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AMBIENTE
MENSILE - TECNOLOGIE AMBIENTALI PER L’INDUSTRIA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -
ANNO XXXI OTTOBRE 2020
N9
SOMMARIO 6
PANORAMA
FOCUS PRESSE IMBALLATRICI PER RIFIUTI
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BIOMASSE & BIOGAS
APPROFONDIMENTI
Le nuove regole UE per l'incenerimento dei rifiuti 10
Idromethan Wash&Soap
Con la Decisione 2010/2019/CE sono state pubblicate le conclusioni sulle B.A.T. in materia di smaltimento o recupero di rsu nei termovalorizzatori
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L’eco-alternativa green per l’upgrading da biogas a biometano di Idro Group
L’upgrading con un metodo ibrido COVER STORY
Un NUOVO impianto per la Liguria
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Sviluppata una soluzione di separazione a membrana e conversione catalitica per una più efficace cattura di CO2 e produzione di biometano
Piattaforma polifunzionale di trattamento rifiuti creata per la SEPOR S.p.A. - La Spezia
Con PreMix la differenza si vede
Un digestore alimentato a secco, l’altro con il sistema di miscelazione solido-liquido Vogelsang. I risultati non lasciano dubbi: più energia, meno costi e manutenzioni quasi azzerate
DEPURAZIONE Via l’azoto dal digestato
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16 MACCHINE & STRUMENTAZIONI
Un passaggio indispensabile per l'utilizzo agronomico, e che prevede trattamenti di recupero o conservativi e trattamenti di abbattimento o riduttivi
Cannoni ad aria compressa AirFlash, pulitori Raskia per nastri trasportatori e abbattitori di polveri EcoFog
Ferro e acqua ossigenata aiutano a depurare 20 L'aggiunta di sali ferrici e H2O2 consente di combattere efficacemente la presenza di fosfati e di idrogeno solforato nei depuratori
Il riciclo dei reflui nell’industria tessile
TECNOLOGIE
Dalla barbabietola a eco-prodotti
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RIFIUTI Il riciclo delle polveri di acciaieria Un materiale di rifiuto ancora in gran parte smaltito in discarica, ma esistono interessanti sistemi di recupero, uno dei quali è una BAT
Vagliare il rifiuto senza intasamenti Un nuovo e brevettato sistema di vagliatura particolarmente adatto per trattare i materiali difficili
MARKET DIRECTORY
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ECOTECH
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INSERZIONISTI 38
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La produzione di sostanze ad alto valore commerciale e rispettose dell’ambiente
Un mix tecnologico che inizia con elettrocoagulazione e flottazione seguita da ultrafiltrazione e osmosi inversa
L’abbattimento odori tramite biofiltri
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La forza di prodotti Made in Italy
ALPENWALD Srl AMG IMPIANTI Srl ANDION ITALY Spa AQSEPTENCE Srl ARVEN Srl BARRA PROJECT INT. Srl BIMIX Srl BRUNO WOHLFARTH Srl CEFLA Sc CID ING VENTURA Srl DEC AMBIENTE Srl DELTA COVER Srl ECOCHIMICA Srl ECOMEDIT Srl ECOSPRAY TECHNOLOGIES Srl
ECOTEC SOLUTION Srl FANTONI&LUCIANI Srl FORMECO Srl FOR REC Srl GENESIS BIOSCIENCES Ltd GIOTTO WATERS Srl GRAMAGLIA Srl HYSYTECH Srl ICEB F.LLI PEVERONI Srl IDECO Srl IDROCLEAN – ITELYUM Srl IDRO GROUP Srl MACPRESSE EUROPA Srl MANUTAN ITALIA Spa MTD Srl MONTELLO Spa MVT-MION VENTOLTERMICA Spa
N.C.R. BIOCHEMICAL Spa NUOVO Srl PAL Srl PPE Srl QUENTIC Gmbh RAFT Srl RAGAZZINI Srl RICREA RITMO Srl SCOLARI Srl SEEPEX ITALIA Srl TECNO PROJECT INDUSTRIALE Srl TOMRA UNICA CE Sas VAUCHE' BIOMA ITALIA Srl VOGELSANG Srl WOLF SYSTEM Srl
GLI INDIRIZZI DELLE AZIENDE CITATE SONO A PAG. 82 Hi-Tech Ambiente
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panorama rAPPorto CoMIeCo
FIrMAto regoLAMento
Differenziata Carta: di più e meglio
L’End of Waste di carta e cartone
La raccolta in Italia cresce del 3%, con il Sud che traina la crescita con un +8,5%, ma è sempre il nord a fare i volumi maggiori La raccolta differenziata di carta e cartone non arresta la sua corsa e anche nel 2019 conferma il trend degli ultimi anni migliorando le performance nazionali del 3%. Con 100.000 tonnellate in più rispetto al 2018 si supera quota 3,5 milioni di ton differenziate dai cittadini, con un pro-capite di 57,5 kg/ab. È quanto rileva Comieco nel suo rapporto annuale sulla raccolta differenziata e riciclo di carta e cartone in Italia, giunto alla 25a edizione. I nuovi dati trovano spiegazione in due diversi fattori: da una parte l’impegno sempre crescente dei cittadini nel fare la differenziata, dall’altra una filiera del riciclo efficiente. Analizzando i dati nazionali relativi al riciclo degli imballaggi cellulosici e proiettandoli a livello europeo, si registra un consolidamento della posizione dell’Ita-
lia nell’ambito degli obiettivi di riciclo posti dalla normativa europea. entrando invece più nel dettaglio dei numeri complessivi, il rapporto ci restituisce una fotografia dell’andamento della raccolta di carta e cartone in Italia, dove il gap tra le macroaree nord, Centro e Sud si riduce ulteriormente: grazie ai finanziamenti di Comieco per investimenti in attrezzature e mezzi idonei allo sviluppo della raccolta nei Comuni “sotto media”, il Sud Italia ha segnato un +8,5%, portando a 41,8 kg la raccolta pro-capite e superando per volumi raccolti le regioni dell’Italia Centrale. La raccolta differenziata di carta e cartone viene fatta di più, ma anche meglio: l’incidenza delle impurità nella differenziata domestica torna sotto il 3%, mentre si conferma l’eccellente qualità delle raccolte commerciali.
Il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha firmato il regolamento recante la disciplina per l’end of waste di carta e cartone, ossia modalità e criteri in applicazione dei quali i materiali derivanti dal trattamento di carta e cartone cessano di essere rifiuti e possono essere utilizzati per altri scopi. La carta complessivamente raccolta in Italia nel 2018 si aggira intorno ai 5,3 milioni di tonnellate, cui si aggiunge quella proveniente da rese e da altre attività industriali per un totale di circa 6,65 milioni di tonnellate. La carta da macero può essere riusata come materia prima nella manifattura di carta e cartone ad
opera dell’industria cartaria, nonché in industrie che utilizzano come riferimento la norma UnI en 643. Il regolamento si suddivide in 7 articoli (che definiscono gli ambiti di applicazione, i criteri ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto, gli scopi specifici di utilizzabilità) e 3 allegati. La norma per l’end of waste di carta e cartone segue quella sui PAP, rifiuti da prodotti assorbenti per la persona (decreto firmato a maggio 2019) e sulla gomma vulcanizzata granulare, (firmato a marzo 2020). tra i decreti eoW in lavorazione e nei passaggi finali, quello per i rifiuti da costruzione e demolizione.
DEPURAZIONE: SEI SOCIETA’ FUSE IN ALFA
cazione e adeguamento degli impianti. Con questa fusione, i depuratori in gestione serviranno complessivamente 120 comuni e una popolazione di quasi un milione di ab.eq.
Il sistema idrico integrato del varesotto cambia aspetto grazie alla fusione in Alfa delle sei società ecologiche provinciali, nate come consorzi di tutela. Una decisione, questa, che fa compiere un salto in avanti al processo di integrazione e razionalizzazione dell’intero sistema che gestisce acquedotti, fognature e depurazione del territorio servito. La conseguenza pratica dell’operazione, infatti, è che la gestione di tutti i più importanti depuratori provinciali passa ora ad Alfa, la quale ha anche concluso l’acquisizione del ramo idrico di Prealpi Servizi. Ma, soprattutto, potranno essere avviati i progetti di riqualifiHi-Tech Ambiente
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ACCordo Con LA BeI
nuova energy Lending Policy (eLP) approvata lo scorso novembre, che punta a valorizzare gli investimenti che contrastano il cambiamento climatico. Per edison, gli investimenti finanziati dalla Bei, peraltro a tassi molto vantaggiosi, rientrano nella strategia di consolidamento della società quale operatore energetico nazionale con un modello di business sostenibile. edison, infatti, punta a ridurre le emissioni di Co 2 e a raddoppiare entro il 2030 la percentuale di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.
Edison accelera sulle rinnovabili
La Banca europea degli Investimenti (Bei) ha di recente siglato un accordo con edison, a cui concederà un sostanzioso finanziamento (450 milioni di euro totali) affinchè possa fare importanti investimenti in materia di energie rinnovabili. nello specifico, sono due le operazioni che finanzierà la Bei al gruppo energetico italiano: un
green Framework Loan di 300 milioni di euro per lo sviluppo di progetti di efficienza energetica e nel settore delle rinnovabili su tutto il territorio e un prestito di 150 milioni di euro per il rifacimento di una centrale a gas a ciclo combinato di ultima generazione a Marghera (Venezia). Per la Bei si tratta di operazioni in linea con il regime transitorio della
Hi-Tech Ambiente
ECO-CONTRIBUTO PIU’ CARO PER ACCIAIO, PLASTICA E VETRO A causa dei profondi cambiamenti intervenuti nel corso del 2020 per l’intero settore della gestione dei rifiuti di imballaggio, è stato decretato l’aumento del contributo ambientale per gli imballaggi in acciaio, plastica e vetro, utilizzato per finanziare le attività di raccolta e valorizzazione di questi rifiuti, principalmente provenienti da raccolta urbana. gli aumenti, che scatteranno a partire dal 1° gennaio 2021, sono i seguenti: per l’acciaio il contributo per gli imballaggi in acciaio passerà da 3 a 18 euro/ton; per la plastica l’aumento riguarderà solo gli imballaggi di fascia B2 e C, che passeranno rispettivamente da 436 a 560 euro/ton e da 546 a 660 euro/ton; per il vetro, invece, si passerà da 31 a 37 euro/ton.
L’UE FINANZIA TECNOLOGIE GREEN L’Unione europea ha di recente lanciato il suo programma per il finanziamento di tecnologie innovative a basse emissioni di Co2. I contributi economici, provenienti dal Fondo per l’innovazione dell’Ue (creato con i ricavi del mercato europeo delle emissioni), sosterranno le tecnologie per la riduzione dei gas serra come i parchi eolici galleggianti, la tecnologia per la cattura di Co2 e lo stoccaggio dell’energia, su cui la Ue sta fortemente puntando per ridurre l’impatto ambientale di settori difficili da decarbonizzare come l’industria del cemento e quella siderurgica. L’obiettivo è di incoraggiare le aziende a investire in tecnologie pulite, condividendo il rischio legato a progetti pionieristici.
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Secondo il rapporto “gestione raee 2019” che sintetizza i risultati delle dichiarazioni annuali fatte dagli impianti di trattamento iscritti all’elenco obbligatorio gestito dal Centro di Coordinamento raee, lo scorso anno in Italia sono state trattate 463.953 tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Sono 976 gli impianti di gestione dei raee (14 in più rispetto al 2018), tra quelli dediti al trattamento per il recupero delle materie prime e quelli che svolgono semplice attività di stoccaggio dei rifiuti in attesa dell’invio a un impianto di trattamento. In termini di ripartizione territoriale, la presenza più consistente rimane concentrata nel nord Italia, con 691 strutture; nel Centro sono 138 e nell’area Sud e Isole sono 147. Sul totale degli impianti, 51 risultano “accreditati”: possiedono cioè i requisiti che consentono di ricevere e trattare i raee domestici gestiti dai Sistemi Collettivi. Le tonnellate di raee gestite sono state complessivamente 463.953, il 10,11% in più rispetto al 2018. entrando nel dettaglio, il 76,27% (pari a 353.840 ton) è riconducibile ai raee domestici, mentre il 23,73%
StAto deLL’Arte In ItALIA
Raee: impianti e raccolta nel 2019 Cresce del 10% il volume di raee gestiti dagli impianti di trattamento, ma il tasso di ritorno torna a calare
(pari a 110.113 ton) si riferisce ai raee professionali. La composizione dei rifiuti tecnologici domestici evidenzia il consolidarsi della predominanza dei grandi
bianchi (r2), con +11,75%, e delle apparecchiature del freddo e clima (r1), con +12,2%. dal 2019 il target di raccolta Ue (rapporto tra i raee raccolti e le apparecchiature
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immesse sul mercato) è passato dal 45 al 65%. In Italia, il tasso di ritorno è stato invece del 39,53%. (in calo rispetto al 42,84% del 2018). Il dato peggiorativo si spiega in forza del fatto che i quantitativi di raee trattati dagli impianti sono cresciuti in maniera inferiore all’immesso di Aee (+19%). Il maggior volume di Aee immesso sul mercato va letto alla luce dell’entrata in vigore dell’open Scope che ha ampliato in maniera significativa le categorie delle apparecchiature elettriche ed elettroniche soggette alla normativa europea sui raee. La mancata pubblicazione del decreto attuativo sui nuovi raggruppamenti raee, indispensabile per indirizzare la raccolta corretta dei rifiuti tecnologici e conseguentemente del loro calcolo ai fini del tasso di ritorno, costituisce un ostacolo alla comunicazione su come debbano essere raccolti i nuovi raee derivanti dalle apparecchiature a cui si è esteso l’obbligo di gestione del fine vita a carico dei produttori. Al dannoso ritardo normativo si aggiunge il perdurare del traffico illecito dei rifiuti tecnologici, generato da una loro non corretta tracciatura.
approfondimenti
Le nuove regole UE per l'incenerimento dei rifiuti Migliori tecniche disponibili
Con la decisione 2010/2019/Ce sono state pubblicate le conclusioni sulle B.A.t. in materia di smaltimento o recupero di rsu nei termovalorizzatori Il settore dell'incenerimento comprende oltre 500 installazioni in tutta europa e tratta circa il 30% dei rifiuti urbani generati all'interno dell'Ue, oltre ad altri tipi di rifiuti come quelli pericolosi e i fanghi di depurazione. Con la crescita delle raccolte differenziate, oggi il ruolo degli inceneritori non è più antitetico alla valorizzazione, ma è piuttosto la conversione in energia delle frazioni residue che non possono essere riciclate o altrimenti valorizzate. La Commissione europea ha impiegato 5 anni per elaborare le nuove conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (Best Available techniques-BAt) per l'incenerimento dei rifiuti; il risultato è contenuto nella decisione della Commissione n. 2010 del 12/11/2019, pubblicata sulla gazzetta Ufficiale Ue n. 312/2019. oltre alla loro importanza per il settore europeo del trattamento dei rifiuti, queste conclusioni svolgono anche un ruolo importante nel raggiungimento degli obiettivi della politica europea in materia di gestione dei rifiuti e dell'ambiente e, quindi, per la transizione verso un'economia circolare che mette al primo posto il recupero di materia e in secondo luogo il recupero energetico, al fine di ridurre il più possibile il conferimento in discarica e il consumo di fonti energetiche non rinnovabili (petrolio, gas naturale): non a caso la prima delle 13 fasi di recupero dei rifiuti (All. C parte IV del d.Lgs 152/06) prevede l'"uso principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia".
CAMPO DI APPLICAZIONE
Le conclusioni si riferiscono in particolare alle attività di smaltimento o recupero dei rifiuti in impianti di incenerimento e coincenerimento, elencate nell'allegato I della direttiva 2010/75/Ue ai numeri 5.1, 5.2, 5.3 lett. a) e b), e cioè: per i rifiuti non pericolosi, con una capacità superiore a 3 ton/ora, per i rifiuti peri-
colosi, con una capacità superiore a 10 ton/giorno. Si applicano inoltre alla attività di incenerimento con annesso trattamento di scorie e/o ceneri pesanti, nei seguenti casi: - smaltimento di rifiuti non pericolosi, con una capacità superiore a 50 ton/giorno - recupero, o combinazione di recupero e smaltimento, di rifiuti non
pericolosi, con una capacità superiore a 75 ton/giorno, - smaltimento o recupero di rifiuti pericolosi, con capacità superiore a 10 ton/giorno. Queste conclusioni, oltre ad avere l'obiettivo di ridurre le emissioni derivanti dall'incenerimento dei rifiuti, inclusi rumori e odori, riguardano anche altre questioni ambientali che contribuiscono all'economia circolare, come l'efficienza energetica e delle risorse (consumo di acqua e reagenti, recupero di materiali utili). I nuovi standard stabiliti nel documento forniscono alle autorità nazionali una solida base per stabilire le condizioni per il rilascio della A.I.A. (Autorizzazione Integrata Ambientale): le Autorità Competenti (regioni e Province Autonome) dovranno fissare valori limite di emissione tali da non superare quelli associati alle B.A.t. Questo vale fin da subito per gli impianti in fase di realizzazione, ma si applicherà entro 4 anni anche agli impianti già esistenti ed autorizzati poiché, secondo quanto stabilito dall’art. 9-octies del d.Lgs 152/06, le AIA devono essere riviste ogni 4 anni tenendo conto dei nuovi riferimenti disponibili. LE DIVERSE B.A.T.
Le B.A.t. contenute nella decisione 2010/2019/Ce riguardano diversi aspetti, in particolare: 18 riguardano aspetti generali, comprese le Continua a pag. 12 Hi-Tech Ambiente
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Continua da pag. 10
Le nuove regole UE per l'incenerimento dei rifiuti pratiche di gestione e monitoraggio ambientale, 11 sono riferite alle emissioni in atmosfera, 3 alle emissioni in acqua, 1 al rumore, 2 all'efficienza energetica e 2 all'efficienza in termini di utilizzo dei materiali. Per quanto riguarda i limiti emissivi, rispetto alle norme esistenti, le nuove conclusioni sulle B.A.t. offrono un livello di protezione rafforzato, con particolare attenzione agli inquinanti organici tossici e persistenti come mercurio, diossine policlorurate e furani. Venendo nello specifico alle emissioni in atmosfera, il documento contempla una serie di tecniche primarie e secondarie avanzate per ridurre le emissioni di inquinanti. Importanti miglioramenti sono stati introdotti nel monitoraggio delle emissioni nell'atmosfera, in particolare per quanto riguarda la misurazione continua del mercurio e il campionamento a lungo termine di diossine policlorurate e furani. Per l'acqua, le conclusioni sulle B.A.t. si concentrano sulle tecniche per massimizzare il risparmio idrico e sull'ottimizzazione del consumo di acqua, nonchè sulle tecniche di trattamento secondarie utilizzate per ridurre la concentrazione di inquinanti nell'effluente. Le conclusioni sulle B.A.t. includono anche i livelli di efficienza energetica per il recupero di energia dall'incenerimento dei rifiuti, espressi in termini di energia elettrica o energia totale (elettricità e calore) in uscita, a seconda della configurazione dell'impianto (impianti progettati per produrre solo elettricità rispetto ad esempio a centrali termiche ed elettriche combinate). Per gli inceneritori di rifiuti pericolosi e fanghi di depurazione, i livelli di efficienza energetica associati alla B.A.t. per il recupero di energia sono espressi più semplicemente in termini di efficienza della caldaia. Le regioni, in qualità di Autorità Competenti al rilascio del provvedimento di AIA, hanno 4 anni di tempo per avviare e concludere i procedimenti di riesame delle AIA delle installazioni esistenti per l'incenerimento dei rifiuti, tenendo conto delle nuove B.A.t. Contestualmente, i gestori di tali installazioni devono presentare un cronoprogramma di adeguamento alle B.A.t. entro lo stesso periodo. Le
nuove installazioni AIA devono invece conformarsi immediatamente ai nuovi requisiti, prima della loro messa in esercizio. La decisione 2010/2019/Ce si compone di 37 pagine, per la maggior parte riportanti tabelle di valori limite conseguibili con le diverse tecnologie. nell'impossibilità di riassumere un documento altamente tecnico, riportiamo a titolo di esempio un riassunto della parte relativa alle emissioni di composti organici (tra i quali sono comprese le famigerate diossine). LE BAT SULLE EMISSIONI IN ATMOSFERA
Per ridurre le emissioni convogliate nell'atmosfera di composti organici, tra cui PCdd/F e PCB, provenienti dall'incenerimento di rifiuti, la B.A.t. consiste nell'utilizzare le tecniche seguenti: - ottimizzazione dei parametri di incenerimento per favorire l'ossidazione dei composti organici, com-
presi i PCdd/F e i PCB presenti nei rifiuti, e per prevenire la loro (ri)formazione e quella dei loro precursori - controllo dell'alimentazione dei rifiuti, al fine di garantire condizioni di incenerimento ottimali e, per quanto possibile, omogenee e stabili (difficile da applicare ai rifiuti solidi urbani) - pulizia efficiente dei fasci tubieri delle caldaie per ridurre il tempo di permanenza e l'accumulo della polvere, riducendo in tal modo la formazione di PCdd/F in caldaia - raffreddamento rapido degli effluenti gassosi da temperature superiori a 400 °C a temperature inferiori a 250 °C prima dell'abbattimento delle polveri, per evitare una nuova sintesi di PCdd/F (in particolare, nel caso dell'incenerimento di rifiuti pericolosi con un elevato tenore di alogeni, si deve ricorrere a un sistema di “quench”, anche a costo di ridurre la quantità di calore recuperabile dagli effluenti gassosi) - adsorbimento mediante iniezione
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di carbone attivo o di altri reagenti, generalmente in associazione a un filtro a manica in cui viene creato uno strato di reazione nel residuo di filtrazione e vengono rimossi i solidi prodotti - riduzione catalitica selettiva (SCr) per l'abbattimento degli nox. La superficie catalitica adeguata del sistema di SCr prevede anche una parziale riduzione delle emissioni di PCdd/F e PCB - uso di maniche filtranti catalitiche, cioè contenenti il catalizzatore come componente delle fibre, oppure impregnate con il catalizzatore stesso - aggiunta di sorbente al carbonio in uno scrubber a umido. I PCdd/F e PCB sono adsorbiti dal sorbente al carbonio aggiunto allo scrubber a umido, o nel liquido di scrubbing o sotto forma di elementi di riempimento impregnati. Applicando le tecniche suddette è possibile ottenere i seguenti livelli
di emissione associati alle B.A.t. per le emissioni convogliate nell'atmosfera di tVoC, PCdd/F e PCB diossina-simili derivanti dall'incenerimento dei rifiuti: <3-10 mg/nmc di tVoC (sia per gli impianti nuovi che per quelli esistenti); PCdd/F <0,01-0,04 ngIteQ/nmc per gli impianti nuovi e <0,01-0,06 per gli impianti esistenti, calcolati come media del periodo di campionamento (è consentito un incremento di 0,02 unità nei valori massimi nel caso che il periodo di campionamento sia a lungo termine), PCdd/F + PCB diossina/simili <0,01-0,06 ng WHo-teQ/nmc per gli impianti nuovi e <0,01-0,08 per gli impianti esistenti, con lo stesso incremento di cui sopra in caso di campionamenti a lungo termine. Per confronto, il valore limite fissato dalle precedenti B.A.t. per le emissioni di diossine e recepiti nella legislazione italiana (All. I al tit. 3bis della Parte IV, d.Lgs 152/06) era di 0,1 ng/mc. Le nuove B.A.t. abbassano quindi notevolmente i valori limite per questi inquinanti.
cover story
Un NUOVO impianto per la Liguria NUOVO
Creazioni Ambientali
Piattaforma polifunzionale di trattamento rifiuti creata per la SePor S.p.A. - La Spezia La società nUoVo si occupa di consulenza, progettazione, direzione lavori, collaudo, avviamento, formazione e assistenza alla gestione di impianti, anche con soluzioni chiavi in mano, per il trattamento dei rifiuti liquidi, fangosi, solidi, di natura civile e industriale, pericolosi e non. tra le tante applicazioni della nUoVo, particolarmente interessante per la sua completezza, per la sua innovazione e per la sua importanza strategica territoriale, è stata l’attività di consulenza, progettazione e direzione lavori finalizzata alla realizzazione della Piattaforma Polifunzionale di trattamento di rifiuti della SePor S.p.A., situata nel Porto Mercantile (Molo garibaldi) di La Spezia (SP), in posizione limitrofa all’impianto attuale da sostituire una volta completata la costruzione del nuovo, che provvederemo ad avviare per i primi mesi del 2021. La piattaforma polifunzionale è stata progettata sulla base di più sezioni impiantistiche: in dettaglio le attività di stoccaggio e trattamento di rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi (definite secondo gli allegati B e C del d.lgs. 3 dicembre 2010 n.205), saranno svolte mediante n. 2 linee di produzione (per produzione si intendono le attività principali di produzione: lo stoccaggio, raggruppamento, ricondizionamento preliminare e messa in riserva, il riciclaggio/recupero, scambio di rifiuti speciali, pericolosi e non, ed il trattamento chimicofisico-biologico dei rifiuti in forma liquida). La piattaforma è autorizzata per ef-
fettuare le operazioni d8-d9-d13d14-d15/r3-r4-r12-r13 e tratta reflui che provengono dalle acque di sentina delle navi, emulsioni in genere e/o liquidi provenienti dalle attività industriali; inoltre, l’impianto è in grado di trattare anche rifiuti solidi che sono sottoposti a sterilizzazione e/o riduzione volumetrica prima di essere avviati a successive operazioni. La forza della Piattaforma SePor, viene dall’idea innovativa della nUoVo che gli conferisce la particolarità di essere l’unico impianto del genere nella regione Liguria e punta a rappresentare un fiore all’occhiello per tutto il nord-Italia.
Una Piattaforma di trattamento rifiuti ad un passo dal mare, situata direttamente sul Porto, nel golfo di Spezia, meta turistica e di sosta delle navi da crociera. L’originale ubicazione ha impegnato i tecnici della nUoVo a progettare un insieme di soluzioni tecnologiche che garantiscono il rispetto di tutte le normative di settore; inoltre, la vocazione turistica del Molo garibaldi ed il vincolo paesaggistico a cui è sottoposto, hanno spinto i nostri progettisti a ideare e studiare con creatività un inserimento dell’impianto adeguato al luogo. La ricercatezza degli aspetti tecnologici, delle forme e delle co-
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lorazioni sviluppate dalla nUoVo hanno permesso di introdurre la piattaforma polifunzionale di trattamento rifiuti in totale coerenza con il territorio circostante. tra le principali idee e soluzioni innovative, ricercate in fase di studio e di progettazione della piattaforma da parte dei tecnici della nUoVo impegnati in questo progetto, ricordiamo le seguenti: - trattamento chimico-fisico a BAtCH; - Impianto biologico MBr; - Biofiltro e carboni attivi; - Impianto fotovoltaico. Le soluzioni sono state pensate, inoltre, nell’ottica delle reali esigenze del Cliente, con particolare cura all’aspetto logistico e sempre rispettose di tutto l’iter autorizzativo. La nUoVo con questa Piattaforma, unica nel suo genere, si conferma leader nella progettazione di impianti per il trattamento dei rifiuti inserendosi nel mercato globale con tutto il suo carico di innovazione, facendosi trovare pronta alle sfide del terzo Millennio, della green economy e di Industria 4.0. La nUoVo vanta lo status di PMI Innovativa (Piccole e Medie Imprese), requisito che diventa importante e fondamentale anche per i suoi Clienti, che possono ottenere agevolazioni e vantaggi con i progetti di ricerca e sviluppo. Con la passione che ripone in ogni piccolo e grande progetto, la nUoVo punta ad affinare le migliori tecnologie impiantistiche per dare risposte sempre più personalizzate e innovative ai suoi Clienti, nel rispetto dell’ambiente e dell’economia Circolare.
DEPURAZIONE A C Q U A
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A R I A
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S U O L O
Via l'azoto dal digestato Tecnologie di abbattimento
Un passaggio indispensabile per l'utilizzo agronomico, e che prevede trattamenti di recupero o conservativi e trattamenti di abbattimento o riduttivi La digestione anaerobica è un processo di trattamento applicabile a una grande varietà di scarti di origine agricola (liquami zootecnici, sottoprodotti agricoli, scarti agroindustriali) e anche alla frazione organica dei rifiuti solidi urbani (ForSU). negli ultimi anni questo processo è divenuto oggetto di particolare attenzione, perchè il biogas ottenuto dalla digestione anaerobica può essere purificato ottenendo "biometano", in tutto uguale al metano da fonte fossile, ma ottenuto da rifiuti o comunque da fonti rinnovabili (biomasse di origine agricola). L'entusiasmo verso l'uso del biometano è giusitificato, ma si deve considerare che il processo di digestione anaerobica produce un ingombrante sottoprodotto: il cosiddetto digestato, che è una sospensione acquosa contenente tutto ciò che non è stato digerito nel processo. La quantità di digestato in uscita corrisponde al 8595% del materiale in ingresso, ma il contenuto in materiali solidi è in media intorno al 5%. La destinazione del digestato può essere l'utilizzo diretto come fertilizzante, oppure la miscelazione con altri rifiuti organici per ottenere compost; l'uso diretto come fertilizzante costituisce generalmente l'obiettivo delle aziende agricole che intendono produrre biometano, ma occorre tenere presente che questo utilizzo è soggetto ad
una complessa serie di prescrizioni normative, contenute nel d.M. n. 5046 del 25/2/2016. oltre a prescrizioni di carattere cautelativo, come divieto di applicazioni in aree boschive, su terreni in pendenza, in prossimità di canali e corsi d'acqua, su terreni gelati o dopo nevicate, la principale limitazione deriva dalle condizioni poste dalla cosiddetta "direttiva nitrati" (direttiva 91/676/Ce). Questa direttiva suddivide i terreni agricoli in due zone: quelle definite "vulnerabili da nitrati" e quelle "non vulnerabili", e fissa limiti per l'immissione di sostanze azotate nel terreno differenziati per le due zone, e cioè: - 340 kg di azoto per ettaro/anno, per le zone non vulnerabili; 170 kg di azoto per ettaro/anno, per le zone vulnerabili. Poichè il processo di digestione anaerobica agisce sul carbonio organico, l'azoto organico presente nel materiale in ingresso non viene ridotto nel processo, ma solo trasformato. durante la digestione anaerobica, le molecole contenenti azoto (soprattutto proteine) vengono degradate, liberando la maggior parte dell'azoto in forma di ammoniaca e nitrati. Il contenuto di azoto totale nel digestato va in media dal 5 al 10% (sulla sostanza secca), per cui lo spandimento diretto è in pratica possibile solo nelle zone non vulnerabili ai nitrati. Questo costituiHi-Tech Ambiente
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sce una notevole limitazione se, in pratica, si considera che le zone definite come vulnerabili ai nitrati costituiscono buona parte della pianura padana (in Lombardia è considerato vulnerabile il 60% della superficie di pianura). L'agricoltore che risiede in una zona vulnerabile ha due possibilità: cedere il digestato a un agricoltore di una zona non vulnerabile, pagando i relativi costi di trasporto, ed eventualmente ridurre il volume mediante evaporazione o essiccazione; trattare il digestato in modo da ridurne il contenuto di azoto, fino a rientrare nei limiti ammessi per lo smaltimento nella sua zona. LE TECNOLOGIE DI TRATTAMENTO
Le tecnologie per ridurre il contenuto di azoto nel digestato si possono dividere in due grandi gruppi: tecnologie di recupero (o conservative), che non eliminano l'azoto, ma lo concentrano o lo fissano in forme stabili, facilmente trasportabili e utilizzabili a fini agronomici, utilizzando processi chimico-fisici; tecnologie di ab-
battimento (o riduttive), che trasformano mediante processi biologici le diverse forma di azoto presenti nel digestato in azoto elementare, che viene liberato in atmosfera. In tutti i casi, deve essere operata una separazione tra la frazione solida e la frazione liquida, con quest'ultima che rappresenta in media 85-90% in peso del digestato "tal quale" e contiene la maggior parte dell'azoto (soprattutto ammoniacale). La frazione solida ha una consistenza da pastosa a palabile e contiene in media il 20-30% di sostanza secca e 5-10 kg/ton di a-
zoto totale (a lento rilascio); può essere considerata un buon ammendante, ricco di sostanza organica (dal 70 al 90%) e con un discreto contenuto di fosforo (5-10 kg P 2o 5/ton) e potassio (2-5 kg K2o/ton). Le tecnologie più diffuse per la separazione solido/liquido sono la compressione elicoidale su coclea, la compressione rotativa tra rulli contrapposti, la centrifugazione su decanter e la filtrazione. I maggiori recuperi di azoto nella frazione solida si ottengono con la centrifugazione, che è però penalizzata dal costo dell'energia elettrica e dei reattivi flocculanti.
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I trattamenti della frazione solida: la frazione solida può essere stabilizzata aggiungendo acido solforico (per evitare l'evaporazione dell'ammoniaca) e successivamente essiccata, pellettizzata e utilizzata come concime organico. nel caso il contenuto in azoto sia ancora eccedente rispetto ai limiti della direttiva nitrati, la frazione solida può essere sottoposta a compostaggio insieme ad altre matrici prevalentemente cellulosiche. In questo caso il contenuto di azoto del digestato costituisce un elemento positivo al fine di ottenere un compost di buona qualità. I trattamenti sulla frazione liquida: la frazione liquida contiene intorno al 5% di sostanza secca e da 2 a 7 kg/ton di azoto totale, che è per il 50-90% di tipo ammoniacale. Il trattamento di questa frazione presenta molte possibilità: strippaggio e assorbimento dell'ammoniaca, trattamento biologico aerobico, filtrazione su membrane, evaporazione, precipitazione, fitodepurazione. Continua a pag. 18
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Via l'azoto dal digestato TECNOLOGIE CONSERVATIVE
Strippaggio e assorbimento dell'ammoniaca: consiste nel soffiare aria o vapore entro il liquido, che viene riscaldato, portato a pH 9-10 con aggiunta di soda o calce, e addizionato con agenti antischiuma. L'aria o il vapore in uscita dalla colonna di strippaggio trasporta dal 75 al 90% dell'ammoniaca presente nella frazione liquida; l'ammoniaca viene assorbita in una successiva colonna, contenente una soluzione di acido solforico o acido nitrico. La soluzione in uscita dalla colonna di assorbimento viene concentrata per evaporazione, ottenendo una sospensione di sali di ammonio, che può essere usata come fertilizzante. Il processo è efficiente e utilizza tecnologie semplici e consolidate. gli svantaggi sono il costo dell'attrezzatura ed il consumo di energia termica per il riscaldamento durante lo strippaggio e per l'evaporazione della soluzione; negli impianti che utilizzano il biogas in cogenerazione, l'energia termica occorrente può essere ottenuta dal calore in uscita dal cogeneratore. Filtrazione su membrana: è particolarmente adatta per le frazioni liquide in uscita dalla centrifugazione, in quanto contengono meno solidi che potrebbero intasare le membrane. Le tecnologie più efficaci per la rimozione dell'azoto sono la nanofiltrazione e l'osmosi inversa, che rimuovono rispettivamente il 52% e oltre il 93%. Si tratta di tecnologie molto promettenti ma ancora non ben sperimentate, soprattutto per quanto riguarda la destinazione del concentrato, ricco in azoto ammoniacale. trattamenti di precipitazione: l'azoto ammoniacale può essere precipitato come gesso di defecazione o come struvite. nel primo caso si aggiungono cloruro ferrico, calce viva e successivamente acido solforico, in modo da ottenere un precipitato di solfato di calcio (gesso di defecazione) che concentra le sostanze organiche e l'azoto ammoniacale. nel secondo caso si aggiunge idrossido di magnesio (o un sale di magnesio), ottenendo (grazie al contenuto in fosfato del digestato) la precipita-
zione di cristalli di fosfato di ammonio e magnesio (struvite), che possono essere separati per filtrazione e utilizzati come fertilizzante a lento rilascio. Assorbimento su zeoliti: le zeoliti sono materiali capaci di scambiare ioni positivi con l'ambiente. Possono essere naturali o sintetiche, e sono usate da tempo per togliere la durezza alle acque potabili o industriali. Il trattamento su zeoliti sostituisce lo ione ammonio del digestato con ioni sodio; successivamente le zeoliti arricchite con ammonio possono essere utilizzate co-
me ammendanti in agricoltura. TECNOLOGIE RIDUTTIVE
trattamento biologico di nitrificazione/denitrificazione: è un processo da tempo utilizzato nel trattamento delle acque fognarie e prevede la nitrificazione dello ione ammonio (in ambiente aerobico) e la successiva riduzione dei nitrati ad azoto molecolare (in ambiente anossico). Contemporaneamente si ha anche l'ossidazione delle sostanze organiche, per cui il consumo di energia per insufflare l'aria nella vasca aerobica
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risulta elevato. I fanghi attivi prodotti nel processo possono essere alimentati al digestore anaerobico; l'effluente finale viene generalmente avviato a fertirrigazione. Questo trattamento è stato il primo a essere proposto per la rimozione dell'azoto dai digestati; è ben consolidato ed efficace, ma richiede una impiantistica complessa e personale specializzato per la gestione. Assorbimento su paglia e compostaggio: il trattamento di compostaggio di matrici liquide richiede l'assorbimento di queste su materiali strutturali solidi, come paglia o trucioli di legno. Il processo produce un buon ammendante, ma utilizza materiali che hanno un valore economico (per quanto modesto) e richiede un piazzale di cemento, un notevole consumo di energia elettrica e l'impegno di pale caricatrici o altri macchinari per il rivoltamento delle pile. Fitodepurazione: è stata sperimentata con successo per la depurazione dei reflui zootecnici ed è senz'altro applicabile al trattamento dei digestati. La biomassa prodotta (da 20 a 30 ton/ettaro) può essere utilizzata come carica al digestore o come strutturante per il compostaggio. Si tratta di un sistema valido, che richiede però notevoli estensioni di terreno e manodopera per la manutenzione.
Ferro e acqua ossigenata aiutano a depurare Uso combinato e sinergico
L'aggiunta di sali ferrici e H2o2 consente di combattere efficacemente la presenza di fosfati e di idrogeno solforato nei depuratori
Alcuni problemi tipici degli impianti di depurazione possono essere risolti ricorrendo all'uso combinato e sinergico di sali ferrici e acqua ossigenata. Si tratta in particolare dei problemi connessi alla presenza di fosfati e di idrogeno solforato. I FOSFATI E LA LORO RIMOZIONE
Sono noti gli effetti di eutrofizzazione dei composti di fosforo nelle acque superficiali, per cui attualmente la direttiva Ue 91/271/Cee stabilisce valori limite allo scarico di 1 mg/l per i grandi depuratori (oltre 100.000 ab.eq.) e di 2 mg/l per i depuratori medio-piccoli. Poichè in media il refluo in ingresso al depuratore contiene 9 mg/l di fosforo, è necessario rimuovere le sostanze che contengono questo e-
lemento, che si trova prevalentemente allo stato di fosfato inorganico. La rimozione del fosforo è importante anche per consentire il riutilizzo industriale delle acque depurate, in quanto i fosfati promuovono la crescita di microorganismi nei sistemi di raffreddamento e negli scambiatori di calore: il biofilm che si forma in queste apparecchiature ostruisce le tubazioni e compromette gli scambi termici. nei depuratori di nuova costruzione la defosfatazione viene di solito ottenuta per via biologica; ma nei depuratori esistenti è necessario ricorrere a reagenti chimici, tra i quali i più diffusi sono i sali ferrici (cloruro o solfato). L'aggiunta di sali ferrici può essere fatta in diversi punti del processo di depurazione; di solito si preferisce aggiungerli all'inizio (dopo la disabbiatura e a monte del sedimentato-
re primario), perchè si elimina l'idrogeno solforato, riducendo i problemi di odore. Inoltre, escludendo l’ingresso dei fosfati nel sedimentatore primario si evita la formazione di incrostazioni di struvite (fosfato di magnesio e ammonio), che causano frequenti intasamenti nelle tubazioni dei depuratori. L'aggiunta di acqua ossigenata insieme al sale ferrico migliora il processo, perchè ossida gli ioni solfuro a zolfo elementare, rendendo così disponibile per la depurazione dei fosfati tutto il ferro che viene aggiunto. MIGLIORAMENTI DELLA DIGESTIONE ANAEROBICA
I fosfati precipitati con sali ferrici nelle prime fasi del trattamento vengono incorporati nei fanghi; se
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questi vengono avviati a digestione anaerobica, l'azione dei microorganismi provoca la risolubilizzazione dei fosfati, che si ritrovano in forma solubile nel digestato. Questo è un effetto positivo se il digestato viene usato come fertilizzante, ma crea le condizioni per la precipitazione e l'accumulo di struvite nelle pompe del digestato, nelle tubazioni e nei sistemi di separazione solido/liquido. Il problema può essere risolto con aggiunta di sali ferrici al digestato in uscita; oppure, se è presente solfuro ferrico solido, aggiungendo acqua ossigenata, che ossida lo zolfo e rende libero il ferro che era stato bloccato come solfuro. Questo consente di dimezzare la quantità di sali ferrici aggiunti, con vantaggi economici che possono raggiungere 200.000 euro/anno. L'effetto ossidante dell'acqua ossi-
genata, specialmente se potenziato con sali di ferro come catalizzatori, migliora le rese in metano della digestione anaerobica, perchè scinde i materiali fibrosi difficilmente degradabili, consentendo di ridurre i tempi di permanenza nel digestore. Il beneficio economico della maggior produzione di biogas compensa abbondantemente il costo dell'acqua ossigenata, che ha inoltre effetti positivi nella riduzione dei cattivi odori; è però necessario controllare attentamente i quantitativi di acqua ossigenata aggiunta negli stadi a monte del digestore (come nei flottatori ad aria disciolta), per evitare trascinamenti di ossigeno nel digestore, che deve restare rigorosamente anaerobico. IL REATTIVO DI FENTON
nei processi finora descritti il ferro si trova come ione Fe+3 (sali ferrici); esiste però un altro abbinamento ferro+acqua ossigenata, in cui il ferro si trova come ione Fe+2 (sali ferrosi). Questo abbinamento si chiama "reattivo di Fenton", e consiste in una soluzione contenente da 1 a 10 g/litro di acqua ossigenata, e 25-50
mg/l di Fe+2, con il pH regolato tra 3 e 4. Il meccanismo chimico del reattivo di Fenton non è del tutto chiaro, ma l'azione ossidante di questa miscela è molto energica,
superiore a quella dell'acqua ossigenata. tra le applicazioni del reattivo di Fenton, una delle più importanti è il pretrattamento dei reflui indu-
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striali, a monte dell'ossidazione biologica. Accade spesso che i reflui industriali contengano sostanze organiche solubili non eliminabili con i trattamenti fisici; l'ossidazione Fenton consente di trasformarle in molecole innocue, più facilmente biodegradabili. I campi di applicazione sono numerosi: industrie tessili, chimiche, petrolchimiche, meccaniche, conciarie, produzione di detersivi, tintorie, lavanderie industriali, stamperie, industrie del legno. oltre all'abbattimento del Cod derivante da sostanze organiche disciolte, il reattivo di Fenton è un potente decolorante, agisce sulle catene aromatiche e alifatiche dei tensioattivi ed è in grado di decomporre i fenoli mediante rottura dell'anello aromatico. Il reattivo di Fenton è utile anche nella bonifica di siti contaminati (processo geoCleans), dove si è dimostrato in grado di decomporre idrocarburi derivati dal petrolio (compresi gli aromatici BteX), fenoli, idrocarburi aromatici policiclici, MtBe, alcoli, idrocarburi etilenici clorurati, clorobenzene, solventi ossigenati come il diossano e residui di esplosivi.
Il riciclo dei reflui nell’industria tessile Più efficiente ed economico
Un mix tecnologico che inizia con elettrocoagulazione e flottazione seguita da ultrafiltrazione e osmosi inversa La richiesta idrica nell’industria è sempre alta e in alcuni settori molto più che in altri. Per limitarne l’uso nell’industria tessile sono attualmente allo studio misure per aumentare l’efficienza dell’impiego di acqua. Il concetto eColoro si è sviluppato all’interno del progetto eCWrtI (Wastewater reuse in textile Industry) e illustra l’uso dell’elettrocoagulazione (eC, electro-coagulation) combinata con la flottazione per rimuovere efficacemente gli inquinanti, i coloranti e le sostanze chimiche dalle acque reflue dell’industria tessile. Questo step è poi seguito da processi a membrana di ultrafiltrazione e osmosi inversa (ro, reverse osmosis) a valle. Le sperimentazioni effettuate hanno dimostrato che è possibile riutilizzare le acque reflue depurate in modo più economico rispetto all’impiego di acqua dolce e al successivo scarico dei reflui da trattare. Attualmente è in fase di costruzione un impianto in scala reale per poter portare sul mercato questo nuovo mix tecnologico che separa acqua, organometalli e salamoia presenti nelle acque reflue dell’industria tessile, per produrre acqua pulita che può essere completamente riutilizzata. L’innovazione si basa su un primo trattamento delle acque reflue mediante elettrocoagulazione, una tecnologia ben nota nell’industria galvanica, in cui vengono rilasciati ioni Fe3+ da una fonte di ferro attraverso l’azione elettrolitica di correnti continue a bassa tensione. Lo ione Fe3+ si coagula diretta-
mente con le impurità presenti nei reflui tessili, dando luogo a fiocchi di forma rotonda che possono essere rimossi per sedimentazione. dopo la coagulazione e la flottazione/sedimentazione, l’acqua viene fatta passare attraverso processi a membrana; i fanghi risultanti
vengono disidratati in una filtropressa a camera convenzionale e l’acqua estratta viene riciclata per poi essere riutilizzata come acqua pulita. «Il tasso di riciclo tradizionale dei reflui è di circa il 70% - spiega eric Van Sonsbeek, a capo del pro-
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getto – ma utilizzando la tecnologia eCWrtI, se la salamoia potrà essere concentrata e cristallizzata su scala commerciale, si prevede che i tassi di recupero supereranno il 95%». Una delle principali differenze del concetto eColoro rispetto alla tecnologia convenzionale è l’intensità del processo, che evita costose tecnologie spesso applicate nel trattamento delle acque reflue, come l’ossidazione avanzata, grazie ad un’efficace decolorazione del processo di elettrocoagulazione. Inoltre, a differenza dei trattamenti biologici, nell’elettrocoagulazione e nei trattamenti fisico-chimici il dosaggio necessario per la correzione del pH è basso. Ciò è possibile grazie alla minore sensibilità di questi processi per valori di pH bassi e alti, in quanto nel processo non sono coinvolti batteri. «rispetto ai processi convenzionali – chiarisce Van Sonsbeek - il concetto eColoro è il più flessibile, scalabile e modulare attualmente a disposizione e presenta un ingombro ridotto. È adatto anche per applicazioni retrofit, in aree dismesse o su terreni verdi». Lavorare sulla tecnologia a livello sperimentale ha permesso al progetto di definire i parametri di progettazione finali. Attualmente il team di ricerca sta progettando la costruzione dell’unità, che fornirà informazioni sul funzionamento della tecnologia su scala industriale, accanto agli studi di casi aziendali, in vista di una successiva commercializzazione.
L’abbattimento odori tramite biofiltri Alpenwald
Prodotti filtranti di comprovata efficacia, che conciliano alta durabilità, porosità, reperibilità ed economicità Alpenwald è una società giovane e dinamica nata nel 2010 per soddisfare le esigenze di biomassa combustibile in trentino Alto Adige. In pochi anni è diventata uno dei principali produttori e fornitori di cippato per impianti di teleriscaldamento. In seguito all'esperienza maturata nella gestione di materiali ligneo-cellulosici, Alpenwald si è concentrata sulla fornitura di materiali vegetali selezionati, da utilizzare in impianti di biofiltrazione per l'abbattimento di sostanze odorigene. da questo settore sono nati i materiali filtranti
Biowood, distinti per l'ottima qualità e durabilità, e ricavati esclusivamente da legno vergine, che oggi Alpenwald fornisce su scala nazionale. I biofiltri realizzati con materiali Biowood sono ormai presenti in tutta Italia, funzionando egregiamente nelle svariate applicazioni della biofiltrazione, tra cui impianti di compostaggio, digestione anaerobica, trattamento meccanicobiologico dei rifiuti, industrie alimentari, mangimistiche, impianti di essiccazione fanghi, depuratori, ecc. oltre alla fornitura di materiali filtranti vergini, Alpenwald concentra il suo business in: - lavori di posa, smaltimento, reintegro di materiali filtranti esausti o vergini; - manutenzione di impianti esistenti tramite sopralluoghi, ispezioni, rivoltamenti, vagliature, pulizie; - inoculazioni batteriche per un rapido avviamento dei biofiltri - fornitura di grigliati in Pe come superficie d'appoggio del materiale vegetale; - consulenze in ambito abbattimento odori, collaborazioni con aziende specializzate nel campo dell'olfattometria e dell'analisi di campioni. Inoltre, è rivenditore esclusivista (per conto della ditta tedesca Bioteg, specializzata da più di 40 anni nella biofiltrazione) di biofiltri per svariate applicazioni civili e industriali, forniti in container, in cilindri o in soluzioni alternative, pronti all'uso e forniti “chiavi in mano”. Hi-Tech Ambiente
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La costante ricerca dei prodotti migliori, affiancata alla sperimentazione pluriennale, con controlli e misurazioni dei risultati, le permette di poter offrire a qualunque cliente tutto il proprio “knowhow” e la propria esperienza, trovando la soluzione più adatta in base al problema.
nare il tema delle emissioni odorigene, tramite autorizzazioni, provvedimenti, valutazioni AIA, AUA, ecc. Alpenwald, grazie al numero di biofiltri realizzati in tutta Italia, conosce quali sono le realtà, le leggi, le prescrizioni tipiche degli impianti in base alle regioni di appartenenza e può fornire consulenze anche normative in materia.
L’EFFICACIA DEI BIOFILTRI LA MISURAZIONE DEGLI ODORI
grazie a una comprovata esperienza alle spalle nel campo della biofiltrazione, Alpenwald è in grado di risolvere i problemi che si presentano nel campo dell'abbattimento degli odori molesti, spesso oggetto di contenziosi e denunce tra impianti e vicinato. IL PROBLEMA DEGLI ODORI: LA NORMATIVA
Il problema dell'odore come molestia olfattiva è tra le più antiche forme di inquinamento, ma la sua organizzazione normativa è stata spesso rimandata e trascurata. Infatti, non esiste una definizione di “odore” nel testo Unico (d.Lgs 152/2006 e s.m.i.), ma esiste quella di “Inquinamento atmosferico”,
cioè ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta all'introduzione di una o più sostanze tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o la qualità dell'ambiente o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente. Solo con il d.Lgs 183/2017, tramite l'articolo 272-bis, si è reso ufficiale il fatto che le emissioni odorigene rappresentano una forma di inquinamento in atmosfera e che, quindi, devono essere presi provvedimenti, decisioni o misure. In particolare, l'onere delle autorizzazioni cade sulle regioni e/o sulle province, che devono provvedere a discipli-
In caso di molestie olfattive, Alpenwald è in grado di disporre indagini olfattometriche, analisi da laboratorio e report, per capire quanto grave possa essere il problema e proporre la soluzione più adatta. Va sottolineato, infatti, che l'odore è una grandezza soggettiva, variabile in base alla complessità del sistema olfattivo umano, dunque recepita in maniera differente da persona a persona. tuttavia, proprio per fronteggiare questa complessità, la Commissione europea ha promosso l'utilizzo dell'olfattometria dinamica (UnI en 13725:2004), che ad oggi rappresenta il metodo ufficiale per la determinazione della concentrazione di odori in effluenti gassosi.
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PERCHE’ PROPRIO I BIOFILTRI?
L'esperienza, la conoscenza di impianti, l'analisi di risultati sulle efficienze, hanno permesso ad Alpenwald di selezionare tutta una serie di prodotti filtranti (Biowood) adatti allo scopo della degradazione degli inquinanti, che sappiano conciliare alta durabilità, porosità, reperibilità e economicità. Soprattutto, la tecnologia della biofiltrazione, nonostante la sua semplicità, risulta ancora oggi una delle migliori soluzioni sul mercato dell'abbattimento degli inquinanti gassosi, sia in termini di performance (generalmente maggiori del 95%), sia in termini di prezzo (molto più economica rispetto a combustori e rotoconcentratori, per esempio). Il basso impatto ambientale, il minimo consumo energetico e l'elevata adattabilità dei sistemi biologici permettono di realizzare impianti che assolvono pienamente al problema degli odori, mantenendo efficienze quasi costanti nel tempo e generando prodotti naturali come scarti, facilmente smaltibili.
XRipper previene i danni dell’autunno Vogelsang
Si avvicina una stagione difficile per i centri di trattamento delle acque reflue. Un buon trituratore aiuta a preservare l’integrità delle pompe e l’efficienza dei digestori eliminando anche il problema delle mascherine L’arrivo dell’autunno, con il suo radicale mutamento delle condizioni climatiche e ambientali, rappresenta un momento di stress per i sistemi fognari e i relativi impianti di trattamento e depurazione delle acque. Il prevedibile intensificarsi delle precipitazioni incrementa infatti la massa di acqua piovana raccolta dalle reti urbane di scolo e con essa, visto il periodo, entrano nella rete grandi quantità di foglie, unite a rami e detriti vari. A questo carico di residui di origine ambientale si aggiungono i tanti rifiuti abbandonati dall’uomo, complice anche il maggior tempo passato all’aperto: bottiglie e posate di plastica, confezioni di snack o altri alimenti, fazzoletti e tovaglioli di carta che la siccità estiva ha preservato dalla decomposizione. Quest’anno, inoltre, impianti di sollevamento e relative pompe devono fare i conti con un’altra possibile minaccia: le mascherine chirurgiche, troppo spesso disperse nell’ambiente, che sono costituite da materiale inorganico, non solubile in acqua e resistente alla trazione, e quindi assimilabile per comportamento alle salviettine umidificate, che tanti problemi creano in fase di trattamento delle acque.
Installazione di XRipper XRG186
di soluzioni complete per la gestione di queste criticità. La prima, e in molti casi definitiva, è Xripper, un trituratore ad alberi controrotanti pensato appositamente per la distruzione dei più diversi materiali presenti nelle acque di scarico. grazie alle sue caratteristiche costruttive, Xripper permette un facile deflusso dei reflui, trattenendo e sminuzzando qualsiasi corpo estraneo: foglie, rami anche di notevole lunghezza, stoffe, calzature, salviette umidificate o mascherine; persino le ossa sono ridotte a una dimensione tale da non rappresentare un problema per i sistemi di pompaggio a valle del dispositivo. ELEMENTI CARATTERIZZANTI
I trituratori della famiglia Xripper si distinguono per alcuni elementi comuni. Innanzitutto la natura dei rotori, realizzati da un unico pezzo lavorato a macchina: ciò li rende sensibilmente più robusti dei componenti a lamelle proposti dai concorrenti. grazie alla loro robustezza, i rotori monolitici di Vogelsang possono funzionare in continuo senza manifestare problemi e, una volta usurati, si sostituiscono rapidamente sfilando l’intero blocco e rimpiazzandolo con uno nuovo. Anche il resto delle manutenzioni è semplice e veloce, grazie al principio Quick Service: la tenuta ad anello scorrevole Cartridge, per e-
LA FAMIGLIA XRIPPER
Vogelsang, specializzata nel settore del pompaggio, offre un pacchetto Hi-Tech Ambiente
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ROTACUT, TRITURAZIONE ALTERNATIVA
Operatore sull’XRipper XRC-SIK
sempio, può essere agevolmente rimpiazzata senza smontare la macchina dal suo alloggiamento. Per far fronte alle diverse necessità di collocazione e uso, inoltre, Vogelsang ha creato un ampio ventaglio di modelli. LE VERSIONI
Xripper XrC, per esempio, è pensato per le stazioni di sollevamento: posto a monte della pompa, solitamente una centrifuga a immersione, previene intasamenti di quest’ultima e conseguente necessità di ispezione e pulizia da parte degli o-
peratori. grazie alla sua generosa dimensione, può essere installato in condutture fino a 500 mm di diametro. nella versione SIK (Sewer Integration Kit), il dispositivo è invece alloggiato su due slitte, che permettono una facile estrazione del modulo per ispezione o manutenzione: è sufficiente agganciarlo con un argano e sollevarlo per poter effettuare tutte le operazioni necessarie in un contesto di comfort e pulizia. Per la posa in condizioni di spazio ridotto è tuttavia preferibile l’allestimento XrP, adatto a tubature con un diametro fino a 300 mm e
Xripper è la soluzione ideale per condotte fognarie e linee di depurazione, ma Vogelsang offre anche un sistema di triturazione alternativo, espressamente progettato per il trattamento dei fanghi primari e secondari: si tratta di rotaCut, che a differenza di Xripper è realizzato sul sistema di taglio con griglia a coltelli, adatto
in grado di offrire un alto livello di protezione anche in spazi minimi. Monta infatti il motore sopra ai rotori, una caratteristica che riduce fortemente lo spazio necessario per la posa. nel caso si debbano gestire grandi quantità di liquidi, infine, Vogelsang ha ideato e realizzato una versione giant del suo trituratore: il nuovo Xripper Xrg è pensato per condotte a portata elevata, come quelle dei grandi canali di scolo o degli imbocchi dei centri di trattamento delle acque. La sua particolarità principale risiede nella presenza, ai lati dei rotori, di due unità
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a sminuzzare ulteriormente materiali già trattati da Xripper o altri sistemi di triturazione. Collocato a monte dei centri di pompaggio o prima dell’impianto di disidratazione, rotaCut protegge le pompe da danni dovuti a corpi estranei. Installato nel sistema di alimentazione di un digestore anaerobico, invece, migliora l’efficienza di quest’ultimo, aumentando la resa in gas e riducendo i tempi di digestione.
a elevata capacità, che lasciano defluire le acque trattenendo i corpi estranei, per inviarli ai trituratori dove saranno ridotti a dimensioni non pericolose. nonostante la notevole capacità di trattamento (fino a 7.000 mc/ora) anche la versione Xrg presenta una manutenzione semplificata, tanto che l’unità funzionale ha costi di manutenzione più che dimezzati rispetto a macchine simili. Come si vede, dunque, la famiglia Xripper offre un ampio ventaglio di scelte, in grado di soddisfare le esigenze di ogni impianto di trattamento e depurazione delle acque.
Stop agli NOx con sistemi a basso costo Strategie di riduzione
Soluzioni facilmente perseguibili, tra cui diminuire il flusso di massa, eliminare infiltrazioni d'aria, iniettare aria o vapore, ricircolare i gas di combustione e' noto da tempo che gli ossidi di azoto (nox) costituiscono una delle cause dell'inquinamento atmosferico e, in particolare, sono responsabili (insieme alle emissioni di SoV) della formazione del cosiddetto "smog fotochimico", che si manifesta soprattutto nei mesi estivi. gli ossidi di azoto sono inoltre "precursori" di altri inquinanti, come l'ozono e le polveri sottili; infine, non va trascurato il contributo che gli nox possono dare all'effetto serra. Per tutti questi motivi, le emissioni di nox devono essere tenute sotto controllo e ridotte per quanto possibile. Le difficoltà attualmente non sono tanto di tipo tecnologico (sono disponibili apparecchiature e processi di abbattimento di collaudata efficacia) quanto di tipo economico. CHI EMETTE GLI NOx?
Complessivamente vengono oggi emesse in Italia quasi 900.000 ton di nox ogni anno. Il settore trasporti rappresenta il principale responsabile delle emissioni di nox in Italia: si stima che contribuisca per il 65%. Le emissioni di nox sono
particolarmente rilevanti per i motori diesel, soprattutto per quelli di vecchia costruzione. dopo i trasporti, il settore più rilevante è quello dei grandi impianti industriali di combustione, che contribuiscono per circa il 17%; si deve rilevare che l'applicazione delle "migliori tecniche disponibili" (B.A.t.) ha portato negli ultimi anni a un significativo abbassamento nelle emissioni delle grandi industrie, che si sono dimezzate dal 2005 ad oggi. Le centrali termoelettriche contribuiscono per circa 11%; l'impiego del gas naturale ha portato a una riduzione delle emissioni rispetto a combustibili più inquinanti, come il carbone e l'olio combustibile, ma non è risolutivo in quanto gli nox si formano nella camera di combustione partendo da azoto e ossigeno, che sono i componenti dell'aria necessaria alla combustione. Infine, anche gli impianti di riscaldamento domestico (comprese le caldaie unifamiliari a metano) contribuiscono alle emissioni di nox
per un ammontare di circa il 5%. In questo settore sono possibili notevoli miglioramenti con le caldaie a condensazione dell'ultima generazione, che hanno dimezzato le emissioni di nox rispetto alle vecchie caldaie degli anni '80. Altri piccoli contributi (ciascuno intorno a 1%) provengono da vari settori, come processi industriali diversi dalla combustione, agricoltura e smaltimento rifiuti. La formazione degli nox è una reazione collaterale di tutti i processi di combustione in aria: questa infatti è costituita per il 78% da azoto, che a temperature superiori a 1.000 °C reagisce con l'ossigeno formando il monossido di azoto (no); questo poi si combina facilmente con l'ossigeno formando il biossido di azoto (no2), e la miscela no+no2 viene indicata con la formula generica nox. Si producono quindi nox in tutte le combustioni, sia in quelle domestiche (stufe, bruciatori per riscaldamento) che in quelle industriali (fornaci,
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centrali termoelettriche, cementifici, vetrerie, e in genere tutti i processi che richiedono elevate temperature). Inoltre gli ossidi di azoto possono formarsi anche per una molteplicità di cause naturali (attività microbica, scariche elettriche in atmosfera, incendi, eruzioni vulcaniche). esistono due tipi di nox generati dalla combustione: nox da combustibili e nox termici. I primi sono gli nox che si formano in seguito alla combustione dei composti azotati contenuti nei carburanti: a seconda del contenuto di azoto del carburante, una percentuale variabile dal 30% al 60% dell'azoto si trasforma in nox durante la combustione. tuttavia, il contenuto di azoto nei combustibili industriali è generalmente molto basso: può arrivare al 2% in alcuni carboni, ma non supera 100 ppm nel gasolio ed è praticamente zero nel gas naturale di rete. gli nox termici si riferiscono invece agli ossidi di azoto che si formano dall'ossidazione ad alte temperature (o "fissazione") dell'azoto atmosferico. La formazione di questi nox è fortemente legata alle temperature: più precisamente, la formazione di nox termici è una funzione esponenziale della temperatura e una funzione radice quadrata della concentrazione di ossigeno. Quindi, variando la temperatura e/o la concentrazione di ossigeno è possibile controllare la formazione di nox. Continua a pag. 32
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Stop agli NOx con sistemi a basso costo COME RIDURRE LE EMISSIONI DI NOx
da quanto detto sopra circa la formazione di nox, vediamo che gli nox possono essere quasi sempre diminuiti in maggiore o minore misura riducendo l'eccessiva concentrazione di ossigeno e i picchi di temperatura di fiamma, o sostituendo il carburante ove possibile (ad esempio passando dall'olio combustibile ad alto tenore di azoto a uno a basso tenore di azoto, o dall'olio combustibile al gas naturale). ecco quindi nove strategie di riduzione: chiudere alcuni bruciatori, diminuire il flusso di massa, regolazione fine di ossigeno e combustibile, eliminare infiltrazioni d'aria, iniezione di aria o vapore, combustione multistadio, combustibili alternativi, ricircolazione dei gas di combustione, bruciatori a bassi nox. Chiudere alcuni bruciatori nei forni che hanno molti bruciatori è possibile chiuderne alcuni, in modo da aumentare il rapporto combustibile/aria a quelli che restano in esercizio. In questo modo si riducono gli eccessi di aria localizzati e si abbassano le temperature di fiamma, riducendo così la formazione di nox. Come effetto secondario, si ha un aumento della lunghezza della fiamma; occorre verificare che questo non porti al contatto diretto della fiamma con tubazioni o altre attrezzature. diminuire il flusso di massa nei casi in cui l'impianto termico abbia una potenza superiore rispetto alle effettive necessità di funzionamento, può essere conveniente concordare con gli organi locali di controllo una riduzione dell'alimentazione di combustibile. In questo
GLI ATTUALI LIMITI DI EMISSIONE DI NOX IN ITALIA I limiti di emissione di nox per gli impianti industriali sono riportati nel d.Lgs 152/06, modificato dalla successiva legge n.116/2014; sono reperibili in forma riassuntiva alle pagine 77-80 del Supplem. ord. n.72/L alla g.U. n.192/2014. Il quadro dei valori limite è estre-
modo si riduce il flusso di massa di nox emessi, cioè la misura veramente importante dell'inquinamento; si potranno quindi ritenere accettabili occasionali superamenti del limite di emissione in termini di concentrazione al camino (mg nox/nmc). regolazione fine di ossigeno e combustibile I bruciatori convenzionali (ossia quelli costruiti fino agli anni '70 del secolo scorso, molti dei quali ancora in funzione) spesso mescolano il più velocemente possibile aria e combustibile, per produrre fiamme corte e compatte. Ciò comporta elevate emissioni di nox, a causa dell’elevato rilascio termico a breve distanza, che incrementa la temperatura di picco della fiamma e quindi la formazione di nox; non è raro che questi bruciatori producano 100 ppm di nox, o anche di più. La produzione di nox è correlata anche alla concentrazione di ossigeno. Per esempio, un bruciatore che produce 100 ppm di nox quando lavora con concentrazioni di ossigeno al 3%, può produrne 150 ppm a una concentrazione di ossigeno al 6%. Quindi, più ossigeno implica maggiore produzione di nox. Molti bruciatori adottano un collegamen-
mamente complesso, in quanto sono differenziati secondo il tipo di combustibile, la potenza termica nominale, il tipo e l'età dell'impianto e la zona dove l'impianto è installato. Per dare un'idea dell'intervallo dei valori ammessi, si va da un massimo di 300 mg/nmc (per impianti di potenza termica fino a 100 MWth alimentati a combustibili solidi) fino a 30 mg/nmc per le turbine a gas di nuova costruzione alimentate a metano.
to meccanico tra le valvole che regolano l'afflusso di aria e di carburante, per regolare congiuntamente l'apporto di entrambi; tuttavia, anche per motivi di sicurezza, le valvole sono regolate in modo da immettere più aria di quanto necessario. La regolazione fine dell'ossigeno consente di minimizzare la produzione di nox, pur mantenendo l’eccesso di ossigeno necessario a una buona combustione. Questo eccesso in generale è intorno al 3%, ma per i bruciatori in buono stato di manutenzione può essere inferiore, mentre per quelli in cattivo stato il 3% può non essere sufficiente. Mantenere l’eccesso di ossigeno al minimo riduce la formazione di nox e migliora l'efficienza della combustione, perchè si riduce al minimo il volume di aria che viene prima riscaldata e poi dispersa. In ogni caso, un certo livello di aria in eccesso è sempre necessario, soprattutto perchè non è possibile sapere con precisione se la concentrazione di ossigeno nel bruciatore è adeguata o insufficiente. In quest'ultimo caso, la combustione continua (anche in condizioni di grave insufficienza di ossigeno), producendo però elevate emissioni di monossido di carbonio e idrocarburi incombusti (una miscela pericolosa in
quanto tossica e potenzialmente esplosiva). Per evitare ciò, è importante monitorare sia l'apporto di combustibile che di ossigeno, cosa che è oggi possibile fare con sistemi automatici di bilanciamento; in questo modo si incrementa l'efficienza e si riduce al minimo la formazione di nox. eliminare le infiltrazioni d'aria Le infiltrazioni di aria all'interno della fornace possono aver luogo attraverso crepe e fessurazioni nel rivestimento o a causa di usura delle chiusure e delle saldature, fenomeni di corrosione, ecc. dato che l'aria infiltrata non contribuisce alla combustione in modo efficiente, essendo fuori dalla fiamma, diventa necessario introdurre più aria nei bruciatori per ridurre la lunghezza della fiamma e assicurarsi della completa ossidazione del combustibile, con conseguenti livelli elevati di ossigeno in eccesso e maggiori emissioni di nox. Bruciatori multistadio Se aria e combustibile vengono miscelati gradualmente nel bruciatore, la fiamma tende ad allungarsi e trasferire una maggiore quantità di calore per irraggiamento al processo di combustione. dato che il trasferimento di calore per irraggiamento è proporzionale alla quarta potenza della temperatura, i punti caldi della fiamma cedono il loro calore più rapidamente rispetto ai corrispondenti punti più freddi. Il risultato è una riduzione di nox per raffreddamento radiante della fiamma. nello stadio iniziale, l'aria viene aggiunta gradualmente in due o tre fasi, inizialmente per stabilizzare la combustione, mentre la parte restante viene aggiunta dopo qualche tempo che la combustione ha avuto inizio, dando luogo a una minor concentrazione locale di ossigeno e quindi alla riduzione degli nox. Iniezione di vapore o acqua nel caso che un bruciatore abbia emissioni di nox marginalmente superiori al consentito, si può rientrare nei limiti iniettando una piccola quantità di vapore o acqua. Ciò riduce la concentrazione di ossigeno per diluizione, e anche la temperatura di fiamma, entrambi fattori importanti per la riduzione di nox). La riduzione della formazione di nox viene ottenuta a scapito di una perdita di efficienza, ma in alcuni casi una modesta diminuzione (12%) può essere accettabile nei bruciatori industriali. Continua a pag. 34
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Stop agli NOx con sistemi a basso costo Combustibili alternativi Come abbiamo accennato, sostanziali riduzioni nelle emissioni di nox possono essere ottenute utilizzando come combustibili gasolio o metano, al posto di carbone o olio combustibile denso. tuttavia, questo non elimina la formazione di nox nella camera di combustione partendo dall'azoto e dall'ossigeno presenti nell'aria. ricircolazione dei gas di combustione La ricircolazione di una parte dei gas di combustione dentro il bruciatore stesso risulta particolarmente efficace, in quanto consente riduzioni dal 50 all'80% nella formazione degli nox. La ricircolazione abbassa sia la temperatura della fiamma che la concentrazione di ossigeno; inoltre, ha un effetto positivo di riduzione dei punti caldi nella fiamma. gli inconvenienti sono una ridotta stabilità nella fiamma, oltre al costo del sistema di ricircolazione. Bruciatori a bassi nox I bruciatori industriali a basso rila-
scio di azoto (Low nox) sfruttano una combinazione delle misure sopra esposte, utilizzando dispositivi per tenere sotto controllo il rapporto tra aria e combustibile in modo da contenere al minimo l'eccesso di aria, provvedendo ad un'immissione di aria o combustibile in stadi differenti e ricircolando in testa al bruciatore i gas generati dalla combustione. I bruciatori a bassa emissione di nox sono regolati, inoltre, in modo da produrre una fiamma di maggiori dimensioni (più larga e più lunga rispetto a quella generata dai bruciatori tradizionali) che va a com-
pensare l'abbassamento di temperatura della stessa, consentendo così di non modificare il calore reso disponibile dal processo di combustione e di mantenere pertanto l'efficienza dell'impianto. Questi bruciatori sono costituiti da moduli componibili, che ne rendono possibile l'impiego in qualunque tipo di impianto, adattandosi con la potenza necessaria all'applicazione richiesta. L'elevato intervallo di modulazione di un bruciatore ha come ritorno un minore dispendio di calore all'avviamento, una maggiore durata dell'impianto e una conseguente riduzione delle emis-
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sioni legata a condizioni di buon funzionamento. In genere l'acquisto di bruciatori a bassi nox rappresenta l'opzione più efficace (è possibile ottenere facilmente emissioni di 40 ppm nox o meno; con bruciatori speciali anche meno di 10 ppm), ma anche la più costosa. Una accurata combinazione delle altre tecniche può consentire di dimezzare le emissioni di nox, con costi molto minori; è opportuno dotarsi di opportuni strumenti (oggi disponibili a costi relativamente modesti) per verificare l'efficacia delle misure scelte.
RIFIUTI T R A T T A M E N T O
E
S M A L T I M E N T O
Il riciclo delle polveri di acciaieria Processo Waelz e altre tecnologie
Un materiale di rifiuto ancora in gran parte smaltito in discarica, ma esistono interessanti sistemi di recupero, uno dei quali è una BAT Oltre il 60% dell'acciaio prodotto in Italia proviene da forni elettrici, che utilizzano rottame ferroso come materia prima. Nel nostro Paese esistono una ventina di acciaierie elettriche (contro solo 3 acciaierie a ciclo integrale, cioè alimentate con il minerale di ferro). Come evidenza una pubblicazione Ispra-Apat dal titolo "Il ciclo industriale dell'acciaio da forno elettrico in Italia", la produzione di acciaio mediante forno elettrico è un primato industriale italiano: con i suoi 16 milioni di ton/anno, il Belpaese è il primo produttore in Europa e il quarto al mondo. Dal punto di vista ambientale, la
produzione di acciaio da forno elettrico rappresenta un perfetto esempio di "economia circolare": il forno fusorio si presenta come un gigantesco impianto di riciclaggio, che produce nuova materia prima (acciaio) partendo da rifiuti industriali (carcasse di vecchie auto e altri rottami di ferro). Tuttavia, il forno elettrico è anche un gigantesco distillatore che produce fumi contenenti una grande varietà di materiali, alcuni dei quali altamente inquinanti. La filtrazione di questi fumi produce quantità rilevanti di un materiale di rifiuto (le cosiddette polveri di acciaieria): per ogni tonnellata di acciaio prodotto si ottengono da
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15 a 20 kg di polveri, che sono classificate come rifiuti speciali pericolosi a causa del loro contenuto in metalli pesanti (cadmio, piombo, cromo esavalente, mercurio). La destinazione delle polveri di acciaieria è ancora in gran parte la discarica; ma già da una ventina d'anni si è affermato un processo di recupero, denominato Waelz, che è classificato dall'UE tra le migliori tecnologie disponibili (B.A.T.). IL PROCESSO DI RECUPERO WAELZ
Il processo Waelz è nato circa 70 anni fa per il trattamento di minerali ossidati di zinco, con funzioni di arricchimento del minerale stesso; negli anni '80 del secolo scorso è stato applicato in Germania, Usa e Giappone per il trattamento delle polveri di acciaieria. La prima applicazione in Italia è costituita dall'impianto di Ponte Nossa (BG), entrato in funzione nel 1985; successivamente due forni Waelz sono stati costruiti presso l'impianto di Portovesme della Glencore. L'incentivo economico a installare il processo Waelz è dato dalla possibilità di recuperare lo zinco, che deriva dalla presenza nei rottami in alimentazione di ferro e acciaio zincato ed è contenuto (in forma di ossido) in percentuali medie del 25%, e che per acciai basso-legati possono arrivare al 35%. Negli impianti Waelz, le polveri di acciaieria, recuperate dai filtri a maniche, vengono immesse in un forno rotativo simile a quelli utilizzati nei cementifici, insieme al polverino di coke e a fondente (in genere calce). Durante il funzionamento del forno la carica avanza in controcorrente rispetto ai gas di combustione; questi preriscaldano la carica in ingresso e poi trascinano fuori dal forno gli ossidi di piombo e di zinco, che vengono recuperati dai filtri a maniche e sono i costituenti principali del cosiddetto "ossido Waelz". L'elevata temperatura del forno (1.000-1.300 °C) consente di allontanare contaminanti come piombo (in parte) e cadmio (completamente), grazie alla formazione di composti volatili di questi elementi. L'ossido Waelz contiene circa il 50-60% di zinco in forma Continua a pag. 40 Hi-Tech Ambiente
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coke immesso nel forno. In media per ogni tonnellata di polveri di acciaieria si producono 800 kg di scorie. Le scorie Waelz sono classificate come rifiuti tossici, a causa della presenza di cromo esavalente, piombo, rame, arsenico e altre sostanze nocive; la loro destinazione prevalente è la discarica, anche se esistono possibilità teoriche di utilizzo come materiale da costruzione in sottofondi stradali e ferroviari, oppure come materia prima (in miscela con altre) per la produzione di cemento e calcestruzzo. L'Università di Cagliari ha svolto interessanti ricerche sul possibile impiego delle scorie Waelz come sequestratori di CO2 (processo di carbonatazione minerale). E' risultato che ottimizzando le condizioni del progresso di carbonatazione risulterebbe possibile fissare sulle scorie il 5,7 delle emissioni di CO2 dell'impianto Waelz; inoltre, la carbonatazione riduce la solubilità degli ioni metallici, migliorando le possibilità di riutilizzo delle scorie come materiale da costruzione.
Il riciclo delle polveri di acciaieria di ossido, contaminato però da alogeni, piombo e metalli alcalini. Attualmente l'ossido Waelz è utilizzato come materia prima per la produzione dello zinco e dell'ossido di zinco. Dopo un lavaggio con acqua (necessario per eliminare i cloruri), che può essere condotto in ambiente acido o alcalino secondo le condizioni di marcia del forno, l'ossido può essere separato per filtrazione e miscelato con minerale di zinco, oppure solubilizzato, purificato per estrazione con solvente (miscela di cherosene e bis-esil fosfato) e inviato al recupero dello zinco per elettrodeposizione. IL PROBLEMA DELLE SCORIE
Oltre all'ossido Waelz, il processo produce una scoria, nella quale si concentrano i fondenti, i minerali inerti ad alto punto di ebollizione (ossidi di ferro, calcio, magnesio e silicio) e le ceneri derivanti dal
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Il riciclo delle polveri di acciaieria ALTRI PROCESSI DI RECUPERO DELLE POLVERI DI ACCIERIE
Il processo Waelz ha indubbi vantaggi dal punto di vista dell'economia circolare, in quanto consente il recupero di oltre il 90% dello zinco presente nelle polveri di acciaieria. Tuttavia non è esente da problemi, sia dal punto di vista ambientale che da quello economico. Dal punto di vista ambientale, gli inconvenienti sono: emissione di CO2 provenienti dal coke usato nel forno (si impiegano circa 230 kg di coke per ogni ton di polveri di acciaieria in ingresso); consumi energetici abbastanza elevati, riducibili tuttavia con interventi di recupero del calore dei fumi in uscita e con l'adozione di combustori termico-rigenerativi sull'impianto di termodistruzione delle emissioni di COV; produzione di elevati quantitativi di scorie di difficile smaltimento. Dal punto di vista economico, la redditività del processo Waelz dipende fortemente da economie di scala, ed è massima per una alimentazione in ingresso tra 60.000 e 90.000 ton/anno di polveri; inoltre, il processo Waelz recupera in pratica solo lo zinco e non consente la valorizzazione di polveri provenienti da acciai speciali ad alto contenuto di cromo e nichel. Queste limitazioni hanno portato allo sviluppo di impianti di recupero di piccole dimensioni (circa 6.000 ton/anno) basati su tecnologie al plasma, come il processo Tetronics, che è stato applicato anche in Italia (a Terni). In questi processi, lo zinco viene vaporizzato come metallo in un forno ad arco-plasma a 1.500 °C e viene "catturato" facendo passare i vapori sulla superficie di un bagno di zinco fuso a 520 °C in cui è immerso un rotore di grafite che solleva spruzzi di zinco. Il processo al plasma è però penalizzato economicamente dal costo dell'energia elettrica necessaria per il forno ad arco-plasma, per cui viene usato oggi solo per le polveri provenienti dalla produzione di acciai speciali. Sono stati proposti anche processi di trattamento delle polveri in
Ecodep: impianto all’avanguardia per imballaggi contaminati A breve sarà operativo il nuovo impianto di trattamento di imballaggi contaminati CER 150110* della Ecodep, azienda attiva nel settore dello smaltimento dei rifiuti speciali e operante in tutto il territorio nazionale. Il nuovo impianto, tecnologicamente all’avanguardia e fortemente automatizzato, è dotato di una linea di trattamento per i rifiuti a matrice plastica e una per i rifiuti a matrice metallica, le quali consentiranno il recupero degli
imballaggi contaminati: dal piccolo flacone ai fusti, taniche, cisternette, etc provenienti da attività industriali, agricole, commerciali e dai centri di stoccaggio, etc. Grazie alle varie fasi di trattamento, l’impianto consentirà di ottenere materiali plastici e metallici di qualità da reimmettere nel ciclo produttivo. Ciò a conferma dell’attenzione dell’azienda a dare il proprio contributo ad un’economia sempre più circolare e più “verde”.
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forni rotativi o in forni a piani multipli. I processi idrometallurgici (cioè di attacco acido delle polveri e successiva estrazione dei metalli per via elettrolitica) presentano teoricamente alcuni vantaggi ambientali (minori emissioni di CO2 e minori produzioni di rifiuti nocivi), ma sono complicati dalla presenza nelle polveri di acciaieria di elevate percentuali di ferro (intorno al 30%) e da percentuali minori di altri metalli (magnesio, nichel, cobalto), oltre che di cloro e fluoro. Tra i molti processi in uso o in fase di sviluppo, vi è il processo Ezinex, operante presso uno stabilimento italiano (Ferriere Nord di Osoppo, UD), che utilizza cloruro di ammonio per la lisciviazione diretta delle polveri, con successivi stadi di purificazione dell'elettrolita mediante cementazione su polvere di zinco ed elettrolisi su catodi di titanio.
Vagliare il rifiuto senza intasamenti Stepper Screen di Pal
Un nuovo e brevettato sistema di vagliatura particolarmente adatto per trattare i materiali difficili Stepper Screen è un particolare sistema di vagliatura, secondo il brevetto EP2552606, che permette di trattare materiali difficili abbattendo drasticamente i fermi macchina superando le problematiche dei tradizionali vagli a dischi, i quali soffrono tremendamente l’impigliamento e l’attorcigliamento di corpi lunghi e filamentosi presenti sempre in buona quantità nel rifiuto. Il macchinario sviluppato da Pal è la risposta a chi cerca una soluzione vagliante con la logica del vaglio a dischi ma senza sistematici interventi di manutenzione e pulizia. Innovativo nella porzione di macchina dedicata a scuotimento e avanzamento del flusso, il sistema di palette a moto alternato, che impedisce ai materiali filamentosi di attorcigliarsi (non ci sono organi in completa rotazione) e separa il materiale in più frazioni. Ideale per trattare diversi tipi di rifiuto, nel settore industriale con presenza di metalli e materiali filamentosi di notevoli dimensioni, negli impianti di compostaggio, nel settore della selezione delle
plastiche in alternativa al vaglio balistico. Le numerose esperienze finora fatte sul campo hanno già dimostrato l’ultima evoluzione di questa macchina, che è in grado
di lavorare su materiali notoriamente difficili con rese assimilabili o spesso migliorative rispetto ai tradizionali vagli a dischi o a tamburo, sia che si tratti di mate-
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riale organico (forsu), compostato misto dopo biocella, plasmix, legno riciclato o addirittura rottami metallici o da demolizione auto. I profili sono definiti in modo da consentire nei movimenti contrapposti di due lame adiacenti l'avanzamento del flusso di materiale lungo il treno di alberi. Il gap e il passo tra le lame possono essere crescenti nella direzione di avanzamento del materiale, in modo da avere più frazioni di diversa granulometria. Ogni paletta oscilla con i bordi su sedi fisse chiamate “pettini” montati sull’albero adiacente ma non solidali ad esso, bensì alla cassa: in questo modo rimane protetta, impedendo al materiale di incunearsi tra paletta e albero adiacente e prevenendo l’usura e il taglio della paletta stessa. Il moto sussultorio del materiale nella fase di avanzamento va a ridurre il trascinamento di materiali organici attaccati agli inquinanti. Il piano di vagliatura può lavorare orizzontale o leggermente in discesa (-3,5°) a seconda della tipologia e quantità di materiale ed è formato da una serie di alberi oscillanti (nessuna rotazione) che supportano speciali palette di lunghezza minima circa 230 mm e distanza minima tra gli alberi porta-palette di circa 190 mm. I rulli dispari operano con moto oscillante in opposizione di fase rispetto ai rulli pari, in modo da garantire l’avanzamento del materiale. Il sottovaglio passa attraverso la luce (sezione di vagliatura) tra le palette e la sezione di vagliatura può essere regolata entro limiti di ±20%.
Vagliare ad un altro livello Binder+co - Ecotec Solution
Il nuovo vaglio flip flow Bivitec e+ è una macchina economica in termini di investimenti e di costi di gestione e dal campo d’applicazione veramente ampio Lo specialista austriaco di tecnologie per il trattamento delle materie prime e dei materiali riciclabili Binder+Co è da decenni un produttore affermato per la fornitura dei sistemi di vagliatura flip flow Bivitec. E ora presenta l’ultima innovazione della serie flip flow: il vaglio Bivitec e+. <<Innovazione in Binder+Co non significa solo sviluppare nuove macchine, ma anche offrire ai clienti la possibilità di ottenere il massimo beneficio possibile dalle preziose materie prime e dai preziosi materiali riciclabili durante il processo di trattamento>>, spiega Martin Mairhofer, managing director di Ecotec Solution, l’azienda che distribuisce in esclusiva in Italia il marchio Binder+Co. L'obiettivo dell’ampliamento di gamma è quello di offrire una soluzione economica in termini di investimenti e di costi di gestione. Per raggiungere questo obiettivo, sono state combinate due ingegnose tecnologie di vagliatura in un'unica macchina: i bassi carichi dinamici dovuti al bilanciamento della massa del vaglio a risonanza e il sistema flip flow Bivitec. Il risultato è una macchina leggera e, di conseguenza, una minore potenza motrice. Ciò significa che con Bivitec e+ si può risparmiare fino al 40% in termini di peso e fino al 65% in termini di energia, rispetto a una macchina convenzionale. I bassi carichi dinamici, inoltre, permettono un dimensionamento più compatto della sottostruttura, riducendo significativamente i costi di investimento. Questa caratteristica diventa interessante anche quando bisogna installare la macchina in impianti già
Vaglio flip flow Bivitec e+ Binder+co
esistenti, poiché la sottostruttura presente può essere utilizzata senza necessità di ampliamenti o rinforzi. Bivitec e+ può essere progettato sia con singolo piano vagliante sia a più piani e può essere sovrapposto. Un ulteriore vantaggio è la possibilità di regolare le caratteristiche di
oscillazione. Ogni piano di vagliatura può essere impostato singolarmente, il che risulta particolarmente vantaggioso quando bisogna lavorare con una sola macchina sia materiali difficili sia materiali facili da vagliare che richiedono tagli granulometrici differenti.
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I campi d’applicazione del Bivitec e+ vanno dalla sabbia, ghiaia, pietrisco, sale, minerali ai più diversi impieghi nell’ambito del riciclaggio, come la vagliatura del legno, degli scarti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, delle materie plastiche, del vetro e del compost. <<A inizio anno abbiamo installato e reso operativo uno dei primi vagli Bivitec e+ per la lavorazione di car fluff e in occasione di Ecomondo esponiamo questo nuovo vaglio presso il nostro stand - afferma Mairhofer – e invitiamo tutti colori che sono interessati ad approfondire questa nuova tecnologia di vagliatura a visitarci nel Padiglione A3, stand 176>>. Il Bivitec e+ è dotato di un’unità di vagliatura non oscillante, in cui sono presenti due telai di vagliatura che si muovono in direzioni opposte e che sono azionati da un eccentrico e sono così ben sincronizzati che le loro masse si controbilanciano a vicenda. Di conseguenza, si verificano solo forze dinamiche residue molto limitate, che possono essere trasmesse alla sottostruttura senza l’utilizzo di ulteriori molle. Tra le traverse di entrambi i telai di vagliatura sono montati dei tappetini flessibili, che vengono alternativamente distesi e compressi. Questo crea un effetto “frusta” che, combinato con un‘inclinazione del piano di vagliatura di circa 15°-25°, assicura il passaggio del materiale e una vagliatura precisa. Poichè l’unità di vagliatura non oscilla, può essere collegata direttamente con le tramogge di scarico e le strutture circostanti. Se la tramoggia di scarico è dimensionata in modo adeguato, può fungere da supporto per il vaglio.
Manutan Italia (filiale della multinazionale francese Manutan International) è da 30 anni specializzata nella vendita a distanza di forniture industriali (MRO). Con oltre 10.000 clienti aziendali, si propone come unico fornitore ad aziende private, enti pubblici e liberi professionisti. La gamma di prodotti, unica nel suo genere e in continua espansione, comprende 8 categorie merceologiche: sicurezza (dell’ambiente e delle persone), magazzino, igiene, ufficio, imballaggio, forniture industriali ed utensili, spazi esterni e ristorazione. Mai come in questo momento storico, la sicurezza e l’igiene assumono un’importanza cruciale nelle scelte d’acquisto delle aziende. Dall’inizio dell’emergenza sanitaria il team di specialisti di Manutan si è subito attivato per garantire ai propri clienti la fornitura di tutti i dispositivi di protezione individuale atti ad evitare il contagio, oltre che di detergenti, gel igienizzanti e prodotti per garantire la massima igiene e il rispetto delle normative in vigore, sia in ambito personale che lavorativo al momento della ripartenza. Sicurezza e igiene sono da sempre due cardini su cui l’azienda fonda il proprio know-how. Più di 2000 prodotti e accessori per la pulizia, oltre 2500 articoli per la raccolta differenziata pratici e resistenti, oltre che gradevoli alla vista per gli uffici e le aree comuni. Un aspetto non trascurabile è la gestione di rifiuti pericolosi, per cui Manutan propone contenitori per liquidi pericolosi, pile, raee e rifiuti sanitari che rispettino in primis le norme vigenti. A rafforzare l’importanza della protezione dell’ambiente, Manutan offre una vastissima gamma di assorbenti industriali, la soluzione più semplice ed immediata in caso di sversamenti di sostanze pericolose e inquinanti. L’importanza di un intervento tempestivo e con i giusti prodotti garantisce un risultato efficace e immediato nelle operazioni di ripristino di terreni, falde acquifere e di qualsiasi ambiente di lavoro. Il concetto di protezione dell’ambiente si allarga poi alla categoria dell’imballaggio /packaging, in cui l’offerta di Manutan spazia dal materiale di riempimento biodegradabile in fibra di legno, ideale alternativa al pluriball, ai contenitori monouso compostabili per l’industria alimentare. Grazie a un magazzino di 190.000 mq, l’azienda è in grado di consegnare in 48 ore gli oltre 100.000 prodotti visibili sull’ecommerce di proprietà (www.ma-
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gettazione, montaggio, smaltimento). Manutan supporta le aziende anche con diverse soluzioni di e-business che permettono di risparmiare tempo e denaro in un’ottica di TCO.
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L’essiccamento dei fanghi a bassa temperatura Scolari
La tecnologia applicata è quella con tappeti forati sovrapposti che garantiscono un risultato uniforme e omogeneo Dal luglio 2018 (sentenza TAR Lombardia) a fine settembre dello stesso anno è esplosa la questione fanghi che ha fatto temere il blocco dei depuratori delle acque fognarie dovuta al periodo di sospensione temporanea per lo smaltimento nell’ambito agricolo. Da allora abbiamo avuto interventi e prese di posizione da parte di Regioni, T.A.R, Corte di Cassazione, Provincie, Governo, con ordinanze e sentenze che hanno evitato di fermare gli impianti perché le conseguenze sarebbero state catastrofiche considerando che uno dei ca-
Essiccazione fanghi da F.O.R.S.U
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nali di smaltimento sul terreno agricolo ne rappresenta la principale modalità con circa il 38%. Le difficoltà di smaltimento di questi ultimi anni hanno però influito in maniera pesante sul prezzo di smaltimento dei fanghi che da 40-50 euro/ton è aumentato a 180-250 euro/ton in funzione del tipo di fango e delle zone geografiche in cui sono collocate le varie aziende. Considerando tale aumento di costi, le aziende hanno e stanno installando una serie di attrezzature che permettono di ridurre il peso dei fanghi prodotti e destinati allo smaltimento. In primo luogo hanno installato sistemi di disidratazione meccanica quali centrifughe o nastro presse che consentono, meccanicamente, di aumentare la sostanza secca del fango fino al 22-25%, che è il limite massimo ottenibile dai sistemi meccanici. Per aumentare oltre la sostanza secca si deve poi ricorrere ad altri sistemi fra cui l’essiccazione, che permette di ottenere una sostanza secca fino al 90-95%. In tale ambito rientrano gli impianti di essiccazione progettati e realizzati da Scolari, proposti con capacità evaporative differenziate e possono soddisfare le esigenze di piccole, medie e grandi aziende e comunità civili. La tecnologia applicata è quella con tappeti forati sovrapposti che assicurano l’essiccazione del fango in maniera uniforme e omogenea. Gli impianti sono realizzati in Aisi 304, con quadro elettrico che gestisce in automatico l’impianto e il si-
stema, ad umido, per il trattamento dell’aria satura in uscita, che assicura il rispetto dei limiti regionali previsti per le emissioni. Utilizzano bassa temperatura, può variare dai 78 ai 150 °C, in funzione della termica disponibile in azienda che può essere ottenuta da acqua calda, fumi di scarico, vapore, acqua surriscaldata o da combustibili fossili come gas naturale o GPL. Scolari ha realizzato i primi impianti di essiccazione fanghi in Austria e alcuni impianti per fanghi industriali in Italia, negli anni 70. Settore che non ha avuto sviluppo, all’epoca, per i limitati costi di smaltimento che erano nell’ordine di 10-15 euro/ton. Nell’ultimo periodo Scolari (presente a Ecomondo nel Pad 5 Stand 200) ha realizzato decine di impianti nel settore depuratori civili, industriali, agroindustriali, ambientale. I cicli di lavoro degli impianti possono essere in continuo o alternativi, in funzione della disponibilità della termica e delle esigenze aziendali. In generale quando la termica è disponibile h24, l’impianto è utilizzato 8.000-8500 ore/anno; mentre, quando si utilizza gas naturale o biogas esso lo si impiega, normalmente, con gli stessi turni di lavoro aziendali che possono essere h24 o 16/24 ore. L’utilizzo degli impianti a ciclo continuo o intermittente non comporta perdite di rendimento termico nè tempi morti per l’entrata a regime quando si riparte con la lavorazione. La progettazione e la realizzazione è fatta in funzione delle esigenze specifiche del cliente e può essere: con condensazione e riciclo dell’aria satura in uscita dal camino, recupero termico con sistema di preriscaldo dell’aria ambiente in ingresso all’impianto, sottraendo parte del calore (sia sensibile sia latente di condensazione) al flusso d’aria satura in uscita dall’essiccatoio con riduzione dei costi di esercizio valutabile nell’ordine del 1520%. Trattamento a umido con doppia torre di lavaggio e, se necessario, biofiltro. Gli impianti sono normalmente realizzati con un unico gruppo generatore di calore e unico sistema di aspirazione collegato con torri di lavaggio dell’aria satura in uscita che, con un solo camino di scarico in atmosfera, semplifica la domanda autorizzativa per l’installa-
zione. La gestione di tutte le componenti dell’impianto (essiccatoio, gruppo generatore di calore, scrubber o biofiltro) è prevista tramite un’unica interfaccia (pannello operatore) sul quadro di comando generale, così da facilitarne enormemente la conduzione da parte dell’operatore. La progettazione è dettagliata e particolarmente curata con accorgimenti specifici per garantire la
Essiccazione fanghi industriali
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L’essiccamento dei fanghi a bassa temperatura massima sicurezza attiva e passiva durante l’uso e la manutenzione. Il rendimento termico è ottimizzato grazie all’isolamento termico delle pareti laterali dell’impianto, che riduce al minimo la dispersione termica oltre al riutilizzo dell’aria calda di essiccazione che, in uscita dal tappeto inferiore, preriscalda il prodotto umido in entrata sul tappeto superiore. IL ciclo dell’aria di processo è ottenuto con ventilatori di mandata e di aspirazione controllati da inverter e pressostato per garantire l’interno dell’impianto in depressione ed eliminare fuoriuscite di polveri e odori e/o percorsi preferenziali dell’aria. Il processo di essiccazione, normalmente, permette di ridurre il peso del materiale in funzione dell’umidità iniziale e finale. Nella maggior parte dei casi i fanghi umidi sono centrifugati o nastro pressati e hanno una sostanza secca del 22%. Essiccandoli al 15% di umidità fi-
nale (sostanza secca 85%) abbiamo una riduzione di peso del 70%, e ciò significa che da 1.000 kg di umido ne rimangono 300 kg di secco. Il costo di essiccazione corrispondente, per l’essiccazione di 1 ton di umido, riferito al gas naturale, può essere valutato, verosimilmente, nell’ordine di 25 euro. Il minor costo di smaltimento, sommato al costo di essiccazione, dovuto al minor peso del materiale da
conferire in discarica, con costo di smaltimento considerato di 200 euro/ton, risulta di 90 euro/ton. Pertanto, anche qualora, non vi sia la possibilità di recuperare termica a costi zero e si dovessero utilizzare combustibili tradizionali (metano o GPL) abbiamo che il minor costo di smaltimento del fango essiccato rispetto a quello del fango tal quale, inclusi i costi di esercizio, si può verosimilmente indicare
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nell’ordine del 50%. Minor costo che può raggiungere circa il 70-75% quando vi è la possibilità di recuperare termica disponibile in azienda, a costo zero. Nella valutazione precedente si sono considerati i soli costi d’esercizio e non quelli di ammortamento, strettamente condizionati dalle condizioni di lavoro dell’impianto (ore lavorative annue, capacità produttiva, ecc.). In condizioni normali, se gli impianti sono proporzionati alle esigenze aziendali e lavorano 6-8.000 ore/anno, il rientro del capitale investito può essere considerato nell’ordine di 1,5-2 anni di utilizzo. Gli impianti Scolari rispettano le caratteristiche tecnico-scientifiche previste nel quadro del piano europeo denominato “Industria 4.0” e in Economia Circolare, e questo permette di usufruire degli incentivi previsti per questa tipologia di impianti e ridurre in maniera significativa i tempi di ammortamento. Inoltre, se i fanghi non contengono metalli pesanti e possono essere recuperati per ripristino ambientali o per altri utilizzi, si elimina anche il costo dello smaltimento.
FOCUS PRESSE IMBALLATRICI PER RIFIUTI AUSONIA Costruisce dal 1986 compattatrici oleodinamiche e compattatori per la riduzione volumetrica e l’imballaggio di carta, cartone, fusti, plastica, gommapiuma e poliuretano espanso, materiali ferrosi, rifiuti, scarti tessili ecc. L’impiego dell’alta tecnologia le consente di soddisfare qualsiasi tipo di esigenza, dalla piccola compattatrice verticale ai più sofisticati impianti compattatori automatizzati. Ne è un esempio la pressa compattatrice oleodinamica verticale modello MG 50 T.V.E. per la compattazione e la formazione di balle di scarti e materiale riciclabile quali: carta e cartone, plastica e nylon, big-bag, lana di vetro
COPARM e isolanti. La macchina ha la camera di compattazione completamente chiusa, mentre sono apribili la porta di carico del materiale (carico che avviene frontalmente) e la porta di espulsione della balla. Il quadro elettrico è posizionato in alto, i pulsanti di comando si trovano sulla pulsantiera laterale. La pressa ha una potenza di spinta di 50 tonnellate e una spinta di pressatura del materiale di 4,8 kg/cmq, espelle balle di 1,2x1x0,9h m rilegate con spago in polipropilene, e ha un ingombro macchina di 1,75x1,37x3,2h m.
www.ausoniasrl.it
EMPRESS2000 Le presse in balla verticali monocamera distribuite da Empress2000 sono quelle della ditta Orwak, ideali per rifiuti voluminosi, carta e cartone, plastica, imballaggi, sacchi e rifili. Questa categoria di presse può soddisfare ogni genere di esigenza, dai modelli più piccoli (balle da 20 kg) installabili in ogni luogo, fino ai compattatori più grandi (balle fino ai 500 kg) per smaltire enormi quantità di rifiuti voluminosi. Queste macchine hanno in comune caratteristiche tecniche all’avanguardia, ingombri ridotti, sicurezza e silenziosità. Inoltre, anche i modelli più grandi non necessitano di montaggio e sono subito pronti all’uso. La pressa Orwak 3110, ad esempio, con forza di pressatura pari a 4 ton per balle fino a 50 kg, è oleodinamica a caricamento frontale, silenziosa, autostart, selettore di pressione carta/plastica, selettore altezza balla e indicatore di balla pronta. Grazie agli ingombri ridottissimi (altezza
Grande efficienza e rendimento, consumi molto contenuti e una costruzione particolarmente robusta, sono le caratteristiche progettuali delle presse Coparm. Una offerta completa di presse industriali, interamente progettate e costruite dall’azienda, per molteplici applicazioni: per rsu, plastica, carta, per contenitori per liquidi e bottiglie in PET, e per altri materiali speciali. Dalla serie PC30 fino alla R120, l’azienda propone un totale di 18 versioni diverse di macchinari. Le presse della nuova serie R120, ad esempio, sono state progettate per le lavorazioni dei grandi recuperatori soprattutto per l’imballaggio di materiali tenaci, rifiuti ingombranti, pneumatici e materiali elastici. L’aspetto innovativo di questa serie è che lavora con un sistema di precompattazione che consente un’agevole e facile pressatura senza tagliare il materiale in esubero. Questo risultato si ottiene grazie all’installazione in tramoggia di due flap verticali, uno anteriore e uno posteriore. Una volta terminato il ciclo di precompattazione, la macchina ripristina le condizioni inizia-
li con l’apertura dei flap e il carrello in posizione arretrata, consentendo l’inizio di un nuovo ciclo di pressatura. Questo sistema sviluppato da Coparm può anche essere inibito e quindi la pressa può lavorare con i flap aperti secondo il principio di funzionamento tradizionale. Il contenimento dei consumi energetici è garantito dall’uso di motori ad alta efficienza. Allo stesso modo è assicurato il contenimento delle emissioni sonore secondo le vigenti normative. Le principali caratteristiche tecniche sono: balle da 1,1x1,1m, produzione di 25–30 ton/h, produzione volumetrica di 620 mc/h, 4 cicli/min, legatura orizzontale con 5 fili di ferro o plastica, spinta di 145 ton, tramoggia di 1x1,8m.
www. coparm.it
FALCOR 199cm) e all’allacciamento a presa di corrente 230 V monofase, questo modello può essere posizionato in ogni luogo. Ballette leggere facilmente movimentabili anche grazie al carrello in dotazione. La pressa più capiente è invece la Orwak Power 3820, con forza di pressatura pari a 26 ton per balle fino a 500 kg, è oleodinamica a caricamento frontale, tecnologia Black Star, ingombri in altezza ridotti, con la più ampia bocca di carico (larga 150cm) dotata di portello a slitta ad apertura automatica e autostart, pressione selezionabile in funzione del materiale da compattare, selettore altezza balla, indicatore di balla pronta e dispositivo automatico di espulsione balla. Tutte le macchine proposte sono pronte all’uso e non necessitano di montaggio; inoltre, non dovendo fissarle a pavimento possono essere spostate grazie a semplice transpallet.
www.empress2000.it
Falcor è distributore in Italia di presse verticali per la compattazione di rifiuti da imballaggio, presse orizzontali, compattatori a coclea e presse stazionarie. La pressa verticale B30W ha una ampia bocca di carico (larga 1,52m)che permette il carico di grandi scatole intere senza bisogno di piegarle. Si tratta di una macchina molto flessibile e versatile, adatta ad aziende di varie tipologie e dimensioni. La camera compattatrice è dotata di una serie di dispositivi di ritenuta del materiale per evitare il ritorno volumetrico del prodotto compattato. E’ è facile da utilizzare e la costruzione robusta della struttura assicura bassi costi di manutenzione. Il ciclo di funzionamento è estremamente semplice e sicuro. E’ infatti dotata di un indicatore di pieno-carico che, lampeggiando, segnala quando la pressa è piena, evitando sovraccarico di materiale all’interno della camera. L’espulsione della balla, legata con reggette o filo di acciaio, avviene tramite un siste-
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ma automatico, estremamente sicuro con azionamento a due mani. E’ possibile monitorare in tempo reale l’esatto numero di balle prodotte, il tempo di funzionamento della macchina, la localizzazione, ecc. e avvisare automaticamente il proprio raccoglitore quando le balle sono pronte per il ritiro. La B30W ha forza di pressione pari a 30 ton, durata del ciclo di 43 sec, dimensioni di balla di 1,5x0,8x1,1m di perso di 400-600 kg, dimensioni di macchina di 2,1x1,3x,3,4 m e peso di 1,8 ton, ed è particolarmente indicata per l’utilizzo nei seguenti settori: supermercati, industria e automotive, logistica e stoccaggio, pubblica amministrazione. Pienamente soddisfatta di questo modello di pressa è ad esempio la Umbrania, che produce sovratappeti per autovetture, e il cui processo produttivo genera molti sfridi. La B30W, quindi, compatta sia gomma sia moquette.
www.falcorpresse.it
FOCUS PRESSE IMBALLATRICI PER RIFIUTI HSM Le presse HSM sono specializzate nella compattazione dei materiali di scarto fino al 95%, producendo balle facilmente trasportabili. La linea di prodotti spazia dalle presse imballatrici orizzontali o verticali per le piccole aziende fino alle presse imballatrici completamente automatiche per le aziende specializzate nello smaltimento. Indipendentemente dai materiali lavorati, dai volumi e dalle condizioni locali, HSM è in grado di offrire sempre il prodotto adatto. Nell’ambito delle presse imballatrici a canale, ad esempio, il modello HSM VK 1206 risulta ideale per applicazioni industriali con quantità medio-basse di materiale, per una produzione di circa 92 mc/h. Particolarmente adatta per cartoni, pellicole e bottiglie in PET, può essere collegata ad impianti con alimentazione ad aria (tempi rapidi di ciclo) e consente di selezionare liberamente il lato per la manutenzione. Il modello HSM VK 8818 è invece progettato per lo smaltimento professionale dei rifiuti o per usi industriali con elevata resa di produzio-
PINI ne (di circa 643 mc/h). Disponibile con dispositivi di comando con regolazione di frequenza opzionali, per un risparmio di energia elettrica pari al 40%, questa pressa consente la determinazione esatta della lunghezza della balla anche con frequenti cambi di materiale. E’ dotata di sistema di blocco delle porte tramite castlelock, per la massima sicurezza dell‘operatore, mediante un sistema di chiavi per tutte le aree accessibili, e di un’unità di controllo con memoria programmabile Siemens con touchpanel.
www.eu.hsm.eu/it
Chi ha un’azienda o un’attività commerciale ha a che fare spesso con scarti e imballaggi ingombranti, ma se noleggio e trasporto sono troppo costosi e si è stanchi di pagare troppe tasse sui rifiuti, la soluzione arriva da Pini, che propone una serie di presse verticali che rendono sostenibile il recupero di svariate tipologie di materiali. Tali presse sono prodotte internamente all’azienda e quindi completamente made in Italy. Il modello P15 è, ad esempio, una pressa imballatrice oleodinamica che si adatta alle esigenze della grande distribuzione, compattando e riducendo considerevoli quantità di scarti e imballaggi. Offre un'ampia camera di compattazione e la possibilità di utilizzare un'apertura automatica che permette la riduzione dei tempi di ciclo. Le caratteristiche tecniche principali sono: max forza di compattamento 15ton 150kN, dimensioni balla 1x0,7m e altezza da 0,6-0,9m, dimensioni di ingombro macchina di 1,3x0,9x2,9(h) m, legatura ma-
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nuale, scarico balla automatico, compattazione con cilindro idraulico, comandi tramite quadro elettrico con presa 380V, movimentabile tramite transpallet o carrello. La pressa oleodinamica P20 si differenzia invece dalla precedente per avere una forza massima di compattamento di 20ton 200kN, liberando balle di dimensioni di 1,2x0,8 m e altezza di 0,4-1 m.
www.pinimec.it
Il sistema di taglio Rc dei trituratori serie XR Untha - Ecotec Solution
Maggiore apertura e profondità della macchina, minori costi di manutenzione e riparazione e un ottimale rapporto qualità/prezzo Con il sistema di taglio RC per i trituratori serie XR, Untha ha sviluppato un nuovo tipo di geometria dei coltelli che garantisce un’introduzione aggressiva del materiale, portate elevate e un materiale in uscita molto omogeneo. Il robusto meccanismo di taglio è stato sviluppato per la triturazione primaria di materiali particolarmente ingombranti e che presentano parti intriturabili. Il sistema RC (Ripper Cutter) rappresenta la nuova generazione di sistemi di taglio della classe XR. E’ la terza variante che va ad aggiungersi al sistema di taglio C (Cutter) e al sistema di taglio XC (X-Cutter). Dopo un’approfondita analisi delle esigenze dei clienti, intense indagini di mercato e uno scambio di informazioni con i potenziali utilizzatori, in un periodo di tempo di 12 mesi è stato creato il nuovo concetto di taglio RC. La domanda di un nuovo sistema di taglio era particolarmente elevata tra gli operatori del settore. Il team di R&S di Untha ha tenuto conto delle esigenze del mercato quando ha deciso di perfezionare il preesistente sistema di taglio R: l’eliminazione dello spintore comporta una maggiore apertura e profondità della macchina, minori costi di manutenzione e riparazione e un ottimale rapporto prezzo/prestazioni. Durante la messa in funzione di diversi modelli pre-serie, sono emersi anche altri vantaggi: il nuovo sistema di taglio, grazie alla nuova geometria dei coltelli, è in grado di arrivare a capacità di produzione notevolmente superiori alle 100 tonnellate all'ora nel trattamento
dei rifiuti solidi urbani. Ciò corrisponde a un aumento delle prestazioni di circa il 50% rispetto al sistema precedente. EFFICIENTE E FLESSIBILE
Un ulteriore vantaggio è che la bassa percentuale di frazioni fini presente nel materiale in uscita lo rende ideale per la combinazione con tecnologie di separazione ottica, agevolando così il trattamento a valle del materiale pretriturato. L'efficienza del sistema di taglio riduce anche il consumo di energia. Il sistema RC trova i suoi campi di applicazione nella triturazione dei rifiuti solidi urbani, dei rifiuti in-
gombranti e commerciali e del legname di scarto. A seconda delle esigenze, il trituratore può essere dotato di barre a griglia o di griglie forate. Con questo sistema di taglio è possibile raggiungere una pezzatura omogenea da 300 a 100 mm in un unico passaggio. Il trituratore può essere configurato con varie potenze di azionamento ed è disponibile sia con l'azionamento a risparmio energetico Untha Eco Power Drive sia con il potente azionamento Untha Power Drive. <<La sfida particolare nello sviluppo del sistema di taglio RC è stata quella di raggiungere la robustezza necessaria per far fronte a tutti i tipi di intriturabili. Questo sistema
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risulta particolarmente resistente proprio grazie alla particolare forma dei denti>>, spiega Martin Mairhofer, managing director di Ecotec Solution, distributore esclusivo per l’Italia del marchio Untha. IL CONCETTO DI SALDATURA CHE AUMENTA LA DURATA
Per ridurre ulteriormente i costi di manutenzione e riparazione, Untha ha sviluppato un proprio concetto di saldatura per il sistema di taglio RC. Al termine della durata dei coltelli e della barra statore, l'operatore del trituratore XR li può saldare in autonomia, riportandoli sul banco.
BIomaSSe & BIogaS B I o m a S S a
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B I o g a S
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B I o m e ta n o
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C o g e n e r a z I o n e
Idromethan Wash&Soap L’eco-alternativa green per l’upgrading da biogas a biometano di Idro Group L’impianto di upgrading sviluppato da Idro Group ha lo scopo di estrarre la CO2 presente nel biogas, portando il contenuto di CH4 a un minimo del 98%, con una drastica riduzione dei consumi energetici rispetto ai classici impianti a membrane. Si tratta di un processo di assorbimento/desorbimento innovativo e brevettato, effettuato tramite apposite torri di ridotte dimensioni e basato su una soluzione organica atossica che, una volta esausta, può essere rigenerata. Il processo è suddiviso in tre fasi: pre-trattamento, upgrading e post-trattamento. Nel pre-trattamento il biogas viene filtrato e, in caso di presenza di NH3, è soggetto a un processo di lavaggio per la separazione dell’ammoniaca. In seguito il biogas è raffreddato a 25 °C. Nella fase di upgrading si comprime il biogas con l’utilizzo di compressori a vite e, successivamente, con una torre di raffreddamento e un chiller, si porta la temperatura fino a 0 °C. Durante questo processo si riesce a recuperare la componente termica dovuta alla compressione. Il biogas viene quindi essiccato e alimentato a una torre di assorbimento dove il solvente organico rimuove la CO2. Il gas in uscita dalla torre è a 16 bar e con un contenuto di CH4 maggiore del 98%. Il solvente, carico di CO2, è quindi soggetto a successive espansioni con una prima separazione dell’off-gas (50%CH450%CO2) che viene rinviato in testa alla colonna di assorbimento e una seconda separazione della maggior parte della CO2. La soluzione organica passa poi a una colonna di strippaggio finale con recupero della CO2 residua e rientra nella colonna
iniziale di assorbimento. Nel post–trattamento viene effettuata la raffinazione finale del biometano attraverso il passaggio in un filtro a carboni attivi. Questo passaggio garantisce l’abbattimento di mercaptani, silossani ed eventuali altri composti presenti in traccia. All’uscita da questo filtro, il biometano potrà
essere alimentato alla cabina REMI o ai dispositivi di erogazione o di caricamento carri bombolai o ad un processo di liquefazione (LNG). Tale processo è stato testato in un impianto pilota per diversi anni ed è attualmente in funzione. L’impianto Idromethan ha una serie di vantaggi rispetto ai “tradizionali” impianti a
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membrana. Entrambe le tipologie di impianto escono dal sistema con un biometano a 16 bar ma il sistema Idromethan ha: minor costo dell’impianto (basato sulla media del mercato), minore consumo elettrico, nessun consumo termico (l’impianto si autosostiene termicamente), costo di rigenerazione del solvente inferiore a quello di manutenzione medio annuo delle membrane, nessun danno al sistema nel caso giungano impurità nel biogas in ingresso. Il Gruppo Idro ha inoltre ottenuto un brevetto per il processo di desolforazione, che è sempre necessario effettuare prima dell’ingresso nell’impianto di upgrading, dopo l’uscita del biogas dal digestore. Il processo avviene nel desolforatore Idro.Des che, con l’utilizzo del materiale filtrante UgnCleanPellets S 3.5, attraverso un processo chimico-biologico rigenerativo abbatte il livello di H2S al di sotto dei 10 ppm e permette una lunga durata del materiale.
L’upgrading con un metodo ibrido Progetto ntPleasure
Sviluppata una soluzione di separazione a membrana e conversione catalitica per una più efficace cattura di CO2 e produzione di biometano Lo smaltimento, quali liquami e rifiuti destinati alle discariche (noti collettivamente come biomassa) produce biogas. Il processo, che avviene in ambienti privi di ossigeno sotto forma di Dalla digestione anaerobica dei rifiuti organici si produce biogas che, una volta bruciato o convertito, offre una fonte di energia e prodotti chimici più sostenibile rispetto ai combustibili fossili. Numerosi sforzi sono stati dedicati alla separazione della CO 2 dal biogas per produrre biometano arricchito, che può essere utilizzato come combustibile per veicoli o come elemento costitutivo di altri prodotti chimici. Il progetto europeo NTPleasure ha sviluppato una nuova membrana di zeolite ultra-sottile che separa e cattura la CO2 in maniera efficace. È stata creata inoltre una serie di catalizzatori altamente attivi e selettivi, per convertire la CO 2 in metano in condizioni di plasma a bassa temperatura. Entrambi hanno portato a un separatore a membrana integrato e a un sistema di reattore al plasma in grado di catturare e utilizzare il carbonio. <<Il nostro sistema è potenzialmente in grado sia di potenziare in modo efficiente il biogas per prodotti a valore aggiunto come metano e metanolo - afferma Xiaolei Fan, co-ricercatore principale del progetto - sia di separare e migliorare la CO 2 nel gas di combustione per ulteriori applicazioni>>.
COMBINAZIONE DI SOLUZIONI PER LA CONVERSIONE DI CO2
BIOCARBURANTE DA DISCARICA
a novi Ligure si produce bio-gnL L’impianto di biogas, upgrading e liquefazione del biometano realizzato da Ecospray Technologies presso la discarica di Novi Ligure è pronto per la prima fornitura di bio-GNL con il carico di una cisterna criogenica nella prima metà di novembre. È il primo impianto in Italia che tratta e liquefa biogas da discarica e che trasforma i rifiuti della discarica di Novi Ligure in car-
burante pulito per autotrazione. Come è noto, il biogas da discarica è particolarmente variabile e quindi difficile da trattare ma rappresenta anche una risorsa, soprattutto considerando l’alto numero di discariche in Europa. Trasformare i rifiuti in bio-GNL rappresenta oggi un vero esempio di economia circolare, includendo tutti gli stakeholder della catena di fornitura.
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Le strutture metallorganiche sono una classe di materiali porosi ibridi (organici/metallici) altamente versatili per l’adsorbimento/separazione di gas e la catalisi. Sebbene le strutture metallorganiche possano essere eccellenti catalizzatori per la conversione di CO2, nei sistemi termici convenzionali le condizioni difficili potrebbero distruggerle. L’innovazione integrata di NTPleasure ha sostenuto la catalisi delle strutture metallorganiche per la metanazione della CO2 per quasi 70 ore in condizioni normali di temperatura e pressione. La soluzione del progetto ha combinato due tecnologie: se-
parazione a membrana e conversione catalitica della CO2 attivata dal plasma. Le membrane ultrasottili di zeolite separavano in maniera selettiva le molecole della fase gassosa di decomposizione, per catturare CO2. Successivamente, questa CO2 separata è stata indirizzata verso un reattore catalitico in condizioni normali di temperatura e pressione, per essere sottoposta a metanazione catalitica su catalizzatori diversi, quali il nichel supportato su zeoliti e strutture metallorganiche. Una scarica ad alta tensione ha generato quello che viene definito “plasma non termico”, una sostanza gassosa altamente conduttiva. Questa scarica elettrica eccita le molecole di CO2 e idrogeno nella fase gassosa portandole a rompere i loro legami e quindi a interagire prontamente con la superficie del catalizzatore. Dopo il collaudo, il team ha scoperto che il loro sistema ibrido ottimizzato aveva raggiunto con successo un’efficienza di cattura del carbonio pari a circa il 91,8 %, con un’efficienza di utilizzo del carbonio di circa il 71,7 %. Inoltre, il processo integrato ha funzionato anche per l’u-
scala industriale del biogas di alto valore>>. PER LA PROSPERITA ECONOMICA E L’AMBIENTE
tilizzo della cattura del carbonio, con prestazioni stabili su un test di longevità di 40 ore. <<Questa progettazione integrata - osserva Chris Hardacre, co-ri-
cercatore principale del progetto che combina la cattura di CO2 con la metanazione di CO2 a temperatura ambiente, mostra il potenziale per l’ulteriore sfruttamento su
a) tubo con membrana di zeolite SAPO-34; b) Ni/NaBETA; c) catalizzatori Ni / UiO-66
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Per gli oltre 17.000 impianti di produzione di biogas dell’Unione Europea, la tecnologia di NTPleasure offre l’opportunità di migliorare la qualità del biogas generato, aumentandone l’attuabilità come materia prima e riducendo la dipendenza dai combustibili fossili. Ora che il progetto ha fornito una prova di principio per la tecnologia, il team è alla ricerca di nuovi finanziamenti per sviluppare ulteriormente il suo potenziale. “NTPleasure ha ampliato le nostre conoscenze in merito ai materiali metallorganici e a come interagiscono con i plasmi - spiega Fan – e questo apre nuove prospettive per la ricerca che potrebbe consentire a questi materiali di essere utilizzati per una vasta gamma di applicazioni quali la reazione di spostamento del gas d’acqua, il reforming a secco del metano con CO2 per gas di sintesi e le riduzioni catalitiche di ossido di azoto”.
Con Premix la differenza si vede Due impianti di biogas a confronto
Un digestore alimentato a secco, l’altro con il sistema di miscelazione solido-liquido Vogelsang. I risultati non lasciano dubbi: più energia, meno costi e manutenzioni quasi azzerate Ci si chiede spesso quanto siano utili, alla prova dei fatti, i sistemi di premiscelazione installati a monte di un digestore. Una risposta può essere data analizzando il caso di un’azienda zootecnica della provincia di Mantova. Si trova a Marmirolo e la gestiscono i fratelli Ronconi. La destinazione è doppia: suinicola (130.000 capi) e da latte (con circa 2.000 bovini in stalla). Proprio la doppia natura della ditta ha portato alla costruzione di due distinti impianti di digestione anaerobica, ciascuno della capacità di 1 MW. I complessi differiscono in un solo particolare: uno di essi è dotato di un sistema di premiscelazione di Vogelsang, il PreMix. Si tratta di un alimentatore in grado di miscelare componente liquida e solida, triturando le parti più grossolane o le fibre lunghe presenti in quest’ultima, così da inviare al digestore una sospensione organica già ben mixata e omogenea. STESSI INGREDIENTI, ESITI DIVERSI I due impianti sono alimentati da un mix di prodotti, composto mediamente da 22 tonnellate/giorno di letame fibroso, 3-4 t/gg di insilato di frumento e circa 2 t/gg di farina di scarto. La matrice solida è caricata nel digestore tramite PreMix modello RCX-58G CC66M1 nel primo caso e direttamente dal carro miscelatore nel secondo. Abbiamo quindi un’alimentazione totalmente a secco per
il secondo impianto, mentre il ciclo comprendente il Premix prevede la miscelazione del materiale solido con liquami bovini (9% circa) e suini (5% circa). La presenza di PreMix soltanto in
uno dei due impianti, come anticipato, permette di valutarne a fondo efficacia ed eventuali benefici, mettendo a confronto rese e problemi gestionali. L’effetto più evidente, nonché quello segnalato
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con più forza dai proprietari, è la drastica riduzione degli interventi manutentivi sui mixer e sul digestore in generale, tuttora necessari nel circuito non alimentato con PreMix. Quest’ultimo, infatti, oltre a miscelare in modo omogeneo le diverse componenti, tritura le fibre lunghe del letame ed eventuali spaghi, che al contrario si ritrovano in notevole quantità durante le operazioni di manutenzione dell’impianto alimentato a secco, realizzate all’incirca una volta al mese. A intervalli di circa 6 mesi è inoltre necessario arrestare l’impianto per la rimozione del cosiddetto cappello, che invece non si è mai formato nel digestore alimentato con PreMix, il quale, diversamente, richiede una manutenzione molto sporadica e limitata alla sostituzione dei coltelli e del crivello sul trituratore. Rotore e statore della pompa monovite, per esempio, non hanno mai avuto bisogno
COSA DICONO I TEST UFFICIALI Un interessante confronto sull’efficacia della premiscelazione è stato realizzato da Elhussein Abdoun, dell’Institute for Agricultural Technology and Biosystem Engineering mettendo a confronto, come nel caso sopra descritto, un impianto alimentato a secco e uno con premiscelatore. Le conclusioni mostrano che il primo impiega più energia, in particolare per la miscelazione delle matrici, e produce oltre 30 mc di gas in meno per tonnellata di matrice. La premiscelazione, al contrario, aumenta fino al 32% la produzione di gas e riduce anche del 41% i costi energetici.
QUATTRO FASI IN UNA Il PreMix, strutturalmente composto da un trituratore RotaCut e una pompa (genericamente una monovite serie CC), svolge quattro importanti funzioni. Innanzitutto separa i corpi estranei, grazie al Debris Removal System, un separatore innovativo con scarico durante il funzionamento e riduzione a un sesto dei tempi di lavorazione. In secondo luogo, tritura un ampio ventaglio di cofermenti, con particola-
re attenzione per quelli a fibra lunga, come già visto. Inoltre, miscela la componente secca con una frazione solida, generalmente costituita da digestato o liquami; e, infine, invia la sospensione al digestore, provvedendo dunque alla sua alimentazione. Per le sue caratteristiche costitutive, un solo PreMix può tra l’altro alimentare più digestori, riducendo ulteriormente i costi di produzione dell’energia. Allo stesso scopo contribuisce infi-
di interventi in quasi 3 anni di attività continua, per un funzionamento di circa 4 ore al giorno. Ciò grazie al sistema di estrazione dei corpi estranei, che elimina dal circuito pietre e oggetti metallici prima che gli stessi possano arrivare alla pompa. CONVENIENZA ECONOMICA La miscelazione della frazione solida e liquida, unita alla triturazione dei sottoprodotti a fibra lunga, rende inoltre più semplice la digestione anaerobica: ne deriva una minor permanenza delle matrici nel digestore e, a parità di matrici immesse, una maggior resa in gas per l’impianto dotato di PreMix. In alternativa, è possibile mantenere la stessa resa energetica ma con un ridotto apporto di matrici nobili (generalmente, insilati). Un altro aspetto economicamente rilevante riguarda i costi di funzionamento: il fabbisogno energetico del PreMix, nell’esperienza dei fratelli Ronconi, è inferiore a quello del carro miscelatore con annessa coclea di trasporto. La maggior omogeneità della miscelata, inoltre, riduce il consumo energetico da parte dei mixer presenti nel digestore. Infine, non si può dimenticare che la forte riduzione nel fabbisogno di manutenzioni evita arresti dell’impianto che durano perlomeno un giorno, con una perdita di 24.000 kW per giornata di fermo. Hi-Tech Ambiente
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ne il sistema di manutenzione semplificata Quick Service, grazie al quale è possibile eseguire tutte le operazioni comunemente necessarie in loco, senza disconnettere il PreMix dalle condutture. Ciò rappresenta un ulteriore vantaggio, che rende questo sistema economicamente vantaggioso, oltre che più efficiente, vista la resa produttiva che comporta. Un vantaggio che i fratelli Ronconi sono pronti a testimoniare in prima persona, grazie alla particolarità dei loro impianti.
Più biogas con Progen SDa 1000 nCr Biochemical
Le biotecnologie aiutano ad aumentare le performance energetiche di un impianto di digestione anaerobica presso un’azienda dolciaria Presso un’importante azienda alimentare specializzata nella produzione di dolci è stato costruito nel 1995 dalla francese Biothane Systems un impianto di digestione anaerobica in grado di trattare circa 30 mc/giorno di refluo con un COD di 17.000-20.000 ppm O2. Una tubazione del diametro di 100 mm (preventivamente trattata con il blend batterico liquido Progen LG di NCR Biochemical per evitare la condensazione dei grassi e la successiva occlusione) convoglia le acque dello stabilimento verso una vasca di omogeneizzazione di 120 mc che, dopo neutralizzazione, alimenta il digestore anaerobico di 500 mc. Il reattore è di tipo standard CSTR (Complete Strirred Tank Reactor) monostadio mesofilo con agitazione meccanica e ricircolo di biogas all’interno del bulk liquido. Il refluo passa successivamente a un chiarificatore (70 mc) dove avviene la separazione del fango anaerobico (che viene reinviato nel digestore) e inviato a una vasca di ossidazione aerobica di 150 mc con zona di denitrificazione di 25 mc. A valle dell'ossidazione è presente un ulteriore chiarificatore di circa 50 mc che scarica il refluo nella fognatura urbana. Con l'impianto a regime i valori di COD passano da 17.000-20-000 ppm O2 a 1.500-2.000 ppm O2 dopo la fase anaerobica e dopo l'ossidazione scendono a 130-150 ppm. All’aumentare dei volumi produttivi dello stabilimento si osserva un calo lento (ma costante) delle performance della digestione anaerobica, sia in termini di abbat-
Impianto biogas CSTR mesofilo monostadio
timento degli inquinanti, sia di produzione di biogas e riduzione dei solidi sospesi nel fango anaerobico. Di seguito, quanto osservato da NCR Biochemical nella seconda metà dell’anno 2018 fino al gennaio 2019: luglio 2018, abbattimento COD 95%, produzione biogas/mc refluo uguale a 9.25 mc SST 7.517 mg/L; settembre 2018, abbattimento COD 94.3%, produzione biogas/mc refluo uguale a 9.55 mc SST 8.466 mg/L; novembre 2018, abbattimento COD 90.1%, produzione biogas/mc refluo uguale a 8.72 mc SST 7.583 mg/L; gennaio 2019, abbattimento COD 76.5%, produzione biogas/mc refluo uguale a 6.90 mc SST 3.150 mg/L. Data la bassa concentrazione di acidi organici volatili, viene individuato come stadio limitante del processo la fase di idrolisi. NCR Biochemical propone di intervenire con un blend batterico a base di
ceppi acidofili denominato Progen SDA1000, che viene dosato come segue: 5 kg/giorno (10 ppm sul volume del digestore) per una settimana all'ingresso del digestore; 1,5 kg/giorno (20 ppm sul volume di refluo alimentato) per un mese. Dopo circa un mese di trattamento sono stati ottenuti i risultati di seguito descritti. Il trattamento è iniziato il mese di gennaio 2019 e i parametri operativi iniziali erano: portata alimento 29 mc/giorno; COD alimento 28.100 ppm O 2; produzione biogas 7.83 mc/mc refluo; Solidi Sospesi Totali nel digestore anaerobico 3.080 mg/L; COD finale in uscita ppm O2. Dopo una settimana di trattamento sono invece stati registrati i seguenti valori: portata alimento 25 mc/giorno; COD alimento 24.500 ppm O2 Produzione biogas 12.6 mc/mc refluo; SST nel digestore anaerobico 3.350 mg/L; COD finale in u-
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scita 145 ppm O2. Dopo la seconda settimana di trattamento i dati operativi sono stati i seguenti: portata alimento 33 mc/giorno; COD alimento 22.400 ppm O 2; produzione biogas 10.8 mc/mc refluo; SST nel digestore anaerobico 3.772 mg/L; COD finale in uscita 165 ppm O2. Riassumendo e considerando delle medie settimanali si può tranquillamente affermare che il trattamento con Progen SDA1000 dopo soli 5 giorni ha incrementato la produzione di biogas di più del 30% (con punte del 50%). Per poter effettuare un conto economico di massima, tale da conferire una valorizzazione economica al trattamento con SDA1000, sono stati considerati consumi di CH 4 (necessari a mantenere a 35/37 °C la temperatura del digestore) e la produzione di biogas dati degli ultimi quattro anni antecedenti il trattamento con Progen SDA1000: 2014, CH 4 bruciato 11.313 mc, biogas prodotto 40.875 mc, refluo trattato 8.670 mc; 2015, CH 4 bruciato 11.898 mc, biogas prodotto 40.609 mc, refluo trattato 7.919 mc; 2016, CH 4 bruciato 6.221 mc, biogas prodotto 77.989 mc, refluo trattato 8.478 mc; 2017, CH4 bruciato 4.268 mc, biogas prodotto 78.968 mc, refluo trattato 9.151 mc; 2018, 9 mesi CH4 bruciato 9031 mc, biogas prodotto 46.751 mc, refluo trattato 6.280 mc. Considerando la tariffa media industriale del CH 4 del periodo, il minore consumo di 6.000 mc porta un risparmio economico pari al 150% del costo del trattamento con Progen SDA1000.
Un nuovo impianto di biometano grazie a Hysytech e acea Pinerolese Produzione di bioCH4, sia per autotrazione che immesso in rete, mediante un processo ibrido di valorizzazione del biogas a partire da forsu Il 28 settembre scorso si è tenuta l'inaugurazione del nuovo impianto di biometano, nato dalla partnership tra Hysytech e Acea Pinerolese Industriale, che tratta fino a 1.500 standard metri cubi per ora di biogas. L'impianto è installato nel Polo Ecologico di Acea, a Pinerolo (TO), e costituisce il naturale proseguimento delle attività di sviluppo alle quali le due aziende si dedicano dal 2014, anno dell'inaugurazione, sempre al Polo Ecologico, della prima esecuzione tecnologica in Italia che produce biometano dal trattamento della frazione organica dei rifiuti (forsu). Il biometano dell'impianto è prodotto con un processo di valorizzazione del biogas ottenuto dal trattamento anaerobico dei rifiuti organici e viene immesso nella rete di distribuzione del gas naturale, ossia la rete dove sono allacciate le case dei pinerolesi, gli esercizi commerciali, le piccole industrie del territorio e, soprattutto, i distributori di carburante con vendita di CNG (Compressed Natural Gas - metano per auto). Il processo ibrido di Hysytech per la produzione di biometano abbina la robustezza del lavaggio ad acqua con la semplicità e la compattezza delle membrane ed è in grado di minimizzare l’impatto
economico dei pretrattamenti, riducendo fino al 90% i consumi di carboni attivi, non solo per la rimozione del H2S, ma anche per la riduzione dei VOC e l’abbattimento dell’ammonica, senza l’impiego di
ulteriori apparecchiature. Questa particolare prestazione risulta estremamente importante in impianti dove il biogas è caratterizzato da elevati contenuti di queste tipologie di impurità, come nel caso
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della forsu. Il nuovo impianto sarà in grado di intercettare una maggiore quantità di biogas, permettendo così di riallocarne quella parte che oggi viene utilizzata per la cogenerazione al fine di generare biometano, ossia un vettore energetico più efficiente e sostenibile. Di notevole interesse è l’importante innovazione impiantistica, nata dalla collaborazione tra Acea Pinerolese Industriale e Hysytech, che permette di miscelare opportunamente e accuratamente i gas esausti del biometano con altri flussi energetici del Polo (depuratore, discarica, ecc.), in modo da poter alimentare i gruppi di cogenerazione a biogas originariamente presenti nel Polo. Questa innovazione consente di abbinare un recupero del metano di oltre il 99% nella produzione del biometano alla valorizzazione del patrimonio impiantistico già presente. <<Il nuovo impianto di biometano nato dalla collaborazione con Acea Pinerolese Industriale - commenta Massimiliano Antonini, managing director di Hysytech - rappresenta un importante passo avanti nel ciclo virtuoso della conversione dei rifiuti in risorse e si pone all'avanguardia sul fronte delle nuove frontiere dell'economia circolare e della chimica verde>>.
macchine & strumentazioni
La forza di prodotti made in Italy Barra Project International
Cannoni ad aria compressa AirFlash, pulitori Raskia per nastri trasportatori e abbattitori di polveri EcoFog Tre sono le soluzioni tecnologiche che Barra Project International mette al servizio degli impianti di produzione per ottimizzare la gestione di materiale solido sfuso organico e/o inorganico di varia pezzatura. Per la fase di stoccaggio in silos e tramogge l’azienda propone i cannoni ad aria compressa AirFlash; per la fase di movimentazione e trasporto su nastro, propone invece i pulitori Raskia; mentre, per le fasi di macinazione, vagliatura, trasporto e messa a cumulo, ideali sono gli impianti di nebulizzazione EcoFog per l’abbattimento delle polveri. IL CANNONE AD ARIA COMPRESSA AIRFLASH Il cannone ad aria compressa AirFlash è un accumulatore di energia composto da una valvola a scarico rapido (testata di sparo) e da un serbatoio per lo stoccaggio dell’aria compressa. Il funzionamento del cannone è semplice, ma estremamente efficace: il cannone genera un’onda d’urto che, liberata istantaneamente all’interno della struttura di stoccaggio intasata, disgrega ponti, compattamenti e incrostazioni che ostacolano il normale deflusso di materiale. Il cannone ha azione diretta sul materiale e non sottopone a vibrazione le strutture, prolungandone così la vita utile. Gli impianti cannoni sono tipicamente applicati su silos, tramogge, celle di carico, canale di raccordo, ma anche sui fasci tubieri degli scambiatori di calore, torri di preriscaldo cemento, etc. I cannoni AirFlash si caratterizzano per una progettazione modulare e un alto grado di personalizzazione; ogni impianto è quindi sviluppato ad hoc per
AirFlash, EcoFog e Raskia
la specifica applicazione. I cannoni, da 0,5 a 150 litri e con temperature di esercizio da -10 a +100 °C, possono essere installati in zone soggette a fenomeni sia di corrosione sia di irraggiamento termico e in aree ad elevata polverosità ambientale. I vantaggi principali di AirFlash sono: riduzione/annullamento di interventi di manutenzione straordinaria per lo sblocco e svuotamento silos (questi interventi manuali sono molto rischiosi per il personale che deve calarsi all’interno delle strutture di stoccaggio); riduzione/annullamento dei rischi di fermo impianto per mancanza di materiale dovuto all’intasamento delle strutture di stoccaggio; movimentazione continua del materiale e azione pulente delle strutture, così da evitare la creazione di zone morte ove il materiale è a rischio deterioramento per lunghi periodi di stazionamento; ottimizzazione della capacità di stoccaggio della struttura. L’IMPIANTO DI NEBULIZZAZIONE ECOFOG Gli impianti di nebulizzazione EcoFog producono nebbia mediante la micronizzazione di acqua a basse
pressioni (aria 2-3bar, acqua 0,20,5bar). La nebbia micronizzata capta le particelle di polveri legandosi ad esse e appesantendole, ciò fa sì che le polveri ricadano sul materiale che le ha prodotte senza disperdersi in ambiente e che le polveri vengano reintrodotte nel ciclo produttivo senza sprechi di materiale o necessità di smaltimento/riciclo. L’apporto infinitesimale di acqua utilizzato per la micronizzazione non bagna il materiale, eliminando così la necessità di trattamenti di essicazione e riducendo il rischio di formazione fanghi in caso di applicazioni all’aperto. Le soluzioni EcoFog sono studiate per l’applicazione sia in spazi confinati sia in aree aperte (sistema DancerFog: diffusori di nebbia rotanti). Inoltre, facilitano la movimentazione di materiali altamente volatili in quanto, con una nebulizzazione costante, riescono ad appesantirne le particelle riducendone in questo modo la dispersione. Tale impiantistica è estremamente facile da installare grazie agli accessori di montaggio dedicati ed è interamente gestibile dall’utilizzatore finale. Applicazioni tipiche sono le cave estrattive, impianti di frantumazione, macinazione e vagliatura, carico/scarico camion, messa a parco materiali, im-
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pianti di trattamento inerti, movimentazione su nastri trasportatori, impianti di riciclaggio, etc. IL PULITORE RASKIA La gamma Raskia di Barra Project si compone di pulitori semplici, robusti e poco ingombranti. Grazie a lame raschianti a settori modulari e ad ammortizzatori in elastomero, garantiscono aderenza continua sul trasportatore in gomma anche in presenza di difformità del nastro stesso e in condizioni di usura della lama raschiante. Come diverse sono le caratteristiche dei materiali da asportare, diversi sono i modelli del pulitore Raskia: lame interamente in mescola poliuretanica ad alta resistenza all’usura, lame in poliuretano con inserto raschiante in metallo duro, lame interamente in acciaio con inserto in metallo duro. Sono inoltre tre i sistemi di tensione disponibili: tensionamento meccanico, pneumatico e pneumatico auto-alimentato ricaricabile appositamente studiato per quelle posizioni difficilmente accessibili. Da evidenziare, infine, che Barra Project è un’azienda nata e cresciuta con un forte legame con la propria terra, da qui la scelta di una produzione realizzata interamente in Italia.
RISPARMIO ENERGETICO
La forza “eco” di una birra Seepex Smart Air Injection fornisce ai birrifici un nuovo sistema per movimentare le trebbie con aria compressa, con un consumo ridotto dell’80%, "Nella birra c'è la forza", soprattutto quando Seepex pompa le trebbie di cereali esausti, rendendo i processi di produzione dei birrifici notevolmente più efficienti dal punto di vista energetico. L’azienda, specialista di pompe a cavità progressiva, ha infatti brevettato il sistema Smart Air Injection (SAI, iniezione di aria intelligente) per trasportare i residui esausti della fermentazione alcolica di malto e luppolo utilizzando molta meno aria compressa rispetto ai processi tradizionali. Tale sistema è stato installato due anni fa in un primo impianto pilota a Monaco di Baviera per analizzare il potenziale di risparmio. <<Brevi impulsi d'aria compressa a intervalli più ampi - spiega Stephan
Mottyll, product manager di Seepex - trasmettono con facilità le trebbie di cereali esausti. Rispetto al vecchio sistema a tubi pneumatici, il consumo di aria compressa diminuisce anche dell'80%. I tempi di
produzione della birra si possono inoltre ridurre del 50%, aumentando l'efficienza del processo. Lunghi intervalli fino a 5 minuti, in cui solo la pompa monovite lavora, seguiti da impulsi controllati di aria com-
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pressa, portano ad un significativo risparmio per il cliente in termini di consumo totale di aria e di energia, quest’ultima di circa il 75%. Tutto ciò si traduce in un risparmio sui costi operativi di circa 11.000 euro/anno>>. Il birrificio di Monaco ha anche variato la lunghezza delle trebbie, convogliate pneumaticamente tramite aria compressa, al fine di trovare funzionamento ottimale. Ebbene, più lunghe sono le trebbie, minore è l'aria che serve al sistema e quindi minore è il volume totale di aria consumata. << Il funzionamento ottimale, per quanto riguarda affidabilità ed efficienza – afferma Mottyll – si ha con una lunghezza delle trebbie di circa 20m, che corrisponde ad un consumo medio di aria di soli 18 Nmc/h. L'aria compressa viene iniettata ogni 3,45 minuti, sia per ridurne il consumo ma anche per svuotare completamente la linea>>. La tecnologia Smart Air Injection, proveniente dall'area metropolitana tedesca della Ruhr, dove la birra Pilsner scorre da sempre come l'acqua, può essere sfruttata da tutti i grandi produttori di birra nel mondo.
GRUPPO CAP
Il controllo dei reflui con Kando Il monitoraggio in continuo delle reti fognarie è realtà: dopo i positivi riscontri del progetto pilota avviato a dicembre scorso, Gruppo CAP ha deciso di estendere il progetto che prevede l’installazione di sonde multiparametriche nella rete fognaria, con l’obiettivo di rilevare in tempo reale la presenza di sostanze inquinanti nelle acque reflue. La tecnologia Kando è basata su un approccio di tipo “Early Warning”. Serve cioè a rilevare in anticipo la presenza di sostanze inquinanti nei reflui. Analizzando continuamente alcuni parametri (pH, conducibilità, temperatura e potenziale Redox), il sistema restituisce un indice di inquinamento, che consente di individuare le zone più a rischio per poi intensificare i controlli puntuali. Le centraline di rilevazione dei parametri possono essere integrate da un campionatore automatico in grado di prelevare un campione i-
stantaneo quando la sonda rileva dati anomali, che viene poi analizzato in laboratorio per acquisire l’esatto contenuto di contaminanti. Il progetto pilota è stato realizzato nel bacino del depuratore di Pero, uno dei più grandi fra quelli gestiti da Gruppo CAP, con 21 Comuni afferenti e una capacità di 620.000 ab.eq. In questa zona ci sono anche molte attività produttive e da tempo risulta in crescita il dato relativo a diverse sostanze che giungono, attraverso il sistema fognario, all’impianto di depurazione. Poiché i metodi di campionamento tradizionali non sempre sono esaustivi per verificare le anomalie presenti sul territorio, Gruppo CAP ha deciso di dotarsi di questo innovativo sistema che garantisce una migliore capacità di previsione delle sostanze inquinanti e una più puntuale possibilità di individuare gli scarichi a-
nomali. Monitorare la qualità delle acque reflue consente infatti da un lato di cogliere con precisione eventuali scarichi illeciti da parte di utenze industriali presenti nella zona, dall’altro di rilevare in tempo reale la presenza di un determinato inquinante nella rete fognaria e di calcolare il tempo di arrivo al depuratore. Questa informazione permette ai tecnici di CAP di mettere in atto delle “misure tampone” per mitigare l’impatto delle sostanze sul processo depurativo all’interno dell’impianto. La scelta, per il progetto pilota, si è concentrata sui Comuni di Pero, Solaro e Baranzate, puntando l’attenzione sulle aziende di trattamento di rifiuti, farmaceutiche, chimiche e galvaniche, e rilevando in particolare la presenza di nichel, zinco, cromo e cromo esavalente. Questi dati hanno già portato a una notifica di reato e all’avvio dell’attività di controllo
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coordinata con ARPA e con la polizia provinciale, identificando l’origine dello scarico anomalo e quindi interrompendo questa fonte di inquinamento ambientale. Con l’installazione delle sonde in altri bacini, Gruppo CAP vuole cominciare a estendere il progetto sul territorio servito, visti i riscontri più che positivi della fase pilota. L’obiettivo è tutelare gli impianti di depurazione e rendere più efficiente il processo, ma anche ridurre l’impatto ambientale e sociale di questa attività, contribuendo al benessere delle persone che vivono nelle vicinanze dei depuratori, perché le sostanze inquinanti illecite possono anche generare i cattivi odori che spesso vengono imputati agli impianti di depurazione.
tecnologie
Dalla barbabietola a eco-prodotti messa a punto una bioraffineria
La produzione di sostanze ad alto valore commerciale e rispettose dell’ambiente L’Europa produce circa 13 milioni di tonnellate di barbabietole all’anno da cui viene estratto lo zucchero. Ciò che rimane è un materiale fibroso che viene attualmente utilizzato negli alimenti per animali di basso valore o per produrre biogas. Il progetto europeo PULP2VALUE, al contrario, si è invece dedicato a estrarre dalla polpa della barbabietola da zucchero prodotti ad alto valore aggiunto, come fibre di microcellulosa (MCF), arabinosio (L-Ara) e acido galatturonico (DGalA). Queste sostanze possono essere utilizzate per un’ampia gamma di applicazioni, come elementi costitutivi chimici, nelle applicazioni alimentari e di aromi, nonché nei detergenti e nei prodotti per la cura della persona. «Abbiamo puntato a portare i processi pilota a livello semi-industriale - dichiara Gerald Van Engelen, coordinatore del progetto - e ad aumentare in modo significativo, ossia di 20-50 volte, il valore della barbabietola da zucchero, dimostrando applicazioni per circa il 65% della sua massa in mercati ad alto valore». Il team di ricerca di Pulp2Value ha costruito e gestito impianti dimostrativi per la separazione di MCF, L-Ara e D-GalA. Sono stati individuati interessanti ambiti commerciali per i prodotti derivati soprattutto da MCF e D-GalA. Inoltre, dall’analisi del ciclo di vita dei processi per la produzione simultanea delle tre sostanze è emerso un alto livello di sostenibilità, grazie al fatto che è stato evitato l’uso di solventi (eccetto l’acqua) e reagenti tossici, puntando a rese elevate e scarti minimi, come dimostrato
dall’ossidazione catalitica del DGalA in acido galattarico. «Il catalizzatore può essere riciclato e la reazione ha una selettività estremamente elevata spiega Van Engelen - il che significa che non viene prodotto quasi nessun rifiuto per kg di acido galattarico». Tra i vantaggi dei nuovi prodotti,
da citare ad esempio le MCF della barbabietola che hanno proprietà reologiche uniche e sono molto stabili, cosa che ne consente l’utilizzo come nuove strutture per particelle in soluzione in varie applicazioni che vanno da detergenti, adesivi, vernici e rivestimenti fino a fanghi di perforazione. L-Ara, invece, può
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essere utilizzato per sviluppare prodotti alimentari a basso indice glicemico, che contengono ancora quantità significative di saccarosio, contribuendo così a mantenere normali i livelli di glucosio nel sangue. Il D-GalA, infine, può essere utilizzato come materia prima per nuovi tensioattivi delicati privi di solfato anionico per prodotti per la cura della persona. L’acido galattarico può essere applicato come inibitore di corrosione ecologico e le molecole di base di acido galattarico possono essere utilizzate per migliorare le proprietà tecniche e il profilo di sostenibilità dei polimeri sintetici in varie applicazioni. Riassumendo, quindi, i prodotti Pulp2Value sono a base vegetale, biodegradabili e non tossici e contribuiscono alla competitività della barbabietola da zucchero come coltura in Europa.
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ECOTECH
a cura di ASSITA
Le batterie ricaricabili al calcio ad alta energia
Secondo gli scienziati il calcio potrebbe essere una componente chiave per soddisfare il crescente fabbisogno energetico mondiale, riducendo al tempo stesso le emissioni. Come? Grazie al suo ruolo potenzialmente promettente nello sviluppo di tecnologie di stoccaggio dell’energia, efficienti ed economiche. Il mercato dei veicoli elettrici e dello stoccaggio di energia elettrica di rete sta crescendo rapidamente, con conseguente aumento del fabbisogno di batterie ricaricabili affidabili e ad alta efficienza energetica. Tuttavia, le attuali batterie ricaricabili agli ioni di litio (LIB) potrebbero non essere così sicure, economiche e sostenibili come vorremmo. Gli scienziati sono dunque alla ricerca di alternative promettenti, una delle quali è costituita da un sistema di batterie basato su un metallo multivalente come il calcio. Le batterie al calcio potrebbero essere la soluzione ad alta energia e a basso costo che stiamo cercando, ma c’è ancora un ostacolo al loro sviluppo: mancano gli elettroliti idonei necessari per una deposizione efficace del Ca. I ricercatori sostenuti dal progetto europeo EMAGIC hanno fatto una scoperta che potrebbe far superare questo ostacolo: il nuovo elettrolita a base di borato, il calcio tetrakis(hexafluoroisopropyloxy)b orato, o Ca[B(hfip)4]2, che ha mostrato una deposizione reversibile del calcio a temperatura ambiente, nonché un’elevata stabilità ionica e ossidativa. Questa scoperta potrebbe spianare la strada alle batterie al calcio ad alta energia ricaricabili a temperatura ambiente. Secondo i ricercatori coinvolti nel
progetto, il metodo di sintesi diretta per la formulazione di nuovi sali di calcio mediante incorporazione di vari anioni alcossi borati fluorurati si rivelerà utile per l’ulteriore ottimizzazione delle proprietà dell’elettrolita. Gli elettroliti Ca[B(hfip)4]2 hanno mostrato proprietà elettrochimiche d’avanguardia in termini di elevata stabilità ossidativa, elevata conducibilità ionica nonché buona capacità di cicli di Ca reversibili a lungo termine. Lo sviluppo di tecnologie di accumulo basate su metalli multivalenti come il calcio potrebbe rappresentare un’opzione promettente per migliorare le densità energetiche tagliando al contempo i costi. Gli ioni multivalenti potrebbero raddoppiare o triplicare la capacità delle batterie rispetto alle batterie agli ioni di litio monovalenti o alle batterie agli ioni di sodio. Inoltre, a differenza del sodio o del litio, gli anodi metallici multivalenti hanno il potenziale di accrescere in maniera significativa le densità energetiche delle batterie. Ma non sono solo questi i motivi per cui le batterie al calcio possono essere considerate un’allettante alternativa per le tecnologie successive alle batterie al litio. Una crescente preoccupazione derivante dalla rapida crescita del mercato delle batterie ruota attorno alla disponibilità a medio e lungo termine di alcune materie prime (cobalto, nichel e litio) che vengono utilizzate nelle batterie agli ioni di litio attualmente in commercio. Il calcio, al contrario, è il quinto elemento più abbondante sulla crosta terrestre. Inoltre, è equamente distribuito a livello geografico, oltre ad essere sicuro e non tossico. Oltre al calcio, gli scienziati stanno rivolgendo la propria attenzione al magnesio (Mg), un altro promettente metallo multivalente in gara per sviluppare batterie ricaricabili migliori. Ed è proprio questo metallo il focus del progetto E-MAGIC (European Magnesium Interactive Battery Community) che mira a sviluppare un approccio innovativo per batterie ricaricabili al magnesio ad alta densità energetica, di
nuova generazione ed ecocompatibili.
Alcool dal legno con i bioreattori a membrana
Gli impianti biologici a membrana, indicati di solito con la sigla MBR, sono largamente usati nella depurazione delle acque reflue, per i numerosi vantaggi che offrono: riduzione nel numero di passaggi e nello spazio occupato, maggiore efficienza depurativa, separazione completa della biomassa dall'effluente. Un team di ricercatori svedesi dell'Università di Boras e dell'Istituto di ricerca tecnologica delle Fiandre (Vito) hanno applicato il concetto di MBR (membrane piane di microfiltrazione completamente immerse) alla produzione di etanolo a partire da matrici lignocellulosiche, mettendo a punto un processo di fermentazione in continuo con produzione di bioetanolo partendo da paglia di grano idrolizzata. Il nuovo processo lavora con un contenuto di solidi sospesi fino al 20%, senza significativo peggioramento delle caratteristiche di filtrazione; si tratta di 10 volte il contenuto in solidi dei processi a membrana convenzionali. Inoltre, l'alta densità di microorganismi migliora il rendimento di conversione degli zuccheri, che raggiunge il 100% per il glucosio e 83% per lo xilosio; di conseguenza, la produzione di etanolo raggiunge 4,6 g/litro/ora. Nel quadro della stessa ricerca è stato messo a punto un bioreattore a membrana invertita (MBR) cosiddetto di "terza generazione", che combina i vantaggi delle membrane immerse con quelle della incapsulazione cellulare. Questa tecnica impiega un gradiente di concentrazione
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(anzichè una differenza di pressione) come forza motrice del processo, ed è utile in presenza di inibitori e di un andamento sequenziale nella fermentazione degli zuccheri a 6 e a 5 atomi di carbonio. Queste membrane sono state brevettate congiuntamente da Vito e dalla Università di Boras. E' attualmente in corso un'altra ricerca per applicare la tecnologia MBR alla separazione degli acidi grassi volatili che si formano nelle prime fasi della digestione anaerobica.
Il recupero energetico di plastiche miste La Saipem (gruppo Eni, principalmente attiva in ricerca e sfruttamento di nuovi giacimenti di petrolio e gas naturale) ha acquisito dalla Itea la licenza per lo sfruttamento della tecnologia "Isotherm PWR Flameless Oxy-Combustion", grazie alla quale è possibile valorizzare energeticamente molti combustibili "poveri", tra i quali le plastiche miste. Attualmente solo il 30% dei rifiuti plastici raccolti viene riciclato; il rimanente è composto di diversi polimeri non separabili tra loro, che non si prestano ad un riciclo in forma di riutilizzo del materiale. La tecnologia Itea consente di recuperare l'energia contenuta in questo materiale, mediante combustione senza fiamma con aria arricchita di ossigeno, in un reattore ad alta temperatura e pressione elevata. La CO2 prodotta nel processo viene ottenuta a un livello di purezza che ne consente l'immediata cattura per un futuro stoccaggio sotterraneo, senza bisogno di trattamenti di separazione e purificazione. Il processo di presta anche alla co-combustione dei fanghi di depurazione delle acque reflue, per i quali oggi è difficile trovare canali di smaltimento.
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LE AZIENDE CITATE Alfa Srl Tel 0331.226766 E-mail info@alfasii.it
Edison Energia Spa Tel 02.62228522 E-mail elena.distaso@edison.it
NTPLEASURE project Tel +44.161.2758257 E-mail jordan.kenny@manchester.ac.uk
Alpenwald Srl Tel 0461.829116 E-mail commerciale@alpenwald.it
E-MAGIC project Tel +34.943.309022 E-mail info@e-magic.eu
Pal Srl Tel 0422.852300 E-mail info@pal.it
Barra Project International Srl Tel 035.270820 E-mail barra@barraproint.it
Formeco Srl Tel 049.8084811 E-mail info.formeco.it
RESYNTEX project Tel +386.2.3335664 E-mail aleksandra.lobnik@um.si media@resyntex.eu
BEI Roma Tel 06.4719426 E-mail m.santarelli@eib.org
Gruppo CAP Tel 02.82502357 E-mail ufficio.stampa@gruppocap.it
Centro di Coordinamento Raee Tel 800.894097 E-mail ufficiostampa@cdcraee.it
Hysytech Srl Tel 011.3970273 E-mail hysytech@hysytech.com
Comieco Tel 02.550241 E-mail info@comieco.org
Idro Group Srl Tel 0362.27511 E-mail contatti@idro.net
Ecodep Srl Tel 0932.777520 E-mail segreteria@ecodep.it
Itea Spa Tel 0331.775910 E-mail comunicazione@sofinter.it
Ecospray Technologies Srl Tel 0131.854611 E-mail info@ecospray.eu
Manutan Italia Spa Tel 02.66010823 E-mail offerta@manutan.it
Ecotec Solution Srl Tel 0473.562437 E-mail nadia.cogliati@ecotecsolution.com
N.C.R. Biochemical Spa Tel 051.6869611 E-mail info@ncr-biochemical.it
Saipem Spa Tel 02.44231 E-mail media.relations@saipem.com Scolari srl Tel 030.6848012 E-mail commerciale@scolarisrl.com Università di Boras Tel +46.33.4355908 E-mail mohammad.taherzadeh@hb.se Vogelsang Italia Srl Tel 0373.970699 E-mail info@vogelsang-srl.it
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