Francesco Hayez alla Galleria d'Italia di Milano.

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"Amore corre verso amore, così come gli scolari lasciano i loro libri, per contro, amore lascia amore con volto corrucciato con cui gli scolari vanno a scuola",avrebbe sussurrato Shakespeare rivolgendosi alle sue opere: quelle di Francesco Hayez. E' Milano a celebrare, alla Galleria d'Italia-Piazza Scala, dal 7 novembre al 21 febbraio, le sue opere. Fernando Mazzocca, curatore della mostra, omaggia l'artista cosi: "Hayez è morto a 91 anni, ha attraversato praticamente un secolo di pittura, ha assistito a molti cambiamenti del gusto, senza mai cedere nell'impareggiabile stile, bensì affinando ispirazione e tecnica e cimentandosi nei più diversi generi sempre con grande successo. Ancora oggi è attuale perché non è mai retorico, neanche nelle grandi tele di ispirazione storica, ma guarda al di là delle convenzioni e della moralità vittoriana del tempo. Il suo era un linguaggio in cui l'Italia poteva riconoscersi e lo fece consacrandolo da subito il cantore della bellezza, dell'amore e dei valori risorgimentali, di sentimenti comunque universali, di cui la sua opera intera è indissolubilmente intrisa". Una vita, la sua, che albeggia a Venezia, nell'anno 1791.Un cammino, dai toni forti ed aspri della povertà. Una formazione professionale iniziata all'accademia di Venezia ed il perfezionamento, voluto, necessario, a Roma, sotto l'ala di Antonio Canova. A Milano, nell'anno 1820, esplode la sua fama, all’esposizione annuale di Brera, con l’acclamato dipinto storico «Pietro Rossi», seguito nel 1821 dal non meno osannato «Conte di Carmagnola», due opere fondative della nostra pittura romantica. 120, il numero delle opere in mostra: presenti, trionfanti sulla scena, i capolavori che fecero di lui, unitamente a Giuseppe Verdi ed Alessandro Manzoni, il cantore dei valori risorgimentali e l’inventore di un linguaggio in cui l’Italia intera poté riconoscersi ben prima che l’unità politica si compisse. Tra gli altri, oltre ai famosi ritratti, non manca la «Maria Stuarda», figura allora vissuta come una martire cristiana, da lui dipinta però con le fattezze della sua amante e circondata da una folla di personaggi in cui figura l’intera classe dirigente milanese d’allora. Con essa, le tre versioni del celeberrimo «Bacio» e quelle, non meno amate, della «Malinconia» e della «Meditazione».

"Che altro è l'amore se non uno smisurato abbraccio furtivo di pensieri nascosti?" De Amore, Andrea Cappellano


E' Il Bacio, realizzato in tre differenti versioni: quella del 1859 esposta alla rassegna allestita subito dopo la liberazione di Milano ed entrata a Brera per legato del suo proprietario, il Conte Alfonso Maria Visconti di Saliceto; quella del 1861 e l'altra, inviata dall'artista all'Esposizione Universale di Parigi del 1867. Un legame tanto forte che riesce ad annullare ogni contrasto, in una carica di sensualità che avvolge entrambi. E' l'amor cortese tra un cavaliere e la sua dama. E' contrasto, tra il freddo celeste della veste della donna e il colore caldo dell'abito dell'uomo. Lui, avvolto in un mantello a cingere le spalle ed un berretto a coprire gli occhi, il suo viso, nel cono d'ombra del viso di lei. Il pugnale, emblema della rivoluzione, della ribellione a ciò che vive. La teatralità, appassionata, la veemenza, la cristallizzazione di un attimo eterno che sfugge tuttavia. Il suo piede, anteprima di una fuga, imminente, forse voluto. Per contrasto al dinamismo della figura maschile, la ragazza è completamente abbandonata. L'ampio arco, quello della sua schiena, suggerisce l'abbandono, in un gesto che desidera aggrapparsi, abbandonarsi oramai. Dalla prima versione, presentata nel 1859 a tre mesi dal vittorioso ingresso a Milano del futuro Re di Italia Vittorio Emanuele II alla terza versione, questo nuovo bacio appariva ancora più sensuale per le due figure tanto riavvicinate in un unico corpo incandescente dove i volti sono abilmente tenuti nascosti in modo da concentrare tutta l'attenzione sull'incontro delle labbra, in una gestualità che incanta e pone l'occhio sul modo in cui l'uomo stringe tra le sue mani il volto reclinato dell'amata. Il messaggio politico, chiave di lettura dell'opera, è affidato agli abiti dei due amanti che compongono volutamente i due tricolori, italiano e francese. Espediente reso ancora più evidente ed esaltato dalla variante del panno bianco, abbandonato sulla scala nella versione inviata all'Esposizione Universale di Parigi del 1867, facendo diventare il dipinto una sorta di allegoria che celebrasse la collaborazione, l'abbraccio tra le due nazioni. Un dipinto, questo, di cui Hayez non volle mai separarsi e che sarà ceduto agli eredi in una data imprecisata alla Granduchessa Elena di Russia, cui è giunto per via ereditaria agli attuali proprietari.


“Gli sponsali di Giulietta e Romeo procurati da fra Lorenzo”, 1823 "Mi senti ? Ti amo!" Gridò ancora. Quale amore!- disse la sventurata rabbrividendo. Lui rispose: l'amore di un dannato" - Notre Dame de Paris, Victor Hugo Nelle moltiplicazione tecnica delle scelte cromatiche, tra la descrizione dei sentimenti dei due giovani e nella scelta elettiva dei due amanti troviamo gli sponsali di Giulietta e Romeo procurati da fra Lorenzo. In una equivalenza emotiva tra eros ed energia, amore eterno e sì dannato, Hayez consegna Shakespeare alla pittura in una visione equilibrata dell'amore a cospetto del disequilibrio della realtà che li separa.


Accusa segreta 1847-1848 "Un tempo dicevi di amare soltanto Catullo, o Lesbia, e per me di non volere l'abbraccio di Giove. Allora ti amai, non solo come il volgo l'amante, ma come il padre ama i suoi figli e i suoi generi. Ora ti ho conosciuta; perciò anche se brucio più forte, tuttavia mi sei molto più vile e leggera. "Come è possibile?", dici. Perché tale offesa costringe l'amante ad amare di più, ma a volere meno bene." - Catullo. Una giovane e sensuale donna veneziana, con un impalpabile velo nero, trattiene con la sinistra un lembo della veste stropicciata, dalla generosa scollatura, in raso verde cangiante, reso con rara maestria e una maschera che si è appena levata. Il dipinto ha un messaggio nascosto, "criptato", la dama velata e discinta, dal volto arrossato e solcato da lacrime, è tormentata da un duplice sentimento di amore e odio nei confronti dell'amante che l'ha tradita. Il pallido volto, dall'espressione contratta e tormentata, rivela tutto il dramma interiore che la donna sta vivendo. E' colta nel momento in cui, protesa in avanti nell'atto di incedere verso lo spettatore, ordisce la vendetta e decide di deporre, nella bocca del leone scolpito sulla sinistra un foglio, che trattiene nella destra, con il quale accusa il suo amante, presso il Tribunale dell'Inquisizione, di cospirare contro la Serenissima. Una donna bellissima che non ha sguardi per nessuno e che sta compiendo l’atto più tremendo e più tragico di tutta la sua intera esistenza: sta condannando con l’accusa segreta di cospiratore contro la Repubblica Veneta il suo amante, che l’ha tradita. Rapita, ebbra da due sentimenti opposti quale l’amore e il furore, che hanno in lei il denominatore comune della follia, tiene


con la mano sinistra una lettera, che regge per una sorta di distacco celebrale con solo due dita, quasi per allontanarla e separarla da sé. Una lettera falsa scritta nella disperazione assoluta che a breve infilerà nella Bocca del Leone, posta in Palazzo Ducale: la terribile e mortale denuncia sarà esaminata dal Consiglio del Dieci. Un tempo fermato, ovattato, rarefatto dalla nebbia che avvolge morbidamente il profilo architettonico della chiesa di san Giorgio, sullo sfondo, della scena teatrale che il pennello maestoso di Hayez ha saputo ancora creare, contestualizzando la vicenda con pochi, ma significativi particolari. Nella mente del pittore correvano i versi dei componimenti poetici dell’amico Andrea Maffei dedicati al medesimo tema, ma questo non poteva bastare: in Hayez vi è altro, molto di più per essere uno dei massimi cantori della bellezza femminile, in Hayez come scrive Calzini nel 1922 , "vi è una certa grazia raffinata e la sensibilità, per la quale a quanto racconta un suo biografo egli pianse tante volte per amore". E da questa testimonianza nasce questa splendida figura di donna, una dama del raffinato mondo veneziano che forse ad un ballo in un palazzo nobiliare, posto in una buia calla, ha incontrato l’uomo che l’avrebbe portata, dopo aver sentito pulsare in seno l’amore puro e altissimo a questo terribile gesto. Il corpo immobile, pietrificato, reclinato in avanti quasi ad indicare un’ultima flebile esitazione, il viso segnato da un dolore lacerante in cui appaiono evidenti i segni di lacrime estenuanti, ma nonostante questo ancora di una bellezza fulgente, illuminato dal prezioso verde smeraldo della veste che per un orchestrato gioco di ombre e di luci assume cromaticamente toni scuri e cangianti . Una luce naturale avvolge la donna rendendo le sue forme morbide, il suo incarnato vellutato, una luce che da una parte la avvolge alla scena, mentre dall’altra la sottrae rendendo il dramma del suo cuore l’unico protagonista. Contatti Gallerie d’Italia - Piazza Scala Piazza della Scala, 6 20121 Milano Orari Da martedì a domenica dalle 9.30 alle 19.30 (ultimo ingresso 18.30) Giovedì dalle 9.30 alle 22.30 (ultimo ingresso 21.30) Lunedì chiuso Apertura regolare nei giorni 8, 24, 25, 26 dicembre 2015 e 6 gennaio 2016. Chiuso nei giorni 31 dicembre 2015 e 1 gennaio 2016 Ingresso (durante l'apertura della mostra Hayez, fino al 21/2/2016) Intero: € 10,00 Ridotto: € 8,00 Ridotto speciale: € 5,00



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