#13 - December 2008

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M M M M M M M M M M 3 13 M M 2008 / 2009 M M M M M

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dicembre

stampato su carta riciclata

anno numero gennaio

PASS IL MAGAZINE DEGLI STUDENTI DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA


PASSATENEO PROTESTA: SGUARDO NAZIONALE

Contestazioni a Milano, Pavia e Roma............................ 4

DROMOS Concorso per traduttori universitari................................ 5

PASSAPORTO: ERASMUS CORNER Un p’ti français à Vérone............................................... 6

BESTIARIO J’accuse!..................................................................... 7

PASSWORLD U.S.A. ANNO ZERO

Il 4 Novembre è stato eletto Barak Obama...................... 8

DOWN IN ALBION

Il linguaggio è il vestito del pensiero............................... 9

UN LIBRO PIENO DI FACCE Piccolo manuale di Facebook per principianti................. 9

AMBASCIATORI DI SPERANZA Meltin’pot in salsa italiana...................................... 10/11

EH, NOI POVERACCI! Sottotitolo................................................................... 12

RAGATZINGER! L’OPUS MEI TACIUTA

Sottotitolo................................................................... 13

PASSATEMPO MUSIC MADE IN VERONA Conosciamo la band veronese dei Fake P................ 14/15

PLAYLIST Tre canzoni sotto la neve............................................. 15

AMICI DEL VERONA FILM FESTIVAL Cinema addict veronesi............................................... 16

ART VERONA

EDITORIALE

SOMMARIO

JULIETTE - Chi ha un po’ aperto gli occhi a novembre passando nei corridoi dell’università avrà capito che il 17 e 18 novembre si sono svolte le elezioni dei rappresentanti degli studenti. L’evento non è stato pubblicizzato in modo ufficiale dall’università (con un pannello elettorale dei dibattiti tra liste) e quindi la campagna elettorale si è ridotta soprattutto in affissione selvaggia di volantini, o peggio ancora di deturpanti adesivi (attaccati perfino sui cartelli stradali) che rimarranno nei prossimi anni a decorare la nostra università. Passata questa premessa volevo comunicare a chi non li sapesse i risultati di queste elezioni. L’affluenza totale è stata dell’ 11%, una percentuale piuttosto bassa, come negli anni scorsi. La lista vincente è Dialogo e Partecipazione, con il 39% dei voti totali, mentre Student Office ha raccolto il 35% e Nuovo Ateneo il 19%. In Consiglio di amministrazione sono stati eletti Enrico Bertelli e Andrea Ziglio per Dialogo, Carlotta Cena per Student Office, e Alessandro Zendrini per Nuovo Ateneo. In Consiglio di Facoltà Dialogo ha vinto in 6 facoltà su 8, mentre Student Office vince a Economia e Nuovo Ateneo a Giurisprudenza. Infine in Consiglio degli Studenti, le liste dovranno mettersi d’accordo per eleggere un nuovo presidente. I nuovi rappresentanti dovranno darsi da fare per essere più visibili, e anche noi studenti farci sentire per risolvere i problemi quotidiani studenteschi. Per trovare i rappresentanti potete consultare il blog a loro dedicato, che ha un link proprio sul sito dell’università, e in ogni facoltà dovrebbero avere un aula proprio per poterli incontrare. Auguriamo un buon lavoro a tutti i neo-eletti. Adesso buona lettura di PASS, azzurro come il cielo di una bella giornata d’inverno.

julietferdinand@yahoo.fr

PASS

IL MAGAZINE DEGLI STUDENTI DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA info@passvr.com - www.passvr.com

Sottotitolo................................................................... 17

NERO RUBRICA DI PAROLE

Siete stati stregati!................................................. 18/19

APPUNTAMENTI DEL MESE

Il meglio di Dicembre.................................................. 20

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PRODOTTO CON IL CONTRIBUTO DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA

Registrazione Tribunale di Verona n° 1748 del 31.3.2007 Direttore responsabile: Angelo Perantoni Proprietario: Gruppo Pass Editore: In attesa di passaggio Redazione chiusa il: 20 Ottobre 2008 HANNO SCRITTO: Juliette Ferdinand, Federico Longoni, Chiara Matteazzi, Francesco Greco, Clara Ramazzotti, Davide Spillari, Irene Pasquetto, Elisa Zanola, Enrica Innocente, Erica Ganz, Marta Poli, Paolo Vanini, Iuri Moscardi, AC, Tommaso Caldarelli FOTOGRAFIE E ILLUSTRAZIONI (OVE NON INDICATO): Google, Flickr, Gettyimages, iStockphoto, Wikimedia PROGETTO GRAFICO: Eugenio Belgieri e Giuliano Fasoli (www.whatgrafica.com) LA FOTO DI COPERTINA È DI: Lorenzo Corso [Cell. 338 3848879] Stampa: Tipografia CIERRE - Sommacampagna (VR)

Copyright: Le condizioni di utilizzo di testi e immagini, laddove è stato possibile, sono state concordate con gli autori. Tutti i diritti sono riservati, testi, grafiche e fotografie sono coperte da copyright. Ogni copia degli stessi è illecita. Si ricorda che il contenuto del singolo articolo non definisce il pensiero della redazione e dell’editore. Grazie a tutti coloro che hanno collaborato, ma che sono stati dimenticati nei ringraziamenti.


PRIMO PIANO inutile la ricerca? paolo vanini

Secoli fa Platone scrisse che il tempo è l’immagine mobile Barocco, al Gotico, alla geometria di Euclide e alle geometrie non dell’eternità. E così, costretti all’oblio del movimento, per dimeneuclidee del ‘900, a Leibniz e a Peano, alla Rivoluzione industriale, ticare meno, al tempo abbiamo dato svariati nomi, che sono anche alla nascita di Internet, alla passeggiata sulla Luna, alla lotta al cangiorni, mesi, anni… cro, al primo trapianto del cuore, alle Critiche di Kant, alla Banalità Quest’anno, il 6 agosto 2008, mentre molti erano al mare, tandel Male di Hannah Arendt, a Simone de Beauvoir, all’Estetica di ti già in spiaggia ubriachi, altri bloccati in uscite autostradali, al Benedetto Croce, alla linguistica di Chomski, alla narrativa di Borparlamento italiano, attraverges, al cinema di Pasolini,alla so una questione di fiducia, fisica quantistica, alla bioinveniva approvata una legge formatica, alla biopolitica di che modificava, o meglio Foucault...è solo uno sguarmodificherà, in maniera indo accennato sulla nostra delebile tutto il “paesaggio” libertà... dell’istruzione italiana. In assonanza col caratteUn governo che toglie l’ICI re mobile e mai statico del e poi dice di non più poter tempo - ma in forte dissofinanziare la ricerca fa una nanza con la situazione e col scelta ben precisa. Accusa governo presente , ad ottoesplicitamente i ricercatori bre e novembre, in tutte le di essere inutili. Da Pitagocittà italiane ci sono state ra ad Einstein, un corteo di mobilitazioni e manifestaimbecilli “strumentalizzati” zioni in difesa dell’istruzione dal desiderio di conoscere e pubblica. creare. Non fa male ricorSi protesta per difendere dare, al riguardo, che mentre l’istruzione, si protesta perin Parlamento veniva approché siamo uno degli stati euvata la 133, il nostro Presiropei che dà meno fondi alla dente del Consiglio annunricerca, si protesta perché ciava al mondo l’acquisto di la cultura non venga “struRonaldinho... mentalizzata”, parola tanPer chi vuole studiare, e to in voga, da un aziendale per chiunque vorrà studiaegemonia imprenditoriale, o re, il diritto all’istruzione, la istituzione statale, parole che possibilità di far ricerca, è il ormai corrono il rischio di diritto di poter realizzare le esser sinonimi… proprie aspettative. Si protesta perché quanto sta accadendo ora sotto forma Qualcuno direbbe di esseillustrazione di: Giovanni Panunzio di protesta sarebbe dovuto re felice. Qualcun altro, più succedere qualche mese fa attraverso un dibattito pubblico propopragmaticamente, direbbe di sperimentare quei nuovi campi di sto dagli stessi politici, perché in una repubblica una legge dovrebricerca che sviluppano la tecnologia, la quale produce innovazioni, be essere successiva a un dialogo di confronto, e non anticiparlo le quali vanno sul mercato, facendo così girare l’economia, sopratcoattivamente. tutto in un momento in cui quest’ultima si è scoperta decodificata Chi studia filosofia sa che le parole sono importanti. Ricerca non è da linguaggi inadeguati, e quindi essa stessa bisognosa di nuove solo una voce del dizionario. È un cosmo che ha dato asilo all’arte sperimentazioni, ovvero di nuove ricerche. e alla scienza di Leonardo da Vinci, alla fisica di Fermi, alla Metafisica di Aristotele, alla gravitazione di Newton, alla genealogia di Ma ripeto, queste parole sono “strumentalizzazioni” di uno sfacNietzsche, alla Volontà di Schopenhauer, alla relatività di Einstein, cendato facinoroso che tra un’assemblea e l’altra prepara una tesi alla poetica di Dante, all’opera di Shakespeare, alle scoperte di Gasulla storiografia britannica dell’800. lileo Galilei, all’Umanesimo italiano, al Protestantesimo tedesco, all’Illuminismo francese, all’ancor più antico Illuminismo greco, al E intanto il Milan ha ingaggiato Beckham.

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illustrazione di: Giovanni Panunzio

PROTESTE: SGUARDO NAZIONALE

QUI MILANO: UNIVERSITÀ STATALE

iuri moscardi

La mobilitazione contro il D.L. 133 è stata subito accesa. Oltre allo sciopero generale della scuola del 30 ottobre, molto partecipato, altri momenti importanti sono stati tre. Martedì 21 ottobre il primo, ovvero gli Stati Generali d’Ateneo in cui studenti, lavoratori e ricercatori hanno approvato una mozione a sostegno di qualsiasi forma di protesta. È seguito un corteo scontratosi con la polizia. Mercoledì 29 ottobre il secondo, con una lezione di Dario Fo a sostegno del dissenso a cui è seguito un nuovo corteo, pacifico, per disturbare la città. Infine, martedì 4 novembre, la Conferenza delle Università milanesi, alla presenza del rettore Enrico Decleva (presidente della CRUI, Conferenza Rettori Università Italiane), assente alle precedenti riunioni: Decleva ha esposto la sua posizione critica contro il D.L., ma alcuni studenti lo hanno contestato considerandolo troppo tiepido. Gli altri partecipanti alla riunione hanno invece sottolineato gli aspetti sbagliati della riforma, ma anche dell’attuale gestione dell’Università italiana.

Un harakiri tremendo

elisa zanola

Contestazioni attive e seminari di informazione contro la legge 133 anche all’Università di Pavia, dove lo stesso Rettore, il professor Angiolino Stella, si è dichiarato vicino alla posizione degli studenti. E con lui, buona parte del corpo docente, tra cui il cantautore italiano Roberto Vecchioni, insegnante a scienze della comunicazione, che durante una conferenza nell’aula E di scienze politiche, sede del laboratorio per la mobilitazione anti 133, ha denunciato l’Italia di essere un Paese vecchio per la sua incapacità di dare ascolto ai giovani e per i tagli rovinosi all’istruzione e alla ricerca, tagli che ha definito “un harakiri tremendo”. Partecipazioni e proteste in tutte le facoltà, con diversi gruppi operativi composti sia da studenti che da professori, impegnati nella coordinazione delle attività di opposizione al dettato di legge imposto dal governo. Alla facoltà di lettere ci sono stati anche cortei silenziosi dei professori che hanno sfilato per le strade di Pavia. I docenti hanno inoltre indetto un’ora di sciopero della didattica e concesso aule per convegni e discussioni sulla legge 133, senza che ciò impedisse il regolare svolgimento delle lezioni.

LA SAPIENZA - Università di Roma

Tommaso Caldarelli

C’era una volta il 1977, e il comizio di Luciano Lama. C’era una facoltà storicamente nera, in cui i piu grandi leader dell’MSI studiavano, quando non passavano il tempo a buttare giù i banchi dall’istituto di diritto penale all’ultimo piano - era ed è la facoltà di Giurisprudenza. E’ l’unica facoltà dove Azione Universitaria ha il coraggio di fare campagna elettorale in questi giorni di fuoco, d’altronde le cose non sono cambiate tanto - eppure il collettivo c’è. E ha deciso di prendersi una parte del carico dell’Onda. Da giuristi abbiamo deciso che il nostro compito e la nostra vocazione, era quella di spiegare agli altri cosa c’era veramente scritto in quella legge. Il collettivo di giurisprudenza ha proposto una lezione sullo smantellamento dell’università pubblica a cui hanno partecipato un costituzionalista e uno storico del diritto, ex senatore per il partito democratico, con 400 studenti da tutte le facoltà. Ha proposto due appuntamenti in cui si evidenziavano difetti strutturali e sostanziali della norma Gelmini che sono andati in onda sul web, via RadioSapienza.net, e una conferenza fuori facoltà in cui, nell’aula magna di lettere, si sono confrontati un giurista, una economista e due ricercatori. La facoltà forse è ancora nera, ma l’auletta autogestita esiste. E resiste.

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Aspiranti traduttori dell’ateneo, unitevi! ma soprattutto rizzate bene le orecchie: per chi di voi, avesse tra i tanti sogni nel cassetto, quello di lavorare come traduttore per una casa editrice, il concorso per traduttori, Dromos, è quello che cercavate. “Vi diamo la possibilità di scoprire se siete dei veri traduttori” dice Pietro Federico, direttore editoriale della Raffaelli e responsabile dell’iniziativa.

Concorso Nazionale di Traduzione

per Studenti Universitari

La casa editrice di Rimini, ha infatti per obbiettivo: “la promozione di nuovi traduttori e la creazione uno strumento che offra agli studenti la possibilità di lavorare nel campo della traduzione”. Un’idea che ha dell’unico nel panorama italiano, dove, molto spesso, manca una vera rampa di lancio dall’università al mercato del lavoro. Dromos vi offre l’opportunità di decollare: tutto ciò che dovrete fare è far pervenire la vostra candidatura all’indirizzo indicato sul bando (www.raffaellieditore.com). Il candidato riceverà subito il testo da tradurre (in tre lingue, inglese, francese e spagnolo), tratto da una delle quattro opere in concorso. I lavori verranno infine valutati da una giuria di esperti, composta da poeti, scrittori e professori universitari, riconosciuti a livello nazionale e internazionale. Il vincitore verrà proclamato in novembre 2009. I fortunati riceveranno un compenso di 1.000 euro e la pubblicazione nella collana Dromos della Raffaelli Editore. Un’occasione ghiotta insomma, per chi voglia scoprire, se ha la stoffa del traduttore.

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PASSAPORTO: ERASMUS CORNER JULIETTE FERDINAND

UN P’TI FRANÇAIS À VÉRONE Originario di Grenoble in Francia, Jérome Cucarollo è arrivato a settembre a Verona per studiare Geografia nella nostra università. Qualcuno di voi l’avrà visto prendere la parola, armato del suo coraggio e del suo irresistibile accento francese, durante le assemblee svolte a ottobre-novembre nel nostro ateneo. Abbiamo trovato Jérome, davanti al polo Zanotto, e ne abbiamo approfittato per fargli qualche domanda. Come mai hai preso la parola alle assemblee? Non ho resisto a la voglia di partecipare! A Grenoble sono attivo membro dell’associazione Fac Verte ( Facoltà Verde), che è presente negli organi decisionali dell’università; quindi sono per forza interessato a queste questioni. In Francia un anno fa è stata proposta una riforma simile, in versione più soft. Abbiamo protestato, non ci sono stati i tagli, però il governo ha deciso di investire solo in 10 università, e quasi solo scientifiche. Sei stato sorpreso da questo movimento di protesta? Mi sono sentito a casa! Perchè hai scelto l’Italia per l’erasmus?

E sull’erasmus?

Per me è un’esperienza positiva, con momenti surreali : parli con tutti (e tutte anche perché ci sono 5 volte più ragazze di ragazzi), Ho scelto l’Italia perché ho la doppia nazionalità, per via di mio tutti parlano un italiano scarso ma espressivo (mani, parolacce, inpadre che è originario di Vicenza. In Geografia l’università di Gre- venzioni tipo “ça me fait schifo cette lezione” ). È un momento noble lavora con Padova. Perciò avere un’esperienza dell’insegna- unico durante il quale persone di tutti i Paesi possono chiacchiemento italiano mi pareva opportuno. rare e condividere esperienze diverse, come se fosse una cosa naturale, banale. Le tue impressioni di studente straniero sugli eventi a Verona? Feste a Verona? Ho scoperto che qua c’è un mito della Francia, secondo il quale la gente si muove di più e ottiene dei risultati dal governo. Ma Verona è una città bellissima ma...morta. Non c’è nessuno per questo è un’idealizzazione totale dei movimenti sociali francesi! strada alla sera, ci sono pochi bar accoglienti dove hai voglia di Anche da noi è difficile ottenere risultati, e non raggiungiamo restare. Dove sono i veronesi? sempre i nostri obiettivi. Mi sembra che gli studenti veronesi siano determinati e motivati, Cosa ti colpisce della vita veronese? ben organizzati ma purtroppo un po’ “freddolosi”. Hanno paura di fare azioni più radicali perché hanno paura dell’opinione La fissazione per la sicurezza. I soldi spesi per la vigilanza “di facpubblica. Anche da noi, è difficile raggiungere il consenso, quindi ciata”, come a Veronetta dove abito, nella quale si vedono poliziotti l’importante non è di cercare la maggioranza ma di riuscire a in- e soldati ogni giorno, che però sembrano inattivi, presenti solo per teressare un gran numero di persone. dare un’impressione di sicurezza.

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BESTIARIO

illustrazione di: Giovanni Panunzio

rubrica sul_ nostro_ ateneo _osservazioni_ lamentele_ aneddoti..

FRANCESCO GRECO francescogreco22@yahoo.it

Io accuso, chi continua imperterrito a chiudere gli occhi di fronte ai problemi enormi dell’Università Italiana! Io accuso, chi detiene una cattedra per puro baronismo, e così facendo soffoca le speranze di un giovane ricercatore! Io accuso, chi non ha il coraggio delle parole, chi non ha la responsabilità delle proprie azioni. Io accuso, chi nega l’esistenza delle raccomandazioni, persino in questo ateneo! Io accuso, chi fa fare la fame a un ricercatore e poi se ne va allegramente in giro in un’ Audi nuova di pacca! Io accuso, chi nel corpo docente si sente onnipotente, e poiché si prende troppo sul serio, arriva in ritardo a lezione, non si fa trovare ai ricevimenti, e non ha un minimo di comprensione per gli studenti! Io accuso, chi frustra gli studenti pendolari, facendoli venire per un appello per poi mandarli a casa. Io accuso, chi fa gli orari del Centro Linguistico d’Ateneo, che di certo non ha nessuna concezione di cosa voglia dire: “coordinarsi con gli altri corsi”! Io accuso, chi salta sempre la fila in mensa! Io accuso, chi viene all’università come facesse una sfilata di moda! Io accuso, chi occupa egoisticamente più posti alla Frinzi! Io accuso, chi alla Frinzi ha dei problemi con la propria temperatura interna: estate troppo freddo e inverno troppo caldo! Io accuso, chi non legge PASS! Io accuso, chi permette che le aule scoppino di studenti e di sudore! Io accuso, chi si chiude dietro un partito, una chiesa, un’ideologia, per non essere un libero individuo, uno studente che pensa con la sua testa! Io accuso, chi continua a organizzare proteste a oltranza, quando le vere bombe, sono le idee! Io accuso, chi non ha la dignità di dire, che tutto questo fa schifo!

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U.S.A. ANNO ZERO clara ramazzotti clararamazzotti@yahoo.it

Il 4 novembre giunse e portò con sé un nuovo presidente in questo mondo: Barack Obama. Ciarlavo con alcuni amici dell’avvenimento e, tra commenti concitati e inni alla gloria degli Stati Uniti che “finalmente qualcosa di decente fanno”, qualche voce fuori coro mi ha fatto riflettere. Perché tanta gioia per un uomo che non ha nulla a che fare con l’Italia, poco o niente con il nostro modo di fare politica e disinteressato, magari, alle vicessitudini partenopee? Tenterò di rispondere. Innanzitutto perché questo nostro piccolo scialacquato mondo è giunto ad un momento di aridità incredibile: i modelli da seguire, quelli positivi, si contano sulle dita di una mano; noi giovanotti universitari e non siamo divisi tra disillusi globali e ferventi sostenitori di questo o quel modo di fare, di essere, ma restiamo comunque con un pugno di mosche in mano; si stava meglio quando si stava peggio, eccetera eccetera. Poi, un giorno, arriva la notizia che negli Stati Uniti d’America il presidente è nero. Caspita. Considerando che la segregazione razziale è terminata (mah, forse…) grossomodo quarant’anni fa, un certo salto di qualità è stato fatto. Obama si è dovuto battere con la Clinton (una donna, certo, ma pur sempre Hillary Clinton, non si mangia a colazione una così) e, soprattutto, con il veterano della guerra in Vietnam. Basta nominare una qualche battaglia, delle medaglie e lo spirito hollywoodiano degli americani sale alla ribalta, poco importa se poi McCain punta tutta la sua politica sulla vecchia (ma sempre efficace con quei teneroni d’oltreoceano) storia che l’America è bella buona ricca e sempre lo sarà amen. Barack Obama ha invece detto chiaro e

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tondo vi aumento le tasse perché siamo a terra. Date un’occhiata alle nostre passate elezioni, tutti dicono che le tolgono. L’ipocrisia è un’arma a doppio taglio, puoi momentaneamente vincere, ma resterai così soggiogato, ad un certo punto, che sarà tardi fuggire. Sincerità dunque, secondo punto a suo favore. Sì certo, c’è anche qui l’idilliaco momento in cui il sogno americano sarà realtà, ma concedeteglielo, è pur sempre un USA man, son fatti così… . Il terzo punto a suo favore è in quel “change” che può voler dire tutto e niente. Cambiare, sì, ma come? Attraverso quale grande impresa di pulizia? Quando? Solo cambiare. E lui impersonifica questo momento storico al 100 %. In ultimo, puntare sui giovani. L’avremo sentito tante volte ma qui non si tratta di un bacucco che sfoggia cimeli di guerra “ehy oh i’m so proud of me”, Obama si muove verso coloro che sono sempre stati diversi, annientati, colti e messi da parte dall’ignoranza, in un Paese profondamente privo di sapere, a differenza dell’Europa che tanto sa e poco fa (a eccezion fatta della Gran Bretagna, della Francia e della Germania...). E, sia chiaro, non cadiamo nel qualunquistico “avresti votato Obama perché sei di sinistra”, per favore, un minimo di riflessione. Non è assolutamente corretto parlare di destra e sinistra, come noi le intendiamo, quando si discute del Governo americano. Strutture, storia e ideologie sono completamente differenti e se uno statunitense si sentisse definire “di sinistra” riderebbe, parecchio. Questa è gente che ha inventato il Mc Donald’s, dubito abbiano Marx sotto il cuscino. E se anche ce l’avessero, beh, l’ha detto il loro presidente: Change can happen!


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“Il linguaggio è il vestito del pensiero” (Samuel Johnson) “Nulla invecchia quanto la felicità” disse Oscar Wilde; altrettanto non si può dire delle tradizioni inglesi: quelle non invecchiano mai. In queste settimane che lentamente c’avvicinano al Natale, se ne sono viste e sentite delle belle: come le cacce alla volpe fuorilegge di aristocratici ostinati e reazionari; infine la rinascita dei New Georgians, giovani piuttosto sballinati, in cerca di casa, ancor meglio se una terrace house del ‘700 e neoclassica, dove vivere letteralmente come all’epoca dei tre Georgies (niente servizi igienici, né riscaldamento; proibitissima la luce elettrica).

l’email ha risposto in automatico: “Al momento non sono in ufficio”. Un tragico equivoco».

Seconda notizia: da oggi se avrete la fortuna o la sfortuna, di mettere piede in un qualsiasi ufficio pubblico di un vattelo-a-pesca comune inglese, attenti a come parlate. Non sono questi però i protagonisti del momento, ma due soli: le Niente parole latine. In molti lingue e il linguaggio. Chiunque ami la lingua inglese e la linguisti- town-halls infatti sarà vietato ca (il sottoscritto in primis), sa che questo è il mese delle lingue nel usare parole comuni quali: eg Regno Unito, con manifestazioni quali The Language Show (Fiera (exemplii gratia), ect o et cetera, delle Lingue). E proprio la lingua di Sua Maestà, ha guadagnato le NB, vice versa, e persino via. I prime pagine. linguisti di tutto il Paese sono sul piede di guerra, contro: Prima notizia: vi è mai capitato di leggere su un cartello stradale, “Al «l’equivalente di una pulimomento non sono in ufficio”? È successo nella cittadina di Swan- zia etnica» dice Mary Beard, sea, nel Galles. «L’incidente è il frutto dell’ignoranza dei giovani as- professoressa alla Cambridge sessori: non conoscono il gaelico» ammonisce un vecchio trombone University. Intanto, piovono locale. Così s’è giustificata la giunta: «la realtà è ben diversa: sul car- le scommesse: chi sarà il pritello si sarebbe dovuto leggere “Vietato l’accesso ai mezzi pesanti”, mo a beccarsi una multa per un ma quando abbiamo contattato il nostro traduttore di fiducia, per la Nota Bene? Alas, Sic Transit Gloria traduzione bilingue, in inglese e gaelico, ci ha risposto un messag- Mundi! gio automatico in gaelico. Il traduttore non era in ufficio, e difatti

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libro PIENO DI facce erica ganz keika84@hotmail.it

Piccolo manuale di Facebook per principianti terai relazioni ed amicizie di ogni genere e con la tua fondamentale scelta potrai decidere se incrementare o meno il numero dei tuoi amici. Fb permette inoltre di commentare le foto inserendo anche un tag nell’immagine che ti ritrae. Come se ciò non bastasse puoi anche dichiararti single, fidanzato, impegnato, sposato o puoi liberamente dire che sei in una relazione complicata lasciando così spazio all’immaginazione e a chiunque Si, su fb puoi trovare chiunque: voglia farsi sotto. dal politico al cantante, dal vicino di casa al professore universitario, Vogliamo poi parlare delle migliaia dall’ex compagno di classe che ti di test per vedere che formaggio sei, chiedeva sempre la merenda all’ex in che tipo di mutande ti rispecchi, fidanzato/a che continui a maledire quanto sei bravo a letto, se sei un ogni giorno. Il meccanismo è sem- buon amico, di chi sei la reincarnaplice: si fa una richiesta di amicizia zione, chi è il politico che meglio e in un solo click puoi decidere ti rappresenta. Insomma, uno strase accettare o rifiutare. In questo no ed originale modo per passare modo sappi che però compromet- il tempo o forse per perderlo. Già Erica sta scrivendo un articolo per Pass su fb. Ed ovviamente è connessa a Fb ovvero Facebook il social network più frequentato del web; 132 milioni di utenti totali di cui 1 milione e 400 mila in Italia. Ormai di moda e sempre più utilizzato questa originale invenzione del web permette di taggare, mandare poke, inviare regali virtuali e ovviamente di incontrare, o meglio scovare, amici lontani e vicini.

perché fb diventa come una droga: ci passi le ore, racconti i fatti tuoi a tutti i tuoi amici, cerchi personaggi, oggetti e cibi per diventarne un accanito fan e ti perdi tra le cause più bizzarre da sostenere e i gruppi più assurdi a cui aggregarti. Ci sono pareri discordanti su questo social network; effettivamente uno degli aspetti più criticati è la possibilità di diventare amici virtuali di tutti anche se poi spesso se ci si incrocia per strada nemmeno ci si saluta. E poi la privacy, la gara a chi ha più amici, a chi riceve più regali (tutti o quasi a pagamento) o a chi convince più persone a sostenere una buona causa. I pregi possono essere molti anche se forse i difetti sono altrettanti. Ma non ho decisamente tempo da perdere: mi hanno appena taggata in una foto. Erica perde di nuovo tempo su facebook.

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AMBASCIATORI Molto importante è il messaggio ed il programma per la promozione dell’inter-culturalità, che dovrà partire immancabilmente dai giovani, per mezzo del dialogo e il dibattito che sembra sempre più venir meno ai giorni nostri. L’intento è infatti quello di far avvicinare il Governo ai problemi reali di queste nuove generazioni di immigrati; questi giovani “ibridi”, non troppo musulmani da potersi isolare, e non troppo italiani da potersi dimenticare della propria cultura. Sono ragazzi che possono passare senza difficoltà dal veronese al marocchino, al nigeriano, all’albanese e così via. Le loro mamme sanno cucinare la pasta al forno, la pizza, ma anche il cous-cous, piatto tipico del Marocco. In tv guardano film arabi, ma poi comprano i cd di Tiziano Ferro e Nek. Sono i figli e le figlie degli immigrati. Immigrati di seconda generazione, li definiscono i sociologi. Italiani con il trattino, hanno cominciato a chiamarli giornali e tv: italiani-marocchini, italiani-egiziani, italiani e chissà quante altre cose. I bambini e i ragazzi nati qui da stranieri o arrivati quando erano molto piccoli sono circa 400.000. Le previsioni ci dicono che fra una decina d’anni potranno essere circa un milione, distribuiti in tante nazionalità. A differenza di quello che è successo in Francia o in Germania, da noi non c’è un gruppo prevalente, questa bellissima armata dai mille colori non ha nessuna intenzione di dimenticare le proprie origini. Ma vuole crescere qui. E bene. Mentre tra i ragazzi italiani prevale la paura di perdere quello che si ha, tra i figli de-

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gli immigrati è forte la voglia di salire. Una molla carica che dobbiamo valorizzare. I giovani dovranno senza mezze misure impegnarsi a spiegare questo innovativo modus operandi, che anziché sconfiggere o addirittura annientare l’immigrazione (considerata da sempre un “problema”), sembra voler dare forza e speranze e, incredibilmente, anche spazio alle iniziative di respiro culturale, mostrandosi effettivamente vicini ai neocittadini. Molteplici le argomentazioni di cui bisognerà discutere con la cittadinanza, in special modo quella veronese, dove la priorità dovrà essere quella di istituire il dialogo interculturale tra i giovani attraverso la formazione e la corretta gestione dell’informazione pub-

blica. La vera sfida, infatti, non è quella di imporre, manu militari, questo o quel provvedimento securitario, ma quella ben più complessa di farlo condividere, di far partecipare tutti al coro che incita e chiede controllo. I migranti hanno vinto un posto di eccellenza in questo circo più o meno mediatico, occupando un ruolo da veri protagonisti. Che si tratti dello spazio europeo o della strada che si addentra nel cuore di un quartiere, è l’immigrazione il fenomeno che ha conquistato l’attenzione di politica e media. Perché ogni volta che prende piede lo stato di emergenza, si modificano anche le condizioni dei ricatti che, nel lavoro, più o meno regolare, i migranti sono costretti ad accettare. Ma in che misura sono accettabili i ri-


di SPERANZA catti, le discriminazioni, le violazioni di cui sono oggetto i migranti? Fino a dove può spingersi il limite? Fino a che punto sono condivisibili? La risposta è servita e ha a che vedere con lo stato d’eccezione che ci viene imposto dalla cultura dell’allarme, per cui tutto, proprio tutto, trova la sua giustificazione. In questo contesto, la figura dello straniero è scelta deliberatamente come capro espiatorio su cui proiettare le contraddizioni sociali. I massmedia assecondano l’operazione: i titoli allarmistici su episodi di cronaca nera che hanno come protagonisti cittadini stranieri fanno vendere molto di più di quelli che segnalano i casi - nella realtà ben più numerosi - in cui gli stranieri sono vittime. Noi giovani non ci stiamo: la presenza di cittadini stranieri nel bel paese non è la causa del peggioramento delle condizioni di vita; la sicurezza delle nostre città dipende molto più dalle condizioni sociali ed economiche dei cittadini e dalle politiche promosse per migliorarle che dal numero di operatori di pubblica sicurezza sul territorio. L’intento è quello di lavorare assieme verso un futuro di confronto positivo, di dialogo e di conoscenza attraverso la formazione delle diverse culture che compongono lo scenario sempre più ricco e frammentato che ci circonda, sollecitando le persone a prendere

le distanze da campagne venate da demagogia e intolleranza. Invitiamo i cittadini e le cittadine democratiche a discutere e a contrastare in ogni occasione la logica del capro espiatorio, nemica della pacifica convivenza fra cittadini di diversa origine. Chiediamo ai

media democratici di non prestare il fianco a campagne di stampo xenofobo e razzista e di avviare su questi temi una riflessione d’ampio respiro culturale, che possa giovare ed arricchire i suoi protagonisti accompagnandoli nel viaggio verso la stabilità e l’equilibrio sociale, un equilibrio che non tollera ingiustificate ed infondate ambiguità basate sulla diversità, bensì che offre pari opportunità e pari condizioni a quelle persone, che come me, sono venute in Italia in età infantile, che hanno giocato e condiviso gioie e divertimento con i vostri figli, nostri cari

amici, ma che, superata l’età spensierata ed innocente dell’infanzia, si vedono coinvolti in quella spirale, che a parità di capacità scolastiche, e a parità di volontà ed ambizioni, li preclude dal non accedere ad alcune cariche professionali, o addirittura con il rischio di trovarsi sprovvisti di quel “caro, prezioso e tanto odiato” Permesso di Soggiorno. Foglietto che rappresenta il pretesto di discriminazione ed il complesso di inferiorità che oramai accomuna tutti noi giovani stranieri italiani. Italiani secondo la nostra forma mentis, ma che alla prima occasione di scambio ci vediamo trattare come i nostri connazionali venuti qui in Italia per motivi ed esigenze diverse dalle nostre, ai quali però spesso ci troviamo inesorabilmente legati e vicini quando un qualunque italiano (che spesso e volentieri ha il titolo di studio inferiore al nostro!), trova il suo paradiso e angolo di sfogo chiamandoci “Extra-comunitari” , talora anche con due-tre x, nonostante noi ci sentiamo Italiani. Magari più di quanto lui possa mai dimostrare a se stesso. Noi davvero approviamo e ci mostriamo totalmente aperti a partecipare e ad aiutare il Governo in questo progetto altamente lungimirante. Noi crediamo nell’operato dei pubblici poteri, perchè solo dall’alto si può educare il popolo alla non-discriminazione e al dialogo tra le diverse comunità. A.C.

11 PASS


!

RAGATZINGER

MARTA POLI

L’ OPUS MEI TACIUTA

Non stupisce che in relazione alle mosse tremongelminiane il Vescovo di Como Monsignor Diego Coletti, Presidente della commissione CEI (Conferenza Episcopale Italiana) per la scuola, ad un’ intervista per Radio Vaticana, ripresa dall’ “Unità” del 27 Ottobre e dal “Corriere della Sera” del 28, dichiari che “..il problema dei risparmi è certamente sul tavolo e ineccepibile..” e che “..sembra inutile se non addirittura dannoso intervenire agitando le piazze”, inoltre “..non è possibile continuare a ragionare in termini di contrapposizione tra scuola pubblica statale e scuola pubblica non statale; la scuola pubblica non statale ha tutto il diritto di essere riconosciuta paritariamente come un’ istituzione di servizio pubblico rivolta a tutti”. Tali dichiarazioni non devono certo sconvolgere, considerando che buona percentuale delle scuole private (ovvero le pubbliche non statali stando alle definizioni del Monsignor) sono d’ impronta religiosa e che sovvenzioni statali in questa bislacca Italia al rovescio vengano finalizzate appunto agli istituti privati (in barba all’art. 33 della Costituzione per cui: “ Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”,articolo sapientemente deviato da macchiavellici sotterfugi ,come gli assegni alle famiglie c h e optano per tali istituti). I n un paese sano di mente, laddove si comprovi la necessità di dover arginare sprechi, ed il mondo scolastico non ne è di certo immune, risulterebbe quantomeno ovvio procedere proprio a partire dai finanziamenti alle scuole private.

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Non si comprende inoltre perchè il Decreto Gelmini non preveda pari trattamento circa i previsti accorpamenti in caso di utenza insufficiente: una cattedra di religione in molti casi sopravvive aprioristicamente. Perchè la Chiesa, che propone ai dirigenti scolastici nomine di insegnanti di religione attraverso le diocesi, gestendone in buona sostanza il 30% e collaborando per il restante 70% con gli uffici regionali scolastici (unico caso in Europa), riconoscendo le ragioni della Gelmini circa i tagli, non suggerisce di accorpare durante le ore di religione le classi con pochi alunni per ridurre così il numero degli insegnanti, nel tentativo di perseguire lo scopo elogiato anziché limitarsi a predicare? Mistero della fede. Senza voler entrare nel merito di questioni ancor più spigolose, come il fatto che in un’istituzione laica, rispondendo del resto ai patti Lateranensi, si parli ancora di Religione e non Storia delle religioni e che un approccio storico-comparativo alla materia sia riscontrabile solo a livello universitario, (non resta che confidare quindi nello spirito critico degli insegnanti di elementari o medie); che appunto i docenti di religione, retribuiti dallo Stato, possano essere nominati dalla curia e che le cattedre di religione siano di preferenza assegnate a cattolici, assodato il fatto che l’onere fiscale del mantenimento delle cattedre di religione sia relativo per le casse dello stato nel quadro della spesa scolastica complessiva, resta comunque interessante rilevare come vengano irrimediabilmente riservati alla Chiesa trattamenti sempre un po’ speciali.


Eh, noi poveracci ! Clara Ramazzotti

Working Poor. Mai sentiti? Beh, potreste esserlo voi, sì, voi che state leggendo il Pass adesso e dopo le lezioni (se frequentate) correte a cambiarvi che vi aspetta il turno in pizzeria e voi che invece non frequentate, fate due lavori, magari tre considerando il weekend e comunque, ancora, fate fatica a pagare la retta universitaria, l’affitto in città, qualche piccolo svago perché, insomma, non abbiamo mica ottant’anni! Ecco. I Working Poor, come dice il termine stesso, sono coloro che pur lavorando restano o scendono al di sotto della soglia limite che separa i poveri da quelli che se la cavicchiano meglio. Persone, giovani ma non solo, che vivono in una persistente condizione di precariato e che a volte, pur dandosi da fare (povero non è sinonimo di fannullone), non riescono a vivere con quello che guadagnano e, in caso di studenti universitari, tocca riaffidarsi alla famiglia. Il colpo è anche psicologico, dunque, perché la tanto agognata indipendenza economica ma, prima ancora, fisica va a farsi benedire di fronte a 300 euro più altri mille più 500 e via così… Volessimo proprio cercare una connotazione / causa storica potremmo accidentalmente notare come la nuova struttura economica del 2008 punti alla scomparsa del contratto indeterminato. Insegnanti perennemente supplenti (ve l’assicuro, è più facile

che un cammello passi per la cruna di un ago che una maestra ottenga la cattedra, e tra qualche mese se la potrà proprio scordare), pochi occupati, nostri coetanei presi sempre o quasi come stagisti (che poi, tradotto, significa “tu lavora poi decidiamo se pagarti”) o per piccole accidentali attività poco lucrative. Meglio di niente, è chiaro, ma vorrei anche un futuro, un giorno, se non è chiedere troppo. Tutti questi lavoratori a basso reddito sono diventati, quindi, una categoria a se stante. Cambia poco, in realtà,

ma provate a riflettere sull’assurdità insita nella definizione: lavoratore povero. Ma, accidenti, come posso essere senza un soldo in tasca se lavoro? Non dovrebbe essere paradossale? Si regredisce alla situazione di alcuni dei più sottosviluppati paesi del mondo, quelli a cui noi ogni tanto gettiamo o togliamo il debito. L’Italia ha un non indifferente 35 % di working poor, 6 milioni di persone, circa. Quanti in questa università? In questa città? Sul treno che prenderete tornando a casa? Il doppio lavoro come realtà. Non avere abbastanza denaro da parte, altra tangibile situazione di molti. Io immagino i miei genitori, che hanno messo da parte i soldi per pagarmi le tasse qui a Verona, li vedo mentre orgogliosi mi stappano il vino alla festa di laurea (che arriverà, prima o poi) e d’improvviso, sbam!, crollo al suolo. Mamma e papà pretendono, si aspettano, sperano che io possa almeno pagarmi una pizza fuori, macchè, almeno il gas!! Ma voglio essere apocalittica, nelle mie conclusioni: stakanovisti obbligati, ecco cosa diventeremo. Gente stressata che per leggere un libro si dovrà segnare ora e data sull’agenda, giovani che un tempo desideravano il mondo intero e adesso lo possono solo sognare. E così via, dove andranno a sfumare pensieri, idee, fervori, passioni… Tutto per 1.300 euro al mese. Con gli straordinari.

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ecco a voi i fake P

MADE IN VERONA VOL. 3

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dossano delle magliette fantastiche con dei led luminosi sul petto che vanno a ritmo di musica. Il video di Last è nato proprio pensando alle donne nude, cosa che ci capita spesso…mi rispondono. Quelle magliette invece sono acquistabili da un sito americano, ma fanno sudare come degli idranti! Tra l’altro, se vuoi lo scoop, credo che tra non molto le sostituiremo! Nei prossimi mesi i Fake P saranno in giro a suonare il più possibile grazie al supporto della loro etichetta 42 records e del loro booking Labile. Il modo migliore per promuovere (e già che ci siamo, vendere) un disco è suonarlo dal vivo, ovunque si riesca. federico longoni federico.longoni@yahoo.it

o PLAYLIST PLAYLISTPLAYLISTPLAYLIST

Terzo appuntamento per scoprire le migliori band veronesi in circolazione. Questo mese tocca ai Fake P, quintetto di Legnago che durante la scorsa primavera ha dato alle stampe il primo album omonimo. Oliviero mi racconta che il gruppo è nato come quartetto nel 2003, anno durante il quale si è concentrato sulla composizione di numerosi pezzi, incisi poi su quattro demo (Zero Crossings e Pigeons usciti nel marzo 2004, This will be the past e This has been the future usciti invece nel dicembre del 2004, ndr). In seguito i quattro Fake P si sono dedicati maggiormente alla dimensione live, suonando in tutto il nord Italia e passando da un set ritmicamente “fisico” (con la batteria, insomma) alla situazione attuale interamente elettronica. Durante le registrazioni del disco, nel 2007, sono diventati un quintetto, inserendo nella band Guido. Tutti i testi dei Fake P sono in inglese, come d’altronde anche i testi delle altre band intervistate nei numeri scorsi. A questo proposito, chiedo a Oliviero come mai al giorno d’oggi la nostra bellissima lingua italiana sia così snobbata da giovani gruppi emergenti. La risposta è molto chiara: non si tratta affatto di una volontà snob, bensì di una risultante estremamente naturale, priva di intenzioni studiate a tavolino e causata da una serie di fattori diversi. C’è da dire innanzitutto che inevitabilmente gli ascolti quotidiani influenzano anche il modo di comporre, e dato che l’inglese occupa la larga maggioranza di ciò che si sente (non per esterofilia, è una semplice questione di proporzioni e percentuali), la cosa risulterebbe banalmente probabile già da sè. Ma non è tutto, prosegue Oliviero, nel nostro caso l’intenzione è quella di scrivere testi semplici, che puntino più sulla polivalenza che sulla complessità: scriverli in una lingua che non è la propria, e quindi con un lessico limitato, paradossalmente aiuta a non inciampare in complicazioni autoindotte. Insomma, non c’è nessuna preclusione nei confronti dell’italiano: è una lingua che amo in modo talmente profondo da averne fatto il mio pane quotidiano nei beati anni universitari; anche in campo musicale, con il passare del tempo mi ritrovo ad ascoltare più dischi italiani rispetto a qualche anno fa. Semplicemente, per questo gruppo è risultato preferibile usare l’inglese, in modo spontaneo e non polemico. Ho notato che alla domanda “a chi vi ispirate per fare la vostra musica”, c’è spesso una tendenza ad avere difficoltà nel rispondere adeguatamente. I Fake P riescono nell’impresa: questa è una domanda difficile, non solo perchè abbiamo gusti molto differenti (ad esempio, a uno di noi piace TUTTO, ad un altro non piace NULLA), ma anche perchè non ci sono stati riferimenti precisi come punti di partenza. Le nostre canzoni erano il punto di partenza, più che il suono di altri gruppi. Quindi dribblo la domanda con due nomi talmente enormi da comprendere anche ciò che non esiste: Beatles e Kraftwerk. Vittorio è quello che più di tutti si è dedicato alla scrittura dei testi dell’album, e infatti quando chiedo il significato di “Nixon In The Sky With Diamonds”, una canzone che mi ha particolarmente colpito, prende la parola proprio lui e mi dice: parla di morte, del trapasso, del vuoto e della luce, come tutte le mie canzoni del resto. Mi ha incuriosito la scelta di pubblicare solo on-line e gratis l’album per 3 giorni. Ci ha pensato la nostra etichetta 42 records, e noi siamo stati felicissimi di quest’iniziativa, visti anche gli ottimi risultati ottenuti, mi risponde Oliviero. Non è un mistero che i dischi tout-court, semplicemente sfornati, non si vendano più. E se non ci riesce Ramazzotti, cosa può fare un gruppo di esordienti? Ciò che conta ormai è la diffusione della musica, le iniziative promozionali di supporto e la possibilità di far ascoltare le canzoni a chi è interessato (dal vivo o registrate). La vendita è un passo successivo. Parliamo un po’ di video: su Youtube mi sono guardato sia il video del primo singolo Last (nel quale i nostri suonano in mezzo ad avvenenti ragazze nude), sia un’esibizione live dove i Fake P in-

TRE CANZONI SOTTO LA NEVE DAVIDE SPILLARI

Ci siamo è novembre. Dato che scrivo per il numero di dicembre dovrei dire: ci siamo è dicembre, ma visto e considerato che sto scrivendo in novembre e non in dicembre scrivo: ci siamo è novembre. Però ora state leggendo ed è dicembre, quindi: dove ho scritto ci siamo è novembre dovreste leggere: ci siamo è dicembre. Io scrivo ci siamo è novembre poi voi cari lettori fate un pò quello che vi pare, ora che vi ho spiegato tutto sono a posto con il mio grillo parlante. Ci siamo è novembre (dicembre), un mese fantastico per ascoltare musica. Perchè? Perchè sì, non c’è niente di meglio da fare in novembre (dicembre). Insomma io adoro l’autunno, e ora che sono in novembre (dicembre) posso dire ancora che siamo in autunno. Mi piace anche l’inverno, sì io adoro l’inverno. C’è solo un problema nell’autunnoinverno, il sole tramonta alle quattro, io adoro vedere tramontare il sole, ma non alle quattro. In conclusione adoro gli autunninverni ma detesto il vampiristico svolgersi della giornata.In seconda conclusione dato che questa è un a giocalista o una suonalista o una playlist è meglio se parlo di musica. Quindi che dire o meglio che scrivere? Sinceramente non lo so, potrei fare a meno di parlare di musica, decostruire il concetto di musica, parlare degli spazi bianchi, dei momenti di silenzio tra una musica e un’altra. Ma chi sono? No meglio di no. Il problema è che c’è un problema ma non riesco a trovarlo, e questo fatto di non riuscire a trovare il problema può costituire il problema stesso cioè il problema del problema di trovare il problema è questo il problema che non riuscivo a trovare. Sì perfetto mi sono chiarito, adesso sono in pace con me stesso posso parlare di musca. E che vi dico... scrivere una playlist...? Sì è quello che devo fare,allora vi dico ascoltate e prendetene tutti. Ascoltate cosa? Ascoltate musica ovviamente! Ultimamente sono regredito di 200 anche 250 anni. Vi raccomando, vi invito, vi esorto: ascoltate Johann Sebastian Bach, nessun brano in particolare, tutto lui in assoluto. E fate una bellissima cosa ascoltate gli Osanna, in particolare la colonna sonora di Milano Calibro 9, se riuscite a trovare il disco contattatemi. Gli Osanna sono un gruppo italiano progressive rock degli anni settanta tuttora in circolazione, fantastici. Milano Calibro 9 è un film poliziesco che vi consiglio caldamente di visionare è eccezionale. Ultima cosa dato che sono un fan e un suonatore di basso vi consiglio Marcus Miller e anche di lui non vi dico nulla in particolare, se vi va ascoltatelo ascoltatelo e asoltatelo.

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DEL

ilm f a n o Ver ta a Intervis

cura di

ENRICA

TE INNOCEN

Com’è nato il gruppo e di cosa si tratta? Gli Amici del Festival sono un gruppo di appassionati di cinema, fondato nel 2003 a Verona con l’obiettivo principale di accompagnare, promuovere e sostenere il festival Schermi d’Amore. Dedicato a tutti i veronesi che amano il cinema, si occupa durante l’anno di organizzare eventi cinematografici di vario tipo. Inizialmente il gruppo era composto dai primi “giuratini” del Festival (la cosiddetta Giuria Giovani), che avevano mantenuto un legame non solo affettivo ma anche collaborativo nei confronti dell’organizzazione dell’evento. Questi ragazzi, infatti, davano una mano, durante il Festival, con la promozione e la distribuzione di cataloghi e di cuffie in sala. Si era formato con il tempo un vero e proprio bacino di persone che, in qualche modo, avevano partecipato all’evento (come volontari, stagisti, giuratini) e volevano continuare ad appoggiarlo, perché lo consideravano un’importante realtà culturale per la città di Verona. L’occasione per la vera e propria fondazione degli Amici si è presentata nel 2003, quando il comune di Verona sembrava non voler contribuire alla realizzazione del Festival, per ragioni prettamente economiche. Il gruppo ha quindi colto l’opportunità di far sentire la propria voce attraverso una protesta in piazza ed una raccolta firme, per dimostrare all’amministrazione comunale che l’evento era stato molto apprezzato dai cittadini e che rappresentava un’occasione importante per la città, riuscendo di anno in anno a coinvolgere sempre più strati della popolazione (e non solo i veri intenditori). In quel periodo gli Amici hanno inoltre partecipato ad alcune conferenze e a consigli comunali, con magliette e slogan in difesa del cinema a Verona. Quali sono le attività del gruppo, di cosa si occupano gli Amici del Verona

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Ecco cosa mi hanno raccontato Alessandro Fainello e Federico Romano, membri e fondatori del gruppo Amici del Verona Film Festival, durante un piacevole aperitivo in un piovoso pomeriggio di ottobre.

Film Festival? Le attività principali sono legate al Festival, quindi promozione, attività di sostegno in sala durante le proiezioni e pubblicazione di un giornalino, lo Schermo d’Amore, con il resoconto dei momenti salienti dell’evento. Il gruppo collabora inoltre alla realizzazione degli appuntamenti dei Martedì del Festival, rassegne che hanno l’obiettivo di accompagnare il pubblico durante l’anno, di tenergli compagnia in attesa di Schermi d’Amore, che si svolge in aprile. Al di fuori del contesto del Festival gli Amici hanno organizzato incontri con personalità del cinema nazionale, come Paolo Sorrentino (in parte con la collaborazione dell’università di Verona) e Gigi lo Cascio, proponendo la proiezione dei loro principali successi, seguita dall’incontro con l’autore e da una discussione sui temi trattati. Per la prima volta, è stato realizzato l’anno scorso il concorso Crash: contatto critico, ideato per cercare di coinvolgere maggiormente il pubblico durante la visione dei film dei Martedì, invitandolo a scrivere una recensione. La rassegna in questione era costituita da una serie di film abbastanza vecchi, recuperati e recentemente restaurati dalla Cineteca Italiana. Il concorso, sponsorizzato da Fnac, si è concluso con la premiazione dei primi cinque classificati con dei buoni spesa del valore di 100 € e 50 €. Quest’anno, la seconda edizione di Crash: contatto critico sarà più ricca per quanto riguarda i premi e punterà ad un maggior coinvolgimento dell’ Università. È infatti un’occasione importante per mettersi alla prova, soprattutto per i giovani che aspirano nella vita a scrivere di cinema. Un’ulteriore attività del gruppo è, fin dal 2004, l’organizzazione di rassegne estive, inizialmente in collaborazione con Villa Buri e, da quest’anno, presso la suggestiva Corte Molon. Durante i giovedì del mese di luglio vengono proiettate, all’aperto,

una serie di pellicole a tema (argomento dell’ultima edizione è stato Strange Families – Famiglie bizzarre). È possibile entrare a far parte del gruppo e in che modo? Certo che è possibile! Gli Amici si incontrano a scadenza irregolarmente fissa per discutere di cinema e realizzare iniziative di vario tipo. Per collaborare con noi, o semplicemente associarvi, basta contattarci all’indirizzo mail amicidelfestival@ gmail.com o parlare direttamente con i ragazzi durante gli appuntamenti dei Martedì del Festival. Presso il Cinema Kappadue sarà infatti presente, a partire da gennaio, un banchetto del gruppo. Per le nostre attività potete inoltre visitare il sito: www.amicidelfestival.com. L’iscrizione prevede una tessera annuale del costo di 10 euro, che rappresenta un contributo per le iniziative del gruppo e dà diritto a sconti cinematografici o in alcuni negozi del centro. Ci teniamo a precisare che si tratta di un’associazione che vive il cinema senza un attaccamento morboso alla pellicola, ma che lo utilizza anche come strumento di socialità. Organizziamo, infatti, uscite, aperitivi e occasioni di ritrovo per aumentare l’affiatamento dei componenti. Ci piace perciò considerarlo un gruppo di amici, prima ancora di un gruppo di amici del cinema. Due parole per convincerci ad assistere alle proiezioni dei Martedì del Festival? È una rassegna che coniuga da una parte la riscoperta e la revisione di capolavori del cinema del passato, come Metropolis o La grande guerra e dall’altra film recenti ma poco visti. Può essere considerata come la ripresa di quello che era il cineforum di un tempo, vale a dire una proposta di cinema di qualità, tra le pellicole d’essai e quelle che spesso sono ignorate dalle sale.


A RTE ART-VERONA

ALLA RICERCA DEL SENSO DELL’

TRA I PADIGLIONI DI IRENE PASQUETTO

OGGI,

Immagini video, immagini fotografate, immagini dipinte, immagini costruite. Sono tante e sono lì per esser guardate e...comprate. Ecco le protagoniste di Art Verona. Entrando ti assalgono da ogni lato le immagini, catturano l’attenzione, alcune sconvolgono, altre restano indifferenti, altre ancora commuovono, altre sono semplicemente “belle” da guardare, “estetiche” nel senso letterale del termine. Ci si perde. Tutte però ispirano una domanda: perchè? Perchè tutte queste immagini sono arte? Cosa significano? Dicono che per apprezzare l’arte bisogna conoscerla, conoscere la sua storia, conoscere i suoi “grandi”, conoscere gli autori. Dicono. Di fronte a questo bombardamento è difficile estrapolare un senso, un filo conduttore. Un perchè, appunto. Un camion enorme a grandezza naturale domina la visuale di uno dei padiglioni. Se ne sta a testa in giù, tutto compresso e rugoso. Volti di donne, uomini, bambini di diverse nazionalità rendono omaggio alla fotografia. Ritratti rubati. Corpi di uomini si fondono con corpi di conigli nelle statue. Rami reali escono dagli alberi ritratti nei quadri. Un’accetta meccanica rompe oggetti di ceramica. Sono tante le opere strane, bizzarre. Subito colpiscono, perchè non appartengono all’ordinario. Ma poi non si capisce bene cosa resta. Gli occhi viaggiano, si lasciano accarezzare dai colori, si cullano tra il via vai di persone e le gallerie che espongono le loro opere. Alcune opere sono particolarmente simpatiche, anche nella loro semplicità. Una foto di un pacco postale riporta una scritta rossa: l’arte è un pacco. Altre sono particolarmente erotiche: c’è una dipinto dove una donna con la pelle di tessuto stile tappezzeria si spia nelle mutandine con curiosità. C’è una foto dove un’altra donna matura vestita sadomaso domina un omone di colore. L’impressione generale è che tutto ciò che può stupire, anche per un istante, sia arte. La necessità del diverso. Le opere appaiono cariche di non senso e la loro interpretazione sta al singolo soggetto, nessuna univocità le lega. Certo non tutto è così. Passeggiando tra i padiglioni l’attenzione viene rapita da un Andy Warhol originale! Andy Warhol e la pop arte in genere hanno avuto la grande intuizione di rappresentare con l’arte esattamente la società in cui si sono sviluppati: l’arte di massa per una società del consumo. Il messaggio della pop art era comprensibile a tutti. Un’altra grande intuizione di Andy sembra invece descrivere con straordinario genio l’arte oggi: “In the future, everyone will be world-famous for 15 minutes”. E sembra essere proprio così. Come a dire: sì mi hai stupito e adesso sei celebre, ma tra 15 minuti un altro mi stupirà e a sua volta diverrà celebre. Ognuno avrà il suo momento, seppur molto breve.

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NERO rubrica di parole

INVIATE I VOSTRI RACCONTI, POESIE, CITAZIONI A: zanola.elisa@libero.it

Carissimi lettori/lettrici,

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Se vi capita di essere colti da quello scomodo senso di inferiorità nel vedere menti che brillando più del dovuto offuscano il vostro modesto genio e se siete facili vittime più che di quel sentimento incondizionato e candido che si chiama ammirazione, di quel frustrato senso di invidia, allora non leggete le righe che seguono. Perché parleremo di due ragazzi della nostra età, ma di due ragazzi davvero poco comuni. Simili tra loro solo per il nome e per il campo d’azione, la letteratura. Sveleremo gli scrittori Paolo di Paolo e Paolo Giordano, 25 anni il primo, 26 il secondo. Ma visto che la madre degli invidiosi è sempre incinta, per parafrasare un più noto detto, accontenteremo anche la malignità dei lettori, insinuando dei dubbi su uno dei due autori. Se non altro per delineare due modi antitetici di fare letteratura.

Mo

Iniziamo con il vincitore del Premio Strega di quest’anno, Paolo Giordano e con la sua ope-

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r a , La solitudine dei numeri primi, uno dei libri più gettonati dell’anno, con 600 mila copie ven-

s

i no r o t t cri

dute. Ma il libro non è soltanto un campione di incassi, perché l’opera prima del nostro Giordano ha sbancato anche in gran parte dei più prestigiosi concorsi letterari italiani, tra cui, oltre al Premio Strega, a quello indetto dal P.E.N club che l’ha visto finalista accanto a nomi di letterati ben più consolidati, Arbasino tra tutti, che è risultato il vincitore con il suo libro L’ingegnere in blu. Dottorando in fisica all’Università di Torino, con un curriculum universitario da 110 e lode, Giordano deve la sua fortuna letteraria all’aver frequentato uno dei corsi di scrittura creativa alla Scuola Holden (promotrice, tra le altre cose, anche del Perfect day, il giorno perfetto, durante il quale si dà la possibilità agli iscritti, in cambio di un cospicuo compenso, di frequentare le lezioni degli scrittori più importanti del momento, da Lucarelli a Baricco). È certamente un fisico d’eccezione, Paolo Giordano, anche se ingenua-

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mente in un’intervista dichiara di non conoscere i numeri primi gemelli, che danno il titolo al libro, ma di averli scoperti attraverso Wikipedia. Il romanzo infatti inizialmente si chiamava Dentro e fuori dall’acqua; l’attuale titolo, ben più suggestivo, è stato scelto dall’editor della Mondadori. Da questo dettaglio della scelta del titolo, così importante in un’ottica di mercificazione dell’opera intellettuale, emerge lentamente la colossale campagna di promozione che ha permesso ad uno sconosciuto di vincere un premio letterario tanto ambito come il Pre-

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2

a cura di: Elisa Zanola

dato che nessuno di voi ha inviato racconti o poesie, che io fiduciosamente continuo ad attendere, in questo numero abuserò dello spazio concessomi per una riflessione su due giovani scrittori...


Se a questo punto, il vostro senso di giustizia esce gravemente ferito da queste rivelazioni, qualche riga per delineare invece la figura di Paolo di Paolo, che non ha partecipato, da

ospite, come Giordano, all’ultimo Festival della letteratura di Mantova, ma che si sta facendo strada nell’arduo mondo della letteratura in un modo senz’altro più onesto. E qui si inizia a sbiancare leggendo delle sue esperienze: a 15 anni, già aveva un epistolario con Indro Montanelli, a soli 20 anni era stato finalista del Premio Calvino e a 21 del Premio Carver, mentre a 22 ha pubblicato un libro con De Benedetti e uno con Dacia Maraini. Ha conosciuto anche la scrittrice Lalla Romano, Giuseppe Pontiggia, Andrea Zanzotto, Melania Mazzucco… e la lista sarebbe molto lunga. Senza contare la sua attività giornalistica che lo ha visto impegnato con “l’Unità”, “il Riformista”, la “Repubblica”, “Nuovi Argomenti” e con la Rai. Ma senza addentrarci nelle sue attività mozzafiato, che lo vedono, ad oggi, pubblicare già il suo settimo libro, Raccontami la notte in cui sono nato, per Perrone edito-

bri che scrivo e in quelli che amo leggere, dice La Capria, cerco uno sguardo che scenda a fondo nell’interiorità: «e invece spesso di quel ‘mistero’ di cui parlano, che so, Cechov, Dostoevskij, i grandi scrittori classici, del mondo interiore che si ramifica nella coscienza, e di tutti i labirinti, le zone dolenti, le contorsioni di questo mondo, si parla poco.” Così, attraverso la conoscenza diretta e media-

Nelle foto Paolo Giordano e Paolo di Paolo

mio Strega, di cui risulta il più giovane assegnatario dall’anno dell’istituzione. Lui, il cui sogno era di suonare la chitarra elettrica e che non aveva mai scritto nulla prima di quegli Esercizi di stile (per citare Queneau), che sapientemente assemblati dal personale della scuola Holden e della Mondadori l’hanno fatto salire sulle più alte vette della popolarità letteraria. Un articolo reperibile on line, quasi più infido del mio, con insidiosa finezza, attribuisce proprio agli editor della Mondadori “l’accorgimento stilistico per il quale la complessità del linguaggio narrativo è direttamente proporzionale allo status anagrafico dei due protagonisti, astuzia, questa, che mai sarebbe potuta uscire dalla penna di un esordiente.” I dubbi sulle capacità del giovane scrittore che tra le altre cose, con leggerezza afferma di non essersi mai interessato di politica, (cosa che per un letterato equivale ad un ammissione di irresponsabile inconsapevolezza), non fanno che aumentare e sono acuite dalle successive interviste, dove alla classica domanda su quali siano gli autori più amati, risponde con ritmica e monocorde ripetitività, in ogni intervista, sempre i soliti tre o quattro scrittori americani contemporanei, scorrendo tra le biografie dei quali si scopre che sono tutti accomunati dal fatto di aver frequentato corsi di scrittura creativa. Giordano quindi, non legge, perché chiaramente quei titoli gli erano stati indicati come modelli di riferimento alla Scuola Holden. E la sua scarsa dimestichezza con la lettura si comprende anche quando un giornalista gli domanda quali libri detesti: da un Premio Strega ci si attenderebbe citasse, che so io, la pedanteria seppur ironica del Giorno di Parini, il manierismo di Milton, gli attempati arcaismi di un Carducci, lo stucchevole buonismo di un Pellico… e invece ci cita Il Piccolo Principe e Pinocchio, che giusto in età prepuberale potevamo prendere in considerazione. E così, Alice e Mattia, i personaggi del suo romanzo, appaiono come manichini senza profondità, la cui identità sembra esser data, piuttosto che dalla qualità letteraria della scrittura di Giordano, dall’abile copione e dalla sapiente scenografia allestita dalla Scuola Holden e dalla Mondadori, che hanno saputo fare di un’opera che sarebbe passata inosservata, un best seller.

re, vorrei concentrarmi su un’espressione usata da Dacia Maraini,esemplificativa del modo di vedere la letteratura di Paolo di Paolo, ossia: “è più letterato di me”. “Che non è la letteratura tout court. È una sfumatura, uno spazio di quell’universo: avvolgente, un poco mistico. È quel modo di “sentire i libri” che tiene insieme Keats e Pietro Citati, Henry James e De Sanctis”, spiega Di Paolo. È qui il nodo, la chiave di volta che Giordano sembra non aver compreso: per essere letterati bisogna aver letto. E alla domanda sui libri che non ama, Di Paolo non cita Pinocchio o Il Piccolo Principe, ma “quelli in cui niente riscalda la pagina, dove non senti neanche una scintilla di ansia conoscitiva, neanche un tremore. E aggiungerò alcune parole che, in una intervista, mi ha affidato Raffaele La Capria. Nei li-

ta dai libri, Di Paolo si è sempre circondato di letteratura; ed è in scrittori come lui che passa il testamento della conoscenza dei secoli che furono, verso quelli che saranno. Perché se Giordano gli altri vincitori del Premio Strega non li ha nemmeno letti, Di Paolo, molti di loro, li ha conosciuti personalmente. E quando la sua età anagrafica non gliene ha dato modo, li ha conosciuti comunque, attraverso il loro lascito intellettuale espresso attraverso la letteratura. Ma purtroppo, per chiudere questo articolo con una citazione di Salman Rushdie che ben si adatta sia alla sfacciata macchina propagandistica che ha portato Giordano al successo, sia alla trama dell’ultimo libro di Di Paolo, dove il protagonista decide di non rimettersi alla decisione di scegliere e affida la sua vita ad un’acquirente di e-bay, “Sono i Banditori che stabiliscono il valore del nostro passato, del nostro futuro, della nostra vita”.

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APPUNTAMENTI DEL MESE SPECIALE VERONA FILM FESTIVAL I MARTEDÌ DEL FESTIVAL (Ottava edizione / parte prima)

Martedì 16 dicembre 2008 Ore 16.00, 18.00, 21.00 NOI DUE SCONOSCIUTI di S. Bier Martedì13 gennaio 2009 Ore 21.00 PAT GARRETT E BILLY THE KID di S. Peckinpah Martedì 20 gennaio 2009 Ore 16.00, 18.00, 21.00 IL MATRIMONIO È UN AFFARE DI FAMIGLIA di C. Nowlan Martedì 27 gennaio 2009 Ore 16.00, 21.00 IL VEDOVO di D. Risi Ore 18.00, 22.30 I COMPLESSI di D. Risi Martedì 3 febbraio 2009 Ore 16.00, 18.00, 21.00 GONE BABY GONE di B. Affleck

Martedì 10 febbraio 2009 Ore 16.00 CIELO SULLA PALUDE di A. Genina Ore 18.00 ANNA di A. Lattuada Ore 21.00 IL SORRISO DEL GRANDE TENTATORE di D. Damiani

Proiezioni presso il Cinema Kappadue in via Rosmini, 1/B Biglietto intero: € 5,00 Biglietto ridotto: € 4,00 (Amici del Verona Film Festival, Associazioni di cultura cinematografica, Studenti, dipendenti Unicredit, soci Fnac) Biglietto ridotto speciale: € 3,50 (over 60)

primabrindipoisbandi@provincia.vr.it

Chi guida in stato di ebbrezza alcolica commette un reato ed è punito con le seguenti sanzioni:

Tasso alcolemico Tra 0,5 g/l e 0,8 g/l Tra 0,8 e 1,5g/l Oltre 1,5 g/l Punti

Sanzione

Ammenda da 500 a 2.000 euro. Sospensione della patente da 3 a 6 mesi. Ammenda da 800 a 3.200 euro e arresto fino a 6 mesi. Sospensione della patente da 6 mesi ad 1 anno. Ammenda tra 1.500 e 6.000 euro ed arresto da 3 mesi ad 1 anno. Sospensione della patente da 1 a 2 anni. Con la sentenza di condanna è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato. Decurtazione di 10 punti dalla patente di chi ha commesso la violazione (il doppio per chi ha conseguito la patente da meno di 3 anni).

Il veicolo, qualora non possa essere guidato da altra persona idonea, può essere fatto trasportare fino al luogo indicato dall’interessato o fino alla più vicina autorimessa e lasciato in consegna al proprietario o al gestore di essa con le normali garanzie per la custodia. Le spese per il recupero ed il trasporto sono interamente a carico del trasgressore. Si possono effettuare test di screening su tutti i conducenti per poter verificare l’abuso di alcool; i risultati non sono fonte di prova ma snelliscono i tempi e, nel caso risultino positivi, consentono l’effettuazione di test con etilometri di tipo omologato. Il conducente nei confronti del quale sia accertato il reato di guida in stato di ebbrezza, prima di riottenere la patente sospesa, deve in ogni caso sottoporsi ad un esame specialistico (presso la Commissione Medica Locale) per verificare che non sia etilista cronico o che faccia abitualmente abuso di alcool. Nei prossimi appuntamenti mensili ulteriori approfondimenti in particolare sul rifiuto di sottoporsi ai controlli e sul coinvolgimento in incidente stradale sotto l’effetto di sostanze alcoliche.

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Art. 186 - Guida sotto l’influenza dell’alcool


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