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Anno 8, Numero 4
Maggio 2015
Pantheon www.giornalepantheon.it
FESTIVAL LIRICO
PERSONAGGI
SALUTE
HELLAS
L’intervista al direttore artistico
Agnese Moro racconta il padre Aldo
L’Ospedale di Negrar contro i tumori con i radiofarmaci
30 anni dalla vittoria dello scudetto
Nei nostri wine shop un grande panorama di vini per la vendita diretta dal vino sfuso alle bottiglie di prestigio
Cantina di Colognola ai Colli Cantine dei Colli Berici www.collisgroup.it COLOGNOLA AI COLLI (VR) Via Montanara 5 – LONIGO (VI) Viale Vicenza 29 – SAN BONIFACIO (VR) Via Chiavichetta 92 – BARBARANO VICENTINO (VI) Via Ca’ Dolfina 40 – MERLARA (PD) Via Bindola 593 – DESENZANO DEL GARDA (BS) Via Unità d’Italia 124 – MONTICHIARI (BS) Via Ghedi 49 – CAZZAGO S.MARTINO (BS) Via Padana Superiore 7 – CONCESIO (BS) Via Europa 246/D – MARTINENGO (BG) Via Trieste 48 – CASNIGO (BG) Via Serio 68 – COSTA VOLPINO (BG) Via Nazionale 277 – LODI (LO) Via Martin Luther King 5 – SETTALA (MI) Via Grandi 2 – LIMBIATE (MB) Corso Como 3 – VERCELLI (VC) Via Torino 54 – ARCORE (MB) Via Alfonso Casati 169 – VIGEVANO (PV) Corso Novara 215/A – ROMA (RM) Via Portuense 851 – VENARIA REALE (TO) Via Druento 140 – GAGLIANICO (BI) Via Camillo Cavour 3 – SALSOMAGGIORE TERME (PR) Via Parma 35 Sede: MONTEFORTE D’ALPONE (VR) VIA CAPPUCCINI 6 – TEL 0456108222 FAX 045 6170161 info@collisgroup.it
EDITORIALE “Sta tornando la consapevolezza che da una situazione difficile si possono sempre trovare soluzioni e spiragli”. di Matteo
“L
Scolari
a ripresa c’è, avanti con le riforme». È questa la chiosa finale pronunciata dal Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco intervenuto il 26 maggio scorso, a Roma, in occasione dell’assemblea annuale della banca centrale italiana. Parole di lieve ottimismo, sempre molto prudenti e attente, che ricordano che «in Italia, nel 2014, è stata avviata un’azione di riforma riconosciuta a livello internazionale i cui i benefici non sono immediati, ma che proprio per questo va allargata, sostenuta e accelerata nella sua fase di attuazione per non deludere le aspettative di cambiamento e per sostenere, nel tempo, una crescita occupazionale». Un’uscita dal tunnel buio della crisi? Sarebbe troppo bello. E comunque sarebbe troppo presto per affermarlo. Tuttavia, ho deciso di riportare queste considerazioni del Governatore di Bankitalia in apertura di editoriale perché ripropongono,
ancora una volta, un atteggiamento mentale che sta fortunatamente riaffiorando tra le persone. Sta tornando, a mio avviso, la consapevolezza che da una situazione difficile, talvolta drammatica, dal punto di vista economico e sociale, si possono sempre trovare soluzioni e spiragli. Certo, lo stesso Visco sottolinea che per attuare un vero cambiamento, un’inversione di rotta rispetto ai trend negativi di questi ultimi anni, le aziende si devono impegnare in modo serio nei processi di innovazione e le banche devono tornare a erogare maggiore credito alle imprese stesse. Uno sforzo comune, da ambo le parti, che può portare a una stabilizzazione della crescita, non solo in termini di PIL, ma anche a un ritorno di fiducia ed entusiasmo tra la gente. Quello che tutti ci auguriamo da tempo. Rimanendo sempre in tema di entusiasmo, non posso non coinvolgervi brevemente anche nel viaggio ad Expo che abbiamo effettuato sabato 16 maggio assieme ai collaboratori di Pantheon e a tutti i volontari di VeronaExpo. É stato il primo di una lunga serie e ci siamo divertiti tantissimo. Dell’Esposizione Universale di Milano ne abbiamo parlato a lungo, cercando
di raccontare o di immaginare assieme a voi sulle edizioni precedenti di Pantheon, atmosfere, luoghi, colori, musiche e sensazioni. Ebbene, adesso che ci siamo stati possiamo dirvi che si tratta davvero di uno spettacolo meraviglioso a cui vi invito tutti a partecipare. Le persone che erano con noi e che sono andate nei giorni successivi con i pullman organizzati dall’Associazione temporanea di scopo VeronaExpo, hanno espresso la volontà di tornare al più presto per rivivere un’emozione davvero straordinaria. Ma Expo non è solo un luogo di divertimento. Tornando al nostro discorso iniziale, parlando di crescita e fiducia nel futuro, a Milano troverà un posto anche la nostra Verona. Venerdì 12 giugno alle ore 11.00, all’interno del padiglione della Sierra Leone, VeronaExpo terrà un conferenza stampa di presentazione del progetto “Carta di Verona”, un’iniziativa che, come leggeremo nelle prossime pagine del giornale, cercherà di formulare e di rendere disponibile al termine dell’Esposizione (31 ottobre 2015) un documento di intenti e proposte che interessi da vicino i principali temi che riguardano la nostra città. Come vedete c’è tanta voglia di fare. C’è tanta voglia di sognare.
Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle. Denis Waitley
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P antheon il magazine di Verona
Registrazione Tribunale di Verona n.1792 del 5/4/2008 Numero chiuso in redazione il 24/05/2015
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PRIMO PIANO
Cibo: le nuove tendenze Cresce il numero di vegetariani e vegani. Motivazioni, ragioni e miti da sfatare.
AGROALIMENTARE Tra tofu e satain
Tutte le alternative della carne, spiegate bene.
SOMMARIO 20 22
Birra artigianale e street food. Questo il viaggio nel gourmet su 4 ruote.
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VERONAEXPO A MILANO La carta di Verona
Dopo l’Esposizione Universale e la Carta di Milano, l’impegno di Verona.
CREDITO&IMPRESA
Progetto Smart Farm Village Un villaggio autosufficiente grazie al riso. La sfida della Sierra Leone.
SPECIALE EXPO
Racconti da Milano Architetture, colori, sapori di un evento davvero meraviglioso.
Festival lirico areniano
Intervista al direttore artistico Paolo Gavazzeni.
INTRAPRENDENZA FEMMINILE
Tessuto, una specie di amore I fili, gli intrecci e i colori di Verona Tessile e gli abiti di Filotimo.
GIOVANI E LAVORO
Beer Eat Fest in Arsenale
ACCOGLIENZA&TURISMO
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IL PERSONAGGIO
Vi racconto mio padre
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Agnese Moro parla al Pasoli grazie a Rete Prospettiva Famiglia.
INIZIATIVE
Una Verona più accessibile
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Il convegno e l’iniziativa per abbattere le barriere architettoniche.
SALUTE&BENESSERE
Terapie con i radiofarmaci
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L’ospedale di Negrar in prima linea contro i tumori.
SOLIDARIETA’&NO PROFIT Una sola madre Terra Festa dei Popoli alla 24esima edizione. Un appuntamento ormai imperdibile.
ARTE CULTURA
Il castello di Poiano Alla scoperta di una vera perla della Valpantena.
ARTE CAMPANARIA Rintocchi in Bra
A Verona il raduno nazionale dei suonatori di campane da tutta Italia.
SPECIALE GRANDE GUERRA Pedagogia e propaganda
L’abbecedario del Museo Fioroni di Legnago.
VAL D’ILLASI
La cantina di Cazzano Un progetto di valorizzazione terrritoriale della casa vinicola Bennati.
HI-TECH
Roboval 2015 all’Arsenale Il mondo dell’Innovazione nelle parole di Alberto Valente.
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Redazione e Collaboratori
LIBRO DEL MESE 59 In cucina con
da pag. 28
Direttore responsabile: Matteo Scolari Redazione: Matteo Scolari, Moira Falzi, Miryam Scandola, Flavio Brutti,. Hanno collaborato al numero di maggio 2015: Adiconsum Verona, Matteo Bellamoli, Marta Bicego, Giorgia Castagna, Francesca Mauli, Giovanni Melotti, Marco Nicolis, Emanuele Pezzo, Camilla Pisani, Erika Prandi, Miryam Scandola, Nicole Scevaroli, Alessandra Scolari, Ingrid Sommacampagna, Giovanna Tondini, Giulia Zampieri, Mattia Zuanni. Copertina: Flavio Brutti Progetto grafico: Flavio Brutti Società editrice: InfoVal S.r.l. Redazione: Via Torricelli, 37 (ZAI-Verona) - P.Iva: 03755460239 - tel. 045.8650746 - fax. 045.8492248 mail: redazione@giornalepantheon.it - web: www.giornalepantheon.it - Facebook/Pantheon - Twitter: @pantheonvr Sviluppo commerciale e pubblicità: Moira Falzi 340.8775197 - Fabio Dai Prè 340.0735137 Contributi per Pantheon Magazine: c/c postale 93072262 intestato a: Infoval srl – Viale del Lavoro 2, 37023 Grezzana (VR)
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PRIMO PIANO
Sognando impresa Alimentazione, mondo vegetariano e scelte vegan
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P antheon
Le nuove tendenze degli italiani a tavola, tra vegetarianesimo, veganesimo e reducetarianesimo Tra fan del biologico, del vegetarianesimo e del veganesimo, non solo per sensibilità nei confronti del mondo animale, ma anche nei confronti di problematiche ambientali legate a inquinamento e sfruttamento delle risorse e per un discorso relativo alla salute, si diffondo sempre più i cosiddetti “onnivori selettivi”. di Francesca Mauli
L
a carne non è più la protagonista sulle tavole degli italiani. A dirlo sono i dati del Rapporto 2014 dell’istituto di ricerca Eurispes, secondo cui il 7,1% della popolazione della Penisola – pari a 4,2 milioni di persone – è oggi vegetariana o vegana, ma sono soprattutto i numerosi negozi, ristoranti, take-away e festival dedicati alla cucina “cruelty free” che nascono e prosperano nelle nostre città. La recente indagine dell’istituto di ricerca GfK Eurisko – TreValli, dal titolo “Buono da Pensare”, conferma come il “verde” stia sempre più avanzando nelle cucine degli italiani, mettendo in luce un’altra interessante tendenza: sono 2 milioni gli italiani che, negli ultimi 6 anni, hanno consapevolmente ridotto il consumo di carne, sulla scia di quel fenomeno definito “reducetarianesimo” (dall’inglese “to reduce”, ridurre), che propone di consumare, all’interno della propria dieta, poca carne di qualità, preferendo alimenti di origine vegetale e cereali integrali, con l’obiettivo di migliorare la propria salute e di salvaguardare l’ambiente.
Ma quali sono le motivazioni che spingono una persona a rinunciare alla carne e al pesce nella propria alimentazione? La prima è senz’altro legata alla volontà di non uccidere altri esseri viventi per nutrirsi. Chi segue una dieta vegana, va oltre: non solo non si può permettere la morte di un animale, ma nemmeno il suo sfruttamento in allevamenti intensivi per la produzione di latte, uova, miele. Quello che si nasconde dietro la realtà di questi allevamenti, nei quali l’animale è trattato più come una “macchina da produzione” che come essere vivente, è sconosciuto ai più. Basta una visita alla sezione video del sito internet di Animal Equality Italia per rendersi conto che dietro a un solo uovo possono nascondersi grandi maltrattamenti. Un secondo motivo riguarda l’impatto che gli alimenti di origine animale hanno sulla salute. Numerosi studi riconducono al consumo di proteine animali l’origine di malattie e tumori. Uno dei più famosi – e osteggiati – è quello presentato dal dottor T. Colin Campbell, americano, figlio di allevatori di bestia-
me e ora vegano convinto, nel libro “The China Study”, secondo cui la caseina contenuta nel latte sarebbe il più significativo agente cancerogeno mai identificato. La stessa Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro - HYPERLINK “http://www.iarc.fr/”IARC annovera, tra le 12 azioni quotidiane anticancro, quella di seguire una dieta sana, mangiando principalmente cereali integrali, legumi, verdura e frutta, e limitando la carne rossa. Infine, agli allevamenti intensivi di carne, soprattutto bovina, va il primato di emissione di gas serra, che supera perfino quella del settore dei trasporti. Il loro impatto ambientale è molto alto: la metà delle terre fertili del pianeta viene usata per coltivare cereali, semi oleosi e foraggi destinati agli animali. Ogni anno migliaia di ettari di foresta pluviale, il polmone verde del pianeta, vengono distrutti per far spazio a nuovi pascoli o a terreni da coltivare per gli animali, che in breve tempo si desertificano, e la necessità di ricavare raccolti sempre più abbondanti porta ad un uso smodato di prodotti chimici, di acqua e di energia.
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Alimentazione, mondo vegetariano e scelte vegan
Alcuni miti da sfatare
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l dott. Giorgio Fabbro,biologo molecolare, è specializzato in Alimentazione e Dietetica Vegetariana. Una scelta non casuale, la sua. «Durante il mio percorso formativo pre Esame di Stato, nel 2012, ho preso la decisione di provare su me stesso uno stile di vita alimentare senza proteine animali». Vegano da un giorno all’altro, quindi. «Ho notato che chi sceglie il vegetarianesimo rispetto al veganesimo lo fa spesso per motivi “logistici”, non potendo seguire un regime strettamente “cruelty-free” fuori casa. In alcuni casi invece si tratta di onnivori che decidono di “sfumare” le loro vecchie abitudini transitando per l’ambito vegetariano prima di un passaggio a completo vegetale. Dal punto di vista nutrizionale e salutistico la scelta migliore credo sia quella “vegan”, nonostante le apparenti limitazioni: una dieta varia e bilanciata
totalmente vegetale e integrale ha dimostrato in moltissimi studi azioni preventive/ stabilizzatrici/risolutive di svariate malattie moderne, quali dislipidemie (colesterolo e trigliceridi), sindrome metabolica, diabete e patologie cardiovascolari. Grazie alla presenza massiccia di fibre, antiossidanti, fito nutrienti, vitamine, sali minerali, etc., la scelta vegetale diventa la candidata migliore per uno stile alimentare sano ed equilibrato. Ma attenzione: è sempre meglio informarsi o rivolgersi a un professionista del settore per evitare qualsiasi tipo di carenza o limitazione, anche calorica, rispetto al proprio fabbisogno energetico ideale». La critica principalmente mossa a questi regimi alimentari è di non essere correttamente bilanciati e di portare a squilibri che possono essere gravi. Si ritiene che le pro-
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dott. Giorgio Fabbro Biologo e Vegan Coach
Nonostante le buone intenzioni che li animano e le percentuali in continua crescita, i vegetariani e i vegani continuano a essere visti come esemplari “esotici” da gran parte della nostra società e non mancano gli allarmismi di una parte di mondo accademico nei confronti di queste diete, considerate insufficienti a garantire la salute. Ma è davvero così? Lo abbiamo chiesto al dottor Giorgio Fabbro, veronese, biologo molecolare e nutrizionista, esperto di alimentazione vegetariana e vegana.
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Sognando impresa Alimentazione, mondo vegetariano e scelte vegan
teine animali non siano sostituibili in alcun modo e che la salute, in assenza di queste, ne risenta. È effettivamente così? No, assolutamente. Spesso ci dimentichiamo che invece di parlare di proteine dovremmo nominare i loro costituenti, cioè gli aminoacidi. Il nostro organismo necessita di alcuni di essi, definiti “essenziali”. La dieta vegetale, varia e bilanciata, soddisfa senza alcun problema qualsiasi esigenza, dallo svezzamento all’adulto piuttosto che la gestante o lo sportivo. Questo è stato recentemente confermato dalla posizione dell’ADA 2015 (American Dietetic Association), che ha evidenziato tantissimi vantaggi nell’optare per una dieta senza proteine animali. Basta quindi con i “falsi miti”. I protidi vegetali sono presenti in cereali, legumi, frutta secca, frutta, verdura e semi oleaginosi. Consumando quotidianamente tutti questi alimenti non ci sarà alcuna carenza proteica, creando uno spettro aminoacidico completo e soddisfacente per le esigenze organiche individuali. È inoltre adatta a ogni età, anche a quella infantile; l’importante è che sia studiata ad hoc per la fase di crescita che sta vivendo il bambino (come qualsiasi altro regime, onnivoro compreso). Il vegetariano e il vegano devono
monitorare la propria salute attraverso analisi specifiche o non è necessario alcun monitoraggio particolare? Consiglio solamente il monitoraggio annuale del metabolismo della B12, assieme a omocisteina e folati. Per il resto bastano i classici esami del sangue (metabolismo ferro, emocromo, elettroliti, vit D, colesterolo etc.). Questi ultimi sono suggerimenti che rivolgo anche ai pazienti onnivori. Tutti dovrebbero monitorare i propri parametri ematici regolarmente: la prevenzione parte anche da questo. Lei segue anche alcuni atleti vegani. Chi critica questo approccio alimentare, spesso immagina il vegetariano e il vegano come delle persone deboli, anemiche, con poco muscolo, perché il muscolo può essere ottenuto solo mangiando carne. È così? Ecco un altro mito da sfatare, insieme a quello sulle proteine. Come confermato anche dell’ADA, se il regime alimentare vegetale è vario e bilanciato, anche lo sportivo - agonista e non - avrà tutto quello che gli serve per raggiungere i propri obiettivi. In Italia, come all’estero, esistono numerosi atleti vegani nel body building e in altri settori: pensiamo a Carl Lewis, nell’atletica, o a Patrik Baboumian nel sollevamento pesi.
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Lei segue un’alimentazione vegana. Com’è cambiata la sua salute? Mi chiedo sempre perché non ho iniziato prima, ma sono altrettanto convinto che le cose capitino nel momento in cui siamo maturi per affrontarle. Da subito tanta energia, analisi del sangue migliorate e perdita di grasso (ero un amante dei formaggi); da citare anche una reattività maggiore in caso di malattie di stagione e un senso di pace mai provato prima. Diciamo che ora mi sento molto più in equilibrio e sapere che quello che mangio non ha sofferto mi fa star bene.
Biglietto Expo (data aperta) ATS Verona Expo promUOVE la vendita di biglietti di Expo Milano 2015 per permettere a tutti i Veronesi di partecipare alla grande esposizione universale.
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Alimentazione, mondo vegetariano e scelte vegan
Nuove opportunità di business La crescente presenza di vegetariani e vegani ha portato, anche nella nostra città, alla nascita di diverse realtà imprenditoriali “cruelty free”.
Agriturismo Dongili
AGRITURISMO DONGILI
(Montorio – Verona) Sulla cresta dell’onda da una quindicina di anni, l’Agriturismo Dongili, ai piedi del castello di Montorio, è una tappa abituale per molti vegetariani veronesi. «Il nostro agriturismo – spiega Gianluca Dongili, figlio del fondatore Carlo - è nato 28 anni. Inizialmente proponevamo un menù onnivoro, con carne di animali allevati da noi. Quindici anni fa, quando le regole sull’allevamento e la macellazione degli animali sono cambiate, abbiamo deciso di eliminare completamente la carne dal nostro menù. Non è stata una scelta difficile: proponevamo già moltissimi piatti a base di verdura
e i nostri clienti finivano spesso con il preferirli alla carne, che restava nel piatto. Siamo stati tra i primi, a Verona, a proporre una cucina esclusivamente vegetariana. Come ogni agriturismo, la maggioranza di quello che finisce nella nostra cucina è coltivato e prodotto da noi, ad eccezione di latte e formaggi, e il nostro menù fisso è ispirato alla produzione stagionale. La nostra clientela è eterogenea: ci sono vegetariani, ci sono vegani, ci sono persone onnivore e anche molte persone con intolleranze, come quella al glutine, e copre le diverse fasce d’età. Sono molte anche le famiglie che vengono da noi, per offrire anche i figli un’alternativa al classico menù onnivoro».
Vino Vegan La Fontanina (Grezzana-Verona) Si chiama “La Fontanina” e abita nel cuore delle colline della Valpantena. Le stesse colline disegnate dalla tradizionale produzione dell’olio, oggi ospitano, infatti, anche quella del vino. Ma non è un vino qualunque, quello che nasce dalle attente cure della tenuta “La Fontanina”, a Grezzana. Nei dieci ettari coltivati a vite, in maniera totalmente biologica, recentemente, si affianca alla produzione di vini biologici, Amarone bio e Valpolicella bio, quella degli stessi in versione vegan. Un vino di nicchia che incontra già un grande favore nel mercato estero e, stando ai dati emersi dall’ultima edizione del Vinitaly, si registra anche in Italia un incremento nella richiesta. «Per produrre un vino vegano- spiega Daniele Salvagno il proprietario della società agricolanon si possono impiegare nessun tipo di derivato di origine animale, come ad esempio l’albumina d’uovo, la caseina o i caseinati, l’ovoalbumina e la lisozima da uovo». Utilizzando la chiarificazione minerale, quindi del tutto naturale, il vino de “La Fontanina” rispetta tutti i parametri per la certificazione di un prodotto vegano, come dimostra il conseguimento nel 2014 della Certification Europe e del Gold Medal Award. L’obiettivo dell’azienda è produrre 50 mila bottiglie entro un paio di stagioni e raggiungere con questi particolari vini, l’Amarone e il Valpolicella in versione biologica e vegan, le enoteche d’elite di Giappone, Usa, Canada, Parigi e Londra.
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AGROALIMENTARE & ALIMENTAZIONE
Tofu e Seitan. Da dove arrivano le alternative alla carne?
di Matteo Bellamoli
Sono i due principali prodotti che, assieme ai legumi, sostituiscono la carne in una dieta vegetariana o vegana. I dati di consumo li danno in crescita in Italia, ma da dove arrivano? Possiamo essere sicuri della qualità?
Insalata di tofu
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ltre un punto percentuale all’anno. Questi sono i dati che vi abbiamo anticipato nelle pagine precedenti. Si parla di oltre 4,2miloni di persone, dove il 6,5 di è dichiarato vegetariano e lo 0,6% vegano (dati ricavati sulla totalità delle interviste, ndr). Cosa significa in termini di consumi alimentari? Significa che oltre all’aumento nella vendita dei prodotti vegetali freschi, entrano nella dieta anche alimenti che fino a un decennio fa erano pressoché introvabili nei nostri supermercati. Parliamo di quelle che sono considerate “le alternative lavorate della carne”, ovvero il tofu e il seitan. Usiamo il termine “lavorate” perché non si tratta di alternative presenti in natura, come i legumi ad esempio, che in quanto a contenuto proteico possono prendere il posto della carne in una dieta
priva di quest’ultima, ma di prodotti che vengono ricavati attraverso lavorazioni artificiali, per estrarre da prodotti naturali (come la soia o il grano, ndr) proprietà e composti che ne amplifichino il loro contenuto proteico. Entrambi, tofu e seitan, provengono dalla cultura orientale: il tofu dalla Cina e il seitan dal Giappone. Il primo è un alimento a base di soia che si trova in commercio in panetti rettangolari. Di colore bianco, viene ricavato cagliando il succo di soia. Per questo motivo, e per le procedure di lavorazione simili alla produzione del formaggio, viene anche assimilato ai prodotti caseari, ma non contiene in alcun modo latte. Il secondo, il seitan, è invece un ricavato dal glutine del grano o del farro che viene venduto in più varianti, anche se la più comune è quella in porzioni di prodotto fresco che assomigliano effettivamente a pezzi di carne. La produzione avviene impastando il frumento e depurandolo quindi delle sue componenti idrosolubili. Viene quindi pre-cotto in liquido bollente e poi conservato. In quanto a proprietà nutritive, ha senso ipotizzare la sostituzione delle proteine animali con quelle della soia, ovvero il tofu nel nostro caso. Questa sostituzione è confermata dal fatto che oltre 300 milioni di cinesi seguono questa
dieta (fonte Il Messaggero, ndr) e presentano una vita media più lunga rispetto a quella registrata in Europa, pur vivendo in condizioni ambientali spesso peggiori delle nostre. I benefici che si registrano con una dieta a base di proteine di soia sono molteplici e riguardano in modo particolare la cura di problematiche riguardanti l’eccesso di colesterolo. Da alcune indagini epidemiologiche, risulterebbe anche una minore incidenza dei tumori ormonosensibili, come quello al seno, per quelle donne che conducono una dieta ricca di soia. Va però sottolineato che il viaggio dal campo al piatto è piuttosto lungo. Il tofu come tale, pur essendo prodotto principalmente in Oriente, viene oggi realizzato anche da ditte italiane (leader nel settore è la Valsoia di Bologna, ndr) ma le materie prime sono raramente italiane. I massimi produttori di soia oggi (fonte FAO, ndr) sono gli USA, il Brasile, l’Argentina, la Cina e l’India e solo una minima parte di quanta viene coltivata in Occidente finisce in prodotti alimentari ad uso umano, perché per la maggior parte viene impiegata nella produzione di prodotti per uso animale. È quindi molto frequente che il tofu, che troviamo al supermercato, sia realizzato da materie prime orientali. Veniamo al seitan, meno diffuso come alternativa alla carne, per
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AGROALIMENTARE & ALIMENTAZIONE cui la soia è sicuramente in prima fila, ma in crescita dal punto di vista dei consumi nazionali. È a sua volta indicato nelle diete di persone con colesterolo molto alto o per una minore assunzione di grassi. Nonostante questo non viene definito un alimento completo, perché nella procedura di lavorazione vengono tolte alcune proteine a favore di altre. Il valore biologico delle proteine contenute è migliore di quello dei cereali consumati singolarmente, ma vi sono alcuni casi in cui si presentano delle controindicazione. Uno di questi riguarda le donne in gravidanza, che seguendo una dieta a base di sola “carne vegetale” apporterebbero in organismo basse percentuali di vitamina B12 con il rischio di anemie (fonte mypersonaltrainer.it, ndr). Infine, secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute (WHO) la percentuale di assor-
tofu al naturale
seitan croccante
seitan al naturale
bimento delle proteine del seitan è la più bassa rispetto a tutte le altre, del 66% più bassa rispetto a quelle della soia. Anche in questo caso sono in crescita le aziende italiane specializzate nel settore, ma sia per questo tipo di prodotti sia per quando riguarda i prodotti a base di soia, è consigliabile, qualora si voglia intraprendere una dieta vegetariana o vegana, di scegliere solo prodotti italiani di origine biologica, in modo da avere la massima sicurezza possibile in fatto di qualità. Vi sono, per concludere, alcune implicazioni anche sulla “biologicità” dei prodotti a base di soia in Italia, per le quali vi consigliamo di approfondire leggendo il Primo Piano che abbiamo pubblicato su questi temi nello scorso Pantheon 57 (dicembre 2014 – gennaio 2015) dal titolo “Salute e benessere, quale futuro per il biologico?”.
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BeerEat Fest:
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A metà maggio, tra le mura dell’ex Arsenale di Verona, la birra artigianale ha incontrato il cibo di strada. Una tre giorni per conoscere lo sfaccettato mondo dei sapori italiani e le nuove possibilità che l’artigianato del gusto può offrire ai giovani di oggi.
on facciamoci ingannare dal nome inglese. I food truck, i camioncini che sfornano panini, hamburger, cartocci di fritto o piatti vegani, sempre e solo su quattro ruote, sono solo un nuovo mezzo, arrivato dall’America, per far conoscere una delle nostre grandi eccellenze: il cibo. Che sia di strada, gourmet, regionale o contaminato da sapori lontani. Comparsi oltreoceano alla fine del 1800, da allora questi chioschi ambulanti ne hanno fatta di strada, finendo per attirare l’attenzione di grandi chef stellati. In Italia il fenomeno non è ancora radicato come all’estero ma i ristoranti itineranti si stanno pian piano muovendo lungo tutto lo Stivale, e sono arrivati anche a Verona per fare tappa, nel weekend del 15 16 e 17 maggio, all’Arsenale, in riva alle acque di un placido Adige. «Con questa prima edizione di BeerEat Fest- ci raccontano gli
organizzatori della manifestazione - abbiamo voluto dare risalto agli artigiani del gusto e con essi ai prodotti che sono frutto del loro impegno, della loro costante ricerca e dedizione per la qualità». Per l’occasione, infatti, i protagonisti indiscussi sono stati i 25 birrifici artigianali provenienti da tutta Italia e gli 8 camioncini che hanno portato i gusti nazionali e internazionali nel cortile dell’Arsenale. «Portare a Verona, città rinomata per i suoi vini- prosegue lo staff di BeerEat Fest- un evento come questo ci è sembrato particolarmente significativo. L’idea diffusa è che ci siano tanti vini e una sola birra, quella industriale che acquistiamo sugli scaffali del supermercato. Al contrario, la birra artigianale, o meglio, le birre artigianali, sono moltissime e in ognuna di esse, nei suoi aromi, nelle sue note, si possono percepire le intenzioni del mastro birraio».
In questo percorso del gusto, è facile quindi finire a sorseggiare una Obice, birra ambrata con profumi di arancia e resina, creata dal birrificio Barbaforte di Folgaria, e accompagnarla a un saporito panino con la salsiccia toscana di Il Torello, food truck fiorentino che offre hamburger di chianina, con la colorita parlata toscana. Una volta saziata la nostra golosità culinaria però, è rimasto un altro tipo di curiosità. Quali sono le opportunità che il mondo dello street food può offrire oggi? E quali sono i passi da seguire per avviare questo tipo di attività? Tra uno stuzzichino e l’altro, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Massimo Grobberio, veronese di origini calabresi, che a bordo della sua Apeperoncino, apetta Piaggio che unisce la tradizione calabra al veganesimo, percorre da anni le vie del gusto italiano.
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GIOVANI & LAVORO «Avviare un food truck- ci spiega Massimo- è piuttosto facile e i tempi sono abbastanza snelli: basta rivolgersi al proprio comune di residenza e richiedere l’apposita autorizzazione che consentirà l’esercizio su tutto il territorio nazionale. Chiaramente, per poter lavorare nel settore alimentare, sarà poi necessario aver frequentato dei corsi per la somministrazione di alimenti e bevande e rispettare i requisiti igienico-sanitari anche nell’allestimento del camioncino vero e proprio». Ed è anche qui, nell’allestimento, che si vede l’identità di chi sta dietro al bancone a servire: si passa dal lucidissimo nero di Phil’s con le sue carni americane al delicato ocra di Ape Scottadito, truck specializzato in piatti abruzzesi che ricorda, anche
Massimo Grobberio
nel suo allestimento, il colore dei cartocci di olive ascolane che offre ai più golosi. «La spesa maggiore- prosegue Massimo- è data dall’allestimento: recuperando un’Ape Piaggio d’epoca, come ho fatto io, è possibile rimanere entro i 10.000 euro, ma in media, con allestimenti più sofisticati, la spesa si aggira intorno ai 20/25.000 euro. A quel punto, si è pronti per partire! L’estate scorsa ho macinato 1300 km lungo tutta la penisola per portare, in giro per l’Italia, friselle, panini e dolcetti.
Questa è la parte migliore di questo lavoro: il dinamismo che una professione come questa garantisce». E un lato negativo, c’è? «Beh, il lato negativo è questo», conclude Massimo, indicando la pioggia che ha battezzato l’apertura della manifestazione. Pioggia che ha portato fortuna perché BeerEat Fest è già finito, e ci ha lasciati tutti con l’acquolina in bocca! Se il mondo dello street food e della birra artigianale vi ha conquistato qui trovate maggiori informazioni. www.beereat.it www.foodtruckitalia.it
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Expo 2015:
A Milano spazio a una nuova iniziativa promossa da VeronaExpo
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Il 12 giugno la presentazione del progetto “Carta di Verona”
di Redazione
All’interno del Padiglione della Sierra Leone, inserito nel Cluster del Riso, alle ore 11.00 si svolgerà una conferenza stampa per lanciare il progetto che ha l’obiettivo di lasciare, al termine di Expo, un documento condiviso da aziende e privati scaligeri per immaginare la nostra città domani.
Foto dell’inaugurazione del Cluster del Riso
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ra tutti i temi che trovano spazio all’interno della grande Esposizione universale di Milano 2015, uno di quelli che a nostro avviso assume il carattere più rilevante è sicuramente il tema della sostenibilità. Contrariamente a quello che si può pensare, il termine sostenibilità, in ambito sociale, sta a indicare la ricerca di un “equilibrio fra il soddisfacimento delle esigenze delle generazioni presenti senza compromettere la possibilità alle future generazioni di sopperire alle loro”. In pratica, tutte le nostre azioni e le nostre scelte, se sostenibili, dovrebbero tener conto di chi arriverà dopo di noi, garantendo non solo lo stato attuale delle cose, ma se possibile, un contesto migliorato. In quest’ottica nasce la famosa Carta di Milano, definita da molti
l’eredità culturale di Expo Milano 2015, e su questo modello, anche se in un’ottica più locale, nasce la “Carta di Verona”, l’iniziativa che sarà presentata venerdì 12 giugno alle ore 11.00 con una conferenza stampa organizzata all’interno del Padiglione della Sierra Leone (Cluster del Riso). A promuovere l’idea è l’associazione VeronaExpo, che assieme ai suoi 45 soci e alle aziende partner cercherà di formulare e di rendere disponibile al termine di Expo, 31 ottobre 2015, un documento di intenti e proposte che interessi da vicino i principali temi che riguardano la nostra città. Verona, infatti, nei prossimi due anni sarà interessata da alcuni passaggi fondamentali che designeranno gran parte degli scenari futuri del panorama scaligero. Saranno rinnovate o confermate, ad esempio, le principali cariche
istituzionali e finanziarie veronesi: sindaco di Verona e presidenze di Banco Popolare, Cattolica Assicurazioni e Fondazione Cariverona. Saranno al centro di questo “work in progress” anche le attività legate al turismo con l’istituzione delle nuove DMO (agenzie del turismo), e le iniziative volte a valorizzare questi primi segni di ripresa post crisi in ambito economico e occupazionale. VeronaExpo, assieme alla rete di soci, vuole raccogliere idee e pareri per immaginare e/o suggerire situazioni di rilancio o di ottimizzazione per la città e i suoi servizi, e la conferenza stampa di venerdì 12, alla quale parteciperà proprio una delegazione di soci e della stampa scaligera, sarà il primo tassello di un’azione condivisa finalizzata a lasciare un segno importante per il dopo Expo.
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Alcuni utili accorgimenti
A fronte dell’innegabile benessere psicofisico che il sole fornisce, è bene osservare alcune semplici regole, onde evitare rischi e conseguenze dannose:
Un simpatico omaggio ogni 2 acquisti • Evitate l’esposizione quando l’irraggiamento è più intenso. fino ad esaurimento • Utilizzate degli occhiali da sole avvolgenti ad alto indice anti-UV, scorte un cappello a tesa larga e vestiti ampi e, se possibile, lunghi. • Non affidatevi alle vostre sensazioni. Un tempo nuvoloso non autorizza ad essere meno attenti al sole. In montagna, il rischio esiste anche con delle temperature molto basse: lo scudo costituito dall’atmosfera diminuisce a causa dell’altitudine, quindi il sole è più aggressivo • Preferite l’ombra al sole, tenendo comunque presente che essa non costituisce una protezione insuperabile. • Se le temperature sono elevate, temete tanto il colpo di calore quanto il colpo di sole soprattutto per il vostro bambino. Fatelo bere molto e regolarmente. • Non esponetevi dopo l’applicazione di un profumo o durante l’assunzione di alcuni farmaci senza chiedere consiglio al vostro medico o al vostro farmacista. • Non rimanete più tempo al sole perché vi siete messi un fotoprotettore con un indice alto. Lo scopo di questi prodotti non è di aumentare il numero d’ore d’esposizione ma di ridurre i rischi durante l’esposizione. • Applicate regolarmente un fotoprotettore adatto alla quantità d’insolazione e al vostro tipo di pelle (fototipo).
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Smart Farm Village: il villaggio
del riso di Verona debutta ad Expo
di Camilla Pisani
Da un prodotto d’eccellenza del veronese, il riso, nasce un progetto pilota di villaggio sostenibile ed autosufficiente. Lo Smart Farm Village, frutto di una collaborazione tra Ente Fiera di Isola della Scala, Università di Verona e Ministero dell’Agricoltura della Sierra Leone, è in mostra a Expo.
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n villaggio auto-sostenibile basato sulla produzione del riso, che poggia sulla competenza tecnica sviluppata dalla filiera risicola del territorio isolano e diventa un modello esportabile in tutto il mondo. Smart Farm Village è il risultato di due anni di lavoro di Ente Fiera di Isola della Scala e del Ministero dell’Agricoltura della Sierra Leone, ed è ora materia di studio per l’Università di Verona, partner scientifico del progetto che, attraverso un team di specialisti, sta lavorando alla possibilità di realizzare un modello di villaggio concretamente adattabile alle condizioni ambientali e territoriali del paese africano. L’idea, concepita per l’Esposizione Universale di Milano dopo la visita di una delegazione della Sierra Leone alla Fiera del Riso di Isola della Scala, uno tra gli eventi enogastronomici più visitati in Italia, risponde all’esigenza di migliorare la qualità della vita della popolazione della Sierra Leone, dove il riso è la coltura dominante, ma non solo. L’obiettivo è infatti quello di valorizzare una risorsa del territorio, per favorirne la crescita economica e contribuire alla definizione di un modello di sviluppo autosufficiente ed esportabile a livello globale, cominciando dai paesi sottosviluppati. In concreto, è prevista la
Uno scatto dalla giornata di inaugurazione del padiglione della Sierra Leone ad Expo 2015
costruzione di un villaggio basato sulla coltivazione del riso e sostenuto dai proventi derivanti dall’esportazione del prodotto in eccedenza. I capitali in entrata verrebbero utilizzati per soddisfare i bisogni primari degli abitanti e, in un secondo momento, investiti per migliorare il ciclo produttivo e aumentare, così, non solo la produzione ma anche la qualità del riso ottenuto. E, sempre dal riso, verrebbe prodotta anche l’energia pulita necessaria per soddisfare il fabbisogno energetico del villaggio. Obiettivo finale è la realizzazione di un centro abitato, completamente indipendente da paesi terzi dal punto di vista sia economico che energetico, basata sull’incremento della produzione nazionale del riso, facendo di questa una strategia chiave per eliminare la
fame, la sete e la malnutrizione nelle aree più povere del pianeta. E dal momento che è proprio questo il suo tema portante, non poteva che essere Expo la vetrina più adatta per presentare al mondo il villaggio intelligente. All’interno del Padiglione della Sierra Leone, paese capofila nel cluster del riso, il progetto viene promosso in un apposito stand grazie alle attività dell’Associazione veronese Smart Farm Village Club, presieduta Massimo Gazzani, commissario Expo 2015 per Ente Fiera di Isola della Scala. Noi l’abbiamo incontrato. Come è nata la collaborazione con il Governo della Sierra Leone? I primi rapporti con il Governo della Sierra Leone sono nati quattro anni fa, quando i paesi africani hanno sostenuto la candidatura di Milano come sede di
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CREDITO & IMPRESA Expo. La sinergia tra Isola della Scala, la cui Fiera del riso è tra gli eventi enogastronomici più visitati in Italia, e il paese africano dove il riso è la coltura dominante, con un consumo pro-capite annuo fra i più alti del continente, è stata immediata, e di conseguenza è nata una partnership con Joseph Sam Sesay, Ministro dell’Agricoltura della Sierra Leone e presidente della commissione agricoltura della Fao, che ha come obiettivo aiutare i paesi in via di sviluppo portandoli a creare profitto e a rendersi indipendenti. Come descriverebbe questo modello di smart village e come sarà possibile realizzarlo, anche in termini economici? Il modello è quello di un villaggio agricolo che non dipende da altre economie. Autosufficiente e in grado di creare valore, è un modello economico, scientifico
ed urbanistico caratterizzato da una sostenibilità propria, derivante dalla auto-produzione di riso - che si estende poi ad altre pratiche, come l’allevamento - e di energia. La costruzione di un villaggio di 2000 ettari, in cui potrebbero vivere dalle 2 alle 3mila persone, richiede da sei mesi ad un anno e, come investimenti, si parla di una cifra che parte dai 500mila euro. Contiamo su Expo anche come vetrina per la promozione del progetto e per la ricerca di investitori. Nello studio del modello, che parte da Isola della Scala, è stata prevista una ricaduta sull’economia veronese? Certamente, nel progetto sono state coinvolte, oltre all’Università di Verona, anche diverse aziende del veronese, appartenenti ai più svariati ambiti, dall’agricoltura a energia, materie prime, edilizia e
Giuseppe Sala, commissario unico di Expo, pranza nel padiglione della Sierra Leone
tecnologia che si sono rese disponibili a partecipare ai lavori. Quali opportunità potrà rappresentare Expo per Verona? Ogni giorno che passa si apprezza sempre di più l’importanza che l’Esposizione ha per l’Italia e per il mondo. Che sia un’occasione più unica che rara, che capita ogni 150 anni, lo si capisce meglio “da dentro”, respirando l’atmosfera che si vive tra i padiglioni.
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SPECIALEEXPO Il nostro reportage da Expo2015
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L’Expo che abbiamo visto noi
A volte gli occhi bisogna prepararli. Perché anche a sapersi stupire ci vuole un poco di impegno. Vi raccontiamo il nostro Expo, tutto quello che abbiamo guardato, stupiti, sabato 16 maggio a Milano, con il viaggio inaugurale di ATS VeronaExpo, accompagnati dai volontari dell’associazione temporale di scopo che da qui a Ottobre, ogni settimana, porterà i veronesi all’Esposizione Universale. di Miryam Scandola Palazzo Italia
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iamo partiti assonnati, insieme, alle sette di una mattina ancora accennata, densa più di nuvole che di promesse. E siamo arrivati lì, dove si intersecano la via lunga, il decumano, e la via breve, il cardo, e dove inizia tutto. Subito, di corsa quasi, ci siamo diretti al Palazzo Italia, prima che la ressa si raccogliesse davanti a quella serra di intrecci, che riposa accanto all’Albero della Vita. Siamo saliti per una serpentina di scale, e abbiamo attraversato tutti i piani che tentano di riassumere il Bel Paese. Delle statue in legno ci hanno accolti, sono le sagome di tutti i nostri professionisti del cibo, della sostenibilità, dell’agricoltura. Siamo arrivati, poi, senza accorgercene, in una stanza dove il disastro dissacrante e violento del caos si mostra in tutto il suo rumore. E fa capire, e sentire, il peso rovinoso di una crescita senza regole. Siamo usciti frastornati, per entrare in un mondo di specchi dove si turnano le grandi bellezze della nostra Italia. Specchi sul soffitto, specchi
sulle pareti, specchi sotto i piedi. Così le meraviglie del nostro paese ci hanno avvolti, da ogni lato. Dalla Venere del Botticelli, al sospirato fascino della natura con le sue cime innevate, i suoi boschi e le sue acque. É stato detto che Expo funziona per accumulo, un tentativo insistito di riempire gli occhi dei visitatori, quasi sopraffarli con una somma di stimoli. Ed è vero. Di cose da guardare ce ne sono tante, e non si sa più se guardare i funghi che crescono dai fondi di caffè o concentrare lo sguardo su tutte le varietà di piante che popolano gli infiniti orti verticali. E per non perdersi niente, come nei migliori viaggi, si posano gli occhi dappertutto. Avere il mondo sotto casa, forse, vuol dire anche questo. Ma oltre ai colorati fiori, nati in una manciata di minuti, dall’Albero della Vita, i nostri occhi si sono stupiti anche per altre cose. La gentilezza, per esempio, delle ragazze e dei ragazzi che raccontano i loro padiglioni. Come quello del dolorante Nepal che, dopo la partenza dei 14 operai che ci la-
voravano a seguito del terremoto del 25 aprile, ogni giorno, vede alternarsi i volontari degli altri padiglioni, per pulirlo. Una tenerezza dovuta e bella. La sinfonia di bambù del Vietnam, le pareti increspate degli Emirati Arabi Uniti, ondulati come le sabbie, nel deserto, quando il vento le accarezza. La passerella di Coney Island risparmiata dalla ferocia dall’uragano Sandy che è servita per costruire quel granaio, forse un po’ eccessivo, ma sono opinioni, che ospita il mondo americano. Il bosco, quei 560 m² di foresta che l’Austria ha trasferito a Milano, per rappresentarsi, con tanto di muschi, arbusti e pure una temperatura perfetta per offrire refrigerio dal calore. Qualcuno ha parlato di Expo come di “un folle collage di tende ondulate, pareti verdi e massi contorti”. A me, a noi, è sembrata solo un’immensa bellezza. Una sorta di rito collettivo che mette insieme tutti. Perché l’Esposizione Universale se ne infischia della geopolitica e senza la buona educazione della diplo-
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Il nostro reportage da Expo2015
mazia sistema il Kuwait vicino agli Stati Uniti, davanti all’Iran, Israele a fianco del Vaticano. Alcuni padiglioni sembrano fiere stanche, più punti promozionali per viaggi che spazi dove un paese racconta i suoi sapori. Altri, invece, sono piccoli gioielli, inanellati nei fili tematici dei Cluster che narrano del riso, del caffè, del cioccolato e delle spezie, aiutati dagli scatti meravigliosi dei grandi della fotografia, da Salgado a Kung passano per Webb, Scianna e molti altri. Lì, regna il tempo lento della riflessione non quello della bruciante velocità dello svago. A noi questo è piaciuto, perché Expo non è un parco divertimenti, è un parco tematico. Nello spazio dei 100 ettari dell’interland milanese, 145 paesi sono stati chiamati a interpretare un tema, e hanno dato le loro risposte. Noi tra i mille sapori del mondo, abbiamo scelto quello deciso del risotto “profumo d’Africa” che ab-
biamo mangiato, stanchi, nell’area che la Sierra Leone ha deciso di condividere con Isola della Scala (ve ne abbiamo parlato a pp. 16, 17). Ma, se ne avessimo avuto il coraggio, avremmo potuto assaggiare anche gli scorpioni ricoperti di cioccolato, il vino di serpente, la carne di coccodrillo dello Zimbabwe, il pesce palla del Giappone e il pane di farina di legno con burro di cime di abete dell’Austria. È subito sera. Ritorniamo a casa, con le batterie degli smartphone scariche, in un cicaleccio continuo tra abbozzi di conversazioni, elenchi dei padiglioni visti, dei paesi saltati, di quelli con la coda più lunga. Ovunque, quella stanchezza bella di chi non si è risparmiato e si è fatto il mondo a piedi. Ci concediamo un ultimo sguardo, prima di partire. Tutte le ombre delle eccellenze di paesi diversi, forti e deboli, stanno lì. E sono sagome di mondi, profili e tentativi di racconto.
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Il padiglione del Vietnam
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Il burattinaio magico di uno spettacolo tra cielo e terra A pochi giorni dall’inaugurazione della 93esima edizione del Festival lirico areniano, siamo andati a conoscere Paolo Gavazzeni direttore artistico della Fondazione Arena che nulla teme… se non pioggia e temporali.
di Giorgia Castagna Foto Ennevi, Per gentile concessione della Fondazione Arena di Verona
Paolo Gavazzeni, direttore artistico della Fondazione Arena
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a stagione areniana è alle porte e il 19 giugno l’inaugurazione ufficiale porterà l’intera nazione a puntare gli occhi ancora una volta su Verona, conosciuta in tutto il mondo come la Città dell’Amore, ma non solo. Grazie alla storica Arena, infatti, la comunità veronese vanta un palcoscenico tra cielo e terra, senza uguali in grado di regalare a chi vi entra emozioni indimenticabili. Tramite la sua forma ellittica l’Arena ha un’eccellente acustica tale da ospitare ogni anno cantanti d’Opera per dar luogo al Festival della Lirica più conosciuto al mondo. A tessere le fila di questo spettacolo il maestro Paolo Gavazzeni, direttore artistico della Fondazione Arena. Nato come pianista, laureato in giurisprudenza, la sua prima esperienza lavorativa è in una televisione, in seguito c’è l’ingresso nello staff del Teatro “La Scala di Milano” prima come coordinatore artistico dell’accademia dei giovani, poi come responsabile dell’attività quotidiana della Scala. Nel 2011 diventa
il direttore artistico della Fondazione Arena di Verona. Il 19 giugno prende il via la 93° edizione del Festival lirico areniano, tante le attese legate e condizionate totalmente dalla neo apertura di Expo 2015… Con il Sovrintendente Francesco Girondini abbiamo pensato di onorare al meglio quest’anno di Expo 2015, seguendo il tema della manifestazione espositiva “nutrendo il pianeta” con la cultura e la magia della musica, mandando in scena i titoli lirici più amati e gli allestimenti più spettacolari e applauditi degli ultimi anni di oltre un secolo di storia areniana. Quali le novità sul palcoscenico? Il cartellone avrà come filo conduttore quatto grandi registi, quattro maestri che nutriranno questa esplosiva stagione scandendo uno spettacolo che saprà catturare l’attenzione di un pubblico che si annuncia essere nuovo. Il primo, dei quattro, ad andare in scena sarà Gianfranco de Bosio che inaugurerà la stagione il 19 giugno con un’opera molto apprezzata, il Nabucco di Verdi. Sarà proposto per 14 serate secondo la regia ideata nel 1991 e
con le scene di Rinaldo Olivieri. Secondo grande regista, Franco Zeffirelli, che porterà in scena l’Aida, con un imponente allestimento composto da 18 rappresentazioni arricchite dai costumi di Anna Anni e da tre bacchette di altissimo livello, che si succedono nel capolavoro verdiano: Andrea Battistoni, Omer Meir Wellber e Daniel Oren. Lo stesso Zeffirelli mostrerà il celebre Don Giovanni di Mozart. Opera questa che vedrà al suo debutto, sul palco areniano, Stefano Montanari, dopo gli straordinari successi riscossi nei teatri di tutto il mondo nel repertorio barocco. Segue la divina Tosca di Giacomo Puccini con la regia del terzo regista Hugo de Ana, che ne cura, oltre alla regia, anche scene, costumi e luci, diretto da Julian Kovatchev. Per le cinque serate di Il Barbiere di Siviglia di Rossini, Hugo de Ana pensa a trasformare l’anfiteatro romano in un grande giardino arricchito dalle divertenti coreografie di Leda Lojodice e caratterizzato dalle spettacolari rose che contraddistinguono il Museo dell’Opera AMO a Palazzo Forti. Altro esordio giovanile, alla direzione d’orchestra il promettente Giacomo
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Sagripanti. Quarto e ultimo grande regista Francesco Micheli che porterà per tre serate il capolavoro che fa conoscere Verona in tutto il mondo: Roméo et Juliette di Charles Gounod, con la scenografia di Edoardo Sanchi. Dirige l’esperta bacchetta di Daniel Oren. Quali eventi a suo avviso non passeranno inosservati e sui quali, personalmente, ha puntato maggiormente? Tra le serate speciali preparate, oltre a due Gala d’eccezione, Roberto Bolle and Friends in programma il 22 luglio e Carmen Gala Concert il 24 luglio, tornano il 25 agosto i
Carmina Burana di Carl Orff con uno spettacolare affresco musicale di poesia medievale pronto a riscuotere, anche quest’anno, grandi approvazioni. E ora parliamo del Suo impegno come direttore artistico, un burattinaio magico in un teatro senza tetto? Quali le difficoltà e quali doti deve avere in certe situazioni “no limits” un direttore artistico? Nella fase iniziale il lavoro è di precisione, studio e d’incastro. Poi si passa alla seconda fase, quella delle prove, dove già le prime tensioni si fanno avanti. Gli eventi difficili da gestire sono
tanti e non si limitano a pioggia, vento e temporali in arrivo. Le temperature stesse giocano brutti scherzi: dal palco ai camerini il tasso di umidità varia fortemente mettendo spesso in pericolo la voce dei cantanti che talvolta non portano a termine l’opera. In quel momento subentra la precisione della prima fase, nella quale, oltre alla scelta dei primi grandi artisti, pesa la selezione fatta per i “sostituti”. Avere il controllo della situazione è fondamentale per poi godersi appieno tutta la magia e l’emozione racchiusa nell’applauso finale di un pubblico areniano estasiato.
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INTRAPRENDENZA FEMMINILE Quando il tessuto è una specie di amore
di Miryam Scandola
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Ha travolto la nostra città per cinque giorni tra mostre, laboratori e appuntamenti. Il grande successo della terza edizione di Verona Tessile, il primo Festival italiano dedicato all’arte Tessile, dimostra che la nostra città inizia ad apprezzare l’anima culturale che sta dietro agli intrecci elaborati di un tessuto.
n filo che parte vent’anni fa, dalle mani di sei amiche. E dai loro pomeriggi, rubati ai mille impegni, per cucire insieme. Tanti gli intrecci di tessuti e di relazioni che hanno portato alla nascita di un’associazione che, oggi, conta più di ottanta socie. Che fosse destinata a cose grandi, l’associazione Ad Maiora, lo portava scritto anche nel nome. Tra progetti con le scuole, iniziative con le istituzioni locali e un festival internazionale, si inizia a credere davvero che i nomi, un poco, influenzino i destini. L’arte tessile, perché di «arte stiamo parlando», come puntualizza Laura Guerresi, vice presidente dell’associazione, «deve essere raccontata per essere capita» anche da chi non è “addetto ai lavori”. Dal desiderio di far uscire i tessuti dalle pareti che ne hanno visto nascere le trame, nel 2011 arriva Verona Tessile, come proposta, come scommessa. Portare fuori i colori dei tessuti, e metterli dappertutto, tra le vie della città scaligera. L’edizione del 2015, che si è tenuta dal 19 al 24 maggio scorso, ha smesso le vesti della semplice manifestazione per indossare finalmente quelle di un grande Festival, con mostre dal forte sapore internazionale, workshop per tutti i gusti e un concorso che, con il tema Colori diVini, ha portato l’essenza del vino negli
Jeno Jones, fondatrice del Welsh Quilt centre
intarsi dei fili. Quilt gallesi, nipponici, opere d’arte in feltro ma anche l’arte tessile contemporanea con le opere di Sheila Rocchegiani e Pietrina Atzori, il meglio della produzione di quilt delle allieve europee di Nancy Crow, le stampe su seta, i percorsi di Patchwork udinese. Queste le bellezze, frutto del lavoro paziente di mani esperte, che hanno avvolto Verona. «La punta di diamante di questa edizione – spiega ancora entusiasta la signora Guerresi- è stata Simphony of Colors, la mostra, al Palazzo della Ragione, dei quilt giapponesi. Quando ci sono arrivati gli arazzi e abbiamo aperto gli scatoloni non riuscivamo a crederci. Erano meravigliosi». Ma ci sono altri fili, altre storie che tengono al centro i tessuti. E sono storie belle, come quella di Filotimo. Il suo nome, questa piccola
la mostra al museo di Castelvecchio
realtà di artigianato tessile, nata il gennaio scorso, lo deve al greco. Nasce dalla determinazione di una ventiseienne di Poiano, Gloria Barana, due nonne sarte e una laurea al Politecnico di Milano. Quando la incontriamo indossa una canotta bianca di quelle che fa lei, con passione vera. Ai nostri occhi inesperti sembra lino, bianco, delicato. «È ortica», corregge i nostri pensieri. Le fibre naturali con le quali realizza le sue collezioni sono infatti solamente tre: soia, canapa e ortica. «Hanno il vantaggio delle fibre naturali per quanto riguarda la consistenza e, a differenza del cotone, sono più sostenibili». Mentre quest’ultimo per crescere ha bisogno di grandi estensioni, con relativo consumo di acqua e pesticidi, la canapa ha tempi di crescita più ridotti e la pianta viene utilizzata in tutte le
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INTRAPRENDENZA FEMMINILE Un simpatico ritratto di Gloria e Matteo
sue parti. Un’etica coerente e decisa quella di Gloria, che travolge tutti gli aspetti che ruotano attorno alla sua impresa. Dalle etichette prodotte con gli scarti dei tessuti e applicate agli abiti con spille e nastri di recupero, fino ai biglietti da visita stampati su carta riciclata. Il suo, bisogna dirlo, è un lavoro che non conosce orari e sicurezze
e che, insomma, chiede coraggio. I problemi e le difficoltà non sono pochi, a cominciare dall’attenta laboriosità che richiede filare fibre che non hanno componenti elastiche, passando per i costi proibitivi della materia prima. «L’ho spinta io», ci racconta Matteo, che le sta lì, accanto, da 9 anni. «Stiamo attenti a quello che mangia-
mo ma non ci importa di quello che indossiamo», continua lui, 28 anni, intorno la t-shirt marrone creata dalle mani della sua Gloria. Anche in quei tagli minimali si legge l’attenzione sostenibile perché «fare un capo basico e versatile che uno può portare sempre, è un ottimo modo per abbattere gli sprechi». Una scelta che si direbbe in piena controtendenza con il mercato che propone, invece, la “fast fashion”, una moda svelta, con collezioni settimanali. Ma che Gloria e il suo Matteo non amino seguire la corrente lo si capisce da subito. Ad aprire un negozio tutto suo, lei, per esempio, non ci pensa proprio. Per ora si appoggia in conto vendita ad altri negozi, punta sull’e-commerce e sulla presenza ai festival del settore. Il suo sogno? Un rustico da condividere con altre piccole realtà di artigianato.
Ciao Italia!
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a aperto le porte ai primi ospiti lo scorso settembre, eppure, in appena otto mesi, ha già scalato le classifiche dei più noti siti web internazionali dedicati al booking e alle prenotazioni online. Corte San Felice, struttura elegante e unica nel suo genere, entra dritta nel cuore delle persone. Disposta a ferro di cavallo e orientata a sud come le antiche corti rurali, la struttura è stata concepita da Germana Girlanda, titolare dell’agriturismo assieme alla sua famiglia, come una corte dai sapori e dalle atmosfere originarie, rivisitata però in chiave moderna e dotata dei più recenti comfort per far sentire gli ospiti al centro di un nuovo mondo. «La nostra idea era quella di dar vita a un luogo curato, accogliente e famigliare, e condividerlo con i nostri ospiti in un contesto di grande serenità. Pensiamo proprio di esserci riusciti. In questi primi mesi abbiamo ricevuto persone da ogni parte d’Italia e del mondo. Ognuna di loro ci ha gratificato con gesti semplici e molto carini come può essere un “Non vediamo l’ora di tornare” scritto su un bigliettino e lasciato sul letto della camera o in reception. Siamo davvero molto contenti di questa ottima partenza». E in effetti chi arriva a Corte San Felice si immerge in un’oasi di vera tranquillità. Profumi e colori delle verdi
viti o dei ciliegi in fiore, caratteristici della Valpantena, fanno da sfondo ai silenzi della campagna d’inverno o ai tramonti d’estate. Diciassette camere per trenta posti letto, ognuna con una propria peculiarità e dotate dei più avanzati comfort, costituiscono la capacità ricettiva di Corte San Felice. Un’ampia sala colazioni, una reception elegante, un servizio di qualità superiore, una sala multifunzionale da duecento posti e una corte esterna, pavimentata a porfido, un parco giochi per bambini, un’area naturale con tre daini e un parcheggio fino a 130 posti macchina fanno il resto.
Le Camere. Sono il fiore all’occhiello della struttura.
Quattro camere DUS, doppie a uso singolo, seguite da dieci matrimoniali di diverse dimensioni, di cui una attrezzata per le persone diversamente abili, e tre con vasca idromassaggio soddisfano la richiesta di qualsiasi ospite. Grande cura nella scelta dei materiale e dei particolari, dai pavimenti in parquet di rovere tarlato e faggio ai rivestimenti in legno su alcune pareti e in pietra naturale della Lessinia nei bagni; dalle lampade e abatjour in ceramica, dipinte a mano con disegni che richiamano il nome della stanza ai frigo minibar silenziosi e di ultima generazione; dalle lenzuola in cotone e
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Agriturismo Corte San Felice
Via Belvedere, 123/A 37131 San Felice Extra - Verona tel. +39 045 840 0317 fax. +39 045 840 8265 info@cortesanfelice.it - www.cortesanfelice.it
materassi anallergici “king size” alle tende oscuranti ottenute con un particolare intreccio che ricorda tanto i caratteristici sacchi di juta. Nulla è lasciato al caso.
Location ideale per eventi. Il successo di Corte San Felice passa anche dagli spazi che mette a disposizione per meeting, cene, incontri aziendali e di formazione. E sono tante le realtà (gruppi, aziende, staff meeting) che in questi otto mesi sono stati ospitati qui, nel cuore della Valpantena. Due sale multifunzionali, una “small” con una capienza fino a 25 posti e una, molto più capiente, fino a 200 posti, ubicata in un edificio indipendente, sono utilizzabili per eventi di qualsiasi genere, finalizzati a una valorizzazione del territorio, del patrimonio rurale circostante e dell’azienda agricola stessa e l’agriturismo.
L’azienda agricola. Corte San Felice offre agli
ospiti e ai visitatori degli ottimi vini bianchi e rossi di produzione propria ed etichettati con marchio omonimo. La produzione spazia da un Verona IGT Garganega a degli ottimi Valpolicella Superiore DOC, passando dall’ Amarone della Valpolicella DOCG fino ad arrivare al Recioto della Valpolicella DOCG e a un immancabile Spumante Prosecco.
Elementi di sostenibilità. La struttura di Corte San Felice, oltre ad essere stata sviluppata tenendo conto delle più moderne tecniche di isolamento termico e acustico, dispone al suo interno anche di un impianto fotovoltaico da 200 kW per il proprio fabbisogno energetico e di alcuni pannelli solari termici per la produzione di acqua calda ad uso sanitario. Per far fronte alla richiesta idrica per l’irrigazione dei campi circostanti e degli spazi verdi interni l’agriturismo è dotato anche di un pozzo di falda per il prelievo diretto di acqua. Dettagli preziosi. La scelta dei materiali di costruzio-
ne è un valore aggiunto di Corte San Felice. Basta volgere lo sguardo alla piazza centrale, pavimentata a mano con cubetti di porfido, alle panchine esterne in ferro battuto o alle insegne in ottone lavorato a mano da abili artigiani piemontesi. Oppure notare la qualità del legno delle strutture portanti delle coperture e dei solai, ma anche per i pavimenti delle stanze e degli spazi comuni, dove è stato utilizzato pregiato parquet italiano di rovere tarlato e faggio. Per non parlare della bellezza della pietra bianca e rossa della Lessinia, impreziosita da alcuni ammoniti di origine fossile, impiegata per pavimentazioni e ornamenti distribuiti in ogni stanza. Dettagli scelti, voluti, ricercati che rendono Corte San Felice un vero gioiello tutto da vivere.
PERSONAGGIO Aldo Moro nelle parole della figlia Agnese
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Vi racconto mio padre
di Giovanni Melotti
“Rete Prospettiva Famiglia” organizza l’ennesimo incontro da tutto esaurito all’ITES Aldo Pasoli. Agnese Moro racconta la gioventù, le idee, i sogni del padre Aldo. E quei maledetti 55 giorni. Noi l’abbiamo intervistata. Aldo Moro
Agnese Moro
«V
i ringrazio per essere qui questa sera. La vostra presenza rende memoria a mio padre. Stasera ricorderemo la sua vita, faremo un viaggio per capire la sua persona. Rendere memoria non significa solo ricordare, ma anche conoscere, comprendere, giudicare e quindi agire». Parla così, Agnese Moro aggiungendo come in questi decenni tante persone si siano accalorate sul “come” della vicenda di suo padre. 5 processi e 3 commissioni parlamentari per provare a spiegare chi c’era 37 anni fa, cos’è realmente accaduto e con quali modalità. «Io invece ho preferito interrogarmi sul “perché”. Proverò a raccontarvi di Aldo Moro come papà, marito, uomo. La sua passione fin da piccolo è stata lo studio, anche perché a livello manuale era negato per qualsiasi cosa. A scuola invece era un autentico secchione. Finita la scuola decide di dedicarsi all’insegnamento e a soli 23 anni diventa professore universitario. Amava insegnare, era la sua vita. Dialogare con i
Lo striscione realizzato dai ragazzi del “Pasoli” suoi studenti, era per lui motivo di felicità e di orgoglio. Se non avesse fatto politica avrebbe sicuramente passato i suoi giorni tra i banchi di scuola». Cos’ha spinto suo padre a lasciare la cattedra di professore per intraprendere la carriera politica? Aveva un sogno. Costruire un paese che vivesse in una dimensione di libertà e di pace e dove al centro del sistema ci fossero le persone comuni. Cosa significava per lui “fare politica”? Per lui la politica era parlare e spiegare, incoraggiare le persone a fare del proprio meglio. Era discutere e incontrare la gente. Era lavorare: partiva da casa alle sette e trenta del mattino e tornava poco prima delle undici , cenava e finiva di lavorare. La politica era anche chiedere e ascoltare, da ogni persona con cui parlava imparava qualche cosa di nuovo. Era infine conoscere, tutte le situazioni anche quelle più sfortunate, andava spesso ad ascoltare i detenuti nelle carceri. Ci racconta qualche aneddoto di
Aldo Moro come padre? Noi figli (Agnese è la terzogenita ndr) non abbiamo mai provato vanto per la professione governativa di nostro padre poiché a casa non ci stava quasi mai. Tant’è che quando cadeva un suo governo eravamo felici, almeno potevamo passare un po’ più tempo insieme (ride ndr). All’epoca ricordo che io e i miei fratelli uscivamo a fare festa fino a tardi con gli amici. Lui aspettava sveglio fino a che tutti non avessimo fatto ritorno “all’ovile”. E mentre ci aspettava, lavorava. Lavorava in continuazione. La sua idea di riposo era: lavorare nella casa in campagna, accanto a mia madre. E quando andavamo al mare, in spiaggia beh… ci veniva in giacca e cravatta (sorride e mostra gli scatti fotografici ndr). 16 marzo del 1978. Suo padre viene rapito e gli uomini della scorta vengono uccisi a bruciapelo. Come ricorda quei 2 mesi? Ha trovato la risposta al suo “perché”? Con Oreste Leonardi e Domenico Ricci ci sono cresciuta, Giulio Rivera e Raffaele Lozzino li ho co-
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“Per come sei fatto tu, ti metterai nei guai” gli diceva mia madre
si è disposti a trattare, la politica muore. Perché la politica è prima di tutto dialogo. Era testardo mio padre. La sua testardaggine nel portare avanti i suoi progetti lo portava spesso a mettersi in mezzo ai guai. Ma lui andava avanti, credeva fortemente nel suo sogno di vedere le persone comuni protagoniste della politica. Mia madre glielo ripeteva spesso: “Guarda che per come sei fatto, andrà a finire male”. Le rispose in un’altra lettera: “Avevi ragione tu”. La risposta al mio “perché” l’ho trovata: mio padre rappresentava una persona scomoda, con un’idea di democrazia che a molti non piaceva. È stato rapito e non si è mosso dito per liberarlo. Credo, concludendo, che tutti noi dobbiamo chiederci: “come vale la pena vivere la nostra vita?” Io non so se mio padre abbia fatto bene o male a vivere la sua, così. Ritengo che il giudizio spetti ad ognuno di noi.
La pagella della maturità di Aldo Moro Italiano 8 Latino 8 Greco 9 Storia 9 Filosofia 9 Matematica e Fisica 10 Scienze naturali e fisica 8 Storia dell’arte 8
ALDO MORO (1916-1978)
nosciuti in un tempo successivo, Francesco Zizzo invece non ho avuto tempo di vederlo, era la prima mattina quella, che faceva parte della scorta di mio padre (con un velo di commozione, mostrando le foto ndr) Sono stati 55 giorni terribili. È stata giocata una partita straordinaria nel suo orrore. Gli articoli di giornale erano i medesimi, ogni giorno, il tutto in un clima di paura e smarrimento creato da una manipolazione delle coscienze delle persone. In tutto questo, il vero protagonista della vicenda, è stato lasciato completamente abbandonato a sé stesso. Solo Dio era con lui: “Ci ritroveremo ancora e ci riameremo ancora. Sia fatta la Sua volontà” scriveva a mia madre, in una delle lettere scritte dal carcere delle brigate rosse. Lui sapeva di essere in pericolo, ha chiesto aiuto e nessuno gliene ha dato. Chi aveva il potere di liberarlo, non l’ha fatto. Nel momento in cui mi si dice che non
Aldo Moro nelle parole della figlia Agnese
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Con il car sharing, una nuova mobilità in centro Il servizio è partito ufficialmente lo scorso 24 aprile. Costi abbastanza ridotti e una flotta di vetture che sfiora le cinquanta auto. Attesa per l’inaugurazione delle colonnine di ricarica elettrica che dovrebbero essere ultimate entro l’estate.
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l Car Sharing del Comune di Verona è entrato nel vivo. Si chiama GirAci e dopo l’inaugurazione ufficiale del 24 aprile, con l’apertura del servizio a tutti i cittadini, ora è completamente operativo. Si tratta di una scelta molto futuristica del Comune di Verona, che ha concesso ad Aci Global (vincitrice dell’appalto per la realizzazione del servizio), società dell’Automobile Club Italia, di curare e sviluppare questo nuovo progetto. Il concetto è quello di replicare il successo del bike sharing, che in questi anni ha ottenuto, da parte dei veronesi, un plauso su tutti i fronti, tant’è che l’utilizzo delle biciclette condivise ha contagiato un po’ tutti: studenti, famiglie, amministratori, residenti del centro storico. Il funzionamento del car sharing è pressoché identico.
Si sottoscrive un abbonamento con un credito di partenza che verrà scalato mano a mano che si utilizzeranno le vetture per i propri spostamenti all’interno dell’area urbana consentita. Necessaria, quindi, una carta di credito, così come funziona con i noleggi che si effettuano ad esempio negli aeroporti. Per registrarsi bisogna accedere al portale ufficiale www.giraci.com compilando l’apposito form. Da questo momento gli utenti possono già utilizzare le vetture, sia tramite smartphone sia tramite una card che sarà inviata direttamente a casa. Nel primo caso andrà scaricata sulle proprie device mobili la App GirAci (disponibile sia per Android che iOS, ndr) che consentirà di monitorare in ogni momento le auto disponibili, la distanza delle auto rispetto alla propria posizione, il quantitativo di carburante a bor-
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do. Una volta selezionata l’auto da utilizzare sarà aperto il contratto di noleggio. Il servizio funzionerà senza costi di abbonamento. Le tariffe non supereranno 0,39€ al minuto, incluso carburante, scendendo a 0,05€ al minuto quando l’auto sarà parcheggiata. Solo se un noleggio supera i 50 km di percorrenza, si pagherà 0,10€ per ogni km in eccesso. Si avrà accesso illimitato alla ZTL e sosta gratuita nei parcheggi a strisce blu ed in quelli destinati a residenti, dimoranti e ad attività alberghiere e extra alberghiere. Il Car Sharing sarà attivo 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. Una volta terminato l’utilizzo la vettura potrà essere lasciata in un qualsiasi luogo della zona cittadina entro la quale si potrà usufruire del servizio e il sistema la indivi-
duerà nuovamente come vettura disponibile. I pagamenti avverranno automaticamente tramite addebito su carta di credito. Al momento dell’adesione saranno scalati 39€ che andranno poi consumati di volta in volta con l’utilizzo delle auto. Da sottolineare che se teoricamente le VW UP! di GirAci possono essere condotte in qualsiasi luogo, anche fuori dalla nostra città, per chiudere il contratto di noleggio, e quindi il singolo utilizzo, occorre riparcheggiarle all’interno dell’area urbana consentita. Il parco auto conta ad oggi 25 Volkswagen UP! a benzina e 10 eUP! 100% elettriche, che stanno progressivamente prendendo servizio in attesa che il Comune completi le colonnine di ricarica nelle zone definite: Stazione FFSS,
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Parcheggio Cittadella, Parcheggio Centro e Piazzale Stefani. Motivo di soddisfazione per i veronesi, il fatto che l’iniziativa di ACI Global nel Car Sharing partirà proprio a Verona, come città test per implementare poi il marchio anche in altre città italiane. Immaginando di fare un confronto con altre città italiane che hanno già attivato il servizio, come Milano ad esempio, Verona avrà ovviamente bisogno di più tempo per ingranare con questa novità. Si tratta infatti di una svolta pressoché epocale per la città scaligera, meno abituata a soluzioni metropolitane di questo tipo. Se i cittadini sapranno interpretare il giusto utilizzo del car sharing sicuramente ne trarremo tutti dei benefici, in termini di risparmio energetico, innovazione e sostenibilità.
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VERONA FUORI PORTA
Escursioni di un giorno in pullman da Verona
Visite naturalistiche ambientali in Lessinia, pranzo e degustazioni dei migliori prodotti tipici del territorio ALBA IN LESSINIA- I camosci delle “Creste”- Natura e gusto
sabato 11 Luglio Giovedì 06 Agosto Sviluppo verticale 500m. Difficoltà: ***
Aspettare l'inizio del giorno, immersi nella meraviglia dei suoni della natura e dei suoi animali. Guardare il sole rubare il posto alla notte, avvolti solo dai rumori leggeri di camosci, marmotte e caprioli. Queste le possibilità uniche offerte dall'escursione, con guida naturalistica ambientale,
che si svolgerà lungo le vette della Lessinia, alla scoperta dell’habitat naturale degli animali che popolano gli spazi incontaminati della nostra montagna. Il pullman partirà alle 06.00 da Verona Porta Vescovo, verso le 07.00 inizierà l'escursione verso le “Le Creste” del Passo Malera, per poi raggiunge-
re, sempre a piedi, le malghe dei Parpari. La camminata sarà arricchita da gustose soste nei rifugi della zona, sperimentando i piatti tipici locali. Per concludere, una visita- degustazione- shopping nelle migliori aziende enogastronomiche del territorio. Il rientro in città è previsto per le 19.
LA FORESTA DI GIAZZA -Ljetzan, cimbri e carbonai - Cultura e gusto
sabato 18 Luglio Martedì 04 Agosto Sviluppo verticale 300m. Difficoltà: ***
Un viaggio nei sapori e nelle usanze dei Cimbri, un popolo originario della Baviera e del Tirolo, che si insediò attorno all’ XI secolo nel territorio montano della Lessinia. Si partirà alle 7.30 da Verona per raggiungere Giazza, antico comune cimbro. Da questo piccolo gioiello della Lessinia orientale, dove si parla ancora l’originaria lingua
cimbra, inizierà l’escursione a piedi con l’esperta guida naturalistica ambientale, attraverso un suggestivo sentiero tra fitti boschi e rigogliosi ruscelli. Lungo il percorso, si vedrà la contrada Teldari con l’allevamento di alpaca e lama e si visiterà il sito di produzione del carbone da legna secondo le antiche usanze di montagna. Non c’è
modo migliore per scoprire un popolo dalla ricca tradizione, che quello di assaggiarne i piatti caratteristici come la “Trota di torrente”, che sarà possibile gustare proprio a Giazza. Nel percorso di rientro è prevista una sosta di degustazione – shopping nelle migliori aziende enogastronomiche del territorio.
LA GRANDE GUERRA IN LESSINIA- Le trincee lungo il confine – Storia e gusto
sabato 25 Luglio Venerdì 21 Agosto Sviluppo verticale 300m. Difficoltà: ***
Un appuntamento con la storia nel centenario della Grande Guerra. Per visitare i luoghi del nostro territorio che sono stati testimoni dei momenti difficili della Prima Guerra Mondiale. Con partenza alle 07.30 in pullman da Verona Porta Vescovo, inizierà a Passo Fittanze, sul confine con il Trentino Alto Adige, il percorso lungo
il sentiero di confine, tra cippi in pietra e le trincee che trattengono, nelle loro forme, i sospiri dei nostri soldati. Particolare attenzione sarà posta alla ridotta del Pidocchio, piccolo fortilizio sapientemente recuperato dall’Associazione Nazionale Alpini in occasione del centenario della Grande Guerra. Non solo un viaggio nel
nostro passato, neppure troppo remoto, ma anche un’occasione per gustare i “gnochi sbatui”, tipica prelibatezza della Lessinia. Prima del rientro a Verona, previsto per le 19, in programma una visita-degustazione-shopping nelle migliori aziende di produzione e vendita di prodotti enogastronomici del territorio.
Per tutte le escursioni è consigliato: abbigliamento comodo, calzature da trekking e bastoncini da NW o trekking, felpa – kway – zainetto - binocolo Quota di partecipazione: € 65,00 da Verona - € 50,00 da Bosco Chiesanuova comprensiva di viaggio in pullman, guida, colazione, pranzo, degustazione, iva, assicurazione. Quota € 45,00 per chi raggiunge i luoghi di partenza delle escursioni con mezzi propri. Le escursioni verranno confermate al raggiungimento di un minimo di 30 partecipanti.
La Lessinia nel Mondo- Bosco Chiesanuova- tel. 045 6780880 info@lessiniaworld.it
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06/06/2015 SABATO VERONA-Piazza Bra 07/06/2015 DOMENICA GREZZANA 13/06/2015 SABATO GARDA 13/06/2015 SABATO VERONA-Piazza Bra 14/06/2015 DOMENICA TREGNAGO 16/06/2015 MARTEDI VERONA-Piazza Bra 18/06/2015 GIOVEDI VERONA-Piazza Bra 20/06/2015 SABATO GARDA 20/06/2015 SABATO OPPEANO 21/06/2015 *DOMENICA GREZZANA 23/06/2015 MARTEDI VERONA-Piazza Bra 25/06/2015 GIOVEDI VERONA-Piazza Bra 27/06/2015 *SABATO night VERONA-Piazza Bra 27/06/2015 SABATO VERONA-Piazza Bra 28/06/2015 DOMENICA 27/06/2015 SABATO GARDA 28/06/2015 DOMENICA VERONA-Piazza Bra 30/06/2015 MARTEDI VERONA-Piazza Bra
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Verona capitale dell’auto d’epoca Quindici giorni in cui la nostra città è stata protagonista indiscussa dell’automobile. Merito di Verona Legend Cars e della Mille Miglia che hanno riacceso la passione per l’auto d’epoca.
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ue fine settimana in cui Verona è diventata la capitale dell’auto d’epoca, centro nevralgico di passione, sogno e leggenda. Il merito è di due manifestazioni in particolare, Verona Legend Cars, fiera dedicata all’auto d’epoca organizzata da Intermeeting e andata in scena dall’8 al 10 maggio, e la celeberrima Mille Miglia, che a Verona è vissuta in due eventi consecutivi: la manifestazione “Aspettando La Mille Miglia”, e il vero e proprio passaggio della Freccia Rossa dalla città, eventi entrambi seguiti dall’Automobile Club Verona. L’occasione di avere per la prima volta una fiera dedicata all’auto di
un tempo ha chiaramente spostato i riflettori del settore sulla nostra città. Verona Legend Cars è nata proprio per essere un grande salone europeo dedicato sia all’auto del passato che a quella del presente, nell’ottica di valorizzazione dell’heritage delle case automobilistiche più famose. Oltre 20mila visitatori presenti all’evento, un risultato che, sommato agli altri grandi numeri di questa prima edizione con 300 espositori, 2mila auto e cinque padiglioni occupati, getta solide le basi verso l’ulteriore sviluppo della manifestazione. Nel corso delle giornate è andata in scena in contemporanea anche “Aspettando La Mille Miglia”, una manifestazione di regolarità clas-
sica riservata alle vetture dell’epoca 1927-1957 che ha premiato il vincitore con l’iscrizione gratuita alla Mille Miglia 2016. L’evento doveva vivere il suo fulcro glamour in uno spettacolo all’Arena di Verona, aperto a tutti i cittadini veronesi gratuitamente, dal titolo “Note d’AUTOre”, che purtroppo è stato cancellato a causa del maltempo. È toccato così a “Verona Legend Cars” il ruolo di protagonista del weekend, in cui si è rivelato centrale il rapporto diretto con gli appassionati che, per la prima volta in una fiera europea, hanno potuto parcheggiare le loro auto d’epoca all’interno del quartiere fieristico per raduni e anniversari,
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aggiungendo al lustro degli stand ufficiali il contributo di tantissimi collezionisti. Di grande valore culturale e artistico gli stand dei Padiglioni 1 e 2, con i gioielli unici al mondo della Cité dell’Automobile di Moulhouse, lo stand del Museo Nicolis di Villafranca, le esposizioni di Aston Martin, Porsche, Volvo, Tesla, e Scuderia Jaguar. Inedita anche l’ospitalità dell’ASI che, per la prima volta, ha aperto il suo stand, ben tremila metri qua-
drati, alle auto e agli appassionati di ben 33 club federati. Premiazioni, dibattiti e incontri hanno accompagnato le giornate di sabato e domenica assieme a un grandissimo volume di scambi e contrattazioni nei Padiglioni 3, 4 e 5 dedicati a privati e ricambisti. Ma non è finita qui, perché la settimana successiva, giovedì 14 maggio, la Mille Miglia è passata proprio dalla città, con la consueta passerella in Piazza Bra anche se anticipata al pomeriggio, anziché
alla sera, per esigenze dell’organizzazione bresciana. Incredibile la risposta del pubblico che, nonostante un orario meno adatto per una capatina in Piazza Bra, ha invaso il centro richiamato dal fascino delle auto d’epoca e dal tocco “vip” della kermesse, che ha visto tra i partecipanti anche personaggi noti al grande pubblico come Joe Bastianich, Kasia Smutniak e le leggende viventi (per gli appassionati di motori) Derek Bell e Jochen Mass.
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L’Italia riparte dal SUV Hanno debuttato a distanza di poco tempo i due modelli più attesi del gruppo FCA, il presente e il futuro FIAT. Abbiamo provato per voi la 500X e esplorato, in concessionaria, la Renegade. Jeep Renegade
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ualcuno aveva ipotizzato che il suv era sulla via del declino. Non la pensa così il gruppo FCA, ovvero la nuova veste di Fiat ideata da Sergio Marchionne, che ha fatto debuttare a distanza di poche settimane due attesissimi modelli. La Jeep Renegade e la Fiat 500X. Non fatevi ingannare dalle apparenze, entrambi questi modelli sono davvero italiani. Entrambi sono nati nella fabbrica Fiat di Melfi, in Basilicata, ma mentre la 500X è ancora prodotta in questo stabilimento, la Renegade ora ha spostato le catene di montaggio in Brasile, a Penanbuco. Partiamo dalla più piccola delle due, la Renegade. Già a prima vista si nota una certa somiglianza con la “sorella” dato che entrambe fanno parte del medesimo progetto di rilancio della produzione FCA in Italia e sono strutturate sullo stesso pianale (lo stesso anche della Grande Punto, ndr). La Renegade è il modello più razionale delle due. Linee molto dirette, concrete, tendenti al quadrato. Non vuole perdere i canoni estetici di Jeep che, notoriamente, nasce prima come fuo-
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ristrada che come auto da tutti i giorni. Il frontale è massiccio con i fanali circolari, mentre il posteriore è più sinuoso, caratterizzato dalle “X” che si generano una volta che le posizioni sono accese, dando un tocco urban che piace anche ai più giovani. Fanaleria anteriore e posteriore hanno particolari in LED, che ora vanno molto di moda. Tanti i colori disponibili della carrozzeria: dal bianco all’arancione vivo, dal giallo al rosso fino ad un interessante carta da zucchero. Non si può dire lo stesso degli interni, che invece sono molto curati e meno essenziali. Le linee sono massicce e danno idea di stabilità e potenza. La seduta è piuttosto alta e quindi la sensazione è quella di dominare la strada. Le rifiniture creano contrasto con le tappezzerie ma si riconosce uno stile che richiama i modelli Fiat. Il volante, ad esempio, è identico a quello della 500X (con qualche cromatura in più) fatto salvo per il marchio al centro. Bello anche il disegno del frontale lato passeggero, mentre lasciano un po’ a desiderare le manette per il controllo dell’aria, ma si tratta ovviamente di inezie rispetto all’ottima “vestibilità” interna del modello.
Veniamo alla 500X Prima nota di merito il prezzo, rispetto alla Renegade è sicuramente più contenuto. Le linee sono sinuose, specie per la versione Lounge, ma diventano aggressive al punto giusto con la Cross e la Cross Plus, che aggiunge particolari sportivi sia frontali che laterali. Abbiamo provato per voi sia la 4x4 Cross Plus con cambio automatico (top di gamma), sia la Cross 2WD con cambio manuale, entrambe Diesel. Il motore può essere regolato tramite una manopola vicino al freno a mano, che differenzia l’erogazione della potenza tra “hill”, per l’utilizzo montano o con scarsa aderenza, “normal” per la guida di tutti i giorni e “sport” per avere il top dal motore. Nell’assetto “normal” la vettura è estremamente morbida e assomiglia più ad una citycar che ad un modello di 1870kg. Cambiando in “sport”, pare di guidare una vettura a marchio Abarth. L’erogazione della potenza stupisce per velocità e precisione, ma l’assetto non ne risente in modo esagerato, se non sui lunghi curvoni in appoggio che rischiano di far un po’ partire il posteriore. In ogni caso il nostro test drive è avvenuto su strade mon-
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Interno Fiat Cross plus
in “normal” la 500X si parcheggia davvero con un dito. Nota dolente la scarsa visibilità dal lunotto posteriore (sopperiscono però i sensori di parcheggio), ma nel complesso l’abitabilità è buona. L’interno è meno dettagliato della Renegade (questo giustifica la differenza di prezzo?) e forse si sarebbe preferito anche in questo caso il cambio rialzato come
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tane chiuse al traffico per l’occasione, quindi abbiamo sperimentato soluzioni al limite che non si dovrebbero mai verificare in condizioni normali. Buona anche la risposta dei freni, che danno la giusta confidenza anche in caso di strada viscida. Bello anche il cambio di sensibilità dell'idroguida, che rende più rigida la sterzata in conformazione “sport”, mentre
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TURISMO ACCESSIBILE Insieme per abbattere le barriere mentali e architettoniche 38
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Tutti i sapori di una Verona accessibile di Luca Spaziani
Convegni, visite guidate e tour. Sono state moltissime le iniziative di “Sapori di accessibilità” per promuovere un turismo senza barriere.
Il convegno di “Sapori di Accessibilità”
U
n’iniziativa per dimostrare che si fa sul serio, che ai buoni propositi possono e devono seguire fatti concreti, che Verona può diventare davvero una città a misura di tutti. Dopo il convegno che nel novembre scorso ha visto per la prima volta Enti e associazioni del territorio riuniti intorno al tema del turismo accessibile, ATS VeronaExpo ha promosso “Sapori di accessibilità”, una serie di eventi realizzati nel mese di aprile con lo scopo di sensibilizzare la comunità sull’importanza di un’accoglienza senza barriere. Il programma, ricco di appuntamenti, ha visto tra l’altro l’organizzazione di visite guidate in città per non vedenti e ipovedenti attraverso percorsi multisensoriali e un tour ciclistico nella Verona accessibile. Anche la giornata del 25 aprile ha assunto un significato tutto speciale con il raduno per la “Liberazione dalle barriere”, che ha visto sfilare per le vie del centro disabili in sedia a rotelle e non, al fine di testare l’accessibilità di strade e piazze. L’evento è stato ideato dall’Asso-
Sofia Righetti
ciazione AMEntelibera, impegnata nella promozione di iniziative culturali e ricreative per disabili, in collaborazione con CISL Pensionati, Rotary Club Verona Est e UnivrXExpo e con il coinvolgimento operativo e organizzativo di altre cinque realtà aderenti al gruppo VeronaExpo che operano nel sociale: Cooperativa Sociale Azalea, Dismappa, Omnia Impresa Sociale, Progetto Yeah, e per i tour, Assoguide. Molte delle attività si sono svolte in concomitanza con “Le Piazze dei sapori”, la manifestazione organizzata da Confesercenti che dal 16 al 19 aprile ha richiamato in centro migliaia di turisti per degustare le mille specialità culinarie provenienti da tutte le parti d’Italia. Madrina della kermesse è stata Sofia Righetti, atleta veronese campionessa italiana di sci paralimpico: “La disabilità – ha sottolineato è una caratteristica che diventa svantaggio solamente quando c’è un ambiente incapace di accoglierla. Ogni anno, in Europa, 36 milioni di potenziali clienti turistici non possono viaggiare nel nostro Paese a cause delle barriere ar-
Uno scatto dalla giornata di “Liberazione dalle bariere
chitettoniche. È necessaria una sterzata”. L’iniziativa ha offerto anche l’occasione per fare il punto della situazione nel corso di un convegno ospitato dall’Università di Verona, a cui hanno preso parte diverse realtà veronesi impegnate in attività di promozione sociale e culturale in favore dei disabili. Al centro del dibattito sono state poste le buone pratiche che già vengono messe in atto, con l’obiettivo di fare rete per raggiungere risultati più ambiziosi. È il caso, ad esempio, dell’hotel ristorante Gran Can, che dal 1997 dà lavoro e ospitalità a persone con disabilità cognitive, offrendo un supporto anche alle famiglie con portatori di handicap che si recano in visita alla città; o dell’Associazione Dismappa, impegnata nella mappatura dei luoghi accessibili di Verona; oppure, ancora, di Progetto Yeah, che tra le sue attività di formazione e consulenza propone un corso specifico per guide e operatori turistici nel quale poter apprendere le tecniche e le buone pratiche da seguire quando ci si trova ad avere come clienti persone con disabilità.
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SALUTE & BENESSERE Al Sacro Cuore Don Calabria di Negrar la “fucina” dei radiofarmaci
di Marta Bicego
L’ospedale della Valpolicella ha avviato produzione gratuita e distribuzione di medicine anti-tumore. Contengono un isotopo radioattivo e sono prodotte da un acceleratore di protoni, chiamato Ciclotrone. Quello veronese è tra i più potenti in Europa a essere usati in campo medico.
Gorgoni in Radiofarmacia
La palazzina che ospita il Ciclotrone e la Radiofarmacia
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armaci anti-tumore, ma non solo. Contengono un isotopo radioattivo che li trasforma in sentinelle luminose da iniettare nel paziente per un impiego diagnostico in campo oncologico, cardiologico, neurologico (ad esempio per l’individuazione precoce dei sintomi dell’Alzheimer) e delle infezioni. Da aprile, come da delibera regionale, a produrli gratuitamente e distribuirli alle Medicine nucleari del Veneto è l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Ha sede dunque in Valpolicella la “fucina” dei radiofarmaci. A Negrar, in una palazzina del nosocomio opportunamente adibita, si trova infatti l’acceleratore di protoni, chiamato Ciclotrone: tra i più potenti in Europa a essere utilizzati per la medicina. È uno degli speciali macchinari indispensabili alla produzione di Fluorodesossiglucosio: farmaco tracciante tra i maggiormente diffusi negli esami effettuati con Tomografia a emis-
sione di positroni (Pet). Creare una medicina radioattiva è in realtà un’operazione che prevede vari passaggi oltre a verifiche di qualità, spiega il responsabile della Radiofarmacia con Ciclotrone Giancarlo Gorgoni. L’edificio che ospita l’acceleratore è dunque una piccola, ma particolare, fabbrica di farmaci. Al primo piano, sopra il bunker nel quale è stata collocata l’apparecchiatura, si trova la Radiofarmacia, dove viene creato il radiofarmaco: si sviluppa su 500 metri quadri e comprende quattro zone di produzione in ambiente controllato, le camere bianche, in cui sono collocate dodici celle, gli isolatori piombati, nei quali sono inseriti a loro volta i dispositivi, tutti computerizzati per consentire all’operatore di non venire mai a contatto con il materiale radioattivo, detti moduli di sintesi. Nella pratica, il Ciclotrone «produce gli isotopi radioattivi che vengono inviati a un’altra macchina
– prosegue il radiofarmacista – la quale li elabora per arrivare a un prodotto da iniettare nel paziente». Pronto cioè per essere impiegato nel reparto di Medicina nucleare del centro ospedaliero calabriano, e per essere distribuito in tempi celeri, considerata la natura fisica del medicinale soggetto a veloce decadimento della radioattività che lo caratterizza, in altri centri del Veneto attrezzati di Pet: dall’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona all’Istituto tumori del Veneto fino agli ospedali San Bortolo di Vicenza e Umberto I di Mestre. In realtà, il Sacro Cuore Don Calabria è specializzato nella produzione di sette tipologie di radiofarmaci, la cui somministrazione è limitata tuttavia alla struttura di Negrar: «La Colina, utile a indagare la presenza di tumori alla prostata, a base di Carbonio-11. La Fluorotirosina e la Fluorotimidina, radiotraccianti per i tumori cerebrali» elenca Gorgoni. Parallelamente, in
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SALUTE & BENESSERE Matteo Salgarello con una paziente che sta facendo un esame con la Pet
sinergia con altri centri di ricerca, prosegue la sperimentazione di nuovi farmaci, sia per la diagnostica che per la terapia clinica orientata soprattutto alla cura di neoplasie a tiroide e prostata. L’esperienza acquisita in Valpolicella trova conferma nei numeri. Ad oggi, evidenzia il direttore di Medicina Nucleare con Terapia Radiometabolica Matteo Salgarello, «più del 70% dei pazienti che afferiscono al nostro centro non fanno riferimento all’Ussl 22, quella di appartenenza. Più del 50%
non sono della provincia di Verona e più del 30% sono extra regionali». Percentuali, evidenzia, destinate ad aumentare ulteriormente: «La proiezione per il 2015 è di circa 4 mila pazienti con radiofarmaci prodotti dal nostro Ciclotrone e di circa 350 trattamenti nel reparto di degenza di Radioterapia metabolica». La disponibilità di produzione e approvvigionamento dei traccianti a breve distanza consente l’esecuzione di un maggior numero di esami giornalieri a totale benefi-
Ciclotrone, un gigante da 28 tonnellate
Costruito dalla canadese Advanced Cyclotron Systems, il Ciclotrone ha un peso di circa 28 tonnellate. Il raggiungimento delle energie necessarie per la reazione nucleare in uno spazio decisamente ristretto è dovuto all’accelerazione ciclica e non lineare delle particelle consentita dal magnete. Trova collocazione in un bunker con pareti dallo spessore di 2 metri, stesso spessore della porta “a tappo” di calcestruzzo per accedere alla sala nella quale è custodita la potente macchina.
cio delle persone che afferiscono all’ospedale. Nella gran parte dei casi, conclude Salgarello, «il radiofarmaco viene somministrato per via endovenosa, previe semplici preparazioni, spesso il digiuno, seguito da scansioni che dipendono dal tracciante utilizzato e dalla patologia oggetto dell’indagine».
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Energia, ambiente e Hi Tech #ROBOVAL15: da una passione di molti nasce una fiera per tutti
di Mattia Zuanni
La fiera Roboval è giunta quest’anno alla quarta edizione: abbiamo intervistato Alberto Valente, presidente della manifestazione, per scoprire cosa significa per lui questa kermesse.
Foto di Marco Bante
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er tutti gli appassionati di tecnologia è ormai un appuntamento fisso. Stiamo parlando della fiera Roboval che quest’anno si è svolta il 23 e 24 maggio presso l’ex Arsenale austriaco di Verona. La fiera è stata divisa in due padiglioni; all’interno del primo c’erano le scuole superiori e una voliera allestita per l’occasione, dentro la quale hanno volato droni, quadricotteri e “zanzare con le ali” come li hanno simpaticamente chiamate alcuni dei visitatori che per la prima volta hanno potuto ammirare queste vere e proprie creature volanti. Nel secondo padiglione, invece, si trovavano più di 30 espositori, ciascuno con uno o più progetti. Tra razzi, stampanti 3D, frese e bitcoins ognuno ha potuto mostrare i propri elaborati. Anche per questa edizione, gli istituti superiori veronesi sono stati
invitati ad esporre i propri progetti e a portare con loro gli ormai tradizionali robot per risolvere il labirinto e per sfidarsi in gare di velocità. Ma non solo. Ci sono state altre tipologie di competizione, rivolte alle scuole e un po’ a tutti. Come ad esempio la gara di saldatura che ha visto sfidarsi i partecipanti a colpi di stagno e basette. È difficile trovare Alberto, durante i due giorni di fiera; in sella alla sua graziella (sì, proprio quella bicicletta che usavano i nostri nonni) gira da un padiglione all’altro, e quando chiediamo dove poterlo trovare, la risposta è quasi sempre la stessa: «Non lo so...in giro». Finalmente lo troviamo. Gli chiediamo cinque minuti di tempo, che ci concede volentieri, anche se continua a guardarsi attorno per controllare che tutto stia andando secondo i piani. Gli domandiamo come procede la fie-
ra, se è contento della risposta del pubblico, se gli espositori di quest’anno sono soddisfatti del nuovo spazio. Poi però arriviamo alla domanda, quella la cui risposta non è mai banale, mai scontata:«Alberto, cos’è per te Roboval?». Lo sguardo si illumina, le parole escono facili, come un fiume in piena: «Roboval per noi è una grossa soddisfazione; è partita come un gioco, come uno scherzo fra amici. Ma oggi mi rendo conto, anzi, ci rendiamo conto, che sta raggiungendo dimensioni sempre più importanti con molte nuove scuole e molti nuovi espositori». «Roboval - continua Valente - è da sempre un momento di incontro e confronto; incontro tra persone che si confrontano sui loro progetti, basati magari su diverse tecnologie, ma che possono essere integrati in qualche modo uno con l’altro per arrivare insieme ad un grande progetto
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Energia, ambiente e Hi Tech Foto concessa da EventLab
comune. Questo è ancor più bello nelle gare di robotica; gli studenti, nonostante siano in competizione l’uno con l’altro, non hanno nessun timore di mostrare le modifiche fatte al loro robot, non c’è la mentalità del tenere ciò che si sa solo per sé». Si nota la soddisfazione di chi
ci ha sempre creduto: «Ah, ma quest’anno è l’ultima volta, dopo quattro anni posso dire che il mio mandato si è concluso, è giusto che passi il testimone a qualcun’altro», ci dice con un sorriso, prima di rimettersi in sella alla sua graziella. Roboval15 è stata sicuramente
Foto di Marco Bante
una fiera diversa dalle altre; lo si vede dai sorrisi dei bambini, dallo stupore degli adulti, dalla voglia di mettersi in mostra da parte di studenti ed espositori. Roboval15 è stata passione. La passione di molte persone, quelle stesse che hanno regalato due giorni di fiera a tutta la cittadinanza veronese.
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“Una sola Madre Terra” Festa dei Popoli 2015
di Francesca Mauli
In occasione della 24esima edizione della Festa dei Popoli, il cui slogan – “Una sola Madre Terra” - richiama alla fratellanza, ripercorriamo la storia di questo appuntamento, che richiama ogni anni migliaia di visitatori, alla scoperta delle tante culture che rendono ricca la nostra città.
C
’è un evento che si ripete da 24 anni, a Verona, nel giorno di Pentecoste, che è diventato imperdibile per una buona fetta di veronesi, sia per quelli “de soca”, che per i “nuovi” arrivati, che di nome fanno Patrick, Hakim, Mohammed, e riempiono di colori, suoni e sapori diversi le strade della nostra città. Si tratta della Festa dei Popoli, nata nel 1991 da un’idea del Centro Missionario Diocesano di Verona, subito sposata da altre realtà locali che si occupano di intercultura e immigrazione, come Cestim, Caritas, Centro Pastorale Migranti, Padri Comboniani. Queste realtà, insieme alle numerose associazioni di immigrati nate a Verona e provincia negli ultimi decenni, hanno contribuito a dar vita a un appuntamento che richiama, all’interno del parco di Villa Buri, a San Michele Extra, migliaia di persone (in media 10.000 in un unico pomeriggio), attirate da uno spettacolo fatto di musica, canti, danze e piatti tipici di oltre una trentina di differenti Paesi. La sorpresa sta nel vedere, racchiuse in un unico appuntamento, tante diverse manifestazioni di culture ricche di storia e tradizioni solo apparentemente lontane da noi, essendo l’espressione di quei “nuovi” veronesi che vivono accanto a noi, lavorano nel negozio sotto casa, frequentano la stessa scuola dei nostri figli. La Festa dei Popoli, quindi, è la festa di tutti i veronesi, espressione di una inclusività che, tra percorsi travagliati, vittorie e qualche sconfitta,
I volti della festa dei popoli
sta dando sorprendenti frutti. «Dobbiamo l’idea della Festa dei Popoli a don Luigi Verzè, allora direttore del Centro Missionario Diocesano, a padre Adriano Danzi, comboniano di grande esperienza missionaria, mancato qualche anno fa, e a Eugenio Danzi, che ci ha lasciati prematuramente. L’iniziativa ha trovato subito terreno fertile e molte altre realtà, nel tempo, si sono unite nella sua realizzazione» spiega don Giuseppe Mirandola, direttore del Centro Pastorale Migranti e del Centro Missionario della diocesi. «A loro, e a quanti li hanno sostenuti e incoraggiati, va il merito di aver voluto rendere “visibile” la ricchezza umana e culturale degli immigrati che vivono a
Verona, un aspetto che solitamente passa in secondo piano quando si parla di immigrazione, a favore di analisi più strettamente politiche ed economiche». In una città ricca di contraddizioni come la nostra, sono in molti a darsi da fare per chi, arrivando da lontano in cerca di nuove possibilità, ha bisogno di una mano per inserirsi in una nuova realtà, e lo fanno impegnandosi in attività assistenziali e caritative che cercano di venire incontro alle richieste di prima necessità - casa, lavoro, pasti caldi, vestiti; è necessario però, parallelamente, creare anche un incontro umano tra le persone, tra chi chiede e chi dà, tra chi ha bisogno e chi ha il sovrappiù. La priorità è proprio l’incontro, l’accoglienza
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SOLIDARIETÀ & NO PROFIT vera, la conoscenza e la stima reciproca, e questa Festa rappresenta un’incredibile occasione in questi termini. In questa visione, il giorno di Pentecoste non è stato scelto a caso: in questo giorno, infatti, agli apostoli è stata donata la capacità di predicare in altre lingue, segno che il messaggio cristiano non è destinato a pochi, ma è per tutti. «Per questo – prosegue don Mirandola - il cristiano riconosce che chi gli sta accanto, indipendentemente dal colore della pelle, dalla lingua, dalla religione, è un fratello o una sorella». «Qualcuno – conclude il sacerdote mi ha chiesto se abbia ancora senso celebrare questa festa alla luce dei drammi che continuano a consumarsi nel Mediterraneo, della difficoltà nel trovare politiche adeguate per affrontare la realtà della immigrazione e a un dibattere sociale e politico dai toni aggressivi, generici e strumentali. A loro ho risposto che abbiamo bisogno di segni positivi, di momenti di incontro con l’altro che siano belli, sereni, forse “leggeri”, ma non per questo privi di significato. Durante questo appuntamento non facciamo grandi discorsi, né svisceriamo tutti gli aspetti dell’immigrazione, ma la Festa è lì da 24 anni come momento lieto di incontro nella diversità che rivela la ricchezza della nostra Madre Terra, a cui abbiamo dedicato questa edizione, sull’onda di Expo e con la convinzione che non si possa continuare ad adottare stili di vita che generano ingiustizie tra i popoli rispetto all’accesso al cibo e allo sfruttamento dei territori. La Festa è un segno “profetico”, è un “sogno” di quello che potrebbe essere la nostra vita quotidiana. Mettiamo con coraggio questo segno/sogno nella vita della nostra città, lavorando perché quanto celebriamo a Villa Buri diventi pian piano il quotidiano di ciascuno di noi».
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Scopriamo il Castello di Poiano
di Alessandra Scolari
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Da rocca posta a presidio di Poiano e della bassa Valpantena a Casa per il noviziato. Un Castello trasformato in Villino e arrivato fino a noi. Proprietà per secoli della famiglia Caliari, quella di Paolo Veronese. Dopo la morte dell’abate Pietro Caliari (1920) divenne della famiglia ebrea Rimini. Fu sede del comando tedesco nella seconda Guerra Mondiale. Oggi è della Congregazione dei Figli di Santa Maria Immacolata.
Poiano, Via Sotto Castello indica la presenza dell’antico Castello, sulla cui sommità svetta la statua della Madonna della Fiducia che guarda la bassa Valpantena e la città. Una costruzione ricordata dal vescovo di Verona Raterio già nel 968, che faceva parte dei tre Castelli della vallata (uno era a Marzana e l’altro a Grezzana) che fungevano anche da traino. I «vici» erano chiamati coloro che dipendevano dai Castelli, che, intorno all’anno mille, nell’Italia centro-settentrionale proliferarono. Alcuni, dopo il medioevo, furono trasformati in «villini». Cioè dimore padronali. Il Castello si raggiunge attraverso una scalinata di ciottoli che sfocia in una prima loggia, sulla quale insiste una fontana con la scritta
«Madre della Fiducia». Dalle varie logge del Castello il panorama è mozzafiato. Gli alti alberi del parco (9000 metri quadrati), sembrano voler nascondere questo gioiello agli occhi dei frettolosi passanti. Poiano (83 metri slm), al tempo dei Romani, era considerato «promontorio di Giano», Jano era la divinità che presiedeva le porte: quindi questo Castello era considerato la sentinella della Valpantena. «La Congregazione», ci ha raccontato padre Venturino Cacciotti, «quando nel 1977 acquistò il castello trovò all’inizio del parco una grande cisterna per la raccolta dell’acqua piovana. Il foro costituiva un pericolo per i giovani novizi. Così si è pensato di ricavarne la chiesetta». il Castello ne era privo. Il risultato è degno di nota: parti-
colarissima la copertura, il muro romano della cisterna chiude l’abside e il foro dal quale si nota la statua posta nel parco. Di epoca romana la base dell’altare. Il primo documento su Poiano, risale al 6 febbraio 1138, e riguarda il contratto di affitto del «Castrum cum turribus» ai «vicines», nel quale l’arciprete del Capitolo Gilberto, impose la sua ristrutturazione con la «turre et muro cum petra et calce» entro «la festa di San Michele». Nel 1216 i «vicines» decisero di sciogliere questo patto, «troppo svantaggioso», non pagando l’affitto e smettendo di fare manutenzione. Quindi il castello ritornò al Capitolo, che lo tenne fino a quando venne affittato dalla famiglia dei Caliari, pare agli inizi del ‘500. A Poiano nel 1532 gli abitanti erano 200, compresi 80 bambini con meno di 11 anni! Alla fine dell’Ottocento, proprietario del Castello, era l’abate Pietro Caliari, il quale nell’introduzione del suo libro “Agiolina” ha scritto «Là in alto, un villino in cui sussistono i ruderi di un romano castello, che, nel medioevo fu sede di un Visconte investito di poteri speciali». Pietro Caliari (1841-1920) proveniva dalla famiglia di artisti, che vantava, tra i suoi ascendenti diretti, Paolo Caliari, detto Paolo Veronese (15281588). L’abate era professore di italiano nella Scuola Tecnica Sammicheli e Presidente della Società Letteraria. «Un sacerdote libero, un uomo pio e dotto» che ospitò
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più volte al castello don Giovanni Calabria, tanto che diventarono amici. Don Calabria (oggi santo) ritornando alla chiesetta dell’Altarol amava ricordare «la carità squisita che ebbe dall’Abate Caliari qualche anno prima». Dopo la morte dell’abate Caliari si racconta che la proprietà sia passata alla famiglia ebrea Rimini: a Poiano lo chiamavano «Castello Rimini». Nel 1938 anche in Italia vennero le leggi razziali e la signora Rimini venne ospitata dal parroco di Poiano (1939-1961) don Giovanni
Ciresola, poco dopo il suo Castello venne confiscato dai tedeschi. A tal riguardo riportiamo un paio di aneddoti scritti dagli studiosi. Quello del gerarca fascista che andò in canonica e chiese a don Ciresola «di visitare tutte le stanze, sottinteso per scovare la signora Rimini, la quale si mise a letto “moribonda”. Quando Giannina (sorella del parroco) con il visitatore passò davanti alla sua stanza disse “Qui c’è una vecchietta ammalata”. “Lasciamola in pace!” rispose il gerarca». E quello dell’ufficiale
tedesco che andò in canonica e si mise a parlare in tedesco. La signora Rimini, che non era riuscita a nascondersi, rispose nella stessa lingua «e tra loro si instaurò una lieta conversazione», che proseguì «su una cantica della Divina Commedia di Dante e alla fine furono salvi tutti». Don Ciresola nel periodo postbellico si attivò anche per lo sviluppo sociale dei suoi fedeli e nel frattempo fondò il «Cenacolo della Carità», l’istituto di suore di Quinto, dove morì nel 1987. Della colta signora Rimini, non abbiamo né il nome, né altre notizie. Nel dopo guerra al Castello si ricorda che abitava un «ortolano: coltivava ortaggi per tutti i poianesi». Però è noto che i Castelli nascondono delle storie, pertanto invitiamo chi ha notizie di inviarcele: redazione@giornalepantheon.it. Sarà nostra premura completare il racconto.
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Il 55esimo Raduno Nazionale dei Suonatori di Campane a Verona
I rintocchi delle campane arrivano in Piazza Bra
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di Erika Prandi
Verona ospiterà per la prima volta 18 associazioni di campanari provenienti da tutta Italia. Saranno due giornate dedicate alla conoscenza di un’arte antica in alcuni dei più bei luoghi della città. Il 21 e 22 giugno gli echi delle campane creeranno un unico grande momento di festa.
Alcuni suonatori nella torre campanaria di Alpo
L
a campana, da secoli e in molte parti del mondo, è strumento musicale e manufatto artistico, voce della gente e memoria religiosa». Dietro all’universo campanario c’è «un esercito invisibile e di pace fatto di studenti, bancari, agricoltori, padri di famiglia o pensionati che trascorrono il loro tempo libero a studiare antiche suonate, a pulire le celle campanarie dai residui dei piccioni e dalle muffe, a interrogare anziani sacrestani dai ricordi sfuocati». Dalle parole di Eles Belfontali, presidente dell’Associazione Suonatori di Campane a Sistema Veronese e della Federazione Nazionale, emerge chia-
ramente la passione e il fascino di un’arte che rappresenta «una delle realtà storiche e popolari più rappresentative a livello internazionale». E, proprio per la bellezza della città scaligera e per «premiare l’impegno e il successo conseguito con la nascita della Federazione» avvenuta nel 2012, Verona ospiterà per la prima volta il Raduno Nazionale dei Suonatori di Campane, giunto alla 55esima edizione. «Questo – continua Belfontali – significa dare grande rilevanza storica, culturale e artistica alla nostra bella città ma rappresenta anche un momento nel quale ci si riunisce tutti sotto l’unica denominazione “suonatori
di campane” con lo scopo di diffondere e tutelare l’arte e la cultura campanarie». L’Associazione Suonatori di Campane a Sistema Veronese è composta attualmente da 2450 persone divise in 82 squadre e rappresenta l’organizzazione più numerosa a livello nazionale. Il loro obiettivo è “conservare e tramandare la tradizione del suono manuale delle campane”. Si considerano un esercito di pace al servizio della comunità, i testimoni di un’arte antichissima dotati di un senso di appartenenza collettivo molto forte. Perché le campane «sono un dono di Dio». Per questo motivo non si può mancare al raduno naziona-
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Il 55esimo Raduno Nazionale dei Suonatori di Campane a Verona
le organizzato dall’associazione che si svolgerà il 20 e il 21 giugno al quale parteciperanno diciotto associazioni campanarie italiane, ognuna con una modalità diversa di suono, e il Central Council Bell Ring inglese che utilizza lo stesso sistema veronese. Le date del raduno non sono state scelte a caso in quanto coincidono con il giorno della scomparsa di San Paolino da Nola, patrono dei campanari, al quale si deve l’invenzione delle campane quale strumento ecclesiastico. D’ora in avanti a fare da testimonial in tutti i raduni sarà ovviamente una campana che recherà la scritta: “Il mio rintocco sia un richiamo all’unità del popolo di Dio”. Sono molte le iniziative messe in campo per queste due giornate. Oltre alla presenza della campana testimonial sarà possibile effettuare l’annullo postale con il timbro che rappresenta il luogo dove è nato il sistema alla veronese: la chiesa di San Giorgio in Braida. L’annullo sarà posto su tre cartoline che raffigurano l’Arena, San Giorgio in Braida e Piazza Erbe. Le postazioni saranno Palazzo Barbieri per il sistema veronese, il Liston per il sistema bolognese, Piazza Nogara per il sistema bergamasco, Piazza dei Signori per
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il sistema friulano, i Giardini Indipendenza per il sistema marchigiano, Piazza Erbe per il carillon e il Cortile Mercato Vecchio per il sistema ligure. In ognuna saranno montati dei campanili mobili per permettere ai suonatori di poter esercitare la loro arte. In più l’associazione veronese ha predisposto anche una piccola campana con funzione didattica per far avvicinare anche i più piccoli a questo antico e nobile mestiere. In contemporanea sono state organizzate delle visite guidate in Cattedrale, San Giorgio in Braida dove sarà fatta una dimostrazione di suono alla bresciana, Torre dei Lamberti, San Nicolò e Santa Maria in Organo. A Castelvecchio, invece, si potrà ammirare la mostra di campane. La giornata di sabato 20 giugno inizierà alle 15 con le prime suonate e terminerà alle 19 con la passeggiata dei suonatori dal centro fino a San Giovanni in Valle dove si terrà la dimostrazione di suono alla veronese. Seguirà una cena alla Casa Madre Don Calabria di San Zeno in Monte con presentazione di un libro. Domenica 21 è da segnalare l’annullo postale dalle 9 alle 13 e la Santa Messa alle 12.10 in Santa Anastasia con la benedizione della campana testimonial.
S. & V. di Corradi Stefano s.n.c.
Sistema mobile alla veronese con i suonatori nell’atto di far suonare le campane
Foto realizzata dal raduno nazionale di Cento con alcuni suonatori inglesi.
Infine, un concorso fotografico riservato alle associazioni conclude il ricco programma di eventi. «Saranno due giornate di grande emozione – assicura Belfontali – per condividere con tutti il nostro senso di appartenenza alla Chiesa Cattolica. Saremo un esercito di pace al fianco dei parroci».
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I 100 anni della Grande Guerra
Grande Guerra
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di Giovanna Tondini
quando la propaganda passava attraverso l’infanzia Formare all’odio, insegnare un amore cieco verso la patria. L’abbecedario conservato nel Museo Fioroni di Legnago, ci racconta della pedagogia ai tempi della guerra quando il mondo dell’infanzia era l’oggetto prediletto per veicolare la propaganda di guerra.
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come Aquila bifronte. «Animale di rapina, gronda sangue dal becco e dalle grinfie – ha due teste che servono poco. Invecchiando ha perduto molte penne – perderà un giorno gli artigli. E si vivrà tranquilli». M come Morte. «Trofeo moderno di vittoria». P come Pace. «Signora di buona famiglia ma disgraziata … in amore. Un tempo corteggiata, esaltata, ora passa giorni penosi in attesa di adempiere al suo mandato». Un abbecedario per bambini? Sorprendente, ma vero. Certo non il solito, ricco com’è di illustrazioni goffe, talvolta raccapriccianti, di parole piene di sarcasmo, parole offensive. Verso chi? I nostri nemici. Siamo nel 1915. In piena guerra. Il noto illustratore Golia
(pseudonimo di Eugenio Colmo) si rivolge ai bambini attingendo a quella che è la realtà di allora. Nessuna finzione, dunque. I giovani devono sapere, conoscere, partecipare. Questo dopotutto è ciò che vuole lo stato, che ora più che mai ha bisogno del sostegno dei suoi cittadini. Cartoline, manifesti, giornali, libri sollecitano le persone al risparmio, al prestito nazionale … E l’immagine dei bambini è sempre presente. «Il bambino diventa ingrediente insostituibile nella costruzione del discorso ideologico e del percorso iconografico della cartolina illustrata». Sulla loro innocenza si fa leva per sensibilizzare. Per convincere la gente, la massa, il popolo. Un popolo bambino: considerato e trattato come «un minore da educare, conquistare, sedurre, per trasformarlo in un punto di forza della nazione in competizione e in conflitto». Perché la nazione è «un prodotto culturale, non un dato fisico o biologico». E dopotutto «patrioti si diventa». Perché «si diventa cittadini, membri di una comunità, grazie a un processo di individuazione, cioè di costruzione del senso, che prelude ogni costruzione di un consenso, e che passa attraverso luoghi, linguaggi, codici, riti, costumi del vivere associato». Da dove partire allora, se non dalla base, dai giovani. Anzi, giovanissimi. Dalla loro nazionalizzazione, appunto. Per creare quel sentimento di solidarietà e di sostegno ai soldati e, non meno importante, di unificazione nazionale nel segno dell’italianità. Proprio in un’Italia che era entrata in guerra tra polemiche e opposizioni. In un’Italia in cui il patriottismo coinvolgeva solo una cerchia ristretta di persone, della borghesia e dell’aristocrazia, senza raggiungere proprio coloro che formavano la maggioranza dell’esercito italiano. Furono quindi i 12 milioni di giovani sotto i 14 anni a essere coinvolti, anzitutto come strumento di comunicazione. Perché attra-
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I 100 anni della Grande Guerra
Alcune illustrazioni tratte dai manuali scolastici nel periodo della Grande Guerra verso il bambino si raggiungono gli adulti, le famiglie. Perché l’eroismo non ha età: perfino i poppanti possono fare la loro parte, anche senza saperlo. Perché il bambino rappresenta la vita, controbilanciando la morte sempre più dilagante. Perché l’immagine dei pargoli ha una valenza pubblicitaria rilevante: chiedono, reclamano, e bisogna accontentarli. Ma i bambini sono anche i destinatari del messaggio patriottico: essi rappresentano il futuro. Lavorando su di loro si creano i presupposti per il futuro nel segno della nazione, della patria e ora della guerra. Già dagli inizi del Novecento si era compresa la valenza delle
giovani generazioni, che facevano il loro ingresso nella società, ora divenuta di massa, con esigenze, richieste, aspettative, sogni. Erano loro i nuovi interlocutori, anzitutto delle industrie. E poi della comunicazione. Un bacino che faceva creare profitto a molte ditte. E creava le speranze di crescita per lo stato. Con la guerra di Libia poi l’Italia aveva avuto finalmente l’occasione di affermare l’idea che «l’esercito e la guerra erano il supremo coronamento dell’educazione civica e nazionale» dei bambini e dei ragazzi. Il soldato divenne il loro simbolo e modello, soprattutto ora che poteva raccontare e testimoniare in prima persona le avven-
ture vissute nelle terre africane. Terre remote che stimolavano l’immaginario giovanile, suscitando grande eccitazione. L’Abcedario, oggi conservato al Museo Fioroni di Legnago, era quindi uno dei tanti strumenti utili a veicolare un messaggio ben preciso verso l’infanzia. «Il processo di alfabetizzazione traeva alimento dalla guerra (…) nuovo codice universale del mondo moderno». Così, quando il 24 maggio di cento anni fa l’Italia dichiarava guerra all’Austria, molti dei nostri giovani erano già pronti ad affrontare quella che per loro era un’avventura. Ma che di fatto si sarebbe rivelata altra cosa. Una vera tragedia di massa.
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Val d’Illasi Un progetto per valorizzare la Valtramigna
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Casa vinicola Bennati
una storia di passione per il vino e per il territorio
di Ingrid Sommacampagna
A Cazzano di Tramigna la famiglia Bennati porta avanti l’azienda vinicola, nata alla fine del 1800, rispecchiando le caratteristiche del territorio e investendo nella Valtramigna. A settembre verrà distribuito il terzo vino che sarà dedicato sempre alla valle e al fondatore Antonio Bennati, dal nome ‘’1870’’. Partirà, inoltre, un progetto in accordo con l’Università di Udine, per rivalutare vecchie tecniche utilizzate nella produzione dell’Amarone e per lo studio di micro aree della Valtramigna.
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alorizzazione della Valtramigna, studio di micro aree e di varietà locali e commercializzazione. Questi sono i punti cardine su cui si fonda il progetto che intende seguire Casa Vinicola Bennati di Cazzano di Tramigna, che da quattro generazioni valorizza il territorio dell’omonima valle imbottigliando vino e producendolo con un 30% di fatturato in Italia, esteso nel nord, e il resto in ben 26 paesi esteri, come Germania, Francia, Stati Uniti, Russia, Svezia, Canada, Cina, Giappone, e tanti altri. La sua storia inizia con Antonio Bennati (nato nel 1870) a Cazzano, conosciuto con il soprannome ‘’Toni Recioto’’ (dall’omonimo passito dolce veronese), che cominciò a produrre e a commerciare localmente. Nel 1920 il figlio Annibale registrò l’azienda con il nome di Cantine Bennati, acquistando ettari nella zona a nord di
Cazzano, denominata ‘’Cornalè’’ e ‘’Gadi’’. Dopo la Seconda Guerra Mondiale i figli di quest’ultimo, Ezio e Aldo, ampliarono la vinificazione andando a produrre le più rinomate denominazioni veronesi (linea ‘’I Gadi’’), mentre oggi ‘’Soraighe’’, che richiama un’area situata tra la Valtramigna e la Val d’Alpone, è la linea che descrive al meglio il raggiungimento di alti livelli di qualità. Cantina Bennati continua un cammino centenario di crescita e di ricerca e ora, grazie alla quarta generazione, composta dai fratelli Giorgio e Paolo e dal cugino Claudio, rende omaggio alla Valtramigna con un progetto di valorizzazione che prevede la produzione limitata di vini di qualità superiore che parlino di questa terra attraverso i loro aromi e la loro storia. Tra questi, nel 2006, è nato “Cerasum Amarone doc Riserva di Famiglia” il cui nome, in latino, si-
gnifica ciliegia e ‘’La Mora’’, un ripasso che si riferisce alla varietà di ciliegia autoctona della valle, prodotto rinomato della zona. ‘’Ireos’’ è un vino dedicato all’Iris, un fiore coltivato ancora nel vicino paese Campiano, la cui radice, oltre che per le sue proprietà medicinali e cosmetiche, serve come ancoraggio legante nei muretti fatti a secco sui terrazzamenti dei vigneti. Il 1° settembre sarà disponibile ‘’1870’’, un Recioto di Soave spumante dedicato al fondatore della cantina. Dinanzi all’azienda si trova il Wine Shop Bennati mentre all’interno si situa una grande bottaia, che contiene 1600 ettolitri di vino in barriques e botti. A giugno sarà pronta la nuova cantina che si troverà in Via Molini con un magazzino di centro logistico automatizzato e un nuovo impianto di pigiatura visitabile al pubblico; l’edificio comprenderà 1400 metri quadrati coperti e
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600 scoperti, il tutto raddoppiato nella parte posteriore nei futuri progetti. La linea di produzione verrà, invece, trasferita più avanti nel tempo, mentre gli uffici e l’affinamento resteranno nella sede attuale in via Legnaghi Corradini, 38. Sarà realizzato, inoltre, un controllo qualità interno, in funzione alla propria produzione. I Bennati stanno attualmente creando nuovi vigneti su delle aree che sono state abbandonate a causa, probabilmente, della scarsa produttività. Per questo motivo, hanno stipulato un accordo con l’Università di Udine per un progetto che partirà con la vendemmia 2015, per rivalutare vecchie
Un progetto per valorizzare la Valtramigna
tecniche utilizzate da diverse regioni e in passato anche in Valpolicella. «Dalla Valtramigna, grazie ai terreni eterogenei e al microclima creato dai diversi avvallamenti, si ricavano prodotti di altissima qualità, come l’olio, la ‘’Mora’’ e il vino, ma spesso è venuta a mancare la corretta comunicazione in merito a queste sue eccellenze. Le importanti produzioni, in termini qualitativi e quantitativi, di questa valle, dimostrano come i nostri prodotti, dopo anni di esperienza e sperimentazione, conservino le caratteristiche del territorio, senza seguire le mode commerciali, e senza essere confrontabili tra le diverse zone», afferma Rober-
to Tebaldi, 35 anni, responsabile tecnico della cantina Bennati, che ha girato l’Italia per studiare i vini e tradizioni di un’Italia invidiata dal mondo per il nostro settore. «Cantina Bennati conta 18 persone e la si può definire autonoma per investimenti e produzione senza avere nessuna compartecipazione. Il suo successo, infatti, è avvenuto grazie a un processo di fidelizzazione e di passaparola che ha permesso di arrivare a creare grandi prodotti e a vincere numerosi premi, come l’ultimo bronzo al Decanter Word Wine Awards, vinto martedì 12 maggio 2015, con il Carasum Amarone del 2008», conclude Tebaldi.
Sport - Intervista a Puliero
voce storica del Verona, a 30 anni dalla vittoria dello scudetto
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Roberto Puliero
Hellas Verona 1984/85,
uno scudetto impossibile ancora oggi Nel mese di maggio si celebra il trentesimo anniversario del tricolore del club gialloblù, con molte iniziative che riporteranno in città gli autori di quella storica cavalcata. A parlare è Roberto Puliero, la “voce” che allora collegò via radio le imprese di Elkjaer, Fanna e compagni alle orecchie dei tifosi veronesi di Emanuele Pezzo
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on le sue radiocronache ha unito il proprio modo di fare giornalismo sportivo alla voglia di spettacolo. Senza mai eccedere, perché «...un attore interpreta un personaggio, ma non deve mai dimenticare che sta raccontando qualcosa: c’è immedesimazione, ma anche distacco». Roberto Puliero ha vissuto, ma soprattutto ha fatto vivere a tanti tifosi, la cavalcata dell’Hellas Verona campione d’Italia 1984/85, di cui nel mese di maggio ricorre il trentesimo anniversario. Roberto, qual è la prima immagine che le viene in mente di quel campionato? Direi gli ultimi minuti di Bergamo, quando eravamo sull’1-1. Si aspettava il fischio finale con trepidazione. Si stava realizzando un sogno e c’era questo misto di commozione, di gioia ma anche di apprensione. Il 31 dicembre si sa che l’anno nuovo arriverà: eravamo tutti lì in attesa del botto, ancora con un po’ di incertezza. L’Hellas Verona non era la favorita: come ha fatto a vincere?
Per antica tradizione sembrava impossibile che una squadra di provincia potesse arrivare a tanto. Oggi abbiamo rose di 25/26 giocatori, di cui metà scontenti: Bagnoli aveva 12/13 titolari e quei giocatori erano tutti molto uniti, compatti e pronti ad aiutarsi, oltre ad avere qualità notevoli. Poi l’allenatore sapeva trasmettere le sue idee con grande serenità, semplificando le cose. Oggi riderebbe di gusto sentendo tanti soloni sproloquiare sui moduli tattici. Per quale motivo è un campionato da ricordare anche per chi non è di fede gialloblù? Il Verona è stata la prima squadra non capoluogo di regione ad aver vinto il campionato, un evento quasi impossibile da ripetersi. A volte qualcuno cerca di sminuire l’importanza di quello scudetto, ma in Italia giocavano tutti i più grandi campioni del mondo: Zico, Platini, Falcao, Maradona... Come se oggi in serie A ci fossero Messi, Cristiano Ronaldo e Ibrahimovic. Tutti i migliori giocavano da noi... e il Verona è stata ugualmente la squadra più forte.
Com’è riviverla oggi? Ancora adesso ci si danno dei pizzicotti e poi si ricorda che è successo davvero. Con un gruppo di amici, con cui tante volte andavo in trasferta, dicevamo: «Ma secondo voialtri elo posibile che vinsemo el campionato?» Finché, di ritorno da Genova, dopo aver pareggiato con la Samp, con 6 punti di vantaggio in classifica sulle seconde, il saggio della compagnia disse: «... ma se non lo vinsemo noialtri, ci l’è che le vinse?» Cosa vuol dire oggi quel trionfo? La settimana scorsa sono stato in una scuola media a parlare. Un ragazzino di 11 anni mi ha fatto sentire sul telefonino la mia voce che gridava: «Campioni! Campioni! Campioni!». Un altro invece aveva la mia radiocronaca del gol di Elkjaer contro la Juventus. È straordinario. Questi ragazzi sono stati ben educati, è stata trasmessa loro una passione. Per questi ragazzi Elkjaer, Nanu [Galderisi, ndr] e gli altri sono quasi come Garibaldi: persone storiche di cui hanno sentito tanto parlare. Ma ancora vive.
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Qualche ricordo dei festeggiamenti? Una cosa singolare fu la compostezza con cui la città festeggiò. Nella settimana tra la partita di Bergamo e la giornata finale sembrava di vivere in un clima irreale: c’erano bandiere sui balconi, ma sembrava che tutti non vedessero l’ora di esplodere insieme. A trent’anni di distanza cosa prevale nel ricordo?
voce storica del Verona, a 30 anni dalla vittoria dello scudetto
È un ricordo bello e festoso. La nostalgia porta sempre malinconia: invece qui ce n’è poca. C’è proprio il senso della festa. La Juve ha appena vinto lo scudetto e quasi passa già in secondo piano. Invece noi dopo trent’anni siamo ancora qua: abbiamo festeggiato il decennale, poi il ventennale, i 25 anni... e siamo già pronti, tra 10 anni, per festeggiare il quarantennale.
Un campionato condotto sempre in testa Il campionato di Serie A 1984/85 ha avuto un esito sorprendente, ma non si può dire che l'Hellas Verona fosse una squadra poco attrezzata. Vista come "ambiziosa provinciale", all'esordio il Verona colpì tutti battendo a sorpresa per 3-1 il Napoli del fenomeno Maradona. Già dal secondo turno l'Hellas conduceva la classifica in solitaria, posizione mantenuta anche dopo gli scontri con Inter e Torino. Campioni d'inverno, alla prima di ritorno però i gialloblù subirono l'aggancio dell'Inter, che sembrava preludere al sorpasso. Invece l'incertezza durò pochi giorni: dal 2-0 all'Ascoli del turno successivo i gialloblù staccarono i milanesi, bloccati dall'Avellino, e non mollarono più la vetta, allungando anche di 6 lunghezze sulle inseguitrici. Il tricolore arrivò aritmeticamente con una giornata di anticipo, il 12 maggio 1985, grazie al pareggio per 1-1 sul campo dell'Atalanta.
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• A Bergamo aspettavamo il fischio finale con trepidazione. Il 31 dicembre si sa che l'anno nuovo arriverà: eravamo tutti lì in attesa del botto. • In quel periodo in Italia giocavano tutti i più grandi campioni del mondo: Zico, Platini, Falcao, Maradona... e il Verona è stata ugualmente la squadra più forte. • Per i ragazzi veronesi di oggi Elkjaer, Galderisi e gli altri sono quasi come Garibaldi: persone storiche di cui hanno sentito tanto parlare. • È un ricordo bello e festoso: abbiamo festeggiato il decennale, poi il ventennale, i 25 anni... e siamo già pronti, per festeggiare i quarant’anni
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Il libro: narra l’amicizia nata fra ragazzi «pelle e ossa». Il protagonista Giulio 11 anni «cervello geniale sprecato per la matematica», una notte, aspettando «la verifica di matematica», viene rapito da un sogno che lo porta ad incontrare tre compagni di avventura: Kevin, Edoardo e Alice. Quest’ultima lo chiama «grande capo». Giulio commenta «Questa è fuori di testa», però si assume la responsabilità delle situazioni e cresce. Sono ragazzi particolarissimi che però hanno «occhi aperti e testa sulle spalle», come ha raccomandato loro la vecchietta «centocinquant’anni», dopo averli rifocillati di biscotti. I quattro amici hanno a disposizione una mappa e un indovinello, si fidano l’uno dell’altro e diventano «una squadra» unita, che «guarda ciò che c’è». Troveranno il tesoro?
Autori: Chiara Righetti e Irene Tonin Illustrazioni di Irene Antolini Titolo: G.E.K.A. Il mondo dietro gli occhi chiusi. Edizioni: Altro Mondo Prezzo: 12 euro - Pagine: 93 Per ragazzi dagli 11 anni a 99! recensione a cura di Alessandra Scolari
a cura di Mattia Zuanni
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Le Autrici: Il libro è scritto a quattro mani, da due giovani veronesi (classe 1986), impegnate da anni a favore dell’infanzia. Irene Antolini è psicologa e psicoterapeuta in formazione. Lavora con ragazzi affetti di autismo. Chiara Righetti è educatrice e lavora a contatto con l’infanzia e il sociale. Sono state coraggiose ad affrontare in modo diretto i temi della disabilità. Concordo con loro: occorre cambiarne la cultura sulle diversità e sulla solidarietà, vanno intese come scambio di abilità. L’illustratrice Irente Tonin, nata a Verona nel 1986, si è laureata all’Accademia di Belle Arti di Bologna, specializzandosi in «Illustrazione per l’editoria e Fumetto». Curiosità: Già il titolo: «G.E.K.A. (le iniziali dei protagonisti). Il mondo dietro gli occhi chiusi», è significativo. È il mondo dei sogni, ma anche quello di chi non guarda la variegata realtà, che a volte supera la fantasia. Adorabile la mamma di Giulio: è tardi però si ferma e ascolta. E Giulio «tutto d’un fiato» le racconta l’avventura vissuta. Nel libro fantasia e realtà si mescolano, lasciando «la gioia» in Giulio e, di certo, la lascerà anche nei giovani lettori. Il linguaggio è lineare, veloce e accattivante. Anche le illustrazioni non passano inosservate. Un libro che consiglio caldamente anche a genitori ed educatori. Degne di nota anche le dieci regole finali.
Il film: Anno 2005: ventidue anni dopo gli eventi di Jurassic Park, Isla Nublar, ora, dispone di un parco a tema di dinosauri completamente funzionante e calamita di milioni di turisti: il Jurassic World. Passati alcuni anni dall’apertura, il mondo si è abituato al concetto che esiste un parco in cui i dinosauri vivono e possono essere ammirati, nessuno ne ha paura e il parco è diventato sempre meno interessante per il pubblico. Nel 2015, ovvero dieci anni dopo l’apertura del Jurassic World, per rimediare al calo di turisti e attrarre nuovamente l’attenzione del pubblico, gli scienziati riescono a creare l’Indominus rex, abbreviato in I-rex, un nuovo tipo di dinosauro ibrido geneticamente modificato, utilizzando DNA di vari dinosauri esistenti. Sarà proprio questo nuovo predatore a sfuggire al controllo del parco e, nonostante la sicurezza di cui si vanta l’organizzazione, ci saranno terribili incidenti e gravi ripercussioni sui visitatori e sugli abitanti preistorici dell’isola. Curiosità: Rimasto in “development hell” per tredici anni, e noto in questo lasso di tempo come Jurassic Park IV, Il regista e i produttori hanno voluto mantenere la coerenza con i dinosauri mostrati negli altri film della serie di Jurassic Park. 19 è il numero totale delle specie presenti in questo film. È stato annunciato un videogioco chiamato “LEGO Jurassic World”, che uscirà il 26 giugno e seguirà non solo gli eventi di Jurassic World, ma anche quelli di tutti gli altri film della serie di Jurassic Park in versione “mattoncini” LEGO.
Classici da non perdere...
Titolo: Jurassic World Genere: Fantascienza, Avventura Durata: 130 minuti Regia: Colin Trevorrow Attori: Chris Pratt, Bryce Dallas Howard, Vincent D’Onofrio, Jake Johnson Uscita (Italia): 11 giugno
Titolo: Jurassic Park Genere: Fantascienza, Avventura Durata: 127 minuti Regia: Steven Spielberg Attori: Sam Neill, Laura Dern, Jeff Goldblum, Richard Attenborough Su Isla Nublar, isola di proprietà della InGen, un operaio viene assalito e ucciso da un animale feroce. La famiglia dell’uomo fa causa a John Hammond, un simpatico ed eccentrico miliardario con il pallino per i dinosauri, proprietario della InGen. Il paleontologo Alan Grant e la paleobotanica Ellie Sattler vengono contattati da Hammond, che li invita a visitare Isla Nublar, 120 miglia a nord-ovest della Costa Rica, per formulare una valutazione scientifica circa la realizzazione di un suo progetto su cui mantiene il più assoluto riserbo. In realtà John Hammond è riuscito, grazie alla tecnica della clonazione, a riportare in vita molti dinosauri e a realizzare sull’isola un vero e proprio parco dei divertimenti.
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Il periodo migliore ha inizio di Matteo Bellamoli
Con il mese di giugno e la fine di maggio inizia la stagione della raccolta nell’orto con i migliori frutti della stagione. In cantina partono i travasi mentre in giardino la fioritura delle estive è alle porte.
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artiamo, come di consueto, dall’orto. Con la fine del mese di maggio ci si prepara all’inizio della raccolta estiva, con tutti gli ortaggi estivi che sanciscono la migliore stagione per chi lavora nell’orto. Mai come in questo caso consigliamo di seguire il calendario lunare, e di iniziare a irrigare con una maggiore costanza preferendo le prime ore della mattina oppure le ore dopo le 18:00. Consigliamo, come ogni anno, di attrezzarsi per raccogliere l’acqua piovana che cadrà con le piogge primaverili, questo potrebbe sicuramente aiutarvi a risparmiare acqua e a seguire linee più “eco friendly” che sono sempre molto care a questa rubrica. Cosa seminare anzitutto. Non appena le temperature saranno stabili con medie sopra i 12/14°C, dedicatevi alla semina in piena terra di pomodori, piselli e fagioli, che raccoglierete a fine estate, ma anche lattughe e lattughino, peperoni, carote o ravanelli, di cui segnaliamo l’utilizzo in cucina non solo della radice ma anche delle foglie. In semenzaio protetto potrete iniziare anche con le autunnali: camomilla, finocchi, zucche e porri. Come rac-
colta, per chiudere, verso la metà del mese di giugno sarà la prima produzione delle fragole oltre che di zucchine e peperoni. Se dovete preparare conserve, questo potrebbe essere il momento migliore. In giardino invece è il mese dei colori e dei bambini. Quasi tutte le piante sono in fiore o hanno già i boccioli, quindi garantite loro il giusto grado di annaffiatura. Entro la metà del mese è raccomandabile aver già sparso il concime (meglio naturale), mentre per le piante in vaso per le quale non riuscirete con lo stallatico potrete provvedere a mescolare il concime con l’acqua di innaffiatura. Se avete seminato prato all’inizio della primavera, non dimenticate mai l’annaffiatura e controllate
periodicamente, quando inizieranno a spuntare i fili d’erba, che non vi siano già le prime infestanti che sicuramente madre natura farà germogliare. Le potature, anche se dovrebbero già essere fatte, vanno continuate su siepi, rampicanti e rose. Infine ricordate che tanti insetti sono benefici per le vostre piantine, quindi se trattate con materiale chimico, fatelo sempre nelle ore fresche della giornata in modo da limitare l’effetto evaporazione che “lessa” le foglie e potrebbe essere dannoso anche per le colonie di insetti. In cantina con il mese di giugno iniziano gli imbottigliamenti. e tanta attenzione ai livelli del vino a riposo nelle botti. Controllate sempre che siano regolari e procedete alle eventuali colmature. Se avete imbottigliato spumante togliete le bottiglie con difetto o dove è partito il tappo. Per imbottigliare lasciate prima riposare la damigiana al buio per alcuni giorni, lavate bene le bottiglie quindi sciacquatele con lo stesso vino e lasciatele sgocciolare capovolte. Se i tappi acquistati non sono già lubrificati, bagnateli di olio enologico un giorno prima del travaso.
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Gli additivi alimentari
a cura di Adiconsum Verona
Secondo il Regolamento (CE) n. 1333/2008, norma quadro in tema di additivi alimentari, si definisce “additivo alimentare” «qualsiasi sostanza abitualmente non consumata come alimento in sé e non utilizzata come ingrediente caratteristico di alimenti, con o senza valore nutritivo, la cui aggiunta intenzionale ad alimenti per uno scopo tecnologico nella fabbricazione, nella trasformazione, nella preparazione, nel trattamento, nell’imballaggio, nel trasporto o nel magazzinaggio degli stessi, abbia o possa presumibilmente avere per effetto che la sostanza o i suoi sottoprodotti diventino, direttamente o indirettamente, componenti di tali alimenti».
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li additivi autorizzati sono oltre 300, suddivisi in 26 categorie funzionali in base alla principale funzione tecnologica svolta nell’alimento. Tuttavia, volendo operare una prima elementare schematizzazione delle principali categorie di additivi alimentari, possiamo iniziare con una distinzione tra sostanze che contribuiscono a mantenere freschezza e sicurezza dei prodotti e sostanze che modificano, esaltano o accentuano le loro caratteristiche sensoriali. Mentre le prime, dunque, proteggono gli alimenti dal deterioramento, prolungandone la durata, le seconde possono favorire alcuni processi di fabbricazione e migliorano la percezione del prodotto da parte del consumatore. Ecco una sommaria classificazione degli additivi che agiscono sulle caratteristiche sensoriali degli alimenti. Agenti che modificano la consistenza: Emulsionanti e stabilizzanti, che permettono il mantenimento di una consistenza uniforme e impediscono la separazione delle componenti in prodotti che richiedono la miscelatura di ingredienti normalmente non amalgamabili, come i grassi e l’acqua; Addensanti, che contribuiscono ad aumentare la viscosità delle preparazioni alimentari; Gelificanti, utilizzati per addensare e stabilizzare alimenti liquidi, e per aggiungere consistenza. Il loro scopo è simile a quello degli addensanti, dai quali però si distinguono per il formare gelatina, come suggerisce il nome. Agenti che modificano il gusto: Edulcoranti, che comprendono sia i dolcificanti “di massa” (ipocalorici e aggiunti in grande quantità) che quelli “intensivi” (aggiunti in piccole quantità), e conferiscono sapore dolce agli alimenti; Esaltatori di sapidità, tra i quali il conosciutissimo glutammato monosodico, utilizzato per isolare ed esaltare i sapori negli alimenti a cui viene aggiunto. Agenti che modificano l’aspetto: Coloranti, utilizzati per aggiungere o ripristinare in un alimento il colore eventualmente perso in seguito alla trasformazione industriale; Glassanti, che rendono brillante, lucido e protettivo il rivestimento di alimenti quali confetture, frutta e pro-
dotti da forno. Altri agenti: Acidi, regolatori di acidità, che permettono di controllare l’acidità e l’alcalinità dei prodotti alimentari; Agenti antiagglomeranti, che evitano la formazione di grumi negli alimenti in polvere; Agenti anti-schiuma, utilizzati, ad esempio, per ridurre la formazione di schiume durante la cottura dei prosciutti; Gas di imballaggio, utilizzati per determinati tipi di confezioni sigillate (carne, pesce, frutti di mare, verdure e insalate pronte, ecc.).
Per i consumatori
Adiconsum Verona consiglia di porre estrema attenzione nella scelta dei prodotti alimentari, leggendo con attenzione le etichette prima dell’acquisto ed orientandosi verso un consumo consapevole che privilegi produzioni locali, equo-solidali e biologiche.
Chi è Adiconsum? Adiconsum è un’associazione indipendente e senza scopo di lucro presente su tutto il territorio nazionale, con sedi locali, provinciali e regionali. Gli operatori, i volontari e i dirigenti forniscono assistenza e tutela individuale e collettiva ai consumatori e alle famiglie. È possibile collegarsi al sito internet dell’Associazione: www.adiconsumverona.it o utilizzare il numero telefonico 045/8096934.
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Muffins di riso alle carote
Ingredienti (per 10 polpette) 250 gr di macinato di vitello 1 peperone rosso
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Polpette ai peperoni
Perché usare tanti ingredienti quando ne bastano soltanto due? Procedimento:
Una ricetta semplice adatta anche agli intolleranti al glutine Procedimento: Grattugiate le carote, mescolatele alle uova, zucchero, olio e yogurt. Unite anche farina e lievito poi sbattete con una frusta. Foderate la teglia per muffins con quadrati di carta forno. Riempiteli per metà ed infornate a 180 gradi per 30 minuti.
Tagliate il peperone a dadini. Saltateli in padella con un filo d’olio, sale e pepe. Una volta freddi uniteli al macinato. Aggiustate di sale, pepe e paprika se l’avete. Create delle palline e mettetele in forno a 180 gradi per 20 minuti.
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senzalattesenzauova.blogspot.it
Ciao! Mi chiamo Nicole Scevaroli, ho 26 anni ed abito a Verona. Ho una grande passione per la cucina e sono specializzata in ricette senza questo o quell’ingrediente. Da circa un anno tengo un blog che si chiama “senza latte e senza uova” nel quale propongo tantissime idee sia dolci che salate. Ho da poco pubblicato il mio primo libro che si intitola “Dolci Impossibili ”. In questa rubrica vorrei proporvi delle ricette semplici, sane, divertenti e golose per trasmettervi la mia voglia di cucinare, infornare ed assaggiare! Se volete contattarmi: incucinaconnicole@yahoo.it
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Tra musica e scelte di vita
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Mario Crivellaro, quando una
passione non smette di far battere il cuore Una vita con la chitarra in mano, sempre e nonostante tutto. L’avventura musicale del chitarrista veronese tra funky, rock e blues. a cura di Marco Nicolis
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i sa, le passioni spesso nascono così, quasi per caso. Provate a mettere un ragazzino e una chitarra nella stessa stanza e iniziate a contare i minuti prima di sentire le prime note strimpellate e le risate di gioia. Ne sono sicuro, passerà davvero poco tempo. Ecco la nostra storia inizia più o meno così. Mario Crivellaro, 10 anni all’epoca, imbraccia per la prima volta una chitarra e da lì parte il suo viaggio attraverso la musica. Una viaggio travolgente. Parte tutto da qui, dal susseguirsi di emozioni, dai primi accordi, dai manuali e dalle le canzoni imparate ad “orecchio”, evolvendosi, facendo attenzione ai primissimi video clip musicali che passavano sulla televisione, attraversando le prime piccole soddisfazioni e la prima band giovanile. Un inizio in linea con quello di ogni musicista che si rispetti, con una voglia di suonare che si potrebbe spaccare il mondo a metà. Fino a qui niente di nuovo ma, purtroppo, come molte volte succede, gli impegni e gli anni che passano hanno lo stesso effetto di una bomba ad orologeria all’interno di una band, che si disgrega e la storia cambia. Mario rinuncia alla chitarra ed entra, anche questa volta casualmente e con un pizzico di fortuna, nel ricco e culturalmente variegato mondo del teatro, vivendo 15 anni di militanza tra spettacoli, rassegne e palcoscenici. La passione per la musica si potrebbe considerare ormai chiusa in un cassetto ma proprio in questo periodo avviene la maturazione definitiva, i gusti che si plasmano e le idee che si schiariscono.
Mario infatti ama la musica e sente il richiamo del Blues farsi sempre più forte. Sente che serve poco per tornare sui vecchi binari, basta una folgorazione, una spinta, un concerto. Questa spinta arriva e arriva a domicilio, direttamente a Verona, sotto il nome di Robben Ford (chitarrista blues di fama mondiale). Mario è li, ne rimane stupito, al punto da ricominciare, da riprendere una chitarra in mano e “rimettersi sotto”, tra accordi e assoli. L’avventura quindi ricomincia. Lezioni di chitarra e di canto, passando attraverso tutte quelle piccole disavventure che conosce chi bazzica attorno al mondo della musica. Cambi di formazione, bassisti, cantanti, fino a che non arriva l’alchimia giusta. Poi, con calma, iniziano a nascere tan-
ti nuovi progetti: Blues machine (funky/blues), Mr. Blues (rock/ blues), Sun River Band (Tex Mex e Blues) e Heavy Fuel (doppio tributo ai Cream e a Hendrix). Tanti gruppi diversi comportano anche centinaia di concerti e serate musicali, dove Mario, grazie anche al teatro e alla sua conoscenza del “dietro le quinte” si cala perfettamente. Tanto di capello a chi si era allontanato dalla scena musicale per così tanto tempo. Ora il cammino continua a gonfie vele. Gli Heavy Fuel sono in semifinale nazionale per l’ammissione al Pistoia Blues Festival. Pensandoci ora, la strada musicale del nostro Mario poteva concludersi prima ancora di partire ma le cose hanno preso una piega decisamente diversa, chissà cosa ne verrà fuori.
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a cura di Miryam Scandola
VALPANTENA
Tornano a correre i carrettini a sfera Una cinquantina di “ragazzi” dai 16 ai 68 anni che, insieme, compongono il gruppo GPV (Gran Premio Valdalpone), scenderanno in gara il pomeriggio di domenica 19 luglio dalle ore 14.00 alle 18.00 con i loro carrettini a sfere sulla strada che da Corrubio porta a Lugo di Grezzana. Questa entusiasmante corsa, che unisce da sempre grandi e piccini, si svolge grazie alla collaborazione del comitato festeggiamenti sagra di S. Apollinare, patrono di Lugo. La prima gara si terrà il 7 giugno a Brognoligo , segue poi la competizione del 28 giugno a Montecchia di Crosara, quella del 19 luglio aappunt, a Lugo di Grezzana e poi il gran finale previsto per il 2 agosto a Ronca’. Un appuntamento da non perdere per i bambini, ma non solo, è quello al Tocatì, il tradizionale Festival dei Giochi di Strada che si tiene il 19 e 20 settembre, dove ci saranno, per la gioia degli appassionati, anche i carrettini a sfera. Per informazioni è possibile visitare il sito: www.caretiniasfere.com
MONTORIO
Tenere pulito vuol dire prendersi cura. La lezione degli Scouts di Montorio Un luogo prima lasciato a sè stesso e abbandonato al degrado della disattenzione, oggi, grazie alle costanti cure dei lupetti del gruppo scout di Montorio, è un giardino. Sei anni fa, infatti, il gruppo ha ottenuto dal Comune di Verona la concessione del terreno a destra e a sinistra della salita pedonale che dalla chiesa Vecchia porta a Ponte Verde ed alla pista ciclabile. «Volevamo che questo piccolo pezzo di terra, incolto e degradato fosse, per noi, una palestra dove imparare, con impegno costante, ad essere buoni cittadini che si prendono cura del territorio», spiega Lucia Cambioli, capo scout di Montorio. In questi anni la Circoscrizione 8° ed AMIA hanno finanziato l’acquisto di alcuni alberi ed arbusti, ma anche la generosità di tutti, da amici a passanti sempre pronti a regalare alberi e fiori da piantare, ha contribuito ad arricchire il giardino.
CITTÀ
Una regista veronese firma il primo documentario sulla storia di Verona Anna Lerario è una regista della Valpantena, innamorata della città scaligera. Da questo amore per le bellezze di Verona nasce un documentario, primo nel suo genere, che racconta la storia della nostra città, dalla fondazione sino alla ricostruzione dopo la piena dell’Adige del 1882. La regista, dopo anni di lavoro, affiancata da importanti storici e studiosi come Peter Hudson, Annamaria Conforti Calcagni e Giovanni Rapelli, ha realizzato “La Storia di Verona”, un lavoro prodotto da Antonio Bulbarelli dello studio Video Cinema. Grazie agli studi sulle ultime novità archeologiche il filmato permette finalmente di scoprire la vera fisionomia della Verona romana e, grazie ad un’inedita ricostruzione storica, svela la misteriosa città ai tempi dei re barbari Teodorico e Alboino. Vengono raccontati i periodi poco noti dell’era Carolingia e della Marca di Verona, l’affermazione della signoria Scaligera, il dominio della Serenissima, fino ad arrivare al Risorgimento, passando per i drammatici capitoli delle dominazioni straniere. È possibile trovare il DVD “La storia di Verona” in edicola fino a metà giugno.
w POIANO
Festa dai mille sapori per la fine delle attività del doposcuola In occasione della fine dell’anno scolastico il doposcuola per bambini stranieri promosso dal circolo NOI di Poiano organizza una festa etnica. Sapori e colori di mille culture si mescoleranno domenica 7 giugno, dalle 10.30 alle 18, presso la sala parrocchiale di Poiano, in via Abate Pietro Caliari. La festa inizierà con la messa delle 10.30, e poi proseguirà nel salone parrocchiale con un pranzo etnico arricchito da piatti tipici di varie zone del mondo, musica, balli e animazione. La festa è organizzata per concludere l’attività annuale del doposcuola ed è aperta a tutti, senza necessità di prenotazione.
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Brevi da Verona e Provincia
a cura di Miryam Scandola NOVAGLIE
Biciclettate in compagnia, per tutta l’estate “Per pedalare in allegria con il gruppo Novaglie devi andare!”. Chiaro, no? Per tutta la stagione estiva, infatti, il gruppo sportivo di Novaglie, con il patrocinio dell’ottava circoscrizione e del Comune di Verona organizza gite in bicicletta. Le date previste sono queste: 24 maggio in Valsugana, 28 giugno in Val Venosta , 26 luglio in Val Pusteria, 30 agosto in Cortina-Calalzo di Cadore, 27 settembre in Val di Fiemme. La partenza è in pullman mentre le bici verranno caricate sull’apposito carrello porta bici. Le destinazioni e le date sono passibili di variazioni, ogni gita sarà confermata con un minimo di 40 partecipanti. Per informazioni: Isidoro Bertagnoli 045 8700094
MONTORIO
Quando i numeri e le lettere s’incontrano nell’arte
a cura di Mattia Zuanni
Si è tenuta mercoledì 6 maggio scorso, presso la Scuola dell’Infanzia Monte d’Oro di Montorio, “Una giornata con l’Artista: i numeri e le lettere nell’arte”. Una mattinata conclusiva di un lavoro iniziato a settembre e fortemente voluto dalle maestre della scuola; un progetto che ha coinvolto un centinaio di bambini di età compresa tra i 3 e i 5 anni. «Abbiamo intrapreso con i bimbi un percorso chiamato “matematica senza numeri” che comprendeva delle azioni semplici, ma allo stesso tempo, utili, come ad esempio contare i sassi in giardino, oppure prendere dei rametti da terra e unirli insieme per formare qualche numero. Tutto questo può essere chiamato matematica, perchè è pur sempre logica e quantificazione», spiegano le maestre. Nella giornata d’incontro con Tobia Ravà, i piccoli artisti hanno potuto realizzare diverse opere partendo da delle basi comuni; i più piccoli hanno steso, usando le mani, la base azzurra e blu che faceva da sfondo a dei pesci (colorati e incollati dai bimbi di 4 anni). I più grandi, invece, hanno disegnato degli alberi su delle nuove tele; tutti questi lavori sono stati poi deliziati dalla mano di Ravà, che ha messo del suo con delle veloci e armoniose pennellate. Una domanda sorge spontanea. Come mai una scuola dell’infanzia pensa di invitare un artista le cui opere, al di là dell’estetica, sottendono difficili relazioni e valori numerici? Semplicemente perché la curiosità e il desiderio dei bambini spazia in ogni ambito del sapere senza confini. Essi si avvicinano con entusiasmo anche al mondo dei simboli che li circonda da sempre e li accompagnerà nella scuola futura. Bisogna chiarire che la scuola dell’infanzia è “la scuola del fare”: un fare che ha obiettivi, modalità e fini precisi.
S. ANNA D’ALFAEDO
Forte Monte Tesoro, porte aperte e...... 1° Palio degli gnocchi! Domenica 7 giugno sarà possibile effettuare una visita guidata al meraviglioso forte di Monte Tesoro (1909- 1911). La proposta si inserisce nell’ambito delle “Giornate Nazionali dei Castelli”, promosse dall’Istituto Italiano dei Castelli in occasione delle celebrazioni per il centenario della Prima Guerra Mondiale. Lo scopo dell’iniziativa, che ha il patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con le Soprintendenze Belle Arti e Paesaggio di VeneziaBelluno-Padova-Treviso e quella per le provincie di Verona-Rovigo-Vicenza, è promuovere la conoscenza e la tutela del patrimonio fortificato regionale. L’occasione unica di visitare un forte dalla fascinosa storia si impreziosisce con un ulteriore golosissimo appuntamento. Sempre il 7 giugno sarà infatti possibile degustare i tipici gnocchi di montagna, in occasione del “1° Palio dei Gnocchi”, una vera e propria competizione a suon di ricotta e farina. Gli sfidanti? Cinque cucine delle sagre più conosciute del nostro territorio, che si contenderanno l’ambito titolo di “Miglior piatto di Gnocchi di Montagna ”. La manifestazione è organizzata dall’Associazione Cultura e Dintorni in collaborazione con il Comune e la Pro Loco di Sant’Anna d’Alfaedo e l’Istituto Italiano dei Castelli. É possibile consultare il programma nel sito del Comune www.comune.santannadalfaedo.verona.it
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