#15 March/April

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stampato su carta riciclata

anno 4 numero 15 marzo/aprile 2009

PASS IL MAGAZINE DEGLI STUDENTI DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA


PASSATENEO

FUORI AULA NETWORK Intervista a Riccardo Poli.......................................................4 PASSAPORTO Frammenti di Scozia: non solo kilt guys..................................5 CRONACHE DELLO SPRITZ Il Santo................................................................................6 BESTIARIO Tra la Frinzi e l'Equatore........................................................7 ATENEO NEWS Bici Esu / Futurismi a Verona.................................................8 LOCALI A VERONA Siete mai stati da Chez Philippe?...........................................8 OFFSITELIFE.COM Vita da (Studenti) Fuori Sede..................................................9

PASSWORLD

CLA-USURA CAPITOLO 2 La C(l)astellana nel suo dominio......................................10/11 IO? BEVO.BRUCIO.SUPRO.POI RIFLETTO Riflessioni sulla sicurezza del Paese.....................................12 CON AMORE A QUELLI CHE PER PASSARE IL... Tempo bruciano i barboni....................................................12 DOWN IN ALBION + CASE MATTE IN GIAPPONE Bamboccioni made in U.K. / Architettura dal Sol Levante........13 COLPIRNE UNO PER EDUCARNE CENTO Giustizia italiana ...........................................................14/15 VERONA È STUPEFACENTE Capitale dell'Italia che si droga............................................16 LA POSTA DI EMMA Lettera di Indeciso '36.........................................................17 MEDICI PER LA PACE Volontariato ma non solo.....................................................18 PER UN PUNGO DI TERRA + VALORE IN ITALIA Gaza City / In Italia un uomo vale meno di un litro di latte......19

PASSATEMPO

MUSIC MADE IN VERONA VOL. 5 Ecco a voi i Carnera FM.......................................................20 PLAYLIST Tre album sciocchi..............................................................21 GENTE DI VERONA Riflessioni scaligere............................................................22 ARTE Maurizio Cattelan................................................................23 CINEMA Mondi congiunti: cinema indipendente africano...............24/25 LIBRI I Labirinti della Sfinge..........................................................17 NERO RUBRICA DI PAROLE Racconto un sogno.............................................................19

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EDITORIALE

SOMMARIO

"Tutti hanno un paio di ali ma solo chi sogna impara a volare." Jim Morrison Farci sognare, ecco la sfida che lanciamo a tutti gli artisti dell'università e dell'accademia delle Belle arti di Verona! Come ?Partecipando al concorso di arti visive IMAGE IN ACTION organizzato da PASS, in collaborazione con la biblioteca Arturo Frinzi, sul tema, pi˘ vasto dell'oceano, del Sogno. Fino al 23 aprile avrete la possibilità di proporre un'opera ispirata ad un testo preciso : sogno divertente o spaventoso, sentimentale o arrabiato, politico, sociale, ecologico, poetico, letterario, d'amore... Potete scegliere voi il testo che vi ispira, oppure trovare idee nella dispensa che abbiamo lasciato al servizio prestito della biblioteca Frinzi. L'objettivo ? Una mostra che sarà esposta al primo piano della biblioteca al mese di Maggio (per ogni informazione potete consultare il nostro sito www.passvr.com o scrivere a info@passvr.com). Poi vorrei scusarci per il ritardo del PASS, che sicuramente avete aspettato con impazienza mentre le lezioni ricominciavano. Abbiamo aspettato di sapere se l'università ci dava i preziosi fondi per stampare. Avete quindi in mano un PASS doppio per Marzo ed Aprile. A Marzo volevamo partecipare alla Primavera dei Poeti pubblicando un estratto del discorso pronunciato da Federico Garcia Lorca nel suo paese natale nel settembre del 1931, che trovate in Primo Piano. Questo testo ribadisce l'importanza dei libri e della cultura, una cosa ovvia che pero' non viene mai considerata abbastanza, all'ora stessa in cui la nostra biblioteca civica rischia di passare nelle mani del privato... Vi lascio scoprire la diversità dei temi degli articoli, questa volta ne avete il doppio da leggere! e intanto potete meditare su questa: " Un uomo si giudicherebbe con ben maggiore sicurezza da quel che sogna che da quel che pensa." Victor Hugo, I Miserabili. P.S. Se qualcuno ha trovato, o portato a casa uno dei nostri portariviste collocati a Marzo vicino alla portineria della Frinzi e del polo Zanotto, grazie di contattarci. Hem hem... julietferdinand@yahoo.fr

PASS

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PRODOTTO CON IL CONTRIBUTO DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA

Registrazione Tribunale di Verona N° 1825 R.S. del 27/02/2009 Direttore responsabile: Angelo Perantoni Proprietario: Juliette Ferdinand Editore: Juliette Ferdinand Redazione chiusa il: 06 Aprile 2009 HANNO SCRITTO: Juliette Ferdinand, Federico Longoni, Matteo Trabeschi, Francesco Greco, Clara Ramazzotti, Davide Spillari, Enrica Innocente, Jacopo Gobber, Marta Poli, Carolina Pernigo, Elisa Zanola, Alessio Semenzin, Diego Lecca, Riccardo Luisetto, Eric Caffi. FOTOGRAFIE E ILLUSTRAZIONI (OVE NON INDICATO): Google, Flickr, Gettyimages, iStockphoto, Wikimedia PROGETTO GRAFICO: Eugenio Belgieri (www.whatgrafica.com) e Giuliano Fasoli FOTO DI COPERTINA: "Primavera Futurista" di Valentina Furri Tedeschi Stampa: Tipografia CIERRE - Sommacampagna (VR)

Copyright: Le condizioni di utilizzo di testi e immagini, laddove è stato possibile, sono state concordate con gli autori. Tutti i diritti sono riservati, testi, grafiche e fotografie sono coperte da copyright. Ogni copia degli stessi è illecita. Si ricorda che il contenuto del singolo articolo non definisce il pensiero della redazione e dell’editore. Grazie a tutti coloro che hanno collaborato, ma che sono stati dimenticati nei ringraziamenti.


PRIMO PIANO nON SOLO DE PAN VIVE EL HOMBRE! JULIETTE FERDINAND

In occasione della Primavera dei Poeti, iniziative poetiche hanno luogo ovunque nel mondo. Nel nostro numero di marzo, è un onore per noi dare la parola ad un poeta andaluso, Federico Garcia Lorca, immenso artista dell'inizio del Novecento, morto nel 1936 sotto i colpi barbari dei soldati di Franco. Lui cantava l'Andalusia, la luce e l'ombra, la notte, la cultura zingara. La bellezza delle sue poesie difficilmente si può tradurre, vanno ascoltate in spagnolo, se possibile lette da una voce forte e tenera che solo gli spagnoli possiedono. Non abbiamo scelto una poesia, ma un discorso, pronunciato nel suo paese natale in occasione dell'inaugurazione della biblioteca municipale. Un discorso che diventa un vero inno al libro e alla cultura, che vi lascio leggere adesso, e che si rivela più attuale che mai.

Discorso di Federico Garcia Lorca agli abitanti di Fuentes Vaqueros (Granada), settembre 1931. “Quando uno va a teatro, a un concerto o a una festa, qualunque sia il suo carattere, se la festa gli è gradita, il suo pensiero corre subito alle persone che ama, e si dispiace della loro assenza. "Tutto ciò piacerebbe a mia sorella, a mio padre", pensa, e il piacere che egli prova dallo spettacolo è filtrato da una lieve malinconia. La stessa malinconia che io provo, non tanto per la gente di casa mia, poiché sarebbe misero e riduttivo, ma per tutte le creature che, per impossibilità propria o per disgrazia, non godono del bene supremo costituito dalla bellezza, che è gusto per la vita, bontà, serenità e capacità di appassionarsi. Per questo motivo non tengo per me neppure un libro. Quanti ne compro, tanti ne regalo, cioè infiniti. Ed è per questa ragione che è un onore per me essere qui, felice di inaugurare questa biblioteca del popolo, la prima sicuramente di tutta la provincia di Granada. L'uomo non vive solo di pane. Io, se avessi fame e mi trovassi sprovveduto per strada, non chiederei un pane, ma un mezzo pane, e un libro. E da questo posto dove ci troviamo adesso, attacco violentemente coloro che parlano solo di rivendicazioni economiche senza mai parlare di rivendicazioni culturali: sono queste ultime che i popoli richiedono con tutte le forze. Che tutti gli uomini mangino è un bene, ma bisogna che tutti gli uomini accedano al sapere. Che approfittino di tutti i frutti dello spirito umano perché il contrario equivarrebbe a trasformarli in macchine al servizio dello Stato, a trasformarli in schiavi di una terribile organizzazione della società. Sento una pena assai più grande per l'uomo che vuole accedere al sapere e non lo può che per l'uomo che ha fame. Perché un uomo che ha fame può calmare facilmente la fame con un pezzo di

pane. Ma un uomo che ha sete di imparare e non ne ha i mezzi soffre di una terribile agonia perché sono libri, libri, molti libri di cui ha bisogno. E dove sono questi libri? Libri! Libri! Ecco una parola magica che equivale a gridare: "Amore, amore!", e che devono richiedere i popoli, come chiedono pane o desiderano la pioggia per le loro semine. Quando il grande scrittore russo Fedor Dostoevskij – padre della rivoluzione russa molto di più di Lenin – era prigioniero in Siberia, isolato dal mondo, tra quattro pareti, circondato da pianure deserte, innevate, chiedeva aiuto nelnelle sue lettere alla sua famiglia lontana, diceva solo : " Mandatemi libri, libri, tanti libri, perché la mia anima non muoia! ". Aveva freddo e non chiedeva fuoco, aveva sete e non chiedeva acqua, chiedeva dei libri, cioè degli orizzonti, dei gradini per salire sulla vette dello spirito e del cuore. Perché l'agonia fisica, biologica, naturale di un corpo, a causa della fame, della sete o del freddo, dura poco, molto poco, ma l'agonia dell'anima insoddisfatta dura tutta la vita. Il grande Menéndez Pidal - uno dei saggi più autentici d'Europa - , ha detto che il motto della Repubblica deve essere “Cultura”. Cultura, perché è solo di essa che si possono risolvere i problemi con i quali si confronta oggi il popolo pieno di fede ma privo di luce. Non dimenticate che l'origine di tutto è la luce.”

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FUORI AULA NETWORK INTERVISTA DI FRANCESCO GRECO francescogreco22@yahoo.it

Dal 2004 (anno in cui è stata “creata”) la radio del nostro ateneo, Fuori Aula Network, ci ha alleviato lo studio con un carnet di programmi di informazione, intrattenimento e musica. FAN si trova al primo piano di Lettere, poco sopra al polo Zanotto, e sul sito: www.fuoriaulanetwork.com. Incontriamo Riccardo Poli, responsabile della redazione e del palinsesto. Come nasce Fuori Aula Network? Il progetto nasce nel 2002, quando la professoressa Baccarini e la professoressa Tiziana Cavallo, dell'ufficio comunicazione, decidono di creare una nuova offerta per gli studenti, con l'intento di formare e di informare. È il progetto Ateneo On Air che prevede che gli studenti prendano parte a un programma su Radio Verona. Dopo due anni, venne però deciso di abbandonare la "schiavitù" dell'FM e di dare vita a FAN, una delle poche radio universitarie online. Quali motivazioni vi hanno fatto scegliere il digitale? Sono stati due i motivi. Da un lato, le FM lasceranno spazio a lungo termine al digitale, sia in campo radiofonico che in ambito musicale. Poi, le FM hanno troppi vincoli economici e artistici. Per esempio, non potevamo seguire la linea musicale che volevamo, come la promozione di gruppi "alternativi". Qual è l'organizzazione del lavoro a FAN? Abbiamo una Direttrice Responsabile, la dottoressa Coppari, il sottoscritto, i direttori artistici, Diana Andria e Paolo Paparelli. Ci sono poi nuove figure, come Damiano Menegolo, responsabile della Comunicazione, e Pamela Faccioli, responsabile degli Eventi e del Marketing. Infine, c'è la redazione, composta da quaranta studenti.Viene chiesto loro di portare nuove idee, ovviamente di condurre i format in radio, ma anche di attirarsi la "clientela", vale a dire, andarsi a cercare i contatti.

Si arriva immediatamente a condurre un format, oppure c'è un periodo di formazione? Chi entra in FAN deve prima seguire il "Laboratorio di Linguaggi Radiofonici" che dura sei mesi circa. Lì impara i rudimenti del fare radio, dal linguaggio specifico del mezzo, alla parte musicale e tecnica, per esempio come usare un mixer; con anche una parte di "sperimentazione", cose come il dramma radiofonico (radiodramma) e documentario (docuradio). Dopo il corso, i ragazzi entrano in radio e vedono come funziona; dopodiché devono sviluppare un proprio format. Perché uno studente dovrebbe entrare in FAN? Prima di tutto, perché ci si diverte. Poi, perché si impara qualcosa di pratico, cosa che molto spesso manca negli studi umanistici. Qua c'è l'oppor-

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Quali sono i format più gettonati? "Vai a Fan" di Tommaso Zanardi, Andrea Canton ed Elena Corvino era uno dei più scaricati on-line. I ragazzi conducevano la diretta dall'Uni Store, con molti sketch comici. La formula comica lo rende un format con un buon seguito. Al secondo posto, metterei "Romeo In Love", condotto da Sebastiano Ridolfi, Ilaria Malagutti e Riccardo Maestrello. Il programma affronta le tematiche della cultura GLBT (GayLesbianBisexTrans) con un'ottica "scientifica", spaziando dalle malattie sessuali alle difficoltà dell'outing. Questo è uno dei perché del suo successo, l'esser così attuale e soprattutto l'essersi posto con una nuova ottica nei confronti della cultura GLBT. Terzo posto a "Mister I" di Giorgia Gazzuola, un programma "alla Lucarelli" sui Misteri Italiani, ma con uno stile tutto suo, tanto che adesso va in onda anche su Radio RCS il giovedì sera. Cosa c'è nel futuro di FAN? Bè, per adesso stiamo cercando di attivare una nuova cabina regia, poiché la richiesta degli studenti è sempre più alta. A lungo termine, il progetto è quello di farsi conoscere sempre più come la radio dell'ateneo. Perciò stiamo cercando di far sentire la radio anche in mensa e di organizzare giornate universitarie dedicate a FAN. Nella Foto: FAN members

Riccardo si alza e mi mostra degli scaffali con dei cd. Questi sono gli album che musicisti, più o meno conosciuti, inviano alla redazione. Per questo ti dicevo che i compiti dei redattori non si limitano alla diretta radiofonica, ma comprendono anche l'ascolto della musica che ci viene mandata e un vero e proprio lavoro di "scouting".

tunità di fare. So di alcuni ragazzi che, scrivendo nel loro curriculum che avevano "lavorato" a FAN, hanno potuto sfruttare le capacità acquisite in radio all'interno delle aziende. Tra l'altro, questo, come altri gruppi e associazioni universitarie, permette di non vivere l'università in modo "virtuale", della serie vado a lezione e poi mi prendo uno spritz al Cambridge Bar (senza nulla togliere a chi lo fa), ma anche di essere presenti nella vita dell'ateneo. Alcuni docenti si sono accorti di questa possibilità e hanno cominciato a darci una mano...


PASSAPORTO: ERASMUS CORNER Chiara Matteazzi

FRAMMENTI DI SCOZIA: NON SOLO KILT GUYS Edimburgo. Al castello. Di sera. Possibilmente con una sigaretta e una bottiglia di vino trovata tra gli scaffali di Tesco a 3 miseri pounds. Benvenuti in Scozia. O meglio, la Scozia dei giovani Erasmus. È fatta di questo o, per meglio dire, anche di questo, la “movida” scozzese, ben diversa dalle cugine spagnole e italiane con cui ha di fatto poco da spartire. Il prima campanello d’allarme corrisponde agli istanti immediatamente successivi all’atterraggio, quando si aprono le porte dell’aereo e un’aria gelida ti dà il benvenuto. Il clima è sicuramente la cosa che ti fa rimpiangere l’Italia: non è tanto il freddo ma la pioggia, fine ma incessante, combinata al vento. A completare il quadro, lo scozzese doc (ovviamente in mezze maniche), che, guardando stranito l’ombrello che stai per aprire, ti dice: “Cara, non sta neanche piovendo praticamente!”. Punti di vista. I primi giorni sono una sorta di corso accelerato sulla vita scozzese: impari (o quanto meno ci provi) a guardare nel senso opposto della strada quando attraversi le strisce pedonali e a lasciare direttamente a casa l’ombrello (solo i turisti lo usano) perché tanto il vento te lo distruggerebbe in pochi minuti, impari a dire cheers e ad avere un cappello sempre in borsa. Dopo i primi giorni di delirio, dopo che hai finalmente finito di riempire scartoffie e trovi finalmente il tempo di sederti, inizi a realizzare. Edimburgo è una città straordinaria, unica nel suo genere. Passeggiando per il centro ti racconta la sua storia, tramite i suoi antichi edifici, i musei, i negozi di artigianato e di souvenirs che dominano il Royal Mile; ti fa impazzire tra lo shopping sfrenato di Princess Street, e si lascia contemplare dal piazzale del castello, cullandoti con un sottofondo lontano di cornamusa. L’università è totalmente diversa da quella italiana e la prima volta volta che ho abbozzato il termine “appello” mi è stato

risposto: …italiani! È già, qui non esistono. O meglio, puoi (nel primo, secondo e terzo anno) ridare una volta gli esami nella sessione di agosto. Se non lo passi non puoi accedere all’anno successivo. Nel quarto anno, invece, devi per forza superare gli esami la prima volta perché non hai una seconda possibilità dal momento che le graduations sono (e questo vale per tutta la Gran Bretagna) rigorosamente a maggio. In una parola: non esistono gli studenti fuori corso. Senza con tare che la frequenza alla maggior parte dei corsi è obbligatoria e l’assen za ingiustificata a più di due lezioni ti impedisce automaticamente di sostenere l’esame. In tutto questo, è inevitabile chiedersi: ma la festa dov’è? La notizia positiva è che, signore e signori, c’è. Anche se molto diversa dalla nostra. Una volta messi nel cassetto, ahimè, aperitivi, spritz e martini, ti metti il cuore in pace, compri una bottiglia di vino e te ne vai tutta emozionata al tuo primo flat party. A Edimburgo (e un po’ in tutta l’Europa, tranne in Italia, a quanto pare) sono un must e consistono fondamentalmente in feste (spesso a tema) a casa di qualcuno che si è coraggiosamente offerto di mettere a disposizione il suo appartamento. Il suo segreto è il passaparola: puoi portare chi vuoi, a patto che assieme agli ospiti tu porti anche qualche bottiglia di vino. Ed è così che conosci persone da tutto il mondo, ascolti la loro storia e, perché no, racconti la tua. Da una stanza a caso, una playlist sgangherata fa partire Wonderwall…e, ognuno con il proprio inglese, ci si improvvisa cantanti. Poveri Oasis.

Finiti vino e sigarette non resta altro che fare ritorno a casa, il più delle volte sotto una pioggia torrenziale e non prima di una sosta kebab. Un passante scuote la testa guardando il suo impermeabile bagnato. Lo guardi, e un secondo dopo senti una voce dire: “Ma se non sta praticamente neanche piovendo!”. Sorridi. Quella voce è la tua.

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FRANCESCO GRECO francescogreco22@yahoo.it

Cronache dello Spritz ~Il Santo~

Sin dal primo giorno in cui lo conobbi M. m'era parso un tipo strano. Alto poco più di un metro e sessanta, portava due occhiali da vista rossi e con delle stanghette così esili da risultare quasi invisibili in quel suo viso pacioccone e sanguigno. Il ragazzo poi si muoveva alla velocità di un lemure rabbioso, con gesti nervosi, ma calcolati, come se una forza occulta ne guidasse le membra; ma la cosa che mi stupisce ancora adesso nella sua “eclettica” personalità è il suo essere l'incarnazione vivente del “gossip” universitario. Non c'è fatto, situazione, voce di corridoio che riguardi uno o più studenti oppure uno o più professori, che gli possa sfuggire, perché il suo orecchio è una cloaca di brutte figure, di gag comiche e brutture. L'altro ieri mi aveva dato appuntamento al Cambridge Bar. “Ti devo raccontare qualcosa di divertentissimo!” mi aveva confidato in mensa tra un boccone e l'altro. All'orario stabilito eccomi lì a farmi largo tra il popolo dello spritz per raggiungere il mio informatore. Un tipo non si vuole proprio spostare. E' troppo preso dall'immagine di sé stesso che gli rimanda la porta a vetro per notarmi. Chiedo ancora permesso. Stavolta il giovane si leva di mezzo e riesco a entrare. M. è già al bancone che mi aspetta. “Cosa prendi?” mi chiede, sfoderando il sorriso di chi già pregusta una storia succulenta. “Ma... vado per uno spritz stavolta” “Due spritz!” I drink arrivano con velocità quasi istantanea. Poi la porta si apre ed entra un uomo piuttosto giovane, in giacca e cravatta e capello corto come quello che portano di solito i pugili. A vederlo potrebbe sembrare la reincarnazione mal riuscita di Rocky Balboa, ma M. fiuta l'aria e mi rivela che quello è un professore. “Non ci posso credere!” esplodo, rischiando di spandere il mio drink. “Ci devi credere e lascia che ti racconti un aneddoto su di lui. L'altra storia che dovevo raccontarti può aspettare”. “Il nostro ama vestirsi elegante, su di questo non ci sono dubbi. Tant'è vero che gli studenti della facoltà di Lingue se lo ricordano per i tanti look, ogni volta diversi, che ne hanno fatto un rivale degno di Val Kilmer nel film 'Il Santo'. Perciò da adesso in poi mi riferirò a lui come il Santo. E' di Firenze e, come molti toscani, uno spaccone. Al Santo piace cambiarsi molto spesso e la sua gamma di capi va dal più burocratico doppio petto e occhiali (passando per una giacchetta leggera di lino o velluto, a seconda delle stagioni) alla giacca alla Fonzie e lenti a contatto quando si lancia nella movida universitaria. Ma il Santo, nonostante le apparenze, non è proprio uno stinco di santo. Pensa che mi si racconta che non si perda una festa e non c'è niente di male, se non che mi si dice, abbia un debole per le straniere. Non fa che girargli intorno come un'ape sul dolce e d'altronde non ne fa nemmeno un mistero e basta collegarsi a un famoso social-network per scoprire i suoi vezzi. Gira voce tra le studentesse che se lui non accetta la tua amicizia sul sito, non puoi essere considerata bella. Sempre lì è contenuto il suo elogio della figa estera che a suo dire sarebbe più facile da procacciarsi, neanche stesse parlando di fungh. Per Il Santo, poi, le migliori feste hanno tre componenti: la luce soffusa al punto giusto, un buon assortimento di alcool e ragazze procaci. E' anche vero che lui, se si applica, sa come calcare la mano. Pensa che una volta è arrivato a noleggiare una Porsche solo per fare lo sborone all'Alterego”. “Non ci posso credere!” esclamai. “Ci devi credere, mio caro. La realtà talvolta supera la fantasia. E lascia che ti racconti un'altra storia...”

Continua...

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BESTIARIO

rubrica sul_ nostro_ ateneo _osservazioni_ lamentele_ aneddoti..

illustrazione di eugenio belgieri

MARTA POLI

La Primavera è ormai alle porte, fatto che divide immediatamente i meteoropatici : c'è chi si risveglia da un insolito letargo, chi abbandona il pallore, chi diventa euforico, chi impreca tutte le mattine maledicendo il sole e pensando con malinconia alla sana atmosfera decadente dell' inverno. Sia concessa ogni cosa, ma non si dica che le stagioni non esistono più. Noi lo sappiamo bene e ne abbiamo le prove: gli effetti collaterali causati dal sistema di riscaldamento della nostra Università, i tropici di Verona. Elenchiamone solo alcuni tra i più comuni: guance fronti orecchie nasi infuocati, cervelli fusi, nebbia cerebrale, vista offuscata, nervi deboli, respiro affannato, riflessi lenti, sudorazione perenne, deliri fulminanti, tendenza allo sproloquio. Ebbene, tutto questo sta per finire. Smetteremo di chiederci per quale motivo si debba stare in maniche corte il cinque di Dicembre, trasformando libri e dispense in ventagli, spalancando le finestre e vestendoci come una millefoglie a dieci strati. Certo, poi arriverà il caldo, quello vero, ma avrà pure le sue ragioni d'essere. Anche lui è centralizzato, ma non lo puoi spegnere, non lo puoi regolare. Ora, non ci si auspica una cella frigorifera, ma chissà che gli amanti del buon senso e coloro che ancora si ricordano di un dettaglio non indifferente, ovvero il risparmio energetico, l'inverno prossimo possano avere meno motivi per cui arrabbiarsi.

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ateneonewsateneonews

BICI ESU

Bici in comodato per studenti. Questa l'idea dell'ESU che mette trenta bici a disposizione degli universitari. L'iniziativa è partita nell'ambito della mobilità sostenibile e “al fine di incentivare l'uso di mezzi alternativi all'auto”, come si legge sulla pagina web dedicata al servizio. È una buona occasione per vivere l'università in modo ecologico e “pulito”. Sito: www.esu.vr.it. Indirizzo: Segreteria ESU - Via dell'Artigliere, 9

FUTURISMI A VERONA

Dal 9 febbraio all'8 maggio il Comune di Verona organizza, in collaborazione col nostro ateneo, una serie di appuntamenti per commemorare il centenario del Movimento nato su Le Figaro il 20 Febbraio 1909. Insieme a una mostra bibliografica a Palazzo Forti, saranno organizzati una serie di eventi correlati che culmineranno l'8 maggio nel Notturno Futurista, spettacolo di musica e danza al Teatro Nuovo. Per maggiori informazioni: www.univr.it - pagina eventi

locali per universitari a verona JULIETTE FERDINAND

Sei già andato da Chez Philippe? Se sei stufo dei soliti bar della zona centro, e dei prezzi in ascesa libera, prova Chez Philippe, un bar tranquillo aperto da novembre a dieci passi (li ho contati) da San Vitale da un simpatico francese baffuto che ha pregio non da poco di fare il caffè (80 cts) e lo spritz (1,50) meno cari di tutta la zona. Se vuoi cambiare rispetto alla solita piadina, assaggia la crêpe salata “fantaisie du chef”, una delizia... Voglia di dolce? La crêpe classica alla nutella ti aspetta fremente sulla piastra... E, per l'aperitivo, il mercoledì lo chef ti prepara tartine e stuzzichini. Nei prossimi giorni, lasciatevi tentare, niente di meglio per riprendersi dallo studio o dal lavoro!

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Off Site Life .com

Vita Da (Studenti) Fuori Sede

WWW.

DIEGO LECCA & RICCARDO LUISETTO

"Essere Studenti Fuori Sede, una avventura, una vita nuova, un mare di emozioni. Le lavatrici stipate, le pile di piatti e vestiti che giganteggiano in casa, il frigorifero sempre vuoto (alcolici esclusi), l'aula studio, l'aperitivo, il lavoro part time, il lavoro che non si trova, il lavoro? Siamo così, organizzati o casinisti, studiosi o goliardi, insomma Studenti Fuori Sede! Certo, a casa con mamma tutto è più semplice e a volte si sente proprio nostalgia. E allora teniamoci compagnia! Ci piace l'idea di un diario creato assieme a tutti voi." Questo è il messaggio di benvenuto presente sulla Homepage del sito OffSiteLife.com e ne rispecchia a pieno lo spirito e lo scopo. OffSiteLife nasce lo scorso autunno, dal nostro desiderio di riunire gli studenti fuori sede in Italia, e avere un luogo virtuale dove poter condividere le proprie esperienze. Cosa si trova sul sito? Raccogliamo notizie utili e interessanti prese dal web, foto e video divertenti che riguardano gli studenti fuori sede in Italia e soprattutto le Storie di vita fuori sede inviateci da chi ha scelto di studiare o lavorare lontano da casa. Da poco è operativa anche una Community dove poter creare il proprio profilo da Fuori Sede, caricare foto, stringere amicizie con altri utenti iscritti, creare gruppi e discussioni e commentare tutto il commentabile! Insomma una specie di Facebook o MySpace per i Fuori Sede.

Una particolare sezione è dedicata ai “Se”. Raccogliamo cioè tutte le risposte alla domanda “Sei Studente Fuori Sede Se...” che ci sono state inviate. Tra le 600 e più, eccone alcune tra le più divertenti: Se i piatti nel lavandino superano la tua altezza; Se non hai mai soldi per niente, ma per l'aperitivo si! Se quando vai a pesare la frutta sulla bilancia del supermercato, alzi la busta per pagare di meno; Se hai imparato a piegare benissimo i vestiti...per evitare di stirarli; Se cucini almeno due volte a settimana pasta con pesto o con tonno; Se ti sei ubriacato con birre che costano 35 centesimi la bottiglia; Se rischi di far cadere il PC dalla finestra per connetterti alla linea Wireless; E ancora potrete trovare sondaggi, scrivere nella chat commentare gli articoli e tanto altro. L'organizzazione del sito, nei suoi pochi mesi di vita, è cambiata varie volte e tuttora cerchiamo di renderlo sempre più funzionale. Tra le novità future, possiamo anticipare la creazione (ancora in cantiere) di un blog aperto a tutti gli iscritti, per raccontare giornalmente com'è la vita di chi studia “offsite”. Perché OffSiteLife? OffSiteLife, letteralmente in Inglese significa “Vita Fuori Sede”. Abbiamo scelto questo nome poiché il sito è rivolto non solo agli studenti italiani ma anche ai Fuori Sede di tutto il mondo che vengono a studiare nel nostro paese. Ci è parso così di poter dare un tocco di internazionalità al sito a partire dal nome stesso. Come partecipare? Partecipare è molto semplice. Potete inviarci materiale da pubblicare come foto, video, storie di vita quotidiana, consigli, situazioni divertenti, ricette veloci etc., alla nostra e-mail offsitelife@gmail.com . Scrivete il vostro consenso alla pubblicazione e in breve tempo vedrete i vostri contributi presenti sul sito e pronti per essere commentati. Per chi si registra al sito invece può cominciare da subito a creare il gruppo della città in cui si studia , partecipare alle discussioni o crearne di nuove, caricare foto e a breve scrivere sul blog “comune”. Dunque, Studenti Fuori Sede, cosa aspettate a far sentire la vostra voce? Vi aspettiamo su www.offsitelife.com!

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CLA-usura / Cap. 2

La C(l)astellana nel suo Dominio

FRANCESCO GRECO francescogreco22@yahoo.it

Sono le 2.35 del pomeriggio e un professore aspetta impaziente fuori dall'aula T.6. "Siamo in anticipo" mi dice. Io come lui attendo l'inizio del Consiglio di Facoltà che di lì a poco discuterà del caso della studentessa che qui chiameremo Giulia. Giulia s'è fatta sostituire da un'amica nella passata sessione di test informatizzati e adesso rischia grosso. "La sostituzione di persona è un reato grave, punito dalla legge" dirà più tardi il Preside Marchi al Consiglio. Sarà, ma la mia mente corre alla conversazione avuta poche ore prima con la professoressa Alessandra Tommaselli, la direttrice del Centro Linguistico D'Ateneo: vengo ricevuto nel suo studio. Lei è seduta alla scrivania e mi fa segno di sedermi. È sin da subito molto cordiale. D'altronde non ha niente da temere, proprio come una c(l)astellana nel suo dominio. Attacchiamo subito. Quando e come nasce il CLA? "Il Centro Linguistico nacque nel 1995, ancora prima che entrasse in vigore la legge n 382; lo statuto del CLA risale infatti al 1994. È la riforma dell'università e con essa del ruolo dei lettori. Allora non fummo gli unici a dotarci di un CLA, ma

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anche altre università lo fecero, tant'è vero che c'è anche un'associazione dei CLA (la AICLU che conta 90 iscritti)". La legge n. 382 è una vecchia riforma universitaria che ha portato a un terremoto, annunciato e purtroppo arginato, nella vecchia università e non è affatto entrata in vigore nel 1995, ma nel 1980. Fu poi abrogata e sostituita con una legge calmiere, la n. 236. Comunque sia le norme che hanno riguardato i centri linguistici d'ateneo in tutta Italia, dagli anni '80 ad adesso, sono state condannate dall'Unione Europea nel 2004. C'è scritto nella richiesta di sanzione della Corte di Giustizia Europea del 4 marzo 2004: "La Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi imposti dall'articolo 39 del trattato che istituisce la Comunità Europea, quello sulla libera circolazione dei lavoratori per intenderci [n.da.]. La ricorrente conclude che la Corte voglia ordinare alla Repubblica italiana di pagare alla Commissione una penalità di 309.750 euro per giorno di ritardo dal giorno in cui è stata pronunciata la sentenza al giorno in cui sarà eseguita la sentenza pronunciata". Il testo prosegue, ma resta il fatto che in Italia la discriminazio-

ne dei lettori va avanti da più di diciotto anni e nessuno rompe il muro dell'omertà. Nel pomeriggio ho raggiunto il professor David Petrie per un'intervista. Petrie si batte dall'inizio degli anni '90 contro la discriminazione dei lettori a Verona e in Italia. Per questo motivo ha fondato il sindacato dei lettori (ALLSI-www.allsi.org). È alto, magro e porta una sottile barba brizzolata. L'orologio segna mezzogiorno quando mi apre la porta e gentilmente mi introduce nel suo appartamento. Ci sediamo in cucina dove fa bella mostra una foto del famoso scrittore scozzese Alasdair Gray, autore del romanzo "Lanark", il quale più volte viene a visitare il professore. "Tra me e lui c'è una lunga amicizia" dice quest'ultimo. Quando gli chiedo però della legge n 382 questo è stato il suo commento: "L'Italia fu obbligata a cambiare la propria legge nel 1995 (legge n. 236), poiché prima d'allora il contratto d'un lettore poteva durare solo 6 anni. La Corte Europea stabilì che questo era un'illegittima discriminazione su base della nazionalità, dal momento che tali restrizioni non esistono per i professori italiani". Così la Repubblica Italiana si dota di una nuova legge in materia uni-


versitaria: la n 236 che però è una sorta di tranello per i lettori, permettendogli di avere un contratto a tempo indeterminato, ma facendoli decadere dal ruolo di professori universitari (lettori per l'appunto) e ribattezzandoli collaboratori ed esperti linguistici, sbattendoli fuori dalle università e chiudendoli nei CLA di tutta Italia. "La realtà è che i centri linguistici d'ateneo sono stati creati in tutta Italia per fregare i lettori. Il vero danno è stato fatto agli studenti però: sono stati costretti ad avere due tipologie di lezioni e d'esami, in aula ed al CLA, col risultato che è come studiare in due istituzioni diverse e il caos di ogni giorno ne è il risultato" conclude Petrie. Torniamo dalla prof. Tommaselli. A chi è venuta l'idea di dotarsi del test informatizzato? "Il test è stato voluto fortemente dal precedente direttore del CLA, il professor Cesare Gagliardi. Nel 2000 furono effettuati i primi esami tramite l'informatizzato. C'è da dire che non è stata un'iniziativa solo di Verona, ma una collaborazione con diversi atenei e da noi nell'installarli c'è stata la collaborazione dei lettori". Molti lamentano il fatto che il programma non da la possibilità di tornare indietro nelle risposte. Lei cosa dice, giusto o sbagliato? "È giusto che sia così. Il fatto di non poter tornare indietro è giustificato, perché altrimenti lo studente si perderebbe e non riuscirebbe a terminare il test per tempo. E poi fanno così un po' ovunque nel panorama italiano. Poi, il fatto che sul web siano disponibili dei prototipi, da la possibilità allo studente di sapere per tempo cosa lo aspetta". Lei prima ha menzionato i lettori. Cosa mi dice del fatto che i lettori siano stati, da diciotto anni a questa parte, discriminati, sottopagati e non sia mai stato loro garantito il ruolo didattico che per la legge europea gli spetta? "Della vicenda legale dei lettori non so molto. Una cosa la so, però. La riforma dell'82 fece partire tutta una serie di recriminazioni da parte loro e di altri. Il problema era che loro volevano riconosciuto un ruolo da docente, ma così non può essere, perché un professore oltre a fare didattica, fa anche ricerca". La storia dei lettori a Verona è un binario poco battuto, ma che si muove in paral-

lelo a tutte le altre vicende di discriminazione dei lettori negli atenei italiani. Nel 1980 cala sui lettori la mannaia della legge n 382, come detto. In Italia i lettori impugnano delle cause e la legge viene abrogata nel 1995 per creare i CLA. A Verona accade lo stesso: viene creato il CLA e i lettori veronesi vengono offerti, in base alla nuova legge, dei nuovi contratti come collaboratori ed esperti linguistici. Il nuovo assetto però non riconosce i diritti acquisiti in precedenza dai lettori, tanto meno tiene conto della loro reale qualifica e allora ventuno lettori si ribellano e vengono licenziati in tronco. Tra questi il professor David Petrie che mentre preparava il caffè, m'ha raccontato la vicenda per filo e per segno. Era voltato verso il piano cucina e le sue parole si muovevano veloci come un treno: le discriminazioni, il licenziamento, il viaggio a Brussels, le interminabili udienze, fino a quando il vagone non è tornato in stazione e lì per lì ha concluso: "Come già detto impugnammo il nostro caso e lo portammo al parlamento europeo a Strasburgo. Con me altre 64 anime tra lettori e studenti dell'Università di Verona. C'era anche lo scrittore Tim Parks. Era il 1993. Fu un viaggio che portò in ultimo alla condanna dell'ateneo veronese per violazione dei diritti umani. Continueremo a batterci finché ogni forma di discriminazione basata sulla nazionalità non sarà rimossa".

conda risoluzione del 1996, stavolta colpendo l'intero sistema delle università in Italia. Il 24 marzo 2004, come già ricordato, la condanna definitiva. Pochi mesi fa la doccia fredda: il decreto legge dell'8 luglio 2008 che decreta che i lettori possano assumere incarichi di docenza. "Abbiamo scritto al rettore chiedendogli di fissare un appuntamento per discutere del decreto legge dell'8 luglio, ma non abbiamo ricevuto risposta" conclude il professore. S'è fatto tardi e lo saluto, perché alle 2.40 c'è il consiglio di facoltà. Sono in anticipo, ma le parole che il preside Marchi pronuncerà pochi istanti dopo mi risuoneranno in testa a lungo: "È reato, è reato...".

La risoluzione del Parlamento Europeo a cui Petrie si riferisce venne emessa il 13 luglio 1995 e riconfermata con una se-

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Io? Bevo.Brucio.Stupro.PoiRifletto. Illustrazione di Giovanni Panunzio

clara ramazzotti clararamazzotti@yahoo.it

Certe volte ho paura. Mi sveglio, la notte, e sento già il suo tocco che mi blocca il respiro. Pura di cosa non saprei dirlo, con precisione. Ma probabilmente di uscire di casa diretta ad una festa e venire stuprata da tre, anche quattro persone. Di prendere un treno la sera (e capita…) e vedere un vagabondo al rogo, che brilla di una luce dolorosa. Di affidarmi alle persone, extracomunitari comunitari concittadini compaesani italiani bianchi gialli blu, che fanno di tutto, o almeno sembra, per non meritare fiducia. E qualcuno fuma tossicchiando di nascosto per non mostrare debolezza, mentre alla velocità della luce imbocchi la prima strada illuminata. Come se servisse. Adesso anche il Centro (definizione: luogo dove vengono riunite più persone o cose per effettuare operazioni varie) è un pericoloso tiro a segno. Tutto questo, e qualche altra cosuccia ancora, riempiono una scatola che ho sotto il letto con la scritta in pennarello “VITA DI

TUTTI I GIORNI” e che lascia insonni le mie nottate. È il tema su cui si accaniscono i giornali da qualche tempo o c'è un exploit di violenze sessuali? Un po' strano, direi, come ogni serata in cronaca cominci con “Ancora uno stupro” oppure “Cambiamo notizia. Raffaele Sollecito…”. E fortuna che si doveva cambiare argomento! Le donne, e gli uomini anche, vengono seviziati e umiliati in molte occasioni, nell'arco della giornata, eppure solo da gennaio fa notizia? Mi chiedo dunque cos'è la notizia? Mi chiedo, anche, se la mia gonna, per nulla provocante né maliziosa, può definirsi “pericolosa” per la mia incolumità. Mi chiedo se posso passeggiare con un ragazzo o un paio di amici dopo una sacrosanta birra evitando, magari, di trovarmi confusa su una Golf. E infine mi chiedo (si sa, la curiosità è donna) se quella puzza sia lecita o meno…

Con amore a quelli che per passare il tempo bruciano i barboni Una cosa non capisco, se uno stronzetto per ridere e scherzare assieme alla sua combriccola va in giro per cercare un barbone da bruciare, perchè non gli danno un aggravante per la spensieratezza?! Se invece io, il Rivendicatore Mascherato, preparassi un piano per spedirli diretti all'Inferno, sì, mi beccherei la premeditazione, ma che cazzo, mi dovrebbero dare un premio semmai! Come minimo quelli che bruciano i barboni dovrebbero lavorare 24 ore al giorno per arrivare a comprare una casa d'oro al povero disgraziato che non solo ha la sfiga di dover affrontare il freddo, la neve, la pioggia, ma anche dei pivelletti che hanno soldi fin fuori dalle orecchie e che non sanno più che fare perchè non hanno nessun problema che li assilla, ma andate a cagare, sì, dico a voi! Pensate invece a non comprare le vostre solite inutili stupidate e a dedicare loro del tempo o qualche soldo se non volete che vi caschi una maledizione! JACOPO GOBBER

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"Viaggiare non è altro che una seccatura: di problemi ce ne sono sempre più che a sufficienza dove sei" (Charles Bukowski) “reale” del “suo” quartiere, come la guardia giurata della scuola locale che parla del suo istituto, dove i ragazzi sono divisi in tre gangs, quella dei bianchi e dei neri da un lato, dei bangladesi dall'altro, con la gangso mala che fa da terzo incomodo;oppure il fondamentalista islamico convertito alla religione della tolleranza, un personaggio “liberamente” ispirato a Ed Husain, agitatore un tempo della rivolta islamica dell'East-End.

La paura dello straniero, però, folleggia anche in terra inglese, tanto che quello che racconta sempre sull'Independent, lo scrittore e giornalista, Richard Bean, mostra un lato dell'immigrazione londinese, ben lontano dal quadretto felice della stampa patinata. Il reporter ha vissuto per quattro anni nel quartiere più multietnico di Londra, Bethnal Green, nell'East-End. Bean vi andò ad abitare in cerca dell'ispirazione per quella che lui ha battezzato: “una commedia sociale”, dove la sua penna dà voce a diversi personaggi reali del quartiere. Il suo dramma, England People Very Nice, non è che in cartello al National Il tutto condito di humour all'inglese, come la battuta: “ Irish and Theatre da appena una settimana che già ha sollevato un vespaio. Jewish, that’s the worst mix. You end up with a family of pissed up burglars run by a clever accountant”-(Uno dei peggiori mix etnici Infatti c'è chi ha protestato: “Questo non è il vero volto dell'immi- è quello tra irlandesi ed ebrei. Quel che ottieni è una famiglia di grazione inglese”. In realtà, il commediografo mostrerebbe il volto incazzosi, gestiti da uno scaltro contabile t.d.a.).

CASE MAT TE IN GIAPPONE

Il Giappone è un paese dalle svariate stranezze. Chi di voi non si è mai almeno per una volta fermato con la mascella a mezz'aria davanti a un distributore giapponese di mutandine usate (il quartiere di Rappongi a Tokyo ne è pieno), o una foto di un funerale giapponese alle scarpe (non è uno scherzo, le ammonticchiano e poi le bruciano), oppure di uno studente che fuma una sigaretta per strade munito di un posacenere (si può fumare ovunque, bar, ristoranti, ma non per strada, se non negli appositi posacenere). Ebbene l'ennesi-

ma stranezza sono le case, sempre se l'è fatto ripetere due volte e le più lunari, fantasiose, e improbabi- ha subito adottate: 480 “iglù” ben li come un pinguino all'equatore. arredati e dall'ammobilio secondo la tradizione: essenziale. Sono Case matte ad esempio sono quel- molti i vantaggi delle Styrofoam le che propone Domes, un'impresa Domes Houses: niente ruggine, edile giapponese. Queste case, un niente termiti, e poi sono a prova po' rotonde, cicciottelle e colorate di terremoto e di tifone. come un bignè alla crema, sono Se vi interessasse importarle andafatte in polistirene, anche detto te qui: www.impactlab.com. polistirolo. Lo stesso materiale di una tazza da caffè americano per Voltiamo pagina. In Egitto nelle capirci. Non serve neanche paga- piramidi ci si seppellivano, ma in re la manodopera, perché potete Giappone ci si vive. E' stata questa assemblarle con le vostre stesse l'idea della famiglia Saijo che vive mani! Il villaggio di Kyushu non nella periferia della città di Hi-

roshima. La casa da lontano può sembrare un enorme quarzo caduto in mezzo alle risaie, è in realtà una piramide di legno e cemento armato, dipinta con vernice nera da nave. Le ristrettezze degli spazi sono un'abitudine in Giappone, e la casa dei Saijo (quattro persone in tutto) non è un'eccezione: cinquanta metri quadrati distribuiti su tre piani. “Non siamo matti” - affermano i Saijo - “siamo solo dei giapponesi. Giapponesi con gusto”. FRANCESCO GRECO

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VIGNETTA di giovanni panunzio

I bamboccioni invadono il Regno Unito e stavolta gli italiani non centrano. Il dato è fornito dal giornale britannico Independent che riporta come in un solo mese un milione di giovani inglesi sia tornato dalle rispettive famiglie, a causa del ribasso storico della sterlina, del fallimento di molte banche e dell'inflazione galoppante. I babyboomerangers (così si chiamano i mammoni locali) preferiscono quindi stare a casa per risparmiare e riuscire così a comprare casa in futuro. “Anche lasciare casa, sta divenendo un lusso” ha commentato un ragazzo.


Colpirneunoper educarnecento Il fondamento dello Stato di diritto poggia – come insegna Charles de Montesquieu nello Spirito delle leggi – sulla divisione dei tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. Quando questi tre non sono più distinti, è in pericolo la democrazia stessa. È quello che sta accadendo in Italia da quando il CSM, pressato dal Parlamento, nel settembre 2007 dispone la richiesta di trasferimento dell’ex pm di Catanzaro Luigi de Magistris, che nell’inchiesta Why not ipotizza un comitato d’affari composto da politici, imprenditori e funzionari del-

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le istituzioni che avrebbero gestito illegalmente finanziamenti comunitari e statali. Ovvero milioni di euro di soldi pubblici, cioè dei cittadini, frodati allo stato italiano da rappresentanti delle istituzioni italiane. La stampa si è sempre guardata bene dal ribattezzare Why not con quello che sarebbe il nome più adeguato, cioè Mani pulite 2. La cosa grave è che, a differenza degli anni di Tangentopoli, i politici abbiano (ab)usato qualsiasi strumento per impedire che le indagini continuassero. Per prima cosa, quindi, vennero sottratte a

un magistrato senza macchia come De Magistris; l’avocazione di Why not fu fatta dal procuratore facente funzioni Dolcino Favi, in passato indagato. A gennaio 2008 la politica corrotta ottiene il trasferimento di De Magistris e l’impedimento di esercitare ancora la funzione di PM. L’autonomia della Magistratura, sancita dalla Costituzione italiana, è distrutta. La lezione fascista è chiara: la magistratura non ha il diritto di indagare sull’esecutivo e su rappresentanti istituzionali senza il loro previo permesso. E la Costituzione? Questo è certo


il segno della volontà politica di svuotarla, mantenendola in vita formalmente. De Magistris è attaccato e trasferito durante un governo di centro sinistra. Anche se gli indagati erano bipartisan. Con una decisione disciplinare così esemplare, la nostra classe dirigente pensava forse che nessun altro magistrato avrebbe avuto il coraggio di continuare a indagare i poteri forti in questa direzione. Invece la procura di Salerno, guidata da Luigi Apicella, raccoglie le denuncie di De Magistris che, in qualità di pm sarebbe stato ostacolato nel suo lavoro, e inizia a indagare.

Riferisce Travaglio: “Per la prima volta nella storia repubblicana, e pure monarchica, un ministro chiede di punire dei magistrati perché il contenuto delle loro indagini non gli garba”. Questa richiesta viene sostanzialmente accolta dal CSM. Invece di dimostrarsi “Consiglio Superiore”, di essere super partes, ovvero autonomo rispetto al potere esecutivo, il CSM agisce supinamente, eseguendo le richieste avanzate dal guardasigilli. E l’ANM che risponde? Si dichiara “soddisfatta”. A ragione De Magistris parla di “mafia istituzionale.

Fino al 1992, infatti, i magistrati venivano assassinati o fatti saltare in aria col tritolo, quando le loro indagini toccavano interessi o persone troppo in alto. Ora si trasferiscono e gli si impedisce di “fare il proprio dovere”. E si arriva al ricatto, sospendendogli lo stipendio. Questi trasferimenti, inoltre, richiamano alla memoria il confino tipico del fascismo, che dopo l’omicidio Matteotti cambiò tecnica ed evitò il più possibile gli omicidi diretti. Il caso di Apicella è un monito per tutti i magistrati che vogliono continuare a essere liberi, per tutti coloro che ritengono imprescindibile l’articolo 3 della Costituzione, cioè che la legge è uguale per tutti. COLPIRNE UNO PER EDUCARNE CENTO. Questa è la morale con cui la classe dirigente vuole educare questo paese. Per il potere politico che ci governa, la libertà d’espressione è già un segno di sovversione. MATTEO TREBESCHI ASS. STUDENTESCA LEGALITÀ E GIUSTIZIA Nella Foto: Marco Travaglio

Nel frattempo il governo è cambiato, ma la sinfonia è la stessa. Il cosiddetto Lodo Alfano promette che lo svuotamento della Costituzione continui. In cantiere, per quest’inverno, c’è la riforma della Giustizia, che vanificherà di fatto l’uso delle intercettazioni e, quindi, le indagini. Ergo la tanto paventata sicurezza non ci sarà, mentre sarà assicurata l’impunità a sempre più criminali. La paradossale possibilità di sottrarsi legalmente al controllo di legalità è il filo rosso che unisce tutti questi avvenimenti. La procura di Salerno richiede per 7 volte l’acquisizione delle carte di Why not e per 7 volte gli viene negata. Apicella, pertanto, dispone il sequestro del procedimento di Catanzaro e indaga 8 pm.

i pm Apicella, Nuzzi e Verasani per “assoluta spregiudicatezza”, “mancanza di equilibrio”, “atti abnormi nell’ottica di un’acritica difesa di De Magistris e con l’intento di ricelebrare i processi a lui avocati”. Nessuna di queste “imputazioni” riferisce di atti illegali commessi dai magistrati. Inoltre, è fondamentale ricordare che il Tribunale abilitato a esprimersi in merito alla correttezza dell’operato della procura di Salerno è il Tribunale del Riesame di Salerno, che ha giudicato corretto quanto fatto da Luigi Apicella.

La procura calabrese reagisce indagando i pm di Salerno e ordinando il contro sequestro dei fascicoli. La stampa, “a edicole unificate” parla di “guerra tra procure”, anche se non c’è nessuna guerra. C’è, invece, una procura, quella di Salerno, competente a indagare su quella di Catanzaro, quindi del tutto legale; c’è un’altra procura, quella di Catanzaro, che indaga illegalmente su Salerno, pur non avendone competenza. La “guerra tra procure” sembrerebbe uno slogan funzionale a quel potere politico che vuole riformare la giustizia e, magari, convincere l’opinione pubblica che tutto questo è giusto. Il decreto di perquisizione della Procura di Salerno riprende l’inchiesta di De Magistris, citando nomi di importanti esponenti delle istituzioni: tutto questo è legale. Eppure tutti i poteri forti insorgono, dichiarando scorretta quest’azione: dall’ANM a Napolitano al Ministro Alfano. Il Guardasigilli vuole trasferire

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FRANCESCO GRECO francescogreco22@yahoo.it

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erona Stupefacente

Verona abbiamo Romeo e Giulietta, ma abbiamo anche il primato di prima Bangkok d’Italia, peggio di noi solo Milano, capitale dell’Italia cocainomane. A Verona vive anche un giovane, che qui chiamerò Alì, che incontro di fronte a un supermercato. Alì ha la faccia butterata, segnata in più punti da bogne, cicatrici e fori di siringa. M’avvicina perché mi vuole vendere una scatola di tonno. Io lo prego di tenersela, ma gli pago comunque il dovuto, a patto che mi parli un po’ di alcune cose. Di dove vada a prendere la droga, per esempio. “Dove c’è parco” mi dice. Alì intende i Bastioni, un ampio parco verde, in gestione a Legambiente, che corre lungo quel che rimane delle mura austriache, vicino a Porta Palio. Secondo le statistiche, nel solo Veneto il consumo di droga sarebbe alto, ma la cosa che colpisce di più è che a Verona le percentuali di consumo sono più alte che in altre cittadine venete. In Veneto è stata eseguito uno studio dall’Osservatorio Regionale sulle Dipendenze di Verona (studio Droval), dal quale per Verona in primis e in Veneto poi sono usciti dati sul consumo di stupefacenti che fanno riflettere: 16,5 % cannabis, amfetamine 0,8% (ecstasi 1,1 %), LSD 0,9%, cocaina 1,8 %, eroina 0,8%, etc. Alì per esempio si fa di coca e mi saluta ripetendomi che se voglio ne posso trovare sui Bastioni. Spesso tornando a casa mi soffermo a guardare i movimenti che li caratterizzano, uomini che strascicano i piedi sull’erba che s’avvicinano a un signore, gli passano qualcosa e poi si allontanano lesti. Un ragazzo vestito tutto alla moda che molla il suo motorino per correre incontro al suo spacciatore che lo aspetta oltre una salita. Lungo la strada che costeggia i Bastioni, si possono notare quelle che io chiamo “staffette”. Sono persone che si fanno quel percorso avanti e indietro, dieci, quindici, venti, trenta volte al giorno, vestite sempre nella stessa maniera

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è

per rendersi riconoscibili. I Bastioni sono una grande piazza della droga a cielo aperto e non c’è camionetta dei militari o pantera dei carabinieri che possa fermare il lento scorrere delle vita in quel fazzoletto di verde. È entrato nella routine quotidiana, anche se bisogna dire che un po’ le loro abitudini gli spacciatori le hanno dovute cambiare, dopo che l’amministrazione Tosi ha deciso di spazzare lo sporco sotto il tappeto; ma, anche lì sotto, il sudicio ha continuato a vivere e a vomitare in silenzio la droga su Verona. Sui Bastioni per esempio sono stati installati dei lampioni, per evitare che la zona di notte restasse al buio, favorendo così lo spaccio o incontri notturni con prostitute che affollavano (ora non più) la zona. È simpatico vedere come, ogni tanto, qualche spacciatore giochi al tiro al bersaglio con i lampioni e più di uno sia riuscito a infrangere una lampadina, facendo piombare ampie zone al buio. Un’altra “ex-piazza di spaccio” era il Pradaval. In pieno centro, verso Corso Porta Nuova. Anni fa era tristemente famosa per essere il centro nevralgico dello spaccio, ma dopo la “pulizia” dell’amministrazione Tosi è stata tirata a lucido, anche se qualche sbandato

si vede ancora. Lo spaccio della droga però è un sottile “gioco” di biglie, dove se sposti l’una, seguono le altre. La droga non è sparita a Verona, è stata solo spazzata sotto il tappetino urbano. Persino in “centrissimo”, sotto lo scheletro bianco dell’arco dei Gavi, si spaccia ancora marijuana, meno rispetto a tre anni fa, ma con più discrezione. Anche il sabato, a partire dal secondo pomeriggio, è possibile acquistare il proprio pezzo: basta indugiare un attimo di più vicino all’Arco perché un ragazzo ti si avvicini e ti ponga la solita domanda: “Cerchi fumo?”. Per fare un esempio di come il fenomeno passi un po’ in sordina, basta prendere L’Arena, sulla quale c’era un titolo dedicato alla droga quasi ogni giorno dell’ultima settimana di Marzo. 21 Marzo “Traffico di anabolizzanti” e sulla stessa pagina: “Spaccio di Kemina”; poi domenica 22 marzo: “Visita il fratello in carcere con l’hashish in tasca”- 25 marzo: “Cocaina in casa ma non spacciava”26 marzo: “Cocaina nell’auto, due in manette” (notare che i due viaggiavano con 2 chili di droga)- 27 marzo, ben quattro titoli- 28 marzo: “Controlli con l’elicottero presi in dieci, identificati in 105”. La storia però che vale la pena di raccontare è quella del ristoratore Giuseppe Rubino, titolare di una pizzeria del centro cittadino. Rubino, a cinquant’anni, era a capo di un’organizzazione che importava droga dal Sudamerica in Italia, con base a Verona e Trento. Un traffico di due chilogrammi di coca al mese. Il boss di Verona, originario di Torre Maggiore vicino a Foggia, dove lo trovarono peraltro al momento dell’arresto, riceveva i corrieri sudamericani, che dopo aver fatto un lungo viaggio dalla Colombia, con scalo a Barcellona, tutto questo con degli ovuli ripieni di cocaina in pancia, arrivavano al quartiere generale di Trento, dove infine la droga veniva smistata. Gran parte veniva trasportata a Verona e a Milano e il 20% finiva per essere spacciato nel rione di San Martino e in piazza Dante.


La Posta di Emma MARTA POLI

Carissima Emma, mai avrei pensato di rivolgermi alla rubrica d’ un settimanale femminile, tanto meno ad una posta del cuore. Io aumento il PIL, mi consenta! Ma la vita è imprevedibile e un vero uomo sa che la forza più grande sta nel poter toccare la cima dell’Olimpo e sprofondare nel baratro con la stessa imperturbabilità. Non so più che fare Emma cara, non so più che pensar. Mi credevo invincibile e invece eccomi qui. E’ come se iniziassero a scomparire i tasselli di un puzzle. Tutto sembra perfettamente sotto il mio controllo, ma sono così stanco di recitare, di mentire, di apparire infallibile. Ho addirittura negato un innocente svenimento: nessuno può manco lontanamente pensare che io stia battendo la fiacca. Sono solo cara Emma. I veri amici oramai si contano sulle dita di una mano, qualche prete, qualche vecchio compagno di merende. Resto in attesa del prossimo tiro mancino, del Giuda di turno. Resto qui, come un cane guardingo. Ma è così estenuante! E intanto sorrido e ammicco e dispenso ottimismo e sicurezza. Loro non devono capire! Sto invecchiando, Emma cara. Mia moglie non mi ama più. Le donne non languiscono come un tempo in mia presenza; cerco in tutti i modi di conservare una parvenza di fascino, ma non ho certo intenzione di portarmi il chirurgo plastico nella tomba! E che diamine! Ogni tanto mi sorprendo nel ritrovar l’entusiasmo della giovinezza ed eccomi lì, a scambiar bigliettini galanti con le colleghe di lavoro. Mi basta così poco per ritrovar il sorriso! Eppure il mio riconosciuto senso dell’humour è ormai del tutto incompreso; faccio una battutina e si mobilita il cielo. Mi consenta: ma dov’ è finita l’ autoironia? L’umorismo? Siamo in Italia! Terra del sole! Emma, Emma cara, è così frustrante essere dato per scontato. E’ così poco stimolante pensare che tutti gli altri ti vedano come un dato di fatto, una contingenza storica, un qualcuno che sta lì per forza di cose. Non si offendono nemmeno più quando li insulto. Nessuno più s’ indigna. Nessuno reagisce.Tutti restano in silenzio. Preferirei tornare ai vecchi tempi piuttosto, quando almeno ci si divertiva un po’. Ma prima o poi dovrà finire! Prima o poi qualcosa dovrà cambiare! Emma carissima, mi dia un consiglio, Lei che è così saggia e puntuale. Indeciso ‘36.

Caro Indeciso ‘36, la sua lettera mi ha decisamente colpito. Da quel che mi scrive, sembra essere una persona che molto ha sperimentato, che ha raggiunto molti obiettivi nella sua vita. Ma ora perché ostinarsi se la sua attuale situazione non le dona serenità? La perseveranza talvolta è deleteria. Si prenda il suo tempo, si goda la meritata tranquillità di una vita trascorsa sulla cresta dell’onda. Nella sua lettera, che non ho potuto pubblicare interamente per motivi di spazio, parlava di una casa al mare. E’ il momento di voltare pagina, è il momento di mollare la presa. Il sipario prima o poi scende per tutti. Buona fortuna!

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MEDICI PER LA PACE ONLUS: VOLONTARIATO MA NON SOLO… Medici per la Pace Onlus nasce a Verona nel 2001 con l’obiettivo di sviluppare iniziative di cooperazione socio – sanitaria nazionali ed internazionali. I progetti si avvalgono dell’intervento volontario di medici professionisti, infermieri e psicologi. La parte logistico – amministrativa dell’Associazione è curata da commercialisti, avvocati, esperti d’informatica e di comunicazione, a cui si aggiunge il prezioso contributo di giovani che collaborano attraverso il Servizio Civile o stage universitari. L’intervento socio - sanitario è affiancato da una costante attività di educazione alla solidarietà e al rifiuto della discriminazione, formazione che viene promossa attraverso conferenze, mostre fotografiche, incontri nelle scuole e nelle Università. La prima iniziativa dell’associazione, realizzata in India tra il 2002 e il 2006, denominata Kampilya Women and Children Health Project, ha interessato un’area dell’Uttar Pradesh. Il programma di educazione sanitaria e nutrizionale ha previsto regolari controlli ostetrico-ginecologici, vaccinazioni, prevenzione dell’anemia materna e infantile, educazione sessuale e family planning. Tra il 2004 e il 2007 Medici per la Pace ha effettuato un progetto di controllo e prevenzione della malaria – Health Care and Malaria Control for Vulnerable People in Myanmar – che ha interessato i villaggi rurali dell’altopiano Shan i quali, a causa della loro collocazione, hanno difficile accesso ai servizi sanitari. Nell’arco degli anni 2009 – 2010 si svolge un nuovo programma di controllo della malaria sullo stesso territorio che, sempre con la cooperazione di CESVI, sviluppa attività di profilassi, diagnosi e terapia della malattia, denominato Community based malaria prevention and control in Shan State, Myanmar. Nella primavera 2008, inoltre, l’associazione AiBi (Amici dei Bambini) di Milano ha chiesto a Medici per la Pace Onlus un sostegno medico – sanitario da parte di specialisti per una missione in Cambogia. Lo staff di Medici per la Pace ha visitato i bambini ospiti di un orfanotrofio a Phnom Penh e di altre strutture di accoglienza a Pursat e a Battabang, verificandone le condizioni di salute. Un altro intervento in corso, Street Children Project, è quello realizzato in India a favore dei bambini di strada di Ranchi. Obiettivo del progetto, finanziato dalla Provincia di Verona dal 2007 per la durata di tre anni, è quello di sottrarre un centinaio di bambini che vivono a Ranchi, la capitale dello Stato più povero dell’India, dai pericoli della vita di strada, offrendo loro istruzione, educazione sanitaria e alimentare.

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Il progetto è integrato da un’iniziativa sostenuta e sponsorizzata da A.C Chievo Verona per tutto l’anno calcistico 2008/2009, denominata “Play for life”: l’obiettivo è quello di introdurre attività ludico – ricreative nella vita dei bambini coinvolti nel progetto, riconoscendo loro il diritto al gioco. Per quanto riguarda la realtà locale, nel 2006 Medici per la Pace Onlus ha accolto la richiesta del Comune di Verona di farsi carico dei problemi di salute e dell’educazione igienico - sanitaria di una piccola comunità Rom di origine rumena (150 persone), ospitata nel campo attrezzato di Boscomantico, ove già operavano l’Istituto Don Calabria e la Cooperativa Sociale Azalea ONLUS. Il personale volontario che ha prestato settimanalmente la propria opera era composto da medici specialisti, psicologi ed infermieri. Questo progetto, opportunamente modificato, prosegue anche dopo la chiusura del campo. L’obiettivo dell’associazione è quello di continuare a sviluppare importanti iniziative socio-sanitarie, volte a fornire risposte alle problematiche presenti sia nella realtà locale che nel Terzo Mondo. COME COLLABORARE CON L’ASSOCIAZIONE Medici per la Pace Onlus ha sempre bisogno del contributo Contatta: di giovani risorse. Si può partecipare alle iniziative promosse Medici per la Pace Onlus dall’associazione offrendo il pro- Via G. Cotta 4, 37131 Verona prio tempo libero con attività di www.mediciperlapace.org volontariato, ma anche attraverso info@mediciperlapace.org il Servizio Civile e tirocini, cui vengono riconosciuti crediti uni- Cell. 346 7375692 / 349 3146786 versitari dalle Università di Verona Fax 045 521744 e Trento. Collaborare con Medici per la Pace Onlus è un’opportunità perchè: • se sei medico/infermiere, potrai intervenire a servizio di persone che hanno estremo bisogno di aiuto; • se sei studente universitario potrai inserirti in una realtà lavorativa concreta imparando un lavoro di squadra divertendoti e mettendo a disposizione le tue competenze, arricchendo il tuo curriculum vitae; • con un orario flessibile, potrai conciliare i tuoi impegni di studio o di lavoro con le attività in associazione.


P R UN PUGNO I T RRA CHIARA MATTEAZZI

Dopo la violenta ripresa dei bombardamenti israelo-palestinesi a Gaza, chiedersi cosa stia realmente succedendo in quel pezzo di mondo dimentico di pace da ormai troppi anni sembra inevitabile. Ma non è altrettanto facile dare una risposta. Che la guerra rappresenti l’espressione peggiore e più oscura dell’essere umano era ed è cosa nota: il passato è stato maestro in questo. Ma il conflitto in questione, oltre a dimostrare di non aver imparato la lezione, si rivela ancor più preoccupante di quelli passati. La violenza con la quale questi due popoli si stanno autoannientando e l’irrazionalità con cui lo stanno facendo riporta la nostra presunta moderna società indietro nel tempo, a giorni bui che speravamo di non rivedere più. Per la vergogna. Sono in molti a chiedersi se la pace tra israeliani e palestinesi sia possibile. Ovviamente solo il tempo potrà dare una risposta a questa difficile domanda, al momento sembra che tutto quello che si possa fare sia restare a guardare. E inorridire. La verità è che siamo impotenti, inermi di fronte a questo massacro. Risulta d’altronde difficile risolvere un problema quando non sembra possibile dall’esterno e non auspicato dall’interno. E, nel frattempo, le vittime aumentano. Anzi, una rettifica è d’obbligo: muoiono padri di famiglia, madri, bambini, neonati, studenti. Basta dare un’occhiata su Youtube per rendersi conto (solo in minima parte) della gravità di ciò che sta accadendo. Filmati di bambini feriti o uccisi, o semplicementi accasciati a terra dove un proiettile, un attacco di cuore o un infarto - dovuti alla paura e allo shock- li attendono. Perché, nonostante il cieco odio che muove questo inutile conflitto,

c’è chi in guerra muore anche di paura. E si spegne tra le macerie. O, nella migliore delle ipotesi, sopravvive convivendo per il resto dei propri giorni con gli spettri e fantasmi in carne ed ossa che senza un motivo gli hanno portato via tutto quello che aveva. Una strana sensazione, di violenza mista ad arretratezza e paura, si sta pian piano facendo largo nella nostra società. E un dubbio si insinua nelle nostre menti: dov’è il nostro amato progresso in tutto questo? Cosa racconteranno di noi i libri di storia? Gaza city non sembra dare risposte incoraggianti. Strade, scuole, chiese: niente è stato risparmiato. E con essi è andato distrutto anche quello che rappresentavano.

Non si può certo estendere una situazione solo apparentemente circoscritta all’intero pianeta, ma non si può d’altro canto neanche ignorare quanto sta accadendo. Nessuno può venire meno all’impegno più importante e imminente del momento, ossia l’urgenza della pace. Giornalmente muoiono persone che con molte probabilità non sanno neanche per quale motivo stanno realmente combattendo, si fanno semplicemente trascinare dalla violenza e dall’odio. E con esse gli innocenti. È questo il caro prezzo di un conflitto ormai datato e che non accenna a finire. Ma tutto ha una fine. Anche la guerra nella striscia finirà. Sta solo a israeliani e palestinesi deciderne i tempi e soprattutto le modalità. Da una parta la pace, parola diventata ormai talmente astratta che sembra non essere più veramente applicabile alla realtà. Dall’altra il conflitto: la possibilità di continuare con la violenza. Uccidere e farsi uccidere finchè possibile. E solo dopo che quel maledetto pezzo di terra così conteso sarà andato completamente distrutto per mano di coloro che dicono di volerlo tanto, dopo che migliaia di persone saranno morte inutilmente, allora anche questa guerra terminerà.Vedremo se rimarrà qualcuno a gioire di questa vittoria, a patto che si possa definire tale. Perché, dopo l’odio e la rabbia, arriverà anche il momento della riflessione e magari anche quello di una (improbabile) remissione. E allora saranno il volto di una donna riverso al suolo, le macerie di una casa un tempo abitata o lo sguardo perso di un bambino a ricordare per sempre a chi appartiene la striscia di Gaza. Che bella soddisfazione.

Libera espressione e digressione sul valore in Italia ALESSIO SEMENZIN

In Italia un uomo vale meno di un litro di latte o di una scatola di pomodori (Parmalat e Cirio per capirci). In Italia un uomo vale meno del suo identico americano. In Italia un uomo vale più di un altro uomo se quest’ultimo è abbronzato. In Italia, se un uomo è un uomo, va all’estero. In Italia un uomo estero vale più di un uomo straniero. In Italia l’uomo vale più della donna nonostante la donna valga più dell’uomo. In Italia un uomo vale se ce l’ha almeno di 15 centimetri, altrimenti non vale un cazzo. In Italia un uomo valoroso può fare il poliziotto ed essere tossicodipendente (Genova c.m.). In Italia un uomo di valore può essere un parlamentare se ha la fedina penale abbastanza sporca. In Italia un uomo vale la candela, se questa la fabbrica la Fiat. Un uomo in Italia può avvalorare la tua tesi, se hai abbastanza soldi per pagarlo (scandalo all’Università di Bari). In Italia vale solo quello che si pensa e non quello che si dice. In Italia il gol di mano vale. In Italia vale la pena stuprare, rubare, ammazzare, truffare, tanto le pene valgono uguale. In Italia vale mentire perché non si dà valore alla verità. Ciò che vale in Europa, non vale in Italia. Ciò che vale al Nord, non vale al Sud e ciò che vale al Sud non vale al Nord. In Italia i giovani non valgono una sigaretta, o meglio, una sigaretta vale molto per i giovani. In Italia vale il lavoro nero, ma se un nero lavora eh no! Questo non vale. In Italia un laureato di 25 anni non vale come un inglese laureato di 25 anni. In Italia la mia laurea vale quanto quelle di Vasco,Valentino Rossi e Mike Bongiorno e loro sì che valgono qualcosa. Fatto sta che in Italia quello che vale per me non vale per gli altri e questo forse è giusto. In Italia quindi l’unica cosa che resta da fare è farsi valere.

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MADE IN VERONA VOL. 5 ECCO A VOI I CARNERA FM FEDERICO LONGONI federico.longoni@yahoo.it

Ultimo appuntamento con le interviste agli artisti emergenti veronesi. Per chiudere in bellezza questa rubrica, vi presento i Carnera Fm, cinque giovani ragazzi che un paio d’anni fa hanno avuto l’ottima idea di fare musica insieme. È curioso il vostro nome: soprattutto la FM. Perchè non avete optato per chiamarvi solo Carnera? Carnera Fm ci rappresenta meglio: unisce il nome di uno dei più grandi pugili italiani con il termine che viene utilizzato per riconoscere le radio. Noi non siamo solamente dei combattenti, vogliamo anche che la nostra musica possa essere ascoltata da più gente possibile. Altrimenti non suoneremmo live. Il termine Fm ritorna anche

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in una nostra canzone, Clash Fm. Insomma, è perfetto. La vostra formazione attuale è di 5 persone, ma so che all’inizio eravate in tre. Come e quando si sono aggiunti gli altri due musicisti? All’inizio il gruppo era composto da Gianmaria Vicenzoni (voce e chitarra), Francesco Bommartini (chitarra) ed Emanuele Marogna (batteria). Fino a novembre 2007 abbiamo provato in trio. Poi si è aggiunto Federico Di Fonte, grande bassista e già amico di noi tutti. La formazione è stata completata a gennaio 2008 con l’ingresso di Corrado “Dodo” Mora (chitarra), il poeta maledetto delle 6 corde.

La musica che fate verte su suoni funk rock con influenze raggae e ska. A chi vi ispirate maggiormente? Le influenze sono estremamente variegate, ognuno di noi ascolta cose diverse che poi facciamo coesistere. Se però dovessimo riassumerle, quelle che più ci caratterizzano come Carnera Fm sarebbero: The Clash, The Police, Madness, The Specials, The Smiths, Mano Negra... In pochi anni di attività siete riusciti ad aggiudicarvi molti premi in vari festival musicali… Abbiamo vinto il Bovolone in rock - che ci ha premiato con un viaggio a Londra -, il Garda smile di Lazise, l’OverUnderGround contest allo Stonehenge di Arcole e l’Explosion contest al Tnt di Tezze sul Brenta (Vicenza). Oltre alle vittorie siamo arrivati secondi al Diesis music contest di Peschiera e in finale al Rock contest del Jameika di Verona.


Per tutti i lettori interessati ad ascoltarvi dal vivo, dove suonerete all’inizio della primavera? I prossimi concerti saranno: 6 marzo “Diesis bar” di Peschiera 7 marzo “Mirror pub” di Isola Rizza 20 marzo “Pop corn” di Ronco all’Adige 21 marzo “Nirvana” di Pegola (Bologna) 28 marzo “Ai Portici” di Povegliano 4 aprile “Sottosopra” di Tregnago 18 aprile “Setanta” di Valgatara 24 aprile “Il Blocco” di San Giovanni Un saluto a tutti i lettori di Pass! Vi aspettiamo! In conclusione di questa rubrica che ha occupato le pagine del Pass dedicate alla musica per vari mesi, ringrazio coloro che sono stati indispensabili per la buona riuscita di questa rubrica, ovvero tutte le band e gli artisti che si sono resi disponibili per le interviste. E poi voglio dire grazie a voi lettori, che avete letto queste cinque puntate di “Made in Verona”. Dal vostro musicologo preferito è tutto: passo e chiudo. E torno nel prossimo numero!

oTRE ALBUM SCIOCCHI PLAYLIST PLAYLISTPLAYLISTPLAYLIST

So che c’è un album ormai pronto ad uscire nei negozi. Com’è registrare un disco? Quanto ci avete impiegato? Al momento siamo in fase di mixaggio, poi mastering e tutto quello che serve per dare alle nostre canzoni la giusta carica anche su disco. Registrare un disco è bello, complicato, stimolante ed al contempo impegnativo. Per fortuna sulla nostra strada abbiamo trovato Michele Nicoli dei Canadians e i suoi “Under the pool studio”. Con lui ci troviamo molto bene, ha carpito la nostra essenza ed anche il sound ne risente positivamente.

DAVIDE SPILLARI

Marzo pazzerello apri il sol guarda l’ombrello, no era diverso, ma poco importa, il concetto chiave è quello dell’imprevedibilità meteorologica, e proprio in questi tempi dove le previsioni del tempo ossessionano la popolazione, dimentichiamo vecchi proverbi che invece dovrebbero essere rivalutati, tempo cul e siori fa quelo che vol lori cit. mia nonna. In questo mese imprevedibile e decisamente odioso, primavera, cambio stagionale, alluvioni, fiori, dolce nullafacenza del meriggio, allergie da polline, insomma: in Marzo che scrivere di Marzo? Preferisco Aprile, anche se a marzo c’è la Lepre Marzolina che mi sta molto simpatica, ecco ho rivalutato marzo. Non vorrei sciupare il tempo in congetture su cosa odio o amo di Marzo, ma un insegnamento datomi da un amico della Lepre Marzolina è che il tempo non è una cosa, quindi non dovrei avere paura di sciuparlo. Perfetto. Però dato che il tempo non è una cosa ma le parole sì, pesano, sono lunghe, colpiscono, feriscono, non vorrei sciupare troppe parole nel parlare di sciocchezze, quindi parlo di musica, non che la musica per certi aspetti non sia sciocca, cioè lo è in senso positivo, sciocco non è un termine negativo, o meglio non del tutto negativo, in parte positivo e in parte negativo, sciocco è un termine medio, per cui tutti sono sciocchi, devo ammettere che questa conclusione si basa su delle premesse vacillanti che non mi danno l’autorizzazione di dire che sono tutti sciocchi, avrei dovuto formulare un sillogismo che al momento non sono in grado di esprimere poiché sono esente da qualsiasi impulso che mi porti a fare esempi logici. Magari dire che sono tutti sciocchi è una conclusione fraintendibile, poiché dipende da quello che ogni singola persona intende per sciocco, io l’ho identificato come medio, magari in molti pensano che sia completamente negativo per cui avrei offeso quelli che interpretano questa parola come un insulto, ecco: non era mia intenzione offendere nessuno, ma dato che la nostra visione sulle parole è prospettica mi scuso con tutti quelli che hanno una visione differente dalla mia. Però resta il fatto che ci sono delle canzoni che mi sembrano sciocche, ma sciocco non basta,

bisogna aggiungere stupide e cretine, ma al momento non me ne viene in mente nemmeno una. Ma parliamo di cose serie, Morgan, sì ho visto X Factor, ma non dovevo parlare di cose serie? Ok. Morgan è uno dei migliori elementi che abbiamo in Italia per quanto riguarda la musica, sì lo so è un discorso che fanno in molti, ma io adoro i Bluvertigo anche se sono svariati anni che non fanno nulla, ha fatto qualcosa da solo il sopracitato Morgan, bella musica, ma tornando ai Bluvertigo consiZero, secondo o terzo glio a tutti Zero (non lo so) album del gruppo, così potrete gustare un po’ di buona musica italiana, magari per i molti che considerano Morgan un po’ cretino, e io aderisco a questo giudizio di tanto in tanto, sarà la svolta, la rivalutazione o la definitiva conferma che lui e il suo gruppo sono cretini, ma per me no, sono nella mia personale top 20 da un bel tot. Secondo consiglio, e rimarrei in Italia a questo punto, i Marlene Kuntz, ma sì diamoci al rock alternativo! Io adoro ogni loro singolo album, i più li ricorderanno per un fantastico duetto con Skin, io li ricordo per un album eccezionale, Senza Peso, Peso anche questo disco non è molto contemporaneo, ma è strepitoso, da ascoltare. Non c’è due senza tre, rimaniamo nello pseudo underground italico con i Verdena, gruppo che ascoltavo quando avevo sedici anni e che ora raggiunta la maturità mi riesce un po’ difficile ascoltare, ma consiglio lo stesso a tutti l’ascolto perché, comunque, anche se sono un poco puerili, sanno essere molto bravi nel loro rocknoisealternativeeccecc, genere indefinibile. Consiglio Il Suicidio Dei Samurai nei migliori negozi di dischi, ma purtroppo ora non esistono quasi più i negozi di dischi- Pentagramma R.I.P.- e per chi non è veronese: il Pentagramma era uno stupendo negozio che si trovava nella via di fronte a quel gorgo di cd e dvd e quant’altro che potremo autocensurare chiamandola F....C oppure ...NA..., chiuso come molti altri per mancanza di acquirenti risucchiati dal gorgo malefico della F..C, il Pentagramma non era un negozio di musica era di più: una salumeria, un parrucchiere, per molti una seconda casa, una discoteca labirinto, un negozio di vestiti.

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GENTE

DI VERONA

DAVIDE SPILLARI

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ra per le strade che fanno paura. Disinfettiamo Verona, sezioniamo Verona, Via Mazzini, Via Cappello, Piazza Bra, Piazza Erbe, Piazza Dante, Piazza Isolo, via XX Settembre, Piazza Santa Toscana, Corso Milano, tutto fa paura. Allora torno a casa, proteggetemi perché ho paura, la mia casa è Verona. Sindaco aiutami, fai sparire l’uomo nero, non posso addormentarmi, il buio delle strade di Verona, illuminiamo la città come se fosse sempre giorno, jeep militari nella verde padana Verona. Sì è uno spettacolo bellissimo, non devo pensare più a nulla, che bello sono finalmente al sicuro, ma i lupi nella notte sono sempre in agguato, no non sono mai sicuro di poter camminare nelle sporche vie di Verona, allora Sindaco pensaci tu, perché te sei Verona. Brindiamo a Verona, in alto i calici per Verona. Costruiamo parcheggi a pagamento in tutta Verona, grazie Sindaco di Verona, grazie per avermi fatto notare tutto il marcio di questa bellissima città grazie per aver elimitutto il marcio da questa bellissiF a c 3 u m i r i t nato ma città. Ora a Verona non ci sono più wismoddolo- campi nomadi, o ci sono? Ho paura, bor sit praes- rubano i bambini, i romeni che ci violentano, i marocchini che spacciano, gli t r u d e u g i a t , africani che ci rubano il lavoro, quec o r i n i s a d sti immigrati che hanno più diritti di noi, che riescono sempre a farla franca.

limino i fronzoli dalle frasi. Solo le cose necessarie. Nulla di complicato. Sono paratattico. Evviva Verona allora.Verona sei proprio una bellissima città, le tue case, il tuo fiume, i tuoi monumenti, la tua storia, la gente cordiale, la gente senza pregiudizi, la gente di Verona. Ed è bellissimo camminare per strada, vedere la polizia che controlla. Le telecamere, che controllano. Siamo tutti più sicuri nelle pulitissime strade di Verona. Siamo tutti uguali nelle pulitissime strade di Verona. Ci vogliamo tutti bene a Verona. Grazie sindaco di Verona, perché sei proprio una bella persona, prima che arrivassi te Verona era sporca, Verona era tanto pericolosa, a Verona c’erano gli zingari. Ora Verona è pulita, non ho mai visto una Verona così pulita, non ci sono più zingari a Verona. E siamo tutti più sicuri perché prima avevamo paura di andare per le strade di Verona, ma ora ci sono i militari, ora non ci sono più i barboni sulle panchine diVerona, eVerona è più pulita.

A Verona scompare il male, e siamo tutti più fratelli, poi ci picchiamo a Verona, ma sono solo ragazzate. A Verona non si può mangiare per strada, per questo le strade sono pulite, e abbiamo tutti il sorriso a Verona, la gente di Verona d o l e s r t u è bella. Non c’è mondo per me aldilà delle mura di Verona. Non ci sono i u e q u a t . A n - Tutti fuori dalle mura, tutti al muro, non gli vogliamo. Grazie sindaco razzisti a Verona. Ci sono solo lavoradio conulput noi che ci insegni ad essere più fratelli, più tori onesti a Verona e chi non è onesto e pulito sta fuori dalle mura di Verolanyue henisl cristiani, festeggeremo tutti con te la Verona fedele, mangiando pona. Perché Verona e bianca, è una città d o l e s t r u d nuova lenta, padroni a casa nostra. bianca e candida, non siamo fascisti a mingb vero con E cammino per le strade di Verona paVerona, siamo accoglienti. Siamo cattolici, tutti, siamo di Verona, non siamo u t p a t b i u r e drone, che bello, sono sicuro, sono veronese, sono padano.Viva l’Adige che razzisti a Verona, abbiamo solo paura a veriureetam, bagna Verona, dove si specchia Verona, Verona, per cui eliminiamo tutto quello che fa paura da Verona, ed è tutta pace s e n i b h e n i m dove si pulisce Verona. perché i problemi non ci sono. Viva l’arena, la cultura di Verona, i bar E quando cammino per la mia città, la di Verona, la tradizione del popolo di città è finalmente mia, non è più delle Verona, la vera cultura di Verona, fiero di Verona, la fiera di Verona, persone pericolose e disoneste, le persone che vengono da fuori le porte di Verona, le chiese di Verona, le piccole medie imprese di Verona che mi fanno paura perché non le conosco, e non faccio Verona, Verona operaia, Verona imprenditrice, Verona forza lavoro, niente per conoscerle. Verona impiegata,Verona forza nuova,Verona romana,Verona scaliE siamo dei muratori eccezionali a Verona, muri-cancelli-sbarre, a gera, Verona austroungarica, il pandoro di Verona, il Provolo di VeVerona non ci sono più lupi nelle strade, sono tutti nello zoo, perché rona, gli alpini di Verona, il balcone di Verona, le mura di Verona, Verona era pericolosa, ora no. le torri di Verona, i campanili di Verona, le autostrade di Verona, i Ora cammino per Verona, per le vie della maestosa potente Verona, la fiumi di Verona, le colline pianure monti lago di Verona, Gardaland città dell’amore, la città dei bravi ragazzi, la città che sognavo, la città di Verona, il comune di Verona, il teatro romano di Verona, le piazze nuova, sono veronese sono fiero di ESSERE VERONESE. Sono un di Verona, i salotti di Verona, i giornali le radio e i tg di Verona, Rana vero veronese, vengano le genti da fuori, i foresti, ma a Verona non di Verona, il calcio di Verona, il sindaco di Verona, i muri immacolati vogliamo gente sporca, a Verona siamo ospitali. Amiamo Verona, che di Verona, gli spritz di Verona, il vino di Verona, la pearà il cotechino bella Verona, abbiamo dei solidi principi morali a Verona. la pastisada de caval i bigoli col musso di Verona, la gente di Verona. Verona per tutti, per tutti quelli che vogliamo, per tutti quelli che ci Viva Verona, non c’è più alcun male a Verona. piacciono. E cammino sempre per le strade di Verona, torna la pau-

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ARTE

FEDERICO LONGONI federico.longoni@yahoo.it Mi vergogno. Non c’è molto da dire. Voi mi premiate, mi concedete questo riconoscimento, e io mi sento un ladro, che vi deruba della vostra fiducia. Come sempre, a ogni vittoria corrisponde una sconfitta. E io non so mai da che parte stare: con i vinti o con i vincitori. Con queste frasi Maurizio Cattelan aprì il discorso preparato per il ritiro della laurea ad honorem in sociologia all’Università di Trento nel 2004. Il binomio vinti/vincitori è la più azzeccata descrizione dell’arte di Cattelan, da sempre incompresa e ritenuta blasfema e scandalosa da molti; osannata e ritenuta pura genialità da altrettanti. Ma andiamo al principio. Maurizio Cattelan nasce a Padova nel 1960, e da subito si dimostra un artista eclettico e fuori dagli schemi. L’esordio in una galleria d’arte moderna avviene nel 1991, a Bologna, quando Cattelan espone il suo gallerista Massimo de Carlo attaccandolo a una parete con lo scotch. L’artista padovano inizia così una carriera in continua ascesa, accumulando critiche positive e pubblicità attraverso il passaparola della gente. L’anno della sua definitiva consacrazione è il 1999, quando suscitò scalpore in tutto il mondo con la sua opera La Nona Ora, considerata ancor’oggi una delle opere di Cattelan più conosciute. La scultura raffigura Giovanni Paolo II abbattuto a terra sotto il peso di un enorme meteorite e circondato da vetri infranti. Nonostante le numerose e prevedibili polemiche, il lavoro venne esposto alla Royal Academy di Londra e a Varsavia, e venne valutato nel 2001 per la cifra record di 886 mila dollari. In questo stesso anno, Cattelan crea una mostra internazionale, la Sesta Biennale dei Caraibi, con budget, catalogo e lista di artisti, tra quelli più in voga al momento, che sarebbero stati esposti. Ma chi decise di andare ai Caraibi per godersi questa importante mostra, non trovò nessun evento artistico: l’intento di Cattelan era quello di criticare la diffusione di biennali nel mondo trasformando il progetto in una vacanza. Nel 2001, nonostante ormai fosse chiaro che l’artista di Padova voleva provocare, suscitare scandali e, perché no, anche divertire, riuscì comunque a stupire tutti. L’opera in questione, intitolata Him, rappresenta Hitler, il dittatore tedesco, in ginocchio con le mani giunte per chiedere perdono. Lo scopo della scultura era di porre un interrogativo sull’uomo che ordinò lo sterminio di milioni di persone: chi potrebbe accettare la sua richiesta di perdono? Ben più ironica fu la riproduzione della celebre scritta “Hollywood” sulla collina di Los Angeles, che Cattelan installò però in cima a una discarica di Palermo. Le immagini che m’interessano di più sono quelle che non capisco. O meglio, quelle che sembrano contenere in sé una molteplicità infinita di significati. Poliziotti ribaltati a testa in giù, animali impagliati che pendono dal soffitto, icone del potere derise pubblicamente, bambini meccanici che disturbano i visitatori. I personaggi di Maurizio Cattelan, definito da ‘’Le Monde’’ il primo surrealista del terzo millennio, sono assurdi, sovvertono le regole della cultura e della società, dando luogo a forme d’arte assolutamente imprevedibili e irriverenti. Negli ultimi anni, ancora una volta, Cattelan decide far discutere. Nella sua mente geniale nacque l’idea di porre tre bambini-manichini impiccati sugli alberi di un viale di Milano: poche ore dopo, un passante, sentendosi offeso e sdegnato, li tirò giù. Ovviamente, scoppiarono enormi polemiche sui giornali di tutto il mondo a proposito di quei piccoli impiccati. L’autorevole rivista britannica “Art Review” piazza l’artista al quarto posto nella classifica delle persone più influenti del mondo dell’arte contemporanea, trasformandolo in uno degli artisti più quotati e richiesti. Conosciuto ormai in tutti gli angoli del mondo, Cattelan ha recentemente creato la rivista di immagini rubate Permanent Food, ha aperto a New York (città dove risiede da 15 anni) una micro galleria, The Wrong Gallery, e nel 2006 viene prescelto come curatore della quarta Biennale di Berlino. Voglio chiudere questo articolo con le parole, tratte dal discorso alla consegna della laurea ad honorem, che credo spieghino meglio di qualunque altra frase la filosofia dell’arte di Maurizio Cattelan: dalle immagini ho imparato qualcosa sul mondo: ho imparato ad accettare tutto. E soprattutto ho imparato a non sottovalutare nessuno. […] Posso testimoniare che non c’è persona che non sia in grado di cambiarti la vita. Per chiunque fosse interessato, si possono trovare alcune opere di Maurizio Cattelan alla Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Verona, a Palazzo Forti.

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MONDI CONGIUNTI

< Il cinema indipendente africano approda in Svezia >

ERIC CAFFI

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on esistono distanze impercorribili se si vuole raccontare una storia che racchiude in sé le speranze e le sofferenze di una nazione. É questo che devono aver pensato Ubaka Joe Ugochukwu e Tony Jiendu, rispettivamente regista e produttore cinematografico, provenienti dalla regione di Enugu, in Nigeria. Un viaggio lunghissimo, dal cuore dell’Africa fino alla Svezia: migliaia di chilometri, un unico obiettivo: presentare Trapped Dream, il loro film, al Festival Internazionale del Cinema di Göteborg, città in cui mi trovo per il mio Erasmus.

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Il Festival, giunto alla trentesima edizione, costituisce il più grande avvenimento cinematografico per quanto riguarda i Paesi nordici. Ogni anno, più di 450 film, provenienti da circa 70 diverse nazioni, vengono proiettati nei teatri cittadini, dando l’occasione al pubblico di scoprire, o riscoprire, la bella città di Göteborg. I numerosi seminari, organizzati congiuntamente alle proiezioni, costituiscono inoltre l’occasione ideale per ampliare il dibattito attorno ai film in concorso. Il mio incontro con Ubaka e Tony avviene in maniera imprevista, proprio al termine di uno di questi seminari: ho l’opportunità di conoscerli mentre intervisto la direttrice organizzativa del Festival per conto dell’Università di Giornalismo che sto frequentando.

Un breve dialogo introduttivo diviene l’occasione ideale per sviluppare una conversazione riguardante il loro film e il loro Paese di provenienza. Trapped Dream racconta la storia travagliata di Chike, giovane nigeriano in lotta con le traversie di un destino che lo accomuna a molti suoi connazionali. Dakar, in Senegal, costituisce storicamente una tappa obbligata per chi am-

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bisce e sogna un futuro europeo: è in questa città che si sviluppa la maggior parte degli avvenimenti del film, è in questo luogo che Chike dovrà trasformare la sua identità, dopo essere stato arrestato dalle autorità senegalesi per il possesso di un passaporto falso. Un’identità forzatamente mutata da una situazione avversa, in cui la mancanza d’integrazione sfocia spesso in episodi di violenza a sfondo razziale. Solo, senza cibo e senza possibilità lavorative, Chike diventa un trafficante di droga, dapprima per sopravvivere, in seguito per continuare a “sognare”; schiavo, al contempo, di un ambiente insopportabile e dell’amore per una giovane senegalese, il protagonista cercherà di svincolarsi dal primo per abbracciare il secondo. Flashback e flashforward vengono utilizzati dal regista per enfatizzare la crescente tensione emotiva che deriva dagli eventi, spesso accompagnati da scene volutamente dilatate, rallentate, riconducibili ai sogni del protagonista, immancabili e dominanti durante l’evoluzione del film. Sogni alimentati dal desiderio di ritrovare una condizione di normalità che pare prossima all’utopia. L’opera di Mr. Ugochukwu, patrocinata dal Ministero degli Affari Esteri francese e dal Global Film Institute di San Francisco, rivela la frustrazione di un popolo,

quello nigeriano, spesso contraddistinto da una cattiva reputazione. “Voi nigeriani siete pericolosi”, è questa la frase che viene ripetuta decine di volte durante Trapped Dream. “Quale pericolosità può esistere in un simile contesto? É giusto parlare di delinquenza quando si deve lottare per sopravvivere?” si domanda provocatoriamente il produttore del film. “Non c’è guerra attualmente in Nigeria, ma esiste una guerra mentale estenuante: la peggiore di tutte”. La frase, contenuta nel film, rivela condizioni sociali preoccupanti e un futuro tuttora incerto per i ceti più deboli della popolazione dello stato più popoloso d’Africa. La Karr Resources, azienda di produzione cinematografica rappresentata da Mr. Jiendu, costituisce un movimento totalmente indipendente nella scena africana: i suoi propositi sono ambiziosi e si legano alla volontà di rendere possibile la formazione di una nuova identità nigeriana, sviluppata in maniera consapevole e costruttiva. Mentre Mr. Jiendu mi spiega la complessità dello Stato da cui proviene, caratterizzato dalla presenza di più di 250 gruppi etnici, Mr. Ugochukwu annota su un foglio qualche considerazione personale, in linea con i propositi della Karr Resouces. Il primo punto è inequivocabile nella sua significativa semplicità: “Vogliamo raccontare la nostra storia dal nostro punto di vista, alla nostra maniera”. Una frase breve, concisa, dietro la quale si cela la necessità di ridare voce e forza a chi davvero le meriterebbe: il popolo africano, il quale vive una realtà che non può essere descritta da informatori esterni, siano essi europei o americani, ad esempio. Proseguendo la nostra conversazione, il regista nigeriano mi spiega che Trapped

Dream è una sorta di Art-Film, che si propone di promuovere in Africa un nuovo movimento cinematografico, una “New Wave culturale”. “I talenti, le capacità e le caratteristiche di ogni popolo africano dovrebbero essere incentivate - argomenta Mr. Ugochukwu – in modo da diffondere una comune identità e favorire lo sviluppo del grande potenziale collettivo”. Il clima piuttosto freddo della città scandinava non ha creato grossi problemi al duo africano, abituato a tutt’altre temperature. Perplesso nell’apprendere questa considerazione, apparentemente extra-cinematografica, chiedo spiegazioni ai miei interlocutori: “Il Film Festival di Göteborg ha costituito per noi un’esperienza di così grande importanza, che non ci siamo neppure accorti di essere nel Nord Europa: le giornate sono state intense e abbiamo avuto la possibilità di confrontare le nostre idee con quelle di altri colleghi provenienti da ogni parte del mondo.” “I registi indipendenti come noi - prosegue Mr. Ugochukwu – possono godere di un’ampia visibilità grazie ad un evento come questo, incrementando così non solo la diffusione di film, ma unitamente a ciò, di concetti, pensieri e messaggi”.

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I LABIRINTI DELLA SFINGE

a cura di Carolina Pernigo

IIn scena,Tiresia, Giocasta, il soldato giovane; TIRESIA: Avete offeso a morte quel capitano. TIR GIOCASTA: Tocca a lui, stavolta: di solito ferita a morte è la truppa, mai i capi. (Al soldato giovane) Quanti anni GIO hai? IL SOLDATO GIOVANE: Diciannove. GIOCASTA: Proprio la sua età! Avrebbe la sua età… è bello! Avvicinati. Ma guarda, Zizi, che muscoli! Vado pazza per le ginocchia: la razza si vede dalle ginocchia. Gli rassomiglierebbe… è bello. Zizi, palpa questi bicipiti; sembra ferro… TIRESIA: Ahimè, signora, lo sapete… non me ne intendo affatto. Ci vedo pochissimo… GIOCASTA: Ma palpalo, palpalo. Ha una coscia da cavallo: si tira indietro! Non aver paura… il papalotto è cieco. Dio sa quel che s’immagina, poveretto; è rosso fino alla punta dei capelli; adorabile! Ha diciannove anni!i! La macchina infernale (1936) Jean Cocteau Ma quando Giocasta partorì Edipo, Laio sbigottì. Naturalmente non credeva all’oracolo, era assurdo pensare che suo figlio lo avrebbe assassinato, ma insomma, per Hermes!, avesse almeno saputo se Edipo era veramente suo figlio; certo, non poteva negare che qualcosa lo aveva sempre trattenuto dal giacere con sua moglie, il loro era comunque un matrimonio di convenienza, lui aveva sposato Giocasta per avvicinarsi alla gente del popolo, olo, visto che, per Hermes, dati i suoi trascorsi prematrimoniali, Giocasta la conoscevano tutti, c’era mezza città ittà che si sentiva solidale con Laio... La morte della Pizia (1976) Friedrich Dürrenmatt C’era una volta, molto tempo fa, la coppia regale della città di Tebe. Non serve che prosegua, tutti conosciamo la triste storia del piccolo Edipo, abbandonato dai genitori per un oracolo funesto. La maledizione che grava sulla sua stirpe non risparmia lui, come non ha risparmiato suo padre, suo nonno, e non risparmierà i suoi discendenti. Un mito che ha colpito la fantasia popolare e quella degli intellettuali, un mito in cui probabilmente, dopo Nietzche, Freud, Propp, Lévy-Strauss e tutti coloro che hanno avuto qualcosa da dire sull’argomento, resta assai poco da dibattere o sviscerare. In questo panorama di opinioni selvoso e intricato, risulta un vero sollievo imbattersi in due testi così diversi e così simili ad un tempo. In due libri, scritti in contesti differenti, a quarant’anni di distanza l’uno dall’altro, si rilegge in un’ottica nuova una storia ormai trita; in entrambi si fa sorridere, ma di un sorriso amaro, ormai disilluso: l’uomo prova in mille modi a farsi padrone della propria esistenza, ma è ineluttabilmente destinato a essere l’ingranaggio di una macchina infernale, da cui non si può liberare, alla fine dei conti, neppure con la morte. L’uomo è sì vittima di una rete che sempre più strettamente lo avvince e lo soffoca, ma non per questo può essere compatito, poiché si rivela sempre anche complice, e carnefice, a propria volta. Lo vediamo splendidamente nell’opera teatrale di Jean Cocteau, ironica e a tratti farsesca, breve tragedia mascherata da commedia, ma ancor di più nell’originale racconto lungo di Dürrenmatt, pungente, dissacrante e sottilmente spietato. La Pizia, ormai anziana e annoiata da anni di profezie che non sono altro che menzogne, riflette sulla sua prossima morte, che attende con ansia, come un’ultima, stimolante avventura. Nell’arco di una lunga notte, la vecchia è costretta a incontrare i suoi fantasmi, che le mostrano non solo cosa l’aspetta, ma anche le drammatiche conseguenze delle sue azioni passate. A essere rivista, attraverso una serie di successive apparizioni, è in particolare la vicenda di Edipo, vittima ignara di un conflitto di potere tra i due profeti, la Pizia e Tiresia. Entrambi si proponevano di manipolare la realtà -l’una con la propria fantasia, l’altro con complicati progetti politici-, entrambi sono stati invischiati in un gioco perverso di inversioni e scambi, in cui la realtà cambia faccia continuamente e nulla, alla fine, è quel che sembrava.

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INVIATE I VOSTRI RACCONTI, POESIE, CITAZIONI A: zanola.elisa@libero.it

NERO rubrica di parole

NATO DAL SIGNOR SBALLO

Il signor Sballo era noto in quel posto. Conosciuto da tutti i membri di quella morbosa comunità appariva agli occhi del resto del popolo come qualcosa da bandire. Fra sè e sè ogni giorno si ripeteva il perché di questo, iniziando a cercare tra i libri di storia.

a cura di Elisa Zanola

"Cos’è il vivente, cosa l’estinto? Un sogno d’ombra é l’uomo" scriveva Pindaro. E mentre la redazione di Pass invita a sognare attraverso l’arte, c’è chi coglie in anticipo il suggerimento e lo trasforma in un racconto...

Letti innumerevoli volumi, si imbatté in un piccolo libro dimenticato, perso tra la polvere della tetra biblioteca di paese. Aprì una pagina a caso, senza prestar bado all’indice ben scritto, incuriosito dal verde luminoso della copertina. D’un tratto una scia di microscopiche particelle feline si alzò da quelle pagine, entrando con forza nei polmoni del Sig. S. Catturato da questa strana sensazione, trasportato su un pianeta tutto suo, si sedette a terra, morto di felicità. Aprì gli occhi dopo qualche tempo, stroppicciandosi le palpebre, ritornando a sfogliare quel libro. Non riusciva a far che quello, incollato con gli occhi a quel color giallognolo. Si imbatté in una riga, figlia di Maria, che così diceva: “Vivi delle tue visioni, assemblale e trasportale nella tua realtà, non svegliarti mai dal sonno che ti circonda”. Subito si curò di rileggerla; una, due, tre, quattro volte, fino a che non l’aveva imparata a memoria. Passò così quella sera, seduto in un angolo, con un nuovo insegnamento. La mattina il signor Sballo si sveglia tramortito, si scuote un po’ la testa, si bagna il viso e si presta a tornare a casa. Durante il cammino inizia a pensare, schivando gli sguardi indiscreti della gente lungo il viale. Come quelle canzoncine che ti restano nella testa, la frase della sera prima si rifece sentire tra i suoi pensieri. Di primo impatto continuò ad avanzare, senza pensare a quello che stava canticchiando. Poi, invece, si arrestò con un balzo, nonostante l’età che ormai pesava sulle sue spalle. Pensò a lungo, trasportato, ancora una volta, in un mondo tutto suo. Ne risultò stupito, gettato nel quotidiano dalla banalità. Proseguendo la marcia non smise di riflettere, vagheggiando nella fitta rete del suo intelletto. Fino a che, d’improvviso, la soluzione gli parve evidente. Il resto del popolo lo detestava perché era capo della terra dei sognatori, rivale indiscussa della terra del quotidiano. Si rassegnò allora, abbassando lo sguardo e tornando a fischiettare quelle parole, dispiaciuto perché la maggior parte degli uomini erano rimasti fuori dalla sua comunità, regno della felicità. Redarnold

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IMAGeINAcTION immagina un sogno

esposizione> dal 5 al 31 Maggio 2oo9 consegna opere> dal 23 Febbraio al 23 Aprile 2oo9 , il Giornale degli Studenti dell’Università di Verona, in collaborazione con la Biblioteca Frinzi, organizza un concorso di arti figurative (dipinti, fotografie, installazioni), che ha per tema il sogno (politico sociale, ecologico, poetico letterario, d’amore...)

Per informazioni: www.passvr.com Info@passvr.com Siamo anche su Facebook Per farsi ispirare nella creazione, è disponibile in Frinzi una dispensa, contenente alcuni testi sul sogno. Il legame tra questi scritti o altri che ogni artista può associare alla sua opera, serve per stabilire un dialogo tra l’arte ed altre discipline, come la letteratura, la musica, il cinema…da cui sono tratte queste citazioni. Ogni artista può consegnare la sua opera direttamente alla portineria della Biblioteca Frinzi (non più di una, accompagnata dal testo al quale è ispirata) Il 5 Maggio si svolgerà la premiazione

È il momento di sognare, proporre, dipingere e creare! media partner


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