Ma quanto pesa la felicità? - Estratto

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È deprimente pesare centoventi chili. È frustrante avere una madre che te lo rinfaccia di continuo. È umiliante avere dei compagni che ti ignorano per questo.

Ma non finisce qui. Altri problemi si abbattono su Nina, tra cui una dura imposizione materna da evitare a ogni costo, e un cambiamento inaspettato in classe da imparare a gestire.

Per farcela, non basta più avere il nonno come supporto. Ora sarà lei a mettere in campo tutte le sue risorse, anche quelle che non sa di avere e che le apriranno il mondo dei social.

La sua vita dipende sempre più dalle scelte che farà. Per arrivare a scoprire quanto pesa la felicità.

Ma quanto pesa la felicità?

MA QUANTO PESA LA FELICITÀ?

Salvo Rinaudo

Referenze per immagini dei testi delle canzoni: © Damir Khabirov / Shutterstock (sfondo); © maritime_m / S hutterstock (libellula, anche nella retropertina)

PAOLINE Editoriale Libri

© F IGLIE DI SAN PAOLO, 2023

Via Francesco Albani, 21 - 20149 Milano

www.paoline.it • www.paolinestore.it

edlibri.mi@paoline.it

Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l.

Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (MI)

ISBN 978-88-315-5555-5

Il primo uomo sulla Luna

Oggi è il 14 luglio. Dovrebbe essere il giorno più bello della mia vita, la scuola è finita da un po’ ed è pure il mio compleanno: quindici anni. In un mondo perfetto dovrei essere in spiaggia con le mie amiche a festeggiare. Ma la spiaggia è lontana e non ho amiche, e questo è un problema.

Inoltre sono nella sala d’attesa del dottor Bonacelli, il chirurgo più famoso della città, che si occupa di obesità, perché mia madre dice che sono arrivata a un punto di non ritorno e se continuo a mangiare così, dovrà trovarsi un secondo lavoro solo per fare la spesa.

Il dottore vuole centoventi euro per la visita e quindi non avrò nemmeno un regalo, perché – dice sempre mia madre – sono in questa condizione per colpa mia e la visita dovrei pagarmela da sola.

Ho provato mille diete e poi non ce la faccio a finirle. Io le diete le comincio ma, a un certo punto, vengo presa da un morso che non è fame, almeno non soltanto. È una specie di strega secca

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secca, vestita di viola, con gli occhi blu, che mi convince che è tutto inutile e non ce la farò mai. Allora l’unico modo di cacciarla via è riempirmi la pancia con qualcosa di dolce.

Di solito mia madre lo scopre e ci litigo (cioè lei urla e io abbasso gli occhi), poi diventa anche lei una strega secca secca, viola, con gli occhi blu. Ma anche quando lei esce dalla mia stanza, la strega continua a stare lì, a muoversi fra le mie cose prendendomi in giro. In quel caso l’unico modo di cacciarla è mangiare qualcosa di salato, quindi ricado nel vortice del cibo e addio dieta.

Questa volta però mia madre fa sul serio. Dice che questo dottore è uno che risolve problemi. Anche operando, se necessario.

L’attesa è noiosa, siamo arrivate in anticipo e io non so che fare.

Accanto a me c’è un ragazzino che peserà cento chili e forse non ha nemmeno undici anni. Secondo me si chiama Carlo, ma forse i suoi compagni lo chiamano Ciccio. Riesco a intuire che è bello, ma ha la faccia sformata dal grasso. Chissà se la gente pensa le stesse cose quando mi guarda.

Non uscivo di casa dal 9 giugno, l’ultimo giorno di scuola, perché mia madre mi obbliga ad andare fino all’ultimo. Poi mi sono chiusa dentro. Non esco molto d’inverno quando sono tutta coperta,

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figuriamoci d’estate. E pensare che mi piace molto passeggiare, ma lo faccio solo quando sono abbastanza certa di non incontrare nessuno.

Le mie compagne vanno in giro con le canotte e le minigonne e pubblicano le loro foto in bikini striminziti. Io non l’ho mai indossato, un bikini. Eppure mi piacerebbe. Sento che lo porterei bene, con classe, senza volgarità, e potrei essere un riferimento di stile per tante ragazze, ma secondo il gusto comune la tripla XL non lascerà mai un segno nel mondo dell’alta moda.

Quando poco fa sono uscita, ho trovato diversa la città: senza traffico e con tanti turisti. Sono belli i turisti, spensierati e pieni di vita da spendere, come i soldi che hanno in tasca. Mangiano, sorridono e scattano foto, camminano a piedi e si fermano sulle panchine a riposare, poi vanno in albergo a fare la doccia ed escono di nuovo per la cena. Io non riuscirei a camminare per tutto quel tempo, ma vorrei capire cosa si prova a essere una turista.

Questo continuo «vorrei ma non posso»

è frustrante e mi fa venire voglia di una fetta di torta.

Il ragazzino è entrato dopo che dallo studio del dottore è uscita una signora molto bella, un po’ paffuta ma bella. Io, se fossi al suo posto, sarei contenta così. Non mi pare molto grassa. Poi

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ad attenderla in sala d’attesa c’è un ragazzo dalla faccia comica che le ha sorriso, forse è suo figlio, anzi sicuramente lo è. Da quel sorriso ho capito che le vuole bene, quindi lei potrebbe essere contenta di quello che ha, visto che la situazione non mi pare così grave. Invece chissà cosa insegue… Magari perdere quei pochi chili l’aiuterà a cacciare via la sua strega personale.

Intanto il ragazzino che è dentro ha iniziato a piangere, si sente da qui. Ho sentito dire che questo dottore spesso fa piangere i pazienti. Deve essere un suo metodo per cominciare a far perdere i liquidi, sicuramente farà parte della dieta.

Il tavolino della sala d’attesa è pieno di riviste di modelle, belle e magre. C’è cattiveria nel metterle proprio lì. È come mettere le foto dei calciatori in un negozio di sedie a rotelle. E poi io non vorrei essere come loro, mi basterebbe restare così come sono, vorrei semplicemente non essere presa in giro e avere il coraggio di vivere normalmente, come i miei coetanei. Ma se avessi questo coraggio, probabilmente troverei anche la forza per dimagrire.

Finalmente entriamo. Mia madre mi guarda e non dice nulla, ma dallo sguardo si capisce che è contenta che incontri qualcuno che smonterà la mia autostima come una costruzione di Lego. La sua frase preferita è: «Te l’avevo detto».

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E questa sarà un’occasione unica per ripetermela.

Il dottore è anziano, avrà cinquant’anni. È basso e calvo, quindi ha già i suoi problemi. Come può risolvere i miei? Vorrei dirglielo, ma ho promesso a mia madre che sarò educata, perciò mi limito a rispondere con monosillabi essenziali.

«Prego, sali sulla bilancia», mi dice a un certo punto.

Il mio passo è pesante, ovviamente lo è, ma sento che è pesante soprattutto emotivamente.

Il piede si stacca dal parquet chiaro dello studio e prima di toccare il vetro della bilancia ipermoderna ci mette un’eternità. Mi sento come il primo uomo sulla Luna, che muoveva passi lentissimi. Anch’io sento che questo è un piccolo passo per una ragazza e un grande passo per la dietologia mondiale. Il grande caso da risolvere. Adesso entrambi i piedi sono sulla pedana e mi piacerebbe avere un atteggiamento sfrontato, perché in realtà so già come stanno le cose, quindi sarebbe meglio attaccare che difendersi, ma vedo la mamma sbiancare. Non credo che esista alcun popolo sul pianeta Terra per cui sbiancare sia sinonimo di una bella cosa. Ma io non sono sul pianeta Terra, io sto mettendo il primo piede umano sulla Luna e lì cambia tutto per forza. Si dice bianca come la luna, perciò lì, magari, sbiancare

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potrebbe significare qualcosa da festeggiare.

Mi carico di forza positiva e abbasso lo sguardo a occhi chiusi, poi li apro: centoventi chili. Per un metro e cinquantacinque di altezza. Ovviamente la mamma non aveva niente da festeggiare e ha confermato che sbiancare non vuol dire niente di buono. Inutile è la luna e inutili tutte le poesie che ispira.

Diagnosi: obesità grave di terzo grado.

La mamma ha pagato centoventi euro, praticamente un euro al chilo. Non è male, il maiale costa molto di più.

Le lacrime, in silenzio, mi bagnano le dita dei piedi e mi accorgo che lo smalto rosa è rovinato. Nell’ultimo mese sono ingrassata ancora di più e faccio fatica ad abbassarmi e arrivare fino a lì. E poi a che serve essere curata? Faccio fatica anche a lavarmi perché entro a malapena nella doccia.

Ora mi sento dentro una nuvola. Vedo tutto bianco intorno a me, c’è soltanto la strega secca secca e viola che, con gli occhi blu spalancati, apre la bocca e ride.

Sento un rumore che mi sveglia e mi riporta alla realtà, è il rumore del mio singhiozzare. La strega viola diventa mia madre, che però non ride. Ha le mani sugli occhi e piange anche lei.

Il dottore, invece, non piange. Sa che per

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dimagrire dovrò fare tante di quelle sedute che si potrà permettere di comprare un parrucchino, anzi quattro (uno per ogni stagione) e risolvere il suo problema. Ha un sorriso dispettoso e compiaciuto, come tutte le mie compagne di scuola.

Dopo aver ascoltato la mia storia, ovviamente raccontata da mia madre, dice che l’unica soluzione per me è l’operazione bariatrica, che vuol dire che devono rimpicciolirmi lo stomaco. Lo dice senza alzare gli occhi dal foglio su cui scrive le richieste per gli esami. Poi alza lo sguardo e sentenzia:

«Sono obbligatori per cominciare il percorso verso l’intervento», senza nemmeno chiedermi che ne penso e senza nemmeno chiederlo alla mamma. Sicuramente ne avranno già parlato prima al telefono.

Mentre il dottore passa i fogli alla mamma, io non riesco a leggere tutto, non perché sia distante, ma perché il dottore ha una grafia più incomprensibile di un cinese che scrive al buio. Riesco a decifrare solo le parole ecg, che credo sia l’elettrocardiogramma, e rx con uno sgorbio accanto, che credo sia «torace». r x dovrebbe essere la sigla di radiografia, perché una volta ce ne ha parlato la prof di educazione fisica.

Poi aggiunge un altro foglio.

«Anche l’endoscopia?», gli chiede la mamma

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un po’ preoccupata. Poi prova a tranquillizzarmi con lo sguardo.

Io non ho il coraggio di chiedere informazioni, ma capisco che non deve essere una bella cosa.

«Per il momento questi e gli esami del sangue», risponde il dottore. «Se noteremo elementi d’allarme, procederemo con ulteriori esami di approfondimento».

Mia madre si ricompone e mi guarda con la stessa severità che ha quando mi scopre a mangiare la Nutella con il dito. Ma stavolta quello sguardo rimprovera tutte quelle volte e tutte quelle Nutelle.

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Un elefante al circo

Acasa ho trovato il nonno. Lui è la mia aria condizionata. E sa da solo quando accendersi. Mi rinfresca quando mi manca il respiro e mi riscalda quando il freddo si impossessa di me fino a ghiacciarmi il cuore. Meno male che c’è lui.

È il papà della mamma, ma sono completamente diversi.

È rimasto vedovo molto giovane, quando la mamma era piccola, e non si è più risposato. Mi parla sempre di mia nonna. Io mi chiamo Nina come lei. Mi racconta sempre di quanto lei avrebbe voluto una nipotina con il suo nome e infatti mi hanno chiamata così. A me non piace il mio nome e lui lo sa. Una volta gliel’ho detto e ci è rimasto male.

Adesso è in pensione, ma per tutta la vita ha suonato la tromba nella banda dell’esercito.

Avrebbe voluto fare il jazzista, ma si è accontentato perché dice che fare la vita del musicista con una bimba piccola era impossibile.

Quando la nonna morì, lui era militare di leva, che

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è una cosa che si doveva fare per forza, e accettò di restare nella banda dell’esercito: almeno avrebbe avuto un lavoro sicuro. Così andarono avanti.

La mamma è cresciuta da sola con il nonno, che è la bontà in persona, quindi non capirò mai come sia venuta su così permalosa e aggressiva.

La nonna è morta molto giovane per una malattia che non ho mai capito bene quale fosse, ma ha a che fare con i polmoni. La mamma dice che ormai non si muore più per quella malattia e che la nonna è stata una delle ultime vittime. La solita botta di fortuna.

Magari se non fosse stata orfana sarebbe cresciuta più docile.

La nonna faceva la maestra e a me sarebbe stata tanto utile.

Mia madre era una bambina tranquilla, ma quando se ne andò via la nonna cambiò completamente carattere e diventò scontrosa e impertinente, praticamente com’è adesso.

Poi si fidanzò, secondo me inspiegabilmente, con un ragazzo che le aveva promesso amore eterno, restò incinta e sono nata io. Dopo un po’ – mi disse il nonno – il mio papà era diventato un angelo.

E io questa cosa non la capivo perché pensavo che fosse stata una sua decisione e pensavo fosse colpa mia, perché magari non dormivo la notte

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e lo innervosivo. Poi ho capito e adesso non ce l’ho con lui.

La mamma all’inizio voleva abbandonare gli studi e trovarsi un lavoro qualunque, ma il nonno la convinse a continuarli e le promise che si sarebbe preso lui cura di me. In effetti fu di parola.

Nonostante il grande aiuto del nonno, la mamma si stressò da morire, ma si laureò e fece subito una brillante carriera da avvocato. Secondo me vince tutte le cause perché i giudici hanno paura di lei. E purché lasci l’aula in fretta, le danno sempre ragione. Per questo motivo ha un sacco di clienti ed è sempre in studio.

Mio nonno è fiero di lei e da questo punto di vista anch’io.

Se non avesse un carattere bello quanto un mal di denti, sarebbe la mamma perfetta.

È stato il nonno a darmi lezioni di pianoforte quando ero piccola.

Mi piaceva suonare il pianoforte e prima lo studiavo a scuola, ma mi prendevano in giro per le dita cicciottelle, quindi ho continuato a suonare con lui a casa. Non sono brava, ma quelle poche cose che so fare mi danno un po’ di felicità.

Il nonno dice che tutti ci meritiamo un po’ di felicità e quando arriva non dobbiamo

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vergognarcene. Lui ride spesso perché dice che ha pianto tanto e piangere non lo ha portato a niente, quindi, visto che le cose non cambiano, tanto vale ridere.

Ha inventato «i cinque minuti di comicità», che è un momento che noi due ci ricaviamo ogni giorno. In pratica abbiamo fatto una lista di tutti i video comici più belli che ci sono su internet e ne guardiamo uno al giorno, perché lui dice che bisogna ridere almeno una volta al giorno, anche se è successa una tragedia.

I nostri gusti non sempre coincidono, però seguendo il nonno ho imparato ad amare Charlie Chaplin, Stanlio e Ollio, Jerry Lewis, Franco e Ciccio, Totò, Alberto Sordi e tanti altri.

Quando non può venire a casa mia, mi manda un video del genere in chat, lo guardiamo e poi ci scambiamo la faccina che ride con le lacrime. Effettivamente, subito dopo, sto meglio.

Ogni tanto anche il nonno cerca di dirmi che devo dimagrire e che, se solo capissi quanto sono bella e quante cose potrei fare, riuscirei da sola a trovare la forza per farle.

Ma oggi, dopo la visita dal chirurgo, non avevo voglia di parlare con nessuno e mi sono chiusa nella mia stanza a piangere.

Da qui li sentivo parlare.

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Il nonno non è d’accordo con la mamma che vuole autorizzare l’operazione chirurgica, perché dice che è pericolosa e che sono ancora una bambina. Ma la mamma dice che è necessaria perché non riesco mai a portare a termine una dieta.

Il nonno risponde che se solo avessi un po’ d’amore in più, troverei la forza per dimagrire; io invece penso che se solo avessi la forza per dimagrire, troverei un po’ d’amore in più.

Poi sento la mamma che gli fa leggere le analisi, dice che l’organismo è tutto sballato, che ho la pressione alta, la glicemia alle stelle e il fegato così pieno di grasso da non funzionare bene. Il nonno, non sapendo più che dire, tira fuori il solito argomento: la mamma è troppo assente.

A quel punto lei di solito urla. E puntualmente lo fa anche stavolta. Non sopporta quando il nonno le dà la colpa del mio malessere. Poi dice che io non ho bisogno di niente perché non mi manca niente. Sono come un elefante ingordo che sente solo le legnate; e quelle ci vorrebbero, per farmi dimagrire. E se non ce la faccio da sola servirebbe il macellaio per farmi a fette e dovrei pure essere contenta perché sarebbe per il mio bene. Il nonno a quel punto urla più di lei.

Io alzo il volume della radio perché non mi sentano piangere.

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Ci manca solo che la mamma si accorga che un elefante piange, allora sì che mi

luglio Chat con Mamma Io Mamma, sei più intelligente di me. Hai una velocità di pensiero che spettina. Ammetti che siamo diverse. Tu sei magra e intelligente. Ammetti che tua figlia è grassa e normale.

mia figlia fosse
non sarebbe grassa.
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manda al circo. 14
16:05
Mamma Se
normale
16:07

Una torta di nascosto

La mamma aveva comprato una torta per il mio compleanno, ma non l’abbiamo mangiata. Lei era troppo arrabbiata con me. Io la volevo, ma visto che il motivo di tutto è proprio il mio peso non me la sentivo di chiederla. Ho pensato di mangiarla di nascosto, magari di notte, ma lo avrebbe visto e sarebbe scoppiato ancora un inferno. Sarei stata capace di mangiarla tutta da sola. Ho pure immaginato di farlo. Andavo nella stanza della mamma per vedere se dormiva, poi socchiudevo la sua porta e andavo in cucina, senza accendere la luce. Aprivo il frigorifero e prendevo la torta. La scartavo cercando di non fare troppo rumore, buttavo via le candeline e con un cucchiaio cominciavo a divorarla più in fretta che potevo.

Prima sentivo la cremosità della panna che mi calmava i nervi, poi arrivavano le fragoline ad accarezzarmi dolcemente la guancia, poi il pandispagna mi asciugava le lacrime, infine la crema pasticciera mi dava un bacio sulla fronte.

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Così tutto era passato e sorridevo. Intanto

la torta era finita e dovevo nascondere il misfatto, ma in quel momento mi giravo e dietro di me c’era mia madre che urlava come un’ambulanza. Nella mia testa urlava così forte che per un attimo ho creduto di essere davvero in cucina con la torta in mano, invece per fortuna ero ancora da sola nella mia stanza.

Il vuoto che avevo nello stomaco era davvero troppo forte, quindi decisi di ricorrere alla mia scorta segreta, che praticamente è un ripiano in fondo all’armadio che copro con le scatole delle scarpe.

È sempre piena, ci spendo tutta la paghetta. Ci sono merendine di tutti i tipi, cracker, grissini e patatine di ogni gusto. Di giorno alzo il volume della musica per evitare che la mamma mi senta masticare. La notte, invece, devo fare molta attenzione. Mi infilo dentro l’armadio, faccio una trincea di cuscini e mi metto una coperta addosso, mastico molto lentamente per limitare il rumore, poi metto tutte le carte nello zaino e l’indomani le butto fuori casa. Finora non mi ha mai scoperto o almeno non mi ha mai detto nulla, ma sono sicura che lo sa e alla prima occasione verrà fuori.

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14 luglio

Chat con Mamma

Mamma

Sta per finire il giorno del tuo compleanno e io non ti ho ancora fatto gli auguri. Per tutta la vita ti ho augurato di cambiare. Ti ho augurato di trovare un tuo equilibrio, una tua forza e il coraggio di rivoluzionare il tuo aspetto e la tua salute, quindi la tua vita. Ma ora è finito il momento degli auguri, delle speranze e soprattutto è finito il momento della comprensione, perché è finita la pazienza. Adesso decido io: farai l’intervento chirurgico. È superfluo dirti che è per il tuo bene.

23:50 

15 luglio

Chat con Nonno

Io Se piangere facesse dimagrire, peserei 30 kg. 00:10 
Non sei sola, piccola mia. 00:12  21
Nonno
Indice Il primo uomo sulla Luna pag. 5 Un elefante al circo » 13 Una torta di nascosto » 19 Parole e musica » 23 Trovare la forza » 27 Lieto fine » 33 Anto e Nina » 35 Un posto e mezzo » 43 Agosto a Roma » 49 Tutti presenti » 55 Invito al piano di sotto » 63 I sogni dei grandi » 71 L’amore » 75 Amore mio che non esisti » 78 La crisi » 81 Obesilandia » 87 Come affrontare la tempesta » 91 La strega » 95 Un consiglio inaspettato » 97 Una libellula in un prato » 101 Davanti al computer » 105 Il posto occupato » 109 La notte di Libellula » 113
À ncora Arti Grafiche - Milano -
Fatti mandare dalla mamma pag. 121 È nata una stella » 129 Urlare e cantare » 143 Cos’è l’amicizia? » 149 Numero sconosciuto » 155 Il cane che si morde la coda » 165 Cento » 171 La prima volta » 177 Ci teniamo compagnia » 182 Un messaggio in particolare » 185 Germano e Lucia » 197 La scusa » 203 Non farti scivolare via la vita » 209 Questo posto lo conosco » 213 Una luce dalla mia camera » 219 Tsunami a effetto domino » 225 Sincerità » 237 Bello ma inutile » 241 Libellula » 252 Ma quanto pesa la felicità? » 255 Verso il nuovo » 265 Ringraziamenti » 269
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2023

SALVO RINAUDO, palermitano, è autore di testi per il teatro e il cinema. Diplomato al CET di Mogol, collabora abitualmente con l’attore Ernesto Maria Ponte e il duo comico I Soldi Spicci, per i quali ha scritto, oltre a contenuti web, diversi spettacoli teatrali e le sceneggiature dei film La fuitina sbagliata (2018) e Un mondo sotto social (2022).

Immagine di copertina: © Maxim Gaigul / Shutterstock

Finalmente entriamo.

Mia madre mi guarda e non dice nulla, ma dallo sguardo si capisce che è contenta che incontri qualcuno che smonterà la mia autostima come una costruzione di Lego. La sua frase preferita è: «Te l’avevo detto». E questa sarà un’occasione unica per ripetermela.

Il dottore è anziano, avrà cinquant’anni. È basso e calvo, quindi ha già i suoi problemi.

Come può risolvere i miei?

€ 16,00 R6G 4

ISBN 978-88-315-5555-5

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