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L’Angelo in Famiglia
Pubblicazione mensile Spedizione in abb. post. 50% Bergamo Costo dell’inserto 2.80€
NOTIZIARIO COMUNITà PARROCCHIALE DI
VILLA D’ALMè
a p r il e 2 0 2 0
ANNO LXIII - n 660
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LA PAROLA DEL PARROCO
La Chiesa Parrocchiale è vuota, il cimitero è chiuso, l’Oratorio, le scuole, i bar, i ristoranti e diversi negozi sono chiusi… È una situazione che ci rende inquieti, preoccupati, deboli.
Chiese chiuse… cuori aperti!
È stata una Settimana Santa e una Pasqua all’insegna del silenzio, della meditazione, dell’essenzialità. Ma come credenti, come uomini e donne di questa umanità lacerata e ferita, il cuore deve rimanere ancor più aperto. Mi ha scritto un papà alla fine del mese di marzo: “In queste giornate scandite solo dal suono delle campane a lutto, per fortuna c’è il vostro bel momento dove si può ascoltare la Parola di Dio attraverso la Parrocchia… attraverso voi! Vi ringrazio di cuore perché sapete dire parole buone… grazie, mi sento fortunato di appartenere a questa Parrocchia!”. Davvero noi sacerdoti siamo reciprocamente riconoscenti verso tutti voi.
Ogni giorno dobbiamo far prevalere: • la vita sulla morte, • la consolazione sulla depressione, • la mitezza sulla forza, • la fiducia sulla dispersione, • la condivisione sull’egoismo, • la speranza sulla disperazione. Questa è la Pasqua di Gesù.
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don Raffaele
L'ATTUALE SITUAZIONE LOCALE E MONDIALE
CI IMPEGNA ad UNA MAGGIORE RESPONSABILITà E RIFLESSIONE
■ Cara Comunità di Villa d’Almè, ho da poco scoperto la neonata pagina Facebook della nostra Parrocchia. Questa sera, verso le 18.15, ho sentito in diretta un pezzetto l’omelia di don Raffaele... Io avrei dovuto essere a Villa già dalla sera di Pasqua, per le mie vacanze pasquali; invece, sono a Roma, fino a quando (quando?) il Governo allenterà le restrizioni... Nella nostra parrocchia dei SS. Martiri Canadesi tutte le celebrazioni con i fedeli sono sospese dall’8 Aprile; la chiesa rimane aperta per la preghiera personale dei fedeli; noi 3 sacerdoti della parrocchia assicuriamo un’ora di presenza a testa, anche se non possiamo fare più nulla (o quasi) per quanto riguarda i sacramenti. Nella nostra comunità Sacramentina siamo 11 sacerdoti in tutto, compreso il superiore generale. Dal 9 Aprile, preghiamo tutti insieme nella nostra cappella interna (Messa, Lodi e Vespri, 1 ora di adorazione eucaristica), in comunione spirituale con i parrocchiani. Così abbiamo fatto anche per il triduo pasquale. Per il momento non abbiamo la possibilità di celebrare in streaming o in diretta su FB, ma dato che il Papa è il nostro vescovo invitiamo i fedeli a seguire le sue celebrazioni e abbiamo modellato anche gli orari del nostro Triduo sui suoi. La situazione del contagio a Roma e nel Lazio è una piccolissima cosa rispetto a ciò che è successo in Lombardia e a Bergamo. È stato contagiato anche il Cardinale Vicario, ma è stato dimesso dal Gemelli dopo circa una settimana e adesso è in convalescenza a casa. Io sono abbastanza sereno, qualche altro mio confratello (soprattutto quelli stranieri) un po’ meno, forse perché pensano anche ai nostri confratelli presenti in altre parti del mondo, soprattutto negli Stati Uniti... Ci auguriamo che questa situazione possa passare e si possa riprendere la vita di prima... Ma, forse, non sarà così: si dovranno rivedere tante cose anche come Chiesa, a livello liturgico, pastorale, relazionale... Intanto cerchiamo di vivere questa situazione con la luce e la forza della fede, cercando
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In queste pagina e nelle pagine a seguire alcune riflessioni pervenuteci in parrocchia a seguito dell'invito del parroco.
di capire cosa il Signore ci vuole dire, cosa ci vuole far capire... Un caro saluto a te e agli altri confratelli sacerdoti... Un saluto affettuoso anche a tutti i parrocchiani di Villa. Arrivederci a quando Dio vorrà... Vostro padre Flavio Fumagalli
■ Colgo l’occasione di questa domenica delle Palme per scrivere al don Raffaele, a don Marco e a tutti i collaboratori della parrocchia che in questo momento particolarmente impegnativo credo abbiano dato veramente il massimo possibile per noi tutti. Le attività per coinvolgerci e per farci sentire, comunque, la bellezza e l’importanza di essere comunità, si sono moltiplicate col passare dei giorni, nonostante la tristezza e il peso di quanto sta succedendo anche nel nostro paese. La tecnologia è stata di grande utilità e soprattutto quest’ultimo sforzo di attivare una pagina Facebook per la parrocchia è stata azzeccatissima. I segni sono importanti nei riti e poter seguire la santa Messa, se pure attraverso un video, è bellissimo. Voglio allora ringraziarvi di vero cuore e dirvi che vi sentiamo ancora più vicini di prima, che con voi non ci sentiamo soli in casa, ma riusciamo a sentire tangibile il vostro affetto e la vostra cura per noi. Un augurio caloroso da parte mia, del gruppo Aido e delle nostre famiglie per questa domenica di festa assicurando la nostra vicinanza ancora per tutta questa settimana impegnativa per noi cristiani, fino a che il cuore di tutti noi si riempirà di gioia nella domenica di Resurrezione. Buona Vita a tutti.
Rosaria Ghisalberti Gruppo Aido di Villa d’Almè
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RIFLESSIONI SITUAZIONE ATTUALE
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Benedizione Eucaristica sul sagrato della Chiesa primo venerdì del mese 3 aprile 2020
■ Nel “silenzio” delle nostre case, spesso leggiamo e
rileggiamo quanto ci viene pubblicato da “L’ Angelo in Famiglia” e le pagine relative al notiziario parrocchiale villese. Ringrazio di tutto cuore i diversi nostri compaesani che hanno scritto, anche prima di noi; sinceramente non sapevo dell’opportunità di poter inviare un pensiero riguardo questo nostro “cambiamento” di vita. Cambiamento “forzato”. Condivido pienamente quanto scritto dalla signora Donatella Rocchi, ricordando a noi “anziani”, frequentatori con viva fede da ben 50 anni della nostra Parrocchia, che è forse solo in questi momenti che possiamo comprendere il vero valore della vita; oggi più di ieri, capiamo che questo “DONO”, la vita, va difesa più di tutto e più di sempre. Riguardo al giorno festivo, il giorno del Signore, aggiungerei solo che i nostri nonni ci hanno insegnato che questo giorno è e sarà sempre del Signore e della famiglia e non del lavoro. Tante nostre case sono colme di dolori, preoccupazioni, paure e quant’altro e tutto ci fa riflettere specialmente sulle nostre “libertà” che sino a poco fa avevamo e delle quali ora, per il bene di tutti, siamo privati. Come ebbe a dire Sua Santità durante la Benedizione Eucaristica di venerdì 27 marzo, “tutti siamo sulla stessa barca e se siamo convinti, tutti, un giorno, quando il buon Dio, vorrà… andremo all’altra riva”. Oltre alle Ss. Eucarestie a cui non partecipiamo con le nostre persone, spesso, direi ogni giorno, ci manca la nostra cara preghiera alla S. Madre, il Rosario. A questo proposito ringraziamo di tutto cuore quelle persone che, sentendo la mancanza della nostra voce, ci telefonano e ci pongono sempre tanti interrogativi, anche se, con umiltà riconosciamo di avere ben poco da suggerire e non possiamo che dire loro solo una buona parola. Restiamo sempre uniti con la nostra Chiesa e i nostri “bravi” sacerdoti che ci accompagnano ogni giorno e, per essi, ringraziamo di tutto cuore nostro Signore per averceli affidati, nella ferma speranza che stiano sempre in buona salute. Da ultimo, ricordiamo con tanto affetto e preghiere tutti, dico tutti, i nostri anziani, gli ammalati e le persone che si sentono sole: assicuriamo loro che non li dimenticheremo nelle nostre semplici e umili preghiere. Fiorendinito Pessina
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■ Questa sera volterò pagina al calendario, il mese di marzo è finito. Un mese…. ma è come se fosse stato un unico giorno: mattine, pomeriggi e sere tutte uguali, ore da occupare, da riempire. Fino al mese scorso se le giornate fossero state di 30 ore le avrei occupate tutte. Mille cose da fare, impegni che non si possono spostare, abitudini che diventano necessità. Quanta presunzione di essere indispensabile! All’inizio di questa quarantena ho pensato che sarei impazzita, sempre in casa, non ce l’avrei fatta. Solo la paura del contagio mi dava una valida ragione. Poi ho pensato di sfruttare questa occasione per fare qualcosa che prima raramente potevo concedermi, pensare un po’ a me stessa, alle cose che avrei voluto sempre fare e non potevo fare per mancanza di tempo. Che assurdità, proprio quando il tempo era tutto per me, mi sono accorta che il tempo non era mio. Potevo leggere, rilassarmi, dedicarmi ai miei hobby, ma non riuscivo a farlo mi sembrava di rubare il tempo a chi ne aveva poco, pochissimo, se non più. Le notizie di quello che succedeva fuori le mie mura domestiche mi entravano nella testa e nel cuore e mi proiettavano in una situazione alla quale non ero certo preparata. La sofferenza mi ha travolto come non avrei mai pensato. Persone, visi conosciuti, ma anche sconosciuti che stavano vivendo una realtà terribile senza una colpa, senza una ragione….. ho pensato “perché loro? Sono stata più fortunata.” Il mio tempo allora ha cominciato a prendere un altro significato, un altro valore. Prima di tutto dedicandone buona parte alla preghiera per tutti quelli che combattono là fuori una guerra impari. Io non sono in prima linea, ma credo nella potenza della preghiera che può aiutare chi lotta, soffre e muore. Quante volte ho ringraziato per tutte le opportunità che la nostra parrocchia ci ha dato in questo mese e che ci ha fatto sentire comunità fraterna e solidale. Non eravamo più fisicamente vicini, ma
L'ATTUALE SITUAZIONE LOCALE E MONDIALE
CI IMPEGNA ad UNA MAGGIORE RESPONSABILITà E RIFLESSIONE sicuramente il soffio dello Spirito ci ha fatto sentire uniti come non mai. E allora le giornate, scandite da appuntamenti aspettati e condivisi, sono trascorse con una speranza più grande nel cuore; il suono cupo della campana non annunciava solo la scomparsa di un nostro amico, ma anche l’abbraccio che una comunità vuol dare ai suoi figli, lontani ma presenti nel cuore di tutti. Anche la presenza rassicurante del nostro vescovo nelle celebrazioni seguite in tv mi ha aiutato, mi ha fatto capire quanto sia importante sentirci tutti uniti sotto lo sguardo paterno di un Padre che non ci abbandona. E la preghiera si allarga dalla piccola comunità al mondo intero. Questa sera mentre cambierò pagina al calendario pregherò perché la Pasqua sia per tutti Resurrezione. Milena Signori
■ LA QUARANTENA E LA QUARESIMA
Bergamo è in ginocchio, piegata come le spighe di frumento dopo una tempesta. Siamo in quarantena, quanti sono i giorni della quaresima. Un periodo di quaresima obbligato ed imposto. Ma alcuni hanno provato sulla propria pelle la via Crucis. C’è chi le stazioni le ha percorse quasi tutte. Altri sono giunti sino al termine del calvario. Non erano in compagnia, nemmeno dei due ladroni, ma soli senza il conforto ai piedi del letto, senza il diritto di un funerale da cristiani. Lo chiamano il “distanziamento sociale” per evitare il propagarsi del virus che pare prediliga gli anziani. Quello in croce era stato lasciato solo, anche a lui in quella atroce posizione mancava il respiro. Il virus, nel tempio della globalizzazione, è chiamato corona. Non corona dei potenti, ma come la corona beffarda che ferì il crocifisso, si infila nei polmoni e li trafigge, sino a farli tacere. Corona di un nuovo martirio. Impietriti, tremano i nostri cuori. Nell’animo si fa silenzio per sentire i passi di Dio, segno dell’infinito. Essere che è in noi, pronti a quell’abbraccio che per noi è una promessa e che la Pasqua di resurrezione garantisce. Franco Rota
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In queste pagine alcune riflessioni pervenuteci in parrocchia a seguito dell'invito del parroco.
■ Buongiorno, in questi ultimi giorni e soprattutto
durante la Settimana Santa ho riflettuto molto su cosa sta accadendo. Questo corona virus, questa malattia ha portato molta sofferenza e dolore, molti morti; però spesso, forse per la mia nuova concezione delle cose o per il mio carattere che vede il famoso bicchiere mezzo pieno, mi ritrovo a pensare che per certi versi questa cosa ha fatto capire a molti di noi cosa vuol dire essere comunità. Prima con la fretta che ognuno aveva dentro di sé non c’era mai tempo per nulla, per i figli, per la moglie o marito, per gli anziani, per la Fede, insomma per il prossimo anche quello più vicino a noi. Adesso secondo me la gente si è resa conto che tutto quel fare, che tutto quel volere non era quello di cui avevano bisogno. Avevamo bisogno di stare e vivere con i propri cari, con i nostri amici e vicini di casa, avevamo bisogno di aiutare non solo noi stessi ma anche e soprattutto gli altri. Avere più fede in Dio ma non con le sole parole ma con i fatti. Mi ricordo qualche anno fa proprio qui nella chiesa di Villa d’Almè era la festa dell' 8 dicembre e c’era alla messa delle 9,30 una grande mancanza di fedeli e mi ricordo ancora bene lo sguardo triste e sconsolato di Don Raffaele; questa è stata una delle prime cose che mi ha fatto cambiare. Perché fino a quel momento ero stato anche io come quelli che andavano a Messa solo perché ti avevano insegnato così, ai tempi, i tuoi genitori non per vivere la fede con gli altri. Ora sono sicuro, che dopo quello che sta succedendo, molti, come successe a me quella volta, si siano svegliati dal sonno che li copriva ed inizino a capire cosa effettivamente a loro serve veramente e non il superfluo. Credo che se oggi potessimo andare tutti a Messa, la chiesa non ci riuscirebbe a contenere per quanti saremmo e così Non solo oggi. Credo che molti abbiano ritrovato la Fede e spero che se la tengano stretta. Grazie Don Raffaele e Don Marco e collaboratori tutti per il tempo che ci dedicate sempre con amore e vicinanza. Spero presto ci rincontreremo. Saluti e ancora Buona Pasqua. Riccardo Daldossi
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conferenza san vincenzo
Era la sera di domenica 23 Febbraio quando, verso le 20,00, in accordo con don Raffaele abbiamo deciso di sospendere il nostro solito e storico incontro del quarto lunedì del mese alle ore 16,00. E’ stata una decisone presa in modo un po’ repentino e, dal mio punto di vista, pensando semplicemente che avremmo sospeso quel singolo incontro e che ci saremmo visti come sempre dopo due settimane. Ma... da quella sera tutto per la nostra Conferenza si è fermato, è rimasto in sospeso, così come si è interrotto tutto il resto della nostra vita, della nostra comunità e del mondo intero.
La prossimità della fede
Questo virus ci ha sprofondato in una “realtà” irreale, surreale, possibile solo in film drammatici di fantascienza. Una realtà che ha stravolto tutto: le abitudini, la quotidianità, il senso del tempo e dello spazio, i ritmi, i pensieri e le emozioni; ci ha travolti con tutta la sua drammaticità a livello personale e comunitario: a poco a poco diversi amici, parenti, conoscenti hanno cominciato a lasciarci e a farlo anche in un modo più doloroso che mai, senza saluto, senza conforto, prossimità ed elaborazione. Anche la nostra Conferenza è stata trascinata in tutto questo. Non abbiamo più potuto stare vicino alle nostre famiglie, ai nostri anziani. Non abbiamo più potuto entrare nella RSA, giocare a tombola con i ragazzi della Cascina, portare gli auguri per il compleanno, la spesa alle famiglie, i saluti della comunità agli ammalati. Tutto ciò ci ha fatto male, ci ha fatto stare male; ci ha fatto sentire impotenti, fragili, insicuri. E quella tecnologia, spesso demonizzata, è diventata l’unico strumento per condividere questa esperienza drammatica: Whatsapp, telefonate, internet... siamo diventati tutti bravissimi e siamo stati contenti di poter partecipare (seppur a distanza) alle funzioni religiose e alle preghiere proposte dalla parrocchia ed in qualche modo condividere il dolore delle famiglie in lutto. Il nostro Presidente della Federazione Nazionale della Conferenza nella sua lettera ci scrive che “questa esperienza sicuramente ci cambierà, il suo ricordo accompagnerà il nostro futuro con atteggiamenti diversi come persone e come organizzazione... ma la durezza di questi tempi non ci faccia perdere la tenerezza dei nostri cuori”. Siamo cambiati, stiamo cambiando e cambieremo ancora... ma il nostro cuore, quello rimarrà e rimarrà sempre al servizio dei più poveri. Quella tenerezza di cui ci parla il nostro Presidente è la tenerezza di un Dio che ci sta vicino sempre, ma soprattutto nei momenti di sofferenza, nei momenti più bui. È la tenerezza di Dio e che ci dice “Coraggio, non temete, io sono con voi”. In questi momenti di distanza sociale, fisica, la vicinanza spirituale è l’arma migliore che abbiamo per non sentirci soli, per sentire che i nostri cuori sono prossimi e che credono che solo il Signore Risorto nel giorno di Pasqua ci possa aiutare in questo momento difficile di passaggio, di cambiamento, di apertura verso un futuro incerto ma che ci troverà più uniti e consapevoli del vero significato e del vero valore della vita di ogni uomo. E ancora una volta, come Conferenza vogliamo dire grazie ai nostri sacerdoti perché li sentiamo sempre vicini e vogliamo fare gli auguri di una Buona e Santa Pasqua a loro e a tutta la comunità di Villa d’Almè.
Per la Chiesa “la garanzia contro il naufragio è la fede in Cristo” e non le capacità dei suoi uomini. “La fede non è una scappatoia dai problemi della vita, ma sostiene nel cammino e gli dà un senso”.
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PAPA FRANCESCO ALL'ANGELUS AGOSTO 2017
CPAC Centro di Primo Ascolto E coinvolgimento Parrocchiale N OT I Z I A R I O PA R R O C C H I A L E - U N A C O M U N I T à I N C A M M I N O - A prile 2 0 2 0
A seguito della emergenza COVID19, anche il CPAC di Villa d’Almè, in ottemperanza alle disposizioni e decreti emanati da Governo, Diocesi e Caritas, si è trovato costretto ad interrompere l’attività di accoglienza e ascolto alle persone in difficoltà. Il CPAC in questo periodo ha comunque mantenuto la disponibilità a supportare le persone e famiglie in difficoltà delle comunità afferenti alla Fraternità Presbiterale 1 della CET9, mediante la distribuzione di borse di generi alimentari e di prima necessità. Il ritiro presso il CPAC e la distribuzione di tali borse alle persone avviene necessariamente tramite figure individuate e autorizzate dai servizi sociali dei relativi comuni, sempre in ottemperanza alle disposizioni emanate di cui sopra. Questa prassi si è già attivata per alcune famiglie di Villa d’Almè, Sorisole e Paladina in sinergia con i rispettivi servizi sociali. Questa collaborazione è la forma migliore per rendere più efficace e coordinato l’aiuto alle famiglie in emergenza, e per questo motivo l’invito è quello di riferirvi ai servizi sociali di competenza per segnalare le eventuali situazioni critiche di vostra conoscenza, in modo che essi possano prenderle in carico e valutare la necessità di sostegno anche tramite il CPAC. In questo momento stiamo distribuendo gli alimentari e generi di prima necessità che il CPAC aveva ricevuto dalle raccolte che le parrocchie avevano fatto prima dell’emergenza, contiamo comunque di acquistarne altri utilizzando le offerte in denaro pervenute, o che stanno pervenendo, dalle parrocchie, enti e singole persone. Colgo l’occasione di questa lettera per ringraziarvi per la generosità che da tempo sostiene l’operato del CPAC. Lo faccio a nome degli operatori del Centro di Primo Ascolto e Coinvolgimento, ma ancora prima da parte delle tante persone aiutate.
Il Coordinatore del CPAC
Gianmario Salvi
Riferimenti e recapiti telefonici del CPAC: • Gianmario Salvi (Coordinatore del CPAC) – 3293904519 • Gabriella Giuliani (Operatrice del CPAC) per gli aspetti logistici - 3282615527 Sede: Parrocchia dei SS. Faustino e Giovita 24018 Villa d’Almè (BG) – Via Ripa 6 - E-mail: caritas.villa@libero.it
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INTERVISTA A SUOR ANGEL
Suor Angel Bipendu Kalela
Negli ultimi tempi in servizio presso la sede della nostra Guardia medica
Suora e medico: un Angel in volo contro il “covid-19” N OT I Z I A R I O PA R R O C C H I A L E - U N A C O M U N I T à I N C A M M I N O - A prile 2 0 2 0
per gentile concessione del bergamasco Giuseppe Zois giornalista in Svizzera
Ha conosciuto diverse facce dell’emergenza: per due anni è stata sulle navi della Guardia Costiera per il salvataggio dei migranti in pericolo di vita nella traversata del Mediterraneo dalla Libia verso l’Italia.
Suor Angel Bipendu Kalela
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Suora e medico, Angel Bipendu Kalela, 46 anni, ha dovuto suturare ferite da torture, assistere partorienti, curare casi di ipotermia o scottature da sole. Un nodo le serra ancora la voce in gola quando ripensa ai profughi annegati, al recupero delle salme e al tentativo di risalire alla loro identità e provenienza dai pochi ricordi dei sopravvissuti. Lasciate le navi del Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta, dove si è impegnata negli anni dal 2016 al 2018, si è trasferita da ormai due mesi sugli avamposti della lotta al coronavirus, in una delle zone più colpite: Bergamo. Quella di Suor Angel è una vita da samaritana proprio estrema, per fedeltà al proposito di aiutare a oltranza. Sempre in lotta, dalla parte della vita, vedendo purtroppo spesso la morte accanto… Suor Angel, una vita da samaritana proprio estrema per fedeltà al proposito di aiutare a oltranza. Sempre in lotta, dalla parte della vita, vedendo purtroppo spesso la morte accanto… Con i migranti ho conosciuto una realtà, qui sto vivendone un’altra. Ciò che sto vedendo adesso è più drammatico rispetto ai rischi che assumono quanti si mettono in mare per venire in Europa. Qui ci sono migliaia e migliaia di persone malate, con molti morti. Chi si imbarca sa a cosa va incontro; con il coronavirus si lotta contro un virus occulto, ignoto e rapidamente mutevole: ora si sa qualcosa, prima niente.
Nasce il 18 maggio 1973, Kananga, Repubblica democratica del Congo Entrata in convento a 18 anni (Congregazione delle Discepole del Redentore della comunità Cristiani nel mondo). Primi Voti da suora a 23 anni; Voti perpetui a 32 anni. Arrivo in Italia nel 2005 Laurea in medicina a Palermo nel 2015 Negli anni 2016-2018 lavora come volontaria sulle navi della Guardia costiera italiana come medico del Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta. Due anni fa ha partecipato e vinto il bando di Ats Bergamo per prestare servizio come medico di guardia nel presidio di Villa d’Almè. È medico delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (Usca). In questo periodo di emergenza “coronavirus”, vive in monastero a Zogno, da dove parte sulla sua Fiat Punto per visitare su segnalazione dei medici di base o delle guardie mediche diurne i pazienti di Valle Brembana e Valle Imagna. Fa guardie mediche anche di notte, da sola, nei giorni festivi e prefestivi. “Quando mancano i medici di base, noi subentriamo per assicurare una continuità assistenziale. Non ha paura: “E di che cosa dovrei aver timore? Io sono in ambulatorio per aiutare chi ha bisogno di me”. Molti quando trovano una suora vivono una sorta di doccia fredda, ma si riprendono immediatamente al primo saluto e al rassicurante sguardo di Suor, Dottor Angel Bipendu Kalela, specialista in emergenze umanitarie.
L'intervista a
Medico e suora. Come vive questa doppia dimensione? In che rapporto mette le medicine e le preghiere? Prima delle medicine per me viene sempre la preghiera. Il Signore è capace di compiere un miracolo dove per noi è inimmaginabile. E i miracoli esistono. Noi non possiamo o non vogliamo capire, ma dobbiamo credere. Per me sono due facce della stessa medaglia, la vita professionale e la fede. Prima di qualsiasi intervento, io prego, chiedo a Dio di darmi la forza di fare bene ciò che mi appresto ad affrontare in quel momento. Le due dimensioni non vanno disgiunte e non entrano neppure in contrasto. Io devo saper dare il miglior aiuto al prossimo che ha bisogno di me in quel momento: fisicamente, moralmente, spiritualmente. In aggiunta alla terapia e ai farmaci, come reagiscono i malati quando sanno che lei è anche suora? Occorre distinguere tra prima dell’attuale emergenza e adesso. Quando incontro e visito gli ammalati in ambulatorio, alla Guardia Medica di Villa d’Almè, si capisce subito chi sono: medico e suora e il rapporto parte in chiarezza. Con il “coronavirus” mi reco nelle case di chi è risultato positivo o di chi è stato dimesso. I pazienti mi vedono già bardata, con visiera, mascherina, guanti e molti non sanno che io sono anche suora. Lo dico al termine, quando mi presento. Ho dovuto costatare decessi, stare con i parenti, consolarli. A volte sono i familiari che mi chiedono di recitare una preghiera insieme e rimangono consolati. Molti morti di “covid-19” negli ospedali, in isolamento, non hanno potuto ricevere i sacramenti. Anche questo è un cruccio quotidiano. Mi tormenta l’afflizione che prova chi deve morire in un deserto affettivo e spirituale. Nella sua supplica per il coronavirus in San Pietro il Papa ha detto che forse l’uomo si è illuso di poter vivere da sano in un mondo malato… Solo Dio sa cosa sta succedendo. È vero che in molti si sono fatti questa idea di poter dominare tutto in virtù delle conoscenze della scienza e della tecnologia. Dobbiamo cercare di cogliere l’essenziale della vita. Che cosa la colpisce di più in questa emergenza del coronavirus? Senz’altro la solitudine, la sofferenza, un diffuso si-
lenzio. Le persone si ritrovano in un tempo sospeso, carico di dubbi. Anche i bambini sanno che c’è il coronavirus e stanno pagando un elevato prezzo, costretti a stare da soli, al chiuso, senza poter respirare la gioia e la libertà della primavera con i compagni di scuola e di gioco. Lei ha parlato delle solitudini che feriscono l’uomo d’oggi. Solitudini dappertutto e ora solitudine estrema anche nella malattia e nel morire. Niente funerali e impossibilità di vicinanza fisica ai parenti che piangono un distacco… Certo. Pesa moltissimo l’impossibilità di poter elaborare il lutto, di rendere l’estremo saluto a un congiunto o a una persona cara. È lacerante la mancanza degli ultimi gesti di tenerezza, delle parole che suggellano una vita. Ci ritroviamo in una situazione dove uno non può avvicinarsi all’altro, davanti a una barriera invalicabile di incomunicabilità. Marito e moglie, spesso anziani, che si sono ritrovati separati per forza dentro la stessa casa o allo stesso ospedale e qualcuno è anche morto senza che l’altro sapesse. È un disastro. E poi quei camion militari che trasportavano bare verso destinazioni ignote e dover pensare che lì ci può essere anche mio papà o mia mamma. Inverosimile e agghiacciante. Papa Giovanni diceva che “c’è un dolore sociale che non innalza l’uomo ma lo profana”. Questo dolore oggi è molto diffuso… Ho la sensazione che non abbiamo ancora realizzato a fondo ciò che sta succedendo e ciò che stiamo subendo in una sorta di buio e di incertezza che ci avvolgono. La gente non sa come andrà a finire… L’uomo della civiltà occidentale che cosa dovrebbe soprattutto imparare? Che il mondo deve essere unito. Siamo tutti creature di Dio. Illusorio pensare di salvarsi da soli. Ciascuno di noi avverte delle fragilità, preoccupazioni, paure. Si superano più facilmente insieme. Che cos’è la paura per lei? E che cosa le fa più paura in questo tempo che stiamo vivendo? Sento la paura di non riuscire a fare fino in fondo ciò che devo come medico, come suora… Non ho alcuna paura di essere contaminata: avessi avuto questo ti-
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suor angel
INTERVISTA A SUOR ANGEL
Suor Angel Bipendu Kalela
Negli ultimi tempi in servizio presso la sede della nostra Guardia medica
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Tanti drammi, unica missione: aiutare gli altri more, non mi sarei distaccata dalla comunità di suore, dove vivevo per svolgere la mia missione. Sono in molti a sostenere che questa emergenza cambierà il nostro modo di vivere. L’umanità ha vissuto spesso grandi catastrofi, pensiamo solo al Novecento – dalla “Spagnola” alle due guerre mondiali e ai campi di sterminio – e a questi primi vent’anni – dalle Torri Gemelle agli tsunami – poi però quando finisce la tempesta in genere si rimuove in fretta e si riprende la vita di prima… Penso sarà difficile tornare alla vita di prima, senza sentirsi in alcun modo toccati o segnati da questa pandemia. Vivremo un altro tipo di relazioni, all’insegna della diffidenza, della distanza di sicurezza, perché non si sa mai... Magari potremmo rimanere contagiati. Un colpo di tosse, uno starnuto e scattano apprensioni. Quando ci riabbracceremo e ci saluteremo come prima? Non dimentichiamo che più stiamo distanti, più disperdiamo il calore. Da suora e da medico che consiglio suggerisce per dare un senso al tempo, quando usciremo dal tunnel? Essere prima di tutto consapevoli dell’importanza della vita che è un dono ricevuto gratuitamente. La vita è sacra e dobbiamo conservarla in tutta la sua sacralità. Ed è un dono che poi dobbiamo trasmettere agli altri. Uscendo da questa emergenza, ciascuno porterà con sé qualche segno di questo passaggio epocale: il compito decisivo per ciascuno e per la comunità sarà però di andare avanti. Tra fede, speranza e carità, quale sceglie e perché? Senza esitazione, la carità, perché mette insieme anche la fede e la speranza. Se manca la carità, non c’è niente. Qual è la sua più alta forma di speranza? Spero nella risurrezione dalla morte. È la meta della mia vita cristiana. L’ultimo pensiero, la sera, prima di addormentarsi e il primo del mattino al risveglio? Quando mi corico, metto nelle mani di Dio la mia giornata e quando mi sveglio Gli riaffido il mio percorso perché mi accompagni.
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Forse ha scelto di essere quello che è per calarsi appieno dentro il modello che ha attinto dal Vangelo, la parabola del Buon Samaritano. Racconta: “La mia vocazione è nata a 6 anni ed è maturata vedendo le suore salesiane lavorare con dedizione totale da stelle a stelle. Decisi che avrei scelto la loro strada, per aiutare il prossimo e così ho fatto”. L’abito che suor Angel Bipendu, congolese di nascita, ha scelto di portare sotto il velo della vocazione e il camice bianco della professione di medico è quello della sua umanità. Non a caso dedica la sua vita agli altri: ieri i profughi che attraversano il Mediterraneo diretti in Europa, oggi gli uncinati dal “covid-19”. In tre date, la sua vita: suora nel 1996, a 23 anni; arrivo in Sicilia nel 2005; laurea in medicina a Palermo, nel 2015. “Se vedo qualcuno che sta per morire, il mio primo inderogabile dovere è quello di salvargli la vita, chiunque esso sia…”. Coerentemente, eccola assistere donne che partoriscono in mare aperto mentre vivono la loro odissea moderna o medicare un giovane giunto a bordo con una gamba ormai in cancrena, e che poi perderà, per un colpo d’arma da fuoco sparatogli da militari. Una casistica smisurata di sofferenze: dalle ipotermie alle scottature da sole. Nella parabola evangelica si dice che il malcapitato era mezzo morto: lei, Angel, crede a oltranza nell’uomo mezzo vivo e fa di tutto perché viva. Bisogna rompere il guscio dell’indifferenza, diffusa e purtroppo a sua volta contagiosa. Angel è il suo nome di battesimo: tutti la chiamano al femminile, Angela. Ma forse è più appropriato il suo nome d’origine, perché è un angelo moderno che cura, sostiene, dà speranza. Dapprima ha alternato la sua vocazione di suora e la missione di medico a bordo dei dispositivi navali della Guardia costiera italiana con il Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta (2016-18). Sulle navi che salvano i migranti dai naufragi ha vissuto drammi sconvolgenti: ha scolpito nel cuore lo strazio di una mamma che si vide morire in braccio le sue due figlie di 3 e 5 anni per assideramento mentre aspettava sulle coste della Libia una carretta del mare per imbarcarsi. Con la forza della pietà e della disperazione fu la madre stessa a scavare a mani nude due piccole fosse nella sabbia dove seppellire le sue creature. Poi salì a bordo distrutta. Terribile. Dalla Sicilia la suora si è poi fiondata nel profondo Nord in un altro cataclisma: il “covid-19” che sta flagellando la Lombardia, in particolare Bergamo e Brescia. Suor Angel si reca nelle case dei pazienti positivi ai tamponi o appena dimessi: corre anche in frazioni sperdute delle Valli Brembana e Imagna. Arriva, si annuncia, indossa la tuta protettiva con mascherina, occhiali e guanti. Sta il tempo necessario per la visita e quando esce, sfila lo scafandro ed entra in auto, pulita: altra tappa, stesso rituale ogni volta. Sempre pronta a partire, a qualsiasi ora, verso un’altra casa per alleviare sofferenze, confortare. Inesausta per portare e diffondere speranza. Giuseppe Zois
gruppo missionario
ANCHE IN TERRA DI MISSIONE UNA QUARESIMA MA SOPRATTUTTO UNA PASQUA SEGNATA PROFONDAMENTE DALLA PANDEMIA. Le notizie dai nostri missionari arrivano via internet o da informazioni avute dai famigliari: Dalla Mongolia, Padre Ernesto comunica direttamente con il Parroco informandolo della loro quarantena anche se non ci sono particolari problemi sanitari, dal Centrafrica, Suor Rosaria ci informa che tutta la capitale è deserta, dalla Bolivia, Maria attraverso le sorelle ci rimanda la visione di una città paralizzata, dal Brasile non giungono notizie dirette in quanto le comunicazioni anche via mail sono difficili. Dal Kenia riceviamo notizia che il “virus” per loro non esiste, in quanto non risultano infetti (beati loro!!!), dalla Colombia, purtroppo dopo il cambio di missione, Padre Fiorenzo non riesce a comunicare con noi via mail. Da Cuba, Don Mario fa sapere, tramite la sorella, che tutta la nazione è in quarantena ed i contagi sono numerosi in città ed in particolare nella capitale. Dall’Egitto, Don Emanule ci scrive: “qui stiamo tutti bene, rispettiamo le condizioni decise dal governo, contatti con persone esterne limitati anche se non interrotti. Abbiamo cominciato la scuola online, ed è decisamente più faticoso. Questa situazione appesantisce le cose.” Dalla Terra Santa Suor Mariateresa ci fa sapere che il Covid-19 si è fatto sentire e che è impegnata ad aiutare i malati in particolare i ricoverati nell’ospedale dove svolge la sua missione pastorale. Senza dimenticare la preghiera e il fiducioso affidarsi al Signore. Nazareth 30-3-2020 Carissimi, scusate se non vi rispondo subito, ma sono molto occupata. Anche qui ci stiamo preparando per ricevere i malati di Covid-19, Il picco forse sarà questa settimana. Speriamo che il Signore abbia misericordia di noi e ci aiuti a sconfiggere al più presto questa pandemia. Preghiamo e offriamo i nostri sacrifici. Tanti saluti Sr. Mariateresa Nazareth 13-4-2020 Grazie di cuore degli auguri che ricambio con affetto. La Pasqua ci sia luce in questo tempo di prova e ci doni serenità e pace. Qui la situazione è stazionaria non abbiamo molti casi in Galilea ma a Tel-Aviv ci sono zone rosse. Speriamo che Maria ci protegga e ci aiuti ad abbandonarci nelle mani di suo Figlio. Tanti saluti e di nuovo buona Pasqua Sr. Mariateresa
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gruppo gruppo missionario missionario
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Non dimenticheremo facilmente questo periodo di “passione”. Ricorderemo i nostri Missionari con aiuti concreti, riprendendo le iniziative per sostenerli nelle loro necessita quotidiane, nei mesi a venire, appena ci sarà consentito.
Restiamo uniti a loro con la preghiera.
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Buona Pasqua dal Don Bosco Sihanoukville in Cambogia! Aprile 2020
Stiamo tutti condividendo un’esperienza che non ci saremmo mai più immaginata. Forse mai come quest’anno abbiamo vissuto la quaresima così intensamente, senza bisogno di tante raccomandazioni che abbiamo ascoltato nel passato nelle prediche. Noi salesiani abbiamo fra le altre pratiche di preghiera 3 ore di riflessione al mese che Don Bosco ha chiamato “l’esercizio della buona morte” che consiste in un’omelia, esame di coscienza e confessione, come se fosse l’ultima della nostra vita. Calcolando tutte le ore passate in questa crisi del Coronavirus non avremo più bisogno di fare questa pratica di pietà per il resto della nostra vita… già ecco il punto: sto già pensando come ricompensarmi del difficile tempo passato con ansie e preoccupazioni per me e per altri. Cosa cambierà nella nostra vita se sopravvivremo a questa pandemia? Torneremo alla nostra vita di routine come prima? O cercheremo insieme di continuare questa “coscienza di fragilità e temporaneità” di tutto in questo mondo alzando lo sguardo ad ideali più alti? Senza dubbio questa pandemia ha unito il mondo in un unico intento. Tante cose importanti sono diventate le meno importanti, le guerre insignificanti come lo sono sempre state, ma ora ancor di più perché ai due litiganti ci penserà il virus! Il nemico è diventato uno solo e, contro il virus, tutto il mondo! Purtroppo la storia ci conferma che l’uomo non impara a sufficienza dalle esperienze e dal passato.
Quando le difficoltà sono finite ritorna a “come prima, più di prima” che non si riferisce alla famosa canzone degli anni ’60. Guardano le statistiche che contano le centinaia di infetti e morti per il coronavirus, mi ha colpito come il numero di casi e decessi per altre malattie è notevolmente superiore a quello del covid19. Bastano i 21.000 bambini ed adulti che muoiono di fame ogni giorno per i quali non si è mai mobilitato tutto il mondo. L’uomo continua con le forme di parzialità che pensa essere “doverosa giustizia”. Ora che il coronavirus ha colpito anche i paesi del benessere tutti ci diamo da fare in modo “speciale”. Il mio augurio di Pasqua è per la resurrezione dei valori nei nostri cuori, affinché siamo capaci di dare la priorità ai poveri, ai piccoli, agli incapaci di farsi notare e sentire, a chi non ha il coraggio di bussare alla nostra porta. Gioisco nel sapere che medici ed infermieri/e in pensione sono tornate al lavoro volontario… molte di loro hanno dato la vita e vivranno la Pasqua in Cielo! Sono i martiri del nostro tempo! Grazie a tutti coloro che hanno i poveri sempre a tavola, in famiglia c’è sempre pronto il piatto per il povero. Il Signore risorto porti speranza, serenità e salute a tutte le persone che più stanno soffrendo in questa pandemia. Buona Pasqua!
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Fratello Roberto Panetto
Circolo Don Milani VILLA D’ALME’
Sono morte tante persone che hanno fatto comunità. Hanno buttato semi.
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Ora devono germogliare di Daniele Rocchetti
In questo tempo ancora sospeso tra emergenza, dolore, rabbia, solidarietà, cura e speranza, riportiamo qui di seguito una riflessione di Daniele Rocchetti, Presidente provinciale delle ACLI
Senza pietre non c’è arco Nel romanzo Le Città invisibili Italo Calvino immagina che Marco Polo descriva un ponte, pietra per pietra, a Kublai Khan. L’imperatore dei Tartari ad un certo punto chiede: “Qual è la pietra che sostiene il ponte?”. Il viaggiatore e mercante italiano gli risponde: “Il ponte non è sostenuto da questa o da quella pietra ma dalla linea dell’arco che essi formano”. Kublai Khan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge: “Perché mi parli delle pietre? E’ solo dell’arco che mi importa”. Marco Polo gli risponde: “Senza pietre non c’è arco”. I morti di questi giorni, le loro storie finite, i ponti che hanno costruito Il racconto di Calvino mi veniva in mente nei giorni scorsi mentre sfogliavo le tante troppe pagine de L’Eco di Bergamo con il lungo elenco di morti. Che non è mai solo una somma di numeri, ma che sono volti, nomi, storie. Molto spesso, volti, nomi e storie che hanno fatto le nostre comunità trasmettendo ed incarnando le passioni più diverse, tutte ugualmente importanti. Pietre che hanno tenuto l’arco, figure comunitarie che hanno custodito relazioni e prossimità. Bastava osservare i titoli del quotidiano bergamasco: Albino piange Mario, fino all’ultimo al servizio della sua comunità Anselmo e Mario, Albegno ha perso due colonne importanti “Ciao Dario” l’oratorio di Casnigo perde il suo pilastri Fino alla fine a servizio dei suoi pazienti. Zanica in lutto per il dottor Leone Addio don Resmini. Grande testimone di fede e carità. Lutto in diocesi Sacerdoti, fornai, pittori, medici di base, infermieri, insegnanti, volontari della protezione civile, alpini, allenatori, geologi, sindaci, animatori dell’oratorio, maestri di canto, esperti di presepi o di fiori, cooperatori, catechisti e tanti altri: in generale, tutti appassionati delle tantissime e diverse realtà che fanno la vita delle persone e rendono vivace un territorio. Un variegatissimo campionario umano che è stato, in questi anni, il corpo delle nostre comunità. Se ne sta andando, brutalmente, una generazione di donne e uomini che hanno costruito ponti, creato legami, cucito relazioni. In tempi di conclamato individualismo hanno continuamente tessuto dal basso le ragioni dello stare insieme, hanno avuto cura dell’altro e del mondo abitato e custodito il “noi” come antidoto alla solitudine di tanti e come ricetta per una vita buona e generativa. Hanno buttato semi. Ora devono germogliare La faticosa lettura del lungo elenco di profili delle persone che ci lasciano consente in questi giorni uno sguardo particolare sulla grande ricchezza del nostro territorio. Siamo ricchi di persone appassionate, nascoste, spesso silenziose eppure straordinariamente operose e attive nella costruzione del tessuto esistenziale delle comunità: un tessuto che è fatto di istituzioni, di imprese e di lavoro, di chiesa, di politica e di organizzazioni diverse e che tuttavia non può rinunciare alla miriade di piccole passioni che coinvolgono persone, le mettono in relazione, le aiutano, quasi “le obbligano” a prendersi cura del tanti aspetti del vivere insieme. Prima del tempo del coronavirus, ci descrivevano il mondo globale come luogo posto sotto il segno della disgregazione, del respingimento e dell’isolamento: in quello stesso tempo, nel silenzio generale, dentro la vita dei nostri territori, migliaia di persone dimostravano, nel quotidiano, che bastava poco per riconoscersi come una sola umanità sulla stessa terra. Donne e uomini che hanno custodito il valore della relazione e della responsabilità per il bene comune, più grande del piccolo perimetro di ciascuno. Hanno insegnato, senza la pretesa di farlo, che vivere non è sopravvivere lottando contro gli altri. Vivere è sentirsi partecipe di un destino comune, fatto di parole e di azioni che nessuno può dire e fare al posto nostro. Grazie a loro, semi di vita buona sono stati posti nelle nostre terre. Starà a noi, quando sarà primavera, farli germogliare dentro le nostre comunità. Per un nuovo inizio, tutto da costruire.
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IL Bandolo
BANDA DI VILLA D'ALMè
Anche in questo durissimo momento che vede tanti parenti, amici, compaesani colpiti dal Covid19 la nostra banda vuole essere vicina a Villa d’Almè con la certezza che torneremo presto a suonare la nostra musica per le strade e nelle piazze. Per il momento suoniamo nelle nostre case… Vorremmo condividere con tutti voi il pensiero di Irene, una nostra bandista.
La musica d'insieme si svolge, per definizione, insieme. Va da sé che questo periodo di lontananza forzata sia molto complicato da comprendere per noi musicisti della “Banda di Villa d’Almè”. Quando sono cominciate le misure restrittive nella nostra provincia, mi sono subito chiesta: “E ora come facciamo a suonare insieme? Ci dovremo fermare per forza… Beh, tanto sarà solo per un pochino. Cercheremo di avere pazienza.” Purtroppo, però, questo pochino si sta trasformando in un periodo più lungo del previsto. Stiamo vivendo attimi che a stento avremmo potuto immaginare e ci siamo dovuti reinventare nelle nostre giornate: tutti, nessun escluso. Una nuova routine, fatta di sacrificio e di rinunce, ma anche di consapevolezza e di voglia di uscirne più forti di prima. Ma non è questo il momento di fare retorica o pensieri tristi, ora è il momento in cui voglio raccontarvi di quanto la Musica sia potente. Come dicevo, da quasi un mese ormai noi bandisti non ci troviamo più in salabanda a suonare insieme, eppure io sento che in questo momento di sofferenza siamo più uniti che mai. Mai come ora nella mia testa rimbomba forte quella frase che ci piace tanto ripetere “La musica che unisce”. Siamo più uniti che mai. Sappiamo di esserci l’uno per l’altro. Abbiamo persino tentato di superare le barriere della tecnologia (e dell’ADSL), studiando per filo e per segno tutti i metodi di comunicazione a distanza possibili ed immaginabili – sì, le videochiamate ci fanno un baffo ormai! E sapete una cosa?! Se c’è questo legame potente tra di noi, il merito va tutto ai nostri strumenti, agli spartiti, a quei passaggi tecnici complicati e quei sedicesimi troppo “veloci” che a volte ci fanno dannare. Sta tutto in quel magico mondo di note, di armonie, di colori ed emozioni che solo Lei, la Musica ci regala. Siamo più uniti che mai, siamo uniti dalla Musica, dalla nostra Musica. E quando tutto questo sarà finito torneremo ad incontrarci in sala-banda e ricominceremo a suonare, probabilmente un po’ arrugginiti e, di certo, speranzosi che il nostro Maestro Danilo sia più clemente del solito, ma torneremo ad essere la Banda di Villa d’Almè! Grazie Musica, tu davvero non ci deludi mai.
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La musica che unisce
BANDA DI VILLA D'ALMè
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1565 – importazione lana 1819 – lumache velenose?
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appunti di storia nostra
1565 – importazione lana
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er la confezione di capi in lana pregiata, destinati agli arricchiti nostrani, si deve ricorrere all’importazione, in quanto quella prodotta dalla pecora bergamasca è di qualità decisamente mediocre. Occorre perciò rivolgersi all’estero, e le migliori lane in commercio sono quelle delle pecore merinos di Spagna e di Perpignan (Pirenei francesi), che producono una “lana sopraffina”. Il doge Pietro
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Loredan, con lettera ducale pergamenacea, concede a Francesco Duodo, podestà della “fedelissima” comunità di Bergamo, un ribasso sul “gravame” del dazio all’importazione di queste lane estere, perché i provincialotti bergamaschi possano permettersi il lusso di indossare capi di lana soffice, non urticante e irritante…
frammenti di storia nostra
MISCELLANEA VILLESE 1819 – lumache velenose?
N
on mangiate lumache in primavera! È quello che raccomanda una circolare dell’Imperial Regio Governo datata 8 novembre, inviata anche al nostro parroco: “… funesti accidenti di morte occorsi a parecchie persone, hanno testé comprovato che le lumache sono velenose, specialmente nella primavera in cui questo testaceo di nutre dell’atropa bella don-
na, della cicuta virosa o delle ginestre”. In tutti i Comuni va fatto conoscere questo pericolo “e in ispecie i Reverendi Signori Parrochi” devono essere zelanti per “insinuare al popolo la necessità di astenersi del predetto cibo onde evitare le conseguenze del veleno”. E ciò fa esattamente don Pietro Manzoni, nostro prevosto e vicario foraneo dal 1816 al 1843, che in giorno di festa legge e spiega dal pulpito questa circolare-avviso.
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di Luigi Rota
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gruppo AIDO
Con tanto dispiacere abbiamo deciso di ANNULLARE quella che quest’anno sarebbe stata la 7a edizione della nostra ormai collaudata camminata del 25 aprile “Sui sentér tra Ela e Bruntì”. Ci abbiamo sperato fino all’ultimo (infatti sul notiziario di marzo avevamo messo la locandina) ma purtroppo è una delle tante belle cose che per un po’ di tempo non si potranno fare… Il nostro gruppo Aido, appena rieletto e rinnovato con l’ingresso di 3 nuovi Consiglieri, aveva già iniziato il suo cammino quadriennale dopo l’assemblea elettiva del 7 febbraio. Eravamo già attivi con i preparativi per la camminata, ma viste le necessità che in questo periodo inevitabilmente sono emerse anche nel nostro paese, abbiamo lasciato le porte aperte e ci siamo resi disponibili per dare il nostro aiuto assieme alle altre Associazioni di volontariato. Il parroco ci ha chiesto di esprimere le nostre sensazioni, raccontando come stiamo vivendo questo periodo. Ecco quello che ognuno di noi ha voluto condividere. 20
■ “Surreale e angosciante per tutta la mia famiglia lo sfrecciare ininterrotto delle ambulanze sul provinciale che passa vicino a casa… una dopo l’altra… ad ogni suono di sirena immagino il carico di sofferenza che si porta dentro e la scia di dolore che si lascia dietro… Famiglie che piangono in un disperato silenzio… La tristezza non ti lascia mai… Mi dispiace anche per la mia famiglia (anche se mi rendo conto che siamo fortunati perché per fortuna stiamo tutti bene)… cerchi di rassicurare i più grandi… il piccolino mi chiede quando riapre l’asilo… lui ci andava volentieri e ha bisogno di stare insieme agli altri bambini… Spero per tutti che questo incubo finisca presto e che ritorni un po’ di serena normalità.” ■ “È proprio in questi momenti così tristi e bui che ti viene in mente tutto il bello del nostro passato: una bella famiglia, una vita tranquilla da pensionato, le belle giornate passate nell’orto, la solita corsetta della domenica… e la grande gioia del volontariato. Ma spero proprio che tutto questo dolore passi in fretta e che tutto ritorni come prima, anzi, meglio di prima! Speriamo che il nostro buon Gesù da lassù metta la sua grazia su tutte le nostre famiglie e su tutti noi. Una preghiera per noi tutti.” ■ “Quando mi hanno chiesto di scrivere due parole su questo brutto momento che stiamo vivendo, la prima che mi è venuta in mente è ‘paura’… per i miei cari… per gli amici e conoscenti… La seconda è stata ‘dolore’ … per tanta sofferenza che vedo intorno a me… per chi non ce l’ha fatta… per aver perduto persone che conoscevo da tanti anni… Poi mi sono ricordato la frase che mi disse una persona tanti anni fa: “La paura ti rende più forte, gli sbagli ti possono render migliore”… Queste poche parole mi hanno aiutato in passato e mi stanno aiutando anche ora.” ■ “Come sono cambiate le nostre vite! Stiamo passando tutti un momento di grande difficoltà, nessuno avrebbe immaginato di trovarsi in questa situazione da incubo. Si fa fatica ad accettare la perdita di una persona cara… ci siamo trovati soli nel momento in cui avremmo avuto più bisogno del conforto dei nostri familiari. Si
Il nostro gruppo Aido
Esprime le PROPRIE sensazioni di questo periodo così particolare
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scopre l'importanza delle cose più semplici quando ci vengono negate e la cosa che adesso ci manca è l'affetto e la vicinanza delle persone a noi più care. Non so se usciremo migliori o peggiori da questa brutta esperienza… credo che cambierà tutto e sarà il mondo a cambiare. Ho letto questa frase e penso sia una grande verità: “se c'è una speranza che ne usciremo migliori viene dai volontari”. Come sempre e specialmente in questa situazione i nostri cittadini hanno dimostrato un grande cuore.” ■ “Ancora non mi sembra vero e non mi capacito di tanta sofferenza e di tanto dolore… Tutti abbiamo passato momenti molto brutti per la perdita di persone care. Ho sofferto molto per una cara amica e coscritta che ci ha lasciato così, troppo in fretta, senza un ultimo saluto o un abbraccio… Speriamo che tutto finisca presto. Preghiamo il Signore perché ci stia vicino e ci aiuti.” ■ “Coronavirus, una nuova parola da aggiungere al vocabolario. Questa grave malattia la definirei ‘la lebbra del ventesimo secolo’. Questa volta ha colpito tutti, senza distinzioni: poveri e ricchi, da nord a sud, da ovest a est, come un uragano che travolge senza pietà… Ma mi inquieta anche il pensiero che non sarà così facile vedere la fine di tutto questo… la lebbra ad esempio, pur essendoci i farmaci per curarla, esiste ancora nei paesi più poveri... Confidiamo nelle capacità della scienza e della ricerca, e speriamo che questa pandemia ci aiuti a riflettere sulle sofferenze e le malattie che ancora colpiscono i popoli più poveri e deboli nel mondo intero.” ■ “Sono pensionato da 5 anni e questo periodo forzato in casa mi ha aiutato a riflettere sulla mia vita… quando lavoravo non vedevo l’ora di essere libero per coltivare i miei hobby: la caccia, la vite, l’orto, i funghi, il bar… Facendo anche volontariato, per la mia casa e la mia famiglia rimaneva poco tempo… Ora con questa pandemia e l’ isolamento forzato ho riscoperto il piacere di vivere la casa: ho imbiancato i muri, verniciato oggetti che ne avevano bisogno, ho sistemato la cantina e buttato oggetti ormai inservibili e dimenticati da tempo… Ho anche recitato qualche Ave Maria in più… ma soprattutto 21
gruppo AIDO
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ho riscoperto il piacere di una partita a carte con mia moglie, ho imparato ad apprezzare le piccole cose, la compagnia reciproca, a non dare tutto per scontato. Svegliarmi ogni giorno ed essere felice di essere sano è una fortuna, ma sento la tristezza per le tante persone che combattono con la malattia e per tutte quelle che non ce l’hanno fatta… È servito questo tempo a farmi apprezzare ancora di più questa vita. L’unica cosa che mi manca è il mio dolce nipotino, ma la tecnologia fortunatamente ci permette di vederci e sentirci ogni volta che vogliamo.” ■ “Ho tanto tempo adesso, molto più di prima…. Facevo tutto di corsa cercando di incastrare bene le cose da fare in modo da non avere tempi morti e riuscire a far tutto… “Adesso faccio tutto con calma” mi sono detta, “poco ma bene”… niente da fare, non riesco a concentrarmi…. mi perdo nei miei pensieri …. recito una preghiera… chiamo al telefono una figlia, un’amica, un ex collega, un nipote che mi dà un momento di serenità… ho bisogno di contatti… commento con mio marito le ultime notizie e cerchiamo di capire, di immaginare cosa ne sarà di noi, di tutti noi, del mondo intero così devastato… E mi chiedo perché ce ne stiamo preoccupando solo adesso… Perché non abbiamo guardato al di là della nostra soglia… o peggio, abbiamo finto di non vedere… Spero che quando avremo toccato il fondo e incominceremo a risalire la china avremo il coraggio e la forza di alzare lo sguardo, di spalancare le braccia, di aprire il nostro cuore.” ■ In questi giorni di fermo forzato, penso a quanto ero fortunato ad essere circondato dai miei cari (mamma, nipoti, figli). Sono passati 20 giorni dalla mia malattia e non ho ancora potuto vederli... mi mancano tantissimo... spero di poterli riabbracciare al più presto. Questa situazione mi fa molto riflettere… pensavo che niente mi avrebbe potuto fermare, invece un piccolissimo virus ha cambiato la mia vita... Un grosso sostegno morale in questo momento particolare, lo sto ricevendo dalla parrocchia con le celebrazioni che ascolto via radio, e per questo sono molto grato ai nostri sacerdoti. Spero che tutto questo finisca al più presto per poi tornare alla nostra vita di sempre. 22
■ “Ho tristezza, vedo solo tristezza in questa vita, solo dolore in questo momento per tutti… Ma da questo dolore e tristezza abbiamo scoperto tanti valori che prima c’erano ma non sapevamo apprezzare: condivisione familiare, la preghiera con diversi mezzi per non dimenticare Dio, e i tanti modi di essere vicini alle persone colpite dalla malattia. Ecco che cosa ci ha insegnato il Covid-19: gioia e dolore nello stesso tempo.” ■ “Tante volte si usa e si abusa con leggerezza l’aggettivo ‘inimmaginabile’ ed invece ora questa è l’unica parola che può descrivere ciò che mi batte nella testa. Da un mese mi sento come ‘sospeso nell’aria’ tra commozione pura per il coraggio e il sacrificio degli operatori della sanità e per la solidarietà che si percepisce negli incoraggiamenti reciproci in tutte le forme di relazione e comunicazione tra le persone, e tra paura e indignazione per individui ed istituzioni che antepongono i propri egoismi al bene comune. Sarebbe gioco-forza un periodo di grande disponibilità di tempo libero ma, per quanto mi riguarda, fatico a trovare spazio per attività, mentre invece rimango aggrappato compulsivamente ai notiziari e ai dibattiti in cerca di notizie rassicuranti. Da credente la speranza è preghiera, ma non per invocare di allontanare la pandemia, che ahimè dovrà fare il suo corso, bensì per chiedere che ciascuno possa fortificare e fare tesoro dei buoni sentimenti di ‘umanità’ emersi in questa crisi sanitaria, che poi ci dovranno sostenere nella inevitabile prossima crisi economica. Ma sono bergamasco ed allora ripeto agli altri ed a me stesso la semplice frase dialettale che esprime tutto: “Mola mia!”
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Per altri mondi, in altri tempi con altri modi quello che siamo stati lo resteremo ancora. Perché il ricordo non si cancella E l’amore non muore mai
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Gruppo AIDO VILLA D’ALME’ Roberta, Attilio, Giuliano, Gianfranco, Marino, Giovita, Ferruccio, Rosaria, Germano, Athos, Marino, Oliviero
Mese di Maggio
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erché proprio a Maria? È una domanda che nasce dal profondo del cuore e in particolar modo in questi giorni, o meglio queste settimane, in cui l’intera umanità sta camminando tra le tenebre di un virus che minaccia la vita di ciascuno. Tra una notizia realistica e tentativi di previsioni del mondo scientifico sembrano echeggiare le concrete parole del profeta Qoelet in cui appura che «c’è un tempo per … e un tempo per…» (Qo 3,2) e il suo coraggioso e umano giudizio: «tutto è vanità» (Qo 1,2). Purtroppo, siamo abituati a vedere grandi città navigare su immensi mari senza nemmeno pensare, anche solo per un secondo, che queste potrebbe barcollare tra le onde. Non è sicuramente questione di malaugurio ma questo ci insegna che spesso noi ci fermiamo all’apparenza delle cose: una bella crociera, e in questi tempi ne stanno costruendo davvero di incantevoli, è capace di nascondere la paura dell’oceano sottostante, la paura del navigare. Una semplice immagine, questa, per dirci che nella nostra società occidentale tendiamo ad allontanare quello che può essere il pericolo e la paura per lasciar spazio solo ed esclusivamente alla bellezza appagante delle cose: in questo la tecnologia ci aiuta giacché, nel mondo virtuale, pochissime cose restano “a lungo”, soprattutto quando si tratta di diffondere novità di carattere commerciale. Eppure, a guardarla bene, questa bellezza è povera, non ha radici e dura poco: ecco perché noi cambiamo design molto rapidamente. È questa un’esperienza normale e propriamente umana: la bellezza esteriore ci appaga per un solo momento, ma poi produce noia poiché non lascia trasparire il vero bello e buono che c’è in ogni cosa creata; infatti «Dio ha fatto bella ogni cosa […] e ha messo in tutti la nozione di eternità nel cuore » (Qo 3,11). Proprio questa misteriosa nozione di eternità, in cui la vera bellezza si con-
serva, ci chiama e ci invita a partecipare: Maria la “tutta bella”, l’Immacolata, non è un titolo da riporre nelle nicchie in una magnifica statua, ma ci invita a partecipare e a vivere della sua grazia: lei che è “la piena di grazia”. Ecco perché invochiamo Maria non come la “concorrente” di Gesù ma come colei che è, appunto, la “piena di grazia” proprio perché ha saputo nutrirsi del frutto del suo grembo da cui tutti abbiamo ricevuto «grazia su grazia» (Gv 1,16). Ebbene in questo periodo di pandemia, sono numerosi gli affidamenti, le suppliche e le preghiere che salgono proprio a Maria! Perché quando entri nelle case dei nostri anziani o degli ammalati senti risuonare le note dell’Ave Maria di Lourdes? È solo questione di una “moda” momentanea oppure c’è qualcosa che chiama coloro che vivono nella sofferenza o nella solitudine a pregare con gli occhi e le parole di Maria? Perché proprio all’altare della Madonna abbiamo portato un fiore dai nostri giardini? E poi, perché non ci si rivolge a Dio direttamente? Abbiamo forse sbagliato indirizzo? Non penso proprio: ci af-fidiamo a Maria perché aiuti la nostra fede a fidarsi di Dio.
• «Tu hai stabilito l’Immacolata Vergine Maria,
madre del tuo Figlio, come ausiliatrice e madre al popolo cristiano» (dal prefazio Maria Vergine madre e ausiliatrice del popolo cristiano); con queste semplici parole rendiamo grazie a Dio certi che è stato Dio stesso, attraverso le parole dell’angelo, a scegliere la fanciulla di Nazareth e, ella, nella sua povertà non ha temuto di prendere su di sé la maternità dell’intera umanità generata nei secoli. Per Maria questo non è una bella scelta del momento, per mostrarsi agli occhi di tutti i suoi compaesani come la prediletta “serva del Signore”, nemmeno si fa attrarre dalle inaudite parole dell’angelo dando
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“A lei ricorreranno nei secoli i fedeli come a un sicuro rifugio”
MESE DI MAGGIO
A lei ricorreranno nei secoli
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subito una risposta, ma è consapevole, nel suo silenzioso ascolto dell’annunciazione, che il suo “Sì” diventerà un impegno “per sempre”: «nei suoi figli adottivi Maria riconosce ed ama il Figlio: essi, obbedendo ai richiami della Madre, custodiscono le parole del Signore» (dal pref. Il mutuo affidamento della Vergine Maria e del discepolo).
• «Egli la dona loro come madre, essi la ricevo-
no in eredità preziosa dalle mani del Maestro» (dal pref. Il mutuo affidamento della Vergine Maria e del discepolo): queste parole che riconosco cosa buona e giusta l’affidamento degli apostoli allo sguardo di Maria oggi sono rivolte a tutti gli uomini e donne. L’essere madre per Maria non è solo un dono riservato a lei ma è un dono rivolto a tutti, anche noi cittadini del terzo millennio. La bellezza dell’essere madre non si esaurisce nel dare alla luce un figlio ma in questo atto d’amore si fa strada verso l’umanità un dono che ha avuto origine da Dio. Infatti Maria non cessa il suo ruolo dopo aver donato al mondo Gesù ma diventa un dono per gli apostoli riuniti nel cenacolo in attesa dello Spirito Santo. Gli apostoli, come noi oggi, somigliano a semplici bambini che nei momenti di dolore e di pena in cui non capiscono bene ciò che sta succedendo, tendono la mano alla propria mamma per aggrapparsi e dirle ancora una volta “Mamma!”. Trovano qui posto le parole che papa Francesco pronunciò a Tacloban, epicentro del tifone che nel 2013 ha provocato oltre seimila vittime: «Facciamo insieme un momento di silenzio, guardiamo il Signore, Lui può comprenderci perché è passato per tutte le prove. E guardiamo nostra Madre, e come il bambino che sta in basso guardiamola e con il cuore diciamole: Madre».
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• «Ed ora soccorre e consola con materno amore
quanti la invocano da questa valle di lacrime» (dal pref. La Vergine Maria consolata da Dio e nostra consolazione). Il dolore e la paura di tanti di noi si legge sui volti che si incontrano per le strade dei nostri paesi o nei servizi televisivi che cercano di narrare la nostra vita: ma negli occhi di molti si è riaccesa una luce. «Non siamo soli, abbiamo una Madre, abbiamo Gesù, nostro fratello maggiore, non siamo soli. E abbiamo anche molti fratelli che in questo momenti […] sono venuti ad aiutarci e noi ci sentiamo più fratelli perché ci siamo aiutati l'un l'altro» (dal discorso di papa Francesco a Tacloban -2015-). La vocazione di Maria si apre alla vocazione dell’intera Chiesa chiamata anch’essa ad essere madre per ogni suo figlio battezzato. «Nel mistero della tua benevolenza hai voluto che Maria, madre e socia del redentore, continuasse nella Chiesa la sua missione materna: di intercessione e di perdono, di protezione e di grazia» (dal pref. Maria madre di misericordia e dispensatrice di grazia). È proprio nella Chiesa che troviamo «saldamente ancorato l’insegnamento degli apostoli» (dal pref. Maria Vergine madre e ausiliatrice del popolo cristiano) e accompagnati dalla cura materna di Maria chiediamo di procedere «sicuri fra le tempeste del mondo, fino a raggiungere la perfetta gioia nella patria celeste» (dal pref. Maria Vergine madre e ausiliatrice del popolo cristiano).
Così, come Maria «implorò ardentemente e attese con fiducia lo spirito consolatore» (dal pref. La Vergine Maria consolata da Dio e nostra consolazione) anche noi oggi imploriamo e supplichiamo la misericordia del Padre che si estende «di generazione in generazione» (Magnificat), sicuri
i fedeli come a un sicuro rifugio N OT I Z I A R I O PA R R O C C H I A L E - U N A C O M U N I T à I N C A M M I N O - aprile 2 0 2 0
che «anche la notte del dolore si apre alla tua luce pasquale» (dal pref. Comune VIII). Nella grande provvidenza d’amore in cui «c’è un tempo per abbracciarci e un tempo per astenersi dagli abbracci» (Qo 1,5) non stanchiamoci di invocare Maria “sul mondo sconvolto”, come ci insegna un canto a noi familiare, certi che “questo grido d’angoscia e di fede”, “d’ogni figlio del trepido cuor”, trova indubbiamente ancora un posto nel suo cuore e, con amore di madre, riversa l’acqua della nostra vita nel cuore di Dio affinché possa trasformarla ancora, così come suo Figlio ha fatto a Cana di Galilea, in vino della gioia senza fine. Mattia Perico
Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.
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IL RICORDO
DON FRANCESCO PERICO
Prete, Parroco e Monsignore nella fede - ✝ 18.03.2020 - anni 91
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Ora la fede a me non serve più, a voi tutti sì… «È questa la mia consegna più preziosa per sentirci sempre in comunione» scriveva don Francesco nel suo testamento spirituale. Vorrei che siano proprio le sue parole ad aiutarci a ricostruire il volto della fede che don Francesco ha ricevuto in dono nel giorno del suo Battesimo, ha poi vissuto e testimoniato nella sua quotidianità e infine ha riconsegnato al Padre «sicuro della sua esistenza e della sua infinita misericordia».
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Quando ho letto la frase, posta ora come titolo, mi sono fermato per qualche secondo e ho provato a riflettere certo che, conoscendo lo stile dello zio don, un motivo ben preciso c’era. A leggerla così, sembra che la fede sia un semplice mezzo utile a noi uomini e donne per un periodo e poi, cessato il suo servizio, è materiale di scarto; invece in queste poche parole è velato un significato ben più profondo: la fede è come una barca che non ci serve semplicemente per traghettarci da questo mondo al Padre, ma una volta giunta al porto, può riposare «sotto le sue ali» (Salmo 91) ed essere presa come esempio perché fiera di essere giunta alla meta, alla visione beata del volto del Padre: «Signore che io possa goderti in eterno». La tua barca, carissimo zio don Francesco, ha navigato per ben 91 anni tra tante tempeste e altrettanti arcobaleni scrutati all’orizzonte, di cui 66 trascorsi come pastore d’anime, attento, instancabile, creativo e zelante delle comunità cristiane a lui affidate. Eri certo e sicuro di una cosa: su quella barca non eri solo bensì, accanto a te al timone, c’era sempre e costantemente la Sua presenza. «Ho cercato di interpretare la mia vita come è piaciuto al Signore e in questo mi sono trovato sereno e sicuro»: in un mondo contrassegnato dalla negatività, dove tutto è mascherato dal solo successo e potere personale, queste parole risuonano ancor più forti invitando tutti a guardare alla vita come un dono e non come un peso da portare e sopportare; ma certamente, come ci scrivi, «bisogna resistere!». Non si tratta di uno slogan, oggi appeso alle nostre terrazze nelle sue diverse sfaccettature, ma è un imperativo con coordinate chiare e concrete «sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza». (Romani 5,3-4). Certo, nella vita non tutto funziona in modo meccanico e automatico: per fortuna altrimenti perderemmo la meravigliosa libertà che Dio ci ha offerto! Ma, come ci istruiscono i giorni che stiamo vivendo legati alla pandemia da Covid-19, questo ci richiede perseveranza perché, per giungere alla meta, occorre dare il massimo, mettere in atto tutte le proprie capacità e tutte le forze a disposizione. Nessuno è in grado di giungere alla meta tutto d’un fiato (come ci sembra far credere e spronare la nostra frenetica società), ma occorre necessariamente fare delle soste, delle tappe in cui ristorarci per riprendere il cammino più forti di prima: «Vorrei tanto incoraggiare quanti ho lasciato a proseguire il cammino di fede, fatto di riconciliazione, di Eucarestia, di Chiesa, di carità generosa in un rapporto di amore personale e comunitario». La Riconciliazione, l’Eucarestia, la Chiesa e la Carità sono i luoghi che tu, zio, hai vissuto in prima persona e hai fatto di ciascuno la casa per ogni fratello e sorella permettendo ad essi un incontro creativo e proficuo: queste sono le soste “buone” per fermarsi e guardare l’orizzonte, senza il quale si perde l’orientamento rischiando di andare solo secondo il proprio istinto. Non solo ci suggerisci i luoghi ma anche il modo, lo stile con cui abitare l’umanità: «in un rapporto di amore personale e comunitario». Quante persone, quanti nomi, quanti volti hai incontrato nel tuo ministero pastorale e per ciascuno hai avuto uno sguardo d’amore particolare: *le frasi in corsivo sono contenute nel testamento spirituale di don Francesco
DON FRANCESCO PERICO
«Ho cercato di interpretare la mia vita come è piaciuto al Signore e in questo mi sono trovato sereno e sicuro»
in questo sei stato l’immagine del Buon pastore che chiama per nome le sue pecore e si preoccupa di ciascuna. «Solo lo stolto non cercherà Dio ma Dio cerca tutti sempre e ci chiama per nome e ci attende perché ci ama». Quando la domenica venivo a farti visita a Scanzorosciate traspariva nei tuoi occhi e, ogni tanto in qualche parola, la nostalgia di tanti volti, anche di parenti, che non vedevi da anni: ma nonostante tutto la tua bontà paterna, oggi, non esita a dire: «Vi ringrazio della vostra presenza nella mia vita e nella mia morte: è un grande regalo!» «Vorrei parlarvi ancora una volta dell’amore di Dio e lo faccio con la mia morte che accetto come è piaciuta al Signore per convincervi, se ve ne fosse bisogno di credere in Lui». La tua fede si è nutrita quotidianamente del sacramento dell’amore che ogni giorno spezzavi sull’altare per condividere con i fratelli e le sorelle: l’Eucarestia. Ma questo amore sovrabbondante non restava tra le mura della chiesa di mattoni, bensì si estendeva nella grande Chiesa che è la comunità di cristiani. Non a caso, nella tua stanza tenevi sempre con te un piccolo blocknotes, dal titolo “Persone che con amore mi fanno visita”, ove annotavi giorno per giorno le persone che incontravi e che venivano a portarti anche solo il loro sorriso: «Vi ho avuti tutti nel cuore e, ora, per sempre». Quando ci capitava di parlare delle esperienze pastorali, delle attività parrocchiali, dell’insegnamento di religione nelle
scuole o di tante altre iniziative che tu avevi vissuto durante il tuo ministero, ricordavi i tempi passati come tempi di grazia, tempi in cui la risposta della società era diversa. Poi, siccome «la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Romani 5,5), davi una lettura dell’attualità e, con tanta pazienza, sapienza, forza e coraggio cercavi di suggerire la tua umile proposta consapevole che oggi c’è una grande fatica nella comunicazione. Non solo, quello che più manca nelle relazioni umane è la correzione fraterna: così scrivi con estrema semplicità, sincerità e franchezza: «chiedo comprensione per i miei limiti che ho posto nel mio ministero». Solo così vivremo tutti nella pace dove l’altro non è il mio naturale nemico in cui cercare qualcosa che lo rende inferiore a me ma è la condizione di possibilità del mio stesso esistere nel pieno rispetto della sua libertà: «la vostra partecipazione alla S. Messa in mio suffragio, alla comunione, o almeno alla stretta di mano che vi scambierete in questa occasione sia il segno più sicuro che tutti siete in pace col Signore e con me, come io con voi e fra voi perché così ho sempre desiderato». «Anch’io ho terminato la mia corsa… ho conservato la fede quella che mi è stata donata e della quale con tanta premura e generosità sono stato educato in famiglia». In queste parole paoline unite alle tue parole testamentarie, caro zio, sembra echeggiare l’esperienza prodigiosa post-pasquale di Pietro davanti all’uomo storpio fin dalla nascita in cui l’apostolo non possiede materialmente nulla, ma l’unica cosa che ha, la fede, la ri-dona: «non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do» (Atti 3,6). Ora capiamo perché al termine della tua vita terrena, oltre all’umile richiesta «Vi chiedo di pregare per me», hai scelto ci consegnarci a tutti noi, accanto a qualche voluminoso libro che mi hai regalato e che consulterò nel tempo per attingere alla sapienza che mi ha preceduto, la cosa più preziosa che avevi: la fede. Semplicemente la accogliamo non come un quadro da appendere al muro, nemmeno come una barca da legare a riva ma vogliamo ospitarla e indossarla sulla barca della nostra vita, come nel giorno del nostro Battesimo, certi che Dio compirà ancora meraviglie perché «ha fatto bella ogni cosa» (Qo 3,11).
Totus tuus Maria
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Mattia Perico traccia un breve profilo dello "zio don"
IL RICORDO
DON FRANCESCO PERICO Prete, Parroco e Monsignore nella fede
Don Francesco: un uomo di amicizia, preghiera ed essenzialità
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Il ricordo don Lorenzo Testa sacerdote nativo di Pradalunga, professore di Teologia Morale in Seminario, collaboratore pastorale ad Almenno San Salvatore Colgo volentieri l’occasione che mi viene data di scrivere alcune righe in ricordo di don Francesco, sia per il debito di riconoscenza che ho nei suoi confronti, sia per la possibilità di rivolgergli quel saluto di commiato che non ho potuto esprimere né negli ultimi giorni della sua vita, né in occasione della sua morte. Don Francesco è morto nella solitudine, quella solitudine che tanto gli pesava e che negli ultimi anni era aggravata dalla sordità e dalle limitazioni che gli venivano imposte nella struttura in cui era ospitato. Cercava la compagnia, la bramava (!), non solo per un istintivo bisogno che come ogni anziano aveva, soprattutto in una casa di riposo, ma per esprimere un desiderio costante della sua vita. Don Francesco, infatti, ha voluto sempre costruire relazioni, sia a livello personale, sia nell’ambito della comunità. Ha avuto attenzione a tante persone: a quelle che collaboravano con la parrocchia, a quelle che si trovavano nel bisogno, ai “vicini” e anche ai “lontani” nei confronti dei quali non mancava un richiamo accorato e talvolta qualche decisa sferzata. Don Francesco era diretto, andava diritto all’essenziale, non amava giri di parole o
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simulazioni. Questa caratteristica può essere un ostacolo nel rapporto con le persone, ma alla lunga si rivela feconda, perché permette di costruire relazioni vere e durature. A riguardo della durata, sono stato testimone di come ricordasse volti e nomi di persone incontrate anche molti anni prima. Non era solo questione di memoria, ma di affetto. Bastava vedere la cura con cui appuntava nella sua agenda i nomi delle persone che lo andavano a trovare, l’aggiornamento fatto in itinere della Guida della diocesi dove scriveva con la sua bic gli spostamenti dei sacerdoti o la loro morte, i ritagli dei giornali che testimoniavano fatti significativi delle persone che aveva incontrato e amato, la fitta corrispondenza diminuita solo negli ultimi anni. Personalmente posso testimoniare la cura che ha avuto per me. Quando iniziò il suo ministero a Pradalunga nel 1979 incominciavo il mio cammino scolastico, quel cammino che è poi continuato in seminario fino a giungere all’ordinazione sacerdotale. In ogni tappa della vita di seminario ho visto la presenza discreta e insieme incoraggiante di don Francesco, e anche dopo la mia ordinazione ho potuto ancora godere della sua vicinanza, quando nelle vacanze avevo l’opportunità di fermarmi un po’ nella mia parrocchia. Penso sia un privilegio di pochi essere accompagnati dallo stesso sacerdote dai primi sacramenti dell’iniziazione cristiana fino al sacerdozio e anche oltre. Ricordo gesti molto semplici come il regalo di Santa Lucia che puntualmente veniva a portarmi in seminario, le lettere ricche di tanto affetto e di preziosi consigli, il tempo dedicato al dialogo e al confronto. Mi rimane nel cuore la cordialità con cui mi ha sempre accolto, soprattutto nelle vacanze dei primi anni di ordinazione, a partire dalla puntuale colazione preparata dalla premurosa Gina, fino al dialogo fraterno sulla comune esperienza sacerdotale, più matura e vissuta la sua, ancora alle prime armi la mia. Negli ultimi anni, a Scanzo, quando mi vedeva alla soglia della sua stanza si illuminavano i suoi occhi: mai dimenticherò l’espressione di gioia e insieme di amicizia che mi accoglievano. Lo stesso penso possano dire le diverse persone che lo andavano a trovare. Mi commuoveva la sollecitudine di alcune persone che regolarmente andavano da lui nella casa di riposo (primo fra tutti il nipote e poi alcune persone soprattutto di Locate), e rimanevo ammirato della gioia e della riconoscenza che manifestava loro. Non sono mancati momenti di sconforto e di rassegnazione: sicuramente li avrà vissuti anche nel suo
DON FRANCESCO PERICO
ministero in parrocchia, ma allora non ci si accorgeva, perché era molto schivo nel manifestare i suoi sentimenti. È solo con la sua malattia nel 1994 e poi con la conclusione del suo ministero come parroco nel 2003 che ha manifestato tratti di personalità e aspetti del suo mondo interiore che intuivamo ma che non avevamo ancora scoperto appieno. Chissà quanto avrà sofferto nel silenzio in tante occasioni, sia di fronte a decisioni difficili da prendere, sia di fronte a problematiche che si presentavano, sia per la malattia che lo aveva colpito, sia per la solitudine dell’ultima fase della sua vita. Don Francesco ha sostenuto tutto con grande dignità e fortezza. Le relazioni che don Francesco ha coltivato partivano e trovavano il loro punto di approdo nella Relazione con la r maiuscola: quella con il Signore. Don Francesco ha coltivato una preghiera costante, fiduciosa, fervorosa. Quando da seminarista durante le vacanze andavo in chiesa alla mattina per la messa, lo trovavo nei primi banchi o in sacrestia con il breviario e con il libro di meditazione: coloro che entravano in chiesa sapevano che qualcuno lì pregava e sicuramente portava nella sua preghiera la lode, le necessità, i dolori e le
Ricevuto da Papa Giovanni Paolo II
speranze dell’intera parrocchia. Don Francesco mi ha inoltre insegnato il modo di celebrare l’Eucarestia (infatti un prete impara a celebrare così come ha visto fare fin da piccolo dai sacerdoti a lui vicini): un modo sobrio e insieme appassionato, puntuale e insieme accorato; mi ha testimoniato l’importanza di essere disponibile per le confessioni e di avere cura per i malati. Tutto questo costituisce per me un tesoro e uno stimolo per il mio ministero sacerdotale. Voglio sottolineare un ultimo aspetto di don Francesco: l’essenzialità, che si traduceva nella cura per le cose fondamentali senza perdersi mai nei fronzoli. Non è facile, soprattutto in questi tempi nei quali il sacerdote è di fronte a mille richiese e a tante sfide, tirare sempre dritto verso l’essenziale: capita spesso di perdersi in molte attività e interessi (pastorali, intellettuali, ricreativi) e di cedere alla tentazione di coltivare solo ciò che dà un consenso immediato. Don Francesco ha sempre avuto la cura per ciò che costruisce la vita cristiana nella comunità, preoccupandosi di fare le cose bene ma senza zavorre inutili, nella vera semplicità dimostrata con la sobrietà della sua vita, con un linguaggio diretto ed essenziale, con una programmazione pastorale finalizzata a promuovere le cose fondamentali. Fin dal giorno della sua morte ho pregato per lui, come per ogni defunto, affidandolo alla misericordia del Padre, ma gli ho anche subito chiesto di farsi intercessore per il cammino mio e delle persone che ha incontrato. Quell’amore che ci ha donato ora diventa sicuramente preghiera presso il Padre perché Lui continui a benedirci e faccia fruttare i semi che con Francesco con generosità ha seminato nelle nostre vite.
Festa del Redentore (anno 2008)
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Festa per gli 80 anni a Locate
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IL RICORDO
DON DONATO FORLANI Parroco di Villa d'Almè dal 1997 al 2007 - ✝ 21.03.2020 - anni 88
Ricordo con molto affetto don Donato Forlani, il Parroco che ha guidato la nostra comunità per dieci anni fino al settembre 2007, per la precisione fino ad una settimana prima della mia ordinazione diaconale, ma che tornò volentieri a Villa d’Almè la settimana successiva proprio per le celebrazioni legate alla mia ordinazione, non essendo ancora arrivato il nuovo parroco don Raffaele.
Fin dal suo arrivo a Villa d’Almè, in Piazza XXV Aprile, mostrò il suo carattere gioviale, corroborato da una voce robusta e da un tono vivace. Col tempo abbiamo imparato a conoscere anche la sua grande sensibilità, la sua propensione a sentirsi ferito nelle contrarietà, preoccupato nelle difficoltà. Indubbiamente la vita da questo punto di vista non l’ha aiutato, avendo perso la mamma a 4 anni e il papà a 19. Anche per questo motivo si è legato molto alla sua Gabriella, dalla quale è stato assistito come domestica, e che poi a sua volta ha assistito quando le è venuta meno la salute. Vocazione adulta (è entrato in Seminario dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza) e di cultura vivace (fu tra i fondatori della Comunità di San Fermo), è arrivato nella nostra Parrocchia con spirito di servizio e di dialogo. Una sua caratteristica pastorale è stata quella che con un linguaggio post moderno potremmo definire degli “hashtag”. L’hashtag è un tipo di etichetta utilizzato su alcuni servizi web e social network come aggregatore tematico; la sua funzione è di rendere più facile per gli utenti trovare messaggi su un tema o contenuto specifico. Dal suo punto di vista era un invito da ripetere spesso, in modo pressante, per raccogliere l’attenzione dei fedeli. Senza dubbio il suo hashtag più famoso è stato l’invito a “masticare la Parola”, sottolineato da una pronuncia particolarmente evidenziata del verbo masticare. Quanto si è prodigato per diffondere la Parola di Dio! Lo ha fatto con molteplici inviti ma anche con piccoli dettagli. Ad esempio nella liturgia della Parola, chiedeva ai lettori di leggere anche il sottotitolo della lettura, che di per sé non sarebbe da leggere, ma sosteneva che avendo una funzione riepilogativa, il sottotitolo aiutava a comprendere meglio il significato della lettura. Sempre nella direzione della diffusione della Parola di Dio, un altro hashtag famoso è stato quello dei “100 Cenacoli del Vangelo”, che ha favorito la nascita di qualche centro. In tema col masticare c’è stato anche l’hashtag della “Pastorale della mandibola”, di cui sottolineava con ironia il successo, ma che apprezzava tanto perché gli permetteva di ripianare i debiti della Parrocchia. Nella liturgia pasquale don Donato ci ha fatto inserire il saluto “Cristo è risorto! Veramente è risorto!”, che si scambiano i cristiani orientali ogni volta che si incontrano, dal giorno della santa Pasqua fino alla Pentecoste. Un desiderio grande di don Donato, rimasto inesaudito, è stato quello di riportare a Villa d’Almè le suore, consapevole della loro importanza in una comunità. Non perdeva occasione per chiederlo ogni volta che vedeva una suora. Non è passata indenne nemmeno mia zia suora, che pure veniva dal Veneto. L’aneddoto più simpatico è stato quello del patriarca
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DON DONATO FORLANI
"MASTICarere LA parola"
della famiglia Personeni, il Cinto, che dopo l’ennesima richiesta è andato a trovarlo in sagrestia insieme alle sue due figlie religiose dicendo, che lui di suore ne aveva due, per cui se voleva gliene dava una… Anche a livello personale era attento. Una sua frase che porto nel cuore è che di fronte alle difficoltà “la questione non sta nel non pestarsi i piedi, perché quando si vive con altri è inevitabile pestarseli, la soluzione sta nella capacità di perdonarsi”. Grazie don Donato. Che il Signore ti accolga con tutto il bene che hai fatto nella nostra comunità parrocchiale. diacono Oliviero Dal Molin
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Forse una delle sue frasi più famose e usate nelle sue omelie, che in fondo celava una vera e genuina espressione della sua fede.
IL RICORDO
suor gesuina frosio al secolo Adelaide
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Nata a Villa d’Almè il 24 aprile 1923 di Giovanni e di Rodeschini Maria. Ci ha lasciato il 27 marzo 2020 - anni 96 Ricordiamo suor Gesuina con le parole di cordoglio di alcuni ex seminaristi, ora sacerdoti: “Io e i miei coscritti, specie chi ha fatto il cammino in Seminario fin da ragazzo (1979-1993), la ricordiamo per la sua generosità e bontà”. Non mancheranno per lei un ricordo e una preghiera ora che è fra le braccia del Padre Celeste.
Genitori, onesti, lavoratori, pieni di fede hanno saputo educare cristianamente i figli. La famiglia era composta da 5 figli con papà e mamma il nucleo famigliare era di 7. Era una famiglia in cui si viveva serenità e tranquillità perché avevano posto la loro fede nella provvidenza di Dio che non abbandona mai le sue creature.
Adelaide (sr Gesuina) all’età di 8 anni rimase orfana di padre. Un grande dolore per la famiglia! La mamma donna forte si adattò in tutte le situazioni anche le più umili, pur di tirare avanti la famiglia. La mamma pensando di dare una occupazione alle figlie ebbe la geniale idea di acquistare due macchine per maglieria così le figlie potessero essere occupate in casa e guadagnarsi da vivere, aveva pensato così al loro futuro. Sr Gesuina si era appassionata a questa professione e la svolgeva con entusiasmo e bravura. Questa sua tendenza l’ha esercitata per moltissimi anni anche in istituto. La sua giovinezza è trascorsa nella semplicità tra lavoro, casa, chiesa, oratorio sempre con molta giovialità, fino all’età di 23 anni. Nel 1946 lascia la famiglia per entrare nell’istituto delle suore di Maria Sorella Giuseppina Bambina che da tempo era suo desiderio, ora lo vedeva realizzato. e familiari Il 25 maggio 1947 entra in noviziato missionario sito in via San Bernardino a Bergamo. L’anno successivo indossa l’abito religioso, di seguito fa la prima professione il 25 marzo 1950. Dopo aver trascorso gli anni della formazione a Milano in casa Generalizia emette i voti Perpetui il 25 marzo 1956. Subito dopo la vestizione le vengono affidati vari servizi, che sempre lietamente accetta e svolge con generosità. Dal 1948 al 1966 è destinata all’orfanatrofio di Calepio. Qui trova un campo immenso tra le orfane dove con l’amore, l’umiltà, la sua mansuetudine si fa voler bene e conquista il cuore di tutte le ragazze così bisognose di affetto e di cure amorevoli. Sr Gesuina sempre per le sue qualità umane e spirituali: semplicità e umiltà, è molto apprezzata anche dalle comunità in cui è stata mandata. Sapeva mettere pace, creare armonia tutto supportato da uno spirito di preghiera che conserverà per tutta la vita. Per un breve periodo è mandata nella comunità della scuola Capitanio di Bergamo, addetta alla accoglienza degli alunni e di chiunque varcava quella soglia. Ben presto la troviamo nel Seminario di Clusone come guardarobiera per soli 5 anni. 32
Suor gesuina frosio
“Canterò in eterno l’amore del Signore”
Nel seminario vescovile di Bergamo invece rimarrà per ben 35 anni nei vari servizi. Tutti, seminaristi, sacerdoti, personale laico sono ammirati per la sua generosa dedizione, disponibilità e prontezza a soddisfare le varie richieste che le venivano mosse. Alla veneranda età vicina ai 90 anni ritorna alla casa di San Bernardino, non per meritato riposo, ma collabora nei vari servizi, ma ben presto gli acciacchi fanno sentire il loro peso e accetta di passare in infermeria. Non è un tempo di riposo, ma un’ulteriore missione da compiere: “prega e offre”. Certamente qui inizia una nuova tappa della sua vita. Non si è rammaricata per l’inattività, in questo tratto di strada forse il più difficile da vivere, perché ti viene chiesto l’abbandono totale di sé. Silenzio, nascondimento, sottomissione, i pruni della malattia con le sue invalidazioni, ti costringe alla totale dipendenza anche per le più piccole prestazioni, eppure sr Gesuina è sempre stata generosa, umile, piena di riconoscenza, di gratitudine, in cambio prometteva preghiere e regalava ampi sorrisi. Confidenzialmente le si diceva “sr Gesuina ci aspetta il Paradiso” rispondeva: “Sì, è ora!” detto con la consapevolezza di chi veramente lo attende. Lei veramente viveva continuamente nella comunione col Signore. Il 27 marzo sera, sr Gesuina ci ha lasciato, con uno sguardo dolcissimo, con il sorriso sulla bocca, ci ha salutato. Sr Gesuina non aveva cultura teologica, né filosofica, ma possedeva la saggezza e la sapienza dei Santi. Aveva incarnato di Santa Bartolomea la dolcezza, la carità per il prossimo a maggior gloria di Dio. Di santa Vincenza Gerosa l’umiltà, la semplicità e l’amore al Crocifisso, ma soprattutto la sua devozione alla Madonna Bambina aveva fatto di lei un esempio della piccolezza evangelica. In queste parole sta la grandezza di Sr Gesuina, un vero prodigio della Grazia Divina. Ce la immaginiamo ora immersa nella gloria di Dio a cantare in eterno la Sua Misericordia. Ora la affidiamo al Signore, la pienezza della sua gioia, nella certezza che intercederà per tutti. Grazie Suor Gesuina!
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Da tutti ricordata come una persona generosa e buona.
IL RICORDO
don Fausto Resmini Il prete degli ultimi
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Se n'è andato nel silenzio e nella solitudine della notte, proprio come molti uomini vissuti in strada di cui lui si è preso cura nel suo ministero, il 22 marzo 2020 all'età di 67 anni. Ha seminato la sua vita in modo abbondante nelle vite di tanti fragili e sfigurati. Ora preghiamo Dio perché lo accolga nel suo Regno. Sarà accolto dai Santi, da don Bepo e dagli ultimi della terra che lui ha amato e servito, li potrà trovare pace e gioia eterna.”
A scriverlo sui social all’alba del 23 marzo è stata la Comunità don Milani di Sorisole che aveva fondato per accogliere gli ultimi, per il recupero di minori “difficili”, che è diventata punto di riferimento nel nord Italia. Con il suo camper del Servizio Esodo per anni ha dato un pasto caldo in stazione nella notte a chi era ai margini, agli invisibili della città. Era nato a Lurano, ma poi era cresciuto e si era formato al Patronato San Vincenzo sotto l’ala di don Bepo Vavassori, ereditandone lo spirito di accoglienza e di attenzione verso i più deboli. Dal 1992 era anche Cappellano del carcere e, dal 2012, delegato regionale della pastorale carceraria. Ha sempre dialogato con le istituzioni del territorio cercando di dare un volto e una dignità a chi era relegato ai margini della società. A ricordarlo con commozione per il nostro bollettino è don Renato Villa, parroco di Roncobello. “Don Fausto era un mio compagno di ordinazione e un fratello carissimo anche se ci vedevamo di rado per i suoi innumerevoli impegni. Ho avuto modo di conoscerlo un po’ più da vicino soprattutto nel periodo del mio ritorno dalla Toscana quando più volte sono stato ospite nella sua Comunità. Diventato parroco, tante volte avrei desiderato invitarlo, ma l’ho fatto raramente solo all’inizio per non metterlo a disagio nel dovermi dire che non poteva perché per lui era una sofferenza dire di “no” a qualcuno. In questi giorni, mentre ripenso alla sua vita e alla sua morte, avvenuta nel totale silenzio e perfino lontano dalla Comunità religiosa e civile che ha illuminato e arricchito con le sue intuizioni profetiche, mi rendo sempre più conto della sua grandezza. Una grandezza che però non lo innalzava sugli altri, ma che innalzava chi era molto più piccolo di lui, compreso il sottoscritto, cogliendone le caratteristiche peculiari e sapendole valorizzare. Per me è stato un carismatico e un profeta dei nostri tempi, la versione moderna di don Bepo, alla cui scuola è cresciuto, e di don Milani. Di lui posso dire quello che il card. Silvano Piovanelli, vescovo di Firenze, mi diceva di don Lorenzo Milani, suo compagno di ordinazione: “La sua presenza ha elevato il livello di noi, suoi compagni”. Don Fausto era capace di cogliere il, magari piccolo, barlume di luce che anche l’essere umano più depravato conserva nel più profondo del suo intimo e da lì iniziare un cammino di umanizzazione. Per lui non c’era distinzione di razza, di religione, di cultura; nel suo cuore e nella sua Comunità c’era posto per tutti
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Don fausto resmini
Addio prete degli ultimi "...morto lontano dalla Comunità religiosa e civile che ha illuminato e arricchito con le sue intuizioni profetiche, mi rendo sempre più conto della sua grandezza."
17 giugno 1978 Ordinazione sacerdotale con il Vescovo di Bergamo Giulio Oggioni Insieme a don Fausto Resmini sono ordinati sacerdoti il nostro Parroco don Raffaele e padre Ernesto Viscardi
don Renato Villa
anche per chi non era accolto da altri perché considerato irricuperabile; per lui c’erano solo figli bisognosi di essere amati: era una testimonianza vivente del Padre Misericordioso della parabola. A questo proposito vorrei ricordare un episodio di cui sono stato testimone oculare. Nella comunità c’era un giovane tossicodipendente, che aveva fatto conoscere anche a me. Un giorno, come era già capitato altre volte, se n’era andato. Qualche giorno dopo è tornato, malmesso in tutti i sensi, a prendere la sua roba e, forse anche perché sotto l’effetto della droga, a insultare in modo pesante colui che gli faceva da padre. Don Fausto, senza battere ciglio, col suo timbro di voce pacato disse ai ragazzi che lo attorniavano: “Dategli la sua roba e da mangiare e lasciatelo andare”. Un po’ di giorni dopo, passando a Sorisole, l’ho rivisto in Comunità, accolto, ancora una volta, da chi non perdeva mai la fiducia in nessuno. Per me, anche se non ci sono persone e preti di serie A e di serie B, don Fausto è uno degli uomini di cui, sia nella Chiesa che nella Comunità civile, col tempo si scoprirà sempre più la grandezza profetica”.
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DEFUNTI GENNAIO - Aprile 2020
DEFUNTI
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1. Bonesi Maria ved. Falgari, di anni 79 15/01/2020 Angeladiinanni Farina 2. Gotti Angela Ghilardi ved. Maffioletti, 97 19/01/2020 ✟ il 25.01.2020 - anni 75 3. Taschini Caterina, di anni 92 21/01/2020 Scrivere ciò che si vuol dire non è facile… la mano trema, si blocca, le lacrime 4. Perico Pierina ved. Turani, di anni 86 25/01/2020 riempiono gli occhi… il cuore si chiude. Sei stata una brava moglie, sempre pronta 5. Ghilardi Angela (Lina) in Farina, di anni a preoccuparsi e condividere ogni75 momento bello e meno bello a fianco25/01/2020 di tuo 6. Rota Daniele,marito. di anni 77 29/01/2020 7. Taschini Giuseppina, di anni 84 premurosa, attenta, amorevole, sempre pronta 12/02/2020 Sei stata una mamma a dare consigli, senza importi, ma non la volontà di aiutare a far capire il giusto e lo 8. Capelli Antonio, di anni 80 17/02.2020 sbagliato. 9. Barcella Teresa ved. Giuliani, di anni 93 01/03/2020 Sei stata una nonna adorabile, che viveva nel veder crescere i tuoi adorati nipoti, 10. Piccoli Maria ved. Gherardi, di anni 89 02/03/2020 fra coccole, abbracci, pensieri e a volte sgridate, ma con il sorriso. 11. Locatelli Renato, di anni 77 05/03/2020 Adoravi il mare, ti sentivi rinascere quando arrivava il momento di partire: il 12. Ceruti Vittorio, di anni 91 05/03/2020 profumo del mare, il sole, la semplicità di una passeggiata in riva al mare la 13. Mostosi Piergiorgio, anni 74 le vongole e per prodigarti a preparare un sugo05/03/2020 mattina perdiraccogliere fresco per la tua famiglia… 14. Albani Rocchetti Giuseppe, di anni 73 08/03/2020 15. Rota Orazio,Tidipiaceva anni 83 08/03/2020 la compagnia degli amici. Ti piacevano le cose semplici, perché tu eri semplice, solare, sempre con la battuta pronta, accompagnata dal tuo sorriso: la 16. Scotti Giovanni, di anni 85 10/03/2020 tua risata era contagiosa, perché riuscivi sempre a strappare un sorriso anche se 17. Piazzalunga Giuseppe, di anni 64 12/03/2020 non se ne aveva voglia. 18. Cattaneo Bruno, di anni 78 12/03/2020 Quanti ricordi invadono la nostra mente! Oggi siamo qui a dire che il tuo percorso 19. Cortinovis Ernesto, dieanni 71 13/03/2020 è cambiato noi dobbiamo lasciarti andare. Ma tu sarai nei nostri pensieri ogni 20. Pellegrinelli momento, Eugenio,perché di anni 69 13/03/2020 nel pensiero c’è l’amore. Ti ricorderemo perché nel ricordo c’è la vita. Vivremo come E quando ci 21. Parietti Concetta, di anni 95 ci hai insegnato tu, perché nella vita tu sei con noi.15/03/2020 sentiremo tristi e soli, ci basterà alzare gli occhi e noi ti vedremo con il tuo sorriso 22. Capelli Palma Maria ved. Pozzi, di anni 89 16/03/2020 pronto a rassicurarci. Noi tutti vogliamo ringraziare le persone che le hanno voluto 23. Gotti Maria Teresa, 73 voluto ringraziare e salutare con il suo sorriso suo 16/03/2020 bene, madi lei anni avrebbe fratello e le sue sorelle, che in questo periodo sostenendo la 24. Sarchese Rosetta in Tironi, di anni 63 non hanno mancato di starle vicino, 16/03/2020 nostra famiglia. 25. Rota Giovanni (Pio), di anni 95 17/03/2020 Buon viaggio! 26. Perico Mons. Francesco, di anni 91 18/03/2020 27. Ottolino Mariateresa ved. Gotti, di anni 78 19/03/2020 Bertazza 28. Gasparini Eugenio, di Lino anni 80 19/03/2020 ✟ il 27.01.2020 anni 69 29. Rebecchi Manuel, di anni 47 19/03/2020 La Giovanna tua morte inattesa e rapida un grande vuoto un 30. Codazzi Maria (Giannina) ved.lascia Cordoni, di anni 86 in noi ma, 19/03/2020 ricordo di te. 31. Milesi Pietro,bellissimo di anni 87 19/03/2020 32. Salvi Santina ved. Rota, diTua annimoglie 83 Carmen, tuo figlio Matteo con Laura, 20/03/2020 i tuoi adorati nipotini Francesca e Nicola, tua sorella Tina 33. Salvi Vittorio, di anni 89 21/03/2020 34. Capelli Giacomina (Mimma), di anni 82 21/03/2020 35. Frigeni Maria Giovanna ved. Musitelli, di anni 81 21/03/2020 36
36. Zambelli Angela ved. Mocchi, di anni 95 37. Peroni Rosella ved. Albani Rocchetti, di anni 72 38. Preda Alberto, di anni 81 39. Nigro Giuseppina (Pina) ved. Maulà, di anni 92 40. Gervasoni Anna ved. D’Ambruoso, di anni 90 41. Pellizzoni Enrica ved. Beneggi, di anni 84 42. Mastrapasqua Laura in Belotti, di anni 69 43. Minotti Severino, di anni 89 44. Giuliani Maria ved. Baroni, di anni 92 45. Orlandini Giancarlo, di anni 83 46. Frosio Suor Gesuina (Adelaide), di anni 96 47. Rota Giuseppina ved. Scalvini, di anni 81 48. Scuderi Vito, di anni 75 49. Tironi Pietro, di anni 84 50. Molinari Giuseppe, di anni 93 51. Rodolfi Antonietta ved. Tironi, anni 88 52. Mazzola Carlo, di anni 94 53. Cefis Annamaria, di anni 97 54. Capelli Angelo, di anni 76 55. Capelli Cherubino, di anni 80 56. Biffi Maria in Quadri, di anni 77
21/03/2020 23/03/2020 23/03/2020 24/03/2020 25/03/2020 25/03/2020 25/03/2020 26/03/2020 27/03/2020 27/03/2020 27/03/2020 27/03/2020 28/03/2020 29/03/2020 31/03/2020 04/04/2020 07/04/2020 13/04/2020 15/04/2020 22/04/2020 24/04/2020
Lasagna Carla, di anni 87 Don Donato Forlani, di anni 88 Facchinetti Iside in Pellegrinelli, di anni 65 Consonni Giulio, di anni 72
19/03/2020 21/03/2020 31/03/2020 31/03/2020
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In questi primi tre mesi dell'anno il numero dei nostri cari defunti è stato elevatissimo, ciò è dovuto in parte (per i mesi di marzo e aprile) alla pandemia del Coronavirus che ha colpito anche la nostra comunità.
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DEFUNTI
IL RICORDO DEI LORO CARI Rota Orazio ✟ l' 8.03.2020 - anni 83
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Caro papà, te ne sei andato velocemente e in silenzio. Non abbiamo potuto darti un abbraccio, confortati, stringerti la mano. Ricordiamo il tuo sguardo spaurito e sofferente mentre di portavano via senza un tuo caro accanto e senza più poterci vedere. Eri una persona semplice, come la tua vita, di poche parole ma disponibile con tutti. Ci rendiamo conto adesso di quante cose facevi ancora, della tua forza, nonostante le tue fragilità. Ti vogliamo ricordare come in questa foto, con il sorriso bonario che ti caratterizzava. Ora proteggici dal cielo. La tua famiglia
Piazzalunga Giuseppe ✟ il 12.03.2020 - anni 64 La tua morte inattesa e rapida lascia un grande vuoto in noi, ma un bellissimo ricordo di te. Sicuramente dal nostro cuore non te ne andrai mai!
Cristina, Juri, Marialuisa, Manuel e Lucia
Ringraziamo chi ci è stato vicino.
Pellegrinelli Eugenio ✟ il 13.03.2020 - anni 69 Ciao Genio, ti ringrazio per i giorni felici e per quelli difficili che abbiamo superato sempre nell’amore fraterno. Ora che sei nella Luce e nella Pace eterna, proteggi tutti i tuoi cari.
Tua sorella e familiari
Capelli Palma Maria ved. Pozzi ✟ il 16.03.2020 - anni 89 Cara mamma, il signore ti ha accolto in cielo. Ci hai tanto amato sulla terra e siamo certi che con papà veglierai su tutti noi figli e famiglie.
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Cara Maria Teresa adesso vivi nel Regno dei Cieli: che il Signore possa concederti sollievo e donarti la serenità che meriti. Riposa in pace.
I tuoi cari
Rota Giovanni (Pio) ✟ il 17.03.2020 - anni 95 "Le sofferenze della vita non ti hanno mai abbattuto; il tuo sorriso e la tua bontà d'animo hanno fatto in modo che tutti ti volessero bene. Ti interessavi sempre dei nipoti e pronipoti...volevi essere aggiornato ed eri sempre il primo a ricordarti dei compleanni. Amavi prenderti cura del tuo giardino e dell'orto nonostante i dolori dell'età. Negli ultimi tempi parlavi della morte con serenità e saggezza quasi a dirci che tu eri pronto...Il tuo distacco invece ha colto impreparati tutti noi. Ora proteggici da lassù e quando ci sentiremo tristi e smarriti ci basterà alzare gli occhi e ti vedremo con il tuo sorriso pronto a rassicurarci. I tuoi familiari
Milesi Pietro ✟ il 19.03.2020 - anni 87 Caro Papà, nel nostro impossibile ti siamo stati vicini negli ultimi giorni della malattia. Quante volte dicevi: ah, non arrivo a Pasqua! Ah, non arrivo a Natale! Ignoravamo quel giorno, ma purtroppo in breve tempo ci hai lasciati. Uscendo di casa speravi tanto di ritornare tra noi, ma un destino crudele, che nemmeno un abbraccio ci ha concesso, ti ha portato via per sempre. Ricordando i tuoi ripetuti consigli di amore e sacrifici, solo ora capiremo quanto erano preziosi e quanto ci hai amato. Continua a proteggerci da lassù. Un abbraccio. I tuoi cari
Gasparini Eugenio ✟ il 19.03.2020 - anni 80 “Certa è questa parola: se moriamo con Lui, vivremo anche con Lui” La famiglia annuncia la morte del nostro fratello Eugenio. Lo affidiamo all’infinita misericordia del Padre celeste.
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Gotti Maria Teresa ✟ il 16.03.2020 - anni 73
DEFUNTI
IL RICORDO DEI LORO CARI Lasagna Carla ✟ il 19.03.2020 - anni 87
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Nata a Gonzaga nel 1932, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, la famiglia si trasferisce a Villa d'Alme e lei lavora nella salumeria di famiglia sita in centro a Via Mazzini, di fronte al fruttivendolo Gotti, alla sinistra dell'attuale pizzeria d'asporto “d’Almè” con la mamma (mia nonna) e il fratello Carlo (mio padre). A 32 anni si sposa a S. Tomè con Cesare Lasagna (anche lui Lasagna), si trasferiscono a Milano in via Venini perché lo zio gestisce tre importanti cinema milanesi e nascono due figli Cristina del 1965 e Corrado del 1966. Nascono anche due nipoti dal matrimonio di Cristina con Fabio, Micol (1992) e Mattia (2001). Muore a Milano il 19 marzo 2020 in una casa di riposo dove da alcuni anni viveva dopo la morte del caro marito Cesare. Matteo Lasagna
Ottolino Mariateresa ved. Gotti ✟ il 19.03.2020 - anni 78 La tua morte inattesa e rapida lascia un grande vuoto in noi, ma un bellissimo ricordo Ciao nonna, per sentirti più vicina ho scritto queste parole. Non è stato facile scriverti perché il dolore prendeva sempre il sopravvento. Ma c'è l'ho fatta. Ho preso coraggio, ho pensato a quanto mi mancherai e al vuoto che hai lasciato. Mi mancherà anche semplicemente una tua chiamata per chiedermi "Ari non so cosa ho fatto con il telefono, me lo sistemi?". Mi mancherà quando a noi nipotini ci facevi la Santa Lucia, casualmente la porta della stanza dei regali era sempre chiusa e ci tiravi matti per cercare la chiave. Mi porterò con me tanti bellissimi ricordi. Ho anche pensato a quanto sei stata forte nel periodo di malattia ed a quanto, nonostante non stavi bene, hai cercato di farci capire quanto ci amavi. Volevo dirti che quando mi hai salutato per l'ultima volta, non riuscivi a parlare, ma hai fatto di tutto per farmi arrivare, quel semplice "ciao", al mio cuore. Inoltre adesso nonna ti capisco quando mi dicevi che ti mancava il nonno. Ho sempre dato un peso a quello che dicevi ma mai come ora riesco a capire quello che provavi. Pensavo fosse più semplice superare una volta cresciuta la perdita del proprio caro. Non lo è. Ma c'è la farò nonna, te lo prometto, c'è la farò perché so che lassù ora ho i due miei angeli custodi. Uniti nel vostro amore proteggerete tutti noi. Ci manchi tanto. La tua famiglia
Capelli Giacomina (Mimma) ✟ il 20.03.2020 - anni 82 “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai” È mancata all’affetto della sua famiglia la nostra cara sorella Giacomina. Accoglila nel tuo amore, o Signore, perché in Te ha sempre sperato e creduto.
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“Quando una mamma muore lascia i figli orfani. Ma la mamma non muore mai: in Dio continuerà a prendersi cura della sua famiglia. Signore Gesù grazie per il dono della mamma!” Cara mamma, ti porteremo sempre nel nostro cuore, ricordando la tua dolcezza, la tua semplicità, la tua generosità e il grande amore che avevi per ognuno di noi. Non ti si poteva nascondere nulla: tu ci capivi subito! Anche se negli ultimi anni trascorrevi le tue giornate a casa, non hai mai smesso di informarti su quello che succedeva in paese e ci raccomandavi di salutarti le persone che conoscevi; in questo abbiamo sempre letto il tuo forte desiderio di continuare a sentirti parte viva della Comunità. Ora ti salutiamo come avresti fatto tu: con un abbraccio e con le mani sulle labbra che mandano un bacio. Tienici per mano, mentre sei nell’abbraccio eterno del Signore. Ti vogliamo un mondo di bene. I tuoi figli
Salvi Vittorio ✟ il 21.03.2020 - anni 89 Caro papà, il 21 marzo, primo giorno di primavera, ci hai lasciato, sconfitto anche tu da questo terribile virus. Hai affrontato la malattia con grande dignità, senza mai lamentarti, anche alla fine, quando ti mancava il respiro. Sulle tue labbra c'era sempre la parola grazie, per noi, ma sopratutto per la mamma che ti è stata sempre vicina con tanto amore. Ci mancano già i tuoi sguardi, i tuoi sorrisi e le tue forti strette di mano quando ci salutavi. Quello che più ci ha fatto soffrire è che nei tuoi ultimi giorni di vita eravamo tutti attorno a te ma non potevamo abbracciarti come avremmo voluto, ti parlavamo attraverso le mascherine e tu ci guardavi senza capire. Non ti abbiamo potuto fare il funerale in Chiesa con parenti e amici come avresti voluto e nemmeno accompagnarti tutti insieme al cimitero. Ci consola saperti in un mondo migliore dove non c'è dolore né tristezza e da dovecontinuerai a starci vicino con quell'amore silenzioso e discreto che sempre hai avuto per noi. Ciao papà, sarai sempre nei nostri cuori. La tua famiglia
Nigro Giuseppa ved. Maulà ✟ il 24.03.2020 - anni 92 Con semplicità, e sempre con il sorriso negli occhi, hai accompagnato nella crescita i tuoi figli e nipoti. Grazie per tutto quello che ci hai insegnato e trasmesso. Ti vogliamo bene.
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Salvi Santina ved. Rota ✟ il 20.03.2020 - anni 83
DEFUNTI
IL RICORDO DEI LORO CARI Minotti Severino ✟ il 26.03.2020 - anni 89
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È sempre difficile trovare le parole per ricordare chi per tutta la vita con il suo modo di essere, di fare e di agire ci ha visto nascere, crescere, gioire, soffrire. Sembra tutto dato per scontato questo ciclo della vita, ma è la qualità con la quale ci viene trasmesso che rendono il padre e la madre gli artefici primari. Grazie papà per averci insegnato a seguire il tuo modo di vivere, di credere e di amare con umiltà e discrezione.
Rota Giuseppina ved. Scalvini ✟ il 27.03.2020 - anni 81 “Vi amerò dal cielo come vi ho amato sulla terra” Il Signore accolga nella sua misericordia la nostra sorella Giuseppina che per tanti anni ha abitato fra noi, in località Ghiaie.
Tironi Pietro ✟ il 29.03.2020 - anni 84 Ci mancherai tanto, ci mancherà il bene che ci hai voluto in 60 anni di vita insieme. Ci mancheranno tanto i racconti e ricordi della tua gioventù. Da lassù proteggi e prega per noi che siamo rimasti a piangere la tua assenza.
La tua famiglia
Capelli Angelo ✟ il 15.04:2020 - anni 76 A tutti noi mancherá il tuo sorriso e la tua gioia di vivere, ma sappiamo che da lassù continuerai a vegliare su di noi.
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La tua famiglia
Nonno Carlo, hai trascorso tutta la tua quotidianità nella semplicità e nell’ordinarietà. Tra gioie e sofferenze, tra soddisfazioni e incomprensioni, hai camminato per 94 anni di cui 61 trascorsi nella fedeltà matrimoniale con la tua carissima Elda. In questo cammino non ti sei mai dimenticato di Gesù: ogni domenica partecipavi alla S. Messa e, da quando hai dovuto assistere la nonna, l’appuntamento rimaneva fisso grazie alla televisione. Negli ultimi mesi, mentre le forze venivano meno, la Domenica aspettavi che ti venisse portata l’Eucarestia e il nostro grazie culminava sempre con la benedizione del Papa. Questa fede non l’hai mai esaltata ma l’hai vissuta nell’umiltà silenziosa di un uomo convinto che veramente Dio guarda «all’umiltà» (Magnificat) di ogni suo servo: «sull’amore saremo giudicati» (S. Giovanni della Croce). Quando la mattina, da buon pensionato, ti recavi nel tuo orto non avevi la pretesa di raccogliere ma, senza fretta, ti accuravi che tutte le cose fossero apposto e, a chi ti chiedeva quando raccoglievi i frutti, tu rispondevi con franchezza: “calma!”. In questa testimonianza di vita è germogliata la tua fede: l’umiltà, frutto delle opere compiute con amore, fa crescere la nostra fede, senza pretesa, nella pazienza e nell’attesa. Dall’assemblea degli angeli e dei santi, a cui noi guardiamo come esempi di vita ed eleviamo il nostro quotidiano canto di ringraziamento, continua a «pregare per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte». La tua famiglia
Rota Luisa ved. Lussana ✟ il 22.05.2019 - anni 59 Ciao nonna, è già passato un anno ma io .... Ti penso sempre, sai? Anche quando non sembra, anche quando fa male. Mi manchi tanto. Mi manchi sempre. Avrei tante cose da dirti, tanti segreti da raccontarti, tanti consigli da chiederti, tante persone da farti conoscere. Ti porto sempre qui, nel mio cuore. Non ci sei più eppure sei sempre con me. Sei distante ma sempre presente. Ci sono mancanze che non passeranno mai e ricordi che ci apparterranno per sempre. Alzo gli occhi al cielo e mi fermo a cercare la tua stella. Ovunque tu sia so che il tuo abbraccio mi arriverà anche da là. Tua nipote Sofia
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Mazzola Carlo ✟ il 7.04.2020 - anni 94
DEFUNTI
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ANNIVERSARI
Giuliani Anna in Scotti 19.03.2016
Grenci Salvatore 11.04.2003
Giuliani Faustino 06.04.2006
Fois Alessandro 14.03.1995
Fois Valentino 28.03.2008
Premoli Imerio 03.05.1985
Vavassori Mario 04.04.2013
Sonzogni Maria 28.03.2019
Fois Antonello 10.03.2017
Pellegrinelli GIancarlo 18.03.2014
Sacerdoti e Religiose
Mons. Giuseppe Capelli 9 maggio 2003
Redaelli suor Dionigia 11 maggio 2012
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Don Battista Personeni 15 maggio 2005
Mondini suor Maurilla 18 maggio 1998
Fratel Antonio Testori 22 maggio 2005
Ceruti suor Vittoria 24 maggio 2012
Donghi suor Clemenza 8 maggio 1943
Mariani suor Regina 31 maggio 1951
Locatelli suor Giuseppina 29 maggio 1969
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“Nostro figlio è malato ma i medici non capiscono cos’ha: aiutateci”
Questo è il grido d’aiuto di Jula e Manuel Capelli, due genitori di Villa d’Almè, preoccupati per le condizioni di salute di loro figlio Libero, di 13 anni di Paolo Ghisleni da Bergamonews del 26 Aprile 2020
Mamma Jula spiega: “Tutto è iniziato a ottobre, quando nostro figlio Libero ha cominciato ad avere una febbre persistente. Per dieci giorni è stato ricoverato all’ospedale di Alzano Lombardo, poi è stato spostato all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo dove è rimasto per tre mesi. Ha effettuato numerosi esami, dalla PET alle analisi del midollo perchè si ipotizzava che potesse avere una forma di leucemia, ma non si è riusciti a capire quale patologia avesse. In modo particolare la febbre non passava e i parametri degli esami del sangue rimanevano sballati, così i medici hanno pensato di ricorrere a una terapia di cortisone alla cieca. Prima di procedere, però, avrebbero voluto confrontarsi con un ospedale specializzato in casi come questo e ci hanno indirizzato al Gaslini di Genova. A fine gennaio, così, a bordo dell’ambulanza ci siamo trasferiti nell’ospedale ligure. Dopo 11 giorni Libero sembrava stare meglio: aveva avuto un piccolo miglioramento, i parametri delle analisi del sangue risultavano ancora fuori misura ma la febbre pareva essere andata via e il 10 febbraio è stato dimesso”. 46
Dopo una settimana, però, la febbre è tornata. “Abbiamo richiamato il Gaslini – continua Jula – e il 18 febbraio è stato nuovamente ricoverato. Fino a quel momento io e mio marito andavamo avanti e indietro da Villa d’Almè a Genova: non era stata ancora istituita la zona rossa e ci davamo il cambio. Io ho preso un periodo di aspettativa non retribuita dal lavoro e rimanevo con Libero la notte e la mattina mentre Manuel, che ha continuato a lavorare, subentrava nel pomeriggio in modo che potessi stare con l’altro nostro figlio Egidio, di 10 anni. La gestione di tutto era complicata e lo è diventata ancor di più quando hanno chiuso le scuole, il 22 febbraio, così abbiamo preso in affitto un appartamento a 700 metri dall’ospedale per essere più comodi e stare tutti insieme”. Papà Manuel li ha raggiunti a Genova qualche giorno dopo. “Era il 25 febbraio e quando sono arrivato in ospedale ho chiesto alla portineria se prima di andare in reparto avessi dovuto usare particolari precauzioni o sottopormi a qualche controllo considerando ciò che stava accadendo a Bergamo. Erano le 7.30 e mi hanno chiesto di tornare alle 10.30 perchè avrebbero domandato alla task force che si era creata all’interno della struttura. Così ho fatto e quando sono tornato mi hanno informato che non c’erano particolari restrizioni per chi venisse da Bergamo ma alcune regole da seguire che venivano decise dal reparto stesso. Sono salito e mi hanno indicato di indossare la mascherina e provare la febbre due volte al giorno e riferire quali fossero i valori, poi avrei potuto raggiungere mio figlio, e ho seguito con attenzione le istruzioni perchè non avrei mai voluto rischiare di infettarlo. Il giorno seguente la caposala mi ha fatto capire che l’indicazione di rimanere lì oppure no nel mio caso non era un ordine ma la mia coscienza avrebbe dovuto suggerirmi di non presentarmi. Usando ogni precauzione, però, è importante stare assieme, per assi-
“Il giorno dopo – prosegue mamma Jula – Libero è stato dimesso e siamo rimasti a Genova perchè se la febbre fosse tornata saremmo stati vicini all’ospedale. Dopo quattro giorni, ha ripreso a salire e c’è stato un nuovo ricovero. Nel frattempo, il proprietario dell’appartamento dove alloggiavamo ha contattato mio marito per riferirgli che la vicina di casa gli aveva chiesto come si fosse permesso di affittarlo a persone di Bergamo, lui le ha risposto che eravamo lì da un po’ di tempo, le ha spiegato che nostro figlio era ricoverato al Gaslini e che eravamo sotto controllo. Lei aveva paura che portassimo in città il virus come le persone che sono scappate nelle seconde case ma non era il nostro caso. E sin dall’inizio siamo sempre stati molto attenti: andavamo a fare la spesa con guanti e mascherina mentre gli altri abitanti ancora non li indossavano. Anche noi, come la famiglia che ha dichiarato di essere stati trattati come untori perchè venivano da Bergamo (e poi ha fatto seguito la solidarietà della Regione Liguria), abbiamo avuto atteggiamenti ostili nei nostri confronti perchè siamo bergamaschi”. Intanto Libero ha eseguito diversi esami. Jula racconta: “Ha svolto molti accertamenti ma non si è riusciti a capire quale patologia abbia: come ci avevano prospettato i medici dell’ospedale di Bergamo l’unica opzione sarebbe stata una cura di cortisone alla cieca. L’ha cominciata e dopo 3-4 giorni non aveva più la febbre, gli esami del sangue erano migliorati, è stato dimesso e siamo tornati a Bergamo. Stava meglio, ma domenica scorsa (19 aprile) la temperatura è tornata ad alzarsi: il pediatra ha ipotizzato che potesse dipendere dal fatto che domenica pomeriggio era stato un po’ in giardino ed era debilitato, ma nei giorni scorsi la febbre è continuata e gli esami del sangue non sono andati bene, così venerdì 24 aprile è stato nuovamente ricoverato a Genova”.
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stere Libero, dare il cambio a mia moglie e far sì che riesca a vedere anche l’altro figlio”.
La situazione è difficile, la famiglia è provata e ha il fiato sospeso. Lanciando un appello ai medici e a chiunque possa aiutarli o dare un parere, papà Manuel conclude: “Ci troviamo veramente in difficoltà: non è escluso che la febbre possa continuare e il bambino non ne può più, ha effettuato tantissimi esami, sta lottando da tanto tempo ma la medicina non riesce a trovare la soluzione. Abbiamo sempre paura che un giorno i medici scoprano che si tratti di leucemia: con i globuli bianchi bassi e l’infiammazione il rischio c’è ma finora non l’hanno riscontrata. Quando vengono effettuati gli esami, ogni volta si giunge alla conclusione che ‘la malattia non è esplosa e bisogna ricorrere al cortisone’, ma non abbiamo una diagnosi. Siamo disperati, lo dico col cuore: non abbiamo idea di cosa fare, aiutateci”.
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