vari enti territoriali competenti, di conseguenza è in grado di trovare e consigliare la giusta soluzione facendo risparmiare tempo e risorse economiche per arrivare velocemente all’ installazione dell’ impianto». L’obiettivo finale è di offrire gli impianti più idonei per una maggiore visibilità a tutte le aziende produttive, commerciali e di servizi, che intendono incrementare il loro sviluppo economico. «Nessuno deve sentirsi frenato dal budget – conclude Francesco Coelati Rama – perché offriamo un servizio ottimale per tutte le aziende, dalla più piccola alla più grande e le nostre offerte sono a prova di ogni esigenza».

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Via Molino di Sopra, 55b 37054 Nogara (VR) Tel. 0442 27 511479 Email info@pubbliunosrl.it


UNA VITA A CREARE

CALISTO MARCOLINI, FEDELE

AL MARMO E ALLA VALPANTENA

Calisto Marcolini da sessant’anni porta avanti la sua azienda, promuovendo e privilegiando lo spirito di squadra, l’abilità al dialogo costruttivo, valorizzando la professionalità e l’esperienza di ciascuno, siano essi dipendenti, clienti o fornitori. Molti i riconoscimenti ottenuti da questo imprenditore.

L'imprenditore Calisto Marcolini e la moglie Franca. Foto di Valentino Slemer

N

ato, il 3 febbraio 1937, nel Comune di Grezzana, Calisto Marcolini appartiene alla generazione temprata dai danni della Seconda Guerra Mondiale e impegnata per tutta la vita a creare, a produrre opere uniche e ad offrire occupazione. Ama e coltiva, con tanta passione, le rose che hanno le spine, però sono uniche ed inconfondibili, come lo sono gli industriali che tuttora contribuiscono al benessere della Valpantena. Era il 1955, quando iniziò la storia dell’imprenditore Marcolini di poche parole e tanti fatti. Aveva 18 anni ed entrò in una delle piccole aziende di Lugo, che trasformavano i blocchi di marmo in piastrelle per pavimenti. Fin da subito emerse il suo interesse a capire i meccanismi che legano produzione, consumo e vendita. Poi nella vita ha più volte dovuto e saputo rimboccarsi le maniche. Nel 1960 fondò a Stallavena la «Marcolini Marmi», in società con il fratello Danilo. Il fratello poi prese strade diverse. Per la Marcolini Marmi Spa, gli ordini crescevano, così l’esigenza di nuovi spazi, tanto che all’inizio degli anni Settanta, in Zai a Grezzana, costruì la nuova azienda che, in pochi anni, divenne leader a livello internazionale. I suoi marmi si trovano nella Città delle Scienze dell’Industria di Parigi, nel palazzo Tin Shui Wai di Hong Kong, a Mosca nella Victory Park Metro Station e nel Palazzo reale di Giordania, per citare solo alcune sue opere.

DI ALESSANDRA SCOLARI

Nel 1964 Calisto sposò Franca Scandola, altra tempra forte, allora segretaria a L’Informatore del Marmista, che ha poi sostenuto in tutte le scelte il marito, collaborando attivamente. Già per Marcolini, riservato e discreto, gli è venuto sempre spontaneo condividere con la famiglia e i fidati collaboratori la grande passione per il suo “cantiere”, così chiama tutt’oggi la sua azienda, a conferma che è sempre in fase di innovazione tecnologica, per riuscire a soddisfare le esigenze del mercato. 28

Dall’affiatata coppia nacquero due figli entrambi laureati (Economia e Commercio) e impegnati in azienda. Gianluca iniziò giovanissimo (appena diciottenne). Andava in azienda nel tempo libero e apprendeva dal padre la passione per la pietra naturale, l’efficienza nella lavorazione e la tempestività nel servizio al cliente. Negli anni capì che bisognava aprirsi ai nuovi mercati (USA in particolare) e offrire materiali pregiati. Il padre Calisto andava orgoglioso di questa nuova ventata di gioventù. Anche la figlia Nicoletta entrò in azienda nell’ambito amministrativo e della comunicazione. Purtroppo, Gianluca nel 2006, a soli 41 anni, di rientro dal Madagascar diretto alla Fiera di Dubai perse la vita in un incidente aereo. Così Calisto tornò a tempo pieno in azienda e superò la crisi del settore lapideo del 2008, grazie alla sua abilità di guardare avanti verso nuovi obiettivi: proteggere l’ambiente rendendo l’azienda autonoma sotto il profilo energetico, dotandola di nuovi macchinari, di un impianto per il ciclo completo dell’acqua impiegata nella lavorazione del marmo, di energia pulita con il fotovoltaico e infine circondando i padiglioni di prato (all’inglese) e piante di olivi. Al Marmomacchine del 2012, grazie alla figlia Nicoletta, ha presentato l’innovazione digitale: un’applicazione, da installare sui sul cellulare o sul tablet, dalla quale i clienti possono vedere tutti i prodotti in tempo reale. Calisto Marcolini è stato uno dei soci fondatori del Consorzio Marmisti della Valpantena (fu anche presidente): convinto che «gli imprenditori del settore per crescere devono rimanere uniti». Oggi, come tutti gli industriali del lapideo, sta cercando di superare la crisi mondiale provocata dal Coronavirus, mentre segue la carriera scolastica dei tre nipoti Camilla, Caterina e Giovanni, auspicando per loro un futuro ricco di soddisfazioni. ■


UN EDITORE RIBELLE

GIORGIO BERTANI SPIEGATO A UN MILLENNIAL Barba, sguardo imbronciato e atteggiamento ombroso. Giorgio Bertani è stato uno degli editori più noti nel panorama culturale italiano. Come si può raccontare a un millennial? Lo abbiamo chiesto a Marc Tibaldi, tra i curatori della raccolta “Giorgio Bertani editore ribelle”, uscita lo scorso ottobre per Milieu Edizioni.

“G

iorgio Bertani editore ribelle” è un’idea nata dieci anni fa, prima sotto forma di mostra, poi di un film. Quando Bertani è mancato, l’anno scorso, il progetto è stato ripreso fino a ricostruire la sua figura, il lavoro editoriale e il contesto in cui si è svolto. Allegato al libro vi è poi un docufilm che lo completa, con interessanti testimonianze su Verona, di Walter Peruzzi, Raffaella Poldelmengo, Antonio Moresco, Titta Novello Paglianti, Tiziana Valpiana, Mauro Tosi, Alberto Tomiolo e Carlo Rovelli. Abbiamo intervistato Marc Tibaldi, curatore di questa preziosa raccolta. Come raccontare Giorgio Bertani a un millennial? Parlando della sua vita avventurosa, piena e vivace. Bertani si è costruito da solo, con intelligenza e intraprendenza. I suoi genitori erano operai alla Galtarossa, lui iniziò come garzone in librerie e biblioteche, poi libraio e distributore di libri, fino a diventare un editore attivo dagli anni Sessanta agli anni Novanta. La passione per la cultura e i libri va di pari passo ai suoi interessi politici: il suo era un pensiero di sinistra, un po’ marxista e un po’ libertario, pacifista ed ecologista. Importante poi conoscere il suo catalogo, che vanta oltre quattrocento titoli: Bertani è noto per aver pubblicato i più significativi libri di Dario Fo, tra cui “Mistero Buffo”, e autori come Deleuze, Derrida, Guattari, Bataille, di rilevanza internazionale, ma anche “I leòri del socialismo” e “Paese perduto” di Dino Coltro, sulla storia veronese. Mi piace citare anche i libri di poesia di tre autori di Verona di rilevanza nazionale: Alida Airaghi, Giuseppe Piccoli, Arnaldo Ederle. Di rilievo fu la sua collaborazione con molti intellettuali, tra cui Franco Rella e Alberto Tomiolo. È possibile, nel 2020, fare un’“editoria ribelle”? Bertani costituì Editoria Militante, coordinamento di piccole case editrici contro il potere dei grandi gruppi editoriali. Il contesto attuale è peggiorato e fare un lavoro di unione come il suo è più difficile, ma necessario per far sì che editori di qualità e librerie indipendenti possano avere spazio. Quella di Bertani è un’idea che, pur in un contesto cambiato, ha ancora i suoi perché. ■ DI VALENTINA CERIANI

Giorgio Bertani

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INTERVISTA AD ALESSANDRO SANNA

L’ARTE RENDE TANGIBILE LA MATERIA DI CUI SONO FATTI I SOGNI Nell’anno del centenario della nascita di Gianni Rodari, incontriamo Alessandro Sanna, veronese di nascita, ma mantovano d’adozione: è qui che vive con la sua famiglia. Lavora con una passione e un talento che lo definiscono non solo un grandissimo illustratore, ma un autore vero e proprio, capace di far scorrere fra le sue mani gli strumenti del disegno (“i suoi giochi” li definisce), trasformandosi in narratore, incantatore e perché no, traduttore.

N

ella giornata mondiale dedicata ai diritti dei bambini, il 20 novembre, Alessandro Sanna, quale Children’s Laureate 2020-2021, è stato scelto da tutte le librerie indipendenti italiane (ALIR) come testimone e promotore del valore dei libri, della lettura e della cultura dell’infanzia. Nelle loro vetrine fisiche e virtuali hanno esposto i suoi libri per “ribadire la loro piena condivisione della Convenzione ONU del 1989 e per ricordare che la lettura è un diritto, e un dovere quello degli adulti fare in modo che questo diritto si realizzi”. In particolare, una delle ultime opere dell’artista “Poesia con fusa”, sposa perfettamente la causa perché, come diceva Gianni Rodari: «Si può parlare degli uomini anche parlando di gatti e, si può parlare di cose serie e importanti anche raccontando fiabe allegre».

DI SARA AVESANI

Alessandro, partiamo dal passato: che studi ha fatto? Ho fatto l’istituto d’arte a Castelmassa in provincia di Rovigo e poi un anno di Accademia di Belle Arti a Bologna e tre anni all’Istituto Palladio di Verona. Non ho mai fatto corsi di illustrazione, eppure faccio questo mestiere dal 2001. La scuola è stata importante solo per una professoressa incontrata alle superiori che, con passione ed intelligenza, mi ha insegnato a studiare e “disegnare” allo stesso tempo. Ricordo che in classe mi portava sempre dei libri da leggere e dei cd da 30

ascoltare. Qualche volta l’ho accompagnata perfino a teatro a Ferrara, la sua città. Adesso purtroppo non c’è più e, devo dire, mi manca poterle parlare. Un maestro è indispensabile per la vita. Spero tanto che ogni giovane trovi il proprio. Nel 2020 sono usciti suoi quattro libri. “La rivolta dei bambini di Mantova”, edito da Il Battello a vapore, è un romanzo avventuroso scritto da Pinin Carpi, illustratore e scrittore, che, proprio quest’anno avrebbe compiuto 100 anni. Poi è uscito “Poesia con fusa”, con poesie scritte da Chiara Carminati per l’editore Lapis di Roma. Ultimo uscito “L’ospite della vigilia” di Erri De Luca: una storia molto evocativa della sera prima di Natale. Edito da Terre di mezzo di Milano. Un libro davvero prezioso! Poi l’omaggio a Rodari per i suoi cento anni, “Codice Rodari”, edito da Einaudi Ragazzi di Trieste. Codice Rodari, un tributo ad un mito che non smette mai di fare del bene a ragazzi ed adulti. La casa editrice Einaudi ragazzi mi ha chiesto di partecipare ad un libro collettivo in omaggio a Rodari. Ho rifiutato, ma ho subito promesso che avrei disegnato un volume tutto mio, dedicato al grande Gianni. L’idea è stata quella di disegnare simboli segnici per giocare accanto alle parole del grande scrittore di Omegna. Per la scelta dei testi ho chiesto aiuto a Melania Longo che, oltre ad essere la mia compagna di vita, è un’esperta


di storia dell’arte, di didattica museale e di illustrazione. Codice Rodari è questo e molto di più; è uno strumento per insegnanti ed operatori del mondo dell’infanzia. Un laboratorio di disegno sempre aperto, dalle infinite possibilità di interazione tra adulto e bambino. Da dove trae ispirazione? L’ispirazione è la vita stessa. Vivo, ogni giorno, con attenzione e partecipazione. Le idee nascono mentre sono occupato a lavorare oppure mentre non faccio niente (più raro). Che poi… fare niente non è mai fare niente. E’ pausa dell’azione, ma non del pensiero. Mi piace concentrarmi su un progetto ed inseguirlo, anche solo con la mente. Lei è un’artista che cambia. I suoi disegni, non seguono sempre lo stesso stile, anzi. Come ci riesce? Ogni progetto ha una sua genesi e richiede una dedizione completa che mi mette sempre in discussione. Tutto quello che so lo metto sul tavolo e provo a stravolgerlo, giocando e lavorando fino ad imparare un modo nuovo di esprimere la mia creatività. Come vive la quotidianità dell'emergenza sanitaria Covid? Provo sentimenti altalenanti che vanno dall’angoscia, alla concentrazione per il lavoro. Il silen-

zio mi piace: senza auto in giro, il mondo sarebbe migliore, ma so che non durerà per molto. Quali i buoni auspici per il nuovo anno? Mi piacerebbe assistere a forti e radicali cambiamenti nel modo di vivere e abitare questa Terra. Siamo tutti responsabili di folli corse per raggiungere soddisfazioni personali, dimenticandoci delle persone attorno a noi. Apparteniamo tutti allo stesso pianeta e ognuno di noi potrebbe e dovrebbe fare qualcosa. In questo anno difficile ho visto gente rallentare il passo, per necessità o per imposizione. Mi piacerebbe si continuasse in questa direzione, modificando il nostro stile di vita per il bene comune. ■

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ONORANZE FUNEBRI

Una nuova casa per salutare i nostri cari Onoranze funebri Tacchella ha aperto, una struttura all’avanguardia, per offrire a parenti e amici della persona defunta un ambiente sicuro e riservato ove commemorare il proprio caro. www.onoranzefunebritacchella.it tel: 045 907678 / 334 6978828 / 334 6978810 email: oftacchella1@gmail.com 31


A BUSSOLENGO UNA VILLA PER IL SOCIALE

CASA GABANEL, L’OSTELLO SOCIALE PER I CICLOTURISTI (E NON SOLO) Casa Gabanel è un ostello cicloturistico con un fine sociale. Confiscata alla mafia nei primi anni 2000 a Bussolengo, la villa è stata concessa in uso alla Cooperativa Hermete per 18 anni, che in questa struttura ha visto l’occasione per dare un lavoro e una formazione specifica a ragazzi che hanno bisogno di rimettere la propria vita “in carreggiata”, ma anche per dare al territorio un luogo dove potersi immergere nella natura sperimentando il cosiddetto (e raro) “turismo lento”.

P

ensate mai a quanto spesso accade che da qualcosa di brutto e negativo nasca poi la bellezza? De Andrè cantava che «dal letame nascono i fiori», e aveva ragione. Serve solo qualcuno disposto a rimboccarsi le maniche. Ed è proprio così che è nata Casa Gabanel: un luogo di speranza, un sogno condiviso, arrivato un po’ per caso dalle mani della mafia a quelle della Cooperativa Hermete, che dal 2002 lavora sul territorio veronese per promuovere lo sviluppo socio-educativo e culturale dei più giovani.

DI GIORGIA PRETI

Confiscata all’inizio degli anni 2000 alla criminalità organizzata e affidata al Comune di Bussolengo, Casa Gabanel è stata concessa in uso un paio di anni fa a Hermete, che ha deciso di darle nuova vita trasformandola in un “bike hostel” e allo stesso tempo in un progetto sociale, come ci spiega il presidente della cooperativa, Simone Perina: «Il progetto è rivolto soprattutto a quei ragazzi che “scompaiono”: i cosiddetti sdraiati, i NEET, quei ragazzi che non lavorano, non vanno a scuola e che rischiano di saltare il bordo della normalità. L’idea era quindi quella di coinvolgerli con lo sviluppo dell’imprenditività: significa essere più proattivi, avere spirito di iniziativa ed essere protagonisti. Si tratta di un “progetto ponte”: vogliamo che 32

questi ragazzi possano fare un’esperienza di durata variabile, immergerli nella quotidianità lavorativa, insegnare loro a lavorare e fargli acquisire competenze. In primis è uno sblocco e nel momento in cui vediamo che sono pronti li accompagniamo con il tutoraggio nel mondo del lavoro e lasciamo spazio ad altri. Noi avremo a disposizione questa villa per 18 anni e ci aspettiamo che possano passare una decina di ragazzi all’anno». Nel 2018 sono iniziati i lavori per riqualificare la casa, che hanno richiesto l’accensione di un mutuo di circa 300mila euro a carico della cooperativa, e in questi mesi di emergenza sanitaria lo staff ne ha approfittato per lavorare duramente, insieme ai ragazzi, e cominciare a dare una forma più concreta a questo ambizioso progetto, che dovrebbe concludersi nei primissimi mesi del 2021: «Nei primi due anni abbiamo svuotato la casa e abbiamo iniziato a costruire i mobili, partendo dai progetti del designer milanese Enzo Mari. – dice Simone - Abbiamo costruito i letti, le sedie, i tavoli con i ragazzi e con la costante del “design for all”, ossia con un occhio di riguardo per i bambini ma anche per le persone con disabilità. Abbiamo lanciato anche la nostra prima campagna di


crowdfunding sia per i privati che per le aziende del territorio che vogliono credere in quello che facciamo». E a chi si pone la domanda: “Ma perché un bike hostel?”, la risposta è chiara e semplice: «Quando siamo entrati in questa villa la nostra idea era quella di avere una struttura dove fare ospitalità e abbiamo subito pensato al bike hostel perché lì vicino a Gabanel passano alcune ciclovie importanti, tra cui la “Ciclovia del Sole”, che parte dalla Scandinavia e arriva fino a Venezia. Poi c’è la ciclovia che collega il lago a Verona. La nostra indagine di mercato dice che è un settore in espansione…e poi non avevamo tanto posto per le auto nel parcheggio! (ride, ndr)». Certo non si parla di “esclusività”, ma la natura dell’ostello, che avrà 17 camere, oltre a dare uno sbocco lavorativo ai ragazzi della cooperativa, ha un altro obiettivo preciso: «Le ricerche dicono che il cicloturista si ferma in media un giorno e mezzo, la nostra sfida è farlo fermare di più». Per fare questo, un aiuto indispensabile arriverà anche da Andrea Gelmetti, coordinatore di struttura e responsabile del potenziamento dei servizi turistici, nonché guida escursionistica, che agli ospiti di Casa Gabanel vorrebbe offrire un’esperienza unica, che ha come fil rouge il «turismo lento perché è un po’ nel DNA di Hermete e collima con quella che è l’anima della cooperativa.

– ci dice Andrea - Il turismo lento si porta dietro una maggiore capacità di osservazione, di fusione con il territorio, ti lascia il tempo di guardare e ascoltare. Deve essere un’esperienza vissuta».

Diventa sostenitore di cooperativa HERMETE:

La proposta, che parte dai percorsi proposti dall’attività di Andrea, “Here I Am”, è «di sviluppare a raggera una serie di proposte organizzando anche dei transfer per il Monte Baldo, la Lessinia, il Lago ecc. In modo che possa essere declinato per le diverse attitudini: il cicloturista puro, l’appassionato, ma anche semplicemente le persone che hanno scelto la bici per osservare. – conlcude Andrea - Alcune di queste attività le guiderò io, ma l’idea è quella di avere uno staff, creare una rete, ognuno con la propria declinazione». ■

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Confezioniamo cesti Natalizi

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VENTICINQUE ANNI DAL DRAMMA

ANTONOV 24 Un tragico evento, quello che venticinque anni fa, nel giorno di Santa Lucia, si verificò a Sommacampagna, precisamente nelle campagne in località Poiane: un Antonov precipitò proprio in quelle terre, dopo essere partito dall’aeroporto Catullo, causando la morte di quarantanove persone. Un dramma che viene ricordato, anche quest’anno, non solo da tutta la comunità, ma anche dal Comitato Biblioteca del Comune, con un premio artistico letterario.

S

E così il Comitato Biblioteca di Sommacampagna ha indotto un premio artistico letterario in memoria di questo avvenimento: gli artisti saranno chiamati ad interpretare attraverso la propria sensibilità, il tema del: “Il ricordo, la mancanza”. Le candidature (pittura, scultura, fotografia, poesia, racconto breve) dovranno pervenire via email all’indirizzo comitato.biblio@comune.sommacampagna.vr.it. Bando e informazioni le si possono trovare sulla pagina facebook.com/ culturasommacampagna.

«...La bufera di neve non accenna a placarsi. Nel turboelica fermo sulla pista del “Valerio Catullo” di Verona prendono posto 49 persone. Gli italiani sono 31, tutti piccoli imprenditori, commercialisti e uomini d’affari diretti a Timisoara e Bucarest, città chiave di un paese in cui stanno esplodendo potenzialità economiche enormi, da poco sbloccate dalla caduta del regime di Ceausescu. È la sera del 13 dicembre 1995, Santa Lucia. Il comandante dell’aereo ha fretta di ritornare in Romania ma l’Antonov 24, costruito in Ucraina nel 1967, è in sovraccarico. I funzionari dell’aeroporto non si accorgono o non se ne curano, lo lasciano partire con le ali ghiacciate. Non è un decollo ma un salto sbilenco. L’Antonov si alza per meno di cento metri, vira e precipita poco dopo la fine della pista. Nessuno si salva. Una tragedia di cui mancano ancora molti tasselli...»

Un segno tangibile di un territorio che non vuole dimenticare.

(Gianni Favero – Antonov 24, La strage di Santa Lucia – Linea Edizioni) ■

ono passati venticinque anni e ancora i responsabili della tragedia di Santa Lucia, come la chiamano da queste parti, non sono stati accertati. Il tutto condito dalla mancanza di segni a ricordo della tragedia.

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DI MARCO ZANONI


Speciale

NATALE MAGIA, TRADIZIONE E REGALI SPECIALI UN NATALE DIVERSO PER RISCOPRIRE LE PICCOLE COSE

Classici

i libri da (ri)leggere a Natale

Pandoro e Panettone

la storia dei dolci più famosi

Consigli beauty i segreti dei prodotti in dispensa

a cura di Camilla Faccini

Gioielli

i significati per i vostri regali


I LIBRI I CLASSICI DA (RI)LEGGERE A NATALE In un periodo frenetico fatto di corse all’ultimo acquisto immaginatevi davanti ad un camino acceso, con una tazza di cioccolata sul tavolo e un libro in mano. La letteratura ha spesso onorato il Natale e tra le innumerevoli opere ne abbiamo selezionate alcune che non potere perdere. Da leggere, se ancora non l’avete fatto, o rileggere per immergersi ancora una volta nella magica atmosfera natalizia.

Le lettere di Babbo Natale, John R. R. Tolkien

Canto di Natale, Charles Dickens

Un Babbo Natale che si diletta nella scrittura di lettere, raccontando straordinari aneddoti della vita al Polo Nord tra renne, orsi bianchi e goblin. Una raccolta epistolare scritta e illustrata da Tolkien per i figli, dalla prima lettera nel 1920 all’ultima del 1943.

La notte di Natale il vecchio Ebenezer Scrooge, avido e senza cuore, riceve la visita di tre spiriti che gli mostrano con occhi nuovi il suo presente, il passato e il futuro. Il classico natalizio per antonomasia, da cui anche la Disney ha tratto una rivisitazione.

Racconto di Natale, Dino Buzzati La notte di Natale, una cattedrale. Don Valentino, il parroco, cerca Dio, ma non riesce a trovarlo. Un’indagine sul significato intimo del Natale che sa di condivisione dell’amore divino. Il racconto è contenuto nella raccolta La boutique del mistero.

Il Natale di Poirot, Agatha Christie Per gli amanti del giallo, immancabile l’indagine natalizia di Hercule Poirot. Un anziano inglese invita i figli a trascorrere da lui le feste. La riunione familiare si trasforma però presto in dramma e Poirot si troverà coinvolto nell’ennesimo delitto.


www.fanculolapaura.com

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IMPARARE AD ESSERE LA VERSIONE MIGLIORE DI SÉ STESSI Un secondo nucleo tematico importante che traspare dalle pagine del libro è la famiglia. Che ruolo ha avuto per te? Un ruolo decisivo, nel senso più forte del termine. La mia famiglia natale, la mia mamma, il mio papà, Francesca, la mia attuale compagna, l’amore dei miei figli è stato ciò che mi ha riportato a galla. Tanti hanno cercato di farmi rimanere dov’ero, anzi, di buttarmi ancora più giù sfruttando questa mia situazione difficile. Oggi chi è Marco Fattorelli?

Raccontare la propria storia per essere d’esempio, per aiutare chi non riesce a trovare la forza di cambiare. Questo ciò che ha spinto Marco Fattorelli a scrivere Fanculo la paura, in uscita in 13 dicembre. All’interno Marco ripercorre la sua storia: anni difficili fatti di danni economici, grandi paure. Il buio e infine la ripresa, perché un passato negativo non deve e non può essere un limite. Marco, un titolo particolare quello del tuo libro. Partiamo da qui? I miei editori, Giovanni e Enza, hanno fatto fatica a digerirlo. Hanno messo le due “X” per non dire una parolaccia ma nella realtà non avrei scritto il libro se non avesse avuto quel titolo. È molto significativo perché racconta della mia storia, quando circa dieci anni fa ho fatto parecchi danni economici ferendo parecchie persone, parenti e sconosciuti, azioni di cui mi porto gli strascichi ancora oggi. Sono però dell’idea che nella vita è necessario perdonarsi e riuscire a guardare avanti. Io ci sono riuscito, grazie all’aiuto delle persone giuste e

con un grande lavoro su me stesso. Nel libro scrivo di tutto questo: delle difficoltà che uno si crea dalla vita, perché sono sempre scelte, e della possibilità di uscirne, purché si abbia veramente la voglia e la volontà di farlo. Nel libro ti soffermi molto sul concetto di non procrastinare, è stata una lezione che hai imparato sulla tua pelle? Sì, mi soffermo parecchio su questo perché era proprio uno dei miei problemi più grandi. Anche io ero così e ho dovuto fare sacrifici per cambiare. Oggi mi piace stare vicino alle persone, stare a contatto con loro, aiutare e supportare le persone che mi stanno vicino, a partire dalla mia famiglia logicamente e per quanto è possibile anche al di fuori.

“Nella vita è necessario perdonarsi e riuscire a guardare avanti”

Gli errori che ho fatto mi hanno aiutato a rinascere e mi hanno reso la persona che sono ora e cioè: la versione migliore di me stesso. La mia seconda possibilità l’ho trovata nel network marketing professionista, qui con queste persone con cui lavoro oggi e con l’azienda con cui sto collaborando ho proprio cambiato la mia vita: valori, etica, persone, continuo supporto. Se riuscirò a mia volta ad aiutare anche una sola persona vorrà dire che questo libro ha avuto un valore immenso.


I DOLCI NATALIZI COME SONO NATI PANDORO E PANETTONE? Tradizionali o innovativi, con canditi o senza. In periodo natalizio pandoro e panettone non mancano mai sulle nostre tavole. Due dolci che ci portano indietro nel tempo, nati nelle corti degli Sforza e degli Scaligeri, ma che nei secoli si sono continuamente evoluti. Ma qual è la loro storia?

Panettone, il “pan de Toni”

La leggenda ci riporta nella Milano di Ludovico il Moro, alla fine del XV secolo. Si racconta che durante la vigilia di Natale, il cuoco di casa Sforza bruciò il dolce preparato per il banchetto e lo sguattero, detto Toni, cercò di porre rimedio lavorando un panetto di lievito con farina, uova, zucchero, uvetta e canditi, fino a ottenere un impasto soffice e lievitato. Il risultato fu talmente apprezzato che gli Sforza gli diedero il suo nome: è proprio da “pan de Toni”, infatti, che deriverebbe la parola panettone. Il primato di Toni non è però pacifico: nella disputa sull’origine del famoso dolce natalizio sono entrati negli anni anche Ughetto degli Atellani e Suor Ughetta, nomi legati al sostantivo “ughett” che in milanese significa uvet-

ta. Ciò che è certo è che il panettone si rifà all’usanza medievale di preparare, per il giorno di Natale, pani più ricchi rispetto agli altri giorni dell’anno. La forma attuale del dolce, invece, si deve ad Angelo Motta: fu lui il primo a dargli una forma alta, fasciandolo con la carta pagliata.

Pandoro, il “pan de oro”

Da Milano a Verona: nasce nella nostra città, infatti, il pandoro e in questo caso la data di nascita è certa è ben testimoniata. Il 14 ottobre 1894 Domenico Melegatti brevetta il nome, la forma e la ricetta del pandoro registrandolo presso il Ministero di Agricoltura e Commercio


del Regno d’Italia. Per alcuni, però, il pandoro deriverebbe dal nadalin, dolce inventato per festeggiare il primo Natale di Verona sotto la signoria degli Scaligeri nel XIII secolo. Altri sostengono invece che Melegatti trasse ispirazione dal “pane di Vienna”, una variante delle brioches francesi. Alla celebre forma del pandoro pensò invece Angelo Dall’Oca Bianca, pittore veronese, che realizzò lo stampo a piramide tronca e otto punte che ancora oggi è utilizzato per realizzare il dolce. Il nome pandoro sembra invece derivare dall’esclamazione di un garzone di bottega che l’avrebbe definito “pan de oro”, incredulo per il suo colore dorato dopo la cottura.


articolo pubbliredazione

36 ore di lavorazione

24 ore

di lievitazione

Madamadorè, insolite dolcezze dal sapore nazionale Dietro le storie imprenditoriali di successo c’è sempre una grande passione e la storia di Madamadorè lo conferma. Vanna Scattolini nel 2015, dopo 24 anni da impiegata amministrativa, lascia tutto e apre una piccola pasticceria a Fumane, “un piccolo gioiellino” come ama definirlo, nata come pasticceria d’asporto alla quale ha aggiunto successivamente una zona caffè. «Ho iniziato con i dolci che per me erano la base della pasticce-

ria, adattandomi ai gusti della clientela, perché ascoltare il cliente è sempre fondamentale». Accanto alla tradizione Vanna propone anche le sue “insolite dolcezze”, simbolo di una costante ricerca sul particolare e sul perfezionamento delle tecniche di lavorazione.

vista – racconta Vanna –, una cosa che ho sempre voluto e che è apprezzatissima dai miei clienti che possono così vedere come nasce un panettone ma anche la preparazione quotidiana del banco della pasticceria. Sono tanti i clienti che si appiccano al vetro».

Ad aprile 2019 Madamadorè fa il grande salto con l’apertura di una pasticceria e un laboratorio più grandi a San Pietro in Cariano. «Il laboratorio è a

Il successo non tarda ad arrivare e gli ultimi anni sono stati per Vanna occasione di sfida continua, a conferma della giusta direzione intrapresa.


Punti di forza si sono confermati i grandi lievitati, dolci natalizi in primis, dalle versioni più basiche a quelle più innovative. Ora Vanna è reduce dal concorso nazionale Mastro Panettone 2020, tenutosi a Bari, dove ha raggiunto la finale classificandosi quarta. «Partecipare a questi concorsi è sempre una grande soddisfazione perché significa mettersi alla prova, testare le proprie capacità e confrontarsi con gli altri professionisti del settore. Sempre a Bari sono arrivata in finale con la colomba e l’anno scorso con il panettone. Ho partecipato anche alla Tenzone del Panettone dove mi sono classificata settima con il panettone al caffè, che è una new entry della mia pasticceria. L’anno

scorso sono salita sul podio: un terzo posto con il panettone tradizionale e un primo posto come pastry queen a livello nazionale, tra tutte le donne che hanno partecipato». Il segreto del panettone perfetto? Grande attenzione alla scelta delle materie prime, dall’acqua alle uova, così come il burro e la farina. Protagonista indiscusso, però, resta il lievito madre. «Al mio

lievito ho addirittura dato un nome, si chiama Rolando in onore del mio maestro Rolando Morandin: è colui che mi ha insegnato a gestire il lievito e a fare il panettone con il lievito madre. Il lievito madre è come un figlio, infatti quando l’ho portato nella mia pasticceria ha dovuto ambientarsi a noi, alle nostre mani, all’aria, all’acqua e al nostro ambiente. Ci ha messo un po’ ma adesso è nel pieno delle sue forze!».

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PRENDERSI CURA DI SÉ GLI ALLEATI NELLA NOSTRA DISPENSA

Le vacanze natalizie sono anche l’occasione per pensare al benessere, trovando finalmente il tempo di regalarsi un po’ di attenzioni. Piccoli gesti che possono aiutarci a ricaricare le pile, come dormire un po’ di più, leggere un buon libro sul divano e coccolarsi seguendo qualche piccolo consiglio beauty. Nelle nostre cucine ci sono tanti ingredienti di uso quotidiano che uniti insieme si trasformano in alleati di bellezza. Ecco alcune combinazioni.


1. MIELE E CAFFÈ Ingredienti dalle proprietà rigeneranti. Uniti insieme sono perfetti per realizzare una maschera per il viso: Il miele lascerà la pelle morbida e il caffè fungerà da scrub naturale. Mischiate un cucchiaino di miele con due cucchiaini di caffè macinato e lasciate in posa almeno cinque minuti. 1. YOGURT, ALBUME E SUCCO DI LIMONE Tre grandi alleati per una maschera anti capelli unti. Basta unire un vasetto di yogurt ad un albume d’uovo sbattuto. Al composto, che deve raggiungere una consistenza un po’ schiumosa, aggiungete due cucchiaini di spremuta di limone. Mescolate bene e applicate sui capelli, massaggiate delicatamente e lasciate in posa per almeno un’ora prima di lavare. 2. SALE GROSSO E OLIO Due ingredienti presenti in tutte le cucine che permettono di creare un ottimo scrub per il corpo. Unite tre cucchiai di sale e due cucchiai di olio (e un po’ di crema idratante per un risultato ancora migliore) in una ciotola e amalgamateli insieme. Massaggiateli poi su tutto il corpo e sciacquate con una doccia calda.

4. BUSTINE DEL TÈ Non buttate mai le bustine di tè perché sono un ottimo alleato contro le occhiaie, grazie alla caffeina che aiuta a sgonfiare ed elimina l’effetto scuro intorno agli occhi. Dopo aver lasciato raffreddare 2 bustine di tè nel frigorifero appoggiatele sugli occhi per almeno 15 minuti, approfittando del momento per stendervi e rilassarvi (e magari bervi un tè).

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ANCHE A NATALE DILLO CON UN GIOIELLO Dono sempre molto apprezzato, i gioielli possono assumere significati speciali. Collana, anello, braccialetto o una coppia di orecchini: ogni gioiello vuole dire qualcosa e può trasformarsi in un segno di particolari legami affettivi, storie d’amore o familiari. Abbiamo analizzato quelli più importanti, anche per aiutare chi è ancora alla ricerca del regalo perfetto.

La Collana

Non il gioiello più impegnativo, la collana veicola la presenza di un sentimento nei confronti di qualcuno. Sentimento, però, non unicamente amoroso: la collana può essere infatti simbolo di amicizia, fratellanza o amore per i genitori. La differenza può farla il ciondolo o la pietra che la arricchisce.

Il Bracciale

Al pari della collana anche il bracciale può assumere diversi significati, ma resta inequivocabile il sentimento profondo che può veicolare. Il bracciale porta con sé, per la sua conformazione, l’idea di un rapporto molto stretto legandovi intimamente con il destinatario del vostro regalo.

Gli orecchini

Forse il gioiello più versatile, quello più spesso regalato alle amiche o ai parenti, anche in vista di compleanni o ricorrenze speciali. Simbolo di classe e femminilità, attenziona alla scelta della forma e pensate bene a chi riceverà il vostro regalo: gli orecchini possono comunicare tanto della personalità di chi li indossa.

L'Anello

Il gioiello delle occasioni, quello con il significato più profondo. Regalare un anello significa fare un dono importante, simbolo di una promessa di un sentimento duraturo. Non pensate solo all’anello di fidanzamento: anche una semplice fedina può testimoniare la volontà di impegnarsi seriamente in un rapporto.


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UN FUTURO MIGLIORE

CONTRO L'ESTINZIONE:

RIBELLIONE, IMMAGIN-AZIONE! Abbiamo incontrato il gruppo locale di Extinction Rebellion, il movimento che in tutto il mondo dal 2018 continua ad ispirare azioni di disobbedienza civile nonviolenta. Gli esiti dell'attuale crisi ambientale globale sono ancora evitabili: possiamo ancora immaginare un altro futuro. Che sia, per noi e per l'unico pianeta che abitiamo, più giusto.

D

a anni il grande tema del cambiamento climatico è entrato a far parte delle nostre conversazioni. Per parlarne con consapevolezza, i dati forniti dalla scienza sono chiarissimi: lo scorso gennaio è stato il più caldo mai registrato. Fenomeni meteorologici estremi come incendi o inondazioni probabilmente non faranno più notizia, e aree sempre più ampie sul nostro pianeta per l'estrema siccità o per l'innalzamento del livello dei nostri mari non permetteranno più alcuna forma di vita.Tutto questo, non riguarda il clima. Riguarda noi. Riguarda il modo in cui oggi affolliamo le nostre città, la disponibilità del cibo e dell'acqua che ci terranno in vita, e le migrazioni di milioni di persone che già ora si spostano alla ricerca di quel cibo e di quell'acqua. Parte anche da queste premesse l'Immagin-Azione di Extinction Rebellion, il movimento di attivisti che con il linguaggio della Nonviolenza sta ispirando milioni di persone in tutto il mondo ad agire per chiedere un cambiamento radicale. Anche il gruppo locale di XR Verona (questa l'abbreviazione nel nome, ndr), forte dell'appoggio di persone dalle storie, dagli interessi e dalle età più disparate, aderisce a questo movimento globale e ha fatto proprie le tre richieste che animano Extinction Rebellion fin dalla sua nascita. Anche a Verona XR chiede Verità da parte dei governi, chiamati a comunicare con chiarezza la gravità della si-

tuazione ecologica attuale. Di pari passo, sente la necessità di un'azione che sia immediata, perché buone intenzioni e accordi non vincolanti oggi non sono più sufficienti. E infine, il bisogno di una politica rinnovata, che con assemblee cittadine possa colmare le mancanze della democrazia rappresentativa. Oltre ai toni gravi che, inevitabilmente, raccontano di distruzione e devastazione, dialogando con i ragazzi di XR Verona quello che rimane è un senso di vitale creatività, ben più forte della catastrofe che leggiamo nel peso dei dati scientifici. « L'approccio in cui crediamo è ampio e va oltre la mera questione ambientale. Tra i nostri principi cardine c'è quello, fondamentale, della cultura rigenerativa: tutte le nostre azioni di disobbedienza civile nonviolenta sono animate prima di tutto dall'attenzione verso le persone, come individui e comunità che abitano questo pianeta, e si adoperano per recuperare la nostra comune empatia, e la nostra capacità di ascoltare attivamente». È proprio qui, in mezzo alla catastrofe, che dobbiamo riscoprire un'indomita Immagin-Azione. Possiamo credere in un altro futuro. Pretendere e agire il cambiamento. Perché produrre, consumare e vivere in modo migliore, per tutti, è ancora possibile. ■ 47

DI GIULIA ZAMPIERI


FRANCO, LA NATURA, LA BICI

SU PER I MONTI IN GRAZIELLA Nelle bisacce un taccuino e una penna per appuntare i tempi. Venti minuti il risultato migliore nello scalare i tornanti che collegano Montorio con il Pian di Castagnè (la sua salita preferita). E non con una bici in carbonio da sette chili e ruote strette, bensì con una graziella dorata del peso di 23kg, aumentabili a 27 grazie ad un manubrio con pesi in ghisa amovibili. Ai piedi le infradito, ma succede che parta anche scalzo. L’intervista a Franco Cacciatori, impavido atleta veronese.

Franco Cacciatori e la moglie Carla

DI MARCO MENINI Guarda il video:

S

gargiante e impavido, Franco Cacciatori è uno di quei tipi che sanno di genuino, e quando lo si incontra in giro, si nota anche che tutti lo riconoscono, lo salutano e ci fanno due parole. Lui abbassa la musica, che custodisce in un impiantino portatile appeso al manubrio, e sorride. Se non lo si vede passare in sella alla sua Graziella insomma, lo si sente. Lo accompagnano canzoni anni Sessanta e grandi classici come “E mi alzo sui pedali” degli Stadio, dedicata a Marco Pantani, e poi Ramazzotti, Venditti, i Nomadi. Eppure Franco non è sempre stato un ciclista. Alla bicicletta preferiva di gran lunga le camminate in montagna, a Verona come nella sua amata Valpusteria, dove andava (e dove va tutt'ora) a raccogliere i funghi. Quando nell'agosto 2010 decide di sfidare se stesso e i quattro passi del Sellaronda, sulle Dolomiti, infatti, non è per niente allenato. Parte da zero, per scalare i Passi Pordoi, Sella, Gardena e Campolongo. Un'avventura romantica, sconsigliabile a chi non ha la giusta preparazione fisica. Ma sono gli anni della crisi economica e Franco ha un mese di cassa integrazione. Carica in macchina l'unica bicicletta che riesce a farci stare, e in giornata porta a termine il percorso ad anello di circa 50km, su pendenze quasi impossibili per i rapporti di una Graziella. Qualche giorno dopo porta a casa anche lo Stelvio. E una settimana dopo le salite del Gavia e Mortirolo, a Bormio. Tutte con pendenze che sfiorano il 20%. Certo Franco non passa inosservato. In molti cominciano a chiedersi come possa affrontare certe salite senza aiuti. Gli scettici rimangono con il dubbio ancora oggi. Cosa contengano le saccocce appese alla bici? «Amici ciclisti non c'è trucco, non c'è inganno», risponde goliardico. Le voci girano, e arrivano anche a Cesenatico, 48

dove la mamma di Marco Pantani lo invita personalmente a partecipare alla Granfondo a lui dedicata, nel 2013. Sono corse in cui è chiaro che non può competere, ma l'emozione è grandissima. «Anche perchè spesso riesco a tenere testa a quelli che viaggiano in coda al gruppo», spiega. Basta vedere qualche numero. La Peri-Fosse, tra le salite più toste del veronese, in 51 minuti. Le Tre Cime di Lavaredo scalate sette volte, come la Trento-Bondone, lo Stelvio (tra cui una doppietta in giornata) e molte altre. Ci sono poi alcuni dettagli che lo descrivono meglio: Franco viaggia scalzo o, al limite, con le infradito. «E non è raro – racconta – che i miei amici me ne regalino di nuove.» Lui comunque preferisce le sue vecchie care amiche blu, ormai consumate sui pedali delle sue due Graziella. Prima di buttarle, le rammenda, perchè è uno a cui piace mettere le mani sulle cose usate, e questo sembra dargli più soddisfazione di un prodotto nuovo di zecca. Sotto ai giornali in uno scatolone della cantina mi mostra i vari pezzi restaurati di una nuova Graziella. Il telaio è di un azzurro sgargiante che ricorda il cielo. In un'altra scatola ci sono i cerchi, messi a lucido e senza un briciolo di ruggine. A casa tutti supportano la sua devozione per la bicicletta: la moglie Carla, che per prima lo accompagna nelle sue avventure, assieme al figlio Andrea e la figlia Francesca. Come quella del doppio Stelvio in giornata, scalzo, quando lei lo attende orgogliosa in cima con la bandiera italiana in mano. Al momento dell'arrivo non resiste alla forza delle lacrime. Ci sono certe immagini che rimangono. E il sostegno della famiglia lungo tutta la salita dello Stelvio, filmata e narrata da Andrea e Carla, è una di queste. ■


L’ICONA, IL COACH, IL FUTURO

DIEGO GENNARO, CASCO D’ACCIAIO Una bandiera, un’icona, un manifesto generazionale. Diego Gennaro per il football americano nazionale è stato questo e forse un qualcosa in più: l’ex capitano del Blue Team è stato per decenni un punto di riferimento inossidabile di un movimento che si sta sempre più sedimentando entro i confini nostrani.

Diego Gennaro

R

iposto il casco, il defensive lineman Gennaro è passato dall’altra parte della tavolata, assumendo la veste di coach della Mastini Academy, progetto lungimirante per avvicinare i giovani ai meccanismi del Senior Team scaligero. Una rappresentativa che, compatibilmente col momento storico che stiamo attraversando, è ferma in attesa di nuove direttive. «Il football americano, come in generale ogni sport di contatto, è penalizzato da questo periodo globale – analizza Gennaro – attendiamo che giungano tempi migliori e che la situazione esterna diventi più confortante. L’”Academy” è una realtà in cui credo molto, in quanto è un “tramite” molto utile per approcciarsi al nostro sport. Che evoluzione ha avuto il football americano in Italia? Rispetto agli anni ’90 sono stati fatti innumerevoli passi in avanti. In quegli anni si puntava prevalentemente sull’aspetto fisico, in campo scendevano più “omoni” e si correva indubbiamente di più. Col susseguirsi delle stagioni c’è stato poi una profonda rivoluzione: ora ci si concentra maggiormente sulla tattica e sui passaggi. È il segno dei tempi».

DI MATTEO LERCO

Una contaminazione costante. L’NFL rimane l’Empireo a cui tendere: un modello oggetto 49

d’ispirazione che non sbiadisce mai. «È innegabile come i campionati continentali si confrontino col modello americano – prosegue più che all’NFL si guarda al sistema “college”, realtà più compatibile alla nostra rispetto al mondo dei “Pro”, caratterizzato comprensibilmente da dinamiche distantissime. Ovviamente c’è anche poi chi decide di iniziare a giocare solo per l’“outfit” di noi giocatori: la visione che abbiamo degli “States” è un qualcosa che continua ad appassionare». Gennaro ha rappresentato per decadi il nostro Tricolore: anche il Blue Team col passare del tempo è andato incontro a cambiamenti epocali. «Con la storica vittoria in Austria, dopo vent’anni ci siamo qualificati per la fase finale del Campionato europeo – conclude – la quale si doveva disputare quest’anno, ma a causa Covid è stata rinviata e, a quanto filtra, potrebbe slittare ancora. In Nazionale l’organizzazione è estremamente strutturata, con allenatori specifici a curare le varie fasi del gioco, una metodologia di lavoro che proponiamo anche nel Senior Team dei Mastini. Globalmente, però, il Blue Team è cresciuto molto, arrivando ad annoverare ora dei giocatori che militano nei massimi tornei europei. Siamo sulla strada giusta». ■


FORZA BELLEZZA

CANDELE, CANNELLA, CHIODI DI GAROFANO, VANIGLIA, BURRO, ABETI E STELLE DI NATALE Quest’anno l’atmosfera del Natale è affidata agli abitanti, tutti possiamo collaborare a crearla facendo uscire dalle case il profumo dei dolci in forno, le candele accese alle finestre, ma anche acquistare abeti e stelle di Natale da“piantare” per le strade e nei cortili della città, come tutti i dolci della tradizione veronese, dal Nadalin, al Pandoro, all’Ofella. Il Natale a Verona è l’atmosfera.

I

l grande albero Bauli sarà al suo posto dinnanzi a Porta Nuova ad accogliere chi (se) verrà da fuori; ci saranno le luminarie e ci sarà la stella in Bra’. Non ci saranno i mercatini (molti ne saranno felici), non ci saranno le bancarelle di Santa Lucia, la puzza di fritto, lo schiamazzo dei turisti, la folla a intasare le strade del centro, molte cose, belle o brutte, alle quali siamo abituati e che diamo per scontate quest’anno non ci saranno a Natale. Ci sarà ancora la pandemia. Ci saranno gli abitanti, ci sarà comunque Verona. Quello che non dovrà mancare sarà lo spirito di comunità, che da una parte protegga noi e gli altri, dall’altra coinvolga tutti in un’atmosfera che possa non fare sentire solo nessuno. Mai come quest’anno l’atmosfera del Natale sarà importante come azione collettiva che avvicini senza toccarsi. Potremo comprare i regali dai negozi di quartiere o di prossimità, acquistare prodotti dalle aziende agricole del territorio, comprare comunque made in Italy, se non fatto a Verona. E dalla tradizione veronese attingere simboli e suggestioni, adottando la strada del quartiere dove abitiamo che si riempia di profumi e di colori, di luce, far si che gli abitanti siano stelle, epifanie di un mondo che sta cambiando, nella speranza di una consapevolezza che lo migliori, e migliori noi stessi. Questa è la sostenibilità, spargere, disseminare ricchezza come bellezza, dall’origine della parola stella. E a forma di stella troncoconica a otto punte è lo stampo di cottura del pandoro, opera dell’artista veronese Angelo Dall’Oca Bianca, che aiutò Domenico Melegatti nel rendere simbolo quel dolce di cui fu depositato brevetto il 14 ottobre 1884, insieme al suo stampo; ma si ricorda anche che il sistema di vendita di questo dolce agli esordi fu per corrispondenza, quando l’impresa anticipa i tempi. E al Pandoro Verona rende omaggio con due monumenti di pietra come pinnacoli ai lati del Palazzo Melegatti in Corso Porta Borsari al civico 21, per ricordare il legame tra Verona e la dolcezza: un’atmosfera che le è carattere. Buon Natale Verona. ■

Mercatini 2019

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DI DANIELA CAVALLO



FIORE DELL'ARTE

LO SGUARDO NELL'ARTE CRISTIANA

Dalle rappresentazioni della Sacra Famiglia alle cosiddette Sacre Conversazioni sino all’Adorazione dei Pastori e a scene di vita dei santi. La storia dell’arte cristiana è imperniata di volti, di sguardi, di gesti che mutano con il passare dei secoli e degli stili artistici. Cerchiamo di comprenderli insieme.

N

on di rado capita di trovare opere con l’immagine del committente nella posa di profilo e in atto devozionale con le mani giunte che guarda verso una o più figure salvifiche. Il ritratto votivo può avere la duplice finalità di testimonianza e di ringraziamento per i favori ricevuti, ma anche di perenne protezione. Nel corso della storia si sono fatti raffigurare nobili, religiosi, banchieri, ma anche gli stessi artisti. A partire dal Quattrocento, l’artista inizia a creare immagini più naturali, quindi più realistiche, in grado di rivaleggiare con la natura. Andando però oltre l’estetica. L’individuo è rappresentato con il suo temperamento, le sue virtù, la sua interiorità e non è difficile trovarlo inserito in uno spazio naturale o architettonico. Sempre con un significato ben preciso. Certi elementi sullo sfondo possono riferirsi ad eventi biografici o ad attività intellettuali caricando, così, il quadro di significati. Se nel Medioevo si preferisce

un’inquadratura frontale o di profilo, a seconda che siano raffigurati personaggi sacri o committenti, nel Quattrocento si ha un grande sviluppo del ritratto di profilo poi accompagnato da quello a tre quarti introdotto dai fiamminghi. Inutile dire, però, che lo sguardo, insieme ai gesti e alla postura, è in grado di instaurare con lo spettatore una vera e propria comunicazione. Pensiamo, ad esempio, ai tanti volti inclinati di lato della Vergine che guarda Gesù Bambino: indicano un atteggiamento amorevole e tenero, ma anche malinconico e pensieroso. Le mani giunte manifestano un atto di preghiera, ma in un ritratto femminile possono suggerire modestia. Lo sguardo rivolto allo spettatore serve per creare un dialogo diretto che induce ad assumere un determinato atteggiamento verso colui che si sta guardando. Nel caso di Gesù Bambino, se è raffigurato in atto benedicente, si vuole indicare la sua natura sia divina che sacerdotale. Sta a noi, poi, interpretare e interiorizzare ciò che apprendiamo solo con lo sguardo. ■ 52

DI ERIKA PRANDI


articolo pubbliredazionale

CIRCUITO VENETEX CON SARDEX VERSO UN MERCATO NAZIONALE Scambi in aumento soprattutto durante il lockdown, superati già a novembre i 5 milioni di transato da inizio 2020. Nell’area più B2B si parte da Scriba, che ha effettuato numerose vendite in quest’anno e collaborazioni con Antenore Energia di Padova fino alla new entry VivColor, produttore di vernici industriali entrato nel Circuito ad ottobre. «Ogni giorno di più vedo che il progetto che nel 2016, grazie soprattutto alla lungimiranza di Venetwork avevamo solo intuito, oggi si sta realizzando» spiega Giampietro Trabuio, Direttore Generale del circuito. «Il merito va sicuramente condiviso con tutta la squadra che ogni giorno si spende per il Circuito, sono la vera forza di questa azienda». Sono aumentati gli scambi tra Venetex e gli altri circuiti Sardex, Piemex e Liberex (circuito commerciale dell’Emilia Romagna). Il prossimo passo è un’unica moneta complementare che circoli in tutto il paese. Giampietro Trabuio

Un anno ricco di sfide per Venetex, ma anche di opportunità riscoperte nel territorio con un alto numero di scambi, interazioni tra aderenti e relazioni con i circuiti di credito di altre regioni. In pieno lockdown, nel primo quadrimestre 2020, il Circuito ha registrato un +40% (+372.385,84 €) nel transato rispetto allo stesso periodo del 2019, anno in cui già aveva registrato un volume di rapporti commerciali pari a 5.000.000 €. l trend di crescita si sono poi mantenuti durante l’estate, col superamento di 1.000.000 € di transazioni tra aderenti e un record di transato mensile a luglio pari a 605.678,36 €. E nell’ultimo trimestre si è mantenuto un volume di scambi con un +50% transato e un +15% numero di transazioni rispetto allo stesso periodo 2019.

«La nostra è una moneta che ha la sua community nell’economia reale, l’esatto opposto delle monete virtuali, come i bitcoin, sulle quali si possono fare speculazioni – sottolinea Marco De Guzzis, Ceo di Sardex, cui Venetex è affiliata - Noi vogliamo essere il punto di riferimento di partite iva, piccole e medie imprese, il nostro programma 2020-2022 è quello di creare un “market-place” nazionale, una community che si compone di tante community anche di scopo come può essere la cultura, pensiamo ai musei e a tutti gli imprenditori che lavorano in quell’ambito, oppure lo sport, il tempo libero, terzo settore». Altro aspetto nuovo su cui stanno lavorando i vari circuiti è l’e-commerce. Le attuali “vetrine” di Venetex, Sardex, Liberex e Piemex tra qualche mese diventeranno interattive: si potrà acquistare o vendere sia in moneta alternativa che in euro agevolando così il mercato e gli scambi.

Non solo scambi e interazioni tra aziende, ma anche spese personali per i privati: assieme all’Ho.re.ca (ristorazione e prodotti alimentari) e al settore del dettaglio, sono state oltre 230 le spese da conti Venetex “personali” - ad utilizzo degli aderenti e dei loro dipendenti - con acquisti per un valore di 20.973 €. Tra gli aderenti di Verona e dintorni anche Natural Cuisine, ristorante recensito dal noto Magazine Londinese Lux life Magazine come miglior ristorante italiano senza glutine 2019. In collaborazione con loro Macelleria Luca che nel suo punto vendita commercializza anche prodotti gluten free di NaturalCuisine.

Contatti: Web: circuitovenetex.net Facebook: @venetex.net Twitter: @venetexnet Instagram: @venetexnet

Marco De Guzzis

Info: Giovanni Scalabrin, Responsabile Comunicazione Circuito Venetex (049 8649108) g.scalabrin@circuitovenetex.net


VERONA ANTICA

VERONIA E CLAUDIA, COSÌ DIVERSE, COSÌ VICINE Tra le vetrine di una boutique di corso Porta Borsari (anche stavolta come la scorsa!), protetta da una pesante lastra di cristallo, si trova un'iscrizione romana, un'ara funeraria in calcare locale. Qui, tuttavia, non siamo al cospetto di una nobildonna, come nel caso di Claudia Marcellina, di cui avevamo raccontato nel precedente numero di novembre, ma di una ex schiava, madre e moglie di schiavi: Veronia Cesia.

N

el corso del 1867 Theodor Mommsen, il grande epigrafista tedesco, soggiornò a Verona e in quell'occasione vide e studiò numerose iscrizioni romane. Non quella di cui vi racconto oggi. Egli la cercò lungamente ma invano nonostante le segnalazioni fossero numerose. Una quindicina di anni fa, al numero 29b di corso Porta Borsari, vennero effettuati dei lavori di risistemazione dei locali posti al pianterreno, i quali permisero di rintracciare l'iscrizione, liberandola dalle strutture murarie che la inglobavano e consentendo quindi di esaminarla nella sua interezza. Veroniae / Caesiae /Heliodorus et /Caesianus, fili, / matri pientissim(ae)/ et Heliodorus, /Veronens(ium servus) coniugi, / karissimae et sibi. Traduzione: A Veronia Cesia, madre affettuosissima i figli Eliodoro e Cesiano ed Eliodoro, servo della città di Verona, alla carissima compagna e per sé. Veronia Caesia merita lo stesso rispetto di Claudia Marcellina, la nobildonna di cui avevo parlato nel precedente numero di Pantheon, e forse anche di più, considerando

la vita che le venne imposta dalla sua condizione giuridica. La donna fu schiava della città di Verona, come il marito Eliodoro che lo precisa nel testo, e sul nome della città venne costruito il suo, Veronia appunto. Siamo nel corso del II-III secolo dopo Cristo e secondo molti studiosi la funzione principale delle schiave pubbliche era la procreazione, l'incremento di manodopera servile di proprietà della città. Ad esse veniva forse concessa la libertà dopo aver partorito un certo numero di figli e quando l'età non consentiva più la maternità, se la morte in simili condizioni non sopraggiungeva prima. La nascita di legami sentimentali tra schiavi avveniva frequentemente ed era ben vista dai padroni, addirittura agevolata, visto che il frutto di queste relazioni andava ad aumentare la manodopera: realtà che oggi fa rabbrividire. Ciò che conforta è il testo scritto sull'ara dedicata a Veronia Caesia, pieno di affetto per la donna e giunto fino a noi, posto a poche decine di metri da quello di Claudia Marcellina, moglie di un console. Due donne che durante la loro esistenza non condivisero nulla ma le cui iscrizioni (e il cui ricordo) il caso ha conservato vicine. ■ 54

DI MAREVA DE FRENZA



PILLOLE DI MAMMA

Babbo Natale ai tempi del Covid Non sarà il solito Natale e i bambini l'hanno subito intuito. Qualche giorno fa, a casa, davanti ad un bel cestino di castagne bollenti, come da tradizione, abbiamo scritto la lettera di Santa Lucia e mia figlia mi ha veramente sorpreso. Per prima cosa ha messo subito in chiaro che, non solo era stata davvero brava (le auto-valutazioni raggiungono livelli che neanche gli adulti quando chiedono una promozione al proprio capo) ma che aveva fatto anche il tampone. Santa Lucia, Castaldo e, perché no anche l’asinello potevano passare da noi, senza rischio alcuno. Se da un lato può far sorridere, dall'altro ci fa capire quanto i bambini siano veramente in grado di adattarsi senza tante storie (a differenza di certi grandi) e rendano tutto più semplice e affrontabile. Questa sì che è resilienza! DI SARA AVESANI

E voi, mamme avete scritto la letterina? Io sì! Sentite un po’… “Caro Babbo Natale, o chiunque tu sia …Santa Klaus, Befana o la nostra amata Santa Lucia, perdona noi genitori se qualche volta siamo troppo o troppo poco buoni, distratti, goffi, ansiosi e lamentosi e, ahimè, iniziamo già da agosto a minacciare di chiamare Babbo Natale se si comporteranno male. Ti prego: porta a tutti i bimbi i più bei doni, allegria e spensieratezza sono i più preziosi. Poi però pensa anche a noi genitori e, a noi mamme in particolare che ormai, con la pandemia non sappiamo più cosa fare! Lasciaci in zona gialla, a strega comanda colore evita di giocare, e, sul serio, limita il cash back di dicembre proposto dal governo perché, con la carta di credito temo di esagerare. Non farmi prendere un colpo quando arriva la notizia di un positivo sulla chat che fra asilo, scuola e vattelappesca… ho grossi problemi di tracciabilità. Sono sempre di buon umore ma la situazione è talmente complicata che è davvero dura essere simpatica. Questa esperienza ci ha insegnato che l'essere umano è fragile e non onnipotente, come crede tanta gente che gli amici e la vita virtuale non valgono niente, abbiamo bisogno di un vero abbraccio e non di un emoticon struggente. Uscire fuori e, respirare non è una cosa banale. Non ci sono differenze, ricco o povero, bianco o nero, del sud o del nord… tutti ci possiamo ammalare. In tanti, negli anni hanno provato a farci paura dell'altro, del diverso, dell’immigrato condannandolo perché aveva un telefonino: abbiamo capito che è l'unica possibilità per sentire qualcuno più vicino?

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La paura è un'altra cosa e ora credo ve ne sia la prova. Aiutaci a non dimenticare perché siamo testimoni di un momento storico delicato e la memoria come sempre è fondamentale. E, più di tutto, posso un favore personale? I negazionisti potresti mandarli a… spigolare? Di paranoici, complottisti non ne abbiamo bisogno, rendici forti e regalaci tanta fantasia per far sentire i nostri bambini nel miglior modo che ci sia. ■



CHE ARIA TIRA (NEL FUTURO)

IOT: QUANDO TUTTO È CONNESSO Viviamo costantemente connessi alla rete grazie a dispositivi che portiamo sempre con noi e che rappresentano una porta aperta sul mondo di internet. Ma se oltre a pc, smartphone e tablet a essere connessi fossero tutti gli oggetti che ci circondano?

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no scenario futuro (ma non troppo). Siete appena rientrati a casa dopo un’estenuante giornata di lavoro. Ovviamente non siete riusciti a fare la spesa ma il vostro frigo, “intelligente” e connesso alla rete, si è reso conto della desolazione al suo interno e si è preoccupato di ordinare i vostri prodotti preferiti attraverso il servizio di consegne di fiducia. Una volta rientrati a casa, la vostra abitazione – già informata dell’iniziativa del frigo - manda una segnalazione al fattorino (o a un drone, chissà) avvisando che siete rientrati e che la spesa può essere recapitata.

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Fantascienza? Tutt’altro. Abbiamo solo descritto applicazioni dell’IoT, acronimo di Internet of things – in italiano “internet delle cose”. Potremmo definirlo come l’estensione di internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti: un settore in rapida crescita, tanto che in Italia il mercato ha raggiunto un valore di 6,2 miliardi di euro nel 2019. Sono in costante aumento le “cose” connesse: oltre al già citato telefono, diventato smartphone, 58

sono sempre più diffusi smartwatch, e Smart TV, così come auto e abitazioni smart. Gli ambiti di applicazione sono molti: dalla viabilità alla logistica, dall’efficienza energetica all’assistenza fino a processi industriali e produttivi. Tecnologie abilitanti. La ricerca è al lavoro per sviluppare dispositivi in grado di comunicare tra loro in modo organico ed efficace e sistemi capaci di elaborare con rapidità e precisioni le informazioni raccolte. La diffusione di reti sempre più veloci e performanti potrebbe garantire l’esplosione definitiva dell’IoT: in questo senso il 5G è considerato da molti un vero e proprio spartiacque. Rischi da scongiurare. Avere più dispositivi connessi, però, significa anche più dati inviati e un’esposizione maggiore ai rischi informatici. Così come chiudiamo a chiave la porta di casa, dobbiamo avere gli strumenti per governare la tecnologia, tutelare la nostra privacy e proteggerci da cyber attacchi. ■


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IL MONDO DEI MOTORI

CRESCE L’ELETTRICO: «LO CHIEDONO I CLIENTI» Salgono i numeri dell’elettrico e ibrido in Italia. I dati statistici non mentono e nonostante l’anno anomalo il trend punta verso la mobilità ecosostenibile. Stefano Mor, Direttore Generale di Vicentini Spa: «le richieste iniziano ad arrivare direttamente dai clienti».

L

’anno non è sicuramente dei migliori per le immatricolazioni auto, ma i dati del terzo trimestre offrono molti spunti di riflessione. Quattroruote ha recentemente titolato “è boom di ibride plug-in” e i dati dell’ACEA dicono che, a fine settembre, le immatricolazioni di questo tipo di vetture hanno aumentato la loro quota di mercato dall’1.2% dello scorso anno al 5% attuale. Gli incentivi hanno giocato sicuramente un ruolo chiave, ma la spiegazione va letta anche nel comportamento dell’acquirente. Stefano Mor

Stefano Mor, Direttore Generale di Vicentini Spa è sicuro di questo: «crescono i numeri e l’interesse - ha commentato, - ma soprattutto è il cliente che entra in showroom facendo richiesta di queste motorizzazioni. Non è un passaggio scontato, testimonia che c’è un leggero cambio di rotta. L’italiano è interessato alla tecnologia, e questo è probabilmente uno degli aspetti, oltre all’attenzione per la parte green, che sta permettendo a questo tipo di veicoli di aumentare in popolarità. Recentemente il Sole 24 Ore ha citato il Piano Nazionale Integrato per l’Energia ed il Clima (PNIEC) che fissa a sei milioni le auto elettriche in circolazione entro il 2030» Comprare elettrico, ora come ora e nei prossimi cinque anni, significherà iniziare a valutare la necessità di auto in base ai propri spostamenti. «La diffidenza semmai relativa al full electric è dettata dal rapporto strada percorsa e costi di ricarica, ma la tecnologia sta facendo passi da gigante - ha proseguito Mor, - iniziamo ad attestarci anche intorno ai 400km con una ricarica completa». Dall’altra parte ci sono le altre motorizzazioni. GPL e metano hanno ancora una buona fetta di mercato, anche se leggermente in calo rispetto al consueto. Federmetano assicura che questo è dovuto in modo particolare al rallentamento delle consegne dovute all’emergenza sanitaria. Il metano continua ad essere un carburante di grande interesse, che comunque proseguirà la sua convivenza con le vetture ibride ed elettriche forte anche di reti distributive che negli anni, non solo in Italia, si sono decisamente allargate.

Diesel e benzina? È la benzina a soffrire di più, con la propria quota di mercato scesa di oltre il 20% ed ora solo di poco sopra il 50%. Meno negativi i numeri del diesel. «Il diesel attuale - ha sottolineato Mor, - è estremamente pulito al contrario di quello che recentemente si è stati portati a credere. È una questione culturale che ha calato le vendite a gasolio. I lunghi tempi di attesa sono legati più al Covid e non sicuramente ad un calo della produzione». Oltre il 75% del parco circolante europeo è ancora benzina e diesel, per dare un quadro completo della situazione. Ma cosa ci aspetta per questi ultimi mesi del 2020 e per i primi del 2021? «Abbiamo lavorato bene dopo il lockdown - ha concluso Mor, - la nuova ondata non aiuta, ma la speranza è che si possa uscirne presto. Se verranno attivati gli incentivi 2021, questi daranno un nuovo aiuto e se potremo lavorare ci auguriamo un recupero rapido». ■

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DI MATTEO BELLAMOLI


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ISPIRAZIONI MUSICALI

DISCO RUIN, QUARANT’ANNI DI DANCE FLOOR ALL'ITALIANA Presentato al Festival del Cinema di Roma, prodotto da Sonne Plus & K+, "Disco Ruin" è un documentario che parte da molto lontano. Abbiamo intervistato Lisa Bosi regista insieme a Francesca Zerbetto del progetto per scendere nel profondo. Contenuti, contenitori, ricordi e prospettive future. Un bellissimo viaggio ricco di dettagli per farci capire che in qualche caso “la luce della luna evidenzia i contorni, mentre quella del sole accieca”.

L

'opinione comune ha da tempo diviso il giorno dalla notte, quasi fosse un peccato descrivere cosa succedeva dopo l'imbrunire. Con "Disco Ruin" penso invece abbiate voluto porre l'accento su un legame che invece è imprescindibile o sbaglio? Raccontare la notte è sempre stato difficile, pericoloso, rischioso. Come ho detto alla festa del cinema di Roma, la notte fa paura, è il momento della mutazione. Anche nelle fiabe è dopo il tramonto che avvengono le cose più terribili, ma la notte ha sempre attirato anche le anime più creative. Provocatoriamente mi viene da dire che l'arte nasce mentre tutti dormono. Ecco noi abbiamo provato a porre l'accento proprio sul lato più artistico del clubbing, il "lato chiaro" della luna. Ironia della sorte abbiamo finito il film in un momento in cui è vietato uscire di notte! Un documentario che attraversa quarant’anni di musica, arte, moda. La notte è il contenitore perfetto o secondo te ha molti limiti e limitazioni? Quelle notti erano perfette. Noia ed entusiasmo di vivere. Sessualità libera e desiderio di essere amati. Casualità che produce unicità. La discoteca era un grande vuoto che diveniva contenitore di tutte le arti. All'inizio del docufilm abbiamo inserito delle immagini tratte da "L'uomo nero" di Pistoletto, un uomo che, liberato dal proprio lavoro, vive in un presente illusorio. Quelle notti sicuramente erano illusorie, ma avevano una forza immaginifica

fortissima. Tutti erano chiamati ad avere una parte in quel palcoscenico. Poi arriva l'ecstasy e i giochi cambiano. Se da un lato è stato come buttare benzina sul fuoco, dall'altro ha inasprito irrimediabilmente l'opinione pubblica. Da fine anni '90 in poi non si parlerà più di discoteca, se non per problemi legati a droghe ed alcool. Mai per la musica. È il momento giusto per invertire questa tendenza. Dalle sale da ballo all'arrivo dell'house music. I locali hanno attraversato tante mutazioni. Tirando due somme si è persa la concezione di locale oppure ancora sopravvive? Secondo me in alcuni pochissimi casi ancora sopravvive. Sono i locali da migliaia di persone persi nelle pianure italiane che non riusciranno più a farcela, testimoni di un'Italia che non esiste più. Per esempio nel film Alex Neri ci racconta dell'importanza che aveva per quei club il dj resident. Attorno a lui si creava tutta una famiglia. Oggi si è perso questo legame forte. Ma almeno la musica è rimasta a fare da collante nel clubbing moderno, sottolineando l'importanza del rito del ballo. Tutte le altre arti sono invece scomparse quasi del tutto. Il tema è complesso e non ho purtroppo una risposta chiara, ma mi sembra che tutti noi ora siamo nel romanzo generazionale di Jack Kerouac "Sulla strada" in cui la domanda è: "Dove andiamo? Non lo so, ma dobbiamo andare!" Non dobbiamo restare immobili perchè dentro di noi abbiamo impresso il senso del movimento. 62

DI TOMMASO STANIZZI


Quando si parla del passato, soprattutto in fatto di "clubbing" si ha sempre una grande nostalgia. Era meglio prima o è meglio oggi? Che idea ti sei fatta? Abbiamo provato a non dare al docufilm un taglio nostalgico, ma negli occhi degli intervistati era impossibile non cogliere la scintilla del passato. Credo che oggi il movimento esista ancora, ma abbia cambiato spazi e modi di fruizione. Se pensiamo in generale che la musica dance (permettimi di comprendere tutti i sottogeneri all'interno di una unica parola) è ancora ai primi posti di tutte le classifiche, capiamo che il pubblico ancora c'è. Quella cultura del "Love" e dello "Smile" forse l'abbiamo lasciata là, negli anni in cui la discoteca assunse caratteristiche quasi religiose, promettendo un "altromondo" ai propri seguaci. Sarò un'inguaribile ottimista, ma credo che il futuro prossimo ci riservi un ritorno al tipo di clubbing a cui ti riferisci tu, fatto non di grandi numeri ma di grandi passioni. Consideriamo che anche la moda è tornata prima agli anni '80 e poi ai '90. Perché? Semplicemente perché lì eravamo felici!

LA TUA MUSICA

IN TV sul 640 del digitale terrestre

Tantissimi contributi, molte facce note. E' stato semplice coinvolgere tutte queste figure autorevoli? La maggior parte di loro fortunatamente li conoscevo già per i miei trascorsi nei clubs. Altri mi hanno dato fiducia. Nel momento in cui un intervistato ti dona parte della sua vita, senti di avere una missione. Stai storicizzando quello che gli è successo e il tuo punto di vista di regista farà prendere alla storia una direzione piuttosto che un'altra. Un intervistato che non avevo avuto modo di conoscere precedentemente è stato per esempio Claudio Coccoluto. Il "corteggiamento" è stato lungo. Mi ha risposto fin da subito, ma giustamente voleva capire di avere di fronte una persona che facesse questo docufilm per passione nei confronti dell'argomento. Penso che lui, più di altri, sappia bene quanto sia rischioso a volte rilasciare interviste. Nel mio caso, è diventato una colonna portante del film. In realtà avremmo dovuto fare molte altre interviste, ma è arrivato il Covid e le riprese si sono bloccate. Il senso di quello che volevamo dire penso però che sia comunque chiaro, estraniandosi per un momento dalle singole discoteche, personaggi o storie personali. Il lato chiaro della luna c'è, ed è accecante da quanto è bello. ■

Gruppo Verona Network

marketing@veronanetwork 045 8650746


CONSIGLI E RIFLESSIONI

UNA FORESTA DI REGALI? Tra chi lamenta un calo negli acquisti e chi si è salvato con l’e-commerce, emerge un altro punto di vista, più riflessivo, che getta uno sguardo preoccupato all’impatto delle nostre abitudini sul benessere del pianeta. In particolare delle foreste.

N

on sarà un dicembre come gli altri, non sarà un Natale come gli altri. Questo lo ripetono tutti, spesso con accezioni opposte. Difficile dire se sposare la linea di pensiero positivo o quella pessimista, certo è che il tempo per riflettere non mancherà. Interessante allora, nel periodo che solitamente rappresenta il picco dei consumi, scoprire come le nostre abitudini di acquisto abbiano un effetto diretto sull’ambiente. La questione è stata trattata in svariate ricerche condotte negli anni da diverse istituzioni e cercando sul web è possibile ottenere informazioni sulla sostenibilità e l’origine di

qualsiasi prodotto, così come le indicazioni per un acquisto consapevole. Tra queste informazioni spicca il concetto di embedded deforestation (deforestazione incorporata) teorizzato nell’ambito di uno studio della Commissione Europea sul legame tra il consumo di alcuni beni e la deforestazione . In altre parole serve per definire quanta superficie di foresta costa un determinato prodotto. Caffè, legno, soia, carne bovina e pellame sono state oggetto di una recentissima indagine di WWF intitolata “Quanta foresta avete mangiato, usato o indossato oggi?” nella quale viene fotografato lo scenario attuale sulle materie prime all’origine della perdita forestale. È significativo che l’UE, nonostante il dichiarato impegno a ridurre la deforestazione tropicale, sia la destinazione finale per il 36% dei prodotti associati alla deforestazione stessa. Territorialità, aziende certificate, filiere trasparenti e materiali alternativi rappresentano, probabilmente, la soluzione alla devastazione forestale o, quantomeno, un punto di partenza per la diffusione di una sempre più necessaria cultura del consumo consapevole. ■ 64

DI CARLO BATTISTELLA DI ADICONSUM VERONA


IL GLOSSARIO DEL LAVORO UNA PAROLA PER VOLTA

MENO CASSA INTEGRAZIONE PIÙ OCCUPATI Il decreto ristori prevede una serie di misure per proteggere (e favorire) le assunzioni. Ecco quali sono.

D

al decreto ristori una buona notizia per le aziende scaligere: infatti ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, che non richiedono le nuove settimane di cassa integrazione è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico per un ulteriore periodo massimo di quattro settimane (che si aggiungono ai precedenti 4 mesi previsti nel Decreto Agosto) fruibili entro il 31 gennaio 2021. Accanto a questa possibilità rimane fino alla fine di marzo restano preclusi i licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo e restano sospese le procedure pendenti avviate dopo il 23 febbraio 2020. Il divieto si applica a tutti i datori di lavoro, indipendentemente dall’avere utilizzato la cassa integrazione. Restano ferme anche le deroghe individuate nella precedente decretazione. Infatti il divieto non si applica: - nelle ipotesi in cui il personale interessato dal licenziamento, già impiegato in un appal-

SPAZIO PUBBLICITARIO

to, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore; - nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività; dell’impresa conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell'attività, se non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano rappresentare un trasferimento d'azienda o di un ramo di essa; - nelle ipotesi di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione (nel caso in cui l'esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell'azienda, sono esclusi dal divieto i settori non compresi nello stesso); - nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, con riconoscimento ai lavoratori della Naspi. ■

DI EMILIANO GALATI SEGRETARIO FELSA CISL VENETO


ANGOLO PET

IL MAINE COON, “RE” VICHINGO Tra le razze di gatti più grandi al mondo, c’è il Maine Coon: la leggenda narra che l’antenato di questi gatti sia il Norvegese delle Foreste, un esemplare sbarcato con i Vichinghi nel Nord America intorno all'anno Mille e da cui hanno acquisito maestosità e dolcezza.

S

e volete un gatto regale e coccolone, il Maine Coon è la scelta giusta. Il nome di questa razza deriva, da un lato, dall’omonima fredda regione nordamericana, dall’altro da «coon», che significa procione, per via della similarità con la folta coda di questo animale. Secondo le ricostruzioni più attendibili sulle sue origini, questo gatto è il frutto dell’incrocio tra il Norvegese delle Foreste e i felini americani, a seguito della colonizzazione europea del Nord America. Il Maine Coon ha una silhouette rettangolare, zampe grosse e forti, dita lunghe e distanziate che gli consentono di avere una grande capacità prensile; tra i cuscinetti, sotto le zampe, crescono lunghi ciuffetti di pelo, utili a proteggerli dalle fredde temperature invernali, così come quelli sulle orecchie, che ricordano le linci; il muso, molto pronunciato, assomiglia a quello di un leone mentre il pelo, più lungo sulla criniera e sulle zampe, risulta essere più corto sul resto del corpo, pur mantenendo una consistenza morbida. Il mantello può assumere svariate colorazioni, sia solide (senza tigrature), sia tabby (con tigrature), eccetto per le tonalità colored point, lilac, fawn e chocolate. Per quanto riguarda gli occhi, invece, l’unico colore escluso è il blu, tranne nel caso in cui il pelo sia bianco: solo in questa circostanza è possibile che il gatto abbia occhi di colore impari, ovvero, per esempio, un occhio ambra e uno azzurro, oppure uno verde e uno azzurro. Prendendo in considerazione il peso, il maschio può arrivare fino a undici chili,

la femmina a sette. L’aspettativa di vita può raggiungere anche i vent’anni. A raccontarci ulteriori dettagli su questa splendida razza è Lavinia Cinelli, dell’allevamento specializzato “Ombre del Lago” in provincia di Brescia. «Sono sempre stata attratta dai grandi felini e il Maine Coon, con la sua maestosità e il suo sguardo fiero e serio, penso possa essere considerato il re dei gatti. Spesso viene definito “il gigante buono” e confermo che è davvero così: è un gatto estremamente affettuoso, giocherellone e di compagnia, che si adatta facilmente alla vita in famiglia. Io possiedo due maschi e cinque femmine, cui ho dedicato uno spazio apposito in veranda; ma hanno a disposizione anche il giardino, che ho fatto recintare e mettere in sicurezza». «Questa razza si abitua facilmente all’uso della pettorina e anche a viaggiare in macchina. Normalmente hanno una corporatura molto forte, tuttavia possono sviluppare una malattia cardiaca, chiamata Hcm, che i ricercatori stanno studiando per tentare di ridurne l’incidenza geneticamente» prosegue. «Per quanto riguarda gli accoppiamenti, accetto raramente i privati che si propongono per le cucciolate. I requisiti che valuto sono pedigree, test genetici effettuati, libretto sanitario e, naturalmente, buone motivazioni. Noi allevatori siamo molto attenti» conclude Lavinia. ■

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DI INGRID SOMMACAMPAGNA


In cucina con Nicole Qualche idea sana (e golosa) per le vostre giornate

di Nicole Scevaroli

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MOUSSE DI CACO, CREMA DI RICOTTA E CIOCCOLATO Un desser al cucchiaio naturalmente dolce e cremoso Ingredienti: • 2 uova, 2 cucchiai di zucchero • 200g di ricotta, 2 cachi maturi • Cioccolato fondente grattuggiato, Cacao amaro

Consiglio nutrizionale

Quest’anno per le feste vi propongo due ricette dolci, eh si, ne abbiamo proprio bisogno! Ho preferito la ricotta al mascarpone o al burro per alleggerire un po’ l’apporto di grassi. Vi ricordo di sostenere le vostre difese immunitarie con buone quantità di frutta e verdura cruda, colorata e di stagione, ricca di vitamine e sali minerali. Un consiglio? Sgranocchiatene qualche pezzetto mentre cucinate

Prepariamo la crema montando gli albumi con un cucchiaio di zucchero. Montiamo i tuorli con lo zucchero rimasto. Uniamo tuorli, ricotta e albumi. Togliamo la buccia ai cachi e frulliamo la polpa. Versiamo i cachi in un bicchiere e copriamo con la crema. Decoriamo con cacao e cioccolato.

IL TRONCHETTO DI NATALE Pan di spagna al cacao farcito con panna ricotta e cioccolato Ingredienti: • 3 uova • 50g zucchero • 40g farina + 20g fecola • 10g cacao amaro, 10g miele • 250g ricotta, 100g panna da montare • 1 cucchiaio di zucchero a velo, cioccolato fondente, ribes Montiamo 2 albumi con 10g zucchero. Montiamo i tuorli e un uovo intero con lo zucchero rimasto. Aggiungiamo ai tuorli miele, farina, fecola e cacao. Incorporiamo gli albumi. Versiamo il composto sulla teglia del forno, foderata con l’apposita carta e inforniamo a 200 gradi per 7 minuti. Una volta pronto lo avvolgiamo in un foglio di carta da forno bagnato. Prepariamo la mousse montando la panna con lo zucchero a velo, poi uniamo la ricotta. Dopo 15 minuti possiamo farcire il pan di spagna con la mousse. Lo arrotoliamo, lo chiudiamo con la pellicola e lo riponiamo in frigorifero per almeno 2 ore. Decoriamo con cioccolato fondente fuso e ribes freschi.


articolo pubbliredazionale

IL VALORE DELLA SOSTENIBILITA’ Ad aggiudicarsi l’edizione 2020 è il manager Marco Pasquotti grazie al suo Report Integrato Marco Pasquotti vince la 12^ edizione del Premio Verona Giovani 2020 grazie alla sua visione incentrata sul Report Integrato, strumento utile per far emergere, misurare, rendicontare e quindi comunicare l’approccio delle PMI alla sostenibilità, ai temi ambientali e sociali. Per la Giuria del Premio, il manager veronese ha saputo cogliere per tempo i segnali di un cambiamento radicale che sta investendo le aziende italiane e il loro approccio sul mercato, infatti Pasquotti già dal 2012 aveva promosso, in qualità di manager (Cfo) di una Pmi manufatturiera veronese del settore lapideo, un percorso per far emergere i valori della sostenibilità che facevano già parte del Dna dell’azienda. «Sono molte le Pmi del nostro territorio che hanno particolare cura del proprio capitale umano, che contribuiscono ad iniziative nella comunità in cui sono inserite e che limitano, per quanto possibile, l’impatto delle proprie produzioni o servizi sull’ambiente. – spiega il vincitore del Premio Verona Giovani 2020 - L’aspetto inedito del percorso avviato, e poi condotto negli anni successivi, è stato quello di voler misurare, rendicontare e quindi comunicare all’esterno. Da un lato ha significato dare valore agli asset intangibili (capitale umano, intellettuale, sociale e relazionale, naturale), dall’altro ha portato a darsi obiettivi di miglioramento».

della calzetteria, in provincia di Mantova, dove è altrettanto forte l’interesse su questi temi. Parte proprio in queste settimane una nuova analoga sfida di cui sono convinto parleremo diffusamente». L’edizione 2020 del Premio Verona Giovani si è inserita nel solco di quanto tracciato lo scorso anno. Infatti la “sostenibilità” è stato il riferimento anche per gli approfondimenti toccati dai relatori ospiti nonché il valore fondante, come dicevamo, per l’assegnazione del riconoscimento al premiato. Se nel 2019 la sostenibilità era stata presentata nelle sue molteplici accezioni, dunque da ambientale a energetica, da sociale a imprenditoriale, quest’anno ci si è soffermati sulla sua attenta declinazione in termini economico/finanziari e nei rapporti delle PMI con le proprie parti interessate.

L’impatto del progetto ideato da Marco Pasquotti è stato superiore alle aspettative. È diventato best practice a livello internazionale, ed è stato presentato su palcoscenici internazionali, oltre a contribuire al dibattito nazionale e a pubblicazioni di Harvard Business School. Da ultimo è stato citato in un documento elaborato da Università Bocconi per UNCTAD (Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo).

«La pandemia che stiamo vivendo ha sì modificato il modo di sviluppo e comunicazione del convegno, ma ha rafforzato quelli che sono stati i contenuti trattati in quanto si è ancora una volta rafforzato il concetto che senza “sostenibilità” non vi sia presente né futuro» dichiara il Presidente di ApiGiovani Michele Ghibellini, intervenuto quest’anno, dopo i saluti istituzionali del Sindaco di Verona Federico Sboarina, assieme ai cinque relatori: Sabrina Bonomi, Marco Buemi, Beatrice Scappini, Maurizio Zordan e il premiato Marco Pasquotti.

«Ora sono CFO di un’altra Pmi del settore

«I fini delle imprese – spiega Sabrina Bo-

«La misurazione e rendicontazione della sostenibilità le ho poi incluse nel bilancio dell’azienda, realizzando un report integrato, da cui far emergere appunto la creazione di valore non solo nel breve termine, ma anche nel medio-lungo periodo» prosegue Pasquotti.

nomi - sono per natura molteplici e il profitto si rivela una misura riduttiva dei risultati; i capitali intangibili sono sempre più rilevanti nel successo di lungo periodo e come si genera il profitto è più importante della quantità realizzata. Per capire il senso delle imprese, bisogna misurarne e comunicarne il valore, l’impatto ossia il cambiamento generato nella comunità rispetto a dei domini di valore previamente scelti. Quelli legati all’economa civile VINCITORE PREMIO APIGIOVANI: Marco Pasquotti

PRESIDENTE APIGIOVANI: Michele Ghibellini armonizzano sostenibilità economica, sociale e ambientale, evitando dicotomie tra fioritura personale e professionale, tra


azienda e comunità di riferimento, tra etica e performance». «Da un lato è necessario che le aziende riconsiderino la vita lavorativa delle risorse impiegate al loro interno e i servizi offerti ai lavoratori – aggiunge Marco Buemi dall'altro è necessario adattare gli aspetti relazionali, sociali ed economici delle organizzazioni stesse in funzione di nuovi valori quali inclusione, creatività ed innovazione». «Il Diversity Management – continua Buemi - che si basa su una gestione della forza lavoro centrata sull’inclusione e sulla promozione delle diversità, può offrire alle aziende una serie di vantaggi competitivi. Nasce in questa ottica, DNA - Difference iN Addition, una piattaforma multi stakeholder pensata per mettere in contatto il mondo delle aziende, della pubblica amministrazione e del terzo settore con modalità di gestione più partecipativa e inclusiva. Un servizio personalizzato ed efficiente ai beneficiari e alle aziende, con l’obiettivo di lavorare sui temi della formazione, comunicazione, employer branding, ricerca di talenti e bandi europei e nazionali, nella convinzione che l’appartenenza alle categorie protette, la disabilità, l’origine etnica, la religione, l’orientamento sessuale, l’identità di genere e l’età possono essere considerate risorse fondamentali per le organizzazioni, in termini di idee e competenze». Ma come, le aziende, soprattutto le PMI posso cercare di perseguire questi impegni? Beatrice Scappini sottolinea le possibilità che offre la trasformazione delle imprese in società benefit. «Le società benefit – afferma - sono società for profit, quindi imprese, che nel loro oggetto sociale dello statuto dichiarano anche attività di beneficio comune, ed operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse. Attraverso una gestione volta al bilanciamento con l'interesse dei soci e con l'interesse di coloro sui quali l’attività sociale possa avere un impatto». «Beneficio comune – conclude Scappini - è definito dalla legge come un materiale impatto positivo sulla società e sull’ambiente, misurato contro uno standard di terza parte indipendente. Da un punto di vista giuridico trasformare la propria società in società benefit è l’atto più serio che si possa fare verso la sostenibilità, perché nella sua essenza giuridica-for-

male l’impresa è votata ad avere un impatto positivo sui vari stakeholders». Questo impegno è stato preso in prima persona da Maurizio Zordan e dalla sua azienda Zordan Srl SB. «La nostra azienda già nel 2007, dopo aver lavorato per due anni in Cina, ha iniziato un percorso di differenziazione basato sulla sostenibilità. Dopo aver intrapreso alcune azioni dirette sullo stabilimento di Valdagno ed implementato le due principali certificazioni forestali FSC e PEFC nel 2015 troviamo nel movimento delle BCorporation (nato in Usa nel 2007) la quadratura del cerchio. Alla fine del 2016 l'azienda si trasforma in Società Benefit e si certifica Bcorp con 81 punti, appena sopra il livello minimo di 80 punti definito dalle metriche Bcorp come il break even di sistema. Nel 2020 il gruppo Zordan, che nel frattempo acquisisce l'azienda Woodways in Michigan, si ricertifica Bcorp con 106,5 punti dopo aver dichiarato che diventerà Carbon Free entro il 2030». «Nel frattempo l'amministratore delegato del maggior fondo di investimento americano (Larry Fink di Black Rock) - conclude Zordan - chiede ai manager delle imprese che finanzia di occuparsi di come vengono generati i risultati, invitandoli ad occuparsi della sostenibilità ambientale e sociale. Sempre in questi ultimi anni anche un'altra influente istituzione mondiale ovvero la Chiesa Cattolica per mano del suo Papa, scrive encicliche su questo e lo scorso anno inizia a lavorare su un nuovo modello economico. Chi avrebbe mai detto che le più grandi imprese americane e il Papa potessero lavorare sullo stesso piano?»

I vincitori delle precedenti edizioni: 2008 2009

2010 2011 2012 2013 2014 2016 2017

www.apiverona.it

2018 2019

Flavio Tosi, Sindaco di Verona Ricercatori del Laboratorio di ricerca sulle cellule staminali della Sezione di Ematologia e Farmacologia del Policlinico di Borgo Roma Gaetano Morbioli, regista Andrea Battistoni, direttore d’orchestra Francesca Porcellato, atleta e fondista paralimpica Luigi (Gigi) Fresco, Presidente e allenatore della Virtus Vecomp Christian Oddono, impresa alimentare made in Italy nel mondo La Ronda della Carità, Associazione di volontariato ai senza fissa dimora Ateneo di Verona, per il primo posto in classifica tra le “Università statali di qualità”. Exor International SpA Start-up Ono Exponential Farming


DICEMBRE GENNAIO 2020

E L A T A D N N A M E D ON #02



3

novembre 2020

S PE T TACO L I & EVE N T I

MARCIA DEL GIOCATTOLO 2020

La ricerca che fa strada Torna anche quest’anno la Marcia del Giocattolo, giunta alla 43esima edizione. In una modalità completamente nuova: Marcia del Giocattolo si trasforma e diventa un evento diffuso cui partecipare individualmente o con la propria famiglia, martedì 8 dicembre, da qualunque città d’Italia. #DoveSeiTu Martedì 8 dicembre, come da tradizione, si terrà la Marcia del Giocattolo: ma nel rispetto delle normative di sicurezza l’evento non sarà a Verona, con partenza dall’arco in Piazza Bra, come nelle passate edizioni.

ca in ambito pediatrico.

Tra le 8:00 e le 18:00 ogni partecipante potrà camminare o correre dove preferisce, in tutta Italia – osservando le indicazioni delle autorità territoriali competenti. Quest’anno la Marcia del Giocattolo è #DoveSeiTu.

COME ISCRIVERSI Ci si può iscrivere alla Marcia del Giocattolo compilando l’apposito form on-line, sul sito internet www. marciadelgiocattoloverona.it ed effettuare una donazione di 12 euro (5 euro per i minori di 10 anni) direttamente a Fondazione Città della Speranza, a cui vanno aggiunte le spese di spedizione del pacco gara. Lo riceverai direttamente a casa tua o all’indirizzo che preferisci. Il pacco comprende la maglia ufficiale della Marcia, un giocattolo per

A sostegno di Fondazione Città della Speranza Onlus, che dal 1994 si adopera per migliorare le condizioni di cura e assistenza dei bambini con patologie oncoematologiche e di finanziare la ricerca scientifi-

Una corsa per la solidarietà, distanti ma uniti, per fare del bene.

Foto dell’edizione 2019. Dal sito www.marciadelgiocattoloverona.it

i minori di 10 anni e alcuni prodotti offerti da aziende partner. COME SEGUIRE LA MARCIA Sui canali social dell’evento, sulla pagina Facebook e Instagram di Associazione Straverona e cliccando “partecipa” sull’evento Facebook. Durante il giorno dell’evento posta i tuoi scatti taggando le pagine e utilizzando gli hashtag #MdG2020 e #DoveSeiTU

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NELLE VESTI DI SAN ZENO Intervista a Diego Carli

Abbiamo rivolto alcune domande a Diego Carli, attore e regista sia di teatro che di cinema, triestino di origine ma veronese di adozione. Tante le iniziative realizzate negli scorsi mesi e i progetti in cantiere, tra cui la docu-fiction dedicata al patrono della città scaligera.

«Ho cominciato con il teatro e, come teatrante, ho lavorato e lavoro ancora moltissimo all’estero, - racconta Diego Carli - con la compagnia di teatro musicale Jas Gawronski Brothers»: insieme girano il mondo da più di 20 anni. Prosegue Carli: «Contemporaneamente, anche per gli studi che ho fatto, la mia passione per il cinema non si è mai sopita: di conseguenza ho cominciato a fare il regista e anche l’attore di cinema». Nonostante non manchino le difficoltà – a questo proposito il regista commenta che «la sospensione degli spettacoli è non solo una questione lavorativa, ma anche di

vita, perché la tua vita è dedicata al pubblico» – il periodo «abbastanza drammatico» che i lavoratori dello spettacolo stanno vivendo da inizio marzo è stata anche l’occasione per reinventarsi e proporre qualcosa di nuovo: «Ad aprile abbiamo avuto l’idea di girare un super short sul lockdown, ho coinvolto i miei allievi di cinema e abbiamo realizzato un cortometraggio, girato da casa propria, con la regia a distanza. Con i miei collaboratori – prosegue l’attore – stiamo ora aprendo un canale Youtube che si chiama Horror Bites, “morsi di cinema horror”, piccoli short movie da un minuto». Tanti anche i progetti che Diego

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Carli ha in “cantiere” per i prossimi mesi: «La cosa bella è che interpreterò San Zeno in una docu-fiction che verrà girata tra gennaio e febbraio 2021, per la regia di Mauro Vittorio Quattrina, un grandissimo regista-documentarista, che unisca la fiction con il documentario vero e proprio. È un onore per me essere stato scelto per questo ruolo, un ruolo totalmente veronese, perché Verona è la città che mi ha adottato – i miei natali, per chi non lo sapesse, sono triestini. Sono stato anche chiamato come attore, una piccola parte nella fiction “L’Alligatore”, per la regia di Daniele Vicari con la casa di produzione Fandango; mi potete poi vedere nelle vesti di Babbo Natale nella pubblicità natalizia dedicata a Disney Plus». Conclude Carli: «Direi che la docu-fiction è la cosa che più è nel cuore in questo momento». Si rivolge dunque ai giovani che vogliono intraprendere la carriera di

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attori: «Il consiglio è di studiare molto, di scegliere scuole e insegnanti validi e di crearsi un percorso personale: questo perché recitare nel cinema è impegnativo, bisogna essere nella parte in un secondo, non dimenticare nulla ed essere molto concentrati, visto che attorno a te c’è una moltitudine di persone che possono distrarti». «Recitare non è mai facile - precisa l’attore - ed è totalmente diversa la concentrazione necessaria ad un attore di teatro e a uno di cinema. Difficoltà e soddisfazioni fanno par-

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te di entrambi questi mondi, e un attore deve saper fare sia uno che l’altro: gli attori di cinema che hanno una preparazione teatrale sono molto più avvantaggiati, e chi vuole fare il professionista nel campo di questo tipo di spettacolo deve saperlo», conclude l’attore e regista Diego Carli.


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COSA GUARDARE IN STREAMING secondo la redazione di Pantheon

15esima SETTIMANA VERONESE DELLA FINANZA

Giovedì 3, 10 e 17 dicembre ore 18.00 su Radio Adige TV 640, sul sito www.radioadige.veronanetwork.it e sui canali social del Gruppo Verona Network.

“LA SCIENZA NASCOSTA NELL’ARTE” A PALAZZO MAFFEI Ogni 15 giorni, il venerdì, sui canali social e sul sito del Museo, attraverso video e racconti, gli studenti dell’Università di Verona gettano un ponte tra scienza e arte, svelando nelle opere della Collezione connessioni che mostrano il dialogo tra il sapere scientifico e la creazione artistica. Per approfondire: https://palazzomaffeiverona.com/la-scienza-nascosta-nellarte/.

I MUSEI CIVICI A VERONESI A CASA TUA

Visite guidate il sabato mattina Sabato 5 dicembre ore 10.00 Museo di Castelvecchio Sabato 5 dicembre ore 11.30 Museo degli Affreschi “G. B. Cavalcaselle” alla Tomba di Giulietta Sabato 12 dicembre ore 10.00 Museo Archeologico al Teatro Romano Sabato 19 dicembre ore 10.00 Galleria dArte Moderna “Achille Forti” a Palazzo della Ragione Le visite guidate si tengono sulla piattaforma Zoom, previa iscrizione. Per informazioni: segreteriadidattica@comune.verona.it / 045 8036353.

GARDALAND E I CARTONI DI PREZZEMOLO

I 24 episodi della serie verranno caricati sul canale Youtube del Parco e sul sito Gardaland.it con due appuntamenti settimanali, il martedì alle ore 16.00 per la Merenda con Prezzemolo e il venerdì alle ore 20.00 per la Buonanotte di Prezzemolo. Per vedere gli episodi, www.gardaland.it/it/le-nostre-attrazioni/ prezzemolo-la-nostra-mascotte/i-cartoni-di-prezzemolo/.


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ORGANIZZA IL TUO EVENTO INSIEME A VERONA NETWORK Il Gruppo Verona Network mette a disposizione la propria esperienza e un’innovativa visione del mondo degli eventi, per aiutarti a creare il tuo evento personalizzato, proprio come lo vuoi tu.

Un servizio semplice, comodo ed economico: è quello che offre il Gruppo editoriale Verona Network, che si compone di Pantheon, il mensile che da oltre 10 anni racconta le storie dei Veronesi, Daily, il quotidiano digitale di Verona, e Radio Adige TV 640, la storia radio scaligera, che ogni giorno offre buona musica e tanta informazione di qualità. Un team giovane e smart, un’esperienza pluriennale di Giornalismo mobile e Radiovisione, uniti a visione strategica e innovativa del mondo degli Eventi. Organizza il tuo evento personalizzato insieme a Verona Network: dirette streaming o in differita, in presenza o a distanza. Con Verona Network il tuo evento è possibile.

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15° SETTIMANA VERONESE DELLA FINANZA Cinque incontri per la ripartenza del territorio Torna la Settimana Veronese della Finanza, giunta alla sua 15a edizione: cinque incontri di idee e proposte per la ripartenza del territorio, su Radio Adige TV 640, in streaming su www.radioadige.com e sui canali social del Gruppo Verona Network, ogni giovedì, dal 19 novembre al 17 dicembre. Giunge alla 15a edizione la Settimana Veronese della Finanza, dell’Economia e del Lavoro che si articola in cinque appuntamenti, ogni giovedì alle 18,00, da giovedì 19 novembre a giovedì 17 dicembre, su Radio Adige TV 640, in streaming su www.radioadige.com e sui canali social del Gruppo Verona Network. L’evento, promosso dall’associazione Verona Network che riunisce oltre 60 enti istituzionali e oltre 3000 operatori economici, è dedicato alla Finanza, all'Economia e al Lavoro e vuole favorire l’incontro e il dialogo, in questo caso virtuale, tra imprese, risparmiatori e sistemi finanziari veronesi. GIOVEDÌ 19 NOVEMBRE: “QUALE FUTURO PER L'ECONOMIA VERONESE?” Primo appuntamento giovedì 19 novembre dal titolo “Quale futuro per l'economia veronese? Le ripercussioni del Covid-19. Il caso

Cattolica Assicurazioni. Idee e proposte per far ripartire il nostro territorio”.

Commissione Bilancio della Camera; Zeno D’Agostino, Presidente Porto di Trieste.

Partecipano al convegno Sen. Pier Paolo Baretta, Sottosegretario Ministero Economia e Finanze; Sen. Alberto Bagnai, Economista Com. Finanze e Tesoro Senato; Mons. Renzo Beghini, Direttore Fondazione Toniolo; Cons. Stefano Valdegamberi, Consigliere Regione Veneto; On. Paolo Paternoster, Commissione Bilancio della Camera; Germano Zanini, Presidente Associazione Verona Network; Maurizio Zumerle, Presidente Associazione Soci “Apaca” e Renato Della Bella, Presidente Apindustria Verona. Presenti inoltre le principali associazioni economiche veronesi. Modera Matteo Scolari, Direttore Verona Network.

Conducono Matteo Scolari, Direttore Verona Network, e Giuseppe Giuliano, Direttore Giornale L’Adige.

GIOVEDÌ 26 NOVEMBRE: “VERONA RIPARTE DALLE INFRASTRUTTURE” La seconda puntata è dedicata alle infrastrutture della Regione Veneto: Tav, autostrade A4 e A22, aeroporto, Pedemontana, ma anche scalo merci, centri logistici e aree portuali. Intervengono: Ass. Elisa De Berti, Vicepresidente Regione Veneto; Manuel Scalzotto, Presidente della Provincia di Verona; On. Gianni Dal Moro,

GLI APPUNTAMENTI SUCCESSIVI Gli appuntamenti successivi sono, sempre alle 18,00, giovedì 3 dicembre, dal titolo “Verona riparte dall’industria”, e giovedì 10 dicembre, dal titolo “Diamo energia a Verona e all’Italia. L’appuntamento conclusivo è giovedì 17 dicembre, alle 18,00: a tema “I soldi dei Veronesi”. Tutti gli eventi vengono trasmessi in streaming su Radio Adige TV 640 e sui canali social del Gruppo Verona Network: sulla pagina Facebook di Radio Adige TV, di Daily – Il quotidiano digitale di Verona e sul canale Youtube di Pantheon.

Prima puntata

Seconda puntata


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Il quotidiano di Verona

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PROGETTO VOCE, LA LIRICA PER TUTTI Una chiacchierata con... Chiara Angella e Silvio Zanon Abbiamo rivolto qualche domanda a Chiara Angella e Silvio Zanon, cantanti lirici e fondatori di “Progetto Voce”: accademia di canto lirico, nata a Verona nel 2009, con la quale Chiara e Silvio mettono la propria esperienza di cantanti lirici – baritono Silvio, soprano Chiara – al servizio di quanti desiderano avvicinarsi all’arte del canto, sia come solisti, attraverso lezioni individuali, sia come spettatori. “Progetto Voce” si occupa anche infatti di realizzare eventi e occasioni di promozione dell’opera, per soddisfare chi già la conosce ma soprattutto per affascinare chi vi si accosta per la prima volta attraverso concerti, guide all’ascolto ed opere complete. “Progetto Voce” è un sogno dei due fondatori, nato non a caso «in una delle capitali della musica italiana», per portare «tutto quello che abbiamo imparato e fatto in questi anni alle nuove leve e spiegare anche a loro come intraprendere questa meravigliosa professione», dichiara Silvio Zanon.

Come è nato “Progetto Voce”? «“Progetto Voce” nasce da un sogno mio e di Chiara – inizia Silvio – : dopo tanti anni a cantare nei più grandi teatri del mondo, dal Bol'šoj di Mosca allo Staatsoper di Vienna, dalla Scala di Milano all’Arena di Verona, abbiamo deciso di fermarci e abbiamo scelto Verona – io sono di Venezia e Chiara è toscana – perché la consideriamo una delle capitali della lirica italiana e abbiamo deciso di portare alle nuove leve tutto quello che abbiamo imparato e abbiamo fatto in questi anni, per spiegare anche a loro come intraprendere questa meravigliosa professione». «Era il sogno – prosegue Chiara – di trasferire con una nostra “impronta”, dopo averlo imparato

sulla nostra pelle, che cos'è il canto e il rispetto per lo straordinario strumento che è la voce: è un'“impronta” dove c'è molto di noi, dove cerchiamo di rapportarci tenendo contro di chi abbiamo di fronte e di comprenderne le difficoltà. Vorremmo essere anche un “contenitore” di informazioni, a disposizione di chi avesse scelto di essere parte di questo nostro progetto». Un progetto che è stato naturalmente interessato da questo periodo di stop “imposto” al mondo dello spettacolo. Come lo state affrontando e che cosa ne avete appreso?


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«Non è un periodo semplice questo, dove non è possibile realizzare eventi e proporsi artisticamente al pubblico dal vivo – risponde Chiara –: ma l’arte non muore ed è più che mai necessaria per essere “alti con gli spiriti” e sempre propositivi. Noi desideriamo comunque parlare di arte, proporre progetti futuri e soprattutto continuare ad essere attivi nella nostra professione: abbiamo naturalmente proseguito con il nostro lavoro di docenti attraverso le piattaforme online e, nel periodo del lockdown, abbiamo realizzato un corso di 15 lezioni gratuite di canto, in streaming sulla nostra pagina Facebook, e che ancora adesso sono reperibili sul nostro sito www. progettovoce.com». «Purtroppo adesso il lato “eventi” – commenta Silvio – è fermo perché non si possono fare concerti e opere per paura di questo virus. Desidereremmo comunque che il canto fosse egualmente realizzabile, magari anche attraverso concerti da solisti. Per esempio, in occasione del lockdown, abbiamo realizzato un piccolo concerto nella splendida Lessinia, alla cappellina di Cerro Veronese, dove abitiamo: abbiamo cantato delle canzoni, amplificati, e siamo stati ascoltati da tutto il paese. Si sente – conclude Silvio – che c'è bisogno di arte: non dimentichiamoci che il lockdown, senza l’arte, sarebbe stato ancora più difficile».

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Tanti i progetti che Chiara e Silvio hanno in mente per il futuro: «Abbiamo ideato una sorta di Opera for dummies, spettacoli dove raccontiamo aneddoti e curiosità dell'opera che andremo ad eseguire e del suo compositore, per svegliare l'interesse del pubblico. Il nostro obbiettivo è far capire che l'opera è accessibile a tutti, godibile e magnifica e, attraverso questi eventi, coinvolgere, divertire ed emozionare. Abbiamo pronti Il Barbiere di Siviglia, la Traviata, Elisir d'amore e Pagliacci, mentre le prossime opera saranno Così fan tutte e Orgoglio veneto, uno spettacolo al quale – precisa Silvio – io da veneziano tengo molto. È uno spettacolo che parlerà ai veneti della loro storia: siccome mio padre era un noto storico veneziano, volevo tornare a raccontare ai veneti, attraverso l'arte, la nostra storia meravigliosa e antichissima». Concludiamo la chiacchierata con un messaggio ai lettori di Pantheon da parte di Silvio e Chiara. «Per tutti quelli che si sentono tristi e che hanno paura, l’unica cura che io vi consiglio è l’arte – dice Silvio –. State nell'arte: ascoltate musica, guardate un film o una piéce teatrale e ricordate che essa è nutrimento dell'anima e tutto serve per passare questo brutto periodo». «Salutiamo tutti i lettori di Pantheon – conclude Chiara – e ci teniamo a farvi sapere che siamo a disposizione se possiamo portarvi un po’ del nostro ottimismo e un po’ della nostra competenza artistica. Non abbiate paura di lasciarvi andare, di sognare e di essere felici, in un momento in cui si potrebbe essere più propensi alla tristezza. Cerchiamo sempre di pensare positivo e di coltivare la nostra anima: siamo qua e la nostra vita è un successo».


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