ELENA LUCIA ZUMERLE
«POSSIAMO INCIDERE SULLA REALTÀ» Il 30 novembre scorso la neo presidente del Consiglio degli Studenti dell’Università di Verona ha pronunciato un accorato appello ai suoi coetanei e colleghi davanti al Capo dello Stato Sergio Mattarella affinché tornino ad interessarsi nuovamente alla “cosa pubblica” e a recuperare quel sentimento necessario di appartenenza alla comunità. Per la giovane, il plauso del Presidente della Repubblica.
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DICEMBRE - GENNAIO 2019
DI MATTEO
SCOLARI
EDITORIALE
I
l mondo dell’impresa e degli imprenditori italiani, piccoli, medi o grandi che siano, è in agitazione. La storia ci ha abituati alla discesa in piazza dei lavoratori, della cosiddetta classe operaia, delle grandi masse popolari che utilizzavano l’agorà come megafono o amplificatore per rivendicare uno o più diritti, per denunciare una o più ingiustizie sociali ed economiche. La storia è cambiata, i paradigmi sociali pure. Le distanze tra dipendenti e datori di lavoro, nella maggior parte dei casi, si è accorciata fino quasi a toccarsi. «Siamo sulla stessa barca io e te» direbbe il compianto Rino Gaetano. In effetti la mancata crescita degli ultimi anni, per non utilizzare ancora una volta il termine crisi, e la mancata visione strategica di sviluppo di un Paese dalla tradizione imprenditoriale nobile come l’Italia, hanno innescato un effetto domino che non sta risparmiando nessuno. Oggi a scendere in piazza non sono più solo gli operai, i dipendenti, coloro che tradizionalmente stanno al di qua della barricata, ma anche coloro che la protesta l’hanno sempre subita, a torto o a ragione. Ha parlato di “pazienza al limite” Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria nazionale, a margine di una grande convention dal titolo “Infrastrutture per lo sviluppo”, che ha riunito a inizio dicembre a Torino 12 associazioni di impresa, tra cui alcune dirette concorrenti. «Rappresentiamo tremila aziende, il 65% del Pil - ha affermato l’imprenditore salernitano, aggiungendo - se siamo qui è perché la nostra pazienza è quasi al limite. Se siamo qui tra artigiani, commercianti, cooperative, industriali, qualcuno si dovrebbe chiedere perché. La politica è una cosa troppo importante per lasciarla solo ai politici». Sotto accusa, quindi, è la classe politica, poco attenta, secondo il numero uno degli industriali italiani, alla crescita. Boccia si pone la questione delle infrastrutture, in primis la Tav, rimanendo su un piano largo e includendo opere grandi o piccole che siano, che possano garantire sviluppo e ricchezza
al sistema Italia, inserito in una cornice europea. Dello stesso avviso anche il presidente di Confindustria Verona, Michele Bauli, schieratosi «per chiedere di non fermare lo sviluppo e per smascherare i pregiudizi che possono farci tornare indietro. Adesso serve guardare agli investimenti. A partire dalle infrastrutture» ha dichiarato nella stessa occasione di Torino. A dare il là a questo movimento trasversale, che vede coinvolte molte categorie professionali e pure i sindacati, tutti insieme nelle piazze, è stata la grande manifestazione sempre di Torino del 10 novembre scorso, organizzata dall’ex sottosegretario Mino Giachino, e partita da una petizione online che ad oggi conta più di centomila sottoscrizioni, capace di mobilitare sotto la Mole Antonelliana più di quarantamila persone. Giachino è stato ospite a Verona il primo dicembre, nella sede dell’Ordine degli Ingegneri di Verona, dove ha tenuto a battezzo il neo Comitato infrastrutture Veneto – Veneto Sì Tav coordinato dall’imprenditore scaligero Germano Zanini. Assieme a Giachino anche il professore ingegnere Giovanni Saccà, il quale ha sottolineato, portando case history reali e dati alla mano, come mentre in Italia permangano l’incertezza e lo stallo sulle decisioni, in alcuni paesi come la Cina o l’insospettabile Marocco si stia procedendo a velocità spedita per la realizzazione di grandi opere che allargano il divario con il nostro Paese. Il 13 dicembre a Milano toccherà a Confartigianato scendere tra le vie della città per far sentire la voce degli artigiani, anche loro penalizzati dall’immobilismo cronico che paralizza la nostra nazione. Sabato 15 dicembre, invece, la prima grande discesa in piazza a Verona, organizzata dal neonato Comitato Veneto Sì Tav che vedrà la partecipazione di sigle, associazioni e professionisti da tutta la regione per la Tav, ovviamente, ma anche per la Pedemontana e altre infrastrutture venete. «Siamo sulla stessa barca io e te». Se muore l’impresa, muore il tessuto socio economico ai suoi piedi.
ABBIATE FIDUCIA NEL PROGRESSO, CHE HA SEMPRE RAGIONE, ANCHE QUANDO HA TORTO, PERCHÉ È IL MOVIMENTO, LA VITA, LA LOTTA, LA SPERANZA. FILIPPO TOMMASO MARINETTI
matteo.scolari@veronanetwork.it @ScolariMatteo
REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI VERONA N.1792 DEL 5/4/2008 - NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 06/12/2018
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Indice
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PILLOLE DI MAMMA
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IL FIORE DELL’ARTE
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RUBRICA PET
IN COPERTINA La giovane che parlò a Mattarella
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GIOVANNI STORTI, di corsa (anche per sfuggire i selfie)
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MARCO ONGARO e gli aforismi di un fantasma baciatore
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BELLEZZA AL NATURALE
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COMITATO Sì TAV, le ragioni delle imprese
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STORIE DI STORIA
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L'ADIGE, il lago di Garda e il dopo sversamento
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METEO CAPRINO VERONESE, al cospetto dell'originale
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IN CUCINA CON NICOLE
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CYBERCONDRIA, da dottor House a dottor Google
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QUEL CORPO MAI AMATO, un viaggio nei disturbi alimentari
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L’OROSCOPO ALLA NOSTRA MANIERA
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L'ARTE DEI MARGINI di Renato Perina
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CARMINE, il bambino eterno che colleziona giocattoli
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FOOTBALL AMERICANO, tra vichinghi e mastini
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ASPETTANDO LE FESTE (con una riflessione intima e precisa sul tema dell'attesa a cura dello scrittore Marco Ongaro) pag. 18 ERRORI O SEGNALAZIONI: WHATSAPP 320 9346052 - REDAZIONE@VERONANETWORK.IT
DIRETTORE RESPONSABILE MATTEO SCOLARI
REDAZIONE E COLLABORATORI
DIREZIONE EDITORIALE MIRYAM SCANDOLA REDAZIONE MATTEO SCOLARI, MIRYAM SCANDOLA, MARCO MENINI, GIORGIA PRETI HANNO COLLABORATO AL NUMERO DI DICEMBRE - GENNAIO 2019 SARA AVESANI, CARLO BATTISTELLA, MATTEO BELLAMOLI, MARTA BICEGO, STEFANO BONETTI, ALESSANDRO BONFANTE, CHIARA BONI, CLAUDIA BUCCOLA, MICHELA CANTERI, GIORGIA CASTAGNA, FEDERICA LAVARINI, FRANCESCA MAULI, ANDREA NALE, EMANUELE PEZZO, ERIKA PRANDI, NICOLE SCEVAROLI, ALESSANDRA SCOLARI, INGRID SOMMACAMPAGNA, PAOLA SPOLON, MASSIMILIANO VENTURINI, GIULIA ZAMPIERI, MARCO ZANONI. FOTO DI COPERTINA MARCO MENINI - PROGETTO GRAFICO VINCENZO AMMIRATI SOCIETÀ EDITRICE INFOVAL S.R.L. REDAZIONE VIA TORRICELLI, 37 (ZAI-VERONA) - P.IVA: 03755460239 - TEL. 045.8650746 - FAX. 045.8762601 MAIL: REDAZIONE@VERONANETWORK.IT - WEB: WWW.VERONANETWORK.IT FACEBOOK: /PANTHEONVERONANETWORK - TWITTER: @PANTHEONVERONA - INSTAGRAM: PANTHEONMAGAZINE UFFICIO COMMERCIALE: 045 8650746 STAMPATO DA: ROTOPRESS INTERNATIONAL SRL - VIA BRECCE – 60025 LORETO (AN) - TEL. 071 974751 VIA E. MATTEI, 106 – 40138 BOLOGNA – TEL. 051 4592111
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IN COPERTINA ELENA RAFFAELLA LUCIA VITTADELLO ZUMERLE
«SIAMO PARTE DI UN SISTEMA, SUL QUALE, PERÒ, POSSIAMO INCIDERE»
La neo rappresentante degli studenti dell’Università di Verona è salita sul palco del Polo Zanotto in occasione della recente visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’ateneo scaligero. Il suo discorso ha colpito il Capo dello Stato, il quale, nel suo successivo intervento, ha ripreso alcuni passaggi citati della studentessa scaligera, sottolineandone la bontà e la profondità di significato. DI MATTEO SCOLARI
A
FINE MATTINATA, quando il Capo dello Stato Sergio Mattarella aveva lasciato l’aula magna del Polo Zanotto da almeno mezz’ora, ci ha confessato di aver provato un’emozione fortissima, quasi da farle tremare le gambe. Eppure la sicurezza e la padronanza dimostrate sul palco nel suo discorso pronunciato al cospetto proprio del Presidente della Repubblica e di tante autorità arrivate a Verona il 30 novembre per l’inaugurazione dell’Anno Accademico, sono state quelle di una persona navigata e di grande esperienza. E in effetti, Elena Lucia Zumerle, che il prossimo 19 dicembre compirà 22 anni, di esperienze ne ha fatte molte nonostante la giovanissima età. La studentessa veronese, iscritta al quarto anno di giurisprudenza, ha preso parola all’interno del cerimoniale, dopo l’intervento del Magnifico Rettore Nicola Sartor, in qualità di presidente del Consiglio degli Studenti dell’ateneo scaligero. Una carica istituzionale ottenuta un mese prima, il 30 ottobre, grazie al voto unanime di tutti gli organi di rappresentanza universitaria. Elena ha citato l’articolo 2 della Costituzio-
ne: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». Ed è proprio sulla “solidarietà politica” che ha voluto soffermarsi attirando fin da subito l’attenzione del Capo dello Stato. «Mai è successo in passato che la politica sia stata vista così lontana da noi giovani. Siamo in una società precaria, liquida, piena di incertezze: la nostra esistenza è basata sulla realizzazione del benessere individuale. - ha affermato la Zumerle - Siamo tutti concentrati su noi stessi, non c’è né il tempo, né la voglia di pensare agli altri, alla cosa pubblica. Le conseguenze di una società così individualizzata e frammentata sono molte e le vediamo: disuguaglianze sociali, inquinamento, corruzione, disoccupazione, cambiamento climatico. Questa situazione non è più sostenibile. Dobbiamo interessarci. Dobbiamo partecipare. Dobbiamo recuperare quel sentimento di appartenenza alla comunità». «L’università ha un ruolo fondamentale. – ha
GUARDA IL VIDEO DEL DISCORSO DI ELENA LUCIA ZUMERLE AL POLO ZANOTTO
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Il saluto del Capo dello Stato Sergio Mattarella, alle sue spalle il Magnifico Rettore Nicola Sartor
proseguito la giovane di San Martino Buon Albergo, comune in cui ricopre anche il ruolo di consigliere - L’università è soprattutto il luogo in cui si forma il ragionamento critico, dove finalmente vengono dati a noi giovani gli strumenti per poter incidere sulla realtà…È nell’università che si costruisce lo Stato Italiano. Il suo futuro. L’università deve trasmettere la consapevolezza che ognuno di noi è parte di un sistema e che su quel sistema può incidere». Parole che, come dicevamo, hanno colpito il Presidente della Repubblica, il quale ha deciso di “rompere” il rigido protocollo previsto per la giornata salendo sul palco e portando i suoi saluti. Mattarella ha ripreso alcuni dei passaggi della giovane, tra cui la citazione ricordata proprio dalla Zumerle e appartenuta a Louis Brandeis, giudice della Corte suprema americana, che nel lontano 1916 disse: «La carica politica più importante è quella di privato cittadino». Qualche giorno dopo l’inaugurazione dell’anno accademico e della visita di Sergio Mattarella, incontriamo nuovamente Elena Lucia, ancora emozionata da questo evento importante e storico per la città e per l’ateneo. Elena, cos’hai provato quando il Presidente ti ha citata nel suo discorso? Non me l’aspettavo, ho provato tanta emozione. C’è stata tutta una preparazione nel corso di queste settimane e ringrazio coloro che
hanno contribuito assieme a me a stendere il testo, condiviso tra noi studenti. Spero di essere riuscita a comunicare e a trasmettere un po’ di forza e speranza ai tanti giovani in aula, e non solo, e a dire a tutti, a tutte le istituzioni presenti, che ci siamo anche noi, che c’è il nostro spazio, che possiamo e dobbiamo darci da fare. Cos’hai apprezzato di più delle sue parole? Sono molto contenta che il Presidente si sia soffermato sulla parte in cui ho detto che l’università non deve essere semplicemente il luogo in cui si trasmette il sapere, ma il luogo dove impariamo a ragionare, perché questo è quello di cui ha bisogno la società, non la mera nozione che poi si dimentica nel tempo.
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LA VISITA DEL CAPO DELLO STATO, IN BREVE
DI ALESSANDRO BONFANTE
Verona il 30 novembre si è mobilitata per accogliere il Presidente della Repubblica, ospite all’Università per l’inaugurazione dell’Anno Accademico 2018-2019. Mattarella è arrivato attorno alle 11 al Polo Zanotto, accolto dai rappresentanti delle istituzioni e dall’Inno nazionale cantato dal coro di voci bianche dell’Accademia Lirica di Verona. Seduto in prima fila e prendendo anche qualche appunto, ha ascoltato con attenzione il discorso “d’addio” del Rettore Nicola Sartor, il cui mandato è in scadenza, le parole della presidente del Consiglio degli Studenti Elena Lucia Zumerle e la lectio magistralis della professoressa Maria Caterina Baruffi.
Il 30 ottobre scorso sei stata eletta presidente del Consiglio degli studenti, senti questa responsabilità sulle spalle? Sento molto questa responsabilità. È stato un risultato inaspettato anche per il voto unanime che ho ricevuto. Il mio obiettivo è quello di sensibilizzare gli studenti affinché si sentano partecipi e attori di un sistema e di una società che andrebbero cambiati.
Da protocollo non era previsto un intervento di Mattarella, ma il Presidente ha voluto prendere la parola per ringraziare i presenti e sottolineare il valore di un’università di qualità e aperta alla società. «La carica politica più importante è quella di privato cittadino», aveva detto poco prima la presidente del Consiglio degli Studenti, citando il giudice della Corte suprema americana Brandeis. Parole riprese, insieme a quelle degli altri interventi, da Mattarella, che ha espresso la sua idea di cittadinanza: «Non bisogna essere soggetti passivi. Essere attivamente protagonisti della vita comune è un ingrediente indispensabile per la nostra democrazia».
riconosciamo più. Ci sono idee che trasversalmente sono un po’ comuni e le troviamo diluite in Forza Italia, nel PD, nella Lega o nel Movimento 5 Stelle e così via. È difficile che un ragazzo prenda posizione. In ogni caso deve rinunciare comunque a qualcosa, con il rischio di non sentirsi mai realmente rappresentato.
Come vedono la politica i giovani? Quando parlo di politica con amici o coetanei, non perché io sia particolarmente preparata, ma per esprimere semplicemente un’opinione, quasi tutti si girano dall’altra parte, mi dicono che non se ne intendono, che non gli interessa e troncano il discorso. Ed è un problema, perché è come se in casa, tra coniugi, si parlasse della difficoltà di arrivare a fine mese e uno dei due dicesse che non gli interessa. Come fai a dire “non mi interessa?”.
Ci stai dicendo che non esistono più la Destra o la Sinistra? Non esistono più le separazioni nette, il che non sarebbe un male, ma con loro se n’è andata anche gran parte della coerenza politica che apparteneva alle forze e ai movimenti del passato. Questo distacco da parte dei giovani non so da cosa dipenda, se dal sistema, se da noi stessi, abituati ad avere tutto senza doverci preoccupare di fare qualcosa. Nel mio piccolo io cerco di interessarmi a ciò che mi sta attorno, di leggermi un giornale, di guardarmi i telegiornali. Cerco, insomma, di avere una pluralità di fonti di informazione per formarmi un’idea su un fatto o una situazione.
Perché non interessa la politica ai ragazzi? Ci sono dei partiti in cui noi giovani non ci
Esistono anche scuole di politica, possono essere utili?
Secondo te le cose possono cambiare? Se ognuno fa la propria parte, sì.
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Esistono le scuole dei partiti. Cosa vuol dire, che ho bisogno di essere indottrinato con le idee del partito stesso? A mio avviso una persona dovrebbe trovare un suo obiettivo di vita, accrescere una sua preparazione e scegliere una professione: chi l’avvocato, chi il giornalista, chi il medico, chi l’ingegnere, chi il metalmeccanico…e tracciare una sua carriera di base per poi avere sempre un’attenzione, un orecchio, un occhio vigile alla politica. La società ha bisogno di persone preparate che amministrano, ma ancora più importante è avere qualcuno di altrettanto preparato che le tenga sull’attenti. Quindi, per rispondere alla domanda, invece di fare la scuola politica del PD, della Lega, del Movimento 5 Stelle…andrebbe incentivato un sentimento civico, partendo dalla scuola. Tenendo conto degli interessi individuali e delle esigenze di ognuno, ma facendo di tutto per evitare l’indifferenza. Voltando le spalle, dicendo non mi interessa, si rimane vittime del sistema e degli interessi di pochi. Servirebbe forse un grande passaggio culturale per cambiare la rotta, non ti pare? Io sono contenta di studiare giurisprudenza perché ho la possibilità di capire come funziona lo Stato, ma tutti dovrebbero avere una laurea in giurisprudenza, tutti dovremmo sapere come funziona il Parlamento, come funziona il Governo, com’è organizzata la nostra Costituzione e invece non sappiamo che il Parlamento è formato dalla Camera e dal Senato, non conosciamo i poteri del Presidente della Repubblica.
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ATTO TELEMATICO: LA NUOVA FRONTIERA INFORMATICA NOTARILE Da qualche tempo esiste una nuova frontiera per le attività notarili che snellisce notevolmente le pratiche, con modalità e tempistiche che permettono di stipulare atti anche a distanza in modo “agevole” e senza la necessità della presenza fisica delle controparti. Stiamo parlando del cosiddetto atto telematico. Il notariato, infatti, rientra nelle categorie professionali “informatizzate”: molte delle procedure possono essere svolte con l’ausilio del computer, attraverso specifici programmi e portali dedicati, che permettono di registrare gli atti, effettuare le visure catastali e ipotecarie, iscrivere gli atti al registro delle imprese e nei registri immobiliari o effettuare visure camerali, tutto online. Ovviamente gli atti saranno perfettamente validi soltanto quando il notaio apporrà la propria firma digitale dopo quella delle parti. Risale al 2013 il primo utilizzo, seppur parziale, delle procedure informatiche notarili complete. Da allora ad oggi le procedure sono state migliorate e ampliate: gli atti vengono realizzati e conservati con modalità telematiche attraverso l’utilizzo di una smart card e dei codici PIN personalizzati. La firma cartacea è sostituita da quella digitale, così come le copie cartacee degli atti sono sosti-
tuiti dai file. Tra i vantaggi più evidenti, quello di poter stipulare atti notarili a distanza, senza doversi spostare dalla propria città, con un notevole risparmio di tempo e di denaro per il cliente. Vantaggio che riguarda anche il notaio, che può preparare, creare, verificare e firmare l’atto informatico e tutti i necessari allegati e adempimenti, senza muoversi dallo studio, e senza che le parti vi si rechino fisicamente tutte dallo stesso notaio. Le parti infatti invece di firmare un documento cartaceo, firmeranno con la propria firma digitale il documento contenente l’atto stesso, seguita dalla firma digitale del notaio, incluso il suo sigillo. L’atto telematico pubblico in questione viene poi conservato in modo informatico attraverso un Sistema di Conservazione a Norma, tenuto dal Consiglio Nazionale del Notariato. Altri vantaggi. Grazie alla digitalizzazione delle procedure con particolare riguardo la trasmissione telematica degli atti notarili al Registro delle Imprese e al versamento del capitale direttamente agli amministratori in presenza del notaio in sede di costituzione di società di capitali, e all’iscrizione immediata degli atti nel Registro suddetto, è ora possibile aprire un’impresa in un solo giorno.
Anche nel campo dei Registri Immobiliari, con le medesime procedure, in un solo giorno è possibile vendere e stipulare finanziamenti con le relative garanzie ipotecarie facendo risultare nei registri immobiliari gli atti effettuati. In generale il settore notarile in Italia investe molto nel settore informatico già da 20 anni: questo impegno ha permesso di acquisire un’esperienza tale da poter essere esportata in altri Paesi e riconosciuta assolutamente affidabile. Il Notaio Mario Sartori di Grezzana, iscritto al Collegio Notarile di Verona, è esempio di questo sguardo al futuro, contribuendo con la sua esperienza e con l’ausilio delle nuove tecnologie informatiche a migliorare le esperienze di privati cittadini, di società e enti in termini di qualità del servizio, di tempistica nella gestione delle pratiche e degli adempimenti, in totale garanzia di affidabilità e sicurezza.
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Elena Lucia con la professoressa di diritto internazionale Maria Caterina Baruffi
che ho pronunciato al Polo Zanotto e, successivamente, un altro in cui spiego come è nato il testo. La cosa bella è che in queste ore mi hanno scritto molti studenti chiedendomi come possono fare per conoscere da vicino la rappresentanza studentesca all’interno dell’ateneo. Li ho invitati a partecipare a un consiglio degli studenti, dicendo loro che possiamo collaborare in ogni momento. L’Italia è un Paese per giovani? L’Italia è un Paese per chi ce la mette tutta per eccellere, per ritagliarsi uno spazio, per raggiungere uno o più obiettivi con tanto sacrificio, costanza e abnegazione. È un Paese pieno di contraddizioni che però non fa sconti, che non lascia spazio alla mediocrità, anche perché c’è tanta concorrenza.
Sappiamo che per avvicinarti ancora di più ai tuoi coetanei, e non solo, hai creato qualche anno fa un canale Youtube (Elena Lucia) in cui ti rivolgi direttamente a loro su temi che riguardano i tuoi studi e il tuo percorso di formazione… Sì, cerco di dare consigli in base alla mia esperienza personale. Vedo che funziona. All’indomani dell’incontro con il Presidente Mattarella ho pubblicato il video del discorso
Cosa farà Elena Lucia Zumerle da grande? Ti vedremo ricoprire qualche carica istituzionale importante? Questo non lo so. La passione politica l’ho ereditata da mio padre Maurizio, così come la passione per il giornalismo (Elena è giornalista pubblicista dal 2015, ndr), tuttavia ora penso a studiare e a diventare in un prossimo futuro avvocato. Il mio sogno è occuparmi di arbitrato internazionale, ma lascio aperta la porta anche per un’eventuale carriera accademica. Oltre che continuare a fare politica.■
UN VERONESE CURA L’IMMAGINE (SOCIAL) DEL PRESIDENTE DI STEFANO BONETTI Lo spostamento di mezzi di persone che un capo di stato porta dietro di sé è imponente. Se ne saranno accorte le centinaia di studenti che hanno affollato il 30 novembre scorso l'aula magna dell'università scaligera in occasione della visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il Capo dello Stato ha visitato l'ateneo veronese per l'inaugurazione dell'Anno Accademico. All'interno del numeroso staff del Presidente, che in questa, e in tante occasioni accompagna e segue Mattarella in tutti i suoi spostamenti, c'è un veronese, Martino Merigo che dal 2015 fa parte dell'ufficio stampa del Quirinale e segue i rapporti con i media, dalle Tv ai fotografi. Martino cura l’immagine del Presidente, e lo fa attraverso i social network ufficiali della Presidenza della Repubblica. Il ritratto che esce dal palazzo del nostro presidente è responsabilità sua. Martino Merigo è un giovane veronese che porta in alto il nome della città. Classe 1987, nasce e cresce a Madonna di Dossobuono. A Verona frequenta il liceo scientifico Lavinia Mondin per poi concludere gli studi alla Luiss di Roma. Martino è stato rappresentante del Movimento Studenti Cattolici – Fidae, una associazione nazionale che si occupa di rappresentanza e di formazione. Proprio durante questa esperienza Martino Merigo ha potuto conoscere e approfondire il mondo della comunicazione e dei social grazie alla scuola di giornalismo del Movimento. Prima di arrivare sul colle più alto di Roma ha collaborato nell'ufficio stampa di Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità Sant’Egidio e ministro nel governo Monti.
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ATELIERORLANDI.COM PH Luca F.M. ORLANDI
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Momenti unici, preziosi. La sapienza dell’antica arte orafa si coniuga in forme nuove e creazioni originali, nate da disegni di raffinata eleganza. Oro, platino, diamanti e gemme preziose si fondono per dar vita a gioielli di bellezza senza pari, realizzati interamente a mano da Michele De Silvestri, artigiano orafo. Così, l’amore per una tradizione millenaria, la conoscenza profonda delle sofisticate tecniche di lavorazione e la creatività sempre in evoluzione fanno di ogni gioiello che nasce nel nostro atelier un oggetto speciale, unico come chi lo riceve.
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A TU PER TU CON GIOVANNI STORTI
CORRERE PER PASSIONE E PER SFUGGIRE AI SELFIE
Giovanni Storti, quello per intenderci in trio con Aldo e Giacomo, si è riscoperto podista a cinquant’anni. Non è mai troppo tardi per calzare le scarpette ai piedi e cimentarsi in corse tra pianura, monti e deserti. Senza strafare, se non nel dispensare ironia, che dà energia anche alle sgambate più audaci.
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A CORSO TRA PIANURE, montagne e dune: sia in Etiopia che nelle terre d’Islanda, sul monte Kilimangiaro e nel deserto del Gobi; addirittura sulla Grande Muraglia cinese e nella temutissima Death Valley, confrontandosi con la fatica e sfidando temperature proibitive. In versione runner, chi lo ferma più Giovanni Storti – quello, per intenderci, in trio con Aldo e Giacomo – da quando ha scoperto la passione per il correre. Con le scarpette ai piedi, ha guadagnato in tenacia, ma certamente non ha perso l’ironia che l’ha reso celebre sul piccolo e grande schermo: «Se ho iniziato io a cinquant’anni, possono farlo tutti!», dice. Il perché e il come lo racconta, contornato da molteplici aneddoti, tra le righe del libro Niente panico, si continua a correre (Mondadori), scritto con il blogger-maratoneta Franz Rossi e presentato allo Sporting Club Verona davanti a una divertita platea di appassionati. Tra le righe del volume c’è di mezzo una disamina semiseria sull’invecchiamento e sui primi acciacchi fisici, che non devono essere il pretesto per interrompere le avventure a
perdifiato che una disciplina sportiva come il podismo riesce a regalare. Con l’avanzare inesorabile degli anni conta meno la performance da misurare con il cronometro al polso, di più valgono divertimento e senso di libertà. Accantonato l’agonismo, cambiano l’approccio e gli obiettivi da raggiungere che diventano il benessere, la compagnia, la possibilità di viaggiare e conoscere se stessi, l’apprezzare le piccole cose. Per il resto, ironizza l’attore sessantenne, «è tutta questione di stile, che non mi manca». Perché correre è una forma d’arte che richiede preparazione nella postura, nell’appoggio del piede. COME SCEGLIE LE DESTINAZIONI in giro per il mondo? «Seguo le persone che hanno le qualità per compiere delle imprese, così sono costretto a farcela anche io», risponde. Dalla trasferta in Kenya, nella riserva di Masai Mara, riporta un episodio: «Si erano raccomandati di correre soltanto attorno al campo, per la presenza di belve selvatiche. Nell’entusiasmo del preriscaldamento il mio percorso si è allungato, finché in un boschet-
DI MARTA BICEGO
A VERONA PERCHÈ Giovanni Storti, l'8 novembre scorso ha fatto visita allo Sporting Club Verona per presentare la sua ultima, in questo caso letterale, fatica letteraria (Niente panico, si continua a correre).
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La copertina del libro Il trio al completo
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to non ho visto dei bufali, che hanno iniziato a inseguirmi. Nella fuga ho cercato di imitare vari animali, come la iena col culo basso, ma non ci hanno creduto. Nelle maratone invece sono rincorso da chi vuole farsi un selfie con me... peggio dei bufali! Potrei essere un grande atleta se non dovessi perdere tempo dietro a queste persone», scherza e sorride, confessando di non aver mai negato uno scatto, nemmeno quand’era al limite delle forze. «Corridori si nasce, si diventa. L’importante è non morirci», aggiunge il comico, definendosi “assaggiatore” di corse dai gusti variegati. Non sposa nemmeno la teoria che i primitivi siano nati per il running: «Non è per niente vero. L’uomo che rincorreva le prede non ha mai corso: semmai camminava, corricchiava.
Perché noi non siamo nati per correre. Non abbiamo quattro zampe, ma due, per cui possiamo corricchiare e goderci quello che ci sta attorno». Con parsimonia e senza voler strafare, se non nell’ironia, che aiuta nelle audaci sgambate pure gli sportivi meno allenati a prendersi meno sul serio: «Sennò va a finire che ci si crede chissà che cosa, ma c’è sempre qualcuno più bravo o che va più forte. Quindi l’ironia ci deve essere». È facile immaginare che, su questo punto, concorderebbero Aldo e Giacomo (che ha firmato la prefazione della pubblicazione), compagni di battute coi quali sta scrivendo la sceneggiatura di un film che uscirà il prossimo anno. E una maratona con loro, si può tentare? «Ho provato una volta, solo con Aldo. Si è perso...»■
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DUE PAROLE (E DUE AFORISMI) CON MARCO ONGARO
FRAMMENTI DI UN CANTO AMOROSO
Spargere l’etica della parola, laddove si operano sintesi semplicistiche, si mercanteggia sul significato. Marco Ongaro, il “cantascrittore” veronese, fa questo, con tutta la scorta di fatica che comporta un esercizio di precisione - anche linguistica - oggi. L’amore è il suo tema, quello sempre indagato, sempre frastagliato nella discografia come nei testi teatrali o letterari. Ha imbastito, con l’ultimo album, la figura del fantasma baciatore, una sorta di Don Giovanni della nostra attualità ferita. E in un tempo quasi rapinato dalla «moderna frenesia citazionistica», ha appena scritto un libro che è una guida agli aforismi perché «sono evocazioni di verità».
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OSA RIMANE DELL'AMORE dopo la prima inaugurazione del pianto? Dopo le prime lacrime cadute su un litigio da niente? È finito o è appena iniziato? Il «dilemma elementare» direbbe Gaber, quello che è sempre di tutti, del «se aveva senso o non aveva senso» il loro, il nostro, amore. Per Marco Ongaro che lo scrive e lo canta da tempo, con l'ironia non lontana da certe tristezze, non è altro che materia calda da modellare in una qualche forma di equilibrio peraltro, «impossibile da mantenere». E, infatti, siamo tutti sempre lì a giocare in «quel campo infinito». All’amore lui ha dedicato versi, parole, canzoni. Il decimo album del noto cantautore veronese è stato presentato a fine ottobre al Teatro Laboratorio. Il fantasma baciatore è il titolo che racchiude undici brani. Anche questa volta un eroe lasciato lì, nelle strade della noia, una variazione sul tema di quel «salvatore delle donne tristi» che punteggia, dai tempi di Canzoni per adulti, la sua poetica. Sostegno delle massaie, rarefatto distributore di attimi di passione, il fantasma di Ongaro è una via d'uscita nel deserto delle seduzioni rimandate. Attenzione però: in questo disco che arriva due anni dopo Voce, non si inneggia ai
brividini del cuore, non si spaccia l’infedeltà come soluzione. «Il fantasma si ferma al bacio, dona un sogno e non fa niente di più». Si rassicurino mariti e compagni: si tratta di un Don Giovanni con l’incedere sublimato, «ha una funzione più consolatoria che predatoria». Il seduttore, inventato da Tirso de Molina e consacrato da Molière, si insinua «nell’incapacità sociale, anche meramente numerica, di soddisfare i desideri di tutte le donne». Un’immagine, un simbolo perché il Don Giovanni è «l’unico mito occidentale moderno» lo ripete, citando George Steiner, lo stesso Ongaro che poi attinge alla materia omerica quando parla della donna, ingannevole e divina. Nel suo nuovo album c’è ancora, infatti, l’Elena di Troia della discografia passata, qui però suggerita quasi solo a distanza. «Una regina senza alcuna legge», evocata nelle parole ora da Menelao ora da Paride, ma mai stretta da nessuno. I brani del cantautore, dove non mancano omaggi nascosti a Cohen, a Jagger a Knopfler, anche se lo sembrano, non sono canzoni d’amore. Hanno l’aspetto di confetti ma «sono pastiglie implosive», che lasciano, non tanto l’amaro in bocca, quanto qualche deflagrante consapevolezza. Perché c’è sempre qualcosa
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che manca: se la morte è il mistero dell’aldilà, l’amore è il grande caos «dell’aldiquà». Mai raggiunto, forse mai concluso, ci si sopravvive con una complessa architettura di escamotage. «Aveva ragione Socrate quando fa dire a Diotima che Eros è figlio della miseria e dell’espediente: ovvero il nome antico per la necessità e la necessità, ricordiamolo, è ciò che muove il mondo». QUANDO SI PARLA CON MARCO ONGARO non si è mai solo in due. Nelle sue frasi infila costanti ricorsi alle parole altrui. Dalle righe della sua bibliografia interiore ha estratto a sorte 21 dei suoi nomi preferiti. Da Roland Barthes a Woody Allen, passando per Karl Kraus e Theodor Adorno. È nata così Guida ai grandi aforisti (Odoya), uscita lo scorso 29 novembre. Perché scrivere un libro attorno a frasi immediate e semplificatrici? Forse perché sono brevi ma dotate di un respiro lungo. «Per Umberto Eco, il testo è una macchina che suscita interpretazione. Lo sappiamo che la macchina che funziona meglio è la poesia. Ora, l’aforisma diciamo che si mette lì, al confine tra la prosa e la poesia. È un’evocazione di verità». Ha il potere di suggerire e,
quindi, di aprire complessità. Marco Ongaro è convinto che una forma di ascesi si possa trovare anche nella parola, visto che i dandy, per esempio, l'hanno scoperta nella frivolezza. L’ha detto bene nel suo Elogio dello snob (Historica, 2017): all’interno dell’ossessiva esteriorità di allora c’era un intenso moto di ricerca. Laddove tutto era serio e codificato, poteva essere rivoluzionaria solo la squisitezza («che ha nella sua radice etimologica proprio la parola quête, perché è la conclusione della ricerca più alta»). Come per contro, in questi tempi profondamente kitsch secondo l’autore, la ribellione che serve è solo «un'asciuttezza», una precisione anche nel dire. Per «non abbandonarsi a queste immagini con i tramonti e con le albe che ti arrivano al mattino sul telefono».■
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L’attesa: spigolature
Il tema eterno, quello di sempre: l’attesa che permette la presenza perché, forse, nell’anticiparla non la fa morire, non la sperpera. Lo scrittore poliedrico Marco Ongaro ci consegna la sua versione dell’aspettare. Attesa di doni e gioie immaginate ma anche, forse, l’unico modo per sapersi, per conoscere le persone della nostra vita, inquilini permanenti del nostro attendere. A cura di Marco Ongaro, scrittore e cantautore
«
Quando i genitori alloggiano un ospite in casa, il cuore del bambino batte più forte, per l’attesa, di quanto non sia avvenuto sotto le feste di Natale. L’oggetto di quell’attesa non sono i regali, ma la vita trasformata», scrive Theodor W. Adorno nel suo Minima Moralia, e di questo tempo dedicato a un evento che verrà, a un tempo ancora da trascorrere che leopardianamente potrebbe rivelarsi deludente rispetto al suo preannuncio, di questo spazio di vita proteso verso l’avvenire coglie l’essenza: il desiderio di trasformazione. La speranza, definita da Balzac «una memoria che desidera» e da Borges «una forma d’incertezza, nella quale non si fa che attendere e attendere», è l’energia segreta dell’attesa, la corrente alternata tra angoscia e miraggio che lega il presente alla trasformazione cui si ambisce. Il tempo è dato da un cambiamento osservabile nello spazio, in assenza di cambiamento non c’è misurazione né percezione del tempo, perciò la speranza che il mutamento avvenga un giorno
nutre l’attesa ricolmando il presente di un vuoto desiderante. Roland Barthes pone l’attesa a riprova dell’amore, riempiendo di ulteriore concretezza quel vuoto: «Sono innamorato? - Sì, poiché sto aspettando». La memoria desidera che si ripresenti la persona il cui piacere è stato promesso dalla sua bellezza e da un atteggiamento probabilmente favorevole. A tale probabilità ci si affida come a un’ineluttabilità benaccetta. «La fatale identità dell’innamorato non è altro che: io sono quello che aspetta». Una fierezza tragicomica s’insinua tra l’ansia e il passatempo escogitato «per ingannare l’attesa, escamotage che talvolta finisce per diventare il sostituto di ciò che si aspettava. Baudelaire pone la Noia a capo delle mostruosità dell’esistenza, ma l’attesa non ne è la causa, è solo l’attimo liberato dalla sua menzogna di pienezza, l’aperta ammissione che, qualunque cosa si faccia, la si fa sempre aspettandone un’altra. Così, nell’attesa di una trasformazione, capita che ci si sposi.■
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LOCATION ALL’ALTEZZA DEI NOSTRI DESIDERI Dai battesimi alle cresime, passando dalle comunioni e arrivando fino al giorno del matrimonio. Corte Cardinali è la struttura ideale e completa per ospitare qualsiasi giornata davvero indimenticabile. all’ombra dei maestosi alberi circondati da una varietà infinita di fiori colorati, ci si sposta all’interno dove un raffinato salone disposto su due livelli, dal disegno architettonico unico e originale quasi a forma di anfiteatro, lascia senza fiato. D’estate in caso di maltempo o d’inverno scaldati dal tepore del grande camino cilindrico disposto in posizione centrale e baricentrica al contesto, il salone si presta per essere la soluzione perfetta per ogni stagione. 140 coperti nella sala a piano terra e 90 nella balconata danno l’idea dell’ampia capacità e degli spazi messi a disposizione per celebrare, ad esempio, il giorno più bello della nostra vita. A proposito di matrimonio, e non solo: i team designer di Corte Cardinali affiancano gli sposi per creare assieme a loro l’allestimento della struttura secondo le tonalità e lo stile desiderato. Dallo studio e progettazione degli spazi, alla scelta degli allestimenti e dei materiali, fino alla realizSul calendario personale di ognuno di noi, ci sono giorni che rimarranno indelebili per tutta la vita. Dal battesimo dei nostri figli alla cresima, passando dalla comunione fino ad arrivare al momento del “sì” più importante, quello del matrimonio. Per ciascuno di questi preziosi momenti, il nostro più grande desiderio è che tutto vada per il meglio, che ogni piccolo particolare possa essere curato nel minimo dettaglio e che qualche eventuale criticità, da mettere sempre in conto, sia risolta in fretta, senza grandi patemi d’animo. Per realizzare questi auspici e godere in piena serenità e gioia il proprio evento, Corte Cardinali, a Cerro Veronese, è quanto di meglio si possa desiderare. Accolti da un meraviglioso giardino all’inglese, ideale per ricevimenti o cerimonie estive, all’aria aperta, sotto un sole brillante o
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IL 15 DICEMBRE LA MANIFESTAZIONE IN PIAZZA BRA
DIRE SÌ ALLA TAV «È DIRE SÌ AL FUTURO» È nato ufficialmente a Verona il primo dicembre scorso Il Comitato Veneto SI TAV. Un comitato per sua stessa definizione apartitico e apolitico, promosso da associazioni e imprenditori veronesi e veneti, con l’unico obiettivo di promuovere la realizzazione e il completamento delle infrastrutture «che permetteranno la crescita e lo sviluppo regionale». La manifestazione è prevista per il 15 dicembre. DI MASSIMILIANO VENTURINI
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UL TAVOLO DEI RELATORI, lo scorso primo dicembre, oltre all'imprenditore veronese Germano Zanini, l’ex sottosegretario ai Lavori Pubblici Mino Giachino, promotore di un’analoga iniziativa in quel di Torino e l’ingegner Giovanni Saccà, presidente CIFI Sezione Verona e responsabile Studi Trasporti Ferroviari del Collegio Amministrativo Ferroviario Italiano. L’8 novembre l’ex vice del ministro Lupi ha organizzato una manifestazione di oltre 40 mila persone chiedendo di sbloccare i lavori per la realizzazione dell’Alta Velocità, proprio nel cuore del fronte NO TAV a Torino. La petizione da lui lanciata
sulla piattaforma change.org ha superato ad oggi, mentre scriviamo, le 120 mila firme. «Negli ultimi 20 anni il Paese ha perso oltre 20 punti di PIL – ha sottolineato Giachino – il Veneto si trova al 353esimo posto nella graduatoria europea per tasso di crescita, il penultimo posto. Il primo obiettivo assoluto è la crescita, senza 2 punti di PIL non si creano posti di lavoro». Ma come si presenta la situazione delle infrastrutture in Veneto? L’assessore regionale De Berti, a margine del suo intervento alla Settimana Veronese della Finanza, ha ricordato che l’ultimo Piano Regionale dei Trasporti risale al 1990. E Verona si trova
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in una posizione strategica, incrociando la linea del Brennero con la tratta che collega la Spagna con la Via della Seta, passando per l’Ungheria. Da parte sua, Giachino ha evidenziato che la quasi totalità delle infrastrutture in Italia risale agli anni Sessanta e Settanta. Aggiungiamo che oltre «170 mila neolaureati negli ultimi anni hanno lasciato l’Italia per lavorare all’estero». FRA I PROMOTORI VENETI, compaiono sigle quali: Associazione Verona Network (che a sua volta rappresenta 61 enti e istituzioni veronesi), l’Associazione Apindustria Confimi (in rappresentanza dei suoi 1000 iscritti), CISL Veneto , EWMD Verona, Le Donne di Verona Rete al Femminile. Nel manifesto programmatico compaiono opere spesso alla ribalta delle cronache per costi e tempi di realizzazione, per le quali il CIV – Veneto SI TAV chiede il completamento: l’Alta Velocità Lione – Torino – Venezia – Trieste, la Pedemontana Veneta, la A31 Valdastico, il raddoppio Ferroviario della tratta Verona-Brennero. Il Nordest ha registrato dallo scorso anno un trend da record dei movimenti di merci e persone grazie al buon andamento dell’economia locale, alla crescita delle esportazioni e del turismo; sono aumentati i flussi di traffico leggero e commerciale sulle principali tratte autostradali Brennero-Modena (A22), Udine-Tarvisio (A23) e Valdastico (A31). In crescita anche le tratte dell’A4 Venezia/MeSPAZIO PUBBLICITARIO
Uno scatto del convegno
stre-Trieste (+4,9%) e Brescia-Padova (+4,3%). Palma d’oro anche per il turismo: gli aeroporti del Nordest (Treviso, Verona, Venezia, Ronchi dei Legionari, hanno registrato una crescita superiore alla media nazionale (+6,4%), superando i 17 milioni di passeggeri nell’anno. Venezia, in particolare, sta crescendo grazie soprattutto nei collegamenti da e verso il Nord America, il Medio e l’Estremo Oriente. Crescita, lavoro, welfare: il CIV propone obiettivi chiari e ambiziosi. Attendiamo ora la prova della manifestazione programmata per il prossimo 15 dicembre. Mentre online è stata lanciata la petizione per lo sblocco dei lavori della TAV in Veneto.■
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IL FOCUS DI VERONA NETWORK
LO SPREAD ALTO DANNEGGIA TUTTI
Un’edizione, quella della 12° Settimana Veronese della Finanza, contrassegnata dai timori causati dal rialzo dello spread oltre i 300 punti base e dalle tensioni con Bruxelles; due situazioni che sollecitano inevitabili domande in merito alle conseguenze che avranno sull’economia e sulla politica finanziaria veronese. DI MASSIMILIANO VENTURINI
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50 MILIARDI DI PATRIMONIO, dei quali 70 solo di risparmio. Sono questi i dati, riferiti alla città di Verona, che Germano Zanini, promotore della Settimana Veronese della Finanza, ha illustrato in apertura dei lavori della 12° edizione del convegno in Gran Guardia, lo scorso 29 novembre, promosso dall’associazione Verona Network. Al tavolo dei relatori banche e associazioni di imprese veronesi, alla ricerca di un canale di dialogo per rilanciare l’economia di una regione sul terzo gradino del podio - dopo Lombardia ed Emilia Romagna – per contributo al PIL nazionale (9,2%). «Il Veneto deve esplodere» ha chiosato l’assessore regionale alle Infrastrutture Elisa De Berti nel suo intervento a conclusione del dibattito «Dobbiamo dare fiducia agli imprenditori. Al di là dello spread, una strategia per le infrastrutture che faccia esplodere lo sviluppo del Nordest è indispensabile». Leonardo Rigo (BPM), Stefano Baro (Intesa Sanpaolo) e Paolo Gesa (Banca Valsabbina), in rappresentanza dei rispettivi istituti di credito, hanno confermato la volontà di dare sostegno alle imprese e hanno smorzato l’incidenza della valutazione dello spread nell’accesso al credito. Nelle parole del direttore Paolo Gesa: «In questo momento di incertezza economica, le banche - soprattutto
quelle territoriali - possono e devono essere un supporto concreto per le PMI, che devono da un lato mantenere la competitività sui mercati e dall’altro poter avere la possibilità di accesso al credito». Più tecnico l’intervento del direttore Leonardo Rigo: «Lo spread a 300 punti base non implica il credit crunch (la stretta sul credito bancario) - ha voluto precisare - anche se significa un aumento dei costi per gli investimenti da parte degli imprenditori». Stefano Baro di Intesa San Paolo ha spiegato di sponda: «L’aumento dello spread italiano significa costi maggiori per le banche e le imprese. L’imprenditore italiano che si trova a competere con l’imprenditore tedesco sui mercati mondiali guadagna di meno, è una situazione che porta ad una decadenza del sistema Italia». ALL’INVITO DELLE BANCHE ad «affidarsi a consulenti fidati», Renato Della Bella, presidente Apindustria Confimi Verona e il presidente Confartigianato Verona Andrea Bissoli hanno sollevato l’urgenza di sostenere le imprese del territorio, con una presenza costante di banche e istituzioni a fianco degli imprenditori, sottolineando «la priorità dell’accesso al credito per le imprese» e il timore del rischio «di assistere ad una contrazione degli investimenti nel 2019».
Stefano Baro di Intesa Sanpaolo
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«Le associazioni di categoria devono lavorare con banche e istituzioni per creare una rete di sostegno agli imprenditori». Questo il messaggio finale di Bissoli. Secondo i dati della CGIA, le tre preoccupazioni principali delle PMI italiane sono: l’acquisizione di clienti (24%), i costi del lavoro e di produzione (18%) e la competitività del mercato (15%), che richiedono di affrontare nuove sfide come la crescente digitalizzazione del mondo del lavoro. Segno di una volontà di ripresa e di crescita che da sempre contraddistingue l’imprenditoria del Nord Est. Una ritrovata cooperazione fra finanza e imprenditori, insieme allo sviluppo delle infrastrutture, creerebbe le condizioni per dare nuova linfa al distretto scaligero e veneto.■
Leonardo Rigo di BPM
Il tavolo dei relatori
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IN PRIMO PIANO L’IMPATTO SULL’ECOSISTEMA DOPO LO SVERSAMENTO
L’ADIGE, IL LAGO DI GARDA E LE CONSEGUENZE DELLA SALVEZZA
Non veniva aperta da 16 anni ed è stata usata quest’anno per la dodicesima volta dalla sua costruzione, avvenuta nel 1959. La galleria del Garda sembra aver salvato Verona dall’Adige che, nell’ottobre scorso, aveva minacciato la città di esondazione. Lo sversamento delle fredde acque del fiume in quelle tiepide del Benaco però, potrebbe aver avuto un impatto significativo sull’ecosistema del lago, per il quale si era parlato di un recupero lungo decenni. Ora, a circa un mese dalla chiusura dello scolmatore, abbiamo cercato di contare i danni effettivi insieme a David Bolzonella, professore ordinario presso il dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona.
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ON È FACILE DIMENTICARE le immagini che hanno testimoniato la prorompenza con cui, tra il 29 e il 30 ottobre scorso, le acque infuriate e fangose dell’Adige si sono aperte la strada nel Benaco. Una macchia che si espandeva con il passare del tempo, dallo scolmatore Mori-Torbole che ha riversato in circa 15 ore più di 17 milioni di metri cubi di acqua nel lago di Garda. Una mossa sofferta, certo, ma necessaria per evitare a Verona e ai suoi abitanti l’esondazione. Un sacrificio che, però, come ha ricordato la Comunità del Garda, non deve rappresentare la regola, ma l’eccezione. Sì, perché l’apertura della galleria, lunga quasi 10 chilometri e costruita tra il 1939 e il 1959 proprio per far defluire le acque dell’Adige in caso di pericolo inondazione nelle zone del Trentino e del Veneto, comporta delle conseguenze, almeno a livello teorico. In particolare l’aspetto più allarmante riguarda lo shock termico e l’alterazione del microclima, pericolosa per la fauna acquatica che abita nel lago. Ma si è parlato anche della probabile immissione di elementi nocivi come cromo e metalli pesanti. Per quanto riguarda il capitolo della quantità di acqua? A spiegarcelo è stato il professor David Bolzonella, docente presso il dipartimento di Biotecnologie dell’ateneo scaligero: «Dal punto di vista del comitato del Garda le motivazioni per evitare lo sversamento c’erano. Tuttavia stiamo parlando di 17 milioni di metri cubi acqua, che sembra un
volume immenso, ma paragonato al volume del Garda rappresenta lo 0,03%. Il lago, infatti, ha un volume di 50 km₃, essendo uno dei bacini idrici più grandi d’Europa. – spiega il docente - È chiaro che si è versata una massa d’acqua che è insignificante rispetto al bacino che l’ha ricevuta, ma è pur vero che quello che sto riversando (per colore, temperatura e quantità di solidi) rappresenta un problema. Dobbiamo infatti immaginare che tutto il materiale solido, sabbie, limo, argille (ciò che un fiume si porta dietro), una volta travasato nell’acqua del Garda, va ad incidere sulla trasparenza, va a depositare materiali sul fondo e non solo». Oltre alla trasparenza del lago, però, le conseguenze si fanno sentire anche per la fauna lacustre: «Nei periodi riproduttivi le uova dei pesci sono depositate sulle rocce e sulle alghe del fondo e andare a ricoprirle con il limo vuol dire ammazzarle. – continua il docente - Diminuire la trasparenza poi vuole dire anche impedire ai cacciatori come il luccio e le trote di grandi dimensioni di vedere le prede e attaccarle. Si creano delle perturbazioni nella catena trofica, quindi i danni ci sono ma vengono superati». A GARANTIRE CIÒ GLI ORGANISMI PREPOSTI, tra cui Arpa Veneto e Arpa Lombardia che hanno iniziato subito numerose campagne di monitoraggio delle acque. «La primissima valutazione è stata di carattere microbiologico, perché nel lago sono
DI GIORGIA PRETI
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presenti anche le prese dei paesi che usano l’acqua del lago come acqua potabile. Chiarito che non ci sono patogeni o virus portati dallo sversamento, automaticamente la situazione è sicura dal punto di vista epidemiologico. E questo è già un primo risultato» afferma Bolzonella. A destare preoccupazione, principalmente, la differenza di temperatura tra l’acqua del lago e quella dell’Adige che ha così creato moti sul fondo, dove sono presenti anche sostanze nocive come i policlorobifenili, sversati negli anni precedenti nel lago dalle fabbriche. Ma ad oggi, dopo più di un mese di distanza, quali GUARDA IL VIDEO
David Bolzonella
sono i danni reali per il Benaco? «Escludiamo conseguenze drammatiche: le analisi microbiologiche ci dicono che non ci sono problemi particolari e il recupero potrà avvenire tra pochi anni» assicura il docente. Un evento eccezionale, quindi, che però dovrebbe fungere da monito per l’umanità: «Il clima sta cambiando e i tempi di ritorno si stanno accorciando. – dichiara Bolzonella - Mentre si avevano eventi di questo tipo due volte in un secolo, oggi probabilmente ciò può succedere un anno sì e uno no. Si può quindi cominciare a ragionare su altre soluzioni alternative all’uso dello scolmatore come quella di fare la parziale diversione delle masse d’acqua su altre valli. L’uomo da sempre convive con queste situazioni un po' estreme e ogni tanto paga il conto».■
MONITORARE IL LAGO (ANCHE) CON I DRONI È la proposta del progetto europeo IntCatch, che qui in Italia si è sviluppato proprio nel lago di Garda grazie alla collaborazione del dipartimento di Informatica dell’Università di Verona. I droni (piccole barchette con diversi sensori posti sulla chiglia) possono infatti raccogliere informazioni su temperatura, ossigeno disciolto, elettroconducibilità e Ph in modo autonomo. Una tecnologia che potrebbe rappresentare una risorsa proprio in caso di eventi disastrosi come quello avvenuto nell’ottobre scorso.
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LA QUALITÀ DELLA CARNE. SEMPLICEMENTE.
Damiano, Renato e Andrea Zullo nel nuovo spaccio
«Semplicemente». Basta un avverbio per descrivere l’ecosistema etico e valoriale all’interno del quale, già dal lontano 1954, si sviluppa l’attività della famiglia Zullo. Risale infatti a quell’anno l’apertura a Lugo di Grezzana della prima macelleria gestita con attenzione e garbo da Giuseppe Zullo e Maria Zuanni, sua moglie. Da allora ad oggi sono trascorsi più di sessant’anni, ma la filosofia e l’approccio al lavoro, contraddistinti da impegno, serietà, correttezza, sono rimasti intatti nel tempo e sono stati portati avanti prima da Renato e Ornella e, successivamente, dai suoi figli, Andrea e Damiano, che lo scorso ottobre hanno inaugurato assieme al papà, alla mamma e alle loro famiglie il nuovo spaccio in via Udino Bombieri 8 a Lugo.
Renato Zullo con la moglie Ornella
LA VERA FILIERA CORTA. «Coltiviamo la terra, alleviamo i nostri animali, prepariamo la carne. Da tre generazioni». Uno degli elementi distintivi e più importanti dell’azienda Carni Zullo è la sua filiera: cortissima e completamente autogestita in ogni singolo passaggio, senza interventi esterni o fasi di lavorazione intermedie affidate a terzi. Un ciclo unico, dalla coltivazione di orzo, frumento, mais erba medica e fieno nei campi di proprietà a Montorio e in altri appezzamenti in zone limitrofe, all’allevamento, sempre a Montorio, di un numero contenuto di bovini e suini che vengono nutriti con i prodotti della terra prima citati e senza l’utilizzo di OGM. Animali sani,
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controllati, che hanno la possibilità di crescere liberi in uno spazio interno ed esterno confortevole, senza essere sottoposti allo stress e alle dinamiche intensive dei grandi allevamenti industriali. Ai Bellori di Lugo, poi, si trova il macello dove viene preparata la carne e, in via Udino Bombieri 8, nel cuore del paese, il rinnovato negozio chiamato volutamente da Andrea e Damiano “spaccio” e non macelleria. «Questo perché lo spaccio rappresenta il punto finale della filiera, ma anche il punto di contatto con il pubblico, lo strumento per comunicare e mostrare qualità e genuinità del prodotto» spiegano i due fratelli.
piccola bottega inserita in una comunità di provincia. In secondo luogo perché in questo spazio accogliamo i nostri clienti e cerchiamo di spiegargli, attraverso la genuinità del nostro prodotto, mettendoci la faccia, ciò che ci sta dietro e a cui spesso non si pensa: miscela naturale, ricca di fibre, coltivata nei nostri campi e somministratA ad animali in salute di cui conosciamo ogni particolare; preparazione della carne e vendita nel raggio di pochi chilometri per un circuito produttivo cento per cento artigianale ed ecosostenibile. Infine, pensiamo che il nostro lavoro possa essere una bella risposta alla perdita di fiducia dei consumatori registrata negli ultimi anni nei confronti di tutti quei prodotti di cui non si conosce realmente l’origine o la provenienza, o semplicemente il percorso o le modalità con le quali sono arrivati sulle nostre tavole». Per permettere ad Andrea e Damiano di gestire i campi, gli allevamenti e il macello, lo spaccio è aperto il mercoledì e il giovedì dalle 8.00 alle 12.30, venerdì e sabato anche al pomeriggio dalle 15.30 alle 19.00, mentre rimane chiuso la domenica, il lunedì e il martedì.
IL PUNTO VENDITA. Inaugurato lo scorso ottobre, lo spaccio di via Udino Bombieri 8 si trova in centro a Lugo, di fronte al monumento dei caduti. «Una scelta che abbiamo voluto fortemente quella di investire qui nel nostro paese e in quella che era, fino a poco tempo fa, la vecchia macelleria di famiglia. – proseguono Andrea e Damiano – Innanzitutto perché crediamo ancora nella funzione sociale che può avere la
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Per informazioni: Bottega +39 045 880 1016 - Andrea Zullo +39 340 972 4854 - Damiano Zullo +39 328 888 2215
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L’ODE ALLA NEVE DI NICOLA BORTOLETTO
METEO CAPRINO VERONESE, L’ORIGINALE
Farebbe a meno di tante cose, come delle chiacchiere, ma della neve no. Nicola Bortoletto della seguitissima pagina Facebook Meteo Caprino Veronese non ama le previsioni facili e spoglie, e del tempo previsto per dicembre scrive: «St'ano envesse delle renne va de moda i camei».
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UALCUNO IL 1985 LO RICORDA come l’anno d’oro dell’Hellas Verona, qualcun altro per una nevicata eccezionale (non che i due episodi debbano, per forza, essere vissuti come slegati). Una delle prime massime che Nicola ci dice è: «Se fiocca su la foia, l’è un inverno che fa voia». Subito mette le mani avanti sulla conclusione dell’autunno: «Tranquilli che le foie iè caschè tutte». Lo chiarisce con un po' di rammarico, perché quello che ama di più, dopo la moglie Rossella e i figli Jacopo, Emma e Camilla, è la neve. E come si fa a non aspettare, le sere d’inverno, guardando fuori dalla finestra che qualche batuffolo bianco si appoggi sul nostro giardino? È una speranza che tutti i bambini condividono e che, certe volte, rimane per sempre. Tra quelli che perdono tempo a sgranare gli occhi verso i lampioni di notte per capire se sta nevicando, c’è Nicola Bortoletto, ovvero la personificazione della pagina Facebook Meteo Caprino Veronese. «Uno di poche parole», dice di sé, eppure se lo lasci parlare ti incanta con i proverbi «dei nostri veci», scende nei tecnicismi della meteo-
rologia, se te ne intendi. Se sei della zona, invece, ti aiuta a capire prendendo come metro di misura il Monte Baldo. Perché quando impari a scalarlo impari anche a interpretare i segnali del cielo. Sulle vette lui ci passa le ore d’aria, quando non fa l’informatico, e quando si ritaglia una parentesi dalle oltre 52.000 persone che sui social pendono dalle sue previsioni. Che poi è proprio in questi momenti che si hanno le intuizioni, quando guardi tutto dall’alto. Una delle sue figlie un giorno ha scritto in un tema a scuola che suo papà «è una persona buona ma non troppo seria. E con tanti, tanti tatuaggi». Le immagini scolpite sul corpo (si parla di circa il 70%) Nicola le usa per coprire le cicatrici causate da alcuni problemi fisici che combatte più o meno da quando la moglie Rossella gli ha regalato la prima stazione meteo, nel Natale del 2010. Chi ti ama sa come renderti felice a lungo termine, e in questo caso non poteva esserci regalo migliore. NICOLA FA LE PRIME RICERCHE sul meteo, studia, riprende in mano detti e proverbi, li
DI MARCO MENINI
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elabora e li trasferisce su una pagina Facebook e un sito. Lo fa perché ambisce a trasferire le tradizioni, come quella della “seola” (la cipolla), o le barche di San Pietro a fine giugno. «Nella notte tra il 24 e il 25 gennaio, prendi una cipolla, la tagli e dagli spicchi che ricavi fai dodici barchette. Metti le barchette su un tagliere e assegni ad ognuna il nome del mese, ci metti dentro del sale grosso e alla sera le metti fuori esposte ad Est. La mattina dopo le riprendi: a seconda di come si è sciolto il sale, i nostri vecchi dicevano che il mese corrispondente sarà più o meno piovoso». Una tradizione che ha ben poco di scientifico, tiene a precisare Nicola, «la va de c*l». E chi è che non conosce, almeno tra i confini di Verona, il detto quando «el Baldo el ga el capel, o che fa bruto o che fa bel»? Si tratta del riassunto della meteorologia, secondo Nicola. Perché «se c’è una nuvola, o fa brutto o fa bello, non è che te ghe scape». Anche se «è vero che sul Baldo ci sono alcune nuvole capaci di indicarti se sta arrivando una perturbazione». Succede quando la nuvola sembra appoggiata sul monte, un effetto che la nonna di Nicola chiamava «cavalon», come se la nuvola sedesse a cavallo sulle vette del monte. Si tratta, in termini metereologici,
di un’onda orografica che indica, nel giro di qualche giorno, l'arrivo di una nuova perturbazione. Forse però la tendenza ad ammirare le vette del Baldo riflette soltanto l’attesa della neve. Sia lì, in alto, che in pianura. Per ridurre il tempo che ci separa dalla giornata perfetta, mentre aspetta la sua magia nevosa, Nicola si è già preparato una narrazione ad hoc: «Ragazzi guardate che la nostra bella città domani si sveglierà sotto una fitta nevicata, la coltre di neve raggiungerà i 50 cm. Quindi, se non avete altro da fare, rimanete a casa e portate fuori i vostri bimbi a sbaloccarse e a fare i pupazzi di neve, perché è la cosa più bella del mondo».■■
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L'IPOCONDRIA AI TEMPI DELLE AUTODIAGNOSI
DA DOTTOR HOUSE A DOTTOR GOOGLE
Secondo una ricerca del Censis del 2012 (l’ultima prodotta sul tema), il 32,4% della popolazione italiana ricerca i propri sintomi su internet. Questo atteggiamento, sempre più diffuso, ha un nome ben preciso: cybercondria. Ne abbiamo parlato con la psicologa psicoterapeuta veronese Paola Barone.
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I TRATTA DEL BISOGNO di ricevere subito una risposta alla proprie ansie, alla paura di avere qualche malattia: l'evoluzione digitale dell’ipocondriaco di una volta, de Il Malato Immaginario di Molière. Per chi lo ricorda, è il volto di Alberto Sordi, terrorizzato, sconvolto, sgomento quando, nel film tratto dalla pièce teatrale del commediografo francese, interpreta Argante, un ricco proprietario terriero con la convinzione di essere malato. Ma la sua malattia non è altro che il mero frutto dell'ipocondria e dell'immaginazione. La pratica di fare un’autodiagnosi online, senza bisogno di alcun medico coinvolge molte più persone di quanto si creda e comporta, a lungo andare, per chi ne ha l’abitudine, diverse difficoltà a discernere la realtà dalla “fantasia”. Non è solo sbagliato, è dannoso e pericoloso al tempo stesso. Un raffreddore si trasforma in una polmonite, un forte mal di testa in un tumore al cervello, un formicolio alle mani in una rara malattia nervosa. L’automatismo con cui si arriva a deliberare una prognosi medica è disarmante. In alcuni casi però, è un campanello d’allarme che deve essere ascoltato.
Cos’è la Cybercondria? La Cybercondria è un termine nato recentemente, deriva dall'unione delle parole cyber e ipocondria e si riferisce all’ansia nel ricercare informazioni mediche e sintomatologiche nel web. Il “Cybercondriaco” è vittima di un interesse morboso per la medicina on-line. Si autosuggestiona e sviluppa preoccupazioni sulla propria salute riguardo alle più svariate patologie. Sono molte le persone che cercano su internet i propri sintomi? Da uno studio recente, si rileva che sei adulti su dieci si rivolgono al web anziché al proprio dottore quando avvertono un qualsiasi disturbo. Circa 17 milioni di italiani cercano diagnosi cliniche su Internet, ma una percentuale sempre più alta lo fa in modo compulsivo tanto da convincersi di avere qualche patologia e così, una semplice cefalea tensiva si trasforma in un tumore, un dolore al petto in un infarto e così via. Perché il Dottor Google non potrà mai essere
DI SARA AVESANI
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efficiente come il proprio medico? Il Dottor Google non può rivestire lo stesso ruolo del medico, anzi incrementa l'ansia perché il contatto umano e la presa in carico sono completamente assenti. Le “specializzazioni mediche” hanno certamente migliorato la ricerca e la cura delle patologie, ma hanno diminuito in maniera considerevole il rapporto umano medico-paziente. Ci sono ancora medici di base che scelgono di visitare e incontrare da “persona a persona” il paziente prima di inviarlo allo specialista, costruendo così un rapporto di fiducia e di rassicurazione. Chi sono gli ipocondriaci digitali? Ci sono due tipologie di persone che si “affidano a internet”. Chi lo fa superficialmente prima di andare realmente dal medico per tamponare il livello d’ansia e chi, per paura di affrontare la realtà ripara su quella virtuale e, a questo punto si possono definire veri e propri “ipocondriaci virtuali”. Dottor Google riceve sempre e fornisce risposte su qualsiasi argomento di tipo medico senza una relazione umana. In una dimensione di questo genere, l’ipocondriaco trova “pane per i suoi denti” proprio perché nessuno ostacola il suo “disagio”. Nessuno lo spinge a capire la radice delle continue domande sul proprio stato di salute, e così la sua ricerca spasmodica su internet diventa un loop senza fine.■
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LORO, I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
LO SPECCHIO, I SOCIAL E QUEL CORPO MAI AMATO
Con oltre tremila decessi causati dalle conseguenze dell’anoressia nervosa ogni anno, i disturbi del comportamento alimentare in Italia possono essere considerati ancora un’“epidemia sociale”. A Verona se ne occupa Corpo Specchio, l’associazione punto di riferimento in Veneto della Federazione Italia Disturbi Alimentari.
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ONO OLTRE TRE MILIONI i casi di disturbi del comportamento alimentare registrati ogni anno in Italia: un numero altissimo, e in continua crescita. Con conseguenze terribili: si parla di oltre tremila decessi causati annualmente dall’anoressia nervosa. Tanto che il Ministero della Salute, nel suo ultimo report in materia, parla di una vera e propria “epidemia sociale”. La piaga dei DCA, i Disturbi del Comportamento Alimentare, continua ad essere un affare prettamente femminile: secondo le stime ufficiali, il 95,9% delle persone colpite dai disturbi alimentari sono donne; l’incidenza della già citata anoressia nervosa è di almeno 8 nuovi casi per 100mila persone tra le donne, mentre per gli uomini è compresa fra 0,02 e 1,4 nuovi casi. Per quanto riguarda la bulimia, invece, ogni anno si registrano 12 nuovi casi per 100mila persone tra le donne e circa 0,8 nuovi casi tra gli uomini. Se l’incidenza delle “forme classiche” di queste patologie resta essenzialmente stabile rispetto al passato, ad aumentare e preoccupare negli ultimi anni sono i disturbi dell’immagine: complice forse un’epoca in cui l’attenzione, anche via social, al modo in cui si appare diventa sempre più pervasiva, hanno cominciato a fare capolino patologie come l’ortoressia, l’ossessione per il cibo sano e dietetico, e la bigoressia, che colpisce più spesso gli uomini e riguarda
invece l’ossessione per i muscoli e la forma fisica. NONOSTANTE LA FASCIA D’ETÀ più esposta a queste patologie rimanga quella dell’adolescenza, gli ultimi anni hanno però visto un esordio della malattia sempre più precoce: medici e psicologi si dicono sempre più preoccupati per ragazzine e bambine. Un dato che ci conferma anche il Centro Corpo Specchio di Verona: «Si può parlare di un allarme pediatrico: a volte l’episodio di esordio può avvenire intorno ai 9 o 10 anni. Anche per questo motivo noi abbiamo organizzato dei seminari pensati per i pediatri». L’associazione Corpo Specchio, nata nel 2011, è la realtà di riferimento in Veneto per la Federazione Italiana Disturbi Alimentari, che offre servizi su tutto il territorio nazionale. Grazie a un’équipe altamente specializzata nel trattamento dei DCA composta da psicoterapeuti, medici, psichiatri, Corpo Specchio si offre come punto d’approdo per tutti coloro necessitino di una mano in questo campo. «Il nostro focus è sulla psicoterapia, perché i disturbi alimentari sono patologie psichiatriche e, a nostro avviso, non vanno trattate come se fossero problemi puramente fisici. Il nostro approccio, diverso da quello di altri centri per la cura dei disturbi alimentari che si concentrano soprattutto sull’eliminazione del sintomo
DI CHIARA BONI
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«Si può parlare di un allarme pediatrico: a volte l’episodio di esordio può avvenire intorno ai 9 o 10 anni. Anche per questo motivo noi abbiamo organizzato dei seminari pensati per i pediatri». alimentare, è soprattutto psicoanalitico. - ci spiegano ancora dal Centro - Chi si rivolge a noi viene messo in contatto con uno psicoterapeuta, altamente formato, che poi fa una valutazione e, a seconda del caso, può decidere di far intervenire il medico nutrizionista, lo psichiatra, un collega che segua i genitori, con varie formule». Oltre ad offrire servizi e interventi pensati per le persone che soffrono di questi disturbi, l’associazione si occupa anche di dare sostegno alle famiglie, ma anche di organizzare attività di formazione e consulenza, di promuovere attività di ricerca e di diffondere una sempre maggiore informazione e sensibilizzazione riguardo ai disordini alimentari. Ma se la soluzione per contrastare questa “epidemia
sociale” arrivasse anche dal piano legislativo? Sembrano andare in questa direzione due disegni di legge proprio in questi giorni al vaglio della Commissione Sanità del Senato. Sono quelli proposti dalla senatrice di Forza Italia Maria Rizzotti, presentato a inizio legislatura e adottato come testo base, e quello di Caterina Bini del Partito Democratico. Ad accomunare questi due disegni di legge è la volontà di moltiplicare gli sforzi per prevenire i DCA: uno dei punti in comune è l’idea di sanzionare agenzie pubblicitarie o di moda che si avvalgono di modelle che non presentano certificato medico, o il cui certificato attesta che sono in uno stato di massa corporea di grave magrezza o di forte sottopeso.■
I CONTATTI CHE SERVONO: L’associazione Corpo Specchio si trova in Via Giardino Giusti, 4 a Verona. Può essere contatta al n. 335.6352002 oppure online a questo indirizzo: www.fidadisturbialimentari.com/corpospecchio/ contatti/. Ogni primo venerdì del mese, previo appuntamento, è possibile accedere a colloqui informativi gratuiti.
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LE VETTE AL FEMMINILE
IL DIRITTO DELLE DONNE DI SALIRE LE MONTAGNE (ANCHE CON LA GONNA) In passato le avevano chiamate, semplicemente, «la rovina dell’alpinismo». In barba a stereotipi di genere consunti, da due anni un gruppo di donne boliviane, capitanate da Lydia Huayllas, con tanto di gonna tradizionale, collezionano vette da 6.000 metri. Pronte alla conquista come ad una prudenza intelligente.
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ON CI SONO PIÙ LE FIABE DI UNA VOLTA, quelle in cui la povera donzella in pericolo veniva salvata dal prode giovane sul cavallo bianco, portata al castello e resa degna di onore grazie al matrimonio con l’uomo dei sogni. Oggi, invece, le storie della buonanotte insegnano alle bambine che è arrivato il momento di salvarsi da sole, di essere il destriero di se stesse, di costruire il proprio castello e di farci entrare solo chi se lo merita davvero. Nel libro Storie della buonanotte per bambine ribelli, tra il centinaio di donne, italiane e non, di cui si raccontano le vite straordinarie, molte delle quali passate a combattere per affermare i propri diritti di esseri umani prima che di femmine, compare anche una certa Lydia Huayllas. Boliviana, 48 anni, dopo aver lavorato per diversi anni come cuoca per i campi base che accoglievano gli scalatori delle Ande, Lydia, un giorno, stanca di essere costretta solo ad immaginare l’ebbrezza delle vette, ha convinto le amiche a scalare le alte cime della Bolivia con tanto di “pollere” (gonne variopinte indossate dalle cholitas come vuole la tradizione aymara, ndr), rag-
giungendo diverse vette da oltre 6 mila metri. Già, perché tra le tante restrizioni e ingiustizie, tra i mille divieti, pregiudizi, maldicenze, offese, tabù e quant’altro, di cui la donna è stata vittima sin dalla notte dei tempi, c’è anche l’ascesa alle montagne, pena, come dicevano nel Settecento, la sterilità che sarebbe sopravvenuta a causa dello sforzo. E alla fine dell’Ottocento, più di un secolo dopo, nulla sembra cambiato. Lo prova la conferenza che la contessa Palazzi-Lavaggi tiene al CAI di Torino, in cui sottolinea, davanti ad una platea di soli maschi, il diritto delle donne a frequentare la montagna. Tutto questo quando trent’anni prima una certa Alessandra Boarelli stava per soffiare il primato della vetta del Monviso (alla quale dovette rinunciare a causa del maltempo) a Quintino Sella, primo alpinista che riuscì effettivamente nell’impresa e che, per questo, passò alla storia. La Boarelli ci riprovò l'anno successivo, e ci riuscì, ma la sua fatica passò inosservata. Rimasero sotto silenzio molte altre sfide (vinte) da parte di alpiniste, soprattutto britanniche, nel cosiddetto periodo della “conquista delle cime” (1786-1870). Nomi persi
DI MICHELA CANTERI
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nel silenzio di chi non vuol sentire, nel vuoto di chi non vuol vedere. E mentre nel 1911 l'alpinista austriaco Paul Preuss cercava nuovamente di chiudere la questione affermando che la donna è «la rovina dell’alpinismo», altre alpiniste coraggiose andavano contro ogni pregiudizio e sfidavano le montagne. Con amore, senza mai strafare e senza voler dimostrare nulla se non a se stesse, pronte alla conquista come alla prudenza, decise, caparbie, combattive, ma docili, caute e amorevoli come solo loro sanno essere. C’È VOLUTO TEMPO, PAZIENZA, coraggio, forza e audacia. E ce ne vorrà ancora. Piano piano, a partire dalla seconda parte del Novecento, la situazione si è evoluta in positivo e ad oggi le donne stanno conquistando la vetta più importante: quella di essere valorizzate come vere “alpiniste”. Negli ultimi tre decenni, ad esempio, sono salite alla ribalta per le loro imprese la francese Catherine Destivelle, l'americana Lynn hill, l’italiana Angelika Reiner, ancora in attività insieme alle connazionali Anna Torretta e Federica Mingolla. Tra le italiane, inoltre, nel 2017 Nives Meroi ha completato la collezione dei 14 ottomila, traguardo raggiunto anche dalla basca Pasaban Edurne, dalla sudcoreana Oh Eun-Sun e dall’austriaca Gerline Kalterbrunnen, dimostrando così ancora una volta che le donne possono affrontare la montagna, i suoi pericoli, le sue asperità. Perché, in fondo, e non c'è proprio nessuno che possa dimostrare il contrario, la montagna è femmina, non fosse altro per la sua conformazione “a mammella” dai cui capezzoli sgorga la fonte della vita che disseta, lava, purifica, nutre. Sono femminili il suo nome come le sue vette, le sue cime e le sue vie. E che le donne stiano prendendo sempre più consapevolezza di questo legame lo dimostra anche il Rapporto Montagne Italia del 2017 in cui tra i nuovi criteri di classificazione della montagna c’è anche l’occupazione al femminile, (che qui risulta essere al 45,6%, superiore a quella italiana ferma al 41,8%). In realtà non si tratta di niente di nuovo. Finalmente si è posto lo sguardo su un fenome-
no millenario, da sempre sottovalutato. La donna non è mai stata solo un elemento di contorno nella società montanara. Pensiamo solamente alla vita delle donne nella nostra Lessinia: esse erano, e sono, mogli, madri, educatrici, guide morali e spirituali, perno attorno al quale ruota tutta la rete famigliare. E se una volta il loro dividersi tra casa, famiglia, allevamento, lavoro nei campi e, molto spesso, lavoro di cardatura e filatura della lana, era considerato connaturato alla loro natura, oggi le loro attività hanno assunto un ruolo di primo piano nella vita economica della famiglia. Sono diventate, spesso, esse stesse imprenditrici capaci di apportare alla vita economica del territorio un’energia nuova, grande creatività, flessibilità, grinta e ottimismo. Certo, c’è qualcuno che ancora non ci crede, ma a questo sono fin troppo abituate. Walter Bonatti diceva che la montagna più alta rimane sempre dentro di noi. La vera impresa, in questo senso, non è raggiungere la vetta ma guadagnare passo dopo passo una nuova consapevolezza. Ed è quello che le donne della montagna stanno facendo, misurandosi con le proprie possibilità, i propri sogni, i successi e gli insuccessi, non alla ricerca di un primato ma di confini all'interno dei quali trovare la libertà di essere se stesse.■
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IL TEATRO SOCIALE DI RENATO PERINA
L'ARTE DEI MARGINI CHE NON VUOLE ESSERE, PER FORZA, TERAPIA
«In carcere, come conduttore di un laboratorio teatrale per tre anni, ho fatto una delle esperienze più potenti della mia vita professionale». Esordisce così, Renato Perina, nella sua intervista a Pantheon. Interprete e regista teatrale con un dottorato in pedagogia generale e sociale, è autore di diversi articoli scientifici tra cui la monografia Per una pedagogia del teatro sociale, pubblicato da Franco Angeli. Da tempo è ospite con un blog culturale su Il Fatto Quotidiano.
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UELLO CON I DETENUTI è stato un incontro che ha allargato il mio orizzonte artistico, ha dato più senso alla mia esperienza teatrale. Ho dovuto ricorrere a strategie e risorse insospettate, mi sono trovato arricchito e in modo sconcertante. Si può fare un teatro di potenza e qualità proprio nel luogo marginale per definizione. Mi sono scoperto al centro della mia creazione con attori dalla forza espressiva rara, difficile da trovare fuori» spiega l’attore veronese. L’incontro con la realtà del carcere è avvenuto a partire dalla tesi di dottorato in Pedagogia «a cui sono arrivato piuttosto tardi, dove ho approfondito dal punto di vista della ricerca tutto quello che avevo vissuto prima, empiricamente». Ovvero, laboratori di teatro in un centro di igiene mentale di Verona, il teatro nelle scuole e nei licei, di provincia, in Veneto e Lombardia, «una passione con la quale mi guadagnavo anche uno stipendio». Al tempo del dottorato, Renato Perina porta avanti una ricerca sul ‘teatro sociale’ compiendo una sorta di saldatura, di sinergia tra un luogo simbolico e operativo di estrema libertà con ambiti contras-
segnati da estremo limite. La tesi di dottorato diventa quindi un libro e Perina, interpellato a collaborare per un progetto con il carcere di Montorio, si ritrova a condurlo. «Alla fine, quel laboratorio l’ho diretto facendo convergere esperienze concrete di teatro e teoriche di pedagogia sociale, di disagio e marginalità, ma ogni esperienza è a sé stante. Non mi interessa né rieducare né fare percorsi di benessere; l’arteterapia penso sia una sciocchezza. L’arte, e quindi anche il teatro, è sempre terapica ma, parafrasando Thierry Maulnier, la funzione curativa dell’arte esiste nella misura in cui l’intenzione curativa è assente. Nei tre anni di laboratori e spettacoli ho incontrato una cinquantina di detenuti/attori colpevoli di reati di ogni genere, anche i più aberranti. Ho incontrato persone che mi hanno sorpreso in tutti i sensi». IL LAVORO DI PERINA con i detenuti si è concentrato, poeticamente, sulle ambivalenze dell’esistenza: «Abbiamo lavorato su I fiori del male di Charles Baudelaire e sui testi di Pier
DI FEDERICA LAVARINI
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Paolo Pasolini, per rappresentare l’interfaccia bene/male, dentro/fuori, integrato/emarginato, umano/disumano. Ho inserito temi che potevano essere interessanti per i carcerati per dar loro dei feedback e, in qualche disperato modo, comunicare, senza mai affermarlo, che nulla è perduto. Senza moralismi e, forse, senza esserne convinto fino in fondo. Se avessi convinzioni così decisive forse non farei teatro, l’ispirazione stessa sarebbe arida perché credo che essa nasca soprattutto da un senso di mancanza, di inadeguatezza e al tempo stesso di una insopprimibile fiducia nella bellezza e nella sua forza sovversiva». Terminata l’esperienza con il carcere, Perina è ora impegnato in diversi reading e progetti teatrali in cantiere con Bagliori associazione culturale: da gennaio 2019 partirà in città, a Verona, un laboratorio sul palco aperto a tutti (Dal laboratorio teatrale alla messa in scena) «utilizzerò lo stesso metodo usato con i detenuti. Qual è? Non ce l’ho».■ bagliori.info@gmail.com Renato Perina
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IL MONDO DI CARMINE BATTISTA
IL BAMBINO ETERNO OVVERO LA STORIA DI UN COLLEZIONISTA DI GIOCATTOLI
Foto di Flavio Pettene
Carmine Battista ha trasformato un “rimpianto” della sua infanzia – non potersi permettere dei veri e propri giocattoli – in una passione che lo impegna da alcuni decenni, a caccia, da un mercatino all’altro, del pezzo raro, da aggiungere alla sua collezione.
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A NOTTE DEL 12 DICEMBRE, in trepidante attesa, combattendo il sonno che vuol prendere il sopravvento, con l’orecchio teso a cogliere ogni minimo rumore, sperando che sia lei, Santa Lucia, che arriva con i doni, in groppa all’asinello. E poi la scoperta dei regali, la gioia della sorpresa. Non esiste adulto che non ricordi con immenso piacere – e un po’ di nostalgia – l’atmosfera di quei magici giorni. Per un bambino nato nel 1946, nell’immediato dopoguerra, però, il ricordo di quelle notti si accompagna al rimpianto di quei bei giochi che avrebbe voluto, ma che non sono potuti arrivare: ci si doveva accontentare di quel poco che c’era. È così che una volta cresciuto, Carmine Battista, detto “Lino”, di Marcellise, ha deciso di prendersi il suo riscatto, andando a scovare, nei mercatini dell’usato, proprio quei giochi tanto anelati durante l’infanzia. «Tutto è iniziato con una valigetta di metallo che ho trovato in un mercatino, con dentro un piccolo grammofono giocattolo» spiega. «Una volta a casa l’ho studia-
to e, lavorandoci su, sono riuscito a farlo funzionare. Il piatto girava, ma non avevo un disco da metterci sopra. La domenica successiva, in un altro mercatino, ho trovato proprio un disco per grammofono giocattolo. Da qui è partita la mia ricerca e oggi la mia collezione è composta da una quarantina di grammofoni giocattolo e 200 pezzi tra grammofoni, organetti, fonografi». LA CACCIA AL PEZZO DA COLLEZIONE è uno sport che richiede costanza. Quasi tutte le domeniche, Battista gira tra i mercatini d’Italia. «Sono riuscito, negli anni, a trovare pezzi molto rari. Tra questi, un organetto del 1830 che conta soli 4 esemplari in tutta Europa. Si chiama “spallone”, perché veniva portato a spalle dal suonatore, che lo portava in giro per le contrade a fare musica. Poi il fonografo della Pathé con tromba in cristallo, del 1904, e l’organetto Ariston: se volete vederne un altro, dovete andare a casa di Garibaldi, a Capraia». Il 90% dei grammofoni, fonografi e organetti della sua collezio-
DI FRANCESCA MAULI
CAMERA (O MEGLIO, MOSTRA) CON VISTA SUI GIOCATTOLI
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L’8 e il 9 dicembre “Lino” Carmine Battista ha permesso a tutti di guardare il suo “patrimonio” ludico con una mostra al Castello di Salizzole. Trenini, grammofoni, cartoni animati, bambole, burattini, da fare invidia al magazzino di Santa Lucia. Proprio in omaggio all’universo fatato della santa, lo scorso luglio, a Velo Veronese, nella Sala dei Centomila, Carmine ha esposto i suoi gioielli ne “I giocattoli di Santa Lucia”, una mostra pensata da Le Falìe come approdo materiale al nuovo spettacolo firmato da Alessandro Anderloni, Santa Lussìa (che, dopo il successo estivo, è tornato in scena al Teatro Orlandi fino al 9 dicembre e al teatro Astra di San Giovanni Lupatoto il 13 dicembre). Carmine Battista nel suo regno
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ne arriva però dall’Inghilterra; in Italia, infatti, non esisteva una vera e propria produzione, solo alcuni artigiani che acquistavano le componenti dall’estero e li assemblavano in patria. La sua collezione comprende anche numerosi giochi di vari generi ed epoche. «Ho giocattoli di tutti i tipi. Tra i miei preferiti, una delle prime bambole parlanti, che risale all’inizio del 1900. Un pezzo rarissimo, fatto in cartapesta e gesso tenuti insieme dal crine di cavallo, completa di vestiti. Ha un piccolo fonografo nel corpo, che legge la musica incisa su un rullo di cera» racconta, con occhi che si illuminano. Altri pezzi degni di nota sono le lanterne magiche – di vari tipi e dimensioni – e uno dei primi cartoni mai usciti, un Topolino della Disney degli anni ’40, con tutto l’occorrente per vederlo, ossia «una lampada a
pila, su cui era applicato un obbiettivo. Venivano poi inseriti i vetrini dipinti a mano e il cartone veniva proiettato sul muro. Ne ho anche di più antichi dove, al posto della pila, veniva usata la candela» prosegue il collezionista. Riesce facile immaginare lo stupore dipinto sui visi dei bambini dell’epoca. Davanti a tanta ricchezza di esemplari e di pezzi rari, viene da chiedersi se la sua ricerca sia ormai conclusa. «Il pezzo che ancora manca alla mia collezione è il Regina, un carillon a muro del 1870-80, con un mobile stupendo, in cui si poteva inserire un disco e che funzionava se si inseriva una moneta. Un jukebox ante-litteram, insomma» conclude. Chissà se basterà una letterina a Santa Lucia per far sì che questo desiderio si realizzi.■
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ROSSELLA E LE SUE TELE MANCINE
MANCINA DI NOME E DI FATTO Dipinge da quando suo padre le ha regalato il primo mini cavalletto. “Da grande” ha contribuito a curare la parte scenografica del film Letters to Juliet quando venne girato a Verona nel 2010. Con il suo pennello ha ritratto il rapper Ghali, l’influencer Giulia De Lellis, la cantante Levante. Rossella Pirro, in arte Tela Mancina, ha uno stile che riempie gli occhi di panorami astratti, attraversati da un’ironia speciale.
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OME D’ARTE? TELA MANCINA. Una formazione specifica nel campo artistico: prima il liceo artistico e poi una laurea in Scienze dei beni Culturali all'Università di Verona. Lei, che con la sua arte fa tornare di moda la pittura ritrattistica con sfondi del tutto astratti che portano in luce la personalità dei suoi committenti, ci racconta i segreti di Tela Mancina.
DI GIORGIA CASTAGNA
Dove nasce l’artista che si nasconde dietro Tela Mancina? Dietro la tela in realtà c’è Rossella, una bambina cresciuta a pennelli e colori e con tutto l’appoggio di due splendidi genitori. L’idea del nome invece è di una mia cara amica, Valentina. Un giorno mi ha guardata e mi ha detto tu sei “Tela e mancina” (Rossella è realmente mancina, ndr). Da quel momento tutto è stato più chiaro. Certo non sono mancate paure insicurezze e la tipica domanda «Ma a chi vuoi che interessi la mia arte?». Com’è maturato questo pensiero nel corso degli anni? Indubbiamente, le cose sono cambiate. L'università grazie alla formazione, non solo artistica ma anche culturale, mi ha fatto prendere coscienza delle mie forze. Altrettanto di stimolo sono state le esperienze professionali intervallate: ho lavorato per diversi anni in strutture turistiche in Italia e all’estero come scenografa, ho partecipato a mostre e festival, grandi e piccole vetrine che mi hanno permesso di farmi conoscere. Non è mancata poi un’importante esperienza commerciale in una azienda partecipata di Verona conclusasi qualche anno fa quando, grazie a quelle che amo definire “coincidenze di destino”, ho visto sempre più delineata la mia strada. Cosa intende? È tutto un po' in divenire ma sempre più definito. Tela Mancina è in fase di definizione e grazie alle diverse richieste su commissione di lavori importanti posso dire che il 2019 sarà un anno importante per
me. Finalmente la mia passione sarà il mio lavoro. Quale messaggio è possibile leggere dai suoi quadri? Nei miei quadri parlo di viaggi, di paesaggi tropicali e di linee che si incontrano e scontrano in ambienti surreali. Al centro di questo viaggio poi c’è il mio soggetto ben definito, in stile figurativo/illustrativo e realistico ma decontestualizzato. Io faccio ritratti: voglio rendere attuale uno stile in disuso. Incontri, festival, lavori e contatti: quali sono stati i più determinanti? Il primo incontro che mi ha fatto capire che potevo credere in me è stata la partecipazione ai lavori del film Letters to Juliet (opera cinematografica girata a Verona nel 2010). Timidamente ho portato il mio book alla scenografa Alessandra Querzola, famosa per la candidatura tecnica agli Oscar di quest’anno (per Blade Runner 2049). Dopo aver visto i miei lavori, mi ha scelto per curare parte delle scenografie e altri importanti dettagli del film. Determinanti anche alcuni ritratti e opere eseguite a personaggi conosciuti come il rapper Ghali, l’influencer Giulia De Lellis o la cantante Levante. Ogni artista trae ispirazione da qualcuno: chi è il tuo mentore? La spinta per uscire dalla mia “zona di comfort”, per cercare i miei limiti, credere in me e imprigionare le mie emozioni sulla tela è arrivata da un caro collega e amico, Piero, in arte Nape Overs. Lui era uno dei migliori street artist della scena contemporanea, uno che difficilmente ci dimenticheremo; ma questo è un altro discorso. Un grande ruolo lo gioca la musica: il carburante che mi fa dipingere. Progetti per il futuro? Si presenta un periodo molto ricco, in cantiere ho diversi progetti ma non vi svelerò nulla. Vi invito però a seguirmi sui miei canali social e sul mio sito web, tutti dal nome telamancina.it.■
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Sabbiarella il tuo Natale! con il nuovissimo
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ENRICO SPIAGGIARI E IL SUO GARAGE LEGGENDARIO
IL MECCANICO DELLA FORMULA 1 (D’EPOCA)
Spaggiari impegnato in pista Goodwood sulla Lotus 21 F1 che fu di Kim Clark
Enrico Spaggiari sembra il classico gentleman inglese, ma è veronese doc. La sua passione per le auto storiche da corsa made in UK lo ha portato a correre e vincere in tutta Europa prima di fondare, assieme all’amico Davide Riparbelli, il team-officina “RS Historics”, che prepara e fa correre vetture Formula 1 d’epoca e non solo.
I
RUMORI DEI MOTORI NON SONO tutti uguali. Oggi, strozzati da tante diavolerie elettroniche, anche quelli sportivi tendono ad assomigliarsi, ma non è sempre stato così. A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, quando il motorsport ha vissuto gli anni d’oro, si potevano riconoscere le vetture da corsa ad occhi chiusi. Lo sa bene Enrico Spaggiari, veronese doc che, a discapito della sua giovane età, ha compiuto 36 anni lo scorso agosto, è oggi uno dei più apprezzati conoscitori in Italia di auto d’epoca inglesi, grazie anche ad un periodo trascorso proprio nella nazione della Regina per uno stage nel 2001 con il Classic Team Lotus. Rimasto stregato dalle competizioni su quattro ruote al Gran Premio d’Italia 1984, spettatore con il papà sulle tribune dell’Autodromo Nazionale di Monza, Enrico ha deciso che prima o poi sarebbe riuscito a scavalcare la barricata. Il sogno sono sempre state le vetture d’Oltremanica, non solo perché il padre era un appassionato di Jim Clark e dei costruttori e piloti inglesi, ma anche perché in quel mondo di gentlemen Enrico si è poi trovato a
collaborare ottenendo a suon di risultati prestigiosi il rispetto e la stima di tutto l’ambiente. Dopo i primi passi con i kart, caricato un po’ romanticamente sul tetto dell’auto, Spaggiari ha iniziato a cimentarsi alla guida delle vetture storiche per la pura passione di confrontarsi con la meraviglia su quattro ruote. La prima gara con un’Austin Healey Sprite del 1959, poi il grande amore, una Ford Mustang del 1965 con la quale ha corso e vinto fino al 2015. Nel 2008 inizia a correre con il sogno di molti, le Formula storiche: prima una Cooper Bristol Formula 2, poi una Cooper T53 Formula 1, un modello che nel 1960 venne guidato da leggende del calibro di Bruce McLaren e Jack Brabham. Con questa vettura Spaggiari ha proseguito quella linea magica, conquistando nel 2011 il Campionato britannico dedicato alle formula storiche costruite prima del 1966. Nonostante Enrico abbia continuato a portare avanti la sua normale professione a Verona, si è dedicato a questa passione girando un po’ per l’Europa e iniziando a farsi dei contatti, sognando di aprire un suo “garage” e diventa-
DI MATTEO BELLAMOLI
IL TEAM-OFFICINA RS HISTORICS, IN BREVE In questi primi sei anni di attività, la realtà messa in piedi da Enrico Spaggiari e Davide Riparbelli ha toccato alcuni degli appuntamenti per auto storiche più prestigiosi d’Europa, dalla 6 Ore di Spa-Francorchamps al Gran Premio di Monte Carlo storico, dal Goodwood Revival e il Members’ Meeting fino ai Campionati Europei Masters Historic Racing, il Campionato Italiano Velocità Autostoriche e il Campionato britannico per le Formula Storiche HGPCA. Il sogno, o per meglio dire l’obiettivo, è sicuramente il vertice dell’automobilismo storico mondiale, ovvero la Le Mans Classic.
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re, in qualche modo, anche portavoce di queste bellezze d’epoca. L’OCCASIONE ARRIVA NEL 2002, a Monza, in occasione della Coppa Intereuropa, una corsa di velocità che si disputa dal 1949 e che dagli anni Ottanta è diventato uno degli appuntamenti per auto d’epoca più importanti al mondo. Ai box conosce Davide Riparbelli, con il quale scopre di condividere la stessa “malattia” viscerale per le auto storiche da corsa a declinazione britannica. Quello che sembrava utopia prende forma e nel 2013 nasce “RS Historics” un vero e proprio “garage”/team stile inglese alle porte di Monza, ad Albiate, dove i due si prendono cura di prestigiose vetture da corsa rigorosamente storiche affidategli da importanti collezionisti e piloti. Manutenzione, trasporto da e per i circuiti, rimessaggio e gestione in corsia box, tutto con la classe
dei “vecchi” e leggendari preparatori inglesi, quelli che si riconoscevano al paddock per il berretto di tweed e i mocassini di pelle, per capirsi. A questo si aggiunge anche l’attività di tutoraggio che Enrico, grazie all’esperienza maturata, mette a disposizione dei clienti per prepararli alle gare in circuito. Davide si occupa della preparazione e della logistica, Enrico è invece il direttore sportivo del team. Entrare alla “RS Historics” oggi è un po’ come fare un salto nel tempo. Nell’ordine caotico delle vecchie officine, si respira il profumo di quelle che, come ha scritto il giornalista Danilo Castellarin in un suo intenso libro, erano le Corse Ruvide, quelle in cui l’anima della competizione era nel binomio pilota-vettura, quelle in cui non c’erano radio in macchina e dove il pilota, una volta abbassata la visiera del casco, aveva in testa il solo rumore del motore e la pista davanti agli occhi.■
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Enrico nell'abitacolo della Lotus 41X F3
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UN MANISCALCO SENZA MACCHIA E SENZA PAURA Da quando aveva 14 anni Charlie, ovvero Carlo Scattolo, trentacinquenne di San Benedetto di Lugana, si dedica ai cavalli. Dopo le esperienze come cavaliere per spettacoli medievali, istruttore e stuntman (anche sul set di Elisa di Rivombrosa), ha deciso che la sua strada era, ed è, l’antica arte della mascalcia.
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N UN MONDO CAOTICO sempre alla ricerca di svago tecnologico e virtuale c'è chi, invece, vuole e riesce a vivere ”fuori”, come Charlie che, ora è, tra l’altro, in procinto di diventare padre della sua quarta figlia femmina. È un ragazzo dalle idee chiare che ha smesso di essere competitivo, per abbracciare ritmi di vita più tranquilli. Gira le vallate veronesi, la provincia e le regioni del Nord, per ferrare i suoi amati cavalli, animali che lo appassionano fin da quando è piccolo. Il suo caro amico Gigi, («uomo di cavalli d'altri tempi» secondo Carlo), lo ha soprannominato, una ventina di anni fa, durante uno dei suoi pomeriggi nelle scuderie di Canevaworld, Charlie. Da allora questo nome è diventato parte di lui e del suo mestiere di maniscalco.
giorno, di girare tra scuderie e privati.
Com'è cominciato il suo amore per i cavalli? Sono nato tra i cavalli: i miei nonni li avevano, ed è stato subito amore. Ho smesso di andare alla scuola agraria a 14 anni, dopo soli quattro mesi, perché era inutile stare sui banchi se il pensiero era verso il mondo del cavallo. Papà Fabio e mamma Bruna mi dicevano: «Vedrai che tornerai a studiare...» si sbagliavano! Ho sempre, comunque, cercato di conoscere e imparare tutto quello che ruota attorno a questo animale.
Trova spesso cavalli impegnativi? Mi chiamano spesso per cavalli difficili ma so che la pazienza risolve ogni problema. Negli anni ho preso qualche morso e calcio, ma se sei capace e hai un'ottima conoscenza dell'equino, è difficile farsi male. Se l'animale è stressato, puoi anticipare alcune reazioni. La cosa importante è saper leggere il suo linguaggio, andando per gradi e abituandolo alla ferratura. L'esperienza negli anni mi ha permesso di far capire alle persone che bisogna cercare di adattarsi al cavallo e “interpretarlo” per riuscire ad instaurare, successivamente, sicurezza e fiducia reciproca.
Cosa ha imparato? La passione per il ferrare è nata con calma. Ho iniziato come stalliere, poi, per quattro anni, ho fatto spettacoli nel Medieval Times del Caneva, costruito interamente da mio papà fabbro. Una cosa che nessuno sa è che ho fatto pure lo stuntman per alcune scene a cavallo della serie televisiva Elisa di Rivombrosa. Poi ho continuato con l'addestramento e il lavoro da istruttore nel maneggio di mia proprietà che poi ho chiuso. L'attività di maniscalco l'ho appresa da alcuni maestri. Da sei anni è diventata il mio lavoro che mi permette, ogni
In che cosa consiste il suo lavoro di maniscalco? Per ferrare bisogna conoscere perfettamente la podologia equina. Nel piede c'è una parte di crescita e una parte viva; si lavora sulla prima applicando i chiodi e facendo attenzione alla sezione interna; infatti, se si taglia di più o si mette il chiodo nel punto sbagliato, si può fare male al cavallo. Gli attrezzi più importanti sono: l'incudine per modellare il ferro, la forgia per scaldarlo e plasmarlo più facilmente, poi raspe per pareggiare lo zoccolo e tenaglie per tagliare le unghie. Il lavoro dura circa un'ora, un'ora e mezza, a seconda della “bravura” del cavallo.
Com'è la mentalità in Italia nei confronti della natura? Quando sono stato in Scozia, mentre mi dirigevo verso il Monumento a William Wallace, ho scorto dei ragazzini di 10 anni a cavallo, senza adulti, nelle piste dedicate, vicino alle strade. In Italia, invece, il cavallo è al pari di un ciclista: riceve colpi di clacson se non si sposta velocemente.■
DI INGRID SOMMACAMPAGNA
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IL FOOTBALL AMERICANO IN SALSA VERONESE
VICHINGO O MASTINO? Andrea Spadoni, capelli e barba rosso fuoco, è un giocatore di football americano originario di Castelnuovo del Garda. Oltre ad esperienze tra Stati Uniti e Germania, ha indossato le maglie di entrambe le squadre di Verona, Mastini e Redskins, ma anche quella della Nazionale.
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N TIPO COSÌ DI CERTO è meglio averlo come amico che come nemico. E non solo per una simpatia che serpeggia già dal primo contatto visivo. Andrea Spadoni è un ragazzone di quasi due metri originario di Castelnuovo del Garda che nella propria vita sportiva, diciamo, non si esime dal contatto fisico. Offensive linesman degli Agsm Mastini, nonostante la giovane età Andrea ha avuto già esperienze significative in Nazionale, negli Stati Uniti ed in Germania. Come hai conosciuto il football americano? Otto anni fa giocavo a rugby, ma mi stavo guardando attorno per cambiare sport. Su TeleArena ho visto una pubblicità dei Redskins e così ho deciso di provare. Cosa pensi del sistema sportivo americano? Anni luce davanti a noi. Scuola e sport vanno avanti a braccetto. Quando il campionato arriva ai playoff, con i giocatori al massimo della concentrazione, in highschool i professori alleggeriscono la presa con le verifiche. Al college si dà priorità agli atleti nella scelta delle classi da frequentare, in base agli orari degli allenamenti. In Italia potrebbe mai essere così? Non credo, o almeno, non sarà possibile finché il calcio farà così tanta ombra agli altri sport. E lo dico da appassionato: tutte le volte che riesco vado in Curva Sud a tifare Hellas Verona. I giovani, a Verona, sembra che non abbiano molte altre opzioni praticabili. Cosa pensi della situazione attuale di Hellas e Chievo? Sono molto critico nei confronti della condotta di Setti, presidente dell'Hellas. Secondo me la società non investe come potrebbe e dovrebbe. Pare che il risultato sportivo non sia il l'obiettivo. Per il Chievo, invece, mi spiace per Campedelli perché si vede che ci tiene. Una rivalità quella tra le due squadre cittadine che si replica anche tra Mastini e Redskins? Quella tra Hellas e Chievo è diversa; sicuramente è eccessiva. Va bene lo sfottò e la goliardia se sono espressione di agonismo e senso di appartenenza. Ma a fine partita amici come prima. Hai avuto altre offerte, anche per tornare in Germania: come mai hai scelto di rimanere a Verona? Sarò sincero: per la comodità. Ho passato anni a macinare centinaia di chilometri per fare sport e per adesso, avendo anche un lavoro, mi piacerebbe stare un po' fermo. E poi
Andrea Spadoni
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DI EMANUELE PEZZO Andrea con gli amici prima di una partita dell'Hellas
anche perché mi ha costretto Elisa, la mia morosa (ride, ndr).
Nel 2019 in Italia si svolgeranno gli europei di football americano Under 19
Quali sono le vostre prospettive per il campionato in partenza a febbraio? Punteremo alla promozione in "A", anche se ci mancherebbero un paio di innesti per farlo alla grande. Ecco, qui posso dirlo, un'unica squadra Mastini-Redskins non avrebbe problemi a puntare alla massima categoria. In partita capita di pensare ad altro rispetto al gioco? Io scherzo molto, per spezzare la tensione con i compagni, ma pure per provocare gli avversari. Fa parte del nostro gioco: un giocatore che perde la testa usa solo la forza fisica ed è facile "tagliargli" le gambe. In tal caso la sua squadra deve fare l'impossibile per non perdere.. Vi allenate su tantissimi schemi, ma c'è spazio per l'improvvisazione?
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Quando uno schema si "rompe" può succedere di tutto. La mia priorità è che il mio quarterback non prenda botte. In Italia le squadre hanno la rosa corta e, se si infortuna lui, si può praticamente dire che la stagione della squadra sia andata. Torniamo ai tuoi anni oltreoceano: cosa ti piace degli Stati Uniti? C'è diversificazione degli sport, ci sono una marea di opportunità e gente aperta. Più simili al Sud Italia che al nostro Veneto, per intenderci. E poi hanno dei barbecue da paura: delle costine del genere noi ce le possiamo solo sognare... Se paragonassi il tuo sport ad un tipo di carne, sarebbe... Una costata. Il football americano è succoso, duro all'esterno ma tenero dentro. In questo sport ho trovato amicizie che penso rimarranno per tutta la vita.■
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HAPPY IRISH CHRISTMAS
IL NATALE SPIEGATO (E SUONATO) DAGLI ALBAN FÙAM In vista dell’imminente tour natalizio, abbiamo incontrato gli Alban Fùam, l’ormai storica band veronese Irish folk che racconta l’Irlanda e i suoi suggestivi scenari in musica e parole.
L
’ANNO PROSSIMO saranno dieci anni dal loro debutto musicale, intanto però gli Alban Fuàm si preparano a festeggiare il Natale con un inedito tour natalizio. Dopo gli esordi, «quasi per gioco», nel 2009, a qualche mese dall’ultimo disco, Galway Girl, ricordano con noi quelle prime serate live nei pub di Verona e provincia, e il crescendo costante della loro storia musicale: i primi riconoscimenti come il premio della critica “Bande Sonore”, poi seguito dal grande privilegio, nel 2012, di aprire, al Teatro Romano, il concerto dei DeDannan (gruppo di musica folk irlandese, ndr) assieme al violinista Frank Gavin. La ricerca costante di nuovi suoni e lo studio sempre appassionato li porta per 2 anni alla prestigiosa “Joey Mooney Summer School”, nel nord dell’Irlanda, fino ad arrivare al primo album: con l’etichetta discografica Maxy Sound e la preziosa guida del produttore Max
Titi pubblicano nel 2015 Whiskey ‘n Beer, che si aggiudica il premio “miglior proposta musicale” al Festival di Montelago a Macerata, a cui segue From Galway to Dublin e infine Galway Girl. Per l’atteso decimo anniversario, c’è il sogno di scrivere un disco «con brani tutti nostri» e il progetto ambizioso di varcare i confini europei per un nuovo tour. Nel frattempo, per questo dicembre, si preparano a fare del nostro Natale un Happy Irish Christmas, come il titolo dell’EP natalizio che per la prima volta viene eseguito dal vivo: tra le tante note incantate, ci sono anche quelle di Fairytale of New York, uno dei brani natalizi più acclamati nella storia della musica, riarrangiato per l’occasione. Intanto potete incontrarli su Spotify, e a breve in cinque date sparse per Verona e provincia. Con la certezza che sarà, ancora, una «festa di luce e di suono».■
DI GIULIA ZAMPIERI
Per il calendario completo e molto altro: www.albanfuam.com Facebook/ Alban Fùam Irish Folk Music You Tube / Alban Fuam Instagram / Alban Fuam
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Mercoledì 26 dicembre 2018 CONCERTO GOSPEL DI NATALE dalle ore 20:30
Tony Washington Gospel singers “Miracles in the Night Christmas”
In esclusiva per Verona e provincia
Dal South Carolina “Tony Washington Gospel singers” quest’anno si presentano con un nuovo progetto artistico che unisce due straordinari artisti gospel quali Mildred Daniels e Tony Washington. Due artisti che uniscono anni di esperienza e cultura della musica afroamericana in questo straordinario progetto che fonde stili e percorsi musicali diversi con grande originalità associando la splendida voce classica di “The Songbird“ Mildred Daniels allo stile gospel & R&B di Tony Washington. PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA online con riserva del posto numerato Ingresso 15,00 € - Ridotto bambini fino a 10 anni 10,00 €
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L’ARTE DI ABBIGLIARSI IN MONTAGNA
IL DRESS CODE DELLE ALTEZZE
Nonostante le temperature pungenti, c’è sempre chi, giustamente, non riesce proprio a rinunciare alle passeggiate in Lessinia per farsi avvolgere dalla sua natura sonnolenta, udire il cupo rimbombo della terra sotto i piedi che custodisce i segreti della stagione nuova, e respirare l'aria silenziosa e muta dell'inverno che acquieta i pensieri. Ma è anche vero che questa magnifica attività potrebbe diventare un vero incubo se ci si trovasse male attrezzati a ripararci dal freddo. DI MICHELA CANTERI
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E PAROLE D’ORDINE per il trekking invernale sono impermeabilità e traspirazione. Questo a partire dal busto per proteggere il quale si consiglia un abbigliamento “a cipolla”, ossia a strati, che permette sia di isolare dal freddo che viene dall’esterno, sia di far traspirare la sudorazione. Quest’ultimo obiettivo può essere raggiunto indossando una maglia tecnica che consente al sudore di non rimanere sulla pelle ma di entrare in contatto con il secondo strato di abbigliamento costituito da una maglia di pile (tessuto altamente isolante e idrofugo). La protezione esterna viene invece affidata alla giacca, sempre in materiale tecnico, che oltre ad essere impermeabile e traspirante è importante che sia leggera. In commercio ci sono capi più o meno aderenti e più o meno rigidi. L’importante è scegliere quello che permette a chi cammina di riuscire a muoversi agilmente. Per quanto riguarda le mani, il consiglio è di infilare due paia di guanti, uno di seta sulla pelle e uno tecnico sopra. Tuttavia esistono in commercio delle manopole che integrano entrambi i guanti. Passiamo poi alla testa, che è la parte del corpo che disperde più calore e bisogna proteggerla (anche se spesso
in valigia mettiamo poco o niente che la riguardi). Una cuffia tecnica andrà bene anche se, soprattutto per condizioni atmosferiche più rigide, si può optare per il passamontagna. Inoltre, cerchiamo di evitare un errore fondamentale: mai togliere il cappuccio dalle giacche (non si sa mai). PER QUANTO RIGUARDA GLI SCARPONI, invece, essi devono essere ovviamente più rigidi e resistenti rispetto a quelli utilizzati nella stagione calda (anche e soprattutto per l’uso di ciaspole e ramponcini) e devono essere, naturalmente, impermeabili. Mai sottovalutare l’importanza delle calze. È consigliato l’uso di materiale tecnico anche in questo caso, per garantire un miglior controllo della sudorazione. Per concludere, soprattutto nella stagione invernale, non tralasciare mai di guardare le previsioni del tempo prima di partire per il trekking in montagna. Qualsiasi tipo di attrezzatura potrebbe essere insufficiente per le condizioni metereologiche più estreme. E si può sempre rimandare la passeggiata. Tanto una cosa è sicura. Le montagne, e la Lessinia, rimangono là.■
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Un augurio sincero di un sereno Natale e un felice anno nuovo!
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TRA GLI ULIVI DELLA VALPANTENA
L’OLIO E LA VITAMINA DELLA BELLEZZA In collina in questi giorni sono tutti impegnati nella raccolta delle olive e ogni giorno gruppi di studenti visitano i frantoi in funzione. Secondo gli esperti «serve maggiore cultura sui prodotti. L’olio extravergine di oliva non è valorizzato come merita».
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LI ULIVI INGENTILISCONO il paesaggio collinare. Sono piante sempreverdi, longeve (vivono anche centinaia d'anni), in quanto riescono a rigenerare sia l’apparato interrato (le radici), sia quello aereo, in buona parte se non completamente, dai danni subiti. Gli ulivi anche nelle nostre colline occupano un posto d’onore, sono belli da vedere e danno al paesaggio un carattere ameno e di serenità. Cominciano a produrre frutti intorno ai cinque anni di vita e raggiungono la maturità di produzione a circa 50 anni. Mangiare cibo buono, non trattato chimicamente ci connette direttamente all’ambiente. Ci riferiamo all’olio extra vergine di oliva, l’unico derivato totalmente dalla spremuta delle olive (senza l’aiuto di solventi chimici), le cui caratteristiche, oltre che nutrizionali, sono benefiche per la salute. Secondo gli esperti «fa bene al cuore», ovvero previene le lesioni arteriose e riduce il rischio di infarto. CONTIENE I POLIFENOLI, potentissimi antiossidanti naturali, «protegge l’integrità delle mem-
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brane cellulari, prevenendo la formazione e lo sviluppo di alcuni tipi di tumore e sembra sia anche in grado di contrastare la perdita di memoria». Inoltre essendo una fonte naturale di vitamina E, chiamata anche «vitamina della bellezza, protegge dall’alterazione di altre funzioni legate all’invecchiamento». Eppure sono parecchie le persone che, quando al supermercato o direttamente ai frantoi comprano l’olio, non hanno presente l’intera filiera del prodotto: dalla coltivazione dell’olivo, alla raccolta delle olive, alla loro macina e lavorazione. Gli stessi produttori (non gli esperti ovviamente) fermano la loro attenzione solo sulla resa, che spesso fa rima esclusivamente con la quantità, quando dovrebbero essere i primi a decantarne le qualità. Se quanto sopra è vero, e non abbiamo ragione di dubitarne, dobbiamo imparare a valorizzare l’olio extra vergine di oliva, prodotto sui nostri territori. Ciò significa che, quando stiamo per comprarlo, dobbiamo tenere presenti le sue caratteristiche e peculiarità. Perché la nostra salute non ha prezzo.■
DI ALESSANDRA SCOLARI
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PILLOLE DI MAMMA
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CON UN PO’ DI AMOREVOLE IRONIA
Sarà maschio o femmina?
Siete incinta e, oltre alla nausea, a qualche bello sbalzo umorale e alle tremilacinquecento paure, c’è una curiosità in voi che supera ogni limite: sapere se sarà maschio o femmina.
A CURA DI SARA AVESANI
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’È CHI NON LO VUOLE scoprire fino all’ultimo, chi è disposto a pagare un harmony test, spendendo un po’ di soldini e sciogliere ogni dubbio già al terzo mese (eccomi qua), chi aspetta la morfologica intorno ai cinque o sei mesi e chi come coppia si divide, e fa scrivere alla ginecologa su un bigliettino il sesso del nascituro, nascondendolo per ben nove mesi al partner (ma come fa?). Ci sono anche quei genitori che hanno la fortuna di incontrare il classico dottore smemorato che al «sarà una bella femminuccia», aggiunge: «scusate, non lo volevate sapere?»… secondo te?! Che poi, una volta, i metodi per individuare se era maschio o femmina erano altri. Chiariamo subito, erano efficaci per puro caso. Per esempio si prendeva in considerazione la forma della pancia: alta è maschio, bassa è femmina. Stesso discorso valeva per quella appuntita o arrotondata. Se la mamma era bella, senza brufoli, con i capelli splendenti allora maschio, altrimenti femmina (mai sentito una fesseria più grande). Poi c’erano e, ancor ci sono, i metodi da stregoni, quasi da magia nera: se, quando bevi il caffè il fondo si dispone in verticale è femmina se, invece, delinea
delle curve, sarà un bimbo. Ultimo trucco, quanto meno di mia conoscenza, consisteva nel prendere una collanina d’oro e farla girare sopra la mano sinistra della madre: se tende a pendolo è un bambino, se il movimento è circolare è femmina. Tuttavia, anche i medici stessi possono prendere un abbaglio qualche volta. Ricordo, come fosse ieri, che alla mia prima gravidanza, addirittura sentendo il battito del cuore e facendo una veloce ecografia, erano sicuri fosse un maschio, ci avevano dato il 99%. Forse, quello che avevano visto non era ciò che ci si aspetta solitamente da un maschio, ma il dito (medio) di mia figlia che si premeva di mandarli tutti a quel paese! Sul web si trovano anche informazioni, affidabilissime (!), su come fare per rimanere incinta di un maschio o di una femmina. Per il primo basta mangiare latticini, uova e cavolfiore. Con carne, pesce e tanta pasta arriverà invece una fanciullina. Dunque, se vi volete fare una risata o, come mio marito, tentare l’impossibile per avere un maschio, anelando alla teoria dell’erede, ne avrete da sbizzarrirvi. Grazie a Dio il sesso dei nostri figli è una delle poche cose che ancora non si possono decidere prima. Punto.■
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IL FIORE DELL’ARTE
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OGNI MESE UN PETALO E UNO SCORCIO
IL SIMBOLO DEL CIELO, LASSÙ, NELLA CUPOLA DEL SANMICHELI È “il cupolone” di Verona, il mezzo emisfero che troneggia sulla riva sinistra dell’Adige appena prima di Ponte Pietra, un elemento architettonico comune a molte chiese a partire dal XV secolo. La più famosa è quella che Filippo Brunelleschi costruì per il Duomo di Firenze nel 1420 e che poi Michelangelo prese come riferimento per la cupola di San Pietro in Vaticano, seppur con altre caratteristiche.
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L 18 OTTOBRE C’È STATA L’INAUGURAZIONE della fine dei lavori di restauro della cupola della chiesa di San Giorgio in Braida. Ora è possibile ammirarla con una nuova copertura in rame che ne esalta la bellezza in contrasto con il bianco delle pareti. La cupola è stata costruita dall’architetto veronese Michele Sanmicheli nella prima metà del 1500. Egli lavorò soprattutto per la Serenissima come architetto militare ma realizzò anche palazzi e strutture religiose di grande importanza. A Verona è ricordato per le tre Porte: Nuova, Palio e San Zeno, ma anche per i palazzi delle famiglie Canossa, Bevilacqua e Pompei, quest’ultima attualmente sede del Museo di Storia Naturale. Per la chiesa di San Giorgio si occupò della costruzione della cupola, in origine rivestita di piombo, terminata poi nel 1604. La struttura ha un diametro di 14 metri e un’altezza di 7,5 metri dalla centina alla sommità dove è stato realizzato un triangolo fiammante con in mezzo un occhio aperto: nell’icono-
grafia cristiana rappresenta il mistero della Trinità e la perfezione. Il tiburio poggia su un tamburo costruito in mattoni su cui si aprono trifore nei quattro punti cardinali. Secondo monsignor Piergiorgio Rizzini, esse rimandano alla visione della Gerusalemme celeste di cui parla l’Apocalisse, cioè una città che è casa di tutti i popoli. Quindi, cosa rappresenta la cupola? «Il cielo – continua Rizzini – che entra in relazione con la terra, spazio della vita degli uomini». Così come ci ricorda il Pantheon, edificio di culto realizzato nel II secolo d.C., che presenta la più grande cupola in calcestruzzo mai costruita dall’uomo. È un tempio di tutte le divinità pagane che ha, sulla sommità, un oculo, uno spazio aperto che collega cielo e terra. LA CURIOSITÀ DELLA CUPOLA di San Giorgio è che l’originaria copertura fu sostituita con lastre in rame nel restauro del 1847. Per cui, nell’ultimo intervento, è stato deciso di mantenere le lastre, che sono state sostituite
A CURA DI ERIKA PRANDI
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Il cupolone della chiesa di San Giorgio visto dall'esterno
completamente, ma di cambiarne la cromia per renderle il più fedele possibile all’originale. Questo è stato possibile grazie ad una ricetta segreta che si tramanda da quattro generazioni all’interno delle aziende Pighi e Varana. Il risultato è stato una brunitura di 7/8 anni coperta con una patina protettiva a base di solfato di potassio, acqua e olio fumante. Il perché la cupola sia l’elemento che salta subito all’occhio quando si guarda la chiesa è da ricondurre al campanile, mai finito. Esso è ciò che rimane di un monastero eretto nell’XI secolo in piena epoca romanica quando le costruzioni avevano una fisionomia meno slanciata. Degne di nota sono però le sei campane la cui tecnica di suono caratterizza i concerti di campane
alla veronese. Nel 1442 il monastero passò ai canonici di San Giorgio in Alga di Venezia che riedificarono la chiesa. All’interno conserva opere di notevole pregio come la pala d’altare di Paolo Veronese, che raffigura il martirio di San Giorgio, circondata da due grandi tele raffiguranti la moltiplicazione dei pani di Paolo Farinati e la manna nel deserto di Domenico Riccio detto il Brusasorzi. Sopra alla porta d’ingresso, invece, vi è un’opera di Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, che riproduce il battesimo di Cristo. Ai lati si aprono quattro cappelle che conservano lavori di Giovanni Francesco Caroto, Girolamo dai Libri, Romanino e Moretto da Brescia. Insomma, una vera e propria pinacoteca da far invidia ad un museo.■
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Titolo: Laëtitia o la fine degli uomini Autore: Ivan Jablonka Casa Editrice: Einaudi
Traduzione: Margherita Botto Pagine: 348
Un bambino chiamato Natale
Autore:
Matt Haig
Illustratore: Chris Mould
Editore: Salani
Pagine: 271
Età consigliata: dai
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Traduttrice:
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IL LIBRO. Nella notte tra il 18 e il 19 gennaio 2011 la diciottenne di Nantes Laëtitia Perrais viene rapita, poi strangolata e pugnalata a morte. Un delitto terribile, che sconvolge la Francia e che per settimane vede i media accanirsi morbosamente su ogni dettaglio della morte della ragazzina. Ma cosa resta davvero di Laëtitia? Chi era questa ragazzina, vivace e complessa, prima di morire? Secondo l’autore, Laëtitia agli occhi del mondo è nata solo nel momento in cui è morta: proprio per questo Jablonka vuole restituirle una voce, e lo fa lasciando che, per una volta, a raccontare Laëtitia ci pensi chi l’ha conosciuta, amata, protetta fino alla fine. Troppe volte in questi casi la narrazione dei fatti di cronaca finisce per dare risalto all’assassino a spese della vittima: ma questa volta no. L’AUTORE. Ivan Jablonka è uno scrittore e storico francese, attualmente insegna Storia Contemporanea all’Università di Parigi XIII. Nel 2013 ha pubblicato Storia dei nonni che non ho avuto, dove ricostruisce, sempre con la precisione dello storico, la vita dei suoi nonni paterni, fuggiti dalla Polonia perché aderenti al Partito comunista, poi arrestati in Francia in quanto ebrei e morti ad Aushwitz. Con Laëtitia o la fine degli uomini ha vinto il Prix Médicis nel 2016. CURIOSITÀ. La morte di Laëtitia, ci dice Jablonka, racconta tante cose su due drammi diversi ma ugualmente terribili: la violenza sulle donne e la vulnerabilità dei minori. Laëtitia, con la sorella gemella Jessica, infatti, per anni ha visto e vissuto le vessazioni del padre, violento e alcolizzato, sulla madre, donna fragile e disperata, per poi finire sballottolate da una famiglia affidataria all’altra. Anche per questo, per l’autore, la fine tragica della ragazza non è solo un fatto di cronaca come un altro, ma piuttosto il prodotto di questa società, che può essere compreso e decodificato solo se inserito in un contesto specifico di cui fa parte una certa cultura mediatica, la politica urlata, la giustizia delle toghe e delle sentenze. Jablonka non si illude di poter riportare alla vita i morti: ma che sia possibile dare valore alla vita che è stata loro negata, quello sì.
PAGINE PER I PIÙ PICCOLI
Titolo:
A CURA DI
A CURA DI
ALESSANDRA SCOLARI
IL LIBRO. È la storia di un ragazzino di nome Nikolas che vive, in povertà, nella seconda casa più piccola della Finlandia. La mamma è morta cercando di scappare da un orso, mentre il papà, un taglialegna affettuoso e premuroso, ha il sogno di diventare ricco e, per inseguire un’opportunità, se ne va al Nord. Nikolas si trova così costretto a vivere con l’odiata zia Carlotta, per amico ha solo Miika, un topolino. Per Natale riceve due regali: una bambola intagliata (dalla mamma) e una slitta fatta dal padre che decide di raggiungere, ovunque si trovi. Coraggiosamente, intraprende un’avventura piena di neve, rapimenti, renne scontrose, elfi, troll e tanta magia in cui crede fermamente, perché «la magia, se ci si crede, non tradisce mai!». L’AUTORE. Matt Haig è nato a Sheffield nel 1975 ed è uno dei più apprezzati autori inglesi contemporanei. Nel 2007 esordisce nella letteratura per ragazzi con i quali ha vinto il Blue Peter Book e il Nestlé Children’s Book Prize Gold Award. Essere un gatto, pubblicato nel 2015, è tradotto in 27 lingue. Anche l’illustratore, Chris Mould, (vive nello Yorkshire) grazie ai suoi disegni nei libri per ragazzi ha vinto prestigiosi premi. CURIOSITÀ. Matt Haig, con humour inglese, avverte subito: «se credete che certe cose non siano possibili, chiudete il libro, sicuramente non fa per voi». Poi, con linguaggio gentile, racconta di Nikolas, del suo rapporto con il padre al quale suggerisce di «non lavorare troppo. Ogni tanto devi anche giocare». A Nikolas, come a tutti, succedono «cose belle, brutte e impossibili». Come quando zia Carlotta si impossessa della sua casa, costringendolo, quasi, ad intraprendere un viaggio lungo, durante il quale incontra la renna Lampo e gli elfi con i poteri magici. La magia, punto forte del libro, riesce a complicare e risolvere le situazioni “impossibili”. Perché «un’impossibilità è solo una possibilità che ancora non capisci». Nikolas, nominato Babbo Natale, decide di tornare tra gli esseri umani per farli felici con i doni. Impossibile? No, «se ci credi in maniera totale».
Valentina Daniele
SE VI SERVE UN PO’ DI POESIA Io sono innamorato di tutte le signore che mangiano le paste nelle confetterie. […] Perché nïun le veda, volgon le spalle, in fretta, sollevan la veletta, divorano la preda. […]
(Le Golose, Guido Gozzano)
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INDIA - RAJASTHAN / LA PROPOSTA MOVE TRAVEL
PIÙ DI UN SEMPLICE VIAGGIO Letture consigliate:“Un altro giro in giostra” di Tiziano Terzani; “La città della gioia” di Dominique Lapierre; “Shantaram” di Greg Davis Roberts.
L'INDIA - Imprevedibile, ricca di contraddizioni, sorprendente, l’India avvolge e ti entra dentro, suscitando emozioni e riflessioni profonde. Luogo che non si può raccontare, si può solo vivere e respirare. Terra magica ed esotica che anima l’immaginario: Maraja dalle grandi ricchezze, elefanti e cammelli, sfarzose residenze di un tempo, donne avvolte in sari dai colori accesi, antichi templi che svettano al cielo, la bellezza ipnotica e abbagliante del Taj Mahal. Un viaggio in India è molto di più di un semplice viaggio. L’India è un paese dai forti contrasti. In gran parte rurale, con una miriade di piccoli villaggi dove la vita scorre come nel neolitico, l’India ospita anche grandi industrie di innovazione tecnologica con metropoli come Calcutta, Nuova Dehli e Mumbai. Le lingue ufficiali sono 22, ma si parlano ancora 200 fra linguaggi non ufficiali e dialetti, prova del mosaico etnico presente nel paese nonché risultato delle diverse civiltà che vi si sono avvicendate nei secoli. L'India ha svariate culture e tradizioni, dove convivono pacificamente diverse religioni: induista, musulmana, cattolica e buddhista. Nonostante il caos dei clacson e la moltitudine di gente per le strade, si respira una grande pace. Il periodo migliore per visitare l’India va da dicembre a marzo, quando le temperature serali sono miti e il rischio di pioggia minimo. La cucina è principalmente vegetariana, anche per il fatto che molti animali sono sacri, in special modo la mucca, simbolo di fertilità e abbondanza. Questi bovini possono aggirarsi indisturbati nel soffocato traffico indiano, perfino nelle grandi città, circondate da un atteggiamento rispettoso.
CURIOSITÀ L’India è terra di superstizione: non si devono indossare abiti nuovi il sabato; non si deve pulire casa la sera per non spaventare la dea Lakshmi; non si deve dare e ricevere nulla con la mano sinistra per evitare la cattiva sorte; bisogna appendere una ghirlanda di fiori sull’auto appena acquistata, gli aerei non hanno la fila numero 13. Suonare il clacson è un’abitudine diffusa che viene incoraggiata per avvisare i guidatori della presenza di altri veicoli dietro di loro. Quasi tutti i camion riportano la scritta “Clacson per favore”. Il risultato è un suono di clacson onnipresente.
RAJASTHAN e VARANASI – La proposta Move TravelStato più grande dell’India, il Rajasthan è la “terra dei Raja”, i grandi Re, luogo di infinite ricchezze, splendide dimore, palazzi, fortezze e leggendari tesori. L’itinerario, in esclusiva Move Travel, parte dal Rajasthan con le meravigliose dimore dei Maharaja di Jaipur, Udaipur e Jodhpur; l’affascinante Agra con il Forte Rosso e il Taj Mahal, simbolo dell’India. Una delle sette meraviglie del mondo moderno e patrimonio dell’Unesco. Realizzato nel 1632 dall’imperatore Jahan per onorare la memoria della sua amatissima moglie, doveva essere il più singolare monumento mai costruito per una donna (e lo è ancora). I lavori di costruzione, durati diciassette anni, hanno richiesto l’impiego di oltre 20.000 operai e 1.000 elefanti. Il viaggio prosegue per la capitale, Delhi, impressionante metropoli cosmopolita dalle radici antiche e dallo sguardo al futuro dove si trova la moschea del Venerdì, la più grande di tutta l’India capace di ospitare fino a 20.000 fedeli. Oltre a Delhi non può mancare Varanasi, culla del misticismo indiano, città di Shiva, luogo magico dove i riti più intimi relativi alla vita e alla morte avvengono sotto gli occhi di tutti lungo i famosi ghat della città. I numerosi turisti che raggiungono Varanasi sono attratti proprio dal poter assistere alle pratiche rituali di un’antichissima tradizione religiosa. Sulle tipiche imbarcazioni in legno è possibile vedere i fedeli, all’alba, svolgere le abluzioni rituali di purificazione e, al tramonto, accendere le pire funebri, mentre le ceneri dei defunti vengono sparse sulle acque sacre.
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Il Muro di Giulietta Non siamo mai stati giusti l’uno per l’altra. Eppure quanto ho amato questo tuo non combaciarmi. (Serema)
Ti amo con tutta l’ampiezza possibile, lontano, mi dico, dai ti amo sperperati dagli altri. (Gio)
Li ripenso bambini, hanno il colore dell’Arcobaleno. (Mamy) Sei in tutte le parole che non ti dico. (Raffaele)
Ad un amico che sto per perdere. Sento che ormai è sfilacciato ogni nostro sorriso. La vita prende e allontana, eppure lei, sola, lo sapeva il perché, all’inizio. Quel motivo preciso che ci ha unito. (A te)
Che farsene di tutto questo amore accumulato ora che ne abbiamo detto la fine? Cosa fare di tutti questi baci sotto la pioggia, di queste promesse suggerite piano, appena c’era abbastanza buio per nascondere le paure dipinte in faccia? Vorrei sempre averti incontrato. Non dirò mai, anche se ho il cuore che è solo dolore, che avrei preferito non averti visto quella sera, in quel bar dove siamo cominciati. (Marta)
So che sei breve, so che io sono breve. So che il nostro tempo, comunque vada, è breve. Ma può essere - possiamo rivestirlo - di una profondità durevole, che taglia fuori ogni altra conclusione. (M.) Rendo onore a te che sei ciò che più ho amato. (A Giuseppina)
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La Toxoplasmosi è una malattia parassitaria che spesso, se contratta da donne in gravidanza, può avere risvolti molto gravi in termini di salute anche per il nascituro, (ad esempio, un alterato sviluppo del sistema nervoso centrale). È importante la prevenzione: bastano alcuni semplici accorgimenti per poter convivere tranquillamente con il proprio micio. A CURA DI INGRID SOMMACAMPAGNA
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ATTI, MAMME E BAMBINI. Spesso, si insidiano in noi paure derivanti dalla cattiva informazione o dai luoghi comuni, che ci portano a temere malattie trasmissibili anche solo sfiorando un animale. Una di queste è da sempre la Toxoplasmosi, un’infezione di origine parassitaria. Il Toxoplasma Gondii, ovvero il patogeno che ne è causa, si sviluppa nei tessuti muscolari, nervosi e intestinali del gatto, che può infettarsi ingerendo i veicoli del parassita come uccelli o ratti contagiati. Il gatto, che vive in un ambiente domestico e si alimenta soltanto con croccantini o cibi cotti, ha un rischio molto basso di espellere le oocisti infette con le feci. Il discorso cambia nel caso di un felino selvatico o un animale che, pur vivendo in casa, spesso fa delle incursioni in giardino. Il gatto, infatti, è l’unico ospite all’interno del quale il Toxoplasma si riproduce, e può essere infetto senza però sviluppare la malattia. La forma del parassita espulsa dal gatto con le feci può sopravvivere nel suolo anche per più di un anno. Non è un caso che tra le principali fonti di infezioni (che assumono contorni gravi per la donna incinta) ci siano ortaggi, frutta
fresca e verdure poco cotte ma anche carne di animali come polli e suini che possono essere stati a contatto diretto con il suolo contaminato. La malattia risulta pericolosa solo quando è contratta in gravidanza. Se una gestante viene infettata, può trasmettere il parassita al feto causandone lesioni gravi. Se il toxo-test della donna, nelle prime otto settimane di gravidanza, è positivo potrebbe essere malata oppure immune perché potrebbe avere già sviluppato in passato l’infezione senza saperlo (eventualità possibile visto che spesso la malattia risulta asintomatica). Le donne incinte sieronegative devono, invece, fare attenzione all'alimentazione e adottare alcune regole igieniche precise con il proprio gatto per evitare di venire a contatto con il parassita, ripetendo il toxo-test ogni mese e mezzo. Il problema della convivenza con il micio domestico è legato, quindi, solo alle sue feci. È consigliabile far pulire quotidianamente agli altri membri della famiglia la lettiera, usando sempre guanti usa e getta, e lavandosi le mani con sapone e acqua corrente. Il gatto non va fatto uscire e va nutrito con cibi secchi e ben cotti.■
BELLEZZA AL NATURALE L’olio di argan
Uno dei più pregiati oli di bellezza è certamente quello di argan, chiamato anche “oro del Marocco” perché è proprio in Nord Africa che cresce la pianta da cui è estratto, l’argania spinosa. L’olio di argan è uno dei prodotti da avere sempre a casa: le sue proprietà nell’ambito della bellezza sono infatti moltissime ed è un prodotto “jolly” che può rivelarsi utile per molti scopi diversi. Vediamone alcuni. Per il viso: L’olio di argan è ricco di acidi grassi e antiossidanti e per questo ha un’ottima capacità di contrastare l’invecchiamento della pelle. Applicare qualche goccia di quest’olio prima di andare a dormire, al posto della crema, è un vero e proprio trattamento di bellezza che dona elasticità e tono al viso. Inoltre, non unge e si assorbe molto rapidamente. Per il corpo: Sul corpo il potere elasticizzante dell’olio di argan è utilissimo per contrastare la comparsa di smagliature. Inoltre, in inverno, spalmarlo sul corpo permette di proteggere la pelle dal freddo e mantenerla idratata. L’idea in più? Farsi un bel bagno caldo con qualche goccia di olio di argan. L’effetto sarà quello di una pelle vellutata, a lungo. Per i capelli: L’olio di argan è perfetto anche per i capelli: qualche goccia dopo lo shampoo, sui capelli bagnati, contribuisce a dare alla chioma lucentezza e idratazione. Dopo la piega, invece, è possibile distribuirne una piccola quantità solo sulle lunghezze, per evitare le doppie punte.
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STORIE DI STORIA 71
LIBERAMENTE ROMANZATE
Quel calice a forma di teschio
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ad ordinare alla moglie Rosmunda di bere da un calice formato con il teschio di Cunimondo, re dei Gepidi. Un gesto elegante visto che Cunimondo era il padre di Rosmunda, sconfitto dallo stesso Alboino in battaglia cinque anni prima. Un evento crudele in un periodo del Medioevo che molti storici hanno ribattezzato con il termine di “secoli bui”. Un periodo di vendette, come la congiura della stessa Rosmunda che una notte vendicò l’offesa del calice legando la spada del re alla testata del letto e permettendo così all’assassino di entrare in camera per porre un giusto epilogo all’offesa ricevuta. Il re dei Longobardi provò a difendersi impugnando uno sgabello ma nulla poté contro la precisione della lama dell’assassino. Rosmunda riparò a Ravenna, sotto la protezione dell’Impero Bizantino. Vi trovò la morte, tragicamente, in perfetto stile medioevale, da secoli bui o da Games of Thrones, se preferite. ■
L 536 D.C. È STATO L’ANNO peggiore della storia. Recenti ricerche scientifiche affermano questo: da quell’anno, bisestile (ricordate il detto?), partì una crisi che durò un intero secolo, tra eruzioni vulcaniche, nebbie fitte, inverni lunghi diciotto mesi e la rifinitura finale di un’epidemia di peste bubbonica che, inesorabile, si abbatté sulle popolazioni già stremate da fame e carestie. Verona subì anch’essa l’insieme di questi eventi tragici e nel frattempo divenne la nuova capitale dell’impero Longobardo in Italia. Infatti, nel 568 d.C., re Alboino discese in Italia soffiando ai bizantini l’intero settentrione. Memorie della dominazione Longobarda sono presenti un po’ ovunque nella nostra città ma quella più importante, tanto da trasformarsi in leggenda, riguarda il famoso calice di Alboino. Era il 572 d.C. e durante un banchetto il re dei Longobardi aveva alzato decisamente il gomito. La sua crudeltà lo portò
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CONSIGLI E RIFLESSIONI 72
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IL CASO DIAMANTI. PARTE SECONDA A distanza di un anno dallo scoppio dello scandalo, torniamo a parlare del caso diamanti. La vicenda ha interessato sino ad oggi decine di milioni di euro di risparmi dei cittadini veronesi. E adesso c’è un’importante novità.
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NNANZITUTTO VALE LA PENA riassumere a grandi linee il caso diamanti, di cui abbiamo parlato un anno fa nel n. 86 di Pantheon. A novembre del 2017, dopo una lunga e accurata istruttoria, l’Autorità Garante della Concorrenza del Mercato sanzionava due società che trattavano diamanti (IDB-Intermarket Diamond Business e DPI-Diamond Private Investment) e quattro banche che si occupavano della vendita dei preziosi (Banco BPM, Unicredit, Intesa San Paolo e MPS). L’investimento in diamanti veniva caldeggiato dai referenti finanziari delle banche e presentato come un investimento privo di rischi e molto vantaggioso. I rendimenti prospettati tramite grafici di confronto con titoli di stato ed inflazione promettevano un incremento di capitale irresistibile. Peccato però che fosse tutto rappresentato in modo ingannevole: il rendimento di volta in volta comunicato, le quotazioni pubblicate sul Sole24Ore, il valore attribuito al diamante al momento dell’acquisto. Tali informazioni venivano autonomamente determinate dalle due società diamantifere per poi essere riportate e pubblicizzate dalle banche ai clienti come dati di mercato. Il risultato? Migliaia di risparmiatori sono proprietari di diamanti che, in media, valgono un terzo del prezzo pagato e che non si possono liquidare. Indubbiamente una situazione molto delicata che è stata gestita in modo differente dalle banche responsabili. Infatti, a seguito dell'intervento di Adiconsum Verona – che ad oggi tutela più di 400 posizioni per un montante complessivo superiore ai 12 milioni di euro – solo il Banco BPM (ex Banco Popolare) si rifiuta di restituire integralmente ai propri clienti il capitale investito. Per molti mesi l’ex salvadanaio cittadino si è trincerato dietro il ricorso presentato al TAR contro il provvedi-
mento dell’Antitrust, sostenendo che la responsabilità doveva essere attribuita solo alla Intermarket Diamond Business. Ma ecco la novità. Il TAR del Lazio con sentenza n. 10967 del 14 novembre 2018 ha respinto il ricorso della Banca e ha ribadito quanto rilevato dall’Autorità Garante: il Banco BPM ha avuto un ruolo attivo e determinante nella vicenda e deve ritenersi responsabile al pari di IDB. Un rimarchevole punto in più a favore dell’azione di tutela dei veronesi incappati in questo inganno che vedono ulteriormente legittimate le loro richieste di risarcimento. L’ultimo dato importante. Dagli incontri informativi organizzati da Adiconsum Verona sul territorio è risultato che, purtroppo, siano ancora molti i concittadini non consapevoli di quanto accaduto con i diamanti da investimento. Se nel vostro portafoglio finanziario avete queste pietre preziose, dunque, non esitate a presentare un reclamo alla vostra banca o a rivolgervi ad un’associazione consumatori. Per maggiori informazioni www.adiconsumverona.it
A cura di Carlo
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IL NOSTRO CALENDARIO a cura di Paola Spolon
DUELLI - Andrea Bocconi Luogo: Verona Ora: 21.00
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GOOD LUCK ALGERIA Luogo: Vestanova Ora: 20.45 IL GGG: IL GRANDE GIGANTE GENTILE Luogo: Modus Ora: 15.30 THE LUCKY SPECIALS Luogo: Monteforte Ora: 20.45 WATATU Luogo: Montecchia di Crosara Ora: 20.45 HOBBY HORSE Luogo: Al Bacaro Ora: 21.30 35° RASSEGNA INTERNAZIONALE PRESEPIO Luogo: Arena di Verona Ora: tutto il giorno
MARCIA DEL GIOCATTOLO Luogo: Piazza Bra Ora: 09.00 SPETTROSCOPIO Luogo: Museo Storia Naturale Ora: 14.30 RECRUITING FOR JIHAD Luogo: Mondovisioni Verona Ora: 20.00 LA VESPA A VERONA Luogo: Ordine degli Ingeneri Ora: tutto il giorno ASPETTANDO SANTA LUCIA Luogo: Modus Ora: 16.00
STEFANO BOLLANI Luogo: Teatro Filarmonico Ora: 21.00
Da 19 a 24 DICEMBRE
Rispolvera lo stupore: e il giorno giusto ’
Da 13 a 18 DICEMBRE
Da 1 a 6 DICEMBRE
gli eventi di Dicembre-Gennaio, secondo noi
BLOOD SIMPLE - J. Coen Luogo: Cinema Alcione Ora: 21.00 PITTORI SI DIVENTA Luogo: Museo Castelvecchio Ora: 16.00 IL PONTE DEI COLORI Luogo: Fucina Culturale Machiavelli Ora: 16.30 THE HARLEM SPIRIT OF GOSPEL CHOIR Luogo: Teatro Nuovo Ora: 21.00 UN FANTASTICO AUTUNNO IN GALLERIA! Luogo: Palazzo della Ragione Ora: 10.30
FESTA DI NATALE VERONA NETWORK Luogo: Villa Arvedi Ora: 20.00 E INTANTI GIRAVA IL BLUES Luogo: Teatro Satiro Off Ora: 21.00 A CHRISTMAS CAROL Luogo: Teatro Nuovo Ora: 21.00 DISEGNARE CON GLI mBOT Luogo: Museo Storia Naturale Ora: 16.30 MERCATINI DI NATALE Luogo: Verona Ora: tutto il giorno
legenda MOSTRE/ARTE
CINEMA
LIBRI
MUSEO
SPORT
INCONTRI
Buon Natale!
SCOTT HAMILTON Luogo: Al Bacaro Ora: 21.30 SHAKESPEARE INTERACTIVE MUSEUM Luogo: Shakespeare Interactive Museum Ora: 14.00 THE BASTARD SONS OF DIONISO Luogo: Bar The Brothers Ora: 22.30 UN FANTASTICO AUTUNNO IN GALLERIA! Luogo: Palazzo della Ragione Ora: 16.00
MISS MARPLE - GIOCHI DI PRESTIGIO Luogo: Teatro Nuovo Ora: 21.00 INCONTRI BALFOLK Luogo: Verona Ora: 21.15 L’ARTE A VERONA Luogo: Palazzo Forti Ora: tutto il giorno L’UOMO CHE PIANTAVA GLI ALBERI Luogo: Modus Ora: 21.15
SOTTO IL CIELO DELL’AUSTRALIA - Mauro Buffa Luogo: Museo Africano Ora: 20.30 CHIARA GIACOBBE - Chamber Folk Band Luogo: Cohen Verona Ora: 21.00 A SBAGLIARE LE STORIE Luogo: Fucina Culturale Machiavelli Ora: 16.30
Ricomincia a fidarti delle persone, ricomincia a fidarti di una carezza. CON TUTTO IL CUORE Luogo: Teatro Nuovo Ora: 21.00 ELENA BRUK Luogo: Teatro Blu - Borgo Roma Ora: 20.30
FIERA
DANZA
MUSICA
Da 12 a 17 GENNAIO
LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA - Vasco Brondi Luogo: Teatro Filarmonico Ora: 20.00
Da 25 a 30 GENNAIO
Da 18 a 24 GENNAIO
Da 6 a 11 GENNAIO
Buona Befana!
AMORE
Buon 2019! Rifonda il tuo sguardo, commuoviti. Perche anche cosi si salva il mondo. ’
IL CIRCO DI SHAKESPEARE Luogo: Teatro Satiro Off Ora: 19.00
San Silvestro
’
Da 31 a 5 GENNAIO
Da 25 a 30 DICEMBRE
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APERITIVO IN INGLESE Luogo: Bar Fuoricorso Ora: 16.00 TINTORETTO Luogo: ARTantide.com Art Gallery Ora: tutto il giorno BRUNCH’N’JAZZ Luogo: Al Bacaro Ora: 11.30
ALBAN FÙAM Luogo: Bar The Brothers Ora: 22.30 LE PARTITURE PARLANTI - 1° appuntamento Luogo: Fucina Culturale Machiavelli Ora: 18.00
Prenditi del piccolo, veloce tempo per guardarti rif lesso in una vetrina e per smetterla segretamente di disprezzarti. NEL NOSTRO PICCOLO Luogo: Teatro Salieri Ora: 20.45 CIVICA POP STORY Luogo: Biblioteca Civica Ora: 19.30 MOTOR BIKE Luogo: Veronafiere Ora: tutto il giorno
IN YOUR FACE Luogo: Fucina Culturale Machiavelli Ora: 21.00 GHETTO KLEZMORIM Luogo: DIM Teatro Castelnuovo del Garda Ora: 21.00 LE PARTITURE PARLANTI - 2° appuntamento Luogo: Fucina Culturale Machiavelli Ora: 18.00 JANOSKA STYLE Luogo: Teatro Ristori Ora: 19.00 LA PAZZA GIOIA Luogo: Modus Ora: 20.30 LA NOTTE POCO PRIMA DELLE FORESTE Luogo: Teatro Nuovo Ora: 20.40
CARNEVALE
TEATRO
in cucina con Nicole
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Cucinare è amore che si può assaggiare a cura di NICOLE SCEVAROLI
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RISOTTO ALLA ZUCCA ARROSTO, CANNELLA E PARMIGIANO Un'idea semplice, dal profumo speciale! Ingredienti (per 4 persone)
• Mezza zucca verde, tagliata a fette • Una cipolla gialla, tagliata a spicchi • 200g riso carnaroli • 2 litri brodo vegetale, circa • 1 bicchiere di vino bianco • Cannella in polvere, parmigiano • 2 cucchiai di burro Fate cuocere zucca e cipolla in forno per 20 minuti, poi frullatele. In un tegame dai bordi alti tostate il riso, sfumate con il vino, poi versate mezzo litro di brodo bollente e le verdure frullate. Aggiungete ancora brodo quando si asciuga. Dopo circa 15 minuti il chicco è “al dente”, unite parmigiano e burro, mescolate, spegnete il fuoco e mettete il coperchio al tegame. Trascorsi 5 minuti potrete servire il risotto con una spolverata di cannella.
PANETTONCINI HOME MADE Ingredienti • 15g lievito di birra fresco (poco più metà cubetto) • 180g latte tiepido • 100g zucchero, 1 chucchiaino di miele • 2 uova + 1 tuorlo (per spennellare) • 250g farina manitoba • 80g farina 00 • 80g burro, a temperatura ambiente • 5g sale, aroma vaniglia • 1 arancia, 1 limone • Uvetta ammollata, canditi • Forme di carta
Una piccola dritta nutrizionale:
Sciogliete il lievito nel latte con zucchero e miele. Unite
Per non esagerare durante le feste, controllate gli zucche-
uova, vaniglia, buccia di arancia e limone grattugiata;
ri! Ad esempio, se volete mangiare il dolce, evitate di ag-
poi farine, burro e sale. Lavorate l'impasto per 15 minu-
giungere pasta, riso, pane, patate o polenta. Al pranzo di
ti unendo uvetta e canditi. Fate riposare per 30 minuti.
Natale, invece, dove è difficile rinunciare ad una portata,
Riempite le formine di carta con 100g impasto. Fate lie-
dimezzate le quantità, così da arrivare a fine pasto non
vitare 2 ore, spennellate con il tuorlo ed infornate. 190
troppo appesantiti.
gradi per 20 minuti.
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L'OROSCOPO ALLA NOSTRA MANIERA
21 MARZO - 20 APRILE
21 APRILE - 20 MAGGIO
21 MAGGIO - 21 GIUGNO
22 GIUGNO - 22 LUGLIO
Una sonda è appena atterrata su Marte, il momento in cui ci sposteremo su un altro mondo è vicino. Abbandonare la terra sarà la cosa più sconvolgente mai successa all’umanità. Nel momento in cui anche voi lascerete qualche “suolo” portante delle vostre vite, dovrete decidere se guardare indietro con nostalgia, sentendovi il cuore impazzire, oppure scegliere la strada opposta. E cioè, imparare a modulare lo sguardo su nuovi mondi inesplorati, consapevoli che potrete arricchirli e arricchirvi.
Le avanguardie tecnologiche stanno cercando il modo di farci vivere per sempre, spostando la coscienza in un PC, inserendo microchip sottopelle, ibernando le persone. Cosa prendereste della vostra vita e, con una tecnologia potentissima, portereste nell’eternità? Vi invito fortemente a pensarci e, se quest’eternità è una persona, raccontarglielo facendola arrossire. Senza questi momenti sarebbe inutile vivere per sempre.
In Cina hanno annunciato che a breve nascerà il primo bambino geneticamente modificato, a cui sono stati tolti dei geni per prevenire sicure malattie. Al di là del giudizio morale, sento che è tutta la vita che vi siete manipolati il genoma emotivo convincendovi di essere fatti in un certo modo e di non poter cambiare. I momenti più belli della vostra vita sono stati quando avete stravolto queste condizioni, pensateci. Almeno per la fine dell’anno.
Abbiamo il profilo Facebook, il profilo Instagram, il curriculum vitae, le pagelle, i referti medici, i nostri album fotografici, i diari. Viviamo la nostra vita costellati di profili, e più ne abbiamo meno ci sembra di riuscire a cogliere chi siamo veramente. E no, non siamo nemmeno quello che ci raccontiamo di noi e pensiamo, nel nostro intimo, di essere. Vi siete mai chiesti, però se questo sia un problema reale? Il vostro vero traguardo sarà scogliere le briglie del controllo di chi siete e pensare di più a chi siano gli altri, per voi.
23 LUGLIO - 23 AGOSTO
24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE
23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE
23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE
Vi piacciono le serie tv? Avete notato che non finiscono mai? Ci saranno sempre altre stagioni di questa o quella serie, altre puntate, altri spin-off. Le storie che ci appassionano hanno seguiti infiniti. Questo periodo dell’anno è invece il momento di lasciarsi alle spalle tutte quelle situazioni e paure che, ricorsivamente, tornano a farvi del male. Prendete il tempo della pausa dal lavoro per migliorarne i rapporti e i loro svolgimenti.
Le paure degli adulti sono paure piccole, abbiamo paura di non avere un buon lavoro, paura di non essere accettati dagli altri, paura di trovare traffico, paura di perdere il treno. Le paure dei bambini sono mastodontiche, hanno paura di mostri e fantasmi che fanno passare loro le notti svegli. Da adulti accantoniamo questi timori “alti”, che continuano però a vivere dentro di noi. Cercate di tornare bambini, uscite un momento dalla quotidianità di stress e micro ansie, affrontate le vostre paure e i vostri entusiasmi più grandi.
Si avvicina la fine dell'anno e il momento in cui tirare le somme di tutte le promesse che vi siete fatti l'anno scorso. Siete più gentili con gli altri? Avete migliorato quel particolare aspetto del vostro carattere? Provate a ricordare quanto vi eravate prefissati di portare a termine e recuperare nel vostro piccolo, in un mese, l'attenzione per voi stessi che vi eravate ripromessi.
Da un po’ vivo lontano da Verona, mi sto accorgendo della lontananza perché ogni volta che torno rimango positivamente sorpreso dell’accento e delle inflessioni della parlata. Mentre vivevo qui mi sembrava tutto normale, ho dovuto invece allontanarmi per accorgermene. Ci sono problemi che non potete affrontare immergendovi in essi, provate a prenderne le distanze, non per pigrizia ma per tensione progettuale. Inizierete a notare quei dettagli indispensabili che rischiavano di rimanere indissolubilmente sopiti.
23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE
SAGITTARIO
22 DICEMBRE - 20 GENNAIO
CAPRICORNO
21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO
20 FEBBRAIO - 20 MARZO
Avete troppe volte rimandato i sogni e le gioie. Iniziate una buona abitudine: immaginate la vostra giornata ideale, segnate una lista delle cose che vorreste accadessero e cercate di realizzarne almeno due, ogni giorno. Non potete controllare la perfezione, ma tenderne attivamente sì. Fate lo stesso per i viaggi, le cene e tutte le cose belle del mondo.
Vivete la vita assaliti da proposte di corsi di Yoga, di diete vegane, di pratiche orientali per stare bene e viver meglio, e dall’altra parte siete bloccati dalla banalità di chi considera queste proposte delle fandonie da fricchettoni e da truffatori mangiasoldi. Vivete nell’epoca delle idee più strambe e delle più forti forze reazionarie che vi vorrebbero a vivere come cent’anni fa. La verità forse siete voi, che state nel mezzo, provate a dare credito ai vari mondi che vi si propongono, forse, tutte stramberie non sono. Forse, la svolta della vita è dietro l’angolo.
Fra poco più di 50 anni il mondo non sarà più come lo conosciamo, molte terre saranno sommerse e molte zone del mondo diventeranno desertiche. Il cambiamento è irreversibile e già in atto. Questa tragedia è un buon allenamento: ogni volta che vi siete scontrati con le scelte irreversibili di qualcun altro siete stati male tentando di arginare e porre rimedio all’inevitabile. Esercitatevi ad essere “rinnovabili”, ne guadagnerete in salute voi e tutto il vostro ecosistema.
L’amore non esiste. Questo è chiaro a tutti. Piccole particelle si incastrano in un certo modo, e assecondate dalla nostra necessità di essere compresi e protetti, creano quella cosa che ci fa avere comportamenti strani e vedere il mondo tutto colorato. Il punto però non è se l’amore esista o meno, il punto è che voi, malgrado tutto, continuate ad esser vittima di quell’incantesimo. Smettetela di far strage delle illusioni paralizzandovi la vita. Che siano verità o meno, voi le sentite. E basta questo a renderle reali.
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