Godel

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L’incompletezza come limite logico e umano. Kurt Godel, genio matematico: dalla logica all’ipocondria.

“Ogni errore è dovuto a fattori esterni (come le emozioni e l’educazione); la ragione, in sé, non sbaglia”[1]. Riporto questa citazione, in esergo al libro di Rebecca Goldstein[2] sui Teoremi di Incompletezza di Kurt Godel, come esempio mirabile e generale del pensiero di questo grande matematico e logico. La vita. Kurt Godel nacque il 28 aprile 1906 a Brno, nell’attuale Repubblica Ceca. Secondogenito di Rudolf Godel e Marianne Handschuh, ebbe un fratello, Rudolf, più grande di lui di 4 anni, che così ricorda la loro infanzia:

“La vita familiare era armoniosa. Io andavo assai d’accordo con mio fratello, ed entrambi con i nostri genitori. Quando aveva circa otto anni, Kurt ebbe un brutto attacco reumatico alle articolazioni con la febbre alta; da allora divenne un ipocondriaco e si immaginò di avere una disfunzione cardiaca che non venne mai accertata dai medici.In generale Kurt era un bambino felice ma timido. Era molto sensibile e venne soprannominato “Herr Warum” (il Signor Perché) a causa della sua enorme curiosità.”[3]

Kurt è un bambino dotato e molto curioso. Si appassiona di tutto. Gli piacciono le lingue straniere, compreso il latino, la storia e, ovviamente, la matematica. Questo suo talento per lo studio si manifesta anche nella precoce lettura di Immanuel Kant, compiuta quando aveva 16 anni, e che egli considerò sempre fondamentale per il suo pensiero. Il punto di svolta della sua vita fu però questa febbre reumatica che lo colpì all’età di otto anni. La sua enorme curiosità lo spinse a cercare sui libri di medicina tutte le informazioni possibili su questa malattia. E fu così che scoprì che alcune conseguenze eventuali di questa patologia riguardavano il cuore, e per lui fu sufficiente. Egli si convinse che il suo cuore era rimasto danneggiato, nonostante le rassicurazioni dei medici, e questa fissazione non lo abbandonò più. Ipocondria. L’ipocondria o patofobia è una esagerata e immotivata apprensione per la propria salute, che si manifesta con sofferenza psichica sotto forma di ansia e depressione, e con somatizzazioni di questi stati. Il filosofo e psichiatra tedesco Karl Jaspers definì l’ipocondria come patologia tipica dei “caratteri riflessivi”.[4] Questo eccesso di riflessività, quando si rivolge verso se stessi, e particolarmente verso il proprio corpo, genera attese e soprattutto paure, legate alle variazioni dello stato di benessere naturale. Ogni evento nuovo produce timore e ansia, esacerbato dalla focalizzazione attentiva che “interpreta” le normali variazioni della cenestesi


come segnali di qualche fenomeno patologico in atto. Il peggioramento della qualità di vita e di relazione dell’ipocondriaco è dimostrato anche da questo studio[5] in cui la relazione medico-paziente è aggravata nei soggetti ipocondriaci. I fattori di relazione compresi nello studio riguardavano lunghezza della relazione con il medico, frequenza delle visite e livello di affettività del paziente.

Nel 1924 Godel si iscrive all’Università. Il suo intento è la specializzazione in fisica teorica, con le lezioni tenute da Hans Thirring ma, due anni dopo, devia verso matematica. Capitava anche che egli sostituisse qualche professore nelle loro lezioni. Edmund Hlawka, a quel tempo studente di Godel, così ricorda “Egli era enormemente influenzato, come è ovvio, da Hans Hahn e da Karl Menger, e frequentava le loro lezioni sulla teoria degli insiemi e sulle funzioni di variabile reale. Seguiva anche le lezioni di Furtwangler sulla teoria dei numeri. E fu proprio questo, credo, che lo spinse ad applicare i metodi della teoria dei numeri alle questioni di logica, a rappresentare le proposizioni della logica e della matematica per mezzo di numeri naturali, ciò che oggi viene detto ‘godelizzazione’”.[6] Godelizzare. Godelizzare significa assegnare a ogni fenomeno, evento o rappresentazione un numero naturale, univoco, tale che quando io computo il numero esso si riferirà solo e soltanto a quella specifica cosa. Tutto è godelizzabile, sia un fenomeno naturale che un teorema matematico, cioè gli può essere assegnato un numero univoco e un esempio pratico di questo genere di semantica è dato dall’avvento delle tecnologie digitali, con il trattamento elettronico di immagini, suoni, video e così via. Spunto al lavoro di Godel fu senz’altro l’idea di Hilbert che una formalizzazione matematica è essa stessa oggetto matematico. David Hilbert fu un matematico tedesco di grande rilevanza vissuto a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo. Suoi importanti contribuiti sono stati il Teorema della Finitezza, i Fondamenti di Geometria, i lavori sulle Equazioni Differenziali e Integrali, che portarono alla creazione dello Spazio di Hilbert, e un tentativo, destinato al fallimento, di assiomatizzare l’intera matematica. Hilbert riteneva che qualsiasi formalizzazione di un aspetto della matematica fosse esso stesso un’entità matematica. Un sistema formale di regole è a sua volta non soltanto un insieme sintattico che definisce le operazioni possibili ma può diventare un’entità che possiede caratteristiche semantiche come la matematica che regola. A questo riguardo, l’interesse di Godel per le correlazioni tra numeri, lo portò a definire un sistema formale interno all’aritmetica che includesse anche l’aritmetica stessa. Egli pensò a un sistema che fosse in grado di rappresentare le asserzioni tra i numeri naturali utilizzando gli stessi numeri. In sostanza si parla qui di metalinguaggio, la proprietà di un linguaggio evoluto di parlare di se stesso usando il doppio registro: un livello utilizza le regole grammaticali e sintattiche per comporre righe di caratteri senza necessità di interpretarle, e un altro livello che invece usa anche l’aspetto semantico, e cioè fornisce un senso alle righe di caratteri (per esempio “quel cane del dottore” è una frase che a questo livello possiede almeno due


significati oltre quelli che appartengono a ogni singola parola e che appartengono al primo livello).

Un libro in particolare stimolò Godel a mettere in atto la sua procedura: i Principia Mathematica di B. Russel e A.N. Whitehead. Lo scopo dei due autori era la formalizzazione della cosiddetta matematica classica. Cioè la creazione di un sistema simbolico che fosse in grado di gestire tutte le affermazioni possibili in aritmetica, geometria e analisi. Nel loro libro su Godel, Casti e DePauli riportano un esempio della godelizzazione tratto da una versione della logica dei Principia “snellita” da E. Nagel e J.R. Newmann. Si consideri questa formula logica

(1)

(∃x) (x=sy)[7]

che significa: esiste (∃) un numero x che è (=) il successore (s) immediato del numero y. Se si crea una tabella di riferimento (non mostrata) in cui si collega ogni simbolo (in questo caso ridotto a 10 simboli) logico usato nella formula (1) a un numero da 1 a 10 e si assegna alle variabili numeriche x e y il valore x → 11 e y → 13 (i primi due numeri primi più grandi di 10) si ottiene questa serie di numeri: 8,4,11,9,8,11,5,7,13,9. Questa serie di numeri identifica la formula logica (1) in modo univoco. Ma se si vuole trasformare l’intera sequenza in un numero unico, si potrebbe per esempio utilizzare questi numeri come esponenti dei primi dieci numeri primi, così (∃x) (x=sy) → 28 x 34 511 x 79 x 118 x 1311 x 175 x 197 x 2313 x 299 che fa un bel numero! In questo modo si ha la possibilità di associare qualsiasi asserzione a un numero univoco, e così pure qualsiasi sequenza di asserzioni. Incompletezza. L’altro grande intento di Godel, dopo quello di numerare le regole formali, fu quello di portare il paradosso all’interno dell’aritmetica. Il suo scopo era quello di dimostrare che l’affermazione di Hilbert, che ogni asserzione vera si dovrebbe poter dimostrare all’interno di un sistema formale, era errata. Ora, c’era però un problema. Il concetto di verità, come per esempio quello famoso noto come Paradosso di Epimenide, in cui un cretese afferma “tutti i cretesi sono bugiardi”, non si lasciava formalizzare facilmente, come aveva dimostrato Alfred Tarski. Per superare queste secche, Godel sostituì la nozione di verità con quella, formalizzabile, di dimostrabilità, di modo che, un’asserzione come a.) Questo enunciato è falso diventava b.) Questa asserzione non è dimostrabile.[8] Anche il secondo enunciato è autoreferenziale come il primo, ma grazie al suo sistema di numerazione egli la trasformò nel suo insieme di numeri naturali con l’annessa autoreferenzialità originaria. Ora l’autoreferenzialità era dentro il sistema formale e era


essa stessa sistema e parte del sistema. All’interno del sistema quindi valevano le stesse conclusioni osservate nell’enunciato a.) posto in linguaggio comune, che nel formalismo diventava: “Se l’asserzione è dimostrabile, allora è vera; dunque ciò che dice deve essere vero, e dunque non è dimostrabile. Così, l’asserzione e la sua negazione sono entrambe dimostrabili, il che implica un’incoerenza. D’altra parte, se l’asserzione non è dimostrabile, allora ciò che asserisce è vero. In questo caso l’asserzione è vera ma indimostrabile, il che implica che il sistema formale è incompleto.”[9]

Questo lavoro venne pubblicato nel 1931 negli Monatshefte für Mathematik und Physik con il titolo di Über formal unentscheidbare Sätze der Principia Mathematica und verwandter Systeme I”[10] . La sua importanza fu enorme, per quel che riguarda il concetto stesso di incompletezza epistemologica, ovvero i limiti della conoscenza basata sul linguaggio logico, sia per le questioni attinenti in generale alla computazione, al calcolo e alle macchine pensanti.

Oskar Morgenstern, economista austriaco, così scrisse nel 1965 all’allora Ministro delgi esteri austriaco: “Non c’è assolutamente alcun dubbio che Godel sia il più grande logico vivente; anzi, eminenti pensatori come Hermann Weyl e John von Neumann hanno dichiarato che è senz’altro il più grande logico dopo Leibniz o addirittura dopo Aristotele. Sembrerebbe che nell’intera storia dell’Università di Vienna nessun nome illustre abbia mai messo in ombra quello di Godel […] Einstein mi disse una volta che la sua stessa opera non aveva orami per lui molto significato e che era entrato nell’Istituto solo per avere il privilegio di camminare insieme a Godel sulla via verso casa.”[11]

Queste parole dell’amico Morgenstern introducono il nome di Einstein, forse la persona con la quale Godel ebbe più facilità di dialogo, e forse anche uno dei pochi in grado di gestire a sua volta questa “impegnativa” amicizia. L’avvento dei partiti nazionalisti e fascisti nei primi anni trenta del ventesimo secolo e l’Anschluss (l’annessione) dell’Austria da parte della Germania di Hitler, segnarono la fine del Circolo di Vienna, milieu culturale nel quale crebbero e si svilupparono alcune delle più grandi intelligenze del secolo. Anche Godel abbandonò Vienna definitivamente, nel 1940, alla volta dell’America, verso quella Princeton dove avrebbe sviluppato a fondo numerosi aspetti dei suoi lavori matematici. In realtà già dal 1933 aveva preso a far la spola fra Princeton e Vienna ma, al suo ultimo ritorno in patria trovò la sgradita sorpresa di un richiamo nell’esercito, e ciò lo decise a lasciare definitivamente Vienna alla volta dell’Institute for Advanced Study di Princeton.


Quella di Godel è una sorta di distruzione dell’assolutismo logico, della pretesa di perfezione di questo sistema conoscitivo e della sua idea di comprendere tutto. Ma, come detto, è una debacle del sistema assiomatico logico-matematico e non di tutta la conoscenza in assoluto. È forse la dimostrazione che un computer come quelli attuali non potrà, se continuerà a utilizzare la stessa logica di adesso, mai assomigliare a un essere umano, posto che questa sia un traguardo da raggiungere.

Il lato umano. Abbiamo visto come la malattia che lo prese in tenera età lo abbia poi condizionato per il resto della vita, portandolo addirittura alla morte. Egli morì il 14 gennaio del 1978, a causa di un grave stato di malnutrizione, visto che rifiutava qualsiasi cibo e che, alla morte, il suo peso era di soli 35 chili. Come si può conciliare la potenza del suo pensiero logico, con questo comportamento, cioè il rifiuto del cibo per timore di essere avvelenato o contaminato? “Si cucinava sempre i pasti da solo e neppure ad Adele [la moglie, ndr], che era una cuoca eccellente, era consentito di farlo per lui. A parte il fatto che voleva seguire la sua dieta personale, era paranoico e credeva che la gente volesse avvelenarlo. E posso solo aggiungere che spinse la cosa fino quasi alle estreme conseguenze”.[12] Questa che parla è Lili Kahler, una vecchia amica di famiglia. Ad aggravare questo stato di cose, esacerbando il senso di colpa, fu probabilmente anche la convinzione di non aver saputo svolgere bene il suo ruolo all’Istituto. “No, non sto completando il lavoro che avrei dovuto svolgere all’Istituto. Da un professore quale sono ci si aspetta una maggiore produttività e un maggior interesse per i colleghi”.[13]

E a questa difficoltà di portare a termine il suo lavoro contribuiva anche la difficoltà dei colleghi di avere rapporti con lui, di stabilire un’amicizia o intavolare una discussione. “La maggior parte delle persone a Princeton, perfino i colleghi matematici, trovavano quasi impossibile parlare con Godel: il suo ‘assioma interessante’ complicava esponenzialmente ogni discussione e decisione pratica. […] Alla fine, i matematici trovarono soluzione al ‘problema Godel’ bandendolo dalle loro riunioni, facendo di lui un dipartimento unipersonale : l’unico a dover prendere decisioni su qualsiasi cosa avesse propriamente a che fare con la logica.”[14] Uno dei pochi a cercare e tollerare la sua amicizia fu Einstein. Famose sono le loro camminate lungo la via per l’Istituto. Ecco quello che riporta un comune amico dei due, Oskar Morgerstern.


“”Einstein mi ha detto spesso che negli ultimi anni della sua vita ha continuamente cercato la compagnia di Godel per discutere con lui. Una volta mi disse che il suo lavoro non aveva più molto significato, e che andava all’istituto semplicemente um das Privileg zu haben, mit Godel zu Fuss nacht Hause gehen zu durfen”[15]vale a dire per avere il privilegio di tornare a casa a piedi con Godel.”[16]

Famoso è anche l’aneddoto sulla Costituzione Americana, sulla quale Godel doveva giurare per acquisire la cittadinanza. Godel studiò con molto impegno questa Costituzione e vi scoprì una falla che avrebbe potuto portare a una dittatura. Egli comunicò la sua scoperta a Morgenstern il quale ne fu divertito e avvisò Einstein (infatti erano entrambi i suoi ‘presentatori’ ufficiali) su come gestire la cosa. E in effetti, davanti al giudice Forman, che commise subito l’errore di definire Godel “tedesco” e che poi proseguì “In ogni caso l’Austria era vittima di una malvagia dittatura. Fortunatamente questo non è possibile in America”[17] che fu lì lì per accadere il patatrac. Era l’occasione che Godel aspettava, e non se la lasciò sfuggire. “Al contrario […] so precisamente come può succedere anche qui.”[18] Fortunatamente il giudice fu comprensivo e la cosa finì bene.

Tutte le sue straordinarie capacità logiche, l’abilità di trasformare le secche del pensiero matematico mutando il punto di vista, la possibilità di ‘vedere’ letteralmente la disposizione dei concetti davanti ai suoi occhi, tutte queste erano competenze intellettuali non comuni ma, nonostante questo, convivevano con l’ipocondria, la timidezza, la scontrosità, la pignoleria e poi ancora la paranoia e infine, al termine della sua vita, con l’occultismo. Come è possibile tutto ciò?

Paranoia. Il DSM IV TR (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – text revision) del 2000 prevede tre forme di patologia paranoide: disordine di personalità paranoica, schizofrenia paranoide, disturbo delirante (o delirio paranoico).

Molti dei tratti patologici dei soggetti affetti da queste patologie si accordano con quelli osservati in Godel. Per esempio, la personalità paranoica ha caratteristiche comportamentali


di marcata sospettosità e è molto diffidente nei confronti degli altri, timoroso e riservato ma quasi impossibile da convincere a mettere in discussione le sue idee e certezze. Presenta inoltre un elevato grado di suscettibilità e un alto concetto di sé, anche se probabilmente basato su pochi elementi, come visto in altre occasioni nelle quali una rappresentazione di sé meno complessa era più soggetta a essere demolita da eventi traumatici. E, come accade in Godel, questo genere di personalità accompagna queste caratteristiche a una elevata lucidità mentale, capacità dialettica e ottima memoria. D’altra parte, anche il disturbo delirante presenta affinità comportamentali con il nostro. In effetti, l’affetto da disturbo delirante sviluppa una consistente idea persecutoria, individuando con precisione i soggetti responsabili, a cui si accompagna anche una paura di essere avvelenato che impone di controllare tutto quello che si assume.

Siamo giunti alla fine di questo articolo. Non ho voluto inserire questi aspetti della personalità di Godel allo scopo di tratteggiarne una visione deteriore o critica, ma proprio per l’intendimento opposto. Troppo spesso queste figure geniali hanno dalla loro un sottofondo di sofferenza psichica che ne condiziona sia nel bene che nel male la vita e compito della società è cercare di comprenderli e, se possibile, geni o non geni, di aiutarli. È con questo spirito e con quello di cercare i collegamenti tra pensiero logico e pensiero intuitivo che ho studiato questo grande matematico. Mi riprometto, nella seconda parte di questo lavoro, di indagare più da vicino le connessioni tra i modelli di pensiero definibili come dicotomici, cioè il pensiero logico e il pensiero intuitivo, e delle relazioni che hanno con le leggi di natura e con lo sviluppo delle società sia umane che animali. Di come le società sembrino aver adottato il punto di visto intuitivo, almeno in misura preponderante, e di come invece le leggi di natura sembrino aver adottato quello logico. Perché allora esistono due leggi di natura? Forse che ne esiste una per gli oggetti inanimati e una per quelli animati? Il dilemma non è di facile soluzione. L’essenziale è provarci.

[1] Kurt Godel,

29 novembre 1972.

[2] Rebecca Goldstein, [3] J.

Incompletezza, Codice Edizioni 2006.

L. Casti, W. DePauli, Godel. L’eccentrica vita di un genio, Raffaello Cortina Editore 2001, p.

46. [4] K.

Jaspers, Psicopatologia generale (1913-1959), Il Pensiero Scientifico 1964.

[5] Russell Noyes,

Susan L. Longley, Douglas R. Langbehn, Scott P. Stuart, Oladipo A. Kukoyi, Hypochondriacal Symptoms Associated With a Less Therapeutic Physician-Patient Relationship, Psychiatry: Interpersonal & Biological Processes, 2010, 73, 1, p. 57-69. [6] J.L.

Casti, W. DePauli, op. cit. p. 49.

[7] Casti,

DePauli, op. cit. p. 36.


[8] Casti,

DePauli, op. cit. p. 40.

[9] Casti,

DePauli, op. cit. p. 40.

[10] http://www.csee.wvu.edu/~xinl/library/papers/math/Godel.pdf [11] Casti,

DePauli, op. cit. p. 1.

[12] Casti,

DePauli, op. cit. p. 76.

[13] Casti,

DePauli, op. cit. p. 76.

[14] R.

Goldstein, Incompletezza, Codice edizioni, 2006, p. 19.

[15] In

una lettera a Bruno Kreisky datat 25 ottobre 1965 (NdA)

[16] R.

Goldstein, op. cit. p. 21

[17] R.

Goldstein, op. cit. p. 175.

[18] R.

Goldstein, op. cit. p. 175.

Pdf della traduzione inglese.


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