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Lo sport nella Liguria d'Europa Chiavari, 15-16 novembre 2013 Per uno sport senza ostacoli
Gli argomenti principali di questo intervento, vogliono evidenziare l'importanza degli aspetti socializzanti, e di integrazione, come evidenziato nel testo Libro Bianco sullo Sport (Commissione Europea 2007), di tutte le discipline sportive e dello sport in generale sia per le persone normodotate sia per le persone diversamente abili, ma allo stesso tempo evidenziare quanti e quali ostacoli possono incidere nella motivazione e nella scelta a praticare un'attività sportiva nelle persone diversamente abili. Spostando l'attenzione, dall'importanza dello sport pensato esclusivamente come attività competitiva, gare o performance fisica, si sottolinea come la socializzazione, i rapporti interpersonali e l'integrazione, che facilmente vengono considerati come aspetti secondari nello sport, contribuiscono invece, parallelamente all'allenamento fisico, alla crescita armoniosa della personalità di qualsiasi atleta. Nell'attività sportiva viene stimolata la crescita attraverso il gruppo, nonché la valenza formativa e le occasioni di apprendimento che si verificano al suo interno. Appartenere ad una squadra, confrontarsi con gli altri o con l'allenatore e condividere le emozioni suscitate dall'attività, sono tutte esperienze fondamentali per la crescita personale nella sua dimensione relazionale. Una simile funzione socializzante ne rende la pratica ancora più importante per il disabile: sperimentare la vita di gruppo costituisce una notevole opportunità di sviluppo e, al contempo, permette di apprendere modelli di comportamento più appropriati al vivere sociale (Wehman e Schleien, 1980). Nel mondo della disabilità, la pratica sportiva può svolgere la funzione di promuovere l'integrazione delle persone, la crescita e l'educazione, oltre che essere centrale, esclusivamente in campo riabilitativo, come finora è stata inserita.
L’individuo disabile nella fase della riabilitazione risulta totalmente dipendente dall’ambiente circostante, non solo per i bisogni primari ma anche per la comparsa di problemi affettivi con conseguente diminuzione dell’autostima. Lo sport agisce stimolando nel disabile il rispetto della propria persona e il senso della propria dignità mediante la riappropriazione di una realtà psicologica individuale; questo recupero si ottiene realisticamente attraverso una maggiore conoscenza di se stessi; delle proprie effettive possibilità e rispettivi limiti, ossia capacità ed incapacità riferite all’handicap esistente. Lo sport condivide caratteristiche importanti ai fini dello sviluppo individuale, l'individuo sperimenta la propria personalità; vive il proprio corpo in relazione con gli altri e con la realtà esterna; soddisfa il bisogno di socialità, quello di autonomia , affina abilità e competenze, tutte queste dimensioni confluiscono quindi nello sviluppo di un forte senso di autoefficacia e nel miglioramento dell'autostima. Nella disabilità intellettiva, può costituire motivo di emancipazione e accrescimento, poiché il confronto con gli altri, la verifica o percezione immediata della propria efficienza, l’affinamento delle capacità autoregolative possono strutturare un ambiente ricco di possibilità e di stimolazioni significative. Infine, particolarmente rilevante, per la persona con disabilità risulta essere anche la dimensione creativa: la possibilità di dare vita, attraverso attività ludiche e sportive, a un proprio stile di vita, un originale modo di essere, in quanto, a causa del suo deficit, rischia di venire esclusa da ogni forma di progettualità e di realizzazione autonoma e personale (Neri, 1980). Coloro che si occupano di "servizi alla persona”, dovrebbero orientare lo scopo di progettare e perseguire la migliore possibile Qualità della Vita (QdV) che, in presenza della disabilità, assume propri indicatori, strategie d’azione e specifici strumenti di valutazione. Se ne ricava il costrutto della Qualità della Vita del Disabile (QdVD) alla cui definizione e declinazione si impegna la progettualità di una società inclusiva. Qui si seguito viene elencata la mappa degli Indicatori della Qualità della Vita di Persone Disabili di P. Crispiani e C. Giaconi
1. BENESSERE FISICO, SALUTE a. Benessere fisico generale, stato di salute. b. Percezione del proprio stato di salute. c. Controllo del proprio stato di salute, conoscenza dei sintomi e delle situazioni critiche. d. Percezione del proprio aspetto, vissuto somatico. e. Efficienza fisica, abilitĂ motorie e prassiche. f. Controllo della sofferenza, dolore. g. Alimentazione. h. Cure mediche. i. Cure abilitative.
2. BENESSERE PSICOLOGICO Area emotiva a. Controllo emozionale. b. Controllo umorale. c. Autostima e fiducia di sĂŠ d. Senso di adeguatezza. e. Senso di sicurezza. f. Senso di appartenenza. Area affettiva a. Interessi materiali. b. Interessi sociali e culturali. c. Spirito di iniziativa. Area comunicativa a. Efficienza comunicativa non-verbale. b. Efficienza comunicativa verbale. Area sociale a. Relazioni sociali, interpersonali.
b. Relazioni amicali. c. Accettazione sociale. d. Adattamento nei gruppi. e. Status sociale. f. Inclusione sociale. g. Integrazione familiare.
3. AUTONOMIA E INDIPENDENZA Area dell’autonomia personale a. Autonomia igienica personale. b. Autonomia nel vestirsi-svestirsi. c. Autonomia nel nutrirsi. d. Autonomia negli spostamenti, trasporto. e. Autonomia nelle attività giornaliere. f. Valutazione delle proprie competenze. Area dell’autonomia di personalità a. Autonomia della gestione domestica. b. Autodeterminazione, autonomia di scelta. c. Senso di controllo del proprio destino. d. Capacità di risolvere problemi propri o familiari.
4. SVILUPPO PERSONALE E REALIZZAZIONE DI SÉ. Area delle aspettative a. Possesso di aspettative o scopi consapevoli. b. Credenza del possibile miglioramento della propria condizione. c. Identificazione professionale Area del pensiero a. Personali visioni etico-sociali.
b. Personali visioni politico-civili. Area delle attività personali a. Svago, attività ricreative e culturali b. Attività di gioco o sport c. Attività spirituali d. Attività volontarie, filantropiche, civili e. Attività associative f. Partecipazione ad attività sociali. Area della sicurezza personale a. Tutela o difesa da possibili abusi. b. Tutela o difesa da possibili sfruttamenti. c. Rispetto dei propri diritti. d. Garanzia di pari opportunità. e. Rispetto della propria privacy. f. Sicurezza sul proprio futuro. Area delle interazioni familiari. a. Piacere nella permanenza in ambiente familiare. b. Relazioni coniugali. c. Relazioni con i figli
5. QUALITÀ DELL’AMBIENTE ESISTENZIALE Ambiente residenziale a. Comfort abitativo. b. Sicurezza abitativa (proprietà o familiarità). c. Condotte dei residenti vicini. d. Disponibilità di spazi ricreativi e. Accesso alle risorse presenti in casa o nel vicinato. Ambiente esterno
a. Cultura del contesto rispetto alla disabilità. b. Cultura del contesto rispetto alla diversità. c. Attenzione dei servizi alla disabilità. d. Qualità dell’assistenza. e. Qualità dei trattamenti abilitativi-riabilitativi.
6. CONDIZIONE ECONOMICA E LAVORATIVA a. Sufficienza economica b. Capacità di produrre reddito. c. Occupazione. d. Soddisfazione della propria occupazione. e. Credenza del possibile miglioramento della propria condizione lavorativa. Alla luce di quanto esplicitato all'inizio dell'elaborato, non si deve tralasciare un momento di riflessione su tutti i tipi di ostacoli: archittetonici, psicologici, logicistici, gestionali che persone diversamente abili possono incontrare nella decisione di intraprendere un'attività sportiva ed incidere fortemente nel mantenere alto il livello motivazionale. Molti stati di handicap non vietano ad una persona di svolgere un'attvità fisica ma spesso ci si trova davanti ad enormi blocchi psicologici. Il primo reale nemico da battere, da un punto di vista individuale, è il fantasma della paura, dell'insicurezza, della bassa stima di sè, prima ancora dell'avversario. Talvolta, sport può significare, inizialmente, combattere aspetti negativi dell’handicap come angoscia, ansia, depressione, che determinano frustrazione e totale chiusura con il mondo esterno. Nel caso di disabilità congenita si trovano associati alle limitazioni motorie anche dei deficit primari nello sviluppo cognitivo, imputabili alla lesione in aree cerebrali deputate alle funzioni cognitive superiori (es. linguaggio) e secondari conseguenti alle limitazioni motorie imposte dalla disabilità. Il disabile congenito vive, rispetto al disabile traumatizzato, un differente rapporto con la propria limitazione e, quindi, un diverso vissuto psicologico. Un soggetto affetto da disabilità congenita, infatti, ha una maggior
facilità ad affrontare gli ostacoli con cui si è trovato a confrontarsi fin dalla nascita, mentre un disabile acquisito, affronta gli impedimenti come un'enorme barriera psicologica e, in casi estremi, con la rinuncia ad affrontare il mondo esterno e quindi la vita. Anche se il disabile congenito accetta meglio del traumatizzato la propria diversità, è chiaro che il disagio psicologico rimane ugualmente molto elevato. Nei casi più gravi la sintomatologia può essere definita The Disabled Syndrom o Tds (W. Marley). Con tale sindrome si definisce il comportamento depresso e privo di motivazione che aggravano lo stato di difficoltà spingendo il disabile, verso uno stadio di immobilità. I sintomi principali sono: l'aumento del peso, livelli ridotti di forma fisica e di abilità motoria, rifiuto completo del proprio fisico, in particolare della condizione fisica come elemento su cui puntare nella vita e nel rapporto con gli altri. La Tds è una sindrome severa e limitante che può portare ad un peggioramento dello stato di invalidità e depressione, senso di sfiducia nella possibilità di partecipare attivamente nella vita. A livello relazionale, considerando la rete di sostegno intorno alle persone diversamente abili, troviamo che un contributo negativo e di conseguenza una forte incidenza ad incorrere facilmente in questa sindrome può essere dato dalla famiglia e da un forte senso di protezionismo nei confronti del disabile. La famiglia del disabile, tal volta, può instaurare meccanismi patologici nella gestione delle dinamiche relazionali con il mondo esterno ed eventualmente, non collaborare adeguatamente con tutte quelle attività quotidiane considerate non obbligatorie, come invece sono interpretate la frequenza scolastica o l'attività lavorativa e di conseguenza optare sulla non iscrizione ad attività sportive. I fattori principali a livello psicologico che possono instaurarsi nelle dinamiche mentali e gestionali familiari con un disabile sono: vergogna per il giudizio degli altri ansia e paura sia per un peggioramento dello stato di salute (sintomi secondari), sia per un eventuale nuovo infortunio in caso di disabilità da trauma vissuto di non adeguatezza (non accettazione della disabilità) difficoltà logistiche (incidono nel senso di colpa)
età dei familiari che si prendono cura dell'handicap (rassegnazione) cultura dello sport nella famiglia (utilità, funzionalità) difficoltà a reperire una palestra (perdita di motivazione) difficoltà ad incontrare un allenatore in grado di preparare un progrmma di allenamento adeguato con il deficit dell'atleta, integrando le proprie conoscenze delle regole e della tattica sportiva con quelle relative alla patologia, agli ausili sportivi, alla comunicazione al fine di avere una visione completa degli atleti, considerando quindi disabilità e risorse. Da ciò derivano importanti implicazioni: in primo luogo, è necessaria un'approfondita opera di preparazione e formazione di tutti coloro che si occupano di attività sportive (allenatori, formatori, compagni di squadra, ecc.), in modo tale da favorire la comprensione degli specifici bisogni del disabile. In secondo luogo è fondamentale dar vita a quegli adattamenti delle attività sportive (nelle regole, nelle attrezzature, ecc.), che permettano al soggetto con disabilità di essere protagonista e non solo spettatore degli sport più diffusi tra i propri coetanei, infine creare una modalità di comunicazione ed informazione specifica per coloro che in situazione di handicap, ma motivati a praticare sport, possano facimente reperire e allo stesso tempo possano orientare i propri interessi, tenedo conto dei limiti del deficit, verso un'attività sportiva.
Dott.sa SABRINA BENVENUTO Psicologa - Psicoterapeuta - Mediatore familiare Esperta in psicologia dello sport Docente Scuola Regionale dello sport - Coni Liguria
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