#2 - april 07

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16 e 17 MAGGIO: ELEZIONI del

CNSU,

intervista a

Damiano Fermo

ATENEO DI VERONA: quali i suoi limiti IL MINISTRO MUSSI

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sulla la riforma universitaria: ho trovato un discreto bordello

»

il COUCHSURFING o: surfare i divani 9 MAGGIO: maratona letteraria europea


EDITORIALE Prima di tutto una precisazione importante: questo numero non parlerà di ciò che è successo nel mese di aprile in un campus americano, eventi talmente noti da non necessitare ulteriori informazioni utili alla loro identificazione. Nell’esposizione dei fatti i canali di comunicazione mainstream hanno già fatto abbastanza, e se qualcosa d’altro è rimasto in sospeso - e di certo lo è - ho la più completa sicurezza di non avere in tasca nessuna verità capace di spiegare fatti e comportamenti che non possono che sfuggire alla mia umana comprensione. Vorrei dunque lasciare alle singole coscenze il lavoro di sintesi necessario alla creazione di un senso capace di spiegare l’accaduto. E con questo ritengo di aver chiuso. Ora invece vi parlerò di noi e di questo giornale, e voglio cominciare riferendo il primo comma dell’articolo 5, legge 47/1948 - “Disposizioni sulla stampa”: «Nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso la Cancelleria del Tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi», ed ancora, l’articolo 16, comma 1 recita: «Chiunque intraprenda la pubblicazione di un giornale o altro periodico senza che sia eseguita la registrazione prescritta dall’art. 5 è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a lire centomila». Ora: a prescindere dall’opinabile scelta operata dal legislatore in tema di modi e tempi verbali, tralasciando del resto anche l’obsolescenza del mio testo di diritto della comunicazione che si esprime ancora in Lire, la questione sula quale voglio portare l’attenzione è che, senza l’apporto di un giornalista iscritto all’albo, una pubblicazione come questa, creata da studenti (alcuni dei quali studiano per fare proprio la professione di giornalista), secondo la legge sarebbe “stampa clandestina”. Fortunatamente abbiamo trovato una persona disposta ad assumersi le responsabilità derivanti dal comparire nel colophon (per chi non sa cosa esso sia, si tratta delle scritte in grigio alla destra del sommario). Responsabilità che nessuno dei componenti della redazione, composta da studenti e non da giornalisti o pubblicisti, può assumersi. Chissà perchè mi viene in mente un libro che lessi tempo addietro. Parlava delle confraternite di muratori. Tommaso Boscaini pass.vr@libero.it

PASSWORLD

CONSIDERAZIONI SUL SENSO DI RISCHIO Quando non rischiamo niente perdiamo solo opportunità ....................................................... 3/4 NOTIZIE DAI RAPPRESENTANTI Parcheggi, regolamenti e tasse. ................................................. 4 ANCHE NOI AIUTIAMO LA GUERRA Cosa?! La Colombia è in guerra? .............................................. 5 APPUNTI DA UN INCONTRO CON LA SEN. BINETTI Perchè di un gradevole ascolto si è trattato ............................ 6 COUCHSURFING E cos’è, roba da mangiare?......................................................... 7 THANK’U FOR THE ADD Myspace lo conoscevo, ma Spacebox non ho ancora idea di cosa sia. Comunque su ebay vendono i soldi per Secondlife. Soldi veri in cambio di soldi finti. Geniale .... 8 A VERONA SI BEVE. MALE Il problema è il significato che la sbronza assume a Verona8

PASSATENEO

FUMETTI - PER UN PUGNO DI CREDITI - PARTE 2 Dopo la riforma Taricone l’università non è più la stessa ...... 9 ASE-ESN VERONA Questo a titolo personale: adoro le erasmus ....................... 10 UN’UNIVERSITÀ PERFETTA Abbiamo come la senzazione di aver detto troppo ............ 11 IL TEST DI VALUTAZIONE Io non sono capace di rispondere alle sue domande ....... 12 TUTTI-IN-UDU A Verona abbiamo un candidato per il CNSU ..................... 13 JOBCHALLENGE TOUR 2007 Avevo un videogioco che si chiamava così .......................... 14 MINISTRO MUSSI vs RIFORMA UNIVERSITARIA Se il tre più due non è una promozione del discount ........ 15

PASSATEMPO CULTURA-EVENTI-MODA

DIARIO DI ACCADEMIA Esilio ................................................................................................ 16 RIVALUTIAMO IL NEOREALISMO Inflazione, tassi di cambio. si svaluta tutto, ca**o ................ 17 NERO - RUBRICA DI PAROLE La vedi la luce alla fine del sentiero? ...................................... 18 PASSTYLE - RUBRICA DI MODA Quest’estate ho deciso di lanciare il gilet di lana leggera.. 19 NON AVEVI QUALCOSA DA FARE? Noiose scadenze e fantastici concorsi a premi....................20 Inviate i vostri testi a: pass.vr@libero.it - oppure consegnateli direttamente alla redazione. Gli scritti devono essere inediti e autografi, ogni manoscritto a noi pervenuto non verrà restituito. La redazione si riserva il diritto di apporre qualsiasi correzione o modifica, nonchè la decisione finale in merito alla pubblicazione.

prodotto

grazie al contributo dellʼUniversità di Verona

e grazie allʼassociazione onda studentesca

PASS - Parola agli studenti Periodico mensile di informazione Registrazione tribunale di Verona n° 1748 del 31.3.2007 Direttore responsabile: Angelo Perantoni Redazione chiusa il 23 aprile 2007

PER i TESTI SI RINGRAZIANO: Ekutsu Mumbulu, Damiano Fermo, Stefania Finetto, Giulia Tosi, Stefania Gatta, “www.ilveronese.it”, Giulia Motteran, Nicola De Vincenzi, Carlo Visparelli, Roberto Di Salvo, Antonio Galante, Giovanni Merzadri, “Alanus”, Luigi Tasca, Enrico Maggioli Majoli, Maurizio Miggiano, “FAN - www.fuoriaula.it”, Marco Caloi, Antonio Furfari Si precisa che il contenuto del singolo articolo non definisce necessariamente il pensiero della redazione. FOTOGRAFIE E PROGETTO GRAFICO Tommaso Boscaini LA RAGAZZA COPERTINA È: Sandra George Grazie a tutti coloro che hanno collaborato, ma che sono stati dimenticati nei ringraziamenti. Stampato dala tipografia CIERRE - Sommacampagna, VR Il presente periodico è “in attesa di registrazione”.


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Apriamo la presente uscita di PASS con una lucida riflessione sull’utilità del rischio per tutte le attività umane - dall’impresa economica alla vita quotidiana - animati dall’intento di dare non solo uno spunto di riflessione, ma anche una sorta di cornice alla nascita di questa pubblicazione. Buona lettura.

CONSIDERAZIONI SUL SENSO DI RISCHIO di Ekutsu Mombulu

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entiamo dire dappertutto: «chi non rischia nulla non ottiene nulla». Quale valenza dare a tale affermazione? Sappiamo davvero cosa rappresenta il fattore rischio per la nostra vita? È vero che tale concetto è sfruttabile solamente nell’ambito delle organizzazioni economiche? Quali benefici potrebbe avere il nostro ambiente se vivessimo la nostra vita con un maggior senso di rischio? Dalla sua definizione, il rischio è la possibilità di conseguenze dannose o negative a seguito di circostanze non sempre prevedibili (Zingarelli). Tale definizione rivela subito il legame esistente tra il concetto di rischio e quello dell’incertezza. Quest’ultima qualifica il risultato ottenibile in relazione ad una determinata azione rischiosa; l’incertezza caratterizza quello che possiamo ottenere mettendoci in una situazione in cui non vi sia nessun legame diretto tra causa ed effetto. Rischiamo sempre qualcosa. Possiamo rischiare la nostra vita, i nostri beni, le nostre amicizie, la nostra reputazione, etc. Non tutti noi comunque siamo pronti a porci in condizioni di incertezza, in una situazione in cui non conosciamo con esattezza l’effetto di una determinata azione sulla nostra vita. Questo spiega il perché del nostro atteggiamento, direi quasi difensivo, di avversione per il rischio. Ma tale idea negativa che abbiamo del rischio risulta proprio differente nel momento in cui ci riferiamo a realtà diverse da quella umana. In effetti, in un contesto organizzativo, il rischio può avere un’altra connotazione. In modo particolare nelle organizzazioni a scopo di lucro ovvero imprese, il rischio rappresenta la caratteristica principale, senza la quale l’impresa stessa non esisterebbe. Nello stesso modo, la propensione al rischio risulta come una delle caratteristiche fondamentali degli imprenditori di grande successo. Questo si spiega per il fatto che il senso del rischio comporta, per l’essere umano, un’apertura mentale tale da renderlo in grado di provare nuove sensazioni, di andare oltre i limiti preposti dalla propria situazione so-

ciale e di porsi al di sopra delle valutazioni e delle affermazioni ritenute giuste agli occhi di tutti. Ora pensiamo un attimo ad un’impresa condotta da una persona priva del senso di rischio; quasi sicuramente gli obiettivi di tale impresa saranno simili da un periodo ad un altro, essa non avrà il modo di penetrare nuovi mercati per paura del cambiamento e della reazione dei competitori, non firmerà nuovi accordi per paura di rimanerne la parte perdente. Dall’altra parte, conserverà il proprio mercato di partenza e riuscirà a coprire i propri costi solo finché tale mercato glielo permetterà. Nel caso contrario, sarà costretta a chiudere alcuni dei propri stabilimenti e mandare qualche dipendente a casa. Se non riesce a riprendersi neanche in questa fase, modificando i propri obiettivi e sfruttando le opportunità offerte dal mercato in modo da realizzare un profitto sarà costretta a cessare la propria attività. Giacché ci siamo, preme sottolineare il fatto che le imprese che ricevono maggior finanziamento da parte degli investitori istituzionali (banche, società d’investimento,…) sono quelle che, in passato, si sono dimostrate capaci di sfruttare economicamente le opportunità a loro offerte dai vari mercati, rischiando la propria attività. Tuttavia, possiamo fare tale affermazione, fermo restando che tali imprese mantengano la stessa linea di condotta nel futuro; nella stessa maniera l’investimento dotato di un alto livello di rischio garantisce un’elevata remunerazione del capitale in capo agli investitori. Un investimento privo di rischio rende sempre meno rispetto a quello dotato di rischio. Nella teoria economica si suol dire: maggior è il tasso di rischio dell’investimento, maggiore deve essere il tasso di rendimento del risparmio investito. Si capisce dunque quale importanza rivesta il rischio in un’attività d’impresa, ancor più la sua correlazione con il livello di guadagno che può garantire un investimento. Quello che abbiamo appena affermato per le imprese lo possiamo anche considerare, facendo una estra-

polazione, nell’ambito della vita che tutti noi siamo chiamati a condurre nel nostro pellegrinaggio terrestre. Essendo la vita stessa un’impresa, possiamo affermare che l’imprenditore, cioè colui che guida l’impresa della vita, è l’uomo. In questo quadro metaforico, a Dio si riserva la funzione di “imprenditore universale”, con cui l’uomo deve collaborare per riuscire nella sua impresa. Tutte le attività umane sono caratterizzate dal rischio, e ciò può essere affermato benché l’uomo stesso non dimostri sempre un certo senso di rischio durante la propria vita. Prendiamo qualche esempio di tali attività, evidenziandone il rischio racchiuso: vivere (rischio di morire), amare (rischio di non essere compreso dall’altra parte), ridere (rischio di essere preso per un pazzo dai propri compagni), confidare (rischio di essere tradito), mangiare (rischio di prendere peso), studiare per un esame (rischio di non superarlo), farsi dei controlli in ospedale (rischio di scoprire una malattia latente), prendere una responsabilità (rischio di non esserne all’altezza), dare qualcosa (rischio di non ricevere niente in cambio), etc. Ora vorrei che ci Ponessimo qualche domanda: è veramente necessario non amare per la semplice paura di non ricevere in cambio nessun sentimento dello stesso genere? Come farebbe un tizio a scoprire l’esistenza di una determinata malattia latente nel proprio corpo senza aver rischiato di sapere, recandosi in ospedale? Come potrebbe una persona godere del piacere che si prova ridendo a volontà, se continua a temere la reazione degli altri? Sarebbe oggi possibile viaggiare da un continente ad un altro, impiegando poco tempo, senza lo spirito coraggioso dimostrato dai fratelli Wright? Queste domande riaffermano ancora una volta l’importanza del senso di rischio nella nostra vita, anzi il suo ruolo fondamentale nel quadro dello sviluppo stesso dell’umanità. Far niente è un grande peccato. Quando non rischiamo niente, perdiamo solo opportunità. Perdiamo l’opportunità di vivere cose nuove, di (continua a pagina 4)

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BREVI DALLʼATENEO DI VERONA

(continua da pagina 3)

provare nuove sensazioni e per limitare i danni nella nostra vita, rimaniamo nella nostra zona di sicurezza, che però non ci garantisce niente. Ma quali possono essere le cause della nostra avversione al rischio? Premettendo che esse costituiscono, per la maggior parte dei casi, i motivi per cui non riusciamo a superare noi stessi in relazione a determinate situazioni, le possiamo identificare facendo riferimento ad alcuni dei nostri comportamenti quotidiani come la pigrizia, la paura del nuovo, la mancanza di fiducia di sé stessi… Il senso di rischio presuppone un grande amore per l’azione. Esso esige inoltre una determinata dose di coraggio e di stima personale. E queste qualità non sono facili da acquistare; esse si fondano ulteriormente su altri attributi, quali l’amore per la vita in tutte le sue manifestazioni, la fede e la speranza. La fede in chi, in che cosa? E la speranza? Ora ci troviamo davanti a questioni puramente spirituali e religiose con cui ognuno deve fare i propri conti in totale libertà. Pur ritenendo che ogni genere di rischio vada valutato a seconda di aspirazioni e obiettivi puramente personali, non possiamo non parlare del rischio circoscrivendolo all’interno della nostra realtà quotidiana, quella universitaria. La vita universitaria può essere arricchita tramite un piccolo “contributo-rischio” di ognuno di noi. Ora è arrivato PASS, un rischio editoriale che abbiamo assunto. Le opportunità di miglioramento non mancano. Sono lì che si presentano tutti giorni davanti a noi; sono lì che aspettano… Non resta che aprire gli occhi, individuarle e passare all’azione. ■

Rettifiche Il racconto comparso nel numero di Aprile era di Luigi Tasca, curatore della rubrica letteraria. L’articolo sulle coppie di fatto era di Giulia Tosi. Riguardo la questione delle strisce blu: sono state approntate segnaletica verticale e alcuni parcheggi bianchi in alternanza a quelli a pagamento.

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REGOLAMENTI UNIVERSITARI

VIVA LE STRISCE BLU di Damiano Fermo

di Tommaso Boscaini

A novembre dello scorso anno si è riunita la Commissione Permanente per la Didattica, sottostante al Senato Accademico. Il verbale della seduta dice che si è proposta una soluzione al problema delle iscrizioni-esami fasulle. Molti si iscrivono e poi non vanno all’appello. So di alcuni che adoperano un software che li iscrive automaticamente e indiscriminatamente a tutti gli esami della sessione. Nella suddetta seduta si è dunque proposto di creare un regolamento interno all’Ateneo, dunque deficitario dell’autorizzazione dal Ministero, estraneo al Regolamento per la Didattica, nonchè gerarchicamente inferiore e contrastante con esso. La proposta è stata cestinata nella successiva riunione del Senato accademico Allargato, ma quest’ultimo propone ancora la creazione di un “insieme di norme” finalizzate a regolare la pur annosa questione della mancanza di buon senso da parte di molti studenti. Giovedì 26 Aprile la proposta sarà vagliata dal Consiglio Studenti, avente in materia solo potere consultivo. ■

SONO MENO RICCO = PAGO MENO TASSE

Finalmente le tasse universitarie, purtroppo sempre in aumento, saranno distribuite più equamente. Finisce l’era degli scalini, delle fasce, dei blocchi. Come sapete, ad oggi, per tutti coloro con fascia ISEE da 18000 a 50000 euro, la tassa universitaria da pagare è la stessa. Più semplice: chi ha ISEE 18000 circa paga lo stesso di chi è a 50000. Niente di più sbagliato per un sistema che si dovrebbe basare sulla capacità contributiva dei nuclei familiari. Oggi le cose cambiano. Quella che era una fascia immobile e sperequativa diventa da settembre una linea retta crescente proporzionalmente alla ricchezza rappresentata dal modello ISEE, la cui seconda fascia terminerà a 65000 euro. Chi ha di più paga di più, principio tanto semplice quanto talvolta disatteso. Si garantirà così l’accesso all’Università ai meno ricchi mentre i più abbienti contribuiranno un po’ di più. ■

E’ l’ora della responsabilità. Cos’è sta storia del “Gratis, una Verona migliore per te”. Il folletto Beschin di gratis si fa solo la campagna elettorale probabilmente. Ma lasciamo perdere le cazz… Le strisce blu sono un inizio necessario. In ogni città che si rispetti il Centro storico deve essere a misura d’essere umano, per pedoni e biciclette. Non è possibile, con il traffico e l’inquinamento asfissiante, continuare a pretendere di andare da casa in aula con la propria macchinina. La sosta a pagamento è una misura impopolare e, anche per questo, positiva. Quanti sono gli studenti che vengono in treno, in bus o in bici o a piedi? Tanti. Cominciamo a copiarli e vedrete che ne guadagneremo in stress e tempo per leggere e parlare. Pochi sono quelli che, costretti da orari di lavoro o mancanza di trasporti pubblici, devono usare assolutamente la macchina. Per loro stiamo chiedendo all’amministrazione comunale dei parcheggi senza pedaggio fuori dal centro, con la disponibilità di biciclette pubbliche per raggiungere le facoltà. Inoltre, per tutti, Consiglio degli Studenti e Rettorato stanno chiedendo agevolazioni nei trasporti pubblici e maggiore frequenza delle corse, come già avviene nella maggioranza delle città universitarie europee. Ci vuole senso di responsabilità. Si continua a dire che la Terra non può più sopportare una tale mole di consumi e di inquinamento, ma noi non siamo mai disposti a fare un mezzo passo indietro. Crediamo che lo sviluppo sia la Mini-Cooper parcheggiata di fronte la Frinzi? Sbagliamo! Ridurre il traffico in centro non salverà il mondo, ma pensate a una città senza macchine, delle ramblas piene d’alberi. Dove bici bus e tram siano la regola. Le auto una necessità rara. Un’altra Verona, non gratis, da sogno. ■


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“Se la libertà significa qualcosa, allora significa il diritto di dire alla gente cose che non vogliono sentire.” - George Orwell

ANCHE NOI AIUTIAMO…. LA GUERRA! di Stefania Finetto

Aperitivo in piazza Erbe, sabato pomeriggio.

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uerra. Quante volte sentiamo usare il termine guerra… Apriamo un motore di ricerca, digitiamo le sei lettere e appare un elenco infinito. “Canzoni sulla guerra”. “Guerra e Pace”. “Museo storico italiano della guerra”. “Primo e secondo conflitto mondiale”. La lista si fa lunga e niente, o quasi, ci parla dei giorni nostri. Forse questa orrenda cosa non ha niente a che fare con il ventunesimo secolo. O forse è così perpetrata che conviene tenerla nascosta. VENTINOVE sono le guerre che in questo preciso momento - esatto, mentre stiamo leggendo Pass - si stanno svolgendo nel mondo. Da Occidente ad Oriente. Oggi si spara e si muore, in Palestina, Iraq, Afghanistan, Kurdistan, Cecenia, Georgia, Algeria, Ciad, Darfur, Costa d’Avorio, Nigeria, Somalia, Uganda, Burundi, Congo (R.D.), Angola, Pakistan, Kashmir, India, Sri Lanka, Nepal, Birmania, Indonesia, Filippine, Colombia. E non solo. L’elenco è spaventoso ma la cifra delle vittime sacrificate al potere, all’economia, al denaro e agli interessi dei sovrani di questo mondo è ancor più sconvolgente. Quasi sei milioni. 6.000.000 di persone. Una situazione agghiacciante non perché sia da record ma perché nessuno ne parla. Tutti i giorni le immagini di Iraq e Afghanistan ci scorrono sotto gli occhi. Ma sappiamo che queste due guerre sono,

per numero di vittime, tra gli ultimi posti? Sulla vetta la Repubblica Democratica del Congo. E chi ne ha mai parlato? Seconda la Somalia. E poi la Cecenia, l’Algeria, le Filippine e l’India. Un escalation da paura. Ma ciò che intimorisce sono i dati delle schede che, rovistando in internet, si trovano nei siti che dell’argomento si occupano. I giri d’armi sono spaventosi. Armi che intimano la violenza, la morte, le torture, le prigionie. Ma quali stati civili possono farsi portatori di morte? Turchia-Kurdistan 40 mila morti dal 1984. India-Kashmir 90 mila morti dal 1989. India-Nordest 50 mila morti dal 1979. India-Naxaliti 6 mila morti dal 1967. Quattro conflitti sconosciuti, ma tra i fornitori di armi un nome assai noto balza agli occhi: ITALIA. E se i maggiori commercianti di guerra restano gli USA, il nostro paese non si fa mancare niente. E così, una Costituzione che si dice garante della pace, depone le armi, non per distruggerle ma per venderle ad altri. Una situazione imbarazzante che ci riguarda da vicino. Una realtà che ci viene nascosta perché nessuno ha il coraggio di dire: “Sai? Le più grandi banche nazionali finanziano con i tuoi soldi la guerra”. Un coraggioso c’è stato in Italia. Alex Zanotelli, missionario comboniano. Ha perso il suo incarico di direttore del giornale “Nigrizia” per aver

denunciato gli scandali del commercio delle armi e della cooperazione internazionale. “Troppo scomodo” avrà detto qualcuno e allora via. E intanto, mentre noi leggiamo il giornale e i commercianti d’armi continuano la loro attività, i sovrani del mondo, senza chiedere “Permesso”, ordinano le loro vittime sacrificali.

Alcune informazioni al riguardo sul blog di Beppe Grillo: www.beppegrillo.com

“C’è un settore nel quale l’Italia non è in recessione e, anzi, è cresciuta del 16% in un anno. E’ il settore della Difesa, detto anche delle Armi. Nel 2004 il volume di affari è stato di 1.489 milioni di euro. Da quali banche italiane è stato gestito nel 2004 questo commercio? Tre banche da sole rappresentano il 67% di tutto il mercato delle armi: - Banca di Roma, 395 milioni di euro (30,04%) - Gruppo Bancario San Paolo IMI, 366 milioni di euro (27,78%) - Banca Popolare Antoniana Veneta, 121 milioni di euro, (9,19%)” ■

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foto: Mirko Taverani

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Di là dal cancello i sacri luoghi della cultura.

APPUNTI DA UN INCONTRO CON LA SENATRICE BINETTI di Giulia Tosi

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k ragazzi, so che lo state pensando. Ma non vogliamo essere monotematici. Abbiamo solamente ritenuto opportuno rendervi partecipi di un evento ospitato nella nostra Università che crediamo possa meritare alcuni minuti della vostra attenzione. A conclusione di un ciclo di incontri sulla Famiglia e l’impegno socio-politico organizzato dal collegio Don Mazza, sono state ospiti lunedì 16 Aprile l’On. Santolini (UDC) e la mitica ed inimitabile Senatrice Paola Binetti (Margherita). Per chi non avesse ancora avuto il piacere di conoscerla, sprecherò due parole per inquadrare il personaggio. Seduta tra i banchi del Senato della Repubblica, la Prof.ssa Binetti, membra del movimento Scienza e Vita (memento: vedasi i suoi interventi in merito al referendum del 2005), si e ci diletta di frequente con affermazioni divenute or-

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mai un vero cult tra teodem, teocon, clericali e compagnia bella. Leggi: “L’omossessualità è una devianza della personalità” - “Essere gay è un comportamento molto diverso dalla norma iscritta in un codice morfologico, genetico, endocrinologico e caratteriorologico” - “L’Italia non ha bisogno né di eutanasia né di Pacs”. Bene, fatta la conoscenza con tale affabile personaggio, passo a farvi un breve resoconto del piacevole pomeriggio trascorso in sua compagnia. Perché di un gradevole ascolto si è trattato, e non di un dibattito (come invece era stato pubblicizzato), non avendo minimamente lasciato spazio al alcun tipo di contraddittorio: A. per la presenza sul palco di un ospite solidale alla sua linea; B. la precipitosa ritirata della Senatrice al termine della sua esposizione. L’aula T5 si era presentata inizialmente gremita di

persone volontariamente interessate alla discussione ma dopo breve il pubblico ha evidentemente preferito fare ritorno alle sue occupazioni pomeridiane lasciando campo libero alla claque organizzata dai presenti tra le prime file. Paola Binetti ha infatti deliziato la platea con un grazioso ragionamento del quale è stato protagonista il suo tema preferito, la Famiglia. La Famiglia in Crisi, attaccata dalla “modernità liquida” che crea “legami deboli”, privi di solidità, incapaci di generare relazioni durevoli (non starà di certo parlando di quella bestia nera che sono le convivenze, nevvero?). Una Famiglia aggredita dal legislatore (o legislatrici? O ministre? della sua coalizione?), che non può e non deve sostituirsi ad essa nel ruolo educativo. Il soggetto Famiglia che necessita di interventi correttivi a suo favore (e chi si è mai detto contrario alle politiche familiari?). Famiglia che vive nella solidarietà (ovviamente se istituzionalizzata, altrimenti che aiuto reciproco può esserci tra gli individui che vivono illegalmente sotto lo stesso tetto?). Unici elementi di disturbo (o animazione?) alla travolgente performance dell’oratrice alcuni esponenti del circolo Pink. La Senatrice ha poi lasciato la parola all’On. Santolini, che di poco si è discostata dalla sua collega nella trattazione e nei toni. La Sinistra Giovanile aveva da parte sua organizzato una contestazione che voleva essere nei termini di un dibattito civile con l’ospite principale, teso a ricevere risposte a quesiti legittimi che meritavano di essere chiariti. Ahi noi l’occupatissima Binetti è frettolosamente dovuta fuggire a prendere un aereo che l’avrebbe riportata a Roma, tra quegli scranni così comodi e così vicina alla Santa Sede, luogo accogliente per poter combattere le sue battaglie in un ambiente a lei solidale. Non qui tra noi comuni mortali. Non qui tra noi giovani. Non tra coloro che credono di possedere, oggi o in un futuro più o meno prossimo, una famiglia. O che probabilmente una vera Famiglia, così come la intende lei, non l’avranno mai. Ma vivranno in una casa, forse, con un compagno o una compagna, forse con dei figli (legittimi? è da chiedersi), probabilmente afflitti o rassegnati, non avendo una fede al dito, a non veder mai riconosciuto pubblicamente il loro nucleo familiare. Ma noi non vogliamo rassegnarci, Senatrice Binetti. La nostra Famiglia è la sostanza che la riempie, giorno dopo giorno, di gesti e di emozioni, di sorrisi e di lacrime, di pasti condivisi alla stesso tavolo e di veglie al capezzale di un malato. È nella semplicità di questi riti quotidiani e nella sofferenza di questi momenti critici che costruiamo le nostre vite assieme. Costruiamo legami che ci impegnamo a rendere duraturi, ma coscienti del fatto che non sarà di certo una foto con l’abito bianco sul comodino a renderli eterni. ■


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www.hospitalityclub.org - www.couchsurfhng.com

COUCHSURFING di Stefania Gatta

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n principio furono Maria, Giuseppe ed un fienile. 2000 anni dopo potrebbe capitare un giaciglio altrettanto scomodo, ma il concetto resta quello: bussare e chiedere alloggio per la notte, o meglio, di surfare un divano a costo zero. I servizi di ospitalità online mettono in contatto, ogni giorno, centinaia di miglialia di viaggiatori da tutto il mondo: Hospitality Club (www.hospitalityclub.org) e Couchsurfing, le due community più importanti della rete, contano ciascuna circa. 200.000 utenti che chiedono ed offrono un tetto per la notte, un giro per la città, o semplicemente informazioni utili a chi viaggia. In realtà il progetto è decisamente più ambizioso. La missione ufficiale di CS ( www.couchsurfing.com) è quella di “…creare una rete internazionale di persone e luoghi, scambi culturali, sollevare la coscienza collettiva, diffondere la tolleranza e facilitare la comprensione culturale.” La leggenda narra che Casey Fenton, lo storico fondatore di CS, acquistò un biglietto aereo per l’Islanda e da bravo studente squattrinato, escogitò un modo per risparmiare sull’alloggio. L’idea alpitouriana del “turista fai da te” venne rielaborata da Casey, il quale inviò a più di 1500 colleghi di Reykjavik una mail con la richiesta di poter usufruire dei loro divani per una o più notti e la possibilità di vivere la città assieme a loro. E fu così che, nel 2000 venne inaugurata l’era Couchsurfing - e presumiamo, anche quella del tanto gradito Spamming -. Iscritti alla community si compila il tradizionale profilo con interessi, fotografie e dati personali – per la sicurezza dei propri membri HC chiede l’invio di quelli di un documento d’identità e CS ha un

sistema di Verification su 3 livelli – nonché con le informazioni relative al tipo di disponibilità che si decide di dare, dal semplice incontro per un caffè, al letto/divano/pavimento in parquet. Stabiliti destinazione e periodo, un motore di ricerca fornisce i profili degli utenti della zona in questione ai quali inviare la richiesta. Ogni surfer, a seconda della disponibilità del padrone di casa può, in questo modo vivere a pieno la realtà locale, dalla semplice cena tra amici, al giro per la città tra locali e monumenti. Le community però, non offrono solo questa possibilità ma attraverso il contributo degli iscritti sono attivi gruppi di discussione e sezioni wiki che raccolgono informazioni e guide sulle destinazioni di tutto il mondo. Sono nati veri e propri sottosistemi territoriali - in Veneto si trovano soprattutto nel padovano - che collaborano attivamente anche offline, tenendo calendari degli host, organizzando eventi, meetings e camps oppure semplici aperitivi e serate tra i membri che si ritrovano a far parte di una comunità che è soprattutto reale. Reti di contatti che in molti casi si rivelano utilissime anche a chi si è appena trasferito in una nuova località ed è per questo che il fenomeno è in costante crescita anche tra le generazioni dai 30 ai 50 anni. Fasce di utenza che, si potrebbe utopicamente presupporre, siano interessate - più che al risparmio - al cultural sharing globale che Fenton auspica. ■

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Questo articolo ci è stato gentilmente fornito dalla testata di informazione on line www.ilveronese.it

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A Verona si beve. Male. di Gianfranco Di Gennaro, pubblicato il 26.03.2007 su www.ilveronese.it

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ualche giorno fa è uscito un articolo su Repubblica in cui si diceva che a Verona si beve come pazzi e che adesso hanno cominciato a farlo anche i ragazzini di tredici e quattordici anni. Si aggiungeva, tra l’altro, che questi ragazzi poi se ne andrebbero all’Alter Ego a far notte e si metterebbero a fare i bambini cattivi con la droghe, i motorini e tutto il resto. Effettivamente la prima impressione di chi viene da fuori è che a Verona si beva tanto, e se non bevi sei tagliato fuori, non sei un essere umano, la gente per strada non ti saluta. Fra poco non ti fanno più nemmeno votare. Però l’Italia è terra di vino e tutta la nazione beve ed ha sempre bevuto. I nostri nonni bevevano più di noi però l’alcol lo tenevano meglio. Non c’era l’Alter Ego ma c’erano i bordelli. I nostri nonni non guidavano e non imitavano Scamarcio con la moto. E non suonavano la chitarra. Per cui va bene, da queste parti si alza il gomito un po’ troppo, forse qualche litro annuo pro-capite in più lo mandiamo giù. Ma il problema è il significato che assume la sbronza a Verona. A Milano si beve perché ci si vuole ammazzare, a Bologna perché è bello mangiare, a Roma perché si brinda all’impero. C’è dietro una poesia, un’estetica, un significato. A Verona oggi la sbronza è liberatoria, serve a darsi un tono, serve a provarci con le donne, ad essere un po’più amici del solito. Serve ad essere un po’ribelli in una città dove sgarrare non è permesso e serve ad avere vent’anni quando la carta d’identità dice trenta. Non è un problema di cosa ma di come. E si beve anche perché ci sono più soldi per bere. Ecco, forse il nord-est italiano beve perché deve consumare. Se no che produce a fare? ■

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THANKʻU FOR THE ADD! di Giulia Motteran

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na nuova epidemia sta contagiando il popolo, ormai totalmente e inesorabilmente, affezionato ad internet: “Myspace”. Da pochi mesi ho avuto la sfortuna di entrare a contatto con quell’affascinante ed intrigante paese degli internet addict, dove veramente, si può trovare di tutto! Maledetto quel giorno… È diventata una droga! Ho cominciato ingenuamente con Myspace, per poi condividere le mie interessantissime esperienze con gli amici di Facebox, e il prossimo obiettivo è Hi5. Un disastro! Se prima le mie connessioni duravano il minimo indispensabile per controllare la mail, ora devo ritagliare almeno mezz’ora della mia giornata per soddisfare le mie esigenze virtuali: nemmeno il tempo che il desktop si carichi totalmente, che la freccia del mouse sta già nervosamente cliccando sull’icona di MSN Messenger. Inserisco mail e password, ovviamente sbagliandola quelle cinque o sei volte utili per sbuffare, e intanto penso: “Ma questo c… di computer ha intenzione di aprirmi questa f… finestra???”. Si apre MSN e insieme a lui innumerevoli finestre, totalmente inutili. Sono già nervosa. Apro Explorer. E attendo. Ancora.Vado nella home di Myspace ed inserisco, di nuovo, mail e password. Attendo. Ed eccola lì, la mia beneamata pagina! Un messaggio mi dice che ho nuove richieste di amici: ovviamente non conosco personalmente nessuno di essi. Un altro mi dice che mi sono stati inviati nuovi commenti. Nella mia mente malata penso ad un principe azzurro che, vista la mia foto abilmente modificata (grazie Photoshop!), si è innamorato di me. Sì, certo. Le mie aspettative per un futuro migliore sono stroncate sul nascere da un commento che mi occupa tutta la pagina: l’invito ad un concerto in Bulgaria. Bene. Se prima ero nervosa, ora

sento l’irrefrenabile impulso di schiaffeggiare quel visionario bulgaro che pensa che io possa andare a Plovdiv a vedere il suo concerto di musica tradizionale! Bevo un sorso d’acqua. Ora sono pronta per affrontare Facebox. Inserisco, per la terza volta, nickname e password che ovviamente non è la stessa, altrimenti non sarebbe stato divertente. Penso che lo schermo a cristalli liquidi mi stia prendendo in giro: “page not found”. Non una, nemmeno due, ma ben sei volte mi ribadisce che la mia pagina non si trova! Ora come faccio? L’idea di non poter contattare i miei amici virtuali mi spezza il cuore! Finalmente compare il mio bel visino (di nuovo, grazie Photoshop!) e mi viene comunicato che ho otto messaggi privati. Le aspettative precedenti se ne sono andate insieme al commento del cantante bulgaro, accuratamente cestinato. Ora non sono più l’ingenua ragazzina di dieci minuti fa. In compenso in sette messaggi su otto mi vengono proposte amicizie da sedicenni che a quanto pare non hanno capito con chi hanno a che fare. Successivamente molte risposte, riguardo quello che considero un grave disagio adolescenziale, mi vengono suggerite dai miei dati personali: compare che io sia del ’95…ora si spiega la perversione degli adolescenti! E l’ottavo messaggio? Il più atteso, il più desiderato, il più commovente: quello del quarantacinquenne che si fotografa in mutande (in piena erezione) e ti chiede se nella foto che compare sul tuo profilo sei legata a delle catene o stai semplicemente dondolando su un’altalena! ■


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OSCENEGGIATURA: TEO - DISEGNI: RICK

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ECONOMIA:: CAMBIA LA DISCUSSIONE DI LAUREA di Nicola Devincenzi

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ttenzione attenzione! Cari triennalisti di Economia, come molti di voi avranno già potuto notare sul sito di facoltà o attraverso echi di corridoio, le modalità di discussione della tesi di laurea dopo il 3° anno sono cambiate. Come in ogni cosa anche qui ci sono aspetti negativi e positivi, ma a mio personalissimo parere non si può che esserne soddisfatti. Gli unici che forse potranno sollevare delle lamentele potrebbero essere quelli che credo per professione,nei giorni di laurea, si trovano presso le varie facoltà per intonare con una perizia straordinaria canti ed inni ormai ben noti e che ogni volta si arrovellano le cervella per poter escogitare nuovi scherzi alzando sempre più il limite fino a che non ci saranno delle esecuzioni di piazza con cannoni spara uova o cose del genere. Infatti, la nuova metodologia prevede, brevemente, che la discussione pubblica non ci sia più, in quanto il tutto avverrà durante uno degli appelli d’esame concordato con il relatore che, coadiuvato da un altro professore, provvederà a dare una valutazione al candidato. Giudizio che sarà poi base di partenza per la decisione della vera commissione d’esame che darà il voto finale. Wow. Che altro dire. Il giusto sunto della mia reazione. Oltre ad evitare le penose scene di delirio nei giorni di laurea (cosa comunque poco rilevante a dire il vero, ma più appariscente agli occhi studenteschi e non solo..) tutto ciò riuscirà a dare una mano ai professori,che saranno giustamente e finalmente sollevati da “pro forma” un po’ pesanti e dispendiosi, in termini di tempo e pazienza. Infatti le lauree che “contano” dopo i 5 anni avranno modalità uguali a quelle consuete, mentre a livello di triennali sarà reso tutto più veloce. Per la felicità di tutti (o quasi…) ■

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ASE-ESN Verona ERASMUS DAY - IX Edizione Martedì 8 Maggio 2007 di Carlo Visparelli

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ornare dall’estero. Vivere un’esperienza indimenticabile in un paese che, magari, prima risultava semi-sconosciuto. Conoscere persone nuove, entrare in contatto con una cultura diversa e innamorarsi dei luoghi visitati e delle persone che ci abitano, dei loro tratti somatici, del loro modo di parlare. Ricordi che segnano per sempre la vita di uno studente Erasmus. A.S.E.-E.S.N. VERONA è nata per questo, per non lasciare che il periodo di studi all’estero sia solo una parentesi della propria vita, ma per far continuare a vivere il ricordo. Un’Associazione di studenti dell’Università di Verona, che, in modo del tutto volontario, si impegnano ad accogliere i loro “colleghi” stranieri che partecipano ai programmi di mobilità internazionale, primo fra tutti, appunto, l’ERASMUS. All’interno dell’ateneo veronese molti studenti conoscono l’ASE, molti ne hanno sentito parlare, ma non sanno di cosa si tratta con precisione, infine, altri ne ignorano l’esistenza. Per fare un po’ di chiarezza e per soddisfare i più curiosi, quindi, è opportuno spiegare prima il significato delle due sigle ASE e ESN, da cui si possono capire i due aspetti principali dell’Associazione, quello studentesco e quello internazionale. Per ASE si intende Associazione Studentesca Erasmus, invece, ESN significa Erasmus Student Network. ESN è un associazione europea di studenti universitari, il cui scopo è di è promuovere e supportare gli scambi internazionali fra studenti. ESN è composta da oltre 2500 membri attivi e 60000 soci. Ci sono più di 200 sezioni locali in 28 paesi, organizzati in 3 livelli, quello locale, poi nazionale e infine quello internazionale. “Uniti nelle Diversità” è il motto che sta alla base di tutte le iniziative di ESN, in particolar modo nel raggiungere uno degli obiettivi più importanti, l’integrazione europea. A.S.E., che partecipa nella rete internazionale di

ESN dal 1999, è stata fondata il 12 febbraio del 1992 da alcuni ragazzi che, tornati dall’esperienza Erasmus, hanno sentito la necessità di dare un punto di riferimento agli studenti stranieri che sarebbero venuti a studiare a Verona. Infatti, il primo impatto con un paese, una città, una lingua e soprattutto una cultura diversa può apparire disorientante. A.S.E. vuole essere una sorta di bussola per gli studenti Erasmus all’interno dell’Università, il suo primo fine è, come già detto in precedenza, quello dell’accoglienza. I soci italiani dell’Associazione, spesso ex erasmus, mettono a disposizione il loro tempo per dare indicazioni su svariati aspetti, dai corsi delle varie facoltà, agli uffici di riferimento e tutto ciò che riguarda la vita universitaria veronese. Le attività svolte durante l’anno sono davvero tante, da gite di più giorni a uscite giornaliere, visite a musei, feste a tema, attività sportive e l’evento più importante dell’anno, l’ERASMUS DAY, che quest’anno è giunto alla IX edizione. ERASMUS DAY è un momento di incontro tra università di Verona e gli studenti erasmus presenti nell’ateneo. L’occasione per degustare i piatti e le bevande tipiche dei vari paesi. Ci sono diversi stand, uno per nazione, in cui gli erasmus preparano degli assaggi che offrono agli studenti dell’Università di Verona. Quest’anno l’Erasmus Day sarà in collaborazione con la “Festa delle Associazioni” e si terrà nel giardino vicino alla mensa Martedì 8 Maggio 2007…vi aspettiamo! “A.S.E.-E.S.N.Verona” invita tutti gli studenti dell’Università di Verona a recarsi in ufficio (situato al piano terra del palazzo di lingue, appena entrati corridoio di destra) per qualsiasi informazione e curiosità e in ogni caso a consultare il sito www. aseverona.it per essere al corrente di tutte le iniziative. ■


UNʼUNIVERSITÀ PERFETTA … ?

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Il presente articolo è firmato dallʼintera redazione, con lʼintento di prendere una posizione ben definita riguardo alcuni aspetti della didattica e dellʼorganizzazione dellʼateneo. Riconoscendo la presenza di numerose nonchè risolvibili falle, invitiamo i lettori ad inviare le proprie osservazioni in merito a: pass.vr@libero.it La redazione

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difficile avere un giudizio critico sulla realtà che abbiamo sempre conosciuto, senza aver paragone. Essendo straniera, iscritta da quest’anno a Verona, il giudizio critico ce l’ho per forza: quello con l’università del mio paese. E mi sono interpellata su numerose cose. Mancanza di rispetto È la prima cosa che mi ha stupito. Non è il caso di tutti i prof, però quante volte ho sentito dire: “Ho un convegno la settimana prossima, quindi non ci sarà lezione.” E sembra una cosa normale. E capita nel migliore dei casi, perché spesso il prof non viene e non ci ha neanche avvisato prima, oppure l’ha fatto qualche ore prima sull’internet o nelle bacheche per avere la coscienza tranquilla… Ma si può onestamente fare venire decine di studenti da tutte le parti della provincia per NIENTE? Dov’è il rispetto della persona in questo caso? La goccia d’acqua arriva durante le Lauree: nel mese di Marzo ho perso 6 lezioni perché le lauree occupavano le aule. Oltre ad essere un rituale un po’ assurdo (cosa c’è di cosi straordinario avere una laurea di 3 anni ?), le lauree di qualche studenti disturbano tutti gli altri… Un insegnamento dispersivo Quando uno sceglie, dopo la maturità di specializzarsi in una materia, si aspetta di avere un percorso di studi che corrisponda a questa materia. Ingenuamente forse, mi sembra una cosa evidente. Invece vedo che in tanti corsi di laurea (di Lettere sopratutto) ci sono un sacco di esami possibili, che spesso non c’entrano niente con la materia

scelta, o che dovrebbero essere stati fatti al Liceo. Sembrano qui per fare più serio, dare più credito al corso di laurea… Partendo dell’idea che va sempre benissimo avere una cultura generale estesa, accettiamo questa dispersione: però il problema è che dare tanta scelta fra esami così vari e diversi rischia di screditare il valore della laurea… Gli esami Qui tocchiamo un punto scottante. Com’è possibile pensare di “organizzare” esami in questo modo? Io semplicemente non capisco: fare venire decine di studenti alla mattina per l’orale e farli aspettare ore e ore, per poi mandarli a casa perché sono in troppi e farli tornare un altro giorno. Ho fatto sei esami: due volte il prof è arrivato, davanti a una cinquantina di studenti dicendo: “Non ho la lista degli iscritti. Arrangiatevi tra di voi per fare un ordine.” Arrangiarci? Una folla di persone che vogliono ovviamente tutte passare al più presto? Il terzo esame era uno scritto, che doveva cominciare alle 11.00: il prof, senza neanche scusarsi, è arrivato tranquillamente alle 12.00 Questo sistema continua ad andare avanti così perché, una volta fatto l’esame, lo studente è cosi sollevato che va a casa e pensa ad altro. Ma questo non è l’unico sistema possibile! Quali soluzioni? Purtroppo penso che sia l’intera organizzazione da cambiare, ma anche un certo attegiamento da parte dei prof e degli studenti, al fine di migliorare lo svolgimento delle

lezioni e degli esami. Non so com’è organizzata l’università in Svezia, in Portogallo o in Germania. So solo che nel mio paese, dove l’università è ben lontana dell’essere perfetta, non si deve aspettare ore per fare un esame. Non penso che i prof siano contenti di fare 30 orali in uno stesso giorno: allora perché non pensare ad un’altra organizzazione? Direi che bisognerebbe fare più scritti, almeno per il primo anno, nel quale gli studenti sono molto numerosi. Fare meno appelli e meno esami, pero più approfonditi. A cosa serve fare decine di esami subito dimenticati perché studiati in fretta? Non abbiamo scelta se non vogliamo finire l’università a 30 anni! A casa, avevo 5-6 esami da fare a Gennaio, e altri 5-6 a Giugno, due appelli massimo, e dopo queste due sessioni potevo passare all’anno superiore, quindi là una triennale si fa effettivamente in 3 anni. E avevo meno da studiare: gli appunti dei prof (2 per ogni materia) e una bibliografia da leggere per impadronirsi meglio la materia. C’era da studiare, però non da solo, con un libro “da mangiare” perché il prof non fornisce una dispensa completa. Alla fine, per fortuna, ho trovato insegnanti bravi che ci fanno dimenticare questi problemi, permettendoci di concentrarci sulle cose importanti: imparare, scoprire, migliorare, in vista di diventare professionalmente e personalmente compiuti. Resta il fatto che un sistema più semplice, più rispetto e una maggiore serietà renderebbero l’università molto più efficace. ■

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IL TEST DI VALUTAZIONE di Roberto Di Salvo

FUORI AULA NETWORK GLI APPUNTAMENTI DI MAGGIO

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’argomento di questo articolo è ormai noto a tutti gli studenti; dato che ci troviamo nel secondo semestre delle lezioni è quindi noto anche agli studenti del primo anno. Come si può intuire dal titolo vogliamo occuparci dei test di valutazione che ci vengono proposti durante lo svolgimento dei vari corsi universitari. Si tratta di quei test con un format prestabilito, in cui ciascuno di noi è invitato ad esprimersi su vari aspetti che caratterizzano il corso. In particolare la valutazione del docente, della materia, della struttura. Quando ci vengono proposti però non ci viene detto qual è l’importanza che rivestono. Cerchiamo di capire meglio perché vengono svolti. Con l’ introduzione della Legge 24 Dicembre 1993 n. 537, si è previsto che in tutte le università venissero istituiti dei nuclei di valutazione interna, con il compito di verificare, mediante l’analisi comparativa tra i costi sostenuti e i rendimenti ottenuti, quella che è la corretta gestione delle risorse pubbliche, la produttività della ricerca e della didattica, e per ultimo ma non da ultimo l’imparzialità ed il buon andamento dell’azione amministrativa. A questo punto viene da chiederci: E con ciò? Cosa tange a noi?? I nuclei di valutazione interna si avvalgono dei test che ci fanno compilare, per perseguire proprio gli obiettivi indicati dalla

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legge. Quindi non hanno una importanza marginale, perché dopo avere preso atto di quelli che sono i risultati, essi vengono spediti al Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, il quale, effettuata una comparazione nazionale dei dati arrivati da tutti gli atenei, li utilizza per la verifica dei programmi di sviluppo e di riequilibrio del sistema universitario, procedendo alla successiva assegnazione delle risorse. Quindi facendola breve ed evitando troppe ridondanze, il messaggio di fondo è il seguente…quando ci danno il test non dobbiamo vederlo solo come un momento di svago all’interno della lezione, come spesso avviene, ma dobbiamo prendere atto che in realtà nella compilazione dobbiamo stare attenti a valutare quella che è l’effettiva realtà e cercare di rappresentarla nel migliore dei modi. Questo comporta, da parte nostra, un approccio di tipo critico che vada a premiare quelle che sono le punte di eccellenza nel servizio che ci viene reso dall’università e che invece mette in luce quelle che sono le carenze. Anche perché, analizzando quelli che sono gli aspetti meno felici della nostra vita all’interno dell’università, si riesce a trasmettere dei segnali agli organi preposti al controllo che così facendo, si spera risolvano i problemi!! ■

Sarà un mese ricco di appuntamenti quello che FAN ha preparato per il maggio degli studenti universitari veronesi e non solo. Una serie di eventi cui la web radio dell’Università di Verona parteciperà in prima persona. Si parte l’8 maggio con la presenza di FuoriAulaNetwork alla FestAteneo ovvero la festa delle associazioni e degli studenti Erasmus realizzata dal Consiglio degli Studenti degll’Ateneo insieme all’Associazione Ase e alle altre realtà studentesche scaligere. Un pomeriggio e una serata all’insegna del divertimento, dello scambio di culture e della buona musica. FAN sarà presente dalle 14 animando la festa Erasmus con i conduttori della trasmissione “Where are you from? Erasmus!” e con la musica della playlist FAN per proseguire poi con il concerto dalle 19.30 Sul palco nel prato della mensa di San Francesco si alterneranno i Poveri di Sodio, i Pierrot Le Fou e gli Home. Il giorno seguente, poi, appuntamento alla Maratona Letteraria Europea. Il 9 maggio dalle 11 alle 23 FAN trasmetterà in diretta le 12 ore di maratona con la lettura integrale de “La coscienza di Zeno” per un evento organizzato dalla nostra Università con la Fondazione Aida e per il primo anno a livello europeo. A seguire le gesta letterarie, al Cortile Mercato Vecchio di Verona, saranno in primis i conduttori di “Una storia infinita” insieme a tutta la redazione di FAN. Appuntamento musicale, invece, venerdì 18 maggio alla Taverna Corto Maltese di Lungadige Porta Vittoria. A suonare saranno i riminesi Mr. Brace per una serata all’insegna del folk psichedelico. Maggio si chiuderà con la partecipazione di FAN e dell’Ateneo scaligero al primo Festival nazionale delle radio universitarie in programma a Padova dal 23 al 25 maggio. In collaborazione con l’ateneo patavino e l’associazione RadUni una festa per la radiofonia universitaria italiana e la web radio dell’Università di Verona non mancherà. Infine, FAN sostiene e sarà presente all’incontro con l’eclettico pianista jazz Stefano Bollani nel pomeriggio del 28 maggio in Università. Per sapere aula e ora? Guardatevi intorno. Informazioni sugli eventi FAN su www.fuoriaula.it . Have FAN! ■


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TUTTI-IN-UDU

Intervista a Damiano Fermo, candidato per le elezioni del CNSU, il 16 e il 17 Maggio

di Tommaso Boscaini

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amiano Fermo è attualmente presidente del consiglio studenti dell’ateneo di Verona ed è il candidato del nord-est per le elezioni al Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari, appoggiato dall’UDU. Gli abbiamo inanzitutto fatto notare che “tutti in UDU” non era un invito a presentarsi come mamma lo ha fatto, ma alludeva appunto all’Unione Degli Universitari, poi gli abbiamo fatto un paio di domande.

Ma gli studenti conoscono e usano la figura del rappresentante?

Ei bello, ho detto TUTTI-IN-UDU, non TUTTI NUDU. Tre parole staccate, capito?

Ciao Damiano, io sono rappresentante come te, mi sono candidato perché mi hanno ingannato dicendo che avrei avuto la tessera per il parcheggio. Tu perchè ti sei candidato?

Quando, tre anni fa, è stata ora di elezioni alcune persone di una lista universitaria mi hanno convinto a farlo. Tutto è nato in modo un po’ impreciso, data la mancanza di comunicazione tra rappresentanti e studenti nell’Ateneo di Verona. Date queste premesse, credi che qui interessi agli studenti dell’esistenza dei rappresentanti?

Deve interessare. Perchè? Cosa hai fatto tu fin’ora, di importante?

Sono Presidente del Consiglio Studenti da novembre e si stanno facendo e discutendo molte cose. La mia attività però è cominciata prima, nella facoltà di economia, dove ho sempre detto ciò che non andava con Preside e Professori, dalla didattica ai servizi ausiliari. Si, ma dammi un esempio concreto.

La facoltà ha ridotto il numero degli appelli da otto a sei in previsione del nuovo ordinamento. Questo non era assolutamente equo rispetto agli iscritti della vecchia triennale. Tramite una presa di posizione nei Consigli di Facoltà e una corposa raccolta di firme siamo riusciti ad attivare degli appelli straordinari per l’esaurimento delle lauree, scandalose, da 38 esami. Di questi giorni invece, la proposta per tutto l’Ateneo di gestione via internet degli appelli orali. Per non dover più perdere giornate a causa della disorganizzazione dei Prof (del tipo: oggi i primi trenta, domani gli altri).

Come dovrebbe sempre essere, sono gli studenti che devono chiamare in causa noi rappresentanti. Per far ciò dobbiamo esserci, farci vedere e comunicare agli studenti che siamo una risorsa per loro. E come farebbero a chiamarvi?

Per esempio tre anni fa si è riaperta l’aula rappresentanti di economia al primo piano, assicurando una presenza quasi giornaliera, cosa che gli studenti hanno potuto verificare di persona. Al Polo Zanotto c’è l’aula rappresentanti di Lingue, Lettere e Sci.For., sempre frequentata (vicino le macchinette). Anche a Medicina e Scienze siamo presenti in aule preposte. Il contatto diretto è essenziale. Stiamo cercando di assicurare una presenza fisica in tutte le facoltà. Ma tocca anche agli studenti interagire con noi, fate il primo passo se ci vedete fermi! Inoltre è già attivo un blog fatto da un rappresentante di Scienze, per tutte le facoltà, in cui gli studenti possono chiedere e scambiare idee e materiali. C’è la FestAteneo il prossimo 8 maggio, organizzata dai rappresentanti. Insomma, stiamo cercando di comunicare, speriamo di riuscirci. E all’interno del CNSU, cosa pensi che potrai fare? Credi che sia un organo utile?

Noi qui a Verona abbiamo un consiglio degli studenti che dialoga con il Rettore e con gli organi di ateneo per cercare di migliorare la nostra università. Il CNSU ha come controparte direttamente il Ministero dell’Università. L’obiettivo, se eletto, sarà quello di portare direttamente all’attenzione del governo i problemi che vivono gli studenti veronesi e italiani in generale, dalla riduzione del numero di borse di studio, al caro affitti (e in nero), alle precarie condizioni cui sono costretti oggi gli studenti stranieri. In Veneto da poco le borse di studio per gli stranieri a reddito zero sono drasticamente passate dal 70% a meno di un punto percentuale, mettendo in difficoltà decine e decine di studenti con carriere avviate e stabili nel nostro Ateneo. Si è passati da un estremo

all’altro con sconcertante naturalezza. Inoltre, un obbiettivo forte, da anni perseguito dall’UDU, sarà quello di far approvare dallo Stato italiano uno Statuto degli universitari. Una Carta dei Diritti che oggi non esistono o sono solo consuetudine, che ci tuteli a norma di legge. In Francia ce l’hanno da 50 anni. Pensi che sia giusto che i rappresentanti degli studenti ricevano una retribuzione? Il mio gettone presenza al consiglio degli studenti è di circa 30 euro.

Noi riceviamo 27 euro a seduta nel Consiglio degli Studenti. Mentre i rappresentanti in Consiglio di Facoltà non ricevono nulla e spesso sono quelli che lavorano di più. Comunque non è una retribuzione, è un rimborso spese e data l’entità potremmo benissimo farne a meno. È un minimo riconoscimento simbolico del ruolo svolto. Le cose che stridono sono da altre parti. In senato accademico il gettone è 10 volte tanto e molti Professori hanno doppio o triplo lavoro. Molti altri invece consacrano la professione alla didattica, va dato atto. Ti pagheranno al CNSU?

Ti interessa questo argomento! Mi hanno parlato di 80 euro/seduta più rimborso spese. È sempre chiaro che non lo si fa per i soldi, ma per ben altri motivi, decisamente più nobili. Continuerai a fare politica?

Semplicemente sì. Essere eletto al CNSU sarebbe personalmente un’esperienza chiarificatrice. Vorrei scoprire se la politica, onesta, sognatrice ma concreta, è possibile. Questo mi piacerebbe verificare. Non si smette di dire che il futuro siamo noi, sono le giovani generazioni. Non ci viene detto però che se lo vogliamo, questo futuro lo dobbiamo cercare e costruire senza aspettare chissà cosa. Sta a noi scattare e non farci frenare dall’ipocrisia e dal conservatorismo che pesa ancora troppo nella nostra Verona. Dobbiamo andare avanti! Grazie Damiano.

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Chissà quale radioso futuro lavorativo mi aspetta.

Una buona ciambella di salvataggio per orientare gli studenti verso il lavoro, forse però è uscita senza il buco.

JOBCHALLENGE TOUR 2007 I

l JobChallengeTour è costituito da una serie di giornate di incontro aziende-studenti, organizzate all’interno delle principali università italiane, che hanno l’obiettivo di permettere il confronto tra le migliori realtà aziendali e i potenziali candidati interessati ad un inserimento lavorativo. L’iniziativa si sviluppa su due livelli: la presenza di stand o aree affini presidiate da Responsabili d’azienda e una serie di presentazioni spot di circa 20 minuti in cui ogni azienda presente descrive la propria attività e le posizioni aperte sia come stage e sia come lavoro. Il 21 marzo 2007 è stata la volta di Verona, la giornata di incontro iniziava già dal mattino ma riesco ad arrivare solo per pranzo. Entrato nel Polo Zanotto trovo ad “accogliermi” un tavolo pieno di volantini pubblicitari e due simpatiche hostess, che non appena mi avvio verso gli stand, mi chiedono se voglio iscrivermi per poter quindi entrare nella loro banca dati e poter ricevere le offerte di stage disponibili. Io le rispondo che non sapevo cosa fosse il Jobchallange. Purtroppo non ottengo chiarimenti, non per colpa della hostess, ma credo a causa dei responsabili che non hanno spiegato nemmeno a lei il tipo di manifestazione. Sempre nell’area di accoglienza dei studenti/visitatori, sulla parete vedo una grande scritta che dice: “Stampa qui il tuo curriculum vitae e entra nel mondo del lavoro”. Sapete di cosa si trattava? Una postazione

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informatica dove un’altra hostess ti stampava il tuo CV in formato elettronico. Questa iniziativa poteva anche passarmi inosservata se non fosse che siamo all’università e vorrei trovare uno studente che non ha una stampante per stamparsi il CV, ma soprattutto perché ritengo, alla luce di com’è andata la giornata, che tra tutti i servizi a contorno del jobchallange forse questo era proprio l’ultimo necessario. Proseguo e mi avvio all’area degli stand. “Ogni azienda è presente con un ministand allestito per l’occasione. Tutti i candidati ed i visitatori hanno la possibilità di confrontarsi con i responsabili delle società circa le attività dell’azienda, le dinamiche di carriera, le posizione lavorative aperte ecc. e, chiaramente, consegnare il proprio CV”. Queste parole sono prese dal loro sito internet, ma sincerante la mia esperienza è stata diversa. Mi avvio verso lo stand della Credem (gruppo bancario) dove c’era un signore che alla mia vista invece di accogliermi è rimasto più muto di me. Certo sono io che sto cercando uno stage, ma in quella situazione ero io il cliente da conquistare e quindi doveva essere lui a introdurmi alla sua società. Invece il tutto si è svolto con un imbarazzante dialogo di 30 secondi che si è concluso con “se vuole può lasciare il suo curriculum”. Glielo lascio e provo a spostarmi nello stand successivo. E’ lo stand della Ernest & Young (società di servizi professionali) che risulta completamente vuoto, infatti i responsa-

bili erano in pausa e lo saranno per tutte le 2 ore successive! Non mi arrendo e mi avvicino allo stand della Kpmg (società di revisione e di organizzazione contabile). Qui qualcuno c’è ma anche questo signore dichiarava di non essere molto informato e che se volevo potevo compilare un modulo con il quale loro mi inserivano nel loro sistema informatico. Mi sono rifiutato alla vista del modulo: due pagine fitte in cui chiedevano tutte le informazioni possibili…ma non fate prima a farvi lasciare il nostro curriculum? Potrei continuare così con tutte le altre aziende presenti o quasi. L’unico stand a cui c’era la fila era quello del jobadvisor, ma per il semplice motivo che se stavi ad ascoltare quello che avevano da dirti ti portavi a casa la solita guida su come affrontare i colloqui, scrivere il CV, ecc… Ho trascorso il mio tempo girando, aspettando che i responsabili concludessero la pausa. Alla fine della giornata non ho appreso molto di nuovo a causa dello scarso coinvolgimento nei confronti degli studenti. Forse l’unico aspetto che io ho trovato positivo ed interessante, sono state le presentazioni che ciascuna azienda ha fatto, nelle quali spiegavano cosa fanno concretamente gli stagisti che sono inseriti presso di loro (sperando solo che poi non ci si ritrovi a far le classiche fotocopie). PASS■


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MINISTRO MUSSI vs RIFORMA UNIVERSITARIA Se il 3+2 non è una promozione del discount di

Antonio Galante

Un tipico esempio di riforma allʼitaliana.

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he l’istruzione pubblica sia un argomento caldo lo si sa, e parlare di università non è affatto semplice. Come per ogni cosa c’è sempre qualcuno che riesce a parlarne “bene” o chi semplicemente si accoda al parere comune. Fra i tanti pareri comuni che sono arrivati all’apposita casella di posta dicci_la_tua@universicheè?!.bu ne ho scelto uno particolare: l’intervento del ministro Mussi riguardo la situazione universitaria italiana ad una seduta di Confindustria. «Ho trovato un discreto bordello» Poi spiega che: «Era un’espressione in slang, frutto di un confronto franco fatto con gli industriali che ha portato all’obiettivo comune di rilanciare la ricerca in Italia.» Questo intervento è stato fatto quasi un anno fa, di certo se ne saranno fatti di passi avanti sul tema delle riforme. Sono state riassunte così. Sostituire il sistema del 3 + 2 con il cosiddetto “modello ad Y”. Per ogni corso di laurea sarà prevista una base comune (60 crediti) e poi una separazione: il percorso professionalizzante, che conduce alla laurea triennale (1 + 2, 60 + 120 crediti) e il percorso metodologico che prepara al biennio successivo e porta fino al quinto anno con la laurea magistrale (1 + 2 + 2, 60 + 120 + 120). Il numero degli esami Non più di 20 esami per arrivare alla laurea triennale e non più di 12 per ottenere

quella magistrale. I trasferimenti. Nel caso di trasferimento degli studenti in un altro ateneo o in un altro corso, le università devono riconoscere il maggior numero possibile di crediti, Quando il trasferimento avviene nell’ambito di una stessa classe, la quota di crediti deve essere pari al 50% di quelli maturati. Il riconoscimento dei crediti. Le università potranno riconoscere agli studenti conoscenze e abilità professionali certificate, attraverso convenzioni con enti pubblici per laureare l’esperienza, fino ad un massimo di 60 crediti per la laurea triennale e 40 per quella magistrale (questa non è una riforma ma una “errata corrige” nei confronti della riforma moratti che ha dato la possibilità ad alcuni dipendenti pubblici di avere riconosciuti a volte 135/180 crediti per l’esperienza lavorativa maturata. Si sono accorti che così era troppo facile.) Meno corsi. Viene messo un freno alla proliferazione dei corsi di laurea, che oggi in Italia sono 5.400. Per entrare nei nuovi ordinamenti, i corsi dovranno garantire che almeno metà degli insegnamenti, 90 su 180 crediti complessivi, siano tenuti da professori di ruolo. La tempistica. A partire dall’anno accademico 20072008.

Di certo ogni punto sopra elencato sarà passibile di critiche, ma il periodo che l’università italiana sta vivendo è al minimo storico, le università sbarcano a fatica il “lunario accademico” e l’ultimo taglio della finanziaria da un milione di € ha costretto i rettori i italiani alle manovre d’emergenza. Ora quasi reclamano l’8x1000 sulla dichiarazione dei redditi dei nostri genitori. Se realmente stiamo toccando il fondo dobbiamo solo aspettarci un miglioramento dalla riforma, sperando che la direzione in cui essa porterà le università sia quella giusta… Quella che riuscirà a far salire i nostri atenei nella cresta delle top 100 University of world (attualmente il primo ateneo italiano è al 124° posto). Quella che non solo invoglierà gli studenti a proseguire gli studi all’interno dei confini italiani, ma anzi aumenterà il numero di dottorandi stranieri nel nostro paese (attualmente solo il 2%). Quella che riuscirà a tranquillizzare gli animi dei precari che non vedono altro che una carriera in seconda linea (no comment). Considerando che il Ministro ha appositamente indetto un tour accademico per constatare con mano i malumori degli studenti e dei professori, posso solo consigliarvi ciò che io direi se lo incontrassi in università (anche io mi permetto uno slang per rendere più fruibile il concetto): «Sig. Ministro, l’istituzione del sistema 3+2 è stata una cazzata». ■

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SCENE DI ORDINARIA DEMENZA

PASSATEMPO JF

GingerPress

E

Gesù disse: ‘Andate e legnatevi di santa ragione.’ Così si espresse un mio conoscente esegeta citando, a suo dire, il contenuto delle Sacre Scritture. Probabilmente non doveva essere un esegeta armato di buon senno, e tanto meno lo si sono dimostrati taluni fedeli tradizionalisti, i quali nel giorno del Signore, domenica 15 Aprile, diedero vita ad un concitato diverbio magistralmente condito con pugni e spintoni, il tutto d’innanzi al Duomo di Verona. Dall’altra parte del ring si schieravano il diacono ed un giovine volenteroso. Pare che il motivo del diverbio siano stati alcuni volantini contro l’accordo di concessione di San Pietro Martire ai luterani. Da sottolinearsi un battibecco avvenuto in seguito tra Mons. Bruno Fasani e un tradizionalista irriverente: Trad: ‘Lei è più pallido del solito, vada a farsi una lampada.’ Mons: ‘La lampada falla tu, ma al cervello, così forse potrebbe maturare!’ Ahhhh, che belle scene!! E dopo la violenza negli stadi, scatta l’era della violenza sui sagrati. ■

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DIARIO DI ACCADEMIA Esilio. Alanus

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ono qui che perlustro, severissimo tenente, lo studio. Sono arrivati i mobili nuovi (in pero, leggo sull’etichetta), carini; e attendo nervoso l’arrivo del nuovo computer, rigorosamente bianco “di quella marca là” e chicchissimo, perché quando si è una fashion victim, lo si è todo modo e senza compromessi, come i talebani. Quand’ecco che bussano alla porta, apro, ed è una ragazza: è qui per registrare l’esame. La faccio accomodare, un po’ mi spiace perché l’ispezione non era ancora terminata e si sa, non c’è nulla come perlustrare il nuovo territorio, come fanno militari in azione, che ne assicuri il possesso, ma tant’è. Ci sediamo. È carina, apparentemente timida nell’aspetto, ma per nulla dimessa o rassegnata; infatti lo sguardo tradisce una certa decisione. Mi cade l’occhio sul cognome: non c’è dubbio, è serbo. Se nasci a Trieste, a certe cose ci fai l’occhio, anche solo per l’abitudine quando getti lo sguardo sui campanelli nei portoni. Apro il libretto, e infatti: nata a Belgrado. Non posso trattenere un sorriso; amo i serbi più di qualunque altro popolo slavo e balcanico, e l’origine di questa ragazza mi fa sentire immediatamente partecipe, vicino, perfino complice. Perché vengo da una città che, almeno fino a quando vi ho vissuto la mia adolescenza, era ancora diversa, italiana per i formalismi della politica, ma centroeuropea nello spirito, mediterranea nell’indolenza, e balcanicissima nella sbracatezza, nei gusti kitsch, e nella curiosità intellettuale. Esattamente all’opposto dell’Italia, insuperabile nella naturale devozione in privato all’estetica e alla presentabilità, e insopportabile nel pubblico disprezzo verso le regole più elementari della convivenza. E banale, insopportabilmente banale nel suo edonismo ridanciano, che non legge, non sperimenta, non osa, non trasgredisce, non cresce. Come tutto il Primo Mondo, in realtà; mentre noi, nella nostra provin-

cetta ai margini e subito fuori dell’Impero, dove le spensierate bugie dell’Occidente sembravano un sogno, tempo ne avevamo, per leggere e discutere, sempre e su tutto (come magistralmente immortalato in The Culture of Lies di Dubravka Ugrešić). Non riesco a non sprizzare contentezza per l’incontro casuale; vorrei scambiare due parole, ma non vorrei strafare; lei credo percepisca la stranezza nel mio atteggiamento. Alla fine non ce la faccio: devo espormi, e butto lì: “Sa, amo moltissimo Belgrado; sono triestino, conosco bene la Serbia, ho tanti amici là…” Lei resta sorpresa: certo non se l’aspettava. Ma la reazione non è quella che speravo. Non è contenta, è chiaro, il corpo si contorce sulla sedia, e infine si richiude in se stesso, nel doppio accavallarsi di braccia e di gambe. Alla fine tutto quello che riesce a dire è un “Ah sì?” Peggio che andar di notte. E in effetti potevo aspettarmelo: l’ho riconosciuta, l’ho stanata dal rifugio dove lei, in esilio, si era rifugiata. Ricordandole la sua origine l’ho come strappata dalla normalità omologata che si è costruita in Italia in anni e anni, certo pagando il suo bel prezzo, dato che questo è un paese per nulla facile, altro che “brava gente” e il coeur in man, o l’apparenza facilona. Siamo entrambi in esilio, in un certo senso: io ho dovuto abbandonare Trieste, che altro non è che la piccolissima porzione dei Balcani in territorio italiano, per trovar fortuna, e spesso mi sento straniero in patria; lei lo stesso e anzi molto di più, come migliaia di giovani prima e dopo di lei, costretta a scappar via da un paese esploso. Imbarazzati entrambi, scegliamo la via d’uscita naturale: un diplomatico silenzio. E nonostante i sorrisi siamo rimasti soli, chiusi in noi, sempre di più. doncarlos323@libero.it ■


JF PASSATEMPO

RIVALUTIAMO IL NEOREALISMO di Giovanni Merzari

foto: Mirko Taverani

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ell’Italia degli anni trenta del ‘900, in aperta polemica con la cultura retorica e celebrativa imposta dal fascismo, nasce il neorealismo, un filone culturale che ha abbracciato per un ventennio in maniera quasi onnicomprensiva la letteratura e il cinema e che proponeva come fine principale la testimonianza veritiera della realtà tramite un linguaggio diretto e subito comprensibile dai lettori/spettatori. Il cinema si è impresso con forza nella memoria collettiva (chi non ha sentito almeno nominare “Ladri di biciclette” di De Sica o “Roma città aperta” di Rossellini?) e, ricevendo l’etichetta di “neorealista” anche grazie al fatto che questo è stato probabilmente il primo vero movimento cinematografico italiano, probabilmente ha oscurato la rilevanza della letteratura che si muoveva parallelamente a questo: così questi scrittori, in un certo modo privati di una denominazione comune e corale, hanno smarrito più facilmente negli anni un po’ della loro identità e di peso nella memoria comune. Forse questo non basta a giustificare un disinteresse abbastanza generalizzato per un filone letterario che fino agli anni ’80 aveva riscosso un notevole successo in particolare presso la gioventù di sinistra. La “colpa” di questi scrittori potrebbe essere una sorta di mancanza di pretese con le quali il lettore possa confrontarsi: sono scrittori che con il tramite di un alter ego raccontano con un linguaggio semplice che si avvicina al racconto orale e senza retorica se stessi e la realtà sociale popolare in cui si trovano calati tra il fascismo (il primo romanzo considerato neorealista è “Gli indifferenti” di Moravia del 1929, forte critica alla viziosa società bene dell’era fascista), la guerra e il dopo-guerra sino agli inizi del boom economico: il partigiano Johnny (ossia lo pseudonimo di Beppe Fenoglio, dall’omonimo libro) è un partigiano consapevole della sua limitata possibilità di azione che racconta la sua guerra nei monti del Piemonte tra paura del nemico e della tisi e nascondigli tra una capanna e l’altra; Pavese racconta nei suoi romanzi, immerso nella vita quotidiana di Torino e delle colline del Belbo, la sua personalità incapace di ottenere il successo, col contrasto tra voglia di ideali e di lotta e paura del movimento. Quindi, una totale negazione dell’eroismo

e dell’uomo forte e lottatore sbandieriato dal fascismo con la presentazione di un uomo calato nella sua vera realtà che, tra spaccati di vita quotidiana (descritti spesso con poeticità, anche dialettale) e sigarette sempre accese, racconta le sue debolezze, le sue delusioni e aspirazioni. Il protagonista del romanzo neorealista non impone il suo io, forse non ruba nemmeno la scena, non vuole presentarsi come un modello positivo, parla sottovoce a chi vuole ascoltarlo. Il rapporto che spesso si crea tra il lettore e il protagonista è posto a un livello paritario (senza pretese avevo già sottolineato), come se quest’ultimo volesse confidarsi in un flusso di coscienza che tocca spesso temi quali i rapporti familiari, l’amicizia e l’amore. E questo porsi della narrazione che spesso attinge dall’esistenzialismo si scontra ardentemente con la celebrazione che oggi viene fatta all’uomo di successo che, avendo ottenuto ciò che voleva, magari anche perché è diventato famoso, ha qualcosa da raccontare. Un altro aspetto di questa corrente è la particolare attenzione che viene data nella descrizione della realtà alle varie sfumature che le cose, anche quelle meno rilevanti per quanto concerne il proseguio della trama del libro, possono avere: così elementi della vita quotidiana come ad esempio dialoghi dialettali, sigarette fumate in determinati momenti, comunissimi lavori domestici delle donne etc. divengono centrali e vengono riletti in una chiave poetica e spesso affascinante. Temi che possono però risultare, forse anche giustamente, obsoleti in una società come la nostra che ha imposto la ricerca della velocità come stile di vita. Il neorealismo, nel suo ritrarre in maniera veritiera l’uomo e la sua realtà, è stato anche denuncia e impegno sociale: forti troviamo la critica alla società fascista che fu spesso causa di confini forzati al sud dell’Italia (da ricordare “Il carcere” di Pavese, ispirato dal suo soggiorno forzato in Calabria) e il sostegno, privo comunque di acritica glorificazione, alla causa partigiana; numerosi anche i romanzi-documentari di situazioni di particolare disagio che affligevano la popolazione italiana: in questa direzione il “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi che descrive il primitivismo culturale e economico degli abitanti di un paesino della Lucania immersi nella miseria e in leggende e mistiche credenze che spaziano dal cristiano al pagano. Quindi il neorealismo come movimento che è stato voce e testimonianza dell’Italia dagli anni ’30 agli anni ’50, non solo sotto l’aspetto cinematografico ma anche letterario: un patrimonio culturale di immenso valore che non può essere lentamente dimenticato nell’oblio degli scaffali delle librerie. ■

MARATONA LETTERARIA EUROPEA

9 maggio, cortile del mercato vecchio

di Stefania Gatta

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ercoledì 9 maggio Verona ospiterà la tappa italiana della European Literary Mara-

thon. A 57 anni dalla dichiarazione Shuman l’Europa Unita sarà celebrata in un happening che coinvolgerà, oltre all’Italia, altri 7 Paesi membri. Dalle 11 alle 23, nel cortile del Mercato Vecchio di Verona, cittadini volontari si avvicenderanno nella lettura de “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo, considerato uno degli autori italiani più significativi e rappresentativi del panorama letterario europeo. Il concertato di parole vedrà come protagoniste le città di Cartagena (Spagna), Bucarest, Atene, York, Järvenpää (Finlandia), Cracovia e Sliven (Bulgaria). Inoltre, grazie alla collaborazione della provincia di Cagliari e della Regione Sardegna l’evento sarà portato anche nella Casa di Reclusione di Isili. Tra i lettori che si avvicenderanno: Pino Roveredo, premio Campiello 2005, Pietro Spirito, Giuseppe Longo e Alberto Cavagilion. E visto che un po’ di moto non fa mai male, dalle 21.00 in poi, centinaia di maratoneti, tra cui l’oro olimpico Gabriella Dorio, prenderanno parte alla Staffetta Letteraria Sportiva. Al posto del testimone un libro e come i Paesi aderenti, 8 saranno i punti di scambio, simbolo della cultura cittadina. Oltre alla manifestazione in programma, numerosi saranno gli eventi collaterali previsti, che vedranno la partecipazione di autori ed esperti del pensiero sveviano, in Veneto ed in Italia. A Verona il 2 maggio alle ore 21.00, Umberto Galimberti filosofo e psicoanalista, sarà l’ospite dell’incontro speciale alla Libreria il Minotauro di via Cappello ed il Prof. Mario Allegri, docente di Letteratura Italiana dell’Ateneo nonchè coordinatore dell’evento, sarà presente al Fnac Cafè martedì 24 aprile alle ore 18.00. La manifestazione del 9 maggio verrà trasmessa integralmente dalla Web Radio di FuoriAula ed in parte dal network RadUNI. ■

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PASSATEMPO JF

NERO a cura di Luigi Tasca

: rubrica di parole

Appendersi. Affidarsi alle parole, ai ricordi che esse evocano. Come fossero in mezzo ad un mare che ti vuole trascinare giù.

La vedi la luce alla fine del sentiero?

“La vedi la luce alla fine del sentiero?” “Sì, ma quanto manca ancora?” “Ci vorrà tutta la notte, dovremo camminare molto, faremo fatica. Qui, col buio, non si vede nulla, qui al buio sentiamo solo i rami spezzarsi sotto i piedi, le foglie sbriciolarsi; sento il tuo respiro, amore, sento che hai freddo. In questa strada lunga, con questi lunghi rami che ci graffiano le braccia, sento che hai paura, che hai paura di sbagliare. Hai avuto forza, coraggio. Hai scelto di seguirmi pur sapendo di quale orrendo crimine mi sono macchiato, pur sapendo che il nostro, il mio, non è un viaggio, è una fuga. Mi hai seguito fino a qui e ora è come se le tue gambe pesassero di più, per la fatica, per l’angoscia. Puoi ancora scegliere; lì più avanti un sentiero scende e ti porta dritta a Ca’ Ramata, ti posso lasciare dei soldi per il biglietto della corriera, per tornare a casa. Oppure puoi seguirmi, ma in questo caso dovrai starmi appresso e non parlare con nessuno, dovrai rinunciare alla tua identità, dovrai perdere il tuo bel cognome di un’altra Età. Arriveremo dai Perugini e avremo nomi nuovi per lasciare questo Paese, e non sarà una cosa facile.” “ Io non so..” “ Mi dispiace averti fatto tutto questo, tu volevi un amore come quello dei tuoi libri, io invece te ne ho dato uno come quello dei miei” “ La tua vita è come un libro…” “ I miei libri puoi bruciarli, la mia vita puoi lasciare che si bruci da sola.. è questo il sentiero. Non posso chiederti, dirti nulla ora..” “ Non dire nulla.” La aspettai per anni. Non passò giorno che io non la pensassi, che io non desiderassi i suoi occhi e le sue carezze. Trascorsero tanti anni e di lei non seppi nulla.

Scrissi lettere e poesie, scrissi di me e di lei. Scrissi di quello che fu tra di noi. In questa terra lontana dal Bel Paese lavorai come facchino, come manovale. Un po’ di qui e un po’ di là . Abitai in stanze economiche e luride. Possedevo pochi libri e tre li portai via con me il giorno della fuga. Mi sono fermato spesso a leggere e a scrivere. In un certo senso mi sono fermato a leggerla e a scriverle. Anche se le mie lettere non sono mai partite. Ogni giorno è trascorso come un giorno trascorre, ma era come se fosse vuoto. Il ticchettio dell’orologio rimbombava dentro di me come se anch’io fossi vuoto, come se la mia vita fosse vuota, finita. Mi chiedevo perché. Cosa stavo facendo? Sono scappato per salvarmi, per continuare a sopravvivere, lontano da una terra, la mia terra, che mi aveva offerto la galera per redimermi, che mi aveva proposto le sbarre tra me e il sole, le sbarre tra me e lei per essere perdonato. Come se la galera potesse riportare in vita un uomo che non c’è più. Come se la galera potesse salvarmi dal peso della mia coscienza, della mia coscienza di uomo che uccide un altro uomo. Sono scappato per avere la stessa distanza: tra me e il sole, tra me e l’allegria delle mie allegrie. Non so più nulla di lei e io ho avuto diverse compagne in questo tempo. Nessuna a cui abbia saputo dire nulla più di: “va bene, ma ora lasciami un po’ per conto mio”. Qui da queste parti mi sentivo solo, ho sempre lavorato più o meno, ma ho avuto grossi problemi con questa strana lingua romanza. Ricordo che in Italia pensavo e riflettevo anche grazie a parole che ascoltavo per caso,

distrattamente per strada. E nel mio esilio parlavo male e non pensavo in questa lingua. Ma pensavo al mio essere così distante da tutti i miei ricordi, pensavo che forse avrei dovuto smetterla di restare chiuso in me stesso. Pensavo agli amici mai più rivisti e che avrei voluto rivedere. Pensavo che un uomo non può tenersi tutto dentro per sempre. Non riuscivo a comunicare come avrei voluto, non sentivo il peso delle accezioni delle mie parole espresse con la mia cadenza leggermente veneta. Non riuscivo a percepire il senso profondo di una parola appena appena sussurratami all’orecchio da qualche bella ragazza. E pensavo che in fondo il mondo è pieno di belle ragazze, di belle ragazze che si innamorano di te, che sono pronte ad amarti per succhiare un po’ della tua vita. Anche qui ne trovai. Ma non seppi che farmene una volta riscoperto e soddisfatto il mio piacere. Dopo ogni notte trascorsa insieme non riuscivo a dormire, non potevo svegliarmi al mattino con mani di donna che non riconoscevo, che non volevo tenessero le mie. Sapevo che il mio amore aveva bisogno di orecchi ai quali comunicare che io ero lì, di mani da tenere in mano per dire: “io sono qui, non avere paura di stringerle”. Lei non si era attaccata, aveva deciso di accompagnarmi, di seguirmi. Mi parlava di cose strane e a volte diceva che ero all’antica. Chissà a cosa si riferiva. In fondo l’ho sempre pensata, e non l’ho mai cercata perché sono stato troppo poco uomo per cercarla. Perché mi illudevo che la mia assenza potesse asciugare le sue lacrime. Le mie, le ho fatte seccare ingiustamente anzitempo.

“…sono lontano e mi torni in mente, t’immagino parlare con la gente… (da “Per me è importante” di Federico Zampaglione - Tiromancino) Care sorelline e cari fratellini di università, che soddisfazione! Mi sono arrivate ben sette (dico SETTE!) mail di racconti. Ringrazio tutte e tutti per il coraggio ( - sì sì coraggio - ) che avete avuto nell’inviarmi le vostre parole. è facile dire “non mi piace” o “potrei fare tranquillamente di meglio”; è un po’ meno facile esporre le proprie creature. Nell’epoca della comunicazione preconfezionata spiragli di luce si affacciano qua e là. Con imbarazzo ho dovuto fare delle scelte, ma tutti i “vecchi” racconti rientrano in gioco per il prossimo numero. Sinceramente, universitari: non è importante vedere iil proprio nome su PASS, ciò che conta per noi è scrivere e sognare, ciò che conta sono le vostre parole nella vostra vita. Inviate i vostri racconti (max 4500 battute), poesie, citazioni o varie a NERO: rubrica di parole. Inviate racconti, poesie, citazioni a: PASS18

gigiimbriago@yahoo.it

Enrico Maggioli Majoli

Un gioco Il tuo viso segna e bagna le mie mani. La solita lama, il solito sangue, e nuove cicatrici, come fiumi che i ghiacciai in primavera ingrossano. ricordo quella notte giovane vecchia cinque anni fa: nel tuo letto volevo e cadevo, non sapevo, t’amavo. Le tue mani nelle mie: ed era solo un gioco Luigi Tasca


di Maurizio Miggiano Streetchic.wordpress.com

C PASStyle

PASSATEMPO

Per quanto riguarda i colori, usate un poʼ di immaginazione, ok?

Se ti stai chiedendo chi è questo ragazzo appena uscito Direttamente da Parigi, una deda Grifoni in via Adua a Verona, devi sapere che in verimoiselle ci mostra come il blu e il tà si tratta di Orlando Bloom appena uscito dal proprio nero siano abbinabili eccome (alla albergo newyorkese in perfetto military style con boots faccia della convenzione) anche invecchiati di Premiata e occhiale d’ordinanza, anche se se non giocate nell’Inter: sopra gli probabilmente ci sono 5 gradi. Sotto lo zero. È lo star fitted skinny jeans neri un cappotsystem, ragazzi. to blu elettrico con tanto di fascia nera in raso a mo’ di cintura. A completare il quadro, guanti neri lucidi fino al gomito e una deliziosa borsa marrone effetto vintage.

Mise plastica ineccepibile, per carità; peraltro 100% impermeabile. No way invece per il calzino: azzurro, basso, bucato.

La vignetta di PASS

A proposito di trading up: fa ottima mostra di sé una bella D&G belt. Del resto quel capo spalla, salvo tu sia Della Valle o De Sica, meglio lasciarlo perdere. E giudicando dalla collana modello “vu cumprà”, non sei alcuno dei due. Il buddha, invece, ha classe.

grazie a:

www.progettofumetto.org

Quella specie di plaid copre quella specie di abito, ma nulla copre quella specie di scarpa: in effetti la ballerina bianca con lacci gialli è proprio da evitare. Palette cromatica per vere malvestite: bianco, giallo dorato, beige, nero. Le labbra sembrano parlare chiaro: “Mh… fatto ‘na cagata”.

SCEMEGGIATURA: Federico Vacca - DISEGNI: Giorgio Zanetti

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scadenze

FESTA DELLA LIBERAZIONE

25 APRILE

DUE POESIE IN ONORE DELLA FESTA NAZIONALE.

Avevo due paure

Avevo due paure La prima era quella di uccidere La seconda era quella di morire Avevo diciassette anni Poi venne la notte del silenzio In quel buio si scambiarono le vite Incollati alle barricate alcuni di noi morivano d’attesa Incollati alle barricate alcuni di noi vivevano d’attesa Poi spuntò l’alba Ed era il 25 Aprile

07/05 programma tirocinio MAE-CRUI 15/5 asilo nido , baby ateneo 31/05 pagamento 2^ rata universitaria

Votazioni del rettore presso Palazzo Giuliari 1^ 2^ 3^ 4^

Votazione, Votazione, Votazione, Votazione,

mercoledì 23 maggio dalle ore 9:00 alle ore 17:00 giovedì 24 maggio dalle ore 9: alle ore 17:00 martedì 29 maggio dalle ore 9 alle ore 17:00 giovedì 31 maggio dalle ore 9 alle ore 17:00

Elezioni rinnovo CNSU: Consiglio nazionale degli studenti universitari 16 e 17 maggio 2007

Incontri a Scienze Motorie

Mercoledì 9 maggio: Arrampicata sportiva ed alpinismo – “Avventura verticale” con la Guida alpina Maurizio Giordani Mercoledì 16 maggio: Evoluzione della figura dell’inviato speciale col giornalista FulvioZara Mercoledì 23 maggio: Camminare per allenarsi: “Il Fitwlaking” con il Campione olimpico Maurizio Domiliano

Master

• 04/05 Geografia, governance ed economia (F.S.E.) LINGUE E LETTERE • 11/05 Formazione ed addestramento professionale (F.S.E.) SCIENZE della FORMAZIONE • 25/05 Comunicazione interculturale e gestione dei conflitti –formazione a distanza- SCIENZE della FORMAZIONE

http:\\guide.dada.net

Alle fronde dei salici E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull’erba dura di ghiaccio, al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento Salvatore Quasimodo MANDATE LE VOSTRE FOTOGRAFIE ALLA REDAZIONE, LA MIGLIORE SARÀ PUBBLICATA ED IL VINCITORE RICEVERÀ UN FANTASTICO PREMIIO.

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