Ladyjane

Page 1

Paolo Castellina

LA VICENDA DI LADY JANE GREY (1537-1554) Martire della fede evangelica a 17 anni “Costante fa che tu ti mostri, e sia. Che cos’è morte? E qual acerba pena Ti debbi impaurir? Cristo è pur quello, Che lieto vince, e vincerà per sempre. Ei la vittoria di darà, se in Lui Fermamente col cuor puro ti fidi, Temi dunque di morte? Oh non t’accorgi Che da Lui vinta, e superata giace?”. [Jane Grey a Michelangelo Florio]

Tempo di Riforma 2009


2

ISBN 978-1-4092-8187-0 Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, ediz. Società Biblica di Ginevra, 1994. Ulteriori riflessioni bibliche, predicazioni, studi ed articoli del past. Paolo Castellina, sono presenti nel sito web http://www.riforma.net Email: paolocastellina@gmail.com Quest'opera è stata rilasciata sotto la licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.0 Inghilterra & Galles. Per leggere una copia della licenza visita http://creativecommons.org/licenses/by-ncd/2.0/uk/ o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA. Seconda edizione, dicembre 2009


3

LA VICENDA DI LADY JANE GREY: REGINA PER NOVE GIORNI

Introduzione Quando il cristiano prende in mano una copia della Bibbia, la apre e la legge, anche in un punto qualsiasi, lo fa nello spirito di chi dice: Questo è il nostro libro, questa è la nostra storia, questa, di cui esso parla, è la nostra gente. Il cristiano, infatti, è consapevole di essere stato chiamato a far parte di un popolo speciale, il popolo di Dio, popolo che affonda le sue radici nelle più remote antichità e che si è diffuso attraverso il tempo e lo spazio. Nella Bibbia, il cristiano trova i padri e le madri della sua fede. Egli si identifica in loro e nelle loro esperienze. Sia in positivo che in negativo, egli apprende da loro che cosa voglia dire vivere in comunione con Dio e servirlo. Come afferma la lettera agli Ebrei, di questa fede è stata resa “buona testimonianza agli antichi” (1:2). Il capitolo 11 di questa lettera, dopo aver passato in rassegna i più luminosi esempi di fede, afferma: “Che dirò di più? Poiché il tempo mi mancherebbe per raccontare di Gedeone, Barac, Sansone, Iefte, Davide, Samuele e dei profeti, i quali per


4

fede conquistarono regni, praticarono la giustizia, ottennero l'adempimento di promesse, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, guarirono da infermità, divennero forti in guerra, misero in fuga eserciti stranieri. Ci furono donne che riebbero per risurrezione i loro morti; altri furono torturati perché non accettarono la loro liberazione, per ottenere una risurrezione migliore; altri furono messi alla prova con scherni, frustate, anche catene e prigionia. Furono lapidati, segati, uccisi di spada; andarono attorno coperti di pelli di pecora e di capra; bisognosi, afflitti, maltrattati (di loro il mondo non era degno), erranti per deserti, monti, spelonche e per le grotte della terra…” (Ebrei 11:32:38). Tutto questo rimane vero non solo per i tempi della Bibbia, ma per tutto il corso della storia del popolo di Dio, antico e moderno. Quanti uomini, donne, bambini, ragazzi, hanno dato buona testimonianza della loro fede fino a versare per essa il loro stesso sangue! Essi sono vissuti e sono morti come autentici discepoli di Gesù Cristo e la loro memoria rimane per noi, non solo occasione di celebrazione e gratitudine, ma soprattutto di stimolo e di esempio. Benché di innumerevoli cristiani esemplari si sia purtroppo perduta memoria, siamo grati a tutti coloro che hanno messo per iscritto e fatta ampiamente conoscere la testimonianza della fede di molti personaggi della storia del popolo di Dio. Alcuni fra loro sono diventati famosi e sono oggi ampiamente celebrati. Altri, benché meno conosciuti, non ne sono certo inferiori. In questo mio scritto, vorrei celebrare la memoria di Lady Jane Grey, condannata a morte e giustiziata nel 1554 all’età di 17 anni e che fu regina di Inghilterra per soli nove giorni. Vittima di complotti e vendette politiche, la qualità della sua vita e della sua morte la renda degna di comparire nella galleria di coloro che si sono distinti come testimoni e martiri della fede cristiana evangelica1.

1 La vicenda di Lady Jane Grey compare pure nel famoso martirologio riformato: Fox’s Book of Martyrs, di John Fox. John Foxe, storico elisabettiano, scrive infatti un libro intitolato “Atti e Momenti dei Martiri”, che descrive i martiri cristiani, soprattutto protestanti, durante la storia, Negli anni 1550, la Chiesa di Ginevra era molto favorevole ai rifugiati riformati, ed era uno dei pochi rifugi disponibili ad un popolo disperato. Molti di loro si incontravano a Ginevra, condotti da Myles Coverdale e John Foxe, il cui libro, a tutt’oggi rimane una delle poche opere di riferimento sulla


5

Per molti storiografi, la vicenda di Lady Jane Grey non è che un episodio minore della storia dell’Inghilterra nel turbolento periodo della Riforma del XVI secolo. Per altri essa è diventata occasione di romantiche storie d’avventura e d’amore da immortalare nella letteratura e nel cinema. Per noi cristiani, la sua è e rimane una testimonianza di fede per aver lei manifestato, pur nella sua pur breve vita e nei suoi scritti, i tratti inconfondibili di un autentico ed esemplare cristiano. Questo era l’accento che aveva voluto dare al resoconto della vita di Lady Jane, Michelangelo Florio in un suo libro, pubblicato in italiano in Germania nell’anno 16072, dal titolo: “Historia de la vita e de la morte dell’illustrissima Signora Giovanna Graia, già Regina eletta e pubblicata d’Inghilterra e de le cose avvenute in quel Regno dopo la morte del Re Edoardo VI”. Nella prefazione di questo libro3, l’editore scrive: “L'originale di questo libro, scritto di propria mano dall'autore [Michelangelo Florio], fu trovato, dopo la morte di questi, nella casa di una persona onorata e grande benefattore, esule durante il tempo delle persecuzioni dei veri cristiani in Inghilterra, dopo la scomparsa del serenissimo Re Edoardo VI, di beata memoria. Ora, essendo questo libro venuto nelle mie mani, è stato giudicato degno di essere pubblicato da uomini bene esercitati in teologia. Questa era pure l'intenzione dell'autore, affinché ogni persona desiderosa di buona istruzione, soprattutto fra gli italiani, potesse trarne giovamento. Non poteva essere altrimenti, perché, come fedel pastore e servitore di Gesù Cristo, egli sempre operava con massima diligenza alla salvezza del suo gregge. Non ho voluto, così, come depositario della volontà dell'autore, mancare d'eseguire questo suo desiderio . Questo libro l'avrebbe

persecuzione dei primi cristiani e dei protestanti dal primo secolo fino alla metà del 16° secolo. 2 Stampato presso Riccardo Pittore nell’anno 1607, ex legato Cl. Viri Prosperi Marchandi.ristiani e dei protestanti dal primo secolo fino alla metà del 16° secolo. 3 Le citazioni dal libro del Michelangelo Florio le trascriverò in una mia revisione linguistica, a causa del pesante stile cinquecentesco che lo rendono piuttosto difficile al lettore moderno.


6

sicuramente fatto pubblicare egli stesso se non ne fosse stato impedito, al tempo e nel luogo dove dimorava, da crudelissime persecuzioni. Ricevete dunque, fratelli cristiani nel Signore, quest'opera, e servitevene con lo stesso spirito in cui essa vi giunge, ringraziando Iddio, solo Autore di ogni bene, che per il nostro bene ha voluto che fosse preservato questo tesoro. Egli, infatti lo ha deposto per ben cinquant'anni in sicure mani ed è stato conservato intatto dal fuoco dell'Anticristo e d'ogni altra corruzione che l'avrebbe potuto facilmente consumare e disperdere". Michelangelo Florio, d’origini toscane e predicatore dell’Evangelo, durante le persecuzioni in Italia ad opera dell’Inquisizione, era riuscito a fuggire prima in Francia e poi in Inghilterra, terra che volentieri accoglieva, ai tempi di Edoardo VI, anche diversi riformatori italiani, fra cui Pietro Martire Vermigli. Nella città di Londra, aveva per un tempo guidato la comunità evangelica dei rifugiati italiani, e pure si dedicava ad insegnare la lingua italiana nei circoli della nobiltà inglese, lingua la cui conoscenza riscuoteva allora molta popolarità. E’ in quel periodo che il Florio conosce la giovane Jane Grey, con la quale ha lunghe conversazioni, probabilmente durante le lezioni di italiano che le impartiva. Al Florio va attribuita in gran parte la maestria che Lady Jane aveva nelle lingue. Il Florio sarà pure maestro della principessa Elisabetta, la futura Elisabetta I. Il libro che Michelangelo Florio scrive su Lady Jane, molto probabilmente fu scritto otto anni dopo la morte di questa, cioè nel 1562. Egli così descrive la conversazione che un giorno ebbe con lei: “Io stesso contandole un giorno gli oltraggi, gli scorni ed i tormenti che in Roma, per lo spazio di 28 mesi sotto Paolo e Giulio III, sofferti io avevo, per aver io, a Napoli, Padova e Venezia, predicato apertamente Cristo, la vidi con sì sviscerata compassione lacrimare, che ben si conosceva quanto le stesse a cuore la vera religione. Alzati gli occhi al cielo, disse: “Deh, Signore, se io non ti offendo con questa mia domanda, non permettere più che il mondo faccia tanti strazi dei Tuoi” (pp. 27-28).


7

Poi il Florio parla di quanto riconoscente egli fosse al padre di Jane, il Duca del Suffolk4: “Perché se io fossi stato del suo proprio sangue, anzi, dei suoi più cari, egli non mi avrebbe potuto fare maggiori benefici, né maggiormente onorarmi, per quella sua sincera e veramente divina carità che egli aveva verso tutti coloro che si trovavano perseguitati dall’Anticristo” (p. 44). Il Suffolk era ben conosciuto per le sue simpatie verso gli esiliati per motivi di religione, e sembrerebbe che Michelangelo fosse uno dei suoi favoriti. Un altro Lord inglese del quale parla per essere stato “estremamente gentile verso i forestieri”, è lo stesso Conte di Pembroke5 a cui dedica un altro suo libro di grammatica italiana. Capo della fazione era, naturalmente, John Dudley, Duca di Northumberland che, spingendo Edoardo VI a fare un testamento in favore della moglie di suo figlio, Lady Jane, sperava di far passare la Corona d’Inghilterra saldamente nelle mani della sua famiglia. Negli ultimi due anni del soggiorno di Michelangelo in Inghilterra (1552-1554) la sempre più debole salute del Re metteva sempre più in crisi i progetti del Dudley. Il rifugiato italiano, Michelangelo Florio, vicino com’era a casa Suffolk, era dunque nella posizione migliore per assistere agli sviluppi della situazione. Se i progetti del Duca avessero avuto successo, la fortuna del Florio sarebbe stata assicurata e non avrebbe più dovuto vagare come fuggiasco in Europa. Il Florio assiste alla rovina di Jane ed al successo della Regina Maria, che fa rifiorire il Cattolicesimo e contrastare violentemente i protestanti. Questi cambiamenti fanno sì che la situazione dei rifugiati stranieri non sia più sicura. Cominciano così a dire addio ai loro amici inglesi, molti fra i quali ben presto moriranno sui roghi. Nel febbraio del 1554 un editto reale proclama che tutti gli stranieri debbano andarsene nello spazio di 24 giorni. Il 4 marzo il Florio con moglie e figlio, lascia l’Inghilterra. Riparato a Strasburgo, è in quella città che riesce ad ottenere da fuggiaschi inglesi, John Banks e James Haddon, gli scritti di Lady Jane, molto probabilmente conservati da James Haddon, 4 Nel menzionare nomi nobiliari, ad esempio: John Grey, Duca del Suffolk, potremmo usare sia il semplice nome e cognome, ad esempio: John Grey, oppure “Il Duca del Suffolk”, oppure semplicemente “Suffolk” o “il Suffolk”.

La prima moglie del Pembroke era la stessa sorella di Jane, Caterina Grey, e quindi pure membro della fazione del Suffolk.

5


8

già cappellano del Duca del Suffolk e tutore di Lady Jane. Il Florio lo cita come fonte delle informazioni orali su quanto Jane avesse detto e fatto in prigione. A pag. 58 del libro su Lady Jane, dice: “Vero è che ella non poté rattenersi di non rinfacciare loro (come dal dotto e veramente pio predicatore di suo padre, James Haddon mi fu raccontato) la promessa fede e con tanti giuramenti, e l’inganno usatole, togliendola, anzi, rubandola, ai suoi belli studi per metterla in quella dignità che mai desiderata aveva” . Il ricordo di Lady Jane l’accompagnerà pure dopo, invitato ad essere pastore della comunità evangelica riformata di Soglio, in Bregaglia. Le memorie di Lady Jane le raccoglierà nel libro citato, in cui espressamente mette in rilievo la sua testimonianza di fede e riconoscendo in lei i segni distintivi di un’autentica cristiana o, come si esprime il Florio stesso, di una persona eletta da Dio alla salvezza. E’ allo stesso spirito del Florio che questo mio scritto è pubblicato. Sebbene esso non voglia essere un libro di storia, esso descriverà ampiamente la vicenda storica di Lady Jane sulla base dei documenti e degli studi fin qui fatti, per essere soprattutto una testimonianza di fede. Il libro di Michelangelo Florio può essere sicuramente considerato una fonte primaria di ciò che intendono descrivere, ma ci avvarremo pure di altre fonti. Detto libro, infatti, non potrebbe più oggi essere proposto ai lettori moderni, tale e quale si presenta (non risulta, fra l’altro, che sia stato più ripubblicato dal 1607), e questo non solo per il linguaggio ormai per noi antiquato. La stessa organizzazione del libro oggi la riterremmo piuttosto caotica!6 In ogni caso, siamo consapevoli di proporre al pubblico italiano d’oggi, qualcosa di originale.

6 Così essa viene presentata nell’introduzione alla sua opera: “Ora, per rendere più facile la lettura, questo libro sarà suddiviso in sei parti principali. La prima contiene un notevole discorso sui segni distintivi mediante i quali si possono conoscere e distinguere i veri figli di Dio eletti a salvezza, da quelli che appartengono a questo mondo che, vivendo in diletti e piaceri carnali, con ostinata ribellione contro i comandamenti di Dio, e senza mostrarne alcun segno di ravvedimento, forniscono manifesta indicazione d'essere figli del diavolo e riprovati all'eterna dannazione. Venendo poi la verità di questa dottrina dimostrata con l'esempio di alcuni martiri ed altri sant'uomini, in particolare della nobilissima signora Jane Grey, successivamente, la seconda parte comprende gli avvenimenti seguenti, che hanno dato occasione alla detta signora di precipitare, innocente, nella condanna a morte. La terza parte contiene


9

La vicenda di Lady Jane è sicuramente, in sé stessa, una tragedia che ha suscitato la commozione di più generazioni, ma la vogliamo leggere nello spirito che ha ispirato l’opera di Michelangelo Florio: “Poi vidi dei troni. A quelli che vi si misero seduti fu dato di giudicare. E vidi le anime di quelli che erano stati decapitati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e di quelli che non avevano adorato la bestia né la sua immagine e non avevano ricevuto il suo marchio sulla loro fronte e sulla loro mano. Essi tornarono in vita e regnarono con Cristo per mille anni” (Apocalisse 20:4). Per altro, condividiamo appieno la prospettiva teologica di Michelangelo Florio, pastore evangelico riformato, nell’ambito della stessa chiesa e valle in cui egli operò e del quale io stesso sono stato successore secoli dopo. Paolo Castellina, v. d. m.

risposte a diverse obiezioni che potrebbero essere addotte alle cose suddette. Nella quarta parte vi sono due epistole, che la stessa signora Grey scrisse, negli ultimi due giorni precedenti la sua morte, l'una ad un prete ritornato alla fede papista da quella veramente cristiana, esortandolo al ravvedimento ed alla conversione. L'altra ad una sua sorella giovinetta, per esortarla alla costanza nella vera fede ed agli studi cristiani. A questo si aggiunge una disputa tenuta da detta signora ed un prete, che l'andò a visitare in prigione, con l'intenzione di farle abbandonare la sua religione ed indurla a convertirsi a quella papista. Seguono i ragionamenti tenuti poco prima della sua morte dalla signora Jane Grey, poco tempo prima di diventare Regina. La quinta parte comprende diverse osservazioni e dotti commenti per la spiegazione di passi importanti contenuti nelle lettere, dispute e ragionamenti suddetti. La sesta ed ultima parte contiene la disputa di un uomo pio e dotto, già vescovo di Londra, contro o dottori e teologi papisti dell'università di Oxford, al riguardo della presenza del corpo di Cristo nell'Eucaristia”.


10


11

Il tempo dei fatti narrati Ci troviamo in Inghilterra, al tempo del Re Edoardo VI7, che regna dal 1547 al 1553, figlio del famoso Enrico VIII. In tutta l’Europa si sta affermando la Riforma della Chiesa cristiana che, reagendo alle sempre più gravi ed intollerabili degenerazioni del Cattolicesimo romano, cerca di restituire la cristianità alla purezza del cristianesimo biblico. Duramente combattuta dalla reazione rabbiosa di consolidati poteri religiosi e politici, essa ottiene gradualmente l’appoggio di numerosi regnanti, che così colgono ben volentieri pure l’opportunità di liberarsi dalla tirannide del Papato e dei suoi alleati, principalmente della Spagna. Sotto l’impulso del movimento luterano, per la metà del ‘500 la fede evangelica diventa dominante in gran parte dei paesi di lingua tedesca ed in Scandinavia. Ulrico Zwingli8, guidato in parte dal pensiero di 7

Vedi nota biografica al termine del volume.

Ulrico Zwingli, riformatore protestante svizzero (1484-1531). Discepolo di Erasmo da Rotterdam, accolse l'appello di Lutero, ma lo intese in maniera fondamentalmente diversa. Cappellano (1522-1523) alla cattedrale di Zurigo, riformò la Chiesa della città con l'appoggio del Senato, che ne assunse (1523) la direzione, compiendo in tal modo 8


12

Martin Lutero (Eisleben 1483-1536) ed in parte dalle proprie introspezioni bibliche, introduce la Riforma a Zurigo. Gradualmente, il movimento si diffonde attraverso la Svizzera tedesca, raggiungendo finalmente i cantoni di lingua francese, dove Giovanni Calvino ne diventa leader. Il Calvinismo diventa, storicamente parlando, la più importante espressione della Riforma e, nella seconda metà del secolo, con Zurigo, Ginevra diventa il punto di riferimento dell’intero Protestantesimo europeo9, affermandosi poi anche in Olanda, Scozia, Ungheria e Polonia. In Inghilterra, le fortune del Calvinismo conoscono fasi alterne10. In confronto con altri paesi, lo sviluppo della Riforma inglese non è omogeneo. A cominciare dal 1534, quando Enrico VIII interrompe i suoi rapporti con il Papato ed assume il titolo di Capo supremo della Chiesa, la Riforma presto diventa un tentativo genuino di ristabilire in Inghilterra la fede cristiana antica11. Edificando sull’opera di John la rottura con Roma. Da Zurigo la Riforma si estese nel resto della Svizzera (Berna, Basilea, Costanza, Biel) e nella Germania meridionale. Nel 1524 emerse il conflitto tra Lutero e Zwingli, incentrato particolarmente sulla dottrina dell'eucaristia e dei sacramenti. Il mancato accordo con Lutero (colloquio di Marburgo, 1529) fece fallire anche il progetto di una grande lega politica diretta contro gli Asburgo, che Zwingli aveva preparato con Filippo d'Assia. Nel 1531 si venne allo scontro armato di Kappel nel quale perì Zwingli e che riuscì favorevole ai cantoni cattolici. Con il progressivo avanzare del calvinismo, le dottrine di Zwingli persero gran parte del loro significato e rimasero confinate nei cantoni originari della Svizzera tedesca. Opera principale di Zwingli è il Commentarius de vera et falsa religione (1524). 9 La Riforma si afferma anche nelle valli di lingua italiana della Lega dei Grigioni, che sono rilevanti anche per la nostra storia, perché sarà proprio lì, in Bregaglia, che continuerà il suo ministero come Pastore, Michelangelo Florio, dopo essere stato attivo come predicatore e insegnante di Italiano proprio nella citata famiglia Grey e nella corte inglese con Edoardo ed Elisabetta.

In Scozia il Calvinismo avrà maggiore successo e trionferà soprattutto per l’opera del riformatore John Knox, ispiratore della Confessione di Fede scozzese, adottata da quel Parlamento nel 1560. Knox, impressionato dall’esempio di Calvino, stabilisce la Chiesa di Scozia su base organizzativa presbiteriana ed una teologia calvinista, legando le fortune della Riforma al crescente nazionalismo scozzese contro la cattolica Maria, Regina degli scozzesi.

10

E’ pur vero che le motivazioni di Enrico VIII si mescolano con ambizioni politiche e dinastiche. Queste lo allontaneranno dal Cattolicesimo anche per poter ottenere il divorzio dalle sue successive sei mogli.

11


13

Wycliffe12 ed i suoi Lollardi13, con gli umanisti cristiani inglesi e le idee importate luterane e calviniste, comincia a prendere forma la Chiesa di Inghilterra. Riforme più radicali hanno luogo durante il regno di Edoardo VI14, ma sono subito cancellate da Maria Tudor, quando, succedendogli dopo l’interregno di Lady Jane (di nove giorni) cerca di ristabilire in Inghilterra il Cattolicesimo. Il suo tentativo fallisce, e sotto Elisabetta I, la Chiesa di Inghilterra diventa definitivamente nonromana, ma nemmeno completamente protestante. Al contrario, sviluppa una “via media” fra la vecchia fede cattolico-romana da una parte, ed il Protestantesimo calvinista dall’altra. La vicenda di Lady Jane si sviluppa proprio quando la predicazione calvinista comincia a diventare popolare soprattutto fra la nobiltà e nei circoli intellettuali. La famiglia Grey, imparentata con i Tudor, la dinastia regnante, e titolare del Ducato del Suffolk, educa i propri figli nella fede evangelica: fra essi vi è la loro primogenita, Jane. La famiglia Grey e la fazione politica che appoggia, ambisce poi, dopo la morte del Re Edoardo VI, alla Corona inglese, facendo in modo che proprio la loro Jane ne diventi successore, sognando così una Regina protestante. In effetti Jane è giovane d’autentica e profonda fede evangelica, come pure molto erudita e capace, ma non avrebbe titolo alla Corona (e nemmeno lo desiderava), se non molto dopo la cattolica Maria, figlia di Enrico VIII e di Caterina d’Aragona, sua prima moglie.

John Wyclyffe, riformatore inglese (ca. 1320-1384). Incaricato di occuparsi dei rapporti tra Stato e Chiesa, riprese in esame i fondamenti stessi, teologici, politici, filosofici, della religione e delle sue istituzioni, giungendo a posizioni radicalmente opposte a quelle della Chiesa di Roma. Nelle sue opere principali (De dominio divino, De civili dominio, De veritate scripturae, De Ecclesia, De ordine christiano ecc.), Wycliffe andò sostenendo una serie di tesi ereticali che avrebbero ispirato l'opera dei riformatori che lo seguirono, da Hus, a Calvino, a Lutero.

12

Lollardi, movimento religioso sorto ad Anversa intorno al 1300 di ispirazione ascetica e pauperistica. Con lo stesso nome furono chiamati per dispregio in Inghilterra i Poor preachers (poveri predicatori), gruppo di predicatori seguaci di Wycliffe. Propri del lollardismo sono la povertà volontaria, il riconoscimento della Scrittura come sola autorità, la condanna delle ricchezze della Chiesa, il rifiuto del celibato ecclesiastico, degli ordini religiosi, delle indulgenze e della transustanziazione.

13

Edoardo VI. Questo Re è solamente un adolescente. Morirà, infatti, a 16 anni di tubercolosi, ma la sua educazione e fede, come pure tutti i suoi tutori e consiglieri, sono sostenitori del Protestantesimo. E’ durante il suo regno che l’Inghilterra ospita molti riformatori in fuga dalle persecuzioni nel continente europeo.

14


14

Lo scontro diventa cosÏ inevitabile, ed è Jane a soccombere, vittima suo malgrado delle ambizioni politiche dei suoi tutori che prima la sostengono e poi la abbandonano. Riuscendo a salire al trono, Maria farà strage non solo della povera Jane, ma anche di innumerevoli protestanti e riformatori inglesi.


15

La famiglia di Lady Jane Il padre di Lady Jane era Henry Grey15, terzo marchese del Dorset, figlio di Thomas Gray. Nel 1530 acquista Bradgate16, dimora signorile che combinava le esigenze di un palazzo di caccia e i comfort di una villa privata. La casa natale di Jane e delle due sorelle permetteva di spaziare con la vista su sei miglia di parco ed era situata a cinque miglia dalla città di Leicester. Un’esistenza piuttosto incerta e rischiosa a Corte e nelle guerre contro la Francia, alternandosi ad intrighi abortiti a caccia di favori e di privilegi, avevano dato ai Dorset grandi ambizioni senza, però, stabilità di propositi. Aveva avuto, infatti, solo un moderato successo quanto a ricchezze e posizione. In quei giorni, quando “uomini nuovi” scalavano le vette del potere, egli si considerava membro della vecchia nobiltà, perché suo nonno, il primo marchese, era figlio di Elizabeth

L'ascendenza di Jane, sia da parte di padre che di madre, era sicuramente di tutto rispetto, sia per nobiltà che per regalità, e la famiglia ne era molto orgogliosa. La famiglia Grey era d'antichissima nobiltà. Lo stesso nome Grey, o De Grey, proveniva dal francese DeCroy, nome di un castello della Piccardia, il cui titolare era il Duca di Normandia. Sir Arnold De Grey aveva accompagnato Guglielmo il Conquistatore in Inghilterra e si era stanziato a Rotherfield, nella contea di Oxford, subito dopo la conquista.

15

Nella contea di Leicester, in Inghilterra. Questa dimora oggi è in rovina e si trova nell’ambito di un parco.

16


16

Woodville17 e quindi figliastro di Edoardo IV, nonno materno di Enrico VIII. Michelangelo Florio18 ha parole molto lusinghiere del carattere di Henry Grey, benché questo giudizio non sia del tutto condiviso dalla stessa Jane: “…ma costei, tutto ch’ella fosse dell’antica, nobile ed illustre famiglia dei Gray, figliola del veramente cristiano principe Henry Gray, duca del Suffolk e marchese di Dorset (uomo che al paragon di quanti mai se ne videro in tutti i secoli passati, amator della sua patria, tenace zelatore, e difensore della pura dottrina di Gesù Cristo, mecenate vero di tutti i virtuosi e padre amorevolissimo dei poveri) e nipote del Re Enrico VIII (…)” (p. 26). Tre anni dopo essere succeduto al titolo di marchese del Dorset, sposa Frances Brandon nella cappella della sua casa di Londra, a Southwark. Gli antenati della Brandon univano in sé sia sangue regale che di classe media e, dal punto di vista di suo marito, la sua parentela con il Re era di incalcolabile valore. I risultati di queste ambizioni si sarebbero provati fatali per ciascun membro della sua famiglia, eccetto sé stessa. Frances Brandon era la figlia più vecchia di Charles Brandon, Duca del Suffolk (un gentiluomo di campagna, nobilitato da Enrico VIII) e della sorella più giovane di Enrico, già Regina di Francia, il cui matrimonio con Luigi XII Valois era durato tre mesi, lasciandola libera di sposare il Suffolk, non appena il suo periodo di lutto fosse terminato. Questo giovane, nonno materno di Lady Jane, era di carattere estremamente ombroso. Aveva divorziato da due mogli e seppellitone una terza prima di sposare la vedova Regina madre [Queen Dowager], dalla quale aveva avuto due figlie, Frances e Eleanor. Nel 1533, Maria era morta e, circa due anni dopo, nel 1535, Brandon avrebbe sposato una quinta moglie, Lady Catherine Willoughby d’Eresby, dalla quale ha due figli. Erano sposati già da due anni, quando Frances e Henry Grey nasce Lady Jane, e lei le aveva già dato un figlio, morto pochi mesi più tardi. Elizabeth Woodville, nata nel 1437 at Grafton Regis, Northants, morta il 26 Maggio 1465 a Bermondsey Abbey, Surrey, regina di Edoardo IV.

17

Un riconoscimento che forse il Florio gli deve, per essergli stato mecenate e comunque essendo un valente sostenitore della fede riformata.

18


17

Jane nasce nello stesso anno e nello stesso mese (la data esatta nell’ottobre 1537 non è registrata) di Edoardo VI, figlio di Enrico VIII e della sua terza moglie, Jane Seymour. Il battesimo di Jane avviene entro 48 ore dalla nascita, secondo le usanze di allora, nella chiesa di Bradgate. Il nome di Jane era estremamente raro prima della Riforma, e forse le era stato dato in onore di Jane Seymour, madre del Principe Edoardo. Sebbene i Dorset fossero stati delusi dal non avere avuto un maschio, avevano progetti importanti per Jane. Dal loro punto di vista, la situazione dinastica era promettente, e ne avrebbero sicuramente profittato... Edoardo VI, che doveva succedere ad Enrico VIII nel 1547 all’età di nove anni, era considerato da molti, e probabilmente dallo stesso Enrico, come l’unico erede legittimo19. Maria ed Elisabetta erano state entrambe dichiarate illegittime, “bastarde”. Nel caso che esse non avessero avuto eredi, il diritto di successione sarebbe passato a Frances Dorset ed ai suoi figli, e poi alla sua sorella più giovane Eleanor ed ai suoi figli. Così, nel 1547, Jane, per diventare regina d’Inghilterra, sarebbe stata quinta nella linea del Trono inglese20.

Edoardo era l'unico figlio maschio di Enrico VIII, nato il 12 ottobre 1537 da Jane Seymour. Il 15 ottobre è battezzato e proclamato Duca di Cornovaglia. Edoardo cresce nello splendore che si potrebbe attendere in una tale corte. La sua istruzione comincia presto ed era considerato un bambino che impara in fretta. La sua istruzione includeva letteratura, geografia e musica. Come suo padre, Edoardo suonava il flauto e forse pure altri strumenti. Dopo la morte di suo padre, il 28 gennaio 1547, Edoardo (all'età di nove anni) è coinvolto sempre di più a corte. Edoardo era impegnato in molte attività fisiche e sport come l'arco e la caccia. Come suo padre era molto interessato all'arte militare. Nel febbraio del 1553, all'età di 15 anni, si ammala di bronchite, e febbre, catarro e tosse rimarranno per lui un problema costante da cui non riesce a guarire, fino a trasformarsi in tubercolosi, che, allora inguaribile, lo porterà alla morte.

19

Enrico, per ragioni che non sono mai state spiegate, aveva tagliato fuori la sorella più vecchia Margaret, regina di Scozia. Probabilmente la causa di questo era la sua guerra con la Scozia e l’alleanza franco-scozzese. La situazione dinastica di Enrico, per altro era estremamente confusa, dovuta alla pertinacia con la quale aveva voluto avere un figlio maschio, per avere il quale avrebbe sposato diverse mogli, facendo eliminare con vari pretesti quante non avessero generato un figlio.

20


18

Le ambizioni dei genitori su Jane I genitori di Jane l’avevano educata, non solo con l’idea remota che sarebbe forse diventata Regnante, ma pure con l’idea che avrebbe potuto sposare suo cugino, il Principe Edoardo - perché sebbene per lui Enrico VIII stesse già negoziando un’alleanza straniera già pochi mesi dalla nascita, nessuno di questi piani era riuscito a materializzarsi. Così, durante l’ultimo anno del regno di Enrico VIII, le speranze dei Dorset per Jane erano molto alte, e la sua educazione pure ne avrebbe dovuto essere all’altezza. Intellettualmente, Jane fu educata come se fosse stata un maschio, ma il trattamento che le riservavano i suoi genitori, aveva distrutto molto della felicità che avrebbe derivato da tale istruzione. Frances Dorset, infatti, era una donna dura, brutale, estremamente esigente, e che dominava il suo stesso capriccioso marito. Che queste caratteristiche si manifestassero già abbastanza presto, si rivela abbastanza presto dall’atteggiamento che conserva verso Jane e le sue sorelle: Caterina (nata nel 1539) e Maria (1545), quattro anni più tardi, che non poteva perdonare essere nata femmina… Era inevitabile che una tale donna dovesse soggiogare, anche se discretamente, un marito i cui contemporanei descrivevano come “giovane, voglioso e povero ... con poca o nessun esperienza” e “una creatura priva di senno”, sebbene altri ne lodassero l’amore per la cultura, la generosità e la sua mancanza d’arroganza. Dorset, però, era tanto egoista quanto sua moglie era scaltra ed ambiziosa, e la loro cura di istruire diligentemente la figlia proveniva non tanto da criteri intellettuali ed estetici, ma dalla loro ossessione d’ottenere vantaggi materiali e di apparire alla moda. Le ambizioni di Frances erano di tipo politico, e il suo temperamento, quello di chi sempre macchina qualche piano, instabile e permanentemente insoddisfatto. Era sempre indaffarata per rimanere in stretto contatto con i suoi amici più ricchi e


19

la sua parentela Tudor. Era indubbiamente molto più adatta che il Dorset nel conformarsi ai modelli sempre mutevoli dei movimenti religiosi e politici controllati da Enrico VIII. Negli anni immediatamente precedenti e susseguenti la nascita di Lady Jane, questi atteggiamenti seguono un corso che avrebbe influito sull’intera sua carriera. Per la fine degli anni 1530, il dissenso politico aveva diviso la classe dominante in tre partiti che ora lottavano uno contro l’altro. Il primo era quello favorevole al Papato, che aveva condannato il processo di annullamento del matrimonio di Enrico con Caterina d’Aragona ed aveva cercato di resistere alla dichiarazione parlamentare di supremazia della Corona sulla Chiesa. Questo partito era in minoranza. Il secondo, il più vasto e il più potente, era quello degli Enriciani che avevano approvato il processo di annullamento del matrimonio del Re, il suo secondo matrimonio ed erano cattolici in tutto, eccetto che nell’obbedienza al Papa. Il terzo partito, che stava cominciando a formarsi quando Jane Grey nacque ed era descritto come protestante soltanto dieci anni dopo, diventò effettivo durante la crescita di Jane. Questo movimento era stato immediatamente considerato eretico e criminale dagli altri due, sebbene Enrico sponsorizzasse alcuni dei suoi leder. Esso attraeva coloro che erano interessati nella Nuova Dottrina (di cui Jane divenne famoso esempio), inclusi i suoi maestri, e che avrebbero posto lei ed i suoi genitori in contatto con gli intellettuali calvinisti del Continente. Al tempo stesso, il Re, che bruciava eretici ed impiccava e faceva decapitare coloro che negavano la sua supremazia, controllava tutti e tre i partiti in modo scaltro e senza scrupoli. Il Dorset rifletteva tutte le caratteristiche della politica di Enrico, così l’educazione e i punti di vista di Jane erano indirettamente e gradualmente influenzati da avvenimenti come la ridistribuzione delle terre dei monasteri, la traduzione della Bibbia, il fallimento del quarto e del quinto matrimonio del Re. Fu soprattutto l’ultima moglie di Enrico, Caterina Parr una delle influenze più importanti della vita di Jane, che però non compare nella sua vita se non dopo il suo decimo anno. Prima d’allora, all’età di cinque anni, lei aveva già acquisito esperienza sociale, ed era stata educata alle buone maniere sociali.


20


21

Jane educata come una principessa Henry e Frances Dorset erano robusti e pieni d’energia. Passavano gran parte del loro tempo fuori casa e conducevano una vita sana ed indaffarata. Questa routine era spesso fin troppo dura per le sorelle, a cui molto era richiesto, con il risultato che sia Caterina che Jane erano molto suscettibili all’esaurimento nervoso. La nascita di Maria era stata quasi un disastro. Era pressoché una nana con la schiena curva, e molto brutta e, sebbene non avesse, nonostante il suo sangue Tudor, alcuna prospettiva di sposarsi, fecero del loro meglio per darle la stessa educazione delle sorelle, e la portavano spesso con sé. Il suo futuro, però, sarebbe rimasto un problema. Caterina era la più bella della famiglia. Jane era piccola, dai capelli chiari e fine. La sua pelle era molto chiara e presto si riempie di lentiggini. Trascorsa la prima fase della sua educazione, si dimostra una ragazza di grande intelligenza e talento. Jane era trattata come una principessa. Lei e le sue sorelle avevano preso il rango della madre, e si rivolgevano a lei con l’appellativo “Lady Jane”. Era posta sullo stesso livello delle figlie del Re e sulla stessa base, ricevendone la stessa educazione. Il suo entroterra e stile di vita era molto più lussuoso di quello di Mary ed Elizabeth, che crescevano in maniera più spartana. Bradgate, però, era come un palazzo. I suoi interni riflettevano la magnificenza e la modernità della sua progettazione esteriore. Il padre del Dorset era stato uno dei pionieri della nuova architettura che


22

forniva dimore destinate al godimento delle ricchezze e del comfort, prive di considerazioni di difesa. Quelli che, come i Dorset, godevano di medici residenti presso di loro ed erano in grado di consultare i medici del Re se lo desideravano, erano di fatto meno fortunati delle classi più povere, con le loro medicine omeopatiche e basate sulle erbe, perché gli standard medici inglesi erano allora molto bassi. Questo era dovuto in parte alla tubercolosi che uccide Caterina all’età di ventotto anni, e per la debolezza nervosa di Jane. Ciononostante, il loro “programma” per educare Jane e le sorelle, comincia non appena sono in grado di leggere - dall’età di tre o quattro anni - in ogni caso, non era nemmeno troppo intenso perché iniziava presto la mattina ed avevano sufficienti ore di sonno. Nelle dimore di campagna, il giorno cominciava alle sei con la preghiera, seguito da una colazione di pane, birra chiara e carne. Le giovani, dopo aver fatto visita ai loro genitori, continuavano con lezioni di greco e di latino fino all’ora di pranzo. Poi musica, lingue moderne o classiche, insieme a letture bibliche, continuavano fino a cena. Le ragazze, poi, danzavano o sedevano facendo lavori di cucito prima di andare a letto alle nove. Una volta o due la settimana, si riservava un giorno intero per la caccia, la falconeria, o per una spedizione fino a Leicester, per essere intrattenute dal sindaco o dalla nobiltà rurale locale. Quando raggiunge l’età di sei anni, Lady Jane può essere immaginata come potrebbe essere oggi una ragazza di dodici o tredici anni, in grado di scambiare alcune frasi in semplice latino, oppure leggere la Bibbia di Miles Coverdale21, vescovo di Exeter. La signora Ellen, che si prendeva Miles Coverdale (1488-1569). Traduttore della prima versione inglese della Bibbia. Dopo aver studiato a Cambridge, è ordinato frate agostiniano. Sviluppa ben presto un apprezzamento per Martin Lutero e diventa promotore di riforme ecclesiastiche. Forzato a risiedere all’estero nel 1528 per avere predicato contro la Confessione e le immagini, lavora con William Tendale e più tardi, nel 1535, pubblica la prima traduzione inglese della Bibbia completa, probabilmente servendosi ampiamente della Vulgata, del Pentateuco ed il Nuovo Testamento di Tendale, e delle versioni tedesche di Lutero e di Zurigo. Collabora con il progetto della Grande Bibbia del 1539 e rimaneggia la Bibbia del Cranmer del 1540. Dopo l’emanazione dei 6 Articoli antiprotestanti, Coverdale fugge di nuovo nel Continente, ritornando nel 1547 dopo la morte di Enrico VIII. Gode di alti favori durante il regno di Edoardo VI, servendo come vescovo di Exeter dal 1551 al 1553. Quando la Regina Maria sale al trono, perde il suo episcopato e lascia l’Inghilterra. Vi ritorna dopo la successione di Elisabetta I, e diventa famoso per i suoi eloquenti sermoni e discorsi. E’ rettore di S. Magno, London

21


23

cura di lei, aiutata da altre damigelle, provvedeva a vestirla con abiti che copiavano esattamente quelli dei suoi genitori. Negli anni 1540 erano molto elaborati. Il suo hobby favorito era la musica. Avrebbe voluto far pratica di liuto, arpa e cetra per più ore di quante gliene fossero concesse, e si interessava alla composizione musicale. All’età di sette anni, il suo tutore, il Dott. Nicolas Harding22, comincia ad insegnarle il greco, lo spagnolo, l’italiano ed il francese. Queste lezioni dovevano alternarsi al tempo dedicato allo scrivere, al ricevere visite, e ad apprendere non solo l’etichetta di corte, ma anche le danze, fortemente simboliche. Si trattava indubbiamente di una vita piena e, nonostante la severità di Frances, forse anche una vita felice. Poi, all’età di 8 o 9 anni, lo stile di vita cambia. Si materializzano i progetti dei genitori per la sua vita futura. E’ così mandata via da casa per due anni.

Jane a corte L’usanza inglese di inviare i propri figli piccoli “a pensione” consisteva nel sistemarli in ambienti ancora più ricchi affinché potessero acquisire le usanze del mondo alla moda. Dato che la posizione sociale dei Dorset era fra le più alte, l’unico modo di aumentare lo status sociale di Bridge dal 1563 al 1566, ma dà le dimissioni quando l’arcivescovo Parker cerca di far applicare l’Atto di Uniformità, con cui il Coverdale è in disaccordo. 22

La sua tutela cessa quando Jane va a vivere con Catherine Parr.


24

Jane era quello di sistemarla con la Regina Caterina Parr. Portano quindi la cosa all’attenzione del Re appena possibile. Lady Frances, che si recava frequentemente a corte, era in termini molto amichevoli con la Regina. Quando la salute di Enrico VIII comincia a declinare ed egli si ritira dalla vita intensa di Westminster e di Whitehall alla relativa reclusione di Windsor e Hampton Court - fra la primavera del 1546 e la sua morte, nel gennaio del 1547 - il tenore di vita nei suoi palazzi era così cambiato che sarebbe stato difficile introdurre la nipote in casa della Regina. Sebbene non sia chiaro quando esattamente Jane lasci Bradgate, lei era ben conosciuta dalla Regina, dal Principe Edoardo e dalle principesse, prima della morte di Enrico. Al tempo in cui era successo al trono, il Re bambino e la sua matrigna aveva preso parziale residenza a Chelsea Palace, Jane si era unita alla famiglia e le si dava precedenza su tutti, con la sola eccezione delle sue cugine, principesse di sangue, Maria ed Elisabetta. La sua istruzione, da quel tempo in poi, sarebbe stata adattata alle sue inclinazioni così bene che non se ne sarebbe più allontanata. L’essere stata inserita a Corte già all’età di nove anni e mezzo, avrebbe esercitato un’influenza molto forte che l’avrebbe accompagnata al termine della sua vita. Caterina Parr, una delle donne più intelligenti ed affascinanti del tempo, quanto a temperamento era l’antitesi della madre di Jane, Frances. Che Jane si fosse così tanto attaccata a lei, diventa ovvio. Le sue lettere e conversazioni riflettono quelle della sua gentile patrona, il cui carattere e carriera sono un prodotto tipico della Riforma inglese. Quando sposa Enrico VIII nel luglio del 1543, Catherine Parr, senza figli, elegante, ricca e realizzata, era una moglie ed una matrigna ideale. Convertita alla fede evangelica, la sua casa di Wimbledon diventa il centro di circoli culturali e religiosi molto avanzati, che includevano personaggi come Coverdale, Cranmer, e Anne Askew23. Durante questo tempo, Catherine era corteggiata e si era innamorata di Thomas Seymour, il Lord Alto Ammiraglio dell’Inghilterra e fratello dell’ex Regina Jane Seymour, madre di Edoardo VI. Caterina era stata sul punto di sposarlo, prima che Enrico VIII l’avesse chiesta egli stesso in sposa. Così, l’Ammiraglio, la cui carriera fu disastrosamente 23

Vedi nota biografica al termine del volume.


25

mescolata con quella di Lady Jane, dovette essere allontanato. Sebbene egli fosse personaggio intimo di Corte e trattato bene dal Re, la sua posizione e potere non contavano nulla accanto a quella del suo fratello più vecchio, Edward Seymour che, dopo l’incoronazione di suo nipote, diventa Duca del Somerset e Protettore del Regno24. Sotto la reggenza del Seymour, durata dal 1547 al 1550 - dall’11mo al 14mo anno di Jane - i Protestanti, o Riformatori, come preferivano essere chiamati, divennero improvvisamente dominanti ed il modello della fede religiosa di Jane fu accettato e promosso da un certo numero di personaggi distinti e famosi, come Sir John Cheke25, Roger Ascham26, e il suo futuro suocero John Dudley, lo stesso Michelangelo Florio, come pure diversi altri Consiglieri della Corona. Sebbene allora il Protestantesimo non fosse ancora popolare presso gran parte della popolazione inglese, il suo impatto su giovani ed entusiasti intellettuali come Jane, fu immediato, violento e durevole. A parte dalla sua negazione di dogmi stabiliti come la presenza reale del Cristo nell’ostia, parte del suo potere sembra essere dipeso dalla promozione che faceva della immediata comunione personale con Dio, la pratica e non la mistica. Nella vita spirituale di Jane, la questione tipicamente mistica, comune nella teologia medievale, della “immersione” in Dio, non si poneva. Iddio sembrava non tanto parlare attraverso di lei, ma come Colui che è sempre disponibile ad una comunicazione diretta e ad istruire, non appena invocato, con il risultato che il suo approccio con Dio non era estatico, ma fiducioso e sereno. Il processo di stabilire la personale comunione con Dio era relativamente semplice e non richiedeva alcun intermediario umano o sacramento. La mediazione del Cristo, infatti, nella teologia biblica ed evangelica, è pienamente sufficiente. Questo atteggiamento poteva forse creare una certa apparente arroganza (caratteristica tipica, fra l’altro, dell’adolescenza in cui Lady Il suo compito era quello di accompagnare il Re ancora minorenne come autorevole consigliere.

24

25 Sir John Cheke (1514-1557), Tutore of Edoardo VI come principe, Provost del King's College, Cambridge e Segretario di Stato nel 1553 fintanto che Maria divenne Regina.

Roger Ascham (1515-1568). Scrittore e tutore di Lady Jane Grey e della principessa Elizabeth. Più tardi segretario latino di Maria I e di Elisabetta I. Le sue opera includono “The Schoolmaster” e un trattato sull’arte del tiro all’arco, Il “Toxophilo”.

26


26

Jane si trova), disdegno ed orrore per coloro che preferivano la vecchia via (il Cattolicesimo) e, nel caso della maggior parte dei giovani educati come lei, un”associazione istintiva con le teorie del Platonismo classico, compatibili con la prospettiva protestante27. Dopo aver lasciato la cerchia di Caterina Parr, alcuni dei suoi scritti riflettono esattamente le opinioni sue e dei suoi contemporanei sulla morte, così come sono espressi da Socrate prima di avere preso la cicuta dalle mani dei suoi esecutori. Si racconta che Jane disse: “Io dovrei essere spaventata dalla morte, “ma sono persuasa di raggiungere attraverso di essa entità spirituali sagge e giuste ... e quindi non ne sono spaventata... Il vero filosofo ha ragione d’avere uno spirito lieto quando deve morire. Dopo la morte, infatti, egli ha l’opportunità di ottenere il bene più grande in un altro mondo. Quando giungo alla fine del mio viaggio, io otterrò ciò che è stato l’obiettivo principale della mia vita”. Questa immunità dal terrore della morte era rafforzata dalla visione di un paradiso assolutamente concreto. Vi era pure, naturalmente, l’inferno, ma, per i gli evangelici non esiste lo sgradevole intervallo di purgatorio di cui la Bibbia non parla mai e che, per altro, è superfluo, essendo l’opera di Cristo ricevuta per fede, pienamente sufficiente per espiare le colpe del peccatore. Inoltre, per Jane, la possibilità stessa di allontanarsi dalla giustizia di Cristo e rischiare la dannazione, era praticamente nulla. Infatti, secondo la fede riformata, l’opera della salvezza è assicurata dal principio alla fine dal Cristo, e nulla che si possa fare la può pregiudicare. La salvezza, infatti, è un dono immeritato che Dio concede ai Suoi eletti. Indubbiamente Jane, per la sua fede, carattere e pietà, genuinamente cristiana, dava tutte le evidenze possibili di poter essere annoverata fra gli eletti di Dio, e Michelangelo Florio ne parla ampiamente, dando proprio a questo aspetto della teologia biblica ed evangelica uno spazio tanto grande da renderlo il tema principale del suo libro, di intento apologetico ed evangelistico. Jane aveva pure molti interessi spirituali, estetici e letterari. Non era affatto mondana, né si interessava alle cose di cui normalmente i suoi

27

Una visione del problema anima e corpo un po’ troppo pronunciata.


27

contemporanei e pari avrebbero potuto interessarsi. Molti l’avrebbero considerata fin troppo seria e studiosa, troppo “puritana”. Per prepararsi al Paradiso, non doveva fare altro che affidarsi di tutto cuore a Cristo e rinunciare al peccato per affidarlo alla Sua opera di espiazione, come pure denunciare le aberrazioni ed idolatrie del Cattolicesimo. Si considerava certamente anche lei contaminata dal peccato, eppure contava in tutto e per tutto sull’opera misericordiosa del Cristo, che considerava pienamente sufficiente per la sua salvezza. I piaceri mondani per lei non contavano nulla e li respingeva molto volentieri, considerando tutto ciò che avrebbe piuttosto conseguito oltre questa vita terrena.

La vicenda di Thomas Seymour L’istruzione di quest’eccezionale giovane, così, intensificava la pressione consolidando e cristallizzando le sue persuasioni. Schiva, ritirata, ma non timida, Lady Jane ascolta ed impara, trovando felicità e calore in compagnia della Regina madre, una compagnia che non aveva mai avuto a casa sua. Poi, i piacevoli ritmi di vita a Chelsea e Whitehall - dove Caterina aveva un appartamento vicino alle camera privata del re - improvvisamente sono interrotti. Nella casa scoppiano intrighi e passioni, e così, all’età di


28

11 anni28, Jane perde la prima persona che mai fosse stata gentile con lei. Poche settimane dopo la morte di Enrico VIII, ricompare nella vita di Catherine Parr. il Lord Ammiraglio. Molto presto egli le rende segretamente visita a Whitehall e nel suo palazzo di campagna a Chelsea. Ora Jane è diventata un membro del circolo di Corte: un membro certo silenzioso e ritirato, eppure aveva importanza, non solo per la sua condizione, ma anche per le sue evidenti capacità intellettuali. Nessuno allora, neanche i tutori del Re, avrebbero ammesso che lei lo stesse di fatto superando29. Ora avviene che l’Ammiraglio fosse la persona stessa che combinasse un’alleanza fra i due cugini. Il suo fare avrebbe diminuito il prestigio del Protettore, che eseguiva la politica dell’ultimo Re di ottenere una principessa francese o spagnola per suo nipote, Seymour consulta il Dorset, e si mettono d’accordo per portare avanti il progetto insieme. Al tempo stesso, pure l’Ammiraglio aveva le sue mire: la prima era quella di rovinare il Protettore (suo fratello), del quale era amaramente geloso. La seconda era di trovare un’erede per sé stesso. Propone così il matrimonio di Anna di Cleves, Duchessa di Richmond, e delle principesse Maria ed Elisabetta, come pure di Caterina Parr. L’amore di Caterina per lui non era mai morto e lei incoraggiava le sue avance. L’Ammiraglio si propone, così, di soggiogare il Re – il che sarebbe stato molto facile perché il Somerset era estremamente severo con il Re – e comincia a formare un partito contro suo fratello. Così Jane è coinvolta, suo malgrado, in un intrigo di palazzo incentrato nella sua persona, la Regina madre ed il Re ragazzo, e questo da parte di Seymour e dei suoi alleati, di cui il principale era il suo stesso padre. Thomas Seymour era un uomo di grandi ambizioni, violento, arrogante e privo di scrupoli. Per avere successo era necessario avere un bell’aspetto, essere un uomo pieno di risorse e d’immensa vitalità fisica. L’Ammiraglio possedeva tutte queste doti, oltre a molte altre grazie, Dopo quanto abbiamo detto di lei, non deve sorprendere la sua giovanissima età. Era ben lungi da quanto oggi potrebbe essere un undicenne. Possiamo dire che fosse una undicenne intellettualmente molto dotata, certamente quello che oggi considereremmo un “bambino prodigio”.

28

Il suo sviluppo mostra come di fatto lei lo avesse superato, e pure che sarebbe stata per lui una compagna adatta, in più che un senso.

29


29

senza le qualità di un raffinato gentiluomo. Il suo umore arrogante era associato ad una sorta di sesto senso per ciò che voleva la gente. Se la cosa gli conveniva, era pronto a provvedergliela. Ad Edoardo VI, che si lamentava che il suo zio più vecchio gli desse troppo poco denaro, egli dava regali in denaro, faceva sì che Caterina si sentisse sia regale che desiderabile dal romanticismo e dal fervore del suo approccio, eccitava Elisabetta con il suo charme, e per Lady Jane, che non aveva mai sentito reale affetto da parte dei suoi genitori, sembrava aver prodotto calore e gaiezza, forse persino il trattamento di uno zio indulgente pronto a viziarla. Edoardo, meno intellettualmente progredito, ma più acuto della sua cugina nei suoi giudizi della gente, avrebbe presto percepito la falsità dell’Ammiraglio. Sembra che, in questo periodo, Jane non se ne avvedesse. Dopo alcuni mesi di soggiorno di Jane con la Regina madre, Dorset, che attivamente promuoveva i suoi interessi dalla sua casa di Londra, comincia ad essere impaziente. Parla di togliere Jane dalla casa dell’Ammiraglio, se la questione del suo matrimonio non si fosse realizzata più speditamente. Finalmente, Seymour manda uno dei suoi gentiluomini, Harington, a rassicurarlo. Eppure non accade nulla. Alla fine Dorset si reca in casa dell’Ammiraglio, a Seymour Place, per parlargli in giardino, fuori dalla portata delle orecchie dei servitori. Seymor era pieno di promesse e di progetti. Se il Dorset fosse però stato così stupido da rimuovere Lady Jane, questi progetti non si sarebbero mai realizzati. Egli doveva, perciò, ottenere la custodia legale di Jane, ed era pronto a pagarla bene. Furono così concordati quelli che Dorset avrebbe descritto più tardi come “certi patti”. Ecco, così, che Seymour paga a Dorset alcune centinaia delle 2000 sterline che sarebbero state sue se Jane fosse stata contrattualmente promessa a Edoardo VI. L’ammiraglio, però, non fa alcun passo concreto, perché il Protettore, come Protettore di Edoardo, era in controllo assoluto della situazione. Dorset, però, non è tenuto a saperlo. Continua, così a fare a Dorset “belle promesse”, e Jane continua a rimanere a palazzo. Fintanto che Jane non è posta sotto la cura della Regina madre, lei non era mai stata né lodata né amata. Le famose elegie di Ascham sarebbero state solo fatte nel futuro. Ora la sua situazione era cambiata. Caterina si affeziona molto a lei. Lei ed Edoardo, esattamente coetanei, trovavano d’avere molti gusti in comune, e quando si sparge la voce che i due si sarebbero eventualmente sposati, Jane comincia a ricevere molti segni di ammirazione e lusinghe. Questa atmosfera di adulazione


30

può essere stata persino aumentata dal fatto che il Protettore, dal quale i complotti del fratello erano stati accuratamente celati, stava considerando un matrimonio fra Jane e suo figlio più vecchio, Edoardo, Lord Hertford. La mente di Edoardo, però, stava solo pensando ad una alleanza sul continente o al piano del padre di fargli contrarre matrimonio con la Regina degli scozzesi, Mary Stuart, allora di soli cinque anni. Al tempo stesso Caterina era stata persuasa dall’Ammiraglio a sposarlo segretamente. Lo avrebbero confidato solo al Re, la cui approvazione ed appoggio li avrebbe protetti dall’ira di Somerset e dal Consiglio privato. Alla fine di maggio del 1537 tutto è reso noto, e il Protettore, per quanto molto dispiaciuto, perdona suo fratello più giovane. Passa così per Jane un anno, felice e privo di avvenimenti, forse perché i piani del Seymour per il suo matrimonio a suo nipote, non si materializzano, e lei si sposta, con la Regina madre, da uno splendido palazzo all’altro – Hanworth, Chelsea, Whitehall… Nell’estate del 1548 lei si ritira, con Caterina, nelle proprietà dell’Ammiraglio al castello Sudeley, nel Gloucestershire. Là la Regina dà alla luce una figlia, e muore di febbre puerperale, otto giorni dopo il parto. Attorno a Lady Jane comiciano ad addensarsi delle nubi. Sebbene l’Ammiraglio avesse cessato di far finta di mostrare affetto per la moglie che aveva rischiato così tanto per lui, già diversi mesi prima della sua morte, lei gli lascia tutti i suoi possedimenti, desiderando “che essi fossero migliaia di volte di più di quel che fossero”. Così fa l’Ammiraglio, perché era sempre a corto di denaro ed ora la sua situazione era divenuta davvero disperata. Non si era avvicinato molto a realizzare i suoi progetti di far sposare Jane con il Re. Lascia il Gloucester dopo il funerale, si affretta verso Londra per raggiungere Edoardo, e Jane è messa a capo delle cerimonie di onoranze funebri nella cappella del Castello di Sudeley. Non appena sente della morte di Caterina, il Dorset fa trasferire Jane nella sua casa di Londra, e Seymor sembra piuttosto sollevato per la sua partenza. In ogni caso, acconsente alla sua partenza e lei rimane per un certo tempo presso i suoi genitori. Le lettere che si scambiavano fra di loro e l’Ammiraglio durante le prossime poche settimane, rendono evidente come essi avessero percepito in lei un certo cambiamento. Non era più la piccola e docile creatura che avevano conosciuto a Bradgate. Questo sviluppo non era


31

gradito al Dorset, e neanche a sua moglie. Quello che a loro più preoccupava era il fatto che l’Ammiraglio avesse fallito nell’organizzare il suo matrimonio, e così essi decidono di tagliare le loro perdite e di rimuoverla definitivamente dalle sue cure. Seymor, poi, li visita, insistendo che tutto sarebbe andato bene, se solo gliel’avessero restituita. “Dato che lei non avrebbe avuto un buon esempio,” avrebbe detto più tardi il Dorset, “saremmo stati contenti che tornasse a casa”, e cosi Lady Jane con la sua servitù, accompagnarono l’Ammiraglio a Hanworth. Seymour avrebbe voluto trattenerla indefinitamente, anche se non vi fosse stato lo sperato matrimonio, perché era un capitale da utilizzare al momento più opportuno. La sua presenza in casa sua avrebbe aumentato il suo stato. Al Parry, il Tesoriere della Principessa Elisabetta, egli confida, però, pure un piano di riserva. “C’è una favola che gira già da un certo tempo,” disse, “che io stesso dovessi sposare la mia Lady Jane”, aggiungendovi una sonora risata, “…e ve lo dico con grande gioia, sì, con grande gioia!”. Benché la cosa avesse sicuramente molto disturbato il Dorset, Frances non è così facilmente soddisfatta. Anche lei comincia a preoccuparsi della posizione della figlia. Chi la stava accompagnando ora? Seymor rispose a tutte le sue obiezioni in una lettera rassicurante a suo marito. Egli conservava tutte le damigelle di sua moglie ed avrebbe potuto provvedere a Jane un numero sufficiente di attendenti. Inoltre, sua madre, la vecchia Lady Seymour, era arrivata: “Io non dubito che si affezionerà a Jane come se fosse la stessa figlia sua”. Egli aggiunge, poi, che i Dorset avrebbero potuto certamente incontrarlo, non appena fosse ritornato da Corte. Quando lo fecero, Seymour rinnovò le sue promesse. Dapprima il Dorset non avrebbe voluto lasciare Jane con l’Ammiraglio, ma poi esita. Almeno Frances Dorset gli scrive, ringraziando Seymour per la sua offerta. Avrebbero continuato ad accogliere i suoi consigli al riguardo del futuro di Jane – cioè il suo matrimonio con il Re, ma egli deve darle fiducia come la sua “buona sorella” confidando che avrebbe fatto tutto il meglio possibile per il bene di sua figlia. Ancora una volta l’Ammiraglio aveva dovuto implorare di poterne avere la tutela. Dorset risponde con una descrizione del suo sviluppo. Difatti Dorset pensava che Jane fosse stata fin troppo viziata tanto da diventare intrattabile. Dal punto di vista del Dorset, sembrava che Jane fosse cambiata per il


32

peggio. Forse la forza di carattere che avrebbe sorpreso non pochi, era ora apparente sotto la sua quieta apparenza esteriore. Jane ritorna, così, dai suoi genitori, e prima di essere ancora persuasi da Harington e da Seymour di affidargliela, lei stessa scrive formalmente all’Ammiraglio, come richiedeva l’occasione. Le sue espressioni, per quanto formali, tradiscono un evidente desiderio di poter stare in sua compagnia. Ritorna, così, sotto la cura dell’Ammiraglio all’età di circa 12 anni, ed i Dorset ricevono altre 500 sterline. Ora i Dorset avrebbero del tutto appoggiato la causa dell’Ammiraglio, trovandosi coinvolti nella cospirazione per abbattere il governo e prendere lo stesso Re sotto il loro potere. Fra i congiurati troviamo Sir William Sharington, Maestro della Zecca che, facendo coniare moneta senza valore, fornisce parte dei fondi necessari. Un altro era il fratello dell’ex Regina, William Parr, ora Marchese di Northampton, a cui l’Ammiraglio dice: “Vi sarà molto rumore attorno alla mia Lady Jane. Il MiLord Protettore e la Miledi Somerset, faranno tutto ciò che sarà in loro potere per ottenerla da MiLord Dorset per il MiLord di Hertford. Essi, però, non prevarranno,” e continua, “perché la Miledi Marchesa l’ha affidata interamente a me…”. Ora l’Ammiraglio era determinato a far sollevare il paese contro suo fratello – perché il Dorset non si univa a lui? Dorset, però, non seguiva Seymour, preferendo affidarsi alla mezza promessa del Protettore che Lord Hertford avrebbe sposato Jane. Fra l’autunno del 1548 ed il gennaio dell’anno seguente, il complotto dell’Ammiraglio diventa più ardito e diffuso. Ignora tutti gli avvertimenti, inclusi quelli dei suoi amici nel Consiglio Privato. L’Ammiraglio non accetta che il Re non agisca attraverso di lui – era colpa di suo fratello se egli non poteva ottenere accesso a Sua Maestà. Sharington ora era riuscito a raccogliere 10.000 sterline, e fu progettata la sollevazione – almeno nella testa dell’Ammiraglio. Non accadeva però nulla. Nessuno sembra appoggiarlo nelle prime sue mosse. Finalmente, infuriato dal ritiro del Re e dalla pusillanimità dei suoi alleati, Seymour irrompe nella camera da letto del Re, apparentemente con l’intenzione di rapirlo. Viene, però, subito agguantato e condannato all’esecuzione capitale, che avverrà due settimane dopo (20 marzo 1549). Non appena viene arrestato, i Dorset fanno trasferire Jane a


33

Bradgate, dopo aver fornito al Consiglio privato le prove di cui avevano bisogno per discolparsi.

Tre anni con i suoi genitori Per i prossimi tre anni Jane rimane presso i suoi genitori. Ai loro occhi ora lei era solo un simbolo di fallimento e di sforzi sprecati... – e la trattano di conseguenza! Jane, però, trae le sue massime consolazioni dallo studiare, cosa che per lei è ben lungi dall’essere un fardello! Tra il 1549 e il 1550, i genitori di Jane (che al tempo ha 12 anni) affidano la sua educazione a John Elmer30 (28 anni) che, così, ricambia John Elmer (1521-94), vescovo di Londra nel 1566. Il suo nome può anche essere scritto Aylmer. Nasce nel 1521 a Aylmer Hall, parrocchia di Tivetshall St. Mary (15 miglia a sud di Norwich), Norfolk. Studia a Cambridge (B.A., 1541), sponsorizzato dal Duca del Suffolk, di cui diventa brevemente cappellano e tutore di sua figlia, Lady Jane Grey. Nel 1553, mentre è! Arcidiacono di Stow, durante il regno di Maria I, viene privato del suo ministero per essersi opposto alla dottrina della transustanziazione e fugge a Strasburgo e a Zurigo. Quivi aiuta John Foxe nella sua traduzione latina del Libro dei Martiri e scrive un trattato in risposta alle tesi del riformatore scozzese John Knox [An Harborowe [Harbor] for Faithful and True Subjects against the late blown blast concerning the government of women (Strasburg, 1559)]. Ritornato in Inghilterra dopo la salita al trono di Elisabetta I (1558) dove diventa Arcidiacono di Lincoln. Si distingue nella Chiesa di Inghilterra fino ad essere eletto vescono di Londra (1566). Sebbene fosse uomo di grande erudizione [sponsorizza pure diversi studiosi], la sua durezza verso i suoi avversari (puritani e cattolici-romani) lo rendono generalmente impopolare. Diventa oggetto delle pungenti satire dei Marprelate tracts. Pubblica diversi suoi sermoni e opere devozionali. Muore nel 1594 ed è sepolto nella vecchia chiesa di S. Paolo. J. Strype, Historical Collections of the Life and Acts of John Aylmer,

30


34

la loro sponsorizzazione dei suoi studi a Cambridge, il quale serve pure come cappellano a Bradgate. Dell’insegnamento ricevuto dall’Elmer, Jane dirà: “mi insegna in modo così gentile e piacevole… mi attrae alla sapienza in modo così affascinante!”. Più tardi Elmer scriverà: "A Harbour for Faithful Subjects" [Un porto per sudditi fedeli] in cui descrive in questo modo la pietà religiosa di Jane : “Il Re aveva lasciato alla principessa Elisabetta ricchi abiti e gioielli, e io so essere vero che per sette anni dopo la morte di suo padre, lei mai guardò a quel ricco splendore ed a quei preziosi gioielli se non una sola volta e contro la sua volontà. E che sul suo capo mai vi pose oro o gioielli, fintanto che sua sorella non la costrinse ad abbandonare la sua ordinaria sobrietà per farle compagnia in tutta la sua sfavillante gaiezza, ma portava tutte queste cose con così grande imbarazzo che era evidente a tutti quanto le disprezzasse. Sono sicuro che il suo abbigliamento da ragazza che usava durante il tempo del Re Edoardo, facevano molto vergognare le figlie e le mogli dei nobili perché sembravano vestite e dipinte come dei pavoni; erano più attratte dal suo virtuoso esempio che di quanto avessero potuto scrivere al riguardo Pietro o Paolo. Si, questo io so, che la figlia di un grande uomo [Lady Jane Grey] ricevendo da Lady Mary, prima che diventasse regina, molti abiti sgargianti intessuti d’oro e di velluto, quando li vide, disse: “Che devo farne di tutto questo?”. “Portateli al vostro matrimonio”, disse una gentildonna. Michelangelo Florio dice dell’istruzione di Jane: “[benché fosse dotata di quella beltà, disposizione e fattezza di persona che può desiderarsi in altra donna] tuttavia dai suoi più teneri anni, non meno dal suo naturale istinto che dalla paterna ubbidienza spinta, si diede allo studio della lingua latina, greca ed ebraica, in ciò per suo maestro avendo uno dei più dotti, costumati e religiosi giovani di quel regno, chiamato Giovanni Elmero [John Elmer], sceltosi fra molti dal suo prudentissimo padre; ed in si poco tempo, e così bene lei imparò, che Oxford, 1821; S. R. Maitland, Essays on the Reformation in England, London, 1849; J. Hunt, Religious Thought in England, i, 73-76, London, 1870; DNB, ii, 281-283.


35

piuttosto divino che umano mostrò avere ingegno. Ed avendo più volte udito dal suo pio maestro, che a chi voleva ottenere i bei doni dello Spirito Santo, nella scienza del Signore qualche frutto, e conoscere quando in angelo di lice si trasformi Satana per ingannarci, si impegnava al santo studio delle Divine Scritture con tutte le sue forze e con tutto il suo cuore, che in pochissimo tempo (aiutata dalla divina grazia) si ben penetrava i sentimenti di quella, che ne parlava con lo stupore di chi l’udiva; in tanto che benissimo si poteva comprendere a questo primo segnale, che ella era vera figliola di Dio. La pietà e cristiana religione, e quei santi costumi, che ai più cari figlioli di Dio convengano, in pochi giorni apprese, che mostrava averli portati dal ventre della madre, di maniera che se l’onorato ed illustre suo padre, e gli illustri suoi zii, detto gli avessero quel che già dissero i Betuliani a Giuditta (…)” (p. 26,27). Nell’inverno del 1553, giunge a conclusione la tutela di Roger Ascham sulla Principessa Elisabetta, ed egli viene mandato nei Paesi Bassi come segretario di Sir Richard Morrison, Ambasciatore di Edoardo VI presso Carlo V, Ascham aveva 35 anni, e con il suo libro Toxophilo, si era fatto un nome nei circoli protestanti ed intellettuali. Fra i suoi molti amici vi era John Haddon, ora cappellano dei Dorset, e Aylmer, il nuovo tutore delle figlie. Prima di lasciare l’Inghilterra, Ascham accetta l’invito a rimanere a Bradgate. Cavalcando attraverso il parco, osserva che i Dorset e quelli di casa loro erano andati a caccia. Necessitando riposo dal suo viaggio, va in casa e chiede se qualcuno sia in casa. E’ in casa, però, solo Lady Jane e viene portato in sia presenza. Ne consegue una delle più famose conversazioni della storia inglese, registrata da Ascham nello stile vivace ed informale che rese popolare la sua opera. Riporta la sua conversazione con Lady Jane Grey nel suo “Maestro di scuola” [The Schoolmaster]: “Prima di recarmi in Germania, giunsi a Bradgate, nel Leicestershire, per accommiatarmi da quella nobile Lady Jane Grey, che così tanto apprezzavo. I suoi genitori, il Duca e la Duchessa, con tutti quelli di casa loro, gentiluomini e gentildonne, stavano cacciando nel parco. Io la trovai nella sua camera, intenta a leggere il Fedone di Platone in Greco, e con molta delizia, proprio come un gentiluomo avrebbe letto una


36

novella del Boccaccio. Dopo averla salutata e riverita, e dopo alcuni convenevoli, io le chiesi perché mai anche lei non fosse andata nel parco a divertirsi. Sorridendo ella mi disse: “Tutto lo sport che essi fanno nel parco non è che un’ombra di quel piacere sopraffino che trovo in Platone. Ahimé, essi non sapranno mai che cosa significa il vero piacere”. “E com’è che,” replicai io, “voi siete giunta a conoscere così a fondo questi piaceri? Che cos’è che più di tutto vi ha attratto ad essi, dato che non molte donne, anzi, ben poche donne vi pongono generalmente mano?”. “Ve lo dirò,” rispose lei, “e vi dirò la verità che forse vi sorprenderà. Uno dei più grandi benefici che Dio mi ha dato, è che Egli mi ha dato genitori severi e spietati, come pure un gentile maestro di scuola. Perché quando sono alla presenza o di mio padre o di mia madre, sia che parli, faccia silenzio, stia in piedi o cammini, mangi, beva e mi diverta, o sia triste, cucia, giochi, danzi, o non faccia nulla, lo devo sempre fare con tanta intensità e forza che sembro Dio che crea il mondo. Se non faccio così, sono continuamente ripresa e minacciata crudelmente, castigata e bastonata, e quant’altro devo purtroppo subire non lo voglio dire per l’onore che porto loro. La mia vita è un vero inferno. Allora, per trovare solo un poco di sollievo, devo andare dal Maestro Elmer, che mi insegna in modo così gentile e piacevole, e che mi attrae alla sapienza in modo così affascinante, che il tempo non sembra più passare quando sono con lui. E quando mi richiamano e devo lasciarlo, io scoppio a piangere, perché, se non fosse per quell’istruzione, la mia vita sarebbe solo piana di afflizioni, guai, paure e maltrattamenti. Ecco così che i miei libri sono per me un tale piacere, anzi, di più, che, a confronto, tutti gli altri piaceri non sono per me che sciocchezze e fastidi”. Mi rammento, così, volentieri di questa conversazione, non solo perché è degna di essere ricordata, ma perché fu l’ultima che ebbi con tale nobile e degna Lady”. Ascham descrive pure Jane Grey in una sua lettera del 1550. “Non potrei in alcun modo trascurare di parlare di due donne inglesi, mio caro Sturmio, soprattutto se divenni loro amico: nulla è per me più desiderabile di questo. Una di queste è Jane Grey, figlia del nobile marchese del Dorset. Dato che aveva come nonna Maria, Regina di Francia, ella era strettamente


37

imparentata al nostro Re Edoardo. Ha quindici anni. A Corte ero molto gentile con lei e lei mi scriveva lettere molto erudite. La scorsa estate, al ritorno da una visita che avevo fatto presso certi miei amici nello Yorkshire (ero stato convocato a Corte da John Cheke), decido di fare una deviazione fino a Leicester e fare visita a Lady Jane, dove risiedeva con suo padre. Fui accompagnato direttamente in camera sua. Trovai la nobile e giovane Lady che leggeva (per Giove!) il Fedone di Platone in greco e con tale passione e competenza da suscitare tutta la mia ammirazione. Parla e scrive così bene in greco, che sembrerebbe impossibile il solo affermarlo. Ha un tutore, John Aylmer, ben versato in entrambe le lingue, e che mi è molto caro per la sua umanità, sapienza, costui, pura religione, e molti altri legami di vera amicizia. Prima di andarmene, lei mi promise di scrivermi in greco, basta che io le promettessi di mandarle le mie lettere scritte dalla Corte dell’Imperatore. Sono in attesa di una sua lettera. Quando mi pervenirà, te la manderò immediatamente”. Per più di 400 anni, l’attacco che Lady Jane rivolge ai suoi genitori, sarebbe stato usato come esempio della durezza mostrata dai genitori del 16° secolo verso i loro figli. Che mai aveva fatto, Jane, per suscitare in loro una tale brutalità? In quell’epoca i giovani d’entrambi i sessi e classi, erano frustati e battuti, o per avere trascurato le lezioni di scuola, o per disubbidienza, o per avere infranto l’etichetta loro richiesta. Lady Jane non avrebbe mai potuto essere accusata di pigrizia. Lei stessa ed i suoi tutori testimoniano il contrario, quanto, cioè, le lezioni di scuola la interessassero ed assorbissero l’attenzione. Era stata diligentemente istruita a casa e pure dalla Regina Caterina Parr in tutte le grazie sociali del tempo, e la sua pietà religiosa era ammirevole e comandava il più grande rispetto da parte di tutti. La veemente condanna che faceva dei suoi genitori testimonia del fatto che la sua stessa esistenza per loro non fosse che un fardello da portare, così amaramente sentita che anche la più piccola deviazione dalla loro volontà suscitava in loro vampate di incontrollabile ira. A parte il fatto che i loro progetti di farla sposare con il re erano sfumati, in quali altri modi essa rammentava loro, anche solo tacitamente, che le loro ambizioni erano state frustrate e le loro macchinazioni distrutte? La risposta sembra essere presente nella lettera del Dorset all’Ammiraglio, scritta l’anno prima che Ascham visitasse Bradgate.


38

“Lei dovrebbe essere decisamente meno ostinata … Io cerco sempre di rivolgere la sua mente all’umiltà, alla sobrietà ed all’ubbidienza, ma senza successo”. I suoi sforzi erano dunque vani?


39

Personalità in conflitto Lady Jane aveva dato ad Ascham un quadro orribile della sua vita domestica. Deve però essere pure considerato il suo contributo a quelle brutte scene. I Dorset erano grandi giocatori d’azzardo, e tutti i membri della famiglia ne seguivano l’esempio. Haddon e Aylmer protestavano invano, e la querelle continuò fintanto che rimasero sotto il tetto della Marchesa. Lady Jane, che modellava la sua condotta su quella del suo tutore, molto probabilmente si era alleata con lui contro i suoi genitori. Sebbene Jane fosse stata educata nell’ambito di una famiglia dedita allo sport ed al gioco, tutti i suoi gusti andavano in direzione opposta. Leggere, scrivere, fare musica, erano le sue passioni. Forse la sua tendenza a ritirarsi dalle attività all’aria aperta, messa in rilievo dalla forza della sua personalità e dai suoi poteri di auto-espressione, non andava né ignorata né perdonata. Il suo stile di vita, ammirevole agli occhi di Roger Ascham e dei suoi amici, per i Dorset non era solo antipatico, ma una vera e propria sfida nei loro confronti. Visto che i suoi genitori le esprimevano tutto il loro dispiacere e la maltrattavano, Jane li evitava il più possibile e si chiudeva sempre di più nei suoi libri. Più cresceva il loro risentimento nei suoi riguardi, così cresceva la sua determinazione e la sua dipendenza dall’erudizione e


40

dalla cultura, benché erano stati loro stessi che gliel’avevano provveduta, perché così si usava fare e, in senso più mondano, ne traevano profitto. Che una ragazza della metà del sedicesimo secolo, fosse affascinata dalla ricerca filosofica e specialmente da quella che si interessava di spiritualità, era molto naturale. La generazione di Lady Jane, ed il tipo di persona che rappresentava, non era interessata nella narrativa o alle biografie. Di fatto, per lei, la cosa che più assorbiva la sua attenzione era l’analisi, la speculazione teologica, come pure il confronto fra le teorie classiche sulla sopravvivenza dopo la morte e la via della salvezza e la fede cristiana. Jane studiava diligentemente la fede cristiana – soprattutto attraverso la Bibbia e poi attraverso la patristica. Michelangelo Florio vede nell’amore che Jane ha per lo studio della Parola di Dio e nel suo sincero ed intenso desiderio di ubbidirvi, disprezzando ciò che questo mondo tanto ama, quei sentimenti che Iddio ispira ai Suoi eletti. Scrive: “E donde nasce in noi siffatto studio d’onestà, di costanza, di timor di Dio e di vera pietà, se non da quell’eterno e benedetto seme della predestinazione?” (29). Gli standard ed i gusti di Lady Jane e dei suoi pari, derivati da pensatori ed umanisti come Erasmo da Rotterdam e Sir Thomas More, li conducevano ad una cultura insuperata nella storia dell’umanità, quella dell’antica Grecia e dell’Italia. I maestri che i Tudor ed i Dorset sponsorizzavano, avevano il dono di rendere l’erudizione assolutamente eccitante per i giovani. Essi seguivano il precetto di Thomas Elyot, che “i bambini non dovrebbero essere costretti ad imparare con la violenza … ma dolcemente attratti ad essa con lodi e con bei doni”. Attraverso Ascham, Aylmer e Haddon, Lady Jane comincia ad intrattenere corrispondenza con Bucero, Zwingli, Giovanni Ulmer31 ed altri ministri calvinisti e zwingliani, alcuni fra i quali avevano insegnato a Cambridge e che ora erano a pensione da suo padre. Le loro prime

Giovanni da Ulm (1530-1580), citato spesso come (John ab) Ulmis, o John Ulmer, discepolo svizzero di Bullinger, che il padre di Lady Jane proteggeva in Inghilterra. Scrisse con ammirazione ai suoi amici di Lady Jane e nel 1551 esprimeva fiducia che Jane avesse sposato Edoardo VI: ‘Io non penso che fra tutta la nobiltà inglese da molto tempo non vi sia mai stato un singolo individuo che, alla più alta eccellenza e talento, abbia unito così tanta diligenza ed assiduità… E’ incredibile quanto abbia progredito”.

31


41

lettere essi le avevano inviate al Dorset ma, in qualche modo, egli era sempre occupato od assente. Così una volta Jane scrive al Bullinger: “...il mio nobilissimo padre vi avrebbe volentieri scritto lui stesso per ringraziarvi sia delle importanti opere in cui siete impegnato, sia per la singolare cortesia che gli avete mostrato (...) se non fosse stato chiamato al servizio di sua maestà nelle più remote parti dell'Inghilterra...” (12.7.1551). Fu così che Jane prende il suo posto. Questi uomini speravano sempre che il suo matrimonio con il Re si sarebbe realizzato, e così essi pensavano di scrivere alla futura Regina, in ammirazione estatica. Le lettere di Zurigo, come poi furono chiamate, descrivevano una società di mutua ammirazione che girava tutt’attorno ad una solitaria ragazza, la cui principale forma di comunicazione con l’esterno era questo notevole ed intenso scambio di corrispondenza. Jane, lusingata dalle espressioni di Heinrich Bullinger nei suoi confronti, scrive in una sua lettera a lui datata 12 luglio 1551 (quando Jane aveva solo 13 anni): “...qualunque cosa la divina bontà possa avermi concesso, io la ascrivo solo a Lui, come capo e solo autore di ogni bene in me che porti una qualsivoglia parvenza di bene. A Lui, io vi prego, signore molto onorato, di offrire le vostre costanti preghiere in mio favore, affinché Lui possa dirigere me e tutte le mie azioni, affinché io non sia trovata indegna della Sua cosi grande bontà (...) Per concludere, dato che io mi accingo ad imparare l'ebraico, sarei onorata se lei mi potesse indicare una qualche via o metodo per perseguire questi studi con maggiore profitto. Se lo farete, vi sarei molto indebitata”. Nel frattempo, le dispute sul gioco d’azzardo avevano cominciato a suscitare molto rumore e i Dorset erano così infastiditi dell’interferenza di Haddon con il loro passatempo favorito che egli dovette, in qualche modo, intervenire. Haddon scrive a Bullinger: “Io lo sopporto solo per dovere … e continuo a trattare, ciononostante, con delicatezza”. Questa parte della corrispondenza rivela un aspetto importante del carattere di Jane. Si potrebbe dire che lei fosse fatta della stessa pasta dei martiri puritani: un grande senso di introspezione personale, rigore dottrinale, coraggio indomito, come pure indisponibilità ai compromessi, compromessi che erano la “specialità” dei Tudor.


42

Jane, intellettualmente la più brillante di una straordinaria dinastia, non sviluppa mai quella flessibilità che l’avrebbero potuta indurre a rivedere alcune sue posizioni, cosa che, di fatto, era stata promossa sia dall’antipatia che i suoi genitori avevano verso di lei, che dalle adulazioni dei suoi tutori. Maltrattata da una parte, e vezzeggiata dall’altra, prendendosi cura solo delle cose della mente, Jane sviluppa una capacità ad isolarsi del tutto non comune per il suo tempo, come pure la tendenza a non tollerare ciò che non fosse stato assolutamente in linea con i suoi principi. Una volta, durante una visita alla figlia di Enrico VIII, Maria, Jane contesta apertamente le convinzioni cattoliche di Maria. Sebbene Maria se ne fosse risentita, più tardi invia a Jane un vestito di velluto da indossare a corte. Jane, che credeva che bei vestiti fossero peccaminosi, cerca di rifiutare il dono, dicendo che sarebbe stata “cosa vergognosa seguire la Miledi Maria e contro la Parola di Dio”. I suoi genitori, però, avevano insistito che lo indossasse, nella speranza che la cosa avesse fatto impressione sul Re. Erano molti quelli che si attendevano che il Re sposasse Jane, ma lui avrebbe voluto sposare Maria, regina degli scozzesi, o qualche altra principessa straniera. Una volta terminato il tempo degli studi, Jane avrebbe dovuto rientrare in quel mondo che tanto disprezzava, ma l’avrebbe fatto per un solo motivo: il trionfo del Protestantesimo sulla vecchia fede, consapevole d’un solo fattore politico, che sarebbe un giorno diventata Regina d’Inghilterra. Lei era prima una Tudor, poi una Grey, e una protestante in ogni caso. In una lettera al Bullinger, Jane scrive: “Voi mi esortate ad abbracciare una genuina e e sincera fede in Cristo, mio Salvatore. Io cercherò di soddisfarmi a questo riguardo, per quanto Iddio mi ponga in grado di farlo. Riconosco, infatti, che la fede è un Suo dono (...) non cesserò, però, di pregare, con gli apostoli, che Egli, nella Sua bontà me la accresca giorno per giorno” (2, 7 luglio 1552). Tre anni più tardi, il rifiuto di Jane di cedere su questioni di principio, si manifestava in una resistenza endemica alle pressioni, e questa resistenza, ovviamente considerata dai suoi genitori come ostinata e contraria a ciò che essi consideravano suo dovere, si stava già facendo sentire.


43

John Dudley e il matrimonio di Jane Quando Jane raggiunge i quindici anni, i suoi genitori abbandonano il sogno di vederla sposata al Re Edoardo VI. Jane ora credeva di divenire la fidanzata del figlio del Duca di Somerset, Lord Hertford. Il Somerset, però, era stato messo in prigione ed il suo posto, come Lord Protettore, era stato preso da John Dudley32, Conte di Warwich e poi Duca di Northumberland. John Dudley è un uomo ambizioso e si rende conto che se Maria o Elisabetta dovessero salire al trono, certamente perderebbe la sua posizione e forse anche la testa. Dudley, così, complotta con i genitori ugualmente ambiziosi di Jane per risolvere questo "piccolo" problema. Dudley inizia con il diventare pure il protettore di Jane e poi convince i Grey che la loro figlia, la prima donna eleggibile nella linea di successione al trono, sposi il suo ultimo figlio non ancora sposato Guildford Dudley. Eletta Jane, poi, regina, Guildford sarebbe diventato re. John Dudley aveva ovviamente passato molto tempo a studiare esattamente il modo in cui avrebbe potuto manovrare la restia Jane ad John Dudley nasce probabilmente nel 1504. Primo figlio di Edmund, John riceve l'incarico di tenente nell'esercito nel 1523. Servendo sotto il Duca del Suffolk, conduce una campagna militare in Francia ed è fatto Cavaliere con Edward Seymour. Serve sotto Enrico VIII a corte ed nel paese, diventando una figura di rilievo. Acquisisce rispetto e grande reputazione per la sua perizia militare. Nel 1537 (l'anno in cui nasce Lady Jane), John Dudley è nominato vice-ammiraglio di una piccola flotta per combattere i fiamminghi. Ha successo e viene nominato “Signore dei Mari della Manica”. Diventa membro del Parlamento nel 1534, succedendo a Sir Edward Guildford di Kent. Ambisce così molto avanzare nelle grazie dei Tudor e nel potere. Sono soprattutto queste ambizioni che lo condurranno alla disgrazia quasi vent'anni più tardi.

32


44

accettare di essere Regina, in modo tale che, a sua volta, suo figlio diventasse re. Frances pure consente a rinunciare, per motivi di età, ai suoi propri diritti di successione in favore di sua figlia33. Il Duca del Suffolk si sente onorato della proposta che fa loro John Dudley, ma esprime al riguardo le sue più grandi perplessità: non sarebbe secondo giustizia. Si rende però conto del disastro che sarebbe avere Maria come Regina. John Grey così scrive a Dudley: “[Considero con orrore l'evenienza che Maria sia fatta regina] posta su quel trono, colma com'è di ogni superstizione, non farebbe che spargere tirannia e persecuzione. Quale miseria ed oppressione soffrirebbe il popolo! La Riforma, che costò a suo padre così tanta difficoltà a stabilire, sarebbe distrutta nel sangue! E la libertà, genitrice di ogni virtù e di ogni conforto per una nazione, sarebbe schiacciata per sempre” [Taylor, p. 18]. John Dudley propone così, piuttosto Elisabetta, “degna Signora e protestante!”. Per quanto riguarda Jane, però, così afferma: “noi riteniamo che vi siano parecchie difficoltà. Lei ama ritirarsi da tutto e da tutti, e non ha alcuna ambizione di concorrere alla Corona” [Taylor, p. 19]. I piani, però, procedono, Dudley, nonostante tutte le loro argomentazioni in contrario, riesce a persuadere i Grey, e si procede Nel maggio del 1553, così scrive al Duca del Suffolk: “...i sintomi sempre più preoccupanti della malattia del Re, non possono che allarmare chi ama il nostro Paese, né posso pensare che quell'ignorante e bigotta Maria succeda al trono, senza un moto di orrore (...) Ho pensato così ad un espediente che non riesco a togliermelo dalla testa, e così ho pensato ad un piano di cui vorrei che voi e la Duchessa del Suffolk, veniate a conoscenza, prima che io proceda a comunicarlo al Re. Voi sapete che suo padre, Re Enrico, pensava appropriato scartare la successione delle sue due figlie, Maria ed Elisabetta, alla Corona di Inghilterra, dopo Edoardo, facendole dichiarare illegittime; sebbene più tardi egli avesse ristabilito i loro diritti. Però, la religione di Maria è ragione sufficiente per scartare le sue pretese, ed Elisabetta nopn può essere nominata ad esclusione di sua sorella. La prossima in diritto di successione è Maria, principessa di Scozia ma, essendo una straniera, deve naturalmente essere esclusa. Vengono così i diritti della vostra Duchessa, a causa di sua madre, nipote di Enrico. Quello che vorrei ottenere, è persuadere la Duchessa ad accettare la Corona, se Edoardo dovesse proclamarla suo successore; oppure, nel caso di un suo rifiuto, esortare vostra figlia, Jane, ad accettarla (...) Senza dubbio mi si accuserà che questo mio progetto sia dovuto alle mie ambizioni al riguardo di mio figlio, ma (...) per amore della religione e del mio paese, lascerò che la gente lo dica pure (...) pur sapendo che non è così”.

33


45

con il matrimonio di Jane con Guildford. Maria ed Elisabetta sarebbero state poi proclamate dal Parlamento “bastarde”, invalidando così le loro pretese al trono. Elisabetta, benché protestante, era troppo legata al diritto di Maria. Dudley convice poi Edoardo ad alterare il testamento di suo padre. In realtà, Jane vorrebbe solo essere lasciata in pace a proseguire i suoi studi. Scrive, fra l'altro, alla cugina Lady Anne Grey: “Dilettevoli insegnanti! Quali interessantissime e piacevoli verità voi ci avete gradualmente spiegato mentre il nostro giovane giudizio stava maturando! Quali nobili scoperte avete fatto fare alle nostre stupite facoltà nelle meraviglie della filosofia naturale e, soprattutto, nelle ancora più grandi meraviglie della verità rivelata! Che gratitudinre! Che umanità! Che speranze! Che gioia abbiamo sentito nel nostro fiorente petto, mentre ricevevamo le istruzioni dei nostri riveriti istruttori! E mentre ascoltavamo ai suoi gentili precetti, per la condotta della nostra vita, quanto i nostri occhi che si incontravano hanno letto i reciproci sentimenti! [...] O quali dilettevoli giorni ed anni di piacevole istruzione [...] Perché mai non mi si permette di continuare il godimento di tale vita, sotto la protezione del mio nobile padre? Ahimè! Perché, giovane come sono, dovrebbero i miei teneri genitori pensare di staccarsi da me?” [Taylor, 24]. Non solo questo, ma, scrivendo alla stessa sorella due giorni dopo, lamenta le pressioni sempre più grandi che le fanno i genitori, ed esprime il suo orrore al solo pensiero di incontrare il Guildford, affermando come la famiglia Dudley non le piacesse affatto!34 Jane, così, è del tutto stupefatta quando apprende dai suoi genitori che avrebbe dovuto sposare Guildford Dudley, il figlio più giovane del Duca di Northumberland. Guildford era un giovanotto attraente, un anno più vecchio di Jane, ma sembra che a Jane non piacesse molto. In una sua lettera alla cugina Anna, Jane esprime piuttosto il suo interesse per un altro giovane che le era stato presentato, Sir William Morley, la cui “grandezza di mente” glielo aveva reso ancora più attraente. Il solo pensiero di essere costretta a mettersi con Lord Guildford, la riempie di rabbia [Taylor, 29]. In un'altra lettera, Jane afferma di amare molto William, che le ricambia le attenzioni, riconoscendo che è solo per gratificare le ambizioni [“fatali”] della famiglia che la vogliono unire “alla arrogante razza dei Northumberland” [Taylor, 30].

34


46

Rifiuta, così, di sposarlo, e continua a rifiutare fintanto che la madre letteralmente la costringe a sottomettersi. I Dorset erano ora “amici” del Northumberland, e la Marchesa stessa era stata elevata al Ducato del Suffolk, il titolo del suo suocero. Jane è costretta a sposare un giovane che a malapena conosceva e a divenire nuora di un uomo che odiava e di cui non aveva fiducia. A forza di insistere, sembra però che i Suffolk la persuadano quanto sia necessario questo matrimonio per il bene del Paese35. Il matrimonio avviene il 25 maggio 1553, nella casa londinese dei Northumberland. L'avvenimento era un triplo matrimonio, non solo quello di Jane, ma pure quello della sorella più giovane Katherine con Lord Herbert, e quello di Catherine Dudley, figlia dei Northumberland, a Lord Hastings, figlio del Conte di Huntingdon. L'evento è così affrettato che gli abiti di nozze devono essere presi a prestito dal reale Maestro del Guardaroba. Jane indossa una gonna d'oro e d'argento in broccato e ricamata con diamanti e perle. La sposa sarebbe stata condotta all'altare da due bei paggi e con un corteo di sedici vergini, vestite di bianco, che l'avrebbero preceduta all'altare. Una descrizione originale che ci è pervenuta descrive la cerimonia come una parata vistosa e volgare, condotta, con grande disgusto dell'Ascham “alla vecchia moda papista ... nonostante il preteso zelo del Dudley verso la Riforma”, che però rimaneva “papista nel cuore” (Taylor 36). Il matrimonio di Jane con Guildford è consumato il mese seguente su comando del Northumberland, ma la coppia continua a vivere in stanze separate. L'apprezzamento di Jane per Guildford, però, sembra, in una certa misura, sensibilmente diminuire36. Intanto la salute di Edoardo declina sempre di più e i medici gli danno non più che tre giorni di vita. Troppo poco per il Northumberland, che La stessa Jane aveva pure privatamente espresso a sua cugina Anna, in una lettera, che disgrazia sarebbe stata avere Maria come Regina. Scrive: “...l'ostinazione di Maria nella fede romana è orribile. La sua ignoranza e bigotteria procura molte cause di preoccupazione. L'Inghilterra, indubbiamente, avrebbe molto da temere, se dovesse perdere l'amabile Edoardo, e lei ereditasse la Corona. Il suo temperamento è l'opposto del suo – e la sua stessa fede le fa considerare la persecuzione persino meritoria” [Taylor, 31].

35

La cosa traspare da una lettera di Jane a Lady Anne, che rileva come Guildford si attacchi sempre di più a Jane (Taylor. 36].

36


47

fa di tutto per far accettare al re [che ben si rende conto come la cosa non sia corretta] ed al consiglio della Corona [imbarazzato, minacciato e recalcitrante, ma anche allettato con promessa di generose ricompense] di nominare Jane come sola erede al trono37.

L’incoronazione di Jane Tre giorni più tardi, il Re Edoardo VI muore38. La vita di Edoardo viene allungata di qualche giorno con l'uso di misteriose quanto inutili pozioni a base di arsenico, somministrate da una donna misteriosa imposta dal Dudley al posto dei medici che avevano seguito il Re fin dalla sua nascita. Le loro proteste a nulla servono. Le “cure” somministrate al Re sono molto dolorose. Gli storici discutono sul fatto se Dudley, in realtà, volesse avvelenare il Re. La cosa, in ogni caso, danneggia molto la reputazione del Duca di Northumberland.

37

La morte e lo stesso luogo di sepoltura di Edoardo, rimane misteriosa. Il problema della sepoltura di Edoardo è un altro problema che deve affrontare il Northumberland. Un'autopsia che preceda l'imbalsamazione, avrebbe potuto rivelare sintomi dell'uso di veleno. Le ossa di Edoardo sembrano essere state riposte sotto l'altare della cappella di Enrico VIII nell'Abbazia di Westminster. Sembra però che non siano proprio di Edoardo, ma di un altro giovane che gli somigliava, usato per nascondere l'aspetto sfigurato di Edoardo causato dall'arsenico, ucciso a bella posta [almeno secondo una lettera di John Burcher a Heinrich Bullinger del 16 agosto 1553, riportata da Taylor a p. 43.

38


48

Dopo aver udito la notizia, Dudley persuade il Consiglio della corona ad inviare una lettera alla sorella Maria. Nella lettera avrebbe scritto che Edoardo era molto malato e desiderava vederla. Il Re Edoardo, nel frattempo, era veramente morto, ma la notizia non era ancora pubblica [la notizia era stata per un po' tenuta nascosta]. Maria cade nella trappola e subito si mette in viaggio per Londra, per incontrare suo fratello Edoardo. Dudley cerca così di far arrestare Maria durante il viaggio, condurla prigioniera e rinchiuderla nella Torre39. Maria, però, scopre, durante il viaggio, la verità sulla morte del Re e manda a sua volta una lettera al Consiglio, assumendo che lei era la legittima erede al trono e che essi la riconoscessero come Regina. Verosimilmente non era a conoscenza del complotto del Dudley, ma menziona quanto sia strano che lei apprenda della morte del fratello solo due giorni dopo il fatto. Dopo aver ricevuto la lettera di Maria, i Lord (ventuno Consiglieri della Corona) rispondono in una lettera datata il 9 di luglio, respingendo le sue pretese alla corona e dichiarando l'investitura de “la nostra Sovrana Lady Regina Jane” ed esigendo che Maria rimanga “quieta ed ubbidiente”. Le firme dei Consiglieri40 dichiaravano chiaramente la fedeltà che avevano giurata alla Regina Jane secondo quanto stabilito dal testamento controfirmato di Edoardo. La maggior parte degli storici concorda che Dudley, avesse dunque avuto successo nel persuadere il Consiglio della Corona a fare, al riguardo, come lui aveva programmato. La lettera afferma che Maria non aveva più titolo alla

Una lettera del 7 luglio di Lady Dudley a Lady Catherine, sorella di Jane, esprime il suo timore che le cose per Jane, proclamata regina, siano destinate a mettersi male: “Non appena le principesse saranno assicurate alle prigioni, Lady Jane sarà proclamata Regina di Inghilterra – Ah, mia cara Lady, quante spine saranno nascoste fra i gioielli di quella corona! Io tremo per te [...]. Io non so per che cosa pregare, o per il successo o per il fallimento di questa impresa. Il successo sarebbe fondato nell'ingiustizia, il fallimento, e la principessa Maria stabilita sul trono, senza dubbio implicherebbe la nazione in mille miserie, e sarebbe la rovina della nostra famiglia e partito. Il sovvertimento della Riforma sarebbe inevitabile, bigotta com'è la Principessa verso la religione papista. Io temo che l'innocente Jane diventi la vittima di quella furia” (Taylor, 45).

39

Thomas Canterbury, il Marchese di Winchester, John Bedford, W. Northamton, Thomas Ely (Cancelliere), Northumberland, Henry Suffolk, Henry Arundel, Shrewsbury, Pembroke, Cobham, R. Ritch, Huntingdon, Darcy, Cheyny, R. Cotton, John Gates, W. Peter, W. Cicelle, John Cheke, John Masoln, Edw. North, E. Bows.

40


49

Corona, in quanto dichiarata ufficialmente illegittima dopo il divorzio di Enrico VIII da Caterina d'Aragona41. Essa pure ammoniva Maria a cessare, qualunque fosse il pretesto, di “vessare e molestare la nostra Sovrana Lady Regina Jane ed i suoi sudditi dalla loro vera fede e fedeltà dovuta alla sua Grazia” (Taylor, 52). Il Consiglio concorda con il Northumberland, che ora sembra essere l'unico a condurre il gioco, di procedere con il piano e dichiarare prima Jane Regina e poi dire a Maria, quando sarebbe giunta, che la cosa era già stata fatta. Michelangelo Florio giudica cosa davvero stolta, da parte del Dudley, ed un’ingenuità da parte di Edoardo VI (troppo giovane per prevederne le tragiche conseguenze), aver voluto trascinare Lady Jane nell’avventura dell’incoronazione a Regina. Afferma che, se davvero si voleva avere una Regina protestante, perché non avevano voluto Elisabetta che, oltre ad averne maggiore titolo, “…di vera pietà, di dottrine, di costumi santi fu sempre un chiaro specchio ed esempio”? (30). Inoltre: “E chissà che molto minore non fosse stato il danno di quel regno” se, rispettando il testamento di Enrico VIII, “a Maria si fosse veduta di fatto, dopo la morte del fratello, benignamente dare la corona?”. Tutti questi avventati giudizi umani, che vorrebbero risolvere da soli le questioni forzando la situazione manifestando scarsa fede nella provvidenza di Dio, “dispiacciono a Dio ed hanno un doloroso fine (…) Se Maria era lontana dalla vera pietà, due cose si dovevano considerare. L’una che il cuore del Re è nelle mani del Signore, il quale, quando è provocato ad ira dai misfatti del popolo, è per suo beneficio e non per suo danno” (30) il castigo che gli dà”. Il Florio avrebbe visto in Maria Regina, un castigo che ben avrebbe dovuto sopportare e non cercare inutilmente di evitare! La lettera arriva il 9, ma già Jane, che era a Chelsea, è convocata alla Sion House, antico monastero da Mary Sidney, scelta come latrice del “In conseguenza del divorzio fatto fra il Re di famosa memoria, Re Enrico VIII, e Lady Catherine, vostra madre, che era stato necessario ottenere per le eterne leggi di Dio, come pure dalle leggi ecclesiastiche, l cui validità era stata ulteriormente confermata dala maggior parte delle nobili ed erudite università della Cristianità, come pure confermato dagli speciali atti del Parlamento ancora in vigore, per i quali voi siete stata giustamente dichiarata illegittima e senza possibilità d’ereditare la Corona imperiale di questo Regno” (Taylor, 52).

41


50

messaggio. Vi arrivano sul fiume con una lancia da parata e là le due giovani devono attendere. Due Lord intrattengono Jane nella conversazione, forse per prepararla all'annuncio ufficiale. Jane si stupisce molto degli onori che già le riservano da parte di chi l'accoglie nella casa, “troppo onore per la sua condizione”, osserverà. Non sa ancora, però, della morte di Edoardo. Arriva, così, il Duca di Northumberland che chiede a lei ed a Mary Sidney di procedere con lui e con i Lord (in processione formale) nella Camera di Stato, dove trova i suoi genitori, il marito, la suocera e Lady Northampton, tutti che le riservano tali onori da lasciarla del tutto stupefatta. Nell'ambito di quel consesso il Duca Northumberland pronuncia un discorso, informandola del decesso del Re e del fatto che lui l'aveva voluta nominare sua successore, e che la cosa è stata approvata dai Lord del Consiglio, dalla maggior parte dei Pari, e da tutti i giudici del Regno, con tanto di documenti ufficiali sigillati. La assicurano della loro eterna fedeltà e che Dio, “che sovranamente dispone di ogni corona” la benedica, e che lei accetti di assumere il nome, il titolo e la condizione di Regina d'Inghilterra, Francia ed Irlanda. Jane è molto imbarazzata quando le si rivolgono come "Sovrana Lady". E' ancora più confusa perché stenta a credere che un tale disastroso evento come la morte di Edoardo, sia stato nascosto a lei, a sua cugina ed al pubblico in generale. Di fronte a tutto questo Jane rimane senza parole e tremante, e più tardi scriverà che quel momento l'aveva lasciata "stupefatta e preoccupata". Tutti le si inginocchiano di fronte e Jane barcolla e cade, scoppiando in lacrime. Nessuno cerca di aiutarla a rimettersi in piedi, né a calmare il suo pianto. Fra i suoi singhiozzi si odono le parole: "un tale nobile principe". Infine, riprende abbastanza controllo, si alza in piedi e pronuncia le parole: “La Corona non è nel mio diritto e non mi piace per nulla. La legittima erede è la Regina Maria”. “Quanto ella poté, fece resistenza, pregando quei signori, che la notizia le portarono, che dovessero dare la corona a chi le spettava di diritto, a persona più atta a così gran governo. Ma nulla le valsero i preghi, si che si potessero piegare a voler lasciarla in pace, anzi, dissero così volere per beneficio del Regno e per il mantenimento della cristiana religione già introdottavi; giacché così ordinato aveva nel suo testamento Edoardo, e lietamente tutti con giuramento promisero d’esserle


51

ubbidienti e fedeli (…) O miserabile caso, dal forzato acconsentimento di questa innocente e santa giovane, udite, cristiani fratelli, quanti grandi mali sono proceduti! (…) A lei, al padre, allo zio, al suocero, ed al gran numero di personaggi onorati d’ogni ordine e condizione fu tagliata la testa. La vera religione, tutti i buoni ordini della chiesa, la dottrina di Cristo, e Cristo stesso, furono poi banditi ed un così bel regno, che lieto ricetto ed albergo parecchi anni era stato di pellegrini fedeli d’ogni nazione perseguitati dalla tirannide dell’Anticristo, in pochi giorni non pur pianse la loro calamitosa partita, ma le atrocissime e spaventose morti dei suoi più cari e santi membri e per le sue strade vide miserabilmente correre il sangue loro” (Florio, 32, 33). Dudley è il primo ad ammonirla con le sue solite tattiche intimidatorie, poi, quando i suoi genitori, marito e suocero protestano a viva voce, Jane cade in ginocchio chiedendo che il Signore la guidi. I suoi genitori esigono che lei ubbidisca loro e faccia ciò che le è richiesto. Essendo molto religiosa, Jane sente di dover ubbidire e onorare i suoi genitori, e accetta riluttante, insistendo sul fatto di non essere proprio adatta ad occupare questo ruolo. Jane risponde con un breve discorso mettendo in rilievo come indubbiamente la Corona sia stata, nel recente passato, con tutte le vicende avvenute sotto Enrico VIII, più una disgrazia che un privilegio e che teme che il suo peso la schiacci completamente, ma, suo malgrado, ne accetta le spine ed il fardello, se questo è per il bene della nazione. Dopo lunga riflessione, Jane poi così prega Iddio: “Se ciò che mi è stato dato è legalmente mio, possa la Tua divina Maestà concedermi un tale spirito e grazia affinché io possa governare alla Tua gloria e servizio, per il vantaggio di questo Regno”. Subito dopo Jane è portata ad un trono e proclamata Regina di Inghilterra, con le solite formalità. Si mette a sedere sul trono e permette ai presenti di baciarle la mano e di giurarle fedeltà. L'Inghilterra, così, aveva una nuova Regina. Più tardi, in quello stesso giorno, il 10 luglio, viene stilato un proclama che sancisce l'accessione al trono di Lady Jane. Jane protesta, però, quando il Lord Alto Tesoriere, il Marchese di Winchester, le porta la corona regale, ma dopo un po’ accetta che le sia posta in capo. Quando il tesoriere le dice, poi, che sarebbe stata fatta un’altra corona per suo marito, Jane


52

manifesta il suo dispiacere. Nonostante la rabbia e le lacrime di Guildford, lei insiste che non permetterà mai che Guidford sia fatto re. Ancora una volta Jane cerca di obiettare dicendo che tutto questo le è stato imposto a forza. Poco più tardi appare Winchester, portando la Corona imperiale del regno. Nella descrizione di questi fatti, composta più tardi da lei stessa, a questo così replica: "Io non ho mai chiesto di avere questa Corona e nessuno l'ha mai fatto a mio nome". Lei, così, la rifiuta. Winchester risponde dicendo che voleva solo vedere se le si adattasse. "Vostra grazia, prendetela senza paura". Finalmente accetta, dicendo che, però, l'avrebbe solo fatto per vedere se le si adattasse... E così la riluttante Regina è incoronata. Dopo questo, tutti lasciano la sala, eccetto Jane e suo marito. Egli la guarda e le chiede di dichiararlo Re. Lei si rifiuta e lui risponde infantilmente: "Io sarò fatto Re da voi e da un Atto del Parlamento". Jane ostinatamente rifiuta di cambiare idea e ne segue un furioso litigio, che termina quando Guildford lascia la sala in lacrime, alla ricerca di sua madre. Al tempo stesso Jane manda a chiamare Pembroke e Arundel, dicendo loro: "Se la Corona mi appartiene, sarò felice di fare di mio marito un Duca, ma non consentirò mai a incoronarlo Re". A questo punto Guildford e sua madre ritornano. Sua madre la Duchessa danno in escandescenze contro Jane per un ora, ma Jane rimane inflessibile nella sua decisione. Nonostante le obiezioni di Jane a fare di Guilford Re, Northumberland le annuncia che sia lei che suo marito sarebbero stati incoronati fra due settimane. Il giorno seguente, Jane fa il suo ingresso ufficiale a Londra, per essere proclamata Regina. Jane viene vestita dei colori verde e bianco dei Tudor. Per farla apparire persino più imponente, le fanno mettere delle speciali chiamate "chopin" che le aumentano la statura di almeno tre pollici. L’arrivo di Jane alla Torre di Londra è descritta da uno spettatore, Battista Spinola, in questi termini: “Oggi ho visto donna Jane Grey che camminava con solenne processione, verso la Torre. Ora lei è chiamata Regina, ma non è popolare, perché il cuore del popolo è con Mary, la figlia della Regina spagnola. Questa Jane è di bassa statura e magra, ma piuttosto ben formata e graziosa. Le sopracciglia sono


53

arcuate e più scure dei suoi capelli, che sono quasi rossi. Gli occhi sono luminosi e d’un colore bruno rossastro. Ero così vicino a sua grazia tanto da notare che il colore del suo volto era bello, ma lentigginoso. Quando sorrideva, mostrava i denti, che sono bianchi e aguzzi. In tutto e per tutto è una figura graziosa ed animata. Portava una veste di velluto verde con impressioni dorate e maniche larghe. I suoi capelli erano raccolti in una cuffia bianca trapuntata di molti gioielli. Camminava sotto un baldacchino, sua madre le sosteneva la lunga coda della veste. Guildford camminava al suo fianco, vestito di bianco e d’oro, un ragazzo molto alto e forte con capelli biondo chiaro, e le prestava molta attenzione. La nuova Regina aveva ai piedi scarpe di tipo chopin molto alte per farla apparire di maggiore altezza, ed erano nascoste dalle sue lunghe vesti, visto che lei è piuttosto fine e di bassa statura. Molte damigelle la seguivano con diversi gentiluomini, ma questa Lady è molto eretica e non ha mai assistito ad una Messa. Questa è la ragione per cui molti fra il popolo non sono venuti alla processione”. Guildford, suo marito, viene adornato con uguale splendore, con i colori bianco ed oro. Fra le tre e le quattro del pomeriggio del 10, un corteo di chiatte porta Jane ed i suoi attendenti alla Torre, com’è tradizione, dove le sono stati preparati i gioielli della corona come pure gli appartamenti di stato, che occuperà. Il popolo sulla riva, però, è piuttosto silenzioso. Aveva appreso da poco della morte di Edoardo ed ora ecco che deve assistere all'arrivo al trono di una giovane e indesiderata cugina. Molti sono dell'avviso che la legittima erede al trono debba essere Maria. La maggior parte della gente ritiene, infatti, che debba essere Maria la legittima erede al trono, e poche sono le grida di entusiasmo verso di lei. Il marchese di Winchester e Sir John Bridges42, luogotenente della Torre, le dà il benvenuto, circondato da civili e da militari, come pure dagli Yeomen, guardie del corpo reale, guardiani della Torre di Londra, ciascuna con un ascia dorata al di sopra delle spalle. Winchester si Sir John Bridges (1490-1566), primo barone Chandos, luogotenente della Torre di Londra. Chiede a Lady Jane di scriverle qualche verso sul libro di preghiere che porta alla sua esecuzione, e Jane glielo dona. E’ presente anche all’esecuzione di John Hooper. Foxe si riferisce a lui come 'Lord Shandois', 'Chandos' or 'Shandoys'.

42


54

inginocchia e le presenta le chiavi della fortezza e Dudley avanza per prenderle lui stesso, rendendo chiaro a tutti che ora sarebbe stato lui il vero potere dietro quella regina. Colpi di cannone a salve salutano i nuovi arrivati e le bandiere di seta ed altre decorazioni sventolano al chiaro sole pomeridiano. Lady Jane procede nella Torre bianca, ma non lascerĂ piĂš la fortezza.


55

Regina per nove giorni Una volta nella Torre, Jane è portata nella Sala delle udienze, dove prende posto sotto il baldacchino reale. Sbrigate, così, tutte le formalità ufficiali, consapevole della realtà della situazione e dei doveri che si assume una regina, la vita nella Torre comincia a seguire quella routine che i governanti prima di lei avevano seguito da secoli. Il Consiglio della Corona lavora alacremente ed è dominato dal Duca Northumberland e dal Suffolk. Jane firma tutte le carte che le sono sottoposte. Per alcuni giorni, Northumberland sta accanto a Jane, portandole documenti da firmare e dicendole generalmente ciò che deve fare. Molte di queste carte riguardano la comunicazione della nuova situazione ai regnanti stranieri ed esortazioni ai vari nobili del regno di sottomettersi a Jane. Molti fra questi, però, presupponendo che la corona sarebbe stata diritto di Maria, si erano già sottomessi formalmente a quest'ultima, e non a Jane.


56

Una questione che subito sembra stare a cuore a Jane è quella di esaminare la lista di coloro che sono tenuti prigionieri alla Torre. Esamina, così, ogni caso individuale, e in diversi casi concede loro la libertà, fra cui Lady Laurana de' Medici, imprigionata con sua madre e vittima delle persecuzioni accese dal Vescovo Cranmer contro quei cattolici che avrebbero potuto minacciare lo stabilimento della Riforma nel Regno43. La questione più spinosa da da affrontare, naturalmente, è quella di Maria, che non solo rifiuta di sottomettersi, ma pretende la corona e raduna attorno a sé un esercito di sostenitori pronti a prendersi con la forza ciò che sono persuasi sia loro diritto. La lettera che giunge con le pretese di Maria, è perentoria. Passa il tempo. Il Consiglio manda la sua risposta a Maria, chiamandola bastarda ed esigendo che lei riconosca Jane come la vera Regina. Il popolo di Londra viene informato dei fatti, ma non ne mostra alcun entusiasmo, continuando ad essere rattristato per la morte di Edoardo. Quella domenica, l'11, il sermone pronunciato nella cattedrale di S. Paolo appoggia la decisione d'avere Jane come regina, dichiarando al tempo stesso che Maria e Elisabetta sono solo delle figlie bastarde. La sera dell'11 un messaggero arriva alla Torre con una lettera di Maria, con data del 9 luglio. Nella lettera Maria si proclama Regina e chiede che sia evitato un bagno di sangue. La lettera viene letta ad alta voce ed è seguita da un lungo silenzio, rotto solo dai singhiozzi delle due duchesse. Lady Jane non dice nulla. Dopo un lungo dibattito, si decide che due fratelli di Guildford, il conte di Warwick e Lord Robert Dudley, vadano ad incontrare Maria. Vi arrivano il 12 e fortunatamente sono distratti dalla sua attenzione, il che salva verosimilmente loro la vita. Ora Maria decide di marciare su Londra, alla testa di un intero esercito. Il resto di quella sera e l'intero giorno seguente sono passati nell'organizzare le forze governative in attesa dell'arrivo di Maria.

Il resoconto della sua vicenda che fa alla Regina Jane [riportato in una lettera di Anne Grey (Taylor, 61 e ss.) è, in realtà, la storia d'amore fra lei ed un altro prigioniero, Edward Courtney, relegato anch'egli nella Torre per un suo coinvolgimento in un complotto contro il Re. La storia commuove Jane, che provvede alla liberazione dei due.

43


57

Dudley informa Carlo V di Spagna che Jane è stata proclamata Regina e sottovaluta le minacce di Maria. Ben poco è riportato di quanto accade dall'11 al 13 perché forse Jane si ammala. Jane stessa pensa di essere stata avvelenata dalla Duchessa di Northumberland, ma non vi sono evidenze che questo sia realmente avvenuto. Gli scritti di Jane menzionano solo che la sua schiena si sia spelata, molto probabilmente un fenomeno nervoso causato dalla preoccupazione, dall'ansia e dall'umidità del fossato scoperto intorno alla Torre. Per il 13 è chiaro ormai che siano sorti seri problemi. Il popolo non appoggia Jane e, al posto, vuole Maria. Michelangelo Florio, a quel tempo a Londra, testimonia come in ogni angolo della città si inneggiasse a Maria regina e come i cattolici, repressi dalla politica riformatrice di Enrico VIII e di Edoardo VI, considerassero la per loro felice opportunità d’avere Maria al trono, un’occasione di rivalsa. Il Florio scrive: “Pubblicata questa novella della deliberazione dei consiglieri [il voltafaccia del consiglio della Corona di deporre Jane ed appoggiare Maria] per tutta Londra, in men che non si dica, in ogni strada e cantone di quella, si videro mettere fuori dalle finestre ed alle botteghe, cataste di immagini, statue, crocifissi, di santi e sante, ed infinite croci, che per un tempo dormito avevano, chi di rame, chi d’ottone, chi d’argento, e chi di legno; e poi, le pianete, i piviali, le tonacelle, i camici, le stole, i candelieri e calici, che erano stati nascosti per timore delle santissime leggi di Edoardo (…) e con altere parole e braverie contro i veri figlioli di Dio, gridavano: Prigione, prigione, ferro, ferro, sangue, sangue, e fuoco fuoco. Ma contro a chi? Contro la signora Giovanna, innocentissima, la quale, era fuori d’ogni suo pensiero e desiderio, accettare quel titolo di Regina. Ad altro giammai non rivoltò il pensiero che a beneficare tutto quel Regno, innalzare e favorire i buoni, castigare i malvagi, difendere gli orfani, aiutare le vedove, sollevare gli oppressi, e mantenere il vero culto di Dio in abbondanza ed in pace (…) tanto suonavano le campane che sembrava essere nato un Cristo novello (…) Ma se l’instabile e pazzo volgo di Londra avesse saputo (…) certamente si sarebbe inginocchiato a domandare la misericordia di Dio, piuttosto che a fare


58

allegrezza! (38,39) (…) Ah, inconsiderata Londra: perché non ti accorgesti che la via da te presa, che giusta ti parve, ti avrebbe condotto a morte e che il tuo riso si sarebbe trasformato, di lì a poco tempo, in dolore?" (40). L'esercito di Maria, radunato a Kenninghall, era privo di leader, e sarebbe stato sbaragliato abbastanza facilmente dal Northumberland, esperto militare, ma preferisce rimanere a Londra a difendere i suoi interessi. Non si fida della fedeltà del Consiglio, ed ha ragione a non fidarsi. Il Consiglio si riunisce e decide che il padre di Jane, il Duca del Suffolk, si metta a capo delle truppe per contrastare Maria. Jane, però, vi si oppone, molto addolorata, ed insiste che egli rimanga, allarmata per la propria sicurezza e soprattutto perché non vuole rimanere da sola con il Dudley. Jane, però, insiste a che vada il Dudley, dimostrando, così di voler veramente difendere la causa di Jane. Dudley non ha dubbi del successo che avrà. Dice: “In pochi giorni ritornerò portandovi Lady Mary prigioniera, messa a posto come si a con ogni autentico ribelle” (Taylor, 73). Il Northumberland, così, parte con un esercito per andare a catturare Maria che, nel frattempo, stava marciando verso Londra. La decisione di Jane di non mandarvi suo padre si prova fatale per i piani del Northumberland. Il controllo che il Northumberland aveva sul Consiglio, viene a mancare ed ora solo i lord a stabilire chi debbano essere i loro alleati. Il 14 Dudley guida, così, una truppa che variava da 1500 ad 8000 soldati a piedi, 2000 cavalli e un numero insufficiente di artiglieria, ma, per quanto numerosa, la truppa sembra avere scarsissimo entusiasmo di dover combattere. La stessa folla fa ressa per vedere le truppe partire, ma nessuno sembra augurare loro buona fortuna. Le cose, da quel momento, peggiorano sempre di più. Maria continua nella sua marcia verso Londra, a guadagnare sempre più appoggi e la Torre, dove Jane ed il Consiglio attendono, sempre più sconfitte. Il popolo comincia a ribellarsi, gridando che Maria sia fatta Regina. Jane ordina che le porte della Torre siano serrate e le chiavi portate a lei. Uno dopo l'altro i nobili rinunciano ad appoggiare Jane. Cominciano pure le diserzioni fra l'esercito del Northumberland. L'ottavo giorno nessuno sembra sapere più che fare. Un furioso litigio scoppia fra il padre di Jane ed il Duca di Northumberland, ancora una volta sul fatto se Guilford debba o no essere proclamato Re. Nel


59

frattempo arriva la notizia che i contadini in campagna si rifiutano di prendere le armi contro Maria. Il giorno seguente, l'ultimo di questo tragico regno, è ovvio ormai che la situazione sia disperata. Tutti i membri del Consiglio meno due fuggono per salvarsi la testa: suo padre e Cranmer. Cranmer l'abbandona il pomeriggio per unirsi agli altri. La notte del 16 luglio giunge notizia che la principessa Maria sia stata proclamata Regina ad Oxford. Jane, residente ancora negli appartamenti reali della Torre, trova che il Conte di Pembroke e Winchester avevano lasciato la Torre ed erano tornati a casa. Jane manda a riprenderli. Da quel punto in poi tutte le porte della Torre vengono serrate e le chiavi portati alla Regina Jane ogni sera alle sette. Il 17 luglio, il Duca di Northumberland si ritira da Bury St. Edmund a Cambridge. Lo stesso giorno la guardia viene raddoppiata alla Torre, in previsione di una sollevazione contro Jane, ma le voci esagerate delle enormi truppe raccolte da Maria, fanno perdere sempre più di coraggio i sostenitori di Jane, che si assottigliano sempre di più. Le sempre maggiori diserzioni nell'esercito del Northumberland pregiudicano la sua capacità di manovrare e di combattere. Sempre di più uomini lo abbandonano alla prima opportunità, temendo che, salendo al trono Maria, essi vengano giudicati traditori e giustiziati. Raggiungendo Cambridge, il Northumberland aveva perduto già la metà dei suoi uomini. Non perde, però, nessun uomo in battaglia, perché non vi sarà alcuna battaglia. Lo stesso Consiglio di Jane continua ad assottigliarsi, ed un numero di consiglieri si riuniscono nella residenza del Conte di Pembroke dove denunciano il Northumberland affermando che egli non è altro che “un tiranno assetato di sangue e che Maria ha il miglio titolo alla Corona”. Ormai nessuno sembra più dubitare che Lady Mary riporti una vittoria definitiva. Il Consiglio della Corona, così, proclama Maria la legittima regina nello stesso giorno (19 luglio) e trasferisce a Maria la sua lealtà pubblicamente ed ufficialmente, mandando a dire a Suffolk che il regno di Jane era terminato, ed informando gli ambasciatori stranieri che Lady Mary era ora la Regina. Quella sera, fra le 5 e le 6, Maria viene pubblicamente proclamata Regina alla Croce, nel Cheapside, da quattro trombettieri e due araldi. Quella stessa ora, nove giorni prima, era avvenuto lo stesso, per annunciare l'incoronazione di Jane.


60

Da un resoconto orale di James Haddon, il Florio così riporta le proteste di Jane al voltafaccia di quelli che già avevano voluto farla Regina: “Dunque, o signori consiglieri, come uomini di sangue illustre nati e bene stimati, com’è che si trova doppiezza, inganno, ed incostanza in voi, a rovina degli innocenti? Chi è colui che fra voi possa vantarsi che giammai io lo pregassi a che mi si facesse Regina? Dove sono gli onorati presenti che perciò v’ho promessi o dati? O non mi avete voi spontamente e contro mia voglia rubata ai miei studi delle buone lettere; e privandomi della mia libertà, tirata a questo grado? Ahi, uomini di due faccie; che benissimo (quantunque tardi) ora mi avvedo a che fine mi poneste in questa real dignità. Come potrete voi giammai con ragione schifar l’infamia che per tal cosa vi corre dietro? Con quali colori ed impiastri potrete mai coprirla? Mi avete rotta la promessa fede? Avete violati i vostri giuramenti? Sta bene. E chi per l’avvenire si fiderà di voi? Ma state, state di buon animo, che con la stessa misura sarà misurato a voi” E poi il Florio aggiunge: “E qui per un bel pezzo [i consiglieri] si tacquero, e partendosi pieni di rossore, con buona guardia la lasciarono” (58, 59). Il popolo manifesta la sua gioia con il suono delle campane a festa, falò e portando tavoli nelle strade dove possono bere alla salute della Regina Maria. Al tempo stesso Jane viene lasciata sola nella Torre. Cranmer se n'è andato. Jane è lasciata con alcuni della servitù, fra cui la sua vecchia nutrice, Ellen, e la s.ra Tilney, gentildonna del seguito. Uno dei decreti che Maria emette, non appena salita al trono, è la liberazione dei prelati cattolici-romani che erano stati imprigionati nella Torre di Londra, fra cui Stephen Gardiner, che viene ristabilito come vescovo di Winchester. Il Florio addebita all’istigazione del Gardiner le crudeli persecuzioni decretate da Maria contro i Protestanti. Del Gardiner il Florio scrive: “Quell’altero, superbo e scellerato ribelle a Dio, nemico capitale della verità cristiana, Stephen Gardiner, falso vescovo di Winchester, crudelissimo boia, anzi, beccaio della carne dei figlioli di Dio (…) fu subito liberato di prigione (dove con somma giustizia, per gran misericordia, era stato condannato a vita) è fatto Gran Cancelliere del Regno, e Consigliere più


61

intimo della Regina Maria, la quale, non già per sua natura (…) non avrebbe mai neanche sognate le crudeltà estreme che ella ha usate contro le membra di Cristo, ma da questo novello Anticristo, anzi, Antioco e Nerone, fu indotta a spargere tanto sangue di cristiani” (…) Deh udite, fratelli, che diabolica astuzia, questo malnato, degno più del capestro che della mitra (…) Costui, subito uscito di prigione, alla Regina Maria diede questo ribaldo consiglio. Che con pubblico bando, ampia licenza e libertà desse ad ognuno di poter vivere secondo la sua coscienza, e mantenersi in che cerimonie e religione gli pareva, ma facesse intendere a tutti che ella voleva vivere secondo la papale, che sempre più d’ogni altra le era piaciuta (…). Fece questo, quella nobile regina, ingannata da quelle poche lettere che il risuscitato Giuda Iscariota aveva (41) (…) [Dopo un po’, però] veduta la cosa riuscirgli come voleva [ristabilire il Cattolicesimo] di nuovo persuase la Regina di non essere più tempo di concedere tanta libertà, ma d’obbligare ognuno a vivere secondo quella religione che ella stessa affermava (…) Tutti dovevano allora andare a Messa, minacciando di castigare con gravissime pene i disubbidienti” (42). Visto poi che non riusciva a sottomettere i Protestanti, si risolse a comminare contro di loro crudeli persecuzioni”.

Jane deposta Quando il Duca del Suffolk apprende che ormai i giochi sono fatti e che il regno di sua figlia è giunto a termine, determinato a salvarsi, firma la proclamazione di Maria come legittima Regina poi va da Jane e le proibisce ogni ulteriore uso delle insegne regali, tirando giù


62

platealmente dal baldacchino del trono i simboli del potere. Le consiglia di ritirarsi quietamente a vita privata, come se non fosse successo nulla. Le dice: "Vieni via di là, bambina mia, quello non è più il posto per voi". Jane, grata, si alza e scende, abbracciando il padre e piangendo. Non resiste minimamente alla cosa, anzi, ne è molto sollevata, come se dicesse: “Finalmente è finita!”. La risposta che Jane dà a suo padre è calma, ma anche preoccupata. “Signore, si, sarà meglio che io accolga questo messaggio piuttosto che insistere ad sostenere la mia imposta regalità. Di fatto, per obbedienza a voi ed a mia madre, io ho gravemente peccato ed ho fatto violenza a me stessa. Ora, volentieri ed in obbedienza ai sentimenti della mia anima, io rinuncio alla Corona, e mi sforzerò a fare ammenda delle colpe commesse da altri, per quanto sia possibile di fatto riparare un simile grave errore, con una volontaria rinuncia e un candido riconoscimento” (Taylor, 89). Dopo un po' Jane ribadisce: “Ben volentieri io rinuncio alla Corona. Possiamo ora tornarcene a casa?”. Questa povera ragazza innocente pensava veramente che la cosa avesse potuto finire così, semplicemente. Non sarà così. Questo accade mercoledì 19 luglio. Suo padre, poi, semplicemente se ne andrà, abbandonandola al suo destino, senza più darle risposta. Il Florio così descrive l’atteggiamento di Jane, abbandonata: “O animo costante e forte, o nobilissima giovinetta, che in ogni maniera di virtù, mille e più mille delle più eccellenti del tuo tempo avanzasti (…) Chi non si sarebbe lasciato vincere, nei tuoi panni, da disperazione? Ma costei, con siffatta fortezza d’animo sofferse il tutto (…). E qual è quel riprovato da Dio che, senza bestemmiare il suo fattore e maledire il giorno della sua nascita, una tale sciagura sofferta avesse? Ma ella pure non bestemmiò né maledisse Iddio, né punto il pié ritrasse indietro, non col pensiero, non con le parole, e non coi i fatti, dalla pura dottrina del Figliol di Dio, per piacere alla Regina novellamente gridata (…). A chi rimase indietro per consolarla, ella disse: Il Signore Iddio, Padre celeste, senza che io pure vi pesassi, data m’aveva questa dignità regale, ed Egli stesso me l’ha tolta. Sia benedetto sempre il nome Suo. Né gli onori, e né le vergogne,


63

ricca e povera, libera e serva, in prigione e fuori di prigione, viva o morta, io sono Tua” (60). Il giorno seguente, il Duca di Northumberland apprende a Cambridge che Maria era stata proclamata Regina. Quella sera, alle cinque, anche lui riconosce pubblicamente in città, a Market Cross, Maria, come legittima e sola Regina, gettando in aria il suo cappello, come segno di gioia. Entro un ora riceve una lettera che invita lui ed i suoi alla resa senza condizioni, sciogliendo le sue truppe. Se non l'avesse fatto, sarebbe stato duramente perseguito e considerato un traditore. Sebbene il Northumberland affrettatamente si converta al Cattolicesimo, e parli del suo desiderio di vivere e di baciare i piedi di Maria, il suo destino sarà segnato. Il Duca di Northumberland raggiunge Londra il 25 luglio e trova ad “accoglierlo” una grande folla che, a malapena, le guardie di scorta riescono a frenare. Di fatto, gettano contro il Duca pietre, uova marce, escrementi. Un testimone racconta che arriva addosso al Duca persino un gatto morto. La folla fa diversi tentativi di linciare il Duca al grido di “A morte! Morte al traditore!”. Il Duca, la maggior parte della sua famiglia e diversi che erano stati arrestati con lui, vengono imprigionati nella Torre di Londra. Il 26 luglio vi giunge, fra gli altri, in catene, pure il Duca del Suffolk. Jane e Guildford erano stati formalmente arrestati, con la Duchessa di Northumberland, già il 23. Il Suffolk sembra, però, che abbia riconquistato la sua libertà il 31 luglio, con l'intesa che sarebbe sempre stato a disposizione delle autorità, se necessario. Lui e la moglie Frances non scriveranno nemmeno più, però, a Jane, e non tenteranno nulla per cercare di salvare la sua vita. Nei primi giorni di agosto, Lady Jane compone una lettera indirizzata alla Regina Maria, in cui cerca di spiegarle, in modo completo ed onesto, gli avvenimenti che l'avevano condotta al trono1 come pure di quanto compie nei suoi nove giorni di regno. In un processo molto animato, il Duca di Northumberland è condannato a morte sotto l'accusa di alto tradimento e l'esecuzione capitale avviene il 23 agosto nella Torre di Londra. E' sepolto nella cappella di S. Pietro ad vincula, sopra Anna Bolena, Katherine Howard e Somerset. Viene pubblicata immediatamente dopo la sua esecuzione una breve opera dal titolo: “Ultime parole di John Dudley, già Duca di Northumberland sul patibolo”.


64

I sentimenti di Jane si rilevano da una sua lettera alla sorella Caterina, datata 20 luglio: “Questo inutile spettacolo di stato finalmente è finito, mia cara Caterina, e tua sorella, regina venuta su dal nulla, la cui fatale ambizione è stata imposta al popolo, è ora deposta dopo dieci giorni di regno, ed obbligata ad aprire le porte al suo legittimo successore. Maria è bene accolta da tutti. Sia protestanti che papisti, tutti la riconoscono come legittima Regina. Promette bene. Possa però l'Onnipotente compiacersi di far rimanere inalterata la purezza della nostra santa fede, ed allora io mi rallegrerò di questo cambiamento. Quanto a me, io ho rassegnato la Corona con trascendente e grande gioia. Non vi sono parole che possano esprimere quanto io ne sia contenta. Mi sarà di nuovo permesso di gustare le gioie della vita domestica. Mi rallegreranno doppiamente dopo avere fatto breve esperienza del fardello della grandezza e dei pericoli dell'ambizione. Non immagino, però, che noi godremo così presto della nostra libertà. Ci è permesso, indubbiamente, di conversare, il che addolcisce grandemente il nostro confino. Eppure io temo grandemente per i nostri amici. Lo spirito del Northumberland è troppo noto per poter solo immaginare che egli possa rimanersene al sicuro dal risentimento della Regina, ed abbiamo ben ragione di temere tutti che non saremo risparmiati. Che noi si possa rassegnarci al nostro fato, giacché tutto è permesso dalla divina Provvidenza, per saggi propositi a noi sconosciuti (...). Addio, non ti rattristare troppo, mia dolce sorella, ma sforzati di sollevare la tua mente al di sopra degli umani avvenimenti e, con animo perseverante, guarda alla scena della futura beatitudine preparata per i virtuosi (...) Prega per la tua Lady Jane". Una lettera di Lady Anne a Lady Laurana de Medici (Taylor, 96), che in quel momento era riparata in un convento di Firenze, descrive a chiare tinte gli avvenimenti occorsi dopo l'accessione al trono di Maria. Scritta nelle due ultime settimane di agosto, la lettera menziona l'esecuzione capitale del Duca di Northumberland il 23 agosto, come pure la rassegna che Maria fa dei prigionieri della Torre il 3 agosto. La nuova regina nominerà subito dopo Edward Courtenay, di cui Laurana era innamorato e ricambiato, Conte del Devon. Pare che questi avesse dovuto sposare la stessa Maria, che però, ora, benché rimanesse suo


65

amico, aveva ben più alte ambizioni. Lady Anne, però, sconsiglia a Laurana di tornare in Inghilterra, temendo per la sua sicurezza, in quando Maria non sa del legame esistente fra lui e Laurana, continuando Maria, nonostante tutto, ad essere attratto da lui. In questa lettera, menziona pure il desiderio iniziale di Maria di perdonare Jane, Guildford ed il Duca del Suffolk, ma che poi, cambiando idea, che non era loro più permesso di lasciare laTorre. Menziona pure quando Maria sia stata impressionata dalla dignità con la quale Jane, incontrando per la prima volta la trionfante Maria, deponga la corona ai suoi piedi. Il che sembra per un momento disarmare la sua fiera ira. Scrive: “Questo gesto la riempì di un sentimento di ammirazione, mista ad invidia che fece sì che Jane fosse comunque lodata per la sua virtù e trattata come una povera ragazza ingannata, oggetto solo del suo disprezzo e al di sotto della sua ira”. A proposito del Suffolk, padre di Jane, la lettera cita come sia stato proprio lui per primo ad accoglierla alla Torre e ad aprirle subito le porte, riconoscendola come legittima sovrana, e come questo sia stato per lui mortificante, ma necessario, ben sapendo lui della sconfitta del Northumberland. Lady Anne, in un'ulteriore lettera a Laurana, del destino della Riforma in Inghilterra, scrive: “...non così per la Regina. Lei rifiuta di udire un qualsiasi argomento in favore della Riforma, ha abolito le leggi di Edoardo, e ristabilito la religione romana. Questo vi dovrebbe far piacere a voi, come cattolica. Vi devo però dire che Maria ha dato inizio ad una crudele persecuzione, e che molti vescovi, e persino molte donne, hanno suggellato nel sangue la loro testimonianza alle credenze della fede protestante! Non si rivolta forse la vostra gentile natura alla sola idea di tali orribili fatti? Forse che i pregiudizi, instillati in voi sin dall'infanzia, potrebbero distorcere totalmente la sensibilità naturale del vostro carattere, tanto da non avere sentimenti di detestazione di un qualsiasi spirito persecutorio e pietà per questi nobili sofferenti? Ah, amica mia, voi stessa siete stata sottoposta a dura prigionia a causa della vostra fede, e pure per mano dei protestanti. Non trovate che la persecuzione faccia del male a qualunque causa? Come essa non potrebbe essere contraria al genio della vera religione? Potrebbe forse essa essere verità


66

quella che costringe con la forza a fare una professione di fede? Potrebbe mai la persecuzione convincere il profondo di un cuore? Come possono immaginare che essa possa in alcun modo compiere la volontà di Dio?� (Taylor, 109).


67

Il processo di Jane Ben poche informazioni ci sono pervenute sul processo di Lady Jane. Non si conosce alcuna trascrizione del dibattimento, se non alcune note conservate nel British Museum. Il processo avviene solo nel periodo che segue l'incoronazione di Lady Mary. Il 13 novembre, Jane, Guildford Dudley, l'arcivescovo Cranmer ed i lord Ambrose e Henry Dudley sono scortati da 400 uomini armati dallaTorre alla Guild Hall sotto l'accusa di alto tradimento, “per avere mosso guerra contro la Regina e cospirato per metterne un'altra al suo postoâ€?. Tutti si dichiarano colpevoli, e la sentenza loro comminata viene susseguentemente confermata da un decreto del Parlamento. Il Florio cosĂŹ descrive il processo:


68

“…nel mezzo di 400 alabardieri fu vilissimamente menata, dove ogni brutto ladrone ed assassino si giudica a morte, per udirsi sentenziare a morte. Nella gran calca di gente, nello strepito delle armi, nella mannaia della giustizia, che in segno di morte (secondo il costume del paese, portata gli era davanti agli occhi), e non l’aspetto severo finalmente, di tanti in giustissimi giudici, ebbero la forza di impaurirla o di cambiare minimamente il bellissimo naturale colore del volto che aveva, e meno di trattenere la lingua, si che essa non dicesse virilmente le sue ragioni, e rinfacciasse loro sul viso, io dico a quei giudici, l’inganno, che senza sua colpa usato le avevano; come semplice agnellino menandola al macello. Udì finalmente quell’iniqua ed in giustissima sentenza della morte, dagli stessi giudici che fatta già l’avevano Regina. Udita questa ingiustissima sentenza, nel mezzo delle medesime squadre d’uomini armati, in compagnia degli altri condannati, fu rimenata alla prigione. Di questo brutto, crudele ed orrendo spettacolo, spaventate le donne che datele erano in prigione per servirla, erano esse che più di lei avevano bisogno d’essere consolate. Del che accortasi Giovanna, giunta che fu alla prigione, con le consolò con queste parole: ”O compagne fedeli dei miei dolori, degli scorni e delle pene, perché con il vostro pianto mi affliggete voi? O non siamo noi forse nate tutte sotto questa legge, e con obbligo che la nostra vita, di tutte le sciagure, avversità e disgrazie il bersaglio sia? Quando è forse stato mai, ai dì nostri o passati, che gli innocenti non siano stati oppressi dalla violenza ed ammazzati? Deh, non fate maggiore l’affanno mio, vi prego, ma con questo, consolatevi meco: io non ho meritata questa sentenza. E se pure ho errato nell’accettare il titolo di Regina, così leggero è l’errore mio, che gli stessi giudici, nella loro coscienza, di crudeltà e di ingiustizia già convinti sono” (61, 62). Lady Jane e Guilford, così, sono trovati colpevoli di tradimento e sentenziati alla pena capitale. A quel tempo, però, essi credono che Maria ancora li possa perdonare e che vengano rilasciati per condurre vita privata. Questa speranza, però, viene abbandonata quando per tutto il regno si diffonde la notizia che Maria si sposi con il Re spagnolo Filippo. La cosa suscita in ogni dove molte preoccupazioni e dissensi:


69

sposare uno straniero, e di questo calibro, avrebbe significato consegnare l'Inghilterra in mano della potenza spagnola. Sorgono così per tutta l'Inghilterra focolai di ribellione che si oppongono a questo matrimonio. Il più noto fra questi ribelli è Sir Thomas Wyatt, talvolta descritto come un uomo selvaggio. Questi cerca ed ottiene promessa di appoggio da parte del Duca del Suffolk, con l'intesa che Lady Jane sarebbe stata riproposta come unica sovrana. Il Duca del Suffolk, così, pubblica due proclami anti-spagnoli in due località, il 26 gennaio 1554, come avevano fatto gli araldi del Wyatt. Presto la voce della sollevazione in campagna, raggiunge Londra – Carey nel Devon, Wyatt nel Kent, Croft nel Galles… I consiglieri della Corona sono allarmati, e poi giunge una voce che Henry Grey, Duca del Suffolk, è scomparso dal suo paese natale, Sheen. Avevano progettato di far scoppiare la rivolta in Marzo (quando Filippo avrebbe dovuto arrivare), ma Courtenay, intimidito dopo anni nella Torre, lo tradisce. Viene pure fatta una contro-proclamazione a West Malling dopo la partenza del Wyatt, e Lady Jane è nominata come rivale della Regina, sulla base delle intenzioni del Wyatt di ristabilirla. Il giorno seguente, appare un proclama del governo in diverse contee ribelli, pronunciando il Suffolk, Carew e Wyatt come cospiratori e traditori della corona. Sorgono anche sospetti fra Edward Courtenay ed Elisabetta per detronizzare Maria e mettere sul trono Elisabetta, dopodiché Edward l'avrebbe sposata. Crescono così i sospetti di Maria come pure i prigionieri della Torre e la quantità di sangue versato sul prato della Torre a seguito delle innumerevoli esecuzioni capitali. Così scrive Lady Anne a Lady Laurana, ai primi di gennaio: “Ancora questo infelice regno è fatto a pezzi dalla guerra civile. La Regina sta per formare un'alleanza con la Spagna: il popolo non è affatto d'accordo, perché Don Filippo è uno straniero ed un cattolico. Per questo in diversi luoghi molti si sono sollevati e le fazioni stanno versando il loro sangue con straordinaria violenza. Com'erano profetiche le mie paure (...) Qualche giorno fa il Duca del Suffolk ci ha lasciato [per prendere le armi] e non si hanno più notizie di lui. Sia Lady Jane che suo marito, sinceramente desiderano che il loro padre abbandoni queste ambizioni, di cui già la sua famiglia ha sofferto molto. Egli non è fatto per esse. Nella vita famigliare egli è amabile, ed


70

in essa eccelle il suo carattere, e lui non si è mai esposto così pubblicamente (...)” (Taylor, 112). I cospiratori, così, sono forzati ad agire. Carey non avrebbe potuto far sollevare le sue forze senza l’aiuto di Courtenay, così fugge in Francia ed i piani del Croft falliscono completamente. Per la fine di gennaio, però, Wyatt aveva preso Rochester e le navi reali a Medway. Il Duca di Norfolk parte con una forza armata per Londra, ma molti dei suoi uomini disertarono. Wyatt è incoraggiato e affretta il suo passo verso Londra. Per due giorni il destino del matrimonio spagnolo rimase in forse. I londinesi non sanno decidersi, così Maria decide di far pesare la bilancia in suo favore. Va alla Guildhall e fa un discorso, sortando i londinesi ad appoggiarla. Fece questo contro lo stesso parere del Consiglio perché temevano per la sua sicurezza. Non avevano motivo di preoccuparsi. Quando Wyatt raggiunse Londra ne trova il ponte serrato. Al riguardo di questa rivolta e della susseguente fuga dei rivoltosi, il Florio commenta: “Quanto al fatto dell’illustrissimo Duca del Suffolk, non mai abbastanza riverito ed onorato padron mio, e del generoso e valente Wyatt, trovandomi io ad averli conosciuti ambedue, persone di sanissimo sentimento intorno alla religione, d’un animo generoso e libero inverso la patria, ed una vita finalmente onestissima (…) io non posso ridurmi a pensare che l’intenzione loro sia stata meno che buona e cristiana. Il Duca, in primo luogo, che forse pochi pari ha nello zelo inverso la pura dottrina e religione, vedutala già cominciare a dare il tracollo, non senza estremo tormento dell’animo suo, e considerato che a lui bisognava a lungo andare, o per quella morire o negarla, per evitare sia l’uno che l’altro pericolo, in ciò seguendo il comandamento e l’esempio di Cristo, fuggirono in Leicester con l’intenzione di passarsene in Scozia, dove senza dubbio con la libertà della coscienza vissuto sarebbe. Ma quando ancora fuggito si fosse per non voler vedere la patria sua in man d’un re forestiero, da cui non si poteva aspettar altro che una perpetua rovina della religione (per quanto umanamente si può giudicare) e chi sia quello che possa biasimarlo? ” (51,52).


71

Maria si era rifiutata a che i cannoni della Torre fossero puntati contro i traditori. Temeva che gli innocenti cittadini di Soutwark potessero essere danneggiati. I ribelli, a suo tempo, si arrendono, ma Maria aveva imparato un’importante lezione - aveva scoperto quanto i suoi cittadini odiassero il suo matrimonio spagnolo. Non cambia, però, i suoi progetti. E’ sconcertata e furiosa, ma anche ferita. Aveva mostrato misericordia e perdono, ed era stata ricompensata con una ribellione. Era ora particolarmente suscettibile ai consigli di Renard44, ambasciatore imperiale presso Maria. Renard mette subito in questione la sicurezza di Maria e di Filippo – sarebbe stato al sicuro, il principe, quando per tutta la nazione stavano scoppiando ribellioni? La Regina è esortata a garantirsi la sua sicurezza. Deve procedere a punire i ribelli, affinché nessuno osi più ribellarsi. Il consiglio di Renard fu appoggiato dal Consiglio di Mary. Inevitabilmente, tutti i suoi consiglieri sollecitarono Maria a procedere senza ritardo all’esecuzione capitale di Jane Grey. Wyatt era stato appoggiato da Henry Grey, ora sparito. Dopo essere scomparso da Sheed, aveva cercato di reclutare un esercito per opporsi al matrimonio spagnolo. Aveva però ottenuto poco appoggio. Grey doveva la sua vita alla generosità di Maria e lui aveva risposto cercando di spodestarla. Suo intento era quello di indurre la popolazione del Midland ad unirsi a Wyatt e a raggiungere Londra. L’obiettivo, però, è abbandonato – fugge da una contea all’altra raggiungendo il suo maniero di Astley. Apparentemente si era nascosto in un tronco d’albero o sotto della paglia. Le opinioni al riguardo variano. E’ così prontamente arrestato dal Conte di Huntingdon. Più tardi girano delle voci che, durante il suo attraversamento del Midland, abbia proclamato Jane Regina. Non era vero, ma la cosa non importava. Jane era stata già una volta Regina e, secondo i consiglieri di Maria, sarebbe stata lei la figura simbolo di un qualsiasi complotto protestante. Così, egli scrive a Jane chiedendo il suo perdono. Lei gli risponde: “Sebbene sia piaciuto a Dio affrettare tramite voi la mia morte, voi che, avreste dovuto piuttosto allungarla, io pazientemente accetto la mia sorte. Ringrazio perciò Dio di tutto cuore per aver abbreviato così i miei giorni di afflizione”.

Disse a Maria nel 1553: “Voi avete quattro nemici certi ed aperti: gli eretici e gli scismatici, I ribelli e gli amici del Duca di Northumberland, il Re di Francia e la Scozia, e Lady Elizabeth”.

44


72

Ancora una volta, moralmente lei era innocente, ma era ancora pericolosa. Doveva morire. A questo Renard aggiunse che Filippo non avrebbe potuto arrivare fintanto che la minaccia protestante non fosse del tutto stata debellata. Tutte le opposizioni al suo matrimonio avevano solo avuto l’effetto di rendere Maria ancora più determinata a sposare Filippo. Così la sentenza di Jane, che era stata sospesa, fu riconfermata ed avrebbe dovuto essere condannata immediatamente a morte. I cospiratori sono ben presto sbaragliati e, di Jane, Anna così ancora scrive a Laurana: “Quanto intensamente io prego affinché Jane sia forte. Quanto ammiro la sua mente nobile e costante, che sorge con brillantezza divina al di sopra delle spesse nubi del fato che incombono su di lei. Quando scoppieranno? Quando da esse si udrà il tuon, esse che ci opprimono con un tale intollerabile peso” (Taylor, 112). Così parla il Florio del soggiorno di Jane nella Torre di Londra: “Consumava questa giovinetta donna il più del tempo in prigione negli studi dei libri sacri. E se pure a volte visitata veniva o da nobildonne, o dal Capitano, o dal luogotenente della Torre, dandole tutti speranza di vita, ella non se ne allegrava più di quel tanto. Spesso dir soleva non conoscere più bella vita che essere nel cielo con Dio, dove le beate membra di Cristo per sempre godono ed una perfetta gloria posseggono. E che altro dir volevano queste parole, si non che sellasi faceva poca stima di quei piaceri, sollazzi, onori, stati e tesori poteva tirarsi dietro l’umana vita; e che la vita propria non stimava un zero e che solo aveva la speranza di essere un giorno in cielo” (62, 63). Poi diceva: “A che può giovarmi il viver lungo tempo in questa vita, dato che ogni cosa va a rovescio, né altro s’ode o si vede che idolatrie, rapine, tirannidi, e sangue d’innocente sparso? Ma se io lascio quaggiù questa terrena spoglia, io me ne andrò su nel cielo a vivere con Cristo Gesù Signore, Mediatore e Redentore mio, ed ivi per sempre beata mi godrò quei tesori che nei giorni eterni dal Padre celeste, a quei che nel suo Figliolo unigenito si fidano, apparecchiati sono. Morendo metterò giù questo grave peso della carne, ma non perderò la vita. Perderò sì questo corpo


73

più che vetro fragile, ma mi troverò vestita di perpetua gloria. Lascerò il mondo e troverò il cielo” (65). Nel frattempo Jane, relegata nella Torre (non in una cella, ma in casa del luogotenente della Torre, continua a leggere e studiare le Scritture, come pure a scrivere lettere. In una lunga sua lettera al dott. Harding (1516-1572), più tardi antagonista del vescovo Jewel, questi viene ammonito severamente sul destino di chi apostata dalla fede cercando di salvare la propria vita,, come pure di tutto cuore esortato a tornare Cristo. Fra le diverse argomentazioni che Jane frappone a chi contesta la Riforma, Jane scrive: “Come puoi tu, avendo conoscenza, come osi negligere la legge del Signore e seguire le vane tradizioni degli uomini? Tu avevi fatto pubblica professione del nome di Cristo, ed ora sei diventato uno che infanga la Sua gloria. Io non rinuncerei mai al vero Dio per adorare le invenzioni degli uomini, il vitello d'oro, la meretrice di Babilonia, la religione romana, l'idolo abominevole, la sommamente malvagia messa (...) Non aver paura delle maledizioni degli uomini (...) Tu mi dirai: Ma se io [aderisco alla Riforma] infrango l'unità [della Chiesa]. Che? Non l'unità di Satana e dei suoi membri, non l'unità delle tenebre, la concordia fra l'Anticristo ed i suoi aderenti? No, tu inganni te stesso con le vane immaginazioni d'una tale unità, quella che vi è fra i nemici di Cristo: non ambivano forse all'unità i falsi profeti? Non erano i fratelli di Giuseppe, figli di Giacobbe un'unità? (...) Non erano in unità gli scribi ed i farisei? (...) No, non c'è unità se non là dove Cristo stringe il nodo fra i Suoi (...) la concordia con uomini malvagi non è unità, ma cospirazione!” (Taylor, 118). Da una lettera di Lady Anne Grey, sorella di Jane, si apprende che John Grey, a differenza dei suoi fratelli, che subiscono l'esecuzione capitale, riesce a fuggire in Francia, dopo che si disperse il suo partito. Egli scrive ad Anna, rassicurandola. Anna, poi, scrive: “Egli ottenne un passaggio verso la Francia, dove egli intende rimanere fintanto che una felice rivoluzione renda per lui il suo paese più sicuro” (Taylor, 143). .La Regina Maria aveva però confiscato tutte le case e le terre dei Grey, mentre Anna aveva trovato sicuro rifugio presso un conoscente, portando con sé solo i gioielli suoi e di sua madre.


74

Dalla Torre di Londra, verso la fine di gennaio, scrive una breve lettera a suo padre, di questo tenore: “Padre, sebbene sia piaciuto a Dio affrettare la mia morte con il vostro contributo, sì proprio voi che mi avevate dato vita e che avreste dovuto allungare, io pazientemente la accetto, e ringrazio Dio per avere così abbreviato i miei disgraziati giorni più di quanto avrei fatto se tutto il mondo mi fosse stato dato in eredità, con una vita tanto lunga quanto avrei voluto. Molti mi assicurano del vostro sincero dolore per la mia sorte (...) eppure, mio caro padre, io mi rallegro nelle mie sventure e mi considero beata, perché posso lavare le mie mani nell'innocenza e il mio sangue senza colpa griderà di fronte al Signore. Misericordia per l'innocente! (...) Certo, ho offeso la Regina e le sue leggi, ed ho trasgredito contro di esse (...) ma io confido che la mia offesa verso Dio sia molto minore, perché il mio cuore innocente non si è mai volontariamente compromesso con ambizioni terrene (...) Io aspiro maggiormente al trono celeste di tutte le gioie e piaceri, solo aspiro ad essere con il Cristo, il mio Salvatore. [Prego che Iddio] nella cui costante fede (se è legittimo per una figlia così scrivere al padre), il Signore vi ha conservato, continui a conservarvi, fintanto che ci incontreremo in cielo con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Rimango vostra ubbidiente figlia fino alla morte, Jane Dudley”.


75

L’esecuzione di Jane La data dell’esecuzione è fissata per venerdì 9 febbraio 1554. Maria, che aveva così odiato l’idea di dover far morire sua cugina, fa un ultimo tentativo almeno di salvare la sua anima... sperando che lei si converta al Cattolicesimo. Le manda, così, John Feckenham45, decano di S. Paolo affinché le parli e la persuada. Gli dà alcuni giorni per cercare di convertire Jane alla fede cattolica. Jane, privata a lungo della sua Feckenham, John de, 1518?–1585, abate inglese. Divenne monaco benedettino ad Evesham, studiò ad Oxford, e più tardi servì come cappellano al vescovo di Worcester e ad Edmund Bonner, vescovo di Londra. Le simpatie del Feckenham erano cattoliche romane, e le sue fortune variarono sotto diversi regnanti Tudor. Fu confinato alla Torre di Londra da Edoardo VI e tenuto là, eccetto che per il breve periodo di Maria I. Divenne cappellano e confessore di Maria come pure abate della ricostruita abbazia di Westminster. Dopo l’ascesa al trono di Elisabetta I (1558), sebbene i suoi rapporti con lei erano sempre stati amichevoli (la difende in momenti difficili), Feckenham passa gran parte del resto della sua vita al confino, per il suo rifiuto di rinunciare alle sue credenze cattolico-romane. Vedi: English Black Monks of St Benedict (London, f 897), vol. i. pp. 160-222.

45


76

compagnia di intellettuali e di dibattiti teologici, si comporta in modo gentile, ma contestando punto per punto le affermazioni del Feckenham. Forse non aspettava migliore occasione per testimoniare della sua preziosa fede. Dopo ore di discussione, Jane rimane protestante. Ecco la trascrizione di queste conversazioni, ripresa dal Florio: Ragionamenti di Jane Grey con il Feckenham F. Qual è quella cosa che voi pensate che sopra tutte le altre sia di bisogno, che nel cristiano si trovi? J. Che si confidi nel Padre, nel Figliolo e nello Spirito Santo, tre persone ed un solo Iddio. F. Non giudicate, dunque, che si ricerchi altro di più? J. Non solamente bisogna confidarsi in Dio, ma con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze amarlo, ed il prossimo, allo stesso modo, amare si deve come sé stessi. F. Allora non si deve, dunque, dire che per la sola fede noi siamo giustificati. J. Anzi, si deve concedere l’uno e l’altro, perché, come io ho detto, amar si deve Iddio, e non di meno è vero quello che dice Paolo, che per la fede la quale si ha in Cristo, noi siamo reputati giusti. F. Ma che è quello che dice lo stesso Paolo? Non dice forse egli che senza la carità e la benevolenza, la fede non vale un zero? J. Sì che lo dice, che come mai potrò io amare Colui nel quale io non abbia fiducia veruna, e non anare quello in cui di cuore io mi fido? Strettissimamente insieme sono congiunte, la fede e la benevolenza. La benevolenza e la carità non meno contengono la fede che chi vorrebbe l’una, bisogna che vogli anche l’altra. F. Ma come si deve amare il prossimo? J. La carità del prossimo si scorge soprattutto in queste cose: Che all’affamato noi diamo da mangiare, e all’assetato da bere, al nudo da vestirsi e difendersi dal freddo, e finalmente fargli tutto quello che per noi stessi desidereremmo trovandoci nello stesso stato di bisogno che quello vediamo.


77

F. Questo nostro parlare, dunque, non vuol dire altro se non che le opere buone si ricercano volendo noi salvarci, e che per salvarci la fede sola non basta. J. Ora questo ti nego io, ed affermo che la fede sola è quello strumento con cui quella salvezza che è in Gesù Cristo noi apprendiamo. Egli bisogna, non di meno, che coloro che vogliano essere cristiani davvero, e che tali si ritengono, che prendendo l’esempio da Cristo, la liberalità loro inverso il prossimo benignamente mostrino, e, se possibile, con la stessa carità che quello, i fratelli abbraccino. Tuttavia, non si deve dire che alla salvezza necessarie siano quelle cose che per noi medesimi facciamo. Che di vero, quando ben fatto avremo tutto quello che per noi si sarà potuto, noi saremo in ogni modo servi inutili. La sola fede in Cristo è quella che dall’obbligo che abbiamo ci libera. F. Or, su, basta. Ditemi quanti siano i sacramenti. J. Due, il Battesimo e la Cena del Signore. F. Che è quel ch’io odo? Non sono dunque sette i sacramenti? J. Questo desidero io che mostrato mi sia con l’autorità della Parola di Dio. Perché, quanto a me, io non conosco più che due sacramenti. F. Lasciamo andare questo, per ora, che poi ne riparleremo. Io vorrei che intanto, voi mi dichiaraste quel che significhino questi nostri sacramenti. J. Il battesimo mi mostra che non altrimenti dallo Spirito Santo io sono rinata e purificata, di quel che il senso ci fa la fede che con l’acqua il corpo sia. Io dico ed affermo, che nel Battesimo io son bagnata e lavata di fuori; e dentro a me nello Spirito rigenerata e rinnovata. E questo lavamento esteriore mi dichiara essere fatta figliola di Dio. Ma la Cena è come un suggello del Nuovo Testamento nel sangue di Cristo, che sparso fu sulla croce, mediante il qual sangue io credo di essere partecipe del regno celeste. F. Che cosa pensate voi finalmente di ricevere in questo sacramento? Non credete voi di ricevere il natural corpo e sangue di Cristo? J. Tanto è lontano che io creda questo, che io l’ho del tutto in abominazione. Onde io confesso che nella Cena m’è dato il pane ed il vino, che rimangono della natura loro, e non il corpo ed il sangue naturale di Cristo o nel pane, sì che il pane nell’essere suo si rimanda, ovvero negli accidenti del pane che spartito si sia. Ma quando si spezza


78

questo pane, egli mi fa ricordare come già sulla croce per i peccati nostri spezzato fosse il corpo di Cristo, ed il suo sangue sparsi. Ricevendo io secondo l’ordinazione di quello questo pane e vino, io sono veramente partecipe di quanto ci meritò Cristo in sulla croce con quello spezzamento del suo corpo e spargimento del sangue. F. Che? Non proferisce forse il Cristo stesso queste parole: “Prendete, mangiate, questo è il corpo mio? E che cosa più chiara di questa si può dire? Oh non afferma egli con chiarissime parole quello essere il suo corpo? J. Quanto alle parole, noi siamo d’accordo, io confesso che è così. Ma bisogna anche considerare che chi queste parole proferisce. Di sé stesso ancora dice: “Io sono la vite, io sono la porta, e non di meno egli non era né vite, né porta. Paolo dice che Iddio chiama quelle cose che non sono, come se esse fossero. Ma per dirtela in poche parole: Sia da me lontano il credere o dire che io mi mangi il natural corpo di Cristo, o mi beva il suo sangue in qual si voglia maniera. Tanto più che in tal modo, il corpo di Cristo, di quelle proprietà che la Scrittura gli attribuisce, io sceglierei; e quella redenzione che con l’unica offerta del corpo suo è perfetta, io annullerei. Io dico che così credendo e dicendo, come voi dite e credete, due bisognano essere i corpi e due i cristi, e la Scrittura, tuttavia, non conosce che un Cristo solo, ed un solo corpo attribuisce a Cristo, perché non si potrà egli dire ancora ch’ei n’abbia tre? Perché non dieci, venti, mille, ed infiniti finalmente? Della qual cosa nessun’altra è più assurda. Posta la verità della tua ragione, egli bisognerebbe dire che un corpo fosse quello che fu confitto in croce, ed un altro quello che Cristo nella Cena diede ai suoi discepoli. Secondo questa ragione, dunque, necessariamente bisogna dire o che Cristo avesse due corpi, ovvero che uno solo avendone avuto, e quello stesso mangiassero i discepoli nella cena, che in croce quello non è stato confitto: e se stato ei sia confitto, che mangiato non l’abbiano i discepoli. F. Che volete vi dire con questo? Non potrà forse Cristo con la sua potenza fare al dì d’oggi che nella Cena il suo corpo si mangi, ed il suo sangue si beva, si come egli poté senza l’umano seme nascer di donna, e sopra il mare come sopra dura terra a piedi camminare, benché avesse un corpo pesante, come pure fare d’altre cose, che chiaro si vede con la sua potenza aver fatto?


79

J. Io confesso che l’avrebbe potuto fare con la sua potenza, se nell’ordinar la cena egli avesse voluto fare un miracolo. Di quello che egli abbia potuto fare, io non disputo. Ma ben dico essere cosa chiarissima, che allora Gesù Cristo non volle far miracolo alcuno, né ordinar opera veruna miracolosa. Il corpo suo volle che in croce fosse confitto e spezzato, ed il suo sangue per i peccati nostri sparso. Ma io desidero che a questa sola domanda tu mi risponda, cioè, in che luogo Cristo fosse quando che egli pronunciò queste parole: Prendete, mangiate, questo è il mio corpo. Non era egli forse a tavola con i discepoli? Non era egli forse ancora in terra vivo, né sofferse la morte che il giorno seguente? Or dimmi, dunque, che prese egli in mano? Che spezzò egli? Non spezzò forse pane? Che cosa diede egli? Oh, non diede egli pane? Quello che prese in mano, quello spezzò, quello diede. Questo che finalmente egli diede ai suoi discepoli, essi mangiarono, a meno che essi non fossero abbagliati. F. Quei dottori che in questa questione voi seguite tutto il tempo, il medesimo negano ed affermano. Ma davvero, non vi attaccate punto all’autorità della chiesa, a cui bisogna certamente rimettersi. J. La mia fede non s’appoggia che alla Parola di Dio, come essa deve, e non a una non so che Chiesa. Che se questa nostra chiesa, cattolica e santa sia, la sua fede bisogna che venga regolata dalla Parola di Dio, e non la Parola di Dio da lei, e meno voglio io che da altri che la Parola di Dio la mia fede sia regolata. Che? Crederò io forse a questa Chiesa, come che antica ella si sia, togliendo ella via una parte della Cena e privandone i laici, per non so che sia concomitanza, con cui potrebbe ancora negarla ai chierici? Negandoci il beveraggio del Signore, o non ci nega ella quello in che una parte della nostra salvezza consiste? Quella cosa ella ci nega nella quale una singolare consolazione ci è posta dinnanzi. A fronte scoperta, dunque, io affermo, che codesta è una Chiesa immonda e piena di ogni sporcizia. Io dico che siffatta Chiesa non è la sposa di Cristo, ma una meretrice di Satana; e con ogni ragione posso dirlo sfacciatamente, prendendo ardire di mutar una parte nella sacrosanta cena del Signore, una parte aggiungerle, ed una parte di suo capo levarne. A codesta Chiesa Iddio è per mandar una grande rovina, e cancellarla dal libro della vita. Ha forse insegnato Paolo di così fare ai Corinti nell’esporre loro come la Cena di celebrare s’avesse? Che? Avrò dunque io fede in una tale Chiesa? Sia da me lontano! F. Quello che voi riprendete, con ottimo consiglio fu mutato ed ordinato dalla Chiesa per estirpare una certa eresia che allora nasceva.


80

J. O Dio buono. Dunque la Chiesa di mutare quello che da Dio è ordinato, avrà ardire? Cotanta autorità prenderà la chiesa in tali misteri della nostra religione? Tu sai pure quello che avvenne a Saul, e tuttavia il consiglio che a ciò fare lo mosse, un gran di bel colore aver poteva, se al comandamento divino, il consiglio umano fosse stato lecito opporre. Sia dunque lontano da noi il prenderci cosiffatta licenza nelle cose della religione. Or queste sono le ragioni con le quali il Feckenham mi venne ad assalire, e fece ogni suo sforzo per attirarmi a quella Chiesa, dalla quale ch’io mi fossi partita pareva. Ma il Signore mi fece grazia si stare salda. Di molte altre cose nel ragionamento e contrasto nostro trattammo. Ma i capi principali sono questi che io v’ho scritti. Ed il tutto fu alla presenza di testimoni. Il Feckenham, nel partirsi da me, egli mi disse queste parole: “Di voi mi rincresce. Perché da voi sì mi parto, ch’io non vedo speranza alcuna di poterci accordare insieme”. Ed io a lui: “E’ così certamente. Che di vero fra noi non essere accordo alcuno, se il Signore Iddio non ti muti e converta la mente. Se tu di cuore non ti ravvedi, dovrai disperare del tutto della tua salvezza. Ed io prego il Signore Iddio per le più intime viscere della sua misericordia, che uno spirito retto donare Egli ti voglia. Che la Sua divina maestà d’eloquenza t’ha molto abbondantemente ornato, né pare che ti manchi altro se non che Egli ti doni uno spirito nuovo, a ciò che tu ti muova a magnificare ed illustrare la gloria Sua, la quale tu getti sotto i piedi, spendendo tu questa tua eloquenza in altra cosa di quello che bisogna”. E qui ebbe fine il nostro ragionamento, ed egli se ne partì. L’opera di Feckenham aveva fatto rimandare l’esecuzione fino a lunedì 12 febbraio. Nel frattempo, Jane si preparava a morire con tutta la grazia e la dignità che poteva generare. Così risponde Jane a Fechnam che le annuncia che deve morire: “Io non mi dolgo punto dell’avere io a morire, perché la morte non meno che ad ogni altro m’è naturale. E’ vero che alquanto mi duole il vedermi un sì corto spazio di tempo assegnare, per piangere i miei peccati. Ma, da che così ha ordinato e vuole la Regina che io non speri di campare la vita, non volendo io dare dei calci a quella religione purissima, che dalla purissima dottrina dei figlioli di Dio mi trovo ad avere imparata, mi sforzerò d’armarmi il meglio che mi sarà possibile contro gli


81

spaventi della morte. Io so benissimo che tutti siamo nati con l’obbligo di non potere schivare ciò che avvenne per giusto giudizio di Dio; perché è per le nostre colpe che noi meriteremmo di soffrire ben più gravi pene di queste. E chi sono io, che anche come ogni altro non meriti la morte? Che come che la pena della Regina ordinatami (secondo le leggi umane) la misura trapassi del dovere (…) Ma voglio ben che tu sappia (…) che io voglio piuttosto morire confessando la verità, e Gesù Cristo Signor mio, che viver con l’avermi a dolere di averlo negato. Dunque la Regina vorrebbe che col negare la mia verissima religione, io negassi l’unigenito Figlio di Dio, che col Suo nobilissimo e preziosissimo sangue m’ha liberata e riscattata dall’eterna morte, e m’attaccassi alle vane opinioni degli uomini? Oh questo non sono io mai per fare!” (69, 70). E’ però giunta pure ad apprezzare Feckenham. Accetta che lui l’accompagni fino al patibolo e promette di “pregare Dio nelle viscere della sua misericordia affinché Egli vi mandi il Suo santo Spirito; perché Colui che ha dato il grande Suo dono della favella, si compiaccia pure di aprire gli occhi del vostro cuore” (Taylor, 124). Sceglie l’abito da portare, compone il suo discorso, ed incarica due membri della sua famiglia ad accompagnarla e a provvedere per l suo corpo. Manda poi una lettera a sua sorella Caterina. Lettera di Jane alla sorella Caterina Lettera di Jane Grey, già Regina d’Inghilterra, alla signora Caterina Grey, sua sorella, scritta due giorni prima di essere giustiziata, al termine di un suo Nuovo Testamento greco che le manda in dono. Qui tu hai, carissima sorella, un siffatto libretto, il quale, benché d’oro adornato non sia, non è tuttavia che non si debba anteporre all’oro ed a tutte le più preziose gioie, se diligentissimamente tu lo anderai ben ben considerando dentro di te stessa. Infatti, esso contiene la legge del tuo Signore Iddio e quest’ultimo ed estremo Suo testamento, che dovendo Egli morire, a noi miseri raccomandò con tanta diligenza. Se con quella mente e con quel proposito che tu debba, cotal testamento tu leggerai, e con quella diligenza e vigilanza d’animo che bisogna, scolpito lo terrai nella memoria, esso ti aprirà e mostrerà la strada che alla vita eterna conduce. Ti insegnerà finalmente a come ordinare la tua vita e come altresì bisogni morire.


82

Laonde un più grande e felice patrimonio t’è per venire, di quel che l’eredità de le possessioni dell’afflitto e calamitoso tuo padre, mai ti fosse potuto. Siccome di quello erede, e dei suoi beni saresti stata, se vissuto egli fosse: così anche se sollecitamente tu riceva questo testamento, e come tu debba la tua vita ben ordinare in quello che cerchi. Assicurati d’aver a essere erede di siffatte ricchezze, che né gli avari te lo potranno cavar di mano, né i ladri rubare, né le tignole consumare. Con ardente desiderio, insieme con il divino cantore (ottima sorella mia) procura d’intendere e conoscere la legge del tuo Signore Iddio, e tutto il tempo della tua vita attendi con diligenza e sollecitudine a quella, affinché piamente tu muoia: che facendolo, la morte un largo ed agevole cammino alla vita eterna ti sia. Né ti pensar, sorella mia, che per essere tu fanciulletta, e di pochi anni, tu possa aspettar per ciò di vivere lungo tempo. Che quando così pare a Dio ottimo massimo, tanto presto muoiono i bambini quanto i decrepiti. E’ necessario, dunque, che tu impari come tu debba morire. Disprezza le delizie del mondo, fuggi le insidie ed i lacci di Satana, e schiva gli allettamenti della carne. Fa’ che tutta la tua speranza e consolazione, sia posta e ferma nel Signore, e che tuoi peccati, dolore e pentimento, e non disperazione ti rechino. La fede partorisca in te la fiducia, e non una temeraria audacia. Prega con Paolo, di poterti dipartire dalla prigione di questo corpo, per andartene a morire con Cristo; appresso il quale la stessa morte si mostra la vita. Segui le orme di quel buon servo evangelico, e fa che a mezzanotte tu sii desta, affinché la morte, quando essa verrà, e come ladro entri di notte, a giacere non ti trovi ed addormentata come il servo cattivo. Fa’ che, come alle stolte donnicciole, a te non manchi l’olio, affinché tu non venga chiusa di fuori, ovvero cacciata via come colui che entrò al convito, senza la veste da nozze. Tutta la tua gloria e la tua speranza sia in Cristo, si com’è la mia, ed essendo tu detta cristiana, nelle orme di Cristo, cui ti sei consacrata, ti bisogna star salda. La croce ti fa mestiere prendere, ed i tuoi peccati mettere sulle spalle di Cristo e con sollecitudine, diligenza abbracciarlo. Non ti accada che tu pianga la mia morte, anzi, tu devi rallegrartene con me, perché in quella metter giù debbo la corruzione e l’incorruttibilità prendere. Io sono certissima che invece della perdita di questa caduca e mortale vita, io riceverò quella vita che in nessun modo si può perdere. La qual vita io prego l’Iddio ottimo massimo, che ti conceda; e donati tanto de la Sua grazia, che in ogni tempo il Suo timore ti stia dinanzi agli occhi, e finalmente che nella fede di Cristo la tua vita finisca. Da questa fede, sorella mia, che ne veruna speranza di vita, né veruna paura di morte non ti stanchi. Che se la difesa della verità, per vivere lungo tempo in questo mondo, tu abbandoni, Cristo stesso ti rinnegherà dinanzi al Padre, ed i tuoi giorni


83

scortati saranno. Ma se, al contrario, ti appoggi a Cristo, né da quello svellere ti lasci, prolungati ti siano i termini della vita, si che tutte le cose avranno buona riuscita, perché a te gran consolazione e a Lui gloria verranno. Alla qual gloria me al presente, Iddio ottimo massimo, e te anche, sorella mia, per l’avvenire, quando a Lui piacerà, conduca. Sta sana, carissima sorella, e fa che tu ponga in Cristo tutta la tua fiducia, perché da Cristo aspettar si deve ogni salvezza. Dalla Torre di Londra, il 10 di febbraio, l’anno del Signore 1554 Tua sorella, che sinceramente t’ama. Jane Gray. In questa lettera Jane considera suo padre “sventurato e calamitoso” e non scrive, però, a sua madre (che per altro non cerca neppure di farle visita) o, per altro, a suo padre. Si racconta che Gilford avesse chiesto di vedere Jane prima di morire, e che Maria gliel’avesse concesso. Jane, però, rifiuta di vederlo, dicendo che presto si incontreranno in un posto migliore, dove le amicizie saranno felici. Non vi sono prove, però, che questa storia sia vera. Di fatto, Jane e suo marito sembrano non mostrare alcun interesse nel vedersi durante il loro soggiorno nella Torre. Preghiera di Lady Jane in vista dell'esecuzione “O Signore, Tu, Dio e Padre della mia vita! Ascolta me, donna povera e desolata, che a Te solo ricorre in tutte le sue afflizioni e miserie. Tu, o Signore, sei l'unico Difensore e Liberatore di coloro che in Te ripongono la loro fiducia. Io, quindi, essendo contaminata di peccato, oppressa da afflizioni, inquieta di guai, avvolta da preoccupazioni, sopraffatta da miserie, vessatadi tentazioni, e tormentata amaramente dal lungo imprigionamento in questa vile massa di argilla, il mio corpo peccatore, vengo a Te, o misericordioso Salvatore, anelando la Tua misericordia ed aiuto, senza il quale non sarebbe lasciata speranza alcuna di libertà. E' opportuno, però, visto che la nostra vita è così provata, che noi si sia visitati, di tempo in tempo, dall'avversità, affinché noi si sia e provati per vedere se apparteniamo o no al Tuo gregge, come pure che noi si conosca Te e noi stessi sempre meglio. Tu hai pure detto, però, che noi non saremo mai tentati al di là delle nostre capacità di sopportarlo: abbi così misericordia di me, miserabile disgraziata, Te ne prego. Con Salomone io grido a Te, desiderando umilmente che, come io non sia troppo gonfiata nella prosperità, così io non sia troppo depressa nell'avversità, tanto che io possa rinnegarti, Iddio mio; o sia così abbattuta tanto da disperare e bestemmiarti, mio Signore e Salvatore. O Dio misericordioso, considera la mia miseria, che pure Ti è perfettamente nota, e sii Tu per me ora una forte torre di difesa, umilmente io


84

Ti chiedo. Fa' sì che io non sia tentata al di là delle mie forze, ma sii Tu il Liberatore dalla mia grande miseria. Dammi la grazia di sopportare pazientemente la pesante mano della Tua correzione. Fu la Tua mano a liberare il popolo di Israele dalle mani del Faraone, che per quattrocento anni lo aveva tenuto in schiavitù. Se Ti sembra dunque buono, nella Tua bontà paterna, liberami, disgraziata come sono, per la quale Tuo Figlio ha sparso il Suo prezioso sangue sulla croce, da questa miserevole cattività e servaggio, perché così ora mi trovo. Per quanto tempo ancora Tu sarai assente? Per sempre? O Signore! Hai forse Tu dimenticato di manifestarmi la Tua grazia, ha forse Tu chiuso le porte della Tua misericordia perché dispiaciuto? Non Ti si potrà forse più implorare? E' forse la Tua misericordia cessata per sempre e la Tua promessa giunta a termine ormai per tutti? Perché ritardi così tanto, o Signore? Dispererò forse io della Tua misericordia? O Dio! Lungi sia questo da me! Io sono l'opera delle Tue mani, creata in Cristo Gesù; danni dunque la grazia di saper attendere il momento in cui mi darai sollievo, quando Ti piacerà, affinché io sopporti pazientemente le Tue opere, sapendo con certezza che Tu puoi e vuoi liberarmi, quando Ti piacerà, mai dubitando o non confidando della Tua bontà verso di me, perché Tu sai meglio di quanto sappia io ciò che è meglio per me. Fa quindi in me e con me tutto ciò che vorrai, ad affliggimi nel modo che vorrai. Ti chiedo solo di armarmi, Te ne prego, della Tua armatura, affinché io possa resistere. Che i miei lombi siano cinti di verità. Che la giustizia mi sia di corazza sul petto. Che ai piedi io abbia i calzari della prontezza dell'annuncio dell'Evangelo della grazia. Dammi soprattutto lo scudo della fede, con il quale io potrò parare i dardi infuocati de nemico; e prendendo l'elmo della salvezza e la spada del Tuo spirito, che è la Tua santissima Parola; pregando sempre e in ogni modo con suppliche, io possa affidarmi completamente alla Tua volontà, traendo conforto dalle afflizioni che Ti piacerà mandarmi. Fa' in modo che esse mi possano giovare, essendo del tutto persuasa che in tutto ciò che Tu farai, non potrà che andarmi bene. Ascoltami, o Padre misericordioso, per Colui che volesti rendere sacrificio per i miei peccati, a cui con Te e con lo Spirito Santo sia ogni onore e gloria. Amen” (Taylor 127-129). L’esecuzione di Guildford L’11 febbraio Jane assiste all’esecuzione di suo marito da una finestra. Viene portato dalla Torre di Beauchamp alle 10 del mattino, e condotto nell’area delle esecuzioni di Tower Hill. Jane sta alla finestra e lo vede andare alla morte. Guildford muore con grande coraggio e dignità e, quando passa il carretto che porta il corpo di Guildford, Jane piange e mormora: “Oh Gildford! Gildford! Oh, quanto è amara la morte!”.


85

Forse si rende conto di essere pure stata una vittima. In ogni caso, Jane vede il corpo di lui coperto di sangue, gettato su un fondo di paglia ugualmente macchiato di sangue, e portato a S. Pietro in vincula, con la testa avvolta in un panno e deposta accanto al corpo. Jane, così, vede suo marito che si avvia alla Tower Hill per l’esecuzione e più tardi vedrà il corpo di lui, privo di testa, riportato alla Torre.

La morte di Jane Ora è venuto per Jane il suo turno per affrontare la morte. Indossa la stessa veste nera che aveva portato al processo. Prende con sé il suo libro di preghiere. E’ scortata da Sir John Brydges, luogotenente della Torre, la sua balia, la s.ra Ellen, e pure l’accompagna la sua servente, la s.ra Tylney. Piangono entrambe, ma Jane è calma e composta. Dopo tutto aveva perfino già assistito all’erezione del suo stesso patibolo vicino alla Torre bianca (le sue camere fornivano una vista eccellente su tutto il complesso). Dato che era una principessa di sangue reale, la sua esecuzione è privata. Ad essa viene invitato solo un piccolo gruppo di persone. Presso gli scalini del patibolo, Jane saluta Feckenham: “Iddio vi conceda tutti i vostri desideri ed accettate i miei ringraziamenti più


86

sentiti per tutta l’attenzione che mi avete riservata. Indubbiamente le vostre attenzioni mi hanno messo alla prova più ancora di quanto la morte possa ora terrorizzarmi”. Jane, così, sale sul palco del patibolo e si rivolge alla folla presente. Ammette di avere commesso tradimento, allorché aveva accettato la corona, ma: “Davanti a Dio e davanti a vuoi, buoni cristiani, io ora lavo le mie mani nell’innocenza”. Fa’ così segno di lavarsi le mani e chiede loro che essi siano testimoni della sua morte, affermando di morire come una buona cristiana. Questa, senza dubbio, era un’ulteriore indicazione della sua forte fede protestante. Dice: “Ed ora, buona gente, mentre sono ancora viva, io vi prego di assistermi con le vostre preghiere2”. Si inginocchia, e chiede a Feckenham: “Posso recitare questo Salmo?”. Legge così il Salmo 51 in inglese, a cui fa eco lo stesso Feckenham in latino. Dopo la preghiera, dice a Feckenham: “Imploro Iddio di ricompensarvi abbondantemente per la gentilezza che mi avete mostrata”. Poi Jane si rialza e completa i suoi doveri finali. Consegna alla sua attendente, la s.ra Tylney, i guanti e il fazzoletto, come pure il suo libro di preghiere al fratello del luogotenente, Thomas Brydges. Comincia a slacciarsi la gonna, com’era tradizione, e il carnefice avanza. Era tradizione che le vesti esterne diventassero di proprietà del carnefice. Forse Jane non lo sapeva, o forse era semplicemente spaventata dalla figura mascherata che veniva verso di lei. Fa un passo indietro “desiderando essere lasciata sola”. Le sue attendenti completano di slacciare le sue vesti. Poi le passano un foulard affinché con esso si copra gli occhi. Poi il carnefice si inginocchia di fronte a Jane, chiedendole perdono. Anche questa era un’usanza che lei si aspettava. Al che Jane gli concede “molto volentieri” il suo perdono. Non c’era più null’altro da fare se non eseguire la pena. Il carnefice le chiede di disporsi sulla paglia posta sul palco. Forse Jane, proprio in quel momento, vede per la prima volta il ceppo sul quale dovrà poggiare la testa. La sua compostezza per un attimo vacilla. Sussurra: “Vi prego di fare in fretta quello che dovete fare” e comincia ad inginocchiarsi. Esita un po’ e chiede: “Me la toglierete prima che io mi metta giù?”, riferendosi alla benda sugli occhi. Il carnefice risponde: “No, signora”, e così le lega il fazzoletto attorno alla testa sugli occhi. Jane, così, si inginocchia ma, bendata, non riesce a trovare il ceppo su cui deve poggiare la testa. Le sue braccia battono l’aria per alcuni istanti, e poi Jane grida: “Che debbo fare? Dov’è?”. Coloro che si


87

trovano attorno al patibolo esitano – devono aiutarla? Così, uno della folla sale sul patibolo e l’aiuta. Guida le sue mani verso il ceppo. Jane appoggia poi la testa sul ceppo e distende il suo corpo. Le ultime sue parole sono: “Signore, nelle Tue mani affido il mio spirito”. Il carnefice, così, con un colpo d’ascia preciso le stacca la testa. Il sangue schizza dappertutto sul patibolo e su molti dei testimoni. Poi il carnefice prende la testa di Jane, la alza affinché tutti possano vederla e dice: “Così periscano tutti i nemici della Regina. Ecco la testa di una traditrice”. Così finisce la vicenda di Lady Jane Grey. Era il 12 febbraio 1554. Il Salmo 51 Salmo di pentimento 2S 12:1-14 (Sl 6; 32; 38) 1 Al direttore del coro. Salmo di Davide, quando il profeta Natan venne da lui, dopo che Davide era stato da Bat-Sceba. Abbi pietà di me, o Dio, per la tua bontà; nella tua grande misericordia cancella i miei misfatti. 2 Lavami da tutte le mie iniquità e purificami dal mio peccato; 3 poiché riconosco le mie colpe, il mio peccato è sempre davanti a me. 4 Ho peccato contro te, contro te solo, ho fatto ciò ch'è male agli occhi tuoi. Perciò sei giusto quando parli, e irreprensibile quando giudichi. 5 Ecco, io sono stato generato nell'iniquità, mia madre mi ha concepito nel peccato. 6 Ma tu desideri che la verità risieda nell'intimo: insegnami dunque la sapienza nel segreto del cuore. 7 Purificami con issopo, e sarò puro; lavami, e sarò più bianco della neve. 8 Fammi di nuovo udire canti di gioia e letizia, ed esulteranno quelle ossa che hai spezzate. 9 Distogli lo sguardo dai miei peccati, e cancella tutte le mie colpe. 10 O Dio, crea in me un cuore puro e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo. 11 Non respingermi dalla tua presenza e non togliermi il tuo santo Spirito. 12 Rendimi la gioia della tua salvezza e uno spirito volenteroso mi sostenga. 13 Insegnerò le tue vie ai colpevoli, e i peccatori si convertiranno a te. 14 Liberami dal sangue versato, o Dio, Dio della mia salvezza, e la mia lingua celebrerà la tua giustizia.


88 15 Signore, apri tu le mie labbra, e la mia bocca proclamerà la tua lode. 16 Tu infatti non desideri sacrifici, altrimenti li offrirei, né gradisci olocausto. 17 Sacrificio gradito a Dio è uno spirito afflitto; tu, Dio, non disprezzi un cuore abbattuto e umiliato. 18 Fa' del bene a Sion, nella tua grazia; edifica le mura di Gerusalemme. 19 Allora gradirai sacrifici di giustizia, olocausti e vittime arse per intero; allora si offriranno tori sul tuo altare.

Le ultime parole di Jane prima di essere giustiziata (da Michelangelo Florio) Le cose che qui seguono, ella disse quando che fu condotta al luogo dove si doveva fare l’ultimo atto di questa misera e dolorosa tragedia. Qui si descriveranno non solo le parole, ma gli atti ed i suoi movimenti degni di gran considerazione. Salita che ella fu sul palco, così ella parlò alla moltitudine mescolata d’ogni qualità di persone: “Uomini, padri e fratelli: io vi prego e domando che mi vogliate aiutare con le vostre preghiere”. Detto questo, voltandosi verso Thomas Bridges, capitano della Torre, gli disse: “Mi sarà egli lecito pronunciare alcune cose che ho in animo di dire?”. “Si, signora”, rispose egli, “Che lecito vi sia dir quel che vi


89

piace”. Allora ella così comandò: “Qui, fratelli in Cristo carissimi, è convenuta questa radunanza, perché con gli occhi contempliate la partenza che farà dal corpo questa anima mia, e con l’orecchio intendiate quale che la mia essa sia. Io sono giudicata e sentenziata a morte, e questo per il rigore della legge. Quel che contro alla Maestà reale è stato fatto, è stato fatto contro la legge. Così è davvero, e lecito non era, e tanto meno secondo la legge, che con il mio consentimento io approvassi quel che alcuni avevano ordito e tentato contro la Reale Maestà. Ma che il titolo e nome di Regina io mi sia preso, ovvero che io l’abbia pure desiderato, questo è ciò che io del tutto nego, e nell’innocenza dinanzi a voi io mi lavo le mani”. Detto così, strinse le dita insieme, tenendo un libretto in mano, e rimase in silenzio per un attimo. Poi, così disse: “Io vi prego, fratelli, che testimoni voi siate, che nella fede di Cristo io finisco la mia vita, né spero che con nessun altro purgamento, se non quello della morte di Cristo, abbiano ad essere cancellati e purgati i miei peccati. Che cosa, infatti, potrebbe essere in me che potesse superare la giustizia di Cristo? E se il Signore tenesse conto delle nostre colpe, chi potrebbe resistere? Quel che dunque io sento, e vedo mancarmi, io non debbo cercarlo altrove se non nei meriti del sangue di Cristo, il quale con quell’unica e sola offerta che di Sé stesso fece in croce, compì la salvezza di tutti coloro che in Lui si sarebbero confidati. E’ ben vero, fratelli, che io non posso non riconoscermi grandemente colpevole, che avendomi la bontà divina fatto grazia di conoscere la Sua Parola, così bella gioia con i piedi mi trovo aver calpestata, più del dovere me stessa ed il mondo amando, io confesso che è per i miei peccati che qui mi ritrovo condotta a soffrire meritevolmente questa pena dalla Maestà divina. Io ringrazio di tutto cuore l’Iddio ottimo e massimo, che mi ha concesso l’opportunità di piangere i miei peccati, ed umilmente io riconosco ed accetto questo Suo paterno castigo. Perché Egli punisce i Suoi, non certo per rovinarli, ma per conservarli. E ciò fin qui sia detto abbastanza intorno alla mia fede. Resta, fratelli, che io grandemente vi preghi e vi ripieghi che, fintanto che lo spirito mio resti in questo corpo, vogliate aiutarmi con le vostre preghiere”. Allora, postasi in ginocchio, e rivoltasi al Feckenham, gli disse: “Mi sarà egli lecito leggere questo Salmo?”. “Si, signora”, rispose egli. Cominciò allora a leggere in inglese il Salmo 51 con grandissimo ardore di spirito, seguendolo fino all’ultima parola. Quando si fu levata in piedi, diede i guanti ed il fazzoletto ad una delle sue donzelle, ed il suo libricino a Thomas Bridges. Slacciatasi poi la lunga casacca, il boia si fece avanti per aiutarla a togliersela. Ella, però,


90

rifiutato questo suo servizio, volle che dalle sue damigelle, che aveva con sé, tale officio fosse fatto. Nel volersi essa stessa fasciare gli occhi, il boia, postosi in ginocchio davanti a lei, domandò di perdonarlo. Ed essa lo perdonò molto volentieri. Allora il boia le fece cenno che si fermasse sopra la paglia che era sul palco. Scorto poi il ceppo, disse: “E’ questo forse il ceppo?”. “Sì”, rispose il boia, ed ella: “Io ti prego che presto tu mi spedisca”. E messasi subito in ginocchio, disse: “Mi si dovrà tagliare il capo prima che io mi distenda?”. “No, signora”, disse il boia. Allora, con gli occhi velati, brancolando disse: “Dov’è il ceppo? Che cosa debbo fare? Dov’è? Dov’è?”. Allora, uno dei presenti, presala per mano, la portò al ceppo. A questo ella, gettatasi giù distesa con il corpo e con le braccia, disse: “Nelle Tue mani, Signore, io raccomando il mio spirito. Abbia di me misericordia”. E detto questo, gli fu mozzato il collo. E questa fu la fine di così misera e lamentevole tragedia. Dal libricino menzionato sopra, così scrisse l’Accademia Veneziana nella storia delle cose avvenute dopo la morte del Re Edoardo VI. “Innanzi che ella, cioè Giovanna Graia, fosse condotta alla preparata mannaia, fu ricercata dal Governatore della Torre, a lasciargli una qualche memoria di lei, ed a ciò, stringendolo con la molta affezione che gli portava, ed ella fattasi dare un piccolo libretto, vi scrisse sopra tre sentenze, una greca, una latina ed una inglese, le quali erano della seguente sostanza. La greca era: “La morte darà la pena al mio corpo del fallo, ma la mia anima giustificata sarà davanti al cospetto di Dio, l’innocenza mia”. La latina diceva: “Se la giustizia ha luogo nel mio corpo, l’anima mia l’avrà nella misericordia di Dio”. L’inglese: “Il fallo è degno di morte, ma il modo di mia ignoranza doveva meritar pietà ed escusazione, presso al mondo ed alla legge”.


91

Epilogo Al tempo dell'esecuzione di Lady Jane pure avvengono fra 70 e 90 esecuzioni di coloro che la regina Maria considera avversari suoi e della “vera religioneâ€?, 45 lo stesso 14 febbraio, giorno della morte di Jane. Lady Anne continua a scrivere a Lady Laurana de Medici, ancora in un convento di Firenze e a descrivere non solo l'orrore del regno della Regina Maria, ma della testimonianza di fede di innumerevoli figlioli di Dio che, pur di non rinnegare la loro fede evangelica suggellano nel sangue il loro amore per la veritĂ .


92

Tutto questo non rimane senza frutti. Un'ulteriore lettera di Laurana da Firenze manifesta un miracolo avvenuto in lei: la sua stessa conversione alla fede evangelica (Taylor, 140ss). “Con quanto sentimento, mia cara Lady Anne, mi hai raccontato di quell'orrido passato e come esso abbia influito sul presente! Con quali animate forme hai descritto la tua angoscia! E con quale simpatia il mio cuore ha portato il fardello di ogni racconto d'afflizioni che tu mi narravi! Soltanto le circostanze sono tali, indubbiamente, da suscitare la pietà e l'ammirazione di un qualsiasi cuore che non sia completamente indurito! Beati martiri! Eccellente e nobile Jane! Felice pure Lord Guildford! Unito ancora alla tua amabile partner, mai più per sentire i dolori della separazione e l'afflizione dell'assenza! Unito a lei in una condizione di beatitudine oltre a qualunque nostra capacità di poterla descrivere!Io stessa sono giunta alla conversione ai vostri principi riformati, ed aborro la persecuzione, insieme a tutti gli errori del papismo, con sincera persuasione! Qui io pure ho una conoscente, una mia cara amica, essa stessa una protestante, che ha soddisfatto alcuni dei miei dubbi, una parente di mia madre, alla quale la sorella Clara mi ha presentato e che mi invita spesso in casa sua. E' là che talvolta io pure incontro teologi protestanti, le cui argomentazioni hanno assistito alla mia conversione. Quello che, però, più di ogni altra cosa, ha contribuito al mio cambiamento, è stata una Bibbia in lingua inglese che mi fu imprestata, la cui lingua, sebbene non dei miei genitori, è pure mia, perché io nacqui in Inghilterra, e bene comprendo l'inglese tanto quanto l'italiano. Quasi ogni capitolo, in essa, colpisce la mia mente producendo in essa persuasione, e la luce della verità scende nel mio cuore. Ora il mio zelo verso la mia fede di nuovo acquisto è così grande che, penso, mi rallegrerei di diventarne io stessa una martire. Eppure, che io non sia troppo sicura in essa. Lo zelo, infatti, frequentemente uno zelo indiscreto, è concomitante a nuove opinioni. Che esso possa in me essere moderato dalla carità, dalla tolleranza, da ogni considerazione gentile ed umana. Che essa diventi fragile verso i miei simili, non importa di quale religione siano.


93

Iddio, che è l'autore dell'essere, Colui che ha formato il cuore umano, ha impiantato in ciascuno di noi quei sentimenti, dal clima, costituzione ed educazione, che meglio servono i propositi delle Sue provvidenziali dispensazioni. Benedetti, tre volte benedetti, siano coloro che godono dei benefici della rivelazione cristiana! Essi sono in grado di distinguere la verità dall''errore e di godere dei privilegi d'un tale Evangelo. Essi, però, saranno veramente felici soltanto se la loro vita si conformerà a quei principi, e che umilmente, e con semplicità, ricevendo i precetti dell'Evangelo, li ubbidiscono.Mi rallegro, mia cara Anna, che tu ti sia ripresa un poco dal primo shock delle tue recenti sfortune. La forza di Lady Jane, e la tua rassegnazione, sono entrambi felici effetti dei vostri principi divini. Ah se soltanto io potessi raggiungere una simile perfezione! Devo riconoscere, però, che è con grande difficoltà che io posso sopportare tutta la mia apprensione per il Conte del Devon. Tremo ad aprire le tue lettere, temendo che contengano un qualche triste resoconto del suo destino. Quel carattere impetuoso, che mi è così naturale, non riesco sempre a controllarlo, e mi vergogno molto ad ammettere che, a questo riguardo, le mie paure troppo mi distraggano dalla mia fede. Talvolta lo immagino condannato da quella crudele Maria ad orrende torture! Mi sembra di sentire le sue grida, e talvolta io penso che potrei io stessa bere del veleno prima di dover soffrire tali acute miserie! Improvvisamente, però, un divino raggio dal cielo illumina la mia anima! Consapevole della mia colpa e del pericolo, io supplico la misericordia di Dio, e di nuovo faccio esperienza di quella compostezza, di quella speranza, di quella rassegnazione che si deve piuttosto avere, con sincera contrizione. Abbi pietà della tua povera amica, mia cara Lady Anne, ed insegnami a sopportare, con costanza, qualunque siano le sventure che decretate sono dal cielo alla tua Laurana


94


95

Appendice

Linea temporale (16. e 17. secolo) •

1509 - Morte del Re Enrico VII. Il Re Enrico VIII accede al trono e sposa Caterina D'Aragona, vedova del suo fratello più vecchio.

1521, 11 ottobre, Enrico VIII diventa "Difensore della Fede".

1533 - Enrico VIII divorzia da Caterina D'Aragona e sposa Anna Bolena [Anne Boleyn].

1536 - Enrico VIII divorzia da Anna Bolena, ed è fatta decapitare per adulterio ed incesto. Il re Enrico VIII sposa Jane Seymour.

1537, 12 ottobre - Nasce Edoardo VI, figlio di re Enrico VIII e di Jane Seymour. Edoardo è il primo e solo erede maschio al trono.

1537, 25 ottobre - Muore Jane Seymour.

1537, Ottobre - Nasce Jane Grey, pronipote del re Enrico VII e cugina ed Edoardo VI. Riceve il nome Jane, in onore di Jane Seymour.


96

1537, 24 Ottobre- muore Jane Seymour.

1540 - Enrico VIII sposa e divorzia da Anne Cleaves, poi sposa Catherine Howard.

1540 - Inizia lo scioglimento dei monasteri.

1540 - Nasce Katherine Grey, sorella di mezzo di Jane.

1542 - Catherine Howard è fatta decapitare.

1543 - Enrico VIII sposa Catherine Parr.

1545 - Nasce Mary Grey, sorella più giovane di Jane.

1546 - Jane Grey è mandata alla Corte di Enrico VIII per servire sua moglie, Katherine Parr.

1547, 28 gennaio - Re Enrico VIII muore, Edoardo VI diventa re.

1547, Maggio - Katherine Parr sposa il Lord Ammiraglio Thomas Seymour.

1548, 30 Agosto 30 - Katherine Parr dà alla luce sua figlia Mary.

1548, 5 Settembre - Katherine Parr muore di complicazioni nel parto di sua figlia.

1549, 20 Marzo - Thomas Seymour è condannato a morte per tradimento.

1549 - John Aylmer diventa il tutore di Jane.

1550 - 1 novembre, arrivo in Inghilterra come rifugiato di Michelangelo Florio.

1551 - I genitori di Jane diventano il Duca e la Duchessa del Suffolk. John Dudley è fatto Duca di Northumberland. Dudley è pure Consigliere Capo di Re Edoardo VI.

1552 - Re Edoardo VI si ammala di morbillo. Poco dopo sviluppa anche la tubercolosi.

1553, 25 Maggio - Jane è fatta sposare al Lord Guildford Dudley, figlio di John Dudley.


97

1553, 10 giugno - John Dudley convince Edoardo VI a scrivere un testamento in cui nomina Jane Grey come sua successore alla corona.

1553, 6 luglio - Re Edoardo VI muore all'età di 15 anni.

1553, 9 luglio - Lady Jane Grey è convocata di fronte al Consiglio dove le viene detto che lei sarà regina.

1553, 10 Luglio - John Dudley dichiara Jane Regina d'Inghilterra.

1553, 19 luglio - Jane riceve l'ordine di rinunciare al titolo di Regina per ordine della nuova nominata Regina Maria.

1554, 12 febbraio - Lady Jane Grey, la regina dei nove giorni, viene giustiziata.

1554, 4 marzo - Michelangelo Florio con altri rifugiati, fugge dall'Inghilterra a causa delle persecuzione innescate dalla regina Maria contro i Protestanti.

1558, 17 novembre - Elisabetta I proclamata Regina.

1559 - La regina Elisabetta I dichiarata capo della Chiesa d'Inghilterra.

1562 - Hawkins e Drake iniziano il commercio degli schiavi con l'America.

1582 - Papa Gregorio XIII introduce il Calendario gregoriano.

1588 - L'Armada spagnola sconfitta dalla flotta inglese.

1603, 24 marzo - Morte di Elisabetta I. Giacomo I diventa Re d'Inghilterra.

1611 - Pubblicata la versione autorizzata della Bibbia.

1620, 6 settembre, I Padri Pellegrini partono sul Mayflower per l'America.

1625, 27 marzo - Morte del re Giacomo I, accede al trono Carlo I.

1642 - Scoppia la guerra civile inglese.

1649 - 1660 - Oliver Cromwell


98

1669 - 1685 - Re Carlo II.

La linea di successione di Enrico VIII Al tempo dell'ascesa al trono di Edoardo VI, le prossime dieci persone col titolo di successione al trono erano tutte femmine, e vi erano diverse interpretazioni sull'ordine in cui dovevano essere poste. Poste in quello che oggi si considera la successione legittima, erano: 1. Maria Tudor, figlia più vecchia di Enrico VIII (ma era stata diseredata sotto l'Atto di Successione del 1534, in seguito all'annullamento del matrimonio del padre con la madre Caterina d'Aragona. 2. Elisabetta, sua figlia più giovane (ma era stata diseredata da suo padre quando sua madre, Anna Bolena, fu decapitata). 3. Maria, Regina degli Scozzesi, nipote della sorella più vecchia di Enrico, Margaret Stewart, che aveva sposato Giacomo IV di Scozia.


99

4. Margaret Douglas, figlia di Margaret Stewart dal suo secondo matrimonio (ma entrambe le pretendenti scozzesi erano state escluse per impedire che la corona inglese cadesse a re scozzesi. Questo, però, a tempo debito, fu esattamente ciò che avvenne). 5. Frances Grey, figlia più vecchia della sorella di Enrico, Maria. 6. La figlia più vecchia di Frances, Jane. 7. La seconda figlia di Frances, Katherine. 8. La figlia più giovane di Frances, Maria. 9. La sorella più giovane di Frances, Eleanor. 10. La figlia di Eleanor, Lady Margaret Clifford. Il testamento di Enrico VIII affermava che se fosse caduta la linea diretta, la corona dovesse passare alla nipote Frances. Probabilmente non aveva titolo per stipulare una tale volontà, ma comportò tragedie per coloro che lo sostennero, sia per ambizione che pare per motivi religiosi (la linea di Frances era di fede riformata).

Note biografiche Anne Askew

Anne Askew (1521-16.7.1546), sostenitrice della Riforma, perseguitata come eretica e poi bruciata sul rogo. Nata in una famiglia di riguardo a Stallingborough nella contea di Lincoln, è costretta dal padre Sir William Askew a sposare il cattolico Thomas Kyme, al posto della


100

sorella che era morta. Sebbene la coppia avesse poi avuto due figli, il matrimonio non funziona, soprattutto a causa delle forti persuasioni protestanti di lei. Dopo essere andata a Londra per predicare contro ladottrina della Transustanziazione, suo marito la scaccia di casa. Ritorna a Londra e chiede il divorzio, giustificandolo con la Scrittura (1 Co. 7:15), sulla base che suo marito non è un credente. La Askew si fa appoggiare dai suoi amici a corte, in particolare Catherine Parr, ma la Parr non riesce a salvarla dall’accusa di eresia. Nel 1545 A. fu inquisita sulla propria fede, ma essa rifiutò coraggiosamente di aderire ai Sei Articoli, in particolare sui punti concernenti la transustanziazione e le messe, in cui lei non credeva. Fu per questo crudelmente torturata per farla confessare i nomi dei suoi confratelli, come la regina stessa ed altri nobili. Tuttavia A. resistette alle torture e né confessò né fece nomi: nonostante le perorazioni di Caterina Parr presso Enrico VIII, essa fu quindi condannata al rogo nel giugno 1546, assieme ai compagni di fede il gentiluomo John Lascelles, il sarto John Adams ed il sacerdote Nicholas Belenian. La sentenza fu eseguita nel luglio dello stesso anno a Smithfield: indebolita dalle torture, A. dovette essere trasportata sulla pira su una sedia. Rifiutò all'ultimo minuto la grazia del re, che avrebbe comportato l'abiura delle sue idee religiose, e morì tra le fiamme. Durante il processo scrive un resoconto personale della sua fede, pubblicato come The Examination da John Bale, e più tardi, nel 1563 da John Foxe in Acts and Monuments. Edoardo VI

Uno dei grandi “se” della storia inglese, fu presentato dalla prematura morte di Edoardo VI. A quel tempo, nessuno avrebbe potuto prevedere che il più grande monarca Tudor sarebbe stato la principessa Elizabeth, figlia della sfortunata Anna Bolena. Le speranze inglesi per una forte monarchia s'incentravano nella sopravvivenza di Edoardo VI. Durante la sua minore età, nonostante il


101

desiderio di Enrico che governasse un consiglio di ministri, il Duca di Somerset (zio di Edoardo) si proclamò Lord protettore. Continuò così la politica del re di operare cambiamenti religiosi promuovendo riforme protestanti. Edoardo VI regna per sei anni, ed aveva solo sedici anni quando morì. Fisicamente fragile, intelligente e sincero, era ingenuo, ed inevitabilmente divenne lo strumento di consiglieri, in particolare il Duca di Northumberland, le cui motivazioni erano lungi dall'essere religiose. Il regno di Edoardo si mosse decisamente in direzione del Protestantesimo. Gran parte della legislazione contro l'eresia fu abolita, e l'Inghilterra divenne un santuario per tutti i perseguitati d'Europa. Le Bibbie inglesi potevano essere liberamente stampate e lette. Il libro di Cranmer “Il libro della preghiera comunitaria” (the Book of Common Prayer) del 1552, che andava oltre alla versione già fortemente protestante del 1549, presentava i sacramenti como essenzialmente un memoriale e venne reso obbligatorio in tutte le chiese e fu abolita la Messa latina. I Quarantadue Articoli del 1553, codificavano in termini irenici questi ed altri cambiamenti. Questi atti coraggiosi incontrarono la resistenza di molte aree cattoliche del paese, per non menzionare l'Irlanda, per sempre fedele a Roma, e, a causa di questo, l'Irlanda fu sempre sospetta agli occhi inglesi, come centro di ribellione. In Inghilterra, i tentativi di imporre il nuovo Libro di preghiera, condusse ad una serie rivolta in Cornovaglia e nel Devon. A questo si aggiunse una sollevazione nel Norfolk contro l'aumento dei prezzi e le ingiustizie sociali. Come se non bastasse, egli coinvolse l'inghilterra in una guerra contro la Scozia, da sempre alleata alla Francia, riuscì a perdere in una battaglia, come pure fu deposto e condannato a morte. Sullo stato degli affari, Sir Thomas Moore considerava la lotta per l'influenza e il bottino fra le grandi famiglie dell'Inghilterra come niente di più che “una cospirazione di gente ricca che persegue solo i propri comodi sotto il pretesto d'aver titolo a governare la nazione”. Dopo la morte del Somerset, però, il Paese su amministrato da un personaggio molto più abile, John Dudley, Conte di Warwick e Duca del Northumberland. Egli riesce a districare il Paese da una disastrosa guerra contro la Scozia, ritorna a Boulogne, in Francia e ristabilisce l'ordine sociale in Inghilterra. Ora il Protestantesimo diventa ufficiale


102

con il nuovo Libro delle Preghiere del 1552 ed un nuovo Atto di Uniformità era passato. Nonostante le inevitabili limitazioni, Edoardo era un cristiano sincero. Il suo regno vide poche esecuzioni capitali. Mary, la sua mezza sorella poteva avere la sua Messa ed il suo cappellano. Il vescovo cattolicoromano Stephen Gardiner, sebbene messo in prigione e privato della sua sede, poteva scrivere sei volumi di controversie teologiche. Il malaticcio Edward, però, stava morendo. Il Northumberland è molto preoccupato perché il legittimo erede al trono è Maria, l'unica figlia superstite di Enrico e di Caterina d'Aragona, una cattolica impegnata. Persuade così Edward a dichiarare Maria figlia illegittima e di nominare Lady Jane Grey come erede al trono (la nipote della sorella di Enrico VIII e sposata a suo figlio). La povera Lady Jane, timida e inadatta al ruolo, non era sostenuta dal Paese, che stava tutto dalla parte di Maria, una Tudor, e quindi, legittima sovrana. Maria, così, giunge a Londra, acclamata dalla folla, per assumere il trono che le spetta. Michelangelo Florio

Michelangelo Florio (conosciuto pure come “Michelagnolo Fiorentino, autore dell’Apologia”) nasce probabilmente a Siena o Lucca46, da una famiglia d’origine ebraica convertitasi al Cattolicesimo. Orfano all’età di circa 10 anni, è educato in Trentino (Venezia tridentina) e diventa frate francescano.

46

Egli si definisce „fiorentino“ probabilmente per guadagnare credito fra gli studiosi.


103

Conosciuto come Fra’ Paolo Antonio, viene a contatto con la fede riformata, è persuaso dalle sue argomentazioni (forse nel 1541) e ne diventa attivo sostenitore47. Uomo di grande istruzione ed eloquenza, benché, si dice, dalla spiritualità piuttosto instabile, usa questi suoi talenti per predicare con coraggio e franchezza l’Evangelo. La sua predicazione radicale, nonostante la relativa tolleranza che riscuoteva a quel tempo il movimento riformatore in Italia, suscita ben presto le reazioni delle autorità ecclesiastiche, che ne ottengono l’arresto e l’incarceramento per “eresia” nel 1548. E’ proprio in quel tempo che viene istituita l’Inquisizione per contrastare un movimento riformatore sempre più “preoccupante” per le autorità ecclesiastiche. Dopo 27 mesi di prigione a Roma48 riesce a fuggire, getta il saio di frate ed inizia così le sue peregrinazioni prima in Italia, prima in Abruzzo, poi a Napoli, in Puglia, poi, per mare a Venezia, poi ancora a Mantova, Brescia, Bergamo, Milano, Pavia, Casale Monferrato (centri allora, della fede riformata in Italia) protetto da circoli riformati nei quali riceve ulteriore istruzione teologica. E’ durante questo periodo che conosce Pietro Martire Vermigli49 ed altri riformatori italiani. Raggiunge poi Lione, Parigi, e quindi l’Inghilterra. Il primo novembre 1550 arriva come rifugiato a Londra (dopo aver lasciato Venezia in settembre), rimanendovi fino al 4 marzo 1554. Probabilmente il suo contatto a Londra era Bernardino Ochino (14871564)50. Ivi è presente a quel tempo pure Pietro Martire Vermigli. “Infelicissimo da vero era lo stato mio quando sotto l’habito francescano stavo sepolto nelle infinite superstizioni, anzi, idolatrie, contro a la mia coscienza, che già più di 16 anni or sono che per la Dio mercé conobbi gran parte del vero, e forzami in Faenza, Padova, Roma, Venezia e Napoli a darne fuori qualche saggio” (Apologia, p. 13).

47

48Dal

gennaio o febbraio del 1548. Egli scrive al riguardo: “Perché mi tennero papa Paolo III, il Cardinal ch’iettino oggi Anticristo, il Cardinal di San Jacopo, Santa Croce e lo Sfrondato, 27 mesi prigione in Roma Perché con tanta crudeltà mi tormentarono?” (Apologia, p. 73). Pietro Martire Vermigli, riformatore (Firenze 1500-Zurigo 1562). Agostiniano, priore a Napoli e poi a San Frediano presso Lucca, frequentando il cenacolo di Juan de Valdés aderì alla Riforma. Fuggito dall'Italia nel 1542, fu a Zurigo, Basilea e Strasburgo, quindi passò in Inghilterra (1547), dove insegnò teologia a Oxford. Tornato in Svizzera, fu professore a Zurigo (1556) di teologia e filosofia.

49

50Bernardino

Ochino, riformatore religioso (Siena 1487-Slavkow, presso Austerlitz, Moravia, 1564). Già famoso predicatore e generale dei cappuccini (1538-42), dopo contatti con Juan de Valdés e Pietro Martire Vermigli, lasciò nel 1542 il cattolicesimo


104

L’Inghilterra era allora, infatti, un punto di riferimento per tutti coloro che, a causa della loro fede, avevano di che temere per la loro vita, trovandovi, come profughi, la calorosa protezione del Re Edoardo VI. Diventa amico dell’arcivescovo Thomas Cranmer51 ed è sostenuto da Sir William Cecil52 che subito ne apprezza le doti. Diventa pastore della Chiesa riformata di lingua italiana di Londra, incoraggiata e protetta dalle autorità, una delle diverse comunità straniere allora esistenti53. Per questo, Florio riceveva dalle autorità reali uno stipendio di 20 sterline all’anno. Oltre a questo, la comunità si obbligava a provvedere al suo alloggio ed alle altre sue necessità. Un rigido regolamento ecclesiastico

rifugiandosi a Ginevra. Fu pastore dei protestanti italiani prima ad Augusta (1545-47) e poi, dopo un intervallo londinese, a Zurigo (1555-63), da cui dovette allontanarsi per le accuse di antitrinitarismo sollevate dalla pubblicazione dei suoi Dialoghi XXX (1563). Riparò allora in Moravia. Tra le altre opere: Prediche nove (1539), Dialoghi sette (1542), Labirinti del libero o servo arbitrio (1561). Thomas Cranmer, prelato e riformatore inglese, primo arcivescovo anglicano di Canterbury (Aslacton 1489-Oxford 1556). Docente presso l'università di Cambridge, intervenne nella controversia con il papa sulla validità del matrimonio fra Enrico VIII e Caterina d'Aragona, dichiarando che la questione andava risolta sulla base dell'insegnamento della Sacra Scrittura, interpretato dai teologi delle più cele-bri università. Inviato dal re presso la Santa Sede per sollecitarvi la sentenza di annullamento, transitò al ritorno in Germania, dove ebbe modo di assimilare alcune tesi del luteranesimo. Creato da Enrico VIII arcivescovo di Canterbury e primate d'Inghilterra, emise la sentenza sull'invalidità del matrimonio del sovrano, favorendo nel 1534 la ratifica dell'Atto di supremazia, che sanciva l'autorità del re sulla Chiesa inglese e segnava lo scisma dalla Chiesa di Roma (v. anglicanesimo ). Fu durante il regno di Edoardo VI (1547-53) che Cranmer poté realizzare il suo progetto riformatore, in cui si fondevano ide-ali umanisti con l'esigenza di un profondo rinnovamento evangelico della Chiesa. A lui risale la prima stesura del Common Prayer Book (Libro della preghiera comune) nel 1549 e l'elaborazione dei Quaran-tadue articoli, confessione di fede in cui erano accolte parecchie tesi luterane. Durante il regno di Maria Tudor, che volle ricondurre il suo popolo all'obbedienza verso la Santa Sede, venne condannato al rogo.

51

52 William Cecil, uomo politico inglese (Bourne 1520 - Londra 1598). Entrato a corte nel 1547 al servizio dei lord protettori del re Edoardo VI, fu poi il principale ministro e consigliere di Elisabetta I, come segretario (1558-72) e poi lord tesoriere (dal 1572). Rafforzò la Chiesa anglicana contro cattolici e puritani e, a partire dal 1571, si schierò con la Francia contro la Spagna, che appoggiava i cattolici inglesi.

La prima ad essere formata è quella tedesca o olandese, stabilita nel 1550 da Jan Laski.

53


105

era stato introdotto sotto la guida del polacco Jan Laski54, che aveva assunto il coordinamento, come una sorta di sovrintendente, delle comunità riformate straniere. Il suo stile oratorio molto appassionato non è sempre visto di buon occhio. Pare che il Florio predicasse tali veementi sermoni anti-papisti che non pochi ne erano persino scandalizzati55. Lavora in casa di William Cecil56, futuro segretario di gabinetto della principessa Elizabeth e diventa cappellano e mentore di Lady Jane Grey insegnandole pure l’italiano, il latino ed il francese. Le sue lunghe conversazioni con lei sono riportate nel libro che Florio scrive sulla sua vita e morte57. Al Florio sembra da addebitarsi la riconosciuta maestria linguistica della Grey. Con la svolta del 1553 Maria la Sanguinaria assume il potere. Lady Jane viene decapitata un anno dopo. Più tardi Florio, in un suo libretto, avrebbe descritto con quale calma la sua giovane allieva – diciassettenne - era andata incontro alla morte, diffondendone le lettere ed altri scritti.

Jan Laski (Johannes a Lasco), riformatore polacco (Lask 1499-Pinczōw 1560). Lasciata la Chiesa cattolica dopo essere stato vescovo di Veszprem (1538), fu esule per molti anni (1539-56) ricoprendo incarichi pastorali a Emden (Frisia orientale) e a Londra. Tornato in patria, si adoperò per l'avanzamento della Riforma in Polonia e collaborò alla traduzione della Bibbia in polacco. Sincretista in teologia, è importante soprattutto per vari ordinamenti ecclesiastici da lui elaborati.

54

Jan Laski (Johannes a Lasco), riformatore polacco (Lask 1499-Pinczōw 1560). Lasciata la Chiesa cattolica dopo essere stato vescovo di Veszprem (1538), fu esule per molti anni (1539-56) ricoprendo incarichi pastorali a Emden (Frisia orientale) e a Londra. Tornato in patria, si adoperò per l'avanzamento della Riforma in Polonia e collaborò alla traduzione della Bibbia in polacco. Sincretista in teologia, è importante soprattutto per vari ordinamenti ecclesiastici da lui elaborati.

55

William Cecil, uomo politico inglese (Bourne 1520 - Londra 1598). Entrato a corte nel 1547 al servizio dei lord protettori del re Edoardo VI, fu poi il principale ministro e consigliere di Elisabetta I, come segretario (1558-72) e poi lord tesoriere (dal 1572). Rafforzò la Chiesa anglicana contro cattolici e puritani e, a partire dal 1571, si schierò con la Francia contro la Spagna, che appoggiava i cattolici inglesi.

56

“Io stesso contandole un giorno gli oltraggi, gli scorni, ed i tormenti che io in Roma per lo spazio di 27 mesi sotto Paolo e Giulio III sofferti aveva, per avere io, et in Napoli, et in Padova, et in Venezia predicato Cristo senza maschera, la vidi con sì sviscerata compassione lacrimare, che ben si conosceva quanto gli fosse a cuore la vera religione; et alzati gli occhi al cielo, disse: Deh, Signore, s’io non ti offendo con questa mia dimanda, non patir più ch’el mondo faccia tanti strazi dei tuoi” (La vita e la morte di Giovanna Graia, p. 44).

57


106

Pare che la sua onorabilità fosse anche, ad un certo punto compromessa a causa di una relazione irregolare con una donna inglese colta e benestante (forse conosciuta in casa dello stesso Cecil). Sembra che si sia potuto salvare da un processo solo dichiarandosi disposto al matrimonio58. Da questa relazione nasce, in Inghilterra, Giovanni (John) Florio, nel 1553. Questa storia, insieme ad una certa insofferenza per gli stretti regolamenti imposti alle comunità riformate straniere (che critica apertamente), ed una certa propensione per le idee eterodosse dell’Ochino, lo porta in conflitto con quelle autorità, tanto da vedersi licenziato dall’ufficio pastorale (1552). Nel 1553 il Riformatore zurighese Bullinger scrive in una sua lettera che un predicatore (che non nomina) sospeso dal suo incarico aveva criticato i riti della comunità dei rifugiati. Deve lasciare la casa del Cecil e per vivere impartisce lezioni di italiano. Scrive un libro di regole grammaticali dedicate a due dei suoi allievi, Henry Herbert, duca di Penbroke e Lady Jane Grey59, come pure un saggio sui principi della traduzione, benché egli voglia essere solo e sempre considerato un predicatore: “In questa piccola opera non pretendo essere uno scrittore di puro Toscano, ma solo un sincero espositore della Parola di Dio”. E’ pure possibile che il Florio sia stato in contatto come insegnante dell’ancora più famosa principessa Elizabeth, appassionata dell’italiano ed intellettualmente interessata alla dottrina sulla predestinazione come esposta dall’Ochino. E’ ampiamente riconosciuto come sia da addebitarsi proprio ai Florio (padre e figlio) la grande influenza che la cultura italiana ha avuto nel forgiare il Rinascimento inglese. Ad Oxford, forse in rapporto con Pietro Martire Vermigli, si interessa delle dispute teologiche che vi avvengono, in particolare quelle di Scrive una lettera di scuse, auspicando maggiore tolleranza e dicendo che, se fosse stato costretto a lasciare l’Inghilterra, sarebbe stato però a calmare. Nella collezione di manoscritti del Simmler, vi è una pagina di note in latino sull’Apologia del Florio (Zentralbibliothek, Zürich, S.MSCR, 85, f. 21). In una di queste si dice: “De Uxore, quae Angla fuisse videtur, et Liberis nihil constat”. Altri sostengono che la moglie del Florio, invece, fosse una rifugiata italiana, probabilmente una Crollalanza della Valtellina.

58

Michel Aglo Florio, “Regole ed istituzioni della lingua toscana”, British Museum, Slogane, MSS. 3011. Senza data.

59


107

Nicholas Ridley60 con i papisti. Di questo scrive pure nel libro dove parla della vicenda di Lady Jane. Il Florio si dimostra pure un imparziale cronista dei tragici avvenimenti politici dell’Inghilterra in quel periodo.

Nicholas Ridley nacque nel 1500 circa a Ridley, nella contea inglese del Northumberland da una famiglia nobile: il padre, infatti, Christopher, signore di Ridley, era un uomo di fiducia di Enrico VIII d'Inghilterra. Nicholas frequentò le migliori università, a Cambridge, Parigi e Lovanio, successivamente ritornò ad insegnare a Cambridge nel 1529. Nel novembre 1534 R. sottoscrisse l'Atto di Supremazia, il documento con cui il re Enrico VIII aveva risposto alla scomunica papale del luglio dello stesso anno, comminata in seguito al suo divorzio da Caterina d'Aragona. Dall'anno successivo R. iniziò ad interessarsi delle dottrine della Riforma e a studiare soprattutto le opere di Ratramno di Corbie, in particolare il De Corpore et Sanguine Domini, dove il monaco francese del IX secolo aveva difeso il concetto della presenza del corpo divino di Cristo nell'Eucaristia. R. divenne in seguito amico dell'arcivescovo di Canterbury, Thomas Cranmer, che lo nominò nel 1537 suo cappellano personale e nel 1540 rettore del collegio di Pembroke Hall, a Cambridge. Sempre più sulla cresta dell'onda, nel 1541 R. fu nominato cappellano del re Enrico VIII e canonico della cattedrale di Canterbury. Nel 1547, con la salita al trono di Edoardo VI (1547-1553), il riformismo di R. divenne ancora più accentuato: nominato vescovo di Rochester, R. partecipò al comitato, che nel 1549 fece pubblicare il Book of Common Prayer (il libro delle preghiere), compilato su richiesta di Cranmer per semplificare i libri di preghiere e di funzioni religiose in latino e risalenti al periodo medioevale. Inoltre R. esaminò inoltre gli atti di accusa che portarono alla deposizione degli arcivescovi cattolici di York, Stephen Gardiner (1483-1555) e di Londra Edmund Bonner (1500-1569). R. subentrò a quest'ultimo come nuovo arcivescovo di Londra nel 1550, ma nel 1553 il nuovo capovolgimento della situazione dinastica fu fatale al prelato: il 6 luglio 1553 morì infatti di tubercolosi Edoardo VI, a soli 15 anni, e dopo l'infelice avventura di Lady Jane Grey (1537-1554) cugina di Edoardo e regina per soli 9 giorni (e incautamente appoggiata da R. in persona), salì al trono la cattolica Maria Tudor, figlia di quella Caterina d'Aragona, il cui ripudio aveva innestato lo scisma della Chiesa d'Inghilterra. Oltre a tutto ciò Maria decise in seguito di nominare Lord Cancelliere proprio quel Stephen Gardiner, che R. aveva fatto rimuovere dal suo incarico. Ragioni più che sufficienti per ordinare l'arresto di R., assieme a Cranmer stesso e all'ex vescovo di Worcester, Hugh Latimer, che furono rinchiusi nella torre di Londra per due anni fino alla loro definitiva condanna a morte. Il 16 ottobre 1555 Latimer e R. furono portati per essere bruciati sullo stesso rogo: R. decise di indossare i suoi paramenti vescovili, mentre Latimer si presentò vestito più modestamente e fu quest'ultimo, più anziano, a morire per primo in maniera dignitosa ed esortando R. ad un comportamento più coraggioso. La morte per R. fu più atroce: con le gambe quasi completamente consunte dalle fiamme, spirò solo quando il fuoco finalmente accese la polvere da sparo contenuta in una piccola botte, legata intorno al collo dei condannati per abbreviare loro le sofferenze.

60


108

Nel 1555 dopo che Maria la sanguinaria accede al trono (e che causa il martirio di Cranmer, Latimer61 e Ridley ad Oxford), insieme ad altri rifugiati fugge dall’Inghilterra62 e soggiorna brevemente a Strasburgo. Qui incontra il nobile Federico Von Salis di Soglio che giunge ad apprezzarlo tanto da invitarlo a divenire pastore della Chiesa evangelica riformata dei Grigioni nello stesso villaggio di Soglio, in Bregaglia. E’ probabile, altresì, che Michelangelo avesse, nella stessa Chiavenna, un parente, pure predicatore evangelico, un certo Simone Florio. Accetta l’incarico e vi si trasferisce con la moglie inglese e il figlioletto John, nato in Inghilterra. Diventa così il secondo pastore riformato di Soglio dopo la Riforma, succedendo a Michele Lattanzio, di Bergamo, già ivi rifugiato. E’ a Soglio che Michelangelo educa il figlio non solo nella fede riformata, ma gli insegna pure pure latino, francese, greco, insieme all’italiano ed all’inglese. Dalle opere posteriori di Giovanni Florio risulta come la loro vita in quel villaggio fosse frugale, ma feconda, provvista di libri, musica, buone maniere, e dove si coltivava la conoscenza delle lingue. E’ pure a Soglio che Giovanni vede il padre scrivere sermoni e libri, e dove impara l’amore per le lettere, cosa che poi trasmetterà alla cultura inglese. La nuova attività a Soglio conosce, però, altre difficoltà. Florio aveva avuto il compito di ammaestrare nella fede una popolazione montanara che soltanto da poco tempo si era decisa per la Riforma. Al tempo stesso si trovava a dover fronteggiare la potente famiglia Salis, che avrebbe fatto volentieri a meno “del passaggio alla nuova fede”. Qui si rivela ancora il suo spirito inquieto che lo porta a simpatizzare per la corrente teologica antitrinitaria, in particolare la corrente dei Hugh Latimer, vescovo e riformatore anglicano (Thurcaston ca. 1485-Oxford 1555). Dapprima avversò la Riforma protestante, poi, rifiutatosi di predicare contro Lutero, si procurò l'amicizia di Enrico VIII e di Cromwell e divenne vescovo di Worcester (1534). Inviso alle gerarchie ecclesiastiche, trascorse molti anni in carcere o in esilio, finché, richiamato a Londra sotto il regno di Maria la Cattolica, fu condannato come eretico e morì sul rogo.

61

“…dove sono stati fino al 4 marzo 1554 e di quivi (poi che questa impia e crudelissima sfacciata Iezabel Regina hebbe rubato quel regno a Cristo e datolo in preda all’Anticristo) partitomi con la mia famigliola me ne venni per Anversa in Alemagna e sono stato in Argentina [Strasburgo] per infino il 6 maggio 1555” (“Apologia”, p. 78).

62


109

Sociniani (da Fausto Sozzini63), che già aveva causato tensioni e scissioni nella vicina Chiavenna. Un’accentuata tendenza antitrinitaria è riscontrabile, infatti, nella Riforma italiana. Gli storici osservano come Michelangelo Florio sarebbe venuto meno alla sua indole se avesse trovato la pace a Soglio. Accanto alla sua attività di predicatore si impegna, così, in discussioni teologiche che, però, escono molto al di là degli orizzonti ed interessi di una comunità di montagna. Il Florio, per esempio, era del parere che fosse inammissibile affermare che Cristo avesse espiato sulla croce i peccati degli uomini mediante un sacrificio perfetto. I peccati dell’umanità erano stati piuttosto vinti per il fatto che Dio, nel la sua grazia, aveva dichiarato e accettato la morte di Cristo come un sacrificio espiatorio sufficiente. Di conseguenza non poteva considerare anche la Santa Cena nient’altro che come un richiamo esteriore alla grazia di Dio. Tre anni dopo il suo arrivo (1557) scrive la sua “Apologia”64, risposta polemica agli attacchi di un suo ex-confratello francescano Bernardino Spada. In essa difende le sue idee riformatrici e si esprime su temi come la vera e la falsa chiesa, il problema della messa, la presenza di Cristo nel sacramento del la Cena del Signore, il primato di Pietro e l’autorità dei Concili. E poiché era stato attaccato dallo Spada sul piano personale, parla pure della sua vita e delle sue personali esperienze. Per le sue tendenze teologiche più liberali si ritrova ben presto in conflitto con lo stesso Sinodo Retico di Coira, che, difendendo rigorosamente l’ortodossia riformata, stava avendo già moti problemi a Chiavenna. Il Sinodo riteneva che, soprattutto in un periodo come quello, si dovesse conservare l’unità dottrinale con il complesso del movimento riformato, senza aumentare così i problemi che già si aveva con la violenta reazione cattolico-romana. Fausto Paolo Sozzini (1539-1604) (Anche Sozzini o Sozzino), riformatore religioso (Siena 1539-Luslawice, Polonia, 1604). Nipote di Lelio, ne continuò l'opera divulgando la sua dottrina antitrinitaria. Dopo dodici anni passati a Firenze come segretario per gli Affari esteri alla corte medicea, riparò a Zurigo, ma dovette fuggire in Polonia per la viva opposizione di Calvino, che non ammetteva la sua tolleranza in tema di religione. Nel suo nuovo luogo d'esilio cercò di dare unità ai vari gruppi antitrinitari. Opere: De Jesu Christo servatore (1594), Christianae Religionis brevissima instructio (1604).

63

„Apologia di M. Michel Agnolo Fiorentino, ne la quale si tratta de la vera e falsa chiesa, de l’essere e qualità della messa, de la vera presenza di Cristo nel Sacramento, de la Cena del Papato, e primato di S. Pietro, dei Concili e autorità loro: scritta contro a un Heretici”, Chamogasco, 1557.

64


110

Nel 1561 è, così, convocato di fronte al Sinodo della Chiesa Retica per rendere conto delle sue idee eterodosse, come pure per il fatto che egli si opponesse a che la chiesa avesse una confessione di fede obbligatoria, firmata sia dai pastori che dai membri di chiesa65. Ancor prima che il Sinodo si fosse riunito, Florio e i suoi amici fanno un tentativo di tirare dalla propria parte i ministri di Zurigo. Il 24 maggio 1561 una delegazione porta una lista di 26 questioni sulle quali si desiderava avere l’opinione dei pastori zurighesi. Lo scopo di tali questioni erano nient’ altro che una perorazione per una maggiore libertà. «Deve la Confessione decisa da una comunità essere accettata da tutti senza riserve?». «Deve essere scomunicato chiunque sia irretito in errore sulla dottrina della Trinità, il cui mistero non può essere compreso neppure dagli angeli, anche se esso sia irreprensibile sotto ogni altro punto di vista, se conduce una vita lodevole e incontra amorevolmente i poveri?». I postulanti non hanno, però, successo. I pastori di Zurigo lo rimproverano in una dettagliata loro lettera . Il Sinodo, che si riunìsce a Coira dieci giorni più tardi, si presenta, così in partenza per Florio sotto un cattivo auspicio. Florio presenta le sue richieste con la nota veemenza. I membri del suo gruppo si difendono dapprima affermando che essi avevano già sottoscritto la Confessione retica e che, quindi, non c’era alcun bisogno di avere un’altra Confessione. Poi, però, quando uno dei suoi compagni, Lodovico Fieri, giunge a sostenere opinioni chiaramente eretiche, il dibattito si sposta su questioni teologiche. Florio e Torriani sono costretti a ritirare le posizioni dottrinali. Lodovico Fieri è estromesso dal ministero. Le discussioni erano tuttavia ben lungi dall’essere terminate e si infiammano nuovamente al principio degli anni settanta. Infatti, anche se Florio e Torriani avevano accettato la censura del Sinodo, essi rimangono — almeno nel segreto — fermi nelle loro convinzioni. La contiguità del Florio al movimento spiritualista si nota anche nel solo fatto che amici di Bernardino Ochino, dopo la sua espulsione da Zurigo, cercano di sondare se Florio o Torriani siano disposti ad accogliere in Bregaglia il fuggiasco. La lettera, però, è sequestrata e Nel Sinodo del 1561, Florio ed i suoi amici sono accusatri di eresia, e dun libro di Pietro Leone, che conteneva dottrine eretiche, citando con approvazione Michelangelo Florio, è usato come prova.

65


111

quindi egli non può rispondere. L’Ochino si reca a Mähren passando per Basilea, Francoforte e Norimberga. Nell’epidemia di peste muoiono tre dei suoi bambini ed egli stesso muore nel 1564 in estrema miseria. Alcuni anni più tardi il Sinodo tratta nuovamente la questione (1572), ma Florio mantiene, nelle discussioni, un basso profilo, e questo, probabilmente, per non pregiudicare la carriera del brillante suo figlio Giovanni, raccomandato dal Vergerio. Torriani, arnico del Florio, Camillo Sozzini e Niccolò Camulio sono sospesi dal ministero. Florio stesso a quel tempo, non viene più menzionato perché probabilmente già deceduto. A Soglio il Florio conserva i suoi legami con l’Inghilterra. Nel 1563 dedica una sua opera alla regina Elisabetta I, quasi per ricordarle di essere stato il suo tutore italiano e sicuramente per preparare la strada in Inghilterra al figlio Giovanni. Si tratta dell’opera dell’Agricola sulla metallurgia (De Re Metallica)66, un’opera davvero massiccia, molto probabilmente scritta durante i lunghi inverni di Soglio. In questo libro compare un’epistola dedicatoria firmata da Michelangelo e datata “Da Soy de la Rethia” 12 marzo 1563, dove dice: “Alla serenissima e potentissima Lisabetta, per Dio grazia Regina di Inghilterra, di Francia, e d’Hibernia, Salute”. Il 9 maggio 1563, sollecitato dal Vergerio. manda suo figlio Giovanni, che conosceva molto bene l’italiano, l’inglese, il francese ed il latino, all’università di Tubinga in Germania. Non pare che Giovanni visitasse o vivesse mai in Italia. Suo padre l’aveva ammonito che non era possibile vivere nelle città italiane “senza dimenticare Dio”. Il figlio Giovanni ritorna poi in Inghilterra dove vi risiederà stabilmente. Forse non consegue a Tubinga lo sperato titolo di studio. Il suo protettore, Vergerio, muore nel 1565. Probabilmente Giovanni è nel Württemberg che ricupera i contatti con l’Inghilterra, perché le istituzioni universitarie e religiose di questa regione ne hanno costanti contatti. A Soglio il Florio assume pure la funzione di pubblico notaio. Una serie di libri notarili degli anni 1564-66, depositati oggi nella biblioteca di Coira, portano la sua firma.

Opera di Giorgio Agricola de l’arte de metalli… Aggiungesi il libro del medesimo autore de glÀnimali di sotto terra… Tradutti in lingua Toscana da M. Michelangelo Florio Fiorentino… In Basilea per Hieronimo Frobenio.

66


112

Ebbe altri figli. Muore dopo il 1566 probabilmente a Soglio, perchĂŠ dopo quella data non si trova piĂš menzionato il suo nome.


113

Bibliografia su Lady Jane Grey •

Historia de la Vita e de la Morte di Giovanna Graia, di Michelangelo Florio (1606) [originale].

The Nine Days' Queen: Lady Jane Grey and Her Times di Richard Davey, pubblicato da Putnam, New York, 1909.

The World of Lady Jane Grey di Gladys Malvern, pubblicato da The Vanguard Press, Inc., New York, 1964.

Coronation of Glory: The Story of Lady Jane Grey di Deborah Meroff, pubblicato da Inheritance Publications, Canada, 1998.

Lady Jane Grey: The Setting of the Reign di David Mathew.

Lady Jane: A Novel, di A.C.H. Smith and David Edgar

A Child's History of England di Charles Dickens.

Children of England: The Heirs of King Henry VIII, di Alison Weir, pubblicato da Pimlico, London, 1996.

Bradgate Park: Childhood Home of Lady Jane Grey di Joan Stevenson and Anthony Squires, pubblicato da Kairos Press, United Kingdom, 1999.

Brief Candle: A Poetic Study of the Lady Jane Grey di Derek Bourne-Jones, pubblicato da Downlander Publishing, 1991.


114

Life of Lady Jane Grey di David W. Bartlett, pubblicato da Porter & Coates, 1853.

The Nine Days Queen: A Portrait of Lady Jane Grey di Mary Luke, published William Morrow and Company Inc., 1986.

Lady Jane Grey, di Hester W. Chapman, pubblicato da Pan Books, London, 1962.

The Innocent Usurper; or, The Death of The Lady Jane Gray, di John Bankes (Rappresentazione teatrale scritta nel 1693 e pubblicata nel 1694.)

Lady Jane Grey: Reluctant Queen di Marguerite Vance, pubblicato da E.P. Dutton & Company, Inc., New York, 1961.

Lady Jane Grey & The House of Suffolk, di Alison Plowden, pubblicato da Franklin Watts, New York, 1986.

Film su Lady Jane Grey •

Lady Jane, 1986 - Diretto da Trevor Nunn, con Helena Bonham Carter e Cary Elwes.

Nine Days a Queen: Tudor Rose, 1934 - Diretto e adattato da Robert Stevenson, con John Mills e Cedric Hardwicke


115

Indice INTRODUZIONE ...................................................................................... 3 IL TEMPO DEI FATTI NARRATI .................................................................. 11 LA FAMIGLIA DI LADY JANE .................................................................. 15 LE AMBIZIONI DEI GENITORI SU JANE ...................................................... 18 JANE EDUCATA COME UNA PRINCIPESSA .............................................. 21 JANE A CORTE .................................................................................... 23 LA VICENDA DI THOMAS SEYMOUR ....................................................... 27 TRE ANNI CON I SUOI GENITORI ............................................................. 33 PERSONALITÀ IN CONFLITTO ................................................................. 39 JOHN DUDLEY E IL MATRIMONIO DI JANE .............................................. 43 L’INCORONAZIONE DI JANE ................................................................. 47 REGINA PER NOVE GIORNI ................................................................... 55 JANE DEPOSTA .................................................................................... 61 IL PROCESSO DI JANE........................................................................... 67 L’ESECUZIONE DI JANE ......................................................................... 75 Ragionamenti di Jane Grey con il Feckenham................. 76 Lettera di Jane alla sorella Caterina ................................... 81 Preghiera di Lady Jane in vista dell'esecuzione ................ 83 L’esecuzione di Guildford ..................................................... 84 La morte di Jane.................................................................... 85 Il Salmo 51 ............................................................................... 87 Le ultime parole di Jane prima di essere giustiziata.......... 88 EPILOGO ............................................................................................ 91 APPENDICE...................................................................................... 95 LINEA TEMPORALE (16. E 17. SECOLO) ................................................ 95 LA LINEA DI SUCCESSIONE DI ENRICO VIII.............................................. 98 NOTE BIOGRAFICHE ............................................................................. 99 Anne Askew............................................................................ 99 Edoardo VI............................................................................ 100 Michelangelo Florio ............................................................. 102 BIBLIOGRAFIA SU LADY JANE GREY ....................................................113 FILM SU LADY JANE GREY ..................................................................114 INDICE ........................................................................................... 115


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.